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62 3 Prevenzione dei rischi e gestione delle emergenze L’approccio integrato alla prevenzione dei rischi indotti da eventi naturali e di origine antropica riveste particolare importanza in Italia, in ragione delle caratteristiche del suo territorio e delle peculiarità del patrimonio edilizio esistente. Alle perdite dirette, generate da eventi calamitosi come il sisma, le alluvioni, gli incendi o le esplosioni, si aggiungono quelle derivanti da una scarsa capacità della comunità nazionale di ripristinare tempestivamente le funzionalità interrotte e di reagire organicamente agli eventi. Una cor- retta gestione delle emergenze, derivanti da catastrofi o da eventi straordinari, è strategica per minimiz- zarne le conseguenze economiche e sociali. Questo capitolo presenta alcune tra le principali tematiche oggetto di studio nel Diparti- mento dove l’intrinseca complessità dei problemi connessi alla prevenzione dei rischi e alla gestione delle emergenze può essere affrontata adeguatamente grazie alla sinergia tra le competenze dei diversi settori disciplinari presenti. Numerosi sono i fronti di ricerca attivi. Un versante imprescindibile è costituito dalla valutazione della pericolosità derivante dal rischio sismo-idrogeologico: da un lato si richiede un’opportuna analisi dei manufatti esistenti (consi- derando anche il tessuto edilizio) in relazione alla sollecitazione a cui possono essere sottoposti in base al luogo in cui sorgono, dall’altro si impone un attento esame dei possibili scenari di rischio e dei loro effetti sul patrimonio costruito. L’attività di ricerca condotta trova riscontro concreto nel campo assicurativo, ove la necessità di gestire coperture legate ai grandi rischi è ormai una realtà anche nel nostro Paese. Di particolare importanza è la definizione di criteri condivisi che permettano di definire univocamente la 03-20161123.indd 2 29/11/16 12.50

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3 Prevenzione dei rischi e gestione delle emergenze

L’approccio integrato alla prevenzione dei rischi indotti da eventi naturali e di origine antropica riveste particolare importanza in Italia, in ragione delle caratteristiche del suo territorio e delle peculiarità del patrimonio edilizio esistente. Alle perdite dirette, generate da eventi calamitosi come il sisma, le alluvioni, gli incendi o le esplosioni, si aggiungono quelle derivanti da una scarsa capacità della comunità nazionale di ripristinare tempestivamente le funzionalità interrotte e di reagire organicamente agli eventi. Una cor-retta gestione delle emergenze, derivanti da catastrofi o da eventi straordinari, è strategica per minimiz-zarne le conseguenze economiche e sociali.

Questo capitolo presenta alcune tra le principali tematiche oggetto di studio nel Diparti-mento dove l’intrinseca complessità dei problemi connessi alla prevenzione dei rischi e alla gestione delle emergenze può essere affrontata adeguatamente grazie alla sinergia tra le competenze dei diversi settori disciplinari presenti. Numerosi sono i fronti di ricerca attivi.

Un versante imprescindibile è costituito dalla valutazione della pericolosità derivante dal rischio sismo-idrogeologico: da un lato si richiede un’opportuna analisi dei manufatti esistenti (consi-derando anche il tessuto edilizio) in relazione alla sollecitazione a cui possono essere sottoposti in base al luogo in cui sorgono, dall’altro si impone un attento esame dei possibili scenari di rischio e dei loro effetti sul patrimonio costruito. L’attività di ricerca condotta trova riscontro concreto nel campo assicurativo, ove la necessità di gestire coperture legate ai grandi rischi è ormai una realtà anche nel nostro Paese. Di particolare importanza è la definizione di criteri condivisi che permettano di definire univocamente la

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vulnerabilità delle costruzioni esistenti, considerando non solo le opere fuori terra, con particolare riferi-mento a quelle in calcestruzzo armato, muratura e acciaio, ma anche le opere sotterranee.

Altro campo di ricerca essenziale per le strutture strategiche o di particolare valore storico-architettonico è quello del monitoraggio, indispensabile per valutare nel tempo le prestazioni dei manufatti, segnalando eventuali anomalie. Le metodologie di indagine e monitoraggio dinamico sono in rapida evoluzione e la loro applicazione risulta particolarmente vantaggiosa sia in fase di costruzione e collaudo, sia per la valutazione di danneggiamenti progressivi o indotti da eventi eccezionali.

Un ambito in cui il Dipartimento è attivo con ricerche sviluppate a livello internazionale è quello della gestione delle fasi di emergenza e del ripristino delle normali condizioni di vita a valle del verificarsi di un evento calamitoso. Si tratta di studi rivolti sia alla messa a punto di strategie e di strutture di primo soccorso alle popolazioni interessante, sia alla predisposizione di adeguate azioni di recupero dei territori colpiti.

Un ultimo fronte di ricerca centrale nella prevenzione dei rischi è costituito dallo studio di dispositivi e di tecniche innovative finalizzati a innalzare il livello di sicurezza delle costruzioni esisten-ti, garantendone al contempo la conformità alle recenti normative. Si colloca in questo ambito l’attività rivolta al campo normativo, all’individuazione di tecniche mirate a mitigare la vulnerabilità sismica degli edifici e a migliorare o adeguare le prestazioni degli stessi mediante incremento di resistenza e/o duttilità.

1. La valutazione della sicurezza sismica delle costruzioni Nel corso degli ultimi anni è apparsa sempre più chiara la necessità di valutare la vulnerabilità sismica del patrimonio costruito, anche in relazione alla protezione dei beni culturali, in considerazione dell’elevato rischio connesso e al fine di studiare e mettere in atto, ove necessario, adeguati interventi di miglioramen-to della sicurezza. Questa necessità si ricollega a diverse circostanze. In primo luogo, in base all’attuale mappa di pericolosità del territorio italiano e alle norme vigenti, le prescrizioni sismiche sono cambiate per molte costruzioni, concepite per azioni diverse da quelle oggi imposte o, come nel caso della maggior parte del patrimonio storico, in totale assenza di criteri antisismici.

Un secondo aspetto del problema riguarda il fatto che, oltre alla nuova definizione del-le azioni di progetto, le norme hanno introdotto nuovi criteri di verifica delle costruzioni. Il passaggio dal metodo delle tensioni ammissibili a quello degli stati limite, i criteri di verifica a taglio delle travi in calcestruzzo armato e la considerazione delle risorse di duttilità disponibili sono esempi della rinnovata impostazione dei criteri di verifica strutturale.

In questa situazione si pone la necessità di disporre di criteri condivisi per la definizione del livello di vulnerabilità delle costruzioni esistenti; al contempo risulta anche necessario distinguere una varietà di tipologie strutturali riscontrabili all’interno del patrimonio costruito. Va inoltre evidenziato che, se il caso più frequente riguarda gli edifici, anche altri tipi di costruzione e altri problemi necessitano di pari attenzione dal punto di vista della verifica della sicurezza sismica.La questione si pone con aspetti diversi a seconda dell’ambito di applicazione. Cinque settori di particolare

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interesse riguardano, rispettivamente, le costruzioni in calcestruzzo armato, quelle in muratura, le opere in sotterraneo, le strutture in acciaio e composte acciaio-calcestruzzo e le strutture in acciaio per lo stoccaggio delle merci.

Costruzioni in calcestruzzo armatoRispetto alla corrente previsione di vita delle normali costruzioni, convenzionalmente stimata in cin-quant’anni, molte realizzazioni dell’ultimo dopoguerra stanno ora raggiungendo il limite d’età e richie-dono quindi che ne sia rivalutata la sicurezza con criteri aggiornati. Rispetto a questa esigenza, il Dipar-timento ritiene strategico e interessante attualizzare l’esperienza accumulata sul tema della valutazione della vulnerabilità sismica delle costruzioni in muratura storica, allo scopo di definire analoghe procedure di tipo speditivo per un’analisi veloce ma significativa degli edifici in calcestruzzo armato.1

A supporto di queste analisi, vi è la necessità di individuare criteri efficaci per la va-lutazione di alcuni aspetti di rilevanza fondamentale: le risorse di duttilità disponibili e quindi i valori adottabili per il fattore di struttura; le capacità di resistenza a taglio in presenza di quantitativi di armatura oggi ritenuti inadeguati; i valori di resistenza da adottare per il calcestruzzo sulla base delle conoscenze disponibili e di un numero minimo di sondaggi sperimentali su campioni o sulla struttura stessa.

Rispetto alla caratterizzazione dei materiali e delle relative risorse, diverse esperienze recenti hanno mostrato l’efficacia dell’indagine storica, che andrebbe sistematicamente eseguita con cri-teri codificati, al fine di elevare quanto più possibile il livello di conoscenza sulla base delle informazioni disponibili.

Infine, dal punto di vista del calcolo delle risorse di resistenza, riconosciuta l’importanza dell’analisi statica non lineare (push over), ne andrebbero tuttavia approfondite le modalità di applicazio-ne, al fine di ridurre la dispersione dei risultati e ogni arbitrarietà nelle conclusioni.

Costruzioni storiche in muraturaLe costruzioni storiche in muratura in zona sismica rappresentano oggi una sfida di notevole importanza sia da un punto di vista tecnico-scientifico, sia da un punto di vista storico-culturale. L’intrinseca fragilità di tali costruzioni alle forze orizzontali, da una parte, e la necessità di intervenire il meno possibile per esigenze di conservazione, rendono il problema del miglioramento sismico di difficile soluzione.2

Tutti oggi concordano sull’importanza della conoscenza della storia di tali costruzio-ni, dei suoi elementi costruttivi così come si sono evoluti nel tempo, dei materiali, del comportamento

1. M. Acito, F. Cavagnera, C. Chesi, V. Lavermicocca, V. Sumini, Analysis and rehabilitation of a r.c. high-rise strategic building in Milan, in Durability and Sustainability of Concrete Structures. ACI SP 305, Bologna 2015, pp. 1-12.2. M.A. Parisi, C. Chesi, Seismic vulnerability of traditional buildings: the effect of roof-masonry walls interaction, in Tenth U.S. National Conference on Earthquake Engineering, Proceedings Anchorage 2014, pp. 1-10; P. Crespi, A. Franchi, N. Giordano, P. Ronca,

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strutturale in campo fessurato, tutti elementi indispensabili per effettuare proposte di miglioramento consapevoli. Passando tuttavia dalle enunciazioni astratte alla realtà costruttiva, si può constatare che tali esigenze di conoscenza vengono quasi sempre disattese.

Ciò non dipende dal fatto che il mondo della progettazione e il cantiere non siano suf-ficientemente colti, ma dal fatto che le raccomandazioni e le normative oggi esistenti non sono accom-pagnate da procedure operative sperimentali e numeriche sufficientemente affidabili per raggiungere i risultati proposti. Nel seguito vengono elencate alcune proposte su cui sviluppare studi per migliorare sia le procedure di simulazione numerica, sia le tecniche sperimentali, nonché l’ingegneria di tali costruzioni.

Con riferimento ai modelli di simulazione numerica la ricerca dovrebbe operare sui se-guenti temi: la modellazione della fessurazione nelle analisi a elementi finiti, localizzando le fessure lungo i bordi degli elementi stessi; il controllo della fessurazione nel piano e fuori dal piano del muro attraverso le quantità ingegneristiche, momento-taglio-azione assiale, che si utilizzano in fase di progettazione; la gestione affidabile del comportamento elasto plastico softening sia a compressione che a trazione nelle analisi di push over; la formulazione dell’analisi non lineare statica sismica come problema di shake down dinamico; il miglioramento degli algoritmi dell’analisi dinamica non lineare.

Con riferimento al calcolo ingegneristico, i seguenti temi meritano approfondimento: l’implementazione di software per la trasformazione del rilievo topografico laser-scanner in modelli a elementi finiti, utilizzando l’elemento shell come elemento generale di modellazione; lo sviluppo di procedure per la trasformazione dei dati ottenuti dalle prove sperimentali in dati di input per la simu-lazione numerica; l’aggiornamento di software di illustrazione dei risultati, con particolare riferimento ai danneggiamenti, elaborati con la simulazione numerica; il miglioramento dell’analisi e dell’interpre-tazione strutturale del quadro fessurativo di costruzioni tipologicamente analoghe di cui si dispone di ampia documentazione storica, con il fine di capire se i meccanismi riscontrati sono inclusi tra quelli previsti dai modelli di simulazione numerica; l’analisi numerica di parti significative della costruzione, quali singoli muri, colonne, archi e volte, tetto, ecc., soggette a molteplici condizioni al contorno, per valutare l’efficacia degli interventi di rinforzo progettati.

Infine, rispetto alle prove sperimentali, meritano di essere sviluppati i seguenti temi: la definizione di prove semidistruttive in situ, come quelle di compressione e compressione diagonale su piccole porzioni di muro, cercando di minimizzare l’estensione dell’area di prova e ricavare il maggior numero di dati possibili, quali quelli che si possono ottenere da prove cicliche a controllo di spostamento; la messa a punto di strategie per l’identificazione delle caratteristiche meccaniche delle varie tipologie di muratura che costituiscono la costruzione, così come si sono evolute storicamente. Una strategia in-telligente prevede che le prove non vengano eseguite a tappeto prima di conoscere gli aspetti storici e

M. Scamardo, The Basilica of Collemaggio in L’Aquila: Seismic Assessment Analysis, in Proceedings of the Rehab Structures, International Conference on Recent Advances in Rehabilitation and Sustainability of Structures, Ponta Delgada 2015, pp. 165-178.

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costruttivi del manufatto e che, dopo gli studi storico-costruttivi, si mettano a punto, mediante prove di calibrazione in laboratorio, strategie di prove semidistruttive e non distruttive (tipo Sonreb-Sonic Rebound per la muratura).

Sviluppo degli spazi in sotterraneo in ambito urbanoL’uso di spazi in sotterraneo in ambito urbano è divenuto oggi sempre più necessario, si pensi per esempio ai parcheggi interrati3, alle metropolitane, ai rami ferroviari e a quelli stradali. La progettazione e la rea-lizzazione di queste costruzioni coinvolge competenze assai differenziate tra loro che riguardano la piani-ficazione urbana e territoriale, l’economia, l’impiantistica, le tecniche di rilevamento, la strutturistica, la geotecnica, l’organizzazione del cantiere.

A titolo d’esempio, tra i vari aspetti geotecnici che non possono essere trascurati du-rante il progetto vi è quello relativo all’effetto del sisma4, specie quando l’evento interessi l’opera prima del suo completamento, ovvero dopo la costruzione delle opere preliminari di sostegno durante le fasi di scavo nel deposito.

Nella realtà milanese lo studio degli effetti sismici risulta particolarmente complesso in quanto spesso la struttura interrata si trova al di sotto del livello della falda freatica in un terreno gra-nulare. Tale situazione viene riscontrata per esempio nel corso di un tipico intervento eseguito in area urbana per la realizzazione di alcune tratte delle linee della metropolitana. In particolare lo scavo sotto falda è eseguito a cielo aperto; le pareti di scavo sono sostenute con due paratie in calcestruzzo armato e al di sotto del fondo dello scavo viene, preliminarmente allo scavo, realizzato un tampone per mezzo di iniezioni cementizie.

Già in condizioni statiche uno scavo sotto falda in area urbana porta a problemi non banali dovuti alla necessità di non indurre assestamenti apprezzabili all’edificato circostante durante la costruzione dell’opera interrata5 e alle difficoltà tecnologiche di garantire una adeguata impermeabilizza-zione dell’opera nel tempo. In presenza del sisma nasce inoltre il problema di valutare le sovrappressioni

3. G. Gatti, A. Cividini, Interazione terreno-struttura in un diaframma in c.a. per la costru-zione di un autosilo sotterraneo, in Atti del XIII Convegno Nazionale di Geotecnica, Merano 1978, pp. 139-148.4. A. Cividini, G. Gioda, Approcci ad elementi finiti per l’analisi di terreni saturi. in F. Braga, C. Modena, a cura di, Atti del XV Convegno ANIDIS. L’ingegneria sismica in Italia, Tema: b. Vulnerabilità e rischio sismico, University Press, Padova 2013; M.A. Parisi, F. Pergalani, A. Cividini, Risposta sismica locale finalizzata all’analisi della sicurezza degli edifici, in Gior-nata di studio: Effetti sismici locali e modelli geotecnici, Università di Brescia 2015.5. A. Cividini, G. Gioda, Back analysis approach for the design of drainage systemsin, in “International Journal of Geomechanics”, vol. 7 n. 5 (2007), pp. 325-332; A. Contini, A. Cividini, G. Gioda. Numerical evaluation of the surface displacements due to soil grouting and to tunnel excavation, in “International Journal of Geomechanics”, vol. 7 n. 3 (2007), pp. 217-226.

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dinamiche addizionali che le fasi solida e liquida del terreno esercitano sull’opera.6 Questa valutazione non può che essere basata su programmi di calcolo a elementi finiti. Purtroppo gli approcci presentati in letteratura si basano su formulazioni tra loro differenti e non è immediato stabilire l’approssimazione dei risultati di ognuna di esse. Tuttavia si osserva che tali risultati possono essere tra loro variamente diversi-ficati, ma in tutti i casi si evidenzia il rilevante contributo dell’azione sismica rispetto alle azioni statiche conseguenti alle sole operazioni di scavo.

Il tema si presta anche ad approfondimenti specifici, per esempio sui metodi per l’anali-si dinamica di mezzi plurifase, e quindi può avere una ricaduta anche al di fuori del suo specifico settore. A titolo di esempio, si possono indicare i seguenti ambiti: la scelta degli strumenti e dei piani di monitorag-gio per le costruzioni esistenti e per la conservazione del patrimonio architettonico; le tecniche di identi-ficazione dei parametri geotecnici e di quelli strutturali per la progettazione di interventi di adeguamento del costruito; le analisi di sostegno alle valutazioni dei processi di trasformazione urbana e del territorio.

Le ricerche del Dipartimento che hanno per oggetto gli spazi in sotterraneo in zona urbana aggregano contributi provenienti da aree disciplinari tra loro assai diverse: pianificazione dei tracciati, tecniche di scavo, problemi di cantierizzazione, riorganizzazione della viabilità e dei servizi di superficie durante la cantierizzazione e a regime, mappatura dei sottoservizi e loro ammodernamento, mappatura delle tipologie caratteristiche dell’edificato, piani e schemi per l’adeguamento strutturale e la riqualificazione energetica di strutture civili e industriali, protezione e valorizzazione di aree.

Strutture in acciaio e composte acciaio-calcestruzzoLa competitività e l’efficienza delle costruzioni in acciaio e composte acciaio-calcestruzzo7 in zona sismica sono più che mai attuali. Tra i molteplici vantaggi dell’acciaio bisogna annoverare le sue proprietà intrinseche che assicurano sia un alto rendimento meccanico, sia un’elevata duttilità. Queste peculiarità del materiale si traducono in un comportamento ottimale delle strutture in acciaio sollecitate da terremoti di forte intensità, giustificandone la loro continua diffusione nei Paesi a più alto rischio sismico.

Numerosi progetti di ricerca europei sono focalizzati sull’approfondimento di questi temi, tra gli altri Steelquake e Meakado che analizzano il comportamento globale delle strutture metal-liche su diverse scale di pericolosità sismica, i progetti Seisracks e Seisracks2 improntati allo studio delle scaffalature metalliche soggette ad azioni sismiche e i progetti INERD, FUSEIS8 e INNOSEIS focalizzati

6. A. Cividini, G. Gioda, On the finite element formulation of dynamic two-phase coupled problems, in “Computers and Geotechnics” vol. 73 (2016), pp. 37-46.7. G. Vasdravellis, M. Valente, C.A. Castiglioni, Dynamic response of composite frames with different shear connection degree, in “Journal of Constructional Steel Research”, vol. 65 (2009), pp. 2050-2061.8. C.A. Castiglioni, A. Kanyilmaz, L. Calado, Experimental analysis of seismic resistant composite steel frames with dissipative devices, in “Journal of Constructional Steel Research”, vol. 76 (2012), pp. 1-12.

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sulla ricerca di soluzioni tecniche innovative in termini di dispositivi metallici dissipativi e antisismici.

Strutture in acciaio per lo stoccaggio delle merciIl settore della logistica è ormai sempre più importante a causa della crescente globalizzazione dell’e-conomia mondiale. In tale ambito rivestono particolare importanza i sistemi di scaffalature metalliche, largamente utilizzati per l’immagazzinamento e la distribuzione di merci e prodotti. Dal punto di vista strutturale, le scaffalature metalliche sono sistemi intelaiati semicontinui, non controventati nel piano del corridoio e realizzati con profilati in acciaio in parete sottile in cui il carico sostenuto corrisponde a 30-50 volte il peso della struttura portante. In aggiunta, le colonne sono spesso caratterizzate da sistemi regolari di forature necessari per un assemblaggio rapido del telaio.

Le regole di dimensionamento al momento utilizzate derivano da quelle correntemen-te impiegate per i più tradizionali sistemi in carpenteria pesante e pertanto non tengono in conto delle peculiarità della risposta delle scaffalature alle azioni simiche. Sono pertanto necessari urgenti approfon-dimenti, sia dal punto di vista numerico9 che sperimentale10, al fine di proporre modifiche alla normativa che rendano sicuro il dimensionamento delle scaffalature con riferimento allo scenario di possibili eventi sismici attesi.

2. I GIS (Geographic Information Systems) per la gestione dei rischi La raccolta, l’analisi e la gestione dei dati relativi alle caratteristiche del territorio e dei manufatti rivestono un ruolo centrale nella ricerca nell’ambito della prevenzione e della gestione dei rischi. L’attività di ricerca condotta nel Dipartimento mira in modo particolare a esplorare le potenzialità dei GIS in questo ambito.

I dati geografici nazionali di rischio e di pericolositàI grandi rischi, in particolare quello idrogeologico e sismico, hanno un elevato impatto economico e un profondo effetto sociale e la disponibilità di dati per orientare strategie e azioni riveste un ruolo strategico.

Il problema è particolarmente importante in Italia, dove la raccolta e la strutturazione di informazioni geografiche sul rischio che abbiano caratteristiche omogenee a livello nazionale e siano realmente fruibili da tutti, è ancora in fase di attuazione da parte degli enti competenti.11

9. C. Bernuzzi, A. Gobetti, G. Gabbianelli, M. Simoncelli, Simplified approaches to design medium-rise unbraces steel storage pallet racks-Part 2: fundamental period estimated, in “Journal of Structural Engineering”, vol. 141 n. 1 (2015).10. C.A. Castiglioni, Seismic Behavior of Steel Storage Pallet Racking Systems, Springer, Cham 2016; C.A. Castiglioni, A. Kanyilmaz, M. Angeretti G. Brambilla, G.P. Chiarelli, C. Bernuzzi, Experimental results of full scale push over tests of project SEISRACK2 (seismic behaviour of steel storage pallet racking systems), in 2nd European Conference on Earthquake Engineering, Istanbul 2014.11. F. Guzzetti, A. Pasquinelli, P. Viskanic, L’informazione geografica nella gestione dei rischi catastrofali, in Atti della XVIII Conferenza Nazionale ASITA, Firenze 2014, pp. 683-690.

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Per quanto riguarda il rischio idrogeologico il riferimento normativo attuale è la Diretti-va alluvioni che prevedeva il completamento entro fine 2015 dei PGRA (Piani di Gestione del Rischio Allu-vioni) che andranno a sostituire i PAI (Piani stralcio dell’Assetto Idrogeologico). L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) pubblica sul suo geoportale i dati delle Autorità di bacino che a oggi non sono omogenei e correttamente strutturati per un libero utilizzo anche se sono fruibili: sono da poco attivi il servizio WMS (Web Map Service), il WFS (Web Feature Service) anche se con funzionamento discontinuo e lo scaricamento delle basi geografiche. In alcune regioni le aree di pericolosità idrogeologica sono addirittura mappate con cerchi con raggio variabile in funzione della presunta pericolosità o vengo-no generati come buffer del reticolo idrico, senza ulteriori considerazioni di merito.

Per quanto riguarda il rischio sismico, è disponibile in formato geografico la mappa di pericolosità sismica predisposta dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) ma manca uf-ficialmente una mappa di rischio sismico che tenga mediamente conto delle caratteristiche dell’edificio. La mappa di pericolosità è certamente fondamentale, ma non dà di fatto informazioni adeguate per tutto l’edificato esistente che viene conosciuto in modo approfondito solo in occasione di eventi sismici.

La disarmante situazione parrebbe definita da carenza di informazioni geografiche; una approfondita analisi, presupposto di tutta la linea di ricerca, ha però accertato che, come spesso accade in Italia, i dati esistono, numerosi e normalmente anche di buona qualità, adatti a fare studi di un certo livello. L’attività di ricerca condotta in questi anni ha dimostrato che non è tecnicamente difficile avere progressiva contezza del reale rischio che ogni edificio corre in funzione delle sue caratteristiche struttu-rali e tipologiche oltre che della sua posizione geografica, tutti attributi poco mutevoli nel tempo.

La necessità di scenari di rischio realisticiLe mappe di rischio devono necessariamente nascere dall’approfondimento della situazione esistente, te-nendo conto delle caratteristiche del luogo, della sua pericolosità e della storia (perlomeno recente) degli accadimenti. Nel 2014 è stata avviata l’archiviazione progressiva dei danni in relazione agli eventi accadu-ti che ha messo in risalto la relativamente bassa attendibilità delle fasce PAI (Piano Assetto Idrogeologico). Gli eventi accadono con frequenza non trascurabile in luoghi teoricamente non a rischio. Certamente ciò è anche effetto dell’evidente variazione climatica manifestatasi nell’ultimo decennio o della mancata conoscenza delle parametriche che concorrono a definire il rischio.12

Un’altra linea di ricerca si focalizza sull’analisi di dettaglio dei problemi legati alle inon-dazioni e alle alluvioni. La creazione di scenari di rischio realistici, soprattutto in ambito urbano, richiede una modellazione accurata della topografia del terreno e del costruito, oltre a una rigorosa conoscenza dell’incertezza di queste informazioni. Lo studio ha come scopo quello di sviluppare una metodologia per

12. F. Guzzetti, A. Pasquinelli, A. Privitera, M. Ronconi, Il rischio idrogeologico: un’espe-rienza problematica con i dati delle Autorità di Bacino (AdB), in Atti della XIX Conferenza Nazionale ASITA, Lecco 2015, pp. 445-452.

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la creazione di scenari a seguito di eventi alluvionali, e di valutarne l’affidabilità e l’incertezza in funzione delle tipologie di dati geografici, non dimenticando l’importantissimo risvolto legato alle problematiche di cambiamento climatico.

Un esempio importante è costituito dalle recenti fluttuazioni di intensità dei cicloni oceanici, che hanno origine nelle regioni tropicali del nostro pianeta per poi spostarsi e interessare un ambito geografico sempre più ampio. In particolare, questi fenomeni naturali possono avere un forte impatto sulle aree costiere, con una importante ricaduta sulla sicurezza e la qualità della vita della popolazione, sulle attività commerciali e produttive, sulla proprietà. È quindi necessario andare a studiare più a fondo quale sia il rischio legato a questi fenomeni sulla base dei dati conservati negli archivi metereologici. In particolare, non è ancora del tutto chiaro quali siano i fattori che concorrono all’intensificazione degli eventi meteorologici catastrofici. Alcuni studi pubblicati hanno evidenziato una stretta correlazione tra la temperatura superficiale dei mari e l’intensificazione degli uragani. Inoltre, la principale sorgente dell’energia che alimenta questo tipo di eventi metereologici è costituita dal vapore acqueo che evapora dalla superficie del mare. Il legame tra la presenza di vapore acqueo e l’intensificazione degli uragani non è stato ancora ben chiarito e richiede un approfondimento che consenta una modellizzazione statistica più accurata. L’uso di dati telerilevati tramite i numerosi satelliti per l’osservazione della Terra costituisce un importante valore aggiunto per questo tipo di ricerca.

Un secondo aspetto legato alla valutazione del rischio associato agli eventi metereo-logici straordinari è costituito dall’impatto che essi possono avere sulle aree costiere. In particolare, la valutazione della densità delle attività antropiche costituisce un aspetto molto importante per la stima del livello di rischio. Da un lato occorre considerare la consistenza e la qualità delle costruzioni presenti nelle aree costiere. Dall’altro occorre quantificare quelle attività umane che non sono legate direttamente alla presenza abitativa in sito ma che le possono interessare in modo consistente (per esempio, le attività turistiche). Questo tema presenta aspetti e problematiche differenti in funzione dello sviluppo economico delle aree che si vogliono studiare. Dove sono già presenti banche dati geografiche e informative, sarà ne-cessario andare a collegarle per estrarre le informazioni necessarie alla valutazione del rischio. Nelle aree meno sviluppate, occorrerà definire dei criteri sostenibili per eseguire una valutazione di massima degli insediamenti umani nelle aree costiere, per esempio tramite l’impiego di immagini satellitari.

In tal senso sono da considerare anche i notevoli investimenti a livello europeo, per hardware e software, finalizzati alle tecnologie di rilievo e monitoraggio del territorio e dell’ambiente costruito. Le tecnologie dallo spazio consentono un monitoraggio periodico con elevata frequenza spazia-le, temporale e multispettrale. I dati forniti possono essere integrati non solo nei software del telerileva-mento, ma anche nei comuni motori GIS, fornendo una valida integrazione alle misure già disponibili o acquisibili con le varie tecniche del rilevamento.

In particolare, il programma Copernicus/Gmes e la nuova costellazione di satelliti Senti-nel supportano una grande varietà di applicazioni tra cui il monitoraggio a livello dell’ambiente, le analisi nelle aree urbanizzate, lo sviluppo a livello regionale e locale e le applicazioni nell’ambito della protezione

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civile. La serie di satelliti Sentinel 1, basata sull’interferometria radar, risulta già operativa, mentre il pri-mo satellite della serie Sentinel 2, di tipo ottico multispettrale, ha già fornito una prima serie di immagini e si è ora in attesa della distribuzione completa delle immagini.

Georeferenziazione dei beni a fini assicurativiLa necessità di disporre di adeguati strumenti per la gestione delle coperture assicurative legate ai grandi rischi, delinea un ambito di ricerca di grande interesse nel quale il Dipartimento è particolarmente attivo. L’obiettivo è di poter rispondere in modo ottimale alla sempre più diffusa richiesta di polizze assicurative a fronte della tendenza dello Stato a diminuire progressivamente il supporto economico in caso di cala-mità naturale, come peraltro già capita nella maggior pare dei Paesi stranieri. In questa prospettiva i GIS rivestono un ruolo di primo piano.

L’attività di ricerca condotta ha già evidenziato alcuni passaggi significativi basati sulle funzionalità dei GIS applicati alla gestione dei grandi rischi. Questo approccio costituisce una vera e pro-pria svolta culturale sul fronte della gestione delle informazioni territoriali e al contempo presenta impor-tanti ricadute operative concrete. In primo luogo è resa necessaria una corretta georeferenziazione degli oggetti (edifici, infrastrutture, opere) passando dalla localizzazione mediante indirizzo a quella mediante coordinate geografiche. Un primo problema consiste nella individuazione in modo semi automatico della posizione geografica di ciascun bene immobile a partire dall’indirizzo riportato nella polizza. In ciò, oltre all’impiego di motori di georeferenziazione che sono preventivamente da validare, è necessario lavorare in ambito GIS per impostare le necessarie attività di pulizia del dato, una volta trovate in modo automatico le coordinate corrispondenti all’indirizzo. Si tratta di lavorare con enormi banche dati relative al costruito esistente. Una percentuale non trascurabile di geoposizionamenti automatici ha esito negativo per la scar-sa accuratezza degli stradari nazionali georiferiti disponibili; alcune tipologie di beni non hanno un vero e proprio indirizzo (strade, ferrovie, ponti e grandi strutture, impianti di trasporto dell’energia elettrica)13. Solo gestendo in ambito GIS la gran mole di dati da trattare è possibile progettare strategie progressive di completamento e miglioramento della conoscenza della posizione dei beni, a partire inoltre da quelli strategicamente più importanti, probabilmente con il premio più alto.

In parallelo, sono state studiate e sono in fase di sperimentazione nuove procedure di assunzione da utilizzare per le nuove polizze che partono dalla definizione della posizione del bene as-sicurato tramite le coordinate geografiche. Tali procedure sono da utilizzare in due differenti modalità: da ufficio e da sopralluogo. In entrambi i casi dialogano in tempo reale, tramite WEBGIS, con le fasce di rischio e/o di pericolosità. Da workstation il criterio di geolocalizzazione sfrutta il riconoscimento del bene in ambiente Google Earth e Open Street View e prevede l’inserimento di alcune informazioni chiave

13. F. Guzzetti, A. Pasquinelli, A. Privitera, M. Ronconi, Test metrico sulla ricerca automatica della posizione degli indirizzi, in Atti della XVIII Conferenza Nazionale ASITA, Firenze 2014, pp. 667-674.

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relative all’immobile, fondamentali per l’assunzione della polizza, quali l’età dell’edificio, alcune carat-teristiche relative alla tipologia strutturale, il numero di piani, il piano a cui è posto l’unità abitativa da assicurare. La versione per device mobile per Android si attiva con una normale procedura di registrazione che permette di memorizzare in modo automatico l’agente, il giorno e l’ora, richiede di memorizzazione le coordinate GPS (da attivare nelle immediate vicinanze del bene), lo scatto di una o più immagini geori-ferite (che identifichino in modo inequivocabile l’oggetto) e si conclude con la compilazione guidata delle stesse caratteristiche richieste nella versione per desktop. In entrambi i casi la procedura di creazione del-la polizza mediante la posizione del bene interroga in tempo reale le fasce di rischio e, con un algoritmo appositamente studiato, definisce la proposta di premio da proporre ai clienti.

Un ulteriore vantaggio dell’approccio mediante GIS è costituito dalla possibilità di ese-guire analisi geografiche sul dato storico dei rimborsi che ciascuna compagnia assicurativa possiede, come criterio di validazione delle ipotesi di tariffazione e di monitoraggio dell’esposizione dell’intero portafoglio.

Il costruito smart: il fascicolo dell’edificioL’interazione degli oggetti con le mappe ufficiali di rischio, che suddividono il territorio in fasce di perico-losità, diventa più semplice e rigorosa in ambiente GIS. Tuttavia, il problema si sposta di nuovo sul reperi-mento e l’aggiornamento delle classificazioni del rischio. Per esempio, nel caso del rischio sismico occorre passare da una mappatura del rischio elaborata a solo scopo normativo per l’edificazione, alla creazione di mappe di rischio sismico che possano essere impiegate in problemi contingenti quali quelli inerenti le problematiche assicurative degli edifici, sino alla progressiva prevalutazione di danno annuo atteso per la singola costruzione sulla base delle sue caratteristiche strutturali e della sua posizione. Il servizio sociale che un tale modo di procedere permette di avviare è la certificazione del costruito nei confronti delle sva-riate fonti di rischio, operazione che ha una evidente ricaduta sul valore dei beni.

L’interazione con altre ricerche del Dipartimento è notevole, come già testimoniato da alcuni studi in corso.14 In particolare si realizza in embrione una sorta di fascicolo dell’edificio a cui associare, oltre alle certificazioni legate alla vulnerabilità ai rischi, anche quelle legate alle caratteristi-che energetiche, ambientali, ai sottoservizi esistenti, agli aspetti fiscali e sanitari. Ciò apre la possibilità di creare progressivamente un costruito smart che può reggere l’avvento delle moderne app, in modo da trasformare le informazioni geografiche depositate sul singolo edificio in servizi ai cittadini.

3. Il monitoraggio dinamico delle costruzioniNel corso degli ultimi anni, il monitoraggio (ovvero la misura ripetuta e l’interpretazione) della risposta delle costruzioni alle azioni dinamiche ambientali e d’esercizio ha raggiunto una enorme diffusione.

Questa crescita, caratterizzata sia da ricerche di base sempre più numerose e innovative,

14. A. Pasquinelli, S. Mastrolembo, A. Ciribini, F. Guzzetti, City Intelligence Information Modelling, in 3rd International Academic Conference on Places and Technologies, Belgrade 2016.

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sia da un elevato numero di applicazioni in ambito civile e industriale, è determinata da numerose motivazioni: l’applicabilità generale e la sostenibilità del monitoraggio dinamico in esercizio; la straordinaria evoluzione della strumentazione di misura, delle tecnologie informatiche e dei metodi di analisi, interpretazione ed elaborazione di segnali misurati; le istanze sociali poste dal mantenimento nel tempo delle prestazioni di infrastrutture esistenti e dalla conservazione di monumenti storici e Beni Culturali; l’evoluzione prestazionale della filosofia progettuale e normativa, che ha condotto a un maggiore controllo dei requisiti di progetto e del mantenimento della capacità strutturale.

A tali motivazioni, va aggiunta la naturale versatilità della sperimentazione dinamica che, anche attraverso l’identificazione delle caratteristiche dinamiche modali, può essere orientata alla risoluzione di numerosi problemi: dalla verifica delle assunzioni di progetto (in fase di costruzione e di collaudo) alla validazione di modelli numerici predittivi, dal controllo delle prestazioni in esercizio al mo-nitoraggio continuo della funzionalità (stati limite di esercizio) e/o dello stato di salute strutturale (Struc-tural Health Monitoring), dal monitoraggio sismico all’individuazione di anomalie e danneggiamenti. In particolare, il monitoraggio continuo, già largamente implementato in ambito sismico, su ponti di grande luce ed edifici alti, appare naturalmente adatto alla conservazione dei beni culturali (in particolare torri e campanili) e alla sorveglianza di infrastrutture per la produzione energetica (in particolare campi eolici). Nel seguito si sintetizzano, con riferimento a recenti ricerche sviluppate all’interno del Dipartimento, le attuali possibilità e gli sviluppi nell’immediato futuro dei metodi di monitoraggio dinamico.

Monitoraggio dinamico/sismico e identificazione delle anomalie strutturaliLe istanze poste dal mantenimento sostenibile delle infrastrutture di trasporto e produzione energetica e dalla conservazione programmata dei beni culturali, particolarmente vulnerabili nei confronti dell’in-vecchiamento e delle azioni sismiche unitamente alle esplicite prescrizioni contenute nelle più recenti normative tecniche per le costruzioni, hanno determinato nel nostro Paese sia una maggiore diffusione della sperimentazione dinamica in esercizio, tradizionalmente orientata alla determinazione delle carat-teristiche dinamiche modali (frequenze proprie dei modi principali di vibrare, smorzamenti e deformate modali) e alla definizione di modelli strutturali con finalità di collaudo15 o diagnosi strutturale16, sia una notevole attenzione nei confronti del monitoraggio dinamico continuo che, per esempio nel caso di co-struzioni storiche, può talora rappresentare un’alternativa all’intervento a vantaggio della conservazione.

Da un certo punto di vista, il monitoraggio dinamico continuo rappresenta la moder-na evoluzione di quella che, anche storicamente, è stata la sua prima implementazione: il monitoraggio

15. C. Gentile, F. Martinez y Cabrera, Dynamic investigation of a repaired cable-stayed bridge, in “Earthquake Engineering & Structural Dynamics”, vol. 26 n. 1 (1997), pp. 41-59.16. C. Gentile, A. Saisi, Ambient vibration testing of historic masonry towers for structural identification and damage assessment, in “Construction and Building Materials”, vol. 21 n. 6 (2007), pp. 1311-1321; F. Benedettini, C. Gentile, Operational modal testing and FE model tuning of a cable-stayed bridge, in “Engineering Structures”, vol. 33 n. 6 (2011), pp. 2063-2073.

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sismico (le cui prime applicazioni seguirono immediatamente il terremoto di San Fernando, California, 1971). Nelle fasi immediatamente successive a un evento sismico uno dei problemi da affrontare è quello di una valutazione rapida, accurata e affidabile dei danni, che sia utile alla gestione e coordinamento degli interventi immediati di messa in sicurezza e/o di sgombero delle costruzioni potenzialmente danneggiate dal sisma. Il monitoraggio permanente della risposta strutturale e di parametri correlabili al danneggia-mento indotto da sisma, integrato a un sistema decisionale e di allerta può essere di notevole ausilio in tali circostanze consentendo l’individuazione, quasi in tempo reale, delle strutture maggiormente danneggiate e quindi la definizione di una gerarchia da seguire nella gestione degli interventi di emergenza.

Il monitoraggio permanente della risposta dinamica di una costruzione alle azioni d’e-sercizio (micro-tremori, traffico, vento, azioni antropiche, ecc.) e l’identificazione di parametri rappresen-tativi del suo stato di conservazione, integrato a un sistema decisionale e di allerta può consentire l’in-dividuazione (quasi in tempo reale) di anomalie di comportamento, temporanee o permanenti, e di una strategia sostenibile nella definizione e gestione degli interventi di manutenzione-riparazione.

In modo del tutto simile, la pianificazione post sisma delle prime operazioni di ripara-zione e/o di consolidamento delle strutture danneggiate così come la normale pianificazione degli inter-venti di manutenzione/riparazione di infrastrutture di trasporto o produzione energetica viene condotta da tecnici specializzati mediante metodi tradizionali (basati essenzialmente sull’ispezione visiva), che richiedono tempi di censimento piuttosto lunghi e che conducono a valutazioni tendenzialmente conser-vative per il post sisma o per gli impianti eolici e non altrettanto conservative per i ponti (come i collassi strutturali sempre più frequenti negli ultimi anni sembrerebbero attestare). Ovviamente, l’individuazione automatica di anomalie strutturali e danni in base all’interpretazione di misure sperimentali raccolte da una rete di sensori installata permanentemente sulla struttura avrebbe l’obiettivo di ottimizzare tempi e costi d’intervento.

Oltre che per l’individuazione di anomalie strutturali e danni, il monitoraggio dinamico permanente può essere utilizzato per: la realizzazione di sistemi di allarme sismico precoce (early war-ning) al fine di incrementare la capacità di protezione sismica; la previsione della vita di servizio residua dell’opera. Va, tuttavia, osservato che per raggiungere entrambi gli obiettivi precedenti è necessario che i parametri identificati e i dati raccolti nel corso del monitoraggio vengano utilizzati anche per tenere ag-giornato un modello strutturale (tipicamente a elementi finiti) dell’opera. Il modello strutturale calibrato e aggiornato in base al reale comportamento della costruzione ne rappresenta una sorta di copia virtuale e può fornire informazioni sui livelli di sicurezza residui di una struttura che si sta degradando e sulla sua risposta a un evento estremo costituendo un supporto ai sistemi automatici di allerta per l’adozione delle contromisure necessarie (quali evacuazione e sospensione parziale o totale dell’esercizio). Schematica-mente un sistema di monitoraggio dinamico continuativo è costituito da quattro elementi: – una rete di sensori di vario tipo collocati permanentemente su una struttura e in grado di rilevare sia la

risposta strutturale alle sollecitazioni esterne, sia le grandezze ambientali (temperatura, umidità, velocità del vento, ecc.) che possano influire su di essa;

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– un sistema di raccolta e trasmissione dei dati; – una serie di procedure automatiche per l’analisi dei dati finalizzate all’estrazione di parametri significa-

tivi e funzionali alla diagnosi strutturale; – un sistema decisionale e di allerta per la gestione di situazioni di emergenza.

Negli ultimi anni una notevole attenzione si è concentrata sulla proposta e sulla realiz-zazione di sistemi di monitoraggio dinamico basati sull’utilizzo di sensori innovativi e/o di architetture di sistema di nuova generazione. Va, tuttavia, rilevato che la sostanziale mancanza di risultati pubblicati sul comportamento a lungo termine (ovvero sulla fase di monitoraggio vero e proprio) delle costruzioni su cui tali sistemi sono stati realizzati suggerisce prudenza nell’adozione di tecnologie non ancora consolidate nel monitoraggio dinamico permanente. Sistemi basati sull’utilizzo di sensori di misura noti (quali acce-lerometri e/o sismometri e/o estensimetri) e dal costo relativamente contenuto garantiscono robustezza di funzionamento e risultati molto accurati.

Il cuore di un sistema di monitoraggio risiede nelle procedure utilizzate per l’interpreta-zione dei dati registrati. Va considerato, infatti, che un sistema di monitoraggio dinamico permanente ac-quisisce tipicamente alcune migliaia di misure sperimentali al secondo e che tali dati sperimentali vanno esaminati in modo automatico al fine di individuare-correggere eventuali errori di misura ed estrarre le informazioni utili sia per tracciare l’evoluzione della condizione strutturale, sia per identificare compor-tamenti anomali e danni.

Le procedure più frequentemente utilizzate per la valutazione dello stato di salute strutturale SHM (Structural Health Monitoring), sono basate sulla cosiddetta analisi modale in condizioni operative OMA (Operational Modal Analysis), ovvero sull’estrazione continua (nella pratica, ogni 30-60 minuti) e automatica dai dati registrati di frequenze proprie dei modi principali di vibrare e deformate modali (relativamente ai punti permanentemente strumentati): dal momento che le frequenze naturali e le deformate modali sono correlate alla distribuzione, in particolare, delle rigidezze strutturali è sponta-neo utilizzare i parametri modali come grandezze in grado di descrivere l’evoluzione dello stato di salute di una costruzione. Naturalmente, qualunque sia il sistema adottato per misurare la risposta dinamica, il dettaglio con cui la condizione strutturale può essere descritta in base ai dati registrati è strettamente connesso con il numero di sensori utilizzati.

Va, altresì, osservato che nell’utilizzo dell’approccio OMA allo SHM bisogna porre at-tenzione alle condizioni ambientali (temperatura, umidità) e operative (per esempio, i differenti flussi di traffico che impegnano un ponte), che vanno anch’esse opportunamente misurate. È, per esempio, ben noto che variazioni delle frequenze naturali possono essere determinate non solo da variazioni di rigidez-za ma anche da variazioni dei parametri ambientali e operativi; inoltre, sebbene soprattutto le variazioni indotte dalla temperatura siano cicliche e reversibili, possono essere di entità superiore o paragonabile a quelle indotte da danneggiamenti strutturali.

I metodi proposti in letteratura per l’individuazione di danneggiamenti e anomalie strutturali sono convenzionalmente suddivisi secondo la classificazione proposta da Rytter: metodi di

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livello 1, identificazione della presenza del danno; metodi di livello 2, identificazione della posizione del danno; metodi di livello 3, identificazione della severità del danno; metodi di livello 4, previsione della vita di servizio residua della struttura. Mentre i livelli 1-3 corrispondono effettivamente a successive fasi di approfondimento della diagnosi, il quarto riguarda più strettamente la prognosi, ossia la previsione del comportamento futuro della struttura. Il livello 4 è comunque un livello di conoscenza più approfondito dei precedenti nel senso che la prognosi viene effettuata a valle di una diagnosi sullo stato attuale della struttura. Facendo riferimento allo stato attuale della ricerca nel settore, si può dire che i livelli 1-2 costi-tuiscono il traguardo raggiunto recentemente, laddove i livelli 3-4 rappresentano la sfida presente e futura.

Nel caso in cui sia sufficiente identificare se la struttura si è danneggiata nel corso del tempo o a seguito di un determinato evento (livello 1), si può fare ricorso alle sole frequenze naturali che possono essere stimate utilizzando un numero molto limitato di sensori. Questo approccio fornisce valuta-zioni accurate se lo schema statico della costruzione è ragionevolmente semplice e permette di identificare le frequenze proprie mediante algoritmi OMA allo stato dell’arte. A titolo esemplificativo, nel corso del monitoraggio dinamico/sismico della Torre della Gabbia (XIII secolo) in Mantova17 (condotto nell’ambito di un contratto di ricerca tra il Polo territoriale di Mantova, Politecnico di Milano e l’Amministrazione comunale) è stato possibile individuare con confidenza sia la fluttuazione giornaliera delle frequenze pro-prie associata agli effetti di temperatura, sia una diminuzione irreversibile delle medesime grandezze, in-dicativa del modesto danneggiamento avvenuto a seguito di un evento sismico in Garfagnana (21 Giugno 2013). La documentata possibilità di identificare-distinguere con confidenza gli effetti di temperatura e le anomalie strutturali su edifici particolarmente vulnerabili come le torri storiche in muratura suggerisce l’utilizzo, sistematico e del tutto sostenibile, di semplici sistemi di monitoraggio dinamico permanente a fini di conservazione programmata di tali edifici. Per ottimizzare le componenti hardware e software in questo ambito specifico, unitamente al monitoraggio sulla Torre della Gabbia, è stato già attivato il moni-toraggio (dinamico e statico) della Torre di Santa Maria del Carrobiolo a Monza18 e l’installazione di altri sistemi è in fase di studio.

L’identificazione della posizione del danno (ma anche la sola identificazione della pre-senza del danno in costruzioni aventi schema statico e comportamento dinamico di maggiore complessi-tà) richiede una rete di sensori più densa che consenta una stima dei parametri legati al comportamento locale della struttura. Con lo sviluppo dei sistemi di acquisizione e trasmissione dati si può prevedere che il costo di un sistema di monitoraggio molto diffuso (per esempio con accelerometri a tutti i piani di un edificio alto) diventi sostenibile e consenta quindi una valutazione pressoché in tempo reale e affidabile

17. A. Saisi, C. Gentile, M. Guidobaldi. Post-earthquake continuous dynamic monitoring of the Gabbia Tower in Mantua, Italy, in “Construction and Building Materials”, vol. 81 (2015), pp. 101-112.18. A. Saisi, C. Gentile, A. Ruccolo, Pre-diagnostic prompt investigation and static monitoring of a historic bell-tower, in “Construction and Building Materials”, vol. 122, pp. 833-844.

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della corretta posizione di un eventuale danno. A titolo di esempio, un metodo originale di localizzazione del danno19 è stato sviluppato e applicato con successo ai dati registrati sull’edificio Factor Building, situato nel Campus dell’Università della California a Los Angeles e dotato di una rete di sensori molto densa.

Un altro esempio di identificazione della posizione del danno è relativa allo storico pon-te San Michele a Paderno d’Adda20, costruito tra il 1887 e il 1889 dalla Società Nazionale delle Officine di Savigliano per completare una delle prime linee ferroviarie italiane. Il ponte, tutelato dal Ministero dei Beni Culturali dal 1980, è tuttora utilizzato come ponte stradale e ferroviario; tuttavia, l’invecchiamento del materiale e la difficoltà di effettuare una manutenzione regolare hanno determinato un cattivo stato di conservazione della struttura, che appare oggi significativamente danneggiata dalla corrosione. Al fine di seguire l’evoluzione delle condizioni strutturali del ponte (nell’ambito di un contratto di ricerca con RFI), è stato installato un sistema di monitoraggio permanente, comprendente ventuno accelerometri e due termocoppie.21 Il monitoraggio, recentemente concluso dopo circa tre anni di attività, ha consentito di studiare la correlazione tra temperatura, condizioni operative (intensità delle accelerazioni indotte dall’e-sercizio) e frequenze modali. Inoltre, ha consentito di individuare con confidenza un cambiamento della condizione strutturale, attraverso la variazione delle deformate modali associate ad alcuni modi principali di vibrare e di individuare la zona interessata dalle maggiori modifiche strutturali.

I risultati ottenuti nell’ambito dell’identificazione del danneggiamento rappresentano la premessa per giungere alla definizione di metodi di livello 3-4 finalmente efficaci nel fornire protocolli di allerta e valutazioni di prognosi. In tale ambito, sono in corso di pubblicazione i primi risultati ottenuti utilizzando i parametri modali provenienti dal monitoraggio continuo di un edificio storico in muratura per aggiornare in modo continuo i parametri strutturali di un modello a elementi finiti della struttura, così da essere metodologicamente nella condizione di poter affrontare (pur di disporre delle ulteriori in-formazioni necessarie) il tema della previsione della vita residua.

4. Prevenzione e gestione delle emergenze: strumenti di piano e strategie di progettoDa sempre i fattori trasformativi dell’ambiente costruito in cui viviamo sono in stretta relazione con le modalità d’uso del suolo, con il prelievo di risorse in punti privilegiati del pianeta, con la riduzione dei

19. M.P. Limongelli. The interpolation damage detection method for frames under seismic excitation, in “Journal of Sound and Vibration”, vol. 330 n. 22 (2011), pp. 5474-5489; M.P. Limongelli, Seismic health monitoring of an instrumented multi-storey building using the Interpolation Method, in “Earthquake Engineering & Structural Dynamics”, vol. 43 n. 11 (2013), pp. 1581-1602.20. C. Gentile, A. Saisi, Ambient vibration testing and condition assessment of the Paderno iron arch bridge (1889), in “Construction and Building Materials”, vol. 25 n. 9 (2011), pp. 3709-3720.21. C. Gentile, A. Saisi, Continuous dynamic monitoring of a centenary iron bridge for structural modification assessment, in “Frontiers of Structural and Civil Engineering”, vol. 9 n. 1 (2015), pp. 26-41.

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sistemi forestali e naturali. Un esempio di come tale correlazione sussista già nel lontano passato può essere la pratica degli incendi per ottenere terreni per l’agricoltura. Dopo la seconda guerra mondiale l’ac-cesso a tecnologie sempre più potenti assieme alla crescita demografica ha moltiplicato gli impatti umani sull’ambiente con un’accelerazione inaudita. Molteplici evidenze scientifiche possono essere addotte nel registrare che l’accelerazione delle azioni trasformative delle società induce ad altrettante veloci modifi-cazioni ambientali che si riflettono a loro volta sugli ecosistemi e sull’uomo, aumentando le probabilità di mutazioni climatiche globali. Mentre nel passato gli effetti delle dinamiche della crosta terrestre e della biosfera erano relativamente lente, ma con enormi variazioni, durante l’Olocene le variazioni medie della temperatura globale erano contenute nell’intervallo di un solo grado centigrado. L’Antropocene è il nuovo periodo dominato dagli esseri umani, i cui impatti potrebbero portare a variazioni ampie fino a un aumen-to medio globale di sei gradi di temperatura entro la fine del secolo, secondo le attuali stime, aumentando i rischi di generare un ambiente ostile alla vita umana.

Ciò che è altresì evidente oggi è che i processi innescati da tali acceleratori producono situazioni non prevedibili, non lineari e inaspettate, che non possono essere contrastate se non modifican-do la nostra comprensione dei problemi. La risposta a tali situazioni scarsamente prevedibili deve essere ricercata in strategie capaci di miscelare misure strutturali e misure non strutturali; deve contenere i ca-ratteri di subitaneità e di applicazione a grandi numeri; deve abbinare principi di precauzione e principi di prevenzione. L’efficacia di tale risposta – che in tutti i casi viene definita emergenziale – risulta essere proporzionale al lavoro di preparazione alla gestione dell’emergenza svolto durante le fasi di normalità e al contestuale sviluppo di progettualità innovative che siano in grado in aumentare la resilienza dei luoghi più vulnerabili come dell’ambiente costruito in generale.

Questa parte del testo muove da tali premesse e focalizza l’attenzione su un ambito di ricerca – quello della gestione delle situazioni emergenziali – che può essere definito multiscalare – dal piano al progetto – prima ancora che multidisciplinare. Tale ambito di operatività infatti riguarda da un lato le sinergie tra strumenti di piano e strategie di progetto che possono essere messe in atto in situazioni emergenziali e in particolare relativamente ai tipici stadi di sviluppo di una situazione di emergenza così come sono internazionalmente riconosciuti: Prevention, Preparedness; Relief, Rehabilitation; Reconstruction. Dall’altro lato riguarda i possibili approcci multidisciplinari che possono essere adottati per migliorare una singola fase emergenziale o una singola situazione di emergenza già occorsa o, prima ancora atti a rafforzare lo sviluppo sostenibile e la resilienza delle aree più vulnerabili del pianeta. In questo senso, le discipline incentrate sul progetto tecnologico e quelle incentrate sull’urbanistica e la gestione del territorio e quelle dell’ingegneria sismica appaiono le più dialoganti attorno a un problema specifico da risolvere.

Numerosi lavori di ricerca svolti presso il Dipartimento si concentrano sulla fase di preparazione e prevenzione dell’emergenza, così come sull’importante tema della precauzione, applicata appunto al progetto di piano e dunque alla gestione dei territori e dei suoli urbanizzati.

In una biosfera abitata e prodotta da sistemi complessi socio-ecologici e dominata

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dall’azione antropica sono sempre più necessarie sofisticate tecniche di analisi georeferenziate e interscalari. Dal momento che globale e locale non sono mai stati così interconnessi come ora, la disciplina dell’urbanistica gioca un ruolo chiave nell’aumentare la resilienza delle città e dei territori a fronte dei rischi estremi dovuti a eventi eccezionali, nella consapevolezza che la crescita demografica mondiale è influenzata da un maggior ritmo delle migrazioni e spesso aggrava le condizioni di pericolo nelle aree più deboli dal punto di vista politico, sociale e produttivo, e nei luoghi più esposti a rischi naturali.22

Le conseguenze sono ampliate da effetti sistemici (rippler effects) imprevedibili che a maggior ragione richiedono precauzione nel piano, nelle attuazioni e nella manutenzione del territorio. Relativamente a questi aspetti, gli ambiti disciplinari tecnici dell’architettura e dell’ingegneria ricoprono un ruolo altrettanto significativo nel prefigurare soluzioni innovative e integrate di sviluppo sostenibile e di incremento dei livelli di resilienza, basate sull’impiego di tecnologie costruttive intelligenti (clever tech) improntate sui principi dell’assemblaggio a secco e della smontabilità, dell’alta efficienza, della velocità di approntamento, non ultimo dell’adattabilità e appropriatezza ai molteplici contesti.

Lo studio dei disastri, come quello del Great East Japan Earthquake del 2011, ma non solo quello, sono fondamentali per apprendere nuove modalità di precauzione, prevenzione e di gestione dell’emergenza. L’urbanesimo nelle aree sismiche deve fare i conti con le interazioni con gli aspetti geo-fisici dei siti e con le caratteristiche edilizie, imparando dalle analisi di casi studio e predisponendo ade-guate normative per la microzonazione e la pianificazione integrata. Alla base del piano sta la conoscenza del rischio, della vulnerabilità degli edifici, in particolare per i beni culturali e architettonici, vera ossatura dell’identità sociale europea.23 In questo senso la vulnerabilità non riguarda solo la vulnerabilità edilizia, ma le opere pubbliche e i sistemi socio-territoriali, i cui danni investono ampie regioni. La valutazione e il controllo degli impatti richiedono una visione sistemica quantitativa e qualitativa, l’uso di sistemi infor-mativi, disponibilità di dati affidabili, certificati e aggiornati.

In sintesi il corpo delle conoscenze messe a disposizione per questa linea di ricerca dipartimentale si sviluppa, si alimenta e trova nuove occasioni di dialogo tra le discipline attorno alle seguenti parole chiave: vulnerabilità dei luoghi e dei sistemi socio-territoriali; vulnerabilità idrogeologica e sismica degli edifici; vulnerabilità dei beni culturali; infrastrutture e reti; geomorfologia e geofisica dei terremoti; pericolosità; micro-zonizzazione sismica; precauzione e prevenzione; resilienza; georeferenza e monitoraggio; copertura e uso del suolo; dinamiche delle trasformazioni; mappatura del rischio per i beni comuni; sistemi e proprietà sistemiche; architettura post disastro; costruzioni semplificate; tecnologie appropriate; assemblaggio a secco; costruzioni tessili; strategie progettuali per il recupero di materiali di scarto e per la minimizzazione degli impatti delle costruzioni delle costruzioni temporanee della risposta

22. L.P. Marescotti, a cura di, Testi di supporto al workshop: Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability in Planning. Milano 2016.23. L.P. Marescotti, Planificar la conservación para la sustentabilidad y la identidad social, in “Revista de Arquitectura”, vol. 50 (2013), pp. 84-89.

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emergenziale; urbanistica temporanea; kit di protezione; abitazioni progressive post disastro.Relativamente alle strategie progettuali alcuni esiti delle ricerche in atto presso il Dipar-

timento vanno nella direzione di un approccio metodologico che potrebbe definirsi forward to basic che, coerentemente a quanto sviluppato in Alabama da Rural Studio, sostiene come, con criteri contemporanei ed esteticamente sostenibili, si possa ricorrere a tecniche costruttive appropriate, materiali semplici e ap-plicare principi di risparmio energetico.24 Insieme alle popolazioni locali si possono progettare e costruire sistemi con pochissime risorse, materiali di riciclo o di scarto: un recente risultato di un percorso proget-tuale di questo tipo è l’installazione di una struttura tessile con ossatura fatta in sci di riciclo, a forma di yurt, messa a disposizione di un villaggio di pescatori della Guinea Bissau. Sono inoltre stati sviluppati sistemi costruttivi a base di cartone riciclato, messi a punto insieme a COMIECO, che fanno un uso in-novativo del cartone nella risposta post disastro.25 Tali strategie progettuali improntate sulla leggerezza e sul recupero di scarti sono attualmente considerate come praticabili alternative anche da UNHCR, che è sempre più attenta a evitare fenomeni di deforestazione collegati alla creazione di nuovi villaggi per profughi come nel caso del Ruanda, dove le tende con paleria in alluminio fornite dalle organizzazioni umanitarie venivano vendute e rimpiazzate con legname locale creando così un disastro ambientale a valle del disastro sociale. Ancora su questa linea di intervento si segnala la creazione di un First Aid Post presso una comunità rom in Romania e la sede di infermeria oftalmica Borboleta in Guinea Bissau che il Dipartimento ha realizzato di recente nell’ambito del progetto Polisocial.

Un altro ambito di ricerca è quello dell’incremento dell’efficacia della risposta emergen-ziale, in termini sia di tempi sia di appropriatezza dei prodotti e dei kit di soccorso con cui l’emergenza viene gestita dagli operatori del settore. È questo il caso del progetto collaborativo per il settore sicurez-za del 7° Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico dell’Unione Europea, denominato S(P)EEDKITS: rapid deployable kits as seed for self-recovery. Il progetto che ha visto la collaborazione del Dipartimento con un’articolata compagine internazionale, riguarda la distribuzione rapida di shelter, di strutture sanitarie e risorse mediche a seguito di grandi disastri. Nell’ambito del progetto il gruppo di ricerca del Dipartimento si è occupato dello sviluppo di nuovi ripari di emergenza e del coordinamento del working package 1 denominato System design: modularity & packaging. Come specificato dal titolo del progetto, l’obiettivo era lo sviluppo di soluzioni innovative per il soccorso in grado di accelerare le operazioni delle organizzazioni umanitarie sin dalle prime fasi di un’emergenza.26 Le soluzioni dovevano

24. G. Salvalai, M. Imperadori; D. Scaccabarozzi, C. Pusceddu, Thermal performance measurement and application of a multilayer insulator for emergency architecture, in “Applied thermal engineering”, vol. 82 (5 May 2015), pp. 110-119.25. M. Imperadori; C. Pusceddu; G. Salvalai, Air shelter house technology and its applications to shelter units: the case of Scaffold House and cardboard shelter installations, in “Procedia Economics and finance”, vol. 18 (2014), pp. 552-559.26. A. Zanelli, C. Monticelli, S. Viscuso, C. Mazzola, Parametric design and the manufacturing process of an ultra-lightweight roof system for humanitarian relief contexts, in F. Escrig,

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essere adattabili e abbastanza resistenti così da potere essere utilizzate, da parte della popolazione colpi-ta, anche durante la fase di ricostruzione. Per il duplice uso sia nelle primissime fasi dell’emergenza che nella ricostruzione è stato progettato e prototipato un componente tessile arrotolabile che nelle fasi della ricostruzione può essere riempito con materiali reperibili localmente.27 Questo duplice approccio – speed e seed – è fondamentale se consideriamo l’attuale tendenza delle organizzazioni a incoraggiare il più possi-bile le pratiche di auto-riparazione e ricostruzione del preesistente. Le nuove soluzioni dovranno inserirsi in qualsiasi tipo di zona colpita da disastro (area urbana o regione rurale) e favorire il più rapidamente possibile il passaggio dalla condizione temporanea di disagio a una ricostruzione della vita economica e sociale. Sono stati esaminati i materiali e le attrezzature attualmente utilizzate dalle organizzazioni uma-nitarie e sono quindi state sviluppate le nuove soluzioni in modo da ridurne drasticamente volumi e pesi, migliorandone le condizioni di trasporto e i tempi di installazione.

La maggior parte dei contesti di catastrofe porta un grande numero di persone a essere non solo privo di un riparo, ma anche dei servizi essenziali come l’assistenza medica, le infrastrutture igienico-sanitarie, la fornitura d’acqua e di energia. In questi casi, è di vitale importanza garantire il più velocemente possibile una dislocazione di attrezzature e personale nelle zone del disastro. Per questo motivo lo sviluppo dei nuovi concept, dotati di applicazioni tecnologiche innovative, può aiutare a ridur-re gli attuali tempi di distribuzione degli aiuti. Le organizzazioni umanitarie operano per mezzo di ERU (Emergency Response Units). Queste unità di risposta immediata vengono stoccate e possono essere inviate immediatamente dopo il disastro. Ogni ERU ha dei moduli specifici (shelter, assistenza medica, acqua e igiene, energia) che possono essere utilizzati in toto o in parte dopo avere valutato i bisogni e il numero di persone cui sono destinati. La ricerca ha sviluppato nuovi moduli ERU, nuovi kit che possano contri-buire a salvare la vita delle persone nelle prime ore dopo la catastrofe e a piantare i semi per ricostruire il futuro. Uno strumento digitale di supporto decisionale è in fase di sviluppo per facilitare le scelte durante la distribuzione dei kit. Il packaging di tali ERU-kit ricopre un ruolo centrale, e trasversale, all’interno del progetto.28 In prospettiva è sempre più auspicabile concentrare l’interesse sul problema del contenimento dei tempi in cui una situazione emergenziale occorre e persiste, al fine di valutare come ridurre al minimo le situazioni di disagio. Infine sono presenti all’interno del dipartimento competenze idonee anche a trat-tare in modo sistemico il problema delle emergenze abitative che sempre più frequentemente si verificano in territori densamente urbanizzati.

J. Sanchez, a cura di, Proceedings of the First Conference on Transformables, Seville 2013, pp. 305-310.27. A. Zanelli, S. Viscuso, brevetto per invenzione BG2015A0000020, Politecnico di Milano 2015. 28. A. Zanelli, G. Buyle, G. Giabardo, S. Viscuso, S(P)EEDKITS & smart packaging. Nuo-ve applicazioni tessili per ridefinire la risposta alle emergenze, in “Techne”, vol. 8 (2014), pp. 250-260.

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5. Dispositivi e tecniche innovative per la realizzazione, l’adeguamento sismico e il miglioramento delle costruzioniI terremoti che hanno colpito negli ultimi anni il nostro paese hanno evidenziato la vulnerabilità del patrimonio edilizio, in particolare degli edifici esistenti non solo in muratura ma anche prefabbricati. Come conseguenza si sono attivate numerose ricerche finalizzate a fornire un contributo sia in ambito industriale sia normativo volto a migliorare le conoscenze sulle principali tecniche per mitigare la vulne-rabilità sismica degli edifici e per migliorare o adeguare le prestazioni degli stessi mediante l’incremento di resistenza e/o duttilità.

Tra le moderne tecniche di mitigazione sismica vi è l’isolamento alla base, che si basa sull’inserimento, tra edificio e fondazione, di dispositivi, detti isolatori, che separano il movimento della sovrastruttura da quello del terreno. Un corretto disegno degli isolatori permette di ridurre notevolmente le accelerazioni trasmesse alla struttura salvaguardando in tal modo sia le parti strutturali, sia le parti non strutturali e il contenuto tecnologico dell’edificio.

La ricerca condotta all’interno del Dipartimento si inquadra nella linea tematica Iso-lamento sismico e dissipazione dei progetti 2010-2013 e 2014-2018 RELUIS (Rete dei Laboratori Univer-sitari di Ingegneria Sismica) finanziati dal DPC (Dipartimento di Protezione Civile) e ha come obiettivo la sperimentazione, caratterizzazione e modellazione dei dispositivi di isolamento oggi maggiormente in uso, quali gli isolatori in gomma a alta dissipazione e gli isolatori a attrito di tipo pendolare. Lo studio è condotto su tre livelli: sui materiali dei dispositivi (gomma ad alto smorzamento e materiali ad attrito con-trollato), sugli isolatori e su modelli di edifici isolati sismicamente. Uno degli aspetti caratterizzanti queste ricerche è l’impiego di sistemi e protocolli sperimentali sviluppati ad hoc per definire i comportamenti costitutivi dei materiali degli isolatori mediante prove in piccola scala, che trovano particolare impiego nella ricerca e sviluppo di materiali innovativi.29

Una seconda linea di ricerca, complementare alla precedente, riguarda la concezione progettuale dei sistemi di isolamento, investigando in dettaglio aspetti non ancora risolti nelle norma-tive, come la presenza di spostamenti residui, l’accumulo di spostamenti durante sequenze ravvicinate di terremoti e il cambiamento di prestazione dell’isolatore prodotto dalla dissipazione di energia. Tali approfondimenti sono condotti principalmente mediante analisi numeriche, partendo dalla formulazione di modelli costitutivi che vengono implementati nei codici di calcolo e utilizzati per l’analisi di strutture isolate. Tra i principali contributi vi sono la formulazione di un modello termomeccanico che descrive il surriscaldamento dell’isolatore a seguito della dissipazione e il conseguente degrado del coefficiente

29. V. Quaglini, P. Dubini, C. Poggi, Experimental assessment of sliding materials for seis-mic isolation systems, in “Bulletin of Earthquake Engineering”, vol. 10 (2012), pp. 717-740; V. Quaglini, M. Bocciarelli, E. Gandelli, P. Dubini, Numerical assessment of frictional heating in sliding bearings for seismic isolation, in “Journal of Earthquake Engineering”, vol. 18 (2014), pp. 1198-1216; V. Quaglini, E. Gandelli, P. Dubini, Experimental investigation of the re-centring capability of curved surface sliders, in “Structural Control and Health Monitoring”, (2016).

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di attrito durante sismi violenti30 nonché l’implementazione nei codici di calcolo di una legge di attrito che comprende l’incremento di attrito al primo distacco dell’isolatore. Un’estesa indagine parametrica, supportata da una sperimentazione su tavola vibrante, ha avuto come oggetto lo studio della capacità di ricentraggio degli isolatori, cioè la capacità di recuperare la configurazione iniziale al termine della scossa sismica, e ha portato a formulare proposte di revisione della normativa tecnica.

Sul tema della resistenza/duttilità della struttura sono in corso diverse ricerche mirate da un lato allo studio di materiali innovativi, come per esempio i materiali fibro-rinforzati, rispetto ai quali sono state già descritte le principali attività di ricerca nel capitolo dedicato ai materiali evoluti e all’innovazione dei sistemi costruttivi, dall’altro al miglioramento dei sistemi di connessione (pre/post inseriti e a secco), che si sono rivelati gli elementi cruciali nei recenti terremoti.

Per quanto riguarda questi ultimi, sono presenti a livello europeo diverse linee guida che ne definiscono i criteri per l’accettazione e, proprio per questo, negli ultimi decenni si è assistito a un via via crescente impiego dei sistemi di ancoraggio, sia pre che post inseriti, nell’ambito delle nuove costru-zioni in calcestruzzo armato o nei recuperi strutturali di costruzioni sia in calcestruzzo che in muratura. Nella maggior parte dei casi questi sistemi hanno la funzione di connessione tra componenti strutturali o tra struttura ed elementi non strutturali (per es. pannelli di chiusura) e pertanto il loro comportamento è stato oggetto di numerosi studi e le loro prestazioni sono garantite da una serie di prove sperimentali a cui il prodotto deve essere sottoposto in accordo con i requisiti nazionali o europei.

Negli ultimi anni la ricerca si è concentrata principalmente sull’impiego di tali elementi in condizioni non standard: materiali di base, geometrie, stati di sollecitazione particolari.31

Tra i materiali di base le indagini si sono rivolte sia a materiali innovativi quali calce-struzzi con prestazioni estremamente elevate32, sia a materiali tradizionali quali la muratura in cui inse-rire nuove tipologie di tasselli. I materiali innovativi sembrano essere particolarmente promettenti per ottenere prestazioni superiori inoltre, nel caso di ancoraggi chimici, le ricerche mostrano che potrebbero essere un utile supporto su cui valutare la resistenza dell’aderenza della resina.

Tra le sollecitazioni particolari, quella sismica è stata recentemente oggetto di una se-rie di studi. L’impiego di sistemi di ancoraggio (sia pre che post installati) in costruzioni in zona sismica

30. V. Quaglini, P. Dubini, G. Vazzana, Experimental assessment of high damping rubber under combined compression and shear, in “Journal of Engineering Materials and Technology”, vol. 138 n. 1 (2015).31. R. Piccinin, R. Ballarini, S. Cattaneo, Pullout Capacity of Headed Anchors in Prestressed Concrete, “Journal of Engineering Mechanics”, vol. 138 n. 7 (2012), pp. 877-887; P. Crespi, M. Balilaj, A. Franchi, Post-installed metal anchors behavior in cyclically cracked concrete, in International Balkans Conference on Challenges of Civil Engineering, Tirana 2011.32. L. Jurina, E.O. Radaelli, S. Montenovo, A. Iliopoulos, L. Bianco, Una campagna sperimen-tale sulla risposta sismica di collegamenti a secco tra pilastro e fondazione in c.a., in Giornate AICAP, Bergamo 2014.

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richiede infatti particolare attenzione, in quanto da un lato la massa collegata all’ancorante genera un carico dinamico aggiuntivo sull’ancoraggio stesso, dall’altro il supporto in cui l’ancoraggio è installato può subire danni a seguito del sisma, con conseguente riduzione delle sue caratteristiche meccaniche rispetto a quelle originali. Tale tematica è particolarmente importante per il territorio italiano, che è caratterizzato da un’elevata pericolosità sismica. Mentre per quanto riguarda gli ancoraggi post inseriti la normativa svi-luppata a livello europeo fornisce indicazioni (non ancora definitive) su come attestare le performance del tassello soggetto a carico sismico, per gli ancoraggi pre installati non vi è alcuna procedura di qualificazione accettata. In questo ambito, la ricerca opera su due fronti: da un lato migliorare le prestazioni dei prodotti esistenti, in modo da consentirne l’impiego anche in presenza di carichi sismici, dall’altro studiare specifici protocolli di prova che simulino il comportamento in opera del sistema di ancoraggio soggetto a tale carico.

Al fine di migliorare i prodotti è necessaria un’interazione con le industrie del settore, e in questo ambito è in atto uno studio teorico-sperimentale mirato all’analisi del comportamento di un profilo di ancoraggio opportunamente modificato che, sfruttando la forma del sistema di connessione, è in grado di trasferire carichi superiori rispetto ai profili esistenti. L’esecuzione di prove che riproducano il comportamento sismico richiede inevitabilmente l’installazione del tassello (o piolo) in una fessura, che poi sarà soggetta a una serie di cicli di apertura-chiusura opportunamente calibrati. Mentre per un anco-raggio post inserito risulta relativamente semplice appurare la presenza di una fessura dove il tassello an-drà installato, nel caso di ancoraggi preinstallati tale verifica non è di semplice esecuzione e la procedura di prova, tuttora oggetto di studio, non è stata ancora standardizzata.

Sempre nell’ambito dei sistemi di connessione è in corso un’estesa campagna speri-mentale finalizzata alla valutazione della risposta oligo-ciclica di un sistema di connessione a secco tra pilastri prefabbricati in calcestruzzo armato e plinti di fondazione, collegati mediante scarpe in acciaio e tirafondi. A tal fine sono stati testati campioni in scala reale considerando diversi parametri (dimensione della sezione, schema di collegamento) e confrontando i risultati ottenuti con quelli di due pilastri gettati in opera con dettagli costruttivi conformi alle vigenti normative.33 Il comportamento d’isteresi e il mec-canismo globale di fessurazione della connessione sono stati analizzati attraverso cicli di carico alternati, sotto carico assiale costante. I risultati sono stati confrontati in termini di duttilità, energia dissipata, rigidezza e degrado della resistenza. È oggetto di studio anche il comportamento associato a interventi di ripristino mediante materiali a base cementizia fibrorinforzata di pilastri già portati a collasso, al fine di valutare la riparabilità e la capacità residua del giunto. Le attività di ricerca hanno dimostrato come la risposta ai carichi sismici delle connessioni bullonate adeguatamente progettate sia equivalente a quella dei collegamenti gettati in opera, individuando considerevoli incrementi in termini di carico limite a col-lasso e di duttilità.

33. L. Jurina, E.O. Radaelli, S. Montenovo, A. Iliopoulos, L. Bianco, E. Camnasio, Sul com-portamento sismico delle connessioni pilastro-fondazione, in 20° congresso CTE, Milano 2014.

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1. Terremoto dell’Emilia, 2012. Vulnerabilità sismica di una torre campanaria. 2. Meccanismo di danno delle volte, Concordia sulla Secchia (Modena), 2012.3. Meccanismo di danno dell’arco trionfale, Mogliano (Macerata), 2016.4. Danneggiamento di edificio in calcestruzzo armato, Novi di Modena (Modena), 2012.5. Meccanismo di taglio nei maschi murari, Castelvecchio Subequo (L’Aquila), 2009.

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6. Basilica di Santa Maria di Collemaggio, l’Aquila.7. Danni alle colonne della navata della basilica di Santa Maria di Collemaggio causati dal sisma del 6 aprile 2009. 8. Modello FEM della basilica di Santa Maria di Collemaggio.9. Modellazione e stati tensionali.

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10. PAI (Piano Assetto Idrogeologico), aree di pericolosità alluvionale.11. INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), mappa di pericolosità sismica. 12. Senigallia, analisi dell’esondazione del 3 maggio 2014 da cui si evince che le aree allagate non rispecchiano quanto previsto dalle fasce PAI.13. Spazializzazione di un portafoglio assicurativo sulle fasce di pericolosità idrogeologica.

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14. Schema di un sistema di monitoraggio dinamico/sismico.15. Torri storiche in muratura sottoposte a monitoraggio dinamico/sismico: Torre campanaria di San Vittore Arcisate, Varese; Torre della Gabbia, Mantova; Torre campanaria di Santa Maria del Carrobiolo, Monza.

16. Ponti recentemente sottoposti a indagini dinamiche con finalità diagnostiche o di collaudo: Ponte sull’Adda a Brivio, 1917; Ponte strallato Cesare Cantù; Passerella pedonale a Seriate; Viadotto Lambro.

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17. Schema del sistema di monitoraggio dinamico installato sul ponte San Michele a Paderno d’Adda.

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18-19-20. Yurta del pescatore: struttura d’emergenza in sci riciclati e teli tecnici per una missione in Guinea Bissau.21-22-23. Field Test in Senegal dei prodotti speedkits.

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24-25. Inserimento di ancoraggi: in pilastro soggetto a carico ciclico e in lastra di calcestruzzo a compressione biassiale.26. Modello ad elementi finiti.27. Temperature raggiunte sulla superficie al variare della velocità.28. Influenza della temperatura di superficie sul coefficiente di attrito.29. Prove cicliche su elementi prefabbricati collegati a secco.30. Setup di prova e connessioni bullonate al termine di un test.

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