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Indice 9 Introduzione (Agostino Portera) 15 CAP. 1 Cooperative learning e educazione interculturale 45 CAP. 2 Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo PRIMA AREA — Sensibilizzazione SECONDA AREA — Interazione responsabile TERZA AREA — Verso un nuovo umanesimo 199 Conclusioni 203 Bibliografia 209 APPENDICE 1 Strumenti per la formazione di coppie e/o gruppi 213 APPENDICE 2 Scheda per la pianificazione di un intervento 221 APPENDICE 3 Struure cooperative

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I n d i c e

9 Introduzione (Agostino Portera)

15 CAP. 1 Cooperative learning e educazione interculturale

45 CAP. 2 Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo PRIMA AREA — Sensibilizzazione SECONDA AREA — Interazione responsabile

TERZA AREA — Verso un nuovo umanesimo

199 Conclusioni

203 Bibliografia

209 APPenDICe 1 Strumenti per la formazione di coppie e/o gruppi

213 APPenDICe 2 Scheda per la pianificazione di un intervento

221 APPenDICe 3 Strutture cooperative

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Perché apprendere e impiegare il cooperative learning nella società com-plessa e multiculturale?

Agli albori del terzo millennio, a fronte della globalizzazione, dell’inter-dipendenza planetaria e dell’avvento di società multiculturali, si assiste a un forte aumento non solo delle opportunità (è più facile viaggiare, la tecnologia riduce le distanze e consente di veicolare informazione e cultura in modo più efficace), ma anche dei conflitti, molti dei quali scaturiscono dall’incontro-scontro fra culture diverse. Dalla cronaca apprendiamo come troppo spesso tali conflitti degenerino fino a divenire cronici e ingestibili, laddove è soprattutto la potenzialità distruttiva a palesarsi nelle realtà familiari, scolastiche o sociali, specie fra Stati e gruppi di persone con caratteristiche linguistiche, religiose e valoriali differenti. Come uscire da questo circolo vizioso? Dal momento che globalizzazione e multiculturalismo sono inevitabili, esiste un modo migliore di gestirli? È possibile bloccare o invertire le spirali negative che vedono come perdenti non solo le singole persone ma, di fatto, l’intera umanità?

Fred Dallmayr, ordinario di Teoria politica comparata all’Università cat-tolica di Notre Dame (Indiana), sostiene con fermezza la tesi che la diffusione della democrazia nel mondo possa avvenire solo attraverso una fertilizzazione incrociata di culture, mai con l’imposizione dall’esterno (Dallmayr, 2010). Nel suo libro uscito negli Stati Uniti nel 2002, ma scritto prima dell’11 settembre (in quel 2001 che l’ONU aveva dedicato al dialogo fra le civiltà e che Giovanni

Introduzione

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10 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

Paolo II aveva aperto con un suo messaggio a favore della «civiltà dell’amore»), Dallmayr ha contrapposto un’altra via alle teorie di Huntington sul clash of civilizations: quella del dialogo fra le culture. Tale tesi è supportata da numerosi pensatori esemplari provenienti dai più disparati settori disciplinari e politici, come il Mahatma Gandhi, Jürgen Habermas, Bassam Tibi, Charles Taylor, Hannah Arendt, Martin Heidegger, Jacques Derrida, il musulmano iraniano liberal Abdolkarim Soroush e il cittadino del mondo Panikkar Raimon e molti altri. Hans-Georg Gadamer osserva come le ragioni del dialogo siano presenti all’interno di ciascuna civiltà, giacché nessuna è un monolite (Gadamer, 1960). Non lo è quella islamica, segnata dalla sua religione con le tante, configgenti, interpretazioni; ma non lo è neppure la civiltà europea, che racchiude nelle sue radici il conflitto fra la cosmologia greca, fondata su un ordine certo e preco-stituito dell’universo, e la strada umanamente incerta verso il futuro indicata dal cristianesimo. Due impianti culturali lontani fra loro, che nel corso dei secoli si sono scontrati, poi alleati quando l’escatologia cristiana ha ritenuto di avvalersi della totalità del sapere di origine greca, per poi infine contrapporsi in modo irreversibile quando le scienze moderne hanno disintegrato tali visioni onnicomprensive e «ordinanti» del mondo (si veda anche Portera, Böhm e Secco, 2007). Da tale disintegrazione sono scaturiti tanti conflitti culturali che spingono molti cristiani a riproporre la «maledizione di Babele».

La scuola è investita in maniera cocente da questi cambiamenti, laddove in tutto il pianeta si registra una crescente interdipendenza economica, scien-tifica, culturale e politica, che rende tutte le società sempre più multietniche e multiculturali. Insegnanti e pedagogisti, da sempre premurosi di attuare interventi volti alla trasmissione, in modo spesso etnocentrico, della propria lingua, dei propri valori e delle proprie norme, si trovano ora a far fronte a nuovi compiti. Nel mondo globalizzato, specie per chi emigra, diviene cen-trale la questione dell’identità. Si tratta di un vero dilemma: non è possibile mantenere la cultura dell’immigrazione e, nel contempo, non si può aderire completamente ai valori e alle norme comportamentali del Paese di arrivo. Da una mia ricerca (Portera, 1997) emerge come molti insegnanti, ma anche dirigenti, applichino la soluzione semplicistica di esercitare forzatura culturale (mediante ricompense o ricatti emotivi) verso l’assimilazione. In altri casi si allontanano fisicamente o psicologicamente, isolando emotivamente il «di-verso». Accanto a tali interventi «ostili», alcuni educatori reagiscono imme-desimandosi con gli alunni stranieri, sostituendosi a loro nella risoluzione dei problemi o favorendoli dove possibile. Solo pochi educatori sono consapevoli che anche da questi atteggiamenti di iperidentificazione, che ho definito xe-nofilia, scaturiscono forti conflitti con esiti negativi per il soggetto coinvolto:

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Introduzione 11

la vera educazione presuppone lo stimolo dell’attività propria dell’educando e l’esercizio delle sue abilità (e non la pietà pelosa).

Come superare a scuola gli atteggiamenti erronei, e talvolta dannosi, per il singolo soggetto e per la collettività?

Dal momento che oggi non è riproponibile un ritorno all’unità universale di Platone, se non si vuole cadere nell’opposta schiera di particolarismi chiusi, non rimane che la via del dialogo fra lingue e culture diverse (la razionalità co-municativa di Habermas). A tal fine, in occidente, specie in Europa, è ineludibile superare la dicotomia intravista da Derrida, ossia l’oscillazione europea fra l’autoimposizione di sé in chiave di eurocentrismo e la totale negazione di sé all’insegna di un multiculturalismo vissuto come «completa e amnesiaca» scomparsa nell’alterità. La via di uscita da questi conflitti non è riscontrabile nel rifiuto del multiculturalismo in nome di un’unilaterale affermazione di sé, né tanto meno nell’integralismo religioso o valoriale, bensì nell’imparare a coesistere e dialogare fra diversi. Peraltro, tale via del dialogo è contenuta in molte religioni. La troviamo con sempre più forza nella religione cristiana (specie a partire dal Concilio Vaticano II, nella Chiesa cattolica pressoché ogni documento rimanda all’importanza del dialogo), nelle fedi buddiste, ebraica e anche musulmana (il Corano recita: «Vi ho creato in nazioni e tribù, in modo che vi poteste conoscere e fare amicizia; non perché restaste orfani della vostra tradizione»).

La via di uscita da tale dilemma è offerta dalla pedagogia interculturale. L’approccio pedagogico interculturale rappresenta una rivoluzione copernicana rispetto al modo di concepire l’alterità e l’educazione nella società complessa, la risposta educativa più idonea e preparata alla globalizzazione degli esseri umani e delle loro forme di vita, alla crescente compresenza di diversi usi, costumi, lingue, modalità comportamentali e religioni. Questo cambiamento di paradigma ha permesso di superare le strategie educative a carattere com-pensatorio, dove l’emigrazione, lo sviluppo e la vita in contesto multiculturale erano intesi solamente in termini di rischio, di disagio o di malattia, prendendo atto della continua evoluzione, della dinamicità delle singole culture e delle singole identità, considerando l’alterità in termini di risorsa e riconoscendo l’opportunità di arricchimento e di crescita personale che può scaturire dalla presenza di soggetti culturalmente ed etnicamente differenti.

Il grande merito del presente libro di Stefania Lamberti è di conside-rare i fondamenti epistemologici e semantici della pedagogia interculturale, coniugandoli egregiamente nella pratica con la metodologia del cooperative learning. Nel testo sono presentate sia la metodologia del cooperative learning, focalizzandone i più recenti sviluppi, sia l’educazione e la didattica intercul-

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12 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

turale, mostrando come il cooperative learning possa essere considerato fra le metodologie più efficaci per l’educazione nella società complessa, pluralistica e multiculturale.

Il testo si caratterizza non solo per il rigore scientifico dei concetti trattati, ma soprattutto per le numerose indicazioni operative e didattiche concrete che mette a disposizione di operatori scolastici, primi fra tutti gli insegnanti. L’insegnante troverà nel libro proposte d’intervento tangibili da attuare in classe, a prescindere dalla presenza di alunni con nazionalità non italiana. Per il tramite di esercizi, giochi di ruolo e momenti di riflessione, sono affrontati temi fondamentali per il curricolo inerenti la sensibilizzazione intercultu-rale: unicità di ogni essere umano; differenze come valore; decentramento; riconoscimento e rispetto. E ancora: interazione responsabile, accettazione, accoglienza, ascolto, dialogo, confronto.

Grazie alle riflessioni e ai supporti didattici proposti da Lamberti è pos-sibile avvalorare l’assunto che per le società sempre più globali, complesse, multietniche e multiculturali la risposta pedagogica più idonea è l’educazione intesa in maniera interculturale. A fronte della nuova situazione complessa tutta la pedagogia dovrà essere coniugata in maniera interculturale. Occorre essere consci del rischio di riproporre anacronistici modelli educativi intrisi di ideologie vicine agli autoritarismi o a dogmatismi.

La rivoluzionaria strada dell’approccio interculturale, collocando al centro dell’intervento il dialogo, l’incontro, il confronto e l’interazione, risulta non solo idonea e opportuna, ma anche ineludibile, perché permette di rispondere in maniera preparata alla nuova situazione: tenere conto di opportunità e limiti della globalizzazione e dell’interdipendenza planetaria. Al contempo, alla luce delle esperienze attuate in tutto il mondo, il cooperative learning ne costituisce il partner perfetto.

Pedagogia interculturale e metodo cooperativo si attestano perciò come una coppia di sposi che affrontano con forza, tenacia e preparazione culturale disorientamenti e derive relativistiche della società postmoderna. L’insegnante che si trova giornalmente a gestire in classe la sfida del pluralismo linguistico, assiologico e comportamentale affronta un compito delicato e di capitale im-portanza. In gioco vi è il futuro del suo ruolo, la funzione della scuola, forse la stessa capacità di convivenza di tutti gli esseri umani della terra.

Sono fermamente convinto che il futuro della specie umana dipenda dalla consapevolezza che, per quanto ne dica Darwin, la legge del più forte, la competizione estrema, il miope sfruttamento dell’ambiente, la sopraffazione dell’uomo sull’uomo a lungo andare non possono funzionare. In quanto esseri umani necessitiamo urgentemente di riconoscere e sviluppare le potenzialità

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Introduzione 13

propriamente umane, della donna e dell’uomo. La cooperazione e la capacità di gestire i conflitti mediante il dialogo costituiscono i primi passi.

Prof. Agostino PorteraOrdinario di Pedagogia interculturale

Direttore del Centro Studi InterculturaliUniversità degli Studi di Verona

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Il curricolo che segue si struttura in tre aree:1. sensibilizzazione2. interazione responsabile3. verso un nuovo umanesimo, ossia saper vivere nell’incerta complessità.

Ognuna delle tre aree, a sua volta, è strutturata in interventi volti al rag-giungimento della finalità dichiarata dall’area di riferimento. Gli interventi sono specifici per il gruppo classe, tuttavia è presente anche una proposta d’area finale (intervento 7) da realizzare tra le classi per favorire il processo di costruzione della scuola comunità.

Alcuni interventi, inoltre, richiedono l’utilizzo di schede di lavoro appo-sitamente predisposte: queste si trovano alla fine di ciascuna area, subito dopo l’elenco e la descrizione degli interventi stessi, e possono essere fotocopiate e distribuite agli alunni per lo svolgimento dell’attività.

Come espresso nel paragrafo Didattica interculturale del capitolo 1, il cur-ricolo è uno stimolo d’azione1 che tenta di esplicitare attraverso suggerimenti precisi e indicazioni di fondo:

1 In quanto stimolo d’azione dà suggerimenti e indicazioni di lavoro, per questo il curricolo non presenta attività pronte a essere utilizzate in classe. L’insegnante che intende servirsi del materiale deve necessariamente compiere un ulteriore processo di organizzazione didattica come espresso nel successivo paragrafo Tempi, ruoli e formazione di coppie e/o gruppi. Un esempio di pianificazione è presente nell’appendice 2.

Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo

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46 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

• i metodi più opportuni2 per l’educazione interculturale• i contenuti3

• le competenze che si intendono sviluppare• le caratterizzazioni dei contesti in cui si agisce.

In riferimento alle competenze occorre precisare che non vi è alcuna dichiarazione nei singoli interventi, perché ritengo che il perseguimento e il raggiungimento delle stesse avvengano a livello d’area e ancor più grazie alla realizzazione di tutte le esperienze proposte dall’intero curricolo.4

Ogni intervento ha due titoli: uno per gli insegnanti, che rimanda alla tematica affrontata, e uno accattivante per gli alunni. Seguono la dichiarazione di finalità che si intende perseguire e gli obiettivi in cui la stessa finalità può essere declinata.

Sono poi presentati i materiali che servono per realizzare l’intervento e la procedura/organizzazione dettagliata delle fasi di lavoro.

Infine, sono riportati alcuni spunti per una riflessione condivisa sull’attività svolta ed eventuali possibili sviluppi. Lo scopo di quest’ultima sezione è quello di presentare attività che possano essere realizzate con alunni più grandi o più piccoli rispetto a quanto proposto nell’intervento. Inoltre, si è prestata parti-colare attenzione affinché vi siano suggerimenti di attività da poter svolgere utilizzando le discipline in ottica interculturale.

Per ognuna delle tre aree del curricolo è previsto uno strumento d’area, atto a far riflettere gli alunni e a registrare i loro vissuti personali, nonché i cambiamenti che rilevano anche in contesti non prettamente scolastici. Sarà cura dell’insegnante suggerire come usarlo in modo da renderlo significativo.

Infine, ogni area è caratterizzata da un puzzle d’area, un’immagine suddivisa in sei pezzi di puzzle pari al numero degli interventi. Lo scopo di questa ulteriore proposta è quello di aiutare gli alunni a ricordare il percorso effettuato avendone una consapevolezza sempre maggiore. Ogni alunno deve infatti creare il proprio puzzle personale (il puzzle d’area appunto), unendo i pezzi che gli vengono consegnati alla fine di ciascun intervento (un pezzo per intervento).La costruzione del puzzle può essere fatta anche a livello di classe. Solo al termine di tutti gli interventi di area ogni alunno avrà a disposizione tutti i pezzi necessari a costruire l’immagine del suo puzzle personale, che sarà uguale a quella dell’eventuale puzzle di classe.

2 Nella proposta di curricolo che segue saranno utilizzati i principi fondamentali e le strutture di coo-perative learning.

3 Si proporrà qualche esempio di uso delle discipline in ottica interculturale.4 Le competenze che ritengo importanti sono quelle presentate nel capitolo 1.

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 47

Tempi, ruoli e formazione di coppie e/o gruppi

Gli interventi di tutte e tre le aree del curricolo sono, come abbiamo anticipato, stimoli d’azione per l’insegnante e non programmazioni dettagliate delle attività da realizzare con gli alunni.

Ogni docente che voglia utilizzare i suggerimenti per l’educazione in-terculturale, servendosi della metodologia del cooperative learning, dovrà compiere un’ulteriore progettazione (si veda l’esempio nell’appendice 2). Pertanto, è doveroso dichiarare che le proposte del curricolo sono prive, per un’adeguata riuscita, di alcuni aspetti fondamentali. I motivi per cui si è deciso di presentare le attività in modo generico sono, in primis, perché si è convinti che solo l’insegnante (gli insegnanti) di classe conosca bene i propri alunni e sappia quindi adattare una proposta generica alle esigenze, ai bisogni e alle aspettative specifiche, e poi perché si vuole promuovere una riflessione critica e un cambiamento nei docenti.

Le proposte di lavoro non presentano un’organizzazione temporale, di conseguenza sarà cura dell’insegnante definire i tempi del lavoro individuale, di coppia, di gruppo e della sezione di plenaria.

Inoltre, i ruoli da assegnare o da far assegnare ai vari membri del gruppo non sono stati definiti. Sarà l’insegnante, in base alla conoscenza delle capacità degli alunni, a decidere quali ruoli individuare e a chi affidarli per la buona riuscita del lavoro.5

O, in alternativa, quando gli alunni sapranno lavorare in cooperative learning potranno assegnarli l’un l’altro autonomamente. A livello teorico gli studiosi definiscono, all’interno di un gruppo, funzioni e ruoli per la gestione, il funzionamento, l’apprendimento e lo stimolo.6 Tra i ruoli più usati vi sono: il portavoce, il responsabile dei materiali, il lettore, lo scrittore, il controllore del tempo, l’incoraggiatore, il controllore dei turni, ecc. È opportuno che l’inse-gnante, prima di assegnare un ruolo, sia certo che l’alunno che dovrà compierlo sia in grado di affrontare quanto richiesto, in caso contrario dovrà insegnargli come assumerlo. A livello di classe (o di scuola) possono essere creati loghi raffiguranti i ruoli. Le immagini possono essere incollate su cartoncini che, all’occorrenza, l’insegnante distribuirà agli alunni.

5 Per far comprendere quanto sia importante per la buona riuscita di un’impresa la suddivisione dei ruoli all’interno di un gruppo, l’insegnante può leggere le pagine 51-52 in Johnson, Johnson e Johnson Holubec (1996), in cui si narra una leggenda polinesiana e un’esperienza cooperativa di una spedizio-ne nell’Oceano Pacifico per giustificare una tesi sostenuta da Thor Heyerdahl, oppure far compiere agli alunni qualche analogia, ad esempio con le squadre sportive: i ruoli in una squadra di calcio, di pallavolo, ecc.

6 Per approfondimenti si veda Johnson, Johnson e Johnson Holubec (1996, pp. 51-59).

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48 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

Infine, gli interventi del curricolo non indicano come formare le coppie e/o i gruppi di lavoro (le modalità definite dagli studiosi di cooperative learning sono presenti nell’appendice 1). Tale scelta avalla ulteriormente la convinzione che spetti all’insegnante, o al team docente, decidere come formare coppie e/o gruppi in base al tipo di lavoro richiesto e alla conoscenza delle dinamiche relazionali e degli stili di apprendimento propri della classe.

Per facilitare la comprensione di come un intervento generico possa divenire materiale utilizzabile in una classe specifica, si è compiuta una pro-gettazione dettagliata riferita a un reale gruppo di alunni. La griglia e l’esempio relativi sono riportati nell’appendice 2.

Nei differenti interventi proposti sono citate alcune strutture cooperative, di cui è possibile leggere un’essenziale presentazione nell’appendice 3.

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La seconda area, Interazione responsabile, è finalizzata a insegnare com-portamenti che rendano gli alunni consapevoli che si è nel mondo e che tale personale esserci è incontro, ibridazione, scambio, conflitto e continuo fluire di essere-con-gli-altri. Pertanto l’azione-tra, o interazione, può essere considerata alla base di ogni relazione.

Per fornire suggerimenti didattici in tal senso, sono state ideate sei pro-poste educative in modo da costruire un micropercorso fondato sul valore intrinseco della pedagogia del dialogo (Secco, 1999). L’elemento portante su cui si fonda tale pedagogia è la comunicazione intesa come strumento essen-ziale per favorire le relazioni. In ambito scolastico, educare al dialogo significa promuovere comportamenti efficaci all’incontro con l’altro, in una logica di disponibilità e di desiderio all’interno della quale si costruisce la dimensione per la convivenza civile e democratica.

Nell’educare alla relazione si promuove il superamento di ristretti ego-centrismi e di dogmatici etnocentrismi e si facilita l’assunzione di un punto di vista capace di porsi tra simpatia ed empatia, verso l’exotopia (Dusi, 2006).

Le sei proposte di intervento contribuiscono allo sviluppo dell’educazione interculturale iniziando dall’accettazione, intesa come spazio di apertura e di rispetto della dignità umana. Si prosegue poi con l’accoglienza, peculiarità che dovrebbe manifestarsi al di là di particolari interessi. L’ascolto e il dialogo di-vengono nel percorso elementi fondamentali per comprendere l’altro. In effetti si tratta di modalità di comunicazione capaci di mettere da parte l’esasperato protagonismo presente nelle società postmoderne, in cui i nuovi strumenti tecnologici puntano i riflettori solo su chi è vincente, su chi sa attirare meglio l’attenzione talvolta usando modalità relazionali prepotenti e inconcilianti.

Il quinto intervento si focalizza sul confronto, competenza necessaria per vivere pienamente il pluralismo. Infine, si propone un lavoro incentrato sulla convivenza democratica, perché, come già presente nelle riflessioni di J. Dewey, le classi, e ancor di più le scuole, dovrebbero far vivere il processo democratico

SECONDA AREA

Interazione responsabile

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98 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

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in microcosmo, all’interno del quale la partecipazione attiva e la comunanza di scopi divengono caratteristiche ineludibili della comunità (Dewey, 1949).

Pur focalizzando l’attenzione sulla comunicazione, e quindi sul linguaggio verbale, si è cercato anche in questa seconda area del curricolo di progettare interventi che permettano alle alunne e agli alunni di vivere esperienze comu-nicative che «vadano oltre la bocca e le orecchie». L’uso di linguaggi, e perché no di intelligenze multiple, è una via per rispettare e valorizzare le differenze personali e culturali.

In sintesi, la seconda area intende promuovere competenze specifiche per comunicare e interagire con gli altri in modo sempre più responsabile e interculturale.

Lo strumento d’area: il blocchettino a fogli colorati

Il blocchettino a fogli colorati (scheda A) è lo strumento principe della se-conda area e, come il librino, ha lo scopo di far riflettere e rendere consapevoli gli alunni rispetto alle proposte educativo-didattiche. Anche in questo caso è proficuo utilizzarlo al termine di ogni lavoro per chiedere agli alunni di anno-tare le emozioni, i punti forti e le criticità vissuti. Inoltre, serve a testimoniare il passaggio dall’acquisizione di abilità allo sviluppo di competenze. A tal fine l’insegnante stimolerà gli alunni a riportare esperienze della loro vita in cui hanno agito in base agli insegnamenti appresi. Per coinvolgere sempre più nel processo educativo anche la famiglia, gli alunni possono raccontare ai propri cari le esperienze fatte a scuola e scrivere sui foglietti bianchi le osservazioni, i pensieri e le espressioni dei loro genitori. Possono essere annotate anche situazioni in cui i genitori stessi vivono esperienze simili a quelle dei figli e sono stimolati a condividerle. Il blocchettino può essere utilizzato anche con gli alunni più piccoli chiedendo loro di raffigurare i momenti in cui si sono sentiti più coinvolti; sarà poi l’insegnante ad annotarne le verbalizzazioni.

Il puzzle d’area

Il puzzle d’area (scheda B) è uno strumento che a livello personale e di classe aiuta a ricordare il percorso fatto.

Al termine di ogni intervento l’insegnante consegna a ogni alunno un pezzo di puzzle (il pezzo n. 1 al termine del primo intervento, il n. 2 al termi-ne del secondo e così via fino al sesto intervento) e chiede di incollarlo sulla copertina del blocchettino a fogli colorati.

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Su una parete dell’aula, vicino al puzzle della prima area, può essere costru-ita utilizzando un cartellone un’altra cornice preziosa, al cui interno verranno attaccati i pezzi del puzzle di classe, per costruire l’immagine rappresentativa della seconda area del curricolo: interazione responsabile.

Il disegno della seconda area raffigura due mani che si stringono. Ogni mano, essendo la raffigurazione di un sé, è parte di una luce bianca. L’incontro con un’altra mano, ovvero con un altro sé, permette la rifrazione individuale e crea con l’interazione la complessità di un nuovo fascio di colori.

Lo scopo di questa attività, come quello per la prima area, è di agire come aiuta-memoria del percorso effettuato, di creare curiosità al fine di raggiungere collettivamente la co-costruzione di un’immagine simbolo raffigurante un’altra tappa del percorso verso il divenire persone interculturali.

INTERVENTO 1accettazione

a braccIa aperte!

Finalità

L’attività che segue è finalizzata a far comprendere agli alunni che l’incon-tro può avvenire se ciascuno è disponibile ad accettare l’altro in uno spazio di apertura e di rispetto della dignità umana.

Obiettivo

Rendersi conto dell’esistenza di differenti modalità di comportamento che favoriscono e/o impediscono l’accettazione di sé e dell’altro.

Materiali

• Cartellone per brainstorming.• Foglio di lavoro individuale (scheda C).• Scatola per raccogliere fumetti.

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100 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

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• 4 fogli A3, ognuno con un tipo diverso di fumetto.• Una rete e una catena (può essere costruita con anelli di carta).

Procedura/organizzazione del lavoro

L’insegnante chiede agli alunni di disporsi in cerchio e introduce l’inter-vento utilizzando un brainstorming (si veda l’appendice 3) con tutti gli alunni della classe sul concetto di accettazione. Scrive su un cartellone quanto emerso.

In seguito consegna a ogni alunno il foglio di lavoro individuale (scheda C) contenente un elenco di comportamenti e quattro fumetti. Chiede a ogni alunno di sottolineare in rosso un comportamento che, secondo lui, favorisce l’accettazione e in blu uno che la rende difficile.

L’insegnante invita poi gli alunni a riportare i due comportamenti sot-tolineati nei rispettivi fumetti e chiede che ciascuno ne scriva altri due per completare la scheda. I fumetti che riportano i comportamenti pensati dagli alunni devono essere colorati. Tutti i fumetti dovranno poi essere ritagliati e messi in una scatola.

L’insegnante attacca nei quattro angoli della classe i fogli A3 che riprodu-cono i fumetti ingranditi. Fa estrarre dalla scatola, a ogni bambino, un fumetto e chiede di raggiungere l’angolo che ha lo stesso disegno (struttura corners; si veda l’appendice 3).

Terminata questa fase, l’insegnante chiede agli alunni dei quattro angoli di dividersi in coppie. Ogni membro della coppia legge al compagno il fumetto estratto e insieme utilizzano i comportamenti scritti per inventare un gioco di ruolo. Mentre gli alunni preparano il gioco di ruolo, l’insegnante prende dalla scatola tutti i fumetti colorati rimasti, quelli che riportano il punto di vista degli alunni.

Al termine del lavoro l’insegnante chiederà ad alcune coppie (una o più per ogni tipo di fumetto) di rappresentare ai compagni di classe il gioco di ruolo preparato e inviterà gli «attori» a esprimere come si sono sentiti in quel ruolo.

L’insegnante consegna agli alunni, fino a esaurirli, tutti i fumetti colorati, quelli precedentemente presi dalla scatola. Chiede a ciascun alunno di leggere il comportamento riportato. Prepara, appesa a una parete, una rete che servirà a catturare i comportamenti che rendono difficile l’accettazione e una catena a cui andranno attaccati i comportamenti che sono prerequisiti per incontri significativi.

A turno gli alunni leggono il fumetto, esprimono se secondo loro quanto letto è un comportamento che favorisce o impedisce l’accettazione e poi, insieme ai compagni di classe, decidono se attaccarli alla rete o alla catena.

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 101

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Terminato l’intervento, l’insegnante lascia agli alunni un po’ di tempo per scrivere i loro vissuti sul blocchettino e li invita a pensare se e quando hanno usato alcuni dei comportamenti emersi nell’esercitazione.

Riflessioni conclusive

Riflettere sui comportamenti che favoriscono l’accettazione dell’altro è importante per far comprendere agli alunni che spesso si è portati ad accettare chi ci sembra come noi, chi reputiamo simile, chi si comporta nel nostro stesso modo. D’altro canto si tende ad allontanare o escludere il «diverso». In un processo educativo è importante insegnare non solo ad avere consapevolezza delle proprie modalità di comportamento, ma anche a sviluppare modalità di interazione finalizzate ad accettare ogni persona riconoscendone pari dignità.

L’attività presentata nella sezione Possibili sviluppi introduce un’ulterio-re riflessione sul concetto di accettazione: quella riferita al sé. Talvolta non ci accettiamo perché ci sentiamo diversi, perché gli altri ci escludono. Per questo siamo disposti a cambiare parti di noi stessi per essere accettati dal gruppo. Ma fino a che punto può essere opportuno rinunciare a parti di sé o tentare di cambiare se stessi? Nel nostro contesto sociale una riflessione in tal senso può essere significativa a più livelli. Innanzitutto tra persone appartenenti a culture differenti. Promuovere interazione, anziché accettare comportamenti di incontro con l’altro che prevedano prevaricazione o su-bordinazione, significa saper instaurare un rapporto che trova i suoi albori in un’accettazione autentica. Vi sono però anche altri contesti in cui è facile sentirsi non accettati, ad esempio nel gruppo dei pari, perché si indossa un abbigliamento diverso, non firmato, oppure perché si hanno gusti o preferenze diverse da quelle del gruppo. Il confronto con Elmer, l’elefante variopinto, può essere stimolante a tal fine.

Possibili sviluppi

L’insegnante legge alla classe l’inizio di Elmer l’elefante variopinto (McKee, 1990):

C’era una volta un branco di elefanti. Elefanti giovani, vecchi, alti, grassi o magri. Elefanti come questo, quello o quell’altro, tutti differenti e felici e dello stesso colore. Tutti all’infuori di Elmer.

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102 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

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Per la realizzazione dell’intervento, l’insegnante prepara tanti biglietti quanti sono gli alunni: metà di un colore (rosso) e metà di un altro (giallo). Su quelli rossi scrive: «Elmer si sente così diverso che è disposto a tutto pur di essere accettato dagli altri». Su quelli gialli: «Elmer accetta la sua diversità e fa capire anche agli altri elefanti che ognuno è diverso pur essendo in apparenza uguali, ossia dello stesso colore». Dopo la lettura, quindi, l’insegnante chiede a ogni alunno di pescare un bigliettino e di inventare lo sviluppo e la conclusione della storia in base al suggerimento che vi trova scritto.

A quel punto, l’insegnante suddivide gli alunni in coppia mettendo insie-me chi ha il biglietto rosso con chi ha quello giallo. Poi chiede ai membri della coppia di leggersi le storie inventate.

L’insegnante legge alla classe tutta la storia di Elmer e invita gli alunni a pensare e a condividere in coppia i momenti in cui si sono sentiti come Elmer: diversi e non accettati, bisognosi di rinunciare a parti di sé per essere parte del gruppo, contenti di essere diversi, ecc.

In plenaria l’insegnante chiede agli alunni di condividere i vissuti dei compagni.

INTERVENTO 2accoglienza

… per mano!

Finalità

L’attività che segue è finalizzata a far comprendere agli alunni che l’in-contro con l’altro si riempie di significato se, oltre all’accettazione, si vive nell’accoglienza.

Obiettivo

Apprendere modalità positive per accogliere l’altro.

Materiali

• Fogli colorati. • Una striscia di carta bianca con il titolo Mani accoglienti.

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118 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

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Successivamente, forma coppie di gruppi e consegna ai membri le fotoco-pie con i progetti elaborati, poi chiede di analizzarli criticamente per valutarne l’effettiva realizzazione. Dove riscontrano punti deboli gli alunni hanno il compito di suggerire modalità e azioni concrete per rendere fattibile il progetto.

L’ultima fase del lavoro consiste nel presentare in plenaria i progetti di classe e, una volta approvati i suggerimenti per migliorarli, organizzarsi per una concreta realizzazione di una scuola o di un paese (quartiere) più democratici.

Democraticamente classe!

Un modo efficace per far sperimentare convivenza democratica può essere quello, come delineato nel capitolo1, di investire in classbuilding (Kagan, 2000, pp. 125-137). A tal fine possono essere utili gli incontri di classe, momenti in cui gli alunni imparano il rispetto reciproco, la coresponsabilità, la cooperazione e i principi democratici.

Gli incontri di classe devono essere programmati e calendarizzati, possono servire per dare avvisi, sostegno reciproco, risolvere problemi, migliorare la classe programmandone le attività. È importante che siano ben strutturati, che abbiano un ordine del giorno e che tutti gli alunni partecipino attivamente e con interesse, avendo precisi ruoli e/o compiti. A tal fine spetta all’insegnante proporre varie strutture di apprendimento cooperativo che rinforzino le capacità di analisi, decisione e azione condivise.

INTERVENTO 7verso la scUola comUnità edUcante

parole e GestI per dIre… e per fare!

Finalità

Offrire agli alunni di una scuola l’opportunità di lavorare insieme per obiettivi comuni vivendo momenti di autentica interdipendenza positiva.

Obiettivo

Consolidare, insieme a tutti i compagni di scuola, le abilità sociali apprese durante il percorso proposto dall’area Interazione responsabile.

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 119

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Organizzazione dei gruppi di alunni

È auspicabile mantenere i gruppi formati per il lavoro della prima area. Così facendo, si offre agli alunni l’opportunità di conoscersi meglio e di rinforzare relazioni positive o amicali precedentemente instaurate.

Tempi di realizzazione

Per la realizzazione del progetto scuola relativo all’area Interazione respon-sabile sono previsti cinque incontri di circa due ore ciascuno.

Fasi di realizzazione

Primo incontro — Proposta uguale per tutti i gruppi: comunicando…

L’insegnante mostra agli alunni l’immagine presente nella scheda G e chiede di esprimere liberamente idee e suggestioni. Mentre gli alunni esprimono il proprio pensiero, l’insegnante annota sinteticamente i diversi punti di vista su un cartellone (brainstorming; si veda l’appendice 3).

Poi forma piccoli gruppi da quattro e consegna a ogni gruppo 4 buste contenenti ciascuna parti di frase (scheda H; se l’insegnante deve formare gruppi numericamente diversi da quattro, dovrà adeguare il materiale). Chiede quindi ai membri del gruppo di giocare; l’obiettivo dell’esercitazione è che ogni membro del gruppo formi una frase. Le regole del gioco sono: • non comunicare con gli altri in alcun modo, né verbale né non verbale;• non prendere pezzi altrui;• non lasciare pezzi al centro del tavolo;• è possibile donare i propri pezzi ai compagni;• è necessario attendere il dono altrui.

Terminata questa attività, l’insegnante invita ogni gruppo a creare un calligramma,25 utilizzando le frasi ricostruite del gioco Frasi rotte e le idee riportate sul cartellone durante il brainstorming. Per il prosieguo dell’attività è necessario che ogni membro del gruppo abbia 5 copie del calligramma (pos-sono essere fotocopiate o riprodotte da ciascun alunno). Di queste 5 copie una va consegnata all’insegnante.

25 Un calligramma è un componimento poetico i cui versi realizzano una particolare disposizione grafica.

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120 Apprendimento cooperativo e educazione interculturale

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L’insegnante introduce un sottofondo musicale. Organizza un mix freeze pair (si veda l’appendice 3) finalizzato alla creazione di libretti contenenti 4 diversi calligrammi (uno è quello personale realizzato in gruppo). L’attività consiste nel donare e ricevere 3 diversi calligrammi per realizzare un proprio libretto. Nel momento dell’incontro, quando si ferma la musica, gli alunni leggono a turno il calligramma e poi lo donano a un compagno che appartiene a un altro gruppo.

Con i calligrammi raccolti l’insegnante forma un libretto di gruppo classe; a quel punto si può decidere un titolo a livello di gruppo e sull’ultima pagina si possono apporre tutte le firme. I libretti saranno poi custoditi nella biblioteca della scuola insieme a quelli degli altri gruppi.

In plenaria, a livello di scuola, un portavoce di gruppo leggerà uno o più calligrammi.

Secondo incontro — Proposta uguale per tutti i gruppi: il Paese senza voce. Pri-mavera, il vento

L’insegnante legge l’inizio del racconto Il Paese senza voce (scheda I) fino al punto indicato.

Poi forma gruppi da quattro e chiede agli alunni di immaginare come possono comunicare tra loro gli abitanti del Paese senza voce. Suggerisce agli alunni di esprimere il loro punto di vista utilizzando due strutture: roundrobin o gettoni parlanti (si veda l’appendice 3).

Dopo aver lasciato un po’ di tempo (10 minuti), l’insegnante scrive alla lavagna alcune situazioni stimolo per invitare i gruppi a trovare modi concreti di comunicazione senza usare le parole. Li invita a pensare a che cosa accade nel Paese senza voce quando:• due amici si incontrano e si salutano;• due amici si chiedono come stanno;• in un negozio si vuole acquistare una merce;• un bambino dice alla sua mamma «Ti voglio bene»;• si vuole cantare una canzone.

In seguito, l’insegnante chiede ai gruppi di preparare un gioco di ruolo da far vedere agli altri compagni. Si può scegliere una delle situazioni indicate dall’insegnante nel punto precedente o un’altra decisa dal gruppo.

In plenaria i gruppi mostrano a turno i propri giochi di ruolo. I compa-gni degli altri gruppi provano a indovinare che cosa si sono comunicati. Un portavoce per gruppo esprime il pensiero e insieme si controlla quanto detto.

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 121

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Nella plenaria di scuola possono essere mostrati alcuni giochi di ruolo o i relativi filmati. Un insegnante legge per tutti il prosieguo del racconto.

Terzo incontro — Proposta uguale per tutti i gruppi: il Paese senza voce. Autunno, la nebbia

L’insegnante riprende la situazione del Paese senza voce. Crea un’at-mosfera un po’ magica, appende in classe veli, tulle e stoffe semitrasparenti. Poi racconta:

Il tempo è passato, alcuni mesi sono trascorsi e nel Paese senza voce è giunto l’autunno. Una strana magia avvolge ogni cosa, niente ha più i suoi contorni delineati. Tutto è poco chiaro perché una nebbia fitta fitta impedisce agli abitanti di vedere bene… Il Paese senza voce è divenuto… Paese del mistero.

L’insegnante forma gruppi da quattro, poi chiede agli alunni di ricordare le situazioni dell’incontro precedente e invita ogni gruppo a inventare un codice per comunicare. Attenzione: nel Paese senza voce ora è impossibile anche vedere!

Dopo aver lasciato un po’ di tempo, l’insegnante chiede a ogni gruppo di presentare ai compagni il lavoro svolto. Chi osserva deve provare a capire che cosa si sono comunicati i compagni che hanno messo in scena gli abitanti del Paese senza voce e avvolto nella nebbia.

A quel punto l’insegnante propone un gioco: Pur con la nebbia noi riusciamo a… Prepara uno spazio in cui gli alunni si possano muovere libe-ramente. Poi chiede a tutti di chiudere gli occhi e le bocche (siamo nel Paese senza voce e avvolto nella nebbia) e dice: «Pur con la nebbia noi riusciamo a formare un cerchio».

Lascia un po’ di tempo perché gli alunni si trovino e formino il cerchio, poi recita: «Soffia un vento forte, così forte che con sé la nebbia porterà». Gli alunni aprono gli occhi e controllano se sono riusciti a fare il cerchio.

L’insegnante ripete più volte il gioco finché c’è entusiasmo tra i bam-bini. Può chiedere di formare una spirale, un numero, un oggetto (dipende dall’età degli alunni e dalla loro capacità di essere in interdipendenza senza parlare e senza vedere).

Infine l’insegnante chiede agli alunni di ricostituire i piccoli gruppi da quattro per scrivere insieme un verso per la «filastrocca tormentone». La filastrocca tormentone si scrive inventando un ritornello e tanti versi in rima. Ad esempio:

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Ss… ss… la nebbia

Ss… ss… la nebbia tutto fa immaginareTetti, case, alberi son cose da toccareSs… ss… la nebbia tutto fa immaginareRumori e suoni dobbiam ben ascoltareSs… ss… la nebbia tutto fa immaginareTutti: grandi e piccini son da esplorareSs… ss… la nebbia tutto fa immaginare.

Successivamente, l’insegnante prepara il cartellone con la filastrocca tor-mentone e chiede a ogni portavoce di gruppo di leggere e aggiungere il verso inventato. Tutti gli altri alunni reciteranno insieme il ritornello.

A livello di scuola, ogni grande gruppo legge i versi inventati, un inse-gnante li scrive sul foglio di scuola e tutti gli alunni insieme recitano il ritor-nello. Al termine dell’intervento, il cartellone con la filastrocca tormentone viene attaccato in biblioteca, dove sono stati riposti anche i libretti con i calligrammi.

Quarto incontro — Proposta uguale per tutti i gruppi: il Paese senza voce. Inverno, la neve

L’insegnante riprende la situazione del Paese senza voce. Crea un’atmosfera un po’ magica preparando in uno scatolone teli bianchi di diverso materiale (cotone, raso, panno, ecc.). Poi racconta:

Il tempo è passato, qualche mese è trascorso e nel Paese senza voce è giunto l’inverno. Una strana polvere magica ha coperto e imbiancato il paesaggio. Serve un po’ di fantasia perché tutto è poco definito. Non ci sono più spigoli netti, un manto soffice ha coperto ogni cosa, ha decorato e impreziosito ringhiere e rami di alberi. La candida neve rende gioiosi grandi e piccini… Il Paese senza voce è divenuto… Paese della magia.

L’insegnante forma gruppi da quattro, poi chiede agli alunni di pensare a un oggetto o a un animale e li invita a disporsi in modo da assumerne la forma. Su un foglio i membri di ogni piccolo gruppo scrivono in verticale il nome dell’oggetto o animale pensato e creano un acrostico.

Quando tutti hanno terminato questa fase preparatoria, l’insegnante invita un gruppo alla volta a scegliere un telo e a disporvisi sotto nella forma preparata. A turno gli altri gruppi possono toccare i compagni per scoprire

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 123

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che cosa si nasconde sotto la neve.26 Quando i membri di un gruppo pensano di aver scoperto l’oggetto nascosto, scrivono un acrostico usandone il nome.

Al termine di questa fase un portavoce per gruppo legge l’acrostico e poi un raggio caldo di sole scioglie la neve, il telo viene sollevato e si verifica se si è scoperto che cosa c’era sotto. Si ripete l’attività con gli altri gruppi. Tutti gli acrostici composti sono raccolti dall’insegnante per formare un altro libretto con parole per dire.

In plenaria a livello di scuola, gli insegnanti possono introdurre il sottofondo musicale dell’Inverno di A. Vivaldi27 e invitare alcuni gruppi a tra-sformarsi in oggetti coperti di neve e altri in raggi di sole che sciolgono. Prima di sciogliere completamente la neve e togliere il telo, i gruppi che devono sco-prire l’oggetto misterioso hanno a disposizione tre possibilità per indovinare che cosa si nasconde sotto la neve.

Al termine dell’intervento, chi è nascosto legge l’acrostico scritto nella fase precedente di lavoro.

Quinto incontro — Proposta uguale per tutti i gruppi: il Paese senza voce. Estate, il sole

L’insegnante riprende la situazione del Paese senza voce. Crea un’atmo-sfera un po’ magica, preparando su strisce bianche grandi pentagrammi ed esempi di note di diversa durata (minima, semiminima, croma, semibreve, ecc.). Poi racconta:

È trascorso ancora qualche mese e nel Paese senza voce è giunta l’esta-te. Un sole caldo illumina ogni cosa. I prati sono verdi e il cielo è azzurro. Nei parchi gli alunni giocano allegri, saltano alla corda, si dondolano sulle altalene… Il Paese senza voce è divenuto… Paese dell’allegria.

L’insegnante forma gruppi da quattro, poi consegna a ogni gruppo un pentagramma. Presenta le diverse note, spiegando che hanno diversa durata. In plenaria fa qualche esempio per assicurarsi che gli alunni abbiano ben compreso le differenze. A quel punto, invita ogni alunno a scegliere due note e a riprodurle su cartoncino colorato. A ognuna deve essere associato un suono e un gesto.

26 Se l’insegnante lo ritiene opportuno, può decidere che solo metà dei gruppi sarà coperta dal telo mentre l’altra metà cercherà di indovinare. Così facendo si riducono i tempi d’attesa e tutti gli alunni sono simultaneamente impegnati.

27 In altri momenti dell’attività possono essere usate le musiche delle altre stagioni: Primavera e Autunno.

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Quando hanno terminato il lavoro individuale, usando la struttura del roundrobin e facendo due giri di tavolo, i membri del gruppo incollano tutte le note sul pentagramma e, di volta in volta, si riproducono, insieme ai compagni, i suoni e i gesti pensati.

In plenaria si attaccano a una parete tutti i pentagrammi di gruppo e si invitano gli autori a insegnare ai compagni quanto realizzato.

A livello di scuola possono essere presentate tutte le composizioni create. È importante che visivamente gli alunni si rendano conto sia dell’apporto indi-viduale (le note di diversi colori e durate), sia del valore del lavoro di gruppo per la creazione della composizione di scuola.

Si può chiedere di attribuire un titolo al lavoro di scuola invitando gli alunni a riflettere sull’interdipendenza che si è creata.

Il lavoro del singolo è fondamentale per la riuscita nel piccolo gruppo e nei passaggi successivi (esempi di titolo: «Una nota non fa melodia», «Mu-sichiamo»).

Un’ultima attività a livello di scuola può essere una danza da fare tutti insieme sulle note dell’Estate di Vivaldi. Gli insegnanti possono inventarla prendendo spunto da alcuni gesti proposti dagli alunni.

Riflessioni

Le cinque proposte hanno lo scopo di rinforzare le abilità apprese con gli interventi della seconda area del curricolo. L’interazione responsabile è un insieme complesso di abilità che permette all’io di entrare in relazione significativa con il tu.

L’immagine d’area vuole raffigurare proprio questi concetti rappresen-tando un io e un tu (fasci di luce bianca) che incontrandosi e interagendo (la stretta di mano) danno vita a un complesso spettro di colori.

In tutto il percorso si è voluto sottolineare l’importanza di una comunica-zione che proceda al di là delle parole, che sia completa e soprattutto capace di dare significato all’incontro autentico con l’alterità. La scelta di far vivere espe-rienze in cui si è costretti a incontrare l’altro privi di alcune caratteristiche che ci contraddistinguono (la voce, gli occhi) è uno sforzo per imparare a relazionarsi anche in modi diversi da quelli usuali.

Educare e educarsi alla completezza e alla complessità della relazione sono attività che sostanziano un percorso verso il divenire persone interculturali, ca-paci di interagire con l’altro superando gli ostacoli che, in un primo momento, ci possono sembrare insuperabili.

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Proposte d’intervento in classe e a scuola: il curricolo 125

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Imparare a usare differenti linguaggi per incontrarsi può divenire una ricchezza in un mondo come il nostro, che spesso vive la comunicazione esclusivamente come un’overdose di parole pronunciate da chi si crede o si ritiene il più forte.

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© 2010, S. Lamberti, Apprendimento cooperativo e educazione interculturale, Trento, Erickson

il Blocchettino a fogli colorati

La costruzione del blocchettino può essere un’attività da realizzare du-rante le ore di arte e immagine.L’insegnante chiede a ogni alunno di scegliere sei colori diversi, uno per ogni attività. I fogli per annotare le rifl essioni dei genitori saranno per tutti bianchi. Ogni alunno prepara il blocchetto sovrapponendo due/tre fogli (A4) dello stesso colore divisi da un foglio bianco. Gli alunni possono scegliere di personalizzare il blocchetto colorato dan-do a tutti i fogli la stessa forma (nuvola, petalo, ecc.).L’insegnante mette a disposizione diversi materiali e chiede agli alunni di preparare la copertina e l’ultima pagina del blocchettino. È neces-sario che al centro della copertina sia previsto uno spazio vuoto per incollare i pezzi del puzzle d’area. Sulla copertina può essere riportato il titolo dell’area e il nome dell’alunno/a che realizza il blocchettino.Quando tutti i materiali sono pronti, l’insegnante chiede di fare un piccolo foro in un angolo e di infi larvi il fermacampione che consegna a ogni alunno.Il blocchettino è pronto.

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il pUzzle d’areaSchEda B

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democraticamente SchEda F

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IstruzioniCome nel gioco dell’oca, ogni giocatore sceglie una pedina e a turno si tirano i dadi. Si vince quando tutti i membri del gruppo arrivano al traguardo e incollano negli spazi esatti le pedine per formare la parola DEMOCRAZIA.I tre mazzi di carte («Missione», «Fortuna» e «Imprevisti») vanno posti vicino al tabellone per essere utilizzati quando si arriva sulla casella corrispondente.Per terminare il gioco, dopo che tutti e quattro i giocatori hanno ol-trepassato l’arrivo e attaccato la pedina nello spazio corrispondente, bisogna aprire la busta e insieme leggere ad alta voce il messaggio.

Materiali• Un foglio di gruppo.• Dadi.• Una moneta.• Pedine (si costruiscono usando 4 cartoncini di diverso colore; ognuno

contiene una sillaba della parola democrazia: DE – MO – CRA – ZIA).• Carte «Missione» (rosse).• Carte «Fortuna» (gialle).• Carte «Imprevisti» (verdi).• Una busta che contiene un foglietto con la scritta «Decidere insieme

non sempre è facile, ma è sicuramente divertente!».

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Carte Missione

Suggerite un’idea per far

funzionare meglio la biblioteca.

Scrivetela sul foglio di gruppo, poi avanzate di due

caselle.

Decidete insieme come tenere pulito

il giardino della scuola. Scrivete

due idee sul foglio di gruppo, poi avanzate di due

caselle.

Decidete in sieme un menu sano da mangiare in

mensa. Scrivetelo sul foglio di gruppo, poi

raggiungete tutti insieme chi è nella casella più vicina al

traguardo.

Suggerite un’idea per uscire in modo ordinato da scuola. Scrivetela sul foglio

di gruppo, poi raggiungete tutti

insieme chi è nella casella più vicina al

traguardo.

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Carte Fortuna

Bravi! Avete organizzato una

bella festa di quartiere. Avanzate tutti di due caselle.

Tira i dadi, se esce un numero pari raggiungi chi è

primo.

Avete aiutato gli operatori ecologici

a pulire il parco giochi. Tutti

insieme avanzate di due caselle.

Tira i dadi, se esce un numero dispari fai venire nella tua casella tutti i tuoi

compagni.

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sitUazioni conflittUali

conflitti per gusti o preferenze diversi

conflitti per idee personali o opinioni diverse

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strategie per la solUzione dei conflitti

Gruppo 1

dominio(VINcENTE - PERdENTE)

La strategia del dominio preve-de un vincente e un perdente.È una situazione in cui il vin-cente prevarica sull’altro, usa la forza, sia verbale che talvol-ta fi sica, non ascolta le ragio-ni altrui, usa minacce e ogni modalità per rendere ridicolo il proprio avversario.

Gruppo 2

compromesso(NE VINcENTE - NEÉ PERdENTE)

La strategia del compromesso non prevede né un vincente né un perdente.È una situazione in cui le per-sone coinvolte hanno consa-pevolezza del confl itto. Non lo analizzano in modo approfon-dito, non cercano di capirne le cause, a loro interessa non do-ver perdere tutto. Per questo un accordo che soddisfi anche solo parzialmente le loro esi-genze può andare bene.

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Gruppo 3

accomodamento(PERdENTE - VINcENTE)

La strategia dell’accomodamen-to prevede un perdente e un vincente. È una situazione in cui una del-le due parti, dopo aver tentato di esprimere le proprie ragioni, cede e lascia che vinca chi inve-ce non intende confrontarsi. Il perdente rinuncia perché teme ulteriori possibili sviluppi a suo danno. Per questo è disposto a mettere in secondo piano i propri interessi e bisogni.

Gruppo 4

Fuga difensiva(PERdENTE - PERdENTE)

La strategia della fuga difensiva prevede due perdenti.È una situazione in cui le perso-ne coinvolte «fuggono», non si confrontano, ignorano il con-fl itto. Per paura che sia l’altro a prevalere si preferisce ritirarsi e spesso si usa il classico det-to «meglio dormirci sopra». I contendenti si augurano che la situazione confl ittuale si at-tenui da sola, ma non accade. Spesso le situazioni irrisolte ri-mangono punte di iceberg.

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