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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011 1 PRIMO LEVI: analisi di Se questo è un uomo e La tregua 1 Biografia Nasce e vive a Torino, dove c’era una comunità ebraica, i sefarditi, partiti dalla Spagna. Levi era molto interessato a quest’organizzazione geografica, e ne parla infatti nel Sistema periodico. Gli Askenaziti erano un altro gruppo ebraico, e Levi era interessato a loro, poiché parlavano tutti la stessa lingua, l’yiddish che si basava sull’antico tedesco con forti elementi ebraici e mescolata a lingue dell’est d’Europa. Nel Lager la maggior parte erano deportati (Askenaziti), dunque avevano la possibilità di parlare tra di loro, e visto che parlavano l’yiddish, capivano meglio gli ordini delle guardie tedesche, cosa fondamentale per sopravvivere. Gli ebrei italiani non parlavano questa lingua, poiché erano sefarditi, dunque non capivano gli ordini delle guardie e non potevano contare sull’aiuto degli altri ebrei. 1938: introduzione delle leggi razziali (gli ebrei non possono fare nessuna cosa: non svolgevano mansioni pubbliche, nessuna attività economica autonoma, e non potevano tantomeno sposare una/un non-ebrea/o). Levi si laurea pochi mesi prima di queste leggi e trova lavoro in un’impresa svizzera con sede in Italia. 1937: S’iscrive all’università di chimica 1939: scoppia la Seconda Guerra Mondiale 1940: L’Italia entra in guerra 1941: Levi si laurea 1943: Levi è catturato dai fascisti il 13 dicembre. 9-10 luglio; alleati in Sicilia 25 luglio; deposizione e arresto di Mussolini 8 settembre; armistizio (periodo di sospensione) La Repubblica di Salò collabora con i tedeschi. I tedeschi controllano l’Italia centro- settentrionale. C’è la resistenza (Partigiani). Novembre: ordine di deportazione degli ebrei italiani. La resistenza dei Partigiani e la deportazione coinvolgono molto Primo Levi. Partecipa alla resistenza, viene arrestato e deportato. 1944: Levi viene rinchiuso nel campo di Fossili. Il 22 febbraio viene deportato ad Auschwitz e ci rimarrà per 11 mesi. 1945: Levi si ammala di scarlattina (lo mandano nell’infermeria del Lager). 17 gennaio; il Lager è evacuato e i tedeschi portano con sé quelli che possono camminare, i deportati malati rimangono nel Lager, tra questi c’é Levi. 27 gennaio; l’armata Rossa arriva ad Auschwitz. Da qui comincia “La tregua”, che parla del viaggio per tornare a casa: Gennaio-giugno: Polonia Giugno-ottobre: viaggio di ritorno in Italia attraverso l’Europa orientale 25 aprile; liberazione di Milano, Torino e Genova Alberto Salmoni, il più caro amico di Levi, condivide con lui l’esperienza del Lager, ed è dunque anche un personaggio romanzesco. Alberto muore nel Lager e Levi, grazie alla fortuna, sopravvive. Ad Auschwitz la realtà era rovesciata, era il regno dell’assurdo. Non c’è una logica nelle cose, ad esempio nella piramide gerarchica del Lager erano più in alto i deportati criminali, i quali picchiavano gli ebrei. 1 05.10.2011

Primo Levi - Appunti

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Appunti del corso semestrale dedicato a Primo Levi, all'analisi delle opere "Se questo è un uomo" e "La tregua".

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

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PRIMO LEVI: analisi di Se questo è un uomo e La tregua

1Biografia

Nasce e vive a Torino, dove c’era una comunità ebraica, i sefarditi, partiti dalla Spagna. Levi era molto

interessato a quest’organizzazione geografica, e ne parla infatti nel Sistema periodico. Gli Askenaziti

erano un altro gruppo ebraico, e Levi era interessato a loro, poiché parlavano tutti la stessa lingua,

l’yiddish che si basava sull’antico tedesco con forti elementi ebraici e mescolata a lingue dell’est

d’Europa.

Nel Lager la maggior parte erano deportati (Askenaziti), dunque avevano la possibilità di parlare tra di

loro, e visto che parlavano l’yiddish, capivano meglio gli ordini delle guardie tedesche, cosa

fondamentale per sopravvivere. Gli ebrei italiani non parlavano questa lingua, poiché erano sefarditi,

dunque non capivano gli ordini delle guardie e non potevano contare sull’aiuto degli altri ebrei.

1938: introduzione delle leggi razziali (gli ebrei non possono fare nessuna cosa: non svolgevano

mansioni pubbliche, nessuna attività economica autonoma, e non potevano tantomeno sposare

una/un non-ebrea/o). Levi si laurea pochi mesi prima di queste leggi e trova lavoro in

un’impresa svizzera con sede in Italia.

1937: S’iscrive all’università di chimica

1939: scoppia la Seconda Guerra Mondiale

1940: L’Italia entra in guerra

1941: Levi si laurea

1943: Levi è catturato dai fascisti il 13 dicembre.

9-10 luglio; alleati in Sicilia

25 luglio; deposizione e arresto di Mussolini

8 settembre; armistizio (periodo di sospensione)

La Repubblica di Salò collabora con i tedeschi. I tedeschi controllano l’Italia centro-

settentrionale. C’è la resistenza (Partigiani). Novembre: ordine di deportazione degli ebrei

italiani.

La resistenza dei Partigiani e la deportazione coinvolgono molto Primo Levi. Partecipa alla

resistenza, viene arrestato e deportato.

1944: Levi viene rinchiuso nel campo di Fossili. Il 22 febbraio viene deportato ad Auschwitz e ci rimarrà

per 11 mesi.

1945: Levi si ammala di scarlattina (lo mandano nell’infermeria del Lager).

17 gennaio; il Lager è evacuato e i tedeschi portano con sé quelli che possono camminare, i

deportati malati rimangono nel Lager, tra questi c’é Levi.

27 gennaio; l’armata Rossa arriva ad Auschwitz. Da qui comincia “La tregua”, che parla del

viaggio per tornare a casa:

Gennaio-giugno: Polonia

Giugno-ottobre: viaggio di ritorno in Italia attraverso l’Europa orientale

25 aprile; liberazione di Milano, Torino e Genova

Alberto Salmoni, il più caro amico di Levi, condivide con lui l’esperienza del Lager, ed è dunque anche un

personaggio romanzesco. Alberto muore nel Lager e Levi, grazie alla fortuna, sopravvive.

Ad Auschwitz la realtà era rovesciata, era il regno dell’assurdo. Non c’è una logica nelle cose, ad esempio

nella piramide gerarchica del Lager erano più in alto i deportati criminali, i quali picchiavano gli ebrei.

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Inizialmente olocausto (deriva dal greco, sacrificio) era la parola ritenuta più corretta rispetto a Shoah,

ed è entrata in uso nella comunità ebraica. Successivamente è stata ritenuta sbagliata, poiché lo

sterminio degli ebrei non è stato fatto a un fine positivo, ma è stato un massacro fine a se stesso.

Il libro conosce due edizioni: la 1° edizione nel 1947, la 2° nel 1958. Solo la 2° edizione di Se questo è un

uomo verrà edita da Einaudi, poiché inizialmente la proposta di pubblicazione venne rifiutata. Nel 1947

viene dunque messo da parte poiché si sosteneva che non era adatto agli anni del dopoguerra, che

erano anni di rischio, infatti anche la letteratura aveva l’obbligo di incrementare le energie positive della

rinascita. L’opera di Levi sarebbe andata dunque contro questo gusto della ricostruzione ed Einaudi

rifiuta per questo motivo nel ’47 di pubblicarla. L’opera fu letta e redatta da Calvino e fu riproposta alla

fine degli anni ’50. In questi anni Levi era diventato una figura di testimonianza e quest’argomento era

diventato di “moda”, infatti Einaudi accetta di pubblicare il libro, questo tema portava gli intellettuali a

riflettere in quale stato stavano vivendo, facendo un’analisi della società.

Nel 1958 il libro riscuote un grande successo. Negli anni ’40 gli intellettuali guardano al futuro, negli anni

’50 cominciano invece a guardare al passato. Da questo momento Levi decide di continuare a scrivere, a

concentrarsi sulla letteratura (più che alla chimica).

Significato del termine shemà (preghiera rituale con vocazione negativa): Maledizione laica legata al

dovere morale sulla testimonianza di ciò che è stato. Scongiura, attraverso la testimonianza, che ciò che

è stato non si possa ripetere.

L’autore ha scritto il libro sforzandosi di spiegare senza intenti letterari.

- Le parole del padre: è un capitolo de La ricerca delle radici, un’antologia dei testi più importanti per

Levi. Le parole del padre è un manuale di chimica organica, usato nelle università, sul quale Levi studiò.

Quando nel Lager venne fatto il test per vedere se era davvero chimico, gli venne presentato questo

testo di chimica.

- La fortuna: concetto chiave per Levi. Si ammala al momento giusto, questa malattia gli salverà la vita.

La conoscenza della chimica anche.

- La ricerca delle radici parte dalla sofferenza umana e arriva all’annullamento di questa sofferenza, al

buco nero.

- Theodor Adorno, Dialettica negativa, 1966: egli aveva scritto che non era più possibile fare poesia

dopo Auschwitz. La cultura non ha più senso dopo quell’evento, poiché ha messo in luce come non

abbia senso distinguere la cultura come elemento separante dall’esperienza materiale, dal vissuto. Chi è

per la cultura sbaglia perché si distacca dalla realtà e dunque collabora per il male. Anche star zitti, non

prendere posizione, è sbagliato, perché coincide a non andare contro quella realtà.

Levi risponde calcando sul dovere di parlare di ciò che è stato, ovvero su Auschwitz, e dunque dopo

questo fatto si fa poesia solo su quello.

- Dopo l’ultimo testimone, l’età della post-memoria per Bidussa: Levi è stato

testimone diretto,

intellettuale che ha riflettuto su ciò che ha vissuto e

scrittore che ha messo tutto ciò in opera.

Racconta in tempo presente, dunque intreccia questi tre suoi aspetti, in alcune parti dell’opera prevale

la riflessione. Si tratta anche di una ricombinazione narrativa della memoria. Es. Ne I sommersi e salvati,

torna su personaggi ed eventi di Se questo è un uomo, dunque ci dice che esso è frutto della

memoria(testimonianza), ma è anche invenzione, elaborazione, proprio per renderlo più letterale.

Delle opere più recenti sulla Shoah hanno dato la parola ai persecutori, come Le benevole, dove il

protagonista è un SS che racconta le sue azioni, le sue colpe. Ma questo punto di vista è stato descritto

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anche da Levi, nella parte che chiama La zona grigia, la quale racchiude le persone che hanno permesso

l’applicazione dei Lager. Cita 2 categorie:

- i capo gruppo che dirigevano le baracche; i Kapo, che erano altri prigionieri del Lager, non ebrei,

soprattutto criminali.

- i prigionieri ebrei del Lager, che avevano il compito di portare persone nelle camere a gas,

trasporto dei cadaveri, ecc. Ma questi gruppi a loro volta diventavano vittime.

2Il tema di Auschwitz nel secondo dopo guerra non veniva affrontato in modo diretto da scrittori e poeti,

c’era come una sorta di tabù. Adorno in particolare aveva avuto una forte influenza con il suo pensiero

sulla maniera di concepire la scrittura del tema della Shoah. La sua idea era di Parlarne senza parlarne.

Primo Levi si pone dunque in posizione opposta a questo modo di concepire la letteratura post-guerra,

data la sua volontà e autorità riguardo alla tematica dei campi può scrivere liberamente, ed è

esattamente ciò che farà.

SE QUESTO È UN UOMO Premessa al libro

Per mia fortuna sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944 (…). P. 9

La sua esperienza è frutto di una serie di coincidenze fortunate. Sono dunque risultato del caso (ma non

della provvidenza). Questo significa che già si preannuncia la negazione di una qualche legge di causa-

effetto riguardo al destino dell’autore nel campo. Abbiamo qui l’opposto della logica, Auschwitz è un

luogo dove essa viene sospesa, dove domina l’a-logica.

Questo si oppone alla natura stessa dell’autore e della sua visione del mondo, tipica dello scienziato che

cerca le origini dei fatti, cerca una spiegazione.

La fortuna è quindi un tema importante, poiché essa avanza indipendentemente dalla virtù umana.

Esso non è stato scritto allo scopo di formulare nuovi capi di accusa; potrà piuttosto

fornire documenti per uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano. P. 9

(…) il libro è stato scritto per soddisfare a questo bisogno, in primo luogo quindi a scopo

di liberazione interiore. P. 9

Nelle intenzioni di Levi si osserva una motivazione costruttiva, la sua è una scrittura atta a prevenire il

potenziale ripetersi di un’esperienza come quella dei campi. Non si tratta quindi di un attacco (capo

d’accusa), quanto più di uno studio pacato. Vediamo nelle due citazioni precedenti come Il testo sia

connotato sia da una dimensione oggettiva che da una dimensione più soggettiva (atta a esorcizzare

uno stato interiore). È tuttavia importante sottolineare come quella di Levi sia una calma apparente, nel

corso dell’analisi del libro sarà possibile cogliere i segnali di sentimenti più forti. Quello di Primo Levi non

è un diario, ma un racconto che procede per dimensioni tematiche (in genere preannunciate già dal

titolo di ogni capitolo). Abbiamo quindi quella che si può definire invenzione, poiché costruisce il

racconto senza seguire un ordine cronologico preciso.

Capitolo 1: Il viaggio

Ero stato catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943. Avevo ventiquattro anni,

poco senno, nessuna esperienza, e una decisa propensione, favorita dal regime di

segregazione a cui da quattro anni le leggi razziali mi avevano ridotto, a vivere in un

mio mondo scarsamente reale, popolato da civili fantasmi cartesiani, da sincere

2 12.10.2011

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amicizie maschili e da amicizie femminili esangui. Coltivavo un moderato e astratto

senso di ribellione. P. 11

Inizio nel quale troviamo quella calma apparente già preannunciata in precedenza, l’incipit è

autoreferenziale. L’autore fa un breve ritratto di se stesso in quel momento, si nota come esso vivesse

in un mondo chiuso, dove l’esterno era mediato dal regime.

Civili nel senso di persone legate al vivere civile, nella norma, con leggi e logicità. (umanità)

Fantasmi permette di allacciarsi al tema del mondo irreale, si tratta di un’illusione.

Cartesiani, nella radice si lega a Cartesio, concetto di dubbio retorico, sinonimo di un ordine scientifico, il

suo mondo si basa sulla regola della persona che ragiona basandosi sulla scienza. Questa è solo una

parte della realtà, che è costituita anche dalla fortuna, dunque da un elemento incontrollabile e

aleatorio.

Non mi era stato facile scegliere la via della montagna (…). P. 11

Con questa metafora allude alla volontà di unirsi alla resistenza diventando anche lui un partigiano. Levi

si presenta dunque come un personaggio, un giovane che non ha ancora esperienza (es. passione,

amore) e la sua formazione avverrà in un periodo aberrante della storia, per cui più che di formazione

possiamo parlare di un romanzo di deformazione.

A quel tempo, non mi era stata ancora insegnata la dottrina che dovevo più tardi

rapidamente imparare in Lager, e secondo quale primo ufficio dell’uomo è perseguire i

propri scopi con mezzi idonei, e chi sbaglia paga: per cui non posso che considerare

conforme a giustizia il successivo svolgersi dei fatti. P. 11

Il termine dottrina si ricollega alla cultura del Lager (ossimoro), alle leggi che lo dominano. Tra queste la

regola chi sbaglia paga che si presenta in un’apparente banalità (legge del contrappasso, legame con

Dante) ma che in realtà si presenta nel Lager nella sua essenza incredibile.

L’espressione conforme a giustizia è in realtà un’antitesi, poiché nel lager non c’è alcuna conformità,

tantomeno giustizia.

Tutto questo paragrafo rappresenta una grande figura retorica: si sottolinea una ironia tragica, giocata

sugli opposti e le antitesi, ciò che turba l’autore è che il suo “errore” (l’affermazione delle sue origini) lo

porterà a questa esperienza di deformazione.

Negli interrogatori che seguirono, preferii dichiarare la mia condizione di “cittadino

italiano di razza ebraica”, poiché ritenevo che non sarei riuscito a giustificare altrimenti

la mia presenza in quei luoghi troppo appartati anche per uno “sfollato”, e stimavo (a

torto, come si vede poi) che l’ammettere la mia attività politica avrebbe comportato

torture e morte certa. P. 11

L’espressione cittadino italiano di razza ebraica si riallaccia al linguaggio ufficiale del periodo, mentre

l’incisa tra parentesi a torto, come si vede poi, sottolinea come il tempo è anche un linea di giudizio.

A Fossoli il campo viene preso dai tedeschi, siamo ancora nel mondo della logica, quindi si possono fare

delle ipotesi sequenziali.

L’arrivo di un piccolo reparto di SS tedesche avrebbe dovuto far dubitare anche gli

ottimisti; si riuscì tuttavia a interpretare variamente questa novità, senza trarne la più

ovvia della conseguenze, in modo che, nonostante tutto, l’annuncio della deportazione

trovò gli animi impreparati. P. 12

Ma nel paragrafo successivo si passa dal mondo cartesiano al mondo irrazionale e alogico descritto in

precedenza. (il Ma avversativo costruisce l’attrito tra queste due dimensioni)

Il giorno 20 febbraio i tedeschi avevano ispezionato il campo con cura, avevano fatte

pubbliche e vivaci rimostranze al commissario italiano per la difettosa organizzazione

del servizio di cucina e per lo scarso quantitativo della legna distribuita per il

riscaldamento; avevano perfino detto che presto un’infermeria avrebbe dovuto entrare

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in efficienza. Ma il mattino del 21 si seppe che l’indomani gli ebrei sarebbero partiti.

Tutti: nessuna eccezione. Anche i bambini, anche i vecchi, anche i malati. Per dove, non

si sapeva. Prepararsi per quindici giorni di viaggio. Per ognuno che fosse mancato

all’appello, dieci sarebbero stati fucilati. P.12

Lo stile nel paragrafo successivo torna a respirare perché quello descritto è il mondo civile. Il Ma segna il

ritorno a un altro linguaggio, inizialmente si usa il presente, poi il passato remoto. La civiltà viene meno,

segnando un momento storico preciso.

Nei riguardi dei condannati a morte, la tradizione prescrive un austero cerimoniale, (…).

P. 12

Ma a noi questo non fu concesso, (…). P. 13

Nella baracca 6A abitava il vecchio Gattegno, con la moglie e i molti figli e i nipoti e i

generi e le nuore operose. P. 13

(…) venivano da Tripoli, attraverso molti e lunghi viaggi, e sempre avevano portati con

sé gli strumenti del mestiere, e la batteria di cucina, e le fisarmoniche e il violino per

suonare e ballare (…). P. 13

Infrazioni stilistiche: verbi (tempi verbali) e ripetizioni che creano un effetto di accumulo e ansia,

presenza ripetuta di e (polisindeto), tutto quanto verrà inghiottito dalla Shoah.

L’alba ci colse come un tradimento. P. 14

Verso regolare ed endecasillabo, segna una svolta nella trama e conferisce un tono lirico a ciò che segue.

Con la assurda precisione a cui avremmo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero

l’appello (…) e rispose che i “pezzi” erano seicentocinquanta (…). P. 14

Assurda richiama l’idea dell’alogica che domina il campo, i pezzi invece si riferiscono alla lingua utilizzata

nel lager e che aveva lo scopo di disumanizzare i prigionieri.

Capitolo 2: Sul fondo

Il viaggio non durò che una ventina di minuti. Poi l’autocarro si è fermato, e si è vista

una grande porta, e sopra una scritta vivamente illuminata (il suo ricordo ancora mi

percuote i sogni): ARBEIT MACHT FREI, il lavoro rende liberi.

Siamo scesi, ci hanno fatto entrare in una camera vasta e nuda, debolmente riscaldata.

Che sete abbiamo! Il debole fruscio dell’acqua nei radiatori ci rende feroci: sono quattro

giorni che non beviamo. Eppure c’è un rubinetto: sopra un cartello, che dice che è

proibito bere perché l’acqua è inquinata. Sciocchezze, a me pare ovvio che il cartello è

una beffa, “essi” sanno che noi moriamo di sete, e ci mettono in una camera e c’è un

rubinetto, e Wassertrinken verboten. Io bevo, e incito i compagni a farlo; ma devo

sputare, l’acqua è tiepida e dolciastra, ha odore di palude.

Questo è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno deve essere così, una camera grande

e vuota, e noi stanchi a stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e l’acqua non si

può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e

continua a non succedere niente. P. 18

Studiatissima è qui la cadenza verbale, si osserva un progresso nell’uso dei tempi. Levi ci conduce

dentro la situazione. Dal flashback si entra nel presente del personaggio Levi deportato. La formula

Questo è l’inferno rivela l’assenza di logica (Sciocchezze), non si tratta di un inganno, ma bensì di una

condanna (idea del contrappasso dantesco). Si possono rivelare anche gli squilibri nella lingua, l’ordine

sintattico vacilla là dove vacilla la ragione e il fisico(stanchi a stare in piedi).

Poi viene un altro tedesco, e dice di mettere le scarpe in un certo angolo, e noi le

mettiamo, perché ormai è finito e ci sentiamo fuori dal mondo e l’unica cosa è

obbedire. Viene uno con la scopa e scopa via tutte le scarpe, via fuori dalla porta in un

mucchio. E’ matto, le mescola tutte, 96 paia; poi saranno spaiate. La porta dà

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all’esterno, entra un vento gelido e noi siamo nudi e ci copriamo il ventre con le braccia.

Il vento sbatte e richiude la porta; il tedesco la riapre, e sta a vedere con aria assorta

come ci contorciamo per ripararci dal vento uno dietro l’altro; poi se ne va e la richiude.

In questo paragrafo viene annunciata l’entrata in un mondo di sofferenza, dove c’è totale assenza di

consequenzialità, viene anche a mancare la prospettiva futura.

3Nel vero anno zero di Vittorio Sereni

Per parlare di Auschwitz bisogna farlo in modo indiretto. La poesia qui ripresa mostra esattamente

questo tipo di processo. Il tema principale della poesia è la volontà di dimenticare per i tedeschi del

dopo guerra.

Meno male lui disse, il più festante: che meno male c'erano tutti.

Tutti alle case dei Sassoni - rifacendo la conta.

Mai stato in Sachsenhausen? Mai stato.

A mangiare ginocchio di porco? Mai stato.

Ma certo, alle case dei Sassoni.

Alle case dei Sassoni, in Sachsenhausen, cosa c'è di strano?

Ma quante Sachsenhausen in Germania, quante case.

Dei Sassoni, dice rassicurante

caso mai svicolasse tra le nebbie

un'ombra di recluso nel suo gabbano.

No non c'ero mai stato in Sachsenhausen.

E gli altri allora - mi legge nel pensiero -

quegli altri carponi fuori da Stalingrado

mummie di già soldati

dentro quel sole di sciagura fermo

sui loro anni aquilonari. dopo tanti anni

non è la stessa cosa?

Tutto ingoiano le nuove belve, tutto -

si mangiano cuore e memoria queste belve onnivore.

A balzi nel chiaro di luna si infilano in un night.

Abbiamo il tema del mangiare, con la cena che si ripromettono di fare di lì a poco, del divorare il

presente, in riferimento all’aggressione agli ebrei. C’è dunque una duplice valenza.

Il contesto del night richiama all’idea un momento di divertimento e di spensieratezza, c’è un forte

contrasto tra chi rimane nel passato che non passa, che non viene superato, e chi invece questo passato

lo rimuove completamente dalla propria mente. Entra in gioco qui un atto d’accusa implicito.

Nella penultima strofa c’è un riferimento a Stalingrado e al tentativo di assediarla che fallì, si trattò

dell’inizio della fine. Morirono tanti tedeschi e molti altri furono fatti prigionieri. Possiamo dunque

associarli a coloro che furono deportati nei campi? La risposta a questa domanda è indiretta, le belve

onnivore si mangiavano tutto, anche la realtà storica.

3 19.10.2011

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Poesia che contiene due temi importanti:

1. La coscienza delle proprie responsabilità per il popolo tedesco.

2. Equiparare le varie esperienze di genocidio nelle varie guerre, ecc.

L’idea del campo di concentramento era un tratto caratteristico della macchina nazista che non ha nulla

di equivalente nella storia. (vedi Lettere ai tedeschi di Primo Levi, capitolo de I sommersi e i salvati)

Capitolo 3: Iniziazione

Quando Levi racconta quello che gli è successo usa il presente, facendo venir meno la distanza

temporale tra esperienza e stesura del libro, viene dunque meno anche la forma di pacificazione legata a

questa dimensione. C’è più concretezza della realtà vissuta, più presenza nella scena. Idea dunque che il

passato non passa. Infatti l’uso del passato viene usato in luoghi specifici del testo (ad esempio in

chiusura di capitolo).

Queste cose mi disse Steinlauf, uomo di volontà buona: strane cosa al mio orecchio

dissueto, intese e accettate solo in parte, e mitigate in una più facile, duttile e blanda

dottrina (…). No, la saggezza e la virtù di Steinlauf, buone certamente per lui, a me non

bastano. P. 36

Si tratta di un uso aspettuale del tempo verbale (non rispetta una legge di ordine cronologico) ma da un

significato differente all’uso di un o dell’altro tempo verbale.

In questo caso si tratta di un momento di congedo da un personaggio, epitaffio.

Permette un’anticipazione del destino dei personaggi (onniscienza dello sguardo del narratore).

Capitolo 4: Ka-Be

I giorni si somigliano tutti, e non è facile contarli. Da non so quanti giorni facciamo la

spola, a coppie, dalla ferrovia al magazzino: un centinaio di metri di suolo in disgelo.

Avanti sotto il carico, indietro colle braccia pendenti lungo i fianchi, senza parlare.

Intorno, tutto ci è nemico. Sopra di noi, si rincorrono le nuvole maligne, per separarci dal

sole; da ogni parte ci stringe lo squallore del ferro in travaglio. I suoi confini non li abbiamo

mai visti, ma sentiamo, tutto intorno, la presenza cattive del filo spinato che segrega dal

mondo. E sulle impalcature, sui treni in manovra, nelle strade, negli scavi, negli uffici,

uomini e uomini, schiavi e padroni, i padroni schiavi essi stessi; la paura muove gli uni e

l’odio gli altri, ogni altra forza tace. Tutti ci sono nemici e rivali. P. 37

Uso di una forte aggettivazione che mira alla metafora della disumanizzazione. Il narratore ci prepara

mostrando come i personaggi vengano privati di caratteristiche che sono proprie del genere umano( a

coppie, privazione di un’esistenza individuale). Una vita monotona che diventa non-vita, un’esistenza

quasi minerale.

Gli uomini si svuotano di emozioni e sentimenti umani che si riallacciano però agli oggetti(nuvole

maligne, ferro in travaglio), c’è una confusione tra uomo-oggetto, che porta alla depersonalizzazione.

Non possiede la rudimentale astuzia dei cavalli da traino, che smettono di tirare un po’

prima di giungere all’esaurimento; ma tira e porta o spinge finché le forze glielo

permettono, poi cede di schianto, senza una parola di avvertimento, senza sollevare dal

suolo gli occhi tristi e opachi. Mi ricorda i cani da slitta dei libri di London, che faticano fino

all’ultimo respiro e muoiono sulla pista. P. 38

In questo paragrafo cogliamo delle similitudini tra essere umano e animale (in particolare le bestie da

soma), per descrivere un personaggio che non ha più nulla di umano. Troviamo qua anche un

riferimento alla letteratura attraverso la citazione di London, questo gli permette di riaffermare la

propria umanità attraverso qualcosa che lo leghi alla sua natura di uomo per mezzo della cultura.

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Aspettiamo che i vagoni abbiano finito di sfilarci lentamente davanti. (…)

… È finito. L’ultimo vagone è passato, (…).

Guai a sognare (…). P. 38

Viene qui descritto il passaggio di una serie di vagoni, (che richiama l’idea di Babele), il quale crea una

sorta di incantamento. Qui il tempo dei vagoni che passano permette anche al pensiero di correre,

creando un effetto di alienazione onirica. Questo paragrafo si ricollegherà al sogno che farà in seguito,

qui lui viene ascoltato e compreso, nel sogno successivo invece no. (vedi sogno della p. 53, dove viene

descritta la paura dell’amnesia, la negazione della verità, sul piano del tornare/raccontare/non essere

ascoltati)

Arrivano Mischa e il Galiziano, parlano tra loro in yiddish, mi danno non so che consigli.

Arrivano Templer e David e tutti gli altri: approfittano del diversivo per sospendere il

lavoro. Arriva il Kapo, distribuisce pedate, pugni e improperi, i compagni si disperdono

come pula al vento. P. 39

Si osserva qui uno stato di disagio linguistico. L’unica forma di comunicazione universale nel Lager è la

violenza. L’ultima similitudine è poetica e allo stesso tempo disumanizzante.

(…) alla danza degli uomini spenti (…). P. 45

Ma bisognava uscire dall’incantamento (…) per capire per quale meditata ragione i

tedeschi avevano creato questo rito mostruoso, e perché, oggi ancora, quando la memoria

ci restituisce qualcuna di quelle innocenti canzoni, il sangue ci si ferma nelle vene, e siamo

consci che essere ritornati da Auschwitz non è stata piccola ventura. P. 45

Il ritmo della giornata era spesso scandito dalla musica (es. Rosaminda), creando un contrasto beffardo,

attraverso la proclamazione di una marcia verso un lavoro mortale sottolineata da musiche leggere. Si

tratta di una forma pervertita di grande spettacolo (oltre alla musica viene incitata anche la danza),

attraverso il quale viene tolta anche l’autonomia del corpo. La musica, che normalmente sarebbe risorsa

per lo spirito, qui cambia valenza.

Capitolo 5: Le nostre notti

Questo capitolo, in confronto agli altri, è più tematico e sincronico.

Rientra qui in gioco il tema sfaccettato della fortuna.

Osserviamo la comparsa di Alberto (descrizione alla p. 51) che rappresenta nella storia un

coprotagonista ed una sorta di alterego di Primo Levi. Si tratta di un personaggio che lo integra, ha come

base un principio narrativo, essendo un secondo personaggio che agisce e che è speculare al primo

incarnato da Levi. Alberto è forte quando Levi è debole, ma quando Levi si salverà Alberto sarà uno di

coloro che verranno sommersi. Alberto è inoltre un personaggio avventuroso, nelle iniziative è lui che

viene messo in gioco. Il permanere del suo nome, in questo libro, permette la conservazione della sua

umanità (egli è Alberto), è un fattore identitario.

4Presentazione 1: Analisi dell’opera Il sistema periodico (opera connotata da un accento comico)

Poiché l’uomo è centauro, groviglio di carne e di mente, di alito divino e di polvere.5

Rimando a Machiavelli attraverso il riferimento al centauro.

Ricordo qui per inciso che il vilipendio del manto di preghiera è antico come

l’antisemitismo: con questi manti, sequestrati ai deportati, le SS facevano

confezionare mutande, che venivano poi distribuite agli ebrei prigionieri nei Lager.6

4 26.10.2011

5 Enrico Palandri, Primo Levi, p. 117.

6 Ibidem, p. 114.

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

9

Troviamo qui citato l’unico riferimento diretto alla Shoah.

Il Sistema periodico fa riferimento alla comunità ebraica, formata da individualità con delle storie

umane, forse non importanti ma con un loro valore intrinseco. Questo si contrappone a Se questo è un

uomo dove l’individualità degli ebrei viene annullata. Si parla, in questa opera, di ciò che c’era prima

della guerra così come di quello che seguirà, nell’esperienza dell’autore.

Viene evocato il tema della lingua, vista come qualcosa di non conoscibile. Viene ricostruita l’origine

della lingua parlata che nei campi di concentramento era qualcosa di pericoloso, in particolare in

riferimento alla ignoranza di una varietà di lingue che si rivelavano cruciali per comprendere le regole

che dominavano il Lager.

Si crea qui quindi una contrapposizione tra vita e morte, il tentativo, attraverso il Sistema periodico, è

quello di conservare qualcosa, una traccia di queste vite, di questa comunità.

* * *

Presentazione 2: Analisi de I sommersi e i salvati

Uno dei temi importanti che vengono affrontati attraverso quest’opera è quello dell’esistenza di una

zona grigia, si tratta di persone che all’interno del Lager godevano di un certo privilegio.

Ciò che comunemente intendiamo per “comprendere” coincide con “semplificare”.7

L’autore si schiera contro coloro che tentano di semplificare e sintetizzare la storia. In riferimento a

questo viene spiegato come si possa parlare dividendo tutto o in bianco o in nero (vittime e aguzzini),

ma non era davvero così nel Lager, c’era anche una zona grigia.

Ma i collaboratori che provengono dal campo avversario, gli ex nemici, sono infidi

per essenza: hanno tradito una volta e possono tradire ancora. Non basta relegarli

in compiti marginali; il modo migliore di legarli è caricarli di colpe, insanguinarli,

comprometterli quanto più è possibile: (…). Questo modo di agire è noto alle

associazioni criminali di tutti i tempi e luoghi, è praticato da sempre dalla mafia, e

tra l’altro è il solo che spieghi gli eccessi, altrimenti indecifrabili, del terrorismo

italiano degli anni Settanta.8

Se dipendesse da me, se fossi costretto a giudicare, assolverei a cuor leggero tutti

coloro per cui il concorso nella colpa è stato minimo, e su cui la costrizione è stata

massima. (…)

Il giudizio si fa più delicato e più vario per coloro che occupavano posizioni di

comando: (…).9

Levi rivela come lui stesso, applicando il principio della zona grigia, non applichi una condanna morale

indiscriminatamente. Il giudizio sui Kapo è qualcosa di più sottile e sfumato.

Rimane vero che la maggior parte degli oppressori, durante o (più spesso) dopo le

loro azioni, si sono resi conto che quanto facevano o avevano fatto era iniquo,

hanno magari provato dubbio disagio, od anche sono stati puniti; ma queste loro

sofferenze non bastano ad arruolarli fra le vittime. Allo stesso modo, non bastano

gli errori e i cedimenti dei prigionieri per allinearli con i loro custodi: (…).10

Passaggio che spiega meglio cosa sia la zona grigia, parlando di persone che non sono né vittime, né

oppressori.

Vorrei invitare chiunque osi tentare un giudizio a compiere su se stesso, con sincerità,

un esperimento concettuale: immagini, se può, di avere trascorso mesi o anni in un

7 Ibidem, p. 163.

8 Ibidem, p. 168.

9 Ibidem, p. 169.

10 Ibidem, p. 172.

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

10

ghetto, tormentato dalla fame cronica, dalla fatica, dalla promiscuità, e

dall’umiliazione; di aver visto morire intorno a sé, ad uno ad uno, i propri cari; di

essere tagliato fuori al mondo, senza poter ricevere né trasmettere notizie; di essere

infine caricato su un treno, ottanta o cento per vagone merci; di viaggiare verso

l’ignoto, alla cieca, per giorni e notti insonni; e di trovarsi infine scagliato fra le mura

di un inferno indecifrabile. Qui gli viene offerta la sopravvivenza, e gli viene proposto,

anzi imposto, un compito truce ma imprecisato. È questo, mi pare, il vero

Befehlnotstand, lo “stato di costrizione conseguente a un ordine”: non quello

sistematicamente e imprudentemente invocato dai nazisti trascinati a giudizio.11

Discorso sullo spirito di sopravvivenza. Si ha un passaggio dallo storica al cosmico, si arriva a dire che una

situazione verificatesi nel Lager si riallaccia a qualcosa di già accaduto nella storia.

Da qui emerge un profondo pessimismo, Levi vorrebbe che ciò che è accaduto non si ripetesse più, ma

in realtà è già avvenuto in passato in altre forme e potrebbe dunque riaccadere in forme nuove anche

nel futuro.

Levi cita il caso di Rumkowski12, per rendere l’idea della riproduzione in scala di quello che è avvenuto

durante la seconda guerra mondiale, ma in un contesto differente.

* * *

L’aspetto sperimentale di questa esperienza rivela la mentalità da scienziato di Levi (legata molto

probabilmente proprio alla sua formazione di chimico). Nel saggio si osserva una forte dimensione

scientifica che entra in gioco nel corso dell’analisi fatta dall’autore.

Capitolo 9: I sommersi e i salvati

Se rinchiudiamo tra i fili spinati migliaia di individui diversi per età, condizione,

origine, lingua, cultura e costumi, e siano quivi sottoposti a un regime di vita

costante, (…).

Il saggio di Cesare Cases analizza il passaggio precedente mettendo l’accento sulla parola quivi (forma

arcaico letteraria). Essa può essere spiegato come:

- Un residuo scolastico, lingua che Levi ha imparato a conoscere e che lascia una traccia nello stile

alto. Questa interpretazione è stata confermata da Mengaldo che lo definisce un residuo di uno

stile crociano. Si tratterebbe dunque di qualcosa di non funzionale, ma di semplice

abbellimento.

- Il termine può nascondere una personale ragione, non per forza legata allo stile. Qui Levi parla

di un esperimento, se si fa il confronto con un brano di Galileo Galilei (Discorso sopra ai due

massimi sistemi) si ha la conferma dell’utilizzo di quivi. Quindi questo termine per Levi

appartiene a un linguaggio esplicativo adottato in casi di sperimentazione.

Questo rivela come Levi abbia un grande controllo sui propri testi, non lasciando nulla al caso, il testo

assume un’articolazione scientifica.

Ma consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle più

piccole nostre abitudini quotidiane (…).

Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua

casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente quanto possiede: sarà un

uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, (…)

11

Ibidem, p. 178. 12

Ibidem, p. 181.

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

11

Si comprenderà allora il duplice significato del termine “Campo di annientamento”, e

sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo. P. 23

Abbiamo una successione di tesi-ipotesi-conclusione. Si osserva un passaggio dal ruolo di personaggio a

quello di autore che analizza a distanza di tempo (in questi casi procede spesso in maniera scientifica).

Ma oggi le eterne pozzanghere, su cui trema un velo iridato di petrolio, riflettono il

cielo sereno. P. 66

Il personaggio si stacca dal testo per riassumere le vesti del ruolo dell’autore, ma in seguito, si immerge

nella realtà del campo usando il presente. Molto importante è l’uso dell’avversativo. Si può confrontare

anche con la p. 46 in cui c’è uno stacco tra i due paragrafi, il passaggio è avversativo seguito da una

prolessi narrativa tra un paragrafo e l’altro. Anche a p. 44 abbiamo lo stesso meccanismo, un passaggio

tra i paragrafi a livello ellittico (ciò che viene saltato è la notte trascorsa). I punti di sospensione servono

a descrivere e sottolineare questa vuoto.

Questa, di cui abbiamo detto e diremo, è la vita ambigua del Lager. In questa mondo

duro, premuti sul fondo, hanno vissuto molti uomini dei nostri giorni, ma ciascuno per

un tempo relativamente breve; per cui ci si potrà forse domandare se proprio metta

conto, e se sia bene, che di questa eccezionale condizione umana rimanga una qualche

memoria.

A questa domanda ci sentiamo di rispondere affermativamente. Noi siamo infatti

persuasi che nessuna umana esperienza sia vuota di senso e indegna di analisi, e che

anzi valori fondamentali, anche se non sempre positivi, si possano trarre da questo

particolare mondo di cui narriamo. Vorremmo far considerare come il Lager sia stato,

anche e notevolmente, una gigantesca esperienza biologica e sociale.

Si rinchiudano tra i fili spinati migliaia di individui diversi per età, condizione, origine,

lingua, cultura e costumi, e siano quivi sottoposti a un regime di vita costante,

controllabile, identico per tutti e inferiore a tutti i bisogni: e quanto di più rigoroso uno

sperimentatore avrebbe potuto istituire per stabilire che cosa sia essenziale e che cosa

acquisito nel comportamento dell’animale-uomo di fronte alla lotta per la vita. P. 79

Incipit del capitolo con uso della prima persona plurale. (questo di cui abbiamo detto e diremo)

È un plurale di dissertazione, punto di vista quasi didattico nella ricezione dell’opera.

- C’è dunque un versante scientifico, ragionativo, legato ad un aspetto teorico.

- C’è anche un versante più emotivo quando fa riferimento all’idea di comunità (Noi siamo

persuasi).

L’opera rappresenta quindi un compromesso tra narrazione e saggio allo stesso momento, poiché segue

due linee distinte all’interno dell’opera. Per questo Einaudi, vista la difficoltà di catalogarlo, lo pubblicò

nella collana dei saggi.

13 Presentazione 3: L’esperimento di Milgram e Lettere di Tedeschi

L’obbedienza come meccanismo del massacro si lega al tema dell’influenza sociale esercitata da una

istituzione su un soggetto. Qui si fa riferimento allo stato eteronomico, che si riferisce all’individuo che,

durante una situazione di regime, passa da uno stato autonomo a uno dipendente dall’istituzione (si

considera un oggetto). Levi, nelle lettere di tedeschi evidenzia la distinzione tra responsabilità individuale

(Hitler, Goebbels, SS) e la responsabilità collettiva (legato quindi al tema della colpa del popolo tedesco).

Un individuo che, a causa dei suoi profondi principi morali, non è capace di rubare, far

del male o uccidere, riesce a compiere tranquillamente queste azioni quando

un’autorità glielo ordina. (Milgram)

13

02.11.2011

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12

(…) chi sapeva non parlava, chi non sapeva non faceva domande, a chi faceva domande

non si rispondeva. P. 333

Sapere, e far sapere, era un modo (in fondo non poi tanto pericoloso) di prendere le

distanze dal nazismo; penso che il popolo tedesco, nel suo complesso, non vi abbia

fatto ricorso, e di questa deliberata omissione lo ritengo pienamente colpevole. P. 333

* * *

In Se questo è un uomo si nota una certa reticenza nell’entrare nella parte più truce della sua esistenza

da parte dell’autore. A Levi interessa più mostrare la mostruosità della ricerca della disumanizzazione.

Inoltre non vuole ridurre la colpa ai mostri e alla loro violenza. (a lui interessa anche la responsabilità

collettiva) Da qui deriva la sua indagine sul come un popolo non possa reagire, rivelando invece una

forte indifferenza.

L’inferno di Treblinka di Grossman

Si tratta di una cronaca (citata anche nel processo di Norimberga) differente da quella di Levi, si osserva

un certo gusto per il particolare truculento nel comportamento degli aguzzini. Egli sottolinea come

l’efferatezza sia una caratteristica del popolo tedesco che porta a una implausibilità ideologica. Questo si

contrappone al distacco e all’oggettività di Levi.

Grossman parla di atti di coraggio da parte di figure anonime, Levi invece si impegna a sottolineare la

disumanizzazione, premurandosi nell’eccezione di focalizzarsi sull’identità dell’eroe. Ne racconta la

storia (es. il caso di Alberto) facendone dei personaggi a tutto tondo, la sua è una ricerca dell’uomo

nella massa indistinta.

In quanti modi si possa dunque raggiungere la salvazione, noi cercheremo di

dimostrare raccontando le storie di Schepschel, Alfred L., Elias e Henri. P. 84

Capitolo 10: Esame di chimica

Poi, se credevano, per essere degli Intelligenten, ebbene, Herrgottsacrament, gli

avrebbe fatto vedere lui, gli avrebbe… (e il pugno chiuso e l’indice teso, tagliava

l’aria di traverso nel gesto di minaccia dei tedeschi); e finalmente, non dovevano

pensare di ingannare nessuno, se qualcuno si era presentato come chimico senza

esserlo; un esame, sissignori, in uno dei prossimi giorni; un esame di chimica,

davanti al triumvirato del Reparto Polimerizzazione (…). P. 91

Descrizione di una scena, nella quale il tono adottato è volutamente stereotipato, in questo discorso

indiretto libero si può cogliere la voce di Levi che in questo modo ironizza sulla figura di Alex. Modalità

che serve a mettere in ridicolo. Questo Kapo è un personaggio da poco, che prova diffidenza per gli

intellettuali che gli stanno di fronte anche se sono alla sua mercé.

Panwitz è alto, magro, biondo, ha gli occhi, i capelli e il naso come tutti i tedeschi

devono averli, e siede formidabilmente dietro una complicata scrivania. Io, Häftling

174 517, sto in piedi nel suo studio che è un vero studio, lucido pulito e ordinato, e

mi pare che lascerei una macchia sporca dovunque dovessi toccare.

Quando ebbe finito di scrivere, alzò gli occhi e mi guardò.

(…)

Perché quello sguardo non corse fra due uomini (..).

Quello che tutti noi dei tedeschi pensavamo e dicevamo si percepì in quel momento

in modo immediato. Pp. 94-95

Il formidabilmente descrive bene la natura di questo uomo, che immediatamente rende chiaro quanto

sia necessario temerlo. Abbiamo due ritratti opposti: da una parte quello di Panwitz che incarna

perfettamente il modello ariano; d’altra parte c’è il ritratto di Levi, associato a un numero, privo dunque

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

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di umanità e in qualche modo inferiore al primo personaggio presentato. Abbiamo un improvviso scarto

temporale, dal presente del personaggio a quello dello scrittore. Questo rende eterno il ritratto morale

di Panwitz (passaggio dall’agens all’actor).

Panwitz non fa nulla di male in apparenza, ma il giudizio su di lui cade in modo severissimo. Viene

incarnata la distanza assoluta tra uno dei gerarchi del campo e un prigioniero non più uomo. C’è il tema

qui dell’indifferenza applicabile a tutti.

Grossman descrive personaggi tremendi ma tranquillizzanti (perché permettendo di riconoscere un

archetipo, lontano da una figura di essere umano normale), mentre la figura di Pannwitz non è

tremenda in modo esplicito, ma possiede qualcosa di inquietante di non rivelato in superficie (chiunque

può avere una natura pericolosa). La descrizione sequenziale di due personaggi (Alex e poi Panwitz)

permette di creare uno scarto, tra il tragicomico e il terribile, la personalità dell’uno mette in evidenza

quella dell’altro.

Con queste facce vuote, con questi crani tosati, con questi abiti di vergogna, fare un

esame di chimica. E sarà in tedesco evidentemente; e dovremo comparire davanti a

un qualche biondo Ario Doktor sperando che non dovremo soffiarci il naso, perché

forse lui non saprà che noi non possediamo fazzoletto, e non si potrà certo

spiegarglielo. E avremo addosso la nostra vecchia compagna fame, e stenteremo a

stare immobili sulle ginocchia, e lui sentirà certamente il nostro odore, a cui ora

siamo avvezzi, ma che ci perseguitava i primi giorni: l’odore delle rape e dei cavoli

crudi cotti e digeriti. P. 91

Siamo partiti da un passato e siamo arrivati a un presente del falso oggi in cui Levi conduce la maggior

parte del suo racconto. Osserviamo un insieme di frasi, la sintassi è costruita per polisindeto, creando

così un accumulo, un effetto di voci che si sovrappongono. L’impressione è quella di un coro. Tutti si

fanno quel tipo di domande che si affollano nella mente. Brano opposto a ciò che lo precede (dove si ha

invece una narrazione fatta per asindeto con frasi brevi e concise). Si evidenzia la comparsa di nuovi

scrupoli, e con essi quindi l’emergere dell’umanità, provano vergogna, cosa assente nell’esistenza del

Lager.

Oggi, questo vero oggi in cui io sto seduto a un tavolo e scrivo, io stesso non sono

convinto che queste cose sono realmente accadute. P. 93

Abbiamo un falso oggi, un presente della narrazione che in realtà è passato. Si tratta di fatti talmente

estranei da ciò che è umano e accettabile da essere quasi irreali. Nell’oggi vero c’è la difficoltà a credere,

ma a qualcosa che in teoria invece è normale e accettabile. Giorni immemorabili, che si fa dunque fatica

a credere che siano esistiti.

Capitolo 11: il canto di Ulisse

È tardi, è tardi, siamo arrivati alla cucina, bisogna concludere: (…)

Trattengo Pikolo, è assolutamente necessario e urgente che ascolti, che comprenda

questo “come altrui piacque”, prima che sia troppo tardi, domani lui e io possiamo

essere morti, o non vederci mai più, devo dirgli, spiegargli del Medioevo, del così

umano e necessario e pure inaspettato anacronismo, e altro ancora, qualcosa di

gigantesco che io stesso ho visto ora soltanto, nell’intuizione di un attimo, forse il

perché del nostro destino, del nostro essere oggi qui…

Siamo ormai nella fila per la zuppa, in mezzo alla folla sordida e sbrindellata dei

porta-zuppa degli altri Kommandos. I nuovi giunti ci si accalcano alle spalle. – Kraut

un Rüben? – Kraut un Rüben –. Si annuncia ufficialmente che oggi la zuppa è di

cavoli e rape: - Choux et navets. – Káposzta és répak. (…) P. 103

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Alla fine del capitolo osserviamo come la missione dei due si stia per concludere. Osserviamo il

contrasto tra la lingua sublime della commedia e la Babele del Lager. Levi cerca di salvarsi ma ricade

nella bolgia dei prigionieri.

Capitolo 12: i fatti dell’estate

A noi l’accesso ai rifugi corazzati era vietato. Quando la terra cominciava a tremare,

ci trascinavamo, storditi e zoppicanti, attraverso i fumi corrosivi dei nebbiogeni, fino

alle vaste aree incolte, sordide e sterili, racchiuse nel recinto della Buna; là

giacevamo inerti, ammonticchiati gli uni sugli altri come morti, sensibili tuttavia alla

momentanea dolcezza delle membra in riposo. Guardavamo con occhi atoni le

colonne di fumo e di fuoco prorompere intorno a noi: nei momenti di tregua, pieni

del lieve ronzio minaccioso che ogni europeo conosce, sceglievamo dal suolo cento

volte calpestato le cicorie e le camomille stente, e le masticavamo a lungo in

silenzio.

Ad allarme finito, ritornavamo da ogni parte ai nostri posti, gregge muto

innumerevole, assueto all’ira degli uomini e delle cose; e riprendevamo quel nostro

lavoro di sempre, odiato come sempre, e inoltre ormai palesemente inutile e

insensato. Pp. 106-107

Osserviamo la persistenza della dicotomia ossimorica. C’è una volontà di precisione, di sfumatura quasi

scientifica, di una realtà complessa, attraverso l’associazione di due elementi opposti in una stessa

realtà. (concetto di zona grigia)

14 Presentazione 4: Rapporto con Dante

Dante scrittore: ciascun dannato è un esempio di degrado sociale.

Levi scrittore: nel Lager c’è un degrado sociale. Intento di dare la testimonianza di un esperienza

personale, di esprimere questa degradazione.

Gli operai a cui viene applicato questo genere di contrappasso, vengono come noi

spogliati all'ingresso, ma i loro effetti personali vengono conservati in un apposito

magazzino. Non vengono tatuati e conservano i loro capelli, il che li rende facilmente

riconoscibili, ma per tutta la durata della punizione sono sottoposti allo stesso nostro

lavoro e alla nostra disciplina: escluse beninteso le selezioni.

Lavorano in Kommandos particolari, e non hanno contatti di alcun genere con i comuni

Häftlinge. Infatti per loro il Lager costituisce una punizione, ed essi, se non morranno

di fatica o di malattia, hanno molte probabilità di ritornare fra gli uomini; se potessero

comunicare con noi, ciò costituirebbe una breccia nel muro che ci rende morti al

mondo, ed uno spiraglio sul mistero che regna fra gli uomini liberi intorno alla nostra

condizione. Per noi invece il Lager non è una punizione; per noi non è previsto un

termine, e il Lager altro non è che il genere di esistenza a noi assegnato, senza limiti di

tempo, in seno all'organismo sociale germanico. P. 74-75

Viene qui espressa esplicitamente l’idea del contrappasso e del purgatorio per coloro che non sono

ebrei, ma devono stare lì per punizione temporanea. Per gli ebrei il Lager invece è qualcosa di definitivo

come lo sarebbe l’inferno per i dannati. Il lager rappresenta un oltremondo, Levi e i suoi compagni sono

invisibili al resto del mondo. Si vede una disumanizzazione dei prigionieri così come lo è per i dannati.

Alla fine, - Wieviel Stueck - domandò il maresciallo; e il caporale salutò di scatto, e

rispose che i «pezzi» erano seicentocinquanta, e che tutto era in ordine; (…) P. 14

14

09.11.2011

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I personaggi vengono visti come cose. Corrispondenza tra posizione sociale e punizione del Lager (idea di

contrappasso).

Eccoci di nuovo per le scale. Alex vola gli scalini: ha le scarpe di cuoio perché non è

ebreo, è leggero sui piedi come i diavoli di Malebolge. Si volge dal basso a guardarmi

torvo, mentre io discendo impacciato e rumoroso nei miei zoccoli spaiati ed enormi,

aggrappandomi alla ringhiera come un vecchio. P. 92

Alex viene qui paragonato ai diavoli delle Malebolge.

Eravamo senza scorta? ...buttarsi giù? Troppo tardi, troppo tardi, andiamo tutti «giù».

D'altronde, ci siamo presto accorti che non siamo senza scorta: è una strana scorta. È

un soldato tedesco, irto d'armi: non lo vediamo perché è buio fitto, ma ne sentiamo il

contatto duro ogni volta che uno scossone del veicolo ci getta tutti in mucchio a destra

o a sinistra. Accende una pila tascabile, e invece di gridare «Guai a voi, anime prave» ci

domanda cortesemente ad uno ad uno, in tedesco e in lingua franca, se abbiamo

danaro od orologi da cedergli: tanto dopo non ci servono più. Non è un comando, non è

regolamento questo: si vede bene che è una piccola iniziativa privata del nostro

caronte. La cosa suscita in noi collera e riso e uno strano sollievo. P. 18

Idea di selezione, SS paragonata a Caronte. Minosse seleziona in quali cerchi vanno i dannati. Man mano

che la storia prosegue i riferimenti diminuiscono. Così come Dante esce dall’Inferno, anche Levi esce dal

Lager. Si osservano molti punti in cui ci sono delle vere e proprie citazioni, vere e proprie porzioni del

testo integrale, assieme ad allusioni.

rapporti intertestuali. Quando invece c’è un rapporto più generico si parla di interdiscorsilità

(esempio situazione di Dante e quella di Levi possono essere accostate). Confronti che non entrano nello

specifico del testo. (Cesare Segre si occupò di questo tema)

Presentazione 5: Il canto di Ulisse (XXVI)

Ulisse diventa fonte diretta per comprendere il tragico della situazione nel Lager. Qui Levi pensa a livello

letterale e filosofico. Unico modo per non perdere la coscienza di sé e la propria identità di uomo. Levi:

uomo di scienza che è alla ricerca della comprensione, sapere. Caratteristica anche comune ad Ulisse.

Per quanto Jean non abusasse della sua posizione, già avevamo potuto constatare che

una sua parola, detta nel tono giusto e al momento giusto, aveva grande potere; già

più volte era valsa a salvare qualcuno di noi dalla frusta o dalla denunzia alle SS. P. 99

Viene messa in rilievo qui l’importanza della parola di Pikolo. Valore diverso da quello del Lager.

(…) che tristezza, sono costretto a raccontarlo in prosa: un sacrilegio. P. 101

Si osserva inoltre l’urgenza delle parole. L’importanza della libertà intellettuale.

Presentazione 6: Vagoni maledetti

Citazione continua di testimonianze. Costruzione dell’esperienza attraverso chi l’ha preceduto.

Citazione quasi saggistica. Viene messa in luce la distanza, coscienza della differenza del suo stato con

quello invece delle testimonianze. Levi cerca sempre di fare a meno della dimensione più cruda, con un

fine quasi di resoconto di ciò che accadeva nel lager. Levi non si ferma a questo, il Canto di Ulisse è quasi

un episodio fantastico.

La pace parla all’oblio (dimensione non letterale della frase). Tempo un cui l’autore (non Levi) è nato, in

cui la generazione sua viveva in una dimensione protetta, distante dagli aspetti più crudeli della storia.

Il viaggio è un tentativo d’uscire da questa bolla d’aria, un viaggio di formazione. Ecco quindi che le

citazioni vanno viste anche come qualcosa che trasmette lo sforzo di un contemporaneo per dialogare

con questi testimoni, con un’epoca superata.

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* * *

Capitolo 13: Ottobre 1944

Il filo cronologico comincia ad essere più lineare, fino a culminare nell’ultimo capitolo che si presenta

come un diario. Prima i capitoli erano costruiti su una dimensione tematica. Si osserva ora una

concatenazione di eventi cronologici. Capitolo scritto sull’arco delle 24 ore (speculare al capitolo le mie

notti, che era costruito con rispetto del tempo: dal crepuscolo all’alba).

Chi non morrà, soffrirà minuto per minuto, per ogni giorno, per tutti i giorni: dal

mattino avanti l'alba fino alla distribuzione della zuppa serale dovrà tenere

costantemente i muscoli tesi, danzare da un piede all'altro per resistere al freddo.

Dovrà spendere pane per procurarsi guanti, e perdere ore di sonno per ripararli quando

saranno scuciti (…). P. 110

L’inverno arriva portando con sé i sui disagi. Incipit con costruzione sintattica dura.

Sintesi di stile tale da andare al di là di ciò che la lingua standard consente. Anomala soppressione degli

articoli. Si osserva la velocità di reazione del veterano del campo. Alla fine ci si riferisce a questo nuovo

aspro linguaggio. Perché le lingue si scarnificano (vista anche la Babele presente nel campo).

Elementare parallelismo fuori e dentro il corpo e poi gli elenchi (asindeto e polisindeto che da effetto di

accumulo).

Chi può provvedere provvede; ma sono i meno, perché sottrarsi alla selezione è molto

difficile, i tedeschi fanno queste cose con grande serietà e diligenza.

Chi non può provvedere materialmente cerca difesa altrimenti. Ai gabinetti, al lavatoio,

noi ci mostriamo l'un l’altro il torace, le natiche, le cosce, e i compagni ci rassicurano: -

puoi essere tranquillo, non sarà certo la tua volta, …du bist kein Muselman(…). P. 112

Anafora, parallelismo semplificato.

Nessuno nega altrui questa elemosina(…).P. 112

Endecasillabo sdrucciolo, un verso. innalzamento di stile, effetto di perentorietà nella scansione,

solennità.

I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che

saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei

tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io. P. 113

Affollarsi di voci, condanna del diverso attraverso la categorizzazione effetto coro = modalità

enunciativa (spesso usata dentro all’opera). Nel testo incontriamo:

- l’io

- il tu

- il voi (lettore)

- il noi (comunione e spersonalizzazione)

- l’effetto coro

La memoria è uno strumento curioso: finché sono stato in campo, mi hanno danzato

per il capo due versi che ha scritto un mio amico molto tempo fa : <<… in fin che un

giorno senso non avrà più dire : domani .>> Qui è così. Sapete come si dice «mai» nel

gergo del campo? «Morgen früh», domani mattina. P. 119

A chi si rivolge? Al lettore usando il presente, c’è fusione in una stessa figura autor e agens. Effetto di

presenza, di coinvolgimento nel Lager e nei suoi aspetti di vita quotidiana.

Abbiamo un rapido salto, dall’oggi vero, in cui ricorda nel campo quando ricordava i versi letti in

precedenza. Presente passato I passato II

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Sembra che tutto vada come ogni giorno, il camino delle cucine fuma come di

consueto, già si comincia la distribuzione della zuppa. Ma poi si è udita la campana, e

allora si è capito che ci siamo.

Perché questa campana suona sempre all’alba, e allora è la sveglia, ma quando suona

a metà giornata vuol dire «Blocksperre», clausura in baracca, e questo avviene quando

c’è selezione, perché nessuno vi si sottragga, e quando i selezionati partono per il gas,

perché nessuno li veda partire. P. 113

Forme di connettivi logici sintattici. Rapporto causa-effetto. Ma è un connettivo debole (fa parte più

dell’oralità). Strumenti argomentativi della discussione. Brutalizzazione della lingua.

La SS, nella frazione di secondo fra i due passaggi successivi, con uno sguardo di faccia

e uno di schiena giudica della sorte di ognuno, e consegna a sua volta la scheda

all'uomo alla sua destra o all'uomo alla sua sinistra, e questo è la vita o la morte di

ciascuno di noi. P. 114

Parentesi dantesca.

René per esempio, così giovane e robusto, è finito a sinistra: forse perché ha gli occhiali,

forse perché cammina un po’ curvo come i miopi, ma più probabilmente per una

semplice svista: René è passato davanti alla commissione immediatamente prima di

me, e potrebbe essere avvenuto uno scambio di schede. Ci ripenso, ne parlo con

Alberto, e conveniamo che l’ipotesi è verosimile: non so cosa ne penserò domani e poi;

oggi essa non desta in me alcuna emozione precisa. P. 115

Mostruosa e paradossale fortuna. Levi si rende conto e dice nel passato come questa consapevolezza

non lo turbi. Ma nel presente non ci dice niente. Veniamo lasciati nella indistinzione morale.

non c’è ancora il distacco da quella situazione. Testo animato, pieno di tensioni, quello di Se questo è

un uomo.

15Presentazione 7: Il bambino con il pigiama a righe

Questa opera fa parte di quella serie di libri di scrittori che non hanno visto direttamente la guerra e la

Shoah. Il titolo è volutamente estraniante, poiché non fa immediatamente pensare al Lager, poiché il

punto di vista non è quello di un adulto, c’è quindi un filtro compatibile con il punto di vista infantile.

Paragone tra questo modo di affrontare il tema del Lager e la censura posta a chi scrive di questo grande

tema. Levi è uno dei pochi ad uscire completamente da questa censura.

Questione del realismo: si va dal massimo del realismo a un filone di narrazione che prescinde dal

realismo.

* * *

Capitolo 16: L’ultimo

Si osserva in questo capitolo una forma di narrazione più romanzesca, perché cambia la prospettiva del

personaggio poiché recupera un tratto umano che è l’ingegno. Non è un caso che questo tema emerga

dopo il capitolo sul canto di Ulisse. (l’uomo dal multiforme ingegno)

Archetipo a cui il personaggio novecentesco si avvicina.

Questo è possibile grazie alla fortuna. Una specie di nuovo Ulisse, certamente un nuovo eroe.

Parliamo di tre nuovissime nostre imprese (…) segreto professionale (…) prestigio (…).

P. 130

15

16.11.2011

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

18

C’è la restituzione di qualcosa di umano ma non completamente positivo. Presenza di una gerarchia

anche tra i prigionieri. Più Levi si riumanizza e meno è solidale, si crea invece una scissione tipica della

società umana dove non si è tutti uguali.

Della prima, mia è la paternità. (…) Ma Alberto ha ben altro in pentola. P. 130

Molti particolari, orgoglio manifesto. Impresa ingegnosa ma di fatto minima (non è grandioso per un

contesto esterno al Lager). Ma all’interno del Lager, dove il sistema dei valori è ribaltato, non è più

insignificante. Relativismo tra agens e author (c’è ancora orgoglio nel tempo). Non è un uomo di valori

assoluti, ma bensì di relativismo. Rimane indifferente di fronte all’appello dell’ultimo. Confronto tra il

personaggio (pieno di debolezze) che ci dice di essere e l’uomo scrittore. Trasferire il relativismo dal

personaggio all’uomo è ancora scioccante nell’Italia contemporanea.

E infine, ha coronato (…). Bisogna sapere inoltre (…) poiché la doccia è obbligatoria (…).

Così impostato il tema (…). P. 131

Quel che più conta (…). P. 132

Tra la pagina 131 e la 132 abbiamo nuovamente un procedimento analitico di premessa-sviluppo-

conclusione. Fino a qui il capitolo sarebbe positivo, in seguito tuttavia ci sarà un ribaltamento di tono e

di registro narrativo.

Di queste cose parliamo, incespicando da una pozzanghera all’altra, fra il nero del cielo

e il fango della strada. Parliamo e camminiamo. Io porto le due gamelle vuote, Alberto

il peso della menaschka dolcemente piena. Ancora una volta la musica della banda, la

cerimonia del «Mützen ab», giù i berretti di scatto davanti alle SS; ancora una volta

Arbeit Macht Frei, e l’annunzio del Kapo: «Kommando 987, zwei und sechzig Häftlinge,

Stärke stimmt» sessantadue prigionieri, il conto torna. Ma la colonna non si è sciolta, ci

hanno fatto marciare fino in piazza dell’Appello. Ci sarà appello? Non è l’appello.

Abbiamo visto la luce cruda del faro, e il profilo ben noto della forca..

Ancora per più di un’ora le squadre hanno continuato a rientrare, col trepestio duro

delle suole di legno sulla neve gelata. Quando poi tutti i Kommandos sono ritornati, la

banda ha taciuto a un tratto, e una rauca voce tedesca ha imposto il silenzio.

Nell’improvvisa quiete, si è levata un’altra voce tedesca, e nell’aria buia e nemica ha

parlato a lungo con collera. Infine il condannato è stato introdotto nel fascio di luce del

faro.

Tutto questo apparato, e questo accanito cerimoniale, non sono nuovi per noi. Da

quando io sono in campo, ho già dovuto assistere a tredici pubbliche impiccagioni; ma

le altre volte si trattava di comuni reati, furti alla cucina, sabotaggi, tentativi di fuga.

Oggi si tratta di altro.

Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare. Nessuno di noi sa (e

forse nessuno saprà mai) come esattamente l’impresa sia stata compiuta: si parla del

Sonderkommando, del Kommando Speciale addetto alle camere a gas e ai forni, che

viene esso stesso periodicamente sterminato, e che viene tenuto scrupolosamente

segregato dal resto del campo. Resta il fatto che a Birkenau qualche centinaio di

uomini, di schiavi inermi e spossati come noi, hanno trovato in se stessi la forza di

agire, di maturare i frutti del loro odio.

L’uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta. Si

dice che avesse relazioni cogli insorti di Birkenau, che abbia portato armi nel nostro

campo, che stesse tramando un ammutinamento simultaneo anche tra noi. Morrà oggi

sotto i nostri occhi: e forse i tedeschi non comprenderanno che la morte solitaria, la

morte di uomo che gli è stata riservata, gli frutterà gloria e non infamia.

Quando finì il discorso del tedesco, che nessuno poté intendere, di nuovo si levò la

prima voce rauca: «Habt ihr verstanden?» (Avete capito?).

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Chi rispose «jawohl»? Tutti e nessuno: fu come se la nostra maledetta rassegnazione

prendesse corpo di per sé, si facesse voce collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma

tutti udirono il grido del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia e di

remissione, percosse il centro vivo dell’uomo in ciascuno di noi: «Kameraden, ich bin

der Letzte!» (Compagni, io sono l’ultimo!). Pp. 132-133

Brusco ritorno alla realtà, non ci sono più individui come erano prima Levi e Alberto per il loro ingegno.

Perché di fronte al vero eroismo, al vero uomo, Primo e Alberto ritornano a far parte del gregge.

Capitolo strategicamente organizzato con due parti in opposizione. A livello morale c’è più

problematicità che è interna anche alla psicologia dell’autore. 2 interpretazioni:

- I russi arriveranno ma non saranno dei liberatori.

- L’altra interpretazione del grido dell’ultimo viene esclusa (cioè che lui è l’ultimo a morire per mano dei

tedeschi.

L’interpretazione è fatta in senso morale.

Capitolo 17: Storia di dieci giorni

Levi si ammala di scarlattina, questo è il motivo per cui sopravvive, non può fare la marcia mortale, ma

non sta così male da morire. Aggancio narrativo con La tregua. Continuità lineare, corrispondenza tra i

personaggi. A pagina 137 troviamo il congedo tra Primo e Alberto. (E venne finalmente Alberto, lui partì

e io rimasi).

Torna qui il controllo delle emozioni nei momenti più coinvolgenti (brano affiancabile a quello di pagina

16 dove è descritto un addio). I due saluti inquadrano l’inizio e la fine del romanzo. In entrambi i casi

sperava di ritrovali, ma non sarà così. (phatos tutto implicito, esso emerge attraverso l’asciuttezza)

Il finale a pagina 153 era sia prevedibile, sia imprevedibile (perché ci si aspetta ancora l’eccezionalità). Il

finale è quello tipico da manuale per un romanzo da formazione, solo che questo non è un racconto di

formazione. Esso è allo stesso tempo letterario e coinvolgente.

LA TREGUA 16Confronto con il film

Non si parla, nel film, di fortuna, ma bensì di provvidenza divina. Nel film si spinge troppo sul pedale, nel

senso che c’é un’esagerazione e stereotipizzazione di alcuni aspetti descritti nel libro. Si è scelto inoltre

di contornare il personaggio da altri attori comici (come Bisio), malgrado nel libro ci siano personaggi

comici (tragicomici più che altro, grotteschi) il film esagera questo punto.

La visione è unilaterale e romanzesca (scena del tedesco che si inginocchia), nel libro sarebbe una

conclusione troppo facile e precoce. L’atto di espiazione non è presente ne La tregua, La tregua è un

viaggio. L’andamento di episodi e incontri permette il viaggio, ma non può esserci questo elemento

rappacificatore del tedesco che si inginocchia. Il libro si conclude nel segno del sogno, come a voler dire

che il Lager non si è concluso poiché il personaggio viene riproiettato nel campo. Il ritorno a casa non è

dunque visto come qualcosa di tranquillizzante.

16

30.11.2011 (il 23.11.2011 non c’era lezione)

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Capitolo 1: Il disgelo

L’incipit è parallelo a quello di Se questo è un uomo. Nell’epigrafe vediamo come viene preannunciata la

conclusione del libro (perfetta circolarità), del sogno in cui si dice ai prigionieri di alzarsi.

La guerra stava per finire, (…) non era stato pronunciato il nome nefasto della guerra

fredda. (guerra è sempre)

Ci sono dei riferimenti alla guerra fredda (dunque il libro è scritto con una postcoscienza) che dopo la

guerra non potevano essere fatti.

Il titolo di questo capitolo si può prendere sia in senso letterale che in senso metaforico. Da un lato

l’incipit è un raccordo con la fine di Se questo è un uomo. Il legame è anche associativo (indicazione

cronologica che da l’idea di realismo e controllo sulla materia che viene raccontata). All’interno dei

singoli capitoli la temporalità non è così lineare (anticipazioni, riprese, anacronie).

Abbiano il passato (agens) e il presente (autor). C’è una tensione tra linearità e caos. (a livello di stile e di

struttura)

Nessuno meglio di noi ha potuto cogliere la natura dell’offesa. P. 11

Serie di riferimenti puntuali tra il nuovo libro e il vecchio. C’è un continuo dialogo con Se questo è un

uomo, un ritorno su concetti e parole chiave che ci dice quanto la realtà non si risolva, l’offesa non si

può risanare.

Mentre il lento passo dei cavalli mi trascinava verso la lontanissima libertà (…) ancora

si leggevano le tre parole della derisione: il lavoro rende liberi. P. 17

Levi vede questa scritta sia quando entra, sia quando esce dal Lager.

(…) il suo ricordo ancora mi ripercuote nei sogni.

Il sogno attraversa anche La tregua. C’è una idea di maturazione:

Le baracche in cui mi ero sofferto ed ero maturato.

La possibilità di formazione è impossibile nel lager (la bildung secondo cui vale la regola di causa-

effetto). Qui si deve parlare di deformazione. Poiché si nega fin dall’inizio l’idea di un lieto fine.

Capitolo 2: Il Campo grande

Levi viene preso dall’armata rossa e comincia un tortuoso viaggio di ritorno, incontra altri italiani. C’è

ancora l’idea di una Babele linguistica e del sottomettersi a un’altra autorità.

Ci assegnarono camicie e mutande, e ci condussero dal barbiere russo affinché, per

l’ultima volta della nostra carriera, ci fossero rasi i capelli a zero. (…)dove si vede

quanto poco soccorrano le idee generali alla comprensione dei casi singoli. Pp. 164-165

Nostra carriera ha chiaramente qui una funzione ironica.

Tra gli incontri post-lager ci sono figure fiabesche ma anche tragiche.

Es. Hurbinek, il bimbo figlio del Lager.

Hurbinek che aveva quasi tre anni e forse era nato a Auschwitz e non aveva mai visto

un albero; (…) Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole. P. 167

Si osserva qui la differenza sostanziale tra la libertà materiale e la redenzione, quest’ultima

praticamente irraggiungibile. Complementarietà con Se questo è un uomo:

Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità

storica di mettere a morte i bambini degli ebrei. P. 17

Per entrambi non c’è memoria se non quella che testimonia Levi nel suo libro. Uso dell’anafora: pathos

della narrazione. Per Hurbinek si insiste sulla deformità fisica. La sua personalità è caratterizzata dalla

curiosità. (cosa molto rara in Se questo è un uomo)

Da questo punto di vista La tregua è un testo più manierista, talvolta il manierismo va sul comico,

talvolta sul tragico.

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Levi censura molto, non spinge mai troppo sull’aspetto del degrado morale però lascia intuire (es. il

ragazzino traviato che intratteneva relazioni di tipo pedofilo, questo ragazzino è vittima ma anche

carnefice, lo si dimostra dal suo delirio dove immagina d’essere divenuto un Kapo).

Vittima innocente vs. vittima carnefice.

Pervadono queste pagine la ripugnanza e il senso di colpa (la struttura morale vacilla, così come in Se

questo è un uomo).

Poi prese a un tratto a parlare, e rimpiangemmo il suo silenzio. Il Kleine Kiepura

parlava da solo, come in sogno: e il suo sogno era di aver fatto carriera, di essere

diventato un Kapo. Pp. 169-170

Confronto con Hurbinek e il suo obbligato stato di mutismo.

- Alzarsi, porci, avete capito? Rifare i letti, ma presto: (…). Mostrate i piedi carogne! Di

nuovo sporco, tu, sacco di m… fai attenzione, io non scherzo. Ancora una volta che ti

pesco, e te ne vai in crematorio -. P. 170

Le parole riproducono la durezza del lager (ricorda vagamente Alex). Discorso diretto, semplificato e

grezzo, sottolinea una regressione della lingua a uno stato quasi animale. Quando la lingua viene offesa,

viene offesa anche a livello morale.

Noah era un giovanissimo pantagruele, forte come un cavallo, vorace, salace. (…) I suoi

convegni d’amore sembravano uragani. P. 171

Noah: personaggio dai tratti favolistici. Ha una forte connotazione erotica, che porta all’affermazione

degli impulsi vitali. C’è inoltre un riferimento all’opera di Rablet, gigante dagli appetiti insaziabili. Le

similitudini con questo personaggio sono di tipo animale (analogie usate anche in Se questo è un uomo,

atte a disumanizzare in senso negativo, Levi le usa per descrivere masse indistinte di uomini).

Qui il paragone non è negativo, ma per andare al di là delle capacità umane. Si nota comunque un

indugiare sul tema della sessualità (controllo anche dal punto di vista lessicale).

Erano morti tutti. Tutti i bambini e tutti i vecchi, subito. Delle cinquecentocinquanta

persone di cui avevo perso notizia all’ingresso in Lager, solo ventinove donne erano

state ammesse al campo di Birkenau: di queste, cinque sole erano sopravvissute.

Vanda era andata in gas, in piena coscienza, nel mese di ottobre: lei stessa, Olga, le

aveva procurato due pastiglie di sonnifero, ma non erano bastate. P. 173

L’incontro descritto con Olga, quando Levi scrive, è già avvenuto. Solo in Se questo è un uomo non viene

data la stessa informazione. Nella Tregua c’è volontà di concludere certi aspetti di Se questo è un uomo.

Rispondere alla domanda: Cosa è successo al personaggio X? Aspetto romanzesco.

Capitolo 3: Il greco17

Auschwitz è stato un vero rovesciamento della realtà, come Levi sostiene nel corso di tutto Se questo è

un uomo, oppure di fatto è una semplice amplificazione della realtà del mondo conosciuto?

Il greco: Mentre Primo aveva visto nel Lager un ribaltamento per il greco non c’era interruzione, la lotta

per la vita è continua e può colpire in modo drastico. Per lui Auschwitz non era davvero una interruzione

della realtà. Da qui l’idea che Guerra è sempre. Il Lager è sempre.

Nell’evoluzione della psicologia si lega la maturazione della presa di coscienza di questa verità.

La lasciai cadere infine nella finestrella di una cantina, e mi ritrovai libero. Mi infilai

dentro a un Block. P. 174

Sequenza rapida, propone in questo libro una versione più romanzesca, ci sono nuove possibilità, spazio

d’azione, la dimensione asfissiante del Lager non c’è più.

17

07.12.2011

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Non posso dire di ricordare esattamente come e quando il mio greco scaturì dal nulla.

In quei giorni e in quei luoghi, poco dopo il passaggio del fronte, un vento alto spirava

sulla faccia della terra: il mondo intorno a noi sembrava tornato al Caos primigenio e

brulicava di esemplari umani scaleni, difettivi, abnormi; e ciascuno di essi si agitava in

moti ciechi o deliberati, in ricerca affannosa della propria sede, della propria sfera,

come poeticamente si narra delle particelle dei quattro elementi nelle cosmogonie degli

antichi. P. 175

Confusione euforica in cui i personaggi sono alla ricerca del proprio destino, ognuno è diverso, non c’è

più quella omologazione provocata dalla realtà del Lager. Modello per il passaggio Lucrezio - Democrito.

Si chiamava Mordo Nahum, e a prima vista non presentava nulla di notevole, salvo le

scarpe (di cuoio, quasi nuove, di modello elegante: un vero portento, dato il tempo e il

luogo), e il sacco che portava sul dorso, che era di mole cospicua e di peso

corrispondente, come io stesso avrei dovuto constatare nei giorni che seguirono. Oltre

alla sua lingua, parlava spagnolo (come tutti gli ebrei di Salonicco), francese, un

italiano stentato ma di buon accento, e, seppi poi, il turco, il bulgaro e un po’ di

albanese. Aveva quarant’anni: era di statura piuttosto alta, ma camminava curvo, con

la testa in avanti, come i miopi. Rosso di pelo e di pelle, aveva grossi occhi scialbi ed

acquosi e un gran naso ricurvo; il che conferiva all’intera sua persona un aspetto

insieme rapace ed impedito, quasi di uccello notturno sorpreso dalla luce, o di pesce da

preda fuori del suo naturale elemento. P. 176

Il Greco è una Babele vivente a livello linguistico, come è già stato ripetuto più volte in Se questo è un

uomo il problema linguistico è sempre stato motivo di emarginazione e separazione tra i detenuti del

Lager. Ne La Tregua invece questo non rappresenta più un aspetto negativo ma un aspetto positivo,

perché tutte queste lingue si racchiudono in un unico individuo che quindi ha più mezzi per far fronte

alle avversità.

Mi sentivo stremato, non solo corporalmente: come un atleta che abbia corso

per ore, spendendo tutte le proprie risorse, quelle di natura prima, e poi quelle

che si spremono, che si creano dal nulla nei momenti di bisogno estremo; e

che arrivi alla meta; e che nell'atto in cui si abbandona esausto al suolo, venga

rimesso brutalmente in piedi, e costretto a ripartire di corsa nel buio, verso un

altro traguardo non si sa quanto lontano. P. 178

Prima similitudine che lo porta a confronto con un essere umano, rinnovamento immaginario che lo

porta alla riconoscenza di sé stesso in quanto uomo. C’è una rappresentazione di sé come un eroe

romanzesco, trasformazione da numero a uomo, provocata dal greco.

- Quanti anni hai?

- Venticinque, risposi.

- Qual è il tuo mestiere?

- Sono chimico.

- Allora sei uno sciocco, mi disse tranquillamente. - Chi non ha scarpe è uno

sciocco.

Era un grande greco. Poche volte nella mia vita, prima e dopo, mi sono sentito

incombere sul capo una saggezza così concreta. C’era ben poco da replicare.

La validità dell’argomento era palpabile, evidente: i due rottami informi ai

miei piedi, e le due meraviglie lucenti ai suoi. Non c’era giustificazione. Non

ero più uno schiavo: ma dopo i primi passi sulla via della libertà, eccomi seduto

su un paracarro, coi piedi in mano, goffo e inutile come la locomotiva in avaria

che da poco avevamo lasciata. Meritavo dunque la libertà? il greco sembrava

dubitarne.

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

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— Parole, — disse il greco. — Parole tutti sanno dirne. Io avevo la febbre a

quaranta, e non capivo se era giorno o notte: ma una cosa capivo, che mi

occorrevano scarpe e altro; allora mi sono alzato, e sono andato fino al

magazzino per studiare la situazione. E c’era un russo col mitra davanti alla

porta: ma io volevo le scarpe, e ho girato dietro, ho sfondato una finestrella e

sono entrato. Cosi ho avuto le scarpe, e anche il sacco e tutto quello che sta

nel sacco, che verrà utile più avanti. Questa è previdenza; la tua è stupidità, è

non tenere conto della realtà delle cose. P. 181

Il problema delle scarpe, già presente in Se questo è un uomo, rivela una continuità tra Lager e realtà

esterna. In questo passaggio viene sottolineata l’iniziativa come componente essenziale del greco, egli è

l’avventura. Mentre Levi non è ancora entrato in questa dimensione. Ogni volta che il greco compare

porta con sé il progresso. È esistito realmente ma in questo racconto egli assorbe una funzione

romanzesca di guida. Nel testo viene descritto il rapporto immediatamente instaurato di allievo-

maestro. (analogia con Dante, Dante-Virgilio)

Narrativa pura, manierismo.

La carrozza era vuota; dopo un quarto d’ora arrivò il manovratore, e non il bigliettaio

(dal che si vide che ancora una volta il greco aveva ragione; e come si vedrà, avrebbe

avuto ragione in tutte le successive vicende, salvo una) (…). P. 182

Il personaggio del greco è un motore narrativo. Vengono legate alla sua figura delle anacronie, la

prolessi crea dubbio e attesa. Qui Levi gioca chiaramente il suo ruolo di narratore.

Ma c’era qualcosa di più, che apriva loro la strada: il mio non era un greco qualunque,

era visibilmente un maestro, un’autorità, un supergreco.

Possedeva l’adatta attrezzatura : sapeva parlare italiano, e (ciò che più importa, e

manca a molti italiani stessi) sapeva di che cosa si parla in italiano. Mi sbalordì : si

dimostrò esperto di ragazze e di tagliatelle, di Juventus e di musica lirica, di guerra e di

blenorragia, di vino e di borsa nera, di motociclette e di espedienti. P. 183

Nuova sensibilità, elemento di accostamento di campi diversi, mescolanza di registri nella Tregua. Levi

usa spesso l’enumerazione caotica per dare un senso di accumulo. Idea di realtà in movimento (opposta

alla realtà statica e ripetitiva del Lager).

Ora quel prete, giovane e di aspetto benigno, non intendeva né il francese né il tedesco;

di conseguenza, per la prima e unica volta nella mia carriera postscolastica, trassi

frutto dagli anni di studi classici intavolando in latino la più stravolgente e arruffata

delle conversazioni. Dalla iniziale richiesta di informazioni ("Pater optime, ubi est

mensa pauperorum?") venimmo confusamente a parlare di tutto, dell'essere io ebreo,

del Lager ("castra"? Meglio Lager, purtroppo inteso da chiunque), dell'Italia, della

inopportunità di parlare tedesco in pubblico... e di innumerevoli altre cose, a cui

l'inusitata veste della lingua dava un curioso sapore di trapassato remoto. Pp. 187-188

La lingua unisce in modo arruffato e caotico, permette la comunicazione impossibile invece nel Lager,

troviamo inoltre qui un personaggio Levi sperimentatore, che cerca vie diverse per giungere a una

soluzione. C’è forte intraprendenza (legata all’immagine dell’eroe romanzesco).

Dovetti battere in ritirata. L’episodio, in sé trascurabile, mi doveva tornare a mente

molti mesi dopo, in piena estate, nel cuore della Russia Bianca, in occasione di quello

che fu il mio terzo ed ultimo incontro con Mordo Nahum. P. 190

Ci separammo senza molte parole: ma nel momento del congedo, in modo fugace

eppure distinto, sentii muovere da me verso di lui una solitaria onda di amicizia,

ventata di tenue gratitudine, di disprezzo, di rispetto, di animosità, di curiosità, e del

rimpianto di non doverlo più vedere.

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Lo vidi ancora, invece: due volte. Lo vidi in maggio, nei giorni gloriosi e turbolenti della

fine della guerra. (…) con gesto inconsueto estrasse dal famoso sacco un dono: un paio

di pantaloni, del tipo usato in Auschwitz negli ultimi mesi, e cioè con una grossa

“finestra” sull’anca sinistra, chiusa da una toppa di tela a strisce. Poi scomparve.

Ma doveva ricomparire un’altra volta, molti mesi più tardi, sul più improbabile dei

fondali e nella più inaspettata delle incarnazioni. P. 193

Mi ritornò a mente, sotto nuova luce, l’episodio dell’uovo sodo, e la sfida sdegnosa del

greco: - Su, dimmi qualche articolo in cui io non abbia mai commerciato! – No, non

avevo bisogno di una donna, o per lo meno non in quel senso. Ci separammo dopo un

cordiale colloquio; e dopo di allora, essendosi posato il turbine che aveva sconvolto

questa vecchia Europa, trascinandola in una contraddanza selvaggia di separazioni e di

incontri, non ho più rivisto il mio maestro greco, né ho più sentito parlare di lui. P. 252

Costruzione di addio, anche se però c’è una prosecuzione. Il greco è un personaggio che compare e

scompare (meccanismo di attesa), esattamente nei momenti in cui esso ha un ruolo narrativo.

Capitolo 4: Katowice

La sentinella era un mongolo gigantesco sulla cinquantina, armato di mitra e

baionetta, dalle enormi mani nodose, dai grigi baffi spioventi alla Stalin e dagli occhi di

fuoco: ma il suo aspetto feroce e barbarico era assolutamente incongruente con le sue

innocue mansioni. Non veniva mai avvicendato, e perciò moriva di noia. Il suo

comportamento nei confronto di chi entrava e usciva era imprevedibile: a volte

pretendeva il “propusk”, vale a dire il lasciapassare; a volte chiedeva solo il nome; altre

ancora, un po’ di tabacco, o anche nulla. P. 195

Rappresentazione parodistica. Personaggio curioso e completamente diverso dai tedeschi (visti come

corrotti, propri, come ad esempio Panwitz). L’idea che passa dunque è quella secondo cui il male si può

rifugiare anche in un’apparenza normalissima e regolare, quindi ovunque, ed esso è imprevedibile.

Il personaggio descritto ha un comportamento imprevedibile. Da qui emerge il tema dell’incongruenza

(fuori contesto, elementi diversi che non sono parte del tempo e dello spazio).

elementi del comico.

Con chiaroveggenza sorprendente, che è come dire con un procedimento mentale

altamente complesso e misterioso, aveva capito l’importanza, anzi la necessità, di

possedere una uniforme, dal momento che doveva trattare con gente in uniforme. Se

ne era combinata una non priva di fantasia, abbastanza teatrale, con un paio di

stivaloni sovietici, un berretto da ferroviere polacco, e giacca e pantaloni trovati non so

dove, che sembravano di orbace, e forse lo erano: si era fatto cucire mostrine al bavero,

filetti dorati sui berretto, greche e gradi sulle maniche, ed aveva il petto pieno di

medaglie. P. 197

Il Colonnello Rovi incarna questo concetto, la sua uniforme è dipinta in modo parodistico. Viene

trasmessa l’idea di complessità che si manifesta nella diversità, complessità come caratteristica

dell’essere umano in quanto individuo singolare e unico.

Era dunque un individuo singolare: e me lo confermò la sua storia, che molto volentieri

mi raccontò, e che qui riporto. -Ho seguito per molti anni la scuola dei ladri di Loreto.

C'era il manichino coi campanelli e il portafogli in tasca: bisognava sfilarlo senza che i

campanelli suonassero, e io no ci sono mai riuscito. Così non mi hanno mai autorizzato

a rubare: mi mettevano a fare il palo. Ho fatto il palo per due anni. Si guadagnava poco

e si rischia: non è un bel lavorare.

-Pensa e ripensa, un bel giorno ho pensato che, licenza o mica licenza, se volevo

guadagnarmi il pane bisognava che mi mettessi in proprio.

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-C'era la guerra, lo sfollamento, la borsa nera, un mucchio di gente sui tranvai. Era sul

2, a Porta Ludovica, perché da quelle parti nessuno mi conosceva. Vicino a me c'era una

con una gran borsa; in tasca del cappotto, si sentiva al tasto, c'era il portafoglio. Ho

tirato fuori il saccagno, piano piano…

Devo aprire una breve parentesi tecnica. Il saccagno, mi spiegò il Ferrari, è uno

strumento di precisione che si ottiene spezzando in due la lama di un comune rasoio a

mano libera. Serve a tagliare le borse e le tasche, perciò deve essere affilatissimo. Pp.

202-203

Spiegazione del termine saccagno, qui Levi ha deciso di far parlare il ladro Ferrari (cosa impossibile nel

caso di Se questo è un uomo). Personaggi ancora una volta diversi vengono messi avanti, da qui nasce un

substrato di umanità variegata unita dal fatto d’essere reduce e obbligata a fare un viaggio di ritorno.

* * *

16.10.1943 Rastrellamento del ghetto di Roma

Racconto condotto da un narratore esterno che fa la cronaca di quello che è accaduto ma non è

coinvolto direttamente nella storia.

Diverso aspetto dell’opera

Addomesticamento della vicenda che permette di rendere più familiare ciò che è raccontato.

Es. SS come stereotipo dell’uomo raffinato e colto.

18 Presentazione 8: La freccia del tempo

Romanzo ispirato agli scritti di Levi, in particolare a Se questo è un uomo e a La Tregua.

Il protagonista è un medico tedesco che si trova nel campo di concentramento. Malgrado la sua

professione però non guarisce i malati. A livello cronologico il tempo scorre all’indietro. Il narratore ha

una specie di coscienza, l’ambiguità è presente anche nel continuo gioco di pronomi e nel fatto che il

protagonista cambia continuamente nome. Questo rende il libro di difficile comprensione.

Il punto di vista è differente, anche in questo caso c’è il rovescio della logica (es. per essere gentili

bisogna essere crudeli). A volte bisogna oltretutto leggerlo dal basso verso l’alto altrimenti non si

comprendono i dialoghi. Il normale viene considerato, nell’opera, straordinario.

Il tema ricorrente del tempo sconvolto si trova anche nel rovescio delle normali conseguenze (es. viene

detto salve invece che addio).

Facendo un confronto con Levi osserviamo che anche per lui Auschwitz corrisponde al rovescio assoluto.

Annientamento.

In entrambe le opere vi sono però degli effetti, delle conseguenze: incubi. Nel caso di Levi è dovuto a ciò

che ha subito, nel caso del medico invece è per ciò che ha fatto. (torto subìto vs. torto inflitto)

Nel romanzo viene assunto il punto di vista sia della vittima sia del colpevole, questo porta alla

formazione del concetto di compromesso, affrontato da Levi in modo più sottile. Helis riprende questo

concetto attraverso lo sdoppiamento del personaggio che viene reso un paradosso incarnato.

* * *

In Se questo è un uomo raramente troviamo dei brani mimetici, ma questo fenomeno è molto più

visibile in La tregua. C’è una forte tendenza all’imitazione che calca anche sull’ironia in conseguenza. In

Se questo è un uomo forse risulterebbe fuori luogo.

18

14.12.2011

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Primo Levi Yasmine Tonini Semestre autunnale 2011

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Capitolo 5: Cesare

Si interruppe bruscamente (conosceva per istinto il valore oratorio delle pause), baciò la

camicia con affetto, e poi, con voce risoluta e insieme commossa, come se gli piangesse

il cuore a separarsene, e vi si inducesse solo per amore del suo prossimo, – Tu, panzone,

– disse: – quanto mi daresti per ‘sta cosciuletta? Il panzone rimase interdetto.

Guardava la «cosciuletta » con desiderio, e con la coda dell’occhio si sbirciava ai

fianchi, mezzo sperando e mezzo temendo che qualcun altro facesse la prima offerta.

Poi avanzò esitando, tese una mano incerta e borbottò qualcosa come «pingísci ».

Cesare ritirò la camicia al seno come se avesse visto un aspide. – Che ha detto, quello?

– mi chiese, come se sospettasse di aver ricevuto una offesa mortale; ma era una

domanda retorica, poiché riconosceva (o indovinava) i numerali polacchi molto piú

prontamente di me.

– Tu sei matto, – disse poi perentorio, puntandosi un indice alla tempia e girandolo

come un trapano. Il pubblico rumoreggiava e rideva, parteggiando visibilmente per lo

straniero fantastico, venuto dai confini del mondo a far portenti sulle loro piazze. Il

panzone se ne stava a bocca aperta, dondolandosi come un orso da un piede all’altro. –

Du ferík, – riprese Cesare spietato (intendeva dire «verrückt»); indi, a maggior

chiarimento, aggiunse:

– Du meschuge –. Esplose un uragano di risa selvagge (…). P. 214

– E dài! Caccia ‘ste pignonze! – incalzò Cesare, battendo il ferro finché era caldo. Le

pignonze (il termine polacco, dall’ostica grafia ma dall’assonanza cosí curiosamente

nostrana, affascinava Cesare e me) furono infine cacciate, e la camicia mollata; ma

subito; Cesare mi strappò energicamente alla mia ammirazione estatica.

– A compà: famo resciutte, sennò questi svagano er búcio –. Cosí, per timore che il

cliente si accorgesse prematuramente del buco, facemmo resciutte (ossia prendemmo

congedo), rinunciando a piazzare l’invendibile contasecondi. P. 216

Cesare è caratterizzato dalla furbizia e dalla mimesi del linguaggio, questo permette di crearne un profilo

comico e buffo. Una macchietta all’interno della storia. Il lessico di Cesare è molto espressivo, portando

nella situazione a un esito comico. È possibile fare qui un confronto con Se questo è un uomo, dove la

mimesi è molto rara e se è presente serve per descrivere la lingua della violenza usata nei Lager, una

lingua corrotta e ridotta all’osso. Mentre con Cesare c’è una sorta di riabilitazione, la lingua diventa

espressione dell’individuo, permette comunicazione e contatti.

Comperato che cosa? Di tutto, mi disse: qualunque cosa capitava. Cesare, benché

avesse poco più di vent’anni, vantava una preparazione merceologica sorprendente,

paragonabile a quella del greco. Ma, superate le analogie superficiali, mi resi conto ben

presto che fra il greco e lui correva un abisso. Cesare era pieno di calore umano,

sempre, in tutte le ore della sua vita, e non solo fuori orario come Mordo Nahum. Per

Cesare il «lavoro» era volta a volta una sgradevole necessità, o una divertente

occasione di incontri, e non una gelida ossessione, né una luciferesca affermazione di se

stesso.

L’uno era libero, l’altro schiavo di sé; l’uno avaro e ragionevole, l’altro prodigo ed

estroso. Il greco era un lupo solitario, in eterna guerra contro tutti, vecchio anzitempo,

chiuso nel cerchio della sua ambizione trista; Cesare era un figlio del sole, un amico di

tutto il mondo, non conosceva l’odio né il disprezzo, era vario come il cielo, festoso,

furbo e ingenuo, temerario e cauto, molto ignorante, molto innocente e molto civile. P.

212

Per le sue doti di oratore e la sua furbizia Cesare viene naturalmente messo a confronto con il greco, ma

velocemente appare chiaro come dal paragone tra i due sia il primo a uscirne vincitore, poiché è un

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personaggio positivo a tutto tondo. Il greco inoltre è connotato come diverso da Levi, anche per le

proprie origini non italiane, mentre Cesare condivide con l’autore le radici romane (evidenti anche nel

suo parlato) che accomunano i due e portano a una naturale simpatia e predilezione.

Oltre alla fusione delle varie lingue, Cesare infatti usa delle espressioni miste di italiano e di polacco, c’è

anche una fusione delle comunità di diversa origine (polacche e italiane). Su questo Levi non esprime un

giudizio ma chiaramente viene sottolineata l’importanza della creazione di questa comunità eterogenea,

ma fatta di relazioni umane.

Eravamo entrati in Katowice allegri come scolari in vacanza, ma il nostro umore

spensierato urtava ad ogni passo con lo scenario in cui ci addentravamo. Ad ogni passo

ci imbattevamo nelle vestigia della tragedia immane che ci aveva sfiorati e

miracolosamente risparmiati. Tombe ad ogni quadrivio, tombe mute e frettolose,

senza croce ma sormontate dalla stella rossa, di militari sovietici morti in

combattimento. Uno sterminato cimitero di guerra in un parco della città, croci e stelle

comuniste, e quasi tutte recavano la stessa data: la data della battaglia per le vie, o

forse dell’ultimo sterminio tedesco. In mezzo alla via principale, tre, quattro carri

armati tedeschi, apparentemente intatti, trasformati in trofei e in monumenti; il

prolungamento ideale del cannone di uno fra questi faceva capo a un enorme foro, a

metà altezza della casa di fronte: il mostro era morto distruggendo. Ovunque rovine,

scheletri di cemento, travi di legno carbonizzate, baracche di lamiera, gente in stracci,

dall’aria selvaggia e famelica. P. 211

Elenco di elementi devastanti, le tracce della follia tedesca sul territorio e sul paesaggio.

Correlativo oggettivo (il brano appena letto), formula che devia da Elliot The waste land, messa in

scena di qualche cosa di concettuale, descrizione attraverso l’oggettività che risale al concetto senza

spiegarlo, ma materializzandolo nell’oggetto. Invece che descriverlo viene mostrato il paesaggio

devastato.

Primo Levi si sofferma anche sul riadattamento dei luoghi. Rifunzionalizzazione paradossale(es. Teatro

ora usato come dormitorio, questo trasmette l’idea della trasformazione post-bellica). In Se questo è un

uomo il Lager era perfettamente organizzato, i gesti erano regolati, ogni struttura aveva una propria

funzione precisa. Ne La tregua invece i luoghi assumono funzioni nuove. Caos dal quale però nasce la

libertà. È presente una nuova percezione della realtà, i testi sono composti sotto un punto di vista più

narrativo.

Capitolo 7: I sognatori

Il Trovati, Ambrogio Trovati detto Tramonto, non aveva più di trent’anni; era di piccola

statura, ma muscoloso e agilissimo. «Tramonto», ci aveva spiegato, era un nome

d’arte: ne andava fiero, e gli si attagliava a pennello, perché era un uomo ottenebrato,

che viveva di fantasiosi espedienti in uno stato d’animo di perpetua ribellione frustrata.

Aveva trascorso adolescenza e giovinezza fra la prigione e il palcoscenico, e sembrava

che le due istituzioni non fossero nettamente divise nella sua mente confusa. La

prigionia in Germania, poi, doveva avergli dato il colpo di grazia. P. 229

Descrizione del personaggio Tramonto, un uomo ottenebrato, frustrato, ribelle.

Il ruolo del palcoscenico ha grande rilievo in questa opera, tanto che un intero capitolo sarà consacrato

alla preparazione di un teatro (l’omonimo capitolo 14). Questo tema si lega alla reinvenzione della realtà

dopo gli anni di Lager, una realtà nuova, curiosa, teatrale. I personaggi sono quasi delle maschere, sono

esistiti davvero ma Levi gioca dando più valore solo ad alcuni di loro.

Nei suoi ricordi sono più che attori, forse il teatro ha la funzione di mostra proprio la strana realtà post-

bellica.

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Cosí era finita per lui: era nelle loro mani. Il negozio venduto, contratti niente, soldi

pochi, qualche particina ogni tanto, qualche furto per tirare avanti. Fino alla sua

grande epopea, l’omicidio polposo. Aveva incontrato per strada uno dei suoi seduttori,

e l’aveva accoltellato: si era reso reo di omicidio polposo, e per questo suo delitto era

stato trascinato in tribunale. (…)

Ma l’imputato, e ad un tempo l’avvocato difensore, era sempre e solo lui, e quando ad

ogni replica giungeva l’ora del sua torrenziale arringa, spiegava prima, in un rapido «a

parte», che l’omicidio polposo è quando uno pianta il coltello non nel petto, o nella

pancia, ma qui, fra il cuore e l’ascella, nella polpa; ed è meno grave. P. 230

L’omicidio polposo: interpretazione comica, linguaggio degli ignoranti, tecnica usata anche da Manzoni

per creare ironia e comicità sopra a un determinato personaggio. Nella rappresentazione anche Levi non

risparmia le risorse del registro comico (che non è fine a sé stesso, ma serve a rendere l’idea della

bizzarra varietà del mondo che può ricominciare ad essere libero).

Capitolo 8: Verso Sud

Mi correva nelle vene la dolce debolezza della convalescenza. Mi correvano nelle vene,

in quei giorni, anche energiche dosi di insulina, che mi era stata prescritta, trovata,

comperata e iniettata per le cure concordi di Leonardo e di Gottlieb. Mentre

camminavo,l’insulina compiva in silenzio il suo ufficio prodigioso: girava col sangue in

caccia di zucchero, e ne curava la diligente combustione e conversione in energia,

distogliendolo da altri meno propri destini. P. 235

In questo passaggio ci appare Levi nel suo ruolo di chimico. Osserva qui sé stesso con gli occhi dello

scienziato e secondo le leggi della chimica. Vediamo qui il recupero di un’idea di consequenzialità

scientifica tra causa e effetto che nel lager era inimmaginabile. Levi si riappropria della scienza

attraverso il proprio corpo.

In Se questo è un uomo, in Dante, ecc, abbiamo una unità di luogo invece assente nella Tregua. Non

abbiamo una visione rigorosa degli spostamenti geografici, questo permette di catapultare il lettore in

una dimensione fantastica e fiabesca, fino a toccare l’epopea, la tradizione epico-cavalleresca.

Ebrei di Auschwitz? Lo sguardo della vecchia si ammorbidí, perfino le rughe

sembrarono distendersi. Allora era un’altra faccenda. Ci fece passare nel retrobottega,

ci fece sedere, ci offerse due bicchieri di birra autentica, e senza por tempo in mezzo ci

raccontò con orgoglio la sua storia favolosa: la sua epopea, vicina nel tempo ma già

ampiamente trasfigurata in canzone di gesta, affinata e polita da innumerevoli

ripetizioni. Era consapevole di Auschwitz, e tutto quanto riguardava Auschwitz la

interessava, perché aveva rischiato di andarci. Non era polacca, era tedesca: a suo

tempo, teneva bottega a Berlino, con suo marito. Pp. 236-237

Con l’introduzione del personaggio la bottegaia, oltre agli accenni di mimesi, compare il tema

dell’epopea, quando lei racconta la propria storia eroica. Tuttavia ciò che racconta è realmente

incredibile (ironia). Ha scritto a Hitler, ha ricevuto la visita delle SS, ma malgrado questo si è salvata

perché è troppo rincoglionita19. Levi dedica ampio spazio a questa vicenda perché la donna, con le sue

azioni incarna la possibilità di una resistenza, che avrebbe dovuto esserci ma non si è verificata presso il

popolo tedesco.

19

Cito le testuali parole della Liri nei suoi appunti XD. Rincoglionita tua sorella!

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20 Presentazione 9: Quanta stella c’è nel cielo

Contatto con Levi: mimeticità dei dialoghi (la scarnificazione della lingua), formazione mancata.

* * *

Capitolo 9: Verso Nord

Erano vestiti di stracci scoloriti, in cui si riconoscevano tuttavia le orgogliose

uniformi della Wehrmacht. Avevano visi smunti, abbacinati, selvaggi: avvezzi a

vivere, a operare, a combattere entro gli schemi ferrei dell'Autorità, loro sostegno e

loro alimento, al cessare dell'autorità stessa si erano trovati impotenti, esanimi.

Quei buoni sudditi, buoni esecutori di tutti gli ordini, buoni strumenti del potere, non

possedevano in proprio neppure una parcella di potere. Erano svuotati e inerti,

come le foglie morte che il vento ammucchia negli angoli riposti: non avevano

cercato salute nella fuga.

Ci videro, e alcuni fra loro mossero verso noi con passi incerti da automi. Ci chiesero

pane: non nella loro lingua, bensì in russo. Rifiutammo, poiché il nostro pane era

prezioso. Ma Daniele non rifiutò: Daniele, a cui i tedeschi avevano spento la moglie

forte, il fratello, i genitori, e non meno di trenta parenti; Daniele, che della razzia nel

ghetto di Venezia era il solo superstite, e che dal giorno della liberazione si nutriva

di dolore, trasse un pane, e lo mostrò a quelle larve, e lo depose a terra. Ma pretese

che venissero a prenderlo strisciando a terra carponi: il che essi fecero docilmente.

P. 247

Incontro con i tedeschi: Rappresentazione ripresa ne I sommersi e i salvati, tratti tipici del gregge. Tratti

paradossali, incongrui nell’aspetto fisico. Idea di trasformazione, soldati che però non possono

recuperare la propria individualità (erano svuotati come foglie). Riappare il concetto di

disumanizzazione, che richiama quella dei prigionieri nei Lager, c’è quindi un trasferimento da un’opera

all’altra.

Anche qui si riscontra una Babele linguistica, usano il russo. Il tema della lingua: il tedesco usato nei

lager era la lingua della violenza. Ora i tedeschi sono costretti ad usare una lingua diversa (ribaltamento

della prospettiva).

Capitolo 15: Da Staryje Doroghi a Iasi

Fu infatti una drammatica rivelazione. Quando al primo mattino spalancammo le

porte, si aprì ai nostri sguardi uno scenario sorprendentemente domestico: non più

steppa deserta, geologica, ma le colline verdeggianti della Moldavia, con case

coloniche, pagliai, filari di viti; non più enigmatiche iscrizioni cirilliche, ma, proprio di

fronte al nostro vagone, una casupola sbilenca, celeste di verderame, con su scritto ben

chiaro: «Paine, Lapte, Vin, Carnaciuri de Purcel».

Capre, pecore, vacche, maiali, galline: ma, freno ad ogni precoce illusione casalinga,

ecco fermo a un passaggio a livello un cammello, a ricacciarci nell'altrove: un cammello

consunto, grigio, lanoso, carico di sacchi, spirante alterigia e solennità sciocca dal

preistorico muso leporino. P. 305

Si comprende che il viaggio porterà a casa, anche dalla lingua. La lingua, che nel Lager era elemento di

esclusione (Arbeit macht frei) qui segna il ritorno alla dimensione umana. Ma il passaggio ha comunque

degli elementi incongrui, quali la comparsa di un cammello.

20

21.12.2011

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Ma la breve stagione della concordia fra i tre grandi alleati doveva ormai volgere al

termine, poiché i ritratti erano stinti e dilavati dalle intemperie, e furono disposti

durante il nostro soggiorno. P. 248 (Verso Nord)

È già in corso la guerra fredda che qui viene implicitamente segnalata. Riferimento a come la guerra in

generale sia una cosa permanente. Uso del presente, per rendere continua l’esperienza della guerra. Si

tratta dunque di un’opera non ottimistica, la prospettiva ideologica è la stessa di Se questo è un uomo.

La formazione viene lasciata intravvedere, ma in generale viene negata.

Che la partenza non fosse da attendersi «domani» in senso stretto, come aveva detto il

selvaggio a teatro, in fondo non stupì nessuno. Già in varie occasioni avevamo potuto

constatare che il termine russo corrispondente, per uno di quegli slittamenti semantici

che non sono mai senza perché, viene a dire qualcosa di assai meno definito e

perentorio del nostro «domani», e, in armonia con le abitudini russe, vale piuttosto «un

giorno fra i prossimi», «una volta o l’altra», «in un tempo non lontano »: insomma, il

rigore della determinazione temporale vi è dolcemente sfumato. P. 299

In questo capitolo prevale l’uso dei tempi storici, il racconto è retrospettivo.

Confronto con Se questo è un uomo in cui Domani equivale a mai (perché il tempo è compresso nel

presente o su un futuro molto prossimo). Nella Tregua domani assume un nuovo valore, è di nuovo un

concetto complesso (dilatato e proiettato nell’ambiguità).

Emergono due diverse idee del tempo, legate alla condizione del personaggio, questo si riversa in

conseguenza sulla scelta dei tempi verbali.

Capitolo 13: Vacanza

In queste condizioni, parecchi se ne andarono, per cercare vita e avventure altrove.

Sarebbe improprio parlare di fuga, poiché il campo non era cintato né sorvegliato, e i

russi non ci contavano, o non ci contavano bene: semplicemente, salutarono gli amici e

presero la via dei campi. Ebbero quello che cercavano: videro paesi e genti, si spinsero

lontanissimo, alcuni fino a Odessa e a Mosca, altri fino ai confini. P. 279

Esempio preso da Educazione sentimentale di Flaubert (il finale), romanzo di formazione ricercata ma

mancata. È un passaggio in cui abbiamo molti passati remoti, inoltre si tratta di un brano sommario

(Veni, vidi, vici).

L’unico vero romanzo di Levi è Se non ora, allora quando? Dove viene descritto un viaggio che ricalca

quello della Tregua, c’è una messa in scena del riscatto dell’identità ebraica.

Capitolo 17: Il risveglio

In coda al treno viaggiava con noi verso l’Italia un vagone nuovo, stipato di giovani

ebrei, ragazzi e ragazze, provenienti da tutti i paesi dell’Europa orientale. Nessuno di

loro dimostrava piú di vent’anni, ma erano gente estremamente sicura e risoluta: erano

giovani sionisti, andavano in Israele, passando dove potevano e aprendosi la strada

come potevano. Una nave li attendeva a Bari: il vagone l’avevano acquistato, e per

agganciarlo al nostro treno, era stata la cosa piú semplice del mondo, non avevano

chiesto il permesso a nessuno; l’avevano agganciato e basta. Me ne stupii, ma risero

del mio stupore: – Forse che Hitler non è morto? – mi disse il loro capo, dall’intenso

sguardo di falco. Si sentivano immensamente liberi e forti, padroni del mondo e del loro

destino. P. 323

Anticipazione di Se non ora, allora quando? Si tratta di un brano cruciale. C’è la messa in scena di un

confronto radicato tra questi ebrei e Primo Levi.

Due modi di vivere differenti.

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Ci sono dunque due finali:

- Un finale chiuso, vincolato al Lager.

- Un finale romanzesco, con la possibilità della bildung, ma è un possibilità che si propone ad altre

persone, non per Levi ma per il gruppo di partigiani.

Messa in scena di una possibilità da lui non colta.

L’inizio di Se questo è un uomo parla di un’avventura di giovani partigiani che però falliscono nel loro

intento. La fine de La tregua invece propone delle persone giovani che riescono a farcela.

Biforcazione

È un sogno entro un altro sogno, vario nei particolari, unico nella sostanza. Sono a

tavola con la famiglia, o con amici, o al lavoro, o in una campagna verde: in un

ambiente insomma placido e disteso, apparentemente privo di tensione e di pena;

eppure provo un’angoscia sottile e profonda, la sensazione definita di una minaccia che

incombe. E infatti, al procedere del sogno, a poco a poco o brutalmente, ogni volta in

modo diverso, tutto cade e si disfa intorno a me, lo scenario, le pareti, le persone, e

l’angoscia si fa più intensa e più precisa. Tutto è ora volto in caos: sono solo al centro di

un nulla grigio e torbido, ed ecco, io so che cosa questo significa, ed anche so di averlo

sempre saputo: sono di nuovo in Lager, e nulla era vero all’infuori del Lager. Il resto era

breve vacanza, o inganno dei sensi, sogno: la famiglia, la natura in fiore, la casa. Ora

questo sogno interno, il sogno di pace, è finito, e nel sogno esterno, che prosegue

gelido, odo risuonare una voce, ben nota; una sola parola, non imperiosa, anzi breve e

sommessa. È il comando dell’alba in Auschwitz, una parola straniera, temuta e attesa:

alzarsi, “Wstawàc”. P. 325

Il finale è scritto al presente. Spiegazioni:

- Perché racconta un sogno, il presente serve a immergere in una dimensione onirica.

- Perché si lega al fatto che il sogno riporta al Lager e al suo presente.

- Perché il racconto del viaggio cessa e si entra in un’altra dimensione, l’avventura è finita e si fa

ritorno al punto di partenza.

- Per descrivere l’impossibilità di superare la realtà del Lager che, come diceva il greco, è sempre.

Il sogno entro un altro sogno si rivela essere portare questa dimensione onirica alla realtà, sempre

presente, un illusione sempre legata all’autore, mentre con era una breve vacanza si descrive la vita

fuori dal sogno, la vita della Tregua, che di fatto era solo un’illusione, qualcosa che abbandona l’autore,

uno stato temporaneo di pace. Ribaltamento tra realtà e finzione. L’autore ci fa precipitare nel lager,

nell’incomprensione della lingua e dell’alienazione.

ENRICO PALANDRI: PRIMO LEVI

Il sistema periodico

Visti i riferimenti al Lager che appaiono in opere successive, a noi lettori è chiaro che Levi si sta riferendo

a un'infelicità assoluta e irredimibile. Ma questa infelicità slitta, libro dopo libro, dalla storia e inizia ad

abitare, seppur laicamente, la stessa area imperscrutabile del Dio dell'antico testamento. Un male di

vivere che cuce assieme i vivi e i morti, i suicidi e i sopravvissuti, che in realtà fa dei sommersi e dei

salvati un'unica folla e non due mondi opposti.

Se c'è un'allegria, una possibilità di sovvertire l'incombere di questa tragedia è proprio nella capacità di

essere insieme alle persone che si incontrano nella vita, la libertà di scambiarsi opinioni e pettegolezzi

salva dalla fuga e dalla colpa. Ciò che davvero si oppone alla distruzione è la vita, non in senso enfatico e

trascendente ma nella minuzia del suo scorrere in piccole cose amate e osservate.

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Il piano in maggior evidenza è quello della memoria autobiografica: dalle genealogie di Argon, agli anni

universitari e i primi impieghi. Questo materiale è però scomposto, distillato e legato a un elemento, a

volte in modo occasionale, altre in modo più coerente, quasi che una certa materia biografica avesse

davvero assonanza profonda con la struttura molecolare e il comportamento di un elemento fisico.

L'ordine degli episodio è quello dell'esposizione di ventitré elementi legati fra loro dalla passione

dell'autore per la chimica che viene presentata al lettore soprattutto in quanto tecnica, amore della

materia e dunque non solo della scienza ma del fare in laboratorio, rocambolesco e intuitivo, che ha di

solito lo scopo di trarre vantaggi materiali, soprattutto in denaro.

Proprio questa allegria è importante per comprendere l'opposizione tra Levi e Kafka, spiegata in modo

molto preciso da Levi stesso. Anche Kafka è uno scrittore ricco di comicità e come Levi segnato da una

profonda mappatura teologica che guida le invenzioni fantastiche.

Levi obietta però a Kafka un atteggiamento poco scientifico, ma potremmo precisare a dire poco

tecnico, in cui il materiale in cui si immerge non viene portato alla luce ma resta torbido, mescolato a

quel che non è oro, a quel che non è arte. Questa affermazione è già in sé una poetica che mostra

l'atteggiamento che Levi ha di fronte al proprio lavoro di scrittore.

Scrivere è portare alla luce. Ovviamente quando separiamo il metallo dalla ganga siamo in un'area

densa di freudiano. L'ultimo Freud considera la speranza dell'Ego di emanciparsi dall'Es un'illusione. Il

tentativo di pensare e ragionare che noi facciamo continuamente per tentare di vivere secondo una

nostra intenzione è in fondo velleitario.

Levi però riesce ad evitare lo scacco che potrebbe fare del suo illuminismo una posizione anacronistica

proprio attraverso la tecnica, una scelta della tecnica contro la scienza. La tecnica non vuole creare un

sistema, al contrario risolve piccoli problemi, uno alla volta. Scrivere insomma non è proporre soluzioni

ma, come le scoperte accidentali dei chimici, come i sogni e i lapsus, indicare improvvisamente qualcosa

di buono e utile che si può prendere in mano, trasmette, usare. Fare un libro.

I sommersi e i salvati

Nella prefazione al volume Levi presenta il tema che sarà sviluppato nei capitoli successivi: in quale

modo il nazifascismo ha a che fare con quel che viene dopo?

- Negazionismo,

- collaborazionismo,

- difficoltà nel comprendere e accettare che il Lager sia stato quello che è stato

sono già presenti nel progetto del genocidio e ne hanno fatto parte. All'analisi di questi

comportamenti saranno dedicate le diverse sezioni del libro.

La zona grigia: Levi analizza l'ambiguità che un potere provoca intorno a sé e tra le sue vittime,

mescolando la necessità di sopravvivere con l'ambizione. La zona grigia, gravida di responsabilità, è un

ambiente universale. Non è facile giudicare, ma necessario, è chiaro come per Levi il Lager sia

continuato anche fuori dal Lager.

Ciò che comunemente intendiamo con comprendere significa semplificare.

Ma i collaboratori che provengono dal campo avversario, gli ex nemici, sono infidi per essenza: hanno

tradito una volta e possono tradire ancora. Non basta relegarli in compiti marginali: il modo migliore di

legarli è caricarli di colpe, insanguinarli, comprometterli quanto più è possibile. Questo modo di agire è

noto alle associazioni criminali di tutti i tempi e luoghi.

Il giudizio si fa più delicato e più vario per coloro che occupavano posto di comando: i Kapò.

Rimane vero che la maggior parte degli oppressori, durante o dopo le loro azioni, si sono resi conto che

quanto facevano o avevano fatto era iniquo, hanno magari provato dubbio disagio, od anche sono stati

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puniti, ma queste loro sofferenze non basta arruolarli fra le vittime. Allo stesso modo non bastano gli

errori e i cedimenti dei prigionieri per allinearli con i loro custodi.

Un caso limite di collaborazione è rappresentato dai Sonderkommandos di Auschwitz e degli altri lager di

sterminio.

Certo avrei potuto uccidermi o lasciarmi uccidere, ma io volevo sopravvivere, per vendicarmi e per

portare testimonianza. Non dovete credere che noi siamo dei mostri: siamo come voi, solo molto più

infelici.

Befehlnotstand, stato di costrizione conseguente a un ordine.

Caso emblematico di Rumkowski p. 181.

Il significato del comunicare è esplorato con il punto di riferimento imprescindibile del Lager. Levi si

interroga anche sul fatto di quanto il nazifascismo è stato digerito ed espulso dalla cultura tedesca e

quanto, al contrario, resta un pericoloso parassita dello sciovinismo pronto a infettare l'intero corpo

sociale.

Il libro lo avevo scritto si in italiano, per gli italiani, per i figli, per chi non sapeva, per chi non voleva

sapere, per chi aveva acconsentito all'offesa. Ma i destinatari veri erano i tedeschi. I tedeschi che mi

avrebbero letto erano quelli, non i loro eredi. A me spettava capire, non il manipolo dei grandi colpevoli,

ma loro, il popolo.

Quasi tutti i tedeschi erano stati sordi, ciechi e muti.

Lo schema era generale, io gli indicavo una tesi, lui mi opponeva l'antitesi (questo non è buon tedesco),

io obiettavo che laggiù si parlava così.

L'eco ricercato in Germania si materializzò sotto forma d'una quarantina di lettere scritte negli anni

1961-64. Tutte cercano di dare una risposta posta da Levi, se si possano comprendere i tedeschi.

RIASSUNTO CAPITOLI DA SQU 1. Il viaggio

Deportazione degli ebrei del ghetto di Fossoli. Descrizione preparativi, viaggio, arrivo ad

Auschwitz con selezione e separazione in gruppi (uomini, donne, bambini vecchi e invalidi),

viaggio breve sul camioncino con scorta.

2. Sul fondo

Ripresa capitolo precedente, fine viaggio nel camioncino, lettura scritta Arbeit macht frei,

entrata dentro a una stanza e preparazione dei prigionieri, assegnazione numero (174 517).

Primo giorni d’arrivo e scontro con la realtà del Lager (la lingua, le regole, l’alogica, le abitudini,

la routine).

3. Iniziazione

Discorso sul valore del pane, sull’importanza dell’igiene. Presentazione Steinlauf e del suo

sistema ideologico di resistenza.

4. Ka-Be

Entrata in scena di alcuni personaggi: Null Achtzehn, il non uomo. Scena prima di un sogno (con

lo scorrere dei vagoni che permette una pausa) dove si può fuggire e raccontare, ma senza

essere creduti.

Descrizione della Ka-be, l’infermeria, descrizione delle visite, Levi ha una ‘buona’ ferita al piede.

Descrizione vita in infermeria (vita di limbo), tema della musica. Primo accenno al sistema di

selezioni, negato da Levi. Selezione di Schmulek.

Il Ka-Be è il Lager a meno del disagio fisico. Perciò, chi ancora ha seme di coscienza, vi riprende

coscienza.

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5. Le nostre notti

Descrizione uscita dell’infermeria, incontro con Alberto, della vita/routine notturna e dei sogni

terribili che la popolano (sogni di fame, ‘di Tantalo’, di ritorno, ecc), ed infine l’attesa della

sveglia, Wstawac’.

6. Il lavoro

Introduzione del personaggio Resnyk, che lavora e dorme con Levi e che con la sua presenza

allevia un poco le sofferenze di quest’ultimo. Descrizione mattinata, lavoro/andare al

bagno/lavoro/mangiare/dormire-sognare.

7. Una buona giornata

Arrivo della primavera, principio della gerarchia di fatti positivi e negativi. Descrizione della

Torre del Carburo (riferimento a Babele). Descrizione della fame che sostituisce il freddo.

Personaggi: Sibi, che ha sempre fame, Fischer che conserva metà razione, Templer che

organizza la distribuzione della zuppa e si merita 5 litri al giorno. Descrizione termine fressen,

perché mangiano in piedi.

8. Al di qua del bene e del male

Descrizione del sistema di commercio del Lager, i furti e i contro furti, i prigionieri per cui il

Lager è una punizione temporanea.

9. I sommersi e i salvati

Idea del Lager come un laboratorio, tipologia di esseri umani che sopravvivono nella lotta per la

vita: 4 personaggi. Distinzione mussulmani e prominenti.

- Schepschel, che ricorre a piccoli espedienti ogni giorno per poter sopravvivere (furtarelli ecc.)

e che un giorno denuncia un suo complice per ottenere un posto di lavoro privilegiato.

- Alfred L., e la sua linea delle mani e del viso sempre puliti, così come gli abiti, ha

comportamento cortese ma è calcolatore, lavorerà al Kommando chimico.

- Elias, nano fortissimo, violento, buon lavoratore e stupido, adattato al Lager, l’unico davvero

felice.

- Henri, intelligente, plurilinguista, stratega e calcolatore, ti parla se gli conviene, e conviene

parlarci assieme. Tre metodi: organizzazione(detiene una nicchia di mercato), pietà(quindi

amicizie), furto.

10. Esame di chimica

Descrizione del Kapo Alex, pensieri prima dell’esame, passano tre giorni, arriva l’esame,

incontro con Pannwitz, colloquio, scena finale di Alex che si pulisce la mano su Levi.

11. Il canto di Ulisse

Introduzione del personaggio Pikolo, un prominente ma ben voluto che diventa amico di Levi,

ha influenza sull’azione dei kapo. Viaggio per cercare la zuppa in cui Levi viene scelto, diventa

quindi privilegiato. Questo permette il ritorno alla memoria e la recitazione dei versi di Ulisse.

12. I fatti dell’estate

Tema dell’inerzia alle notizie dell’arrivo degli alleati, ai bombardamenti (segno della vicina

disfatta tedesca, ma che per i prigionieri è solo una parentesi di sosta dal lavoro). Introduzione

del personaggio Lorenzo, un civile che aiutò Levi fornendogli cibo e appoggio, permettendo i

contatti con l’Italia.

13. Ottobre 1944

L’arrivo dell’inverno (come annuncio di possibile morte), descrizione della selezione presagita

ma che alla fine viene presa dai prigionieri come un giorno uguale agli altri. René viene scelto al

posto di Levi.

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14. Kraus

Descrizione di una giornata trascorsa con questo personaggio rimasto ancora troppo umano,

quindi diligente nel lavoro, che fa troppo e troppo in fretta, è un po’ goffo, Levi lo guarda con gli

occhi dell’anziano che prevede la morte del compagno. Prima di andare a dormire gli racconta

che lo ha sognato, un sogno positivo e felice (Levi che accoglie Kraus a casa propria, lo nutre, lo

asciuga e lo fa dormire lì), ma non è vero, e Levi sa che in realtà sarà impossibile realizzarlo,

Kraus è destinato a morire.

15. Die drei Leute vom Labor

Il nuovo lavoro come chimico, i privilegi che ne conseguono, l’incontro imbarazzante con le

donne e quindi con la normalità, la comprensione del distacco, del divario e l’offesa subita. È

passato un anno.

16. L’ultimo

L’organizzazione di Primo e Alberto, la loro intelligenza, i privilegi, i progetti (tre in particolare),

a cui segue però l’impiccagione dell’ultimo che fa tornare Levi e Alberto nella folla dei non

uomini.

17. Storia di dieci giorni

Levi fa ritorno alla Ka-Be a causa della scarlattina. Alberto invece parte per la marcia della morte

dove appunto morirà. Levi assieme ad altri del suo capannone esce in avanscoperta. Torna la

libertà di azione, l’iniziativa e l’umanità. Molti muoiono per via delle malattie, fino all’arrivo dei

russi.

RIASSUNTO CAPITOLI DA LA TREGUA 1. Il disgelo

Descrizione di dati statistici degli effetti del Lager, arrivo dei russi, liberazione pacata del campo.

Descrizione personaggio Thylle, prigioniero politico tedesco, capo baracca, si parla della sua

ridicola disciplina, con cui però una notte Levi si sfoga. Caduta la prigionia riaffiora alla

coscienza l’umanità e la comprensione più ampia di ciò che si ha subito. Arrivo ragazze polacche

per aiutare nel campo, uscita dal campo, passaggio sotto la scritta Arbeit macht frei.

2. Il campo grande

Arrivo al campo grande, bagno e altre cure igieniche. I francesi Charles e Arthur vanno via, Lavi

va in infermeria e guarisce. Descrizione personaggi: Hurbinek, figlio del Lager, di cui si prende

cura Henek, sedicenne forte che divenne Kapo del Block dei bambini, sceglieva lui durante le

selezioni; Peter Pavel, bimbo vivace che sta fuori tutta la giornata e torna solo per dormire e

mangiare; Kiepura, ambizioso bambino che voleva diventare Kapo; Hanka (ex kapo) e

Jadzia(ninfomane), polacche infermiere; Noah (anche lui assetato di sesso); Frau Vita, donna

buona.

Arrivo di Olga, amica di Levi, che gli racconta la fine di Vanda.

3. Il greco

Uscita dall’infermeria, incontro con il greco su un convoglio in viaggio per Cracovia, descrizione

del lento e penoso viaggio nella pianura desolata. Partono lasciando il treno alla prima fermata

di sostentamento, Levi porta il fardello del greco. Trovano a Cracovia un treno e ci salgono a

sbaffo, pausa in caserma (nuovo aspetto del greco), iniziano a lavorare vendendo camicie al

mercato per sostenersi (Il greco fa sempre qualcosa), incontro prete per chiedere della mensa

dei poveri, descrizione viaggio per Katowice, campo di raccolta italiano.

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4. Katowice

Descrizione del caos del campo, (sentinella). Presentazione Colonnello Rovi, Leonardo e Marja,

Levi lavora in ambulatorio con lei, Galina, il paziente e ladro Ferrari. Descrizione del Propusk

(lascia passare).

5. Cesare

Presentazione pg, lo conosce fin dal Lager. Pulizia del campo. Uscita in primavera dal campo,

visione di devastazione. Partono al mercato a vendere roba (scena della camicia).

6. Victory Day

Cesare è strano, alla fine si scopre che ha la ragazza, vuole lezioni di lingua da Levi in polacco,

ma Levi non può aiutarlo. L’8 maggio la guerra finisce, preparativi per un teatro improvvisato.

Cesare torna dopo aver lasciato la tipa. Festeggiamenti anche con una partita di calcio dove Levi

si ammala.

7. I sognatori

Levi finisce in infermeria, Gottlieb cerca di curare Levi in diversi strani modi. Personaggi:

l’oscuro Moro che ce l’ha con il mondo intero, Tramonto, e altri.

8. Verso sud

Ritorno al campo con l’insulina in corpo, annuncio della partenza, incontro con la bottegaia,

Gottlieb si occupa di organizzare tutto. Levi a volte ha ancora una forte febbre. Fermata in

stazione, si ubriacano, parlano con delle ragazze, due sfollate. Gottlieb gli fa bere una strana

bevanda, Levi si sveglia coperto da una massa di gente addosso, ma è guarito. Breve pausa di

viaggio, unione con altri italiani e ripartenza.

9. Verso nord

Si accampano in stazione a Zmerinka, vanno al villaggio. Incontro con i tedeschi prigionieri.

Arrivo in un nuovo campo di raccolta. Ultimo incontro con il greco.

10. Una curizetta

Descrizione del campo, poi vengono di nuovo fatti ripartire a piedi. La sera si separano in un

piccolo gruppo in una baracca, Cesare vuole una gallinella. Arrivano in un villaggio e chiedono

una gallina, alla fine la disegnano.

11. Vecchie strade

Tornano poi al villaggio per chiedere un cavallo o un carretto, arrivo a un altro villaggio.

Descrizione casa rossa. Descrizione regole del nuovo “campo” in cui però non si è prigionieri.

Cesare comincia a mercanteggiare, storia della gonfia gallina gonfiare i pesci con l’acqua.

Storia del dono dei pesci a una donna con bambini.

12. Il bosco e la via

Esplorazione della foresta attorno al campo, descrizione di coloro che ci vivono: Cantarella,

l’eremita; le due donne tedesche e prostitute della casamatta; Velletrano, che vive da

semiselvaggio. Storia dei funghi strani che trovano nella foresta, del mercato con scena di

contrattazione sul pesce. Descrizione bagno pubblico, del passaggio di diversi viaggiatori,

soprattutto a cavallo, da qui la carne di cavallo che prevaleva nel campo.

13. Vacanza

Noia nel campo, incontro con un russo che gli vuole insegnare la lingua. Scena del marinaio

russo che racconta una scena di guerra. Incontro con Flora, donna gravida che Levi ricorda nel

Lager come una che aiutò lui e Antonio (gli regalarono un pettine). Proiezioni nella sala di

teatro.

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14. Teatro

Canzoni, orchestra, balli, recite, spettacoli. Annuncio lentissimo del ritorno.

15. Da S. a I.

Concetto vago di domani. Cesare sopporta poco quell’ozio sul treno, sotterfugi come comprare

un anellino (per far passare il tempo). Appena fanno sosta Cesare scende e lo vende a un russo

facendogli credere che era d’oro. Poi scappa sul vagone ma non parte se non all’ultimo

secondo. Scenario domestico.

16. Da Iasi alla linea

Problemi legati alla vita sul treno (provvigioni, denaro, legna, ecc.). La vittima predestinata il

carabiniere. Sosta di sei giorni a Curtici, poi Cesare lascia il convoglio.

17. Il risveglio

Dopo ancora un pezzo di viaggio descritto giunge a Torino. Arrivo in famiglia, descrizione sogno.