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scontro (fortunatamente su un terreno unicamente politico) tra Madrid e Bar- cellona. Nonostante il suo ex presidente Artur Mas sia stato condannato a due anni di interdizione dai pubblici uffici per «disobbedienza» alla Corte costitu- zionale iberica per avere promosso nel 2014 un referendum consultivo sull’in- dipendenza, il progetto di secessione portato avanti dal Governo regionale catalano infatti continua. E questo a di- spetto della maggioranza della popola- zione della regione, dimostratasi con- traria ad un’iniziativa in tal senso. ITALIA L’indipendenza della Padania, evocata a partire dal 1996 da Umberto Bossi, continua a rimanere – seppur con toni e modalità diverse rispetto a vent’anni fa – un obiettivo delle dirigen- ze leghiste di Lombardia e Veneto, da sempre vicine e sostenitrici della causa scozzese. E proprio sull’onda delle ri- vendicazioni di Edimburgo, nelle scorse settimane i presidenti delle due Regio- ni, Maroni e Zaia, hanno annunciato l’indizione di un referendum sui propri territori, che si terrà entro la fine del 2017, su un modello di autonomia co- me quello altoatesino che in pratica le renderebbe quasi totalmente indipen- denti dal profilo fiscale ed economico da Roma. Lo stesso Alto Adige, che pure gode di uno status privilegiato all’inter- no della Penisola, continua a manife- stare il desiderio di staccarsi dall’Italia e di riunirsi all’Austria. Una spinta che ha avuto un rilancio proprio negli scorsi giorni con uno scontro sulla topono- mastica della Regione dalla quale gli autonomisti vogliono cancellare la lin- gua italiana a favore unicamente del tedesco. FRANCIA Il problema autonomistico dell’Esagono è rappresentato principal- mente dalla Corsica, che da un secolo ambisce ad emanciparsi da Parigi ed il cui irredentismo è sostenuto dal Fronte di liberazione nazionale della Corsica il quale, pur avendo negli ultimi tempi ammorbidito la propria posizione, con- tinua a portare avanti le rivendicazioni dell’isola. Ma in Francia, pur con un pe- so minore, non rinunciano a velleità autonomistiche né i separatisti occitani, che storicamente reclamano l’indipen- denza per quel territorio che va dalla Spagna all’Italia, né il movimento regio- nalista bretone (i cosiddetti «berretti rossi») che ha salutato le spinte autono- mistiche scozzesi come un ritorno della «parola donata ai popoli». BELGIO Si tratta di una nazione divisa in tre: Fiandre, Vallonia e regione di Bruxelles. Delle tre la più ricca e com- battiva è quella delle Fiandre i cui auto- nomisti da un anno sono diventati la principale forza del Paese. Autonomisti che da un’eventuale autonomia della Scozia potrebbero trarre linfa per rilan- ciare le loro brame. Ma strascichi delle rivendicazioni scozzesi non sono da escludere anche al di fuori dell’UE. Se in Serbia è tutt’altro che assorbita la se- cessione del Kosovo (che peraltro non è stato ancora riconosciuto da vari Stati europei, tra i quali, guardacaso, la Spa- gna), un suo eventuale distacco dal Re- gno Unito potrebbe provocare reazioni anche sul fronte ucraino-russo in meri- to alla Crimea, per non parlare di regio- ni come la Transnistria e il Nagorno Karabakh che attendono da anni una legittimazione su scala internazionale. M.R. PRIMO PIANO 3 Corriere del Ticino MERCOLEDÌ 22 MARZO 2017 PRIMO PIANO 2 Corriere del Ticino MERCOLEDÌ 22 MARZO 2017 Secessionismo La risposta degli scozzesi alla rivoluzione della Brexit Oggi il Parlamento di Edimburgo chiamato a decidere su un nuovo referendum separatista Una mossa che può spaccare il Regno Unito e che anche in Europa si guarda con timore aperte tra i due Stati: un’altra questione pratica parecchio spinosa che, come nel caso dell’Irlanda del Nord, i politici cercando di rimandare il più possibile. Se andiamo a guardare il budget dell’UE, la Scozia, come il resto del Re- gno Unito, è un contribuente netto. È anche vero, però, che negli anni scorsi ha beneficiato dei fondi europei in di- versi settori, dall’agricoltura (4,5 miliar- di di euro tra il 2007 e il 2013, con un rabbocco di 4,6 miliardi previsto tra il 2014 e il 2020) alla ricerca (111 milioni di euro solo per il programma Horizon 2020). Ma secondo Alastair McMillan, a Nicola Sturgeon poco importa delle ragioni economiche: «L’SNP vuole l’in- dipendenza a ogni costo e sta usando qualsiasi espediente per arrivarci. E questo non è salutare: non vorrei si ri- petesse il clima di divisione e astio del 2014». Nient’altro che una boutade politica? Oppure, come dicono i nazionalisti, una presa di posizione decisa per pro- teggere gli interessi degli scozzesi? In realtà le argomentazioni del SNP fanno appello ai sentimenti pro-europei che fanno storicamente parte della cultura scozzese, non solo quella della maggio- ranza nazionalista, ma anche dei libe- rali e del partito laburista. Dall’Illumi- nismo in poi, la Scozia ha sempre intes- suto legami accademici ed economici significativi con il continente. Al momento, i sondaggi sembrano dare ragione a Sturgeon: secondo gli ultimi dati del ScotCen Social Research, il so- stegno a favore dell’indipendenza ha toccato un picco di 46%, il dato più alto registrato finora, il doppio rispetto al 2012. Questa volta l’SNP potrebbe con- tare su una base di partenza più solida. Molti si sono schierati dietro alla cari- smatica Nicola Sturgeon: d’altra parte, il 21 giugno scorso la Scozia ha votato in blocco per rimanere in Europa, e questo non può essere ignorato. «Come osa eresa May mettersi contro il pa- rere democratico?», scalpita il vicepre- sidente del SNP, Angus Robertson, dagli spalti della convention del partito ad Aberdeen. In un appassionato di- scorso, Robertson accusa il partito con- servatore di mettere i bastoni tra le ruote a «chiunque cerchi di impedire che si verifichi una hard Brexit», ovvero al progetto di una Brexit “difficile” so- stenuto da eresa May, che prevede l’uscita dal mercato comune per favori- re le politiche antimigratorie care agli euroscettici. «Se May ci nega il referen- dum prima del 2019», continua Ro- bertson «significa che vuole impedire al popolo scozzese di scegliere il proprio futuro». Sono parole forti, che non la- sciano spazio alla trattativa. E infatti Robertson conclude: «La Scozia avrà un referendum, in un modo o nell’altro. Su questo non ci sono dubbi». Ma nonostante tutto questo, anche tra chi si era battuto contro la Brexit c’è chi ha dei dubbi su questa nuova iniziativa. Billy McKay è un operaio per la BAE Systems, uno dei pochi cantieri navali ancora operativi sulle sponde del fiume Clyde, nel distretto di Govan, a Gla- sgow. Billy è un europeista convinto, a differenza di alcuni suoi colleghi, che speravano invece in una situazione più autarchica che avrebbe favorito le aziende locali. Solo qualche decennio fa, Govan era la rosa all’occhiello dell’industria scozzese: dove adesso ci sono edifici abbandonati ed erbacce, era una distesa di fornaci e gru. Billy conferma che l’umore in fabbrica non è dei migliori: il limbo pre-Brexit non piace a nessuno. Billy però è cate- gorico: «Seguiamo il resto dell’UK, sen- za se e senza ma. Abbiamo avuto un’oc- casione per votare pro o contro l’indi- pendenza, il popolo ha parlato e ora dobbiamo muoverci in blocco». Billy è sindacalista da anni, uomo di saldi principi: «Io non sono sempre d’accor- do con le scelte del popolo, ma ne ri- spetto la sovranità. Per ora non sappia- mo neanche che faccia avrà questa Bre- xit. Avrei preferito restare in Europa, ma se deve essere Brexit, che Brexit sia». Comunque vada, sarà complicata. Kir- sty Hughes, esperta di affari europei che per anni ha lavorato alla Commis- sione europea, ha detto al «Guardian» che anche in caso di referendum nel 2019 e di vittoria degli indipendentisti, potrebbero volerci anni prima che la Scozia rientri nell’Unione. Una pro- spettiva che fa scorrere un brivido gela- to lungo la schiena di Billy McKay: «l’in- certezza non fa bene al commercio. Qui in fabbrica siamo tutti concordi su que- sto: non c’è tempo da perdere». L’INTERVISTA zxy TOM MULLEN* «La tempistica di una seconda consultazione può rivelarsi cruciale per il futuro del Paese» zxy GLASGOW eresa May è tassativa: pri- ma si fa la Brexit, poi discutiamo di un even- tuale referendum d’indipendenza per la Scozia. Poche ore dopo che il Primo Mini- stro scozzese e leader del partito nazionali- sta SNP, Nicola Sturgeon, ha annunciato di volere un Indyref2, il Governo centrale di Londra si è affrettato a mettere paletti ben precisi. May, di solito sempre misurata nella scelta delle parole, ha accusato l’SNP di ave- re un «atteggiamento ossessivo, di fomenta- re divisioni». L’SNP ha risposto, dandole dell’arrogante. Le tensioni sono alte, ed è nell’interesse di entrambe le parti che sia così: la leader nazionalista già non è molto amata dal pubblico inglese e eresa May ne approfitta per attaccarla il più possibile; Sturgeon, dal canto suo, ha l’occasione di avanzare condizioni davanti a un pubblico internazionale. In realtà l’idea di un Indyref2 era già stata ventilata nelle settimane prece- denti al 21 giugno 2016, la data in cui il Re- gno Unito si è recato alle urne e ha deciso di lasciare l’Europa, nonostante l’opposizione scozzese (lì il 62% dell’elettorato aveva infat- ti votato per rimanere). All’epoca il partito nazionalista SNP non aveva perso tempo a invocare un secondo referendum, tanto che gli analisti erano già allarmati: con Brexit, il Regno Unito avrebbe perso anche la Scozia in uno schiocco di dita. In attesa che eresa May faccia partire il processo di uscita, oggi il Parlamento scoz- zese voterà per decidere se chiedere a Westminster l’autorizzazione per indire Indyref2. Sturgeon conta sull’appoggio dei deputati Verdi per avere la maggioranza, vi- sto che l’opposizione laburista e conserva- trice ha già espresso parere contrario. Con un mandato parlamentare, Sturgeon porte- rà la richiesta formale a Londra. Da lì in poi, i giochi sono aperti. CATALOGNA Gli autonomisti catalani sono tra coloro che seguono con maggior attenzione l’evoluzione dei rapporti tra Scozia e il Regno Unito. (Foto Keystone) DISCUSSIONE Una veduta dell’avveniristica sede del Parlamento scozzese, dove oggi si ritornerà a parlare di secessione da Londra. (Foto CdT) zxy Lo scontro tra Londra ed Edimburgo acuitosi nelle ultime ore dopo l’annun- cio dell’avvio ufficiale della Brexit, viene seguito con molta attenzione in varie cancellerie europee. Soprattutto in quelle dei Paesi confrontati con spinte autonomistiche o separatiste al loro in- terno che non attendono che un prece- dente per rilanciare le loro velleità, so- prattutto se questo fa intravedere loro la possibilità di riuscire a combinare il di- stacco dalla detestata madrepatria con la permanenza all’interno della criticata – ma pur sempre utilissima– Unione europea. Una situazione dunque estre- mamente complessa se non addirittura paradossale che vede un forte tifo all’in- terno di vari Paesi per la Scozia e la sua indipendenza che però è contrastato dalla freddezza dei rispettivi Governi, soprattutto riguardo ad sua eventuale richiesta di adesione all’UE. E questo, ovviamente, per paura che la stessa pos- sa causar loro futuri guai. Ma quali sono i Paesi direttamente interessati all’evolu- zione della situazione in Scozia? SPAGNA Da molti anni il Paese è alle prese con le fortissime spinte autonomi- stiche di due regioni, i Paesi Baschi e la Catalogna. Se nel primo caso, dopo de- cenni di attacchi terroristici allo Stato centrale perpetrati dal movimento indi- pendentista (e dal suo braccio armato, l’ETA) la situazione sembra essersi cal- mata, più intenso continua ad essere lo Il punto Tutti gli autonomisti tifano per Nicola Sturgeon Catalogna, Padania, Belgio e Corsica: ecco chi sostiene la Premier Sono giorni cruciali per i destini futuri del Regno Unito: lunedì il primo ministro eresa May ha ufficialmente reso nota la data – mercoledì 29 marzo – in cui attive- rà l’articolo 50 del Trattato di Lon- dra dando il via all’inizio dei nego- ziati che nel giro di un biennio porteranno il suo Paese fuori dall’Unione europea. Oggi invece la leader scozzese Nicola Sturgeon avvierà l’iter nel Parlamento loca- le per arrivare ad un referendum bis sull’indipendenza della Scozia dalla Gran Bretagna, referendum per il quale ha già individuato una finestra utile, fra l’autunno del 2018 e la primavera del 2019, ossia prima del completamento della Brexit. Nel frattempo pure in Ir- landa del Nord ci si comincia ad agitare. I repubblicani nordirlan- desi dello Sinn Fein, contrari come gli indipendentisti scozzesi alla Brexit, per bocca di un’altra don- na, Michelle O’Neill, hanno infatti rilanciato negli scorsi giorni la propria storica sfida per un voto anche «sui confini» dell’Irlanda del Nord: vale a dire su un’ipoteti- ca riunificazione con Dublino. Per tastare il polso di questa comples- sa situazione siamo andati nel cuore della Scozia, a Glasgow, per raccogliere opinioni – tra i politici come tra la gente comune – sulla proposta di un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese, che ancora una volta rischia di spacca- re in due la popolazione a nord del Vallo di Adriano e che, in caso di successo, rischia di provocare grossi contraccolpi nell’intera Eu- ropa, soprattutto in quei Paesi alle prese da tempo con forti spinte secessioniste-autonomiste al loro interno. GEORGINA THREADGOODE zxy GLASGOW «Patetico, assolutamente patetico». Alastair McMillan è uno che non le manda certo a dire. La firma in calce alle sue mail recita: «Io sto con il Regno Unito e il Regno Unito sta dalla mia parte! Non fatevi intimidire dal- l’SNP». McMillan, fondatore di White House Product, un’azienda di pompe idrauliche nell’hinterland di Glasgow, è uno dei pochi che durante la campagna referendaria a favore di Brexit ci ha messo la faccia. E quando ha sentito che Nicola Sturgeon, il Primo Ministro scozzese, ha detto di volere un altro re- ferendum per l’indipendenza, gli sono cadute le braccia: «È l’ennesima volta che l’SNP si rimangia la parola. Avevano detto che il referendum d’indipenden- za del 2014 era un’occasione unica e ir- ripetibile e invece eccoli pronti a rimet- tere tutto in gioco». Con 22 dipendenti, la White House Pro- duct fa parte delle piccole e medie im- prese che speravano la Brexit risollevas- se il commercio locale, schiacciato dal- le multinazionali straniere. «Sono pre- occupato», prosegue McMillan, «per quanto ci riguarda, solo il 5% del nostro commercio è in Scozia: abbiamo biso- gno di essere all’interno del Regno Uni- to per sopravvivere. L’ipotesi indipen- denza, dentro o fuori l’UE, sarebbe un disastro». I dati economici parlano chiaro: due terzi dell’export scozzese fi- nisce nel Regno Unito, mentre solo me- no di un quinto è diretto verso il resto dell’Europa. Nicola Sturgeon ha assicu- rato che il commercio con l’UK conti- nuerebbe in ogni caso, ma le condizioni saranno dettate dalle nuove apparte- nenze economiche: da chi e come avrà accesso alla CEE e all’EFTA. Inoltre ci sarebbe il problema delle frontiere ALLEANZA LOMBARDO-VENETA Luca Zaia e Roberto Maroni hanno annunciato per i prossimi mesi un referendum in merito ad una possibile autonomia di Veneto e Lombardia. (Foto Regione Veneto) Tom Mullen è professore di diritto all’U- niversità di Glasgow, e da anni si occupa di studiare i possibili effetti di Brexit sulla Scozia. Professore, cosa pensa di questi ultimi sviluppi? «Sapevamo che Nicola Sturgeon avrebbe giocato la carta referendum, anche se non era un obbligo costituzionale: non c’è scritto da nessuna parte che la Scozia avrebbe dovuto chiedere automatica- mente un secondo referendum d’indi- pendenza sulla base dei risultati di Brexit. È senza ombra di dubbio una mossa poli- tica». Il problema fondamentale è: a chi spet- ta la decisione di concedere Indyref2? «In passato, il dibattito è stato acceso. Secondo l’SNP, il parlamento scozzese avrebbe tutto il diritto di indire un refe- rendum per conto suo; Londra la pensa diversamente e per il referendum del 2014 l’ha spuntata. Ma se la contrapposi- zione tra Sturgeon e May dovesse acuirsi, se il Governo di Londra dovesse opporsi in tutti i modi a un secondo referendum sull’indipendenza, la questione potreb- be essere rimessa in gioco». È vero, come ha detto il Ministro degli affari esteri spagnolo Alfonso Dastis che, in caso di successo dell’Indyref2, la Scozia dovrà mettersi in coda e non avrà nessun trattamento preferenziale per entrare nell’UE? «La Spagna ha tutti gli interessi a fare pressione, perché vuole tenere a bada le forze indipendentiste interne, che po- trebbero approfittare di un eventuale pre- cedente scozzese. Le opinioni in materia, tuttavia, sono discordanti. L’ex presidente della Commissione Manuel Barroso ha detto che la Scozia dovrà rifare domanda; altri parlano di rinegoziare la posizione a partire da quella attuale. Per questo la tempistica è cruciale: Sturgeon chiede un referendum tra l’autunno del 2018 e la primavera del 2019, perché in quel modo potrebbe sfruttare il fatto di trovarsi anco- ra all’interno dell’Unione. Questo non sarebbe più vero se il referendum avesse luogo dopo l’inizio del processo di distac- camento dall’UE. A quel punto la Scozia sarebbe fuori insieme al resto del Regno Unito. Qualsiasi decisione in questo con- testo è una decisione politica». Quale potrebbero essere gli scenari? «Difficile fare previsioni. Il problema fon- damentale è capire quando effettiva- mente Brexit avrà luogo. In linea teorica questo avverrà esattamente tra due anni, nella primavera del 2019, ma a mio avvi- so i tempi potrebbero essere molto più lunghi…» * docente di diritto dell’Università di Glasgow TATTICA Secondo Tom Mullen i passi intrapresi dalla leader scoz- zese sono dettati da precise strategie politiche.

PRIMO PIANO Secessionismo La risposta degli scozzesi alla … · zionale iberica per avere promosso nel 2014 un referendum consultivo sull’in-dipendenza, il progetto di secessione

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scontro (fortunatamente su un terrenounicamente politico) tra Madrid e Bar-cellona.Nonostante il suoexpresidenteArtur Mas sia stato condannato a dueanni di interdizione dai pubblici ufficiper «disobbedienza» alla Corte costitu-zionale iberica per avere promosso nel2014 un referendum consultivo sull’in-dipendenza, il progetto di secessioneportato avanti dal Governo regionalecatalano infatti continua. E questo a di-spetto della maggioranza della popola-zione della regione, dimostratasi con-traria adun’iniziativa in tal senso.

ITALIA L’indipendenza della Padania,evocata a partire dal 1996 da UmbertoBossi, continuaarimanere–seppurcontoni e modalità diverse rispetto avent’anni fa –unobiettivodelledirigen-ze leghiste di Lombardia e Veneto, dasempre vicine e sostenitrici della causascozzese. E proprio sull’onda delle ri-vendicazionidiEdimburgo,nelle scorsesettimane i presidenti delle due Regio-ni, Maroni e Zaia, hanno annunciatol’indizione di un referendum sui propriterritori, che si terrà entro la fine del2017, su un modello di autonomia co-me quello altoatesino che in pratica lerenderebbe quasi totalmente indipen-denti dal profilo fiscale ed economicodaRoma.LostessoAltoAdige, chepuregodedi uno status privilegiato all’inter-no della Penisola, continua a manife-stare il desideriodi staccarsidall’Italiaedi riunirsi all’Austria.Una spinta chehaavuto un rilancio proprio negli scorsigiorni con uno scontro sulla topono-mastica della Regione dalla quale gliautonomisti vogliono cancellare la lin-gua italiana a favore unicamente deltedesco.

FRANCIA Il problema autonomisticodell’Esagono è rappresentato principal-mente dalla Corsica, che da un secoloambisce ad emanciparsi da Parigi ed ilcui irredentismo è sostenuto dal Frontedi liberazione nazionale della Corsica ilquale, pur avendo negli ultimi tempiammorbidito la propria posizione, con-tinua a portare avanti le rivendicazionidell’isola.Ma inFrancia, pur conunpe-so minore, non rinunciano a velleitàautonomistichené i separatisti occitani,che storicamente reclamano l’indipen-denza per quel territorio che va dallaSpagnaall’Italia, né ilmovimento regio-nalista bretone (i cosiddetti «berrettirossi») che ha salutato le spinte autono-mistiche scozzesi comeun ritornodella«paroladonata ai popoli».

BELGIO Si tratta di una nazione divisain tre: Fiandre, Vallonia e regione diBruxelles. Delle tre la più ricca e com-battiva è quella delle Fiandre i cui auto-nomisti da un anno sono diventati laprincipale forza del Paese. Autonomistiche da un’eventuale autonomia dellaScozia potrebbero trarre linfa per rilan-ciare le loro brame. Ma strascichi dellerivendicazioni scozzesi non sono daescludere anche al di fuori dell’UE. Sein Serbia è tutt’altro che assorbita la se-cessionedelKosovo (cheperaltrononèstato ancora riconosciuto da vari Statieuropei, tra i quali, guardacaso, la Spa-gna), un suo eventuale distacco dal Re-gno Unito potrebbe provocare reazionianche sul fronte ucraino-russo inmeri-to allaCrimea, per nonparlare di regio-ni come la Transnistria e il NagornoKarabakh che attendono da anni unalegittimazione su scala internazionale.

M.R.

PRIMO PIANO 3Corriere del TicinoMERCOLEDÌ 22 MARZO 2017PRIMO PIANO2 Corriere del Ticino

MERCOLEDÌ 22 MARZO 2017

SecessionismoLa risposta degli scozzesialla rivoluzione della BrexitOggi il ParlamentodiEdimburgochiamatoadecidere suunnuovoreferendumseparatistaUnamossachepuòspaccare ilRegnoUnitoecheanche inEuropasi guardacon timore

aperte tra i dueStati: un’altra questionepratica parecchio spinosa che, comenel caso dell’Irlanda del Nord, i politicicercandodi rimandare il piùpossibile.Se andiamo a guardare il budgetdell’UE, la Scozia, come il resto del Re-gno Unito, è un contribuente netto. Èanche vero, però, che negli anni scorsiha beneficiato dei fondi europei in di-versi settori, dall’agricoltura (4,5miliar-di di euro tra il 2007 e il 2013, con unrabbocco di 4,6 miliardi previsto tra il2014 e il 2020) alla ricerca (111 milionidi euro solo per il programmaHorizon2020). Ma secondo Alastair McMillan,a Nicola Sturgeon poco importa delleragioni economiche: «L’SNP vuole l’in-dipendenza a ogni costo e sta usandoqualsiasi espediente per arrivarci. Equesto non è salutare: non vorrei si ri-petesse il clima di divisione e astio del2014».Nient’altro che una boutade politica?Oppure, come dicono i nazionalisti,una presa di posizione decisa per pro-teggere gli interessi degli scozzesi? Inrealtà le argomentazioni del SNP fannoappello ai sentimenti pro-europei chefanno storicamente parte della culturascozzese,nonsoloquelladellamaggio-ranza nazionalista, ma anche dei libe-rali e del partito laburista. Dall’Illumi-nismo inpoi, laScoziahasempre intes-suto legami accademici ed economicisignificativi con il continente.Almomento, i sondaggi sembranodareragione a Sturgeon: secondo gli ultimidati del ScotCen Social Research, il so-stegno a favore dell’indipendenza hatoccato unpicco di 46%, il dato più altoregistrato finora, il doppio rispetto al2012.Questa volta l’SNPpotrebbe con-tare suunabasedi partenzapiù solida.Molti si sono schierati dietro alla cari-smatica Nicola Sturgeon: d’altra parte,il 21 giugno scorso la Scozia ha votatoin blocco per rimanere in Europa, equestononpuòessere ignorato. «ComeosaTheresa May mettersi contro il pa-rere democratico?», scalpita il vicepre-sidente del SNP, Angus Robertson,dagli spalti della conventiondel partitoad Aberdeen. In un appassionato di-scorso,Robertsonaccusa ilpartitocon-servatore di mettere i bastoni tra leruote a «chiunque cerchi di impedireche si verifichiunahardBrexit», ovveroal progetto di una Brexit “difficile” so-

stenuto da Theresa May, che prevedel’uscita dalmercato comuneper favori-re le politiche antimigratorie care aglieuroscettici. «SeMay ci nega il referen-dum prima del 2019», continua Ro-bertson«significachevuole impedirealpopolo scozzese di scegliere il propriofuturo». Sono parole forti, che non la-sciano spazio alla trattativa. E infattiRobertsonconclude: «LaScoziaavràunreferendum, in unmodoonell’altro. Suquestonon ci sonodubbi».Ma nonostante tutto questo, anche trachi si era battuto contro la Brexit c’è chihadei dubbi suquestanuova iniziativa.Billy McKay è un operaio per la BAESystems, uno dei pochi cantieri navaliancoraoperativi sulle spondedelfiumeClyde, nel distretto di Govan, a Gla-sgow. Billy è un europeista convinto, adifferenza di alcuni suoi colleghi, chesperavano invece in una situazione piùautarchica che avrebbe favorito leaziende locali. Solo qualche decenniofa, Govan era la rosa all’occhiellodell’industria scozzese: dove adesso cisono edifici abbandonati ed erbacce,era unadistesa di fornaci e gru.

Billy conferma che l’umore in fabbricanon è dei migliori: il limbo pre-Brexitnon piace a nessuno. Billy però è cate-gorico: «Seguiamo il resto dell’UK, sen-za see senzama.Abbiamoavutoun’oc-casione per votare pro o contro l’indi-pendenza, il popolo ha parlato e oradobbiamo muoverci in blocco». Billy èsindacalista da anni, uomo di saldiprincipi: «Io non sono sempre d’accor-do con le scelte del popolo, ma ne ri-spetto la sovranità. Per ora non sappia-moneancheche facciaavràquestaBre-xit.Avreipreferito restare inEuropa,mase deve essere Brexit, che Brexit sia».Comunque vada, sarà complicata.Kir-sty Hughes, esperta di affari europeiche per anni ha lavorato alla Commis-sione europea, ha detto al «Guardian»che anche in caso di referendum nel2019 e di vittoria degli indipendentisti,potrebbero volerci anni prima che laScozia rientri nell’Unione. Una pro-spettiva che fa scorrere unbrivido gela-to lungo la schienadiBillyMcKay: «l’in-certezzanon fabeneal commercio.Quiin fabbrica siamo tutti concordi suque-sto: non c’è tempodaperdere».

L’INTERVISTA zxy TOM MULLEN*

«La tempisticadiunasecondaconsultazionepuò rivelarsi crucialeper il futurodelPaese»zxy GLASGOW Theresa May è tassativa: pri-masi fa laBrexit, poidiscutiamodiuneven-tuale referendum d’indipendenza per laScozia. Poche ore dopo che il Primo Mini-stro scozzese e leader del partito nazionali-sta SNP, Nicola Sturgeon, ha annunciato divolere un Indyref2, il Governo centrale diLondra si è affrettato a mettere paletti benprecisi. May,di solitosempremisuratanellasceltadelleparole,haaccusato l’SNPdiave-reun«atteggiamentoossessivo,di fomenta-re divisioni». L’SNP ha risposto, dandoledell’arrogante. Le tensioni sono alte, ed ènell’interesse di entrambe le parti che siacosì: la leader nazionalista già non è moltoamata dal pubblico inglese e Theresa Mayne approfitta per attaccarla il più possibile;Sturgeon, dal canto suo, ha l’occasione diavanzare condizioni davanti a un pubblicointernazionale. Inrealtà l’ideadiunIndyref2eragià stata ventilatanelle settimaneprece-

denti al 21 giugno 2016, la data in cui il Re-gnoUnito si è recato alle urne ehadecisodilasciare l’Europa, nonostante l’opposizionescozzese (lì il 62%dell’elettoratoaveva infat-ti votato per rimanere). All’epoca il partitonazionalista SNP non aveva perso tempo ainvocareunsecondoreferendum, tantochegli analisti erano già allarmati: con Brexit, ilRegnoUnito avrebbe perso anche la Scoziainuno schioccodidita.In attesa che Theresa May faccia partire ilprocesso di uscita, oggi il Parlamento scoz-zese voterà per decidere se chiedere aWestminster l’autorizzazione per indireIndyref2. Sturgeon conta sull’appoggio deideputati Verdi per avere lamaggioranza, vi-sto che l’opposizione laburista e conserva-trice ha già espresso parere contrario. Conunmandato parlamentare, Sturgeonporte-rà la richiesta formale aLondra.Da lì in poi,i giochi sonoaperti.

CATALOGNA Gli autonomisti catalani sono tra coloro che seguono con maggior attenzione l’evoluzione dei rapporti traScozia e il Regno Unito. (Foto Keystone)

DISCUSSIONE Una veduta dell’avveniristica sede del Parlamento scozzese, dove oggi si ritornerà a parlare di secessioneda Londra. (Foto CdT)

zxy Lo scontro tra Londra ed Edimburgoacuitosi nelle ultime ore dopo l’annun-cio dell’avvio ufficiale della Brexit, vieneseguito con molta attenzione in variecancellerie europee. Soprattutto inquelle dei Paesi confrontati con spinteautonomistiche o separatiste al loro in-terno che non attendono che un prece-dente per rilanciare le loro velleità, so-prattutto se questo fa intravedere loro lapossibilità di riuscire a combinare il di-stacco dalla detestata madrepatria conlapermanenzaall’internodella criticata– ma pur sempre utilissima– Unioneeuropea. Una situazione dunque estre-mamente complessa se non addiritturaparadossale che vedeun forte tifo all’in-terno di vari Paesi per la Scozia e la suaindipendenza che però è contrastatodalla freddezza dei rispettivi Governi,soprattutto riguardo ad sua eventualerichiesta di adesione all’UE. E questo,ovviamente,perpaurache lastessapos-sa causar loro futuri guai.Maquali sonoiPaesidirettamente interessatiall’evolu-zionedella situazione inScozia?

SPAGNA Da molti anni il Paese è allepresecon le fortissimespinteautonomi-stiche di due regioni, i Paesi Baschi e laCatalogna. Se nel primo caso, dopo de-cenni di attacchi terroristici allo Statocentrale perpetrati dalmovimento indi-pendentista (e dal suo braccio armato,l’ETA) la situazione sembra essersi cal-mata, più intenso continua ad essere lo

Il punto Tutti gli autonomistitifano per Nicola SturgeonCatalogna,Padania,BelgioeCorsica: eccochi sostiene laPremier

Sono giorni cruciali per i destinifuturi del Regno Unito: lunedì ilprimo ministro Theresa May haufficialmente reso nota la data –mercoledì29marzo– incuiattive-rà l’articolo 50del Trattato di Lon-dradando il viaall’iniziodeinego-ziati che nel giro di un biennioporteranno il suo Paese fuoridall’Unione europea. Oggi invecela leaderscozzeseNicolaSturgeonavvierà l’iter nel Parlamento loca-le per arrivare ad un referendumbis sull’indipendenza della Scoziadalla Gran Bretagna, referendumper il qualeha già individuatounafinestra utile, fra l’autunno del2018e laprimaveradel2019,ossiaprima del completamento dellaBrexit. Nel frattempo pure in Ir-landa del Nord ci si comincia adagitare. I repubblicani nordirlan-desidelloSinnFein,contraricomegli indipendentisti scozzesi allaBrexit, per bocca di un’altra don-na,Michelle O’Neill, hanno infattirilanciato negli scorsi giorni lapropria storica sfida per un votoanche «sui confini» dell’Irlandadel Nord: vale a dire su un’ipoteti-ca riunificazioneconDublino.Pertastare il polso di questa comples-sa situazione siamo andati nelcuore della Scozia, a Glasgow, perraccogliere opinioni – tra i politicicome tra la gente comune – sullaproposta di unnuovo referendumsull’indipendenza scozzese, cheancoraunavoltarischiadispacca-re indue lapopolazioneanorddelVallo di Adriano e che, in caso disuccesso, rischia di provocaregrossi contraccolpi nell’intera Eu-ropa, soprattutto inquei Paesi alleprese da tempo con forti spintesecessioniste-autonomiste al lorointerno.

GEORGINA THREADGOODE

zxy GLASGOW «Patetico, assolutamentepatetico».AlastairMcMillan è uno chenon le manda certo a dire. La firma incalce alle sue mail recita: «Io sto con ilRegno Unito e il Regno Unito sta dallamia parte! Non fatevi intimidire dal-l’SNP». McMillan, fondatore di WhiteHouse Product, un’azienda di pompeidraulichenell’hinterlanddiGlasgow, èunodeipochi chedurante la campagnareferendaria a favore di Brexit ci hamesso la faccia. E quando ha sentitoche Nicola Sturgeon, il Primo Ministroscozzese, ha detto di volere un altro re-ferendum per l’indipendenza, gli sonocadute le braccia: «È l’ennesima voltache l’SNPsi rimangia laparola.Avevanodetto che il referendum d’indipenden-za del 2014 era un’occasione unica e ir-ripetibile e invece eccoli pronti a rimet-tere tutto in gioco».Con22dipendenti, laWhiteHousePro-duct fa parte delle piccole e medie im-presechesperavano laBrexit risollevas-se il commercio locale, schiacciato dal-le multinazionali straniere. «Sono pre-occupato», prosegue McMillan, «perquanto ci riguarda, solo il 5%del nostrocommercio è in Scozia: abbiamo biso-gnodi essere all’internodel RegnoUni-to per sopravvivere. L’ipotesi indipen-denza, dentro o fuori l’UE, sarebbe undisastro». I dati economici parlanochiaro: due terzi dell’export scozzese fi-niscenel RegnoUnito,mentre solome-no di un quinto è diretto verso il restodell’Europa.Nicola Sturgeonha assicu-rato che il commercio con l’UK conti-nuerebbe inogni caso,ma lecondizionisaranno dettate dalle nuove apparte-nenze economiche: da chi e come avràaccesso alla CEE e all’EFTA. Inoltre cisarebbe il problema delle frontiere

ALLEANZA LOMBARDO-VENETA Luca Zaia e Roberto Maroni hanno annunciatoper i prossimi mesi un referendum in merito ad una possibile autonomia diVeneto e Lombardia. (Foto Regione Veneto)

TomMullen è professore di diritto all’U-niversità di Glasgow, e da anni si occupadi studiare i possibili effetti di Brexit sullaScozia.Professore,cosapensadiquestiultimi sviluppi?«Sapevamo cheNicola Sturgeon avrebbegiocato la carta referendum, anche senoneraunobbligocostituzionale:nonc’èscritto da nessuna parte che la Scoziaavrebbe dovuto chiedere automatica-mente un secondo referendum d’indi-pendenzasullabasedei risultatidiBrexit.Èsenzaombradidubbiounamossapoli-tica».Ilproblemafondamentaleè:achispet-ta ladecisionedi concedere Indyref2?«In passato, il dibattito è stato acceso.Secondo l’SNP, il parlamento scozzeseavrebbe tutto il diritto di indire un refe-rendum per conto suo; Londra la pensadiversamente e per il referendum del

2014 l’ha spuntata.Mase la contrapposi-zione traSturgeoneMaydovesseacuirsi,se il Governo di Londra dovesse opporsiin tutti i modi a un secondo referendumsull’indipendenza, la questione potreb-beessere rimessa ingioco».È vero, come ha detto il Ministro degliaffari esteri spagnolo Alfonso Dastische, in caso di successo dell’Indyref2,la Scozia dovrà mettersi in coda e nonavrà nessun trattamento preferenzialeperentrarenell’UE?«La Spagna ha tutti gli interessi a farepressione, perché vuole tenere a bada leforze indipendentiste interne, che po-trebberoapprofittarediuneventualepre-cedente scozzese. Leopinioni inmateria,tuttavia, sonodiscordanti. L’expresidentedella Commissione Manuel Barroso hadettoche laScoziadovràrifaredomanda;altri parlano di rinegoziare la posizione a

partire da quella attuale. Per questo latempisticaècruciale: Sturgeonchiedeunreferendum tra l’autunno del 2018 e laprimaveradel 2019, perché inquelmodopotrebbesfruttare il fattodi trovarsianco-ra all’interno dell’Unione. Questo nonsarebbe più vero se il referendum avesseluogodopo l’iniziodelprocessodidistac-camento dall’UE. A quel punto la Scoziasarebbe fuori insieme al resto del RegnoUnito.Qualsiasi decisione in questo con-testoèunadecisionepolitica».Qualepotrebberoesseregli scenari?«Difficile fareprevisioni. Ilproblemafon-damentale è capire quando effettiva-mente Brexit avrà luogo. In linea teoricaquestoavverrà esattamente tradueanni,nella primavera del 2019,ma amio avvi-so i tempi potrebbero essere molto piùlunghi…»

* docente di diritto dell’Università di Glasgow

TATTICA Secondo Tom Mullen ipassi intrapresi dalla leader scoz-zese sono dettati da precisestrategie politiche.