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1/10 PROBLEMI DI CORROSIONE NELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA Tommaso Pastore Dipartimento di Progettazione e Tecnologie Università di Bergamo Riassunto L’articolo descrive le principali forme di corrosione dei materiali metallici di maggior utilizzo negli impianti di distribuzione dell’acqua di uso umano. Sono individuati gli aspetti più importanti che riguardano la corrosione generalizzata e localizzata degli acciai e delle leghe di rame e degli acciai inossidabili. Sono discussi i parametri caratteristici connessi con il materiale, l’aggressività dell’acqua e le condizioni operative. Le problematiche della corrosione I componenti metallici delle reti di distribuzione e deposito dell’acqua per uso umano possono subire fenomeni di corrosione sia dal lato interno, per l’azione dell’acqua trasportata, sia dal lato esterno per la presenza, ad esempio, di terreni aggressivi in cui l’impianto si trova ad operare. Ne possono derivare diversi tipi di danno: perforazione e perdita di fluido, alterazione della qualità dell’acqua trasportata, blocco del funzionamento dei componenti dell’impianto stesso. L’acqua è un “bene prezioso” che deve essere preservato e la corrosione è una delle principali cause di perforazione e perdita di fluido. La dispersione di acqua dagli acquedotti è ancor oggi un problema rilevante ed esteso a tutto il territorio italiano, con ripercussioni importanti sulla qualità della vita. Una corretta prevenzione e protezione dalla corrosione, realizzata sia sul lato esterno che interno, può non solo contribuire a contenere tali dispersioni ma essere anche economicamente vantaggiosa per la gestione e manutenzione. La corrosione interna, oltre a determinare l’assottigliamento e la perforazione della parete, può alterare la composizione dell’acqua e le sue proprietà organolettiche, perchè provoca il passaggio di quantità più o meno rilevanti di ioni metallici in soluzione e di particelle solide di prodotti di corrosione in sospensione. Ad esempio, i prodotti di corrosione del ferro possono dare luogo al ben noto fenomeno delle acque rosse. La scaglia di prodotti di corrosione può essere distaccata dalle pareti dal movimento dell’acqua oppure a causa delle variazioni di temperatura, indotte dal cambiamento delle condizioni di funzionamento. Le particelle solide, trasportate dall’acqua, possono poi depositarsi sulle superfici di altri componenti dell’impianto bloccandone il funzionamento. Gli ioni di metalli nobili, provenienti dalla corrosione di metalli quali tipicamente il rame, possono stimolare nuovi fenomeni di corrosione su parti dell’impianto costruite con metalli poco nobili. Gli ioni rame possono, ad esempio, promuovere attacco localizzato (perforante) su tubazioni di acciaio zincato. D’altra parte, anche i metodi di prevenzione e protezione dalla corrosione devono essere compatibili con l’impiego per evitare deterioramenti inaccettabili della qualità dell’acqua a causa del rilascio di

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PROBLEMI DI CORROSIONE NELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA

Tommaso Pastore

Dipartimento di Progettazione e Tecnologie Università di Bergamo

Riassunto L’articolo descrive le principali forme di corrosione dei materiali metallici di maggior utilizzo negli impianti di distribuzione dell’acqua di uso umano. Sono individuati gli aspetti più importanti che riguardano la corrosione generalizzata e localizzata degli acciai e delle leghe di rame e degli acciai inossidabili. Sono discussi i parametri caratteristici connessi con il materiale, l’aggressività dell’acqua e le condizioni operative. Le problematiche della corrosione I componenti metallici delle reti di distribuzione e deposito dell’acqua per uso umano possono subire fenomeni di corrosione sia dal lato interno, per l’azione dell’acqua trasportata, sia dal lato esterno per la presenza, ad esempio, di terreni aggressivi in cui l’impianto si trova ad operare. Ne possono derivare diversi tipi di danno: perforazione e perdita di fluido, alterazione della qualità dell’acqua trasportata, blocco del funzionamento dei componenti dell’impianto stesso. L’acqua è un “bene prezioso” che deve essere preservato e la corrosione è una delle principali cause di perforazione e perdita di fluido. La dispersione di acqua dagli acquedotti è ancor oggi un problema rilevante ed esteso a tutto il territorio italiano, con ripercussioni importanti sulla qualità della vita. Una corretta prevenzione e protezione dalla corrosione, realizzata sia sul lato esterno che interno, può non solo contribuire a contenere tali dispersioni ma essere anche economicamente vantaggiosa per la gestione e manutenzione. La corrosione interna, oltre a determinare l’assottigliamento e la perforazione della parete, può alterare la composizione dell’acqua e le sue proprietà organolettiche, perchè provoca il passaggio di quantità più o meno rilevanti di ioni metallici in soluzione e di particelle solide di prodotti di corrosione in sospensione. Ad esempio, i prodotti di corrosione del ferro possono dare luogo al ben noto fenomeno delle acque rosse. La scaglia di prodotti di corrosione può essere distaccata dalle pareti dal movimento dell’acqua oppure a causa delle variazioni di temperatura, indotte dal cambiamento delle condizioni di funzionamento. Le particelle solide, trasportate dall’acqua, possono poi depositarsi sulle superfici di altri componenti dell’impianto bloccandone il funzionamento. Gli ioni di metalli nobili, provenienti dalla corrosione di metalli quali tipicamente il rame, possono stimolare nuovi fenomeni di corrosione su parti dell’impianto costruite con metalli poco nobili. Gli ioni rame possono, ad esempio, promuovere attacco localizzato (perforante) su tubazioni di acciaio zincato. D’altra parte, anche i metodi di prevenzione e protezione dalla corrosione devono essere compatibili con l’impiego per evitare deterioramenti inaccettabili della qualità dell’acqua a causa del rilascio di

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specie chimiche da rivestimenti protettivi, o per non idonei trattamenti chimici adottati per modificare l’aggressività dell’acqua, o per l’uso di sostanze inibitrici di corrosione non adatte, ecc. Anche se l’acqua per uso umano ha limiti molto restrittivi che definiscono la massima concentrazione delle specie chimiche in essa contenute, la sua composizione ne influenza in modo rilevante l’aggressività e la forma di corrosione. Tuttavia, la velocità di corrosione e la forma con cui essa si manifesta dipendono non solo dalla composizione dell’acqua, ma è influenzata, spesso in modo predominante, da altri fattori: dalle caratteristiche del materiale metallico, dalla progettazione e costruzione, dalla gestione in tutte le fasi della vita dell’impianto, a partire dalla prova idraulica, alla messa in funzione dell’impianto, alle operazioni di disinfezione, alle condizioni di flusso, alle condizioni operative in generale (Fig.1). Figura. Fattori che influenzano la velocità di corrosione interna. Il meccanismo elettrochimico La corrosione dei metalli si produce secondo un processo ad umido, con un meccanismo elettrochimico. È il risultato di quattro processi in serie che avvengono contemporaneamente, quando un metallo è in contatto con un elettrolita, vale a dire una soluzione acquosa che contiene sali disciolti. Nel nostro caso, all’interno dell’impianto, è l’acqua trasportata mentre all’esterno, ad esempio per le tubazioni interrate, e l’acqua presente nel terreno stesso. La corrosione è il risultato di una reazione anodica di ossidazione del metallo (dissoluzione), che libera nella fase metallica elettroni, e di una reazione catodica, in genere costituita dalla reazione di riduzione dell’ossigeno disciolto nell’acqua, che invece li consuma. Per metalli poco nobili (come zinco, alluminio e magnesio) alla reazione di riduzione di ossigeno può affiancarsi anche quella della riduzione dell’idrogenione con sviluppo di idrogeno. Tra le aree anodiche e catodiche si ha, pertanto, la circolazione di una corrente che nell'elettrolita é trasportata dal movimento degli ioni disciolti. La velocità di corrosione, cioè la velocità con cui si produce la dissoluzione nelle zone anodiche, può essere misurata come assottigliamento del metallo. Si esprime di solito in �m/anno ed è proporzionale alla corrente circolante tra l’anodo ed il catodo. Per la reazione anodica del ferro Fe � Fe+2 + 2e- (1) ogni due elettroni corrispondono ad un atomo di ferro disciolto. Così, ad un mA/m2 di corrente sull’anodo corrisponde una velocità di corrosione pari a 1,17 µm/anno e una perdita di massa pari a 0,25 mg/(dm2giorno).

Corrosione

dei materiali metallici

Caratteristiche del materiale metallico

Caratteristiche dell’acqua

Progettazione e costruzione Gestione

geometria

accoppiamento tra materiali diversi giunzioni

stato di sollecitazione

test idraulico

disinfezione

temperatura

drenaggio

velocità di flusso

microstruttura

caratteristiche superficiali

composizione temperatura

ossigeno disciolto

composizione

pH

durezza

HCO3-/ CO3

-

carbonio organico

salinità

Cl-/SO4--/NO3

-

fosfati, silicati

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Figura Meccanismo elettrochimico della corrosione.

Alla reazione (1) di dissoluzione segue la formazione di ossidi insolubili che danno luogo a prodotti di corrosione solidi. Sull’acciaio si ha il ben noto fenomeno della ruggine a seguito di reazioni del tipo Fe+2+H2O�FeO↓+2H+ (2) Le caratteristiche di tali prodotti hanno un ruolo importante nella corrosione e sulla possibilità di alterazione della qualità dell’acqua. Ossidi continui, aderenti e protettivi possono ridurre la velocità di corrosione a valori trascurabili. Viceversa, ossidi solubili e poco aderenti possono generare un eccessivo rilascio di ioni metallici e di solidi in sospensione.

Figura. Schema del meccanismo elettrochimico: i quattro processi della corrosione.

La velocità di corrosione è elevata nelle condizioni in cui tutti e quattro i processi coinvolti, e cioè la reazione anodica di dissoluzione, quella catodica di riduzione dell’ossigeno, il trasporto di corrente attraverso l'elettrolita e nel metallo, possono avvenire rapidamente. Viceversa, anche se uno solo dei processi è impedito, la velocità di corrosione può diventare bassa o nulla. Le forme di corrosione Possiamo suddividere i materiali metallici in due grandi categorie, in base al loro comportamento elettrochimico. Le leghe ferrose quali gli acciai al carbonio e basso legati e le ghise (non legate) mostrano un comportamento cosiddetto attivo. I prodotti di corrosione insolubili che si formano non sono protettivi. Non rallentano significativamente il processo di dissoluzione. Viene così meno il blocco sul processo anodico. Per questi materiali, la corrosione può così avvenire con alta velocità se il processo catodico avviene rapidamente. In acque aerate, in effetti, la velocità di corrosione di questi materiali è pari alla massima velocità di trasporto dell’ossigeno verso la superficie metallica: tutto

Traporto di corrente

nell’elettrolita

metallo

O2 O2

I

e-

acqua

Reazione anodica Me�Me+Z+ze-

Reazione catodica O2+4e-+2H2O�4OH-

OH-

Me+Z+H2O�Fe(OH)Z+zH+

Cl-

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l’ossigeno che raggiunge la parete metallica si riduce, determinando il passaggio in soluzione di una corrispondente quantità di metallo. Per questo tipo di materiali, si hanno tipicamente fenomeni di corrosione generalizzata a tutta la superficie esposta, con possibilità di rilascio di rilevanti quantità di prodotti di corrosione. L’aggressività dell’acqua è quindi legata essenzialmente al contenuto di ossigeno e, in presenza di questo, alla possibilità di formazione sulla parete metallica di depositi compatti a base calcarea, in grado di ridurre la velocità di trasporto dell’ossigeno verso la parete stessa. I materiali come gli acciai inossidabili e le leghe di rame, considerati generalmente resistenti alla corrosione, sono invece in grado di ricoprirsi di un sottile e invisibile (nel caso dell’acciaio inossidabile) strato di ossido continuo ed aderente che impedisce il processo anodico. La velocità di corrosione diventa così bassissima e del tutto trascurabile, dettata unicamente dalle proprietà protettive del film di ossido. In queste condizioni, cosiddette di passività, l’acciaio inossidabile, ad esempio, mantiene inalterato il suo aspetto anche dopo un tempo lunghissimo. I materiali a comportamento passivo sono resistenti alla corrosione generalizzata. L’attacco, quando si manifesta, assume una morfologia tipicamente localizzata. L’attacco localizzato per vaiolatura (pitting) avviene a partire da zone di maggiore difettosità del film (in corrispondenza di inclusioni affioranti, zone con film di laminazione a caldo, ecc.) o più critiche (nelle fessure o sotto deposito) e avviene per la rottura del film di passività da parte di ioni “aggressivi” o per l’alterazione del film con formazione locale di patine meno protettive. Gli acciai inossidabili, le leghe di nichel e di cromo hanno una tendenza a passivarsi molto accentuata, tanto che, già per la semplice esposizione all’atmosfera, si ricoprono rapidamente di un film continuo di ossido particolarmente aderente e protettivo. La corrosione localizzata si innesca, su questi materiali, solo quando gli ioni in grado di “rompere” localmente l’ossido protettivo, principalmente i cloruri, raggiungono una sufficiente concentrazione. Nel caso del rame e delle sue leghe, e anche di altri metalli quali lo zinco, la patina protettiva si sviluppa quando il metallo viene in contatto con l’acqua e richiede un tempo relativamente lungo, esteso ai primi mesi di esposizione. Le condizioni ambientali, soprattutto quelle presenti in questo primo periodo, possono modificare notevolmente il grado di protezione del film di passività e possono promuovere modifiche nelle proprietà della patina che conducono a fenomeni di corrosione localizzata.

Figura. Corrosione per pitting di un acciaio inossidabile in acque contenenti alte concentrazioni di cloruri e schema della cella occlusa. Una volta innescata la corrosione localizzata, si ha, sulla superficie metallica, la presenza di aree anodiche accanto ad aree catodiche sostanzialmente indenni da corrosione perché rimaste passive. La piccola estensione delle aree anodiche, circoscritte alle zone di rottura del film di passività, rispetto all’ampia zona catodica esterna e la grande quantità di ossigeno che può giungere su queste ultime stimolano la velocità di corrosione nella vaiolatura (pit). Di conseguenza si ha un’accentuata

O2

I Cl-

Fe+ H+

Zona passiva (catodo)

acqua

Parete metallica

Zona anodica (pit)

Opercolo di prodotti di corrosione

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penetrazione dell’attacco che può portare rapidamente alla perforazione, anche se la quantità di metallo disciolta è molto inferiore a quella che si ha nel caso della corrosione generalizzata. La separazione delle aree anodiche da quelle catodiche genera la variazione locale della composizione dell’ambiente. La reazione di formazione dei prodotti di corrosione (2) ed il trasporto elettroforetico, che richiama ioni cloruro dall’ambiente verso le aree anodiche, producono un ambiente acido e ricco di cloruri nella vaiolatura. Si forma così una cella occlusa che stabilizza ed esalta l’attacco localizzato, rendendo difficile la ripassivazione delle aree anodiche, ossia la riformazione di un film protettivo all’interno della vaiolatura. Il movimento dell’acqua tende ad annullare le variazioni di concentrazione e contrasta il processo di formazione della cella occlusa. La corrosione localizzata per vaiolatura si manifesta quindi preferenzialmente in acqua stagnante, sotto depositi e fouling, e nelle fessure ove presenti (in questo caso si parla più propriamente di corrosione in fessura o “cervice”) mentre in acqua fluente, il continuo rimescolamento ne impedisce l’innesco. Le corrosione localizzata si manifesta in acque aerate. La concentrazione di ossigeno riscontrata nelle acque per uso umano (di solito intorno ad almeno 3ppm) è più che sufficiente a sostenere l’attacco e solo in acque a bassissimo tenore di questo elemento, minore di 0,1 ppm l’attacco non avviene. Per la costruzione di componenti di impianti di distribuzione e deposito di acque destinate all’uso umano quali tubazioni, pompe, valvole, scambiatori di calore, ecc., si utilizzano diversi tipi di materiali metallici, tra questi, soprattutto leghe ferrose (acciaio, acciaio inossidabile, ghise grigie e sferoidali) e leghe di rame. Corrosione generalizzata non uniforme degli acciai In acque aerate, gli acciai e le ghise subiscono corrosione generalizzata per la presenza di ossigeno. Come detto, la velocità di corrosione è dettata dalla massima velocità con cui l’ossigeno può raggiungere, per diffusione, il metallo. L’apporto dell’ossigeno cresce con la concentrazione dell’ossigeno disciolto e la velocità dell’acqua. La diffusione verso la parete metallica è invece ostacolata dalla formazione di depositi sulla superficie. La velocità di corrosione, in questo caso, diminuisce al crescere dello spessore del deposito e al diminuire della sua porosità. Con un deposito sufficientemente spesso, la velocità di corrosione può ridursi in modo sensibile e non è più influenzata dalla velocità del fluido. L’aggressività nei confronti degli acciai e delle ghise di acque aerate è legata alla loro capacità incrostante, in altre parole alla possibilità di formare uno strato calcareo compatto e continuo. Per la formazione del deposito calcareo protettivo è necessario che l’acqua contenga una sufficiente quantità di ioni calcio (>40 ppm) e bicarbonato (>120 ppm). Acque con concentrazioni di ossigeno superiori a 3 ppm (soprattutto acque ben aerate >6 ppm) rendono ulteriormente più stabile e compatto il deposito calcareo perché stabilizzano i prodotti di corrosione del ferro trivalente, meno solubili e più aderenti degli ossidi di ferro bivalente. La precipitazione del carbonato di calcio (CaCO3) avviene secondo la reazione

Ca+2+HCO3-+OH-

� CaCO3↓+H2O (3) per pH superiori a un valore detto di saturazione (pHs) che può essere stimato a partire dai dati di temperatura, contenuto di ioni calcio e bicarbonato e della quantità di sali disciolti nell’acqua (soprattutto solfati e cloruri). L’aggressività può così essere valutata in termini di indice di incrostazione. Tra i più utilizzati è l’indice di Lagelier (I) definito come la differenza tra il pH dell’acqua e il valore di saturazione (pHs):

I = pH-pHs (4)

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Per il calcolo dell’indice di Langelier sono state proposte diverse relazioni. Tra le più utilizzate sono: pHs = 12,65- 0,0142.(1,8T + 32) -log(Ca) -log(alkM) + 0,1log(TDS) (5) valida per temperature inferiori a 25°C pHs = 12,27- 0,00915.(1,8T + 32) -log(Ca) -log(alkM) + 0,1log(TDS) (6) valida per temperature maggiori di 25°C. Valori positivi dell’indice sono propri di condizioni favorevoli alla formazione di incrostazione e, per questo, abbinate a situazioni di bassa velocità di corrosione dell’acciaio. Viceversa valori negativi indicano acque non incrostanti che possono quindi indurre rilevanti fenomeni di corrosione sull’acciaio in ambiente aerato, soprattutto in acqua fluente dove l’apporto di ossigeno è elevato. In assenza del deposito calcareo, la corrosione è trascurabile solo se la concentrazione di ossigeno è inferiore a 0,1 ppm, in assenza di CO2. In acque non incrostanti, si può avere il fenomeno ben noto delle acque rosse in zone terminali dell’impianto dove in periodi di stagnazione l’ossigeno è rapidamente consumato e diminuisce a valori inferiori a 1 ppm. In queste condizioni, i prodotti di corrosione presenti sulle pareti sono trasformati in composti di ferro bivalente, meno aderenti e solubili, che alterano l’acqua. In acqua aerata, la velocità di corrosione aumenta con la velocità dell’acqua. In acqua fluente a 0.5-1 m/s, sono state misurate velocità di corrosione dopo un anno di esposizione intorno a 300-400 µm/anno. In questi casi, l’adozione di un trattamento di correzione del pH ha reso l’acqua incrostante e ridotto di oltre 10 volte la velocità di corrosione dopo 2 anni. In acque non incrostanti e in assenza CO2, l’aggressività dell’acqua talvolta può essere ridotta dalla presenza di alcune sostanze naturali contenute nell’acqua (quali silicati e fosfati), che tendono a favorire lo sviluppo di patine protettive, inibendo la corrosione. L’attacco sugli acciai e le ghise tende spesso a localizzarsi dando luogo a tubercoli di prodotti di corrosione in corrispondenza dei quali la penetrazione della corrosione è maggiore e può rapidamente portare alla perforazione della parete. L’attacco assume l’aspetto tipico del pitting, con la formazione di una cella occlusa, in zone morte dell’impianto, sotto depositi, dove è favorito dalla presenza di disomogeneità della superficie del metallo (strati discontinui di ossidi di laminazione a caldo, residui di pitture e di oli). È facilitato dalla presenza di batteri che si possono sviluppare, in condizioni anaerobiche, sotto depositi, in presenza di sostanze organiche e soprattutto per temperature tra 25 e 50 °C che ne favoriscono la crescita. Il loro effetto si annulla, invece, oltre i 60°C. Condizioni di particolare aggressività si possono riscontrare in zone dell’impianto a funzionamento intermittente, in cui l’acqua è cambiata periodicamente. I periodi di stagnazione favoriscono l’innesco dell’attacco localizzato sul fondo delle tubazioni orizzontali. L’attacco si propaga rapidamente durante i periodi in cui l’acqua scorre ed aumenta l’apporto di ossigeno sulle aree catodiche. Il pitting del Rame La ben nota resistenza alla corrosione del rame e delle sue leghe è dovuta alla formazione di una patina protettiva in grado di passivare questi materiali, quando operano in contatto con l’acqua. I problemi di corrosione di questi materiali sono legati principalmente a condizioni ambientali e di funzionamento che ostacolano la corretta formazione del film e ne determinano la rottura. Il film di passività che protegge le leghe di rame si sviluppa progressivamente dopo che l’acqua è immessa nell’impianto e richiede un periodo molto lungo che può durare diversi mesi. In questi primi mesi dovrebbero essere assicurate condizioni ambientali appropriate per ottenere un film aderente e protettivo: acqua non stagnante e rinnovata di frequente, ben ossigenata, priva di solidi sospesi che

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possano sporcare la superficie del metallo. Particolarmente critiche sono le operazioni iniziali quali il collaudo idraulico e la messa in funzione: se condotte in modo non adeguato possono portare a proprietà non ottimali del film protettivo, e condizionare la resistenza alla corrosione per tutta la vita dell’impianto. La superficie del metallo deve essere priva di contaminanti provenienti dal ciclo di produzione e dai processi costruttivi. I principali fenomeni di corrosione del rame e le sue leghe sono attacchi localizzati per pitting e sotto deposito (corrosione in fessura) con un’incidenza del 60-70% dei casi di corrosione osservati su questi materiali. La corrosione per pitting (Tipo 1) avviene in acque fredde di pozzo per azione di ossidi superficiali conduttivi e di particolari ioni disciolti. Tali strati conduttivi si formano in presenza di film carboniosi residui del ciclo di produzione del rame (provenienti di solito dal decadimento degli oli di trafilatura durante i trattamenti termici) o dal residuo dei flussi utilizzati durante la saldatura. Si manifesta con alte velocità di corrosione fino alla perforazione della parete nell’arco di pochi mesi, al più qualche anno. Assume una forma semisferica aperta ed è caratterizzato da un opercolo di prodotti di corrosione verde all’esterno (idrossicarbonato di rame), e di diversa composizione e colore negli strati sottostanti (ossidi e ossicloruro di rame). È favorito dalla presenza di ioni solfato e nitrato mentre la presenza di ioni bicarbonato e cloruri ne ostacola l’insorgenza. Il pitting tipo 1 non si manifesta in acque di superficie e in acque con temperatura costantemente superiore a 30°C. Un diverso tipo di attacco localizzato (Tipo2) si manifesta in acque calde (T>60°C), acide (pH<7), con basso contenuto di ioni bicarbonato (<100 ppm) e rapporto tra le concentrazioni di bicarbonato e solfato inferiori a 1,5. È caratterizzato da minore velocità di dissoluzione e formazione di vaiolature più chiuse ed irregolari, non coperte da prodotti di corrosione (che sono invece presenti all’interno della vaiolatura). Un terzo tipo di pitting del rame avviene in acque di superficie a bassa conducibilità e basso contenuto di bicarbonato, con pH superiore a 8 e temperature inferiori a 55°C. È favorito dalla componente microbiologica presente nell’acqua. La morfologia delle vaiolature è simile e quella del tipo 1. Le vaiolature si presentano raggruppate in aree, dove sono rintracciabili film di sostanze organiche prodotte dall’attività microbiologica.

Figura Corrosione localizzata tipo pitting I su tubi in rame.

Oltre alla corrosione per vaiolatura, le leghe di rame possono subire, in misura inferiore, fenomeni di corrosione erosione in acque fluenti ad alta velocità, soprattutto in regime di turbolenza e di bolle o particelle solide, trasportate dal fluido stesso (circa 15-20% dei casi osservati). Per questo la velocità di progetto non dovrebbe superare nelle tubazioni i valori di 2 m/s in regime costante o di 3

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m/s in regime intermittente nel caso di acque fredde e di 0,5 m/s per acque calde che sono molto più aggressive da questo punto di vista. Più rara è la corrosione generalizzata in acque acide in cui si forma un film poco protettivo ed aderente, con un aumento della velocità di corrosione che, tuttavia, rimane contenuta. Il danneggiamento è ridotto sul rame ma porta, principalmente, ad un rilascio maggiore di ioni e particelle in sospensione di prodotti di corrosione che contaminano l’acqua e possono depositarsi in altre parti dell’impianto, dove determinano attacco localizzato sull’acciaio zincato. Ugualmente rare sono i casi di attacchi selettivi di dezincificazione degli ottoni e, sempre su queste leghe, di corrosione sotto sforzo in acque contenenti nitriti e ioni ammoniacali. Questi ioni sono normalmente assenti, ma possono formarsi, in linea di principio, in aree critiche quali fessure e sotto depositi (per lo scarso apporto di ossigeno).

Figura Corrosione erosione in una tubazione in lega di rame in zone di turbolenza, dovuta a velocità di flusso troppo elevate.

Corrosione localizzata dell’acciaio inossidabile Gli acciai inossidabili possono subire corrosione localizzata per pitting e in fessura in acque contenenti ioni cloruro. Le fessure sono date tipicamente dalle giunzioni meccaniche, da discontinuità geometriche superficiali e da depositi e fouling. Sono critiche le fessure di piccola ampiezza, tali da essere bagnate dall’elettrolita, ma sufficientemente strette da impedire l’accesso di ossigeno al suo interno. Si forma così una cella ad aerazione differenziale che promuove un comportamento anodico all’interno della fessura. La fessura può, infatti, essere vista come una vaiolatura già conformata che facilita la formazione della cella occlusa. Per questo motivo, infatti, la corrosione localizzata si innesca più facilmente in fessura. L’attacco localizzato si innesca se il potenziale di corrosione supera il potenziale di pitting (o di cervice se in fessure). Il potenziale di pitting diminuisce al crescere del contenuto di cloruri, della temperatura e dell’acidità dell’acqua e in funzione della composizione della lega. Il potenziale di corrosione dipende dalla nobiltà del processo catodico e in particolare dal contenuto di ossigeno. Così, fermo restante le altre condizioni ambientali presenti nell’acqua, la corrosione localizzata si innesca sopra una concentrazione critica di cloruri e per temperature superiori ad un valore critico. L’aggiunta in lega di elementi come il cromo, il molibdeno e, solo per gli acciai inossidabili austenitici e duplex, di azoto, cioè di elementi che rendono il film di passività ancora più stabile, migliora la resistenza alla corrosione localizzata, innalzando il potenziale di pitting.

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La resistenza degli acciai inossidabili austenitici e duplex può essere valutata tramite l’indice di pitting definito come: PRE = [%Cr] + 3.3.[%Mo] + 16.[%N] (7) Per gli acciai inossidabili ferritici e martensitici, l’espressione dell’indice di pitting ottiene non considerando il contenuto di azoto in lega perché, in questi acciai, tale elemento promuove la formazione di carbo-nitruri di cromo, diminuendo la resistenza alla corrosione impartita dal cromo. In acque fredde aerate, l’acciaio inossidabile AISI 304 (PRE=18) può resistere fino a tenori di 200 ppm di cloruri, ben superiori ai valori limite delle acque per uso umano. L’aggiunta di 2-3% di molibdeno (AISI 316) rende la lega resistente fino a concentrazioni 10 volte superiori. Gli usuali acciai inossidabili austenitici sono, quindi, pienamente resistenti alla corrosione localizzata nelle acque dolci fredde. In acqua calda, il limite per l’AISI 304 si può abbassare a 50-60 ppm o anche meno, soprattutto in aree di scambio termico. In questo caso, l’uso di leghe contenenti molibdeno è senz’altro preferibile.

Figura Corrosione per pitting causata su un acciaio inossidabile da trattamenti di disinfezione con ipoclorito in concentrazione troppo elevata. La corrosione localizzata degli acciai inossidabili può essere stimolata da trattamenti di disinfezione degli impianti. Le sostanze ossidanti, di solito utilizzate per queste operazioni, tendono ad aumentare il potenziale di corrosione promuovendo condizioni più critiche. Così, la presenza di cloro in soluzione favorisce l’insorgenza di attacchi localizzati. L’esperienza indica che però la clorazione continua con concentrazioni di cloro di 0.1-2 ppm non determina attacchi. I problemi possono nascere da procedure erronee e a seguito dell’accumulo di cloro in particolari zone, dove il rischio di corrosione localizzato diventa invece sensibile. In zone di scambio termico e su elementi sollecitati, per temperature superiori a 60°C ed al crescere del contenuto di cloruri aumenta la probabilità di fenomeni di corrosione sotto sforzo che possono determinare il cedimento meccanico dei componenti di acciaio inossidabile AISI 304 e AISI 316. Corrosione per accoppiamento galvanico L’utilizzo di materiali metallici differenti posti in contatto elettrico e immersi nello stesso ambiente può indurre, sul materiale “meno nobile”, un aumento della velocità di corrosione per accoppiamento galvanico. I principali fenomeni di corrosione negli impianti di distribuzione dell’acqua per uso umano possono essere riscontrati in accoppiamenti con leghe di rame ed acciai inossidabili che fungono solitamente da catodo.

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La corrosione è dovuta al funzionamento di una macrocoppia in cui il materiale “meno nobile” costituisce l’anodo, mentre l’altro materiale si comporta da catodo. Tutto o parte dell’ossigeno che arriva su quest'ultimo provoca la corrosione del materiale “meno nobile”. La velocità di corrosione su quest’ultimo è molto elevata se il catodo è esteso rispetto all’anodo perché in questo modo si possono ridurre quantità elevate di ossigeno mentre l’ossidazione e limitata ad una zona anodica concentrata. Viceversa, elevati rapporti tra le superfici anodica e catodica possono rendere non rilevante l’aumento di corrosione all’anodo. La corrente di macrocoppia che fluisce tra i due materiali, a seguito dell’accoppiamento galvanico, dipende dalla conducibilità dell’elettrolita. All’aumentare di questa aumenta l’effetto dell’accoppiamento che, inoltre, può manifestarsi anche per distanze maggiori. La conducibilità dell’acqua aumenta con i sali in essa disciolti. In acqua di mare è molto elevata tanto che la corrosione per accoppiamento galvanico è uno dei principali fenomeni di corrosione marina. Nelle acque dolci per uso umano, la quantità di sali disciolti è molto bassa e i fenomeni sono molto minori e, quando avvengono, sono limitati alle zone più vicine dei due materiali. In acque dolci con contenuto di sali disciolti inferiore a 500 ppm e contenuto di cloruri minore di 150 ppm, la corrosione per accoppiamento galvanico è di solito trascurabile. In acqua contenenti ioni calcio, il funzionamento della macrocoppia galvanica tende a rallentare nel tempo. Infatti, durante il funzionamento, si ha, sulla superficie catodica, la formazione di alcalinità. L’aumento locale di pH promuove la precipitazione di carbonato di calcio con formazione del deposito calcaree che ostacola l’accesso dell’ossigeno e, di conseguenza, riduce la velocità di corrosione all’anodo. La corrosione per accoppiamento galvanico avviene tra materiali a differente nobiltà “pratica”. La nobiltà pratica è data dal potenziale di corrosione libera assunto da un metallo, quando è inserito in una soluzione acquosa. Si modifica con le caratteristiche dell’acqua. Così, la differenza di nobiltà tra due materiali si modifica con le caratteristiche dell’ambiente, in primo luogo contenuto di ossigeno, pH, temperatura, presenza di particolari ioni, e può, in alcuni casi, invertirsi al variare di questi parametri. Ad esempio, è ben noto che l’azione protettiva dello zinco nei confronti dell’acciaio è dovuta alla sua minore nobiltà (pratica). Lo zinco si corrode proteggendo l’acciaio sottostante nelle zone in cui questo è lasciato scoperto dalla discontinuità della zincatura. A temperature oltre 60°C, lo zinco può passivarsi, per la formazione di un ossido protettivo. Il potenziale di corrosione dello zinco aumenta così sopra di quello dell’acciaio, invertendo la polarità della coppia galvanica. In questo caso, la discontinuità della zincatura può stimolare la corrosione localizzata dell’acciaio in queste zone. Bibliografia

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