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Prodotti tradizionali Tutela, valorizzazione e…. sicurezza alimentare

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Prodotti tradizionali

Tutela, valorizzazione e…. sicurezza alimentare

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Prodotti tradizionali

Fino alla fine degli anni ’90: norme comunitarie con allegati contenenti analitiche prescrizioni

In alcuni Paesi UE: molte aziende di piccola dimensione a carattere artigianale privilegiano metodiche di lavorazione più attente, la qualità organolettica dei prodotti ed il talento dell’uomo all’igienicità esasperata dei processi;

le rigide prescrizioni comunitarie hanno minacciato la sopravvivenza di queste realtà produttive.

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L’esigenza di deroghe:

utilizzo di strumentazioni in legno quali paioli, mestoli etc..., ritenute non idonee perchè costituite da materiale non totalmente sanificabile;

inidoneità di certi locali di produzione, colpiti dalle rigide prescrizioni comunitarie in materia di pareti, pavimenti, soffitti etc...

Rischio di scomparsa di intere categorie di prodotti quali i formaggi di fossa o certi a pasta filata, alcuni salumi particolari etc...

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L’esigenza di deroghe Gli adeguamenti alla disciplina comunitaria potevano

essere preclusi dalla natura del prodotto trattato o dal sistema di produzione utilizzato (oltre che dalle capacità di investimento delle aziende).

Negli anni ’90 la direttiva 93/43 stabilisce unicamente una “facoltà” di specificazione delle regole contenute nell’allegato per gli Stati membri vincolando comunque gli interventi al mantenimento del medesimo “rigore” igienico e sottoponendo comunque tali provvedimenti ai sensi della disciplina generale delle disposizioni tecniche a comunicazione preventiva alla Commissione.

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Prodotti tradizionaliLe prime deroghe ufficiali: La Commissione europea si esprime unicamente per il settore

dei formaggi; Le decisioni 96/536/CE e 97/284/CE prevedono deroghe per:

la natura dei materiali che compongono le attrezzature specifiche per la preparazione o il condizionamento o l’imballaggio dei prodotti (resta l’obbligo di mantenimento in soddisfacente stato di pulizia)

i magazzini di stagionatura o i locali di maturazione dei prodotti caseari (pareti geologicamente naturali, muri, pavimenti e soffitti e/o porte non lisci, non impermeabili, non resistenti, senza rivestimento chiaro o non composti da materiali inalterabili).

a salvaguardia della specifica flora batterica, le operazioni di pulizia possano essere scadenziate secondo programmi adattati al tipo di attività.

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L’Italia, spinta dalle richieste provenienti dai diversi comparti dell’industria agroalimentare nostrana, va oltre con il Decreto legislativo 173 del 30 Aprile 1998 avente come titolo “Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole a norma dell’art. 55, co 14 e 15, legge 27 Dicembre 1997 nr. 449”, che si discosta sensibilmente dalle indicazioni comunitarie.

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La norma prevede che: “per l’individuazione dei prodotti tradizionali, le procedure delle

metodiche di lavorazione conservazione e stagionatura il cui uso risulta consolidato dal tempo, sono pubblicate con decreto del Ministro per le Politiche Agricole, d’intesa con il Ministro per l’Industria il commercio e l’artigianato, e con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato e le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano entro 6 mesi dalla suddetta pubblicazione dispongono con propri atti l’elenco dei ‘prodotti tradizionali’”

Con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro per le Politiche Agricole e con il Ministro dell’Industria , Commercio e Artigianato sono definite deroghe relative ai prodotti tradizionali di cui al comma 1 riguardanti l’igiene degli alimenti consentite dalla regolamentazione comunitaria”.

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Ambiguità della norma: se il riferimento è alla disciplina lattiero casearia perchè

duplicare gli interventi normativi nella stessa materia? Inoltre, va richiamata la competenza delle Regioni.

Se, invece, il riferimento è a settori differenti, in base a quali decisioni comunitarie si sarebbero potuti adottare i provvedimenti di deroga?

Il Decreto 173/98 sembra pertanto riferirsi a condizioni meno rigorose di quelle previste nell’allegato della direttiva comunitaria 93/43 con una chiara violazione delle disposizioni della stessa.

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Il DM 8/9/999 n. 350 ha previsto il “censimento” regionale delle produzioni agro-alimentari tradizionali istruendo, ove il caso, apposite pratiche per la richiesta di concessione delle deroghe da parte del Ministero della Sanità.

Il nuovo provvedimento stabilisce che:

“ Per i prodotti tradizionali iscritti negli elenchi regionali o provinciali per i quali risulti necessario accedere alle deroghe previste nell’art.8 comma 2 del decreto legislativo 173 del 1998 le Regioni e le Province Autonome inviano al Ministro per le Politiche Agricole, per ciascun prodotto interessato, gli elementi relativi alle procedure operative in grado di assicurare uno stato soddisfacente di igiene e disinfezione dei materiali di contatto e dei locali nei quali si svolgono le attività produttive, salvaguardando le caratteristiche di tipicità, salubrità e sicurezza del prodotto, in particolare per quanto attiene la necessità di preservare la flora specifica.

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…Segue DM 8/9/999 n. 350

Il Ministro per le Politiche Agricole trasmette al Ministero della Sanità ed al Ministero per l’Industria , il Commercio e l’Artigianato la documentazione regionale di cui al comma 1 per l’emissione del provvedimento di deroga in conformità con le disposizioni comunitarie concernenti l’igiene degli alimenti, ai sensi dell’art. 8 comma 2 del decreto legislativo n. 173 del 1998. Copia del provvedimento di deroga è trasmesso dal Ministero della Sanità al Ministero per le Politiche Agricole, per la comunicazione alla Regione o Provincia Autonoma competente nonchè per l’annotazione nell’elenco nazionale a margine del prodotto interessato”.

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Nonostante la pubblicazione dell’elenco dei prodotti tradizionali sia stata effettuata con il supplemento nr. 147 della Gazzetta Ufficiale 14 Giugno 2001, il Ministero della Salute non ha mai emanato i singoli decreti di concessione delle deroghe alla disciplina sull’igiene alimentare perché il Ministero della Politiche Agricole non ha provveduto a trasmettere le specifiche richieste.

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Prodotti tradizionali Il 25/7/2000 Il Ministero della Sanità ha emanato un decreto

denominato “definizione delle deroghe relative ai prodotti tradizionali in attuazione del comma 2 dell’art. 8 d.lgs. 30 Aprile 1998 n. 173”

sulla base della decisione della Commissione CE 284/97 (relativa ai prodotti lattiero-caseari) e visti l’art. 8 del d.lgs 173/98 ed il decreto del Ministero delle Politiche Agricole n. 350/99 si stabiliscono le seguenti regole generali in materia:

“per i prodotti tradizionali di origine animale, esclusi i prodotti dell’alveare, iscritti nell’elenco di cui al decreto 8 Settembre 1999 n.350 del Ministero delle Politiche Agricole sono consentite deroghe finalizzate alla conservazione del patrimonio gastronomico, tenendo conto degli ambiti previsti dall’art. 8 del decreto legislativo 30 Aprile ’98 nr. 173 e ferme restando le rispettive disposizioni sanitarie che ne disciplinano la produzione e la commercializzazione”

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Prodotti tradizionali

Le deroghe previste dal nuovo Decreto sono definite singolarmente con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole e con il Ministro per l’Industria, il Commercio e l’Artigianato.

Si risolve così la questione del “metodo” oggetto di contrasto fra il Ministero della Sanità, propenso a concedere deroghe prodotto per prodotto, e il Ministero delle Politiche Agricole che al contrario riteneva necessario concedere le deroghe per “settore”.

La decisione rende tuttavia impraticabile la procedura, vista la consistenza numerica delle deroghe richieste (buona parte dei 3000 prodotti tradizionali censiti è interessata al fenomeno).

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Che l’estensione delle disposizioni contenute nel d.lgs. 173 del 1998 vada ben oltre le decisioni della Commissione europea è evidente dalla lettura dell’elenco dei prodotti regionali e delle relative deroghe richieste.

Le richieste di deroghe, oltre che per i formaggi e i prodotti lattiero-caseari, sono state estese anche per diverse tipologie di paste alimentari, tutte accomunate dall’utilizzo di strumenti in legno, le lavorazioni artigianali di tipo manuale, le modalità di cottura e conservazione spesso divergenti rispetto alle prescrizioni dell’allegato alla direttiva 93/43. Queste richieste di deroga non trovavano alcuna corrispondenza nella disciplina comunitaria.

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Prodotti tradizionaliUlteriori complicazioni:

l’articolo 10 della legge 21 Dicembre 1999 che modifica il decreto legislativo 26 Maggio 1997 n. 155 di attuazione delle direttive 93/43/CEE e 96/3/CE ha stabilito che:

“Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano individuano entro 60 gg. dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio provvedimento, le industrie alimentari nei confronti delle quali adottare in relazione alla tipologia di attività, alle dimensioni dell’impresa e al numero di addetti misure dirette a semplificare le procedure del sistema haccp.

I provvedimenti sono inviati al Ministero della Sanità ai fini dell’emanazione degli opportuni regolamenti, ovvero, ove occorra, della proposizione di appropriate modifiche alla direttiva 93/43/CEE del Consiglio del 14 Giugno 1993”

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Prodotti tradizionali

I prodotti interessati da tali provvedimenti avrebbero dovuto essere quelli esclusi dal novero dei prodotti tradizionali descritti nel decreto legislativo 173/98 per i quali erano già previste deroghe puntuali secondo la procedura descritta.

Anche la semplificazione delle procedure del sistema haccp, se comportava una sostanziale diminuzione della sicurezza igienica disposta con la direttiva 93/43, poteva costituire una violazione dell’art. 7 della stessa direttiva, non autorizzata da alcuna decisione comunitaria.

Le Regioni e Province Autonome hanno adottato disposizioni in materia adottando un regime di semplificazione per alcuni settori o attività (grande disomogeneità, criteri contrapposti, assenza di coordinamento nazionale).

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Prodotti tradizionali La stessa legge, ambigua nella sua formulazione, prescrive: “7. I prodotti alimentari che richiedono metodi di lavorazione e

locali, particolari e tradizionali, nonché recipienti di lavorazione e tecniche di conservazione essenziali per le caratteristiche organolettiche del prodotto, non conformi alle prescrizioni di attuazione delle direttive 93/43/CEE del Consiglio, del 14 Giugno 1993 e 96/3/CE  della Commissione del 26 Gennaio 1996 non possono essere esportati, né essere oggetto di commercializzazione, fatta eccezione per i prodotti tradizionali individuati ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 del decreto legislativo 30 Aprile 1998 nr. 173.

8. Non costituisce commercializzazione ai sensi del divieto di cui al comma 7 la vendita diretta dal produttore e da consorzio fra produttori ovvero da organismi e associazione di promozione degli alimenti tipici al consumatore finale nell’ambito della provincia della zona tipica di produzione”

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Prodotti tradizionali Incomprensibile la distinzione fra i prodotti tradizionali dal d.lgs.

173/98 e altri prodotti alimentari che richiedano tecniche di lavorazione o ambienti di produzione non conformi alle disposizioni comunitarie.

Questi ultimi non possono circolare nè essere commercializzati (ma la loro produzione non è vietata...), mentre i primi sono esenti da un simile divieto, venendosi così a creare una distinzione fra prodotti tradizionali “di serie A” e prodotti tradizionali “di serie B”.

Addirittura si prevede che: “Gli alberghi, i pubblici esercizi le collettività, le mense devono conservare i prodotti alimentari di cui al comma 7 (quelli non “riconosciuti” dal d.lgs. 173/98) in modo idoneo a garantire la non contaminazione dei prodotti alimentari prodotti conformemente al decreto legislativo 26 Maggio 1997 n. 155 e seguenti modifiche”

Questi alimenti non riconosciuti sono trattati come “pericolosi per la salute” tanto da imporne una conservazione separata.

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Prodotti tradizionali Evidenti contraddizioni: i prodotti tradizionali che non potrebbero

circolare ed essere commercializzati perché rischiosi (comma 7 ) e che devono addirittura essere tenuti separati dai normali alimenti (comma 9), vengono comunque ammessi (comma 8) alla vendita in loco!

Osservazioni su due ordini di questioni:

controlli su questi prodotti (acquistati in loco e smerciati in un qualunque altro Paese comunitario, con danno per aziende concorrenti che si siano adeguate ai principi della direttiva 93/43 e possibile concorrenza a prodotti simili ma “igienicamente adeguati”);

protezione della salute (nessuno può infatti garantire che un qualsiasi cittadino comunitario possa in loco acquistare e consumare uno dei suddetti prodotti considerati a “rischio").

Tali elementi delineano una legislazione non solo incoerente ma in contrasto con i principi comunitari.

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Prodotti tradizionali

La riforma della legislazione CE sull’igiene delle produzioni alimentari promossa con il “pacchetto igiene” ha posto fine ai più evidenti contrasti fra la normativa italiana e le disposizioni europee in materia di prodotti agroalimentari tradizionali.

Vittoria dei Paesi mediterranei che rappresentavano una delle due concezioni opposte sul concetto di qualità:

i Paesi nord-europei di tradizione anglosassone: qualità legata alla sicurezza del prodotto, alle caratteristiche nutrizionali ed alla conformità a determinati standard produttivi

Paesi mediterranei più legati alle tradizioni artigianali: privilegio degli aspetti legati alla vocazionalità del territorio alla tradizionalità del processo produttivo e al talento dell’uomo.

Dalle disposizioni esageratamente igienistiche dei primi anni ’90 che hanno portato alla adozione di una disciplina orizzontale sull’igiene delle produzioni alimentari piuttosto rigida e sicuramente assai analitica abbiamo assistito ad un lento mutamento di posizione sul concetto di qualità che ha, in parte, coinvolto l’aspetto igienico.

I regolamenti sui prodotti DOP – IGP – STG rappresentano i primi passi verso una soluzione equilibrata che garantisca il massimo rigore nelle produzioni alimentari industriali ed ha un occhio di riguardo per gli spetti della qualità delle produzioni agroalimentari regionali tradizionali.

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valutazione standard di processo mediante raccolta delle schededi produzione, con particolare attenzione all’identificazione dei rischi microbiologici e chimici;

aggiornamento delle schede di censimento dei PAT con dettagliata descrizione delle fasi più caratteristiche del processo di produzione relative a diversi produttori;

identificazione dei prodotti a rischio sulla base dell’elaborazione dei dati raccolti e valutazione di eventuali pericoli per il consumatore;

definizione di standard del prodotto finito anche mediante elaborazione di dati bibliografici, di schede già esistenti e di indagini dirette mediante accertamenti di laboratorio di tipo merceologico, chimico-fisico (pH, Aw, concentrazione salina) e microbiologico su processi di produzione, su prodotti in corso di lavorazione e su prodotti finiti;

informazione e formazione per gli operatori del settore agroalimentare.

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Progetto regionale 2004/2006

Fasi della strategia operativa:

raccolta delle schede di prodotto e di processo disponibili per i prodotti agroalimentari tradizionali piemontesi;

analisi dei rischi in rapporto al processo produttivo descritto;

definizioni di standard di prodotto con campionamento analisi e raccolta dei dati disponibili;

individuazione delle condizioni igienico-sanitarie di tutti i prodotti tradizionali di maggiore interesse commerciale con particolare riferimento ai prodotti e processi a rischio;

identificazione dei prodotti a rischio sulla base dell’elaborazione dei dati raccolti e valutazione di eventuali pericoli per il consumatore;

preparazione di materiale divulgativo o predisposizione di corsi di formazione per operatori del settore alimentare (OSA)

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93 schede di processo di altrettanti prodotti, di cui 43 relativi a prodotti a base di carne e 50 a prodotti derivati dal latte.

Sono stati esclusi: i PAT ad oggi esistenti esclusivamente in termini teorici

perché attualmente non prodotti;

le produzioni a carattere familiare, non commercializzate ma cedute a titolo gratuito o consumate direttamente dal produttore;

gli animali.

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Per i prodotti a base di carne Bale d’aso Bresaola della Val d’Ossola Bundiola Carn Seca Coppa cotta bieleisa Filetto baciato Frisse Lardo Lingua Mica Mocetta Mortadella di fegato cotta Mortadella di fegato cruda Mortadella Ossolana Mustardela Paletta biellese Pancetta Cotenna Previ Prosciutto cotto Prosciutto crudo Cuneo Prosciutto crudo dell’Alta Val di Susa Prosciutto Montano della Val Vigezzo

Salame cotto Salame Cuneo Salame d’asino Salame d’la duja Salame d’oca Salame di cavallo Salame di testa (o cupa) Salame di Turgia Salame Giora Salamino di capra Salamino di vacca Salampatate Salsiccia al furmentin Salsiccia di Bra Salsiccia di cavolo Sanguinaccio con pane Testa in cassetta Trippa di Moncalieri Violino di agnello Violino di camoscio Violino di capra

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Per i prodotti a base di latte e derivati:Robiola di CocconatoSalgnunSaras del fenSeiras di siero di pecoraSeirass di latteSolaSpressTestunToma bieleseToma del lait bruscToma di capraToma di lanzoToma ValsesianaTomettoTomino canavesano asciuttoTomino canavesano frescoTomino del botTomino delle Valli SaluzzesiTomino di CasalborgoneTomino di MelleTomino di San Giacomo di BovesTomino di SaronsellaTomino di SordevoloTomino di TaluccoTuma ‘d Trarsela

BeddoBettelmatBovesBrusBrus da latteCaprino della Val VigezzoCaprino lattico PiemonteseCaprino presamico piemonteseCaprino ValsesianoCevrin di CoazzeFormaggio a crosta rossaFormaggio del fienoGiodaMaccagnoMascarpaMonteboreMontegranero MortretMurianengoMurtaratNostraleOssolanoPaglierinaRobiola d’AlbaRobiola di Bossolasco

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Si è provveduto ad esaminare ciascun prodotto per identificare quelli a più elevato rischio sanitario, sia per caratteristiche legate agli ingredienti, al processo produttivo, alla modalità di conservazione o ancora alle abitudini al consumo. In particolare per ciascuna scheda si sono valutate:

caratteristiche intrinseche della materia prima;

fasi a rischio nella lavorazione;

manipolazioni in fase di produzione;

fattori di rischio durante la eventuale maturazione del prodotto;

caratteristiche di consumo e abitudini dei consumatori locali.

Sono stati esclusi dal campionamento per analisi microbiologiche i prodotti che, in base a queste valutazioni, presentavano un rischio sanitario di limitata entità.

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Flusso OperazioniTempi e

TemperatureFattori di rischio

azione preventiva

parametriRischi particolari legati al processo produttivo

Ulteriori azioni

latte bovino crudo

rischi biologici:S.aureus, Listeria monocytogenes, Brucella, Salmonella, Micobatteri

controllo igiene allevamento, raccolta, GMP

latte crudo

controlli delle caratteristiche del latte per

quanto riguarda i germi indicatori, GMP, GHP

riscaldamento 28-32°C

aggiunta caglio 30-40'

cagliata

rottura della cagliata

sgrondo

posa del prodotto in fascere

12h

sgrondo su assi di legno

sgocciolamento del prodotto su

assi di legno4-5gg

utilizzo di paglia per pressare le forme

salagione [NaCl]

asciugatura e stagionatura

in cantina 10-15°C per max

15ggpH

Necessari campioni per la misurazione di pH,[NaCl]

Beddo

Esempio di diagramma di flusso

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SCHEDA RACCOLTA PROCESSO

PRODOTTI A BASE DI LATTE E FORMAGGI

DENOMINAZIONE

BEDDO

STABILIMENTO DI PRODUZIONE

Bruno Bonin

Via Acquaro Robello 190

Pralungo (BI)

TIPOLOGIA DI PRODUZIONE

Tipologia: /x/Tradizionale

/_/Biologico /_/Industriale

Quantità annua: quantità non determinabile, legata alla domanda

………… /_/q.li /_/Kg /_/Forme Produzione: /x/Tutto l’anno

/_/Saltuaria /_/Stagionale

Vendita: /x/Diretta /_/Indiretta /_/Diretta/Indiretta

ASPETTO DEL PRODOTTO

Categoria: Formaggi

Durata stagionatura: 15 giorni

Forma e dimensioni: Forme cilindriche con scalzo bassissimo (1 cm circa) e facce piane

(diametro 20 cm circa)

Aspetto esteriore:

Crosta: Assente nel prodotto fresco, leggera patina dall’ottavo giorno di

stagionatura

Superficie: regolare

Colore: bianco se fresco, paglierino se ricoperto da patina

Aspetto pasta:

Colore: bianco

Struttura: compatta

Consistenza: morbida

Occhiatura: no

erborinatura, evidenza di spezie: no

Peso: da 500/600 g a 1000 g

Uniformità delle forme prodotte: si

Presentazione del prodotto al consumatore: Incartato e confezionato

INGREDIENTI

Latte:

specie: vaccino

stato: miscela del latte del latte della sera prima con quello appena munto del

mattino

caldo/ refrigerato: refrigerato

n° di mungiture: 2

Innesti:

tipo (sieroinnesto, lattoinnesto, ceppi liofilizzati): non utilizzati

specie: no

Caglio o coagulante:

specie (bovino, ovino, caprino, suino, vegetale): bovino

stato (liquido, in pasta): liquido

Altri ingredienti: no

Sale: Sì, quantità non precisata

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Documentazione attestante che le tecniche di produzione sono storicamente consolidate

(disciplinare ove presente, tradizione popolare di riferimento) (Art.7 Sanco 2535/2005 del

25/8/05)

TRADIZIONE ORALE

DESCRIZIONE DEL PROCESSO

Descrizione delle fasi con indicazione di durata e temperatura

1. Latte appena munto miscelato con il latte della sera prima scremato per

affioramento

2. Il latte viene riscaldato ad una temperatura di 28°C nel periodo estivo, di 32°C nel

periodo invernale. Al raggiungimento delle rispettive temperature viene aggiunto il

caglio liquido addizionato con una minima quantità di acqua.

3. Segue quindi un riposo di 30-40 minuti per permettere la formazione del coagulo

4. La rottura della cagliata deve portare a ottenere grumi di media grandezza, delle

dimensioni di un dado.

5. Dopo la rottura la cagliata si deposita sul fondo del paiolo dal cui viene estratta con

un mestolo forato e messa in fascere della capacità massima di 1 Kg.

6. Le forme vengono lasciate per 12 ore nelle fascere per permetterne la sgrondatura

e rigirate un paio di volte senza mai procedere alla pressatura.

7. Il giorno successivo vengono poste su assi di legno e ricoperte da una rete di

plastica per isolarle dalla paglia che vi viene apposta sopra e che consente uno

sgocciolamento rapido delle stesse.

8. La salatura delle forme è manuale e si procede ad essa dal quarto/quinto giorno in

maniera leggera e omogenea fino al l’ottavo giorno prima cioè che si formi la

“camisa”.

9. La stagionatura avviene in cantina dove si registra una temperatura di 10-15°C, il

formaggio deve stagionare per un periodo massimo di 15 giorni durante i quali deve

subire un rivoltamento al giorno.

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Progetto regionale 2004/2006Criteri valutazione prodotti a base di carne Sono stati considerati prodotti a basso rischio i prodotti a base di carne

con stagionatura o maturazione media superiore a 45 giorni; il cui processo produttivo preveda cottura o pastorizzazione della materia

prima; il cui processo produttivo preveda cottura o pastorizzazione del prodotto

finito; che vengano normalmente sottoposti a cottura prima del consumo.

Criteri valutazione prodotti lattiero caseari Sono stati considerati prodotti a basso rischio i prodotti lattiero caseari

prodotti a partire da latte pastorizzato o comunque trattato con tempi e temperature corrispondenti;

con stagionatura superiore a 60 giorni.

L’esame di queste caratteristiche ha permesso di stilare un elenco di prodotti a base di carne e di prodotti lattiero caseari che potenzialmente rappresentano un rischio sanitario per il consumatore e quindi da campionare per le analisi microbiologiche.

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Progetto regionale 2004/2006

Definizione degli standard di prodotto

Per definire lo standard di un prodotto sono state elaborate specifiche schede relative al processo produttivo raccolte mediante documentazione verbale e diretta durante le fasi di lavorazione

Sono stati presi in considerazione alcuni parametri analitici quali la determinazione dell’attività dell’acqua libera (Aw) e del pH, utili a individuare la possibilità di sopravvivenza/sviluppo di taluni gruppi di microrganismi.

Page 32: Prodotti tradizionali Tutela, valorizzazione e…. sicurezza alimentare

Progetto regionale 2004/2006Analisi di laboratorio Per ottenere risultati analitici rappresentativi si è fissata la numerosità

campionaria in relazione alla effettiva produzione del prodotto secondo il seguente schema: un solo produttore: n°3 campioni di prodotto finito prelevati in tre diversi

momenti e che appartengano a tre lotti produttivi distinti; due produttori: n°2 campioni da ciascun produttore in modo da avere 4

campioni di prodotto più produttori: n°1 campione da ciascun produttore in modo da avere da un

minimo di 3 ad un massimo di 5-6 campioni di prodotto.

Per la fase di campionamento, sono state preparati: un verbale di prelievo: utile per raccogliere in modo sistematico le

informazioni anagrafiche dell’attività dove il campionamento veniva eseguito e per definire il prodotto campionato e le analisi richiesta;

linee guida per l’effettuazione del prelievo del campione in modo da consentire alle diverse Unità Operative di operare con un metodo standardizzato.

materiale monouso e sterile necessario per le operazioni di campionamento.

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Progetto regionale 2004/2006

Le analisi microbiologiche e fisico-chimiche eseguite sono state svolte nel rispetto del Regolamento CE/2073/05.

Tutti i campioni erano costituiti da un’unica aliquota, del peso di circa 200 gr e sono arrivati presso il Laboratorio Controllo Alimenti dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale il giorno del prelievo o eventualmente la mattina successiva;

Nel tempo intercorrente tra il prelievo e l’analisi i campioni sono stati conservati a +4°C.

I prelievi e le consegne dei campioni sono sempre stati calendarizzati secondo la periodicità delle produzioni e le disponibilità dei prelevatori, tenendo conto dei tempi tecnici di laboratorio per l’allestimento delle analisi.

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Progetto regionale 2004/2006

ANALISI SVOLTE Listeria monocytogenes- ELFA

Salmonella spp.- ELFA Enterotossine Stafilococciche

Escherichia coli Stafilococchi coag pos Ricerca di enterotossine stafilococciche

pH AW Numerazione Listeria m.

Sierotipizzazione Salmonella

Lattobacilli mesofili numerazione

Lattococchi mesofili numerazione

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Progetto regionale 2004/2006 Prodotti a base di carne

 Aw pH

cariche E.coli

microf. lattica Salmonella spp L. monocytogenes ufc/gr sierotipo

salampatate

0,95 6,4-6,7 limitate elevata non riscontrata 2 lotti su 5 100 e 160 1/2 b

La presenza di Listeria monocytogenes, in grado di svilupparsi nel prodotto considerate le caratteristiche fisico-chimiche fa includere questo prodotto in una categoria a rischio per alcune fasce di consumatori

salame di turgia

0,95 5,7-6,4 limitate elevata non riscontrata non riscontrata    

Il prodotto deve comunque assicurare alti standard igienici in quanto trattasi di un prodotto debolmente acido a con elevata Aw, compatibile con lo sviluppo dei principali microrganismi patogeni.

salsiccia di Bra

0,97 6,2-6,4 limitate elevata non riscontrata 1 lotto su 6 inf. 10 ufc/gr  

Anche se in concentrazioni basse, la presenza di Listeria monocytogenes fa includere questo prodotto in una categoria a rischio per alcune fasce di consumatori in relazione alla tradizione di consumarlo crudo. Le caratteristiche fisico-chimiche del prodotto permettono di classificarlo come un prodotto a rischio per la maggior parte dei microrganismi patogeni rendendo necessaria l’adozione di alti standards igienico-sanitari. Per questo prodotto potrebbe essere consigliata la commercializzazione come prodotto confezionato per evitare contaminazioni crociate successive.

salsiccia al furmentin

n.d. n.d. limitate elevata non riscontrata non riscontrata    

anche se i dati ottenuti mostrano un prodotto soddisfacente dal punto di vista igienico sanitario, non è possibile generalizzare i risultati per questo prodotto.

trippa di Moncalieri

n.d. n.d. limitate elevata non riscontrata non riscontrata    

anche se i dati ottenuti mostrano un prodotto soddisfacente dal punto di vista igienico sanitario, non è possibile generalizzare i risultati per questo prodotto.

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  E.coli Staph. Coag+enterotossine

Staph.Salmonella

sppL. monocytogenes ufc/gr

Beddo

fino 104 fino a 103 neg. assente assente  

Alcune fasi a rischio (ad esempio l’uso di latte crudo, la stagionatura sotto paglia, e su assi di legno, la brevissima stagionatura del prodotto). L’elevata concentrazione di microflora lattica presente nel prodotto svolge tuttavia una azione positiva per il consumatore. Il prodotto può essere considerato di qualità igienica media

brusscariche basse cariche basse neg. assente assente  

Il prodotto può essere considerato di qualità igienica medio alta

caprino della Val Vigezzo

nd nd nd nd nd nd

Il Caprino della Val Vigezzo viene attualmente prodotto quasi esclusivamente dal locale caseificio con latte pastorizzato o termizzato. Anche alcuni piccoli produttori locali che producono il caprino della Val Vigezzo utilizzano latte termizzato. La produzione da latte crudo è praticamente scomparsa. Il formaggio non è stato campionato per le successive analisi.

caprino presamico piemontese

1 lotto elevato cariche basse neg. assente assente  

Il prodotto, vista la breve stagionatura e i trattamenti termici blandi è buona fonte di microrganismi lattici e può essere considerato di qualità igienica medio alta

formaggio a crosta rossa

cariche elevate cariche basse neg. assente assente  

Il processo produttivo richiede l’utilizzo di latte crudo e di pezze di tela per la prima asciugatura delle forme; la materia prima non trattata termicamente e le metodiche di sanificazioni delle tele possono essere ritenute responsabili delle elevate cariche batteriche rilevate. Le cariche di Stafilococchi coagulasi + sono sempre state inferiori al limite di rilevabilità del metodo analitico. Il prodotto può essere quindi considerato di qualità igienica media.

gioda

cariche basse cariche basse neg. assente assente  

Per E.coli si sono rilevate basse cariche. La stagionatura protratta per circa 2 mesi e l’elevata carica naturale di microflora lattica contribuiscono a classificare il prodotto fra quelli con qualità igienica medio alta.

montebore

101-103 ufc/gr inf. 100 ufc/gr neg. assente + 1 lotto, su crosta 100 ufc/g

Il ritrovamento di Listeria non consente di delineare un profilo del tutto positivo per questo prodotto. Inoltre, il processo produttivo di questo formaggio prevede, oltre all’utilizzo di latte crudo, l’impiego di contenitori di legno per la scolatura della cagliata e per le prime fasi di asciugatura. Questo secondo fattore crea ambiente idoneo alla proliferazione e al mantenimento del patogeno e aiuta a spiegare il suo ritrovamento sulla crosta del campione.

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  E.coli Staph. Coag+enterotossine

Staph.Salmonella spp L. monocytogenes ufc/gr

mortret

101-103 ufc/gr cariche basse neg. assente assente  

Il prodotto, pur considerato a rischio per l’abitudine a farlo stagionare avvolto in pezze di tessuto, può comunque essere considerato di qualità igienico sanitaria medio alta forse anche in relazione alla possibile pastorizzazione delle materie prime ed alla stagionatura piuttosto prolungata.

murtarat

101-105 ufc/gr 103-105 ufc/gr pos. 2 camp. assente assente  

Le caratteristiche chimico-fisiche, ed in particolare l'Aw dei campioni variano in relazione al grado di stagionatura del prodotto (Aw da 0,81 a 0,96). Su 2 campioni sono state rilevate tossine emetiche di tipo A ed E. Tali risultati analitici non consentono quindi di delineare un profilo del tutto positivo per questo prodotto.

robiola d'Alba

cariche basse eccezione 1 campione

cariche basse neg. assente assente  

In generale si può parlare di un prodotto con caratteristiche igienico sanitarie di qualità medio alte.

salagnun

cariche basse cariche basse neg. assente assente  

Nonostante per tradizione questo prodotto nasca per recuperare gli scarti e i pezzi di formaggi, dai campioni analizzati il prodotto risulta avere qualità igienico sanitaria medio alta, anche in relazione alla gran quantità di sale e spezie che vengono aggiunti.

sola

cariche basse eccezione 1 campione

cariche basse neg. assente assente  

Come gli altri prodotti a latte crudo, questo formaggio è ricco di microflora lattica autoctona e nel complesso può essere considerato di qualità igienico-sanitaria medio alta.

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  E.coli Staph. Coag+enterotossine

Staph.Salmonella spp L. monocytogenes ufc/gr

robiola o tuma di Bossolasco

fino a 104 ufc/gr fino a 104 ufc/gr neg. assente assente  

L’aggiunta di latte ovino può in alcuni casi essere la causa di contaminazioni di batteri di origine fecale per la mungitura manuale e spesso non agevole degli ovini. Anche le elevate cariche di microrganismi di origine ambientale possono essere ascrivibili alla materia prima. Il prodotto, dai dati ottenuti in questo campionamento, può essere quindi considerato di qualità igienico-sanitaria intermedia

toma di Lanzo

cariche basse eccezione 1 campione

cariche basse eccezione 1 campione

neg. assente assente  

Il prodotto, dai dati ottenuti in questo campionamento, può essere quindi considerato di qualità igienico-sanitaria medio-alta

tuma d' Trausela

cariche basse cariche basse neg. assente assente  

Il prodotto, dai dati ottenuti in questo campionamento, può essere quindi considerato di qualità igienico-sanitaria medio-alta

tometto

cariche basse eccezione 1 campione

cariche basse eccezione 1 campione

neg. assente assente  

Il prodotto, dai dati ottenuti in questo campionamento può essere quindi considerato di qualità igienico-sanitaria medio-alta

toumin dal Mel

cariche basse eccezione 1 campione

cariche basse eccezione 1 campione

neg. assente assente  

Il prodotto, dai dati ottenuti in questo campionamento, può essere quindi considerato di qualità igienico-sanitaria medio-alta .