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Programma di didattica speciale( 3cfu) Prof.ssa Murdaca La disciplina ha come obiettivo il promuovere una vera integrazione dei soggetti con bisogni educativi speciali nella comunità che li educa e li fa crescere.Di di qui la necessità di creare le condizioni ottimali in ogni contesto di vita per sostenere gli apprendimenti possibili in relazione alle potenzialità individuali,etc. così da offrire opportuni modelli educativo/didattici attraverso i quali il soggetto possa trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell’autonomia: Sul piano dei contenuti,il consentirà allo studente di riflettere e di analizzare gli studi più accreditati,oggi, sulla tematica della disabilità e sul disagio in genere,che fanno da sfondo alle prassi didattiche in uso nei contesti di vita e le principali strategie metodologico/didattiche che favoriscono gli apprendimenti a salvaguardia della integrazione dei soggetti in questione :La Disabilità nell’ottica della didattica speciale; dalla pedagogia speciale alla didattica speciale; didattica speciale e minorazione visiva e sordità, ICf e diagnosi funzionale; riflessioni sulle funzioni cognitive nella didattica inclusiva Testo L. COTTINI,Didattica speciale e integrazione scolastica, ed. Carocci Il programma è corredato da slide, che sintetizzano gli argomenti affrontati

Programma di didattica speciale( 3cfu) Prof.ssa Murdaca · sfondo alle prassi didattiche in uso nei contesti di vita e le principali strategie metodologico/didattiche ... didattica

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Programma di didattica speciale( 3cfu) Prof.ssa Murdaca La disciplina ha come obiettivo il promuovere una vera integrazione dei soggetti con bisogni educativi speciali nella comunità che li educa e li fa crescere.Di di qui la necessità di creare le condizioni ottimali in ogni contesto di vita per sostenere gli apprendimenti possibili in relazione alle potenzialità individuali,etc. così da offrire opportuni modelli educativo/didattici attraverso i quali il soggetto possa trovare gli elementi, i mezzi per costruire la propria identità, prerequisito fondamentale per il raggiungimento dell’autonomia: Sul piano dei contenuti,il consentirà allo studente di riflettere e di analizzare gli studi più accreditati,oggi, sulla tematica della disabilità e sul disagio in genere,che fanno da sfondo alle prassi didattiche in uso nei contesti di vita e le principali strategie metodologico/didattiche che favoriscono gli apprendimenti a salvaguardia della integrazione dei soggetti in questione :La Disabilità nell’ottica della didattica speciale; dalla pedagogia speciale alla didattica speciale; didattica speciale e minorazione visiva e sordità, ICf e diagnosi funzionale; riflessioni sulle funzioni cognitive nella didattica inclusiva Testo L. COTTINI,Didattica speciale e integrazione scolastica, ed. Carocci Il programma è corredato da slide, che sintetizzano gli argomenti affrontati

LA DIAGNOSI LA DIAGNOSI FUNZIONALE FUNZIONALE

SECONDO LSECONDO L’’ICFICF

Dario IanesDario IanesCentro Studi EricksonCentro Studi EricksonUniversitUniversitàà di Bolzanodi Bolzano

www.darioianes.itwww.darioianes.it

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VALUTAZIONE O DIAGNOSI ?VALUTAZIONE O DIAGNOSI ?

1.1. Diagnosi come corretto riconoscimento di Diagnosi come corretto riconoscimento di una sindromeuna sindromeSegni e sintomi criteri ICDSegni e sintomi criteri ICD--1010

2.2. Diagnosi come individuazione dellDiagnosi come individuazione dell’’eziologia eziologia ultimaultima

3.3. Diagnosi come analisi delle componenti di Diagnosi come analisi delle componenti di funzionamento funzionamento (Profondit(Profonditàà o globalito globalitàà) ) Valutazione per il PEI PdVValutazione per il PEI PdV

ICFICF

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ICFICF

..

ClassificazioneClassificazione InternazionaleInternazionale del del FunzionamentoFunzionamento, , delladella DisabilitDisabilitàà

e e delladella salutesalute(OMS, 2002)(OMS, 2002)

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ICFICF

COMUNICOMUNIche servono da riferimento per la descrizione della che servono da riferimento per la descrizione della

salute e degli stati ad essa correlatisalute e degli stati ad essa correlati

ModelloModelloconcettualeconcettuale

LinguaggioLinguaggio(codici e qualificatori)(codici e qualificatori)

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SALUTE eSALUTE eFUNZIONAMENTOFUNZIONAMENTO

sono la risultante disono la risultante diunun’’interconnessioneinterconnessione

complessa,complessa,globale eglobale e

multidimensionalemultidimensionaletra tra ……

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CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE ATTIVITÀ

PERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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ICFICF OMS 2002OMS 2002

Non si trovano piNon si trovano piùù i i termini termini disabilitdisabilitàà e e

handicaphandicap, che sono stati , che sono stati sostituiti da sostituiti da attivitattivitàà e e partecipazione partecipazione socialesociale

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ICFICF OMS 2002OMS 2002

I termini con una connotazione I termini con una connotazione negativa hanno acquisito una negativa hanno acquisito una valenza valenza

positivapositiva e le interazioni tra i vari e le interazioni tra i vari fattori che costituiscono la salute o la fattori che costituiscono la salute o la

disabilitdisabilitàà sono diventate pisono diventate piùùcomplesse, rendendo possibile la complesse, rendendo possibile la

comprensione anche delle situazioni comprensione anche delle situazioni pipiùù particolari e attribuendo il giusto particolari e attribuendo il giusto

peso ai peso ai fattori contestualifattori contestuali, sia , sia ambientali che personaliambientali che personali

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ICFICFMolto spesso si ritiene Molto spesso si ritiene erroneamente che lerroneamente che l’’ICF ICF

riguardi soltanto le persone riguardi soltanto le persone con con disabilitdisabilitàà, ma in realt, ma in realtàà

esso riguardaesso riguarda

TUTTI GLI INDIVIDUITUTTI GLI INDIVIDUI……

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ICFICF……INFATTIINFATTI

Ognuno di noi, può Ognuno di noi, può incorrere nel corso della incorrere nel corso della vita, in una situazione di vita, in una situazione di

limitazione delle ATTIVITAlimitazione delle ATTIVITA’’e della PARTECIPAZIONE e della PARTECIPAZIONE

vissuta in prima personavissuta in prima persona

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CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

È IL TERMINE OMBRELLO PER MALATTIA (ACUTA O CRONICA), DISTURBO, LESIONE O

TRAUMA. PUÒ INOLTRE COMPRENDERE ALTRE CIRCOSTANZE COME LA GRAVIDANZA,

L’INVECCHIAMENTO, LO STRESS, UN’ANOMALIA CONGENITA O UNA PREDISPOSIZIONE GENETICA. LE

CONDIZIONI DI SALUTE VENGONO CODIFICATE USANDO L’ICD-10

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CONDIZIONI FISICHE (disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE ATTIVITÀ

PERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREESTRUTTURE CORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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FUNZIONI CORPOREE

SONO LE FUNZIONI FISIOLOGICHE DEI SISTEMI CORPOREI, INCLUSE QUELLE PSICOLOGICHE. «CORPOREO» SI RIFERISCE ALL’ORGANISMO UMANO NELLA SUA INTEREZZA, INCLUDENDO COSÌ IL CERVELLO. PER QUESTO LE FUNZIONI MENTALI (O PSICOLOGICHE) SONO COMPRESE NELLE FUNZIONI CORPOREE.

CAPITOLO 1 FUNZIONI MENTALICAPITOLO 2 FUNZIONI SENSORIALI E DOLORECAPITOLO 3 FUNZIONI DELLA VOCE E DELL’ELOQUIOCAPITOLO 4 FUNZIONI DEI SISTEMI CARDIOVASCOLARE,

EMATOLOGICO, IMMUNOLOGICO E DELL’APPARATO RESPIRATORIO

CAPITOLO 5 FUNZIONI DELL’APPARATO DIGERENTE E DEI SISTEMI METABOLICO ED ENDOCRINO

CAPITOLO 6 FUNZIONI GENITOURINARIE E RIPRODUTTIVECAPITOLO 7 FUNZIONI NEURO-MUSCOLOSCHELETRICHE E CORRELATE

AL MOVIMENTOCAPITOLO 8 FUNZIONI DELLA CUTE E DELLE STRUTTURE CORRELATE

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FUNZIONI MENTALI

SPECIFICHE- dell’attenzione- della memoria- psicomotorie- emozionali- percettive- del pensiero- cognitive di livello superiore

- del linguaggio- di calcolo- di sequenza dei movimenti complessi

- dell’esperienza del sée del tempo

GLOBALI- della coscienza- dell’orientamento- intellettive- psicosociali globali- del temperamentoe della personalità

- dell’energia e dellepulsioni

- del sonno

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CONDIZIONI FISICHE (disturbo o malattia)

ATTIVITÀPERSONALI

PARTECIPAZIONESOCIALE

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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SONO LE PARTI STRUTTURALI O ANATOMICHE DEL CORPO COME GLI ORGANI, GLI ARTI E LE LORO COMPONENTI CLASSIFICATE SECONDO I SISTEMI CORPOREI.

STRUTTURE CORPOREE

CAPITOLO 1 STRUTTURE DEL SISTEMA NERVOSOCAPITOLO 2 OCCHIO, ORECCHIO E STRUTTURE CORRELATECAPITOLO 3 STRUTTURE COINVOLTE NELLA VOCE E NELL’ELOQUIOCAPITOLO 4 STRUTTURE DEI SISTEMI CARDIOVASCOLARE,

IMMUNOLOGICO E DELL’APPARATO RESPIRATORIOCAPITOLO 5 STRUTTURE CORRELATE ALL’APPARATO DIGERENTE E AI

SISTEMI METABOLICO ED ENDOCRINOCAPITOLO 6 STRUTTURE CORRELATE AI SISTEMI GENITOURINARIO

E RIPRODUTTIVOCAPITOLO 7 STRUTTURE CORRELATE AL MOVIMENTOCAPITOLO 8 CUTE E STRUTTURE CORRELATE

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CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

ATTIVITÀPERSONALISTRUTTURE

CORPOREE

FUNZIONICORPOREE

FATTORICONTESTUALI

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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ATTIVITÀ PERSONALI

È L’ESECUZIONE DI UN COMPITO O DI UN’ AZIONE DA PARTE DI UN INDIVIDUO.

ESSA RAPPRESENTA LA PROSPETTIVA INDIVIDUALE DEL FUNZIONAMENTO.

CAPITOLO 1 APPRENDIMENTO E APPLICAZIONE DELLE CONOSCENZECAPITOLO 2 COMPITI E RICHIESTE GENERALICAPITOLO 3 COMUNICAZIONECAPITOLO 4 MOBILITÀCAPITOLO 5 CURA DELLA PROPRIA PERSONACAPITOLO 6 VITA DOMESTICACAPITOLO 7 INTERAZIONI E RELAZIONI INTERPERSONALICAPITOLO 8 AREE DI VITA PRINCIPALICAPITOLO 9 VITA SOCIALE, CIVILE E DI COMUNITÀ

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APPRENDIMENTO E APPLICAZIONE DELLE CONOSCENZE

ATTIVITÀ PERSONALI

• Esperienze sensoriali intenzionali• Apprendimento di base• Applicazione delle conoscenze

COMPITI E RICHIESTE GENERALI

• Intraprendere un compito singolo• Intraprendere compiti articolati• Eseguire la routine quotidiana• Gestire la tensione e altre richieste di tipo psicologico

COMUNICAZIONE

• Comunicare-ricevere• Comunicare-produrre• Comunicazione e uso di strumenti e tecniche di comunicazione

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MOBILITA’

CURA DELLA PROPRIA PERSONA

• Cambiare e mantenere una posizione corporea• Trasportare, spostare e maneggiare oggetti• Camminare e spostarsi• Muoversi usando un mezzo di trasporto

• Prendersi cura di singole parti del corpo• Prendersi cura della propria salute • Vestirsi• Mangiare/Bere

VITA DOMESTICA

• Procurarsi i beni necessari• Compiti casalinghi• Prendersi cura degli oggetti della casa e assistere gli altri

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INTERAZIONI E RELAZIONI INTERPERSONALI

• Interazioni interpersonali generali• Relazioni interpersonali particolari

AREE DI VITA PRINCIPALI

• Istruzione• Lavoro e impiego• Vita economica

VITA SOCIALE, CIVILE E DI COMUNITA’

• Vita nella comunità• Ricreazione e tempo libero• Religione e spiritualità• Diritti umani• Vita politica e cittadinanza

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CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

ATTIVITÀPERSONALI

PARTECIPAZIONESOCIALE

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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PARTECIPAZIONE SOCIALE

È IL COINVOLGIMENTO E L’INTEGRAZIONE DI UNA PERSONA IN UNA SITUAZIONE REALE DI VITA. ESSA RAPPRESENTA LA

PROSPETTIVA SOCIALE DEL FUNZIONAMENTO.

LE RESTRIZIONI DELLA PARTECIPAZIONE SONO I PROBLEMI CHE UN INDIVIDUO PUÒ

SPERIMENTARE NEL COINVOLGIMENTO NELLE SITUAZIONI DI VITA

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CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE ATTIVITÀ

PERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

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FATTORI CONTESTUALI

SONO I FATTORI CHE NELL’INSIEME COSTITUISCONO L’INTERO CONTESTO DELLA

VITA DI UN INDIVIDUO. CI SONO DUE COMPONENTI DEI FATTORI

CONTESTUALI: I FATTORI AMBIENTALI E I FATTORI PERSONALI

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FATTORI AMBIENTALI

SI RIFERISCONO A TUTTI GLI ASPETTI DEL MONDO ESTERNO ED ESTRINSECO

CHE FORMANO IL CONTESTO DELLA VITA DI UN INDIVIDUO E, COME TALI,

HANNO UN IMPATTO SUL FUNZIONAMENTO DELLA PERSONA. I FATTORI

AMBIENTALI INCLUDONO L’AMBIENTE FISICO E LE SUE CARATTERISTICHE, IL

MONDO FISICO CREATO DALL’UOMO, ALTRE PERSONE IN DIVERSE RELAZIONI E

RUOLI, ATTEGGIAMENTI E VALORI, SISTEMI SOCIALI E SERVIZI, E POLITICHE,

REGOLE E LEGGI.

CAPITOLO 1 PRODOTTI E TECNOLOGIACAPITOLO 2 AMBIENTE NATURALE E CAMBIAMENTI AMBIENTALI

EFFETTUATI DALL’UOMOCAPITOLO 3 RELAZIONI E SOSTEGNO SOCIALECAPITOLO 4 ATTEGGIAMENTICAPITOLO 5 SERVIZI, SISTEMI E POLITICHE

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FATTORI PERSONALI

SONO FATTORI CONTESTUALI CORRELATI ALL’INDIVIDUO QUALI L’ETÀ, IL SESSO, LA CLASSE SOCIALE, LE ESPERIENZE DI

VITA E COSÌ VIA, CHE NON SONO ATTUALMENTE CLASSIFICATI NELL’ICF, MA CHE GLI UTILIZZATORI POSSONO INSERIRE NELLE LORO APPLICAZIONI

DELLA CLASSIFICAZIONE

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FATTORI PERSONALI

ASPETTI PSICOLOGICI, AFFETTIVI E COMPORTAMENTALI

STILI DI ATTRIBUZIONEAUTOEFFICACIA

AUTOSTIMAEMOTIVITA’

MOTIVAZIONECOMPORTAMENTI PROBLEMA

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Uso dei qualificatoriper la codifica delle componenti dell’ICF

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FUNZIONI CORPOREE

1 QUALIFICATORE

QUALIFICATORE GENERICO CON SCALA NEGATIVA, USATO PER INDICARE L’ESTENSIONE O LA GRAVITÀ DI UNA MENOMAZIONE:

xxx.0 NESSUNA menomazione (assente, trascurabile...) 0-4%xxx.1 menomazione LIEVE (leggera, piccola...) 5-24%xxx.2 menomazione MEDIA (moderata, discreta...) 25-49%xxx.3 menomazione GRAVE (notevole, estrema...) 50-95%xxx.4 menomazione COMPLETA (totale...) 96-100%xxx.8 non specificatoxxx.9 non applicabile

ESEMPIO:

b167.3 PER INDICARE UNA GRAVE MENOMAZIONE RELATIVA ALLE FUNZIONI MENTALI DEL LINGUAGGIO (in generale)

STRUTTURE CORPOREE

ESTENSIONE DELLAMENOMAZIONE

COLLOCAZIONE DELLAMENOMAZIONE

NATURA DELLAMENOMAZIONE

3 QUALIFICATORI

xxx.0 NESSUNA menomazionexxx.1 menomazione LIEVExxx.2 menomazione MEDIAxxx.3 menomazione GRAVExxx.4 menomazione COMPLETAxxx.8 non specificatoxxx.9 non applicabile

0 nessun cambiamento nella struttura

1 assenza totale 2 assenza parziale3 parte in eccesso4 dimensioni anormali5 discontinuità6 posizione deviante7 cambiamenti qualitativi

nella struttura, inclusol’accumulo di fluidi

8 non specificato9 non applicabile

0 più di unaregione

1 destra2 sinistra3 entrambi i lati4 frontale5 dorsale6 prossimale7 distale8 non specificato9 non applicabile

ESEMPIO:

s730.321 PER INDICARE LA PARZIALE ASSENZA DELL’ARTO SUPERIORE DESTRO

ATTIVITÀ E PARTECIPAZIONE

xxx.0 NESSUNA difficoltà (assente, trascurabile...) 0-4%xxx.1 difficoltà LIEVE (leggera, piccola...) 5-24%xxx.2 difficoltà MEDIA (moderata, discreta...) 25-49%xxx.3 difficoltà GRAVE (notevole, estrema...) 50-95%xxx.4 difficoltà COMPLETA (totale...) 96-100%xxx.8 non specificatoxxx.9 non applicabile

L’abilità di eseguire un compito o un’azione con l’influsso, positivo o negativo, di fattori contestuali ambientali e/o personali

CAPACITÀPERFORMANCE

L’abilità di eseguire un compito o un’azione senza l’influsso, positivo o negativo, di fattori contestuali e/o personali

2 QUALIFICATORI

ESEMPI:

d5101.1_ PER INDICARE LIEVE DIFFICOLTÀ NEL FARSI IL BAGNO CON L’USO DIAUSILI CHE SONO DISPONIBILI PER LA PERSONA NEL SUO AMBIENTE ATTUALE

d5101._2 PER INDICARE MEDIA DIFFICOLTÀ NEL FARSI IL BAGNO; IMPLICA CHE C’È UNADIFFICOLTÀ MEDIA SENZA L’USO DI AUSILI O ASSISTENZA PERSONALE

FATTORI AMBIENTALI

1 QUALIFICATORE

QUALIFICATORE CHE INDICA IL GRADO IN CUI UN FATTORE AMBIENTALE AGISCE COME UNA BARRIERA O UN FACILITATORE

xxx.0 NESSUNA barriera (assente, trascurabile...) 0-4%xxx.1 barriera LIEVE (leggera, piccola...) 5-24%xxx.2 barriera MEDIA (moderata, discreta...) 25-49%xxx.3 barriera GRAVE (notevole, estrema...) 50-95%xxx.4 barriera COMPLETA (totale...) 96-100%

xxx+0 NESSUN facilitatore (assente, trascurabile...) 0-4%xxx+1 facilitatore LIEVE (leggero, piccolo...) 5-24%xxx+2 facilitatore MEDIO (moderato, discreto...) 25-49%xxx+3 facilitatore GRAVE (notevole, estremo...) 50-95%xxx+4 facilitatore COMPLETO (totale...) 96-100%

xxx.8 barriera, non specificatoxxx+8 facilitatore, non specificatoxxx.9 non applicabile

ESEMPIO:

e130.2 PER INDICARE CHE I PRODOTTI PER L’ISTRUZIONE SONO UNA BARRIERA MEDIA.

e130+2 PER INDICARE CHE I PRODOTTI PER L’ISTRUZIONE SONO UN FACILITATORE MEDIO.

STRUTTURA DELLE AREE DELLA DF SECONDO L’ICF

TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

FUNZIONI MENTALI

Valutazione globale della funzionalità intellettiva

Test TINV

(Test di intelligenza non verbale)(Hammill, Pearson e Wiederholt, 1998)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Valutazione globale dello sviluppo mentale

Test LAP(Sanford e Zelman, 1984)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Valutazione dell’attenzione

Questionario “QMAI”(Marzocchi, Molin e Poli, 2000)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Valutazione dei disturbi da deficit attentivo con o senza iperattività

Scala di valutazione dell’auto-controllo

(Self-control rating scale – SCRS)(Kirby e Grimley, 1989)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Valutazione dei disturbi da deficit attentivo con o senza iperattività

Scala SDAI

(Scala per l’individuazione di comportamenti di disattenzione e iperattività, 1994)

(Cornoldi et al., 1996)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Memoria e metacognizione

Subtest del TEMA

(Analisi delle curve di apprendimento)(Reynolds e Bigler, 1995)

ESEMPIO

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FUNZIONI MENTALI

Valutazione di strategie metacognitive e atteggiamenti nelle attività di studio

Questionario QMS(Cornoldi, De Beni e Gruppo MT, 2001)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

APPRENDIMENTO

Valutazione della percezione

Test TPV

(Test di Percezione visiva e integrazione visuomotoria)(Hammill et al., 1994)

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

COMUNICAZIONE

Valutazione delle abilità comunicative di base

Test BAB

(Test di valutazione per l’handicappato grave)(Kiernan e Jones, 1984)

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COMUNICAZIONE

Valutazione del linguaggio

Test LAP

(Tappe di sviluppo linguistico dai 36 ai 72 mesi)(Sanford e Zelman, 1984)

ESEMPIO

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COMUNICAZIONE

Valutazione del linguaggio

Test TLR

(Test di valutazione del linguaggio ricettivo)(Mainardi, 1992)

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

MOBILITA’

Valutazione abilità motorie

Test LAP

(Tappe dello sviluppo grosso-motorio dai 36 ai 72 mesi)(Sanford e Zelman, 1984)

ESEMPIO

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MOBILITA’

Valutazione mobilità

Test LAP

(Abilità di prescrittura)(Sanford e Zelman, 1984)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

CURA DELLA PROPRIA PERSONA

Autonomia personale

Scheda di task analysis

per l’abilità di lavarsi i denti(Ianes e Celi, 1995)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

INTERAZIONI E RELAZIONI INTERPERSONALI

Valutazione delle abilità sociali in persone aggressive

Test TRI

(Test delle relazioni interpersonali)(Bracken, 1996)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

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Emotività

VITA SOCIALE, CIVILE E DI COMUNITA’

Valutazione abilità/deficit

Scheda di valutazione sulle abilità di sicurezza personale

(Ianes, 1984)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

STILI DI ATTRIBUZIONE

Processi e stili attributivi

Scala Nowicki-Strickland

(Valutazione del locus of control del bambino)(Kirby e Grimley, 1989)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

AUTOSTIMA

Valutazione dell’autostima

Test TMA

(Test di valutazione multidimensionale dell’autostima)(Bracken, 2003)

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

EMOTIVITA’

Valutazione delle emozioni

Inventario delle paure(Kendall e Di Pietro, 1995)

ESEMPIO

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EMOTIVITA’

Valutazione delle emozioni

Questionario Stanford sulla timidezza

(Stanford Survey on Shyness)(Zimbardo e Radl, 2001)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

COMPORTAMENTI PROBLEMA

Valutazione dei comportamenti problema

Quadro generale dei comportamenti problema

(Ianes e Cramerotti, 2002)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

MOTIVAZIONE

Valutazione della motivazione

Perché vado a scuola?(Tressoldi e Vio, 1996)

ESEMPIO

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TESTTEST E MATERIALI

CONDIZIONI FISICHE(disturbo o malattia)

PARTECIPAZIONESOCIALE

FUNZIONICORPOREE

FATTORIPERSONALI

FATTORIAMBIENTALI

ATTIVITÀPERSONALI

FATTORICONTESTUALI

STRUTTURE CORPOREE

Funzioni mentali Apprendimento Cura della propria persona Vita sociale, civile e di

comunitàComunicazione Interazioni e relazioni

interpersonaliMobilità

Stili di attribuzione Comportamenti problema

AutostimaMotivazione© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Emotività

BIBLIOGRAFIABIBLIOGRAFIA

Ianes D. (2004), La diagnosi funzionale secondo l’ICF, Trento, Erickson.

Ianes D., Celi F. e Cramerotti S. (2003), Il Piano educativo individualizzato-Progetto di vita. Guida 2003-2005, Trento, Erickson.

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Tressoldi P.E. e Vio C. (1996), Diagnosi dei disturbi dell’apprendimento scolastico, Trento, Erickson.

© 2005 Dario Ianes www.darioianes.it

Il linguaggio e la sua patologia

TEORIE

Funzioni cognitive. Mediante esse il soggetto agisce cognitivamente sugli stimoli e sui dati della esperienza: li analizza, li classifica, modifica e struttura in vista di un fine; li pone in relazione tra loro in modo da utilizzarli produttivamente per la soluzione di problemi

• Pensiero e concettualizzazione. • • Classificazione: capacità di raggruppare degli oggetti secondo categorie prefissate. • Tipica è la classificazione richiesta nel lavoro con i 'blocchi logici': al bambino • viene richiesto di classificare per forma ('prendi tutti i quadrati') o per colore ('tutti i • pezzi rossi'), o per forma e colore (‘tutti, e solo, i quadrati rossi'), o per forma, • colore e dimensione ('tutti, e solo, i quadrati rossi grandi'). E' possibile classificare • per esclusione ('tutti i quadrati non rossi', oppure 'tutti i pezzi che non sono • quadrati') e così via. Parallelamente, vi è la capacità di comprendere i rapporti di • inclusione fra una certa categoria e la categoria super-ordinata; questa capacità • consente di rispondere correttamente a una domanda del tipo: 'dato un insieme di 7 • palline bianche e 4 nere, ci sono più palline o più palline bianche

• Concettualizzazione astratta. E' l'abilità a costruire categorizzazioni del tutto scisse

• dal dato concreto ma fondate su considerazioni puramente formali (appunto, legate

• alla astrazione). Esempio: il concetto di 'malattia infettiva', che deve rispondere a

• determinate caratteristiche formali (costituire una patologia che dà luogo a sintomi,

• provenire da un virus diffuso nell'ambiente). Sulle modalità di formazione dei

• concetti un notevole contributo hanno dato gli studi di Bruner

• Induzione / deduzione: processi complementari del pensiero logico, tramite i quali

• si stabiliscono relazioni o 'regole' fra due o più eventi (processo induttivo) oppure a

• partire da alcune premesse si giunge a delle conclusioni sulla base di un • procedimento di tipo formale (deduzione). Gli esperimenti di fisica sono

spesso • fondati su ragionamenti induttivi: procedendo alla variazione sistematica di

un • fattore alla volta, si può determinare (appunto, induttivamente) da quali

fattori • dipende il getto d'acqua che fuoriesce da un buco praticato in un recipiente: • quantità, livello dell'acqua, forma del recipiente, ecc. Tipico esempio di • ragionamento deduttivo - in cui può non servire la verifica empirica diretta -

è il • sillogismo: se alcuni X sono Y, e se tutti gli Y sono Z, allora alcuni X sono Z.

• nozioni: • • Probabilità: verosimiglianza e grado di fiducia con cui si può prevedere un evento • ipotetico a partire da dati conosciuti, attraverso un ragionamento di deduzione • logica (es.: lanciando due dadi, è più probabile ottenere una somma di 6 - che • deriva da numerose combinazioni possibili - che di ottenere 12, possibile solo in • una combinazione). • • Causalità: capacità di cogliere correttamente i nessi causa-effetto e quindi di

mettere • in relazione appropriatamente gli eventi. Viene superato così il sincretismo • tipico del pensiero infantile, in base al quale eventi in realtà non correlati vengono • percepiti come legati da relazioni di causa-effetto ('sono stato cattivo, e perciò • piove e non posso uscire come mi piacerebbe

• Pensiero analitico: finalizzato a scomporre il campo cognitivo, superando la

• pregnanza delle configurazioni già consolidate. Witkin definiva questa abilità

• cognitiva 'indipendenza dal campo', cioé capacità di staccarsi dal tipo di

• conoscenza che l'insieme delle stimolazioni tende ad 'imporre' al soggetto.

• • Pensiero sintetico: attività cognitiva complementare alla precedente, volta a

• cogliere relazioni essenziali che permettono di valutare il campo di stimoli

• 8 • cognitivi nella sua complessità o ad inserirlo in uno 'schema'

riassuntivo

• Il pensiero intuitivo, secondo la nota definizione di Bruner, è una «scorciatoia fondata • su strutturazioni informali», una abbreviazione del procedimento di inferenza • che viene usata quando gli elementi per il pensiero analitico non sono sufficienti ed • il soggetto mette in atto strategie attive di completamento. • • Pensiero generalizzante: estensione delle deduzioni compiute in una certa

situazione • del campo cognitivo a situazioni analoghe, eventualmente di portata più • estesa. Questa caratteristica cognitiva - che è quella utilizzata nella estensione dei • risultati della ricerca scientifica e nella creazione di modelli teorici generali - è • sottoposta ai rischi di 'sovra-generalizzazione' ossia di estensione indebita da una • situazione all'altra, se esse sono diverse tra loro in aspetti essenziali. Le conclusioni • dedotte da un esperimento sul travaso dei liquidi possono essere generalizzate se le • condizioni (per esempio, la forma dei recipienti ed il tipo di liquido) sono analoghe • o non tanto diverse da modificare le conclusioni stesse. • • Pensiero valutativo: implica il confronto del dato - esterno o interno - con uno • standard o criterio relativo alla situazione

Teorie psicolinguistiche

Quali sono i processi di attivazione delle rappresentazioni linguistiche?Le moderne teorie guardano alla comprensione,

produzione, sviluppo La produzion del linguaggio parlato, la comprensione del ling,

la lettura e scrittura sono suddivise in sottocomponenti deputati allo svolgimento di determinati compiti

Apprendimento della lettura • Stadio logografico • – Età prescolare • – Vengono apprese le proprietà più salienti delle • parole (per es., il gruppo “mm” nella parola • “mamma”) • •Stadio alfabetico • – Vengono discriminate le singole lettere • – Vengono messe in corrispondenza le lettere con • i suoni • – Vengono lette parole nuove

Apprendimento scrittura

• •Stadio fonologico • – Il bambino usa regole di corrispondenza

fonemi-grafemi • •Stadio ortografico • – Come nello stadio ortografico della

lettura, il • bambino usa rappresentazioni lessicali (in • questo caso ortografiche) dell’intera parola

Procedura fonologica indiretta

• Analisi delle caratteristiche fisiche della sequenza di lettere che compongono una parola*+le relazioni topografiche=estrazione di una rappresentazione grafemica canonica che porta al riconoscimento delle lettere indipndentemente dalla forma, dallo stile (corsivo-stampatello

• Parola scritta • Analisi visiva grafemica • Segmentazione grafemica • Conversione

• Analisi Visivo-Ortografica • Lessico • Ortografico • di Input • Buffer • Fonemico • Regole • Conversione • Grafema-Fonema • Lessico • Fonologico • di output • Sistema • Semantico • INPUT SCRITTO • OUTPUT ORALE • DRC model • Coltheart, Rastle, Perry, • Langdon & Ziegler, 2001

• Le componenti principali del sistema di eleborazione linguistica sono rappresentate da quei processi che attivano i livelli fonologici,sintattico-lessicali del linguaggio, parlato e scritto, della lettura , scrittura(Butterworth)

Produzione del linguaggio

• Sistema semantico concettualizza il pens. • Sistema sintattico: assegna ruoli

grammaticali alle frasi da produrre( per es. specifica le relazioni tra le unità lessicali)

• Sistema lessicale mette a disposizione le parole per la costruzione delle frasi ( I due sistemi lavorano in parallelo)

• Sistema prosodico sceglie l’intonazione adeguata al contesto

Modello a 3 vie(Sartori)

• Analisi visiva=Riconoscimento delle lettere(identificazione delle lettere=Conversione grafema fonema)Riconoscimento visivo parole=sistema semantico= produzione di parole= sistema articolatorio

• Processi mplicati sono:categorizzazione,attivazione dell’evidenza percettiva,(via visiva o via lessicale

• La via lessicale si divide in semantica e non sem. Insieme attivano il meccanismo di produzione delle parole,che acquisisce evidenza sem. ed attiva la forma fonologica. La via visiva semantica attiva il significato dlla parola.quella non sem.è collegata al sist. di produzione delle parole

• ( per es, lettura accurata senza comprensione)

• Certe forme di deficit di lettura(effetto concretezza e l’effetto categoria grammaticale(le parole concrete vanno lette meglio, così come pure i sostantivi) sono proprio guasti nel sistema semantico

• La via fonologica o fonologia assemblata applica le regole di conversione grafema-fonema.

• L’ultimo stadio, quello dell’articolazione produce la parola che è stata elaborata dai meccanismi precedenti: Questo livello è comune ad una serie di compiti linguistici quali la ripetizione ad alta voce e la produzione spontanea e non è compito specifico della lettura

Evidenze ed interpretazioni della dislessia secondo il modello di

Sartori • Consideriamo la distinzione fra via

lessicale e via fonologica(devono essere interrelate,: la via FONOLOGICA deve esistere )altrimenti la sola via visiva non permette di leggere le non parole) così come la via visiva senza quella fonologica non permette di leggere le parole eccezioni di pronuncia: La distinzione tra queste due vie spiegherebbe la dislessia

• Dislessia fonologica: ha come sintomo l’incapacità di leggere a voce alta le non parole (prive di significato ), anche se vi è capacità di leggere le parole: deficit selettivo per alcun categorie grammaticali

• difficoltà nella consapevolezza fonologica, ossia mancato riconoscimento dei suoni associati alle lettere (il bambino non riesce a riconoscere le parole che fanno rima oppure tutte le parole che iniziano con un certo suono);

• difficoltà nella memoria fonologica, mancata abilità nella ripetizione di suoni linguistici (il bambino ha difficoltà a ripetere certe parole o non-parole);

• scarsa velocità nella ripetizione di suoni, difficoltà quindi nell’articolazione delle parole.

• Dislessia fonologica • Nella dislessia fonologica si osserva una • corretta lettura delle parole sia regolari sia • irregolari ma vi è una lettura deficitaria delle • non-parole • Secondo il modello a due vie, ciò si può • spiegare postulando un disturbo selettivo delle • componenti non lessicali e una preservazione • delle componenti lessicali

• Questo problema causa una varietà di sintomi a livello comportamentale, come ad esempio difficoltà nella memoria verbale a breve termine, nella ripetizione di non-parole, nella consapevolezza fonologica, nell’acquisizione fonologica di nuova informazione verbale, nel recupero delle parole, nei test di denominazione rapida

Confronto tra Sartori e Ramus • Questa teoria presuppone che ciò che è danneggiato negli individui

dislessici sia la rappresentazione, l’immagazzinamento e/o il recupero dei suoni del parlato (Ramus 2003). Un pre-requisito necessario per imparare a leggere è l’acquisizione delle corrispondenze grafema-fonema del sistema alfabetico. In altre parole, un bambino deve scoprire la connessione tra lettere e suoni costitutivi del parlato. Le teorie spiegano la dislessia sostenendo il fatto che, se i suoni del parlato hanno rappresentazione, immagazzinamento e recupero deboli, questo porterebbe come risultato ad una comprensione insufficiente delle corrispondenze grafema-fonema della lingua. I sostenitori della teoria del deficit fonologico credono che la fonologia abbia un ruolo centrale e causale nella dislessia, suggerendo un legame diretto tra deficit cognitivo e problema comportamentale.

• Dislessia di superficie • – I pazienti dislessici di superficie tendono a • leggere le parole regolari meglio di quelle • irregolari e a regolarizzare queste ultime • – Questi sintomi possono essere spiegati • postulando un disturbo selettivo della via • lessicale di lettura con preservazione della via • non-lessicale • esempio l’una-luna, l’ago-lago, ecc.).

Modello Cornoldi • Nell’ambito delle abilità fonologiche implicate nel processo di lettura, riveste

un ruolo molto importante la consapevolezza fonologica, in altri termini la capacità del bambino di analizzare singolarmente i suoni appartenenti ad una parola, consentendogli così di rappresentare la parola stessa secondo un valore sonoro convenzionalmente accettato. Numerose ricerche hanno reso evidente come la consapevolezza fonologica sia in stretta relazione con l’apprendimento della lettura e della scrittura, una buona capacità del bambino di analizzare le singole componenti della parola, favorisce un apprendimento della lettura e della scrittura senza difficoltà.

• Per quanto riguarda il livello visivo possono verificarsi problemi nella discriminazione visiva, in questo caso il bambino memorizza le forme, ma ne scambia l’orientamento o la sequenza. In altri casi, nonostante la capacità di riconoscere le parole isolatamente, il bambino non riesce ad effettuare la stessa operazione all’interno di un testo quanto gli stimoli sono maggiori. Altro elemento caratterizzante è la difficoltà nell’integrazione visivo-uditiva, in altre parole l’incapacità di rappresentarsi visivamente la corrispondente rappresentazione a livello uditivo e viceversa, il problema sarà quello di associare la forma di una o più lettere al suono corrispondente.

• Capacità di analisi visiva degli stimoli, capacità di seguire l’orientamento del testo da sinistra a destra, la capacità di discriminare i suoni che cotituiscono la parola e di mantenerli in memoria il tempo necessario per leggerli o scriverli, la capacità di crare un’integrazione tra gli stimoli vsivi ed udiiv i la capacità di costuire quello che viene chiamato lessico mentale, che cons, al lettore di riconoscere le parole nella loro interezza

Processing temporale • L’ipotesi di un deficit di processing temporale mette in

dubbio la specificità del deficit fonologico della dislessia sostenendo che i problemi fonologici deriverebbero da un deficit di tipo uditivo (Tallal et al., 1993). Allo stesso modo della teoria fonologica, la teoria dell’elaborazione uditiva sostiene che ciò che sta al centro della dislessia sia un deficit cognitivo. Originariamente, Tallal introdusse la teoria del deficit di processing temporale negli anni settanta come una spiegazione del disturbo specifico del linguaggio, ma successivamente suggerì che essa potesse anche spiegare i problemi dei dislessici. La principale idea di questa teoria è che la dislessia sia il risultato di un disturbo di processing uditivo del linguaggio nella sfera temporale

• . • La conseguenza di un deficit di processing temporale è che i

bambini che ne sono colpiti non hanno la piena capacità di percepire ed elaborare eventi acustici brevi o che variano rapidamente, incluso quelli cruciali nel riconoscimento dei suoni del parlato. Secondo Tallal et al. (1993) l’incapacità di rappresentare suoni brevi e transizioni veloci causerebbe ulteriori difficoltà, in particolare quando tali eventi acustici rappresentano contrasti fonemici (come in ′ba′ e ′da′). Questa tesi è compatibile con varie indicazioni sulla presenza di rappresentazioni del suono del parlato difettose nei bambini dislessici (Liberman, 1). Il deficit di processing uditivo è ulteriormente supportato dagli studi condotti da Tallal e i suoi colleghi sui dislessici. Questi studi confermano una performance di livello basso su compiti uditivi come la discriminazione dei suoni, il temporal order judgement e il mascheramento (backward masking).

Quali le conseguenze di un deficit visivo

• . La teoria magnocellulare suggerisce che uno sviluppo danneggiato di un sistema di neuroni nel cervello (le magnocellule) può essere responsabile sia per la rielaborazione visiva e acustica sia per i problemi tattili trovati nei dislessici

• La teoria magnocellulare spiega le difficoltà visive nella dislessia suggerendo che i soggetti dislessici hanno poco controllo sul movimento oculare. Stein e i suoi colleghi credono che questo insufficiente controllo sia causato da uno sviluppo non corretto del sistema magnocellulare. Il sistema magnocellulare connette la retina ai lobi occipitale e parietale e così permette all’informazione trasmessa dall’occhio di essere elaborata dalle aree del cervello. Le magnocellule giocano un ruolo cruciale in diverse elaborazioni visive, come ad esempio nello scorgere il movimento, la direzione del movimento e il controllo del movimento oculare.

• Il movimento del controllo oculare è di particolare importanza nella lettura. Secondo Stein , uno sviluppo danneggiato del sistema magnocellulare può causare un controllo oculare instabile durante la lettura, e questo spiegherebbe le immagini movimentate e offuscate riportate da molti dislessici. Queste immagini mosse/sfocate causerebbero una confusione visiva dell’ordine delle lettere nei dislessici. E questo, a sua volta, porterebbe ad una memoria povera della forma visiva delle parole e ad un impedimento nell’acquisizione di abilità ortografiche.

Teoria magnocellulare e reti neurali specifiche

• La teoria magnocellulare spiega i problemi uditivi/fonologici nei dislessici suggerendo un danno nel sistema uditivo equivalente a quello del sistema magnocellulare visivo. Nel sistema uditivo non esiste un insieme anatomicamente distinto di magnocellule, tuttavia alcuni neuroni che si trovano nella via uditiva sono specializzati nell’elaborazione delle transizioni acustiche. Le transizioni acustiche sono cambiamenti nella frequenza, ampiezza e fase dei suoni. Un’ elaborazione ottimale della frequenza e dell’ampiezza delle transizioni è essenziale per riuscire a distinguere tra i suoni diversi delle lettere. Secondo Stein et al. (2001) il riconoscimento della frequenza e dell’ampiezza di queste transizioni è essenziale per soddisfare le richieste fonologiche della lettura. Uno sviluppo danneggiato dell’elaborazione delle transizioni uditive può portare ad una confusione uditiva dei suoni delle lettere e così ad un impedimento nell’acquisizione delle abilità fonologiche

• In poche parole, le cause delle difficoltà dei dislessici possono essere divise in due gruppi: da un lato, la teoria fonologica dice che la dislessia è dovuta ad un deficit di tipo fonologico, dall’altro la teoria magnocellulare dice che l’incapacità di leggere è dovuta a deficit generali sensoriali, ad esempio di tipo visivo, uditivo e motorio

Neurodidattica

• Obiettivi di tipo cogntivo:quali processi, quali contenuti aumentare

• Obiettivi nell’area delle emozioni<. Devo accrescere la sua autostima, devo fare in modo che reagisca agli insuccessi

• Obettivi nell’area dei comportamenti< devo aumentare il suo livello di autocontrollo

Potenziamento dei contenuti nell’area della lettura

Le difficoltà nella lettura si situano su due livelli:1)primo livello riguarda la decodifica decifrativa,(processi di input ed elaborazione, acquisizione di un automatismo)”2) riguarda la

decodifica semantica(processi di elaborazione ed output) Apprendere singnifica perecepire attarvrso l’attenzione, consolidare le informazioni attraverso la memoria, e poi

collegarle attraverso la logica

• Le difficoltà di appr.sono legate al non uso spontaneo di molte funzioni cognitive, E’ quindi importante identificarle, strutturarle,farle usare, in modo che il loro uso diventi un’abitudine

• Attenzione generalizzata, attenzione selettiva, attenzione sostenuta, attenzione divisa, shifting attentivo(alternanza tra due prolemi)

• I processi di elaborazione riguardano la memoria e il ragionamento(capacità di stabilire relazioni tra contenuti e di rendere elastici gli apprendimenti creando collegamenti fra gli stessi: si verifica il transfert:Dopo si arriva all’allenamento che porta all’automazione

I deficit nella fase di input

• Limiti sensoriali e percezione vaga ed insufficiente con frammentaria raccolta di dati( esercizi sul comportamento ricettivo)che influenzerà negativamente le acquisizioni

• Comportamento esplorativo non sistematico, impulsivo e pianificato(esercizi di esplorazione sistematica con discriminazione di dati

Deficit input(deficit nel canale di entrata delle informazione

• Carenze nell’orientamento spaziale e temporale( portarlo verso sequenze, formulare ipotesi, progettare e pianificare,)

• Mancanza di esattezza e precisione

Deficit nella fase di elaborazione

• Incapacità di percepire un problema e definirlo

• ristrettezza del campo mentale(incapacità di richiamo dei dati immagazzinati in memoria, incapacità di interiorizzazione(insegnargli di riflettere o verbalizzare il ragionamento usato, abituarlo a pianificare per esercitare le immagini mentali

Deficit elaborazione

• Mancanza del bisogno spontaneo di confrontare(percezione episodica della realtà)

• Limiti nell’usare il ragionamento ipotetico deduttivo(mancanza di riflessione sui contenuti mancanza di strategie

• Mancanza della ricerca di evidenza logica • Difficoltà ad elaborare col linguaggio certe

categorie

Deficit nella fase di output

• Modalità di comunicazione egocentrica • Blocco a • Risposte per tentativi ed errori, incapacita • A trasporre immagini visive,mancanz o

insuffucienza del bisogno di orecisione

Valutazione funzionale

• Potenziamento dei contenuti ma anche dei processi.La valutaz. Deve risponedere:

• Obiettivi di tipo cognitivo(processi) • Obiettivi area emozioni(devo accrescere la

autostima) • Obiettivi nell’area ei comportamenti(il

livello di autocontrollo)

La minorazione visiva

La minorazione visiva può essere totale (cecità totale) o parziale (ipovisione). A livello funzionale e in relazione alla mobilità, all’orientamento e all’accesso all’informazione per non vedente o cieco si intende una persona che non

percepisce la luce o che percepisce solamente luci e ombre; mentre per ipovedente si intende una persona colpita da grave deficit visivo ma con conservazione di un residuo visivo utilizzabile nello svolgimento degli atti quotidiani. Per

minorato della vista si intende un soggetto appartenente indifferentemente ad uno dei due profili. Le tappe di sviluppo di un bambino cieco, in mancanza di altre patologie, seppur in ritardo, si susseguono con regolarità,

permettendogli di condurre potenzialmente una vita autonoma e serena. Il minorato visivo è titolare di diritti e di riconoscimento giuridico.

Diverse sono le norme che fanno riferimento a questa condizione e regolano e disciplinano le agevolazioni, gli ausili ed i provvedimenti a riguardo.

All’ interno della scuola, grazie ad un programma pedagogico e didattico appropriato e a strumenti adeguati, il fanciullo non vedente può sviluppare le conoscenze e le competenze proprie della sua età.

Disabilità sensoriali

fDisabilità sensoriale Questa espressione indica soprattutto tre tipologie di disabilità:

- la cecità o l’ipovisone con visus non superiore a 3/10; - la sordità o l’ipoacusia con perdita uditiva superiore a 25 decibel in entrambe le orecchie;

- la sordocecità caratterizzata dalla compresenza delle due disabilità sensoriali visive e uditive.

La disabilità sensoriale pregiudica spesso la vita di relazione e la comunicazione, ma anche la vita autonoma e quella quotidiana

• L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) prevede cinque categorie di disabilità visiva che tengono in considerazione sia del visus, che del campo visivo (considerati separatamente). Ecco una tabella esemplificativa: Categoria di disabilità visiva Acutezza visiva MAX Acutezza visiva MIN Campo visivo MAX Campo visivo MIN Moderata 3/10 1/10 30° 11° Grave o severa

• L'ipovisione è una condizione di acutezza visiva molto limitata che ha notevoli conseguenze sulla vita quotidiana. La vista si può ridurre fortemente in seguito apatologie che possono colpire diverse strutture oculari, che vanno dalla cornea alla retina, fino al nervo ottico.

• L'ipovisione può essere: - Grave: residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore anche con correzione; - medio-grave: residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore anche con correzione; - lieve: residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore anche con correzione

• In base al testo della nuova legge, approvata in Parlamento l’8 marzo 2001, sulla «Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici» si distinguono: – ipovedenti lievi (dal greco hypó = sotto + il latino vidère = vedere): hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 (anche con eventuale correzione) e un residuo perimetrico binoculare inferiore al 60%; – ipovedenti medio-gravi: hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 (anche con eventuale correzione) e un residuo perimetrico binoculare inferiore al 50%; – ipovedenti gravi: hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 (anche con eventuale correzione) e un residuo perimetrico binoculare inferiore al 30%; – ciechi parziali (dal latino caecus = cieco): hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 (anche con eventuale correzione) e un residuo perimetrico binoculare inferiore al 10%; – ciechi totali: hanno una totale mancanza della vista in entrambi gli occhi, la mera percezione dell’ombra, della luce, del moto della mano e un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3%.

• La legislazione italiana (legge 138 del 21 aprile 2001) distingue cinque categorie di minorazione visiva: • Ipovedenti lievi (residuo visivo non superiore a 3/10 bilaterale con la migliore correzione o campo visivo bilaterale inferiore al 60%); • Ipovedenti medio-gravi (residuo visivo non superiore a 2/10 bilaterale con la migliore correzione o campo visivo bilaterale inferiore al 50%); • Ipovedenti gravi (residuo visivo non superiore a 1/10 bilaterale con la migliore correzione o campo visivo bilaterale inferiore al 30%); • Ciechi parziali (residuo visivo non superiore a 1/20 bilaterale con la migliore correzione o campo visivo bilaterale inferiore al 10%); • Ciechi totali (percezione ombra e luce o movimento della mano in entrambi gli occhi o campo visivo bilaterale inferiore al 3%).

• Con il termine cecità (dal latino caecitas) o tiflosi (dal greco typhlós = cieco) si indica sia il grado di minorazione dell’acutezza visiva, sia le difficoltà del soggetto che ne è affetto ad adattarsi all’ambiente circostante. È cieco colui che non dispone di alcuna percezione visiva derivante da stimoli luminosi provenienti dall’ambiente esterno, ma lo è anche colui che, pur disponendo di alcune vaghe percezioni visive (luci, ombre, colori, forme ecc.), non le possiede comunque in modo tale da potersi destreggiare "normalmente" nella vita quotidiana. Per quanto riguarda la capacità visiva, la valutazione viene effettuata tenendo conto della misura della acuità visiva (visus), intesa come capacità di distinguere con precisione forme grafiche ad una distanza definita. La misura della capacità visiva residua, a livello medico legale, viene normalmente espressa con frazioni numeriche: 1/10, 2/10, 1/50 ecc.

• La cecità può essere di origine sensoria, ovvero causata da lesioni periferiche od oculari (lesioni della retina o delle vie ottiche), oppure di origine cerebrale, ossia dovuta a cause centrali che interessano i centri nervosi dei lobi occipitali. Oltre alla localizzazione topografica dell’origine del deficit si può fare anche una distinzione temporale, ossia relativa al periodo d’insorgenza dell’handicap: è chiaro che il soggetto diventato cieco nel corso della vita, a differenza dell’individuo nato cieco, ha una memoria dell’esperienza visiva che gli consente una costruzione mentale del mondo, e presenta dunque una maggiore possibilità educativa e riabilitativa

• Cecità corticale (CVI) • La cecità corticale (CVI) è un deficit visivo in cui si manifesta cecità a

seguito di lesione, per cause traumatiche o più spesso vascolari, delle aree visive primarie della corteccia cerebrale.

• Pluriminorati psicosensoriali • Essere pluriminorati psicosensoriali significa avere una disabilità

congiunta della vista e dell’udito, una minorazione di entrambi i canali sensoriali e una disabilità intellettiva, oltre a deficit motori o problemi comportamentali,patologie organiche, danni neurologici. Si tratta di disabilità che comportano serie limitazioni nella capacità di comunicare, nell’autonomia personale e nell’apprendimento, oltre a gravi difficoltà anche nella percezione dell’ambiente circostante e nelle relazioni interpersonali

• Sindrome di Usher • Una delle principali cause di sordocecità negli adulti, si manifesta con

sordità alla nascita e successiva perdita progressiva della vista per degenerazione della retina (retinite pigmentosa).

• (abstract) Lo studioso di oftalmologia Albrecht von Gräfe nel 1858 e il suo allievo Richard Liebreich intuirono per primi che si trattava di una sindrome autosomica recessiva a carattere ereditario.

• Oggi si riconoscono 3 tipi di sindrome Il primo presenta già alla nascita sordità grave o totale, mentre i problemi visivi possono iniziare a presentarsi dai dieci anni con la difficoltà di vedere con poca luce. Il secondo tipo presenta sordità congenita meno grave con l’insorgenza dei disturbi visivi più verso l’età giovane e adulta. Il terzo tipo si manifesta più raramente, udito e vista sono normali alla nascita e degenerano in modo diverso da persona a persona fino a culminare nella sordocecità dopo i 40 anni

• Braille • Il sistema di scrittura inventato nel 1829 da Louis Braille si

basa su 64 possibili combinazioni realizzate con sei punti in rilievo contenuti in un rettangolo di circa 4 x 7 mm. In questo modo sono state codificate tutte le lettere dell’alfabeto e della punteggiatura, inoltre sono stati creati dei simboli per l’ortografia, per la musica e la matematica. Oggi i nuovi simboli informatici hanno richiesto di portare il Braille da sei ad otto punti. Per ridurre la quantità di carta necessaria per scrivere con questo sistema è stata ideata la stenografia Braille, mentre la barra braille permette di leggere a rilievo le righe di testo presenti sullo schermo del PC.

• ETEROGENEITA' SORDO ORALISTA – SORDO SEGNANTE SORDO BILINGUE- NON UDENTE - IPOACUSICO - PERSONA CON DISABILITA' UDITIVA ( ICF ) PERSONA

• DEFINIZIONE DI DISABILITA' VISIVA La PERSONA CON DISABILITA' VISIVA percepisce il mondo attraverso gli occhi della mente e utilizza come canale di elaborazione delle informazioni la conoscenza plurisensoriale che deriva dal tatto, dall'udito, dall'olfatto e dal gusto per compensare l' assenza di vista. Questo porta a destare particolare attenzione nella cura dell'informazione che sia ambientale e non, attraverso l'opportuna segnalazione tattile ed uditiva dei luoghi e delle

• • CARTELLA CLINICA I disabili visivi possono essere: CIECHI TOTALI

Compromissione totale della funzione visiva CIECHI PARZIALI Malattie che comportano una notevole riduzione del visus o del campo visivo (inferiore del 10% rispetto all'occhio sano) IPOVEDENTI Condizione di disabilità permanente o temporanea che consente un minimo residuo

• Il daltonismo infine, ovvero l’impossibilità di distinguere uno o più colori, è una forma di cecità congenita (a carattere recessivo, legata al cromosoma sessuale x); è interessante sapere che esistono anche una cecità rossa (impossibilità di distinguere il colore rosso) e una cecità azzurra (impossibilità di distinguere il colore azzurro). Fin dagli inizi del XIX secolo si cominciarono a ricercare metodologie che ovviassero all’incapacità del non vedente di padroneggiare la lettura e la scrittura; fu il maestro cieco Luis Braille che nel 1829 elaborò un metodo di lettura e di scrittura per ciechi, basato sull’uso del tatto applicato ad un sistema di punti che, variando la loro disposizione all’interno di un rettangolo verticale di 6 x 3 mm, ricreano l’alfabeto, i numeri e le note musicali. Oggi la tecnologia moderna fornisce alcuni programmi informatici che rendono il computer agibile anche ai non vedenti e che traducono la videata in audio e/o in impulsi piezoelettrici su barra Braille.

Braille

• Il metodo braille si serve di un piano di lavoro metallico, costituto da solchi paralleli longitudinali, un telaio per la fissazion del foglio e dell’sticella, nonché una riga percorsa da un certo numero di casellini verticali,uno per ogni carttere: lo scrivente dopo aver inserito il foglio di carata robusta, produce dei segni servendosi di un punteruolo usato come una penna,andando da destra a sinistra. Lo scritto si può leggere,dopo aver grato la pagina dall’altra parte, da sinistra a destra

• Segni:64 • Sistem Ballù che permettev di produrre disegni a puntini

• La cecità congenita comporta notevoli ripercussioni sullo sviluppo linguistico del bambino e, inevitabilmente, sulle prime forme di comunicazione e di interazione. Alcuni studi riportano nessuna o minime differenze tra bambini vedenti e ciechi, altri invece riportano un notevole ritardo soprattutto per quanto riguarda l’aspetto semantico. Le ricerche finora svolte nel campo dell’acquisizione del linguaggio nel bambino non vedente hanno dato risultati contraddittori Queste differenze potrebbero essere dovute all’esiguità del numero di soggetti dei campioni e alla loro eterogeneità

• Il bambino normovedente, durante il primo anno di vita, affronta sviluppi significativi relazionandosi al mondo e alle persone che si prendono cura di lui, in particolare la madre. I progressi che egli compie sono altamente dipendenti dalla figura materna, dalla sua sensibilità, dalla capacità di interpretare i comportamenti comunicativi del figlio e di fornire una serie di situazioni familiari con caratteristiche ripetitive e stabili, che aiutano il bambino ad anticipare, a prevedere, a comprendere il mondo che lo circonda (Sellaroli, 1990).

• Sono inoltre fondamentali le capacità del bambino stesso di utilizzare le informazioni e quella visiva gioca un ruolo di primaria importanza.

• La cecità priva di molte opportunità di contatto oculare che caratterizzano lo sviluppo della relazione tra bambini vedenti e le persone che di loro si prendono cura

• La capacità di incorporare gli oggetti negli scambi sociali si sviluppa con molto ritardo e il bambino non vedente, pertanto, è profondamente deprivato nelle interazioni con gli altri, interazioni che sono importantissime per lo sviluppo dell’apprendimento e della comunicazione (Perez-Pereira, Conti-Ramsden, 2002).

• Ad esempio, nell’interazione madre-bambino non vedente, il bambino non è in grado di produrre un sorriso contingente poiché incapace di vedere il volto della madre. Inoltre, come dimostrato da Rowland (1983, 1984), le vocalizzazioni del bambino non vedente non sono sempre prodotte in risposta a comportamenti messi in atto dai genitori, come accade al vedente (Messer, 1994).

• I cicli di interazione tra il bambino con disabilità visiva e le persone che di lui riprendono cura possono risultare assai difficoltosi, limitando la possibilità di fare esperienza dell’alternanza regolare che caratterizza i comportamenti contingenti con i genitori e rendendo difficile per il bambino anticipare e prevedere ciò che sta per succedere.

• La capacità di anticipare e prevedere il proprio e l’altrui comportamento è legata allo sviluppo del sé e alla comprensione degli altri come agenti intenzionali in grado di compiere delle azioni. Queste acquisizioni costituiscono una grande sfida per il bambino non vedente. Egli ha difficoltà a scoprire se stesso, il proprio corpo e gli effetti del proprio comportamento sull’ambiente fisico e sociale che li circonda (Als, Tronick, 1980).

• La visione non appare essere un requisito fondamentale per le interazioni sociali durante l’infanzia, anche se contribuisce a renderle più spontanee, facili e frequenti. Gli adulti dovrebbero essere coscienti della necessità maggiore che il bambino cieco ha di stabilire routine e cicli di interazione e più pazienti ed attenti nel cogliere i segnali che indicano il loro coinvolgimento nell’interazione.

• Le persone che si prendono cura dei bambini non vedenti durante le conversazioni dovrebbero lasciarsi toccare le labbra, esplorare il volto e l’ambiente circostante e introdurre diverse stimolazioni sensoriali, suoni, odori, tessuti e forme.

• E’ importante l’abilità degli adulti di interpretare adeguatamente le reazioni e le espressioni facciali e corporee dei bambini non vedenti e di usare in modo continuo il linguaggio per sottolineare i cambiamenti di umore, la direzione dell’attenzione e per spiegare gli eventi correnti e futuri (Lewis, Collis, 1997; Webster, Roe, 1998).

• E’ attraverso l’apprendimento e l’uso dei simboli linguistici che il bambino non vedente incomincia ad intendere gli altri nel ruolo di agenti intenzionali.

• Il linguaggio gioca un ruolo molto importante nell’abilità di generalizzare e categorizzare, funzioni fondamentali nell’organizzazione dell’esperienza (Guzzetta, Mariotti, Iuvone, 1998).

• La parola è uno dei mezzi privilegiati per comunicare con gli altri e acquisire informazioni.

• La parola non è altro che simbolo: attraverso il suono evochiamo l’immagine mentale dell’oggetto a cui ci riferiamo e il bambino dovrebbe essere in grado di costituire una rappresentazione mentale di un oggetto prima di potersi riferire a questa immagine mentale con una parola.

• Molti simboli o rappresentazioni mentali si basano, nella nostra cultura, su dati sensoriali derivanti principalmente dalla vista e quindi difficili da utilizzare e comprendere da parte di chi ne è privo (Galati, 1996

• Il bambino cieco ha difficoltà nell’apprendimento del significato di certe parole a causa della sua ridotta esperienza, con conseguenti difficoltà a livello concettuale, così come si notano differenze nella comprensione di parole il cui significato cambia a seconda della prospettiva di chi parla (io-tu; questo-quello).

• Lo sviluppo del pensiero e quello del linguaggio, che procedono strettamente collegati, presentano nel bambino cieco percorsi anomali, spesso responsabili di deficit e ritardi. Si verifica in molti casi un impedimento nella evoluzione del pensiero astratto e della comunicazione verbale che non raggiunge un livello appropriato dal punto di vista concettuale e comunicativo (

• Lo studio di Brambring (2004), rileva lievi ritardi nello sviluppo delle prime parole significative. Una delle cause potrebbe dipendere dal fatto che i gesti, a sostegno dell’acquisizione del linguaggio, mentre si nomina un oggetto o una persona, non vengono percepiti dai bambini non vedenti. L’acquisizione della correlazione tra parola e oggetto è quindi più difficoltosa. Per poter compensare questa carenza è importante offrire al bambino, ogni volta che è possibile, una correlazione tattile tra parola e oggetto o persona.

• I bambini non vedenti si presentano inoltre scarsamente espressivi poiché il deficit visivo non permette al bambino l’apprendimento, tramite osservazione, dei modelli di comunicazione non verbale utilizzati dagli altri durante l’interazione con loro

• E’ infatti sempre più riconosciuta l’importanza che lo sviluppo cognitivo, gli stimoli e le risposte che vengono dall’ambiente, i processi di apprendimento e di socializzazione hanno nello strutturarsi della risposta emozionale (Ferri, Gambini, Sauro, 2001).

• Molti di questi fattori, importanti per lo sviluppo delle espressioni facciali, sono di tipo visivo. Probabilmente ciò contribuisce al fatto che alcuni bambini ciechi riducono con l’età le espressioni emotive facciali e utilizzano gesti particolari che spesso sono di difficile interpretazione o non risultano opportuni; Freeman e Blockberg (1987) ad esempio hanno rilevato che i bambini ciechi sorridono di più e sollevano le sopracciglia con eguale frequenza dei vedenti ma in situazioni spesso non appropriate.

• Tuttavia, sembra che le differenze maggiori tra vedenti e non, siano rilevabili a partire dal primo anno di vita: fino a questo momento infatti il bambino vedente e quello con vedente godono della produzione di suoni che sono in grado di emettere, anche se il bambino cieco prolunga un poco il periodo della lallazione

• Dopo il primo anno generalmente il bambino con disabilità visiva presenta un certo ritardo nella produzione linguistica dovuto alla difficoltà che questi incontra a stabilire un dialogo preverbale e quindi un referente comune con la persona alla quale è diretta la comunicazione (Hatwell, 2003).

• La vista coordina e sintetizza le informazioni provenienti da tutti gli altri canali sensoriali; la sua mancanza, quindi, può creare problemi e ritardi nell’uso del linguaggio come espressione della percezione della realtà e come espressione di bisogni e desideri.

• Senza la vista il bambino deve compiere un percorso molto lungo e difficoltoso per costruirsi il mondo degli oggetti, dare loro un nome e attribuire loro qualità e azioni di cui non ha esperienza diretta. Per questo, quindi, per il non vedente sono importanti le spiegazioni e le parole di chi vede per rendersi conto di ciò che ha solo udito.

• Le persone normovedenti però, prediligono i dati che arrivano loro attraverso gli occhi piuttosto che quelli che giungono attraverso altre modalità sensoriali e spesso non sono in grado di tradurre le esperienze visive in esperienze uditive o tattili. Per questo può accadere che il bambino cieco apprenda dagli adulti il linguaggio in modo meccanico, acquisendolo come un involucro privo di significato per lui o che si abitui a ricevere passivamente informazioni non riconducibili ad una sua esperienza diretta.

• Quindi, il bambino, a causa della carenza di contatto diretto con i referenti oggettuali concreti, spesso acquisisce un modello linguistico apparentemente “normale”, ma costituito da termini che non provocano nella mente del bambino l’immagine mentale o il concetto dell’oggetto o della situazione. Il bambino assimila parole e ricordi senza che questi siano associati ad immagini ed esperienze concrete. (Monti Civelli, 1983; Coppa, 1997; Guzzetta, Mariotti, Iuvone 1998

• La ripetizione di parole per imitazione senza afferrare i significati dimostra la difficoltà che il bambino cieco incontra nell’impadronirsi di molti concetti, soprattutto di quelli astratti o prettamente visivi (buio/luce, bianco/nero), attraverso il linguaggio. Molte parole restano per il bambino prive di significato anche se vengono da lui utilizzate (Perez-Pereira, Conti-Ramsden, 2002).

• L’uso indiscriminato di tali parole da parte del bambino non vedente costituisce il “parlare a pappagallo”: una delle “anomalie” maggiormente riscontrate è quindi la ripetizione di frasi non interamente appropriate al contesto (verbalismo

• Gli aspetti ripetitivi ed ecolalici, lungi dall’essere considerati segni di patologia, vanno interpretati come una peculiare modalità di comunicazione. Quando il significato di una frase ecolalica risulta oscuro, potrebbe essere un errore quello di ricondurre la conversazione su di un terreno più certo ed ignorare l’espressione prodotta dal bambino e non cercare il significato che vi è nascosto. Tuttavia è bene anche non incoraggiare troppo questo tipo di comunicazione, ad esempio abusando di registratori e musicassette: il bambino ne trae indubbiamente piacere, ma non sempre ciò lo arricchisce (Baldeschi, 2004).

• Il bambino cieco costruisce una sua interpretazione dell’oggetto; quando l’attività esplorativa non gli consente di conoscere una cosa, può capitare che la inventi, e anche se usa il vocabolo in maniera appropriata, permane un grave errore di significati e conoscenze. Sarebbe opportuno, quando ciò risulta possibile, verificare le cognizioni effettive dei vocaboli utilizzati dal bambino, ad esempio facendogli riprodurre attraverso la plastilina, un oggetto di cui egli utilizza il nome e correggere le eventuali rappresentazioni erronee (Bongi, 2002

• Crescendo, molti bambini non vedenti diventano capaci di approfondire il significato delle parole rifacendosi alle proprie esperienze e trovando modalità corrette per esprimerle, mentre altri incontrano difficoltà notevoli che spesso permangono anche in età adulta, di utilizzare parole con contenuti concettuali adeguati.

• Gli adulti, sia i genitori che gli insegnanti, per ridurre queste difficoltà, dovrebbero tendere ad arricchire non tanto il lessico del bambino, quanto l’intero patrimonio di conoscenze rappresentative che, solo in questo modo, verranno espresse con il linguaggio appropriato dopo essere state realmente comprese ed interiorizzate (Baldeschi, 2004).

• Questo processo si ottiene destando la curiosità del bambino e sollecitando l’esplorazione di tutto ciò che lo circonda, accompagnando tale attività con una efficace interazione verbale (Perez-Pereira, Conti-Ramsden, 2002

• Una differenza notevole rispetto allo sviluppo del linguaggio del bambino vedente si riscontra nella comparsa e nell’uso del pronome di prima persona da parte del bambino cieco, essendo il linguaggio una acquisizione molto importante anche nel processo di separazione-individuazione (Brambring, 2004).

• Il bambino privo della visione è obbligato a costruire l’immagine del corpo a partire dai vari aspetti dell’esperienza non visiva che ha a disposizione, nessuno dei quali può dare origine a una rappresentazione unitaria oggettivata e simultanea del corpo. Probabilmente, uno dei presupposti necessari perché nel linguaggio del bambino non vedente possa comparire stabilmente anche il pronome di prima persona, è il momento in cui egli sarà in grado di rappresentare se stesso nel gioco simbolico come oggetto in un mondo di altri oggetti

• Secondo Brambring (2004), è ragionevole aspettarsi un certo ritardo anche in questo: gli oggetti tradizionali per il gioco simbolico come bambole, macchinine, peluches, sono di scarsa motivazione per il bambino non vedente. Egli probabilmente fa fatica a riconoscere la bambola o la macchinina come miniature di persone ed oggetti reali, poiché le similitudini esistono soprattutto sul piano visivo, mentre miniatura e oggetto reale non si assomigliano dal punto di vista tattile, né uditivo.

• Sembra che i giochi simbolici emergano nel bambino cieco verso la fine dell’età prescolare e che si tratti non tanto di giochi simbolici con oggetti in miniatura, quanto di giochi di ruolo, dove viene usato l’aspetto verbale in particolare. Può darsi che il bambino non vedente riesca più facilmente a raggiungere la simbolizzazione attraverso una similitudine di movimento invece di una similitudine dell’oggetto stesso

• Finora esistono poche esperienze relative a proposte ludiche specifiche per il piccolo non vedente che permettono una compensazione alla limitazione del loro comportamento ludico.

• E’ compito dei genitori e degli educatori aiutare il bambino a raggiungere questa fondamentale tappa evolutiva fornendogli, in famiglia e a scuola, stimoli ed esperienze per la scoperta di se stesso e del mondo esterno

• Come si determina, a livello biologico, la minorazione visiva? Come vengono classificati, in medicina, i deficit visivi? Per rispondere a queste domane è necessario partire dal funzionamento dell’apparato visivo. Ecco, intanto, una schematizzazione delle parti/funzioni costituenti l’occhio:

• Il fenomeno della visione avviene attraverso la ricezione delle radiazioni luminose, nel successivo invio al cervello e nell’interpretazione delle suddette radiazioni da parte della corteccia cerebrale. L’occhio può raccogliere solo una gamma limitata delle radiazioni elettromagnetiche (non siamo sensibili all’infrarosso, per fare un esempio). I raggi luminosi fanno il loro percorso, successivamente giungono alla retina, dove avviene il momento di raccolta dati e l’invio ai centri superiori. A livello della fovea convergono, in un determinato punto, le immagini provenienti dall’esterno. Questa zona della retina è dotata di una elevata capacità di discernimento: per questo è utilizzata in ogni caso in cui è necessaria una visione particolareggiata. Essa, inoltre, permette la percezione dei colori.

• La restante superficie della retina entra in funzione nella visione notturna e ampliando il campo visivo. A livello della retina si conclude il percorso dei raggi luminosi. È qui che assistiamo alle trasformazioni chimiche necessarie per la generazione degli impulsi nervosi, che, lungo il nervo ottico, arrivano fino al cervello. Il rimodellamento dell’informazione avviene proprio lungo questo tragitto. A livello corticale le percezioni che hanno origine nella fovea hanno una rappresentazione più dettagliata di quelle provenienti dal resto dell’occhio. Dal lobo occipitale del cervello parte delle informazioni viene dirottata in altri distretti permettendo al singolo atto visivo di far parte di in una sorta di rete informativa che coinvolge la quasi totalità dei distretti cerebrali.

Sviluppo e disabilità visiva

• Vi sono due criteri di valutazione dei deficit visivi: la suddivisione anatomica e l’epoca di insorgenza. La suddivisione anatomica prende in considerazione le zone interessate, a seconda che la patologia riguardi gli annessi, la cornea, l’iride, la corioretina, il nervo ottico, l’idrodinamica, le vie ottiche e la corteccia. Il deficit può essere presente fin dalla nascita, ossia congenito, oppure può essere acquisito nel corso del tempo. Ecco un breve elenco relativo ai principali fattori causali delle compromissioni visive in età infantile:

• cause post-natali: infezioni virali, fattori immunitari, degenerativi e traumatici (meningiti ed encefaliti), tumori, diabete; • cause perinatali: anossia, prematurità e relativi trattamenti, diabete materno; • patologia congenita (raggiunge percentuali dal 27 al 50%): trasmissione genica di alterazioni organiche e fattori prenatali extragenici: infezioni, agenti fisici, intossicazioni, fattori endocrini, ecc. durante la gravidanza (per esempio, rosolia toxoplasmosi, ecc.).

• In un bambino con disabilità visiva l’acquisizione e l’elaborazione dell’informazione esterna si strutturano con modalità diverse rispetto al normovedente. Tradizionalmente venivano enfatizzati gli svantaggi dei soggetti non vedenti nelle rappresentazioni spaziali e attribuiti alla natura sequenziale dell’udito e del tatto, contrapposte alla presunta simultaneità del sistema visivo. Recenti studi – con la scoperta di due sistemi distinti, focale e periferico, e della stretta connessione del secondo con il movimento della testa e degli occhi – hanno messo in luce la natura sequenziale, sia pure di breve durata, del processo operativo visivo. L’elaborazione dello spazio, ad esempio, avverrà più lentamente e, necessariamente, attraverso tatto e udito, ma non in modo sostanzialmente differente rispetto al normodotato.

Sviluppo motorio

• La cecità congenita (o precoce) totale comporta difficoltà nelle acquisizioni senso-motorie, nelle rappresentazioni, nella simbolizzazione e nella elaborazione cognitiva dello spazio. Queste difficoltà, come detto in precedenza, sono legate all’udito e al tatto, ovvero ai due sistemi percettivi che prendono in carico la conoscenza dello spazio. La motricità permette l’esplorazione dell’ambiente e, conseguentemente, favorisce lo sviluppo cognitivo, percettivo e sociale.

• L’entità del ritardo è particolarmente elevata in quelle abilità che implicano: 1) motricità volontaria (sollevarsi delle braccia o lo spostarsi da una posizione all’altra); 2) deambulazione; 3) prensione dell’oggetto sonoro.

• Abilità Non vedente Vedente • Si alza sulle braccia da posizione prona 8,75 mesi 2,1 m • Afferra con le mani gli oggetti 5 mesi(entrambi • Afferra con le mani oggetti sonori 11 mesi • Passa da una posizione sulla schiena a una sul ventre

7,25 mesi 6,4 mesi • Rimane seduto senza bisogno di aiuto 8 mesi 6,6 • Si alza se aiutato 11 mesi 8,6 mesi • Cammina se sostenuto 10,75 mesi 8,8 mesi • Sta in piedi da solo 13 mesi 11 mesi • Cammina da solo (primi passi) 15,25 mesi 11,7 mesi

• Il tatto favorisce la conoscenza di quasi tutte le proprietà degli oggetti (forma, grandezza, localizzazione spaziale, rigidità, peso, temperatura, etc.). Il sistema tattile è una forma di contatto che ha un campo percettivo limitato: difficilmente compensa gli effetti della cecità (parziale o totale). Attraverso il tatto, comunque, il bambino scopre il mondo esterno quale realtà abitata da oggetti afferrabili, manipolabili, con un nome, un uso, una determinata forma. In questo senso le mani divengono l’organo percettivo primario: il coordinamento viso-motorio sarà pertanto sostituito dal coordinamento uditivo-manuale.

Sviluppo cognitivo • b) Sviluppo cognitivo La mancanza di visione nei primi mesi

di vita produce danni irreversibili: questo è il punto di partenza da cui non possiamo prescindere. Non possiamo e non dobbiamo eludere questo dato di fatto. Il deficit visivo instaurato dopo i primi anni ha effetti meno drastici: colui che recupera la vista deve, però, fare uno sforzo per reintegrare la funzione visiva nella struttura percettiva gerarchica precedente. Altro discorso ancora per ciò che riguarda l’ipovisione. L’attività cognitiva comprende i processi di pensiero, di concettualizzazione, di ragionamento, di categorizzazione; tale attività riguarda azioni o facoltà del conoscere contrapposte alle emozioni e agli aspetti motivazionali. Le abilità cognitive si riferiscono:

• al riconoscimento e alla memorizzazione di princìpi di classificazione (per esempio saper distinguere volti noti da volti sconosciuti); • all’essere certi dell’esistenza degli oggetti anche quando spariscono dal campo visivo (tattile o uditivo); • al saper riconoscere le similitudini e le differenze di esseri viventi; • al saper completare parti di informazioni in un insieme sensato; • al comprendere le connessioni tra causa ed effetto.

• Per sviluppo cognitivo si intendono i cambiamenti del bambino nell’elaborazione dell’informazione, attraverso l’esperienza al fine di potenziare le capacità e l’allargamento delle proprie conoscenze. Il sistema cognitivo è strutturato in funzioni verticali, o dominio-specifiche, e in funzioni trasversali, o dominio-generali. Esiste, tuttavia, una certa indipendenza, dovuta a predisposizioni genetiche, che rendono possibile lo sviluppo delle singole abilità anche in condizioni di deficit cognitivo. Le abilità cognitive si sviluppano nei primi anni di vita attraverso un confronto attivo con l’ambiente. I traguardi raggiunti cognitivamente hanno una notevole influenza sullo sviluppo motorio e viceversa: i due processi sono interdipendent

• Molte informazioni derivanti dal mondo esterno avvengono mediante il canale visivo. Per cogliere l’informazione e per agire nei primi mesi e anni di vita nel bambino non vedente si evidenziano notevoli svantaggi rispetto al normovedente. La cecità costringe a strutturare la relazione con il mondo esterno mediante altri canali. La vista rappresenta uno stimolo alla motivazione per muoversi verso persone o oggetti che suscitano interesse. Il bambino non vedente, se non stimolato adeguatamente, avrà quindi un ulteriore problema riguardante l’assenza – parziale o totale – di motivazione. In questi casi risulta compromesso l’apprendimento per imitazione.

• Nelle persone classificabili come cieche fin dalla nascita abbiamo anche altre menomazioni e/o ritardi nello sviluppo delle attività cognitive. Si pensi soltanto alla nozione di permanenza dell’oggetto, oppure all’insorgenza di blindismes, tic e condotte stereotipiche di autostimolazione (pugni schiacciati sugli occhi, dondolamento della testa e del tronco, ecolalie), cioè una produzione di stimoli suppletivi a quelli che non provengono dall’esterno che di per sé non inficiano specificatamente lo sviluppo cognitivo, ma che, in quanto privi di significato funzionale, certamente non lo incoraggiano. Anche lo sviluppo del ragionamento logico, segnatamente le operazioni infralogiche (conservazioni di sostanza e peso, per esempio) e quelle logico-matematiche implicanti percezione e manipolazione di oggetti concreti, risultano ritardate.

Sviluppo affettivo e sociale • l’influenza del deficit visivo sul soggetto si articola su due livelli: una

influenza diretta che ha ricadute sullo sviluppo psico-fisico e un’altra, indiretta, sullo sviluppo psicologico. È chiaro che questi due livelli portano con sé una ovvia ricaduta nella sfera affettiva e sociale. I vocalizzi e i pianti del bambino sono presenti all’incirca alla medesima età, sia per chi è affetto da cecità sia per il normovedente. Nel primo caso manca, ovviamente, il contatto visivo. La sostituzione, operata dalla figura genitoriale, dello sguardo con il tatto e, dunque, con una gratificazione attraverso il contatto, è ciò che generalmente è in uso fare. Così come segue un suo iter il processo di separazione-individuazione del bambino cieco, caratterizzato, come già analizzato, dal ritardo di alcuni mesi rispetto alle tappe fondamentali dello sviluppo.

• A rendere più problematica la vicenda dell’acquisizione progressiva di livelli di autonomia è la tendenza all’iperprotezione da parte degli adulti, che si manifesta attraverso una costante mediazione tra il bambino e l’ambiente circostante e/o semplicemente come difesa dai pericoli esterni. In questo senso la capacità di 16 distacco momentaneo dalla madre e dalle figure familiari, importante per il raggiungimento di un’autonomia psicologica, è possibile ad alcune condizioni: • un legame soddisfacente con i propri genitori nel primo periodo di vita; • una certa consapevolezza della propria e dell’altrui identità; • una certa tolleranza per la momentanea assenza delle figure familiari, basata sulla fiducia nella continuità del rapporto.

• La minorazione visiva ostacola, di fatto, il confronto costante con i pari. Attraverso l’osservazione il ragazzo e la ragazza valutano la normalità dei cambiamenti subiti e l’eventuale inadeguatezza delle loro azioni. Il vedere sui compagni di classe le stesse trasformazioni fisiche che si notano su se stessi ha un intrinseco valore tranquillizzante. La vista, dunque, consente l’acquisizione di informazioni dirette: il tatto o una descrizione vocale non hanno la stessa valenza dell’acquisizione personale e diretta attraverso la visione. L’adeguatezza delle trasformazioni anatomiche e fisiologiche del corpo viene verificata anche mediante la fruizione di materiale esplicativo: riviste per adolescenti, film o spot, materiali multimediali

• La presenza di una minorazione visiva limita enormemente la possibilità di venire in possesso di questi materiali e, quando ciò accade, di fruirne in modo autonomo e integrale. Allo stesso modo la minorazione visiva interferisce su tutte le altre forme di apprendimento incidentale e, soprattutto, imitativo che svolgono un ruolo importante nella modificazione delle posture, della gestualità, dell’aspetto e, ovviamente, dei comportamenti. Il corpo, proprio durante l’adolescenza, inizia ad essere una ricca fonte di informazioni: il taglio dei capelli, il tipo di indumento, un accessorio particolare sono veicoli per ottenere ed emettere informazioni. Solo nell’adolescenza la disabilità visiva totale viene percepita pienamente come disabilità: a quest’età il soggetto prende piena consapevolezza dell’entità anatomico-funzionale della propria patologia, delle limitazioni conseguenti nella realizzazione di compiti e nell’espressione di comportamenti e dello svantaggio sociale conseguente

apprendimento

• Apprendere significa modificare la struttura delle competenze possedute e i legami tra esse,così da integrare progressivamente informazioni nuove,riorganizzando la mappa dei concetti già elaborati,in modo d renderli sempre più potenti,cioè capaci di operare in situazioni problematiche mai incontrate

apprendimento

• Percepiamo le informazioni attraverso l’attenzione, il loro consolidamento attraverso la memoria e il collegamento attraverso la logica(elaborazione) e l’espressione esterna(output)

Modalità di apprendimento della persona con disabilità visiva

• Quali processi sono implicati

nell’apprendimento?:a)modalità visiva nella raccolta informazioni;b) modalità uditiva*tutti canali sensoriali:c) capacità di analisi globale dell’informzione raccolta nei circuiti della memoria e in particolare della memoria di lavoro ed infine la rielaborazione

• Attraverso la via visiva ci permette di cogliere il concreto della realtà ma anche di tradurre il tutto in rappresentazione (immagine mentale)

• Lavia visiva da intendersi come l’insieme dei processi cognitivi che si originano dalla conoscenza del mondo esterno come rappresentazione(

• L’apprendente vedente imposta la conoscenza di un concetto secondo due modalità:1)una visiva concreta(la visione reale dell’oggetto) e un’immagine mentale.ovvero ciò che si vede, quando ad occhi chiusi viene pronunciato il nome di quell’oggetto.

• Il non vedente avrà una doppia modalità,concreta e mentale,ma non basata su immagini,quanto su sensazioni,percezioni diverse

Attenzione:quanti tipi

• attenzione generalizzata(eccitabilità),attenzione selettiva(abilità a concentrarsi su stimoli rilevanti), attenzione sostenuta(abilità di dirigersi su stimoli specifici)e,attenzione divisa(prestare attenzione a più stimoli contemporaneamente) e lo shifting attentivo(passare da una situazione ad un’altra quando la situazione lo desidera

• La correlazione tra le informazioni avviene attraverso il ragionamento,che è studiato attraverso il transfer.;, appena il b. impara un abilità di base egli concentra tutte le risorse su di essa,quando avrà automatizzato il livello di base e non avrà bisogno di investire risorse sul livello più semplice investirà la sua attenzione su un livello più complesso e così via

L’apprendimento del non vedente

• Intanto è da dire che l’integrazione sensoriale che sottintende la neuroplasticità in seguito ad una deprivazione sensoriale è fondamentale per spiegare come le regioni cerebrali attivate sono le stesse dei vedenti anhe se percorrono vie percettive diverse Studi con l’ausilio della Pet dimostrano che il cervello del non vedente sopperisce alla mancanza della vista ampliando i confini delle aree tatili e uditive permettendo di vedere con le dita e con l’udito

Quali passi seguire

• Individuare i processi cognitivi e di apprendimento maggiormente danneggiati dalla minorazione visva

• Individuare il percorso alternativo più consono a sostituire la via standard e che permetta di raggiungere lo scopo prefissato

• Elaborare uno strumento compensativo che sia impostato secondo questa modalità alternativa

• Importanza della memoria procedurale • Utilizzare comptenze paralinguistiche non visive:il tono,

utilizzare un interplay che consente di ritenere lo scambo comunicativo in atto come diretto a lui

Accorgimenti nella didattica

• All’interno della dinamica della classe si può ricercare la ripetizione di una lezione a ctena fra gli studenti. Ogni studente ripete, spiegando,un blocco dlla lezione il quale viene ripreso continuato da un altrostudente e così via. Il non vdente è così costretto a mantenere l’attenzione anche sul filo conduttore dei vari argomenti, per non essere egli a far rallentare o interrompere il processo di ripetizione.

• Così facendo lo si favorirà nel segmentare l’informazione ricevuta, riuscendo a richiamare alla mente molto più facilmente singoli concetti(ma collegati logicamente) rispetto ad un unico set di nozioni.

• Sostituire lo spazio con il tempo: importanza dellamusica: sostituire spazio con tempo significa sostiture lontanza,limite, cambiamento con ausa

Mezzi tecnologici e informatici

• Registratore,megnetofono a bobine, libri parlati, audiolibri

• Screen readers/lettori dello schermo, ovvero applicazioni software che identificano ed interpretano il testo mostrato sllo schermo di un computer, presetandolo agli utenti con disbilità visiva tramite sintesi vocale o attravreso il display braille: Le persone ipovedenti usano gli ingranditori di schermo,detti screen magnifier.

• Il display braille, d’altro canto è una componente hardware, che l’utente con disabilità visiva può utilizzare,in alternativa alla sintesi vocale,per visualizzare i caratteri braille, esso consta solitamente di una raccolta di punti attraverso dei buchi su una superficie piana.Gli uteti ciechi,che non possono servirsi di un normale monitor, adoerano il display braille per leggere l’output, in scrittura braille leggibile con le mani,su cellette meccaniche

• I software screen reader controllano il display e raccolgono il contenuto dello schermo del sistema operativo, lo convertono in carattere braille e lo inviano al display.Lettori di schermo per la grafica dei sistemi operativi sono particolarmente complessi, perché gli elementi grafici come ad esempio le finestre di Windows devono essere interpretati e descritti in forma di testo, ma i sistemi operativi moderni in genere hanno un application programming interface per aiutare i lettori di schermo ad ottenere queste informazioni, come ad esempio MSAA per microsoft windows

Sussidi informatici

• un nuovo sviluppo, chiamato rotating-wheel Braille display è costituito da un display rotante. I punti b raille vengono disposti sul bordo di una ruota, che permette all’utente di leggere continuamente con un dito mentre la ruota gira ad una velocità selezionata.I punti braille sono impostati in modo semplice e un attuatore fissa i caratteri, come risultato,la complessità di fabbricazione è stata ridott e i rotating wheel braille displays quando saranno in produzione,dovrebbero essere meno costosi dei trdizionali display braille.

• Si vede bene da tutto come il display braille rapresenti una rivoluzione nel braille e nel modo di acceder alle informazioni, poiché è stato necessario introdurre la struttura a 8 punti per adattarla all’alfbeto internazionale dei computer di una tavola da 256 segni. In essa sono

La valutazione delle funzioni visive

Capacità oculomotorie: permettono di mantenere l’attenzione sullo stimolo integrando abilità di

inseguimento e saccadi coinvolte nella lettura; 2. Capacità fusionali: permettono un integrazione

sensoriale degli input visivi, gli stimoli visti separatamente sono integrati in una percezione

unitaria; 3. Capacità accomodative: permettono l’identificazione

degli stimoli alle diverse distanze

• 4. Equilibrio Binoculare: permette

un’integrazione motoria e di coordinazione dei due occhi.

• - Il secondo momento fornisce una valutazione che riassume i dati fondamentali per comprendere come l’informazione visiva è integrata ed elaborata

• La carenza nell’elaborazione dell’informazione visiva, nella maggior parte dei bambini che evidenzia problemi di apprendimento, ma con quoziente intellettivo nella norma, mostra aspetti della percezione visiva deficitari.

• La percezione visiva può essere definita come il processo cognitivo dato dall’integrazione tra l’input sensoriale visivo e l’esperienza dell’individuo

• 1.Abilità visuo spaziali, suddivise in: • - Lateralità, intesa come consapevolezza della

parte destra e sinistra del proprio corpo; • - Direzionalità, ovvero la capacità di identificare

la parte destra e sinistra nello spazio e nella relazione fra gli oggetti ;

• - Integrazione bilaterale, cioè l’abilità di utilizzare i due emicorpi sia separatamente che simultaneamente;

• Abilità che sembrano essere sequenziali, nel senso che se non

• 2.Abilità di Analisi, suddivise in: • - Riconoscimento della forma: capacità nel

riconoscere e discriminare similitudini e differenze fra le forme;

• - Distinzione tra figura-sfondo: capacità di distinguere un significato visivo in un contesto visivo;

• - Costanza di forma e misura: abilità di riconoscere la caratteristiche di una forma anche se modificate nella dimensione, localizzazione ed orientamento

• - Memoria visiva: capacità di ricordare uno stimolo visivo nella sua localizzazione spaziale;

• - Memoria visiva sequenziale: facoltà di richiamare sequenze di stimoli nella giusta successione;

• - Visualizzazione mentale: capacità di creare immagini mentali di oggetti, situazioni e sensazioni e di manipolarle con la mente;

• - Velocità di percezione visiva: capacità di maneggiare nell’elaborazione visiva un certo numero di informazioni

• 3.Abilità di integrazione suddivise in: – - Integrazione visuo-uditiva: capacità di integrare

stimoli visivi ed uditivi nella produzione di un significato;

– - Integrazione visuo-grossomotoria: abilità di integrare le informazioni visive con le informazioni del sistema grosso motorio;

• - Integrazione visuo-motoria fine: abilità di integrare le informazioni visive con l’aspetto motorio fine (in particolare con l’aspetto grafic

• Acuità visiva, nitidezza delle immagini • - Motilità oculare, controllo dei movimenti oculari • - Binocularità, abilità di coordinazione dei due occhi • - Accomodazione, focalizzazione • - Campi visivi, visione periferica • - Integrazione visuo-motoria, la visione guida il

movimento intelligente del cor • - Elaborazione dell’informazione visiva, trarre un

significato da ciò che si vede • - Memoria visiva, ricordare ciò che si è visto

• percettive visive diverse ma collegate fra loro. La batteria è adatta a bambini di età compresa fra i quattro ed i dieci anni. Il campione normativo si compone di 1972 bambini e le procedure di selezione hanno permesso di ottenere un campione normativo veramente rappresentativo della popolazione.

• Esso è la versione più recente della batteria elaborata dalla Frostig, in conformità con le ipotesi formulate dalla stessa sulla natura della percezione visiva.

• Essendo un test evolutivo è necessario rapportare il risultato grezzo con le tabelle normative per poi ottenere dei punteggi standard, ranghi percentili ed età equivalenti

• Il dato interessante in questa rivisitazione è che ogni subtest è classificato come test con elevato o limitato coinvolgimento motorio. I test, quindi, sono equamente suddivisi per test con motricità ridotta oppure test con motricità rilevante.

• I punteggi standard degli otto subtest portano, se sommati, ad un punteggio relativo alla Percezione Visiva Generale (PVG), mentre la somma di quattro subtest porta ad un punteggio composito relativo alla Percezione Visiva a Motricità Ridotta

• I contenuti dei singoli subtest sono così espressi: • - Coordinazione occhio-mano: misura la capacità di

tracciare linee rette o curve entro limiti visivi imposti. E’ molto importante nell’abilità di scrittura;

• - Posizione nello spazio: misura l’abilità di individuare le caratteristiche comuni a due figure. Poiché la figura stimolo resta visibile durante l’esecuzione, la memoria è un fattore che non trova alcuna implicazione, quindi è strettamente un compito di discriminazione visiva;

• - Copiature e riproduzione: misura le capacità di riconoscere le caratteristiche di una figura e ricopiarla. E’ una fonte di informazioni notevole sulla maturazione generale e sulle capacità fino motorie;

• - Figura sfondo: misura

• Figura sfondo: misura la capacità di vedere determinate figure quando sono confuse in uno sfondo complesso. Ovvero estrarre dettagli rilevanti eliminando informazione meno importanti;

• - Rapporti spaziali: misura la capacità di riprodurre delle figure stimolo congiungendo puntini sistemati a distanze regolari. Per eseguire questo compito si deve percepire il modello, organizzare le percezioni in un piano di risposte motorie ed eseguirlo fedelmente;

• - Completamento di figura: misura la capacità di riconoscere una figura stimolo che non è stata completata. Il principio psicologico è quello della

• Velocità visuo-motoria: misura la rapidità con cui il bambino può tracciare determinati segni distintivi all’interno di diverse figure geometriche. La velocità di esecuzione è un aspetto importante dell’efficienza visuo-motoria. Il bambino deve associare i segni distintivi, discriminare visivamente, eseguire il segno e monitorarne il risultato;

• - Costanza della forma: misura la capacità, ad alto livello, di riconoscere una figura stimolo modificata in dimensioni, posizione, ombreggiatura

• Lo sviluppo percettivo è considerato da alcuni Autori come l’affinamento della capacità di differenziare, ovvero essere consapevoli delle caratteristiche distintive di ogni elemento e delle relazioni invarianti (teoria della differenziazione percettiva dei Gibson

• I disturbi visuo-spaziali non hanno una modalità univoca di espressione, ma costituiscono un eterogeneo complesso di disabilità attinenti all’area non linguistica

Riflessioni sulle funzioni cognitive nella didattica inclusiva

-SOSTEGNO- • La pianificazione è il processo mentale

attraverso il quale l'individuo determina, seleziona, applica e valuta i problemi e le possibili soluzioni. Il processo di pianificazione permette di affrontare situazioni per le quali non sono immediatamente evidenti e disponibili vie di soluzione immediate. Questo processo viene applicato a compiti sia semplici sia complessi e può implicare altri processi come quelli di

• attenzione, simultaneità e successione. Bisogna stare molto accorti a tener conto che PIANIFICAZIONE, ATTENZIONE, SIMULTANEITA' non vanno interpretati in una modalità successiva ma che questi vanno considerati sistemici, integrati e seguono la regola dell'ologramma. Pertanto il nominarli ciascuno ci costringe a creare una successione perchè non è possibile fonderli

• nella parola parlata o scritta. In realtà questi vanno pensati come ti abbiamo sottolineato e cioè in modo sistemico

• Buone capacità nella pianificazione implicano lo sviluppo di un piano di azione, la valutazione del valore del metodo, il monitoraggio dell'efficacia, l'eventuale modifica o rifiuto di un piano quando il compito richiede un cambiamento e il controllo dell'impulso ad agire senza le opportune considerazioni.

• La pianificazione è presente in tutte le attività umane in cui si richiede di utilizzare un metodo per risolvere un problema sia in contesti scolastici sia nella vita quotidiana (in casa, al lavoro, tempo libero, gioco

• L'attenzione è un processo mentale attraverso il quale l'individuo si focalizza selettivamente su stimoli particolari inibendo quelle risposte a stimoli competitivi che vengono presentati nel tempo. Come si può notare l'attenzione è all'interno del processo di pianificazione proprio perchè mentre si pianifica è necessario creare delle gerarchie, delle complementarietà e delle relazioni tra gli elementi che sono l'oggetto del problema e della pianificazione.

• Buone capacità di attenzione richiedono che questa sia focalizzata e selettiva, impegnata e ostenuta. L'attenzione selettiva richiede l'inibizione delle risposte ad alcuni stimoli in favore di altri che possono risultare difficili da ignorare, mentre l'attenzione sostenuta si riferisce alle possibili variazioni della prestazione nel tempo che può essere influenzata dal variare dello sforzo richiesto per risolvere il problema ed eseguire il compito

• Il processo di simultaneità è un processo mentale attraverso il quale l'individuo integra stimoli separati in un intero o in un gruppo. Come si può notare la simultanietà pone nello stesso tempo e nella stessa dimensione progettuale e cognitiva la pianificazione e l'attenzione. Si parla di un tutt'uno in una forma organismica ed anche se alcuni degli aspetti momentaneamente risulta in primo piano, questa sua funzione di primo piano non è gerarchica e non trascura gli altri piani. Pertanto se l'attenzione in un momento ci porta a concentrarci su un elemento del sistema in cui stiamo intervenendo questo non significa che dobbiamo perdere la relazione con gli altri elementi, non dobbiamo uscire fuori dalla pianificazione né dobbiamo perdere la simultaneità degli eventi. E' come quando guidiamo l'automobile: l'attenzione di un momento su di un ostacolo che velocemente ci si pone davanti non ci deve far perdere il controllo del mezzo, non ci deve far distogliere dall'organizzazione complessiva pianificata nel sistema di guida in quanto il porre in secondo piano uno degli elementi ci fa perdere la simultanietà delle azioni occorrenti a controllare la nostra guida. L'essenza del processo di simultaneità è che la persona deve interrelare gli elementi stimolo in un unico percettivo o insieme concettuale

• Il processo di successione è un processo mentale attraverso il quale l'individuo integra gli stimoli in uno specifico ordine seriale tale da formare una catena in progressione. Questo è il processo che porta all'organizzazione DELL’ESPERIENZA per punti forti rappresentati da immagini e didascalie. La successione non è altro che una forma organizzativa logico-funzionale che assume uno

• spessore forte sul piano del potenziale cognitivo solo e soltanto se ha avuto quelle premesse strettamente integrate di pianificazione, attenzione e simultanietà

• La Teoria della Gestalt (M. Wertheimer) sostiene che strade uguali possono portare a destini differenti e che strade differenti possono condurre a uguali destini [2]. Un’educazione che pone l’accento solo sui contenuti e non sui processi, propone un mero ripetere, un “addestramento”, senza produrre un vero e proprio apprendimento che possa essere trasferito e riutilizzato in differenti contesti rendendo la persona autonoma e indipendente.

• La rigorosità en el contempo la flessibilità del metodo emozione di conoscere, includendo attivamente nei processi operativi ed in quelli progettuali i bambini e le persone con deficit, rendendoli protagonisti attivi dell’apprendimento, hanno come obiettivo quello di far sì che il bambino/persona acquisisca la capacità di risolvere problemi e di trasferire ciò che ha appreso in situazioni nuove, sconosciute. L’errore pertanto, in tale dimensione, deviene anch’esso un apprendimento.

• Nell’ambito della Gestalt, infatti, si denuncia il rischio di itinerari formativi addestrativi che legano gli apprendimenti e le abilità ai contenuti e alle nozioni. Di fatti alcune competenze possedute e messe in atto in date situazioni, contesti, con certi strumenti rimangono, per così dire, talmente "legati", "fissati" alle solite-consuete-abitudinarie circostanze sino a scomparire (non essere riconoscibili) in altre diverse in cui sono richieste: ciò diventa paradossale e determina alti rischi quando un bambino/persona ha un deficit.

• Dunker, parla di "fissità funzionale", che è quella tendenza “a "fissarsi" su quella che è la funzione normale e consueta di un oggetto mentre il contesto della situazione problematica richiederebbe che quell'oggetto venisse utilizzato in una funzione diversa. Il comportamento "fissato" tende dunque ad ostacolare la soluzione, il cui raggiungimento può dipendere proprio dalla possibilità di utilizzare quel dato oggetto nella funzione nuova, non abituale."

• La Gestalt quindi, offre al metodo emozione di conoscere la possibilità di indagare e valutare su quali possono essere le modalità educativo-didattico-formative che, in particolare in persone con deficit, tendono a produrre una non fluidità nel trasferire le competenze, permettendo di pensare in che modo un progetto educativo possa essere organizzato per fornire alla persona capacità che gli permettano di riconoscere le proprie competenze rendendo irrilevanti, secondarie o gestibili coscientemente le condizioni contestuali.

• ha elaborato degli strumenti di intervento finalizzati allo sviluppo dei potenziali cognitivi e affettivi agendo su:

• potenziamento della conoscenza dello spazio e del tempo

• categorizzazione, seriazione, classificazione • coordinamento oculo-manuale e motricità fine • conoscenza e utilizzo del danaro • potenziamento di attenzione, memoria e osservazione • acquisizione e potenziamento di abilità di letto-scrittura e

calcolo

• Le buone prassi/piste di lavoro hanno la finalità di far superare al bambino/persona gli handicap che i deficit propongono e di determinare condizioni per una didattica integrata ed inclusiva finalizzata al superamento delle difficoltà di apprendimento e di insegnamento per un progetto di vita autonoma e indipendente con l’emozione di conoscere e il desiderio di esistere anche pensando al dopo genitori. Le strategie operative/piste di lavoro, da mettere in atto nei quattro contesti (casa, scuola, lavoro e tempo libero) sono monitorate con una supervisione permanete sia in presenza che a distanza. Le piste di lavoro indicano come implicare i bambini e le persone con disabilità nello sviluppo nei processi in modo da immetterli in una condizione di riflettere sulle azioni per impadronirsi delle competenze in maniera profonda e strutturale in modo da poter esercitare intenzionalmente trasfer cognitivi

• La riflessione sull’azione porta l’architettura cognitiva ed affettiva del bambino e della persone con deficit a prescindere dalla situazione contingente in quanto l’esperienza non è di carattere nozionistica, ma va a determinare un cambio qualitativo nell’architettura cognitiva facendo scoprire al bambino/persona il pensiero e l’estrema potenza di questo nella possibilità di trasferire le competenze acquisite nell’esperienza. Le piste di lavoro, tramite una metodologia che al suo interno utilizza molteplici e rigorose strategie, propongono sollecitazioni in quella che Vygotskij chiama area di sviluppo potenziale. L’emozione di conoscere offre un metodo, attraverso le piste di lavoro, fondato su una sperimentalità rigorosa, attenta all'osservazione delle competenze della persona dei suoi "sa fare", per una produzione di ipotesi di intervento, di occasioni per farla divenire sempre più consapevole dei processi, dei percorsi, delle scelte, del "come ci si è organizzati per risolvere un problema"; del "come ci si può organizzare per ricercare, trovare risoluzioni"; che un problema può essere affrontato con modalità e strumenti diversi e che la sua analisi, la sua valutazione si può condurre da molteplici punti di vista; ...quel: saper chiedere, a chi, come, quando, saper cercare aiuto, individuare gli strumenti facilitanti,...

Didattica integrata • PRINCIPI • Globalita’: bisognerebbe far sì che la bambina o il bambino non si soffermi su di una

parte senza avere collegamento e significati nel contesto , nelle relazioni, nelle situazioni. Spesso ci si sofferma sul particolare troppo a lungo e si fa perdere il senso della circostanza.

• “Significazione: assolutamente bisogna non far fare attività, esercizi senza scopo o fini a se stessi. Nella lettura e scrittura il tener conto della globalita’ ed il puntare permanentemente sulle situazioni, sui significati, ha come conseguenza didattica quella di non insegnare le singole lettere ma le parole, le piccole frasi.

• Informazione: Il bambino o la bambina deve essere sempre informata chiaramente (anche anticipando in qualche modo e con ausili tipo le foto) di cosa dovrà fare e cosa sta facendo e perché.

• “Sa Fare”: è fondamentale incentivare la parte positiva, le competenze che il bambino/a possiede per poi partire da questa

• Multiaccessibilità: nell’insegnamento della lettura e scrittura, le nostre ricerche, ci hanno dimostrato che alcuni bambini sono favoriti nell’iniziare dalla lettura ed altri dalla scrittura, è bene quindi iniziare dalle abilità che la bambina o il bambino manifesta

• Occasioni: quando si organizzano attività bisogna tener conto che queste possono far scaturire opportunità non previste e a volte queste possono risultare più pregnanti, più significative di quanto avevamo progettato, bisogna essere pronti ad utilizzare tali occasioni, pronti a cambiare pur rimanendo nel progetto, negli obiettivi generali.

• Multimedialità: nel comunicare alla bambina o al bambino i contenuti: la parola, la scrittura, le immagini,..., a volte non sono sufficienti se separate, pertanto un messaggio multimediale integra i linguaggi; le parole sono sostenute da immagini , le immagini sostengono le parole, i suoni le immagini.

• Memoria Emozionale: bisogna tener conto che vi è anche la memoria affettiva, emozionale, quella memoria che presentifica alla mente immagini, situazioni, circostanze, odori, suoni, sapori,..., e che odori riportano alla memoria immagini, situazioni, parole; che parole riportano alla memoria odori, contesti,... La memoria evocativa attraverso le emozioni può essere un supporto per lo sviluppo cognitivo.

• Fare: itinerari didattici agiti: il toccare, il muoversi, l’andare, il guardare, il fare, l’incollare, il ritagliare, il lanciare, colpire, prendere, scappare,..., sono azioni che vanno incluse nel piano educativo e divengono leggere, scrivere, ricordare, perché si è agito, ci si è mossi

• Originale stile cognitivo: alcuni ragazzi ricordano, sono attenti, se stanno fermi, il mattino più che il pomeriggio, in silenzio,...; altri sono molto attenti ed hanno più disponibilità a memorizzare se sono in azione, in movimento, se chiacchierano, se ascoltano musica, il pomeriggio più che al mattino,...; altri...; ciascuno ha modalità tipiche per apprendere.

• L’eterocronia: Ad una prospettiva di uno sviluppo lineare più o meno omogenea e uniforme, vanno affiancate ipotesi che vadano ad osservare, verificare e valutare i processi di sviluppo nella loro estrema variabilità, con asimmetrie, instabilità, incostanze, incoerenze, difformità, eterocronie, che sembra non abbiano legami strettamente, paradigmaticamente legati ad un concetto di omogeneità, uniformità dello sviluppo.

• Attenzione ai contesti, alle situazioni, alle atmosfere, al sistema relazionale. La riflessione nell'ambito delle incostanze dello sviluppo psico-biologico della persona ha ampliato la prospettiva d'analisi dell'accrescimento anche negli ambiti relazionali, emozionali facendo rivolgere particolare attenzione ai vissuti, ai contesti, alle situazioni, agli eventi, ad un sistema globale estremamente complesso e variabile, aprendo nuove ipotesi sull'intelligenza, la memoria, l'apprendere verso originali orizzonti teoretici, metodologici ed operativi. In tale dimensione risulta complementare al Metodo Emozione di Conoscere L’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute

• Quando parlo di educazione inclusiva parlo di un processo per imparare a vivere con le differenze. Come dire, un processo di umanizzazione e, per tanto, suppone rispetto, partecipazione e convivenza. Se non si realizzano queste condizioni non può esserci apprendimento. Tuttavia, l’integrazione fa allusione al fatto che le persone differenti e i collettivi minoritari debbano adattarsi ad una cultura egemonica. E’ un processo di adattamento e non di rispetto

• Per ciò parlare di educazione inclusiva, dalla cultura scolastica, richiede l’essere disposti a cambiare le nostre prassi pedagogiche affinché ogni volta siano pratiche meno di segregazione e più umanizzanti. Cambiare le prassi pedagogiche significa che la mentalità dei docenti deve cambiare rispetto alle competenze cognitive e culturali delle persone differenti, significa che bisogna cambiare i sistemi di insegnamento e di apprendimento, significa che bisogna cambiare il curriculum, significa cambiare l’ organizzazione scolastica, significa che devono cambiare i sistemi di valutazione. É così, e se non è così, così deve essere. Se non siamo d’accordo con questo principio non vale la pena continuare a leggere questo scritto, perchè tutto ciò che va a trattare è strettamente relazionato con questa visione di scuola pubblica come spazio per l’educazione interculturale.

• Semplicemente rispettando i bambini nella loro diversità come diritto umano e come valore. Le bambine e i bambini che si presentano a scuola non sono bambine e bambini imperfetti, sono solo questo: bambine e bambini. Non sono esseri immaturi e incompleti, perchè non gli manca niente di speciale dell’essere bambina o bambino, sono semplicemente bambini. E in questo essere bambini si può essere nera, povero, sloveno o messicano, avere sindrome di Down, patire una malattia contagiosa, essere paralitico celebrale o essere semplicemente bambina o bambino, e niente di ciò rappresenta un difetto nè una piaga sociale, se non un valore. La natura è diversa e non c’è cosa più genuina nell’essere umano della diversità. La qualità più umana della natura è la diversità. E come non esistono due papaveri uguali, così non esistono due persone uguali. Non esiste la Storia dell’Umanità se non esistono bambine e bambini. Non esiste la Storia dell’Umanità se non c’è storia della diversità. La Storia della Diversità è la Storia delle bambine e dei bambini

• Bisogna evitare di cadere nella tirannia della normalizzazione. Lo stabilire norme generali senza prendere in considerazione le differenze individuali rappresenta più un atto di potere che di comprensione e rispetto per la diversità. Così quando una cittadina o un cittadino non si adegua alla norma imposta, non si analizza la norma per valutare se è o meno dannosa, ma si esige che la persona con qualche tipo di deficit cambi e se non è così, si cerca di adeguare la persona alla norma. Così nel mondo in cui si elogia l’abilità fisica e un corpo ‘perfetto’, una persona in sedia a rotelle comincia a relazionarsi con un grande svantaggio. Se questa persona non si adegua a questo spazio fisico, non solo non si rende usufruibile lo spazio alla persona, ma lo spazio gli sottolinea la sua incapacità autonoma di movimento e pertanto il suo inadattamento al mezzo. Di qui risulta la necessità di un cambio cultuale dove sono i sistemi a cambiare e non le persone. “Di conseguenza, il cambio si deve situare nella società e non nell’individuo. Affinché gli svantaggiati acquistino lo status di cittadino di cui gli altri già godono, c’è bisogno di una legge contro la discriminazione che consacri e protegga i suoi diritti

• I pilastri scientifici su cui ci basiamo fanno in modo che la nostra prassi educativa recuperi il suo senso autentico dalla consistenza epistemologica di Jürgen HABERMAS e, più concretamente, dalla sua Teoria dell’Azione Comunicativa (1987) fino alla metodologia più coerente con questo pensiero, così come la concezione di ricerca-azione di Stephen KEMMIS (1988), passando dalla concezione dell’intelligenza di Alexander LURJIA (1974, 1980), come sviluppo dei processi logici del pensiero e la conseguente teoria antropologica di Lev VYGOTSKY (1977 e 1979), sullo sviluppo e l’apprendimento, così come la sintesi più attuale del pensiero degli autori precedenti che, a nostro giudizio, è rappresentata da Jerome BRUNER (1988, 1990 e 1997) che considera l’educazione come una forma di cultura nell’essere umano dove l’educatore e l’educando si educano insieme nell’incontro dialogico (Paolo FREIRE, 1990). Tutto ciò, condito dal pensiero della Biologia della Conoscenza di Humberto MATURANA (1992, 1994), come la Biologia dell’Amore che caratterizza lo sviluppo e le azioni umane come conseguenza di un’enorme serie di cause che si relazionano e interagiscono in un mondo di reti emozionali

• Umanizzazione, democrazia ed emancipazione sono i pilastri fondamentali che sostentano il nostro modello e la loro difesa è l’obiettivo prioritario dello stesso, dove la fiducia nelle competenze cognitive e culturali di tutte le persone ravviva il nostro desiderio e il nostro interesse nell’apportare idee e pensieri che aiutino nella costruzione di una nuova cultura scolastica che umanizzi un po’ il mondo disumanizzato in cui ci troviamo e che ci trascina inverosimilmente a pensare che le cose sono come sono e niente si può fare di fronte a questo. Solo quando si comprende ciò, si agisce. E questo è quello che stiamo facendo come gruppo di persone dal 1990, agire. Agire per cambiare