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PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- , 4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO 1 PROGRAMMA- RIASSUNTI- CURRICULA

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4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

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PROGRAMMA- RIASSUNTI- CURRICULA

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Alessandra Gennari, Alessandro Martelli, Andrea Ranieri,

Andrea Rosario Staffa, Annarita Frullini, Antonella Peresan,

Arturo Cannito, Carmine di Ilio, Caterina Palestini, Cecilia Di

Francescomarino, Chiara Berti, Clara Verazzo, Claudio Pepe,

Claudio Varagnoli, Cristiano Fidani, Daniele Cirillo, Daniele

Kihlgren, Dario Maggipinto, De Grandis Roberto, Fabio

Romanelli, Federica Ferrarini, Elisabetta Catapane, Enzo di

Salvatore, Fabiode Massis, Fabrizia Arduini, Federico

Losurdo, Francesco Brozzetti, Francesco Colozzo, Francesco

Stoppa, Franco Gerardini, Franco Orsucci, Franco Vaccari,

Fulvio Forino, Gabriele Fraternali, Gabriele Iaculli,

Giampaolo Claudio, Giampiero Consoli, Giampiero di Plinio,

Giancarlo Ranalli, Gianluca Malatesta, Gianluigi Rosatelli,

Giovanni Iezzi, Giuliano Francesco Panza, Giulio de Collibus,

Giuseppe Pomposo, Giusy Lavecchia, Liborio (Rino) Stuppia,

Loredana Pompilio, Lucia Arbace, Luciana Pasquini, Lucia

Sciannella, Lucia Serafini, Luigi Capasso, Marco Sborgia,

Maria Carla Somma, Giulia Mancini, Maria Cristina

Mancini, Maria Cristina Verrocchio, Mariangela de Crecchio,

Marianna Paciocco, Mario Fulcheri, Maurizio Indirli, Michela

Cortini, Michele Di Conzo, Monica Galasso, Monica Pivetti,

Oliva Menozzi, Pasquale Tunzi, Piergiorgio Della Pella, Piero

Di Carlo, Piero Rovigatti, Pitasi Andrea, Raffaele

Giannantonio, Rita de Nardis, Rita Roncone, Roberta

Valentinetti, Roberto Guglielmi, Sara Santoro, Sciannella

Lucia G, Silvano Agostini, Sonia Antonelli, Stefano d’Avino,

TeAtelier, Valeria Acconcia, VascoLaSalvia, Wania della

Vigna.

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE PSICOLOGICHE UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

"RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE"

CHIETI, CAMPUS UNIVERSITARIO "MADONNA DELLE PIANE"

4-5-6 LUGLIO 2014

PROMOTER PROF. FRANCESCO STOPPA

PROGRAMMA

RIASSUNTI

1CURRICULA

a cura di

Francesco Stoppa e Maria di Biase

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PROLUSIONI

Pitasi A. Presidente di World Complexity Science Academy

www.wcsaglobal.org

La complessità è una modalità di organizzazione del pensiero e della conoscenza secondo criteri di

varietà, ampiezza,e densità affinché sia massima da parte del sistema operante nella complessità la

libertà di selezione in via contingente. Non vi è complessità osservabile senza un sistema che la

osservi. Un sistema giuridico non complesso, e dunque implosivo, ad esempio, potrebbe creare una

legge che vieti di possedere più di un paio di scarpe dato che nessuno possiede più di un paio di

piedi. Un sistema complesso invece opera ispirandosi al concetto che più ampia la scelta nella

scarpiera meglio è poi, di volta in volta, si indossa il paio di scarpe più funzionale (se debbo andare

ad un galà o a fare jogging la scelta della scarpa sarà differente). Il pensiero complesso è dunque un

pensiero di ricchezza ed abbondanza che opera in termini di viabilità, ossia di funzionalità, e di

artificialità. Viabilità: se debbo andare in un negozio ad un km da casa una camminata, una

bicicletta o un auto non sono la stessa cosa ma in sostanza per tale funzione si equivalgono. Se

debbo recarmi a 10 km da casa auto, treno e pulmann si equivalgono ma la camminata e la bici no.

Se debbo recarmi a 10 000 km da casa forse nave ed aereo si equivalgono seppur con performances

di tempistica molto differenti o probabilmente l’aereo si rivela la soluzione più viabile in assoluto. il

pensiero complesso opera per equivalenti funzionali scegliendo sempre quello con la maggior

ampiezza e portata. Artificialità: il pensiero complesso implica selettività nella contingenza ( prendo

dalla scarpiera le scarpe per il jogging e non quelle eleganti per il galà, ad esempio) ma a differenza

del darwinismo, il pensiero complesso reputa ingenua nell’evoluzione umana l’idea di selezione

naturale. dal primo fuoco acceso nelle caverne, ai primi indumenti, ai primi occhiali, fino ai

pacemaker e oltre,la massima ampiezza e varietà evolutiva della specie umana è stata nell’astrarsi

artificialmente dalla propria dimensione naturale: non solo il jumbo jet ma anche la semplice

bicicletta esiste in natura. L’essere umano come essere naturale è insignificante e soccombe di

fronte a qualunque altra specie. Ciò che rende l’uomo evolutivamente interessante è la sua potenza

di immaginare, inventare, astrarsi dall’esistente e di modellarsi artificialmente il proprio ambiente

anziché adattarsi ad esso e tutto questo processo astratto, artificiale e concettuale sarebbe

impensabile da un pensiero ancorato ad un'idea di ambiente come dato esterno da cogliere come

reale,immutabile e a cui bisogna adattarsi. La costruzione artificiale del proprio ambiente porta con

sé nuove opportunità e nuove sfide che richiedono più elevati livelli di astrazione complessità e così

via. L’adattamento dell’uomo” naturale “ all’ambiente l’avrebbe visto estinguersi subito per lo

stesso motivo per cui un uomo totalmente nudo e disarmato contro un puma,un leone o un orso non

avrebbe scampo.

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Forino F. Rappresentante Dedalo97

ALCUNE DOMANDE E UN FESTIVAL

Una città o un ecosistema sono organismi viventi? Possiamo spiegare i nostri comportamenti con

una formula matematica? Che significa che nel nostro pianeta tutto è collegato? Siamo in grado di

prevedere come sarà nostro figlio tra pochi anni, così come gli astronomi prevedono dove sarà la

cometa di Halley tra centinaia di anni?

Il Festival della complessità vuole contribuire a dare delle risposte a queste e ad altre domande.

Così viene come proposto in queste righe, invita a fare delle passeggiate con la mente nella

complessità in cui è immersa la nostra vita e a riflettere sulla differenza abissale che passa tra

complesso e complicato. Il Festival nasce cinque anni fa con l’idea di aprire una finestra dalla quale

osservare la realtà con occhi sistemici. Propone di confrontarci in modo nuovo e fecondo con

situazioni e problemi complessi, reticolari, sistemici che riguardano la nostra vita e che vanno dalla

biologia alla politica, dalla medicina all’economia, dalla fisica alla scuola, dai rapporti umani al

management. L’approccio sistemico più che una nuova scienza è un modo nuovo di guardare alla

scienza e alla realtà. Richiede un cambiamento di mentalità. Ma ciò, nella storia dell’uomo, non è

una novità.

Gli uomini del XVII secolo

Immaginate di essere un uomo del XVII secolo. Il sapere scientifico ha acquistato una profondità e

una circolazione mai conosciute in occidente. Matematica, geometria, fisica, astronomia hanno fatto

grandi progressi. Ciò nonostante, se vi avessero chiesto: “Come funziona l’universo?“ avreste

risposto che la Terra è al centro dell’universo; che il Sole, la Luna e i pianeti ruotano intorno a noi;

che sotto i vostri piedi nulla si muove e che la Terra è ferma; che gli oggetti cadono sempre sulla

verticale del punto da cui li lasciamo cadere. Avreste trovato tutto ciò “naturale” e sarebbe stato

difficile convincervi del contrario, così com’è stato difficile, solo pochi decenni fa, convincere “i

maschi” dei paesi europei che non era “naturale” escludere le donne dal voto. Immaginate ora la

difficoltà che trovò Galilei per convincere i suoi contemporanei di guardare il mondo con nuovi

occhi e comprenderete quanto sia difficile per noi occidentali del XXI secolo comprendere il

significato profondo della complessità del mondo, della società, delle organizzazioni in cui

lavoriamo, della famiglia in cui viviamo. Così, prima di avventurarci a esplorare la complessità,

dovremmo porci una domanda fondamentale: con quali occhi guardiamo il mondo, la realtà che ci

circonda?

Sistemi complicati e complessi

Nel linguaggio comune l’idea di “sistema” rimanda a un’entità costituita da più elementi diversi e

distinti, tra loro complementari e integrati, che danno luogo a un tutto organico. Non tutti i sistemi,

però, sono complessi. Una bicicletta, un orologio, una radio, un computer, un aeroplano, una

navicella spaziale sono sistemi complicati, anche molto complicati, ma non complessi. Una radio o

una navicella spaziale sono sistemi artificiali pensati per uno scopo e, conoscendone il progetto,

possiamo replicarli in centinaia o migliaia di esemplari identici. Possiamo smontare una radio,

analizzare le sue singole parti, individuare quella mal funzionante e ripararla. Una radio è

certamente un sistema: è, infatti, formata da più elementi e svolge funzioni che nessuno di essi da

solo può svolgere; è però un sistema statico, non cambia, non evolve, non si riproduce, non

interagisce con l’ambiente. Possiamo accendere e spegnere una radio, un computer o

un’automobile; funzionano se vi immettiamo energia. Come in ogni sistema meccanico più o meno

complicato, in una radio non accade mai nulla di nuovo, tutto si ripete nello stesso ordine fino a che

non interviene il logoramento. Non è così nei sistemi complessi: la differenza tra un sistema

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complicato e un sistema complesso è assimilabile a quella che intercorre tra una macchina e un

organismo.

Reti di relazioni

L’idea fondamentale della visione complessa è quella della rete. La rete è la configurazione di base

comune a tutti i sistemi viventi, siano essi organismi viventi, ecosistemi o sistemi sociali.

Mentre in una macchina i componenti sono in rapporto tra loro sulla base di un solo tipo di

relazioni, fisse e definite una volta per sempre, i componenti di un sistema complesso sono collegati

da una rete dinamica di molteplici ragnatele di relazioni di molti tipi che si trasformano

continuamente. Una famiglia è un sistema in apparenza semplice, ma è esperienza comune che essa

prende vita da molti tipi di relazioni: affettive, gerarchiche, normative, di sostegno reciproco,

formali, culturali. Esse sono il collante che collega, e lega, i suoi componenti. Sappiamo quanto sia

impegnativo mantenere vive le relazioni all’interno di un nucleo familiare, gestire il loro mutare

continuo. Sappiamo che la famiglia perde di senso, viene meno, quando le relazioni tra i suoi

componenti non si rinnovano e perdono di intensità, di continuità, di varietà, di frequenza, di

significatività. L’approccio sistemico ci suggerisce così che, per comprendere la vitalità di un

sistema, dobbiamo guardare non tanto o non solo ai componenti di un sistema ma, pur senza

tralasciarli, di guardare alla sua “configurazione”, ovvero alle relazioni che tra essi intercorrono, al

loro trasformarsi e alla loro varietà, qualità, intensità, stabilità, continuità nel tempo.

La vita è diversità e integrazione

Gli esseri viventi sono organismi complessi, altamente integrati, composti da elementi a loro volta

complessi. La cellula è l’unità elementare della vita e la vita di una cellula è generata da circa 7.000

diverse sostanze chimiche che, aggregandosi in molecole e composti stabili e via via sempre più

articolati e integrati tra loro, danno luogo ai suoi componenti. Un trilione è pari a un miliardo di

miliardi e l’organismo umano è formato, approssimativamente, da 10.000 trilioni di cellule

differenziate in circa 200 tipi diversi. Esse costituiscono i tessuti di organi che, integrati tra loro,

generano sistemi e apparati specializzati e complementari che interagiscono nel funzionamento del

nostro organismo. Se cercate la vita di una cellula o di un qualsiasi vivente, non la trovate. La vita

di un sistema biologico, ecologico o sociale è una proprietà che emerge dall‘integrazione di più

componenti, che non appartiene a nessuno di essi, che nessuno di essi possiede. È una proprietà del

“tutto”, sistemica, e un sistema vive fino a quando, e se, è in grado di mantenere nel tempo una

dinamica d’integrazione tra i suoi componenti. È così per la cellula, per la famiglia, per le

organizzazioni, per la società all’interno delle quali più soggetti, migliaia o milioni di soggetti,

vivono integrati in sistemi composti da una molteplicità di sistemi generati da dinamiche di

relazioni e di trasmissione e condivisione sociale di modelli culturali e di comportamento che

vengono continuamente aggiornati. L’approccio sistemico ci suggerisce così che la vita è dinamica

e integrazione tra più componenti diversi e differenziati. All’interno di un sistema senza diversità

non c’è complementarietà, cooperazione e integrazione. Differenziazione e varietà degli individui e

delle specie, delle società e delle culture sono i motori della vita e dell’evoluzione, sono un

elemento di crisi permanente dei sistemi complessi, di una crisi intesa come sollecitazione al

cambiamento, come pericolo, ma anche come occasione.

Evolvere tra complementarietà e interdipendenza

Tra i componenti di un qualsiasi sistema vi è complementarietà e interdipendenza così che si

influenzano uno con l’altro. Il comportamento e le azioni di uno, o di alcuni di essi, influenzano il

comportamento e le azioni degli altri. In una famiglia l’umore, le decisioni, i comportamenti anche

solo di un suo componente influenzano “l’atmosfera familiare”, ovvero il contesto, e di

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conseguenza l’umore, le decisioni, il comportamento di uno o più componenti e della famiglia

stessa. Una famiglia si trasforma continuamente, evolve man mano che mutano l’età, i rapporti e i

comportamenti dei suoi componenti. Evolve, però, anche perché sollecitata da quanto avviene nella

società, ovvero nel contesto di cui è parte e dal quale riceve un flusso di input che la inducono ad

assumere stati e comportamenti nuovi, così che essa coevolve con il suo contesto, e con essa i suoi

componenti. L’approccio sistemico suggerisce che ogni sistema complesso è generato della sua

evoluzione storica, della sua interazione attuale con l’ambiente e dei suoi mutamenti interni. È

immersa in una dinamica di “fusione” e di reciproco influenzamento con il suo contesto, dal quale è

inseparabile e nel quale vive - però - come entità individuale ben definita. Per comprenderlo non

serve la sua carta d’identità, ma il suo curriculum. Non serve una sua istantanea, ma un film che

permetta di cogliere le sue dinamiche interne e quelle che lo fanno coevolvere con il suo ambiente.

Tutte le cose sono causanti e causate

La mente è una società di “agenti privi di mente”. I neuroni, infatti, non ragionano, ma ogni nostro

neurone è connesso ad altri 10.000 e la mente emerge dalle interazioni tra cento miliardi di

neuroni tra loro collegati da una rete di un milione di miliardi di connessioni. Prende vita se la

nostra corteccia cerebrale è connessa all’interno con le altre parti del nostro cervello e del nostro

corpo e all’ esterno con la realtà attraverso i nostri sensi. La mente è altro dal nostro cervello.

Possiede proprietà e funzioni che nessuna parte del cervello, sia pure molto complessa, possiede.

Generata dal cervello, a sua volta lo modifica, ne riplasma incessantemente le reti che collegano i

miliardi di neuroni che lo compongono e il cervello così modificato genera una mente sempre

diversa. L’approccio sistemico ci suggerisce allora che tutto è ricorsivo, che ogni cosa è causa

causante. Nel lontano XVII secolo, Pascal affermava: ”Essendo tutte le cose causanti e causate,

aiutate e adiuvanti, mediate e immediate, e tutte essendo legate da un vincolo naturale e insensibile

che unisce le più lontane e le più disparate, ritengo sia impossibile conoscere le parti senza

conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere particolarmente le

parti”.

Dialogica

Siamo poco abituati a considerare gli opposti come complementari. Il giorno è opposto, e

contrapposto, alla notte, il bene al male, la ragione alle emozioni, l’inferno al paradiso, l’uomo alla

natura, la semplicità alla complessità, egoismo all’altruismo. Non è intuitivo pensare che possiamo

comprendere ciascuno di essi solo in funzione del suo opposto, che gli è complementare. Abbiamo

pochissime parole che esprimono una visione dialogica della realtà. La parola “metabolismo” è una

parola dialogica. Il metabolismo, infatti, esprime un’unica attività composta dal catabolismo, che

porta alla distruzione di componenti cellulari e dall’anabolismo, suo opposto, deputato alla loro

formazione. È evidente che è inutile chiedersi quale di queste due attività sia più importante. Sono

due attività tra loro opposte e complementari, inscindibili e incomprensibili una senza l’altra e

sempre in equilibrio tra loro. Forse talvolta ci poniamo domande sbagliate come quando, ad

esempio, ci chiediamo: devo educare mio figlio alle regole o alla libertà? È più importante essere

razionali o usare la fantasia? Per essere un buon insegnante è più importante l’autorità o

l’autorevolezza?

Le risposte sono scontate: a mio figlio servono regole e tensione alla libertà; i sentimenti sono

essenziali per il pensiero razionale esattamente come questo lo è per far vivere i miei sentimenti; per

un insegnate autorità e autorevolezza son parimenti indispensabili.

L’approccio sistemico ci suggerisce che la libertà consiste nella capacità di muoversi tra vincoli e

occasioni, che una crisi è un pericolo e una possibilità, che una decisione è frutto della

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collaborazione tra mente affettiva e mente raziocinante, che un rapporto si fonda sulla capacità di

fondersi con l’altro e di rimanere se stessi. Anche se appare difficile, nelle situazioni pratiche e

concrete che affrontiamo tutti i giorni avere un atteggiamento dialogico porta a considerare il

contesto, la situazione, il momento in cui ci troviamo e a trovare volta per volta, situazione per

situazione, l’equilibrio tra l’approccio complesso o semplificatorio e tra i comportamenti da

adottare.

Incertezza

Niente in un bruco ci fa immaginare che diventerà una farfalla. I sistemi complessi sono “realtà

emergenti”. Vengono alla superficie dal profondo del mare della complessità come spinti dalla forza

generatrice delle relazioni tra i loro componenti. Generati non da un processo lineare ma da una

dinamica insondabile, la loro vita e la loro storia sono imprevedibili. Ne afferriamo il senso e il

significato considerando sia il loro genotipo sia il loro fenotipo, che è espressione della loro

interazione e interconnessione dinamica con altri viventi, dai più piccoli organismi unicellulari ai

più grandi, quali sono le piante, gli animali, gli ecosistemi. Basta pensare all’origine della vita, al

formarsi di una famiglia, a quanto ci ha sorpreso la nascita e lo sviluppo di Internet o

all’impossibilità d’immaginare come e cosa sarà un neonato da adulto. Così è difficile, se non

impossibile, immaginare il futuro delle comunità e delle società alle quali abbiamo dato vita. Le

nostre decisioni e le nostre azioni sono di corto raggio, interagiscono immediatamente con una

miriade di decisioni e di azioni di altri e sappiamo che molte risposte alle nostre domande sono

altrove. Viviamo in un’epoca in cui sappiamo che l’unica certezza è che non abbiamo certezze.

L’approccio sistemico ci suggerisce di aprirci alla sorpresa, al nuovo. Di guardare a noi stessi, alla

realtà e alla vita che viviamo accettando l’incertezza del divenire e sapendo che non c’è una mano

invisibile che regola l’universo, né un progetto di cui siamo parte; che la strada non è tracciata e che

il sentiero si fa camminando con i piedi ben saldi nel presente e guardando al futuro, del quale

siamo responsabili come individui e come società.

Complessità e futuro

Albert Einstein pensava che ”abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare per risolvere i

problemi causati dal vecchio modo di pensare”. Oggi il nostro futuro è affidato a una rivoluzione

cognitiva, pubblica e dei singoli, che emerge dalla consapevolezza di quanto siano collegati i

comportamenti e i destini di stati, comunità e individui lontani nello spazio; di quanto ci riguardi

direttamente la concentrazione e l’iniqua distribuzione della ricchezza, l’accaparramento violento

delle risorse energetiche, l’emissione di gas serra, l’inquinamento, il riscaldamento globale, la

deforestazione, lo sfruttamento insensato delle risorse del mare. Viviamo in un mondo che è sempre

più un unico contesto condiviso dall’intera umanità. È difficile comprendere che le nostre vicende

dipendono sempre meno solo da noi.

Così, come suggerisce l’approccio sistemico, per comprendere ciò che ci accade, per dargli un

senso, è bene guardare non solo e non tanto a quanto accade intorno a noi, nel nostro paese, ma

soprattutto a quanto avviene altrove, in altri continenti e in altri paesi, alla configurazione che sta

assumendo il nostro pianeta, alle reti di relazioni che si vanno stabilendo tra continenti, regioni, stati

con i quali condividiamo un destino di co-evoluzione e la responsabilità di uno sviluppo sostenibile.

Scrivere e vivere

Scrivere di complessità è difficile. Nello scrivere siamo costretti a formulare un pensiero per volta,

a concatenare una frase all'altra, mentre la complessità di ogni essere vivente non è sequenziale, ma

è movimento, relazioni, scambi, integrazione, intreccio, evoluzione, adattamento ai cambiamenti

ambientali. Il vivere consiste in una continua dinamica tra noi e il contesto che abitiamo. Come

persone ci influenziamo una con l’altra, cambiamo le relazioni che ci legano e con ciò cambiamo

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noi stessi, mentre siamo esposti a un contesto dal quale veniamo plasmati e che plasmiamo. È così

per la cellula, per la famiglia, per la nostra mente e per noi come individui, e per le società alle quali

diamo vita e che abitiamo.

Scrivendo è difficile rendere l’idea che tutto è collegato; che siamo animati da una dinamica che

non ammette soste; che accade tutto insieme; che immaginare il futuro influenza il presente; che il

tempo ha un andamento lineare ma anche circolare, con discontinuità e andate e ritorni dal passato

al futuro; che ogni evento è il riflesso di altri lontani nello spazio e nel tempo.

Passeggiate della mente

Non è semplice crescere dei figli, guidare un’azienda, insegnare in una scuola, dirigere una squadra

di calcio, prendersi cura di un paziente, prevedere lo sviluppo di una città. Siamo di fronte

all’imprevedibile, le variabili in gioco sono troppe. Eppure molti pensano che i pazienti siano delle

macchine biologiche, che gli alunni debbano soprattutto apprendere delle nozioni, che una squadra

di calcio funzioni se applica degli schemi, che un’azienda debba funzionare come un orologio, che

una città si sviluppi secondo una programmazione dettagliata, che i figli crescano bene se hanno un

programma predeterminato per il loro futuro.

L’approccio sistemico non è una filosofia esoterica. Più che una nuova disciplina è un modo nuovo

di guardare alla scienza, di comprendere la realtà e di agire. Possiamo cogliere la sua ricchezza

soprattutto indagandone la fecondità.

È questo l’invito che questa V edizione del Festival della Complessità, diffuso e a Km zero, rivolge

a quanti vorranno fare delle passeggiate con la mente partecipando agli eventi che, proposti da 25

partner promotori, si terranno in 24 città, di 12 regioni tra maggio e luglio 2014.

Sarà un Festival sistemico, generato da una pluralità di soggetti con orizzonti culturali e scientifici

assai diversificati, ma tutti attenti alla crescente complessità dei tempi che viviamo e al futuro che ci

aspetta.

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EVENTO N° 1- 4 luglio 2014: inizio ore 10, termine ore 12

RISCHIO AMBIENTALE, ECONOMICO E SOCIALE

CHAIRMEN PROF. ANDREA PITASI

Aula Magna di Lettere

Campus Madonna delle Piane UdA, Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

Negli anni'70-'80 un gruppo di studiosi ha prodotto una "critica radicale" del Rischio, che ha

dimostrato che in molti casi la pericolosità è solamente un potenziale fattore scatenante di un

disastro e che la vulnerabilità è la variabile chiave per spiegarne la causa. La valutazione del

Rischio non prescinde da una corretta valutazione della pericolosità e del valore esposto ma

sicuramente la vulnerabilità è il fattore più importante. Oggi la green/slow economy può essere un

modus per rendere "più pulita la produzione di capitali contro una densità demografica che sta

espandendosi mentre vanno contraendosi le risorse. Il rischio è un tipico fenomeno complesso. Noi

ci proponiamo di coinvolgerci e coinvolgere vasti strati accademici, sociali e governativi della

gestione del territorio e della cosa pubblica e privata oltre che delle risorse produttive e terziarie,

per discutere questo tema complesso e separare complessità da complicazioni che fanno solo

aumentare il rischio totale.

H10 SALUTI E INTRODUZIONE Relaziona: di Ilio, C.,

Rettore UdA

H10.20 COMPLESSITÀ E POTENZIALITÀ DEL MIO

DIPARTIMENTO

Relaziona: Stuppia, L.,

DiSPUTer, U.d'A

H10.40 PASSEGGIATE DELLA MENTE Relaziona: Forino, F.,

Associazione DEDALUS

H11 LA TRAPPOLA DI MALTHUS NELL'EPOCA

DELLA COMPLESSITÀ

Relaziona: Pitasi, A.,

U.d'A.

H11.20 NUOVE MAPPE DEL CAOS: STATO, PERSONA E

COSTITUZIONE NEL VORTICE GLOBALE

Relaziona: di Plinio, G.,

U.d'A.

H.11.40 PETROLIO, FISICA E VITA NEGLI USA

Relaziona: d'Orsogna, M.,

California State University

at Northridge- USA

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EVENTO N°2 Data: 04/07/2014: inizio ore 15, termine ore 17

PROBLEMATICHE SOCIO-POLITICHE E GIURIDICHE

CHAIRMAN PROF. ENZO DI SALVATORE

Aula Magna di Scienze Sociali

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

Target dell’evento è far luce sul principio di precauzione, valore fondante del diritto ambientale,

attraverso l’analisi dell’emersione dello stesso e della sua attuale portata in senso nazionale,

comunitario e globale. Tale principio è paradigma della complessità; trae vita dall’assunto per cui

l’uomo si è reso consapevole dell’impossibilità non solo di governare, ma anche di conoscere a

fondo tutti i meccanismi che regolano la vita del patrimonio naturale, risorsa per definizione

multiforme, sfuggente ed in costante evoluzione. Conseguenza è che l’attività umana

potenzialmente dannosa in senso ambientale deve essere arrestata ogniqualvolta l’esito della stessa

non possa essere previsto con certezza in base alle conoscenze scientifiche contingenti ed attuali.

Ma quale è il margine di scelta offerto in tal senso al giurista? Come è stato definito e

concretamente applicato il principio ai rispettivi ordinamenti?

H15

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NEL DIRITTO

DELL'UNIONE EUROPEA E IN QUELLO

ITALIANO

Relaziona: di Salvatore, E.,

Università degli Studi di

Teramo

H15.20

VALUTAZIONE DEL RISCHIO SISMICO E

COMUNICAZIONE ALLA POPOLAZIONE:

MODIFICHE DEI COMPORTAMENTI NEI

CITTADINI.

Relaziona: della Vigna, W.,

Studio legale della Vigna,

Arsita

H15.40 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE: LE

SUGGESTIONI DEL DIRITTO COMPARATO

Relaziona: Sciannella, L.,

Università degli Studi di

Teramo

H16 LA VICENDA DI BUSSI. Relaziona: de Massis, F.,

Avvocato, Pescara

H16.20 PRINCIPIO DI PREVENZIONE NEL DIRITTO

EUROPEO ED ITALIANO

Relaziona: Losurdo, F.,

Università degli Studi di

Urbino

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

14

EVENTO N° 3 Data 04/07/2014, inizio ore 18, termine ore 20

COME PERCEPIAMO E AFFRONTIAMO IL RISCHIO

CHAIRMEN PROF. CHIARA BERTI

Aula Magna di Scienze Sociali

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

Nel corso dell’evento verranno presentati alcuni processi cognitivi che sono alla base del modo in

cui percepiamo il rischio, ci comportiamo e prendiamo decisioni in merito. Un tema affrontato

nell’evento è la comunicazione del rischio; in modo particolare si parlerà dei fattori che possono

rendere inutile e controproducente tale comunicazione e di quali invece siano le condizioni di

efficacia. La comprensione degli atteggiamenti verso il rischio e delle scelte sui comportamenti da

assumere richiede una consapevolezza della complessità delle dinamiche intrapsichiche ma anche

della dimensione storica e culturale dei processi psicologici.

H18 DINAMICHE PSICOSOCIALI DEL RISCHIO Relaziona: Chiara Berti,

UdA

H18.20 LE DIMENSIONI PSICO-SOCIALI DELLA RISK

COMMUNICATION

Relaziona: Michela

Cortini, UdA

H18.40

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO SISMICO TRA

SENSO COMUNE E SCIENZA: IL DIBATTITO

SUI SOCIAL NETWORK

Relaziona: Monica Pivetti,

UdA

H19 COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN CAMPO

URBANISTICO

Relaziona: Piero Rovigatti,

U.d'A.

H19.20

PERCEZIONE DEL RISCHIO E CATASTROFE:

L'ESPERIENZA DI ESSERE VITTIMA E

SOCCORRITORE NELLO STESSO TEMPO

Relaziona: Roncone, R.,

Università dell’Aquila

H19.40 COMPRENSIONE DELL’INPUT SISMICO.

RICOSTRUZIONE, PROTEZIONE E RESTAURO

Relaziona: Indirli, M.,

ENEA.

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

15

EVENTO N°4 04/07/20214, inizio ore 15, termine ore: 17

RISCHIO PSICO-SOCIALE IN ETÀ EVOLUTIVA: PROFILI GIURIDICI E

PROSPETTIVE D'INTERVENTO

CHAIRMEN PROF MARIA CRISTINA VERROCCHIO

Aula Magna di Lettere,

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

In ambito psicosociale, il concetto di rischio deve intendersi come “il prodotto delle probabilità e

delle conseguenze (in termini di dimensioni e gravità) del verificarsi di un certo evento avverso”.

Attualmente lo studio dei fattori che incrementano il rischio per un bambino di subire forme di

maltrattamento si concentra sull’identificazione di “profili di rischio”, ricavabili

dall’individuazione della presenza di elementi cumulativi di rischio di natura biologica, individuale

e/o psicosociale.

H15

LO PSICOLOGO NEL TERRITORIO: IL MALE DI

VIVERE E IL RISCHIO DI SUICIDIO NEGLI

ADOLESCENTI

Relaziona: Catapane, E.,

U.d'A.

H15.20 LE FAMIGLIE IN CRISI: IMPLOSIONE SOCIALE

E RETE TERRITORIALE

Relaziona: Paciocco, M.,

U.d'A

H15.40 IL RUOLO DELL’AVVOCATO DI FAMIGLIA

NELLA CONFLITTUALITÀ GENITORIALE

Relaziona: Galasso, M.,

U.d'A.

H16

CONFLITTO CONIUGALE E

BIGENITORIALITÀ: L’ESPERIENZA DI UN

PADRE

Relaziona: Guglielmi, R.

Liceo Laura Bassi di

Bologna

H16.20 LO PSICOLOGO NEI CONTESTI SOCIO-

GIUDIZIARI

Relaziona: Verrocchio,

M.C., Ricercatore, UdA

H16.40 RISCHIO SISTEMICO E MUTAMENTO

GLOBALE NELLE POLITICHE SANITARIE

Relaziona: Mancini, G.,

U.d'A

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

16

EVENTO N°5 04/07/2014, inizio ore 18, termine ore 20

MIND FORCE E COMPLESSITÀ

CHAIRMAN PROF. MARIO FULCHERI

Aula Magna di Lettere

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

La possibilità del dialogo come condizione essenziale per la crescita della conoscenza. Nel

panorama epistemologico contemporaneo, apparentemente scevro di certezze, il senso di una

necessità di rigore teorico e metodologico, recuperabile attraverso un confronto trans-disciplinare.

Difronte ad una sempre più forte specializzazione delle sfere dell’esistenza, l’esigenza di un

profondo ripensamento in ogni campo della cultura. L’evento si caratterizza “nell’in-contro” tra la

dimensione Bio-Medica (in special modo nel contesto della moderna genetica), quella Psicologica

(in particolare nel contesto del Settore Scientifico Disciplinare Clinico e della Salute) e quella

Sociale (in particolare attraverso l’ottica dei media tradizionali e dei nuovi linguaggi audiovisivi).

H18 “OMNIA AD OPINIONEM SUSPENSA SUNT”

(SENECA).

Relaziona: Fulcheri, M.,

U.d'A

H18.20

“CHAOS IS A FRIEND OF MINE. I ACCEPT

CHAOS. I'M NOT SURE WHETHER IT ACCEPTS

ME” (BOB DYLAN).

Relaziona: Paoloni,. G.,

UdA

H18.40 EPIGENETICA E DIMENSIONE OLISTICA Relaziona: Stuppia, L.,

U.d'A

H19 INTRECCIARE IL MONDO: PER UNA

EPISTEMOLOGIA DELLA RETE

Relaziona: Consoli, G.,

U.d'A

H19.20

LO STUDENTE COME COMPONENTE

DELL’UNIVERSO UNIVERSITARIO -

COMPLESSITÀ COME UNICITÀ

Relaziona: Malatesta, G.,

U.d'A

H19.40 LA COMPLESSITÀ DELLA VISIONE DI GENERE

Relaziona: Frullini, A.,

DiSPUTer-U.d'A.

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EVENTO N° 6 05/07/2014, inizio ore 10, termine ore 12

ARCHEOLOGIA

CHAIRMEN PROF. GABRIELE IACULLI

Aula Magna di Lettere,

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

Sei conversazioni su differenti aspetti dell’archeologia come scienza complessa, che affronta e

risolve vari aspetti di rischio, dalla teorizzazione epistemologica, alla comunicazione al pubblico,

alla tutela preventiva, fino alle drammatiche situazioni di rischio dei conflitti mediterranei, che

coinvolgono il patrimonio archeologico. L’archeologia come scienza complessa, che riguarda

differenti aspetti della realtà

H10 MISTERI, TESORI, SCOPERTE: IL RISCHIO

DELLA COMUNICAZIONE IN ARCHEOLOGIA

Relaziona: Iaculli, G.,

U.d'A.

H10.20

LE CARTE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO,

STRUMENTO PER LA CONOSCENZA E LA

TUTELA TERRITORIALE

Relaziona: Santoro, S.,

U.d'A

H10.40 ARCHEOLOGIA DELLA COMPLESSITÀ Relaziona: La Salvia, V.,

U.d'A

H11

IL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO E

CULTURALE A RISCHIO FRA GUERRA E FASI

POST BELLICHE: I CASI DI LIBIA, CIPRO ED

EGITTO.

Relaziona: Menozzi, O.,

U.d'A.

H11.20 IL RISCHIO DEI MUSEI Relaziona: Capasso, L.,

U.d'A.

H11.40

IL RISCHIO DELLA CLANDESTINITÀ IN

ARCHEOLOGIA: CASI DALLE NECROPOLI

ETRUSCHE

Relaziona: Acconcia, V.,

U.d'A

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18

EVENTO N°7 05/07/2014, inizio ore 15, termine ore 17

PATRIMONIO MONUMENTALE

CHAIRMEN DR. SILVANO AGOSTINI

Aula Magna di Lettere,

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

I monumenti sono nati come "totem" della memoria, una "eterna" riconoscenza a ricordo di

qualcuno, di alcuni, di un evento lieto o traumatico, sono un "luogo simbolo" tutto interno ad

una "comunità" più o meno ampia, più o meno universale. Nell'accezione più moderna, diffusa

e popolare, il monumento è qualcosa di materiale, ma anche di immateriale fino ad assurgere

come il trascorso di una vita esemplare, ovverosia il monumento è un valore di identità etica,

civile o anche religiosa. Un intervento pone alla riflessione comune l'esigenza di una strategia di

memoria, di documentazione del patrimonio monumentale - nella sua ampia accezione – che ha

per base una visione personale, pessimistica, l’impossibilità di conservare tutti i luoghi materiali

del patrimonio culturale. La problematica del patrimonio monumentale non è un tema di sola

salvaguardia fisica dei beni, ma anche la condivisione culturale di una identità e di qualità della

vita che coinvolge tutti gli strati sociali e generazionali.

H15 LA RISPOSTA DI SITO PER I MONUMENTI STORICI

RILEVANTI IN ABRUZZO.

Relaziona: de Nardis,

R., Protezione Civile

H15.20 PATRIMONIO ARCHEOLOGICO SOTTERRA

PREVENZIONE E PIANIFICAZIONE

Relaziona: Pomposo,

G., RES.GEA spin off

U.d'A

H15.40 MONUMENTI E STRATEGIE DI

DOCUMENTAZIONE

Agostini, S.,

Soprintendenza Beni

Archeologici, Abruzzo

H16 IL PAESAGGIO CULTURALE E RISCHIO

D'ESTINZIONE IN ABRUZZO

Relaziona: Fraternali,

G., UdA

H16.20

DALLA SCOPERTA ALLA FRUIZIONE; UN

PERCORSO IRTO DI OSTACOLI ESEMPI DA

CAPESTRANO E SPOLTORE

Relaziona: Mancini,

M.C., U.d'A

H16.40 ARCHEOLOGIA URBANA Relaziona: de Collibus,

G., Archeoclub Pescara

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EVENTO N° 8 05/07/14, inizio ore 18, termine ore 20

PATRIMONIO CULTURALE INTANGIBILE E BENI MOBILI

CHAIRMAN DR. LUCIA ARBACE

Aula Magna di Lettere,

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

I luoghi, le chiese, i borghi, il patrimonio culturale nel suo insieme rappresentano una grande

risorsa per il paese, le persone, i cittadini del futuro e il rapporto con il sacro e le nostre tradizioni

religiose. Ipotizziamo anche tre brevi incontri musicali o folcloristici. Il primo all’inizio

dell’evento, il secondo all’intervallo, il terzo alla fine. Il patrimonio culturale nel suo senso più

ampio rimanda a una necessità e lettura complessa, articolata, multidisciplinare, morale.

H18.00 A PERDITA DEI BENI STORICO ARTISTICI:

DISTRUZIONE O ABBANDONO?

Relaziona: Arbace, L.,

Soprintendenza BSAE

Abruzzo.

H18.20 LA CARTA DEI VALORI Relaziona: Kihlgren,

D., SEXTANTIO.

H18.40 INTELLETTUALI “A RISCHIO”: GLI EFFETTI

DELLA DISMISSIONE DEL SAPERE UMANISTICO

Relaziona: Pasquini, L.,

U.d'A.

H19.00 L'OBSÒLESCENZA DEGLI ARCHIVI DIGITALI

Relaziona: Zappacosta,

L., Alviani Art Space,

Pescara

H19.20

UN CASO DI COMPLESSITÀ NELLA

LETTERATURA PER L’INFANZIA DEL PRIMO

NOVECENTO. UN TESORO PERDUTO E

RITROVATO: LA LEGGENDA D’ORO DI

MOLLICHINA.

Relaziona: De Crecchio,

M., de Grandis, R.,

H19.40 PRODURRE E RI-PRODURRE SAPERE. BENI

MATERIALI E BENI IMMATERIALI, UNA

QUESTIONE ETICA"

Relaziona: Della Pelle.

P.

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20

EVENTO N° 9 05/07/2014, inizio ore 10, termine ore 12

PATRIMONIO ARCHITETTONICO A RISCHIO

CHAIRMEN PROF. CLAUDIO VARAGNOLI

Aula Magna di Scienze Sociali

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

L’impostazione della ricostruzione post-sismica in Abruzzo non ha visto finora la centralità della

conservazione del patrimonio architettonico storico, soprattutto nei centri storici minori. Si

cercherà pertanto di trarre un bilancio a 5 anni dal sisma del 2009, evidenziando come la stessa

ricostruzione possa costituire un rischio per il patrimonio costruito storico. Centri storici come

fenomeni complessi e ancora non sufficientemente indagati come tali; molteplicità degli agenti

coinvolti nella ricostruzione; complessità e parziale contraddittorietà degli obiettivi posti nella

ricostruzione.

H10 I RISCHI DELLA RICOSTRUZIONE POST-SISMICA

IN ABRUZZO

Relaziona: Varagnoli,

C., Varazzo, C., UdA

H10.20 PATRIMONI COMPLESSI: CONSERVAZIONE E

RECUPERO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

IN ITALIA

Relaziona: Serafini, L.,

U.d'A.

H10.40 IL PATRIMONIO EDILIZIO DI CHIETI:

PROSPETTIVE DOPO IL DANNEGGIAMENTO DEL

TERREMOTO DI AQUILA.

Relaziona: Pomposo,

G., Res.Gea- U.d'A.

H11 VIRTUALITÀ E RESTAURO

Relaziona: d’Avino, S.,

U.d'A.

H11.20 RAPPRESENTARE LA COMPLESSITÀ

Relaziona: Palestini, C.,

U.d'A

H11.40 LA CULTURA ARCHITETTONICA ABRUZZESE NEL

NOVECENTO: L’ETÀ DEL FASCISMO

Relaziona:

Giannantonio, R.,

U.d'A.

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4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

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EVENTO N°10 05/07/2014, inizio ore 15, termine ore 17

FENOMENI NATURALI

CHAIRMAN DR LOREDANA POMPILIO

Aula Magna di Scienze Sociali

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100,

L'evento punta a fornire spunti di riflessione sulla pericolosità insita all'interno di eventi naturali e

modifiche ai naturali assetti imposte dall'uomo. Il tema della pericolosità verrà dibattuto attraverso

il riferimento a casi reali e il ricorso alla modellizzazione. La complessità risulterà in particolare

sia dalla necessaria integrazione di sistemi a vario grado di complessità, sia dal confronto con la

semplicità dei sistemi naturali.

H15

MODELLIZZAZIONE DELL'ESPOSIZIONE AD

INQUINAMENTO ATMOSFERICO PRODOTTO DA

SITI INDUSTRIALI ESISTENTI E PREVISTI IN

ABRUZZO

Relaziona: Cannito, A.,

Pompilio, L., U.d'A.

H15.20 RISCHIO SISMICO E PREVENZIONE Relaziona: Martelli, A.,

GLIS, ISSO e ASSISi,

H15.40 IDROCARBURI E SISMICITÀ Relaziona: Lavecchia,

G., U.d'A.

H16 SCENARI NEO-DETERMINISTICI DI

PERICOLOSITÀ SISMICA

Relaziona: Peresan, A.,

Università di Trieste

H16.20 RADON IN CITTÀ Relaziona: Stoppa, F.,

U.d'A

H16.40

I FENOMENI ELETTRICI DI ORIGINE SISMICA E

METEOROLOGICA, INDICAZIONI SULLA

PERICOLOSITÀ DEI FENOMENI NATURAL

Relaziona: Fidani, C.,

Osservatorio "Bina",

Perugia.

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EVENTO N° 11, 05/07/2014, inizio ore 18, termine ore 20

DISASTRI, INQUINAMENTO E SALUTE PUBBLICA

CHAIRMEN DR GIANLUIGI ROSATELLI

Aula Magna di Scienze Sociali

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100

Il tema dell'ambiente e del contrasto con i modelli correnti di sviluppo economico sottolinea la

necessità dell'intervento di ogni livello sociale per diffondere modelli sostenibili ed adattati alla

situazione abruzzese. Tutti i temi sensibili da quelli naturalistici a quelli economici alla salute

pubblica e al settore amministrativo ed imprenditoriale indicano che solo una corretta sinergia

potrà portare a una sostanziale mitigazione del rischio complesso associato alle pericolosità legate

ad attività umane in Abruzzo.

H18 5 ANNI DI EMERGENZE AMBIENTALI IN ABRUZZO. Relaziona: Arduini, F.,

WWF Abruzzo.

H18.20 LA CANAPA: RICONVERSIONE INDUSTRIALE E

ALTERNATIVA AL PETROLIO

Relaziona: Sborgia, M.,

ASSOCANAPA

H18.40 IMPATTO DELL'AGRICOLTURA MODERNA SULLA

SALUTE

Relaziona: Ranalli, G.,

Università del Molise

H19 INQUINAMENTO E CAMBIAMENTO CLIMATICO:

CRITICITÀ REGIONALI

Relaziona: di Carlo, P.,

Università dell’Aquila

H19.20 CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI IN ABRUZZO Relaziona: Gerardini,

F., Regione Abruzzo

H19.40 NUOVE TECNOLOGIE PER IL MONITORAGGIO

AMBIENTALE

Relaziona: Rosatelli,

G., RES.GEA Spin Off-

U.d'A

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

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EVENTO N°12, Domenica 6 luglio, inizio ore 9.30, termine ore 20.

DA BONA A MAJA, FIELD TRIP

CHAIRMEN PROF. FRANCESCO STOPPA

Evento itinerante, conferenze in sito, visita guidata, dibattito Bus + camminata, pic nic

contradaiolo, intrattenimento tradizionale. Contrada Santa Maria Arabona, Manoppello.

Partenza Bus, Campus Universitario di Chieti Scalo, parcheggio di via Pescara.

Gratuita per gli iscritti dotati di badge, per accompagnatori euro 25

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA

Un’abbazia gotica, del 1200, palazzo Zambra, un bel giardino con fontana di ninfe. Una sorgente

perenne su cui è costruito il complesso e forse nasconde gli avanzi del tempio pagano dedicato alla

dea Bona. Bella e severa la sala Consiliare che ospita la popolare statua di San Rocco. La magia

di questi luoghi è testimoniata dai segreti della stravagante Fonte degli Svergognati. Fatto,

bizzarro e inusuale, l’acqua fuoriesce dagli orifizi genitali e anali di due statue, una probabilmente

maschile e l’altra femminile. La vicina Villa Romana si può visitare dall’interno ammirandone la

zona termale. Proseguendo lungo la strada principale, si passa per una zona dove sono emersi i

resti di una necropoli e di frantoio o mulino romano. Infine si giunge all’estremità più alta del

pianoro dove c’è l’Olivone. Svoltando a destra si arriva a “casino Centurione”. Un Punto

Panoramico mozzafiato: maestoso il versante della montagna sacra alla dea Maja, la madre

Majella, con incastonati nel verde il centro storico di Manoppello e il santuario del Volto Santo.

H10

L'IMPORTANZA DELL'IMPEGNO CIVILE NEL

CAMPO DELLA CONSERVAZIONE DEL BENI

MONUMENTALI E ARCHEOLOGICI DAL PUNTO DI

VISTA DI UN TECNICO

Relaziona: Giampaolo,

C., Archeoclub di

Cepagatti

H11

CONSERVAZIONE VS FRUIZIONE: L'ESEMPIO

DELLA VILLA ROMANA DI SANTA MARIA

ARABONA

Relaziona: Staffa, A.R.,

SBAA.

H12 LA FONTE DEGLI SVERGOGNATI TRA

ESOTERISMO E ILLUMINISMO

Relaziona: Stoppa, F.,

UDA.

H15 UN’ABBAZIA AL CENTRO DI UN TERRITORIO: S.

MARIA ARABONA

Relaziona: Somma,

M.C., U.d'A.

H.16 LA LUCE IN ABBAZIA Relaziona: Fraternali,

G., MIUR.

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

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24

SIDE EVENTS 4-5 luglio,

MOSTRE E PERFORMANCE

INGRESSO LIBERO

Campus Madonna delle Piane U.d'A., Via dei Vestini-Via Pescara, 66100

Complessa oggi è l’arte, perché complessa è la trasmissione di segnali fra i vari media; l’artista oggi

è un eclettico che non esclude a priori nessun tipo di strumento per poter esprimere il suo

DISSENSO. In questa mostra possiamo ammirare artisti come Ranieri, Pepe e Colozzo che

provengono da realtà non propriamente artistiche ma che con il loro talento individuano questa sorta

di comunicazione fra i vari linguaggi mediali rimettendo tutto in gioco in una sorta di

interdisciplinarietà. Ranieri, ex campione mondiale di break dance, passa al linguaggio grafico

attraverso la bomboletta spray per poi approdare alla tela ed alla pittura. Colozzo, magnifico

assemblatore di objet trouvé di duchampiana memoria, e Pepe, artista autodidatta che s’avvicina al

linguaggio dell’art brut passando dall’osservazione dei grandi della storia dell’arte contemporanea

quali Basquiat, Dubuffet, Cy Twombly, ecc ecc. Performance visiva multimediale che fonde action

painting, espressione corporea e video proiezioni digitali, per offrire una visione antropologica,

sociale e psicologica del rischio, così come affrontato negli antichi riti di iniziazione e nei più

moderni sport estremi. Dal rituale del Naghol alla pratica del bunjee jumping, il rischio diventa uno

strumento di transizione per il proprio sviluppo personale e sociale. La performance interattiva

permetterà al pubblico di diventarne spettatore attivo, offrendogli una prospettiva visiva inconsueta

e chiamandolo a svolgere il delicato ruolo di gruppo comunità nel processo di rinascita attraverso il

rischio. Atrio dell'Aula Magna di Lettere e Scienze Sociali, torretta circolare e dei piani che si

affacciano sull’atrio stesso.

05/07/2014

H 17.00

PERFORMANCE MULTIMEDIALE

"RISCHIO COME RINASCITA"

Performano: Di Conzo, M.,

Di Francescomarino, C,

Maggipinto, D., Gennari,

A.,

TeAtelier-Chieti

04-05/07

H 9-20 COLLETTIVA D'ARTE FIGURATIVA

Espongono: Colozzo, F.,

Pepe, C., Ranieri, A.,

PROGRAMMA, RIASSUNTI, CURRICULA - FESTIVAL DELLA COMPLESSITÀ- ,

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25

"PER NIENTE FACILI" Velentinetti, R.,

RIASSUNTI

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26

Acconcia, V., UDA.

IL RISCHIO DELLA CLANDESTINITÀ IN ARCHEOLOGIA: CASI DALLE

NECROPOLI ETRUSCHE

Le attività di scavo e recupero di materiali archeologici di pregio condotte da privati al fine di

comporre collezioni o, soprattutto, di commercio, in Italia hanno caratterizzato e affiancato la

“riscoperta” dell’antico fin dal XVIII secolo, incidendo in maniera pesante e il più delle volte

irreversibile su contesti di particolare rilevanza. Per un lungo periodo e in mancanza di norme

specifiche sulla regolamentazione della ricerca, esse sono state considerate se non legittime,

comunque praticabili nei termini della disponibilità dei singoli promotori, che spesso erano eruditi

locali o ricchi proprietari dei fondi nei quali le scoperte avvenivano. Fin dal periodo preunitario,

però, e di seguito con sempre maggiore attenzione fino alla stesura del Codice dei Beni Culturali del

1939, i vari Stati in cui era divisa l’Italia e, di seguito, quello unitario, hanno progressivamente

promosso la definizione di norme necessarie alla regolamentazione delle indagini archeologiche, al

fine di tutelare il Patrimonio Culturale. Di pari passo (e in contrasto) con questo processo e con

l’aumento dell’interesse nei confronti dell’antico nelle sue varie sfaccettature, però, si è delineata e

rafforzata la figura dello scavatore clandestino, del “tombarolo”. Una delle zone maggiormente

interessate dalle attività di scavo clandestino, incrementate soprattutto dal secondo dopoguerra nelle

forme di vera e propria “rapina”, è quella corrispondente al Lazio settentrionale, ovvero il territorio

delle grandi città etrusche di Veio, Cerveteri, Tarquinia e Vulci, dove si concentrano estesi

complessi funerari che, dal VII al II secolo a.C. in poi, sono caratterizzati da corredi composti da

materiali di pregio elevato. Nelle sepolture etrusche, e soprattutto in quelle realizzate in camera

ipogea, erano deposti vasellame metallico e ceramico, avori e oreficerie prodotti localmente ma

anche e soprattutto importati da tutto il bacino del Mediterraneo: è noto ad esempio che la maggior

parte della ceramica attica a figure rosse sia stata rinvenuta non in Grecia, bensì proprio nelle tombe

etrusche di età arcaica e classica. Le attività clandestine hanno pertanto portato alla dispersione di

tali materiali e, anche, alla perdita di molti contesti nelle loro condizioni di giacitura primaria,

determinando un danno pesante sia in termini economici alla proprietà dello Stato italiano ma anche

in quelli scientifici. Come ricaduta “pubblica”, poi, hanno purtroppo accentuato una certa visione

dell’archeologia come “ricerca dell’oggetto di pregio” che invece gli Enti di Tutela nonché quelli

preposti alla Ricerca tentano da vari decenni di reimpostare sulla base di criteri di corretto

approccio metodologico.

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4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

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Agostini, S., Soprintend. per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, [email protected]

MONUMENTI E STRATEGIE DI DOCUMENTAZIONE

I monumenti sono nati come "totem" della memoria, una "eterna" riconoscenza a ricordo di

qualcuno, di alcuni, di un evento lieto o traumatico, sono un "luogo simbolo" tutto interno ad una

"comunità" più o meno ampia, più o meno universale. Nell'accezione più moderna, diffusa e

popolare, il monumento è qualcosa di materiale, ma anche di immateriale fino ad assurgere come il

trascorso di una vita esemplare, ovverosia il monumento è un valore di identità etica, civile o anche

religiosa (non a caso i talebani nel 2001 fecero saltare le gigantesche statue dei Buddha di Bamiyan

spinti da motivi ideologici mentre altri fanatismi oggi fanno saltare in aria, a Raqqa sull'Eufrate in

Siria, i monumenti bizantini). Monumenti come valori di identità, dunque, più presenti e

progressivamente introiettati nella/e società. Se, invece, pensiamo al paesaggio o ai paesaggi:

naturale, disegnato, costruito ed al loro essere storia, stratificata e incardinata, i monumenti allora

sono anche i paesaggi, lo scenario, le coordinate, i nodi spazio temporali in cui viviamo, che

fermano e traslano il passato nel presente, e fanno da "fari" che puntano se vogliamo al futuro. Ecco

allora che "Patrimonio monumentale" non è solo valori, è identità. La sua salvaguardia ha per

oggetto luoghi materiali ma anche luoghi”immateriali”, le memorie. Per questo la documentazione

del patrimonio documentale (qualsivoglia forma essa assuma) quale problema “circolare” necessita

sempre più di un approccio olistico che veda come protagonista l'umanità, oltre e non solo, agli

addetti ai lavori. Italo Calvino diceva “il territorio non dice il suo passato... lo contiene” possiamo

dire altrettanto e sicuramente per il patrimonio monumentale e c tutto quello che né consegue. Gli

interventi dell'evento 7 "raccontano" alcuni aspetti scientifici tra loro diversi, di come prevedere un

rischio - danni o perdita - in siti particolarmente esposti, dove sono presenti o sepolti monumenti.

Monumenti taluni sedi-contenitori a loro volta di beni (musei). Tra gli interventi uno specifico

contributo affronta il problema del contesto geografico antropologico abruzzese, minacciato dal

vuoto che deriva con l’adesione totale o dal sovrastare del peggio insito nell’economia della

"globalizzazione" e del relativo modello culturale del nostro tempo. Un intervento pone alla

riflessione comune l'esigenza di una strategia di memoria, di documentazione del patrimonio

monumentale - nella sua ampia accezione – che ha per base una visione personale, pessimistica,

l’impossibilità di conservare tutti i luoghi materiali del patrimonio culturale.

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Arbace, L., Soprintendenza BSAE, Abruzzo

LA PERDITA DEI BENI STORICO ARTISTICI: DISTRUZIONE O ABBANDONO? SPUNTI PER UN PROCESSO DA

INVERTIRE.

Il sistema'beni culturali’ in Italia è un insieme magmatico di azioni governate dalla politica in cui

troviamo il tutto e il suo contrario, con una prevalenza costante della difesa degli interessi dei

potentati a discapito della virtuosa ricaduta sulla rete di piccole imprese e ditte individuali che

sempre più si ritrovano in affanno e chiudono. Si impongono continui tagli alla gestione ordinaria,

ma si destinano ingenti risorse a mega progetti straordinari prevalentemente assorbiti dalla filiera

dell’edilizia. I piccoli ma fondamentali poteri di tutela delle Soprintendenze sono sempre più erosi

dai grandi poteri delle Direzioni Regionali del Mibact che, ancor più delle Direzioni Generali a

Roma, favoriscono il perverso gioco della doppia interlocuzione. Si moltiplicano così i conflitti tra

gli Enti locali e lo Stato e si compromette un sano dialogo con le gerarchie ecclesiastiche detentrici

della proprietà del patrimonio artistico italiano. Rispetto ai beni archeologici che potenzialmente

aumentano di numero con la forza magica della scoperta ad ogni buco nel sottosuolo, e ai beni

architettonici ossia al patrimonio edilizio pubblico e privato sottoposto a vincolo-oggetto di premure

politiche anche per la capacità del partito del mattone di far oscillare il PIL, i beni più a rischio sono

soprattutto quelli legati all’ambito umanistico, i beni storico artistici, ormai votati alla distruzione o

all’abbandono, quando non conservati nei pochi grandi musei difesi ma non protetti dal rapporto

con l’economia turistica. In base ad un’esperienza professionale compiuta in tre regioni (Campania,

Sardegna, Abruzzo) mi pare che all’interno dei grandi appalti sempre meno spazio sia dedicato alla

manutenzione e restauro delle decorazioni in stucco o ad affresco, degli arredi e delle superfici

originali fittili, lignee e lapidee. La cura del particolare che fa la differenza è un optional, mentre

l’impiantistica d’assalto e le infrastrutture per la sicurezza e la disabilità non conoscono il rispetto

per la storia. Categoria OG2+OS2, prego si accomodi! Se il potenziale equilibrio, auspicato in

partenza con la divisione delle competenze, si è sbilanciato pericolosamente, perché non provare la

direzione opposta, facendo prevalere una visione umanistica, più totalizzante e rispettosa dei valori?

Applichiamo questa stessa strategia anche per scongiurare l’abbandono e la disaffezione nei

confronti di oggetti d’arte, trascurati a scuola e ormai distanti anni luce dai parametri di gusto

veicolati dalle multinazionali per la gioia della società dei consumi. Senza opportuno ricambio

generazionale e adeguati budget, ai tanti medi e piccoli musei oggi appartenenti a una rete statale in

avanzato stato di disarmo, vorrei augurare un destino migliore del passaggio agli Enti locali e alle

Fondazioni, e da questi affidati a precari a progetto sottopagati o al buon cuore dei volontari.

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Arduini, F., referente energia WWF Abruzzo, [email protected]

15 ANNI DI EMERGENZA AMBIENTALI SINO AL PETROLIO

Dalla costruzione di strade a ridosso della battigia-Postilli Riccio- alla deriva petrolifera in Abruzzo

passando per le emergenze idrogeologiche, alla proliferazione selvaggia di centrali a biomasse, pale

eoliche, fotovoltaico, sino alle discariche. Focus sulle vicende dei progetti inerenti agli idrocarburi,

da Elsa, Ombrina passando per Cipressi e San Venere sino ad arrivare a Bomba. Un presidio quasi

permanente anche in sede di Commissioni V.I.A., dove la differenza non la fa l'osservazione in

critica seppur importante, ma la presenza di chi ha un minimo di esperienza e grinta, difatti sarà

interessante poter capire come su 4 progetti a terra, -Villa Carbone, Villa Mazzarosa, Cipressi e San

Venere-, sostanzialmente identici, stesse osservazioni ecc, due sono passati e due no.

L'incomprensibile azione della CRVIA -Commissione di Valutazione Ambientale Regionale-. Il

pozzo di san patrizio delle opere di "difesa" costiera che ingoiano ogni anno milioni di euro senza

risultati positivi.

L'estenuante guerra di trincea per la costituzione del parco della Costa Teatina, avversato da

interessi insostenibili e da un’ideologia legata a un progetto di sviluppo insostenibile ed inadatto. La

gestione contraddittoria di un territorio a vocazione turistico ambientale e culturale con il 30% di

biodiversità una delle più importanti a livello europeo alle prese con un modello di sviluppo incerto

e contraddittorio, sia a livello locale che nazionale, visto che siamo secondo il P.E.N. -Piano

Energetico Nazionale- una provincia mineraria.

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Berti, C., DiSPUTer, UdA, [email protected]

DINAMICHE PSICOSOCIALI DEL RISCHIO

Verranno presentate alcune caratteristiche dei processi mentali alla base della percezione del

rischio; si tratta di processi di grande rilevanza e la loro conoscenza ci permette di capire come le

persone pensano e rispondono al rischio e i comportamenti di fronte a decisioni che coinvolgono dei

rischi potenziali. La ricerca empirica ha mostrato l’esistenza di una serie di fattori che influenzano

la percezione di pericolosità di attività e di eventi (ad esempio, le concezioni sul controllo che è

possibile esercitare sugli eventi, il grado di volontarietà con il quale ci si espone ad una situazione

rischiosa; la previsione delle possibili conseguenze, l’ottimismo irrealistico e la percezione di

invulnerabilità). Inoltre, sono stati osservati alcuni meccanismi generali che sottendono al modo in

cui le persone elaborano le informazioni provenienti dall'ambiente. La comprensione degli

atteggiamenti verso il rischio e delle scelte sui comportamenti da assumere richiede una

consapevolezza della complessità delle dinamiche intrapsichiche ma anche della dimensione storica

e culturale dei processi psicologici, nonché della dimensione valoriale e simbolica del rischio. La

percezione del rischio e le decisioni relative al rischio sono frutto di processi cognitivi individuali

che tuttavia non si producono in un vuoto sociale ma sono ancorati in un contesto caratterizzato da

valori sociali e culturali. Per questo, la percezione del rischio, degli atteggiamenti e delle scelte e

delle decisioni ad esso connesse costituiscono fenomeni psicologico-sociali che obbediscono a

finalità molto diverse o che almeno non si esauriscono nella mera prevenzione del danno e nella

tutela della salute. Non sarebbe possibile comprenderli dunque in modo compiuto se non includesse

nell’analisi la complessità degli scopi che governano l’azione umana.

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Catapane, E., Psicologo Psicoterapeuta, [email protected]

LO PSICOLOGO NEL TERRITORIO: IL MALE DI VIVERE E IL RISCHIO DI SUICIDIO NEGLI

ADOLESCENTI

Oggi sembrano affacciarsi nuove fragilità: il male di vivere investe i giovanissimi, agli albori della

vita. I comportamenti a rischio sono interpretati generalmente come la spinta all’autonomia, la

ricerca di nuove identificazioni. L’uso di droghe, il sesso senza precauzioni, l’abuso di alcool, di

fumo. Il comportamento a rischio è difficile da limitare o frenare. Tuttavia è bene soffermarsi su

aspetti più generali che sembrano investire in maniera diffusa gli atteggiamenti mentali degli

adolescenti. Sempre più stretti nelle maglie della crisi degli adulti essi non trovano luoghi sicuri

presso i quali lasciare cadere l’azione e fermarsi con il pensiero. L’adulto non concede il tempo

dell’ascolto preso dai suoi impegni e dal ritmo incessante della sua quotidianità. Il narcisimo

emergente del mondo adulto, a sua volta alla ricerca di una eterna adolescenza, di rivincite

personali, non lascia spazio alla fragilità delle giovani generazioni, ai complessi, ai dubbi. Il

giovane portatore di crisi viene avvertito come minaccioso e si imbatte nell’incapacità, nella paura,

nell’ansia di chi dovrebbe invece costituire un riferimento. Quello che drammaticamente accade è

l’incontro con l’inconsistenza esistenziale dell’adulto. Oggi esiste un problema di natura ontologica.

Gli esseri umani si mettono in cammino alla ricerca del se’ dimentichi del fatto che la relazione

racchiude l’essenza dell’esistenza. E’ come rincorrere qualcosa o qualcuno che possa donare la

capacità di vivere appieno la propria vita mentre invece basterebbe soffermarsi sul rapporto con

l’altro diverso da se’ per farci sentire in piena sintonia con noi stessi. Probabilmente è questo che

non riusciamo a spiegare ai nostri giovani, probabilmente insiste l’incapacità di sperimentare la

relazione e quindi di trasmetterla in quanto atto, in quanto comportamento, in quanto vissuto.

Rimangono le parole, vetrina delle nostre emozioni, razionalizzazione dei nostri sentimenti che

sempre più vengono spiegati, non sperimentati, la parola che prende il posto di ogni cosa; persino in

psicoterapia la parola è insufficiente e ciò che conta è primariamente il rapporto. La complessità

delle cose non dette, la complessità delle emozioni celate, la complessità di un riferimento interno

che si sente, si avverte e che con le parole non possiamo spiegare. Il suicidio dunque è un atto, è un

comportamento, è un messaggio. Laddove le parole si sono rivelate inutili, laddove si afferma il

diritto alla propria esistenza, il diritto ad esserci, il grido della propria presenza nel mondo o, infine,

in qualche modo, del proprio passaggio nel mondo senza un posto dove stare, soprattutto, dove

esistere con e per qualcuno.

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Consoli, G.P., UdA, [email protected]

INTRECCIARE IL MONDO: PER UNA EPISTEMOLOGIA DELLA RETE

Che cos’è la Rete? Esiste una esauriente definizione di Rete? Il sintagma è vago: la parola potrebbe

derivare da retinere (trattenere, arrestare, conservare), del resto non è forse vero che senza la più

interna delle tuniche dell’occhio, non potremmo trattenere nulla del mondo che ci circonda? Ma

l’etimologia è incerta. Potrebbe anche derivare da sert-us, participio passato di sérere (tessere,

intrecciare, connettere). Anche l’inglese net rinvia, alla stessa maniera, a nexus, da nectere, che vuol

dire stringere, cucire insieme, allacciare, intrecciare. I figli della Rete, i nativi digitali, sono sempre

accompagnati dalle loro protesi comunicative digitali, che contribuiscono a delineare il perimetro

del loro sé e del loro agire. I nativi si ritrovano su Facebook, sui blog, su Youtube, vivono nello e

sullo schermo, allo stesso modo in cui abitano il mondo reale. Questo rende il loro modo di vedere e

costruire il mondo differente dai precedenti: la vita quotidiana è sempre più indistinguibile da flussi

d’informazioni, eventi emotivi e cognitivi carichi di significato, luoghi e cose virtuali, generate

dalla costante attività di innumerevoli procedure digitali. La vita in rete (ciò che si fa, si legge e che

accade on-line) per una certa fetta dell'umanità, soprattutto quella più giovane, ha la medesima

importanza della vita reale. In fondo non c’è alcuna differenza sostanziale tra il farsi amici in

ufficio, al bar o su Facebook. Una comunicazione tra due individui non è “autentica” o

“inautentica” a seconda che avvenga in presenza o via mail, sms, social network, per telefono o con

una lettera scritta a mano. Questa nuova competenza, maturata in contesti certamente

extrascolastici, è tuttavia educabile in senso critico: va innanzitutto affinata la capacità di orientarsi

nel mare-magnum di informazioni presenti sul web, nel caos on-line bisogna imparare a riconoscere

i provider di conoscenza più affidabili; va coltivata l’abilità di esprimersi creativamente attraverso

differenti media, di scegliere il messaggio più efficace verso i propri interlocutori e di convogliare

le informazioni nel canale comunicativo prescelto. In una società sempre più complessa, nel senso

etimologico del termine latino com-plexus ovvero tessuto insieme, occorre trasmettere ai ragazzi

qualcosa come un'epistemologia della Rete: il che corrisponde esattamente al buco più clamoroso

dell'offerta didattica tradizionale. Soltanto pochi professori italiani – indipendentemente dalla loro

materia – insegnano ai ragazzi i criteri fondamentali di una navigazione in Rete. Come cercare le

cose, e dove trovarle. Come distinguere fra siti autorevoli, siti attendibili, siti eterogenei, siti

pericolosi. Come appropriarsi dei tesori di internet senza rubarli, senza danneggiarli, e soprattutto

come mantenere la propria identità di persone anche nel mondo virtuale.

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Cortini, M., UdA, [email protected]

LE DIMENSIONI PSICO-SOCIALI DELLA RISK COMMUNICATION

La comunicazione pubblica finalizzata a veicolare un rischio, potenziale o reale, deve essere capace

di allertare il destinatario senza disorientarlo ed è tanto più complessa quanto più finalizzata alla

presa di decisioni o comportamenti collettivi che potrebbero portare a potenziali effetti letali. Si

pensi a quei casi in cui si rivela urgente evacuare uno stadio o una scuola, in caso di rischio bomba

o in caso di allerta terremoto. La recente cronaca, sia nazionale che internazionale, ci ha tristemente

abituati ad episodi di fallimento della comunicazione pubblica di rischio, ad opera di istituzioni,

enti, forze dell’ordine, etc., con gravi ripercussioni, per i soggetti in questa coinvolti. Questa

conversazione intende presentare, in chiave critica, le principali componenti della risk

communication. Il riferimento alla pragmatica della comunicazione umana è fondamentale nel

chiarire che, a dispetto di quanto si possa sostenere, anche per quanto concerne la comunicazione

pubblica vale il meta-assioma secondo cui non si può non comunicare. Ed anzi, aggiungiamo, la

capacità di gestire il silenzio è sicuramente strategica per la risk communication. Dunque, se è vero

che non si può non comunicare sarà a maggiore ragione urgente “controllare” tutti i canali

comunicativi, al fine di veicolare al destinatario, o meglio ai diversi destinatari, il vero messaggio,

limitando al massimo l’effetto di distorsioni comunicative, dovute da un lato alla naturale

predisposizione degli esseri umani ad interpretare (anche il silenzio) in chiave intenzionale-

comunicativa e, dall’altro, all’intrusione di emittenti addizionali di messaggi secondari che si

frappongono surrettiziamente (come spesso accade per gli organi di stampa). La conversazione

intende approfondire i processi di codifica e decodifica dei messaggi di rischio, con un focus sulle

distorsioni ed i bias che possono essere attivati in chiave psicologica. Uno spazio sarà dedicato alla

pianificazione della comunicazione di rischio ed al ruolo del portavoce, che rappresenta uno degli

elementi chiave della comunicazione pubblica di rischio. Verranno specificate le diverse

caratteristiche comunicative del piano anti-crisi e considerate le diverse skills e meta-competenze

che deve possedere il portavoce. Quest’ultimo, rappresentando un’istituzione ed essendo al

contempo depositario di conoscenze tecniche e di informazioni specifiche sulla reale entità del

rischio, in atto, imminente o possibile, deve essere in grado di gestire a tutto tondo la

comunicazione con il pubblico, specie per quelle componenti emotive troppo spesso trascurate ma

fondamentali in termini performativi. Il cuore del modulo è costituito da una riflessione sulle

diverse modalità con cui influenzare i comportamenti e le prese di decisioni pubbliche di fronte a

rischi, attraverso tecniche di comunicazione persuasiva e con l’analisi di esempi tratti da casi reali.

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d’Avino, S., UdA di Chieti e Pescara [email protected]

VIRTUALITÀ E RESTAURO

L’ipotesi di porre in relazione i due termini'restauro’ e'virtualità’ viene suggerita, in prima istanza,

solo alla metà degli anni Novanta, nelle riflessioni di P. Lévy prima e T. Gregory poi. Va osservato

prioritariamente come la caratteristica principale del restauro c. d.'virtuale’ consista proprio nel non

interagire con la materia; esso si sostanzia, dunque, nella rappresentazione grafica di un’immagine

ideale di ricostruzione così come scaturisce attraverso l’interpretazione dei dati raccolti; cosicché il

meccanismo della "virtualizzazione" va principalmente assunto come un processo di trasformazione

della realtà. L’elevata sofisticazione delle tecniche di simulazione della realtà offre spunti per

riesaminare il rapporto tra questa e le sue rappresentazioni: dunque'realtà virtuali’ assunte come

mondi reali; simulazione e virtualità costituiscono due istanze contigue: si assiste ad una

simulazione laddove la virtualità replica la geometria reale attraverso una rappresentazione

sintetica; per contro, vi è virtualità pura nei casi in cui si sceglie'un’etero - rappresentazione’,

ovvero una metafora più complessa adottata per descrivere il senso della realtà. Il'restauro virtuale’

dell’immagine si propone quindi come ideale strumento d’integrazione dei comuni mezzi cognitivi:

esso consente infatti l’ottimizzazione della leggibilità dei dati informativi testuali, senza intervenire

sulla'materia dell’opera’, risultando pertanto, sempre e comunque, un intervento reversibile.

L’utilizzo dell’elaborazione digitale nell’ambito della conservazione si sostanzia in due principali

linee di ricerca: l’enfatizzazione del contenuto informativo di un’immagine attraverso la

trasformazione del contenuto stesso al fine di raggiungere un superiore valore gnoseologico;

l’attribuzione di un valore documentario all’immagine attraverso la sua rappresentazione sintetica o

simulata, in senso il più possibile realistico. L’informazione digitalizzata, sia che si tratti di

immagini ovvero di testi scritti, non si pone il compito di sopperire al degrado della materia artistica

originale, ma di poterne conservare almeno la forma, ovvero l’immagine determinatesi

diacronicamente, immutata nel tempo. In sostanza, la metodologia propria del restauro virtuale

consente di simulare interventi permettendo nel contempo di valutare preventivamente i risultati

perseguiti; attraverso tale procedura possono inoltre condursi interventi non concessi alla comune

pratica conservativa: alterazione e caratterizzazione controllata dei valori cromatici finalizzata al

recupero dei segni nascosti, abrasi o cancellati, ripristino di lacune su parti non disegnate, lettura di

informazioni non più perfettamente visibili; conseguentemente, il restauro c. d.'virtuale’ deve essere

assunto come una tecnica'parallela’ al restauro tradizionale, un intervento integrativo, un valido

aiuto per la lettura testuale e la ricerca storica e filologica.

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d’Orsogna, M.R., Dipartimento di Matematica, Institute for Sustainability, California State

University at Northridge, Los Angeles, CA 91330, [email protected]

PETROLIO, FISICA E VITA NEGLI USA.

Lo scopo di questo intervento é di aprire un dialogo con la platea di studenti e partecipanti su tre

argomenti diversi: le attività petrolifere in terraferma ed in mare in Abruzzo e nel resto del mondo,

le scelte universitarie, in particolare il mondo accademico della fisica e delle scienze esatte, ed

infine come muoversi, negli USA, per quelli che desiderano trasferirvisi, per studio o per tentare

una esperienza lavorativa. Dopo una breve introduzione sul come e’ nato il movimento del no alle

trivelle in Abruzzo, e facendo riferimento alla formazione professionale ed etica della relatrice, si

passerà ad una fase di dibattito. Si darà spazio a domande su questi tre argomenti, all’apparenza

distinti ma accomunati da un unico filo conduttore: usare al meglio una formazione e professionalità

scientifica in un mondo globale senza mai dimenticare la propria comunità di origine. L’intervento

e’ pensato per giovani studenti alle prese con decisioni importanti sul loro futuro, considerata la

grande crisi occupazionale in Italia e l’interesse di molti giovani laureati ad emigrare all’estero. Ci

sono molte concezioni – spesso dei miti – sugli USA e uno degli intenti di questo dibattito e’ di

spiegare al meglio la vita nelle città americane, la pragmaticità anglosassone, il rapporto studenti-

docenti negli USA, come l’Italia e’ vista dagli americani. Parleremo anche delle differenze fra i vari

stati USA, del rapporto degli americani con l’ambientalismo, la visione che si ha dell’individuo e

della meritocrazia, e tutto ciò che possa essere di interesse alla platea. Il dibattito si auspica anche di

testimoniare che e’ possibile – ed imperativo – che la classe intellettuale si adoperi per affrontare i

mali delle società mettendo a disposizione della collettività il suo sapere, specie in un mondo

dominato da corporazioni sempre più potenti e da politici sempre più corrotti.

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De Collibus, G.,Archeoclub di pescara.

ARCHEOLOGIA URBANA.

L’archeologia urbana è una disciplina relativamente recente sviluppatasi nel dopoguerra,

soprattutto dopo le distruzioni causate dai bombardamenti. Si tratta di un settore complesso ma di

grande importanza nel ricostruire la storia dei nostri centri abitati sui quali vi sono state

stratificazioni di secoli, se non di millenni. Essa è legata raramente a progetti urbanistici veri e

propri ma, più spesso, a situazioni di emergenza derivanti dalla realizzazione di opere pubblich e

private. Per questi motivi è anche l’archeologia più difficile in quanto essa deve operare in

condizioni spesso scomode e difficili nonché in situazioni di emergenza ove si deve contemperare

la conservazione con le esigenze di una città che non può fermarsi. E poi si pongono angosciosi

problemi: decidere cosa è e necessario salvare delle emergenze venute alla luce e cosa è giusto e

necessario reinterrare. Questo settore dell’archeologia, una normale e costante attività a Roma, ove

precursore fu Rodolfo Lanciani, mentre per la maggior parte dei casi si è sviluppata dal centro-nord

in su. In Abruzzo, purtroppo, essa non è stata quasi mai stata considerata, per cui nel corso dei

lavori nei nostri centri storici vengono troppo spesso distrutti e dispersi importanti e preziosi

documenti della nostra storia e del nostro passato. Solo gli addetti ai lavori conoscono poi

l’importanza e la ricchezza degli scarichi di un antico palazzo, di una struttura abitativa o difensiva,

di un borgo antico. C’è poi l’assurda divisione della tutela statale fra diverse soprintendenze: quella

archeologica, quella ai beni artistici, quella ai beni monumentali,come se l’intervento su di un sito o

su di un monumento non comportasse, in moltissimi casi,la partecipazione delle varie discipline e

di vari specialisti. C’è, poi, un problema che non è stato ancora risolto: quello della maiolica di cui

sono ricchi, ovviamente, tutti gli scarichi urbani e che costituirebbe sempre un abbondante e

prezioso strumento di studio, documentazione e ricerca nella nostra regione come in tante altre. I

frammenti di maiolica degli ultimi secoli, quali reperti che si trovano sotto terra sarebbero di

competenza delle Soprintendenze Archeologiche mentre andrebbero più logicamente studiati dagli

storici dell’arte. Il risultato à che perdiamo preziose e fondamentali testimonianze. Un caso di

occasione perduta: l’Archeoclub di Pescara, quando iniziò a scavare a Castelli nella discarica della

fornace Pompei ( da cui poi derivarono le note ed importanti scoperte)decise di intervenire anche

nel luogo ove risultava fosse sorta la fornace dei Grue. Purtroppo, solo pochissimi anni prima, vi

era stato costruito un nuovo edificio, adibito anch’esso a fornace. Con la cortese disponibilità del

proprietario facemmo comunque un saggio nel modesto spazio rimasto libero ed uscì, fra l’altro, un

frammento importantissimo firmato “Lollo”. Ebbene, quella era la prova che era esistito e che

apparteneva, quasi certamente, alla cerchia dei Grue. Immaginate quante altre cose si sarebbe

potuto scoprire, solo se fossimo intervenuti qualche anno prima! Altro caso: Molti anni or sono

l’amministrazione comunale di Rocca di Mezzo decise di restaurare il recinto fortificato di Rovere,

posto alla sommità del paese. Il progetto, regolarmente approvato dalla Soprintendenza ai

Monumenti, prevedeva l’intervento con rimozione di tutto il materiale all’interno senza alcuna

presenza di archeologi. Fortuna volle che Rocca di Mezzo fosse frequentata nei mesi estivi dalla

professoressa Letizia Pani Ermini, archeologa medievista, che ci chiamò in soccorso e dopo un

intervento presso la Soprintendenza del’’Aquila recuperammo con lei la situazione per un capello.

Negli anni successivi, poi, gli scavi furono ripresi e conclusi dall’Università DA. Ma per un caso

fortuito di salvezza, si sono verificate decine e decine di casi di distruzione.

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de Crecchio, M.,

UN CASO DI COMPLESSITÀ NELLA LETTERATURA PER L’INFANZIA DEL PRIMO NOVECENTO.

UN TESORO PERDUTO E RITROVATO: LA LEGGENDA D’ORO DI MOLLICHINA.

La prestigiosa edizione La leggenda d’oro di Mollichina di Camille Mallarmé, illustrata da Duilio

Cambellotti, nasce a ridosso dello scoppio della prima guerra mondiale. Essa si fa spazio in quel

panorama editoriale prevalentemente impegnato a svolgere il ruolo di mediazione culturale per la

costruzione di un tessuto nazionale nuovo ed unitario. Nel 1915 Rocco Carabba a Lanciano,

editore'principe’, pioniere e divulgatore di testi coinvolgenti, impegnato a stimolare l’immaginario

di generazioni di lettori, porta alle stampe La leggenda quale libro strenna nell’ambito della

letteratura per l’infanzia, settore in cui aveva ottenuto un eccezionale successo nei decenni a

cavallo tra Otto e Novecento. Appena trentenne, Camille Mallarmé regalava alle giovinette del

tempo la propria esperienza di lettrice appassionata, allenata ad assorbire le possibili sfaccettature

dell’esistenza, pronta a liberare il suo moto di ribellione col fine di non riconoscersi mai nella

maschera fissa comunemente offerta in dote. Col preciso fine di godere del gioco infinito che nasce

dall’imprevisto, la scrittrice rispondeva a quella schiera di letterati del Primo Novecento dediti

all’infanzia che, pur rivelando un atteggiamento più sperimentale, continuava a restare ancorata ai

modelli ottocenteschi volutamente civili e pedagogici, ancora profondamente retorici e conformisti.

Emerge dirompente il tema caro all'autrice, quello dell'identità da definire, dello specchio e della

possibilità di riflettersi in esso. Si tratta dello stesso dramma presente nei Sei personaggi in cerca

d’autore di Pirandello, di cui la Mallarmé diverrà, nel 1922, traduttrice ufficiale in Francia.Come

una lanterna magica La leggenda proietta sulla carta la magia di una narrazione fantastica liberata

dal continuo spostamento, rimescolamento e cambiamento delle parti. In un vagolare onirico

Mollichina incontrerà gli abitanti delle fiabe e delle leggende a lei più care. Traccerà i sentieri di

una narrazione densa di sottotrame, proprie di quella metamorfosi d’oltralpe che l'Italia non era

ancora pronta ad assorbire. Camille Mallarmé e Duilio Cambellotti, maestro dell’Art Nouveau

italiana, appaiono insieme alchimisti che si divertono ad ottenere reazioni possibili tra sostanza e

sostanza, ossia tra parola e immagine, e che con La leggenda d’oro coronano il sogno commovente

dell’immortalità. In un sincronismo perfetto spalancano la scena, ed è loro la bocca che parla nel

sonno, alla ricerca di un’identità perennemente oscillante tra leggera innocenza e torbida

inquietudine. Per quasi cent’anni questo libro ha dormito. È ora pronto ad esser strappato alla

dimenticanza.

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Della Pelle, P.

PRODURRE E RI-PRODURRE SAPERE. BENI MATERIALI E BENI IMMATERIALI, UNA QUESTIONE

ETICA.

Sin dalle origini, il pensiero si è soffermato sul senso da attribuire alla dimensione dell’agire, del

“saper fare”, dell’artista in una prospettiva in cui teoria e pratica sono intese in maniera unitaria,

identificate. La peculiarità di tale rapporto è, però, l’individuazione di due momenti di questo fare,

l’uno poietico e l’altro pratico, ovvero l’uno “intellettivo” e l‘altro “realizzativo”. Nel corso dei

secoli, tuttavia, con l’avanzare della scienza moderna si è progressivamente verificato uno

scollamento tra la dimensione teoretica e quella pratica, che ha condotto a leggere questi due

momenti come aspetti antitetici, destinati a restare distinti, fronteggiandosi costantemente. Così, con

il metodo di Galileo, con l’emergere della figura dello scienziato moderno questi momenti che

caratterizzavano la “scienza” greca hanno vissuto tale separazione, che li ha progressivamente

spostati verso due ambiti distinti, quello delle cosiddette “scienze umane” e quello delle “scienze

applicate”. Oggi, però, questo paradigma moderno pare essersi ulteriormente rinnovato, dal

momento che il produrre è sostanzialmente ri-produrre, là dove il rapporto tra teoria e pratica che

caratterizza la quotidianità vive una dimensione nuova in cui l’agire, il “saper fare”, di chi produce

sembra assumere un singolare atteggiamento rispetto al momento “realizzativo” e a quello

“intellettivo”. Tale discorso rapportato alla produzione dei beni di cultura impone una riflessione

relativa alla peculiarità di questo tipo di bene in riferimento alla sua appartenenza al patrimonio

comune, portando alla luce una serie di interrogativi etici propri tanto della produzione dei beni

materiali, quanto di quelli immateriali. Anzitutto, il produrre legato ai beni immateriali è puramente

“intellettivo” o ha invece una dimensione “realizzativa” peculiare? In entrambi i casi, il lavoro

necessario che sta dietro a tale produzione è tutelato? A sua volta questa domanda ne apre altre: un

bene immateriale o materiale ri-producibile fruibile a tutti, collocato in un contesto differente è una

nuova produzione di senso, di cultura, di sapere, o è solo la copia dell’originale? Quando il bene

culturale cessa di essere produzione individuale e inizia a divenire patrimonio di tutti? Essere

patrimonio collettivo, implica per tutti il possesso “intellettivo” del bene o la proprietà, nella sua

disponibilità “realizzativa”? Ha ancora senso oggi interrogarsi sulla materialità o immaterialità di un

bene, allorquando la sua possibilità di ri-produzione sembra di fatto essere messa a disposizione da

un processo di digitalizzazione che lo scompone in stringhe numeriche virtuali, ricomponendolo a

piacimento del nuovo produttore? L’opera ri-prodotta da chi la “realizza”, e non da chi l’ha

“intellettivamente” concepita, a chi appartiene? A chi se ne appropria o a chi ne è proprietario?

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della Vigna, W., avvocato, Arsita

VALUTAZIONE DEL RISCHIO SISMICO E COMUNICAZIONE ALLA POPOLAZIONE: MODIFICHE DEI

COMPORTAMENTI NEI CITTADINI.

Dopo il sisma del 2009, il desiderio di giustizia da parte dei parenti e di coloro che avevano subito

lesioni fisiche e morali è stato motivato dalla loro percezione che qualcosa era sbagliato, che alle

domande maturate durante il periodo dello sciame premonitore non fosse stata data la risposta

giusta, che insomma la colpa non fosse della natura ma di qualcuno che aveva commesso un errore

nel comunicare norme di comportamento alterando il naturale istinto di sopravvivenza. La necessità

di sapere esattamente cosa fosse accaduto sia in merito alla valutazione dei rischi sia in merito alla

comunicazione che è stata fatta il 31 marzo 2009 alla popolazione aquilana è stata la prima

questione ad essere affrontata. Da qui è scaturito un processo a carico dei sette componenti della

Commissione Grandi rischi. Dopo un iter molto acceso e travagliato in cui ancora una volta il

processo si è svolto dentro e fuori l’aula, il commento è stato di una condanna cha segnato un passo

avanti, una condanna storica. La speranza è che gli scienziati e gli organi preposti siano più attenti

nella comunicazione alla popolazione e che i ricercatori facciano scienza in modo responsabile ed

imparziale, che cambi la concezione di come si gestisce un’emergenza, prima durante e dopo un

disastro che è più umano che naturale. Al di là di ogni dubbio il giudice Billi ha riscontrato il nesso

di causalità tra le comunicazioni della commissione grandi Rischi e la volontà deviata delle vittime,

indotte a restare in casa. Non si è trattato di un processo alla scienza come invece si è propagandato,

anche mediante articoli su riviste scientifiche, e anche la buona fede dei parenti delle vittime, a

volte è stata messa in dubbio. L’associazione internazionale sulla sicurezza simica (ISSO), ha

cercato di chiarire la vera dimensione del processo e il ruolo che la scienza può avere nella

previsione e mitigazione del rischio geologico. ISSO sottolinea che la disinformazione su tale

argomento ha deliberatamente indotto la comunità scientifica internazionale e l'opinione pubblica a

ritenere erroneamente che le motivazioni del rinvio a giudizio dei componenti della CGR

consistessero nell'aver essi fallito nel prevedere il terremoto. Gli scienziati dell'ISSO invece

sostengono che la sentenza abbia messo in luce delle precise responsabilità dei componenti della

CGR, che sono stati accusati non per non aver saputo prevedere il terremoto, bensì per aver voluto

convalidare una previsione di “non terremoto” ovvero aver non valutato il rischio. Tuttavia, questi

aspetti indicano che la sentenza non ha effetti limitati alla giurisprudenza ma apre un dibattito tra

scienza, politica e società.

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de Massis, F., Studio Legale, [email protected]

LA VICENDA DI BUSSI

Con la dismissione degli impianti industriali la chimica italiana è finita sul banco degli imputati per

vedere giudicati gli effetti, disastrosi per il territorio e l’ambiente, di coloro che per oltre un secolo

hanno operato legittimamente ignorando gli effetti delle loro azioni. Infatti, al di là delle

consapevoli condotte criminose, l’attività industriale è proseguita per oltre cento anni in uno stato di

consapevole degrado dal punto di vista scientifico (rifiuti tossici sversati nel fiume; mercurio alla

merce di tutti etc..) senza un’idonea regolamentazione che garantisse un equilibrato

contemperamento dell’esigenza dello sviluppo industriale con la salvaguardia dei valori ambientali.

Questa vicenda rischia di apparire l’emblema dell’incapacità del precetto normativo di governare la

complessità dei fenomeni di antropizzazione e dell’evoluzione tecnologica rappresentando, nella

sua dimensione punitiva che interviene solo dopo che il fatto si è generato, uno strumento inidoneo

a perseguire quei valori e la tutela di quei beni pubblici affidatigli dall’ordinamento. Un’incapacità

che si accentua sempre di più in considerazione dell’ampliamento della sfera della conoscenza

scientifica dei fenomeni industriali e naturali e che rischia, in una visione dicotomica del precetto

normativo rispetto alle regole scientifiche, di rappresentare un freno all’esercizio della libertà

individuale e collettiva. L’unico strumento che appare idoneo a superare questo vuoto

dell’ordinamento è la valorizzazione di strumenti giuridici ispirati al principio di precauzione

mediante una regolamentazione ex ante dei fenomeni che, attraverso il confronto e la sussunzione

delle regole scientifiche nella definizione dei rapporti tra libertà e tutela, assicuri la realizzazione di

quegli interessi che la sanzione giuridica non è più in grado di perseguire.

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de Nardis, R., Boncio, P., Rosatelli, G., Stoppa, F., UdA, Dipartimento della Protezione Civile -

Roma

CONOSCERE IL PERICOLO DEI TERREMOTI PER VALUTARE LE STRATEGIE DI CONSERVAZIONE. IL

CONTRIBUTO DI GEOLOGI E GEOFISICI ALLA DEFINIZIONE DELL’AZIONE SISMICA ATTESA PER

ALCUNI BENI CULTURALI RILEVANTI IN ABRUZZO.

La pericolosità sismica a scala

locale della regione Abruzzo è ben

nota in letteratura, ma il terremoto

di L’Aquila del 6 aprile 2009 ha

drammaticamente riportato

all’attenzione l’elevato potenziale

sismogenetico delle faglie attive nel

tratto della catena appenninica

abruzzese. Per quanto riguarda il

patrimonio monumentale, lo

scuotimento generato dall’evento più energetico del 6 Aprile ha causato non solo il crollo e la

distruzione delle principali chiese e monumenti della città di L’Aquila in area epicentrale, ma anche

danni su una vasta area della regione Abruzzo, interessando i territori di Avezzano, Sulmona e

Teramo. I danni sono stati così ingenti che è stato costituito un gruppo di lavoro “Working group

for the protection of Cultural Heritage from natural risks” che si occupava della conservazione dei

beni culturali in prima emergenza. Esemplare è stato il caso dell’Abbazia di San Clemente a

Casauria, a circa 65 km dalla città di L’Aquila, che è stata chiusa dopo il terremoto a causa del

crollo di un muro sopra l’ambone. Questa ferita inferta al patrimonio monumentale abruzzese ha

posto l’attenzione sulle strategie di conservazione dei beni culturali rilevanti, non solo nel caso della

prima emergenza, ma a livello di prevenzione. A tal fine, la Direzione Regionale per i Beni

Culturali e Paesaggistici dell’Abruzzo ha promosso studi multidisciplinari su vari siti appartenenti

al patrimonio monumentale della Regione. Questa iniziativa ha visto coinvolti geologi, sismologhi

ed ingegneri perché l’attuazione di strategie di prevenzione necessitano di conoscenze inerenti alla

pericolosità sismica locale, la valutazione della risposta sismica al sito nonché la stima della

vulnerabilità dell’edificio e solo la sinergia fra queste discipline può fornire delle valutazioni

veramente utili ai fini della prevenzione sismica. In questo intervento verranno descritti il percorso

metodologico seguito ed i risultati più rilevanti del progetto.

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di Carlo, P., CETEMPS, Università dell’Aquila [email protected]

INQUINAMENTO E CAMBIAMENTO CLIMATICO: CRITICITÀ REGIONALI

I cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico sono problemi globali che hanno forti

ricadute locali. Allo stesso tempo, le emissioni su scala locale possono avere influenze che vanno

oltre i confini regionali. I rischi dovuti ad eventi climatici estremi su scala regionale, sono di tale

attualità e rilevanza, che l’IPCC ha fatto precedere il report del 2013 da un report focalizzato alla

gestione e prevenzione di eventi estremi e disastri connessi ai cambiamenti climatici su scala

regionale. L’area mediterranea è quella più esposta alle conseguenze dei cambiamenti climatici,

poiché gli effetti sono esacerbati da temperature e radiazioni solari medie superiori a quelle del

Nord Europa. L’Abruzzo per la sua posizione geografica e, per scelte di sviluppo e poca attenzione

alla salvaguardia del proprio territorio, è una regione molto vulnerabile dal punto di vista delle

conseguenze dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento atmosferico. Poiché le cause dei

cambiamenti climatici e quelle del degrado della qualità dell’aria sono le stesse le aree dove si

riscontrano i livelli più alti di inquinamento atmosferico sono anche quelle a più alto rischio per le

conseguenze dei cambiamenti climatici. Infatti, l’area metropolitana Chieti - Pescara è quella con la

maggior criticità dal punto di vista della qualità dell’aria e allo stesso tempo quella in cui le isole di

calore urbane così come il potenziale innalzamento del livello del mare hanno, e possono avere gli

effetti più devastanti. Un ulteriore elemento di pressione sulle aree costiere è la presenza di

numerosi pozzi per l’estrazione di metano e gas naturale, poiché tra i numerosi danni ambientali vi

è la perdita di metano e gas nella fase estrattiva che contribuisce, in alcuni casi in maniera

dominante, alle emissioni di gas serra. La disponibilità di risorse idriche è un altro problema

rilevante per la regione Abruzzo se si pensa che, a causa dei cambiamenti climatici, il ghiacciaio del

Calderone (il più a sud d’Europa), negli ultimi anni sia del tutto sia sparito. Infine l’agricoltura, in

particolare la produzione di olio e vino: due tra i prodotti più importanti della regione Abruzzo, sta

già assistendo, a causa dei cambiamenti climatici, a dei drastici anticipi dell’inizio della raccolta

che, se gli andamenti di crescita delle temperature medie proseguiranno con il ritmo degli ultimi

anni, potranno portare ad una diminuzione della qualità delle produzioni di olio ed uva fino alla

scomparsa di intere aree di produzione a causa del clima non più adatto a queste colture. In questa

presentazione verranno illustrate le criticità regionali legate ai cambiamenti climatici e

all’inquinamento atmosferico, le cause e i possibili interventi per l’adattamento e la mitigazione dei

cambiamenti in atto.

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Di Conzo, M., Di Francescomarino, C, Maggipinto, D., Gennari, A., TeAtelier

RISCHIO COME RINASCITA

Performance visiva multimediale che fonde action painting, espressione corporea e video proiezioni

digitali, per offrire una visione antropologica, sociale e psicologica del rischio, così come affrontato

negli antichi riti di iniziazione e nei più moderni sport estremi. Dal rituale del Naghol alla pratica

del bunjee jumping, il rischio diventa uno strumento di transizione per il proprio sviluppo personale

e sociale. La performance interattiva permetterà al pubblico di diventarne spettatore attivo,

offrendogli una prospettiva visiva inconsueta e chiamandolo a svolgere il delicato ruolo di gruppo

comunità nel processo di rinascita attraverso il rischio. Atrio dell'Aula Magna di Lettere e Scienze

Sociali, torretta circolare e dei piani che si affacciano sull’atrio stesso.

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di Plinio, G., Univ. DA – Chieti/Pescara, [email protected]

NUOVE MAPPE DEL CAOS: STATO, PERSONA E COSTITUZIONE NEL VORTICE GLOBALE

L’idea di caos non è qui esattamente quella derivata dalla semina di Lorenz. O forse ne è una

variante. Comunque credo sia molto dentro gli strati di teoria sociale della Complessità.

Significativo per chiarire il senso principale qui utilizzato è un passo di Santayana: «chaos is a

name for any order that produces confusion in our minds». Ordine e caos sono fatti della stessa

materia, sono elementi dello stesso processo, biologico, storico, sociale, giuridico. Come l’ordine

(il'nostro’ ordine di cultura, diritto, economia, società), anche il caos (‘l’altro’ ordine) avvantaggia

qualcuno e svantaggia altri. Ogni fenomeno ha una doppia, tripla multipla lettura, variabile con

l’osservatore e con la dimensione dell’osservazione. Interpretare i segni delle dinamiche di politica,

potere, economia in un mondo diventato a tre dimensioni è impossibile per l’abitante di Flatland,

fino a quando questo si ostina a utilizzare il suo rassicurante, ma pericoloso, pensiero a due

dimensioni. Tracciare nuove mappe del caos significa insegnare ai linguaggi 2D a capire il mondo

3D’. Qui ci limitiamo a poche cose grosse (gli stati, e linguaggi connessi: costituzione, economia,

diritto).Chi crede di poter esorcizzare il caos (il male) con la croce del vecchio ordine (il bene), non

riesce a vedere nemmeno la distinzione tra il processo (caos-ordine; crisi-trasformazione) e i suoi

oggetti (i popoli, gli stati, le banche etc.), e viaggia in verticale verso l’estinzione storica. Caos e

ordine sono facce di una stessa medaglia: le crisi storiche di sistema sono sempre state

interconnesse con una rivoluzione del modo di produzione. Modo di produzione e crisi di sistema

hanno effetti costituzionali di natura oggettiva, perché condizionano le forme e le funzioni dei

pubblici poteri e i loro rapporti con la struttura socio economica. Stato e diritto sono effetti, e non

designer del modo di produzione. A fronte del caos/ordine, il futuro della civiltà è dentro due

processi. Adaptation. La prima disperata e obbligata risposta anti-estintiva disponibile per i governi

è quella di adattamento al caos. L’adaptivity level determina il grado di sanzioni materiali (shock

economici e sociali), che ogni Stato riceve dal caos della globalizzazione. In pratica, date le

differenti velocità degli Stati nell’adeguarsi, l’aggravamento della crisi fiscale, di razionalità e di

legittimazione procede in forma direttamente proporzionale alla difficoltà, ai ritardi e

all'inefficienza nell’adattamento. Exaptation. La sola chance dei popoli per il controllo sui processi

esogeni della crisi globale, è costruire un altrettanto esogeno governo globale / sovranazionale. Non

si tratta di un’opzione. Il processo “exaptivo”, talmente complesso da essere il simbolo della

semplicità, è già da tempo in viaggio, per suo conto, ineluttabilmente.

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di Salvatore, E., Associato di Diritto Costituzionale, Univ. di Teramo, [email protected]

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NEL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA E IN QUELLO ITALIANO

La “Dichiarazione di Rio”, recita all’art. 15: “Al fine di proteggere l’ambiente, l’approccio

cautelativo deve essere largamente applicato dagli stati secondo le loro capacità". "Quando vi

sono minacce di danni seri o irreversibili, la mancanza di conoscenze scientifiche complete non

deve essere usata come un motivo per rimandare misure economicamente efficaci per prevenire il

degrado dell’ambiente”. Con il trattato di Maastricht del 1992, l’ambiente è stato elevato a politica

comunitaria all’esito di un processo che ne ha portato il graduale consolidamento. Il principio di

precauzione, citato nei programmi di azione comunitaria in materia ambientale ed oggetto di una

copiosa produzione normativa sia di natura programmatica che immediatamente precettiva, è

attualmente disciplinato dall’articolo 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex

art. 174 TCE), vincolante per gli Stati membri. Con la formalizzazione nei trattati, ha acquisito

maggiore incisività rispetto alle caratteristiche assunte a livello internazionale ed è stato considerato

dalla Corte di Giustizia e dalle Istituzioni precetto di applicazione generale per tutti i settori ad

elevato livello di protezione, tra cui il diritto ambientale e la tutela della salute umana.

Parallelamente, dal punto di vista del diritto nazionale, il formale ed organico recepimento del

principio è successivo, ed avviene solo nel 2006 con gli artt. 3-ter e 301 del D.Lgs. n. 152, che

definiscono presupposti e contenuto dell’azione amministrativa conseguente all’individuazione di

un rischio, anche solo potenziale, per l’ambiente e la salute umana. La rilevanza della precauzione

deriva anzitutto dalla presa d’atto dell’impossibilità non solo di governare ma anche di conoscere a

fondo tutti i meccanismi che regolano la vita del patrimonio naturale. L’acquisita consapevolezza

della fallibilità ed incompletezza della scienza, che per alcuni avrebbe condotto ad una supremazia

delle logiche interne degli apparati tecnico-scientifici sulle decisioni politico-giuridiche, comporta

una radicale rivisitazione degli attuali modelli di governance e la riaffermazione del diritto e della

decisione politica nei confronti del c.d. giustecnicismo. Logica conseguenza è un approccio

precauzionale rispetto ad ogni fenomeno umano o procedimento potenzialmente dannoso in senso

ambientale quando, in base alle conoscenze scientifiche contingenti ed attuali, non sia possibile

individuare con sufficiente certezza l’esistenza o l’entità dell’impatto che questi potrebbe avere sui

beni oggetto di elevata protezione. Ove la valutazione comporti il superamento del livello di rischio

considerato accettabile, e l’analisi economica precauzionale in termini di rapporto costi-benefici

abbia esito negativo, lo strumento evocato fornisce con largo anticipo la risposta amministrativa ad

un potenziale problema di detrimento ambientale-valoriale, imponendo l’arresto dell’attività.

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Fidani, C., Osservatorio Sismico “Andrea Bina”, [email protected]

I FENOMENI ELETTRICI DI ORIGINE SISMICA E METEOROLOGICA, INDICAZIONI SULLA

PERICOLOSITÀ DEI FENOMENI NATURALI

I fenomeni luminosi accaduti durante i terremoti avvenuti in Perù, nel 2007, in Cile, nel 2010 e in

Giappone, nel 2011, sono stati filmati e pubblicati documentando la veridicità delle testimonianze

che per secoli sono state raccolte nei tragici momenti delle catastrofi telluriche. Queste raccontano

di rossori diffusi in piena notte, lontani dalle ore dell'alba e del tramonto, di fiamme che fuoriescono

dal terreno, di scariche elettriche che solcano il cielo sereno, e di oggetti luminosi di forma più o

meno circolare, fermi e in movimento. Le osservazioni hanno suggerito la presenza di elettricità e

sostenute iniziative di monitoraggio elettromagnetico in atmosfera, nella speranza di registrare le

tracce del movimento delle cariche elettriche supposte apparire con gli eventi sismici. La Rete

Elettromagnetica dell'Italia Centrale (CIEN) nasce con questo scopo e oggi fornisce dati in tempo

reale sulle perturbazioni elettriche che avvengono in atmosfera da 13 postazioni, prevalentemente in

Italia Centrale. Ogni stazione della rete è costituita da tre elettrodi nelle tre direzioni dello spazio

collegati a tre amplificatori a larga banda. I segnali indotti negli elettrodi vengono campionati fino a

200 kHz per monitorare l'attività nelle bande ELF, VLF e LF dello spettro elettromagnetico,

complessivamente fra pochi Hz e 100 kHz. Nelle registrazioni effettuate dal 2006 alcune forme

dello spettro si presentano in maniera ricorrente in occasione dei forti terremoti e dei fenomeni

meteorologici intensi. CIEN, in rosso a sinistra le 13 stazioni attive; a destra una perturbazione

registrata a Perugia il 14 aprile 2014, in 2 ore e 30 minuti di registrazione nel giorno precedente la

scossa di Colfiorito, M = 3.3. I segnali sono rappresentati attraverso gli spettrogrammi, dove il

colore rappresenta la potenza dello spettro indicato sull'asse delle ordinate fra 4 Hz e 1 kHz in scala

logaritmica. Il tempo è indicato sull'asse delle ascisse ogni 5 minuti attraverso delle linee

tratteggiate verticali. Il tipico segnale registrato in occasione degli incrementi nell'attività sismica è

un'oscillazione irregolare caratterizzata da frequenze comprese fra 30 Hz e 300 Hz, dunque in banda

ELF, 10-20 dB più intensa del rumore di fondo. Essa appare prevalentemente in un solo elettrodo

con una dinamica completamente differente da quella degli spettrogrammi degli altri segnali

naturali. Tali oscillazioni durano da qualche minuto fino a diverse ore. La relazione fra i segnali

registrati in atmosfera e gli eventi sismici o meteorologici, tuttavia, non appare regolare nelle

differenze temporali, spaziali ed energetiche. La complessità dell'elettrizzazione dell'atmosfera

durante i periodi sismici e temporaleschi viene considerata discendere da un legame non diretto fra i

vari fenomeni ma mediato da processi che coinvolgono diverse grandezze chimico-fisiche.

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Fraternali, G., MIUR, UdA. [email protected]

IL PAESAGGIO CULTURALE E RISCHIO DI ESTINZIONE IN ABRUZZO

Il territorio regionale abruzzese è stato teatro sin dal neolitico di attività umane che lo hanno

utilizzato per ottemperare le attività da cui ricevevano le risorse necessarie per portare a termine la

loro esistenza e quella di animali e cose con cui vivevano. A tale scopo il territorio è stato

modellato, sostituendo la copertura vegetale preesistente, intervenendo sulla rete idrografica e

variando la morfologia del territorio. A questi interventi fisici sul territorio, si sono aggiunti i

manufatti che troviamo sparsi e accorpati nei luoghi di residenza. Al variare delle condizioni

economiche sono mutate anche le attività umane e l’incidenza di questo nell’ambiente. I paesaggi

culturali sono una sintesi tra storia, economia, geografia, geomorfologia e architettura, questi sono

spesso dimenticati e oggetto di interventi speculativi che cancellando le testimonianze anche

simboliche del passato azzerano la memoria. Alcuni di questi paesaggi stanno scomparendo a

velocità proporzionale con la pressione insediativa e le vie di comunicazioni annesse. Il paesaggio

del Gran Sasso meridionale conserva elementi significativi riassumibili nella suddivisione delle

colture in fasce parallele, i campi aperti delle conche carsiche intermontane. I piccoli laghi degli

altopiani ottenuti per ampliamento e impermeabilizzazione di depressioni carsiche, i terrazzamenti

nei pendii ottenuti utilizzando massi ricavati dallo spietramento dei pascoli, torri di guardia e centri

abitati ubicati in posizione strategica, territori comuni adibiti al pascolo e alla raccolta del legname e

all’abbeveraggio degli animali. Gli altopiani erano una risorsa economica per tutta la cittadinanza e

questi erano suddivisi per tutti i comuni che gravitavano sulla montagna. Le vie di comunicazione

sono mulattiere storiche che collegano i centri abitati alle aree coltivate, ai pascoli e ai boschi

comuni. A queste si aggiungono i tratturi. Lungo queste vie si trovano diversi manufatti utili alla

sopravvivenza e al conforto spirituale come: fonti, torri, chiese, paesi. Il disegno di questo

paesaggio deriva unicamente da questo uso e se ne possono ancora leggere le vestigia. Un altro

paesaggio lo ritroviamo sul Blockhaus nella Majella settentrionale è un altopiano che risultò

strategico nel contrastare il brigantaggio postunitario. I ribelli si adattarono alla vita nelle grotte

carsiche montane e adattarono delle cengie che già utilizzate dalla transumanza verticale. Incisioni

in pietra e fortilizio in pietra: blockhaus, arricchiscono il paesaggio geologico di manufatti in pietra.

Il paesaggio glacio-carsico montano si è conciliato alla sopravvivenza dei fuorilegge e ne ha

permesso la sopravvivenza per un decennio. Altri paesaggi culturali degni di nota sono testimoniati

dalla diffusione delle case di terra nelle basse colline e dai trabocchi costieri.

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Frullini, A., medico ginecologo e psicoterapeuta, DiSPUTer-U.d'A.

LA COMPLESSITÀ DELLA VISIONE DI GENERE

Il modello lineare causa effetto è venuto meno nel sistema complessivo della sanità. Fra i nuovi

paradigmi della medicina da svariati anni ha una parte rilevante la medicina di genere. Genere come

"differenze sociali tra donne e uomini, apprese e modificabili nel corso del tempo, con

caratteristiche diverse entro e tra le culture". Genere come realizzazione di sé suscettibile a continui

mutamenti che tenga conto delle differenze entro il genere. Medicina di genere come strumento di

appropriatezza clinica, principio di equità delle cure per i bisogni di salute della donna e dell'uomo.

Quanto e perché cresce l’interesse verso la medicina di genere? La sensibilità di genere capace di

percepire le differenze, le problematiche, le uguaglianze e diseguaglianze potrà essere un elemento

di semplificazione o di aggiuntiva complessità, favorirà un modello adattativo dinamico? La salute

sempre più definizione complessa in relazione agli ambiti esistenziali trarrà giovamento da

specifiche di genere, interdisciplinarietà, e comunicazione? E infine il paradigma salute indiziaria

può essere utile nella valutazione multidimensionale come attenzione ai segnali deboli per

comprendere le dinamiche e tempi interni? La donna non più immagine allo specchio, contraria e

opposta simmetrica, il corpo della donna con le sue diversità. Infine nella complessità sarà da capire

come quanto studiato su di un sesso sia trasferibile a beneficio dell’altro sesso e come siano i

piccoli mitocondri ad avere un ruolo nella longevità e nelle differenze di genere.

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Fulcheri, M., Università degli Studi UdA di Chieti - Pescara, [email protected]

“OMNIA AD OPINIONEM SUSPENSA SUNT” (SENECA). TUTTE LE COSE DIPENDONO DALLE OPINIONI.

La contrapposizione tra parole orali e quelle scritte, tra conservazione e trasformazione, tra

relazionalità e solipsismo; addentrarsi nei contraddittori intrecci che sottendono arte e scienza,

psicologia e medicina, fisiologia e patologia, individuale e sociale, pubblico e privato, e così via.

Come convivere con il sofferto riconoscimento della propria limitatezza e imperfezione e con il

conseguente bisogno di continui confronti dialettici; come superare le “dicotomie” e favorire, nel

processo di riformulazione della scienza, la sistematica confrontazione tra i diversi “saperi” e le

varie culture che, solo attraverso la loro rinuncia all’essere “istituite”, possono così tramutarsi, da

monconi “frammentari” di uno scibile sostanzialmente poco utilizzabile, a prodotti che, per quanto

eterogenei e talora contradditori, consentono di partecipare a nuove fondazioni di conoscenza;

stimolare un sempre maggior impegno rivolto a promuovere relazioni amichevoli e reciproca

comprensione (ponti e non muri), incrementando le occasioni di “dialogo creativo” tra i vari

approcci sia teorici sia metodologici. Dunque: “Guardare avanti, appoggiare e stimolare ogni

apporto innovativo, favorire e promuovere la creatività”.

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Galasso, M., Avvocato, [email protected]

IL RUOLO DELL’AVVOCATO DI FAMIGLIA NELLA CONFLITTUALITÀ GENITORIALE

Nel preambolo della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (New York 20.11. 89), ratificata

dall’Italia con L. n. 176/91, è rammentato che «nella Dichiarazione Universale dei Diritti

dell'Uomo, le Nazioni Unite hanno proclamato che l'infanzia ha diritto a un aiuto e a un’assistenza

particolare»; è inoltre manifestata la convinzione che la famiglia, unità fondamentale della società e

ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli,

deve ricevere la protezione e l'assistenza di cui necessita per poter svolgere integralmente il suo

ruolo nella collettività; è riconosciuto che «il fanciullo, ai fini dello sviluppo armonioso e completo

della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare in un clima di felicità, di amore e di

comprensione»; è altresì espressamente rimarcato che «il fanciullo, a causa della sua mancanza di

maturità fisica e intellettuale necessita di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una

protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita». In Italia, nonostante importanti

interventi legislativi, quali la L. n.54/06,la più recente L. n.219/12 e succ. d.leg. n.154/13, risulta

spesso difficile attuare a pieno i principi sopra enunciati, e dunque prevenire o gestire il rischio cui i

bambini, figli di coppie (coniugate o conviventi) che si trovino a vivere un momento di profonda

crisi della relazione, sono quasi sempre esposti. Onde garantire un intervento efficiente e

qualificato, l’Avvocato che si occupi di diritto di famiglia è tenuto a coltivare una formazione

improntata alla multidisciplinarietà ed alla condivisione con le altre Professionalità delle

problematiche inerenti la tutela ed il sostegno dei soggetti vulnerabili, al fine di accompagnare con

rispetto e competenza coloro che si trovino ad affrontare le difficoltà di un’esperienza esistenziale

prima ancora che giudiziaria. Solo attraverso una concreta interazione fra le diverse professionalità

sarà possibile scongiurare l’incolmabile degenerazione delle relazioni familiari conflittuali. Ove

così non fosse, in un’ottica neanche troppo lontana, si finirebbe per implementare il rischio per il

bambino coinvolto nel conflitto familiare di subire direttamente o indirettamente forme di

maltrattamento (fisico o psicologico), tanto da incidere irreversibilmente sullo sviluppo psico-fisico

dello stesso. Di qui la necessità di formare professionalità sempre più specializzate. Diversamente

quel bambino, come e più di ogni altro bambino, se privato di valide figure di riferimento e di

interventi concreti ed incisivi, resterà vittima vulnerabile del conflitto altrui anche allorquando

raggiungerà l’età adulta. Le conseguenze di ciò finirebbero per frustrare l’intera stessa società

civile, comportando un inavvertibile ma radicale cambiamento ed una crisi irreversibile dei valori

fondanti.

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Giampaolo, C., Archeoclub di Cepagatti [email protected]

L'IMPORTANZA DELL'IMPEGNO CIVILE NEL CAMPO DELLA CONSERVAZIONE DEI BENI

MONUMENTALI E ARCHEOLOGICI DAL PUNTO DI VISTA DI UN TECNICO.

“In un panorama in cui valori come bontà, giustizia, fedeltà sembrano non interessare più, la

bellezza resta l’unica realtà in grado di risvegliare l’attenzione di tutti". Non appena ci si sofferma

a considerarne la natura, ci si accorge della grande confusione che la attornia: per taluni è

un’attrazione, per altri un’emozione, per altri ancora coincide con la non convenzionalità o con

l’originalità. Cos’è la bellezza? Può essere un “luogo di incontro” o è una delle tante realtà che

acutizza il disaccordo?Di fatto la bellezza è una delle realtà più preziose e care durante il corso di

questa esistenza, è importante quindi considerare con attenzione la sua natura e le sue potenzialità.

sor. Angela Monachese

Abbiamo cominciato il nostro articolo riportando fedelmente un concetto cardine espresso in

occasione di uno dei primi convegni organizzati dall’Archeoclub d’Italia onlus sede di Cepagatti,

dal titolo “Natura, Arte e Bellezza” relatrice Sor. Angela Monachese prof.ssa di estetica presso la

Pontificia Università Urbaniana di Roma, che riassume il senso profondo del nostro gruppo.

L’Archeoclub agisce proprio nel tentativo della ricerca e del recupero della bellezza perduta, non

più compresa, umiliata, non valorizzata. L’Italia, da sempre ammirata nel mondo per la Bellezza

comune ad ogni ambito, si è smarrita. La Bellezza, presente nell’arco della storia quale riferimento

in ogni momento della vita dai piccoli comportamenti quotidiani alle grandi realizzazioni di opere

artistiche, è protagonista ormai solo in qualche sporadica occasione. Nelle azioni quotidiane il

denaro che tutto inaridisce è diventato il principale obiettivo. Oramai chi si avvicina all’arte lo fa

solo pensando al tornaconto economico e/o di immagine pubblica, purtroppo è trend comune anche

alle sedi culturali preposte, sia pubbliche sia private. La nostra associazione locale è nata con questa

filosofia, come una grande famiglia che, con passione e determinazione, agisce in prima persona nel

tentativo di valorizzare e difendere i nostri beni materiali ed immateriali che tutto il mondo ammira.

Determinazione, curiosità, voglia di scoprire ed imparare, spirito di squadra, tanta positività e tanta

passione sono i requisiti dei nostri amici volontari, che propongono ogni giorno iniziative nuove per

coinvolgere associazioni ed enti culturali del territorio, convinti che solo unendo le forze e con

grande umiltà, possiamo tornare ad essere positivi e propositivi verso le Bellezze del nostro

patrimonio culturale. Ragazzi e adulti di tutte le età si incontrano portando novità, idee, progetti

avvincenti e di successo, accomunati dal desiderio di valorizzare e recuperare le ricchezze del

nostro paese, dando vita a un gruppo che è esso stesso una grande ricchezza.

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Guglielmi, R., Docente di Filosofia e Scienze Umane, M.P.I., [email protected]

CONFLITTO CONIUGALE E BIGENITORIALITÀ: L'ESPERIENZA DI UN PADRE

L'approccio socio-giudiziario italiano nell'applicazione del diritto di famiglia mostra, troppo spesso,

il limite di un paradigma semplificatore e riduttivo della realtà e delle relazioni umane che, anziché

restituire ai protagonisti coinvolti la lettura e la giustizia della complessità del reale, restituisce,

nella maggior parte dei casi, il modello interpretativo che le convenzioni sociali e/o la maggioranza

culturale del paese da' del fenomeno o dei fenomeni familiari in questione. Purtroppo, una logica di

iper-semplificazione che, come si direbbe in campo medico e psichiatrico, presenta, quasi sempre,

una comorbilta' con tratti di dualismo e dogmatismo, se riesce, da un lato, ad imporre un ordine

interpretativo e valoriale facilmente riconoscibile e intelligibile, rende, dall'altro, ciechi e sordi al

dialogo e al superamento del conflitto. Inoltre, adottando un’epistemologia della complessità, in

campo familiare, si potrebbe finalmente analizzare l'identità di genere con un approccio più

antropologico, superando sia l'identificazione biologica-sessuale sia quella culturale-etnocentrica

che determinano, di fatto, oltre all'inapplicabilità dell'affidamento condiviso, la scarsa e concreta

realizzazione delle pari opportunità uomo/donna in altri ambiti esistenziali. Insomma, come direbbe

Nietzsche, “il veridico è semplice ma la verità è molto, molto complessa”. Nel contributo saranno

prese in esame le seguenti tematiche: i rischi della traslazione del conflitto coniugale nell'esercizio

della genitorialità nella famiglia separata analizzando le conseguenze del parallelismo cattivo

coniuge = cattivo genitore, utilizzo strumentale della prole e svuotamento della pratica dell'affido

condiviso; la bi-genitorialità come diritto del minore e riconoscimento dei suoi bisogni effettivi ed

affettivi andrebbe declinata con l'affido congiunto alternato, con tempo paritetico dei figli di due

genitori separati, perché rappresenta il reale benessere del minore, oppure attraverso la prassi

giudiziaria del genitore collocario-prevalente perché rappresenta una stabilità psicologica e anche

relazionale per il bambino?

Tradizionalmente gli individui vengono divisi in uomini e donne sulla base delle loro differenze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt'uno. Gli studi di genere

propongono invece una suddivisione, sul piano teorico-concettuale, tra questi due aspetti dell'identità:

il sesso (sex) costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che producono un binarismo maschio / femmina,

il genere (gender) rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo /

donna.

Tradizionalmente gli individui vengono divisi in uomini e donne sulla base delle loro differenze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt'uno. Gli studi di genere

propongono invece una suddivisione, sul piano teorico-concettuale, tra questi due aspetti dell'identità:

il sesso (sex) costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che producono un binarismo maschio / femmina,

il genere (gender) rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo /

donna.

Tradizionalmente gli individui vengono divisi in uomini e donne sulla base delle loro differenze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt'uno. Gli studi di genere

propongono invece una suddivisione, sul piano teorico-concettuale, tra questi due aspetti dell'identità:

il sesso (sex) costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che producono un binarismo maschio / femmina,

il genere (gender) rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo /

donna.

Tradizionalmente gli individui vengono divisi in uomini e donne sulla base delle loro differenze biologiche. Nel sentire comune, infatti, il sesso e il genere costituiscono un tutt'uno. Gli studi di genere

propongono invece una suddivisione, sul piano teorico-concettuale, tra questi due aspetti dell'identità:

il sesso (sex) costituisce un corredo genetico, un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici che producono un binarismo maschio / femmina,

il genere (gender) rappresenta una costruzione culturale, la rappresentazione, definizione e incentivazione di comportamenti che rivestono il corredo biologico e danno vita allo status di uomo /

donna.

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Kihlgren, D., Sexantio.

LA CARTA DEI VALORI.

La Sextantio è mossa da un’interessante ambizione culturale: dare dignità nel nostro Paese al

Patrimonio Storico Minore ed al suo Paesaggio. L’Italia, che ha come identità primaria, quella di

essere il Paese della Storia per eccellenza, ha cancellato una storia minore, esclusa dal paradigma

della “classicità”, una storia che qualora tutelata, evidenzia luoghi di grande suggestione e

pregnanza affettiva altrimenti condannati alla definitiva scomparsa o ad un’ibrida promisquità. Il

progetto si declina, nei primi due borghi realizzati, a Santo Stefano di Sessanio (AQ), nel rapporto

di reciproca integrità tra territorio e costruito storico, tutelando un paesaggio, quello dei borghi

incastellati medioevali, così caratteristico dell’Italia Appenninica ma così fragile per le invasive

urbanizzazioni dal dopoguerra ad oggi che sono state sempre in drammatica distonia col patrimonio

storico originario; il secondo esempio, quello dei Sassi di Matera, rappresenta l’espressione

paradigmatica del Patrimonio Storico Minore, se non addirittura miserabile, caratterizzato da grotte

e chiese rupestri abitato fino ai primi anni 50 nonostante la malaria e le precarie condizioni

igieniche e squalificato quale “vergogna dell’Italia”, giudizio partorito nel riformismo post-bellico,

quale più evidente espressione del sottosviluppo del nostro Meridione. Questo inedito approccio di

Restauro Conservativo del Patrimonio Storico Minore ha riconsegnato al nostro Paese luoghi e

borghi che stavano definitivamente deperendo, sotto il peso del tempo e dell’incuria o di

speculazioni edilizie laddove era in corso una ridestinazione turistica di questi borghi storici. Oggi

questo approccio di tutela del paesaggio e del patrimonio storico, oltre al suo valore culturale, e

l’esempio di Santo Stefano di Sessanio è emblematico, sono diventati progetti trainanti l’economia

dell’intero territorio. In un’Italia nel pieno di una crisi globale e nell’Abruzzo aquilano colpito dal

terremoto del 2009 un nuovo modello di sviluppo, curiosamente basato su un progetto culturale in

assoluta autonomia, ha portato a risultati logaritmici sotto molteplici variabili, una tra tutte le

attività alberghiere di terzi passate da una a 15 dall’inizio del progetto, senza costruire un singolo

metro quadrato ex-novo e facendo terminare quell’abbandono della montagna e invertendo quella

scesa a valle in ricerca del lavoro che durava da quasi due secoli. D Kihlgren è un imprenditore italo

svedese che 10 anni fa ha deciso di investire tutto il suo patrimonio nel recupero di Santo Stefano di

Sessanio (AQ), trasformando un'intera borgata in un albergo diffuso. Il progetto si è dimostrato un

volano economico che ha attirato turisti da tutto il mondo e salvato il paese dall'abbandono e

dall'emigrazione.

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Iaculli, G., UdA – DiSPUTer, [email protected]

“MISTERI”, “TESORI”, “SCOPERTE”: IL RISCHIO DELLA COMUNICAZIONE IN ARCHEOLOGIA.

“Il termine “complessità”, derivato dall’aggettivo “complesso” (lat. Complexi, stringere,

comprendere, abbracciare), indica in generale ciò che risulta dall’unione di più parti o elementi ed

in particolare, nella logica formale, diventa il termine che disegna due o più idee. Il tema di fondo

pertanto della mia comunicazione/conversazione sarà quello di mostrare come dall’unione di più

elementi (“complessità”) – nel nostro caso il dato archeologico e la sua divulgazione – possa

nascere (“rischio”) la creazione di una miscela di informazioni dannosa quando non esplosiva. Da

una serie di esemplificazioni, che partiranno dalle clamorose – e per alcuni versi – ambigue vicende

della “scoperta” dei famosi Bronzi di Riace, si tenterà di rendere evidente la ancora persistente

fragilità che si manifesta, soprattutto – temo – nella cultura italiana, nel passaggio dall’acquisizione

del dato scientifico alla sua pubblicazione. Nell’oscillare tra le a volte criptiche relazioni

iperscientifiche destinate ai sempre più ridotti “addetti ai lavori” e le sensazionalistiche ed

arruffiananti notizie di scavi, rinvenimenti, recuperi, sequestri, mostre, è diventato ormai raro

trovare una qualche sobria, pacata, equilibrata presentazione di eventi che attengano al “patrimonio”

culturale dell’antichistica nazionale. Il destino di qualsiasi evento archeologico è pertanto

inesorabilmente quello di trasformarsi in specchietto per le allodole: ogni scoperta, magari anche

quelle già effettuate decenni addietro e successivamente dimenticate, è “straordinaria”, ogni tomba

fornita di ricco corredo è “principesca” o di “regine”, ogni mostra presenta un “tesoro”. Quale la

soluzione del problema? La mia personale idea è che si debba iniziare a divulgare a tutti i livelli

possibili l’idea che il mestiere di archeologo sia non tanto quello di “cacciatore” di eventuali

“tesori” che vadano ad arricchire il “patrimonio culturale”, quanto piuttosto quello di storico puro;

uno storico peraltro che, a differenza di chi lavora sulle fonti antiche, mentre tenta di ricostruire la

storia attraverso lo scavo, inevitabilmente la distrugge.

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INDIRLI, M., (ENEA-UTSISM; Presidente ISSO, International Seismic Safety Organisation)

L’IMPORTANZA DI UNA CORRETTA VALUTAZIONE DELL’INPUT SISMICO PER

GLI INTERVENTI DI RICOSTRUZIONE, PROTEZIONE E RESTAURO POST-

TERREMOTO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLA SALVAGUARDIA DEI

BENI CULTURALI E DEI CENTRI STORICI

Diverse ricerche scientifiche (si citano qui quattro lavori: la realizzazione del sistema di isolamento

3D per la barca romana di Ercolano; le valutazioni di rischio per la città di Valparaiso, Cile; lo

studio per la protezione delle Statue dei Prigioni di Michelangelo a Firenze; il piano di ricostruzione

di Arsita) hanno dimostrato la grande importanza di una corretta valutazione dell’input sismico al

fine di fornire dati affidabili ai progettisti per: studi di pericolosità, vulnerabilità e rischio; piani di

ricostruzione di centri storici colpiti da eventi sismici; interventi mirati alla protezione del

patrimonio storico-artistico. I punti da trattare con grande equilibrio e delicatezza sono, infatti,

soprattutto i seguenti:- l’uso di metodologie affidabili per la valutazione dell’input sismico, con la

conseguente presa d’atto, analizzando le informazioni acquisite da terremoti verificatisi nell’ultimo

decennio in Italia e all’estero, che il metodo PSHA (Probabilistic Seismic Hazard Assessment), su

cui sono fondate le attuali classificazione e normativa sismica italiana, ha dimostrato lacune

evidenti, se confrontato con procedure più innovative ed efficaci, quali la NDSHA (Neo-

Deterministic Seismic Hazard Assessment); la necessità di effettuare approfondite indagini di

microzonazione sismica per valutare con estrema precisione gli effetti si sito. Detti passaggi, da

praticare con un atteggiamento multidisciplinare che coinvolga sinergicamente competenze

indispensabili di geologia, sismologia, ingegneria sismica, architettura, conservazione dei beni

culturali, ecc., debbono essere espletati preliminarmente alla preparazione di qualsivoglia

intervento, affinché i dati di progetto siano caratterizzati dalla massima credibilità, e i progetti stessi

risultino scientificamente inattaccabili. Purtroppo, in molti casi ciò non succede: le valutazioni di

pericolosità o non sono effettuate del tutto, o lo sono a livelli di insufficiente approfondimento; in

altri casi, ancora, si realizzano “a posteriori”, rendendole scollegate dalle elaborazioni finali. Quasi

mai, infine, si forniscono analisi multirischio e di resilienza globale. Questo contributo, illustrando i

casi di studio sopra citati e certamente non esaustivo, vuole portare al confronto e alla discussione

un approccio che permetta di fare un salto di qualità nella valutazione del rischio da catastrofi

naturali e antropiche, argomento certamente complesso ma che non permette alcuna

semplificazione, al fine di evitare in futuro eventi tragici come i crolli della scuola elementare di

San Giuliano di Puglia, della Casa dello Studente a L’Aquila, delle volte affrescate della Basilica di

Assisi, dei capannoni industriali dell’Emilia.

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La Salvia, U.d'A.

ARCHEOLOGIA DELLA COMPLESSITÀ

La ricerca archeologica non deve essere intesa come esclusivamente finalizzata allo studio dei

monumenti e della cultura materiale, bensì come disciplina che offre enormi possibilità per la

ricostruzione delle'complessità' sociali, culturali, economiche e geopolitiche delle civiltà passate.

Troppo spesso si valutano solo aspetti parziali della storia dei popoli. Una visione più globale e

multidisciplinare dei dati archeologici permette invece una ricostruzione più veritiera delle

complesse dinamiche che hanno determinato la storia dei popoli e la loro interazione. Archeologia

quindi come studio composito delle complessità del passato. In tal senso si possono fare anche degli

esempi pratici, come lo studio di una necropoli. Un approccio preliminare è quello del mero studio

dei corredi funerari in senso tipologico-antiquariale, che ha come finalità una seriazione crono-

tipologica dei manufatti. Ma a tale, pur nobile studio, bisogna aggiungere anche uno studio

antropologico, paleopatologico, etno-antropologico, archeobotanico, con un approccio anche di

comparazione contestualizzata nel sito e tra necropoli coeve. E’ chiaro che lo studio diviene più

complesso e articolato, ma anche i suoi risultati porteranno ad una lettura più stratificata delle

dinamiche storiche, sociali ed economiche che hanno determinato l’evoluzione del sito e di quella

popolazione. Altro esempio, che più da vicino concerne la ricerca del sottoscritto, è l’indagine sulla

produzione di armi e manufatti metallici in età medievale. Si può ovviamente approcciare tale

ricerca anche come studio delle tipologie, ma se si vuole tentare un’analisi più ampia bisogna

utilizzare tutti gli strumenti che l’archeometallurgia mette a disposizione, quali analisi

archeometriche dei metalli, studio delle probabili aree estrattive, ricostruzione delle tecniche di

fabbricazioni, analisi statistica della distribuzione e studio comparativo dei manufatti. Questa

visione più poliedrica sta dando ottimi risultati per lo studio delle tecniche belliche nell’antichità,

sulle problematiche economiche che determinarono lo spostamento di popolazioni, come nel caso

delle migrazioni barbariche, delle dinamiche di stratificazione sociale di tali popolazioni e delle

motivazioni politiche di specifici eventi storici. Infine, un esempio che coinvolge un gruppo di

ricerca più ampio della nostra sezione archeologica, è quello dello studio delle miniere antiche,

come nel caso delle miniere di limonite nell’area di Castelmanfrino nella provincia di Teramo, che

sto portando avanti con la collega Somma, o delle miniere dell’area orientale di Limassol a Cipro,

su cui sto collaborando con la Missione diretta dalla collega Menozzi. Non si tratta solo di mappare

siti minerari, ma di contestualizzarli in modo sincronico e diacronico nel territorio e di valutarne

l’impatto socio-economico nel contesto storico.

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Lavecchia, G., de Nardis, R., Ferrarini, F., Brozzetti, F., Cirillo, D., UdA, Dipartimento della

Protezione Civile, Servizio Sismico Nazionale,

IDROCARBURI E SIMICITÀ

Lo studio dell'attività sismica indotta e/o attivata (induced e/o triggered) da cambiamenti dello stato

stress associato con attività estrattive o di iniezione di fluidi è particolarmente importante nelle

regioni, come l'Italia, dove un rischio sismico rilevante è accoppiato con campi petroliferi diffusi e

distribuiti a livello regionale. I giacimenti di idrocarburi in Italia derivano da una serie di sistemi

petroliferi caratterizzati da sorgenti/serbatoi distribuiti in età da Mesozoico al Quaternario. Molti di

essi si trovano lungo il margine padano-adriatico ed ionico-ibleo, in prossimità del fronte esterno e

sismogenetico del sistema compressivo appenninico. Altri campi di idrocarburi sono situati in

posizione più interna, lungo il fronte compressivo pede-appenninico, attivo prevalentemente nel

Pliocene inferiore. Un piccolo numero di campi, ma di grande rilevanza in termini di produzione di

gas e/o olio (per esempio Val’d’Agri), è situata all'interno del dominio distensivo intra-appenninico

che è sismicamente attivo. Una valutazione di una possibile interazione tra l’attività estrattiva e

quella sismica ha bisogno di una profonda conoscenza della geometria tridimensionale delle singole

sorgenti sismogenetiche all'interno e/o in prossimità dei campi di produzione. Qui illustriamo uno

schema di zonazione sismotettonica regionale dei più importanti campi italiani, tenendo conto della

loro posizione rispetto a limiti di province sismogenetiche ben definite. Le province si differenziano

per la cinematica (distensiva, compressiva, trascorrente) e per la profondità dello strato

sismogenetico, che può coincidere o no con l'intervallo di profondità di estrazione degli idrocarburi.

Un caso di studio è rappresentato dalla sequenza sismica emiliana del 2012 che si è verificata in

Italia settentrionale, al fronte dell’arco ferrarese, in un'area in parte occupata da un importante

giacimento di petrolio in produzione (il campo Cavone). Basandosi su nuove localizzazioni

ipocentrali degli eventi emiliani del 2012 (ML ≥ 4, dal 12 di maggio al 19 di giugno), si nota che la

struttura compressiva limitrofa al campo di Cavone, nota in letteratura come sovrascorrimento di

Mirandola, non è stata sostanzialmente coinvolta nella deformazione sismogenetica. Infatti, i due

eventi principali del 20 e 29 maggio (Mw 6.1 and Mw 6.0, rispettivamente) sono stati associati a

deformazione per taglio inversa su due segmenti di faglia appartenenti ad un sistema compressivo

più esterno e profondo, noto come Sistema di Ferrara. Il modello crono/spazio/profondità della

sismicità provvede, quindi, vincoli geometrici utili alla discussione sulla possibilità di un

collegamento tra le attività produttive e la sismicità nel distretto estrattivo di Cavone.

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Losurdo, F., Università degli Studi di Urbino [email protected]

PRINCIPIO DI PREVENZIONE NEL DIRITTO EUROPEO ED ITALIANO.

L’obbiettivo fondamentale di tutti gli interventi normativi comunitari in materia ambientale è come

noto quello di perseguire uno “sviluppo sostenibile” del modello europeo di società (Preambolo e

art. 3 TFUE). Particolare rilevanza assumono in questo contesto il principio di precauzione e il

principio dell’“azione preventiva” quali cardini della politica europea ambientale (art. 191 TFUE).

Nonostante sia frequente la tendenza a sovrapporli e confonderli (quasi fossero “due facce di

un'unica medaglia”), la più recente dottrina europea sembra riconoscere al principio di prevenzione

un ambito d’applicazione autonomo rispetto al principio di precauzione. Mentre, infatti, le

valutazioni che giustificano l’applicazione del principio di precauzione sono connotate da rischio e

incertezza, invece quelle che consentono l’applicazione del principio di prevenzione risultano

connotate da criteri di maggior certezza scientifica. In quest’ottica si può asserire che l’applicazione

del principio di precauzione anticipa la soglia di intervento e di tutela rispetto al principio di

prevenzione; in altri termini, il principio di precauzione si applica non a pericoli già identificati, ma

a pericoli potenziali. La relazione si ripropone di ricostruire i punti di emersione positiva del

principio di prevenzione nel diritto dell’Unione e in quello italiano, a partire dall’analisi della

recente disciplina, di derivazione comunitaria, in materia di rifiuti che trova, per l’appunto, in

questo principio il suo centro ispiratore (d.lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 che recepisce la direttiva

98/2008/CE). Questa normativa ha come finalità quella di proteggere l’ambiente e tutelare la salute

umana mediante la prevenzione degli effetti deleteri della produzione e della gestione dei rifiuti. Se

l’assetto normativo precedente era rivolto fondamentalmente alla gestione del rifiuto, dando quasi

per scontato che esso fosse un prodotto necessario e non eliminabile della società contemporanea, il

nuovo approccio è rivolto fondamentalmente a ridurre drasticamente la formazione dei rifiuti. Il

concetto fondamentale contenuto nella direttiva in materia di rifiuti è, infatti, quello di riciclaggio

che si trova menzionato al primo gradino del cd. “gerarchia nella gestione dei rifiuti” e che prevede

solo come ultima ratio, lo smaltimento. Si tenta, in tal modo, di realizzare il passaggio da quella

che, significativamente, è stata considerata come la società del consumo a quella che, con

espressione della medesima direttiva, viene indicata come la società del riciclaggio.

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Malatesta, G., Laureando CdLM in Psicologia, [email protected]

LO STUDENTE COME COMPONENTE DELL’UNIVERSO UNIVERSITARIO - COMPLESSITÀ COME

UNICITÀ

Non riesco a immaginare, al mondo, un territorio (sia esso inteso come luogo fisico o mentale) tanto

prossimo all’idea di complessità quanto l’Università. L’Università, specie quella pubblica, accoglie

al suo interno tante eterogenee componenti diverse, per non dire opposte. C’è lo studente appena

immatricolato, poco più che diciottenne; lo studente più attempato, fuoricorso da anni e immerso

nelle dinamiche sociali di un tessuto che cambia dinanzi ai suoi occhi stupiti; lo studente iscritto al

corso di dottorato di ricerca, la cui mentalità cambia radicalmente; gli studenti che, sebbene non

iscritti a nessun corso, gravitano intorno al mondo dell’Università come tirocinanti, stagisti; i

giovani ricercatori e i docenti a contratto, che molto spesso noi studenti chiamiamo impropriamente

(ma non sempre ingiustamente) professori; i ricercatori un po’ più maturi; i docenti, associati e

ordinari; i direttori; gli amministrativi; i presidenti dei corsi di studio e coloro che ricoprono

prestigiose cariche accademiche. Ognuna di queste componenti è, al proprio interno, estremamente

complessa. Nella mia attività da rappresentante degli studenti, iniziata nel 2009, ho potuto ampliare

la mia visione del mondo studentesco: il continuo confronto con le complesse realtà e le situazioni

individuali di centinaia di studenti iscritti ai più disparati corsi di laurea; le complesse dinamiche

didattiche/amministrative tipiche di ogni singolo corso di studio, per non dire cattedra o addirittura

insegnamento; la singolarità di ogni docente che si interfaccia da un lato con la moltitudine degli

studenti e dall’altro con la più o meno flessibile realtà accademica. Spesso però, la bellezza della

ricerca della via giusta è talmente affascinante da rendere questo percorso bellissimo e unico. È

proprio la complessità, la variabilità delle soluzioni, che rende il nostro mondo una gemma di rara

bellezza. Quel fermarsi del cuore per una frazione di secondo che ci fa sospirare ed esclamare “che

belli gli anni dell’Università”. Sarà per un singulto tipicamente umano che ci fa amare sempre di

più i tempi passati, ma gli anni trascorsi tra quei banchi rimangono indelebili nella nostra memoria,

anche se, vivendoli, li abbiamo ritenuti difficili. A mio avviso, ciò avviene perché le situazioni che

abbiamo affrontato sono state, obbligatoriamente, uniche: allontanarsi dal nido familiare; convivere

con persone che spesso sostituiscono gli affetti infantili; interfacciarsi con docenti e personale

amministrativo per la prima volta protagonisti del proprio futuro e responsabili delle proprie scelte.

Queste sono condizioni che si possono esperire solo ad una certa età e solo per un breve periodo: il

tempo scorre veloce e il mondo “esterno” è lì fuori, pronto ad aspettare lo studente (laureato o

meno) per fagocitarlo in un sempre meno probabile anonimato lavorativo.

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Mancini, G., UdA, [email protected]

RISCHIO SISTEMICO E MUTAMENTO GLOBALE NELLE POLITICHE SANITARIE

Con l’epoca moderna, la scienza della vita ha dovuto ridefinire se stessa, diventando perfetta

combinazione tra biologia molecolare, nanotecnologie, intelligenze artificiali, ingegneria genetica,

digitalizzazione, e neuroscienze. La tecnologia non solo strumento creato dall’uomo per soddisfare i

propri bisogni ma strumento che permette la salvaguardia della specie e il perseguimento dell’essere

umano. In particolar modo in campo medico si sta risentendo fortemente di tale spinta, il corpo

umano diventa un territorio da sperimentare, da indagare, da analizzare non solo più attraverso

l’utilizzo e la costruzione di strumenti artificiali esterni, dispositivi protesici come estensione

artificiale di una parte mancante del corpo umano, ma la rivoluzione é nella manipolazione interna

del corpo. L’uomo contenitore di un insieme di informazioni che nelle trasformazioni evolutive

della specie ha indagato e conosciuto, tanto da servirsi di strumenti atti a potenziare e migliorare le

sue abilità. In medicina aumentano gli interventi disponibili, patologie vengono curate e superate

con l’ausilio tecnologico, sempre maggiore é la relazione tra biodiversità artificiali e naturali.

Attraverso queste tecnologie si sta cercando di rispondere al problema che attanaglia globalmente la

società: la carenza di organi con tutte le relazioni che ne derivano, il consenso alla donazione, il

rapporto con i familiari, la possibilità di utilizzare le cellule staminali con tutti i rischi che ne

derivano. Ulrico Beck attraverso la sua teoria del rischio affianca al rischio di impiego di tecnologie

problemi gestionali, di riconoscimento e di elusione delle tecnologie da utilizzare (Beck 2006), è

nella trasformazione della natura e della società che si individua la nuova produzione di rischi,

laddove l’ambiente diventa incontrollabile, “il sistema globale usa se stesso come ambiente per

formare i propri sotto-sistemi e in tal modo riesce a sopportare a livello di sottosistemi più elevate

improbabilità rafforzando l’azione dei filtri nei confronti di un ambiente in definitiva

incontrollabile”. L’idea donata dalla fisica classica di un mondo come un perfetto orologio che può

essere scomposto in tutte le sue parti, studiato e prevedibile, crolla, Helga Nowotny scrive:

“L’audacia per un futuro imprevedibile e fragile è tuttavia necessaria". L’idea di programmabilità

che ha accompagnato sin dall’inizio la modernità si è ormai rivelata da molto tempo un illusorio

sogno di controllabilità”. Queste trasformazioni hanno portato inevitabilmente a dover ripensare al

ruolo che la scienza medica ha, “scienza come portatrice di progresso o scienza come strumento che

la società può usare o della quale può abusare?”. In medicina e nel particolare caso della donazione

di organi occorre ridefinire attraverso un insieme sistematico di metodi, strategie e strumenti, azioni

volte ad aumentare il funzionamento del sistema.

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Mancini, M.C., Menozzi, O., Staffa, A.R., UdA, Soprintendenza per i Beni Archeologici

d’Abruzzo

DALLA SCOPERTA ALLA FRUIZIONE; UN PERCORSO IRTO DI OSTACOLI. ESEMPI DA CAPESTRANO E

SPOLTORE.

Riportare in luce i monumenti del passato è solo l’inizio di un lungo percorso fatto di analisi,

ricerche, conservazione, tutela, manutenzione, musealizzazione. In particolar modo per le strutture

architettoniche, le quali non potendo essere trasportate in luoghi protetti e sicuri, restano

indissolubilmente legate al territorio ed esposte ad attività di abbandono e deterioramento. Dopo lo

scavo, degrado, rovina e vandalismo sono sempre in agguato, risultando fatali per il patrimonio

archeologico. Tempestive devono essere le preliminari fasi di conservazione. Non sempre è

possibile, soprattutto in assenza di fondi sia da parte del legittimo proprietario, lo Stato, sia da parte

di interventi di privati, anche a causa di una carente legislazione in materia da parte dello Stato

stesso.. I siti di Santa Teresa di Spoltore (PE) e di Capestrano (AQ) sono da anni oggetto di

sondaggi e saggi di scavo da parte dell’UdA di Chieti, in stretta collaborazione con la

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo, grazie ai funzionari di zona A.R. Staffa e V.

Torrieri. Tale sinergia di intenti ha portato a risultati notevoli dal punto di vista delle ricerche e, con

molta difficoltà, si sta cercando di conservare e tutelare le evidenze archeologiche emerse. Le

ricerche, in entrambi i siti, prevedono indagini su vari livelli: analisi archeometriche e microanalisi

sui materiali; indagini di superficie non invasive, mediante magnetometro; scansioni delle strutture

mediante Laser Scanner. La documentazione così completa permette di avanzare ipotesi di

ricostruzione delle strutture emergenti, utili soprattutto ai fini della conservazione e tutela. Le due

aree presentano problematiche diversificate, sia per la molteplicità dei rinvenimenti stessi, sia per le

differenti implicazioni con il territorio circostante. L’impianto produttivo delle fornaci romane di

Santa Teresa di Spoltore, completo del piazzale antistante, in uso dal II al III secolo d.C., è uno dei

rari casi meglio conservati, rinvenuti nel territorio nazionale. Purtroppo si trova in un terreno di

proprietà privata; il che rende particolarmente difficile la fruibilità e la manutenzione delle evidenze

archeologiche. L’area sacra che insiste sulla sommità del colle Sant’Antonino a Capestrano, con il

teatro, le mura e i resti dell’abitato, dal V secolo a.C. al VI secolo d.C., e la vasta necropoli romana

viceversa presentano il problema della considerevole estensione del sito, creando in questo caso

difficoltà nella conservazione, nella tutela e nella fruibilità/musealizzazione del patrimonio. Solo

attraverso interventi importanti e consistenti sarà possibile rendere sicuri e fruibili i due siti? O sono

sufficienti i piccoli e brevi interventi annuali?

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Martelli, A., presidente GLIS, ex presidente ISSO e vicepresidente ASSISi, [email protected]

RISCHIO SISMICO E PREVENZIONE

Nel corso dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza sismica in Italia, svoltasi nel 2012

alla Camera dei Deputati, emerse che, anche riferendosi alle mappe di pericolosità attualmente in

uso, oltre il 70% dell'edificato italiano non è in grado di resistere ai terremoti ai quali può essere

soggetto. In realtà, la situazione è ancor più grave, perché le suddette mappe derivano da un’analisi

probabilistica, metodo dimostratosi inadeguato per molti recenti terremoti: la vulnerabilità sismica,

dunque, dovrebbe essere valutata riferendosi al massimo terremoto credibile, definibile mediante

metodi deterministici, come il Neo-Deterministic Seismic Hazard Assessment (NDSHA). Per

massimizzare la protezione sismica delle strutture sono state da tempo sviluppate e sono già

significativamente applicate, anche in Italia, a costruzioni nuove ed esistenti, moderne tecnologie,

basate sia sull’approccio tradizionale, che prevede di rendere la struttura, rinforzandola,

adeguatamente resistente al sisma, sia su un approccio alternativo, consistente nel ridurre, grazie ad

appositi dispositivi, le azioni sismiche trasmesse dal terreno: in primis l'isolamento sismico, che

permette di garantire l'integrità assoluta delle strutture e di minimizzare il panico, e la dissipazione

di energia, che consente di avvicinarsi a tali obiettivi. La normativa in vigore in Italia permette di

tener conto parzialmente, nel progetto, della drastica riduzione delle azioni sismiche operata dagli

isolatori. Ovviamente, però, occorre sia porre grande attenzione nella loro scelta, progetto,

qualificazione, verifica ed installazione, sia garantire che, per tutta la vita della struttura, essi restino

nelle condizioni previste a progetto: altrimenti l’edificio isolato sarebbe meno sicuro di uno

convenzionale. Occorre, inoltre, una corretta definizione delle azioni sismiche di progetto, in

particolare dello spostamento, parametro fondamentale per la progettazione degli isolatori: ciò

rende indispensabile l’uso del NDSHA. In ogni caso, le metodologie e le tecnologie atte rendere

sicuri gli edifici italiani in caso di terremoto esistono ed è insensato non utilizzarle in modo esteso.

Per gli edifici esistenti, certamente le difficoltà da superare sono enormi, dal punto di vista

economico. Serviranno alcuni decenni per risolvere il problema, ma per giungervi occorre iniziare

subito, agendo per priorità (a tal fine tenendo anche conto dei risultati delle più moderne

metodologie in campo sismologico, come il NDSHA ed i cosiddetti “esperimenti di previsione a

medio termine” dei terremoti) ed utilizzando le migliori tecnologie disponibili prima citate. Se si

vuole che l’opinione pubblica italiana acquisisca una corretta percezione del rischio sismico, sta alle

istituzioni dare l’esempio, promuovendo, finalmente, adeguate politiche di prevenzione e di

informazione.

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Menozzi, O., DiSPUTer, Universitá G. d’Annunzio di Chieti, [email protected]

IL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO E CULTURALE A RISCHIO FRA GUERRA E FASI POST BELLICHE: I

CASI DI LIBIA, CIPRO ED EGITTO.

Gli eventi bellici hanno da sempre rappresentato un momento cruciale e problematico per i Beni

Culturali e viceversa l’archeologia è stata spesso utilizzata quale bandiera o motivazione per una

legittimazione culturale ed etnica durante fasi critiche. I recenti eventi bellici nel mediterraneo, in

Libia, Egitto, Siria, hanno messo in evidenza i gravi rischi per un patrimonio inestimabile,

evidenziando anche una differenziazione di atteggiamenti delle popolazioni locali verso il proprio

patrimonio culturale. La guerra in Libia del 2011 aveva fatto temere ingenti devastazioni,

soprattutto da parte del regime che paventava l’utilizzo dei siti come'ideali rifugi’ contro i

bombardamenti. La popolazione locale per fortuna non ha permesso tale atto che sarebbe stato

senza ritorno e cittadini, funzionari delle soprintendenze e appassionati locali si sono trasferiti nei

siti archeologici e li hanno presidiati continuativamente di notte e di giorno, murando magazzini e

musei, inoltre, hanno evitato furti di inestimabili opere d'arte. Da sempre i libici nati nei pressi dei

numerosi e monumentali siti archeologici hanno mostrato un forte attaccamento ad essi, quale parte

integrante del loro territorio. Per le kabile (tribù) locali non è solo l’appartenenza etnica a costituire

il legante sociale e tribale, ma il senso di attaccamento al territorio costituisce un legame talmente

forte da rappresentare uno degli elementi basilari per definire l’appartenenza tribale. Indi la difesa

dei siti archeologici era parte stessa della difesa del territorio e ne diveniva una metafora diretta;

inoltre sia in Cirenaica che in Tripolitania difendere quelle rovine, Libia, Greche, Romane, Fenice,

Islamiche o Bizantine, che Gheddafi aveva disdegnato, implicava anche una scelta politico-culturale

antiregime. L’instabilità politica che ancora affligge il paese sta determinando un’urbanizzazione

aggressiva all'interno delle buffer zones dei siti archeologici, nonché la grave infiltrazione di

fenomeni di estremismo dall’esterno che spesso vedono nei siti aree dove accamparsi o peggio da

distruggere perché forieri di culture avverse e ciò a discapito non solo delle antichità’ pagane o

cristiane, ma anche dei monumenti appartenenti alla cultura islamica del Sufismo, come antiche

Zawie e Marabutti, che per i movimenti estremisti qaidisti sono da considerare forme di eresia e

quindi da distruggere. Una situazione ancor più variegata e labile si sta determinando in alcune aree

dell’Egitto, dove i destini dei Beni culturali sono saldamente legati alla politica. Il caso di Cipro

invece illustra come per ben 30 anni sono state evidenti le conseguenze sui siti di una guerra breve

nei combattimenti, ma lunga come guerra fredda tra due mondi vicini ma di culture tanto diverse.

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Orsucci, F.F., UCL; Paoloni, G., UdA ([email protected]).

Chaos is a friend of mine. I accept chaos. I'm not sure whether it accepts me” Il Caos è un mio

amico. Io lo accetto. Non son sicuro che Lui mi accetti (Bob Dylan).

La complessità può essere definita come la quantità minima di informazione dotata di significato,

non casuale, ma imprevedibile, necessaria per caratterizzare un sistema. Osserviamo allora che i

cambiamenti di paradigma di un processo evolutivo come quello biologico, rappresentano

incrementi di complessità. La “complessità crescente” in sé non è però il prodotto finale di un

processo evolutivo. L’evoluzione da risposte migliori, non necessariamente più complicate. Qualche

volta una soluzione superiore è una soluzione più semplice. In un sistema evolutivo l’ordine

aumenta esponenzialmente. Il Principio di Equifinalità nella teoria dei sistemi stabilisce che ci sono

diversi percorsi possibili per raggiungere lo stesso equilibrio ottimale, come ci sono diverse terapie

possibili per raggiungere diverse forme di salute sistemica simile.

Un vivente è un agente che ripara e

ricostituisce completamente la propria struttura vitale e cerca di difenderla come meglio sa e può,

dalle “perturbazioni” che provengono dall’ambiente (Maturana e Varela). Un successo in tale

strategia difensiva può implicare e comportare trasformazioni sia nell’ambiente sia nell’organismo,

producendo così “accoppiamenti strutturali” che lo rafforzano. La organizzazione che ne risulta può

essere definita come una iperstruttura eterogenea prodotta dall' effetto non lineare di una massa di

miliardi di interazioni differenti. Abbiamo proposto di chiamare Mind Force il risultato della

potenza causale di questi fenomeni e schemi collettivi (Orsucci, 2009). Anche se siamo giunti a

questa definizione in modo indipendente, ma con la collaborazione di diversi colleghi, abbiamo

presto scoperto che vi sono stati altri importanti contributi germinali nella stessa direzione. Ogni

scoperta e’ sempre anche una ri-scoperta e per citare T.S. Eliot: “Non smetteremo di esplorare / E la

fine di tutto il nostro esplorare / Sarà arrivare dove eravamo partiti / E conoscere il luogo per la

prima volta”.

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Paciocco, M., UdA, [email protected],

LE FAMIGLIE IN CRISI: IMPLOSIONE SOCIALE E RETE TERRITORIALE

Parlare delle difficoltà che la famiglia vive nella società contemporanea ci pone inevitabilmente di

fronte al concetto di "crisi". Il termine crisi è oggi divenuto di innegabile attualità. Tutto e tutti si

trovano in una situazione di crisi, tanto che l'essere in crisi pare essere di gran moda; il "mal di

vivere", il "tormento dell'anima" appaiono sempre più il tatuaggio che indica l'appartenenza in

pieno al tempo che viviamo. La famiglia in crisi è composta da individui in crisi. Chiunque cerchi

di studiare il fenomeno dell’instabilità del sistema famiglia non può non porsi questa domanda: la

sofferenza delle famiglie nel nostro tempo è davvero una crisi della famiglia o è una crisi dell'uomo

di fronte al "valore della famiglia"? Forse ci sono elementi fondati per ritenere che le implosioni,

non meno che le esplosioni della famiglia oggi siano da attribuire non tanto alla coppia in

evoluzione, alla coppia che si rompe, si allontana, ri-costruisce progetti di vita e di famiglia, quanto

alla latitanza del senso di responsabilità genitoriale, al venir meno, o alla mancata nascita, del valore

della prosecuzione di sé e del "compito" di cura del proprio frutto generato. La vera crisi della

famiglia è la mancanza di "presenza genitoriale oltre ogni limite, oltre ogni distanza, oltre ogni

evento di vita"; è quel senso di solitudine, troppo spesso avvertita dai figli, una solitudine che

acquista tante facce: abbandono emotivo, mancanza di relazione intima con il genitore, presenza di

un'unica figura omnicomprensiva di ruoli e funzioni familiari, mancanza di un modello valoriale,

assenza di una responsabilità economica. E' il genitore fantasma, quello a cui, troppe volte, in età

adulta ci si trova incatenati; è quella mancata presenza che torna con tanti volti a tratti con il volto

della rabbia, a momenti con i colori della fragilità, permanendo come senso di profonda ed

incolmabile solitudine. La rete dei servizi offre risorse preziose di supporto ed aiuto alla famiglia in

crisi; il nucleo familiare in stato di bisogno può trovare sostegno e guida nei Servizi Sociali

Territoriali, nel Servizio Psicologico offerto dalle Asl attraverso i Distretti Sanitari di Base, nei

sempre più diffusi Centri di Mediazione Familiare; in ambito privato la psicoterapia può

rappresentare un cammino di elaborazione e risoluzione della crisi di coppia e familiare, come

anche il counseling che, favorendo la consapevolezza del sé nel qui ed ora, aiuta le persone a

crescere nei valori e a vivere "responsabilmente". La via maestra per la positiva elaborazione della

crisi della famiglia, sia nel presente che come solida risorsa per il futuro, può essere l'attivazione, a

più livelli, e la promozione di piccole e capillari iniziative volte a stimolare nelle persone di ogni età

le aree di consapevolezza di sé, a maturare strumenti di comunicazione efficace, a rendere gli

individui presenti a se stessi e in grado di fare scelte responsabili e congruenti per la propria vita.

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Palestini, C., Univerità UdA, [email protected]

RAPPRESENTARE LA COMPLESSITÀ

Il contributo riferisce l’esperienza condotta per rappresentare le complessità derivanti

dall’emergenza prodotta dal terremoto che, nel 2009, ha colpito l'Aquila e altri numerosi centri

limitrofi. Nello specifico si espongono le indagini conoscitive, rivolte al monitoraggio e alla

conservazione di alcuni comuni compresi nel cratere, quelli inclusi nell’area omogenea 5 costituita

da 7 centri storici: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona,

Popoli e Ofena, per i quali sono stati effettuati una serie di rilevamenti da cui sono derivate

rappresentazioni che attraverso elaborati grafici, bidimensionali e tridimensionali, traducono in

disegno le tante complessità generate dal sisma. Le priorità dettate dalla conoscenza e dalla relativa

documentazione dei danni prodotti dal terremoto, hanno orientato le diverse fasi di studio,

articolandole in un sistema operativo appositamente predisposto con metodologie integrate per

analizzare lo stato di fatto, fornendo i dati necessari a supportare le specifiche necessità e le

prospettive di lavoro assunte nel progetto di ricerca. Il progetto di rilevamento e i relativi interventi

sono stati pianificati in funzione degli obiettivi e delle finalità preposte, organizzato in fasi e livelli

di approfondimento differenziato, stabilite in funzione delle urgenze, delle prime azioni di

intervento, delle “fasi emergenziali” e dei successivi stadi decretati dalle politiche di ricostruzione.

In sintesi da questa esperienza si sono ottenuti modelli di studio esplorabili e monitorabili in

laboratorio che, in primo luogo, hanno consentito di fornire la necessaria assistenza tecnica alla

predisposizione dei Piani di Ricostruzione nella fase emergenziale, permettendo poi di coadiuvare

Progetti Pilota e Piani Strategici, predisposti per rilanciare i territori danneggiati dal sisma in una

nuova ottica culturale di sviluppo sostenibile.

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Pasquini, L., UdA, [email protected]

INTELLETTUALI “A RISCHIO”. GLI EFFETTI DELLA DISMISSIONE DEL SAPERE UMANISTICO

La volontà di pertinenza anche politica, connessa al sabotaggio protratto del sapere umanistico, va

determinando una diffusione verticale dell’ignoranza con effetti devastanti sulla matrice etica oltre

che culturale, politica ed economica della società. Le modalità della comunicazione di massa,

banalizzanti, ripetitive ed intrise di luoghi comuni, imprimono una distorsione nella percezione

collettiva della realtà, volta ad impoverire o quanto meno a canalizzare il senso critico, con l’effetto

di relegare nel dimenticatoio anche lo straordinario patrimonio culturale italiano, sedimentato nei

testi letterari che costituiscono un unicum ed un valore incommensurabile a livello mondiale per la

loro valenza monumentale di memoria storica e culturale. Questo stato di cose, avallato da strategie

legiferanti legate a principi di economicità distorti, se non ad una precisa volontà di lateralizzazione

del sapere umanistico, determina l’abbattimento della considerazione e della percezione del valore

stesso dell’istruzione, della scuola e dell’università (storicamente ritenute un privilegio),

imprimendo un’evidente e progressiva “de-alfabetizzazione” collettiva che può tornare utile

esclusivamente a fini di strumentalizzazione ideologica. Sta di fatto che i testi letterari, in quanto

“monumenti” che portano notizie dal passato su cui edificare senza tema di errori il presente,

costituiscono lo scrigno della memoria umana; cosa c’è di più terribile del rischio di perdere la

memoria, facoltà connessa ad un valore insostituibile come quello dell’identità? Quella che stiamo

smarrendo è appunto la nostra preziosissima identità culturale. L’intervento è volto a sensibilizzare

l’uditorio rispetto ai rischi legati a tali contingenze e a restituire la percezione della giusta centralità

delle discipline umanistiche, soprattutto alla luce del loro enorme potenziale di risorsa “anti-crisi”,

anche sulla scia dell’enorme richiesta, proveniente dai paesi stranieri, di accesso all’apprendimento

della lingua italiana, percepita come viatico verso il luogo-simbolo, per tutto il mondo, di eccellenza

nell’Arte, nella Letteratura, ma anche nei settori, oggi trainanti, della creatività applicata al made in

Italy. La conoscenza delle discipline umanistiche apre quindi orizzonti d’indagine sconfinati, con

enorme giovamento in termini di azione concreta e produttiva sulla realtà. La torre d’avorio

dell’intellettuale, infatti, è un concetto ormai inesistente: questi costituisce un portentoso strumento

di orientamento delle coscienze dato che dietro ogni forma di comunicazione mediatica si

nascondono “autori” necessariamente formati da un sapere umanistico. Ed è così che l’intellettuale

si configura come temibile demiurgo e comunicatore dalle facoltà potentissime, in grado di

assumere decisioni e di trovare soluzioni atte ad incidere sul pensiero e a trasformare la realtà. Non

si dimentichi che è il linguaggio a creare la realtà! (Gorgia, Sofista, 485-375 a. C.).

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68

Peresan, A.1,2

, A. Magrin2, F. Vaccari

1,2, F. Romanelli

1,2, G.F. Panza

1,2,3

SCENARI NEO-DETERMINISTICI DI PERICOLOSITÀ SISMICA; 1

Dipartimento di Matematica e

Geoscienze, Università degli Studi Trieste; 2

SAND Group, The Abdus Salam International Centre

for Theoretical Physics, Trieste; 3

Institute of Geophysics, China Earthquake Administration,

Pechino.

La capacità predittiva del tradizionale approccio probabilistico alla stima della pericolosità sismica

(PSHA), si è rivelata fatalmente inadeguata in occasione dei più distruttivi terremoti avvenuti nel

corso dell’ultimo decennio (e.g. il terremoto di Tohoku del 2011 e quello di Haiti del 2010). Le

attuali risorse computazionali e le nuove conoscenze acquisite sui processi fisici di generazione

propagazione delle onde sismiche, unitamente alla crescente quantità e qualità dei dati geofisici

disponibili (che vanno dalle osservazioni sismologiche a quelle satellitari), consentono oggi di fare

ricorso a metodi numerici ed analitici alternativi all’approccio probabilistico. E’ stato infatti

sviluppato un approccio neo-deterministico per la valutazione della pericolosità sismica (NDSHA)

che permette di considerare una vasta gamma di possibili sorgenti sismiche come punto di partenza

per la caratterizzazione del moto sismico del suolo, effettuata mediante la modellazione di forme

d’onda complete. La possibilità di calcolare efficientemente sismogrammi sintetici in mezzi

anelastici lateralmente eterogenei consente di definire un insieme di scenari di scuotimento, sia a

scala nazionale che a scala locale, considerando nel secondo caso le eterogeneità laterali (2D e 3D)

del mezzo attraversato dalle onde sismiche. Il metodo non fa ricorso a leggi di attenuazione

empiriche (i.e. Ground Motion Prediction Equations, GMPE) e fornisce in modo naturale serie

temporali realistiche del moto del suolo (cioè i sismogrammi sintetici), incluse stime attendibili

dello spostamento del suolo direttamente applicabili per l'analisi ingegneristica delle strutture ed

altre azioni utili alla mitigazione del rischio sismico (e.g. valutazione della vulnerabilità degli

edifici esistenti). Sebbene l’approccio NDSHA, nella sua forma standard, non fornisca informazioni

sulla frequenza di occorrenza dello scuotimento del suolo, il metodo è stato ampliato per fornire

informazioni eventualmente utili per la valutazione del rischio, utilizzando opportuni modelli

statistici. La flessibilità di NDSHA, infatti, permette naturalmente di incorporare le informazioni

relative alla ricorrenza dei terremoti, consentendo di calcolare mappe di scuotimento del suolo

associate a periodi di ritorno specificati. Nel corso degli ultimi anni è stata sviluppata, inoltre, una

procedura integrata che consente la definizione di scenari di scuotimento dipendenti dal tempo,

mediante l’aggiornamento sistematico delle previsioni a medio termine spazio-temporale dei

terremoti (i.e. dove gli allarmi sono dichiarati per intervalli temporali di qualche anno e con

un’incertezza spaziale di centinaia di chilometri). La procedura integrata associa l’approccio neo-

deterministico per la stima della pericolosità sismica con le metodologie sviluppate per

l’identificazione delle aree ad elevato potenziale sismogenetico e per la previsione a medio termine

dei terremoti (algoritmi CN ed M8S). Tali algoritmi, che fanno uso dei concetti generali del pattern

recognition per analizzare simultaneamente un insieme di possibili precursori sismici, sono in fase

di avanzata sperimentazione sia in Italia che su scala globale. In questo modo è possibile definire un

insieme di scenari neo-deterministici di scuotimento al basamento, che si riferiscono all'intervallo di

tempo in cui è maggiore la probabilità che un forte terremoto si verifichi entro l’area allertata,

mediante la modellazione completa di forma d'onda, sia su scala regionale e locale. Gli scenari del

moto del suolo dipendenti dal tempo, associati alle regioni allertate, vengono regolarmente

aggiornati ogni due mesi a partire dal 2006. L'applicazione sistematica ed in tempo reale

dell'approccio NDSHA integrato fornisce informazioni utili per la definizione delle priorità degli

interventi di mitigazione del rischio ed, allo stesso tempo, consente una rigorosa sperimentazione e

validazione della metodologia proposta. La metodologia NDSHA è già stata applicata con successo

per la verifica della vulnerabilità di edifici strategici e del patrimonio culturale, nonchè per la

microzonazione sismica in diverse aree urbane del mondo.

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Pitasi, A. PhD. President of World Complexity Science Academy (www.wcsaglobal.org)

MALTHUS' TRAP AND COMPLEXITY

The megatrends of demography, technological convergence and world order redesign are shaping a

dematerialized global scenario in which a key bifurcation is emerging: one side the Malthus Trap on

the other one the Gegnet, the limitless opening of the possible. The abstraction level of the big data

turn into meaningless each local based empirical research that is why the key epistemological

challenge of this essay is to evolve the systemic paradigm comprehend big data and the

methodological challenge is to draft a deductive nevertheless big data based, theorem of global

evolution. The Systemic Approach to Sociology dramatically declined among the social sciences

after Niklas Luhmann’s death in 1998. It essentially declined because it was considered: a) not

scientific due to a lack of empirical fieldwork b) useless in terms of applied policymaking c)

theoretically a specific due to its exceeding variety of interdisciplinary elicitations d) antihuman.

This criticism is only partially motivated and is often dramatically founded on the gap between

systemic epistemology and non systemic epistemology which usually implies a taken for granted

outer world. Nevertheless systemic sociology needs to be redesigned to manage the exceeding

variety of emerging scenarios and high variety and high density complex evolutionary trends in

which natural sciences and social ones converge in reframing “natural reality”. The natural reality

is: something meaningless in se and systemically relevant merely as a thematic subject of positive

and artificial self referential patterns. This presentation is about a general science of complex

systems from an interdisciplinary perspective starting from a social system (system/environment)

paradigm to focus on psychic, systems, biosystems and social systems from the key paradigm shifts.

This new design implies to rethinking three key concepts: individual, organization and life: within

the link between Malthus Trap and Triffin's Dilemma.

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Pitasi, A. PhD. President of World Complexity Science Academy (www.wcsaglobal.org)

RETHINKING RISK THROUGH COMPLEX SYSTEMS GENERAL THEORY

Concept such as risk, contingency, danger, system, vulnerability, re-entry, complexity, variety,

density reshaping the semantics of science and the epistemological construction of interdisciplinary

studies in which sociology, volcanology, biology, meteorology and economics dramatically

convergent. Nevertheless the link between concepts and semantics is shaped by a system

/environment coding thus it very often happens that the conceptual power of science becomes a

confused noise when these words enter everyday semantics. To frame these concepts scientifically

to redesign risk policies, for example, it is required to redesign complex systems. There is no way to

evolve a strategic theory of risk out of a complex system general theory and there is no way to

develop a complex system general theory out of its paradigm shifts. This brief introduction is s

inspired by the description of the key paradigm shifts within the conceptual frame of the systemic

approach as a piece of evidence and as a metaphor of the growing limits of sociological theory,

even in its systemic variant, to observe and to describe the globalized scenarios and its emergent

shapes. As a matter of fact the “control syndrome” which affected the original whole/part systemic

paradigm generated a kind of accountability of social common sense and cultural tradition by which

drawing a normal/deviant distinction which reduced systemic sociology to a very conservative,

paralyzed defence of homeostasis at any price. Parsons’ LIGA schemata are the most exemplary

case of this vision in sociology. Inside this paradigm, since the 1980es a new variant emerged. The

most relevant thinker was Ervin Laszlo whose “Science and the Akashic Field” is clearly subtitled

“An Integral Theory of Everything”. The whole/part paradigm is no longer meant as a sociological

theory of the social system as a whole and a sociological description of the parts which compose the

system itself, the whole is the universe itself from its macro level to the micro, subatomic level. The

challenge becomes more and more interdisciplinary and is aimed to describe all the levels of “life”

in the universe and their interconnections. The whole/part paradigm in both its variants

epistemologically failed because of Goedel’s V Theorem and Heisenberg’s Principle. Niklas

Luhmann’s systemic theory played a key role in the paradigm shifts of the systemic sociological

theory both because of his innovative vision and because of his gift to import into sociological

system theory the most relevant interdisciplinary systemic contributions such a from Biology or 2nd

Order Cybernetics. Luhmann was the thinker of the system/environment paradigm shift already

shaped by its work Soziologische Aufklaerung (2010, new edition), and he finally provided his

systemic vision of society as a global system in his Die Gesellschaft der Gesellschaft (1997).

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Pivetti, M., UdA, [email protected]

LA PERCEZIONE DEL RISCHIO SISMICO TRA SENSO COMUNE E SCIENZA: IL DIBATTITO SUI SOCIAL

NETWORK

In relazione ad eventi rilevanti per la vita delle persone si assiste ad un processo di creazione di

significato, di ricerca di senso e comprensione che si affida tanto alle teorie scientifiche tanto a

teorie di senso comune. Così è anche per il terremoto, come si può osservare dal dibattito nei social

network subito dopo il terremoto de L’Aquila. La comunicazione mediata da computer e, in

particolare, blog e social forum costituiscono un contesto di costruzione sociale e rielaborazione

delle conoscenze – in questo caso, sul terremoto – e per tale motivo si prestano allo studio del modo

in cui queste conoscenze sono ricostruite e rappresentate. La presente ricerca ha analizzato le

concezioni sui terremoti espresse in rete dopo il sisma che ha colpito L’Aquila il 6 aprile 2009.

Dall’analisi del contenuto testuale, emerge che il dibattito on line ruota attorno a quattro temi

principali: (1) le cause, (2) la prevedibilità, (3) le predizioni, (4) la vicenda Giuliani. In particolare,

il sostegno espresso al tecnico Giuliani, e le accuse rivolte alla Protezione Civile, sono espressione

di un rapporto conflittuale tra la scienza ufficiale con le sue istituzioni e le persone comuni con le

loro credenze e bisogni di comprensione. Ragionamento scientifico e teorie di senso comune sono

alla base delle concezioni sul terremoto, così come di altri eventi naturali che interessano in maniera

profonda la vita delle persone e delle comunità. Le politiche e le scelte delle istituzioni non possono

non tenere conto della complessità di questi atteggiamenti – dell’articolazione tra scienza e teorie

ingenue - al fine della costruzione di un rapporto cooperativo e consapevole con i cittadini e, in

generale, per porre le basi di una relazione fiduciaria tra comunità e autorità istituzionale.

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Pompilio, L., Cannito, A., Università DA, [email protected]

MODELLO DI ESPOSIZIONE AD INQUINAMENTO ATMOSFERICO PRODOTTO DA SITI INDUSTRIALI

ESISTENTI E PREVISTI IN ABRUZZO.

In base alla legislazione italiana, le attività industriali ad elevato impatto ambientale sono sottoposte

a Valutazione di Impatto Ambientale, che si esegue su uno studio di impatto da parte dell'azienda

proponente. Gli studi di impatto generalmente utilizzano dati reali e/o stimati come input di modelli

predittivi. I modelli numerici che descrivono gli eventi naturali sono ampiamente utilizzati e

documentati nella letteratura scientifica. Essi permettono di stimare gli effetti che la messa in

funzione dei suddetti impianti avranno sulla qualità dell'aria, del suolo, delle acque e in ultima

analisi sulla salute umana delle persone che vivono nei pressi dell'istallazione. I modelli matematici

sono piuttosto complessi in quanto richiedono un gran numero di equazioni, parametri in input,

vincoli ai parametri scelti, costanti numeriche. L'esecuzione dei modelli è generalmente affidata a

software specifici e talora richiede hardware performanti per compiere la computazione in tempi

ragionevoli. La complessità non è insita soltanto nella rappresentatività dei dati di input, ma anche

nell'interpretazione dei risultati e spesso richiede il coinvolgimento di competenze diverse. Lo

studio che qui presentiamo si avvale di alcuni di questi modelli che simulano la distribuzione in

atmosfera di inquinanti (gas e particolato) emessi durante attività di estrazione di idrocarburi liquidi

e gassosi e successivo trattamento desolforante, da parte di un impianto industriale che dovrebbe

sorgere nell'offshore abruzzese, a circa 6 km dalla costa. I modelli numerici che ci permetteranno di

realizzare valutazioni predittive sulla qualità dell'aria in regime di funzionamento dell'impianto

suddetto sono noti come CALMET (modello meteorologico diagnostico) e CALPUFF (modello di

diffusione e deposizione di gas e particolato). La metodologia dell'indagine si propone di dar conto

degli eventi meteorologici salienti che si verificano annualmente nel dominio di studio. A tale

scopo, abbiamo utilizzato una serie temporale trentennale di osservazioni meteorologiche al suolo e

abbiamo determinato la frequenza e le caratteristiche di alcuni eventi-tipo. Ciascuna tipologia di

evento è stata studiata all'interno delle configurazioni bariche dell'area Mediterranea e, con maggior

dettaglio, nell'area Adriatica. La casistica selezionata rispetta criteri di aumento progressivo della

criticità rispetto al trasporto, distribuzione e accumulo di inquinanti atmosferici.

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Ranalli, G., Dip. di Bioscienze e Territorio - Università del Molise, [email protected]

IMPATTO DELL'AGRICOLTURA MODERNA SULLA SALUTE

Sulla base del confronto tra le modalità ed i metodi dell'agricoltura tradizionale e quella attuale, si

evidenziano assetti legati alla spinta consumistica che alimenta non solo falsi bisogni ma tende a

modificare il gusto dei consumatori orientandone le scelte verso prodotti resi attraenti che, seppur

con elevati sistemi di controllo, risultino essere il risultato di esasperati processi tecnologici

industriali. Tra le filiere agro-alimentari possiamo distinguere: 1- il comparto zootecnico: un tempo

caratterizzato da una struttura aziendale “chiusa” e in equilibrio con l’ambiente; il dimensionamento

e la capacità produttiva era tarata dalle superfici agricole destinate a foraggi per l’alimentazione del

bestiame, dalle rotazioni delle colture, dalla trasformazione in loco del latte in prodotti caseari, dalla

valorizzazione del siero come integratori della dieta giornaliera suinicola, dalla distribuzione dei

liquami su suoli agricoli aziendali che garantiva il giusto equilibrio di reintegro della fertilità del

terreno. La specializzazione degli indirizzi colturali, le scelte obbligate di bilancio economico, la

riduzione costante numerica di forza lavoro per invecchiamento e per la competizione di altri settori

produttivi, hanno indotto una separazione tra zootecnia e cerealicoltura, con la nascita di aziende

“senza terra”, la conseguente rottura degli equilibri e dei cicli naturali della materia, aumentando la

“dipendenza” dell’agricoltura dalla chimica. 2-il comparto cerealicolo - foraggero, oggi appare in

genere più fragile del passato rappresentando solo un anello di una filiera apparentemente interrotta,

con salto tra uso del suolo e l’ottenimento di prodotti finali destinati al mercato; il valore aggiunto

derivante dalle produzioni finali e dalle trasformazioni pertanto è di altri attori lontani dai territori di

origine delle materie prime, con provenienza da paesi e mercati sempre più globalizzati. Il largo

ricorso all’impiego di fertilizzanti azotati è uno di casi di iper-arricchimento e di inquinamento delle

acque da nitrati. 3-il comparto viti-vinicolo, sia a livello nazionale che regionale abruzzese, riveste

un ruolo di primissimo piano, in termini quali - quantitativi, con traguardi significativi di assoluto

rilievo. Fra le numerose attività, quelle che si sono affermate sono basate sul recupero di cultivar

locali, della ricerca di territori “vocati”, sulla riconversione di sistemi di allevamento, sulla

regolazione della fermentazione dei mosti, sia mediante l’uso di colture microbiche starter, sia con

prodotti enologici e processi tecnologici talvolta “discutibili”. 4-il comparto orto-frutticolo da

sempre caratterizzato da una spiccata eterogeneità di indirizzi e colture, è sollecitata a rapide

variazioni e all’adozione di tecniche di avanguardia di automazione e di controllo, sia per ampliare

l’offerta alimentare in un arco temporale più ampio, sia per contrastare la competizione di

produzioni non certamente a “km zero”.

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Rosatelli, G., Pomposo, G., DiSPUTer/ RES.GEA spinn off UdA, [email protected]

PATRIMONIO ARCHEOLOGICO SOTTERRA PREVENZIONE E PIANIFICAZIONE

Le innovazioni delle tecniche di

telerilevamento, basate sull’analisi

ed interpretazione di lineamenti e

anomalie al suolo rilevabili

dall’alto, consentono oggi di

individuare potenziali siti con resti

di strutture archeologiche-

architettoniche sepolte. Queste

attività rientrano nell’ambito dell’Archeologia Preventiva, che consente di acquisire informazioni

basilari nella pianificazione territoriale, nella salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-

artistico. Le tecniche di telerilevamento consentono di sfruttare informazioni della radiazione

riflessa od emessa dagli oggetti e dal suolo quando colpiti dalla radiazione solare. Le informazioni

sono raccolte e digitalizzate da appositi sensori istallati su satelliti, aerei o droni che restituiscono un

immagine multispettrale del territorio. L’analisi delle immagini multispettrali consente di estrarre

informazioni sulla distribuzione dei litotipi, sullo sviluppo della vegetazioni, variazioni di

permeabilità del suolo, etc., da cui si possono individuare lineamenti ed anomalie attribuibili ad

elementi e strutture archeologiche sepolte. Le informazioni così ottenute possono implementare le

conoscenze storiche architettoniche territoriali già inserite nelle cartografie archeologiche esistenti,

le cartografie storiche e i documenti d’archivio. Le informazioni, codificate con una stessa ratio,

possono quindi essere rese fruibili facilmente utilizzando Sistemi Informativi Territoriali. Nella

pianificazione territoriale (piani urbanistici, piani regolatori, piani paesistici) il Rischio

Archeologico comprende il depauperamento del patrimonio storico-archeologico che potrebbe

essere danneggiato in occasione di interventi di trasformazione del paesaggio. Contestualmente si

deve considerare che durante la realizzazione delle opere un aumento dei costi e ritardi dovuti al

recupero e messa in sicurezza dei rinvenimenti archeologici inattesi. Uno studio di Archeologia

Preventiva nella fase di progetto preliminare consente di mitigare notevolmente il Rischio

Archeologico ed ottimizzare la programmazione e la progettazione delle opere ed interventi, oltre a

razionalizzare la gestione delle risorse economiche. La normativa Italiana (Codice degli Appalti)

prevede l’obbligo per le stazioni appaltanti di procedere alla “Verifica preventiva dell’interesse

archeologico” nelle opere pubbliche (c.d. Archeologia preventiva).

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Roncone, R., Malavolta, M., Salza, A., Giusti, L., Ussorio, D., Pollice+, R., Casacchia, M.,

Università degli Studi dell'Aquila

PERCEZIONE DEL RISCHIO E CATASTROFE: L'ESPERIENZA DI ESSERE VITTIMA E SOCCORRITORE

ALLO STESSO TEMPO NEL SISMA AQUILANO 2009.

Un forte rapporto lega gli Autori al territorio aquilano del sisma del 6 aprile del 2009, che ha

prodotto 309 vittime e 1500 feriti, portando all’evacuazione della città e dei suoi territori viciniori

nel giro di 48 ore. La scossa di terremoto delle 3:32 ha esposto molti di loro alla tragica sensazione

di “non farcela” e di “morte imminente”. La constatazione immediata degli Autori, al tempo stesso

vittime ed operatori della salute mentale, è stata quella di essere impreparati, sopraffatti, dalla

gravità dell’evento traumatico sia a livello personale che professionale. Nei mesi successivi con

difficoltà sono state fronteggiate le attività assistenziali (in tende da campo fino a fine maggio 2009

e successivamente in limitatissimi spazi all’interno dell’ospedale, anch’esso lesionato dal sisma) e

con ancora maggiore difficoltà è stata condotta l’attività accademica e di ricerca. E’ stato difficile

traslare rigorosamente a livello scientifico la mole esperienziale maturata nell’emergenza, prima,

durante e dopo il terremoto, in carenza dei propri strumenti lavorativi, dei propri ambienti di lavoro,

dei luoghi e delle proprie relazioni sociali. Il sisma ha segnato la vita di tutta la popolazione

dell’aquilano, con riferimento di ognuno alla propria storia di vita in termini di “prima del

terremoto” e “dopo il terremoto”. Gli Autori illustrano la loro esperienza umana e professionale, di

vittime e soccorritori allo stesso tempo, in relazione al sisma che ha colpito la città in cui vivevano

ed operavano. Peraltro la città dell’Aquila, nei mesi precedenti al 6 aprile 2009, era stata oggetto di

uno sciame sismico fonte di grande apprensione nella comunità. Vengono, infatti, analizzate anche

le affermazioni rassicuranti fatte prima del terremoto e dei dubbi insinuatesi dopo il terremoto circa

la scientificità di tali rassicurazioni. Le conseguenze psicologiche dell’esposizione a questi eventi

disastrosi ed il carico di dolore, soprattutto quello delle persone sopravvissute che hanno avuto

vittime in famiglia, la morte dei figli, si riverbera sugli operatori e sull’intera comunità,

accentuando la convinzione dolorosa della scarsa prevedibilità del mondo e del proprio futuro. Gli

Autori riportano le conseguenze psicologiche dell’aver vissuto tale disastro e le strategie individuali

e professionali adottate per fronteggiarlo, con particolare riferimento al Progetto del Ministero della

Salute, finanziata tramite la Regione Abruzzo, Programma di Supporto Psicosociale e Tutela della

Salute Mentale per l’Emergenza Sisma, SPES 2009, incentrato sul follow-up delle conseguenze

esistenziali e psicopatologiche della popolazione colpita dal sisma del 6 aprile 2009.

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Rovigatti, P., U.d'A.

COMUNICAZIONE DEL RISCHIO IN CAMPO URBANISTICO: ESPERIENZE E PROSPETTIVE NEL POST

TERREMOTO AQUILANO

La gestione del rischio è entrata nelle pratiche urbanistiche in Italia a partire dalle vicende

dell’emergenza e del post terremoto, almeno dagli anni'90 in poi (terremoto di Umbria e Marche del

1997 e successivi). Nella società complessa la sempre più evidente vulnerabilità delle popolazioni

appare, nel nostro paese, come una condizione di struttura. Diffondere a livello generale e locale

una cultura attiva del rischio e della prevenzione è, a parole, e ormai da anni, l’impegno quasi

generale di tutti gli organi di governo territoriale. Una verifica dello stato attuale degli strumenti di

governo e gestione del rischio territoriale è oggi uno dei campi dove sarebbe più opportuno far

convergere gli interessi di ricerca di una comunità scientifica responsabile, assieme alle domande e

alle attese delle amministrazioni pubbliche. In tal senso, la vicenda post terremoto in Abruzzo –

l’Aquila, ma anche l’insieme dei 57 comuni che compongono il cosidetto “cratere” della

ricostruzione – si presenta come un interessante caso di studio, da comparare a quelli delle vicende

precedenti o successive, sia a livello nazionale (Emilia) o internazionale (Cile). Come sono

cambiate le condizioni della sicurezza territoriale in queste regioni? Come è evoluta la percezione

del rischio da parte delle popolazioni e delle comunità locali, e come è cambiata tale percezione

nella testa dei decisori pubblici e privati – amministratori locali, ma anche imprese e portatori di

interesse – e di conseguenza i loro comportamenti istituzionali e d’impresa? A cinque anni dal

terribile terremoto del 2009, il quadro appare contraddittorio. Sono all’oggi 55 i Piani di

Ricostruzione articolati in una parte “operativa” e in una parte “strategica”. La formazione di tali

Piani ha comportato anche la definizione di strumenti di dettaglio della risposta fisica dei suoli alle

sollecitazioni sismiche – gli studi di Microzonazione sismica, realizzati nei comuni in classe 1 come

“Attivita' di Prevenzione del Rischio Sismico - Microzonazione Sismica del Territorio Regionale”.

Sono molti i casi in cui tali zonizzazioni evidenziano come le nuove zone di espansione urbana

poggino su suoli a maggiore rischio sismico, dove l’esecuzione di nuove opere edilizie comporta

almeno costi di esecuzione più elevati. Buona parte dei comuni abruzzesi sono, inoltre, oggi dotati

di Piani di Emergenza Civile, spesso affissi nelle piazze comunali, secondo principi di buone

intenzioni comunicative che spesso contrastano con le forme e i linguaggi di tali strumenti. Si tratta,

nel complesso, di tre condizioni molto importanti, che forse non vengono adeguatamente comprese

e comunicate dalle pubbliche amministrazioni, che forse scontano, e non solo per proprie colpe, con

imbarazzo, ritardi e inefficienze della ricostruzione fisica che ancora attende buona parte del

“cratere”. Meritano di essere tuttavia indagate le motivazioni “psicologiche”, e non, che stanno

dietro allo scarso impegno di molti amministratori nel mettere in valore tali strumenti, o nel

costruire attorno ad essi sistemi e iniziative efficaci di comunicazione attorno al tema, appunto, del

rischio. Forse il problema sta proprio in questo: la difficoltà, comprensibile, di veicolare all’esterno

– verso un potenziale pubblico turistico, naturale referente di centri spesso di notevole valore

culturale e ambientale, o un parterre di possibili operatori economici da attrarre nel contesto locale

- un punto di debolezza del proprio territorio, sia esso il rischio sismico o una sua altra declinazione.

Lo sforzo da fare appare allora quello di contrapporre è quella dalla consapevolezza del rischio e

dalla dotazione di apparati e strumenti di suo controllo.

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Santoro, S., UdA- DiSPUTer, [email protected]

LE CARTE DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO, STRUMENTO PER LA CONOSCENZA E LA TUTELA

TERRITORIALE

Nella tradizione degli studi archeologici, un territorio è rappresentato attraverso una carta che indica

le presenze o i luoghi di rinvenimento di strutture e materiali antichi utilizzando un codice, fatto di

punti numerati, che rinviano ad un elenco di località e alle relative schede sintetiche. La carta

archeologica è dunque un catasto territoriale di tutte le evidenze archeologiche e monumentali, di

tutti gli oggetti e di tutti i luoghi di interesse archeologico. Si tratta, in termini cartografici generali,

di una carta tematica, il cui tema è appunto l’archeologia o meglio la rappresentazione di uno spazio

insediato dall’uomo nel passato. Le “evidenze archeologiche” che vi compaiono solitamente sono

1) collocate cartograficamente 2) periodizzate cronologicamente 3) connotate tipologicamente.

Come strumento conoscitivo delle dinamiche insediative di un territorio nel tempo, questo tipo di

carte presenta tuttavia due difetti: il codice grafico non consente una collocazione precisa, ma solo

approssimata, e ponendo tutto insieme sulla carta le evidenze archeologiche di tutti i periodi, anche

se differenziate cromaticamente o graficamente, il quadro visivo rappresentato appiattisce le

differenze cronologiche e sembra che tutti i punti siano vissuti contemporaneamente, nello stesso

macroperiodo. Una carta del rischio archeologico è uno strumento conoscitivo assai più evoluto, di

recente realizzazione, grazie alle potenzialità dei nuovi strumenti informatici. Utilizzando una

piattaforma GIS (Geographic Information system) e il sistema di localizzazione GPS, è possibile

localizzare con estrema precisione le evidenze archeologiche (records) e connetterle ad un data base

in cui esse sono descritte con estremo dettaglio, nelle loro caratteristiche cronologiche, tipologiche e

di contesto ambientale. Attraverso un sistema di interrogazione, è possibile selezionare i records

sulla base di parametri predefiniti ( per es. altitudine, insolazione, profondità del rinvenimento,

epoca) così da avere automaticamente delle carte tematiche molto precise. Il GIS è dunque un

contenitore dei dati su base cartografica: li gestisce organizzando le informazioni, consente di

osservare ed ipotizzare interrelazione tra diversi livelli di dati, elaborare nuove conoscenze e

formulare ipotesi storiche interpretative. La carta del rischio archeologico è dunque uno strumento

di servizio, che consente di disporre di un quadro conoscitivo aggiornato in base quale effettuare

analisi territoriali, studiare la storia di un territorio, decidere strategie di sviluppo urbanistico

tutelando le evidenze archeologiche, sia già note che prevedibili, ed infine permette di divulgare la

conoscenza storica fondata su dati criticamente valutati. Documentando e interpretando, è possibile

in tal modo conservare, progettare, prevedere.

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Sborgia, M., ASSOCANAPA [email protected]

CANAPA VS PETROLIO: BENVENUTI NELLA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Un mondo senza plastica, asfalto, gasolio, benzina e tutti gli altri prodotti ottenuti mediante la

raffinazione del petrolio. Un mondo basato sulle soluzioni, ecologiche, basato su menti ed intelletti

nuovi, basato sulla libertà di pensiero. Per parlarne è indispensabile introdurre il concetto di

biomassa: con biomassa intendiamo tutto quell’insieme delle coltivazioni, degli scarti agricoli e

forestali, dei bio carburanti e dei gas utilizzati a scopi energetici; in sintesi parliamo di sostanze di

origine biologica in forma non fossile. Nel 1940 Henry Ford dimostrò al mondo che è possibile

ottenere dalla canapa quanto necessario per sostituire il petrolio. La canapa rappresenta la pianta

con il più alto rendimento per ettaro, è la pianta che cresce più rigogliosa e più velocemente, e

questo anche in condizioni climatiche sfavorevoli. E’ una pianta legnosa che contiene il 77% di

cellulosa; a paragone il legno produce un 60% di cellulosa, ma soprattutto con tempi estremamente

più lunghi e con un’occupazione di terreno incredibilmente maggiore. La canapa seminata cresce

rigogliosa raggiungendo in 100 giorni altezze dai 3 ai 5 metri. La benzina, che può essere sostituita

dall’etanolo di canapa. In funzione della sua alta resa in massa vegetale, la canapa è considerata

ideale anche per la produzione di combustibili da biomasse come l’etanolo, considerato il

carburante del futuro. Questo tipo di carburante alternativo al petrolio può essere prodotto su larga

scala attraverso processi di pirolisi o fermentazione, in assenza di ossigeno. Dalla canapa è possibile

ottenere anche una sorta di biodiesel di origine naturale che può essere sostitutivo parziale e per

intero agli odierni gasoli, nafte e derivati. “Perché esaurire le foreste che sono nate attraverso i

secoli e le miniere che necessitano di molti anni per formarsi, se possiamo ottenere l’equivalente di

una foresta e dei prodotti minerari attraverso la coltivazione annua dei campi di canapa?” In

questa frase di Henry Ford è racchiusa la sua ambiziosa visione: produrre autoveicoli interamente

costruiti e alimentati con la canapa e i suoi derivati. Così nel 1941 la sua concezione diede alla luce

la Hemp Body Car,un prototipo interamente in plastica derivata dalla pianta, alimentata con etanolo

di canapa (raffinato dai semi). Sfortunatamente Ford morì soltanto due anni dopo la fine del

secondo conflitto mondiale, la coltivazione della canapa venne resa illegale e il progetto cadde

nell’oblio. In molti oggi sostengono che ciò accadde sotto le pressioni della nascente industria

petrolchimica, che vedeva in un prodotto naturale e abbondante come la canapa una concorrenza da

eliminare. Oggi assistiamo ad una progressiva riabilitazione della pianta canapa. Sempre più

persone riconoscono nella canapa una risorsa naturale e sostenibile sulla quale oggi il mondo

potrebbe basare una nuova economia.

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4-5-6 LUGLIO, 2014- CHIETI: RISCHIO: PREVEDERE, AFFRONTARE, MITIGARE

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Sciannella, L.G., Università di Teramo

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE. LE SUGGESTIONI DEL DIRITTO COMPARATO.

Sin dalla sua prima apparizione, il principio di precauzione si è posto al centro di un dibattito

particolarmente intenso che non accenna a spegnersi (Sunstein, 2010). Anzi, la portata straordinaria

che il progresso scientifico e tecnologico ha assunto a partire dalla seconda metà del XX secolo ha

contribuito a sganciare progressivamente il precauzionismo dalla cornice della sola riflessione

filosofica per approdare nel mondo del diritto, in forza della sempre più avvertita necessità di farne

un principio dotato di forza vincolante. Dovendosi, per ragioni di brevità, affidarsi

all’approssimazione della sintesi, può dirsi che l’emersione del principio di precauzione ha

comportato il superamento delle precedenti logiche fondate su un’ottica di tipo riparatoria e la

concomitante affermazione di un’”etica della responsabilità” diretta a preservare l’umanità dai

rischi di un incontrollato primato della scienza. In tale direzione, il principio di precauzione sarebbe

chiamato ad intervenire allorquando la scienza mostra limiti nel dare risposte certe su rischi – non

ancora individuati o dimostrabili – inaccettabili per la collettività. Dalle prime teorizzazioni nella

dottrina americana degli anni Sessanta si è giunti alla positivizzazione di un primo nucleo del

principio di precauzione nell’ordinamento tedesco, a seguito del disastro ecologico delle piogge

acide. Il Vorsorgeprinzip è stato utilizzato non solo per prevedere un intervento diretto dell’autorità

prima del verificarsi del danno, ma anche in assenza di prove scientifiche certe che comprovassero

i rischi temuti. Il principio di precauzione è entrato a pieno titolo nella comunità internazionale e,

per tale via, è poi penetrato nell’ordinamento comunitario e negli ordinamenti nazionali. La prima

consacrazione del principio in ambito internazionale si ha con l’art. 15 della Dichiarazione

approvata a conclusione della Conferenza di Rio de Janeiro nel 1992. Da qui, il Trattato di

Maastricht ha poi elevato la precauzione a principio cardine dell’azione del legislatore comunitario

in materia ambientale. La penetrazione negli ordinamenti nazionali è stata condizionata dalle fonti

internazionali e comunitarie, a testimonianza della forza straordinaria dei processi di

contaminazione degli ordinamenti giuridici, soprattutto nell’ambito di contesti geopolitici che

conoscono processi di integrazione politica, come ad esempio quello europeo. In tal modo, il

principio di precauzione è entrato a pieno titolo nel diritto interno, assumendo il ruolo di principio

guida per la legislazione soprattutto in materia ambientale. Esaminando le principali fonti dalle

quali ha avuto origine fino alla sua progressiva consacrazione nei testi costituzionali, il contributo

vuole analizzare, in chiave comparata, la valenza di norma giuridicamente vincolante, tentando di

porre in maggiore trasparenza la definizione giuridica del principio di precauzione.

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Serafini, L., UdA ), [email protected]; [email protected]

PATRIMONI COMPLESSI: CONSERVAZIONE E RECUPERO DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE

L’allargamento dell’orizzonte della conservazione e lo spostamento del campo d’interesse dai

monumenti al contesto urbano diffuso, guadagnato con la Carta di Venezia del 1964 e sviluppato in

direzione di una concezione sempre più ampia di patrimonio, sia pure in ritardo rispetto agli altri

paesi europei ha guadagnato al tema dell’archeologia industriale un posto di assoluto rilievo nel

dibattito che da anni si svolge in Italia sul destino dell’esistente, col sostegno di istanze ecologiche

sempre più dirette a limitare l’uso del territorio e il consumo di risorse. A fronte della vastissima

produzione storiografica sull’argomento e dell’attenzione prestata attraverso mostre, convegni,

biennali espressamente dedicate, assolutamente problematico ed irrisolto rimane ad oggi il rapporto

con una cultura progettuale di fatto incapace di coniugare il riuso con le istanze del restauro,

ritenuto poco applicabile ad un patrimonio, come quello industriale, non solo scarso di valori

artistici ma anche realizzato in genere con materiali poveri, per di più provati da decenni di

dismissione e abbandono. Rispetto ai pochi interventi di recupero, realizzati a partire dagli anni

Settanta e che sono riusciti a salvare oltre agli edifici anche il loro contenuto, in termini di

macchinari e catene di montaggio, numerosi rimangono gli esempi che hanno premiato il

contenitore a scapito di tutto il resto, sottoposto ad usi troppo incompatibili con l’esistente per

garantire la conservazione di quella cultura materiale che ne rappresentava la principale identità,

messa a rischio non solo dal venir meno degli ideali politici che dell’archeologia industriale

avevano fissato i presupposti ma anche da un apparato normativo assolutamente carente. Sicché il

ventaglio di soluzioni va da esempi estremi -come quello della centrale di Trezzo d’Adda,

conservata insieme al suo apparato funzionale e raro esempio di edificio industriale ancora

funzionante, all’ex zuccherificio di Parma, utilizzato da Renzo Piano a pretesto di un progetto di

auditorium, che viene ricavato all’interno totalmente forzando la vecchia struttura, svuotata e ridotta

alle sole pareti perimetrali, con quelle corte peraltro sostituite da diaframmi vetrati, come per il

Lingotto di Torino, la miniera di Ravi di Gavorrano in Toscana, la centrale Montemartini di Roma.

Nella somma delle soluzioni proposte, rimangono tuttavia le “fabbriche eccellenti” il luogo

privilegiato di attenzioni che andrebbero estese anche alle fabbriche “minori”, spesso di regioni

dove il tema dell’archeologia industriale è ancora agli esordi. Tra queste regioni è l’Abruzzo, il cui

vasto patrimonio di fabbriche, spesso paleoindustriali, va gradualmente svelando non solo la

ricchezza di una cultura in buona parte sconosciuta, ma anche la possibilità di un recupero difficile

ma ricco di potenzialità.

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Somma, M.C, Antonelli, S., DiSPUTEr, U.d'A

UN’ABBAZIA AL CENTRO DI UN TERRITORIO: S. MARIA ARABONA

L’attuale territorio abruzzese risulta interessato sin dall’alto medioevo da un massiccio fenomeno

monastico le cui testimonianze, almeno a livello documentario, risalgono già ad epoca

prebenedettina. Tra i numerosi insediamenti che costellano l’intera regione uno dei principali è

senz’altro quello di S. Maria Arabona nell’attuale territorio di Manoppello (PE), in area vestina

transmontana. L’abbazia è ubicata su un’altura che domina la vallata della Pescara, interessata dal

transito della via Claudia Valeria, principale asse viario costituito dall’età romana. La fondazione di

questo nucleo monastico nel Medioevo costituì un elemento fondamentale nelle dinamiche di

trasformazione territoriale e, al tempo stesso, la scelta dell’ubicazione risponde ad alcune

caratteristiche geomorfologiche e ambientali certamente funzionali all’inserimento della nuova

forma insediativa, atte a garantirne e facilitarne il suo successivo sviluppo. Secondo la tradizione, la

chiesa sarebbe stata costruita sui resti di un’ara dedicata alla dea Bona, tuttavia al momento non vi

sono sufficienti elementi archeologici, materiali e strutturali per convalidare tale ipotesi. Le fonti

documentarie attestano la fondazione dell’abbazia, tra fine XII secolo e inizi XIII secolo, per diretta

iniziativa dell’aristocrazia locale, in un luogo denominato “Arbona” o “Arabona”, nell’ambito della

riorganizzazione monastica operata dai cistercensi in Italia centrale. In età romana il territorio

doveva gravitare sul municipio di Theate Marrucinorum ed essere organizzato attraverso vici, villae

e piccoli insediamenti rurali, che in parte ricalcano quelli di età precedente: a breve distanza

dall’abbazia, è stata indagata un’importante villa rustica con fasi di frequentazione fino al VI-VII

secolo d.C. (cfr. contributo di A. R. Staffa “Conservazione vs fruizione: l'esempio della villa rustica

romana di Santa Maria Arabona) e gran parte del pianoro sembra interessato da un articolato

sistema insediativo per lo sfruttamento agricolo. Nel corso del XIII secolo il monastero raggiunge la

massima espansione dal punto di vista territoriale ed economico divenendo un riferimento

economico e politico imprescindibile per questa porzione dell’Abruzzo adriatico. Tuttavia,

rimangono ancora da definire le dinamiche di occupazione dell’area in epoca altomedievale, quando

si assiste ad un sostanziale vuoto documentario. Tale lacuna sottolinea le potenzialità della ricerca

archeologica, attualmente unico strumento per la comprensione del paesaggio storico e delle sue

evoluzioni. Il contesto di Santa Maria Arabona costituisce, dunque, un esemplare caso di

complessità negli aspetti che caratterizzano le trasformazioni dell’organizzazione territoriale

dall’età antica al Medioevo, soprattutto sotto il profilo della gestione socio-economica delle risorse

e dell’articolazione degli insediamenti.

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Staffa, A.R., Soprintendeza BAA, Abruzzo

CONSERVAZIONE VS FRUIZIONE: L'ESEMPIO DELLA VILLA ROMANA DI SANTA MARIA ARABONA

La monumentale villa rinvenuta nell’area di S. Maria Arabona di Manoppello, rappresenta un

interessante caso esemplificativo di valorizzazione, musealizzazione e fruizione articolata e

complessa, visto il coinvolgimento di un ente pubblico che ha curato scavi, studio e valorizzazione

ed un privato che collabora nel tenere aperto il sito. La villa nasce in origine come fattoria (secc. II-I

a.C.), si sviluppa agli inizi dell’impero, sino a trasformarsi in una nobile villa di campagna. La parte

scavata costituisce solo parte di un ben più esteso impianto, che sembra presentare un duplice

orientamento. Non diversamente da impianti medio-grandi della tarda età repubblicana, anche

questa villa sembra articolarsi funzionalmente in almeno tre parti diverse, che possono essere

ripartite in: ambienti residenziali, ossia la domus vera e propria, un impianto termale privato e parte

agricola (pars rustica) della villa. Particolarmente ricco è l’apparato musivo della parte

residenziale; i mosaici sono tutti caratterizzati dall’uso della bicromia bianco-nera ed inquadrabili

fra la metà del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. Lo schema decorativo rinvenuto

nell’ambiente termale del frigidarium è del tipo punteggiato di tessere in colore contrastante con

una cornice bianca e una fascia centrale nera punteggiata da tessere bianche a distanza regolare, ed

è confrontabile con un tipo attestato ad Ostia nella domus del Peristilio, datato al I secolo d.C. e con

un tipo presente nella villa romana di Cottanello nella Sabina. I numerosi frammenti di intonaco

dipinto, rinvenuti ancora in posto sui muri in reticolato, o “crollati” sui pavimenti degli ambienti,

testimoniano della ricchezza decorativa e della sontuosità della villa. Le pareti degli ambienti

residenziali si presentavano con colori vivaci e forti, dal famoso c.d. “rosso pompeiano”, il colore

più tipico delle pitture di età romana, ottenuto con il cinabro, una terra ricca di vari ossidi di ferro, al

giallo, bianco e azzurro, reso con l’armenium e l’Indicum, dei preziosi pigmenti esotici. Un ampio

tratto di affresco venuto in luce nell’ambiente A (il frigidarium) conserva un elegante schema

decorativo, comprendente un raffinato motivo vegetale stilizzato in bianco dipinto su uno sfondo

azzurro intenso Dallo scavo provengono anche diversi frammenti di marmo utilizzati per il

rivestimento parietale; i tipi riconosciuti appartengono ai classici marmi utilizzati in età romana e

diffusi fra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del II secolo d.C., provenienti sia da cave Italiane, come

il bianco di Carrara e l’Ardesia dalla Liguria, che da cave greche (come il Cipollino ed il Rosso

antico) e da cave in Africa e Asia Minore (come il Portasanta, l’Africano, il Pavonazzetto e il Giallo

delle cave di Chemtou in Tunisia). La monumentalità del complesso e la ricchezza dei suoi apparati

decorativi sono stati il motivo principale di una valorizzazione complessa, difficile ma necessaria.

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Stoppa, F., DiSPUTer, UdA, [email protected]

RADON IN CITTÀ

La distribuzione delle sorgenti ionizzanti artificiali è messa in relazione con l’affermarsi di

condizioni di rischio elevato legate a una cattiva gestione dell'igiene fisico-sanitaria dell’ambiente

antropico e con una rapida rottura dell’equilibrio tra rigenerazione cellulare e neoplasie maligne

epidemiche. Come è noto, l’esposizione ai prodotti di decadimento del Radon aumenta di molto il

rischio di tumore per gli esseri umani. Sebbene il ruolo delle sorgenti naturali sia ancora mal

valutato è ragionevole che esse costituiscano un pericolo cronico, mentre quelle artificiali siano un

pericolo acuto. La mitigazione del rischio Radon è particolarmente complessa a causa dell’elevata

vulnerabilità strutturale dell’ambiente urbano e per la mancanza generale di dati epidemiologici

specifici che vincolino l’entità del danno biologico e perdite inflitte alla Società con l'esposizione

complessiva (naturale + artificiale). La pericolosità del Radon è legata alla mobilità attiva e passiva,

e all'emivita dei suoi isotopi e isotopi radiogenici di decadimento che ne amplificano la disponibilità

nell’ambiente e la compatibilità biologica. Tuttavia in caso di emissioni artificiali bisogna stimare

ed ipotizzare il contributo dei radionuclidi progenitori, spesso difficili da localizzare e fattori di

concentrazione legati a condizioni di diffusione non naturali (dispersione di radio-nuclidi

progenitori). Questo studio dimostra che questa l'assunzione può portare a una sostanziale

sottostima del rischio Radon sia per sottostima della pericolosità sia per diminuzione della soglia di

allerta e quindi aumento della vulnerabilità del sistema. La pericolosità naturale del Radon a

Pescara è bassa mentre il rischio è elevato. Tale Rischio risiede nel fatto che la causa delle

concentrazioni elevate di Radon non trovando una spiegazione naturale induce il sospetto, non

ancora verificato, di una sorgente artificiale ben più pericolosa del Radon stesso. Proponiamo i

risultati della ricerca sulla distribuzione di questo gas naturale radioattivo nell’area urbana di

Pescara. I risultati ci hanno fatto capire che anche un sito apparentemente insospettabile come

quello di questa città potrebbe trovarsi a dover affrontare questo problema. Lo studio ha evidenziato

che in circa un quarto del territorio comunale il primo metro e mezzo di suolo contiene quantità

considerevoli di Radon. In conclusione, a Pescara come altrove, sarebbe opportuno organizzare

campagne di informazione e di prevenzione della radioattività magari inserite in campagne più

generali di educazione al rischio ambientale. Questo tipo di approccio non solo consentirebbe di

conoscere meglio il comportamento del Radon in zone densamente popolate, ma costituirebbe un

utile strumento per la pianificazione dello sviluppo urbanistico e sociale.

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Stoppa, F., Pomposo, G., Iezzi

, G.,

Res.Gea Spin-off UdA, [email protected]

IL PATRIMONIO EDILIZIO DI CHIETI: PROSPETTIVE DOPO IL DANNEGGIAMENTO DEL TERREMOTO

DI AQUILA.

La mitigazione del rischio presenta le caratteristiche di un’analisi complessa in quanto deriva dal

prodotto di fattori semplici i quali non sono in grado singolarmente di definire il Rischio. Le misure

di mitigazione devono godere di caratteristiche addizionali, oltre che diminuire qualitativamente i

parametri di pericolosità, vulnerabilità e valore esposto, devono evitare impatti collaterali ed avere

un contenuto etico per cui devono essere sostenibili, alternative e adattate al contesto locale. Per

esempio l'introduzione di tipologie edilizie antisismiche deve salvaguardare il tessuto urbano storico

mediante un complesso sistema di recupero. Lo spin-off dell’Università ha varato un progetto

mirante alla valutazione del rischio sismico a Chieti ed in particolare della vulnerabilità strutturale

del patrimonio edilizio. Siccome la vulnerabilità si certifica al momento di un evento si è ritenuto

necessario, oltre alle varie misure miranti a stabilire la pericolosità, la risposta locale e il valore

esposto, incrociare i dati già disponibili con la distribuzione del danneggiamento e seguito della

crisi sismica del 2009 nel territorio comunale. I dati sensibili sono: collocazione geografica degli

immobili danneggiati, tipo di edificio, anno costruzione, cemento armato, o mattoni, numero di

piani etc, tipo di danno, importo delle riparazioni. Per gli edifici pubblici cittadini si dispone della

classificazione di vulnerabilità strutturale per 91 edifici in muratura e per 189 edifici in calcestruzzo

derivati dal cosidetto "Rapporto Barberi". La creazione di un GIS ha consentito di incrociare dati

geologici con dati di vulnerabilità e di valore esposto approssimando una previsione di rischio

basata sulla risposta locale già nota.

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Stuppia, L., Università degli Studi UdA di Chieti - Pescara, [email protected]

EPIGENETICA E DIMENSIONE OLISTICA

Il carattere multidimensionale della conoscenza in un'ottica bio-psico-sociale rappresenta uno dei

più complicati puzzle che la scienza moderna si trova ad affrontare. L’antica dicotomia tra l’origine

naturalistica e quella ambientalistica del comportamento umano, che sono state alla base delle più

crudeli ideologie del XX secolo, è stata ampiamente superata dal concetto di suscettibilità genetica

quale base biologica del temperamento, più che del comportamento, umano, e dalla rivalutazione

del ruolo svolto dall'ambiente, in particolare nell’età dello sviluppo, nel determinare le

caratteristiche comportamentali umane e patologiche. E' stato così possibile determinare come il

concetto di rischio genetico non possa essere disgiunto da un’approfondita analisi del rischio

ambientale e dei meccanismi di interazione tra i fattori genetici di suscettibilità e i fattori ambientali

scatenanti. E' stato così possibile chiarire come in alcuni casi, quali quelli dei disturbi, alimentari, i

fattori ambientali siano prevalentemente costituiti da fattori sociali e psicologici, spalancando una

finestra su un nuovo concetto di rischio ambientale. La nuova rivoluzione in questo campo, pertanto

è stata generata negli ultimissimi anni dalle nuove conoscenze nel campo dell’epigenetica, una

disciplina che studia gli effetti degli agenti ambientali sull’attività dei geni. E' stato così possibile

accertare che in molti casi gli effetti dell'ambiente, inteso come presenza di stress di varia natura,

alimentazione, cure parentali, anziché interagire con la componente genetica, ne modificano

profondamente l’attività, arrivando a determinare un cambio dell’espressione genica. E' stato così

possibile comprendere come numerose caratteristiche della vita umana, quali il ritmo circadiano, le

capacità cognitive, il rischio di sviluppare patologie quali autismo e schizofrenia, le

tossicodipendenze, siano frutto di una complessa interazione geni-ambiente, il cui punto più

interessante è rappresentato dall’evidenza di un effetto epigenetico della psicoterapia, capace di

attivare geni che sostentizzano molecole che agiscono con effetto terapeutico sul sistema nervoso

centrale dell'individuo. Tali scoperte suggeriscono fortemente che in breve tempo gli effetti

dell’epigenetica possano rappresentare dei formidabili strumenti terapeutici per la terapia di diversi

disturbi del comportamento umano.

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Valentinetti, R., Colozzo, F., Pepe, C., Ranieri A.

“PER NIENTE FACILI, UOMINI SEMPRE POCO ALLINEATI” recita il testo di una meravigliosa canzone

di Ivano Fossati. Ecco, oggi l’arte, il mondo che gira attorno ad essa e gli artisti stessi, si ritrovano

ad essere sempre meno allineati ad un unico modus operandi, perché complessa è la vita

contemporanea e complesso il mondo che li circonda. Dall’invenzione della fotografia,

dall’industrializzazione massiva e dalla nascita del linguaggio cinematografico, l’artista ha

guadagnato una sorta di libertà, un affrancamento dai suoi legami con la realtà apparente per andare

finalmente ad indagare i territori più profondi della sua anima, sempre più slegata ormai dai dettami

della società. L’artista con Baudelaire si trova ad interpretare la parte dell’alieno in un pianeta

straniero. Un corpo estraneo, uno che dà fastidio perché denuncia. Lo fa inaspettatamente, lo fa

forse inconsciamente. Ma lo fa, perché lo DEVE fare. È come una pietruzza nella scarpa. Un

granello di polvere negli occhi. Un alieno libero di esprimere ciò che pensa. Perché l’artista non è

più quello che illustra il Vangelo a scopo divulgativo, o quello che ritrae l’artistocratico nel suo

salotto, o il borghese sulla “grande jatte”. Già nel'600 artisti come Caravaggio o Zurbaràn

esprimono attraverso i loro soggetti ed i loro colori così poco rassicuranti, che la pacata linearità

cinquecentesca è morta definitivamente; la realtà non è più l’illusione di una Terra al centro

dell’Universo bensì la consapevolezza della perdita della centralità; delle certezze acquisite che

crollano; è quella dei piedi sporchi del primo San Matteo di Caravaggio, o è il ventre gonfio di una

morta annegata che lo stesso Caravaggio utilizzerà come modella nella commovente “Morte della

vergine” del 1604; insomma la realtà è imprecisa, imperfetta, difficile; complessa perché complesso

ed inesplorato l’Universo che ci circonda. Una linea immaginaria può apparire agli occhi di chi vuol

vedere un legame fra il 600 e uno fra i maggiori artisti di tutti i tempi, Pablo Picasso. C’è una linea

che unisce questi due elementi, e su questa troviamo Courbet e Van Gogh. I mangiatori di patate, i

contadini, gli spaccapietre, i raschiatori di parquet. E’ a loro, a questi geni della storia dell’arte che

dobbiamo la nascita di un’attenzione nei confronti di queste categorie. Ancora oggi,

sostanzialmente, l’artista non è altro che uno strumento che la storia utilizza per potersi manifestare,

per poter esprimere le sue esigenze che di volta in volta cambiano al variare del contesto sociale,

politico, filosofico, economico. L’artista non appartiene a se stesso bensì al secolo in cui vive. Egli

esprime un qualcosa che lo sovrasta, che si impossessa della sua mente chiedendogli in prestito una

mano con un pennello per potersi manifestare. Complessa oggi è l’arte, perché complessa è la

trasmissione di segnali fra i vari media; l’artista oggi è un eclettico che non esclude a priori nessun

tipo di strumento per poter esprimere il suo DISSENSO.

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Varagnoli, C., Verazzo, C., UdA di Chieti Pescara, [email protected]

RESTAURO E RICOSTRUZIONE. L'ESPERIENZA DEI PIANI DI RICOSTRUZIONE

Il sisma del 6 aprile 2009, che ha colpito l’Abruzzo e la provincia dell’Aquila in particolare, ha

creato una nuova cesura nella storia di lunga durata della regione. Le provvidenze per la

ricostruzione prese all’indomani del sisma sono a tutt’oggi argomento di grande dibattito nel

panorama nazionale e regionale, anche per l’oggettiva difficoltà di definire metodologie di

intervento applicabili alla ricca e articolata identità locale. A supportare tale vicenda è l’esperienza

maturata dagli autori nell’elaborazione di alcuni Piani di ricostruzione e nella messa a punto

dell’approccio metodologico più rispondente alle tematiche del recupero del patrimonio

danneggiato. Nel contesto della regione Abruzzo e della provincia dell’Aquila in particolare, la

valle Subequana gode di una forte caratterizzazione ambientale e paesaggistica. Il suo territorio,

prevalentemente collinare, è compreso nell’area del Parco Regionale Sirente-Velino e nella

Comunità Montana Sirentina, ed è anche segnato dal paesaggio creato dal fiume Aterno, che con i

suoi affluenti stringe tutti i centri in un’unica grande realtà territoriale, meritevole di un’azione

complessiva di potenziamento e sviluppo. Castelvecchio Subequo, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli,

Secinaro e Castel di Ieri, strutturano questa realtà, riassumendo nel loro patrimonio i tratti peculiari

dell’Appennino abruzzese, in uno scenario naturale e artificiale fitto di tracce del passato agricolo e

pastorale e della maniera tradizionale di abitare: borghi spesso compatti, su ripidi pendii, a loro

volta contrappunto di importanti presenze archeologiche sparse sul territorio. A partire dalla

constatazione dei danni provocati dal sisma, i Piani elaborati per i centri della valle Subequana

hanno assunto come prioritaria la necessità di avviare un processo di recupero degli alloggi e di

messa in sicurezza dei centri, ma anche di dotare le amministrazioni locali di una serie di strumenti

e metodologie congruenti. Strettamente complementare a questi obiettivi c’è anche quello di avviare

un processo di ripresa economica che a partire dalla ricostruzione edilizia possa generare linee di

sviluppo compatibile con l’ambiente e il tessuto sociale. I valori architettonici e paesaggistici dei

centri in questione motivano la particolare attenzione da riservare alla conservazione del patrimonio

storico e artistico locale, inteso come fattore di sviluppo di attività produttive e culturali. In tal

senso, i Piani, inserendosi in una strategia di rinascita dei centri già da tempo avviata nel contesto

dell’intera valle Subequana, puntano sul potenziamento e valorizzazione dei sistemi locali e delle

peculiarità agroalimentari; sulla riqualificazione e valorizzazione dei sistemi ambientali e storico-

culturali per l'incentivazione di forme di turismo di nicchia; sulla riorganizzazione consortile dei

servizi legati all'offerta turistica; sulla razionalizzazione dei sistemi di mobilità territoriale.

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Verrocchio, M.C. Università degli Studi UdA, [email protected]

LO PSICOLOGO NEI CONTESTI SOCIO-GIUDIZIARI

Lo psicologo forense “…nell’esercizio della sua professione può incidere significativamente…sulla

salute, sul patrimonio e sulla libertà degli altri….”. Coniugare presupposti ed esigenze del diritto e

della psicologia risulta, seppur complesso, l’obiettivo da perseguire.

E’ necessario effettuare una meta riflessione sulle criticità attualmente esistenti nell’ambito del

sistema socio-giudiziario che stanno ostacolando una reale tutela dei minori. Lo psicologo che opera

nel contesto socio-giudiziario è un professionista chiamato a rispondere ai quesiti del diritto che

dovrebbe aver maturato sia particolare esperienza professionale in questo campo, sia responsabilità

e qualità personali di equilibrio, sensibilità, abilità di negoziazione, rispetto incondizionato dei

colleghi e delle parti. Nel setting giudiziario, l’esercizio della professione di psicologo deve

avvenire nel rispetto del principio del contraddittorio per consentire alle parti interessate il più

ampio spazio critico. Pertanto, il contributo fornito dall’esperto deve rispondere a precisi criteri di

validità scientifica, ossia implicare un radicamento nei metodi e nelle procedure della scienza e non

in ipotesi o teorie non dimostrate. Si farà riferimento all’ambito civile in cui lo psicologo interviene

(in qualità di consulente tecnico di ufficio o di parte) nei casi di separazione giudiziale. In tali

situazioni il compito primario è salvaguardare l’interesse preminente del minore, evitando di

amplificare il conflitto tra le parti coinvolte. La coppia genitoriale altamente conflittuale spesso

assume una posizione che non garantisce l’interesse del figlio e delega decisioni al sistema giustizia

che, emettendo un certo tipo di sentenza, “da la colpa o la ragione” ad uno dei due genitori (in modo

più o meno esplicito), continuando a contribuire alla prosecuzione di una guerra nella quale nessuno

vuole deporre le armi. Occorre considerare aspetti psicologici e relazionali molto profondi che

soggiacciano a tali situazioni in quanto una consolidata letteratura scientifica internazionale ha

dimostrato che i figli di genitori separati, ingaggiati in dispute, triangolati, “sgenitorializzati” e

alienati da una figura genitoriale subiscono numerose conseguenze psicologiche e psicopatologiche

in vari domini. I consulenti tecnici che tendono a garantire al sistema stabilità e tranquillità (pur

possedendo un corposo “bagaglio” di competenze e strumenti), possono contribuire a sostanziare il

fallimento delle soluzioni del sistema? Consulenze mal fatte determinano senz'altro un insuccesso e

una mancata risoluzione, ma anche consulenze "ben fatte" costituiscono solo l'inizio di un

successivo percorso, spesso ugualmente fallimentare, in un sistema conflittivo che non prevede

ancora interventi psico-sociali adeguati.

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U.d'A.- DIPARTIMENTO SCIENZE PSICOLOGICHE, UMANISTICHE E DEL TERRITORIO

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Zappacosta, Lucia., Direttore Artistico Alviani ArtSpace – Aurum - Pescara

OBSOLESCENZA DEL PATRIMONIO AUDOVISIVO

L’UNESCO nel 2004 lancia il primo allarme: il patrimonio audiovisivo mondiale, esclusi i

materiali fiction, ammonta a 200 milioni di ore e l’80% rischia di scomparire. Nel XX secolo

la tecnologia video è ormai alla portata di tutti ed è un indiscutibile mezzo d’informazione e di

comunicazione. La rivoluzione digitale ha poi accelerato la diffusione e la fruizione di

contenuti video, mettendo a disposizione di un numero sempre più elevato di persone un

materiale sempre meno caro, più performante e di utilizzo più semplice. Le immagini fisse e in

movimento sono considerate una risorsa della collettività ed è necessario conservarle al fine di

salvaguardare il patrimonio e di diffondere conoscenze e valori. Considerata l’importanza dei

materiali audiovisivi ed il rischio di obsolescenza a cui sono sottoposti, la Conferenza

Generale dell’UNESCO approva nel 2005 la commemorazione della Giornata mondiale per il

patrimonio audiovisivo. Il 27 ottobre di ogni anno si sensibilizza l'opinione pubblica sulla

necessità di conservazione, si fornisce l’opportunità di mettere a fuoco specifici aspetti

nazionali o internazionali del patrimonio, si evidenzia la necessità di rendere accessibili gli

archivi, si calamita l'attenzione dei media alle questioni del patrimonio ed infine si evidenzia

quello in pericolo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. La produzione continua dei

documenti audiovisivi, inoltre, pone chiunque voglia reperire o classificare un'immagine di

fronte ad una sfida considerevole. La descrizione di materiali video impongono, a tutte le

istituzioni, di cercare delle soluzioni pratiche ai problemi dell’organizzazione delle collezioni

audiovisive. La descrizione è però un atto interpretativo che presuppone un punto di vista. Il

valore della descrizione dipende, quindi, dall’analisi prodotta, anche se alcune competenze

sono imprescindibili. Alcune recenti indagini e una panoramica sugli standard esistenti, hanno

reso evidente l’assenza di una normalizzazione delle schede di catalogazione adottate per

gestire le informazioni descrittive, condizione primaria alla cooperazione e necessaria allo

scambio di informazioni. Spesso gli standard sono elaborati ad hoc dagli archivi , in base alla

necessità e ai documenti trattati, ma la specificità non favorisce la condivisione. L’analisi dei 3

principali standard audiovisivi (AACR2, ISBN (NMB) e FIAF) ne ha dimostrato

l’inadeguatezza. Per rendere quindi gli archivi audiovisivi realmente fruibili e combattere il

rischio della loro obsolescenza è necessario adottare misure urgenti e condivise su più piani, in

grado di attribuire il giusto valore ai documenti audiovisivi che rappresentano parte integrante

dell'identità nazionale.

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Acconcia Valeria, DiSPUTer, 3283682470, [email protected], Assegnista di Ricerca in

Etruscologia, CV BREVE- RC, Dottorato in Etruscologia. Specializzazione in Archeologia.

Assegnista di Ricerca dal 2009 in Etruscologia e Civiltà Italiche. Direttore scientifico dei progetti di

scavo di Capestrano e Navelli. Responsabile di scavo a Populonia e Veio con la Direzione

scientifica della prof. G. Bartoloni.

Agostini Silvano, 3476172298, 08713295261, [email protected], MiBACT -

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, Geologo Direttore Coordinatore,

Responsabile del Servizio Geologico e Paleontologico, del Servizio Informatica e dei progetti GIS

“Geologia Abruzzo” ed “ Archeologia e Territorio”. Coautore di libri monografici e articoli inerenti

alla geologia, la geopaleontologia, la geologia del Quaternario, la diagnostica e l’archeometria, il

restauro, le applicazioni del GIS all’archeologia ambientale. Vincitore del VII premio della Società

Geografica Italiana “Edoardo Zavattari”, Ha condotto e conduce studi per il restauro del paesaggio

e di risanamento idrogeologico di aree monumentali ed archeologiche, E’ docente dall’anno

accademico 1997/98 presso l’Università degli Studi di Chieti – Pescara UdA del corso di Geologia

del Quaternario e di specifici moduli nell'ambito del Laboratorio di Archeologia della stessa

università, Affronterà le problematiche e la necessità di una costante attività di documentazione del

patrimonio monumentale, con l'utilizzo anche delle nuove tecnologie,

Andrea Pitasi, (www.andreapitasi.com) professore associato confermato presso l'UdA è un

sociologo sistemico i cui lavori principali sono apparsi in più lingue Presidente della World

Complexity Science Academy (www.wcsaglobal.org) è Presidente del Mediterranean Board di

Santa Fe Associates International presso la cui Business School insegna Strategic Consulting.

Antonelli Sonia [email protected] 348 8010331 Attualmente assegnista di ricerca in

Archeologia Cristiana e Medievale (L-Ant/08) presso l’Università “UdA di Cheti”, si è laureata in

Lettere Classiche con indirizzo Archeologico presso la stessa Università. Si è specializzata in

Archeologia Medievale presso la I Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di

Roma "La Sapienza".) Presso la stessa università nel 2003 ha conseguito il titolo di dottore di

ricerca (XV ciclo) in Archeologia e Antichità Postclassiche (sec. III-XI. La sua attività di ricerca

privilegia le trasformazioni urbanistiche e le dinamiche insediative tra antichità e alto medioevo,

con particolare attenzione alla cristianizzazione e allo studio del materiale ceramico e scultoreo in

area centro italica (Abruzzo e Lazio settentrionale) ma anche all’estero con la partecipazione ad

importanti progetti in Albania, Francia, Cipro, Cirenaica e Armenia.

Arbace Lucia, [email protected], Soprintendenza BSAE Abruzzo. Soprintendente,

Lucia Arbace, è stata Storico dell’Arte Direttore Coordinatore presso la Soprintendenza BAP-

PSAE di Napoli e poi presso il Polo Museale Napoletano dove ha svolto incarichi istituzionali

collegati alla tutela e valorizzazione del territorio di competenza. Dal 1978 svolge attività di ricerca

in molteplici settori – dalla grafica alla maiolica – collaborando con riviste ed enciclopedie e

svolgendo attività didattica presso varie Università. È stata Soprintendente della Sardegna con sede

in Cagliari dal 30/4/2008 al 20/8/2009. Dal 21 agosto 2009 ad oggi è Soprintendente per i BSAE

dell’Abruzzo dove è impegnata, tuttora, al fianco degli altri soggetti coinvolti, nelle attività di

coordinamento e monitoraggio dei recuperi e di messa in sicurezza del patrimonio artistico

conseguente il sisma del 6 aprile. Oltre agli incarichi svolti nelle funzioni dirigenziali, con nomina

della competente Direzione Generale MiBAC, è stato membro della Commissione ministeriale che

ha determinato la valutazione finalizzata dell’acquisizione dei beni mobili del Museo Richard-

Ginori a Sesto Fiorentino. Ha svolto la docenza del corso di Storia del Restauro e della

Conservazione presso l’Università dell’Aquila (Anno 2011-2012, 30 ore, Anno 2012-2013).

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Arduini Fabrizia, 329 1574549, 0859063220, [email protected], WWF, Referente energia, F.

Arduini è un’attivista sociale che milita da più di 30 anni nell'associazionismo ed è stata una

referente di Emergenza Ambiente e nel contempo collaborato con varie ONG riguardo alle politiche

ambientali. Fabriza Arduini è nota come pittrice e grafica ed ha collaborato con numerose testate

come LINUS.

Berti Chiara, 0039-335-6932096, 0871 3556595, [email protected], UdA, Professore Associato

di Psicologia Sociale, Chiara Berti, è medico psichiatra e insegna Psicologia Sociale e Psicologia

giuridica presso l’UdA. I suoi interessi di ricerca sono rivolti all’ambito della psicologia della

giustizia sociale e alle decisioni in campo fiscale.

Brozzetti Francesco. [email protected], DiSPUTer, Docente, F. Brozzetti è professore associato

in geologia regionale svolge attività di ricerca su tematiche di geologia strutturale e tettonica

riguardanti lo studio delle deformazioni compressive e distensive dell’Appennino settentrionale. Ha

inoltre intrapreso un nuovo progetto di ricerca rivolto alla definizione delle geometrie e dei tempi

delle deformazioni distensive nell’Appennino Campano-Lucano e del confine Calabro-Lucano. Ha

infine contribuito allo sviluppo di progetti di sismotettonica e geodinamica, coordinati da altri

docenti e ricercatori nell’ambito del Laboratorio di Geodinamica e Sismogenesi (GeoSis Lab)

dell’Università di Chieti.

Cannito Arturo, Meteorologo A.M.Università DA DISPUTer, 335 1829106 – 0871 3555331,

[email protected]. Ufficiale Geofisico del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica con

esperienza professionale in: previsioni meteo, meteorologia aeronautica ed operativa, meteorologia

e climatologia polare, meteorologia marina, osservazioni meteo, meteorologia satellitare e

telerilevamento. Dal 2004 al 2012 è stato capo dell’Ufficio Meteorologico dell’aeroporto di

Amendola (Fg), dal 2010 al 2012 meteorologo della XXVI and XXVII Italian Antarctic Expedition

del Programma Nazionale Ricerche in Antartide.

Capasso Luigi, 338 94 95 424, 0871 355 5001, [email protected], Università degli Studi

“Gabriele dA” di Chieti e Pescara, Professore ordinario, CV:

http://www.museo.unich.it/index.php?it/129/prof-luigi-capasso,

Catapane Elisabetta, 3382199855, [email protected], Libera professionista, Psicologo,

Psicologa psicoterapeuta, docente a contratto Università di Chieti, impegnata nella tutela

dell'infanzia e dell'adolescenza, si occupa di abusi e maltrattamenti nei servizi territoriali di base. Lo

sviluppo della dimensione transpersonale in psicologia, ove si fondono filosofia e scienza per una

ricerca di senso, rappresenta il focus elettivo di intervento in psicoterapia. E' autrice di alcune

pubblicazioni a carattere scientifico e letterario.

Cirillo Daniele, 08713556453, [email protected], Laureato in Geologia, con Lode presso

l'Università della Calabria con una tesi dal titolo: "Rilevamento Geologico e Geologico-Strutturale

del settore centrale della Catena Costiera (Calabria Settentrionale) e studio Petrografico delle

Metabasiti e delle rocce Milonitiche", ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca con una tesi dal

titolo: "Quaternary extension in Northern Calabria: geometry, kinematics, active faults mapping and

preliminary seismotectonic analysis" presso il Di.S.P.U.Ter, sezione Geologia e Archeologia -

Università degli Studi UdAdi Chieti - Pescara - Attualmente Assegnista di Ricerca in Geologia con

un progetto di ricerca: Geometria e cinematica delle strutture tettoniche distensive Quaternarie nella

Calabria Settentrionale e loro rapporti con la sismicità storica e strumentale.

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Claudio Giampaolo, 335 6223388, [email protected], Archeoclub d’Italia onlus

sede di Cepagatti (PE) presidente C. Giampaolo è titolare di una ditta di restauro ed ha una lunga

esperienza sul campo in Abruzzo e fuori regione: oltre alle sue competenze professionali, offre

anche un forte supporto al volontariato, essendo il presidente dell'Archeoclub di Cepagatti, sede

locale recentemente costituita che si muove con buon dinamismo, nell’allestimento di eventi

culturali.

Colozzo Francesco nasce a Cagliari nel 1976. Autodidatta sensibile e attento al mondo della natura,

fin da piccolo giocava raccogliendo oggetti, legni, pietre, vecchie latte, dando forma alle visioni

fantastiche di un bimbo. Un gioco che continua a praticare da diversi anni a tempo pieno; è da qui

che nasce la voglia di raccogliere, assemblare e dar nuova vita a ciò che e' considerato rotto,

vecchio, perso o semplicemente abbandonato. Cacciatore nomade, raccoglitore, cerca la vibrazione

che può essere racchiusa in un vecchio oggetto arrugginito. Attraverso immagini visionarie

prendono forma pesci, teatrini personaggi ironici, cinici ma sopratutto fantastici!

"Cerco con il mio sentire..di narrare racconti, numeri fortunati....di viaggi nel tempo.

Mi piace sentire il forte costante mare..." Attualmente vive e lavora nella casa di San Vito Marina

(Ch).

Consoli Giampiero, 338 8022680, [email protected], Università degli Studi UdA di Chieti -

Pescara, Docente, Coordinatore Centro Servizi Audiovisivi dell'Ateneo, Collaboratore a contratto -

Direzione Generale dell'Università, Assegnista di ricerca e docente a contratto nell’ambito del CdL

Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute.

Cortini Michela, 347-5945436, 0871 3556601, [email protected], Ricercatore in Psicologia del

lavoro e delle organizzazioni, UdA, Michela Cortini insegna Psicologia del lavoro presso l’UdA ed

è referente per l’orientamento. E’ esperta di comunicazione. Organizzativa e di metodologia della

ricerca.

D’Avino Stefano, UdA di Chieti e Pescara, Ricercatore confermato, Studioso di aspetti teorici e

operativi del restauro, ha svolto consulenze per i centri storici colpiti dal terremoto del 2009, oltre a

restauri in aree sismiche come l’Umbria.

de Collibus Giulio, [email protected], Archeoclub Pescara, presidente, G. de Collibus è

studioso ed animatore culturale noto per il suo lungo impegno nella difesa del patrimonio storico-

archeologico e demo-antropologico Abruzzese. Attualmente è anche presidente dell'Archeoclub di

Pescara ed ex presidente della fondazione Genti d'Abruzzo.

de Crecchio, Mariangela., Insegnante di scuola primaria, appassionata collezionista di libri rari e

di pregio appartenenti a quella produzione editoriale nazionale che vede la letteratura per l'infanzia

custode di una preziosità immaginativa che si svela attraverso parole e figure. La passione per la

recitazione la conduce a frequentare regolarmente la Scuola di Teatro, organizzata dal Teatro Studio

di Lanciano, e specifici seminari sul racconto teatrale. Gli studi universitari umanistici ancora in

corso e la preparazione in qualità di esperta in tecniche di conservazione e restauro di materiale

archivistico e librario la rendono sensibile alla valorizzazione del patrimonio artistico del territorio

abruzzese. La miscela data dall’esperienza accumulata come osservatrice e uditrice attenta, e lettrice

selettiva, la conducono ad intraprendere un percorso di studio e ricerca che nello specifico vede

protagonista un testo dimenticato, sfuggito alla critica letteraria: La leggenda d’oro di Mollichina,

scritto da Camille Mallarmé, illustrato da Duilio Cambellotti, pubblicato da Rocco Carabba editore

di Lanciano. L’assenza di esegesi pregresse la rendono libera di avviare le ricerche che evolvono

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nella direzione di un’interpretazione dell’opera sia a livello storico che recitativo, sempre

accompagnata dalle variegate sonorità del flautista Roberto De Grandis. Inaugura il percorso di

studio in occasione della “I Settimana della Cultura Frentana” nel maggio 2013, organizzando con

l’associazione culturale ContrAppunto il convegno “La letteratura per l’infanzia a Lanciano.

Rilettura di un libro unico”, in collaborazione con Lucia Arbace, Soprintendente per i Beni Storici,

Artistici ed Etnoantropologici per l’Abruzzo. Ospitata nella Casa natale di Gabriele d'Annunzio, nel

novembre 2013, partecipa con due incontri dedicati rispettivamente a bambini e adulti al “Festival

delle letterature dell’Adriatico”, tenutosi a Pescara. Nel gennaio 2014, a conclusione della mostra

Nicola da Guardiagrele e l’oreficeria abruzzese contemporanea, allestita nel Palazzo de Mayo di

Chieti, a cura di Sergio Bacelli e Gabriele Vitacolonna, le tre istituzioni coinvolte, la Fondazione

Carichieti, l’Ente Mostra Artigianato Artistico Abruzzese e la Soprintendenza BSAE dell’Abruzzo,

in collaborazione con D’Abruzzo Edizioni Menabò, ha l’occasione di proporre la sua lettura

interpretativa a seguito della tavola rotonda dal tema La presentosa. Un gioiello degli Abruzzi tra

tradizione e innovazione, in occasione della pubblicazione del volume di Adriana Gandolfi. Il

percorso di studi prosegue alla volta di suggestioni e scoperte sempre nuove.

De Grandis, Roberto., In qualità di primo flauto ha collaborato con numerose orchestre italiane

quali l’Orchestra Filarmonica Marchigiana, l’Orchestra Benedetto Marcello, l’Orchestra

dell’Associazione Amici della Musica “F. Fenaroli” di Lanciano e del Teatro Marrucino di Chieti

suonando in varie occasioni sotto la guida dei Maestri Bellugi, Michelangeli, Renzetti, Marc

Andrae, Martin, De Bernard e G. Gelmetti. Ha collaborato con numerosi Gruppi da Camera spesso

come solista quali la Camerata Anxanum, il Gruppo di Roma, i Solisti Aquilani, L’Orchestra

Benedetto Marcello, L’Ottetto Italiano di Fiati, con le società “B. Barattelli” e “Solisti Aquilani”. E'

stato assistente del Maestro Angelo Persichilli nei Corsi Internazionali "F.Fenaroli" di Lanciano.

Con il Quintetto a Fiati “DA” ha tenuto concerti in prestigiose sale, partecipando inoltre al “Festival

di Remagen” e nel “Festival di Coblenza” in Germania. Si è esibito nel sale prestigioso delle città di

Toronto, Montreal, Windsor, Ottawa, Hamilton, Niagara in Canada, “Sala Nervi”di Roma

partecipando in registrazioni per conto della RAI di Roma. Ha conseguito a pieni voti il Diploma

Triennale di musica da camera di Alto Perfezionamento presso la prestigiosa ACCADEMIA

INTERNAZIONALE PIANISTICA “INCONTRI COL MAESTRO”, di Imola, con il Maestro

PIER NARCISO MASI. Dal 1998 è docente di ruolo di flauto traverso presso la Scuola Media

Statale ad indirizzo musicale “ D. Pugliesi” di Ortona. Flautista della “LIVE ORCHESTRA”,

gruppo sinfonico che si propone in tutta Italia con Giò di Tonno, Simona Molinari e Piero

Mazzocchetti e con altri grandi artisti del panorama musicale italiano.

de Massis Fabio, 3203630614, 0852408075, [email protected], avvocato, Attualmente

titolare di uno studio sito in Pescara alla Via Parco Nazionale d’Abruzzo n. 5. Dal gennaio 2003-

Iscritto nell’Albo degli Avvocati presso l’Ordine di Pescara Nell’ambito dell’attività di

collaborazione svolta oltre alla trattazione di tematiche di diritto civile, diritto del lavoro con

particolare riguardo al pubblico impiego, diritto tributario; in particolare stesura di atti giudiziari di

diritto amministrativo attinenti, più specificatamente, al diritto urbanistico ed ambientale. Dal 2002

Nell’ambito della consulenza legale per l’Associazione Ambientalista WWF ONLUS Sezione

Abruzzo trattazione di tematiche relative al rispetto della normativa ambientale nella fase di

progettazione e realizzazione delle opere pubbliche nonché nella pianificazione urbanistica e di

settore (venatoria/ gestione del ciclo dei rifiuti / pianificazione dei piani demaniali ) di vario livello

(comunali/ provinciali / regionali). Principali esperienze: Consulenza Assessore Urbanistica

Comune di Vasto in relazione ad alcune problematiche attinenti la realizzazione di edifici in una

zona sottoposta a vincolo ambientale. Patrocinio giudiziale innanzi ai tribunali amministrativi per

l’Associazione Ambientalista WWF ONLUS per le tematiche attinenti la programmazione

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dell’attività venatoria con conseguente ottenimento della sospensione parziale del Calendario

Venatorio per la stagione 2004/2005. Patrocinio giudiziale innanzi ai tribunali amministrativi e

penali per l’Associazione Ambientalista WWF ONLUS e di cittadini in relazione al progetto di

realizzazione di una strada litoranea in località Postilli del Comune di Ortona.Patrocinio giudiziale

innanzi ai tribunali amministrativi per l’Associazione Ambientalista WWF ONLUS e di cittadini in

relazione al progetto di realizzazione di un Centro di raffinazione del petrolio in località

Ortona.Patrocinio giudiziale innanzi ai tribunali amministrativi e penali per l’Associazione

Ambientalista WWF ONLUS e di cittadini in relazione ai fatti di inquinamento delle falde acquifere

in località Bussi sul Tirino (PE) utilizzate per la distribuzione dell’acqua potabile nella Val

Pescara.Patrocinio giudiziale innanzi ai tribunali amministrativi per l’Associazione Ambientalista

Pronatura e di cittadini avversi l’installazione di un’antenna di telefonia mobile WIND nel Comune

di Vittorito (AQ). Compartecipazione alla stesura della legge di iniziativa popolare per la gestione

del ciclo integrato dell’acqua nonché alla pianificazione del ciclo dei rifiuti nella Regione Abruzzo.

Redazione dell’articolo “Le associazioni ambientaliste sono legittimate a ricorrere avverso atti

amministrativi adottati in violazione di norme urbanistiche ed edilizie solo qualora queste si

traducano in censure con valenza ambientale” sulla rivista telematica di diritto urbanistico Pausania

(www.pausania.it).

de Nardis Rita, 0871 3556415, [email protected], specialista esperto di settore

scientifico e tecnologico del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei

Ministri, dove svolge un’attività tecnico-scientifica riguardante il monitoraggio sismico “strong

motion” del territorio nazionale. Possiede due titoli di Dottore di ricerca: uno in Geofisica

Applicata, conseguito presso l’università degli Studi di Trieste, e l’altro in Geologia ed Evoluzione

della Litosfera conseguito presso l’UdA. Attualmente collabora con il DiSPUTer dell’Università di

Chieti – Pescara su tematiche di sismotettonica regionale e sismogenesi finalizzate a studi di

pericolosità sismica. Ha all’attivo diversi lavori su riviste internazionali qualificate, ed è ed è stata

membro di varie commissioni tecnico-scientifiche nazionali riguardanti il rischio sismico.

Della Pella, Piergiorgio. [email protected],, ha conseguito il dottorato in "Scienze Umane:

curr. Logica, Ontologia ed etica" presso l'Università degli studi G.d'Annunzio Chieti-Pescara, con

certificazione di "Doctor Europaeus". Collabora presso la medesima Università con le cattedre di

Storia della filosofia e Filosofia morale e Storia della filosofia contemporanea. Ha pubblicato

contributi sul pensiero contemporaneo e antico e la monografia La dimensione ontologica dell’etica

in Hans-Georg Gadamer, Franco Angeli 2014, 249 pp

Della Vigna Wania, +39 392 4585701, N/A, [email protected], Studio legale Avv.

Wania Della Vigna, Viale S. Francesco 64031, Arsita (TE), Avvocato, W. della Vigna è un

avvocato del foro di Teramo impegnata anche nei processi all’Aquila del dopo terremoto. Avvocato

di parte civile sia nei processi sui crolli come il crollo della casa dello studente sia nel processo

della commissione grandi rischi. In quest'ultimo processo ha rappresentato 11 parti civili sia

familiari di ragazzi deceduti sia studenti sopravvissuti al crollo.

Di Carlo Piero, 3665700135, 0862433084, [email protected], CETEMPS-Dipartimento

di Scienze Fisiche e Chimiche Università dell’Aquila, Ricercatore, Laureato con Lode e Dottore di

Ricerca in Fisica, si occupa dello studio di inquinanti atmosferici. Ha sviluppato uno strumento,

unico in Europa, installato a bordo di un aereo inglese con cui ha partecipato a diverse campagne di

misure internazionali. Autore di diversi lavori su riviste internazionali tra cui uno come primo

autore su Science.

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di Ilio Carmine, [email protected], [email protected], UdA, Rettore UdA0871 355 6010,

Laureato in Scienze Biologiche all’Università degli Studi de L’Aquila nel 1972. Nel 1993 consegue

il PhD in Biotechnology al Cranfield Biotechnology Center (UK). Dal 1981 ha insegnato - come

ricercatore, prima, e professore associato, poi - Chimica e Chimica Biologica presso la Facoltà di

Medicina e Chirurgia dell’UdA, per divenire, nel 1991, ordinario di Biochimica Sistematica Umana

presso lo stesso Ateneo. Nel 1983 è stato Visiting Professor presso l’Università di Oxford. Dal 1995

ad oggi è stato Direttore dell’Animal Care e del Servizio di Prevenzione e Protezione. Dal 1991 al

1997 è stato Direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche. Preside della Facoltà di Medicina e

Chirurgia dal novembre del 1997. Dal 1999 al 2003 è stato Presidente del Comitato Locale di Etica

per la Ricerca Biomedica. Membro del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione “UdA” dal

2003 Da molti anni si dedica allo studio del ruolo che i fattori ambientali svolgono nello sviluppo

delle patologie dell’uomo e allo studio delle basi molecolari per la predisposizione genetica a tali

patologie. La maggior parte del suo lavoro è rivolto alla comprensione dei meccanismi impiegati

dalle cellule per proteggere se stesse contro agenti chimici tossici. Specificamente ha svolto

programmi di ricerca relativi agli enzimi della fase II del metabolismo degli xenobiotici e alla

comprensione del loro ruolo nei meccanismi di protezione delle cellule contro i danni provocati da

agenti chemioterapici, carcinogenici e dai radicali liberi. In questo ultimo decennio, sviluppando le

tecniche elettroforetiche e di spettrometria di massa, si è occupato dello studio del proteoma umano

con l’intento di identificare biomarkers precoci di diverse patologie sistemiche. Ha all’attivo più di

250 pubblicazioni su qualificate riviste internazionali.

di Plinio Giampiero, 3272367579, [email protected], Univ. DA – Chieti/Pescara, Gli interessi

scientifici prevalenti di Giampiero di Plinio si sono nei settori del diritto pubblico dell’economia e

del diritto ambientale, specie riguardo alle problematiche di regolazione, mercato e concorrenza,

della multilevel economic constitution, degli effetti costituzionali dell’economia, dei rapporti tra

scienza economica e scienza giuridica, delle istituzioni della programmazione economica, della

teoria comparativa del diritto ambientale e della protezione integrale della natura. Alcuni suoi testi

(Manuale di diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, 1983; Diritto pubblico dell’ambiente, cit.;

Diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, 1998; Principi di diritto ambientale, Giuffrè 2008; Aree

Naturali Protette, Giuffré 2008) sono stati e sono adottati o consigliati in molte Università italiane e

anche straniere, in particolare latinoamericane. È autore di oltre 120 di lavori scientifici, tra

monografie, saggi ed articoli.

di Salvatore Enzo, +39 347 1536977, 0861-266494, [email protected], Università degli Studi

di Teramo – Facoltà di Giurisprudenza, Professore Associato di Diritto Costituzionale, E.di

Salvatore è ricercatore di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università

degli Studi di Teramo. Dal 2003 è dottore di ricerca in Diritto pubblico. Dal 1° febbraio 2005 è

ricercatore confermato di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università

degli Studi di Teramo. A partire dal 2001 ha ricoperto i seguenti insegnamenti presso le Università

di Teramo e di Catania: Diritto costituzionale, Diritto regionale e degli Enti locali, Diritto pubblico

comparato, Diritto costituzionale italiano e comparato, Diritto costituzionale italiano ed europeo,

Attualmente insegna Diritto costituzionale italiano e comparato presso la Facoltà di Giurisprudenza

di Teramo, nonché Diritto pubblico comparato presso la Scuola di specializzazione in Diritto

amministrativo e Diritto costituzionale presso la Scuola di specializzazione per le Professioni legali

dell'Università degli Studi di Teramo. Dal 2010 insegna presso il Master di Diritto dell'Ambiente

della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Roma "Sapienza".

Ferrarini Federica, 08713556453, [email protected] - Laureata nel 2005 con Lode in Scienze

Geologiche presso l’Università degli Studi UdA. Ha conseguito, nel 2009, il Dottorato in Ambiente

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e Territorio presso l’Università degli Studi del Molise discutendo una tesi su “Assetto geologico -

strutturale del Matese settentrionale ed analisi cinematica della deformazione Quaternaria lungo il

sistema di faglie del Bacino di Bojano”. Dal 2009, presso l’Università degli Studi UdA di Chieti, ha

approfondito come post-doc prima, e a seguire come assegnista di ricerca, tematiche inerenti la

sismotettonica, la geologia regionale e la tettonica attiva di vari settori italiani (Sicilia, Abruzzo e

Molise).

Fidani,Cristiano 3486031793, [email protected], Osservatorio Sismico “Andrea Bina” Perugia,

Ricercatore, Cristiano Fidani, Laureato e dottorato presso l'Università di Camerino in ottica

quantistica, ha collaborato con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, L'Istituto Nazionale di

Geofisica e Vulcanologia e L'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a diversi progetti di geofisica.

Dopo il terremoto di L'Aquila ha raccolto e pubblicato le testimonianze della popolazione sui

fenomeni luminosi e dei comportamenti animali osservati. Si è recentemente occupato

dell'influenza dell'attività sismica sulle Fasce di Van Allen attraverso lo studio dei dati dei satelliti

NOAA e dal 2006 è direttore della Rete Elettromagnetica dell'Italia Centrale. Attualmente lavora

presso L'Osservatorio Sismico "A. Bina" di Perugia sull'interpretazione dei segnali elettromagnetici

registrati dalla sua rete e nella realizzazione di un nuovo strumento meteorologico.

Forino Fulvio, 3477504328, [email protected], DEDALUS, Rappresentante Dedalus, Medico,

specialista in Igiene e Medicina Preventiva, ha sviluppato tutto il suo percorso professionale

nell’ambito di diverse Direzioni Sanitarie. È stato Direttore Sanitario di diversi Ospedali e Aziende

Sanitarie tra cui l’ospedale di Viterbo, l’ASL Roma D, l’Azienda Ospedaliera S. Camillo - Forlanini

di Roma. Da sempre ha basato la sua esperienza professionale sull’approccio sistemico. Negli anni

ha approfondito e condiviso con l’Associazione Dedalo 97, di cui è presidente, la riflessione e la

ricerca sul management sistemico delle organizzazioni sanitarie, sul controllo di gestione dei servizi

sanitari, sul governo clinico, sulle reti organizzative, sul lavoro interdisciplinare e

interprofessionale. Su questi argomenti ha svolto interventi a convegni e congressi e pubblicato

studi originali, monografie e articoli scientifici. Consulente, esperto di formazione, ha dato un suo

decisivo contribuito all’elaborazione di metodologie originali riguardanti i laboratori di

autoapprendimento organizzativo e la gestione dei pazienti complessi. Professore a contratto, dal

1993 svolge corsi monografici di management delle organizzazioni complesse presso l’Università

Sapienza di Roma e l’Università di Verona.

Fraternali Gabriele, 3472413009, 0858569021, [email protected], MIUR, UdA,

Docente, CV. Laurea in GEOLOGIA, Specializzazione post-universitaria in geomorfologia,

Dottorato di ricerca in geologia planetaria, Docente di Scienze Nat. Chim e Geog. nelle sc.superiori

Frullini Annarita, è medico, psicoterapeuta, laureata in Medicina e Chirurgia nel 77 presso

Università Cattolica del Sacro Cuore in Roma. Specialista in Ostetricia e Ginecologia si occupa di

formazione per il benessere delle persone e delle organizzazioni. Attualmente è professore a

contratto presso l'UdA - Dipartimento di Scienze Psicologiche Umanistiche e del Territorio. Svolge

inoltre attività di libero professionista come psicoterapeuta e ginecologa, svolge consulenze e

seminari sulla comunicazione, dinamiche di gruppo, leadership e negoziazione. In precedenza è

stata giudice Onorario, presso il Tribunale per i Minori di L´Aquila e inoltre, assistente aiuto

corresponsabile in Ost. e Gin. ULSS di Ortona. Esperta di pari opportunità e cultura di genere,

Socia fondatrice di GISeG Gruppo Italiano Salute e Genere, Componente del Comitato per le Pari

Opportunità presso il Consiglio Giudiziario de L´Aquila, vicepresidente della commissione

regionale Pari opportunità e componente CPO regionale. Coordinatrice Osservatorio della

professione medica al femminile della FNOMCeO è vice presidente SIMP –Società Italiana

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Psicoterapia Medica –sezione Abruzzo - Componente del “ Gruppo Esperti Regionali per

l’Accreditamento” della Regione Abruzzo dal 2010 cofondatrice sezione Abruzzo Slow Medicine e

referente FNMCeO al gruppo di regia FARE DI PIÙ NON SIGNIFICA FARE MEGLIO- Choosing

Wisely.

Fulcheri Mario, 0871 3555214, [email protected], Università degli Studi UdA di Chieti -

Pescara, Professore Ordinario, Medico Chirurgo. Specialista in Psichiatria, Psicoterapeuta e

Analista S.I.P.I.; Professore Ordinario di Psicologia Clinica, Presidente del Corso di Laurea

Magistrale in Psicologia Clinica e della Salute presso l’Università’ UdA Chieti - Pescara,

Dipartimento di Scienze Psicologiche, Umanistiche e del Territorio, Coordinatore della sezione di

Psicologia Clinica e Dinamica dell’Associazione Italiana di Psicologia.

Galasso Monica, 3497516992, [email protected], Libero professionista, Avvocato, Avvocato

del foro di Pescara, Presidente della locale sezione dell’associazione forense CamMiNo-Camera

nazionale avvocati per la famiglia e i minorenni. Responsabile del settore civile nel proprio studio

professionale, con particolare attenzione al diritto di famiglia, dei minori e delle persone vulnerabili

in genere

Gerardini Franco, 085.767.2536, [email protected], Regione Abruzzo,

Dirigente Servizio Gestione Rifiuti, Laureato in Geologia nel 1978 c/o Alma Mater Studiorum

Università di Bologna – Responsabile Tecnico per la gestione dei rifiuti – Coordinatore

dell’Osservatorio Provinciale dei Rifiuti di Teramo 2001/2005 – Attuale Dirigente del Servizio

Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo.

Giannantonio Raffaele, UdA di Chieti e Pescara, Ricercatore confermato, R. Giannantonio è

docente di Storia dell’architettura, ha pubblicato numerosi studi sulla storia dell’architettura

abruzzese in età moderna e contemporanea, con particolare attenzione ai temi della tutela.

Guglielmi Roberto, 3207867222, [email protected], Istituto istruzione superiore II

GRADO, - Ministero Pubblica Istruzione, Docente di Filosofia e Scienze Umane, Padre divorziato,

docente di Filosofia e Scienze Umane c/o il Liceo Laura Bassi di Bologna. Ha basato la sua attività

artistica, professionale e di ricerca sui temi ambientali e sociali, in un'ottica di salvaguardia dei

diritti dei minori. E' stato coordinatore e autore di ricerche-azione e docufilm tra i quali,:

"Terremoto dentro" (salute mentale); "Se solo i petali volassero" (Amianto, killer silenzioso); "Io

non me ne frego" (mafie e indifferenza); "Il nodo di Arianna" (famiglia e famiglie).

Iaculli Gabriele, 08713556446, [email protected], UdA- DISPUTer, ricercatore

Indirli Maurizio, [email protected], nato a San Donà di Piave (VE) il 4 Novembre 1955.

Laurea in Ingegneria Nucleare con indirizzo meccanico all’Università di Bologna (1985), con una

tesi sperimentale riguardante la verifica sismica del nocciolo di un reattore nucleare. Attualmente

Dirigente di Ricerca all’ENEA (dal 1988). Dottorato di Ricerca in Ingegneria Strutturale presso

l’Università di Trento (Tutors: Prof. Claudio Modena e Prof. Antonio Tralli, 2010). Esperienza

consolidata nella valutazione del danno sismico, con particolare riferimento al patrimonio storico-

artistico, con particolare riferimento a metodologie speditive di rilievo in sito utilizzate dalla

Protezione Civile (AeDES, GNDT II Livello, MEDEA, Scede Chiese e Palazzi, ecc.).

Partecipazione, come rappresentante ENEA, a diverse campagne di indagine tecnico-scientifiche

dopo grandi eventi sismici (esempi: Northridge 1994, California, USA, Missione Europea team

EEFIT-Earthquake Engineering Investigation Team; Kobe 1995, Giappone, Missione Ufficiale

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Italiana della Presidenza del Consiglio dei Ministri; Cile 2010, Missione Italiana ed Europea, con il

patrocinio UNESCO della commissione ICOMOS-ISCARSAH e dell’Azione Europea COST C26).

Partecipante e componente del Management Committee nel Progetto EU ANDROID (“Academic

Network for Disaster Resilience to Optimise Educational Development”, 2012-2014), Programme

ERASMUS, Sub-programme LIFELONG LEARNING PROGRAMME, finalizzato alla

realizzazione di programmi di formazione in ambito comunitario ed extracomunitario, al fine di

accrescere le competenze finalizzate all’incremento della resilienza dei sistemi complessi (umani e

ambientali) nei confronti di disastri naturali ed antropici (http://www.disaster-resilience.net/).

Iezzi Giovanni. 3487629637. nato e residente a Chieti. Specializzando presso l'UdA di Chieti nel

corso di Laurea in Geologia Strutturale e Geodinamica della Terra e dei Pianeti; ho acquisito il

Diploma di Laurea Breve in Scienze Geologiche nel 2008. Dal 2010 collaboro a titolo volontario in

vari progetti coordinati dal Prof. Francesco Stoppa ed il DISPUTer. Appassionato di scienza in

senso lato e interessato dal rapporto tra storia del territorio e storia della popolazione che lo abita.

Kihlgren Daniele, 0862 899112, www.associazionesextantio.org, imprenditore, D Kihlgren è un

imprenditore italo svedese che 10 anni fa ha deciso di investire tutto il suo patrimonio nel recupero

di Santo Stefano di Sessanio (AQ), trasformando un'intera borgata in un albergo diffuso. Il progetto

si è dimostrato un volano economico che ha attirato turisti da tutto il mondo e salvato il paese

dall'abbandono e dall'emigrazione.

La Salvia Vasco, 0871 355 6611, [email protected], Disputer, RC, Docente di Metodologie della

Ricerca Archeologica e di Archeometria, CV PhD in Archeometallurgia. Ricercatore confermato.

Docente di Archeometria e di Metodologie della ricerca Archeologica. Direttore della Missione

Archeologica in Armenia. Co-direttore dei progetti di Scavo presso i siti di S. Cristina, di

Miranduolo e Corfinio. Membro del Direttivo del SAMI. Esperto di Archeometallurgia. Autore di

numerosi lavori scientifici.

Lavecchia Giusy, 0871 3556414, [email protected], DiSPUTer, Docente, Professore ordinario

di Geologia Strutturale dal 1994. Ha ricoperto vari ruoli istituzionali, tra i quali membro del

Consiglio di Amministrazione UdA e Co-ordinatore della Sezione di Scienze di Base della “UdA

School of Advanced Studies”. E’ stata membro della Sezione Rischio Sismico della Commissione

Grandi Rischi Nazionale dal 2000 al 2003 e ricopre tale carica anche attualmente. Svolge attività di

ricerca interdisciplinare su tematiche geologico-strutturali, geodinamiche e sismotettoniche,

sviluppando modelli innovativi anche a scala globale. E' autrice di oltre cento lavori tra articoli su

riviste nazionali ed internazionali qualificate e libri.

Losurdo Federico, 3291579990, [email protected], Università degli Studi di urbino,

Assegnista di diritto costituzionale, Federico Losurdo (Pesaro, 1978). PhD, Assegnista di ricerca in

Diritto costituzionale presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Urbino

(DAAD-Alumnus). E’ docente del corso on line Diritto costituzionale italiano ed europeo.

E’abilitato all’esercizio della professione forense. Ha pubblicato diversi saggi ed articoli su riviste e

volumi italiani ed europei in materia di diritto pubblico dell’economia, transizioni costituzionali e

forma di stato.

Lucia G. Sciannella è ricercatrice di Diritto pubblico comparato presso la Facoltà di Scienze della

Comunicazione dell’università di Teramo, dove insegna «Ordinamenti giuridici comparati ed

europei» e «Diritto ambientale internazionale ed europeo».. È componente del Comitato di

redazione della rivista "Diritto pubblico comparato ed europeo" e dell’associazione «Devolution

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club». È membro del Corso di dottorato (Phd) in «Istituzioni e politiche comparate, internazionali

ed europee». È membro dell’unità di ricerca di 4 PRIN finanziati dal MIUR (2003, 2005, 2007,

2009). Annovera varie esperienze di studio, ricerca e didattica all'estero e presso le istituzioni

comunitarie I principali filoni di ricerca intrapresi attengono al Diritto costituzionale comparato,

italiano e dell'Unione europea, ai sistemi regionali di tutela dei diritti, al diritto costituzionale

transnazionale, alla giustizia costituzionale, alla democrazia partecipativa, all’ambiente.

Malatesta Gianluca, 320 0433113, [email protected], Laureando magistrale in

Psicologia. Eletto rappresentante degli studenti nel Consiglio di Facoltà di Psicologia e nel Senato

Studenti nel 2009, nella Consulta degli studenti e nel Consiglio di Amministrazione di Ateneo nel

2012. Membro del Comitato Orientamento di Ateneo (fino al gennaio 2014) e della Commissione

attività sociali e culturali degli studenti.

Mancini Giulia, dottoranda in Management and Business Administration presso l'Università

Gabriele d'Annunzio.E' stata Assistent Research presso il City College of New York, Sophia Devis

School of Biomedical Education.Tra le sue ricerche da sempre focalizzate sull’organizzazione e

sulle politiche sanitarie si ricordano: - CARTELLA CLINICA. IL MODELLO TOYOTA IN

OSPEDALE TECNICA OSPEDALIERA, dicembre 2011, p.40-44;- PERCORSI DI PRONTO

SOCCORSO ED EMERGENZA IN UN POLICLINICO UNIVERSITARIO EMERGENCY CARE

JOURNAL- ORGANIZZAZIONE, CLINICA, RICERCA. - TOYOTISM MODELING INSIDE

THE REGIONAL NETWORK FORINHERITED LIPID DISORDERS. GIORNALE ITALIANO

ATEROSCLEROSI; Junior Vice President della World Complexity Science Academy e Editorial

Executive Manager per la collana APPLIED SOCIOLOGICAL THEORY, L’Harmattan, Parigi-

Torino.

Mancini Maria Cristina, 0871 355 6609, [email protected], DiSPUTer, Docente, M.C. Mancini

è Archeologa e Numismatica. Titolare della docenza del Laboratorio di Numismatica antica

dell'UdA. Co-direttore dello scavo delle Fornaci Romane di Spoltore. Co-titolare delle concessioni

archeologiche di Spoltore e Capestrano.

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Martelli Alessandro, Laurea con lode in Ingegneria Chimica all’Università di Bologna nel 1973;

dottorato di ricerca in Ingegneria Nucleare, con il massimo dei voti, all’Università di Karlsruhe

(Germania) nel 1977. Al Centro Nucleare di Karlsruhe dal 1974 al 1977; alla General Atomic

Company di San Diego (California, USA) dal 1977 al 1978; al Centro Nucleare di Saclay (Francia)

dal 1978 al 1979; all’attuale ENEA dal 1979 alla data di pensionamento, a fine novembre 2012 (dal

2001 al 2010 responsabile della Sezione «Prevenzione Rischi Naturali e Mitigazione Effetti»,

successivamente direttore del Centro del Centro Ricerche di Bologna).Presidente dell’associazione

GLIS («GLIS – Isolamento ed altre Strategie di Progettazione Antisismica») dalla sua fondazione

nel 1989.Past President (presidente fondatore) dell’«International Seismic Safety Organization»

(ISSO).Presidente fondatore ed attuale vicepresidente e coordinatore della Sezione Territoriale

dell’Europa Occidentale dell’«Anti-Seismic Systems International Society» (ASSISi).Coordinatore

del «Task Group 5 on Seismic Isolation of Structures» dell’«European Association for Earthquake

Engineering» (EAEE-TG5).Membro della Commissione IPPC («Integrated Pollution Prevention

and Control») per la concessione dell’AIA («Autorizzazione Integrata Ambientale») del Ministero

dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Membro del Comitato Tecnico-Scientifico

del «Coordinamento Nazionale Associazioni di Volontariato per la Prevenzione Sismica e

Ambientale» (Co.Prev.).Membro del Collegio dei docenti del Dottorato di ricerca in «Ingegneria

Civile, Ambiente e Territorio, Edile e in Chimica» del Politecnico di Bari (in precedenza, fra l’altro,

docente di «Costruzioni in Zona Sismica» alla Facoltà di Architettura dell’Università di Ferrara dal

1998 al 2011).Membro della Commissione Ambiente del Distretto 2072 del Rotary International

(socio del Rotary Club Bologna Est dal 1982). Autore o coautore di circa 530 pubblicazioni;

relatore o docente in oltre 190 eventi internazionali ed oltre 230 nazionali. E-mail:

[email protected].

Menozzi Oliva, 0871 3556609, [email protected], DiSPUTer, RC, Docente di Archeologia delle

Colonie Greche e delle Province Romane, CV breve- RC, Docente nei Corsi di Laurea Triennale e

Magistrale di Beni Culturali dell’Ateneo di Chieti. Direttore delle Missioni Archeologiche

dell’Università di Chieti in Libia, Egitto e Cipro. Co-responsabile scientifico di scavi a Capestrano e

Spoltore.

Orsucci Franco, 348 3888733, [email protected], University College London, Visiting

Professor, Clinical Lead & Consultant Psychiatrist, Cambridgeshire and Peterborough NHS

Foundation Trust - Visiting Professor, Division of psychology and Language Sciences, University

College London - Faculty member, Centre for the Study of Complex Systems, University of Siena -

Faculty member, Department of Psychology, University of Chieti-Pescara

Paciocco Marianna, 3287653808, [email protected], UdA, Scienze Sociali, Docente,

counselor e Assistente sociale, Assistente Sociale, libero professionista, consulente per enti locali

nella lettura e valutazione dei bisogni sociali e nella tutela minore in ogni sua forma ed intervento.

Docente a contratto nel Corso di Laurea in Servizio Sociale dell'UdA di Chieti dal 1997. Presidente

della Cooperativa Sociale" Progetto Assistenza" che eroga servizi a persone fragili e, sopratutto, a

minori, in stato di disagio.

Palestini Caterina, [email protected], UdA di Chieti e Pescara, Professore associato di

Rappresentazione, ha curato numerose pubblicazioni sui temi della rappresentazione e del rilievo di

edifici storici, in particolare a Chieti.

Panza Francesco Giuliano, is Full Professor of Seismology at the University of Trieste (Italy),

Head of the SAND at the Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP, Trieste,

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Italy) and Honorary Professor at the Institute of Geophysics, China Earthquake Adminstration

(CEA, Beijing, China). His scientific activity is marked by the broad multidisciplinary nature of the

problems considered: integrated analysis of structure and dynamics of the lithosphere-asthenosphere

system; integrated approach to modelling of the seismic waves in the near-field and far-field;

earthquake-prone lineaments and premonitory seismicity patterns. A wide range of sophisticated

theoretical methods and models was developed in these studies: the advanced methodology for

seismogram synthesis; inversion; pattern recognition. He received, in 2000, the Beno Gutenberg

medal by the European Union of Geosciences for outstanding contributions to Seismology.

He is member of several prestigious academies, including: Accademia Nazionale dei Lincei;

Academia Europaea; the Academy of Sciences for the Developing World (TWAS); the Russian

Academy of Sciences, Moscow; the Italian Academy of Sciences (Accademia Nazionale delle

Scienze detta dei XL). He is leader of several international projects, the most extensive one (in

2003) - Realistic Modelling of Seismic Input for Megacities and Large Urban Areas supported by

UNESCO- IUGS-IGCP - involved more than 100 scientists, distributed in more than 25 centers. He

has been coordinating seminars and stages on Earth and Environmental Physics, at the Department

of Mathematics and Geosciences of the University of Trieste and at The Abdus Salam International

Center for Theoretical Physics (ICTP). With the Seismology Group of DMG-UNITS and with the

SAND group he supervises at the ICTP, has developed a very powerful, essentially analytical tool

for the computation of realistic synthetic seismograms in three-dimensional anelastic media, which

is at the base of his methodology for the neo-deterministic assessment of seismic hazard, currently

applied in several large urban settlements and megacities. In the framework of a project funded by

ASI, the Italian Space Agency, the simultaneous use of the neo-deterministic approach for the

ground motion estimation and of the Earth observation data, lead to the construction of time-

dependent hazard models based on strong geophysical ground. The relevance of his scientific

publications has been highlighted on the Thompson Reuters website as follows: "Science Watch":

According to our Special Topics analysis on earthquake research over the past decade, the work of

Dr. Giuliano F. Panza ranks at #4 by papers, based on 74 papers cited a total of 434 times. In the

Web of Science® from Thomson Reuters, Dr. Panza's record includes 109 original articles, reviews,

and proceedings papers, cited 715 times between January 1, 2000 and May 6, 2010.

Pasquini Luciana, 3387067728, Fisso 08713556403, [email protected], DiSPUTer,

ricercatrice, Luciana Pasquini, ricercatrice presso l’UdA, insegna Letteratura teatrale italiana ed è

titolare di un Laboratorio di scrittura. Ha pubblicato una decina di volumi su problemi di letteratura

e teatro di ambito risorgimentale e verista; su giornalismo, letteratura per l’infanzia a letteratura di

viaggio postunitari, Vanta numerosi interventi presso Atenei e Istituti di cultura esteri, finalizzati

alla diffusione dei risultati della ricerca oltre che della lingua e della cultura italiana nel mondo:,

Boston University of Massachusetts (USA); Brown University of Providence (USA); Dante

Alighieri Society of New England (USA); Italian Cultural Institute of Edimburgo (Scotland);

Oxford University; Winthrop University of South Carolina (USA); Iceland University of Reykjavik;

Universidad de La Laguna, Tenerife (Spain); Istituto Italiano di Cultura ed Università Comenius di

Bratislava (Slovacchia), University of Pennsylvania, Philadephia (USA); Tallin University

(Estonia)., Appassionata di cultura cubana e sostenitrice dell’importanza del confronto fra i

differenti modi di fare teatro e letteratura, è inoltre referente degli scambi culturali con

L’Ambasciata d’Italia all’Havana e con la Dante Society in Cuba, presso le quali terrà un ciclo di

lezioni nell’ambito della “Settimana della lingua italiana a Cuba” dell’ottobre 2014.

Pepe Claudio nasce a Roma nel 1970. Negli ultimi 10 anni si è avvicinato al mondo dell’arte,

appasionandosi alla pittura. La sua poetica si rifà all’arte cosidetta brutale, che si ispira all’arte dei

bambini e dei pazzi. Pepe, artista autodidatta che s’avvicina al linguaggio dell’arte passando

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dall’osservazione dei grandi della storia dell’arte contemporanea quali Basquiat, Dubuffet, Cy

Twombly, ecc ecc. Ha ottenuto dei buoni riscontri di critica che lo hanno aiutato e dato fiducia per

continuare in questa sua passione. Vive e lavora a Pescara.

Peresan Antonella è sismologa presso il Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università

di Trieste. Dal 1997 collabora alle attività di ricerca del Gruppo SAND presso l’Abdus Salam

International Centre for Theoretical Physics (ICTP) di Trieste. Docente a contratto presso

l’Università di Trieste, l’Università di Roma Tre e l’ICTP, conduce attività di ricerca connesse alla

stima della pericolosità sismica, spaziando dall’analisi delle caratteristiche spazio-temporali della

sismicità alle implicazioni per la stima dello scuotimento sismico del suolo, con particolare riguardo

per gli aspetti legati alla sperimentazione e verifica delle metodologie applicate. E’ autrice di

numerose pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali ed internazionali.

Pivetti Monica, 0039-328-7442230, 0871 3556592, [email protected], UdA, Ricercatore in

Psicologia sociale, Monica Pivetti insegna Psicologia dei gruppi presso l’UdA. I suoi principali

interessi di ricerca sono rivolti al pregiudizio, alle relazioni intergruppi e alla percezione sociale

delle biotecnologie.

Pompilio Loredana e, 3807987366, [email protected], UdA, ricercatrice, L. pompilio,

Geologa, con dottorato di ricerca in geologia, specializzata in telerilevamento ottico multi e

iperspetrale.

Pomposo Giuseppe, Via Montenerodomo, 45 - 66013 - Chieti (CH), E-mail [email protected].

Si è laureto con 110/110 in Geologia e in seguito, ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Geologia

ed evoluzione della litosfera, nel 2006, discutendo una tesi sull' "Analisi geologico strutturale e

morfometrico quantitativa finalizzata all'individuazione e alla caratterizzazione delle faglie attive

nella fascia periadriatica abruzzese e nel rift est africano (Etiopia) presso Università degli Studi

UdA CHIETI-PESCARA. dal 2011 al 2012 è stato assegnista di ricerca. attualmente è membro di

RES.GEA, spin off dell'UdA.

Romanelli Fabio, Uiversità di Trieste e ICTP) è ricercatore presso il Dipartimento di Matematica e

Geoscienze dell'Università di Trieste, dove è docente dei corsi di Sismologia Teorica e di Acustica.

Le sue tematiche di ricerca riguardano la genesi e la propagazione delle onde sismiche e di tsunami,

e la stima della pericolosità ad esse correlate.

Ranalli Giancarlo, 348 7374449, [email protected], Università del Molise, docente, Giancarlo

Ranalli è professore Ordinario di Microbiologia Agraria (AGR/16, GEV 07) presso l'Università

degli Studi del Molise; afferisce al nuovo Dipartimento di Bioscienze e Territorio (DiBT), sede di

Pesche (IS), Università del Molise. Dal 1986 al 1988 è stato professore a contratto del corso di

Istituzioni di Microbiologia, presso la Facoltà di Agraria dell'Università di Udine. Nel giugno 1991

ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Biotecnologie degli Alimenti (V° ciclo) presso

l'Università di Milano. Dal 1995 è stato ricercatore confermato presso il Dipartimento di Scienze

Agro-Alimentari, Ambientali e Microbiologiche dell'Università del Molise, poi professore

Associato dal 2002 al 2007.L'attività scientifica del prof. Giancarlo Ranalli ha riguardato i seguenti

argomenti: diversità microbica in ecosistemi naturali ed artificiali, uso di bioindicatori, trattamenti

aerobi ed anaerobi di effluenti e fanghi con recupero energetico (metano, idrogeno), bio-

deterioramento e bio-risanamento di manufatti artistici, trattamenti innovativi con basse intensità di

corrente. L'attività scientifica è di circa 140 lavori. E’ titolare e contitolare di 2 brevetti nazionali.

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Ranieri Andrea nasce ad Augsburg in Germania nel 1985. Ha sempre avuto la passione per il

disegno che ha esplicato nell’esecuzione di opere figurative, quadri su pannelli in legno e graffiti

che mirano a trasmettere un messaggio sociale o meglio il suo pensiero su cio’ che gli accade

intorno. Ha esposto le sue principali opere presso il “Palazzo Farnese” e nell’evento “Zoo Art” a

Ortona, “Libreria K” e “The Urban Box” a Pescara. L’ ultimo lavoro lo ha visto protagonista nel

ritratto di Gabriele D’ Annunzio a memoria del suo 150esimo anniversario.Vive e lavora ad Ortona

(Ch).

Roncone Rita ([email protected]) è. professore ordinario di psichiatra dell’Università

dell'Aquila presso il Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e

dell'Ambiente. Terremotata dal 6 aprile 2009, si definisce sinteticamente homeless. Autore e

coautore di più di 100 pubblicazioni scientifiche nazionali ed internazionali; autore e coautore di 5

libri; autore e coautore di 28 capitoli in libri. Dopo il terremoto del 2009 si è interessata di

epidemiologia legata alo stress e disordine post.

Rosatelli Gianluigi, Ricercatore confermato area 4 – Geo 08 geochimica e Vulcanologia presso

l’UdA di Chieti. Docente per il Corso di Laurea in Scienze Geologiche di Geochimica e

Geochimica Ambientale Applicata. Presidente di RES.GEA s.r.l. spin off dell’UdA. Specializzato

in geochimica delle rocce Carbonatitiche ed Alcaline, presso University College London ove ha

conseguito il PhD. Attualmente impegnato anche in ricerche sull’inquinamento dei corsi d’acqua

superficiali, in collaborazione con il Servizio Rifiuti della Regione Abruzzo. Pluriennale esperienza

nelle problematiche riguardanti l’amianto ed in particolare co-inventore di un sistema innovativo

che consente la mappatura e censimento delle coperture in MCA previo utilizzo di ortofoto e

immagini satellitari commerciali. Autore di numerosi articoli su riviste a distribuzione mondiale.

Rovigatti Piero, ingegnere civile, PhD in Pianificazione Territoriale ed Urbana, è professore

aggregato di Urbanistica, ICAR 21, presso l'Università di Chieti-Pescara, dove svolge, dal 1996,

attività di ricerca presso il Dipartimento di Architettura di Pescara, sezione Ambiente, Reti,

Territorio. Nel 2014 ha conseguito l’idoneità scientifica nazionale per la seconda fascia (professore

associato) nel settore scientifico disciplinare 8F/1 – Pianificazione e progettazione urbanistica e

territoriale. I temi prediletti di ricerca, motivo di partecipazione in numerose ricerche di carattere

nazionale (PRIN, CNR, MIUR) e internazionale, riguardano la rivitalizzazione e la sicurezza urbana

di contesti locali a basso livello di sviluppo; l'integrazione tra reti, opere pubbliche, ambienti

naturali protetti e territorio; le relazioni tra Università, città e territori, in particolare nelle regioni

meridionali italiane; i processi partecipativi e di cooperazione tra abitanti e portatori di interesse

locale. I campi applicativi delle sue ricerche riguardano la progettazione e la pianificazione

urbanistica alla scala locale, attraverso la produzione di strumenti ordinari e complessi (PRG, Piani

di recupero, Piani di assetto naturalistico, Piani di Ricostruzione post terremoto) e, in particolare, la

pianificazione delle reti e delle attrezzature collettive e degli spazi pubblici in rapporto al territorio e

all'ambiente, nella sperimentazione di nuove politiche di mitigazione della vulnerabilità urbana e

sociale orientate verso l'obiettivo della piena sicurezza urbana, intesa come bene comune e fattore di

competizione strategica. Tale attività si svolge esclusivamente intra moenia, all'interno di attività di

cooperazione interistituzionale tra Università ed enti locali o all'interno di attività di volontariato e

di cooperazione, indirizzate verso l'analisi e il governo degli effetti urbani della transizione

all'economia di mercato dei paesi ad economia di stato (Albania, Serbia, Montenegro), e più

recentemente, in America Latina (Colombia, Cile) in collaborazione con enti ed associazioni no

profit. E' autore di saggi e articoli pubblicati nelle principali riviste di settore e presso importanti

editori nazionali.

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Santoro Sara, 0871. 3556450, [email protected], DiSPUTer, Ordinario di archeologia classica,

CV: vd. sito internet www.unich.it/docenti/santoro

Sborgia Marco, 320 8428941, [email protected], ASSOCANAPA, Referente regionale, M.

Sborgia laureato in geologia, si è occupato di geochimica ambientale, libero professionista si

interessa di economia verde ed ecologia.

Serafini Lucia 3405017158, 085.4537263, [email protected], Dipartimento di Architettura –

Università Chieti-Pescara, docente, Professore associato di Restauro architettonico, ha lavorato in

alcuni piani di ricostruzione dopo il sisma abruzzese del 2009. Ha prodotto studi sulla teoria del

restauro e sul tema della ricostruzione postbellica in Abruzzo.

Somma Maria Carla, [email protected], DiSPUTer, docente, Professore associato di

Archeologia Medievale (SSD. L-ANT/08), presso l’Università degli studi UdA di Chieti, si è

laureata in Lettere con indirizzo archeologico presso la cattedra di Archeologia e Topografia

Medievale dell'Università di Roma "La Sapienza"; si è specializzata in archeologia medievale

presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia (Università degli Studi di Roma "La

Sapienza".) Ha conseguito il titolo di dottore di ricerca (IX ciclo) in Archeologia e Antichità

Postclassiche (sec. III-XI), presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", Dal 2000 al 2006

è stata ricercatore di Archeologia Medievale presso l’Università degli studi UdA di Chieti. Le sue

ricerche si sono incentrate sul fenomeno dell'incastellamento, con particolare riferimento ad alcune

aree dell'Abruzzo. Si è interessata dei problemi della città nel passaggio dall’Antichità al Medioevo,

privilegiando alcune realtà urbane “campione” di fondazione romana, in Abruzzo (Carsioli, Alba

Fucens), nel Lazio (Cencelle, Rieti). La ricerca sul campo, legata ai cantieri di scavo di Cencelle

(VT), Castel Manfrino (TE), Roccamontepiano (CH), Serramonacesca (PE), S. Vittorino di

Amiterno (AQ), ha permesso di pubblicare alcuni contributi sui risultati ottenuti, con particolare

attenzione ai centri di produzione, ai materiali e alle tecniche costruttive.

Staffa Andrea Rosario, 08713295238, [email protected], SBAA, funzionario,

A.R. Staffa è funzionario archeologo di zona per la provincia di Pescara, parte dei comuni dell'alta

valle del Pescara sul versante chietino e per tutti quelli costieri compresi il vastese.

Stoppa Francesco, è un petrologo esperto di fenomeni magmatici legati al magmatismo mantellico

e alle carbonatiti. La sua esperienza va dalla microscopia elettronica alla microanalisi, alla

geochimica elementare dei materiali a quella isotopica. E' membro di numerosi comitati scientifici

tra cui quello di EUROcarb, progetto europeo per lo studio del ciclo della CO2 a livello globale. E'

coordinatore della Scuola SISMA (Scuola Interdisciplinare Studi di Mitigazione del Rischio

Ambientale) e si occupa di numerosi problemi riguardanti sia le cause che le conseguenze delle

variazioni climatiche, dell'inquinamento, delle risorse e dei progetti di sostenibilità geo-ambientale.

Si occupa dei fenomeni antropologici legati alla percezione dei rischi geologici.

Stuppia Liborio, Direttore DiSPUTer, Direttore del Dipartimento di Psicologia, Lettere e Scienze

del Territorio, UdA, Chieti-Pescara., Membro del Consiglio Nazionale Italiano per la Biosicurezza,

le Biotecnologie e le Scienze della Vita., Campi di ricerca: genetica dell'infertilità maschile, cellule

staminali, le basi genetiche del comportamento umano.

TeAtelier [email protected] di promozione sociale TeAtelier svolge attività di

utilità sociale e promuove iniziative di carattere culturale, sociale, ricreativo e psicologico

TeAtelier, attraverso il proprio concreto impegno sul territorio, si pone l’obiettivo di promuovere la

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cultura e favorire l'aggregazione, la solidarietà, la cooperazione e il benessere psico

Tunzi Pasquale (1956). Laureato in Architettura, è professore Associato presso il Dipartimento di

Architettura UdA, dove svolge un'intensa attività didattica fin dal 1992. La sua attività scientifica si

concentra sui temi del rilevamento architettonico e urbano e della comunicazione visuale

dell'architettura, anche in relazione ai beni culturali e ai nuovi sistemi digitali. E' titolare del corso

di Geometria Descrittiva nel CdL di Architettura e di Disegno nel CdL di Ingegneria delle

Costruzioni. Tra i suoi numerosi contributi e saggi, pubblicati in riviste specialistiche e in convegni

internazionali, si segnalano in particolare, la monografia sulle ville del Vastese (2000), un volume

su Virtualità del reale (2007) e il volume sulla chiesa barocca di S. Chiara a Chieti (2008). Mail:

Pasquale Tunzi <[email protected]>

Vaccari Franco (Università di Trieste e ICTP) (Contract Researcher and Professor, University of

Trieste) Dr. Franco Vaccari is a seismologist at the Department of Mathematics and Geosciences,

University of Trieste (Italy). Formerly it was a researcher at GNDT (Gruppo Nazionale per la

Difesa dai Terremoti) under CNG and INGV. Since the late eighties he collaborates in the research

activities of the SAND Group at the Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics

(ICTP, Trieste). Adjunct professor of Seismology and Geodynamics at the University of Trieste.

His main research topic is seismic hazard assessment (SHA). He contributed to the definition of the

neodeterministic technique based on the computation of synthetic seismograms (NDSHA), and was

the main developer of the computer codes that allow for a quick application of the methodology to

the selected areas of interest. Dr. Vaccari has been involved in a number of international and

national projects. He collaborates as scientific advisor and programmer with eXact Lab, an

innovative technological startup specialized in HPC (High Performance Computing), to the

development of an on-demand service for the realistic modeling of seismic input.

Valentinetti Roberta Roberta nasce ad Ortona (Ch) nel 1971. Nell’89 si diploma al Liceo Artistico

Statale di Pescara e nel'96 si diploma in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna con una tesi

su Pablo Picasso. Si occupa di pittura, ceramica, mosaico, restauro e grafica. Nell’ambito della sua

attività pittorica, ha partecipato a mostre nazionali (Reggio Emilia, Bologna, Ferrara, Senigallia,

Milano, Brescia, Roma, Torino, ecc ecc) ed internazionali (Stoccarda, Budapest, Praga, Nizza,

Enschede, Londra, Lussemburgo, ecc ecc). Ha ottenuto riconoscimenti e il suo lavoro è stato

pubblicato su cataloghi e riviste del settore.Vive e lavora fra Roma e Ortona.

Varagnoli Claudio;, 3282534283, 085.4537296, [email protected], Dipartimento di Architettura

– Università Chieti-Pescara, Docente; assegnista di ricerca, Professore di Restauro architettonico

presso la Facoltà di Architettura, ha curato piani di ricostruzione e cantieri dopo il sisma del 2009.

Svolge attività di ricerca sull’architettura tradizionale in Abruzzo e sui rapporti tra conservazione e

innovazione in architettura.

Verazzo Clara (1974), laureata in Architettura, specializzata in "Restauro dei monumenti" presso

l'Università "Federico II" di Napoli, dottore di ricerca in “Conservazione dei beni architettonici”

(UdA), attualmente è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Architettura dell’UdA.

Collabora da anni al corso di “Laboratorio di restauro architettonico I/A”. Ha pubblicato saggi e

contributi in riviste e convegni sulle tecniche costruttive tradizionali in Abruzzo e sugli aspetti

storici e teorici del restauro. Ha maturato una notevole esperienza durante la consulenza a numerosi

piani di ricostruzione dei Comuni terremotati a seguito del sisma del 2009 in Abruzzo. Mail: Clara

Verazzo <[email protected]>"

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Verrocchio Maria Cristina, 3479179387, 08713555888, [email protected], UdA,

Ricercatore, Esperta in Psicologia forense, Psicologa, psicoterapeuta, ricercatore di Psicologia

Clinica presso l’UdA di Chieti. Ha basato la sua attività professionale e di ricerca sui temi della

violenza e del rischio psicosociale in età evolutiva. E’ autrice di numerosi articoli scientifici.