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SOMMARIO Introduzione (di Gennaro Barbarisi) 13 Tavola delle abbreviazioni 19 Criteri editoriali 23 I LE POLEMICHE LINGUISTICHE (1756-1760) 1. La polemica Parini-Bandiera 27 1. Lettera intorno al libro intitolato I Pregiudizj delle Umane Lettere di A. Bandiera. Giuseppe Parini all’abate Pier-Domenico Soresi (1756) 27 2. Postille alla risposta del p. maestro Alessandro Bandiera alle critiche mosse al Gerotricamerone (1757) 48 2. La polemica Parini-Branda (1760) 55 1. Lettera al Branda 55 2. Avvertimento 89 3. Risposta alla seconda lettera del Branda 91 Nota ai testi 122 II PROSE LETTERARIE E ACCADEMICHE (1759-1764) 1. Novella (data e autore incerti) 131 2. Discorso che ha servito d’introduzione all’Accademia sopra le Caricature (letto il 15 febbraio 1759) 137 3. Discorso sopra la Poesia (1761) 152 4. Lettere del conte N. N. ad una falsa divota. Tradotte dal francese 163 (1761 ca.) 5. Sopra la Carità (letto il 4 giugno 1762) 175

Prose II. Lettere e scritti vari - ISBN 88-7916-277-7 · Giuseppe Parini all’abate Pier-Domenico Soresi (1756) 27 2. Postille alla risposta del p. maestro Alessandro Bandiera alle

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SOMMARIO

Introduzione (di Gennaro Barbarisi) 13Tavola delle abbreviazioni 19Criteri editoriali 23

ILE POLEMICHE LINGUISTICHE

(1756-1760)

1. La polemica Parini-Bandiera 271. Lettera intorno al libro intitolato I Pregiudizj delle Umane Lettere

di A. Bandiera. Giuseppe Parini all’abate Pier-Domenico Soresi (1756) 272. Postille alla risposta del p. maestro Alessandro Bandiera

alle critiche mosse al Gerotricamerone (1757) 48

2. La polemica Parini-Branda (1760) 551. Lettera al Branda 552. Avvertimento 893. Risposta alla seconda lettera del Branda 91

Nota ai testi 122

IIPROSE LETTERARIE E ACCADEMICHE

(1759-1764)

1. Novella (data e autore incerti) 131

2. Discorso che ha servito d’introduzioneall’Accademia sopra le Caricature (letto il 15 febbraio 1759) 137

3. Discorso sopra la Poesia (1761) 152

4. Lettere del conte N. N. ad una falsa divota. Tradotte dal francese 163(1761 ca.)

5. Sopra la Carità (letto il 4 giugno 1762) 175

Parini G.
Prose II. Lettere e scritti vari
Queste pagine sono tratte da un volume pubblicato da LED Edizioni Universitarie. Cliccando su questa pagina si accede alla pagina web dedicata al volume.
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6. I dialoghi sulla Nobiltà 1871. Dialogo sopra la Nobiltà (1762) 1872. Della Nobiltà. Dialogo (non oltre il 1764) 207

Nota ai testi 219

IIIINTERVENTI CRITICI

(1761-1796)

1. Prefazione al Femia di Pier Jacopo Martello (1761) 229

2. Prefazione alle Poesie di Carlo Antonio Tanzi (1766) 232

3. Quadro dell’Istoria moderna dalla caduta dell’Imperio d’Occidentefino alla Pace di Vestfalia del sig. cavalier di MEHEGAN (1767) 238

4. In nome di Pasquale Paoli (1769) 250

5. Sulle Poesie di Giuliano Cassiani (dopo il 1770) 256

6. Su Ferguson e Raffaello (1776) 257

7. Sul poema Della coltivazione de’ monti di Bartolomeo Lorenzi(1778 ca.) 260

8. Parere sulle Favole di Gaetano Perego (gennaio-febbraio 1796) 262

Nota ai testi 264

IVCONTRIBUTI ALLE RIFORME E ALL’ORGANIZZAZIONE

DEGLI STUDI E DELLE ACCADEMIE(1767-1796)

1. I compiti del Regio Visitatore (1767) 275

2. Per un’Accademia di Belle Arti in Milano (1767) 2771. Arti creative e mestieri 2772. Avvertenze intorno al Segretario d’un’Accademia di Belle Arti 284

3. Le Costituzioni della Regia Accademia di Mantova (1767) 291

4. Per la Cattedra delle Belle Lettere 2961. Schema di una trattazione sulle Belle Arti (1769) 2962. La buona Eloquenza (1769) 2983. Delle cagioni del presente decadimento delle Belle Lettere

e delle Belle Arti in Italia (1769) 2994. Per la Cattedra biennale di Belle Lettere (1769) 3015. Discorso recitato nell’aprimento della nuova Cattedra delle Belle Lettere

dall’abate Giuseppe Parini Regio Professorenelle Pubbliche Scuole Palatine di Milano (6 dicembre 1769) 304

6. Piano dell’ordine e metodo dell’insegnamentoe indicazione dei libri elementari (1770) 316

SOMMARIO6

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5. Per la riforma dei libri e dell’istruzione 3251. Piano per la riforma dei libri elementari scolastici (ottobre 1774) 3252. Frammento di una trattazione sull’istruzione in forma di catechismo

(1774) 347

6. Per l’Accademia di Agricoltura 3481. Le Costituzioni fondamentali della Reale Accademia d’Agricoltura

in Milano – Avvertenze preliminari alle Costituzioni (1771/72-1776) 3482. Le Costituzioni fondamentali

dell’Accademia Reale d’Agricoltura (1776-1777) 351

7. Avvertenze della Società Patrioticaper i Socj Corrispondenti nazionali (1780) 355

8. Princìpi seguiti in 17 anni di insegnamento (1786) 359

9. Insegnamento e direzione del Centro di Brera (1791-1792) 3601. Parere sull’insegnamento all’Accademia (agosto 1791) 3602. Insegnamento e direzione (agosto-settembre 1791) 3633. Biennalizzazione del corso e riduzione dell’orario

(fine 1791 - inizio 1792) 3644. Avvertenze relative al Sopraintendente delle Scuole Pubbliche di Brera

(fine 1791 - inizio 1792) 365

10. Libertà e cultura nella Cisalpina 3661. L’autonomia della Municipalità (21 luglio 1796) 3662. La libertà dell’arte (1796) 3673. Sulla moralità del teatro (1797) 3694. Esito del secondo concorso per la riorganizzazione dei teatri

(25 luglio 1798) 3705. Giudizio sulla dissertazione di Melchiorre Gioia (28 agosto 1798) 372

Nota ai testi 373

VFRAMMENTI SPARSI

1. Pensieri 401

2. Frammenti 404

Nota ai testi 408

VILE FESTE DI MILANO PER LE NOZZE ARCIDUCALI

(1771)

1. Descrizione delle Feste celebrate in Milano […] 411

Nota al testo 433

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VIISOGGETTI PER ARTISTI

(1778-1790)

1. Soggetto per il telone del Teatro grande alla Scala (1778) 4372. Soggetto per il sipario del nuovo Teatro di Novara (1779) 4413. Palazzo di Corte (1778) 4444. Il giudizio di Paride: dal Palazzo di Corte a Taxispalais (1780) 4975. Palazzo Greppi (1780) 5006. Palazzo Confalonieri (1778-1780) 5257. Palazzo Belgiojoso (1782) 5268. Villa Reale – Nuovo Palazzo Belgiojoso (1790) 536

Nota ai testi 561

VIIIEPISTOLARIO(1763-1798)

1. A S.A.S. amministratore della Lombardia austriaca duca di ModenaFrancesco III d’Este (1763) 599

2. Al maresciallo con Gian Luca Pallavicini – 17 agosto 1765 5993. A Paolo Colombani – 10 settembre 1766 6004. Ad Antonio Greppi (13 settembre 1768) 6015. All’abate Pellegrino Salandri – 12 dicembre 1768 6016. A Saverio Bettinelli – 10 maggio 1769 6037. Al conte Wilczeck (settembre-ottobre 1769) 6048. Al conte Carlo di Firmian (autunno 1769) 6089. Al Principe di Kaunitz – 16 dicembre 1769 60910. All’abate Pellegrino Salandri – 2 gennaio 1770 61011. Al Principe di Kaunitz – 7 aprile 1771 61112. A don Giuseppe Croce – 8 aprile 1771 61213. A don Giuseppe Croce – 11 aprile 1771 61214. A Maria Teresa d’Asburgo – 23 luglio 1771 61315. Al dottor Giuseppe Paganini – 13 luglio (1773) 61416. Al conte Carlo di Firmian – 5 dicembre 1773 61417. A Girolamo Ferri – 16 gennaio 1774 61618. Destinatario ignoto – 30 gennaio (1774) 61719. Al dottor Giuseppe Paganini – 9 agosto (1774) 61720. Ad Angelo Mazza – 14 agosto 1774 61821. Al dottor Giuseppe Paganini – 8 settembre (1774) 61922. Al dottor Giuseppe Paganini – 12 settembre (1774) 62123. Al dottor Giuseppe Paganini – 25 settembre (1774) 623

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24. Al dottor Giuseppe Paganini – 1 ottobre (1774) 62625. Ad Antonio Greppi (17 agosto 1775) 62726. A don Angelo Teodoro Villa – 16 gennaio 1776 62827. Al conte Carlo di Firmian – 21 luglio 1776 62928. Al conte Wilczeck (1776) 62929. All’abate Gioachino Pizzi, Custode generale d’Arcadia – 17 maggio 1777 63130. Al conte Durante Duranti – 17 aprile 1778 63231. Al marchese Giovan Battista d’Adda – 6 giugno 1778 63332. Ad Antonio Greppi (17 giugno 1778) 63433. A Saverio Bettinelli – 24 febbraio 1779 63534. A Saverio Bettinelli – 27 febbraio 1779 63535. A Pietro Secco Comneno (giugno 1779) 63636. Al conte Antonio Greppi (gennaio 1780) 63737. Al conte Gian Rinaldo Carli – 22 aprile 1780 63738. Al conte Carlo di Firmian – 26 dicembre 1780 63839. A Carlo Amoretti, segretario della Società Patriotica – 2 gennaio 1781 63940. Al conte Corniani – 15 giugno 1781 63941. All’arciduca Ferdinando d’Austria (1783) 64042. Al conte Wilczeck (1783) 64043. All’arciduca Ferdinando d’Austria – 17 settembre 1783 64244. A Carlo Castone della Torre di Rezzonico (1783) 64245. Destinatario ignoto (Pietro Verri?) – 13 aprile (1784?) 64346. Al dottor don Giacomo Rezia – 20 marzo 1788 64447. Ad Antonio Mussi, oblato – 10 novembre (1788) 64448. Alla contessa Silvia Curtoni Verza – 22 gennaio 1789 64549. Alla contessa Silvia Curtoni Verza – 25 febbraio 1789 64750. Alla contessa Silvia Curtoni Verza – 12 marzo (1789) 64951. Al cardinale Angelo Maria Durini (1791) 65052. A Giambattista Bodoni – 18 novembre (1791) 65153. Al conte Wilczeck (marzo-aprile 1792) 65254. Al conte Francesco Pertusati

sopraintendente alle Fabbriche Camerali – 9 agosto 1792 65355. Al conte Wilczeck (1793) 65356. Al consigliere Pompeo Signorini – 8 novembre (1793) 65457. Al conte Francesco Pertusati (giugno 1795) 65458. Al marchese Febo d’Adda 23 giugno (1795) 65559. A Giuseppe Bernanrdoni – 11 novembre (1795) 65560. A Diodata Saluzzo – 12 febbraio 1797 65661. Al ministro degli Affari Interni Ruggero Ragazzi – 2 luglio 1798 657

Nota ai testi 658

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IXATTI PERSONALI E D’UFFICIO

(1767-1798)

1. Eredità Caspani (21 settembre 1767) 707

2. Promemoria del Sacerdote Giuseppe Parini […] (26 luglio 1771) 707

3. Dichiarazione a favore di Giosuè Bianconi (29 febbraio 1784) 711

4. Dichiarazione a favore di Girolamo Appiani (9 dicembre 1787) 711

5. Dichiarazione di servizio (7 marzo 1798) 712

6. Ricorso (31 dicembre 1798) 712

7. Testamento (15 ottobre 1798) 713

Nota ai testi 716

XAPPENDICE

1. Scritture di dubbia attribuzione 7231. Per la Cattedra di Eloquenza 7232. Elogio di Vincenzo d’Adda 727

2. Documenti vari 7301. Delle cagioni del presente decadimento delle Belle Lettere

e delle Belle Arti in Italia, e di certi mezzi onde restaurarle (Reina) 7302. Protocollo degli Affari Correnti di S. E. il R. Consultore Albuzzi

(settembre 1791) 7353. Relazione del consigliere Bovara sull’insegnamento del Parini

(dicembre 1791) 7384. Inventario della biblioteca del Parini (17 agosto 1799) 742

3. Testimonianze sui manoscritti 7511. Francesco Reina a Diodata Saluzzo (29 maggio 1801) 7512. Francesco Reina a Diodata Saluzzo (22 luglio 1801) 7513. Lettera del ministro dell’Interno Francesco Pancaldi

a Carlo Amoretti, dottore dell’Ambrosiana (2 maggio 1801) 7524. Lettera di Carlo Amoretti al ministro dell’Interno Francesco Pancaldi

(17 maggio 1801) 7535. La dispersione dei manoscritti nella corrispondenza

Gian Giacomo Trivulzio - Carlo Rosmini (1799-1801) 7546. Lettera dell’avvocato Luigi Bramieri

all’amico p. Pompilio Pozzetti (1802) 755

Nota ai testi 756

Indice dei nomi citati dal Parini 767

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INTRODUZIONE

Il Parini, è noto, in età avanzata si prese oculatamente cura di tramanda-re un’immagine netta e coerente della propria attività poetica, consape-vole del significato che essa avrebbe assunto per l’altissima professionali-tà e perfezione artistica, a coronamento di un secolo in cui, al contrario,i versi avevano dilagato con troppa facilità in ogni campo: se nel suo lun-go percorso poteva aver lasciato l’impressione di un certo predominiodell’occasionalità, alla fine prevalse la preoccupazione per l’omogeneitàe organicità del proprio corpus poetico, fondate oltre che sul rigore mo-rale su un’originale ricerca formale, perseguita con costanza e consape-volezza delle proprie capacità e dell’importanza sociale della sua missio-ne di poeta. Fu così che sotto la sua guida il prediletto allievo Gambarel-li raccolse e pubblicò il «libro delle odi», opportunamente riordinate eritoccate non solo per l’incontentabilità dell’artista ma anche in conside-razione dei tempi mutati rispetto al momento della loro composizione;inoltre, si accinse a metter mano anche alle numerose disperse, proce-dendo col concorso del poeta ad una drastica selezione, ritenuta più chemai necessaria di fronte ad argomenti ora divenuti inopportuni o addi-rittura imbarazzanti ed a un gran numero di sonetti spesso frettolosi epuramente occasionali. Poi le cose andarono a modo loro: le rime sparserimasero nel cassetto, il Giorno non giunse mai a termine, e il quadrocomplessivo di tutta, o quasi, la produzione venne offerto soltanto po-stumamente dall’edizione Reina.

Se queste furono le preoccupazioni del Parini per la conservazionedella propria produzione poetica, nulla di simile egli pensò mai per quel-

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la prosastica, in massima parte legata a situazioni contingenti o a finipratici, frammentaria e dispersiva, estranea, salvo le poche eccezioni de-gli anni dei Trasformati, ad intenti artistici, valida soprattutto come do-cumento di un impegno didattico, civile, culturale, esercitato, dopo leprime esibizioni giovanili, con un crescente credito di prestigio. Impen-sabile, quindi, l’idea di una raccolta: l’unica vera tentazione si era affac-ciata al tempo delle lezioni alle Scuole Palatine, preparate con cura perla dettatura, com’era d’uso, e quindi quasi naturalmente predisposte perdar luogo alla loro pubblicazione e metter mano a quel manuale didatti-co, che a lui stava a cuore, ma che, nonostante le buone intenzioni, nonavrebbe mai portato a compimento. Tutto il resto non era materia da ri-prendere in mano.

Ma, come non bastasse, alla sua morte i parenti pensarono al resto,e, vuoi per ignoranza, vuoi per avidità, vuoi infine per la preoccupazionedi non lasciare testimonianze compromettenti l’immagine edificante del-l’uomo integerrimo, non persero tempo a porre all’incanto buona partedel patrimonio, e a distruggere il rimanente, infierendo principalmentesu quanto sembrava poter costituire il maggior pericolo, ossia il carteg-gio; ma, come non bastasse, scomparse quasi totalmente le lettere deicorrispondenti, molte di quelle che rimasero del Parini o seguirono lasorte delle altre o furono disperse fra varie mani o addirittura sottratteagli archivi, col risultato che ancora in tempi recenti se ne son perse in-spiegabilmente le tracce. È storia nota, come è nota la tenacia con cui asuo tempo Francesco Reina dal carcere ove si trovava nei mesi del riflus-so austro-russo si preoccupò di acquistare tutto il salvabile: una vicendachiarita anche nei successivi sviluppi nell’ultima appendice a questo vo-lume. Ma rasentano l’incredibile le perdite, che si susseguirono dopo lasua morte e persino in tempi recenti, a cominciare dalle carte dell’Acca-demia dei Trasformati, possedute dagli eredi di Francesco Carcano, edalla vendita di libri e manoscritti da parte di Antonio Reina, erede delfratello Francesco, e poi di seguito: 4 lettere dell’archivio Greppi di Ca-sate, che sembravano esser confluite nell’Archivio di Stato di Milano, vi-ste e pubblicate dal Mazzoni nel 1925; 1 lettera ad Angelo Mazza, nonpiù reperibile nel Fondo Micheli-Mariotti di Parma; 1 lettera al Wilczeckall’Archivio di Stato di Milano, di cui Giulia Bologna nel 1969 pubblicòil fac-simile; le Avvertenze della Società Patriotica nel fondo Secco Com-neno presso l’Ospedale Maggiore di Milano, pubblicate dal Pecchiai nel1917. Per non parlare di lettere finite in Inghilterra e in America, e di al-

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tro ancora, di cui diamo notizia nelle Note ai testi, coerentemente colprincipio cui ci siamo attenuti di risalire sempre e comunque agli origi-nali e alle fonti prime dei testi pubblicati. È pur vero che il Parini stessoaffermò di non avere «molta corrispondenza di lettere», di esser sogget-to a una «invincibile mia pigrizia a scriver lettere» (pp. 601, 655), e che ilReina ricordò «che astenevasi dal commercio epistolare, non amandoche la purità delle sue lettere fosse stuprata da qualche mascalzone», maquel che c’è rimasto, tenuto conto delle sue relazioni private e delle fun-zioni pubbliche da lui rivestite, lascia purtroppo supporre che molto siaandato irrimediabilmente perduto.

In compenso, possiamo qui vantare qualche modesto ricupero: 2 let-tere al Firmian e altri 4 documenti relativi all’Accademia di Brera e aicompiti del Parini, rinvenuti presso la Biblioteca Braidense; le inediteCostituzioni della Regia Accademia di Mantova, presso l’Archivio di Statodi Milano. Un modesto segnale, che potrebbe, chissà!, far sperare inqualche altro futuro fortunato ritrovamento.

In ogni caso, come è noto, il Fondo Reina fu donato da CristoforoBellotti alla Biblioteca Ambrosiana di Milano nel 1910, e costituisce labase fondamentale dell’edizione di tutta la sua produzione. Si tratta diun vasto materiale, sistemato a suo tempo dal Reina, ma poi riordinato edistribuito in cartelle dal Mazzoni in vista della sua edizione: un lavorobenemerito, anche ai fini della conservazione, che tuttavia (parlo delleprose) risente dei limiti di un criterio archivistico soggettivo, che talvoltaconfonde il significato e la destinazione di singoli frammenti e ne rendearbitraria la collocazione, come vien confermato dalla loro sistemazionenel pur meritorio volume delle opere del 1925, cui fino ad oggi si sonorifatti tutti gli studiosi.

Le sezioni nelle quali abbiamo distribuito tutte le prose del Parini fi-nora reperite rispecchiano i diversi aspetti della sua attività, con la solaeccezione delle lezioni, raccolte nel precedente volume. Se è presumibileche poco sia sopravvissuto della sua presenza all’Accademia dei Trasfor-mati e degli interventi critici (che potrebbero essere comparsi anonimisu riviste o in altre sedi occasionali), si può dire che quel che rimane (ecertamente è soltanto una parte, visti anche gli illustri destinatari deicontributi) della sua collaborazione coi governi della città soprattutto inmateria di riforme scolastiche e istituzionali, ma non solo, costituisceuna vera sorpresa. Se si leggono questi scritti nel loro insieme, s’impon-gono subito all’attenzione da un lato un impegno civile e una volontà ri-

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formatrice non inferiori a quelli degli intellettuali illuministi inseriti nellagestione dello stato, e dall’altro il prestigio di cui godette sia come poetasia come uomo di cultura, capace di recare un contributo competenteanche nella lunga opera di consulenza. Ed è nota la sua autorevolezzanel guidare la mano degli artisti nelle decorazioni degli edifici civili, ingrande sviluppo nell’ambito della trasformazione neoclassica della cittàpromossa dal governo austriaco: un’autorevolezza che gli consentivapersino di discutere e modificare le scelte dei committenti, fossero essil’Arciduca o il principe di Belgioioso.

Del resto, quanta importanza il Parini attribuisse alla funzione pub-blica svolta per più di tre lustri (grazie anche alla fiducia riposta in luidal conte di Firmian) fu da lui stesso sottolineato in due promemoria ri-volti al conte Wilczeck nel 1776 e nel 1783, per richiamare l’attenzionesulla propria situazione economica. La carriera era iniziata all’indomanidella pubblicazione del Mezzogiorno, fra il 1766 e il 1767, con alcuneconsulenze al Supremo Consiglio di Economia, che toccano delicati pro-blemi come l’organizzazione del lavoro nelle fabbriche e la distinzionefra istruzione artistica e professionale, ed era proseguita senza soluzionedi continuità: i piani per l’Accademia delle Belle Arti di Mantova e perl’Accademia di Agricoltura e Manifatture; la nomina a poeta e a revisoredi testi del Teatro Ducale nel 1768 e alla fine dello stesso anno la redazio-ne della «Gazzetta di Milano» svolta per tutto l’anno seguente, quandosubentrò l’assegnazione dell’insegnamento di Belle Lettere alle ScuolePalatine, svolto anche dopo il trasferimento nel palazzo di Brera (1773) ela fusione col Regio Ginnasio (1786); la stesura nel 1770 del Piano perl’ordine e il metodo dell’insegnamento e l’indicazione dei libri «elemen-tari» per lo studio dell’eloquenza; la stesura dell’Ascanio in Alba per lenozze arciducali nel 1771 e la Descrizione delle relative feste; la parteci-pazione, dal 1774, alla commissione per la riforma dei libri «elementari»scolastici, e nel 1775 alla commissione esaminatrice presso le scuole diretorica, umanità e grammatica di Cremona e Como; l’assegnazione nel1776 dell’insegnamento presso l’Accademia di Brera e la collaborazionecon Cesare Beccaria alla stesura del Piano e delle Leggi di un’Accademiadi Agricoltura e Manifatture (la futura Società Patriotica, per la qualeegli poi si occupò, tra l’altro, anche del conio del sigillo, della patente,del regolamento per i soci corrispondenti). A questo si erano sempre ag-giunti, come da lui stesso dichiarato, l’esame di manoscritti e la correzio-ne di testi governativi, il parere sui libri scolastici, le varie consulenze, di

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cui non ci sono rimasti i documenti, la presenza in varie commissioni diconcorsi. Completa questo denso panorama di attività professionali lacollaborazione con gli artisti di Brera, particolarmente intensa dopo ladettatura del soggetto per il telone del Teatro alla Scala nel 1778, e chelo vide impegnato per un paio d’anni nel Palazzo di Corte, e poi succes-sivamente nei Palazzi Greppi e Confalonieri (1780), nel Palazzo Belgioi-so (1782), nel Nuovo Palazzo Belgioioso (poi Villa Reale, 1790): un lavo-ro che andava oltre la semplice dettatura dei soggetti, concepiti all’inter-no di un discorso unitario secondo criteri di decoro morale e con intenticelebrativi di modelli di vita esemplare, e che prevedeva una costantepresenza al fianco degli esecutori, come si può dedurre dalla lettura sin-cronica dei testi e delle relative immagini.

Accanto ai primi interventi polemici, alle poche prose creative, aqualche scritto critico, quindi, troviamo un nutrito gruppo di frammentie documenti legati all’attività dell’uomo pubblico (e potrebbero essereancora di più), che si presenta in una dimensione superiore a quella co-munemente considerata dalla critica, concentrata sulla centralità del-l’opera poetica e, se mai, sui possibili rapporti esistenti fra quella e alcu-ne prose, e quindi attenta a ricostruire unilateralmente il suo percorso.

Un caso a sé è rappresentato dal Dialogo sopra la Nobiltà, la cui ste-sura attribuiamo con una certa sicurezza al 1762, ossia al periodo in cuiera già in fase avanzata la composizione del Mattino: non più un eserci-zio accademico ma la precisa scelta di campo della polemica antinobilia-re condotta su due diversi registri, che segnò una svolta decisiva nellasua produzione.

Dall’insieme degli elementi qui raccolti, con un ampio corredo didati e documenti integrativi distribuito nelle Note ai testi, mi sembra sipossano ricavare alcune importanti riflessioni. Innanzi tutto, è evidenteche la sospensione della serie dei tre poemetti, come erano previsti nelprogetto iniziale, fu determinata da molteplici cause, che non si possonoridurre all’incontentabilità del poeta: il Mezzogiorno non fu accolto colmedesimo entusiasmo del Mattino, forse per l’impressione di una certaripetitività ed eccessiva insistenza sul tema; il celebre saggio di PietroVerri sul «ridicolo», a parte i risentimenti personali, coglieva in profon-do i limiti della satira ai fini del miglioramento dei costumi; infine, e so-prattutto, in quel 1766 la vita del Parini stava prendendo una nuova di-rezione, grazie anche al sostegno di nobili come il conte Greppi e il con-te di Firmian, ed egli incominciava ad intravedere la realizzazione della

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sua lontana aspirazione all’insegnamento (proprio allora gli pervennel’offerta di una cattedra a Parma). Ora egli aveva responsabilità pubbli-che ed ai giovani che stavano per essergli affidati egli doveva indicare va-lori positivi da perseguire, come l’educazione attraverso il culto delle let-tere e delle arti, e non era più il tempo dello scherno e della derisione: siverificò così quel passaggio da Giovenale a Chirone, già rilevato sia dallacritica letteraria sia dall’artistica. Ma c’è di più. Parini divenne in breveun uomo importante nella città, rispettato non soltanto per la sua staturadi poeta, ma anche per quel che significava in tutti i campi civili e cultu-rali nei quali operava, agendo parallelamente nella medesima direzioneche era stata indicata dal gruppetto di filosofi, ora dispersi e in variomodo delusi o inseriti in compiti amministrativi.

Tutto incominciò a cambiare con la morte di Maria Teresa e un paiod’anni dopo del Firmian, quando si avvertirono gli effetti del giuseppini-smo, fino a quel 1786 che gli fece temere anche per il proprio sostenta-mento. Era l’anno della Caduta, ed erano già maturati i tempi per una ri-presa del progetto poetico abbandonato e per un inasprimento della sa-tira contro una classe non da riformare ma da disprezzare per il suo in-vecchiamento fisico e sociale, alla quale contrapporre la propria immagi-ne incorrotta da consegnare alle generazioni future.

Seguì poi il breve periodo cisalpino, con i tre scritti qui raccolti, chedocumentano la coerente difesa dei vecchi princìpi alla luce della nuovarealtà: la libertà, la moralità, l’educazione.

Gennaro Barbarisi

(SEGUE)

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II.1

NOVELLA

Baccio pittore dipigne sotto al bellico dell’Agnoletta, sua moglie,un agnellino. Indi la lascia e va in Francia. Ella si gode con Masino

pittore anch’egli. Baccio ritorna e trova al suo agnellinocresciute le corna. S’accorge d’essere stato beffato

e per lo meglio si tace.[data e autore incerti]

E’ fu già in una delle nostre città d’Italia un dipintore, il quale, oltrechèmolto valoroso uomo era nell’arte sua, era stato dalla amica fortuna consì bella moglie accompagnato e di sì onesti e leggiadri costumi, che pertutto a) la città se ne dicean le maraviglie; non essendovi alcuno di que’che conoscevan costei, il qual non invidiasse oltramodo la sorte di mes-ser Baccio, che tale era il nome del dipintore, e non disiderasse d’averper sua la mogliera di lui, che l’Agnoletta si domandava. Ora avvenneche, facendosi dal re di Francia il real palagio sontuosamente b) dipigne-re ed adornare, furon colà da ogni parte del mondo chiamati i più cono-sciuti pittori e d’altre sorte artefici che ci avesse. Perchè a messer Baccioancora, che de’ più chiari era e famosi, convenne risolversi d’abbando-nar per qualc’anno la moglie, non parendo a lui bene, per suoi onesti ri-guardi, di menarsela in Franza con seco. Della qual cosa, benchè ellamolto ne lo ricercasse, non le volle però mai Baccio acconsentire, fortetemendo non l’asprezza del cammino a lei, che donna era, fosse per re-car troppo danno, e comechè egli l’amasse più de’ suoi occhi medesimi,e bramasse oltre ogni creder di aversela accanto, pur risolvè d’andar so-lo, volendo piuttosto averla viva e sana da lunge, che vicino in continuidisastri e fatiche. Laonde giunta la primavera e venuto il dì che egli aveaper la sua partenza determinato, nè sapendosi ancor dalle braccia dell’a-mata moglie disciorre, andava indugiando e intertenendosi. Ma alla fine,pensando che pur una volta gli conveniva andarsene, affardellò le suebagaglie e, la mattina a buon’otta levatosi, con grandissimo rammaricoprese congedo dall’Agnoletta, la qual tuttavia, piagnendo e querelando-

a) tutto] corretto su tuttab) sontuosamente] aggiunto in interlinea

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si, non trovava riposo, e, gettataglisi al collo, il baciava e lo strigneva sìteneramente, che a Baccio, che già carica avea la balestra, venne voglia ditorsene una buona satolla avanti il partire. Perchè, distesala sulle lenzuo-la, e scaricate due o tre some, già le sì staccava dal seno, quando, veggen-do quivi presso de’ pennelli tinti di vari colori, gli venne un pensiero,che egli subito si determinò di condurre ad effetto. Prese egli adunquedi que’ pennelli e, tinti negli accomodati colori, a mogliera, che ancorco’ panni levati si stava, due o tre dita sotto al bellico dipinse un sì belloe candido agnellino, che vivo e vero sarebbe stato da ognun reputato,parendo quasi che egli si pascesse delle lussureggianti erbette che intor-no al vicin fonte dell’Agnoletta sorgeano. Nè ebbe appena Baccio finitodi fare un così bel lavorio, che, rivoltosi alla moglie, che tutta strabiliatasi stava, le disse: «Bocca mia dolce, tu ti puoi ben di leggieri accorger diciò, di che io con cotesto agnello dipinto ti voglio avvertire; cioè, che tuvogli tale a me conservarti per l’avvenire, essendoti lontano, qual fostiper lo passato mentre che io ti era vicino, perocchè io vorrei che cosìcandida fosse la tua fede verso di me, quale è quest’agnellino, che io co-staggiù ti dipinsi. Guarti adunque, che per verun costo colla bianchezzadi lui a) la tua onestà non venga macchiata; perciocchè, se io al mio ritor-no tale il troverò quale or te lo lascio, io t’arò sempre per quella fedelmoglie che finor mi se’ stata; ma, se allo ’ncontro qualche forestiero mon-tone tu lascerai cozzare con quello, e in alcun modo il brutterà, oltrecchèoffenderai grandemente l’amor che io ti porto, non mi avrai più per quelsì dolce marito che finora stato ti sono».

Allor l’Agnoletta, postasi un cotal pocolino in cagnesco, e mostran-dosi di essersi per le parole di lui adirata, così, mezzo ridendo, gli disse:«Gnaffe marito mio, e’ si par ben che tu abbia in molto conto mogliata,che tu le fai coteste raccomandazioni e le metti così fatte guardie allaporta. Ben ti starebbe il dovere che io non isgridassi a’ lupi, e che io glilasciassi entrar in vece nel mio ricinto, e che e’ ti manucassono tutta af-fatto questa bestiuola, e che e’ disertassono tutto quanto il tuo [podere],senza [che io] b) dessi pure una boce. Ma buon per te, che io non son dicotal buccia, e che io non son donna da tanto, altramente te lo so dir io setu te l’aresti ben guadagnato. Ma vatti pur con Dio, chè al tuo agnellino

a) di lui] aggiunto in interlineab) Sono integrazioni proposte da Reina e accolte dagli editori: il ms. è lacerato

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non mancherà nè da mangiar nè da bere, e io mi porterò in modo che tual tuo ritorno non te n’abbi punto a dolere». E, detto che ella ebbe que-ste parole, si tacque. Onde messer Baccio, poichè tutto era pronto alpartire, dettele alcune altre cose, la baciò in fronte e, dalle braccia di lei,che al collo gli s’era strettamente aggavignata, discioltosi, non senza la-grime si dipartì; e l’Agnoletta si rimase la più dolente femmina che mai sivedesse. Nè sarebbe agevole a dire quanto ella per cotal partenza s’addo-lorasse tuttavia, e ne fosse divenuta inconsolabile, siccome colei cheamava il marito suo quanto mai donna altr’uomo facesse. Oltre a questoella si dette con tanto studio e diligenza a guardare l’animaletto, cheBaccio sotto al bellico dipinto le avea, sicchè, nonchè toccarsi colla manoin quella parte, ma nè men colla camicia medesima osato ella avrebbe; edimodo, e con istecchi e con cuscinetti alle bande maestrevolemente a-datti, ne sostentava gli altri panni, che e’ non poteano collo smuoversi,che ella faceva, guastargliele punto. Nè pur di questo contenta, ella nonsi sarebbe addotta, per tutto l’oro del mondo, a strignersi punto puntolo scheggiale, o le stringhe della gonnella; sicchè ella ne andava cosìscomposta e sciamannata, che tutte le amiche sue la stimavano gravidaveggendole il ventre, per tanti arnesi sotto gonfio e rilevato. Perciò, tutteaugurandole un bel figliuolo, le metteano la mano in sul grembiule, e chisi facea le croci, e chi dicea: «maschio», e chi soggiugnea: «di qui a duemesi»; di che ella, benchè nol dimostrasse fuora, arrovellava ed istizziva,temendo che elle non guastasser le lane al coperto agnellino. Ond’ella,tra per non porsi a cotal risico, tra per la sua continova malinconia, fug-giva il più che poteva i crocchj e le brigate, alle quali veniva ben di spes-so invitata a cagion della sua grande bellezza, piacendo vieppiù agli amo-rosi giovani costei, benchè incolta e mal composta, che qualunque altraben adorna e strebbiata. Ma pure accadde che, essendo ella una fiata itaa un paio di nozze, che si facevano non guari lontano dalla sua casa, ellasi abbattè a tavola dirimpetto a un giovinetto pittore anch’egli che Masi-no era detto. Costui, che era un bel garzonaccio di sedici in diciott’anni,co’ capegli biondi e un pa’ d’occhi brunotti e furfanti che arebbono tri-vellato una montagna, e oltre a ciò sì babbusco, tarchiato e rubesto dareggere a ogni fatica, diede in modo nell’umore all’Agnoletta, che ellanon facea altro che guatarlo sottecchi, di che essendosi egli avveduto,siccome colui che era bambin da Ravenna e una forca che l’arebbe calataal Piovano Arlotto, cominciò a fare il medesimo con esso lei, e in guisache e’ la fece innamorar talmente del fatto suo, che ella non si ricorda-

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va più punto del povero Baccio. E, perciocchè sotto alla tavola non sifacevan tenere i piè nella bigoncia, e Venere e Bacco tuttavia gli riscal-davano, cominciarono tosto a giucar de’ piedi e a sogghignare, e ad ar-rossare. Infine, o che e’ fosse il destin loro, o come la si andasse la cosa,e’ si guastaron così ben l’un dell’altro, che d’indi in poi procuraron divedersi ogni giorno. E, perchè in Masino la passion delle mutande cre-sceva dopo essere arrivato a parlarle, le serrò di maniera il basto addos-so, ch’egli ebbe paglia in becco d’altro che di parole. Quantunque peròl’Agnoletta fosse oltre misura cotta di Masino, e le pizzicasse ben ben larogna tra le cosce e ’l bellico, pure a mal in corpo si conduceva a far tor-to al suo marito, che tanto per lo addietro aveva amato. Ma, perciocchèil disidero per la continua dimestichezza cresceva, e le donne son per na-tura mobili e incostanti, e poichè, siccome è il proverbio «Chi due boc-che bacia, l’una convien che gli puta», ella si dimenticò totalmente diBaccio e tutta si diede in preda a Masino, il quale, poichè ebbe intintouna volta il suo pennello nello scodellino dell’Agnoletta, la chiarì ch’egliavea così buona mano e così dolce maniera a) nel pingere allo scuro quantoBaccio, e forse più. Così madonna, mentre che il marito suo in Franciadipingea de’ quadri, ella faticava in Italia a far lor le cornici. E tanto ellas’affaccendò in questo suo giuoco, che quantunque procurasse di nonguastar l’agnello dipinto, pur, perciocchè e’ non si potea far di meno,dopo aver cominciato a lisciarsi e indi a sbiancare, alla fine si cancellò inmodo, che e’ non se ne vedea più nulla. Della qual cosa l’Agnoletta ebbetanto dolore, e ne fece tanto rammarichio, che mai quanto in vita sua; emolto più quando il marito le diede novella, come egli in capo a un meseo in quel circa sarebbe stato a vederla; del che vi so dir io s’ella n’ebbe lavecchia paura. Onde un dì, voltasi a Masino, gli disse: «Vezzo mio, tu saibene a che stato io son condotta per amor tuo, che io non pur ti ho fattodono di me medesima, ma ancora mi son posta a cotal pericolo, che ionon so come trovar via d’uscirne. Or ti si conviene, se tanto amore a meporti quant’io a te, di b) far sì che io n’esca di questo unguanno; altra-mente io veggio posta a gravissimo risico non sol questa vita, che nullam’importerebbe, ma il mio onore medesimo, che più di questa m’è caro.Non vedi tu che, col tanto fregar che noi abbian fatto, l’agnellino se n’èito pe’ fatti suoi (in ciò dicendo, levossi la gonnella, e gliele mostrò). Uh

a) e così dolce maniera] aggiunto in interlineab) di] aggiunto in interlinea

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trista a me! che dirò a Baccio quando e’ tornerà a casa, che certo nonpuò star molto? che risponderò io, quando e’ cercherà dove sia itol’agnello? credi tu che e’ vorrà creder che e’ se ne sia dileguato da se me-desimo? non lo fece egli di colori impiastricciati con colla soda e tegnen-te? e dopo questo non gli diede egli un’altra mano? uh uh poverina meche dirò io?».

E in questo dir le cadeano dagli occhi tante lagrime che Masino sene sentiva tutto commosso. Ma alla fine non potendosi ritener dalle risa,le disse: «Che di’ tu, pazzerella? e non son io pittore? dunque non creditu, che io sappia così ben fare un agnello come tuo marito? suvvia fatti a-nimo, chè io te lo rifarò meglio di Baccio a); sai pur che buon pennello ioho, e come e’ tratteggia bene». Si rallegrò tutta l’Agnoletta a così fatteparole, che le rimessero l’anima in corpo; e ita a prender de’ pennelli ede’ colori, volle che egli incontanente la desiderata pittura facesse. Maegli, che si sentiva di adoperar altro pennello che ella non gli avea recato,volle prima correre una lancia, acciocchè egli, aspettando dappoi, non a-vesse a guastar l’opera fatta di fresco. E poichè egli ebbe allentato lostraccale all’asin suo, intanto che l’Agnoletta si rimetteva dalla fatica, lepinse di nuovo al sito medesimo un sì bello animaletto, che tutto somi-gliava a quello di Baccio: e perchè costui era più scaltrito del fistolo, glipinse in cima al capo anche un paio di cornicini. Del che quantunquemonna Agnoletta si fosse avveduta, pur pensando che anche quel di Bac-cio le avesse, non ne pensò più là; e non saziandosi di ringraziarlo, gli fa-ceva le più amorevoli carezzoccie che mai gli avesse fatte. Ma non passa-rono cinque o sei dì, che per lo arrivo di Baccio dovettero intralasciarquesta lor tresca. La qual cosa, benchè molto dolore arrecasse a madon-na, non però molto rincrebbe a Masino, che, avendosi fatto come giovinch’egli era un’altra innamorata, omai poco si curava di questa che gli do-vea mancare. Ma Baccio non giunse appena alla sua casa, che volle vedercome si stesse l’agnello, e, veduto che egli avea le corna, rimase sì mara-vigliato e fuor di sè, che non sapea quel che e’ si facesse. Pure, alla finetornato in sè e accortosi della beffa, si volle morir di dolore, e detta unacarta di villanie all’Agnoletta, poco mancò che e’ non la discacciasse dicasa, se non che ella, e con iscuse e con lagrime e con moine, seppe im-becherarlo sì bene, che Baccio siccome uomo di facile contentatura, le

a) meglio di Baccio] meglio di ‹tuo marito› Baccio

NOVELLA

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perdonò, amando meglio che le corna si stessero sotto alla camicia dellamoglie rimpiattate, che porsele col romor da sè medesimo in sulla testa.Masino però, siccome un ragazzo che aveva il cervello sopra la berretta,poco stimando la propria e l’altrui reputazione, andava per tutti i chiassiraccontando l’avvenimento e facendone le sghignazzate; onde la mogliedi Baccio ne andava per la bocca d’ognuno, e non più l’Agnoletta, ma,dall’agnello, l’Agnelletta a) era chiamata.

(SEGUE)

a) Agnelletta] ‹Agno[letta]›

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NOTA AI TESTI

NOTA AI TESTI

II. PROSE LETTERARIE E ACCADEMICHE

II.1 Novella

BAM, S.P. 6/5 X.5, apografo calligrafico, 8 carte cucite insieme, di mm 200 × 280,numerate a matita da Mazzoni da 68 a 73; l’inchiostro è omogeneo; poche lecorrezioni o le aggiunte in interlinea, con sviste tipiche di chi sta ricopiando.

Reina, IV, pp. 223-234; Bellorini II, pp. 1-8; Mazzoni, pp. 659-665.Sulla scorta di Reina («Aveva egli nella giovinezza imitati gli antichi prosa-

tori Italiani con modi bensì propri e leggiadri, ma che risentivansi un po’dell’an-tica sintassi, come ognuno sa, non tanto amica della chiarezza», I, p. XLIII),Bellorini la giudica «opera giovanile» (II, p. 300), e così tutta la critica successi-va. Molto controversa l’indicazione della possibile fonte, comunemente indicatanella novella X della seconda giornata delle Giornate delle novelle de’ Novizj diPietro Fortini, come si indusse arbitrariamente dalla pubblicazione congiuntadelle novelle di Fortini e Parini, apparsa nel 1812, a Milano, in soli dodici esem-plari, con il titolo Lo agnellino dipinto. Novelle due di Pietro Fortini senese e diGiuseppe Parini milanese, con la seguente premessa dell’anonimo curatore:

Si pubblicano queste due novelle a doppio oggetto. E perchè si veggacome uno stesso argomento siesi trattato da uno scrittore toscano del deci-mosesto secolo, e da uno scrittore lombardo del secolo decimottavo; eperchè i raccoglitori delle novelle italiane possano arricchire le loro se-rie con una novella ora per la prima volta pubblicata [corsivi dei curato-ri], e con un’altra che non si legge in verun altro luogo fuorchè nellavoluminosa edizione milanese delle opere del celebre Parini. La novel-la di Pietro Fortini è la decima della Giornata seconda delle sue Gior-nate de’ Novizj, già rammentate dal Tiraboschi, e delle quali si conser-vano accurate copie in Toscana, in Milano, e altrove. Non meriterebbeessa la luce per le oscenità delle quali è imbrattata, ma può quasi dirsiche non venga resa di pubblica ragione, mentre la stampa di questo li-bricciuolo è fedelmente eseguita in numero di 12 soli esemplari. Nem-meno la novella del Parini è castigata quanto sarebbe desiderabile, masì l’una che l’altra servono allo scopo già divisato di sopra, e danno inoltre un curioso esempio di facilità e di trascuranza di stile per parte diun antico scrittore toscano, e di ogni grazia e adornatura di lingua peropera di uno scrittore lombardo de’ nostri giorni.

Girolamo Tiraboschi, in una nota al capitolo sulle novelle di Matteo Bandello,aveva dato notizia di un manoscritto delle novelle di Fortini (G. Tiraboschi, Sto-ria della letteratura italiana, Modena, Società Tipografica, 1772-1781; nell’ed.del 1796, la nota si trova nel t. VII, parte III, p. 1183):

Presso l’eruditissimo sig. ab. Giuseppe Ciaccheri, professore e biblio-tecario dell’Università di Siena, conservansi in un voluminoso codice ms.

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molte novelle con altre descrizioni, e con diverse poesie di Pietro Forti-ni Sanese, che visse circa la metà del secolo XVI. Ed egli ha voluto gen-tilmente mandarmene un saggio. La naturalezza, la grazia, e la facilitàdello stile rendono assai pregievoli queste novelle. Ma l’empietà e leoscenità, di cui quasi in ogni parte sono macchiate, oscuran di troppotai pregi.

Allo stesso codice aveva attinto Antonmaria Borromeo, Notizia de’ Novellieriitaliani, Bassano, [s.e. ma Remondini], 1794, che, però, nella sua scelta antolo-gica aveva inserito un’altra novella del Fortini. Il testo del Fortini dell’Agnolet-ta, che non sappiamo neppure se fosse presente nel ‘saggio’ in possesso del Ti-raboschi, venne quindi effettivamente edito per la prima volta nel 1812. D’altraparte, è stato dimostrato che il topos del pittore e dell’agnello è ricorrente nellatradizione novellistica, non solo italiana: vd. D. McGrady, The story of the painterand his little lamb, «Thesaurus. Boletin del Instituto Caro y Cuervo» 33 (sep-tiembre-diciembre 1978), 3, Bogotà (Colombia), pp. 357-406.

L’attribuzione della novella al Parini è fondata unicamente sulla presenzadell’apografo tra le sue carte, sui suoi giovanili interessi per la tradizione berne-sca e vernacolare toscana, sulla presenza di modi tipici equivalenti nelle sue ri-me giovanili. Restano tuttavia molti dubbi da sciogliere, a cominciare da quelliriguardanti la natura del documento: una grafia completamente diversa da tuttele altre presenti nel Fondo Parini, un inchiostro molto sbiadito, un’impaginazio-ne accurata che denota mano esperta, la ripiegatura dei fogli che potrebbe signi-ficare una provenienza esterna. Mancando l’autografo originale, resterebbe dastabilire chi e quando procedette alla copiatura. Se poi si considera la quasi nul-la circolazione del testo di Fortini, vien da chiedersi su che cosa si sarebbe basa-to il Parini per la sua trascrizione, che, fra l’altro, rivela una sicura padronanzadella sintassi boccacciana. Non potrebbe forse trattarsi piuttosto di un rifaci-mento anonimo trasmessogli da altri e da lui utilizzato come testo di lingua, alquale attingere per i propri scritti ironicamente toscaneggianti?

Sulla novella, vd. D. Conrieri, Introduzione a Novelle italiane. Il Seicento. IlSettecento, Milano, Garzanti, 1982, p. XLI; R. Ricorda, L’Agnoletta e la praticadella riscrittura nella novellistica settecentesca, in G. Baroni (a cura di), Attualitàdi Giuseppe Parini: poesia e impegno civile, «RLI» 17 (1999), 2-3, pp. 501-509;S. Morgana, L’Agnoletta del Parini tra riscrittura e sperimentazione, in AA.VV.,Studi vari di lingua e letteratura italiana in onore di Giuseppe Velli, II, Milano,Cisalpino, 2000, pp. 527-542, poi in Morgana 2003, pp. 213-229; Barbarisi2005.

La novella non compare nelle scelte di Caretti (1951), né in quelle di Zu-radelli (1968, 1a ed. 1961); è ripresa soltanto da Bonora 1967, pp. 623-627.

(SEGUE)

220 PROSE LETTERARIE E ACCADEMICHE

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VI.1Descrizione

delle Feste celebrate in Milanoper le nozze

delle LL. AA. RR.l’Arciduca Ferdinando d’Austria,

e l’Arciduchessa Maria Beatrice d’Este.Fatta per ordine della R. Corte

l’anno della medesime nozze 1771

La venuta in Milano di S. A. R. l’Arciduca Ferdinando Carlo d’Austriaper assumere il governo della Lombardia austriaca, e le nozze del mede-simo con S.A.R. l’Arciduchessa Maria Ricciarda Beatrice d’Este merita-vano d’esser celebrate con quella pompa, che testificasse la grandezzadell’avvenimento e che, dando luogo al concorso del popolo, aprisse ilpubblico animo e ne manifestasse la interna satisfazione e letizia.

Ad amendue questi oggetti fu provveduto dalla Maestà della Impe-radrice Regina Nostra Clementissima Sovrana, imperocchè, dopo averessa stabilito che il dì quindici d’ottobre, in cui si solennizza il suo augu-sto nome, fosse quello dell’ingresso in questa metropoli e delle nozze delReal Figliuolo, ordinò ancora che ne’ giorni consecutivi si celebrasseropubbliche feste a spese del regio erario.

Le quali feste, siccome per la sovrana munificenza e per lo zelo dichi le procurò e diresse, riuscirono d’universale contentamento, così si ègiudicato opportuno di serbarne memoria col tesserne la breve Descri-zione, che qui si presenta.

Fra il giocondo commovimento di tutta la città animata dalla immi-nente venuta di Sua Altezza Reale, dai preparamenti che vedeva farsi,dalla straordinaria affluenza de’ forestieri che di giorno in giorno soprav-venivano, entrava uno spiacevole sospetto che, cessando il lungo serenodella stagione, non si venisse ad impedire lo sfogo del gaudio comune ela compiuta esecuzione delle feste ordinate. Il sospetto divenne dispera-zione, quando nel dì tredici si vide cambiare il bel tempo in una dirottapioggia e questa continuare anche il dì quindici con minacce di lungadurata. Ma questo accidente medesimo fu cagione di più grata sorpresa,perchè nell’ora stessa che il Reale Arciduca giunse in Milano rasserenos-si in un subito il cielo e tornò a risplendere il sole più chiaro che mai.

DESCRIZIONE DELLE FESTE

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Giunse il Real Principe verso le ore ventitrè fra le acclamazioni d’in-finito numero di persone che, avide di conoscerlo e di contemplarlo,inondavano tutte le vie per le quali doveva passare sino al Regio DucalPalazzo, dove era aspettato da tutto il ministerio e da tutta la nobiltà,così nazionale come forestiera e quindi, dopo breve dimora, uscì con-giuntamente alla Reale sua Sposa per avviarsi alla vicina chiesa metropo-litana a ricever la benedizione nuziale.

Questo lietissimo momento non lasciava luogo a desiderare altrospettacolo, offerendosene uno troppo grande ed affettuoso nella presen-za de’ Reali Sposi, che venivano accompagnati dalle Loro Altezze Sere-nissime il sig.r Duca e i signori Principe e Principessa Ereditarj di Mode-na, e preceduti e seguiti dal numerosissimo corteggio de’ ministri, de’ ca-valieri, e delle dame.

Nondimeno le guardie nobili a cavallo e le guardie a piedi di S. A. R.,le guardie a cavallo di S. A. Serenissima il signor Duca di Modena ed al-tri corpi di cavalleria e di fanteria che o stavano schierati in vaga ordi-nanza sulla piazza del Duomo, o assistevano di mano in mano al proce-dimento de’ Principi e del loro seguito; inoltre il gran numero de’ torchj,onde per il sopravvenir della notte risplendeva tutto il gran cortile delPalazzo Ducale e il portico posticcio, che quindi conduceva alla portamaggiore della metropolitana; finalmente la immensa folla del popolospettatore, che fra le tenebre della cadente notte veniva rischiarata dallegrandi masse della luce versata per mille parti dalla quantità delle fiaccole:tutte queste cose contribuivano a render più sensibile la dignità della com-parsa e formavano un magnifico accompagnamento di tutta la pompa.

La Chiesa Metropolitana era superbamente addobbata. Gli smisuratipiloni, che formano la croce della gran nave di mezzo, eran da capo afondo coperti di dammasco cremisi, raccolto per tale uso da quasi tuttele chiese di Milano, ed ornati di festoni di frange e di fasce d’oro e d’ar-gento. Negli intercolonnj fino a notabile altezza salivano degli archi ac-compagnanti l’architettura gotica del tempio fatti essi pure a rilievo ditocche d’oro ed argento, e sotto di essi camminava una specie d’architra-ve fatto alla stessa guisa. Da questo pendevano continue lumiere di cri-stallo portanti gran numero di candele accese; e sopra i detti archi e din-torno ai piloni fiammeggiavano varj ordini di doppieri.

(SEGUE)

LE FESTE DI MILANO PER LE NOZZE ARCIDUCALI412

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NOTA AL TESTO

VI. LE FESTE DI MILANO PER LE NOZZE ARCIDUCALI

VI.1 Descrizione delle Feste celebrate in Milano […]

BAM, S.P. 6/5 IX.1, apografo, quaderno di mm 190 × 250, scritto con inchio-stro marrone, numerato in blu dal Mazzoni, da p. 1 a p. 84 (pp. 1, 2, 82, 83, 84in bianco); la scrittura è omogenea e sorvegliata, pochissime le cancellature. Sulretro di copertina compare la scritta: «L’Ab.e Parini si è l’Autore di questa de-scrizione». Il titolo occupa la p. 3. I titoli delle opere e dei balli sono sottolineaticon inchiostro diverso (qui in corsivo).

Bellorini II, pp. 45-72; Mazzoni, pp. 739-758. Reina pubblicò la Descrizionesolo nell’edizione del 1825. Nello stesso anno il documento venne pubblicato investe elegante anche dalla Società Tipografica dei Classici Italiani, cui l’avevatrasmesso proprio il Reina. Gli editori presentarono il volumetto come «sponta-neo omaggio del cuore» all’imperatore d’Austria Francesco II e alla sua sposa,in occasione del loro arrivo a Milano.

Un’edizione preparatoria della presente è stata allestita in Barbarisi 2000,pp. 3-18.

Pur mancando l’attestazione dell’autografo, siamo sicuri che trattasi di ope-ra del Parini, il quale ne conferma la paternità nel promemoria al Wilczeck del1776 (vd. lettera VIII.28):

Nelle nozze di S. A. R. volle il governo un dramma allusivo, da recitarsialternando con quello dell’abate Metastasio; ed io lo composi ed assi-stetti all’esecuzione. Nella stessa occasione mi si comandò di fare unadescrizione elegante delle feste nuziali; ed io la feci e la consegnai al se-gretario Trogher. Di queste due cose io non ebbi veruna rimunerazio-ne […].

Il «dramma allusivo» è l’Ascanio in Alba. Vd. L. Nicora, I festeggiamenti a Mila-no per la promessa di matrimonio e le nozze di Maria Ricciarda Beatrice Cybod’Este con l’Arciduca Ferdinando d’Austria, in AA.VV., Atti e memorie. Deputa-zione di storia patria per le antiche provincie modenesi, Modena, Aedes murato-riana, 1999, pp. 369-389. Per una lettura comparata della Descrizione delle Festecon le lettere coeve dei fratelli Verri, con il Diario inedito di Giambattista Bor-rani e con l’esposizione che ne fece la «Gazzetta di Milano», vd. i testi in P. Bar-tesaghi, Parini e le feste di Milano del 1771, Lecco, Stefanoni, 2001; G. Panzeri,Una festa dinastica a Milano: le ‘nozze arciducali’ del 1771 tra Ferdinando d’Au-stria e Maria Beatrice Ricciarda d’Este, tesi di laurea discussa presso l’Universitàdegli Studi di Milano, a.a. 2003-2004, relatori E. Brambilla - C. Capra. Sulle dif-ferenze tra le descrizioni del Parini e di Pietro Verri, vd. G. Ricuperati, I lumi, gliintellettuali e la corte, in AA.VV., La corte nella cultura e nella storiografia. Im-magini e posizioni tra Otto e Novecento, a cura di C. Mozzarelli - G. Olmi, Roma,Bulzoni, 1983, pp. 35-63.

(SEGUE)

NOTA AL TESTO

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VII.1

[Soggetto per il telone del Teatro grande alla Scala][1778]

Apollo addita alle quattro Muse del teatro i modelli del bongustonelle arti teatrali, fugando col suo splendore i vizj opposti

alla perfezione di queste.

Esposizione.Sopra un vago e luminoso gruppo di nuvole, le quali scenderanno dalladestra della tela alla sinistra ombreggiando la parte destra sottoposta adesse, si vedrà un carro, tirato da quattro spiritosi e leggieri cavalli; sopradi quello sederà Apollo che, risplendendo di chiarissima luce, illumineràtutta la composizione. Volgerà questi lo sguardo lieto e maestoso allequattro Muse del teatro, situate alla parte sinistra sul piano della terra.Nello stesso tempo, piegandosi graziosamente col corpo e stendendo ildestro braccio, mostrerà di parlare alle Muse e di additar loro con moltointeresse alcuni busti d’uomini illustri, collocati nell’esteriore del Tempiodell’Immortalità che si vedrà sorgere alla destra di quelle. Intanto, per lefenditure delle nuvole che si stendono dietro del carro, scapperanno vi-vacissimi raggi, che andranno fra l’oscurità inferiore ad abbagliare e met-tere in tumultuosa fuga varie figure, rappresentanti i vizj opposti alla per-fezion del teatro. Dalla parte delle quattro Muse sorgeranno in bella di-sposizione varie piante di lauro, le quali, supponendosi che girino intor-no a tutta l’estensione del Tempio, torneranno a comparire in distanzaall’altro lato di questo. In tale lontananza potranno esser disposte in ungruppo le altre cinque muse e il cavallo Pegaso. La parte dove sono col-locati i vizj sarà ingombra di piante selvagge ed indocili, che sorgerannosopra un terreno incolto e dirupato.

Lo spazio poi che venga a restare fra il Tempio e le nuvole, oppuresotto alle nuvole stesse, rappresenterà un ameno paesetto, per il qualeserpeggerà l’acqua del fonte Aganippe, a cui voleranno intorno scher-zando varj cigni.

Le quattro Muse saranno:Melpomene musa della tragedia. Sarà di sembiante, di forme, d’atteg-

giamento serio ed augusto. Avrà abito ed acconciatura ricca e reale, co-turni alle gambe, scettri e corone vicine a lei, pugnale nudo in mano.

TELONE DEL TEATRO GRANDE ALLA SCALA 437

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Talia musa della comedia. Avrà viso allegro e ridente, abito sempli-ce, corona d’ellera in capo, specchio in mano.

Erato musa delle rappresentazioni liriche. Avrà sembiante grazioso,occhi teneri, abito vago di colori e di forme, corona di mirti e rose in ca-po, lira in mano o vicina, amorino al fianco con arco, faretra, e facella ac-cesa.

Tersicore musa del ballo. Fisonomia gentile, corpo ed atteggiamentosvelto, in atto grazioso, quasi di ballare; abito corto e leggiero; ghirlandadi varie piume in capo, e massime bianche e nere. Avrà una mano ap-poggiata ad un’arpa.

Queste figure saranno collocate nell’ordine sopra indicato. Alcunesaranno attentissime all’atto ed alle parole d’Apollo, ed alcun altra saràin atto di volgersi guardando, o mostrando alla compagna i busti degliuomini illustri indicati da lui.

I Vizj opposti verranno rappresentati in uno stuolo di donne baccan-ti, di satiri, di fanciulli, di capri, di uccelli notturni ec. in atto di fuggirdalla luce d’Apollo.

Tra queste figure domineranno spezialmente:Il cattivo Gusto. Sarà un giovinetto nudo, di fisonomia stupida e di

fattezze grossolane, con due grandi orecchie d’asino e una zampogna inmano. Sarà in atto di saltar giù fuggendo da un sasso rozzamente scolpi-to e rappresentante una figura con testa e crine da cavallo, viso e collo didonna, corpo e piedi d’uccello, coda di pesce.

La Licenza. Baccante scapigliata, mezzo nuda, viso tinto di mosto,corona di viti in capo, tirso in mano. Sarà in atto di fuggire schermendo-si con una mano dai raggi d’Apollo, che la percotono.

La Scurrilità. Satiro, che fuggendo fa un movimento buffone; e collabocca fa delle smorfie ad un fanciullo vicino a lui, mentre questi si tienecon una mano al viso una grande maschera caricata e ridicola.

Tutta questa parte della composizione sarà aggruppata e ammassataa piacer del pittore. Se gli giova, potrà anche introdurvi un piccol palco,che cade per il tumulto di quelli che fuggono e caderanno con esso roto-li di scritti, maschere, e stromenti rozzi e imperfetti, come cembali, cro-tali, e simili. Svolazzerà sopra il detto palco una tenda, appesa irregolar-mente ai rami degli alberi.

Il Tempio dove si vedranno collocati i busti degli uomini illustri indi-cati da Apollo, sarà di forma rotonda, circondato da un portico. Nellaparete, che apparirà fra gl’intercolonni di questo, vi saranno delle nic-

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Fig. 1 – Domenico Riccardi, Bozzetto del telone del Teatro alla Scala(Milano, Museo teatrale alla Scala).

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chie con busti. La prospettiva sarà condotta in maniera che all’occhiodegli spettatori finti e reali si presentino almeno quattro degl’intercolon-ni; che si vedano distintamente le forme dei busti collocati nelle nicchie,e possano leggersi le iscrizioni poste nel piedestalo di questi.

Nella nicchia più lontana si vedrà un busto rappresentante un uomovecchio barbato, con panneggiamento greco. Nella base del piedestallovi sarà scritto a caratteri d’oro SOPHOCLES.

Nella nicchia seconda un uomo piuttosto giovane e sbarbato, con pan-neggiamento latino, e iscrizione ec. TERENTIUS.

Nella terza un bel vecchio sbarbato, con panneggiamento nobile apiacere, e iscrizione: METASTASIUS.

Nelle seguenti nicchie, che per la prospettiva saranno visibili, com-pariranno i piedestalli, ma senza busti sopra.

L’architettura del Tempio potrà essere d’uno o più ordini, avverten-do però che vi sia conciliato colla grandiosità la maggior esattezza, sem-plicità, e purità possibile dell’arte.

Sarà libero al pittore di scegliere il partito che più gli piace per que-sto lavoro, salve però le cose essenziali del soggetto, e i rapporti necessa-ri alla integrità di esso.

[Fig. 1]

(SEGUE)

440 SOGGETTI PER ARTISTI

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VII.3

[Palazzo di Corte][1778]

VII.3.1

S.A.R. ha ordinata la composizione di tre soggetti per le medaglie di trestanze diverse, come pure la composizione dei soggetti per li sovraporterispettivi delle medesime stanze. Per riguardo a questi ultimi sarebbe ne-cessario d’intendersi col pittore per la convenevole grandezza delle figu-re, poichè dalla grandezza dipende il numero di queste, e dal numero lascelta de’ soggetti.

Frattanto i soggetti per ciascuna delle tre medaglie sono i seguenti.

Gabinettodi S.A.R. la Sig.ra Arciduchessa

Medaglia 1.

Amore e Psiche.Gli antichi nella favola degli amori di Cupido e di Psiche pare che fral’altre cose intendessero d’insegnare che allora termina l’amore quandonon resta più nulla da desiderarsi, e che il più dolce e costante solleticodi quello sia il misterio.

In questa medaglia vedrassi Cupido seduto sovra a) un gruppo di nu-vole, tenendosi una parte del viso e delle membra ingombrata d’un sotti-lissimo velo. A lato di lui, portata dal vento Zefiro, e in atto di giugnereappena, comparirà Psiche. Le due figure si abbracceranno focosamente.Ma intanto che Psiche si sforza di scoprire il viso a Cupido, questi cer-cherà d’impedirnela, opponendosi colla mano e rivolgendo il viso da lei.Negli atti e nell’espressione Psiche mostrerà quanto è mai possibilel’amore, l’impazienza e la curiosità irritata dall’ostacolo. Cupido insiemeall’affetto farà vedere anche la pena b) che uno ha di dover suo malgradonegar qualche cosa ad una persona amatissima. I moti dell’una sarannoperciò più violenti, e quelli dell’altro risoluti bensì, ma nello stesso tem-

a) A: sovra] soprab) A: Cupido insieme all’affetto farà vedere anche la pena] e Cupido farà vedere, in-

sieme all’affetto, anche la pena,

SOGGETTI PER ARTISTI444

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Fig.

3 –

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po teneri ed affettuosi. La faretra si rovescerà a) dalle spalle di Cupido, inmodo che ne caschino i dardi, oppure giacerà similmente negligentata incompagnia dell’arco sopra la nuvola. Il vento Zefiro avrà la forma d’unbel giovane coll’ali di farfalla e coronato di fiori. b) Sarà in atto ad untempo di volare portando Psiche e di fermarsi al luogo del suo destino.Varj Genj potranno scherzare coerentemente all’azione. Alcuni sparge-ranno fiori, e qualche altro, sia opponendosi colle ale, sia ritenendo il ve-lo, cercherà d’impedir sempre più che Psiche non vegga in volto c) Cupi-do. Volerà parimenti, secondo che torni meglio, intorno a Psiche unagrande farfalla, antico simbolo di lei. In tutta questa pittura dominerà lapiù grande vaghezza possibile di colorito e di tinte. d)

[Fig. 3]

a) A: si rovescerà] penderà rovesciatab) A: di fiori.] di varietà di fiori.c) A: in volto] il volto did) In A la frase In tutta questa…e di tinte. è stata aggiunta posteriormente, con altra

grafia

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NOTA AI TESTI

VII. SOGGETTI PER ARTISTI

VII.1 [Soggetto per il telone del Teatro grande alla Scala]

BAM, S.P. 6/5 VIII.9, autografo calligrafico, 2 bifogli grandi di mm 225 × 345,scritti a piena pagina. Apografo il titolo (la specificazione «del Teatro della Sca-la» fu aggiunta nell’interlinea da Reina). Sul primo bifoglio è trascritto il sogget-to per il telone (Reina, V, pp. 3-8; Bellorini II, pp. 85-87; Mazzoni, pp. 891-893), sulla prima facciata del secondo (le altre 3 in bianco) è ricopiata la letteraindirizzata dal Parini a Giovan Battista d’Adda il 6 giugno 1778 (vd. NotaVIII.31), l’autografo della quale, non conservato fra i manoscritti ambrosiani, èriprodotto in fac-simile nel volume Il Teatro della Scala dagli inizi al 1794 nei do-cumenti ufficiali inediti dell’Archivio Borromeo Arese, Milano, Biblioteca Am-brosiana, 1929, tav. XIII. I 2 bifogli sono a loro volta contenuti all’interno di unaltro bifoglio, di dimensioni minori (mm 185 × 245), sulla prima facciata del qua-le si legge la seguente lettera:

Il Garbagnati si fa un piacere di rassegnare allo stimatissimo cittadinoReina la copia del soggetto eseguito sul telone del teatro grande allaScala dalli fratelli Ricardi, e composto dal celebre abate Parini e vi haunito anche la copia della lettera ch’egli ha scritto in ringraziamentodella ricognizione datagli di 50. zecchini ossia d’una tabacchiera d’orodi detto valore.

Si presenta con stima e consid.e

Da casa 4 giugno 1801.

La notte del 25 febbraio 1776 un incendio distrusse il Teatro Ducale di Milano.Poco dopo, esattamente il 7 marzo dello stesso anno, i palchettisti del TeatroDucale elessero un gruppo di nobiluomini milanesi col preciso compito di con-durre i lavori di edificazione di un nuovo teatro. Si trattava dei cosiddetti Cava-lieri Delegati della Scala: il marchese Pompeo Litta, il conte Vitaliano Bigli, ilduca Giovanni Galeazzo Serbelloni; come segretario fu scelto Gaetano Garba-gnati. Li coadiuvarono altri nove soci, fra i quali il marchese Giovan Battistad’Adda. Nella seduta del 4 gennaio 1778, d’Adda fu incaricato di commissiona-re al Parini o a «qualunque altro a lui più benviso soggetto intelligente» l’argo-mento per il telone del teatro; nella seduta del 3 febbraio d’Adda lesse il testodel Parini, che fu «sommamente commendato e pienamente approvato» e affi-dato a Domenico Riccardi, che ne eseguì almeno tre schizzi. L’ultimo, conserva-to nel Museo della Scala, fu approvato definitivamente il 28 maggio.

Sui soggetti, in generale, vd. W. Binni, La poesia del Parini e il Neoclassici-smo (1955), in Id., Classicismo e neoclassicismo nella letteratura del Settecento,Firenze, La Nuova Italia, 1963, pp. 191-208; P. Frassica, Appunti sul linguaggiofigurativo del Parini dal Giorno ai Soggetti, «Ae» 50 (1976), pp. 565-587; Sava-rese; Barbarisi 2000, pp. XI-XXIII (nello stesso volume, per la prima volta, ac-

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NOTA AI TESTI

canto ai testi dei soggetti sono riprodotte le realizzazioni dei pittori); L. Nicora,Giuseppe Parini dal Teatro Ducale alla Scala, in Barbarisi et al. 2000, II, pp. 911-931; S. Morgana, Parini e il linguaggio figurativo neoclassico. Proposte di letturadei Soggetti, in AA.VV., Storia della lingua e storia dell’arte in Italia, Firenze,Cesati, 2004, pp. 275-293.

La collaborazione tra il Parini e il marchese d’Adda per il telone del Teatroalla Scala ha indotto l’ipotesi che il Parini fosse il «mentore della scelta dei te-mi» del ciclo di cinque tele e di alcuni affreschi, eseguito nel 1778 da FrancescoCorneliani presso la villa di Giovan Battista d’Adda a Cassano d’Adda, con latraduzione pittorica di alcuni episodi del Pastor fido di G.B. Guarini. Vd. A. Mo-randotti, Francesco Corneliani, in M. Gregori (a cura di), Pittura a Milano dal Sei-cento al Neoclassicismo, Milano, Cariplo, 1999, pp. 316-317. Su Corneliani, vd.Nota VII.5.

(SEGUE)

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(SEGUE)

VII.3 [Palazzo di Corte]

In vista dell’insediamento a Milano dell’arciduca Ferdinando, subentrato aFrancesco d’Este, duca di Modena e Reggio, capitano generale e amministrato-re della Lombardia austriaca, il conte di Firmian, nel 1769, per realizzare unasede degna, chiamò a Milano Luigi Vanvitelli, reso celebre dalla costruzionedella Reggia di Caserta, da lui conosciuto nel 1753 a Napoli, dove per incaricodi Kaunitz stava preparando il matrimonio di Maria Carolina, figlia dell’impera-trice, con Ferdinando IV di Borbone. Avendo Vienna avanzato riserve sul pro-getto per i costi eccessivi, Vanvitelli si ritirò e raccomandò il proprio allievoPiermarini, che dal 1770 al 1778 – mentre la famiglia arciducale risiedeva a Pa-lazzo Clerici – portò a compimento l’opera di radicale trasformazione dell’anti-co Broletto dei Consoli del Comune, ampliato con sfarzo da Gian Galeazzo Vi-sconti, e sede permanente del governatore spagnolo (vd. Fig. 2). Ai decori inter-ni, protrattisi e continuamente arricchiti nel tempo, attesero i maggiori artisti:Knoller, Traballesi, Franchi, Albertolli, Callani, Levati, Appiani, Monticelli,Maggiolini. Il palazzo è stato gravemente danneggiato nel corso dei bombarda-menti dell’agosto 1943.

I soggetti per affreschi e ornati del Palazzo di Corte videro il Parini impe-gnato a più riprese, in corrispondenza con le commissioni affidategli dall’arci-duca nelle diverse fasi di adattamento alle rispettive funzioni delle sale del pianonobile, nel quale si collocarono oltre all’appartamento arciducale (gabinetto perl’arciduchessa, stanze da letto per l’estate e per l’inverno, gabinetto dell’arcidu-ca o terza stanza, sala da pranzo), le tre sale di rappresentanza con l’esposizionedegli arazzi, e infine la grande sala per le udienze.

Purtroppo, i manoscritti (autografi e apografi) non sono stati ordinati se-condo questo schema cronologico, né secondo un preciso ordine logico. Tutta-via, esaminando attentamente le indicazioni dal Parini stesso sparsamente disse-minate, è possibile perfezionare il quadro rispetto ai precedenti editori e rico-struire le diverse fasi degli interventi.

In un primo tempo l’arciduca commissionò a Parini tre medaglie con i rela-tivi sovraporti per tre stanze: il gabinetto dell’arciduchessa; la stanza da lettoper l’estate; la «terza stanza». Parini dettò subito i soggetti per le medaglie, rin-viando (come si legge nella conclusione della prima relazione) la descrizione deisoggetti per i sovraporti ad un secondo momento, dopo l’approvazione dellemedaglie, la scelta dell’artista, l’indicazione esatta della misura delle figure.

Questi i soggetti delle tre medaglie: 1. per il gabinetto dell’arciduchessa:Amore e Psiche; 2. per la stanza da letto per l’estate: Le Nozze d’Ercole divinizza-to; 3. per la terza stanza: I riposi di Giove (VII.3.1).

563NOTA AI TESTI

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Successivamente il Parini, come previsto, provvide a completare il progettoper le tre stanze con i soggetti per gli ornati nel modo seguente.– Per il gabinetto dell’arciduchessa quattro sovraporti: Le quattro doti principa-

li, che contribuiscono alla felicità dell’Amore – La Sincerità, Il Pudore, La Fer-mezza, La Fecondità (VII.3.2). In un primo tempo il Parini aveva pensato allarappresentazione allegorica di sei virtù: Continenza, Semplicità, Pudicizia,Fermezza, Sincerità, Fecondità, come si evince da un rapido appunto autogra-fo (vd. qui sotto).

– Per la stanza da letto per l’estate quattro piccoli scudi: Imprese di Ercole(VII.3.3); e quattro sovraporti: Piccoli Genj e Amorini (VII.3.4).

– Per la terza stanza sei sovraporti: L’origine delle Belle Arti – La Poesia Epica eLirica, La Poesia Drammatica, La Musica, La Danza, L’Architettura, La Scultu-ra e la Pittura (VII.3.5); e quattro piccole medaglie: Gli effetti delle Belle Arti(VII.3.6). Di questi soggetti per sovraporti e piccole medaglie esiste anche unapografo calligrafico (BAM, S.P. 6/5 VIII.4), al quale fa seguito Il giudizio diParide, causa di una divergenza di opinioni fra Parini e il committente, comeaccenna Reina: «Il giovane Arciduca ostinatamente voleva che vi si dipinges-se nella sala di pubblica udienza il Giudizio di Paride; glielo dissuase egli, evi sostituì una nobile favola adatta alla maestà del luogo» (Reina, I, p. XXI).Infatti, il Giudizio non venne qui eseguito, e fu alla fine sostituito da Il ritor-no d’Astrea. Il Giudizio fu poi utilizzato da Knoller, come si vedrà (vd. VII.4),per Palazzo Taxis a Innsbruck.

Ricapitolando, quindi, il progetto completo risultò nel modo seguente.

Gabinetto dell’arciduchessa– medaglia: Amore e Psiche, G. Traballesi;– quattro sovraporti: Le quattro doti principali, che contribuiscono alla felicità

dell’Amore, M. Knoller.

Stanza da letto per l’estate– medaglia: Ercole divinizzato, M. Knoller;– quattro sovraporti: Piccoli Genj e Amorini, M. Knoller;– quattro scudi: Imprese di Ercole.

Terza stanza– medaglia: I riposi di Giove, G. Traballesi;– sei sovraporti: L’origine delle Belle Arti;– quattro scudi: Gli effetti delle Belle Arti.

In calce alla bella copia della medaglia di Minerva di Palazzo Greppi (vd. VII.3.7e VII.5.2), si legge, in calligrafia autografa più affrettata, la seguente annotazio-ne, preziosa per ricostruire la successione dei sei progetti dal Parini studiatidopo i primi tre: «Composizioni fatte per S.A.R. dopo le prime. | Sala a mangia-re. La Dea Salute ed ornati. | Sala da dormire. L’Aurora e sovraporte. | Primastanza delle Tapezzerie. Frisso ed Elle. Sovraporte. | Seconda stanza. Giove ful-minante. Sovraporte. | Terza stanza. L’apoteosi di Giasone. Sovraporte» (vd.

564 NOTA AI TESTI

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Nota VII.3.7). A questi se ne sarebbe poi aggiunto un ultimo, per la sala d’U-dienza.

Sala a mangiare– medaglia: La Dea Salute (VII.3.7), G. Traballesi;– due scudi: uno rappresenta Como, dio dei conviti, attorniato dai Lari, e l’al-

tro il Genio buono con altri Piccoli Genj (VII.3.8);– undici bassorilievi: Puttini e Amorini in vari atteggiamenti graziosi (VII.3.9).

Stanza da letto per l’inverno– medaglia: L’Aurora intempestiva (VII.3.10), M. Knoller;– sei sovraporti, distribuiti nel centro e nei due lati opposti della stanza in que-

st’ordine: Zefiro-Flora | Cefalo-Procri | Paride-Enone (VII.3.11).

Decorazioni per le tre stanze degli Arazzi.

Prima stanza degli Arazzi (arazzi compiuti dai Gobelins: La fuga di Medea, Gia-sone che doma i tori, Creusa vittima della vendetta di Medea)– medaglia (esecuzione non reperita): Frisso ed Elle (VII.3.12);– sovraporti (numero imprecisato): Puttini che scherzano con strumenti milita-

ri (VII.3.13), M. Knoller;– sei piccoli scudi accanto ai sovraporti: Storie di Cadmo, Minerva, Giasone

(VII.3.14);– quattro cammei superiori: Giove, Apollo, Mercurio, Bacco;– quattro cammei di mezzo: Cibele, Giunone, Diana, Venere;– quattro cammei: Ercole, Teseo, Perseo, Minos.

Seconda stanza degli Arazzi (arazzi compiuti dai Gobelins: Giasone s’impadroniscedel vello d’oro, I soldati nati dai denti del serpente volgono le armi contro se stessi)– medaglia: Giove fulminante (VII.3.16), A. Monticelli;– sei sovraporti: Storie di Fineo, Giasone, Medea (VII.3.17), G. Traballesi;– sei piccoli scudi: Eroi antichi (non ben definiti);– quattro cammei superiori: Chirone, Euristeo, Esculapio, Giano (VII.3.18);– quattro cammei di mezzo: Bacco, Ercole, Castore e Polluce, Romolo;– quattro cammei inferiori: Teseo, Perseo, Minos, Enea.

Terza stanza degli Arazzi (arazzi compiuti dai Gobelins: Sposalizio di Giasone eCreusa, Giasone giura fedeltà a Medea)– medaglia: L’apoteosi di Giasone (VII.3.19), M. Knoller;– sovraporti (numero imprecisato): Puttini con armi e vasi (VII.3.20), M. Knoller;– quattro cammei: Baccanti (VII.3.21);– quattro cammei: La Virtù, L’Onore, La Pace, La Vittoria (VII.3.21);– quattro cammei: L’Agricoltura, La Popolazione, Le Lettere, Le Arti e il Com-

mercio (VII.3.21);– quattro cammei con teste coronate (VII.3.21).

Nell’esecuzione, la seconda e la terza stanza vennero invertite (e così sono oggiconservate dopo i restauri).

565NOTA AI TESTI

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Infine, venne richiesta a Parini la decorazione della Sala d’Udienza, che fu cosìconcepita:– medaglia: Il ritorno d’Astrea (VII.3.22);– sei cammei: Puttini e fauni (VII.3.23);– sei sovraporti: Le virtù che accompagnano La Giustizia – La Clemenza, La Di-

screzione, Il Premio, Il Gastigo, La Fermezza, La Prontezza (VII.3.24), M. Knoller.

Su Palazzo di Corte, sugli artisti che vi operarono e sulle loro realizzazioni, vd.AA.VV., Civiltà di Lombardia. La Lombardia delle Riforme, Milano, Electa,1987; E. Colle, Il palazzo Reale di Milano: fonti storiche e inventari per una desti-nazione museale, «Castello Sforzesco - Rassegna di studi e di notizie» 17 (1993),pp. 57-98; E. Colle - F. Mazzocca (a cura di), Il Palazzo Reale di Milano, Milano,Skira, 2001, in part. F. Mazzocca, Le decorazioni, i dipinti e le sculture, pp. 161-206; F. Mazzocca - A. Morandotti - E. Colle, Milano neoclassica, Milano, Lon-ganesi, 2001, in part. F. Mazzocca, Palazzo di Corte (o Arciducale), poi PalazzoReale, pp. 131-152; Il Neoclassicismo in Italia da Tiepolo a Canova, catalogo del-la mostra di Palazzo Reale (2 marzo - 28 luglio 2002), Milano, Skira, 2002.

Sulla scuola artistica di Brera, vd. AA.VV., Mostra dei Maestri di Brera(1776-1859), catalogo della mostra, Milano, Permanente, 1975; vd. inoltre icontributi (con relativa bibliografia) di F. Valli, A. Oldani, C. Nenci, in Barbarisiet al. 2000, II, pp. 993-1064.

Su questi artisti e su quelli che lavorarono a Villa Belgiojoso, poi Reale (vd.VII.8), vd. E. Bianchi, Biografie degli artisti, in Mazzocca - Morandotti - Colle,Milano neoclassica cit., pp. 599-637.

Giocondo Albertolli (Bedano, Canton Ticino, 1742 - Milano 1839), forma-tosi nella Parma di Ennemond-Alexandre Petitot (1727-1801), cominciò la suaattività a Milano nel 1774, e dal 1776 al 1812 fu professore di ornato pressol’Accademia di Brera. Vd. Samek 1959b, pp. 545-548; P. Mezzanotte, s.v., inD.B.I., 2, 1960, pp. 759-760; A. Gonzalez-Palacios, Disegni di Giocondo Alber-tolli, «AI» 4 (1971), pp. 24-33; G. Beretti, Giocondo Albertolli. Le volte per ilPalazzo Ducale di Milano e la «nuova maniera d’ornare», «Castello Sforzesco -Rassegna di studi e di notizie» 21 (1997), pp. 55-98; E. Colle, Giocondo Alber-tolli. I repertori d’ornato, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 2002.

Andrea Appiani (Milano 1754-1817) intervenne con affreschi a PalazzoGreppi e lavorò con Traballesi nel Palazzo di Corte, ove, accanto a GiuseppeLevati, eseguì pannelli a tempera per la sala degli Arazzi. A lui il Parini indirizzòil sonetto Fingi un’ara, o Pittor. Viva e festosa (Mazzoni, p. 397; vd. il disegno e-secutivo di Appiani in Barbarisi 2000, pp. 155 e 157) e l’ode Te di stirpe gentil(Mazzoni, pp. 513-514), rimasta incompiuta al v. 14. Vd. Samek 1959a, pp. 548-572; A. Ottino Della Chiesa, s.v., in D.B.I., 3, 1961, pp. 616-620; H. Honour,The Italian Empire Style, «Apollo» 80 (1964), 31, pp. 226-236; A. Zanchi, An-drea Appiani, Bologna, Clueb, 1995; F. Mazzocca, Andrea Appiani, in Gregori(a cura di), Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo cit., pp. 323-324. Diun certo interesse per la riproduzione di materiale in parte inedito del FondoCustodi della Bibliothèque Nationale di Parigi, G.L. Mellini, Dalle carte di Fran-cesco Reina per la biografia di Andrea Appiani, «Lab» 10 (1986), pp. 103-127 (a

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p. 112 si legge, tra l’altro, il seguente giudizio: «Lagnasi da principio il Parinispezialmente della povertà delle sue [dell’Appiani] invenzioni»).

Gaetano Callani (Parma 1736-1809) frequentò l’Accademia di Belle Arti diParma. Nel 1774 incontrò Anton Raphael Mengs (1728-1779) e, nello stesso an-no, in collaborazione con il Franchi, lavorò a Milano nella decorazione della sa-la delle Cariatidi (finita nel 1776), disegnata dal Piermarini. Il 21 maggio 1775fu nominato dalla Corte parmense «pittore e scultore di corte». L’11 settembre1794 ricevette dal granduca di Toscana Ferdinando III il diploma di professoreall’Accademia di Belle Arti di Firenze. Lasciò Milano nel 1780 e con il cognato,Agostino Gerli (1744-1817), pittore ornatista, si recò a Roma. Tornato a Parma,riprese la sua attività di insegnante all’Accademia. Vd. Samek 1959b, pp. 599-601; P. Ceschi Lavagetto, s.v., in D.B.I., 16, 1973, pp. 732-734; E. Riccomini,Gaetano Callani e il neoclassicismo cattolico, in AA.VV., L’arte del Settecentoemiliano. L’arte a Parma dai Farnese ai Borbone, catalogo della mostra di Parma,Bologna, [s.e.], 1979, pp. 169-184; R. Losagni, s.v., in Dizionario biografico deiparmigiani, Parma, P.P.S. editrice, I, 1999, pp. 795-797.

Giuseppe Franchi (Carrara 1731 - Milano 1806) si formò prima a Parma(1755-1757), poi a Roma nell’ambiente del Winkelmann. Nel 1776 accettò lanomina di professore alla Cattedra di Scultura alla Accademia di Brera, diventa-ta operante nel 1778, e si trasferì a Milano, dove divenne consigliere d’arte diFerdinando e di Massimiliano d’Austria. Un riferimento al Franchi e al pittoreMartin Knoller, che il Parini presentò come garanti del proprio costante impe-gno per le belle arti e la letteratura, è nella lettera del 1783 al Wilczeck (vd.VIII.42). Nella polemica del 1776 su Ferguson e Raffaello, alla quale partecipòindirettamente anche il Parini (vd. III.6 e relativa Nota), vennero attribuite alFranchi alcune lettere la cui paternità fu poi smentita. Tra il Parini e il Franchi irapporti furono cordiali: lo scultore carrarese scolpì il busto del poeta, da questiconservato nel proprio studio, successivamente collocato in una nicchia pressol’aula in cui il Parini aveva insegnato (Vicinelli, ill. 14), e ora visibile nel portica-to esterno del primo piano del Palazzo di Brera. Vd. Samek 1959b, pp. 597-599; F. Mazzocca, Giuseppe Franchi, in F. Mazzocca - A. Morandotti (a curadi), La Milano del Giovin Signore. Le arti nel Settecento di Parini, Milano, Skira,1999, p. 221; C. Brook, s.v., in D.B.I., 50, 1998, pp. 96-98.

Martin Knoller (Steinach, Tirolo, 1725 - Milano 1804) si formò prima aInnsbruck, poi a Vienna. Tra il 1755 e il 1758 e tra il 1760 e il 1761 soggiornò aRoma ed entrò in contatto con Winkelmann e Mengs. A Napoli incontrò il con-te Carlo di Firmian, che, divenuto ministro plenipotenziario a Milano, lo invitònel capoluogo lombardo, dove cominciò a svolgere un’intensa attività pittorica,che non gli impedì di lavorare anche in Germania (Monaco di Baviera) e in Au-stria. Ogni estate Knoller si recava in Tirolo per decorare chiese e palazzi; aInnsbruck, fra il 1785 e il 1786, eseguì affreschi nel palazzo del conte Thun undTaxis. Nel 1792 fu nominato professore aggiunto alla Cattedra di Disegno del-l’Accademia di Brera, dove insegnò fino alla morte. Vd. E. Baumgartl, MartinKnollers Werke für die Grieser Stiftskirke. Martin Knoller (1725-1804) alsDenkenmaler, «Die Schlern» 62 (1988), pp. 32-56; Id., Zum Palazzo Reale inMailand in späten 18. Jahrhundert. Martin Knollers Arbeiten im Dienste der

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habsburgischen Herrschaftsallegorie, «Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst»41 (1990), pp. 123-146; F. Mazzocca, Parini, Knoller, Appiani. I nuovi esiti delneoclassicismo a Milano, in Mazzocca - Morandotti (a cura di), La Milano delGiovin Signore cit., pp. 134-147 e 221, 233, 235.

Giuseppe Levati (Concorezzo 1739 - Milano 1828) lavorò dapprima nellafalegnameria del padre nel paese natale e a Milano poi. Qui si formò come pit-tore di architetture e di ornati con Antonio Agrati e Giuseppe Vincenzi, detto ilComaschino. Fu tra i primi ad adottare il nuovo stile introdotto da AgostinoGerli, che divenne tipico delle decorazioni neoclassiche, e ottenne committenzepresso numerose famiglie altolocate (Mellerio, Borromeo, Litta). Autore di di-segni ornamentali, poi utilizzati dal Maggiolini, fu professore di prospettiva al-l’Accademia di Brera dal 1802 all’anno prima della sua morte. Suoi gli ornati di-pinti della prima e della terza sala degli Arazzi nel Palazzo di Corte di Milano.Vd. Samek 1959a, pp. 544-545; S. Righini Ponticelli, Agostino Gerli e le decora-zioni di Palazzo Mellerio, in AA.VV., Palazzo Mellerio. Una dimora nobiliare del-la Milano neoclassica, Cinisello Balsamo, Silvana editoriale, 1996, pp. 68-97;E. Bianchi, Villa d’Adda, poi Villa Borromeo d’Adda, Cassano d’Adda, in Maz-zocca - Morandotti - Colle, Milano neoclassica cit., pp. 261-272.

Giuseppe Maggiolini (Parabiago 1738-1814) si impiegò inizialmente comegarzone presso la falegnameria del Monastero di Sant’Ambrogio della Vittoria,nei pressi del paese natale, dove aprì successivamente un laboratorio personale.Per interessamento di Giuseppe Levati cominciò a lavorare per la Corte asbur-gica e collaborò agli addobbi per le feste delle nozze arciducali del 1771. Rice-vette ed eseguì commissioni a Genova, Parma, Vienna e Pietroburgo. Spesso siavvalse di disegni di Levati, Gerli, Albertolli e Appiani, e li tradusse in intarsipolicromi. Alla morte, la sua bottega fu continuata dal figlio Carlo Francesco eda Cherubino Mezzanzanica. Vd. Samek 1959b, p. 615; E. Colle, «Dipingerecoll’intarsiatura in legno»: appunti sul mobile intarsiato lombardo, «CastelloSforzesco - Rassegna di studi e di notizie» 22 (1995), pp. 105-146; F. Capobian-co, s.v., in The Dictionary of Arts, XX, London, 1996, p. 90; E. Colle, Il Ducatodi Milano: decorazioni d’interni e manifatture, in Il Neoclassicismo in Italia daTiepolo a Canova, catalogo della mostra di Palazzo Reale (2002) cit., pp. 339-367.

Angelo Monticelli (Milano 1778-1837) fu allievo dell’Appiani. Nel 1821, inseguito al deterioramento del primo sipario della Scala, quello realizzato da Do-menico Riccardi su indicazioni del Parini, preparò il secondo sipario raffiguran-te Le Arti e le Scienze che concorrono al perfezionamento del teatro italiano (boz-zetto nel Museo teatrale della Scala). L’affresco del Giove fulminante nel Palaz-zo di Corte di Milano venne a lui attribuito da G. Vandoni, Illustrazione storicoartistica dei Reali Palazzi di Milano, Milano, 1863 (citato da Mazzocca, Le deco-razioni, i dipinti e le sculture cit., pp. 181 e 204). Ignota la data dell’esecuzione;dato il precario stato di conservazione dell’affresco, non è possibile valutare fi-no a che punto Monticelli abbia rispettato le indicazioni del Parini. Sul sipario,vd. G. Barigazzi, La Scala racconta, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 38-39.

Giuliano Traballesi (Firenze 1727 - Milano 1812), dopo aver ottenuto il pri-mo premio nel concorso dell’Accademia di Belle Arti di Parma nel 1764, con unsoggetto di argomento storico, si stabilì a Milano nel 1765, grazie all’interessa-

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mento di Giocondo Albertolli. Divenne professore di pittura presso l’Accademiadi Brera, dove insegnò per volontà del Kaunitz dal 1776 al 1807. Lavorò alla de-corazione dei grandi cantieri neoclassici, di committenza sia pubblica sia priva-ta. Vd. Samek 1959a, pp. 531-534; M.C. Bandera Viani, Profilo di Giuliano Tra-ballesi, «AC» 76 (1988), 725, pp. 119-138; 726, pp. 177-196; S. Coppa, Giulia-no Traballesi, in G. Briganti (a cura di), La pittura in Italia. Il Settecento, I, Mila-no, Electa, 1990, p. 883; F. Mazzocca, Giuliano Traballesi, in Gregori (a cura di),Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo cit., in part. pp. 51-58, 319-320.

VII.3.1

BAM, S.P. 6/5 VIII.13, pp. 11-18, autografo anepigrafo calligrafico, 2 bifogligrandi di mm 220 × 333, scritti a piena pagina su 4 facciate (l’ultima solo nel ter-zo superiore). Si tratta sicuramente della bella copia dei primi tre soggetti com-missionati a Parini per le medaglie di tre stanze (vd. la prima medaglia in Reina,V, pp. 35-37; Bellorini II, pp. 102-103; Mazzoni, pp. 900-904, con l’inserimentodel foglio volante, di cui vd. VII.3.5).

Una prima redazione (A), anch’essa in scrittura calligrafica autografa, dellamedaglia 1 (Amore e Psiche) per il Gabinetto dell’arciduchessa, è conservata su unbifoglio grande, uguale ai precedenti, scritto a piena pagina sulla prima facciatae 6 righe della seconda (BAM, S.P. 6/5 VIII.13, pp. 19-20), di cui vengono regi-strate in apparato le varianti (questo foglio fa da cartelletta ad altri, numerati da21 a 30). In alto, l’annotazione del Reina: «IV. Soggetti per il Palazzo di Corte».

Una prima redazione (A), anch’essa in scrittura calligrafica autografa, dellamedaglia 2 (Le Nozze d’Ercole divinizzato), per la stanza da letto per la state èconservata su un bifoglio grande di mm 220 × 333, scritto su piena pagina nellaprima facciata e su gran parte della seconda (BAM, S.P. 6/5 VIII.13, pp. 33-34),di cui vengono registrate in apparato le numerose varianti. Sulla redazione defi-nitiva della seconda medaglia, qui riportata nel testo (vd. Reina, V, pp. 39-41;Bellorini II, pp. 104-105; Mazzoni, pp. 901-902), è esemplato l’apografo che fi-gura in BAM, S.P. 6/5 VIII.6, pp. 15-16.

Una prima redazione (A), anch’essa in scrittura calligrafica autografa, dellamedaglia 3 (I riposi di Giove), per la terza stanza è conservata su un bifogliogrande di mm 305 × 210, scritto su piena pagina nella prima facciata e gran par-te della seconda (BAM, S.P. 6/5 VIII.13, pp. 45-46), di cui vengono registratein apparato le numerose varianti. Questo bifoglio raccoglie, come in una cartella,diversi altri fogli, numerati da p. 47 a p. 70 (vd. VII.3.5 e VII.5.4). Vd. la terzamedaglia in Reina, V, pp. 42-45; Bellorini II, pp. 106-108; Mazzoni, pp. 902-903.

(SEGUE)

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(SEGUE)

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VIII.1[A S.A.S. amministratore della Lombardia austriaca

duca di Modena Francesco III d’Este][1763]

L’Abate Parini sendo per far l’edizione di un suo Poemetto nominato ilMattino, dimanda la privativa | dell’edizione per tre anni, colla | proibi-zione all’introdurlo, e venderlo | stampato fuori di Paese.

VIII.2[Al maresciallo conte Gian Luca Pallavicini – Bologna]

Eccellenza

Il D.r Becelli al suo ritorno da Bologna ha lusingato fortemente l’amorproprio dell’autor del Mattino coll’annunciargli che un Personaggio illu-stre, di cui la miglior parte di Milano si rammenta ancora con piacere econ sentimenti di gratitudine e d’ammirazione la giustizia, l’umanità, lamunificenza, e la magnificenza, ha fatto qualche conto della sua Operet-ta, ed ha mostrato di desiderarne il seguito. Io non ho potuto resistere aun così potente solletico della gloria letteraria, e coll’occasione del pub-blicarsi il Mezzogiorno, Poemetto consecutivo al Mattino, ho voluto pro-curarmi l’onore di presentarmi rispettosamente a V. E. in qualità d’Au-tore dell’una e dell’altra operetta, e di esporre al suo dilicato giudizioquest’ultima, sperando che V. E. voglia aver per lo Mezzogiorno quellagenerosa condiscendenza che mi viene detto aver Lei dimostrato per loMattino. Niuna cosa è più atta ad empir di consolazione e di coraggiol’animo degli Scrittori, quanto il vedere al nostro tempo grandi perso-naggi mostrare un generoso interesse anche per gli talenti più mediocri.V. E. si distingue fra gli altri, perchè, sebbene la finezza del suo gusto midebba collocare in un mezzano posto tra i poeti d’Italia, nondimeno lasua magnanimità le fa avere tanta cura di me, quanta si potrebbe sperareda quelli che mi sono di gran lunga superiori. Quindi è ch’io serberò e-ternamente nel mio cuore que’ vivissimi affetti di compiacimento e di rico-noscenza, co’ quali ora ho l’onore di protestarmi col più umile ossequio.Di V. E.

Um.mo Div.mo e Obb.mo Serv.re

Giuseppe PariniMil.o 17 Agosto 1765.

EPISTOLARIO 599

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VIII.3[A Paolo Colombani – Venezia]

Fu per errore che esibii a V. S. Riv.ma il mio Mezzodì. II Sig.r Graziosim’avea scritto, raccomandandomisi per esso. Come io tardai molto a ri-spondergli, mi dimenticai del cognome, e scambiai Graziosi in Colom-bani. Tuttavia non mi dolgo di questo equivoco, avendo io la medesimastima per lei, che ho per il Sig.r Graziosi.

Quanto alla mia Sera, io ne ho quasi dimesso il pensiere; non chenon mi piaccia di compiere i tre Poemetti da me annunciati, ma perchèsono stomacato dell’avidità e della cabala degli stampatori. Non solo essimi hanno ristampato in mille luoghi gli altri due; ma lo hanno fatto sen-za veruna participazion meco, senza mandarmene una copia, senza la-sciarmi luogo a correggervi pure un errore.

Questa Sera è appena cominciata; e io non mi son dato veruna brigadi andare avanti, veduto che non ne posso aspettare il menomo vantag-gio; e probabilmente non proseguirò, se non avrò stimoli a farlo.

Aggradisco le proposizioni di lei, e su questo proposito le rispondoche sarebbe mia intenzione di fare un’edizione elegante di tutte e tre i poe-metti qualora l’opera fosse compiuta. Se Ella adunque si risente di farla, iomi esibisco di darle la Sera terminata per il principio della ventura Prima-vera, e insieme gli altri due poemetti corretti in molti luoghi, e migliorati.

Il prezzo che io ne pretendo senza speranza di dibatterne uno zero èdi cento cinquanta zecchini, da pagarsi un terzo alla conchiusione delcontratto, e il restante al consegnarsi del manoscritto a). Se Ella non è diciò contenta non s’incomodi a scrivermi più oltre. Io mi sono indotto arisponderle in grazia della pulitezza con cui Ella mi scrive. Così non hofatto con molti altri librai, e fra questi con due o tre veneziani, i quali han-no ardito di farmi le esibizioni che fannosi a’ compositori d’almanacchi,alle lett[er]e vigliacche de’ quali io non piglierò mai il disagio di rispondere.

Farò il possibile per promulgar l’esito del suo Giornale. E con tuttala stima mi protestodi V. S. Riv.ma

Dev.mo e Obb.mo Ser.re

Giuseppe PariniMilano, 10 7.bre 1766.

a) Il prezzo che io ne pretendo…manoscritto] segnato a fianco con tratto di eviden-ziazione

EPISTOLARIO600

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VIII.4[Ad Antonio Greppi – Milano]

[13 settembre 1768]

Sig.r D. Ant.o stimatiss.o

Ella ascriva alla troppa gentilezza delle sue offerte e alle circostanze dellamia fortuna la mia impertinenza nell’incomodarla. Oggi deve partire perVienna il Piano degli Studj. Non vi è dunque tempo da perdere perchèio possa profittare de’ Suoi graziosi uficj. La supplico adunque di volerestamattina adoperarsi a mio favore presso la nota persona, sperando ioche, qualora ancora non sia nominato il soggetto per la Cattedra d’Elo-quenza in Pavia, non sia impossibile di stabilirla in Milano, come io desi-dero. È superfluo l’aggiungere molte parole per istimolare il suo cuoregià naturalmente così benefico, massime a mio riguardo. Sono col massi-mo ossequiodi V. S. Ill.ma

dev.mo obb.mo serv.re

Giuseppe Parini.

(SEGUE)

EPISTOLARIO 601

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NOTA AI TESTI

VIII. EPISTOLARIO

VIII.1 [A S.A.S. amministratore della Lombardia austriaca duca di ModenaVIII.1 Francesco III d’Este]

ASM, Autografi Monti-Parini, cart. 178, autografo calligrafico, bifoglio di mm 170 ×230, scritto solo sulla c. 1r, senza data né destinatario; nel margine sinistro, d’al-tra mano, si legge: «21 Luglio S. A. S. accorda la privativa, e si dia Decreto alReg.° Cap.no di Giusti.ia fatto come da minuta».

D. Isella (Il Giorno, Parma, Fondazione Bembo - Ugo Guanda editore,1996, I, pp. XXVI e XXXIII-XXXIV) ha pubblicato sia la richiesta di Pariniper il Mattino sia l’autorizzazione del Fuentes per il Mezzogiorno.

Al Regio Cap.no di Gius.a.Comendando il Ser.mo Amm.e l’applicazione e valore dell’Abate Giu-seppe Parini, che con molto applauso di questo pubblico produsse giàil leggiadro e sensato poemetto intitolato il Mattino, che ben si meritòl’accettazione e distinto agradimento d’ogni ordine di Persone, si com-piace S. A. S. egualmente di sentire ch’esso Autore sia ora per fare l’e-dizione di un altro somigliante Poemetto intitolato il Mezzogiorno, enon dubitando S. A. S. che sia esso per riuscire dello stesso valore delprimo, ha stimato di doversi prestare all’istanza che l’Autore le ha fattoper una privativa dell’edizione medesima, di modo che venga fatto ar-gine all’inofficiosa avidità de’ stampatori sì nazionali che esteri, che pervoglia di incompetente guadagno si fanno lecito ristampare e venderel’opere degli Autori contro il loro buon piacere e defraudandoli diquell’aspettativa che a ragione loro compete di esitare li esemplari chea loro gravi spese ànno qui fatto istampare. Quindi è che dovendosi l’e-dizione del nuovo Poemetto intitolato il Mezzo giorno fare per commis-sione dell’Autore dallo stampatore e librajo Giuseppe Galeazzi, conce-de S. A. S. al medesimo la privativa ragione di stamparlo, di venderlo, edi farlo vendere in questo stato, proibendo perciò a qualsivoglia altrostampatore e librajo di questo medesimo stato la ristampa, e l’introdu-zione e vendita di edizioni forastiere, se per aventura si facesser, e ciòper il termine di tre anni dal giorno della diffidazione che a ciaschedunlibrajo verrà fatta, e ciò sotto la pena di cinquanta scudi d’applicarsi al-l’indenn[izz]azione dell’autore, oltre la perdita delli esemplari, che sitrovassero di contravenzione. Ne fa però S. A. S. prevenire il Regio Ca-pitano di Giustizia perché, inteso della Superiore Mente ed intenzionedel Governo a favore del d.° Abate Parini, passi a far notificare allistampatori e librai di questo stato la succennata difesa e proibizione diristampare il d.° Poemetto e venderne edizioni forestiere dentro del d.°territorio e vegliando alla esatta osservanza contro de’ stampatori, peresiggere da essi la succennata pena a favore del prelodato Autore.21 luglio 1765 Fuentes

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Remigio Fuentes (1706-1778), fondatore dell’Accademia dei Filodossi (9 aprile1733), in cui erano confluiti i membri della Colonia insubre dell’Arcadia sciol-tasi il 1732, Accademico Trasformato dal 6 giugno 1743, era membro della Se-greteria di Governo e uomo di fiducia del ministro plenipotenziario conte Carlodi Firmian.

Francesco III d’Este duca di Modena (1698-1780) fu dal 1753 amministra-tore e capitano generale della Lombardia austriaca, in seguito al patto nuzialefissato con Maria Teresa per la concessione della mano della nipote Maria Bea-trice a uno dei suoi figli, come poi effettivamente avvenne nel 1771 con l’arcidu-ca Ferdinando.

VIII.2 [Al maresciallo conte Gian Luca Pallavicini]

ASB, Archivio Pallavicini, busta 280, serie IIIa, autografo calligrafico, bifoglio dimm 342 × 220, scritto solo sulla c. 1r/v; sulla c. 1r figura in alto, centrale: «Ec-cellenza», seguito da spazio bianco; il testo della lettera comincia a metà pagina;anche sulla c. 1v la scrittura occupa la medesima parte della pagina, lasciandobianca la metà superiore; la firma del Parini si trova in basso a destra nella c. 1v;in alto a destra della c. 2v compaiono data, luogo, mittente e indirizzo. Incipitsporgente a sinistra, seguito da testo incolonnato con breve margine di rientro.

Edito per la prima volta da A. Ostoja, Un autografo inedito del Parini diret-to al Maresciallo Conte Gian Luca Pallavicini a Bologna, in Strenna storica bolo-gnese, Bologna, tip. Parma, 1956, pp. 103-106: «[…] è forse l’unica lettera diGiuseppe Parini indirizzata a Bologna, ove all’inizio della sua gloria letteraria ri-sulta così aver avuto i primi lettori ed ammiratori» (ivi, p. 103).

Gian Luca Pallavicini (1697-1773), conte genovese, ambasciatore a Vienna,acquistò la fiducia di Maria Teresa e fu da lei nominato vicegovernatore diMantova, e, nel 1745, ministro plenipotenziario della Lombardia, dove curò l’e-spletamento del censimento e il riordino delle finanze. Dal 1750 al 1753 fu go-vernatore della Lombardia austriaca, succedendo al rivale Ferdinand Bonaven-tura von Harrach; in questo periodo ebbe come valido collaboratore GabrieleVerri. Nel 1753, sostituito da Beltrame Cristiani, si trasferì a Bologna, lasciandodefinitivamente Milano. Vd. A. Ostoja, L’archivio Pallavicini nell’Archivio diStato di Bologna, «Notizie degli Archivi di Stato» 12 (1951), pp. 75-81; Id., Uncittadino ferrarese di elezione: il maresciallo Gian Luigi Pallavicini, statista e ri-formatore del Settecento, «Ferrara viva» 1 (1959), pp. 110-115; F. Venturi, Sette-cento riformatore. Da Muratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969, pp. 423-424;Capra 1987, passim; Capra 2002, pp. 50-52.

VIII.3 [A Paolo Colombani]

Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia, mss. It. classe X, codice 19 (6525), Let-tere autografe d’illustri italiani, miscellanea in cui la lettera del Parini, imbra-ghettata a supporto cartaceo, è stata recentemente numerata a matita 148 e 149;autografo calligrafico, bifoglio di mm. 180 × 250, scritto a piena pagina solo sul-la c. 1r/v; sulla c. 2v l’indirizzo: «Al Riv[eritissi]mo Sig. Sig.re Pron | Sig Paolo

NOTA AI TESTI 659

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Colombani | Librajo in Venezia», con tracce di ceralacca. La data è apposta inalto a destra sulla c. 1r, con ampio spazio bianco tra intestazione e testo.

Bellorini II, pp. 153-154, lettera I; Mazzoni, p. 981, lettera I.Il Parini utilizza qui il termine Mezzodì per indicare il Mezzogiorno, pubbli-

cato a Venezia nel 1765 dal Colombani.Paolo Colombani (1722-1800), libraio ed editore veneziano, pubblicò opu-

scoli vari, stampò e diffuse diversi periodici. Il «giornale» di cui il Parini s’impe-gna ad annunciare l’uscita è assai probabilmente il «Giornale della GeneraleLetteratura d’Europa», costituito da annunci librari e recensioni dei più impor-tanti scritti dei philosophes francesi, che Francesco Griselini (1717-1787) diressepresso il Colombani proprio negli anni 1766-1767 (su Griselini, vd. P. Preto,s.v., in D.B.I., 59, 2002, pp. 691-696). Contrasti tra il Griselini e il Parini si veri-ficarono alla costituzione della Società Patriotica, quando per l’incarico di se-gretario, cui aspirava il Parini, venne scelto il Griselini (vd. Nota IV.6).

Antonio Graziosi (1741-1818), libraio ed editore veneziano, accolse tra lesue edizioni, nel 1764, la traduzione del Saggio sopra l’uomo di A. Pope ad ope-ra di Zaccaria Seriman, ripubblicò il Mezzogiorno nel 1766 e si distinse anch’egliper l’intensa attività pubblicistica. Si fece promotore della diffusione del «Cor-rier letterario» di Francesco Griselini, tra il 1765 e il 1768.

Fra il 1763 e il 1765 a Venezia furono effettuate ristampe del Mattino e delMezzogiorno anche ad opera degli editori Giambattista Pasquali (con indicazio-ne di Milano, 20 gennaio 1764 per il Mattino, e 20 agosto 1765 per il Mezzogior-no) e Bortolo Baronchelli.

Su Colombani, Graziosi e sull’editoria veneta del secondo Settecento: M. In-felise, L’editoria, in G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi (a cura di), Storia della cul-tura veneta. Dalla Controriforma alla fine della Repubblica, 5/1, Vicenza, NeriPozza, 1985, passim; Id., L’editoria veneziana nel ’700, Milano, Angeli, 1989, inpart. pp. 158-162 (per Graziosi) e 191-192 (per Colombani).

VIII.4 [Ad Antonio Greppi]

Lettera pubblicata per la prima volta da Mazzoni (p. 982, lettera II), sulla basedell’autografo allora giacente nell’Archivio Greppi di Casate, Raccolta d’auto-grafi, con la scritta a tergo: «Per V. S. Ill.ma = Sig.r D. Antonio Greppi - Sig.r Sig.P.on Col.mo SS. MM. Milano, Ab.te Parini, 1768. 13 sett.re». La ricerca di questaRaccolta d’autografi presso la Villa Greppi di Monticello Brianza, l’ASM, l’Ar-chivio Storico Diocesano di Milano e l’Archivio Comunale di Gualtieri (ReggioEmilia) non ha dato alcun esito. La segnalazione di un Fondo Greppi all’Archi-vio Segreto Vaticano, dove fosse eventualmente confluita la Raccolta d’autografi,non ha avuto riscontro positivo.

Il Piano generale di riforma delle scuole, voluto dal Kaunitz, doveva perve-nire a Vienna in tempo per essere approvato prima dell’inizio dell’anno scolasti-co 1768-1769. Il Parini aveva il compito di illustrarvi la parte relativa alla Catte-dra di Eloquenza delle Scuole Palatine, il Beccaria invece era responsabile dellaCattedra di Economia e Commercio. In questa fase si parlava ancora di Catte-dra di Eloquenza e non di Belle Lettere. Il Parini chiese appoggio per la cattedra

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di Milano al Greppi perché intervenisse presso il Firmian, ma la questione del-l’organizzazione universitaria restò insoluta fino al 1769, quando, il 23 settem-bre, Firmian scrisse al Kaunitz: «Per la cattedra di eloquenza e di storia avevo invista l’abate Parini e l’abate Villa. […] Se due devono essere queste cattedre,avrei proposto il primo per Milano ed il secondo per Pavia. Si tratta di due uo-mini di talento, conosciuti ambedue per qualche saggio dato al pubblico delloro sapere e pressati dal bisogno di un impiego» (ASM, Studi, p. a., Universitàdi Pavia, cart. 376; vd. anche Vicinelli, p. 35).

Antonio Greppi (vd. Nota VII.5.1-6), a cui il Parini era stato presentato daTeresa Fogliazzi (vd. Vianello 1933, p. 138), divenne suo grande protettore: alui il Parini dovette il rapporto di fiducia con il conte di Firmian e i numerosiincarichi pubblici che ne seguirono.

Il Parini fece pervenire al Greppi una copia del discorso di apertura dellaCattedra di Belle Lettere con la seguente lettera di accompagnamento di TeresaFogliazzi, datata 16 dicembre 1769 (la lettera si trova in ASM, Fondo Greppi,cart. 404, edita da L. Nicora, Giuseppe Parini dal Teatro Ducale alla Scala, inBarbarisi et al. 2000, II, p. 928):

Sig. Compare ed amico Stimat.moIl nostro abate Parini mi dà precisa comissione di trasmetterle la qui in-chiusa Prolusione; pensi il mio caro Sig. Compare con quanto piacerel’addempio sapendo la stima e l’attaccamento ch’egli ha per lei, e l’ami-cizia ch’ella ha per questo stimabile Letterato. Con questa occasionepoi godo anche il piacere di ramemo[ra]rle la mia sincera, e se vuole te-nera amicizia. Spiacemi che gli affari lo trattenghino lontano per ora;pensi a rendersi a suoi amici il più presto possibile e mi creda fra questicoi sentimenti della più perfetta stima, e sincero attaccamento.Di Lei Sig. Compare stimat.mo

Milano 16 xbre [dicembre] 1769Devot.ma e obbligat.ma Serva

Angiolini Fogliazzi

Su Francesco Fogliazzi (Borgo San Donnino 1725 - Milano 1802), vd. G.B. Ja-nelli, s.v., in Dizionario biografico dei parmigiani illustri, Parma, Forni, 1978,p. 170 (rist. anast. dell’ed. di Genova, tip. Schenone, 1877); C.F. Gallotti, s.v.,in D.B.I., 48, 1997, pp. 488-491; R. Lasagni, s.v., in Dizionario biografico dei par-migiani, Parma, P.P.S. editrice, II, 1999, pp. 775-777.

Su Teresa Fogliazzi (1730-1792), vd. R. Farina, s.v., in Dizionario biograficodelle donne lombarde (568-1968), Milano, Baldini e Castoldi, 1995, p. 463;C.F. Gallotti, s.v., in D.B.I., 48, 1997, pp. 491-492; R. Lasagni, s.v., in Diziona-rio biografico dei parmigiani cit., II, 1999, pp. 777-779.

Su Gaspare Angiolini, vd. Nota VIII.22.

(SEGUE)

NOTA AI TESTI 661