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Publius - per un'alternativa europea. Numero 16, Ottobre - Dicembre 2013. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.
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Le recenti vicende del Go-‐verno italiano hanno di-‐mostrato, si può dire in modo inequivocabile, che l’Italia tutta, sia il paese, sia la politica, non può prescindere né dal quadro europeo attuale, né da un impegno coraggioso e te-‐nace per rendere questo quadro più forte e all’al-‐tezza delle s@ide che deve fronteggiare. Riprendendo le parole usate dal Presi-‐dente Letta al Senato, nel discorso per chiedere la @iducia alle Camere il 2 ottobre, “abbiamo il dirit-‐to di sognare gli Stati Uniti d'Europa, per noi e so-‐prattutto per i nostri @igli... Ma non è più tempo solo
di sogni. La buona batta-‐glia per l'Europa, che se-‐gnerà l'Europa dei pros-‐simi 15 anni, si gioca ora, nel 2014... L'Italia può ar-‐rivare forte e credibile al 2014 quando guideremo l'Europa per costruirla (e raccontarla) più unita, più solidale e più vicina ai cit-‐tadini.... Possiamo sceglie-‐re di chiuderci nel nostro cortile delle lotte di politi-‐ca interna oppure possia-‐mo giocare all'attacco, im-‐pegnando tutte le nostre carte su quell 'unione sempre più stretta tra i popoli europei, in cui in-‐tendo impegnarmi nei prossimi mesi. La nostra prova arriva adesso: di-‐
mostriamo all'Europa in-‐tera, con il nostro ambi-‐zioso semestre, che non è un caso che il Trattato dal quale ha preso le mosse quella che poi sarebbe diventata l'Unione sia proprio il Trattato di Ro-‐ma, il Trattato @irmato a Roma, il Trattato @irmato in Italia”. Il Governo è uscito comunque più forte e più credibile dalle vi-‐cende che lo hanno porta-‐to sull’orlo della crisi, e così pure sono apparse ancora più chiare le prio-‐rità che il Presidente Letta ha voluto sottolineare, prima fra tutte quella eu-‐
PubliusPer un’Alternativa Europea
Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 16 - Ottobre/Dicembre 2013
distribuzione gratuita
Giornale degli studentidell’Università di Pavia.
Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi
e di domani
Indice
pag.1 EditorialePublius
pag.2 La Germania sceglie l’Europa
Francesco Pericu
pag.4 Quattro anni di crisi in Siria: un bilancio
Giovanni Salpietro
pag.7 Progetto DESERTEC: che ?ine ha fatto?
Paolo Filippi
“Abbiamo il diritto di sognare gli Stati Uniti d'Europa, per noi e soprattutto per i nostri figli...
...Ma non è più tempo solo di sogni. La buona battaglia per l'Europa si gioca ora, nel 2014"
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Le elezioni tedesche sono state se-‐guite con particolare attenzione in tutta Europa come, probabilmente, mai avvenuto nella sua storia recen-‐te. L’attesa era grande, soprattutto nei Paesi del Sud, maggiormente colpiti dalla crisi economica e con@i-‐denti, da una parte, in un allenta-‐mento delle politiche di austerità suggerite dalla troika e, dall’altra, come auspicano i sostenitori del progetto di uni@icazione europea, nella possibilità di riuscire ad avvia-‐re un intervento comune europeo capace di far ripartire le loro eco-‐nomie, particolarmente colpite da disoccupazione e mancanza di com-‐petitività. In queste elezioni, de@inite da alcuni commentatori il primo turno eletto-‐rale europeo, sono emersi alcuni elementi interessanti. I sondaggi so-‐no stati confermati dalla vittoria di Angela Merkel e del suo partito, che ha quasi s@iorato la maggioranza as-‐soluta dei voti. Il nuovo Bundestag sarà composto inoltre dai Socialde-‐mocratici (SDP) di Peer Steinbrück, che hanno migliorato di tre punti percentuali la loro performance ri-‐spetto al 2009; al terzo posto la Lin-‐ke, con l’8.9% delle preferenze e i Verdi, scivolati all’8%, che hanno quindi perso circa tre punti rispetto alle scorse elezioni. Il grande risulta-‐to riportato dalla Merkel ha dimostrato nitidamen-‐te la solidità del suo pro-‐getto politico, però non è stato suf@iciente (manca-‐no cinque seggi) per for-‐mare un governo monocolore e quindi sarà necessario il sostegno parlamentare da parte di un’altra forza politica.Frau Merkel, sovente de@inita prin-‐cipale responsabile delle politiche di austerità e icona dell’Europa tede-‐sca, in realtà ha sostenuto, con molta più convinzione rispetto ai suoi partner, l’idea di una maggiore inte-‐grazione politica, promuovendola più volte sul piano europeo e non ha
negato aiuto ai paesi in dif@icoltà, sebbene talvolta con ritardo. Politi-‐che comunque apprezzate, in gene-‐rale, dalla stragrande maggioranza degli elettori tedeschi, considerato che, all’interno del Bundestag, vi è un largo consenso sulla strada in-‐trapresa dal Cancellierato. Per Mer-‐kel, quindi è una vittoria storica, la terza consecutiva, come Adenauer e Kohl. Ciononostante, la Germania va a si-‐
nistra: infatti, è da lì che dovranno provenire i voti per formare un nuo-‐vo governo. Probabil-‐mente dall’SPD e non sarebbe una novità: i due partiti sono molto vicini come linea politica, mol-‐to labile sotto vari punti
di vista il con@ine tra le loro posizio-‐ni, profondamente af@ini in materia di politica estera ed europea; per questo Merkel li considera alquanto af@idabili. Ma, teoricamente, sulla base dei numeri, da sinistra potreb-‐be esserci una clamorosa svolta. La Merkel potrebbe anche perdere il Cancellierato, qualora Linke, SPD e Verdi si mettessero d’accordo per un governo Rosso-‐Rosso-‐Verde, mal-‐grado Steinbruck abbia più volte di-‐
chiarato di non gradire un accordo con la Linke. I grandi scon@itti della tornata elettorale, sono stati infatti i Liberali (FDP), al governo insieme ai Cristiano-‐democratici nella scorsa legisltaura e propugnatori delle poli-‐tiche di austerità. Sembra comunque fortunatamente confermato il consenso dei tedeschi sulle questioni fondamentali del paese, in particolare modo per quan-‐to riguarda la politica europea. Difat-‐ti, quel che maggiormente ha tenuto i partner europei con il @iato sospeso è stata la paura dell’ingresso nel Bundestag del neonato Alternative für Deutschland. Il “partito dei pro-‐fessori” ha quasi raggiunto, in ma-‐niera eccezionale, il quorum. Ma non va confuso con movimenti gene-‐rici, populisti. Del gruppo fanno par-‐te persone che ragionano fortemen-‐te su un’alternativa di sistema, cer-‐cando di dare risposte diverse al “non c’è alternativa”, più volte ripe-‐tuto dalla Cancelliera. È un partito che afferma quel che nessuno vuol dire, e che fa discutere, anche fuori dall’Europa. Non auspica l’uscita del-‐la Germania dall’euro, ma piuttosto l’uscita di paesi come la Grecia o l’Italia, propugnando un’Eurozona di Stati virtuosi, escludendo i paesi
La Germania sceglie l’Europa
La vera sfida politi-ca è tra chi vuole
andare avanti verso la Federazione eu-ropea e tra chi vuo-le tornare alla so-vranità nazionale
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con problemi strutturali, così da evitare di dover far da traino al-‐l’economia europea. La non vittoria di AfD ha, quindi, fatto ragionare anche se, forse, in misura molto maggiore all’esterno della Germania, giacché durante i dibattiti elettorali non si è discusso mai di politica eu-‐
ropea (probabilmente perché vi è convergenza tra i due maggiori par-‐titi). AFD ha infatti contribuito a lan-‐ciare una s@ida all’Europa come or-‐ganizzazione politica, dimostrando la straordinaria attualità del lucido pensiero di Altiero Spinelli nel Mani-‐festo di Ventotene: “la linea di divi-‐sione tra partiti progressisti e partiti reazionari cade ormai non lungo la via formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore
socialismo da istituire, ma lungo la nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come @ine essenzia-‐le della lotta politica quello antico, cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, se pur in-‐volontariamente, il gioco delle forze reazionarie lasciando solidi@icare la lava incandescente delle passioni po-‐polari nel vecchio stampo, e risorgere le vecchie assurdità – e quelli che ve-‐dranno come compito centrale la creazione di un solido Stato interna-‐zionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, an-‐che conquistando il potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l’unità internazionale”. Ormai, è evidente -‐ e le prossime elezioni europee lo con-‐fermeranno -‐ che la vera s@ida politi-‐ca, a livello nazionale, è tra chi vuole andare avanti verso la Federazione europea e tra chi vuole tornare alla sovranità nazionale, ossia allo status precedente le due guerre mondiali. Se la storia ha da insegnare, è chia-‐rissimo per tutti i cittadini di quale alternativa stiamo parlando.
Francesco Pericu
AfD ha contribuito a lanciare una sfida all’Europa come
organizzazione politica
ropea, che rappresenta la condizione necessaria per il successo di ogni politica di crescita e di sostegno all’occupazione. Infatti lo stesso giorno il Presidente Letta nella replica al Sena-‐to ha affermato: “o ri-‐usciamo a modi@icare pro-‐fondamente (in Europa) la rotta che dobbiamo tutti insieme percorrere, oppu-‐re quello che possiamo fare qui è il minimo”. Per la tenuta del governo ha rivestito un’importanza fondamentale la circo-‐stanza, percepita chiara-‐mente dalle forze più con-‐sapevoli, che un’instabilità politica italiana avrebbe da un lato comportato una s@iducia dei mercati nel-‐l’Italia e dunque un innal-‐zamento dello spread e un’impossibilità per il no-‐stro paese di rispettare i vincoli imposti dall’Unio-‐
ne, dall’altro messo in pe-‐ricolo la stessa Unione economica monetaria, dal momento che i meccani-‐smi di governance dell’eu-‐rozona, così come oggi con@igurati, non sarebbero stati in grado di reggere a lungo una situazione di ingovernabilità di una del-‐le economie principali del-‐la zona euro. La prospetti-‐va europea è stata dunque un elemento che ha favori-‐to sia la stabilità del go-‐verno, sia il consolidarsi di uno schieramento di forze politiche che hanno in concreto, più o meno con-‐sapevolmente, fatta pro-‐pria l’idea che l’orizzonte delle proprie decisioni e scelte politiche non può limitarsi al quadro nazio-‐nale, bensì deve estender-‐si al livello continentale. In assenza di un passaggio della lotta politica da un orizzonte nazionale a un orizzonte europeo, e dun-‐
que della creazione di un governo sopranazionale, i progetti politici delle forze sia di destra sia di sinistra sono infatti destinati a rimanere lettera morta, dal momento che gli Stati da un lato sono ormai pri-‐vi dei poteri che ne con-‐sentirebbero la messa in opera, ma dall’altro non si sono spogliati della loro sovranità per entrare a far parte di uno Stato federale europeo, impedendo in questo modo che i pro-‐blemi siano affrontati ad un livello adeguato alla loro dimensione. Il pas-‐sagg io da un ’Europa frammentata in Stati na-‐zionali sovrani a un’Euro-‐pa federale è dunque inte-‐resse di tutte le forze poli-‐tiche responsabili in ogni paese, in quanto essa co-‐stituisce la precondizione perché i valori sui quali tali forze si fondano e gli obiettivi che esse si pro-‐
pongono trovino una rea-‐lizzazione. La condizione necessaria af@inché tale allargamento di orizzonte si realizzi e la politica ri-‐prenda dunque la sua ca-‐pacità di dare risposte ef-‐@icaci ai problemi e di rap-‐presentare un confronto tra differenti visioni della realtà è tuttavia che si dia vita, almeno tra i paesi che hanno rinunciato alla pro-‐pria moneta nazionale, a un governo federale. L’Ita-‐lia gioca un ruolo essen-‐ziale in tale battaglia. co-‐me ha ricordato il Presi-‐dente Letta, se il governo italiano manterrà questa promessa, un passo deci-‐sivo nella direzione della creazione di una demo-‐crazia sopranazionale sarà stato compiuto e la crea-‐zione di una federazione dell’eurozona sarà più vi-‐cina.
Publius
da pag. 1
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Segnalazioni bibliografiche“Equilibrio o egemonia” di Ludwig Dehio
(Ed. Il Mulino, 1988)Questo libro rappresenta un caposaldo fondamentale per capire la Storia dagli inizi del Seicento @ino alla Seconda Guerra Mondiale. Il titolo rappresenta l a s in tes i estrema a una questione vuoi tragica quanto appas-‐sionante: di chi è la colpa della Seconda Guerra Mon-‐diale?La Germania, per l’autore, non è la colpevole. Se pro-‐prio bisogna individuare un colpevole a tutte le tragedie del continente europeo nei cinque secoli che vanno dalle scoperte delle Ame-‐riche @ino alla @ine della Seconda guerra mondiale, questo si chiama sistema europeo degli Stati. Un sistema che conosce solo una legge: equilibrio o egemonia. Dehio, riprendendo il concetto di ragion di Stato, af-‐ferma anzitutto che lo sviluppo interno di uno Stato dipende dal carattere delle sue relazioni esterne. Se uno Stato conosce un tipo di relazioni di carattere in-‐sulare (come l’Inghilterra o, senza alcun pericolo esterno e con@inante, come gli Stati Uniti), allora non esistono tensioni esterne che causano l’accentramento del potere per la creazione e il mantenimento di gran-‐di eserciti terrestri, dato che la sicurezza viene garan-‐tita dal controllo dei mari; l’assenza di pericoli immi-‐nenti permette al Paese di evolvere lentamente verso forme liberali di governo e di vita politica democrati-‐ca. Invece lo Stato terrestre è quello che, con@inando appunto con altri Stati, deve garantire la sicurezza esterna attraverso l’organizzazione di costosi eserciti terrestri: è necessario un sistema accentrato (se non assolutistico) e verticistico della presa di decisioni do-‐ve il sistema politico illiberale si evolve solo a colpi di rivoluzioni traumatiche. Quindi si ha un “sistema di Stati” tutte le volte che un gruppo di Stati sovrani rie-‐sce a creare una situazione di equilibrio -‐ sempre pre-‐cario -‐ @ino a che uno di loro diventi il più forte e tenti di conquistare ed egemonizzare i vicini che compon-‐gono il resto del sistema. La Germania non è che l’ul-‐timo paese che ha tentato di “egemonizzare” l’Europa – per due volte – così come nel passato era accaduto con la Spagna di Carlo V e Filippo II e con la Francia di Luigi XIV e di Napoleone. Però, tutte le volte che in Europa, il Paese più forte tentasse la via della conqui-‐sta egemonica, gli altri Stati creavano grandi coalizioni per bilanciare il potere del più forte e solamente gra-‐zie al supporto delle potenze – marittime e insulari –
periferiche (Inghilterra, Russia e USA) riuscivano a vincere. E mentre i paesi del Vecchio Continente con-‐tinuavano le loro guerre intestine, le potenze laterali assurgevano poco a poco al rango di potenze continen-‐tali tali da far diventare dei nani le potenze europee. Le due guerre mondiali pos-‐sono essere lette come il tragico e sbagliato tentativo della Germania di diventare
una potenza mondiale attraverso l’egemonia sull’Eu-‐ropa, illusa di poter vincere da sola contro potenze di dimensioni continentali quali USA e URSS. La @ine della Seconda guerra mondiale segna appunto l’agonia del sistema europeo degli Stati e l’inizio del sistema mondiale degli Stati retto dal bipolarismo USA-‐URSS. Le conclusioni a cui giunge Dehio sono chiare al letto-‐re attento. La prima concerne l’Europa: deve saper trovare l’unità politica in senso paci@ico attraverso la creazione di una Federazione. La seconda concerne la storiogra@ia: “la storia non deve più additare la conti-‐nuità, come un tempo, ma deve additare la rottura”. La terza concerne il mondo: equilibrio o egemonia è la legge che purtroppo ha retto la vita organizzata statale @ino ai giorni nostri, ma non deve assolutamente esse-‐re questa la nostra regola di vita. Il compito dello sto-‐rico si ferma per lasciar posto alla fede, alla speranza e all’impegno politico per costruire un mondo nuovo dove la ragione politica superi il passato fatto di lotte per il potere e barbarie.
Ludwig Dehio è nato a Koenigsberg nel 1888. Nel pe-‐riodo tra le due guerre mondiali ha lavorato negli ar-‐chivi di Stato prussiani a Berlino e Charlottemburg. Dopo il 1945 ha diretto l’archivio di Stato di Marburg, e l’annessa scuola archivistica, è stato professore ono-‐rario di Storia medioevale e moderna nell’Università di Marburg e direttore della Historische Zeitschrift, la più autorevole rivista storica tedesca. E’ morto a Mar-‐burg, nel 1963. La sua opera di maggiore impegno è Gleichgewicht oder Hegemonie, Scherpe Verlag, Krefeld 1948 (trad. it., con prefazione di Sergio Pistone, Equi-‐librio o egemonia, Bologna, Il Mulino, 1988).
Scheda personaggioLudwig Dehio
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Quattro anni di crisi in Siria: un bilancioDa quando la Siria nel 2009 venne coinvolta nel fenomeno della “Pri-‐mavera araba” , la sua situazione interna è profondamente mutata. I movimenti di ispirazione democra-‐tica e laica che avevano dato il via alle proteste contro il regime di Bashar al-‐Assad, non sono riusciti a prendere il so-‐pravvento e ad assumere il ruolo di alternativa forte al regime. Al loro posto però si sono fatti avanti gruppi organizzati di estremisti islamici, alcuni riconducibi-‐li ad al-‐Qaeda, che hanno fatto sprofondare il paese nella guerra civile e nel caos. La realtà che adesso ci si presenta davanti in Siria vede infatti una molteplici-‐tà di soggetti in con@litto: da una parte le forze go-‐vernative fedeli ad Assad, dall’altra una moltitudine di gruppi armati, molti dei quali provenienti da oltre i con@ini siriani, privi di un coordinamento o una lea-‐dership comune, che cerca-‐no di occupare con la forza città e punti strategici all’interno del pae-‐se. A questi bisogna aggiungere an-‐che la presenza di un’ulteriore cate-‐goria di gruppi armati che si dedica a veri e propri atti di brigantaggio, aumentando l’instabili-‐tà interna. In tale qua-‐dro è sicuramente la popolazione civile a pagare il prezzo più elevato. Le cifre parla-‐no ormai di oltre 1 mi-‐lione tra sfollati, rifu-‐giati e profughi, molti dei quali riescono a trovare riparo nei pae-‐si vicini, in particolare Turchia, Libano e Gior-‐dania, ma non sono pochi quelli che cercano di raggiun-‐gere l’Europa. Mentre le condizioni di vita per chi rimane all’interno del
paese vanno via via peggiorando non solo a causa dell’imperversare della guerra, ma anche per via delle persecuzioni contro alcune mino-‐ranze etnico-‐religiose, in particolare cristiani ed alawiti, questi ultimi accusati di avere sostenuto da sem-‐
pre la famiglia Assad. Sul piano internazionale la situa-‐zione non risulta essere meno com-‐plicata. Alcune delle potenze regio-‐nali come Turchia Iran ed Israele hanno giocato e giocano tutt’ora un ruolo cruciale. La Turchia @in dal-‐
l’inizio ha sostenuto gli oppositori di Assad, dando rifugio al Consi-‐glio nazionale siriano, organo che avrebbe do-‐vuto racchiudere tutti i movimenti contro il re-‐gime, ma che oggi sem-‐bra aver perso l’effettiva capacità di rappresenta-‐re un punto di riferi-‐mento.Più di una sono state le dichiarazione di membri
del governo turco, alcune anche re-‐centi, a favore di un intervento ar-‐mato. L’Iran, @ino alla presidenza di
Ahmadinejad, è stato invece sul campo opposto, in pieno appoggio al regime fornendo armi e addestra-‐tori. Israele è stata @in dallo scoppiare delle rivolte preoccupata che i gruppi estremisti potessero pren-‐
dere il sopravvento nella regione diventando dunque una potenziale minaccia. Negli ultimi mesi ci sono già stati dei raid rivendicati dal go-‐verno di Tel-‐Aviv secondo il quale sarebbero stati colpiti dei siti in mano a ribelli in possesso di armi chimiche. E’ proprio l’uso delle armi chimiche contro la popolazione civile avvenu-‐to questa estate ad aver riportato la Siria al centro dell’attenzione me-‐diatica in Occidente. Anche tra le grandi potenze è presente una spaccatura tra USA, Francia e Gran Bretagna, che cercano di rovesciare il regime, mentre è la Russia a costi-‐tuire il principale “alleato” sul piano diplomatico (oltre che su quello dei rifornimenti di armi e capitale) per Assad. L’episodio dell’attacco chi-‐mico contro civili, con le immagini delle vittime su tutti i principali network occidentali, ha dato una
Tra le grandi potenze è presente una spac-catura tra USA, Fran-cia e Gran Bretagna, che cercano di rove-
sciare il regime, men-tre è la Russia a co-stituire il principale
“alleato” sul piano di-plomatico per Assad.
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apparente accelerata verso l’intervento arma-‐to. La coalizione già in-‐tervenuta in Libia fatta da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna sembrava sul @inire dell’estate pronta ad un intervento, in virtù del principio del-‐le Nazioni Unite della “responsabilità di pro-‐teggere”, contro il regi-‐me di Assad accusato di aver intenzionalmente utilizzato armi chimiche contro civili. In realtà, sebbene tali paesi so-‐stengano di averne le prove, non è scontato che siano state le forze governative ad aver fatto uso delle armi chimiche, poiché è altamente plau-‐sibile che anche i ribelli abbiano accesso a tale tipo di arse-‐nale. I piani di intervento militare tutta-‐via non sono stati portati avanti per diversi motivi. Come primo punto vi è il ritiro della Gran Bretagna dal fronte degli interventisti, per via di una mozione del Parlamento inglese che esclude l’intervento armato. D’altro canto Germania e Italia si sono dichiarate contro qualsiasi forma di intervento al di fuori delle giurisdizione ONU, ri@iutando anche il sostegno logistico alle operazioni. Altro motivo è il ruolo della Russia che contraria a qualsiasi forma di atto ostile ad Assad e al suo regime ha appog-‐giato la tesi che ve-‐drebbe attribuita ai ribelli la responsabilità dell’uso delle armi chimiche, ed è riuscita ad ottenere un accordo che prevede la messa in sicurezza dei depo-‐siti di armi chimiche in Siria attraverso una supervisione interna-‐zionale, togliendo dun-‐que il “movente” alla coalizione dei volenterosi. Anche gli altri BRICS si sono schierati contro l’intervento
armato, ritenendo che un eventuale con@litto nell’area avrebbe potuto destabilizzare l’economia interna-‐zionale. Del resto sono bastate le semplici voci di un intervento per far aumentare rapidamente il costo del petrolio.In@ine sono stati determinanti anche i dubbi riguardo l’ef@icacia di una azione militare sul territorio. Visto l’esempio della Libia, dove la situa-‐zione ancora oggi è lungi dall’essere stabile, si teme che la mancanza di
un punto di riferimento forte per un eventuale “post-‐Assad”, possa co-‐munque lasciare il Paese in una situazione di in-‐stabilità e caos che per essere tenuta sotto con-‐trollo necessiterebbe di un tipo di intervento che vada oltre l’utilizzo del-‐l’aviazione (come sem-‐brava dovesse avveni-‐re), ma arrivi a formula-‐re un piano di occupa-‐zione prolungata con truppe di terra con inge-‐sti costi e senza la cer-‐tezza che si ottengano risultati, come avvenuto
in Afghanistan e Iraq. La crisi siriana dunque risulta avere conseguenze che vanno ben oltre i
propri con@ini. Il contrapporsi delle potenze regionali, le dimostrazione di forza di Stati Uniti e Russia, il ten-‐tativo di Francia e Gran Bretagna di tornare a giocare un ruolo nell’area, mettono a forte rischio la stabilità peraltro precaria di tutta l’area me-‐diorientale trasformandola in una polveriera pronta ad esplodere. E’ evidente che nell’arco di tutta la vicenda siriana, cosi come per le Primavere arabe nel Mediterraneo, risulta essere stata drammatica la mancata presenza di una politica estera europea comune che avesse potuto fare da ago della bilancia nella contrapposizione tra le grandi potenze e che avrebbe potuto avere un ruolo più determinante nel so-‐stenere quelle prime forze di prote-‐sta realmente democratiche e laiche che invece risultano ora essere state abbandonate lasciando spazio a movimenti più radicali. Se l’Europa non diventa capace di assumere una politica comune, verrà persa l’op-‐portunità di poter gettare un ponte basato sul dialogo tra le due sponte del Mediterraneo che avrebbe potu-‐to dare inizio ad un percorso di de-‐mocratizzazione e paci@icazione del-‐l’area.
Giovanni Salpietro
E’ evidente che nel-l’arco di tutta la vi-cenda siriana, cosi
come per le Primave-re arabe nel Mediter-raneo, risulta essere stata drammatica la mancata presenza di una politica estera
europea comune che avesse potuto fare da ago della bilancia nel-la contrapposizione
tra le grandi potenze.
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Come mai non si sente più parlare del progetto Desertec? Oltre alla crisi economica, i motivi sono prin-‐cipalmente di natura politica.Desertec è un progetto da 400 mi-‐liardi di euro che prevede la realiz-‐zazione di numerose centrali elet-‐triche (principalmente ad energia solare) nel Nord Africa e nel Medio Oriente collegate tra loro e con altre centrali europee tramite un' innova-‐tiva rete elettrica (Super-‐grid) in grado di soddisfare il 15% del fab-‐bisogno energetico europeo. Il tutto è previsto entro il 2050. Il perno del progetto è l'incredibile quantità di energia che potrebbe essere prodot-‐ta in zone come il deserto del Saha-‐ra dove i raggi solari colpiscono la Terra con maggior forza. Questo progetto venne ideato tra il 2003 e il 2007 grazie al contributo di una rete di politici, istituti di ri-‐
cerca ed economisti chiamata TREC (Trans-‐Mediterranean Renewable Energy Cooperation). Da questa rete nacque nel 2009 la Desertec Foun-‐dation, una fondazione no-‐pro@it con l'obbiettivo di diffondere e rea-‐lizzare questo progetto.Una tale progetto non poteva che attrarre numerosi ed importanti investimenti da parte di aziende che volevano entrare a far parte di questa impresa. Così venne creato il consor-‐zio DII (Desertec Indu-‐strial Initiative) che vanta la presenza delle italiane Enel e Terna, della tedesca Eon e Rwe e di altre importanti aziende. Anche la stessa Desertec Foundation entrò a far parte del consorzio.L'entusiasmo che però contraddi-‐
stinse i primi anni di duro lavoro si è lentamente spento con l'accen-‐tuarsi della crisi economica e del-‐l'instabilità politica di quei paesi come Egitto e Libia che si trovano al centro del progetto. Inoltre, anche le enormi dif@icoltà che il progetto in-‐contra con le divergenti scelte poli-‐tiche dei singoli paesi europei mette
più di un dubbio sulla possibile realizzazione del progetto. Per esem-‐pio nel 2012 la Spagna ha ri@iutato di @irmare una dichiarazione di intenti che prevedeva di collegare la rete elettri-‐ca del Marocco con
quella europea tramite il suo terri-‐torio.Questa situazione di incertezza ha portato numerosi partner del con-‐sorzio a ripensare il proprio impe-‐
Il perno del proget-to è l'incredibile
quantità di energia che potrebbe esse-
re prodotta.
Progetto DESERTEC: che fine ha fatto?
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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 16 - Ottobre/Dicembre 2013
publius-unipv.blogspot.comVia Villa Glori, 8 Pavia - Tel: 3409309590 - E-mail: [email protected]
Direttore responsabile: Giacomo GanzuRedazione: Nelson Belloni, Federico Butti, Laura Filippi, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Luca Lionello, Maria Vittoria Lochi, Ga-briele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Carlo Maria Palermo, Francesco Pericu, Elena Passerella, Gilberto Pelosi, Giovanni Salpietro, Giulio Saputo, Romina Savioni, Giulia Spiaggi, Francesco Violi, Gabriele Volpi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E. Editrice S.r.l
Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.
Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009
Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studentiDistribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
gno tanto che verso la @ine del 2012 due importanti aziende come Sie-‐mens e Bosch hanno abbandonato il consorzio. Il 27 giugno 2013, in se-‐guito ad una riunione straordinaria dei vertici del consorzio, anche la stessa Desertec Foundation ha la-‐sciato il consorzio dichiarando però che continuerà ad impegnarsi per il progetto a @ianco del DII. Con que-‐sto gesto, la fondazione ha voluto rimarcare la differenza tra il proget-‐to stesso e il clima di incertezza al-‐l'interno del DII così da non dare l’idea di condividere l’atteggiamen-‐to in base al quale il progetto può sembrare in una fase di stallo (oltre a questa motivazione, in realtà, c'erano anche delle visioni diverse nella gestione manageriale del pro-‐getto). Seppur nobile, il gesto della Deser-‐tec Foundation non può nascondere agli occhi del mondo e degli investi-‐tori che il progetto si trova in una fase critica. Se si analizza la situa-‐zione, il problema più grande per la realizzazione del progetto si trova negli intermediari politici con cui i
dirigenti della fon-‐dazione devono in-‐teragire. In campo europeo, l'esempio già citato della Spa-‐gna fa ri@lettere molto sull'esigenza immediata di un unico intermediario che faccia effetti-‐vamente l'interesse d e l l ' E u r o p a . E ' ormai risaputo che gli Stati europei non sono in grado di
garantirsi da soli il sostentamento energetico necessario e sono quindi costretti a comprare energia da paesi al di fuori dell'Unione, cau-‐sando così sia l'aumento del prezzo delle merci prodotte che risultano meno competitive sul mercato sia l'insicurezza di non avere sotto con-‐trollo la fonte di approvvigionamen-‐to dell'energia. Risulta quindi necessaria per l'Europa una rete elet-‐trica sovranazionale, come può essere quella del Desertec, che renda autosuf@iciente anche il vecchio continente. Pur-‐troppo @inché non ci sarà un governo europeo sarà l'interesse di ognisingola nazione a prevalere sull'interesse generale.Se guardiamo ai paesi dell'altra sponda del Mar Mediterraneo gli intermediari politici sono in alcune occasioni inesistenti. I cambi di equilibrio provocati da quella che viene chiamata la Primavera araba hanno fatto in modo che i rapporti tra la fondazione e i governi inte-‐
ressati da questo evento si inter-‐rompessero senza sapere quando sarà possibile riprenderli. Così una questione che doveva essere solo di interesse energetico è @inita per es-‐sere anche un problema di politica estera: infatti, l'Europa per poter garantire che il progetto Desertec possa @inalmente decollare deve necessariamente stabilizzare le zo-‐ne del Nord Africa per poter ripren-‐dere il dialogo con i diversi paesi. In teoria lo stesso progetto Desertec può contribuire a riportare l'ordine. La realizzazione e il funzionamento di un tale progetto potrebbe creare una solida base per lo sviluppo eco-‐nomico di questi paesi. Le aree de-‐sertiche, @ino ad oggi inutilizzate, potrebbero essere sfruttate per la creazione di nuovi posti di lavoro. Inoltre, gli investimenti sulle ener-‐gie rinnovabili farebbero diminuire l' estrazioni di petrolio che sono ad
oggi la spina dorsale delle esportazioni del Nord Africa, diminuendo così la dipendenza da esso. La domanda che ci si po-‐ne è come mai se poten-‐zialmente il progetto De-‐sertec può portare bene-‐@ici a tutti i paesi interes-‐
sati non è stato ancora valorizzato? Oltre alle dif@icoltà economiche il vero problema è appunto che il progetto non ha una vera spinta dal mondo della politica europea per-‐ché manca un governo che possa effettivamente decidere per tutti. Un’ulteriore ragione urgente per realizzare la Federazione Europea.
Paolo Filippi
Il problema più grande per la
realizzazione del progetto si trova negli interme-diari politici.