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Le recenti vicende del Go verno italiano hanno di mostrato, si può dire in modo inequivocabile, che l’Italia tutta, sia il paese, sia la politica, non può prescindere né dal quadro europeo attuale, né da un impegno coraggioso e te nace per rendere questo quadro più forte e all’al tezza delle s@ide che deve fronteggiare. Riprendendo le parole usate dal Presi dente Letta al Senato, nel discorso per chiedere la @iducia alle Camere il 2 ottobre, “abbiamo il dirit to di sognare gli Stati Uniti d'Europa, per noi e so prattutto per i nostri @igli... Ma non è più tempo solo di sogni. La buona batta glia per l'Europa, che se gnerà l'Europa dei pros simi 15 anni, si gioca ora, nel 2014... L'Italia può ar rivare forte e credibile al 2014 quando guideremo l'Europa per costruirla (e raccontarla) più unita, più solidale e più vicina ai cit tadini.... Possiamo sceglie re di chiuderci nel nostro cortile delle lotte di politi ca interna oppure possia mo giocare all'attacco, im pegnando tutte le nostre carte su quell'unione sempre più stretta tra i popoli europei, in cui in tendo impegnarmi nei prossimi mesi. La nostra prova arriva adesso: di mostriamo all'Europa in tera, con il nostro ambi zioso semestre, che non è un caso che il Trattato dal quale ha preso le mosse quella che poi sarebbe diventata l'Unione sia proprio il Trattato di Ro ma, il Trattato @irmato a Roma, il Trattato @irmato in Italia”. Il Governo è uscito comunque più forte e più credibile dalle vi cende che lo hanno porta to sull’orlo della crisi, e così pure sono apparse ancora più chiare le prio rità che il Presidente Letta ha voluto sottolineare, prima fra tutte quella eu Publius Per un’Alternativa Europea Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 16 - Ottobre/Dicembre 2013 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani Indice pag.1 Editoriale Publius pag.2 La Germania sceglie l’Europa Francesco Pericu pag.4 Quattro anni di crisi in Siria: un bilancio Giovanni Salpietro pag.7 Progetto DESERTEC: che ?ine ha fatto? Paolo Filippi “Abbiamo il diritto di sognare gli Stati Uniti d'Europa, per noi e soprattutto per i nostri figli... ...Ma non è più tempo solo di sogni. La buona battaglia per l'Europa si gioca ora, nel 2014" >> pag.3

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Publius - per un'alternativa europea. Numero 16, Ottobre - Dicembre 2013. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.

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Le  recenti  vicende  del  Go-­‐verno   italiano   hanno   di-­‐mostrato,   si   può   dire   in  modo   inequivocabile,   che  l’Italia   tutta,   sia   il   paese,  sia   la   politica,   non   può  prescindere  né  dal  quadro  europeo   attuale,   né   da   un  impegno   coraggioso   e   te-­‐nace   per   rendere   questo  quadro   più   forte   e   all’al-­‐tezza   delle   s@ide   che   deve  fronteggiare.  Riprendendo  le   parole   usate   dal   Presi-­‐dente   Letta   al   Senato,   nel  discorso   per   chiedere   la  @iducia   alle   Camere   il   2  ottobre,   “abbiamo   il   dirit-­‐to  di  sognare  gli  Stati  Uniti  d'Europa,   per   noi   e   so-­‐prattutto  per  i  nostri  @igli...  Ma   non   è   più   tempo   solo  

di   sogni.   La   buona   batta-­‐glia   per   l'Europa,   che   se-­‐gnerà   l'Europa   dei   pros-­‐simi   15   anni,   si  gioca   ora,  nel  2014...   L'Italia   può  ar-­‐rivare   forte   e   credibile   al  2014   quando   guideremo  l'Europa   per   costruirla   (e  raccontarla)  più  unita,  più  solidale  e  più  vicina   ai   cit-­‐tadini....   Possiamo  sceglie-­‐re   di   chiuderci   nel   nostro  cortile  delle   lotte  di  politi-­‐ca   interna   oppure   possia-­‐mo  giocare   all'attacco,  im-­‐pegnando   tutte   le   nostre  carte   su   quell 'unione  sempre   più   stretta   tra   i  popoli   europei,   in   cui   in-­‐tendo   impegnarmi   nei  prossimi   mesi.   La   nostra  prova   arriva   adesso:   di-­‐

mostriamo   all'Europa   in-­‐tera,   con   il   nostro   ambi-­‐zioso  semestre,   che   non  è  un  caso  che   il  Trattato  dal  quale   ha   preso   le   mosse  quella   che   poi   sarebbe  diventata   l'Unione   sia  proprio   il   Trattato   di   Ro-­‐ma,   il   Trattato   @irmato   a  Roma,   il   Trattato   @irmato  in   Italia”.   Il   Governo   è  uscito  comunque  più  forte  e   più   credibile   dalle   vi-­‐cende   che   lo  hanno  porta-­‐to   sull’orlo   della   crisi,   e  così   pure   sono   apparse  ancora   più   chiare   le   prio-­‐rità  che   il  Presidente  Letta  ha   voluto   sottolineare,  prima   fra   tutte   quella   eu-­‐

PubliusPer un’Alternativa Europea

Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 16 - Ottobre/Dicembre 2013

distribuzione gratuita

Giornale degli studentidell’Università di Pavia.

Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi

e di domani

Indice

pag.1  EditorialePublius

pag.2  La  Germania  sceglie  l’Europa

Francesco Pericu

pag.4  Quattro  anni  di  crisi  in  Siria:  un  bilancio

Giovanni Salpietro

pag.7  Progetto  DESERTEC:  che  ?ine  ha  fatto?

Paolo Filippi

“Abbiamo il diritto di sognare gli Stati Uniti d'Europa, per noi e soprattutto per i nostri figli...

...Ma non è più tempo solo di sogni. La buona battaglia per l'Europa si gioca ora, nel 2014"

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Le   elezioni   tedesche   sono   state   se-­‐guite   con   particolare   attenzione   in  tutta   Europa   come,   probabilmente,  mai  avvenuto  nella  sua  storia  recen-­‐te.   L’attesa   era   grande,   soprattutto  nei   Paesi   del   Sud,   maggiormente  colpiti  dalla   crisi   economica  e  con@i-­‐denti,   da   una   parte,   in   un   allenta-­‐mento   delle   politiche   di   austerità  suggerite   dalla   troika   e,   dall’altra,  come   auspicano   i   sostenitori   del  progetto   di   uni@icazione   europea,  nella   possibilità  di  riuscire  ad  avvia-­‐re   un   intervento   comune   europeo  capace   di   far   ripartire   le   loro   eco-­‐nomie,   particolarmente   colpite   da  disoccupazione   e  mancanza   di   com-­‐petitività.  In  queste  elezioni,   de@inite  da   alcuni  commentatori   il   primo   turno  eletto-­‐rale   europeo,   sono   emersi   alcuni  elementi   interessanti.  I  sondaggi   so-­‐no   stati   confermati   dalla   vittoria   di  Angela  Merkel  e  del   suo  partito,   che  ha  quasi  s@iorato  la  maggioranza   as-­‐soluta   dei   voti.   Il   nuovo  Bundestag  sarà   composto   inoltre   dai   Socialde-­‐mocratici   (SDP)   di   Peer  Steinbrück,  che   hanno   migliorato   di   tre   punti  percentuali   la   loro   performance   ri-­‐spetto  al  2009;  al  terzo  posto  la  Lin-­‐ke,   con   l’8.9%   delle   preferenze   e   i  Verdi,   scivolati   all’8%,   che   hanno  quindi   perso   circa   tre  punti   rispetto  alle   scorse  elezioni.  Il  grande  risulta-­‐to   riportato   dalla   Merkel  ha  dimostrato  nitidamen-­‐te   la  solidità   del  suo  pro-­‐getto  politico,   però  non   è  stato   suf@iciente   (manca-­‐no   cinque   seggi)   per   for-­‐mare   un   governo   monocolore   e  quindi   sarà   necessario   il   sostegno  parlamentare   da   parte   di   un’altra  forza  politica.Frau   Merkel,   sovente   de@inita   prin-­‐cipale   responsabile  delle  politiche  di  austerità   e   icona   dell’Europa   tede-­‐sca,  in  realtà  ha  sostenuto,  con  molta  più   convinzione   rispetto   ai   suoi  partner,   l’idea   di  una  maggiore   inte-­‐grazione   politica,   promuovendola  più  volte  sul  piano  europeo  e  non  ha  

negato   aiuto   ai   paesi   in   dif@icoltà,  sebbene   talvolta   con   ritardo.   Politi-­‐che   comunque   apprezzate,   in   gene-­‐rale,   dalla   stragrande   maggioranza  degli   elettori   tedeschi,   considerato  che,   all’interno   del   Bundestag,   vi   è  un   largo   consenso   sulla   strada   in-­‐trapresa   dal   Cancellierato.   Per  Mer-­‐kel,   quindi   è   una   vittoria   storica,   la  terza   consecutiva,   come   Adenauer  e  Kohl.  Ciononostante,   la   Germania   va   a   si-­‐

nistra:  infatti,   è   da   lì   che  dovranno   provenire   i  voti  per  formare  un  nuo-­‐vo   governo.   Probabil-­‐mente   dall’SPD   e   non  sarebbe  una  novità:  i  due  partiti   sono   molto   vicini  come   linea   politica,   mol-­‐to   labile   sotto  vari   punti  

di  vista   il  con@ine   tra   le  loro  posizio-­‐ni,   profondamente   af@ini   in   materia  di   politica   estera   ed   europea;   per  questo  Merkel   li   considera   alquanto  af@idabili.   Ma,   teoricamente,   sulla  base   dei  numeri,  da   sinistra  potreb-­‐be   esserci   una   clamorosa   svolta.   La  Merkel   potrebbe   anche   perdere   il  Cancellierato,   qualora   Linke,   SPD   e  Verdi  si  mettessero  d’accordo  per  un  governo   Rosso-­‐Rosso-­‐Verde,   mal-­‐grado  Steinbruck  abbia  più  volte   di-­‐

chiarato   di   non   gradire   un   accordo  con   la   Linke.   I  grandi   scon@itti   della  tornata   elettorale,   sono  stati  infatti  i  Liberali  (FDP),  al  governo  insieme  ai  Cristiano-­‐democratici   nella   scorsa  legisltaura  e  propugnatori  delle  poli-­‐tiche  di  austerità.  Sembra   comunque   fortunatamente  confermato   il   consenso  dei   tedeschi  sulle   questioni   fondamentali   del  paese,  in  particolare  modo  per  quan-­‐to  riguarda  la  politica  europea.  Difat-­‐ti,  quel  che  maggiormente  ha   tenuto  i  partner  europei  con  il  @iato  sospeso  è   stata   la   paura   dell’ingresso   nel  Bundestag   del   neonato   Alternative  für   Deutschland.   Il   “partito   dei   pro-­‐fessori”   ha   quasi   raggiunto,   in   ma-­‐niera   eccezionale,   il   quorum.     Ma  non  va  confuso  con  movimenti  gene-­‐rici,  populisti.  Del  gruppo  fanno  par-­‐te  persone   che   ragionano   fortemen-­‐te   su   un’alternativa   di   sistema,   cer-­‐cando   di   dare   risposte   diverse   al  “non  c’è  alternativa”,   più  volte   ripe-­‐tuto   dalla   Cancelliera.   È   un   partito  che   afferma   quel   che   nessuno   vuol  dire,   e   che   fa   discutere,   anche   fuori  dall’Europa.  Non  auspica  l’uscita  del-­‐la   Germania   dall’euro,  ma   piuttosto  l’uscita   di   paesi   come   la   Grecia   o  l’Italia,   propugnando     un’Eurozona  di   Stati   virtuosi,   escludendo   i   paesi  

La Germania sceglie l’Europa

La vera sfida politi-ca è tra chi vuole

andare avanti verso la Federazione eu-ropea e tra chi vuo-le tornare alla so-vranità nazionale

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con   problemi   strutturali,   così   da  evitare   di   dover   far   da   traino   al-­‐l’economia   europea.   La   non   vittoria  di   AfD   ha,   quindi,   fatto   ragionare  anche   se,   forse,   in   misura   molto  maggiore  all’esterno  della  Germania,  giacché   durante   i   dibattiti   elettorali  non  si   è   discusso  mai  di  politica   eu-­‐

ropea   (probabilmente   perché   vi   è  convergenza   tra   i   due  maggiori  par-­‐titi).  AFD  ha  infatti  contribuito  a  lan-­‐ciare   una   s@ida   all’Europa   come   or-­‐ganizzazione   politica,   dimostrando  la   straordinaria   attualità   del   lucido  pensiero  di  Altiero  Spinelli  nel  Mani-­‐festo   di   Ventotene:   “la   linea  di  divi-­‐sione  tra  partiti   progressisti   e  partiti  reazionari   cade   ormai   non   lungo   la  via   formale   della  maggiore   o  minore  democrazia,   del   maggiore   o  minore  

socialismo   da   istituire,   ma   lungo   la  nuovissima   linea   che   separa   quelli  che  concepiscono  come   @ine  essenzia-­‐le   della   lotta   politica   quello   antico,  cioè   la   conquista   del   potere   politico  nazionale  –  e  che   faranno,   se   pur   in-­‐volontariamente,   il   gioco   delle   forze  reazionarie   lasciando   solidi@icare   la  lava  incandescente  delle   passioni   po-­‐polari  nel  vecchio  stampo,  e  risorgere  le  vecchie  assurdità  –  e  quelli  che  ve-­‐dranno   come   compito   centrale   la  creazione   di   un  solido  Stato   interna-­‐zionale,   che   indirizzeranno   verso  questo  scopo  le   forze   popolari  e,   an-­‐che  conquistando  il  potere  nazionale,  lo  adopereranno   in   primissima   linea  come  strumento  per  realizzare  l’unità  internazionale”.  Ormai,  è  evidente  -­‐  e  le  prossime  elezioni  europee  lo  con-­‐fermeranno  -­‐  che  la  vera  s@ida  politi-­‐ca,  a   livello  nazionale,  è  tra  chi  vuole  andare   avanti   verso   la   Federazione  europea   e   tra   chi   vuole   tornare   alla  sovranità  nazionale,  ossia  allo  status  precedente   le   due   guerre   mondiali.  Se   la   storia   ha   da   insegnare,   è   chia-­‐rissimo   per  tutti   i   cittadini   di   quale  alternativa  stiamo  parlando.

Francesco  Pericu

AfD ha contribuito a lanciare una sfida all’Europa come

organizzazione politica

ropea,   che   rappresenta   la  condizione   necessaria   per  il  successo  di  ogni  politica  di   crescita   e   di   sostegno  all’occupazione.   Infatti   lo  stesso  giorno  il  Presidente  Letta  nella   replica  al  Sena-­‐to   ha   affermato:   “o   ri-­‐usciamo  a  modi@icare  pro-­‐fondamente  (in  Europa)  la  rotta   che   dobbiamo   tutti  insieme   percorrere,   oppu-­‐re   quello   che   possiamo  fare   qui   è   il  minimo”.   Per  la   tenuta   del   governo   ha  rivestito   un’importanza  fondamentale   la   circo-­‐stanza,   percepita   chiara-­‐mente   dalle   forze  più  con-­‐sapevoli,  che  un’instabilità  politica   italiana   avrebbe  da  un  lato  comportato  una  s@iducia   dei   mercati   nel-­‐l’Italia   e   dunque  un   innal-­‐zamento   dello   spread   e  un’impossibilità   per  il   no-­‐stro   paese   di   rispettare   i  vincoli   imposti   dall’Unio-­‐

ne,  dall’altro  messo   in  pe-­‐ricolo   la   stessa   Unione  economica   monetaria,   dal  momento   che   i   meccani-­‐smi  di  governance  dell’eu-­‐rozona,   così   come   oggi  con@igurati,  non  sarebbero  stati  in  grado  di  reggere  a  lungo   una   situazione   di  ingovernabilità  di  una  del-­‐le  economie  principali  del-­‐la  zona  euro.  La  prospetti-­‐va  europea  è  stata  dunque  un  elemento  che  ha  favori-­‐to   sia   la   stabilità   del   go-­‐verno,  sia  il  consolidarsi  di  uno  schieramento  di  forze  politiche   che   hanno   in  concreto,  più  o  meno  con-­‐sapevolmente,   fatta   pro-­‐pria   l’idea   che   l’orizzonte  delle   proprie   decisioni   e  scelte   politiche   non   può  limitarsi   al   quadro   nazio-­‐nale,  bensì  deve   estender-­‐si   al   livello   continentale.  In  assenza  di  un  passaggio  della   lotta   politica   da   un  orizzonte   nazionale   a   un  orizzonte   europeo,   e   dun-­‐

que   della   creazione   di   un  governo   sopranazionale,   i  progetti  politici  delle  forze  sia  di  destra  sia  di  sinistra  sono   infatti   destinati   a  rimanere   lettera   morta,  dal   momento   che   gli  Stati  da  un  lato  sono  ormai  pri-­‐vi   dei   poteri   che   ne   con-­‐sentirebbero   la   messa   in  opera,  ma  dall’altro  non  si  sono   spogliati   della   loro  sovranità  per  entrare  a  far  parte  di  uno  Stato  federale  europeo,   impedendo   in  questo   modo   che   i   pro-­‐blemi   siano   affrontati   ad  un   livello   adeguato   alla  loro   dimensione.   Il   pas-­‐sagg io   da   un ’Europa  frammentata   in   Stati   na-­‐zionali   sovrani  a   un’Euro-­‐pa  federale  è  dunque  inte-­‐resse  di  tutte  le  forze  poli-­‐tiche   responsabili   in   ogni  paese,   in   quanto   essa   co-­‐stituisce   la   precondizione  perché   i   valori   sui   quali  tali   forze   si   fondano   e   gli  obiettivi   che   esse   si   pro-­‐

pongono  trovino   una   rea-­‐lizzazione.   La   condizione  necessaria   af@inché   tale  allargamento   di   orizzonte  si   realizzi   e   la   politica   ri-­‐prenda   dunque   la   sua   ca-­‐pacità   di   dare   risposte   ef-­‐@icaci  ai  problemi  e  di  rap-­‐presentare   un   confronto  tra   differenti   visioni   della  realtà   è   tuttavia  che   si  dia  vita,  almeno  tra  i  paesi  che  hanno  rinunciato  alla   pro-­‐pria   moneta   nazionale,   a  un  governo  federale.  L’Ita-­‐lia   gioca   un   ruolo   essen-­‐ziale   in   tale   battaglia.   co-­‐me   ha   ricordato   il   Presi-­‐dente   Letta,   se   il   governo  italiano   manterrà   questa  promessa,   un   passo   deci-­‐sivo   nella   direzione   della  creazione   di   una   demo-­‐crazia  sopranazionale  sarà  stato   compiuto   e   la   crea-­‐zione   di   una   federazione  dell’eurozona   sarà   più   vi-­‐cina.

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Segnalazioni bibliografiche“Equilibrio o egemonia” di Ludwig Dehio

(Ed. Il Mulino, 1988)Questo   libro   rappresenta   un  caposaldo   fondamentale   per  capire  la  Storia  dagli  inizi  del  Seicento   @ino   alla   Seconda  Guerra   Mondiale.   Il   titolo  rappresenta   l a   s in tes i  estrema   a   una   questione  vuoi   tragica   quanto   appas-­‐sionante:   di   chi   è   la   colpa  della   Seconda   Guerra   Mon-­‐diale?La   Germania,   per   l’autore,  non   è   la   colpevole.   Se   pro-­‐prio   bisogna   individuare   un  colpevole   a   tutte   le   tragedie   del   continente   europeo  nei  cinque  secoli   che  vanno  dalle   scoperte  delle   Ame-­‐riche   @ino   alla   @ine   della   Seconda   guerra   mondiale,  questo  si  chiama  sistema  europeo  degli  Stati.  Un   sistema   che   conosce   solo   una   legge:   equilibrio   o  egemonia.  Dehio,   riprendendo   il   concetto   di   ragion  di   Stato,   af-­‐ferma   anzitutto   che   lo   sviluppo   interno   di   uno   Stato  dipende   dal   carattere   delle   sue   relazioni   esterne.   Se  uno  Stato  conosce  un  tipo  di   relazioni  di  carattere   in-­‐sulare   (come   l’Inghilterra   o,   senza   alcun   pericolo  esterno  e   con@inante,  come   gli  Stati  Uniti),   allora  non  esistono  tensioni  esterne  che  causano  l’accentramento  del  potere  per  la  creazione  e  il  mantenimento  di  gran-­‐di  eserciti  terrestri,  dato  che  la   sicurezza   viene  garan-­‐tita  dal  controllo  dei  mari;  l’assenza  di  pericoli   immi-­‐nenti  permette  al  Paese  di  evolvere  lentamente   verso  forme   liberali  di  governo  e   di   vita   politica  democrati-­‐ca.   Invece   lo   Stato   terrestre   è   quello  che,   con@inando  appunto   con   altri   Stati,   deve   garantire   la   sicurezza  esterna   attraverso   l’organizzazione  di   costosi   eserciti  terrestri:  è   necessario  un   sistema   accentrato   (se  non  assolutistico)  e  verticistico  della  presa  di  decisioni  do-­‐ve  il  sistema  politico  illiberale  si  evolve  solo  a  colpi  di  rivoluzioni   traumatiche.   Quindi   si   ha   un   “sistema   di  Stati”   tutte  le   volte  che  un  gruppo  di  Stati  sovrani  rie-­‐sce  a  creare  una  situazione  di  equilibrio  -­‐  sempre  pre-­‐cario  -­‐  @ino  a   che  uno  di  loro  diventi  il  più  forte  e  tenti  di   conquistare   ed   egemonizzare   i  vicini   che   compon-­‐gono   il  resto  del   sistema.  La  Germania  non  è   che   l’ul-­‐timo  paese  che  ha  tentato  di  “egemonizzare”  l’Europa  –  per  due   volte   –  così  come   nel  passato   era   accaduto  con  la  Spagna  di  Carlo  V  e  Filippo  II  e  con  la  Francia  di  Luigi   XIV   e   di  Napoleone.   Però,   tutte   le   volte   che   in  Europa,   il  Paese  più   forte  tentasse   la  via  della  conqui-­‐sta  egemonica,  gli  altri  Stati  creavano  grandi  coalizioni  per  bilanciare   il  potere  del  più   forte   e   solamente   gra-­‐zie   al   supporto  delle  potenze  –  marittime   e   insulari  –  

periferiche   (Inghilterra,  Russia   e   USA)   riuscivano   a  vincere.   E   mentre   i   paesi  del  Vecchio  Continente  con-­‐tinuavano   le   loro   guerre  intestine,  le  potenze  laterali  assurgevano  poco  a  poco  al  rango   di   potenze   continen-­‐tali  tali  da  far  diventare  dei  nani  le  potenze  europee.  Le  due   guerre   mondiali   pos-­‐sono   essere   lette   come   il  tragico  e  sbagliato  tentativo  della  Germania  di  diventare  

una   potenza   mondiale   attraverso   l’egemonia   sull’Eu-­‐ropa,  illusa  di  poter  vincere   da   sola   contro  potenze  di  dimensioni  continentali  quali  USA  e  URSS.  La  @ine  della  Seconda   guerra   mondiale   segna   appunto   l’agonia   del  sistema   europeo   degli   Stati   e   l’inizio   del   sistema  mondiale  degli  Stati  retto  dal  bipolarismo  USA-­‐URSS.  Le  conclusioni  a  cui  giunge  Dehio  sono  chiare  al  letto-­‐re   attento.   La   prima   concerne   l’Europa:   deve   saper  trovare   l’unità   politica   in   senso  paci@ico   attraverso   la  creazione  di  una  Federazione.  La   seconda  concerne   la  storiogra@ia:  “la   storia  non  deve   più   additare   la   conti-­‐nuità,  come  un  tempo,  ma  deve  additare  la  rottura”.  La  terza   concerne   il   mondo:   equilibrio   o   egemonia   è   la  legge  che  purtroppo  ha  retto  la  vita  organizzata  statale  @ino  ai  giorni  nostri,  ma  non  deve  assolutamente  esse-­‐re  questa  la   nostra  regola  di  vita.  Il  compito  dello  sto-­‐rico  si  ferma  per  lasciar  posto  alla  fede,  alla  speranza  e  all’impegno   politico   per   costruire   un   mondo   nuovo  dove   la   ragione  politica   superi  il  passato  fatto  di   lotte  per  il  potere  e  barbarie.  

Ludwig  Dehio  è   nato  a  Koenigsberg  nel  1888.  Nel   pe-­‐riodo  tra   le  due  guerre  mondiali  ha  lavorato  negli  ar-­‐chivi   di   Stato   prussiani   a   Berlino   e   Charlottemburg.  Dopo  il  1945  ha  diretto  l’archivio  di  Stato  di  Marburg,  e  l’annessa  scuola  archivistica,  è  stato  professore  ono-­‐rario  di   Storia   medioevale   e   moderna   nell’Università  di  Marburg   e   direttore   della  Historische   Zeitschrift,   la  più  autorevole  rivista  storica  tedesca.  E’  morto  a  Mar-­‐burg,   nel   1963.   La   sua   opera   di   maggiore   impegno  è  Gleichgewicht  oder  Hegemonie,  Scherpe  Verlag,  Krefeld  1948   (trad.  it.,   con  prefazione  di  Sergio  Pistone,  Equi-­‐librio  o  egemonia,  Bologna,  Il  Mulino,  1988).  

Scheda personaggioLudwig Dehio

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Quattro anni di crisi in Siria: un bilancioDa   quando   la   Siria   nel   2009   venne  coinvolta   nel   fenomeno   della   “Pri-­‐mavera   araba”   ,   la   sua   situazione  interna   è   profondamente   mutata.   I  movimenti   di   ispirazione   democra-­‐tica   e   laica   che   avevano   dato   il   via  alle   proteste   contro   il   regime   di  Bashar   al-­‐Assad,   non   sono  riusciti   a   prendere   il   so-­‐pravvento  e  ad  assumere  il  ruolo  di  alternativa   forte   al  regime.   Al   loro   posto   però  si   sono   fatti   avanti   gruppi  organizzati   di   estremisti  islamici,   alcuni  riconducibi-­‐li   ad   al-­‐Qaeda,   che   hanno  fatto   sprofondare   il   paese  nella   guerra   civile   e   nel  caos.  La  realtà  che  adesso  ci  si  presenta  davanti   in   Siria  vede   infatti  una  molteplici-­‐tà   di   soggetti   in   con@litto:  da   una   parte   le   forze   go-­‐vernative   fedeli   ad   Assad,  dall’altra   una   moltitudine  di   gruppi   armati,   molti   dei  quali   provenienti   da   oltre   i  con@ini   siriani,   privi   di   un  coordinamento   o   una   lea-­‐dership  comune,  che   cerca-­‐no   di   occupare   con   la   forza   città   e  punti   strategici   all’interno   del   pae-­‐se.   A  questi   bisogna   aggiungere   an-­‐che  la  presenza  di  un’ulteriore  cate-­‐goria  di  gruppi  armati   che  si  dedica  a   veri   e   propri   atti   di   brigantaggio,  aumentando   l’instabili-­‐tà   interna.   In   tale   qua-­‐dro   è   sicuramente   la  popolazione   civile   a  pagare   il   prezzo   più  elevato.   Le   cifre   parla-­‐no  ormai  di  oltre   1  mi-­‐lione   tra   sfollati,   rifu-­‐giati   e   profughi,   molti  dei   quali   riescono   a  trovare  riparo  nei   pae-­‐si   vicini,   in   particolare  Turchia,   Libano  e  Gior-­‐dania,   ma   non   sono  pochi  quelli   che  cercano  di  raggiun-­‐gere   l’Europa.   Mentre   le   condizioni  di  vita  per  chi  rimane  all’interno  del  

paese   vanno   via   via   peggiorando  non   solo   a   causa   dell’imperversare  della   guerra,  ma  anche  per  via  delle  persecuzioni   contro   alcune   mino-­‐ranze  etnico-­‐religiose,  in  particolare  cristiani   ed   alawiti,   questi   ultimi  accusati  di  avere   sostenuto  da  sem-­‐

pre  la  famiglia  Assad.  Sul   piano   internazionale   la   situa-­‐zione  non  risulta  essere  meno  com-­‐plicata.   Alcune  delle   potenze   regio-­‐nali   come   Turchia   Iran   ed   Israele  hanno  giocato  e   giocano  tutt’ora  un  ruolo   cruciale.   La   Turchia   @in   dal-­‐

l’inizio   ha   sostenuto   gli  oppositori   di   Assad,  dando   rifugio   al   Consi-­‐glio   nazionale   siriano,  organo   che   avrebbe   do-­‐vuto   racchiudere   tutti   i  movimenti   contro   il   re-­‐gime,   ma   che   oggi   sem-­‐bra  aver  perso  l’effettiva  capacità   di  rappresenta-­‐re   un   punto   di   riferi-­‐mento.Più   di   una   sono  state   le  dichiarazione  di  membri  

del   governo  turco,   alcune   anche  re-­‐centi,   a   favore   di   un   intervento   ar-­‐mato.   L’Iran,   @ino  alla  presidenza  di  

Ahmadinejad,   è   stato   invece   sul  campo   opposto,   in   pieno   appoggio  al  regime  fornendo  armi  e  addestra-­‐tori.  Israele   è   stata   @in   dallo   scoppiare  delle   rivolte   preoccupata   che   i  gruppi   estremisti   potessero   pren-­‐

dere   il   sopravvento   nella   regione  diventando   dunque   una   potenziale  minaccia.   Negli  ultimi  mesi   ci   sono  già   stati  dei   raid  rivendicati   dal   go-­‐verno   di   Tel-­‐Aviv   secondo   il   quale  sarebbero   stati   colpiti   dei   siti   in  mano   a   ribelli   in   possesso   di   armi  chimiche.  E’   proprio  l’uso  delle  armi  chimiche  contro  la  popolazione  civile  avvenu-­‐to  questa  estate  ad  aver  riportato  la  Siria   al   centro   dell’attenzione   me-­‐diatica   in   Occidente.   Anche   tra   le  grandi   potenze   è   presente   una  spaccatura   tra   USA,   Francia   e   Gran  Bretagna,  che   cercano  di   rovesciare  il  regime,  mentre  è  la  Russia  a  costi-­‐tuire   il  principale  “alleato”  sul  piano  diplomatico  (oltre  che   su  quello  dei  rifornimenti  di  armi  e   capitale)   per  Assad.   L’episodio   dell’attacco   chi-­‐mico   contro   civili,   con   le   immagini  delle   vittime   su   tutti   i   principali  network   occidentali,   ha   dato   una  

Tra le grandi potenze è presente una spac-catura tra USA, Fran-cia e Gran Bretagna, che cercano di rove-

sciare il regime, men-tre è la Russia a co-stituire il principale

“alleato” sul piano di-plomatico per Assad.

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apparente   accelerata  verso   l’intervento   arma-­‐to.   La   coalizione   già   in-­‐tervenuta   in   Libia   fatta  da   Stati   Uniti,   Francia   e  Gran  Bretagna   sembrava  sul   @inire   dell’estate  pronta   ad  un  intervento,  in  virtù  del  principio  del-­‐le   Nazioni   Unite   della  “responsabilità   di   pro-­‐teggere”,   contro   il   regi-­‐me   di   Assad   accusato   di  aver   intenzionalmente  utilizzato   armi   chimiche  contro   civili.   In   realtà,  sebbene   tali   paesi   so-­‐stengano   di   averne   le  prove,   non   è   scontato  che   siano   state   le   forze  governative  ad  aver  fatto  uso  delle   armi   chimiche,  poiché  è  altamente  plau-­‐sibile   che   anche   i   ribelli  abbiano  accesso   a   tale   tipo  di  arse-­‐nale.  I  piani   di   intervento  militare   tutta-­‐via  non  sono  stati  portati  avanti  per  diversi  motivi.  Come  primo  punto  vi  è   il   ritiro   della   Gran   Bretagna   dal  fronte  degli  interventisti,   per  via  di  una  mozione  del  Parlamento  inglese  che   esclude   l’intervento   armato.  D’altro   canto   Germania   e   Italia   si  sono   dichiarate   contro   qualsiasi  forma  di  intervento  al  di  fuori  delle  giurisdizione  ONU,   ri@iutando  anche  il   sostegno   logistico  alle   operazioni.   Altro  motivo   è   il   ruolo  della  Russia   che   contraria   a  qualsiasi   forma   di   atto  ostile   ad     Assad   e   al  suo   regime   ha   appog-­‐giato   la   tesi   che   ve-­‐drebbe   attribuita   ai  ribelli  la   responsabilità  dell’uso   delle   armi  chimiche,   ed   è   riuscita  ad  ottenere  un  accordo  che   prevede   la   messa  in   sicurezza   dei   depo-­‐siti  di  armi  chimiche   in  Siria   attraverso   una  supervisione   interna-­‐zionale,   togliendo  dun-­‐que   il   “movente”   alla   coalizione   dei  volenterosi.   Anche  gli   altri   BRICS   si  sono   schierati   contro   l’intervento  

armato,  ritenendo  che  un  eventuale  con@litto   nell’area   avrebbe   potuto  destabilizzare   l’economia   interna-­‐zionale.   Del   resto   sono   bastate   le  semplici   voci   di   un   intervento   per  far  aumentare  rapidamente   il   costo  del  petrolio.In@ine  sono  stati  determinanti  anche  i   dubbi   riguardo   l’ef@icacia   di   una  azione   militare   sul   territorio.   Visto  l’esempio  della   Libia,  dove   la   situa-­‐zione  ancora  oggi  è   lungi  dall’essere  stabile,   si   teme   che   la   mancanza   di  

un   punto  di   riferimento  forte   per   un   eventuale  “post-­‐Assad”,   possa   co-­‐munque   lasciare   il  Paese  in   una   situazione   di   in-­‐stabilità   e   caos   che   per  essere   tenuta   sotto   con-­‐trollo   necessiterebbe   di  un  tipo  di  intervento  che  vada   oltre   l’utilizzo   del-­‐l’aviazione   (come   sem-­‐brava   dovesse   avveni-­‐re),  ma  arrivi   a  formula-­‐re   un   piano   di   occupa-­‐zione   prolungata   con  truppe  di  terra  con  inge-­‐sti   costi   e   senza   la   cer-­‐tezza   che   si   ottengano  risultati,   come   avvenuto  

in  Afghanistan  e  Iraq.  La  crisi  siriana  dunque  risulta  avere  conseguenze   che   vanno   ben   oltre   i  

propri   con@ini.   Il   contrapporsi   delle  potenze   regionali,   le   dimostrazione  di  forza  di  Stati  Uniti  e  Russia,  il  ten-­‐tativo  di  Francia   e  Gran  Bretagna  di  tornare  a  giocare  un  ruolo  nell’area,  mettono   a   forte   rischio   la   stabilità  peraltro  precaria  di   tutta   l’area  me-­‐diorientale   trasformandola   in   una  polveriera  pronta  ad  esplodere.  E’   evidente   che   nell’arco   di   tutta   la  vicenda   siriana,   cosi   come   per   le  Primavere   arabe   nel   Mediterraneo,  risulta   essere   stata   drammatica   la  mancata   presenza   di   una   politica  estera   europea   comune   che   avesse  potuto   fare   da   ago   della   bilancia  nella   contrapposizione   tra   le  grandi  potenze  e  che  avrebbe  potuto  avere  un   ruolo   più   determinante   nel   so-­‐stenere  quelle  prime  forze  di  prote-­‐sta  realmente  democratiche  e  laiche  che  invece  risultano  ora  essere  state  abbandonate   lasciando   spazio   a  movimenti   più   radicali.   Se   l’Europa  non  diventa  capace  di  assumere  una  politica   comune,   verrà   persa   l’op-­‐portunità   di   poter  gettare   un  ponte  basato  sul  dialogo  tra   le  due  sponte  del  Mediterraneo  che  avrebbe  potu-­‐to  dare   inizio  ad  un  percorso  di  de-­‐mocratizzazione  e  paci@icazione  del-­‐l’area.

Giovanni  Salpietro

E’ evidente che nel-l’arco di tutta la vi-cenda siriana, cosi

come per le Primave-re arabe nel Mediter-raneo, risulta essere stata drammatica la mancata presenza di una politica estera

europea comune che avesse potuto fare da ago della bilancia nel-la contrapposizione

tra le grandi potenze.

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Come   mai   non   si   sente   più   parlare  del   progetto   Desertec?   Oltre   alla  crisi   economica,   i  motivi   sono  prin-­‐cipalmente  di  natura  politica.Desertec   è   un   progetto  da   400  mi-­‐liardi  di  euro  che   prevede   la   realiz-­‐zazione   di   numerose   centrali   elet-­‐triche   (principalmente   ad   energia  solare)  nel  Nord  Africa   e   nel  Medio  Oriente  collegate  tra  loro  e  con  altre  centrali  europee  tramite  un'  innova-­‐tiva   rete   elettrica   (Super-­‐grid)   in  grado   di   soddisfare   il   15%   del   fab-­‐bisogno  energetico  europeo.  Il  tutto  è  previsto  entro    il  2050.  Il  perno  del  progetto   è   l'incredibile   quantità   di  energia  che  potrebbe  essere  prodot-­‐ta  in   zone  come   il  deserto  del  Saha-­‐ra  dove   i   raggi   solari     colpiscono   la  Terra  con  maggior  forza.  Questo  progetto  venne   ideato  tra   il  2003   e   il  2007   grazie   al   contributo  di   una   rete   di   politici,   istituti   di   ri-­‐

cerca  ed  economisti   chiamata   TREC  (Trans-­‐Mediterranean   Renewable  Energy  Cooperation).  Da  questa  rete  nacque   nel  2009   la   Desertec   Foun-­‐dation,   una   fondazione   no-­‐pro@it  con  l'obbiettivo  di  diffondere   e   rea-­‐lizzare  questo  progetto.Una   tale   progetto   non   poteva   che  attrarre   numerosi   ed   importanti  investimenti  da   parte  di  aziende   che   volevano  entrare   a   far   parte   di  questa   impresa.   Così  venne   creato   il   consor-­‐zio   DII   (Desertec   Indu-­‐strial   Initiative)   che  vanta   la   presenza   delle  italiane   Enel   e   Terna,  della   tedesca   Eon   e   Rwe   e   di   altre  importanti  aziende.   Anche   la   stessa  Desertec   Foundation   entrò   a   far  parte  del  consorzio.L'entusiasmo   che   però   contraddi-­‐

stinse   i  primi  anni  di  duro   lavoro  si  è   lentamente   spento   con   l'accen-­‐tuarsi   della   crisi   economica   e   del-­‐l'instabilità   politica   di   quei   paesi  come  Egitto  e  Libia  che  si  trovano  al  centro  del  progetto.  Inoltre,  anche  le  enormi   dif@icoltà   che   il  progetto   in-­‐contra   con   le  divergenti   scelte   poli-­‐tiche  dei  singoli  paesi  europei  mette  

più   di   un   dubbio   sulla  possibile   realizzazione  del   progetto.   Per   esem-­‐pio   nel   2012   la   Spagna  ha   ri@iutato   di   @irmare  una   dichiarazione   di  intenti  che  prevedeva  di  collegare   la   rete   elettri-­‐ca   del   Marocco   con  

quella   europea   tramite   il   suo   terri-­‐torio.Questa   situazione   di   incertezza   ha  portato   numerosi   partner   del   con-­‐sorzio   a   ripensare   il   proprio   impe-­‐

Il perno del proget-to è l'incredibile

quantità di energia che potrebbe esse-

re prodotta.

Progetto DESERTEC: che fine ha fatto?

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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 16 - Ottobre/Dicembre 2013

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Direttore responsabile: Giacomo GanzuRedazione: Nelson Belloni, Federico Butti, Laura Filippi, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Luca Lionello, Maria Vittoria Lochi, Ga-briele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Carlo Maria Palermo, Francesco Pericu, Elena Passerella, Gilberto Pelosi, Giovanni Salpietro, Giulio Saputo, Romina Savioni, Giulia Spiaggi, Francesco Violi, Gabriele Volpi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E. Editrice S.r.l

Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.

Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009

Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studentiDistribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic

gno  tanto  che  verso  la   @ine  del  2012  due   importanti   aziende   come   Sie-­‐mens  e  Bosch  hanno  abbandonato  il  consorzio.   Il   27  giugno  2013,   in  se-­‐guito  ad  una   riunione  straordinaria  dei   vertici   del   consorzio,   anche   la  stessa   Desertec   Foundation   ha   la-­‐sciato  il  consorzio  dichiarando  però  che  continuerà   ad   impegnarsi  per  il  progetto  a   @ianco   del  DII.   Con  que-­‐sto   gesto,   la   fondazione   ha   voluto  rimarcare  la  differenza  tra  il  proget-­‐to  stesso  e   il  clima   di   incertezza   al-­‐l'interno   del   DII   così   da   non   dare  l’idea   di   condividere   l’atteggiamen-­‐to   in   base   al   quale   il   progetto   può  sembrare  in  una   fase  di  stallo  (oltre  a   questa   motivazione,   in   realtà,  c'erano   anche   delle   visioni   diverse  nella   gestione  manageriale  del   pro-­‐getto).  Seppur  nobile,   il   gesto  della   Deser-­‐tec  Foundation  non  può  nascondere  agli  occhi  del  mondo  e  degli  investi-­‐tori   che   il   progetto   si   trova   in   una  fase   critica.   Se   si   analizza   la   situa-­‐zione,   il  problema  più  grande  per  la  realizzazione   del   progetto   si   trova  negli   intermediari   politici   con   cui   i  

dirigenti   della   fon-­‐dazione   devono   in-­‐teragire.   In   campo  europeo,   l'esempio  già   citato   della   Spa-­‐gna   fa   ri@lettere  molto   sull'esigenza  immediata   di   un  unico   intermediario  che   faccia   effetti-­‐vamente   l'interesse  d e l l ' E u r o p a .   E '  ormai   risaputo   che  gli  Stati  europei  non  sono   in   grado   di  

garantirsi   da   soli   il   sostentamento  energetico  necessario  e  sono  quindi  costretti   a   comprare   energia   da  paesi   al   di   fuori   dell'Unione,   cau-­‐sando  così  sia   l'aumento  del  prezzo  delle   merci    prodotte   che   risultano  meno   competitive   sul   mercato   sia  l'insicurezza  di  non  avere  sotto  con-­‐trollo  la  fonte  di  approvvigionamen-­‐to   dell'energia.   Risulta  quindi   necessaria   per  l'Europa   una   rete   elet-­‐trica   sovranazionale,  come   può   essere   quella  del   Desertec,   che   renda  autosuf@iciente   anche   il  vecchio   continente.   Pur-­‐troppo  @inché  non  ci  sarà  un  governo  europeo  sarà  l'interesse  di   ognisingola   nazione   a   prevalere  sull'interesse  generale.Se   guardiamo   ai   paesi   dell'altra  sponda   del   Mar   Mediterraneo   gli  intermediari   politici   sono  in   alcune  occasioni   inesistenti.   I   cambi   di  equilibrio   provocati   da   quella   che  viene   chiamata   la   Primavera   araba  hanno  fatto   in   modo  che   i   rapporti  tra   la   fondazione   e   i   governi   inte-­‐

ressati   da   questo   evento   si   inter-­‐rompessero   senza   sapere   quando  sarà   possibile   riprenderli.   Così   una  questione  che  doveva  essere  solo  di  interesse  energetico  è   @inita  per  es-­‐sere   anche   un   problema   di   politica  estera:   infatti,   l'Europa   per   poter  garantire   che   il   progetto   Desertec  possa   @inalmente   decollare   deve  necessariamente   stabilizzare   le   zo-­‐ne  del  Nord  Africa  per  poter  ripren-­‐dere  il  dialogo  con  i  diversi  paesi.  In  teoria   lo   stesso   progetto   Desertec  può  contribuire  a  riportare  l'ordine.  La   realizzazione  e   il   funzionamento  di  un  tale   progetto  potrebbe   creare  una  solida  base  per  lo  sviluppo  eco-­‐nomico  di  questi  paesi.   Le   aree  de-­‐sertiche,   @ino   ad   oggi   inutilizzate,  potrebbero   essere   sfruttate   per   la  creazione   di   nuovi   posti   di   lavoro.  Inoltre,   gli   investimenti   sulle   ener-­‐gie   rinnovabili   farebbero  diminuire  l'  estrazioni  di   petrolio  che  sono  ad  

oggi  la  spina  dorsale  delle  esportazioni   del   Nord  Africa,  diminuendo  così  la  dipendenza  da  esso.  La   domanda   che   ci   si  po-­‐ne   è   come   mai   se   poten-­‐zialmente   il   progetto  De-­‐sertec   può   portare   bene-­‐@ici   a   tutti   i  paesi   interes-­‐

sati  non   è   stato  ancora   valorizzato?  Oltre   alle   dif@icoltà   economiche   il  vero   problema   è   appunto   che   il  progetto  non  ha  una  vera  spinta  dal  mondo   della   politica   europea   per-­‐ché   manca   un   governo   che   possa  effettivamente   decidere   per   tutti.  Un’ulteriore   ragione   urgente   per  realizzare  la  Federazione  Europea.  

Paolo  Filippi

Il problema più grande per la

realizzazione del progetto si trova negli interme-diari politici.