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Lezioni interdisciplinari per le classi quinte del LES | Italo M. Scrocchia
* QUADERNI LES LICEO POERIO A.S. 2012/2013
2
PREMESSA ..................................................................................................................................................... 3
RIPARTIZIONE PER ETÀ DELLA POPOLAZIONE ............................................................................... 6
IL MODELLO DI CRESCITA DI HARROD-DOMAR............................................................................ 73
STRUTTURA ............................................................................................................................................... 73
THE RAZOR’S EDGE (IL FILO DEL RASOIO) ..................................................................................... 75
IL MODELLO SOLOW-SWAN .................................................................................................................. 77
LA STRUTTURA DI BASE ........................................................................................................................ 77
L’EQUAZIONE DINAMICA FONDAMENTALE PER LO STOCK DI CAPITALE ............................ 79
FIGURA1.2 ................................................................................................................................................... 81
LA REGOLA D’ORO DELL’ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE E L’INEFFICIENZA DINAMICA
........................................................................................................................................................................ 82
RITARDO, RINCORSA E CONVERGENZA Β ASSOLUTA E CONDIZIONATA .............................. 86
IL PROGRESSO TECNOLOGICO ............................................................................................................. 87
IMPOSTAZIONE DEL MODELLO ........................................................................................................... 91
LE FAMIGLIE .............................................................................................................................................. 91
LE CONDIZIONI DEL PRIMO ORDINE ................................................................................................. 94
LE IMPRESE ................................................................................................................................................ 98
L’EQUILIBRIO ............................................................................................................................................ 99
LA CRESCITA UNIFORME ..................................................................................................................... 101
DINAMICHE DI TRANSIZIONE ............................................................................................................ 103
3
Premessa
Questo lavoro nasce dalla collaborazione di un’équipe di studenti ma soprattutto amici del Corso di
Laurea Specialistica in Statistica per le Decisioni Socioeconomiche e Finanziarie (S.D.S.E.F.)
dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” i quali, attraverso un fitto dialogo ed un continuo
scambio di idee, hanno contribuito a rendere concreto un progetto fortemente voluto dal Prof. Italo
M. Scrocchia. Di tale gruppo si ritiene necessario evidenziare il contributo degli allora solo studenti
ed oggi giovani italiani nel mondo Paolo Bolsi, Nicola Dileo e Dario Sciancalepore1.
Scopo del presente lavoro è quello di fornire un bagaglio minimo di strumenti quantitativi2 per
l’analisi dei fenomeni della crescita che consenta agli studenti delle classi quinte del liceo
economico sociale di cogliere le idee di base di un fenomeno,quale quello economico, così
complesso ed in continua evoluzione.
Non sembri strano aver, tra le altre cose, forniti alcuni rudimenti di analisi demografica della
crescita e dello sviluppo delle popolazioni. I fenomeni della crescita e dello sviluppo socio-
economico, nonché le relative politiche governative che ne tentano il controllo, non possono essere
slegati dai fenomeni demografici ad essi connessi; e questo per almeno due ordini di ragioni:
1) la dinamica delle risorse è intimamente legata allo sviluppo della popolazione in quanto essa è
causa ed effetto delle stesse; basti pensare che la maggior parte delle analisi di crescita e di
sviluppo parte dalla dichiarazione della cosiddetta “funzione della produzione” che coinvolge
sia il fattore capitale che il fattore lavoro legato a sua volta alle vicende dell’andamento della
popolazione;
2) una corretta programmazione delle risorse economiche ed ambientali non può prescindere da
previsioni di tipo demografico; basti pensare, ad esempio, agli effetti che una non corretta e
disattenta programmazione delle risorse può avere sulla sostenibilità nel tempo di un sistema
pensionistico e previdenziale.
Il materiale esposto presenta un livello abbastanza elementare di matematica, che si può dare per
acquisito già con studi di liceo, per chi ha già studiato gli elementi di analisi matematica. In
particolare si fa un uso limitato ed elementare del calcolo differenziale ed integrale, dando per
scontato un corretto uso dell’algebra dei logaritmi.
Infine si vuole ricordare che, pur non essendo la matematica in sé lo scopo ultimo dell’economista,
essa rappresenti, un utile strumento di supporto3 che è bene che lo studente impari a “maneggiare”
correttamente nelle elaborazioni dei modelli economici al fine di potenziare l’analisi e la
comprensione delle situazioni concrete che si presentano e si presenteranno nel corso della sua
futura vita professionale (di economista, di sociologo, di dottore commercialista o di consulente di
Marketing) e anche, diciamolo pure, “per levare dalla strada” una disciplina che soffre della
presenza ad ogni angolo di esperti o sedicenti tali che, senza il rigore della logica e della coerenza,
che solo con la matematica si raggiunge, vendono per buone teorie4 che di tale hanno solo il nome.
1 In rigoroso ordine alfabetico.
2 Un po’ in ordine sparso per la verità, non avendo esse la presunzione di costituire un manuale, almeno al momento.
3 «Toolkit» per utilizzare la terminologia anglosassone.
4 Sarebbe meglio dire congetture.
4
ELEMENTI DI DINAMICA DELLA POPOLAZIONE NEL CONTINUO
Le popolazioni: Relazioni generali
Supponiamo che il variare nel tempo dell’ammontare della popolazione P venga rappresentato
mediante la funzione tP che gode delle proprietà matematiche della continuità, derivabilità e
integrabilità; per ipotesi, lo stesso vale per il suo tasso di incremento r , rappresentabile mediante la
funzione tr .
L’incremento istantaneo tr si ricava per mezzo del seguente passaggio al limite:
tP
t
tPttPlimt
0
da cui divedendo per tP si ottiene l’incremento relativo tr :
trtPlnDtP
tP
tPt
tPttPlimt
0
Dove l’espressione tPlnD indica la derivata del logaritmo naturale o neperiano della
popolazione, o più semplicemente, la derivata logaritmica della funzione demografica tP .
Tale espressione è evidentemente interpretabile come una semplice equazione differenziale del
primo ordine del tipo a variabili separabili.
Integrando ambedue i membri dell’espressione trtPlnD si ottiene:
dttrdttPlnD
Da cui con semplici passaggi matematici si ricava:
dttrc eetPcdttrtPln
Ponendo:
dttrtF
Si può scrivere:
tFc eetP
5
Considerando, poi, il rapporto tra la popolazione nel generico istante t e nell’istante iniziale di
analisi 0t si ha:
00 Fc
tFc
eeP
eetP
Da cui è facile concludere che:
dr
t
ePtP
00
Ipotizzando, infine, un tasso di incremento costante nel tempo rtr si ritrova la nota formula
dell’incremento continuo:
rtePtP 0
Che descrive l’equazione dell’andamento della popolazione nel tempo.
Tassi generici di natalità e di mortalità
Immaginando che quanto già detto per la popolazione P valga anche per le nascite N e i decessi
D della stessa, in quanto fenomeni da essa derivanti, si possono definire le seguenti funzioni
istantanee:
tN
t
tt,tNlimt
0
tD
t
tt,tDlimt
0
che esprimono le nascite e i decessi in un intervallo infinitesimale ovvero in un preciso istante, da
cui è possibile definire il quoziente istantaneo di natalità e quello di mortalità:
tP
tNtn
tP
tDtm
Se la popolazione considerata è supposta chiusa ai fenomeni migratori, la variazione del suo
ammontare tra i generici istanti t e tt risulta completamente determinata dalle nascite N e
dai decessi D prodotti nello stesso intervallo di tempo secondo l’equazione di flusso:
6
ttDttNtPttP
Da cui, spostando il termine tP al membro sinistro e considerando ancora una volta il limite del
rapporto incrementale relativo delle grandezze prese in esame, si ha:
tPt
tt,tDtt,tNlim
tPt
tPttPlim
tt
00
Da cui segue:
tmtntrtP
tP
Cioè il tasso di incremento istantaneo di una popolazione chiusa è dato dalla differenza tra i tassi
istantanei di natalità e mortalità.
Ripartizione per età della popolazione
L’analisi della popolazione e delle sue dinamiche si effettua considerando in maniera congiunta i
valori demografici in maniera sia longitudinale che trasversale. Nel discreto tra la popolazione
totale vivente nel generico istante temporale t ed i diversi segmenti infinitesimi della stessa in età
1x,x vale la relazione:
0
1
x
t x,xPtP
Nel continuo si definisce la densità della popolazione all’età x nell’istante t come:
t,xP
x
xx,x;tPlimx
0
Sicché la popolazione in età esatta x all’istante t sarà dxt,xP mentre la popolazione totale
ammonterà a:
dxt,xPtP
0
la struttura per età sarà, invece, data da:
dxt,xP
t,xP
tP
t,xPt,xc
0
7
sicché la frequenza delle persone nell’intervallo infinitesimo dxx,x sarà semplicemente pari a
dxt,xc , con ovviamente 1
0
dxt,xc
.
Funzioni di Mortalità
Nel campo della mortalità le più importanti funzioni5 atte a descrivere l’andamento secondo l’età
dei principali parametri della tavola di mortalità sono:
xd o funzione dei decessi;
xq o funzione della probabilità di morte;
xl o funzione di sopravvivenza tramite cui è possibile ricavare xL 6.
I decessi xd in un intervallo infinitesimo di età dxx,x , all’età precisa x si possono
esprimere come:
xldx
xdl
x
xxlxl
x
xx,xdlimxdx
0
Da cui si deduce che la funzione dei decessi rappresenta la derivata della funzione di sopravvivenza
con segno invertito7.
Le probabilità di morte xq sono:
xllnDxl
xl
xlx
xxlxllimxqx
0
Integrando ambo i membri rispetto alla variabile x si ha:
dxxqdxxllnD
Da cui con semplici passaggi matematici si ricava:
dxxqc eexlcdxxqxlln
5 Continue, derivabili ed integrabili.
6 Funzione degli anni vissuti ovvero dei viventi in età x .
7 Da cui si deduce che i punti di flesso della funzione di sopravvivenza sono i punti di minimo/massimo della funzione
dei decessi.
8
da cui segue, con semplici considerazioni algebriche del tutto similari a quelle fatte in precedenza:
x
dq
elxl 00
Quanto alla funzione degli anni vissuti xx L che misura l’area compresa tra la curva xl e le
rette perpendicolari all’asse delle ascisse di equazione xa ed xxa si potrà scrivere8:
xxldlL
xx
x
xx
Introduciamo, ora, il concetto di forza della mortalità9 x , valore limite del tasso di mortalità
x
xx
L
dm , quando tende a zero l’intervallo di riferimento:
xllnDxl
xl
dl
xxlxllimx
xx
x
x
0
In pratica, la forza di mortalità x si confonde nel continuo con la probabilità istantanea di
morte xq . Effettuando il medesimo processo di integrazione si ricava facilmente:
x
d
elxl 00
La speranza di vita all’età x assumerà la forma:
xl
dl
xe x
8 Utilizzando il teorema della media integrale di Cauchy.
9 Anche detto intensità di mortalità, in analogia con la terminologia della Matematica Finanziaria classica.
9
Un modello generale della popolazione: il modello di Lotka
Per lo studio della dinamica delle popolazioni sono stati elaborati dagli studiosi del settore diversi
modelli di natura matematica che permettono, partendo dai dati disponibili di una popolazione
concreta e formulando ipotesi su alcuni suoi fondamentali comportamenti demografici, di giungere
a “proiezioni” circa il suo ammontare, la sua struttura e i suoi indicatori demografici.
Tra i vari contributi tesi in tal senso, assume notevole importanza sia sul piano teorico sia su quello
pratico ”il modello della popolazione stabile” elaborato agli inizi del secolo scorso da Alfred J.
Lotka, che dette dignità scientifica e rigore metodologico ad intuizioni sull’argomento ormai note
da tempo. Tale modello si rivela estremamente utile sia sul piano empirico che su quello teorico.
Sul piano empirico in quanto ciò permette di risalire sulla base di poche informazioni ad una stima
completa della popolazione in esame. Sul piano teorico, poi, il modello stabile aiuta a rendersi conto
del fatto che i comportamenti demografici modellano de facto l’intera popolazione.
In estrema sintesi il modello di popolazione stabile ci dice che, partendo da una popolazione
concreta, osservata in un dato momento e caratterizzata da una determinata struttura, da specifici
comportamenti demografici ed assenza di movimenti migratori (condizioni iniziali), applicando ad
essa da quel momento in poi tassi di mortalità e di fecondità invarianti nel tempo, trascorso un
intervallo di tempo di circa 60-80 anni, essa si “stabilizzerà” ossia assumerà una struttura stabile
limite corrispondente ed un tasso di incremento costante che le fanno “dimenticare” la sua struttura
originaria (ergodicità forte).
La velocità di convergenza verso lo stato stabile è caratterizzata da oscillazioni che dipendono dalle
irregolarità iniziali della struttura della popolazione ossia dalle diverse composizioni per età della
stessa, oscillazioni che si smorzano con il tempo in quanto questo è solo un effetto transitorio che
svanisce progressivamente dopo meno di un secolo, una volta che gran parte delle generazioni
costituenti la popolazione iniziale sono state sostituite, vale a dire dopo che si instaura il cosiddetto
regime permanente. In questo stadio finale limite la popolazione si definisce stabile ed è
caratterizzata nel modello iniziale proposto dal Lotka da:
1) presenza di un solo sesso (dominanza femminile10
relativamente alla fecondità);
2) tassi di fecondità e mortalità invarianti;
3) chiusura ai movimenti migratori;
4) tassi costanti di natalità, mortalità e incremento;
5) struttura per età invariante nel tempo.
L’importanza del modello stabile risiede principalmente nel fatto che esso da contezza di come i
comportamenti demografici (sintetizzabili essenzialmente in mortalità e fecondità) di una
determinata popolazione ne definiscano sia i flussi, ossia la sua dinamica, sia la sua struttura,
ovvero le sue caratteristiche di fondo; inoltre, esso costituisce un utile riferimento di base da cui
10
E’ relativamente agevole calcolare una popolazione stabile maschile coerente con la popolazione stabile femminile di
riferimento utilizzando due diverse tavole di mortalità (maschile e femminile) ma un’unica legge di fecondità (quella
femminile), secondo il metodo della dominanza femminile. Se, invece, si calcolano separatamente le due popolazioni
stabili si otterranno due differenti tassi intrinseci e due popolazioni totalmente incompatibili. Ciò perché in una
popolazione stabile la composizione per sesso è costante mentre nelle popolazioni concrete tutta una serie di fattori
perturbatori fa sì che questo rapporto sia variabile.
10
partire per procedere verso analisi più approfondite su ipotesi diverse che costituiscono di fatto il
campo di studio e di applicazione degli studi demografici.
Seguendo le definizioni date dal Lotka, si definisce malthusiana una popolazione esponenziale
chiusa in cui la struttura per età ed il regime di mortalità restano costanti nel tempo:
xct,xc
xpt,xp
Dove xp rappresenta la probabilità istantanea di sopravvivenza di un soggetto di età x che nel
modello di popolazione malthusiana diventa indipendentemente dalla variabile tempo t .
Naturalmente, poiché vale la seguente relazione di complementarietà:
t,xpt,xq 1
È ovvio che sarà anche:
xqt,xq
Prima di procedere con l’analisi del modello, è necessario introdurre il concetto di fecondità. Si
definisce tasso di fecondità specifico per età x e si indica con xf il rapporto tra xN ,
numero di nati da donne di età x , e xPf popolazione media femminile in età x :
xP
xNxf
f
Il tasso di fecondità totale TFT è dato dalla somma di tutti i tassi specifici per età (da 15 a 49 anni
considerando il periodo canonico di età feconda femminile) cioè:
49
15
xfTFT
esso è interpretabile come una media aritmetica ponderata dei nati da donne in età x con pesi pari
al reciproco della popolazione femminile media sempre di età x .
Il tasso lordo di riproduzione R è riferito alle figlie per madre (cioè si considerano solo le nate
femmine) e si ottiene semplicemente applicando al TFT il coefficiente di femminilità alla nascita
k (circa 0,488); in simboli:
49
15
xfkTFTkR
11
Infine, si definisce tasso netto di riproduzione 0R , rettifica del tasso lordo R che tiene conto del
coefficiente di sopravvivenza xp delle madri (e quindi dell’effetto della mortalità); in simboli:
49
15
0 xpxfkR
Ponendo xxfk si ha:
49
15
0 xpxR
La popolazione malthusiana ha, come detto, una crescita di tipo esponenziale che come già
sottolineato in precedenza ha la forma:
rtePtP 0
Da cui si desume una crescita esponenziale anche per il numero delle nascite; essendo, infatti,
costante il coefficiente di natalità in ogni istante t :
ntnttP
tN
P
N
0
0
Si ha:
rtrtrt eNePP
NePntPntN 00
0
00
Ricordando che la struttura per età della popolazione è data da tP
t,xPt,xc , e considerato
che il segmento di popolazione in età x nell’istante t , t,xP , è dato dal prodotto dei nati xt
anni prima sopravvissuti fino all’istante t , i.e. xpxtN , si ha che la struttura per età è
nel caso specifico:
xpen
eP
xpePn
tP
xpxtPn
tP
xpxtNxc x
rt
xtr
0
0
Poiché è:
12
1
0
dxxc
ne deriva che:
1
0
dxxpen x
In altri termini la struttura per età xc dipende dal tasso di natalità e dalle condizioni di
sopravvivenza. Il tasso di natalità si può, pertanto, esprimere come:
01
0
c
dxxpe
n
x
Interpretabile come reciproco della media aritmetica ponderata delle probabilità di sopravvivenza
pesate con fattori di decadimento di tipo esponenziale.
E’, a questo punto, possibile ricavare l’equazione fondamentale della popolazione di Lotka. Il
numero dei nati al tempo t è dato da:
dxt,xft,xpxtNdxt,xft,xPtN
Ovvero:
dxt,xft,xpePnenP xtrrt
00
Estraendo la costante moltiplicativa rispetto alla variabile di integrazione x e semplificando si
ottiene:
dxt,xft,xpe rx
1
e considerato che i tassi di fecondità e di sopravvivenza sono costanti nel tempo si ottiene:
13
dxxfxpe rx
1
Che assicura la stabilità della popolazione, nel senso che garantisce, come già detto in precedenza, il
fatto che la sua struttura, ossia la sua composizione per classi di età, resta invariante nel tempo.
L’equazione fondamentale contiene il parametro r11
che deve soddisfare la condizione posta
dall’equazione. Note le funzioni12
xp e xf è possibile, benché non semplice, ricavare
esplicitamente il tasso r. Per questo motivo sono state messe a punto diverse tecniche risolutive,
più o meno approssimate.
Soluzioni approssimate dell’equazione di Lotka
In virtù del teorema di Cauchy della media integrale è possibile affermare che, poiché le funzioni
sinora considerate sono dotate di precise proprietà matematiche di regolarità, esiste un valore
,ax (intervallo di fertilità femminile) tale che:
1 dxxfxpedxxfxpe rarx
ed essendo l’espressione:
dxxfxp
l’equivalente nel continuo tasso netto di riproduzione 0R si ha:
a
RlnrRlnelnRe rara 0
00 01
Questa approssimazione si basa sulla relazione esistente in una popolazione stabile tra le
generazioni dei nati nell’anno t (id est, le figlie) e la generazione da cui questi nati “provengono”,
approssimativamente nata nell’anno at (id est, le madri). Nella popolazione stabile si ha:
a
Rlnr
eN
eN
atN
tNR
atr
rt0
00
0
Per la ricerca di soluzioni dotate di un maggior grado di approssimazione, è necessario considerare
l’equazione fondamentale come funzione di r :
11
Tasso di incremento intrinseco della popolazione stabile. 12
Distribuzioni.
14
dxxfxperI rx
In questa espressione compare il prodotto tra distribuzioni xfxp i cui termini sono tutti,
ovviamente, positivi e compresi tra zero ed uno, sicché lo stesso vale per la loro produttoria. Inoltre
si ha che:
10 I
rIlimelim
r
rx
r
00
rIlimelim
r
rx
r
R
rdxxfxpex
r
rI rx 0
R
rdxxfxpex
r
rI rx 02
2
2
Da cui emerge chiaramente lo stretto andamento monotòno decrescente della funzione rI ;
questa curva interseca l’asse delle ordinate nel punto:
00 RdxxfxpI
Da tutto ciò risulta che una volta fissati xp ed xf si ha:
10 0 Rr
10 0 Rr
esiste un solo valore di r tale che l’equazione di Lotka sia soddisfatta.
Per risolvere l’equazione di Lotka si può ricorrere allo sviluppo in serie di Taylor della funzione
dispari rxe in un intorno del punto ax 0 (età media alla maternità). Si ha:
15
11
dxxfxpeedxxfxpee axrraraaxr
Da cui segue:
ra
i
iii
edxxfxp!i
axr
0
1
Dove i singoli termini della successione sono interpretabili come momenti di origine a ; poiché la
serie ha una convergenza piuttosto lenta è necessario prendere in considerazione anche termini di
ordine superiore al primo; escludendo, per ovvie ragioni di complessità algebrica13
, i termini di
ordine superiore al secondo, si ha:
raedxx!
axraxr
2
122
Dove per comodità si è posto xpxfx .
Essendo ax una distanza dalla media la componente integrale ad esso collegata si annulla
sicché, in definitiva, si ottiene:
raedxxaxr
dxx
2
22
Da cui segue:
rara eR
rRedxx
R
axR
rR
20
2
00
2
0
2
022
Riordinando i termini si può scrivere:
raerR
2
2
02
1
Considerando il logaritmi neperiani di ambo i membri:
13
Emergerebbe un numero di radici eccessivo.
16
rarlnRln
2
2
02
1
Utilizzando un ben noto limite notevole, si può operare la seguente approssimazione:
2
22
2
2210 rrlnr
Da cui segue che l’originaria relazione può essere ben approssimata da una semplice equazione
lineare di secondo grado:
02
02
2
Rlnarr
Le cui radici sono:
2
022
21
2
Rlnaar
Si considera plausibile e demograficamente significativa la sola radice:
2
022 2
Rlnaar
Ultimo, ma non certo per importanza, è il metodo iterativo ideato da Coale, che si basa su una
procedura risolutiva molto semplice che in un numero finito ed abbastanza limitato di passi, anche
detto aggiustamento di Coale, consente di determinare con altissima precisione il tasso r . Lo
studioso suggerì di procedere per approssimazioni successive partendo da una stima14
0r di r da
correggere progressivamente in base alle seguenti considerazioni:
rIrrrIrIrI 000 1
In cui:
dxxerI rx
14
Sostanzialmente un punto di innesco.
17
raIdxxe
dxxe
dxxxe
dxxxerI rx
rx
rx
rx
Poiché 1rI se ne deduce arI , da cui segue:
a
rIrrrrarI
11 0
000
Ponendo ErI 10 , in quanto termine di errore o di distanza dalla vera soluzione ed
ipotizzando (cfr. Livi Bacci et al.) 30a , valore molto vicino a quello effettivo nelle moderne
popolazioni reali, si può scrivere:
a
rErr nnn
11
Inerzia della popolazione o potenziale di crescita
Il processo di stabilizzazione che si verifica mantenendo costanti nel tempo le condizioni di
mortalità e fecondità riguarda sostanzialmente il ritmo di crescita della popolazione e la sua
struttura per età e non già il suo livello che, invece, continua a modificarsi al ritmo, dapprima
variabile, e poi costante r .
Ci si può, allora, domandare che cosa succede all’ammontare della popolazione nel corso di un
processo di stabilizzazione; la questione è, in realtà, estremamente complessa ma è possibile
semplificare i termini del problema chiedendosi che cosa succede se il tasso di mortalità diventa
costante e la fecondità diventa costante ed assume il suo livello cosiddetto di rimpiazzo, i.e. un
livello tale da garantire semplicemente la sostituzione intergenerazionale, in cui 10 R .
La fecondità di rimpiazzo è quella che assume ad ogni età il valore
0R
xfxf
per ogni x
appartenente all’intervallo di fertilità.
Gli studi del Keyfitz si sono concentrati nell’analisi di una popolazione stabile crescente in cui si
forza la distribuzione di fecondità ad livello di mero rimpiazzo. Egli dimostra che in tal caso si
ottiene una popolazione stazionaria15
su un nuovo equilibrio; ma questa popolazione stazionaria
potrebbe, nel frattempo, essersi molto accresciuta rispetto alla situazione precedente, nonostante il
fatto che la fecondità sia stata impostata in modo tale da garantire solo il rimpiazzo generazionale.
Questo fenomeno è noto in Demografia col nome di inerzia della popolazione o population
momentum, in ossequio alla nomenclatura anglosassone.
15
Caso particolare di popolazione stabile in ci il tasso di incremento r è nullo.
18
I risvolti politici di questa consapevolezza sono stati rilevanti nei confronti di politiche della
popolazione di paesi ad alta fecondità e potrebbero e dovrebbero esserlo per motivi opposti anche
nei paesi a bassa fecondità.
Sul piano puramente scientifico, le argomentazioni del Keyfitz soffrono di alcune limitazioni
essenzialmente dovute all’utilizzo di ipotesi semplificatrici:
a. la dimostrazione è valida solo ed esclusivamente per popolazioni inizialmente stabili;
b. la fecondità viene ridotta in misura equiproporzionale per tutte le età (ipotesi poco plausibile per
le popolazioni reali);
c. l’espressione del momento della popolazione è molto complessa e poco chiara.
Keyfitz stesso rimedia in seguito alle limitazioni di cui al punto a. sviluppando una metodologia di
calcolo dell’inerzia applicabile anche a popolazioni non ancora stabili.
Egli mostra, per mezzo dell’equazione integrale di Lotka, che, imponendo dei tassi di fecondità
specifici di rimpiazzo xf ad una popolazione chiusa P con struttura xP , le nascite della
popolazione stabile che si ottengono ammontano a:
A
dxdyyfp
ypxP
N xS
0
Ponendo:
A
dyyfyp
x x
La relazione diventa:
0
dxxxp
xPNS .
L’ammontare della popolazione stazionaria assume, pertanto, l’espressione:
0
00 dxxxp
xPeNeP SS
19
L’inerzia della popolazione M è data dal rapporto tra la popolazione stazionaria corrispondente
SP e la popolazione chiusa analizzanda P :
0
0 dxxxp
e
P
xP
P
PM S .
Poiché è:
xcP
xP
xc
dxxL
l
l
xL
T
l
l
xL
e
xpS
0
0
00
0
00
Si ha:
0
dxxxc
xcM
S
Si avrà, ovviamente, 1M se la popolazione stazionaria finale sarà maggiore della popolazione
iniziale, viceversa se 1M .
Volendo, ancora, meglio analizzare la funzione x è possibile dire che:
1. Il numeratore dyyfyp
x
è interpretabile come fecondità cumulata residua netta nel
regime stazionario e rappresenta le nascite residue che avverranno in tutta la vita fertile residua
dall’età x in poi nel regime di fecondità di rimpiazzo;
2. Il denominatore A è la somma non ponderata delle nascite complessivamente attese ed è pari
all’età media alla maternità nella popolazione stazionaria di rimpiazzo.
L’inerzia è, pertanto, una funzione abbastanza semplice delle differenze di struttura per età tra la
popolazione iniziale e la popolazione stazionaria finale, dove la struttura per età è funzione della
sola mortalità. Essa mostra, inoltre, che se xc è alto nelle età in cui anche x è alto, i.e. sotto
i venticinque anni, allora sarà 1M e la popolazione stazionaria finale sarà maggiore della
popolazione di partenza. Ovviamente se ,xxcxc S 0 allora sarà 1M .
20
Uso del modello stabile per analizzare gli effetti dei cambiamenti di fecondità e
di mortalità sulla struttura per età e su altri parametri demografici
La lezione più importante che si apprende dal modello della popolazione stabile è che se i
comportamenti demografici restano costanti per un periodo abbastanza lungo di tempo16
allora
anche la struttura per età della popolazione sarà o diverrà costante. Ciò equivale a dire che quello
che davvero provoca l’invecchiamento o il ringiovanimento della struttura per età della popolazione
sono le variazioni di fecondità e mortalità della popolazione e non il livello della stessa.
Il modello della popolazione stabile si è rivelato uno strumento molto utile per lo studio degli effetti
di lungo termine delle variazioni della fecondità e della mortalità sulla struttura per età, nonché sui
tassi generici di fecondità e mortalità.
Effetti delle variazioni di fecondità
Se la distribuzione della fertilità xf cresce allora:
1 dxxfxpe rx
A meno che, a sua volta, r stesso non vari17
. Per riequilibrare questa equazione di bilancio
demografico r deve crescere, di modo che rxe decresca per ogni età x . In effetti questo è ciò
che avviene, poiché nel lungo periodo se la fecondità cresce (coeteris paribus la mortalità) il tasso
intrinseco di incremento della popolazione aumenta. A sua volta anche il tasso di natalità cresce:
dxxpe
n
rx
0
1
Quanto alla struttura per età xc si osserva che, analogamente a quanto avviene per la popolazione
totale P , l’incremento è pari alla seguente derivata logaritmica:
dxxpelnxrxpln
rr
xcln rx
0
16
Almeno settant’anni. 17
xp è costante per ipotesi.
21
x
dxxpe
dxxpex
xr
xcln
rx
rx
PA
0
0
Dove PA indica l’età media della popolazione stabile. Questa espressione evidenzia il fatto che
quando la fecondità cresce, la nuova popolazione stabile, emergente alla fine del processo di
aggiustamento, vedrà un incremento di xc se PAx , i.e. nelle classi giovanili, mentre
registrerà un decremento nelle classi senili in cui, viceversa, PAx : l’effetto complessivo è
quello che la popolazione ringiovanisce.
Per quanto concerne il tasso di mortalità d si può scrivere:
dxxxpendxxxcd rx
00
La derivata logaritmica è pari a:
dxxxpeln
rr
nln
r
dln rx
0
Poiché si ha che:
PP AA
0
00
r
cln
r
nlncn
DA
dxxxpe
dxxxpex
rx
rx
0
0 (età media al decesso)
Da cui segue che:
DP AA
r
dln
22
Ciò significa che quando la mortalità cresce, a lungo andare il tasso di mortalità diminuisce se l’età
media alla morte è maggiore dell’età media della popolazione; questo è quanto avviene nelle
popolazioni moderne, ma l’inverso può essersi verificato per popolazioni remote ad alta mortalità e
con età media alla morte molto bassa.
Effetti delle variazioni di mortalità
Le conseguenze dei cambiamenti nella mortalità sono molto più difficili da individuare e, in
generale, molto più complesse da analizzare; inoltre, non si riesce ad esprimerle in forma compatta,
in quanto dipendono dall’età in cui tali cambiamenti avvengono.
Conseguenze generali
Se cala il tasso specifico di mortalità ad una o più età x , coeteris paribus la fecondità, allora
crescerà la sopravvivenza per tutte le età sopra x . In tal caso nell’equazione fondamentale si ha:
1 dxxfxpe rx
Ciò implica ancora una volta l’incremento del tasso r ; un declino della mortalità deve accrescere il
ritmo di incremento della popolazione. Se, però, il declino della mortalità avviene dopo l’età (ex
post periodo riproduttivo) non si registrerà nessun effetto sul flusso annuale di nascite e, perciò,
nemmeno su r . In tal caso, la nuova popolazione stabile alla fine del processo sarà maggiore di
quella di partenza, ma continuerà a svilupparsi allo stesso tasso r con cui cresceva in precedenza.
Conseguenze su r
Tenendo conto che T
Rlnr 0 ed accettando l’ipotesi semplificatrice che tutti i bambini
vengano generati all’età TA 0 , poiché è:
RApdxxfApR 000
23
Si ha:
00
0
0
0
0 0
0
A
RlnA,
A
Rlndxx
A
RlnAplnr
A
Gli effetti sono separabili in quanto additivi nei logaritmi; il primo termine 00 A, rappresenta
un tasso di mortalità medio nell’arco di età 00 A, . Se ne conclude che quando la mortalità
declina l’incremento di r eguaglierà il declino del tasso di mortalità medio tra 0 ed 0A .
Conseguenze sulla struttura per età
Sono più complesse da esaminare ed in generale sono minori di quelle prodotte dalle variazioni di
fecondità. Un caso molto interessante e normalmente analizzato è quello degli effetti sulla struttura
per età di una diminuzione neutrale della mortalità con fecondità costante.
Un cambiamento è detto neutrale se è uguale in valore assoluto a tutte le età; un simile
cambiamento non produce variazioni di struttura. Si ha, infatti:
xkxxkxx 11
Poiché è:
dxx
exp
dxkxexp
1
Ne consegue che:
kxexpxp 1
Un declino neutrale di mortalità18
di ammontare xk si tradurrebbe in un incremento di pari
livello di r ; nella versione ex-ante ed ex-post dell’equazione di Lotka si avrebbe:
dxxfxpedxxfxpexrrx
111
18
Ancora una voltà è possibile stabilire un parallelo tra Demografia e Matematica Finanziaria classica in cui un tale
fenomeno è definito shift o shock additivo.
24
Ovvero:
dxxfexpedxxfxpe kxxrrx
11
Che sono entrambi uguali ad uno e, perciò, uguali tra loro se e solo se:
krrkrr 11
Ovvero:
dxxfxpeedxxfexpe kxxkrkxxr
1
Da cui segue:
xc
dxxpee
xpee
dxxpe
xpexc
kxxkr
kxxkr
xr
xr
1
11
1
1
q.e.d.
Ciò dimostra come una variazione neutrale della funzione x non ha nessun effetto sulla
struttura per età della popolazione.
Analogamente si dimostra che non ci sono effetti sul tasso di natalità poiché il prodotto
xfxp resta lo stesso x .
Per quanto riguarda, invece, il tasso generico di mortalità m è semplice osservare che si ridurrà di
un ammontare esattamente uguale a k ; si ha, infatti:
krnmkrmnrmn 11 q.e.d.
Le variazioni neutrali di mortalità costituiscono lo standard con cui vengono comparate le
variazioni non neutrali effettivamente determinatesi. Alcune caratteristiche generali sono le
seguenti:
ciò che effettivamente è il declino in valore assoluto e non relativo
declini di mortalità uniformi ma più accentuati in età giovanili tendono a ringiovanire la
popolazione, come un incremento della fecondità
declini di mortalità uniformi ma più accentuati in età tardo adulte (oltre i cinquanta anni)
tendono a far invecchiare la popolazione
25
Un esempio concreto di analisi della popolazione
A seguire è proposto un esempio di report statistico-demografico di analisi proiettiva di una
popolazione reale (Regione Piemonte) effettuato da Nicola Dileo sulla base di un foglio elettronico
Excel costruito da Dario Sciancalepore.
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI
FACOLTÀ DI ECONOMIA C.d.L. MAGISTRALE IN S.D.S.E.F.
________________________________________________________________________________
ESERCITAZIONE SCRITTA DI MODELLI DEMOGRAFICI
APPLICAZIONE DI MODELLI DEMOGRAFICI
PER ESAMINARE LA CONVERGENZA VERSO
LA STABILITA’ DI POPOLAZIONI REALI
CASE STUDY: REGIONE PIEMONTE
“…Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonante, come
gli epici canti del tuo popol bravo,
scendono i fiumi.
Scendon pieni, rapidi, gagliardi,
come i tuoi cento battaglioni, e a valle
cercan le deste a ragionar di gloria
ville e cittadi…” Giosuè Carducci (Piemonte)
STUDENTE Nicola Dileo
____________________________________________________________________
ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011
26
Tesina Modelli demografici (a.a. 2009-2010)
Sviluppo della tesina
Scegliere una regione e sviluppare i seguenti punti:
A. Simulazione della convergenza verso la stabilità:
Avendo a disposizione
1) le probabilità prospettive di sopravvivenza femminile (tavola di mortalità femminile 2006 – Istat)
e i tassi specifici di fecondità per classi di età (1964 e 2006)
2) la popolazione femminile al 31/12/1871 ed al 2008
si applichino i dati riguardanti la sopravvivenza e la fecondità (cfr. punto 1) iterativamente e in
modo invariante alla popolazione femminile regionale del 1871 e nel 2008 (cfr. punto 2) e si
identifichino i tratti più rilevanti che emergono, in termini di struttura per età, indicatori di natalità e
mortalità, ammontare della popolazione
a) dal confronto tra le due simulazioni ottenute con il profilo di fecondità dell’Italia nel 1964
b) dal confronto tra le due simulazioni ottenute con il profilo di fecondità dell’Italia nel 2006
c) dal confronto tra la popolazione effettiva nel 2008 e quella ottenuta proiettando la popolazione
del 1871 con mortalità 2006 e fecondità del 2006.
B. Popolazione stabile femminile regionale
Conoscendo le condizioni di mortalità del 2006 e il tasso intrinseco di incremento r stimato con il
metodo di Coale (condizioni di fecondità del 2006), si calcoli la struttura per classi di età della
popolazione stabile femminile (Procedura Livi Bacci). Questa struttura presenta modifiche di rilievo
rispetto
a) alla struttura per classi di età che si otterrebbe adottando l’ipotesi di stazionarietà (2006)?
b) alla struttura per classi di età della popolazione del 2008? Quali sono i motivi delle eventuali
divergenze?
C. Inerzia della popolazione
Mantenendo invariate le condizioni di mortalità del 2006 e forzando al rimpiazzo la fecondità del
2006, calcolare l’inerzia della popolazione regionale (metodo Preston)
27
INTRODUZIONE
I mutamenti che si producono nella popolazione costituiscono indicatori importanti
per leggere fenomeni e processi che agiscono in un territorio, in quanto riflettono
dinamiche specifiche e tendenze complessive nonché rappresentano il prodotto del
contemporaneo agire di tutta una serie di fattori che descrivono la complessità del
sistema sociale. In chiave retrospettiva, per esempio, è possibile ritrovare le diverse
linee di sviluppo che sintetizzano la storia di quel territorio dalle quali possono
emergere i criteri di interpretazione del presente. L’aumentata disponibilità di dati
rispetto al recente passato e soprattutto la loro maggiore accessibilità si evidenzia
specificatamente in ambito demografico. L’ISTAT stesso, ma le fonti in questo
settore risultano tutt’altro che deficitarie, aggiorna periodicamente una mole
considerevole di informazioni statistiche che permettono di seguire costantemente
l’evolversi dei movimenti anagrafici e della struttura demografica di una popolazione
e di operare confronti sempre più mirati per ambiti territoriali lungo la dinamica
storica, in considerazione di scale temporali non più condizionate, come in passato,
dalle rilevazioni censuarie. In ottica politico-economica, poi, tali dati consentono di
effettuare previsioni e proiezioni di fondamentale utilità nella pianificazione di
interventi pubblici legati all’evoluzione demografica secondo i vari scenari ipotizzati.
Le analisi di previsione/proiezione demografica permettono di mostrare la possibile
evoluzione della popolazione a partire dai comportamenti che la caratterizzano. Le
ipotesi che sottostanno a queste analisi riguardano principalmente i fenomeni della
fecondità, della mortalità e della migratorietà, dimensioni che giocano un ruolo
fondamentale nel determinare la numerosità della popolazione, nonché la sua
composizione per età. E’ bene, però, precisare che quando si commentano e si
interpretano i risultati di una previsione demografica bisogna evitare due opposti
atteggiamenti. Il primo consiste nell’affezionarsi all’idea che la previsione offra una
nitida anteprima, quasi un extispicio, di un futuro necessariamente destinato a
realizzarsi, fin nei suoi più minuti particolari. Si cade così nella tentazione di usare i
risultati per finalità accuratamente descrittive (“nel 2037 gli abitanti di Carmagnola
saranno 25.028…”) riempiendo fogli di una prosa sostanzialmente inutile, quando
non dannosa; la probabilità di anticipare il futuro a livelli così elevati di precisione è,
infatti, nulla. All’opposto vi è l’atteggiamento disincantato di chi considera ogni
previsione demografica un esercizio puramente meccanico, incapace anche solo di
sfiorare un futuro per definizione ignoto e non prevedibile. Queste due posizioni
antitetiche hanno in comune il difetto di considerare costante – molto alto per la
prima, molto basso per la seconda – il grado di plausibilità di tutti gli elementi che
compongono l’impianto previsivo. In altre parole, non distinguono all’interno
dell’esercizio di previsione tra ciò che è praticamente certo, ciò che è altamente
probabile, e ciò che invece è solo possibile. Ex ante di una previsione demografica
non è possibile che valutare la coerenza e la verosimiglianza delle ipotesi; ex post se
ne possono valutare anche i risultati, sebbene sia estremamente difficile sintetizzare
28
in uno o pochi valori un giudizio di goodness of fit, in quanto una previsione
demografica non si esaurisce in un dato unico, ma in una molteplicità di dati che sono
affetti da errori potenzialmente diversi per ammontare e direzione.
Più specificatamente, il seguente esercizio applicativo si propone di mostrare
empiricamente, senza la benché minima pretesa teoretica, la proprietà (matematica)
di ergodicità forte che, in ambito demografico, preconizza la tendenza asintotica di
una qualsivoglia popolazione unisessuale alla convergenza verso una precisa struttura
limite, nota in letteratura come stabile, in seguito, appunto, alla stabilizzazione, da un
certo momento in poi, dei comportamenti demografici di fecondità e di
sopravvivenza, elementi logicamente prioritari rispetto a tutti gli altri in ipotesi di
chiusura ai movimenti migratori. E’ bene sottolineare, e non per eccesso di
capziosità, il fatto che la mera tendenza asintotica non sia un sofisma, in quanto lo
stesso Lotka afferma che una popolazione non diventa stabile ma tende a diventare
stabile, id est non lo diventa mai.
Nella fattispecie sarà analizzata, secondo uno standard metodologico
(internazionalmente riconosciuto) noto come cohort components model, nella sua
versione classica, l’evoluzione della popolazione femminile della Regione Piemonte
di due momenti storici molto lontani tra loro nel tempo: quella del 1871 (nella
primissima fase post unitaria del paese) e quella, contemporanea, del 2007. Basandosi
sulla funzione di sopravvivenza ex tavola di mortalità femminile piemontese del 2006
e sulla base di due diverse ipotesi di fecondità (1964 e 2006), sarà evidenziato come
queste due popolazioni, se sottoposte alle stesse leggi di fecondità e mortalità,
convergano alla medesima distribuzione stabile in termini relativi, cassando, per così
dire, la loro struttura originaria; ben diverso sarà, invece, l’effetto sulla crescita
numerica dei due collettivi esaminati, in virtù del diverso potenziale o valore
riproduttivo delle due popolazioni stesse.
L’importanza del modello stabile sta nel fatto che esso aiuta a rendersi conto che gli
atteggiamenti demografici effettivamente modellano l’intera popolazione, sia nei suoi
flussi (dinamica), che nella sua struttura.
Nelle pagine seguenti saranno illustrate e discusse le diverse ipotesi adottate per
queste proiezioni della popolazione femminile piemontese. In seguito se ne
valuteranno i risultati cercando, per l’appunto, di separare gli aspetti inerziali e, per
certi versi, inevitabili dell’evoluzione demografica in itinere, dalle prospettive di
probabile sviluppo e ancora dalle semplici congetture sui possibili andamenti futuri.
Il lavoro si sviluppa seguendo un ideale percorso che si articola in quattro parti:
1. Parte A: simulazione della convergenza verso la stabilità;
2. Parte B: popolazione stabile femminile regionale;
3. Parte C: inerzia della popolazione;
4. Parte D: conclusioni
a cui segue una breve quanto essenziale appendice matematica.
29
PARTE A SIMULAZIONE DELLA CONVERGENZA VERSO LA STABILITÀ
A1 IPOTESI DI LAVORO
L’obiettivo «teleologico» di questo semplice esercizio di simulazione è quello di
condurre, mediante proiezione facilitata dall’utilizzo di un foglio di calcolo, la
popolazione femminile piemontese (in ossequio allo schema a dominanza
femminile) alla convergenza verso un preciso steady state, funzione di specifici tassi
di fecondità e di mortalità, nell’ipotesi che la suddetta popolazione sia chiusa ai flussi
migratori, per poi illustrarne e chiosarne i risultati. Tutto ciò sarà concretamente
realizzato applicando un preciso sistema di equazioni, iterativamente e in modo
invariante, alla popolazione regionale del 1871 e del 2007, sulla base dei dati
riguardanti la sopravvivenza e la fecondità assegnati.
Tassi specifici di fecondità per classi di età
0
20
40
60
80
100
120
140
160
15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49
Classi di età
5fx
5fx 1964 5fx 2006
Tabella 1 & Figura 1 Tassi di Fecondità specifici per classi di età 1964 e 2006 Regione Piemonte
Nella fattispecie saranno utilizzate le leggi di fecondità rispettivamente del 1964 e del
2006, coeteris paribus la legge di mortalità del 2006. Si può notare come, con
riferimento alla fecondità del 1964, la popolazione femminile abbia un TFT pari a
2,23 (di poco superiore al threshold level di circa 2,1) mentre, con riferimento alla
fecondità del 2006, lo stesso TFT sia pari solo a 1,31. In altre parole, se si considera
la fecondità del 1964, si impone che le donne piemontesi abbiano mediamente poco
più di due figli, con un tasso netto di riproduzione femminile R0 pari a 1,07; se,
invece, si considera la fecondità del 2006, si impone che le stesse abbiano in media
poco più di un figlio, con un valore di R0 pari a 0,63. Questo significa che nel primo
Classi di età Fecondità ‰
1964 2006
(x,x+4)
15-19 25,6 5,2
20-24 130,2 33,0
25-29 147,8 70,8
30-34 91,4 90,5
35-39 40,2 51,9
40-44 9,4 10,3
45-49 0,6 0,5
TOTALE 445,20 262,20
TFT 2,23 1,31
R 1,08 0,64
R' 2,21 1,30
R0 1,07 0,63
T 27,73 30,99
ρ 2,46 -14,81
Asimmetria 0,485497 0,468462
30
caso la generazione delle figlie risulterà più numerosa di quella delle madri, sicché
sarà garantito il ricambio intergenerazionale con una certa espansione della
popolazione, al contrario di quanto accadrà nel secondo caso, nel quale la
popolazione è soggetta a diminuire progressivamente nel corso del tempo. Si vuole
ricordare come un TFT inferiore a 1,3 figli in media per donna, è considerato con
estrema preoccupazione dai demografi che valutano questo indice come la soglia
critica della cd. lowest-low fertility (bassissima fertilità), al disotto della quale la
popolazione di un paese rischia il suo dimezzamento entro 45 anni, per cui è
necessario un attento monitoraggio delle variabili demografiche, per cercare di porre
in essere quei necessari aggiustamenti che riconducano gradualmente la situazione
verso un sentiero di minima sostenibilità.
Le due distribuzioni di fecondità sono, inoltre, caratterizzate da una diversa classe
modale; ciò è corroborato dal fatto che l’età media al parto è di meno di 28 anni nel
primo caso, mentre ammonta a 31 anni nel secondo, sfondando il valore soglia dei
trenta anni. Il confronto tra i due valori del coefficiente di asimmetria delle
distribuzioni di frequenza conferma, ancora una volta, il lento ma inesorabile
scivolamento in avanti dell’età media al parto delle donne piemontesi.
E’, poi, interessante notare come TFT e R' (così come R ed R0) siano praticamente
identici, ad evidenza del fatto che la mortalità delle madri in età feconda sia,
fortunatamente, un fenomeno oramai pressoché insignificante. Ad ulteriore conferma
di ciò, i due grafici in Fig.2 danno una visione geometrica di come le probabilità di
sopravvivenza 5Px siano praticamente pari ad un valore unitario in tutta la stagione
feconda della vita delle donne; in particolare il secondo grafico mostra in dettaglio la
funzione biometrica 5Lx/(5∙l0) nella macrofascia di età che va da 15 a 49 anni: la
misura dell’area sottesa alla curva indica che gli anni-donna di vita riproduttiva
mediamente vissuti sono pari ad un valore empirico di 34,61 contro un valore teorico
massimo possibile di 35 (con una quota di effettivo pari al 98,89%).
Figura 2 Funzione biometrica 5Px e dettaglio della funzione biometrica 5Lx/(5∙l0) nella macrofascia di età
riproduttiva
Infine, l’ultima riga della Tab.1 indica una stima di massima del tasso intrinseco di
variazione della popolazione o tasso di Lotka ρ, dal quale già emerge con forza come
5Px
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
4
95-9
9
100-
104
105-
109
110-
114
115-
119
5Lx/(5*l0)
0,970
0,975
0,980
0,985
0,990
0,995
1,000
15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49
31
0 20000 40000 60000 80000 100000 120000 140000 160000 180000
0-4
5-9
10-14
15-19
20-24
25-29
30-34
35-39
40-44
45-49
50-54
55-59
60-64
65-69
70-74
75-79
80-84
85-89
90-94
95+
Popolazione 1871Maschi
Femmine
questi due così differenti atteggiamenti demografici siano forieri di sentieri temporali
profondamente diversi per quanto riguarda la dinamica della popolazione.
A2 BREVE CONFRONTO TRA LA POPOLAZIONE FEMMINILE
PIEMONTESE NEL 1871 E NEL 2007
Classi
Quinquennali Popolazione Femm. 1871
Distribuzione% 1871
Popolazione Femm. 2007
Distribuzione% 2007
Classi di Età 1871 2007
0-4 166902 11,52% 92331 4,07% 0-4 11,52% 4,07%
5-9 159133 10,98% 90032 3,97% 5-14 21,31% 7,81%
10-14 149731 10,33% 87135 3,84% 15-39 40,06% 28,05%
15-19 139708 9,64% 89041 3,93% 40-64 22,88% 34,45%
20-24 127946 8,83% 96116 4,24% 65-79 3,83% 17,64%
25-29 116122 8,01% 119032 5,25% 80+ 0,40% 7,98%
30-34 105016 7,25% 156185 6,89% 100% 100%
35-39 91689 6,33% 175516 7,74%
40-44 89689 6,19% 179955 7,94% IV 12,89% 215,49%
45-49 74718 5,16% 161109 7,11% A/B 36,75% 628,99%
50-54 71028 4,90% 149444 6,59% ID 58,89% 60,01%
55-59 49340 3,40% 150902 6,66% IDG 52,16% 19,02%
60-64 46848 3,23% 139531 6,15% IDA 6,72% 40,99%
65-69 27657 1,91% 145364 6,41% IS 57,13% 122,81%
70-74 19466 1,34% 132406 5,84% IR 33,53% 156,70%
75-79 8430 0,58% 122173 5,39%
80-84 4250 0,29% 94986 4,19%
85-89 1191 0,08% 54309 2,40%
90-94 292 0,02% 23046 1,02%
95+ 51 0,00% 8466 0,37%
TOTALE 1449207 100% 2267079 100%
Tabella 2 Struttura Popolazione Regione Piemonte 1871 e 2007 completa di alcuni Indicatori caratteristici
32
Popolazione 1871
0-4
5-14
15-39
40-64
65-79+80
Popolazione 2007
0-4 5-14
15-39
40-64
65-79+80
Figura 3 Piramide dell’età della popolazione Regione Piemonte 1871 e 2007
La Tabella sinottica 2 mostra la distribuzione di frequenza per classi quinquennali,
nonché per macroclassi omogenee, della popolazione regionale femminile
piemontese del 1871 e del 2007 in valori assoluti e percentuali. La Figura 3 mostra,
inoltre, la cosiddetta piramide dell’età della popolazione, un grafico dal quale si
riescono a ricavare intuitivamente alcune fondamentali caratteristiche morfologiche e
quantitativo-distributive della popolazione oggetto di analisi.
Quello che emerge immediatamente, anche senza una particolare expertise, è la
marcata differenza tra la popolazione regionale del 1871 e quella del 2007 sotto
qualsiasi aspetto strutturale, sia assoluto che relativo. La popolazione femminile del
1871 è il 49,98% del totale ed assume il tipico aspetto piramidale, con una netta
prevalenza delle unità in età giovanile ed un bassissimo numero di unità in età
avanzata; la stessa piramide delle età nella popolazione femminile del 2007 (51,51%
del totale) assume un aspetto a «botte» dovuto essenzialmente alla bassa natalità e
alla maggior speranza di vita. L’età media della popolazione 1871 è di meno di 28
anni (l’età mediana è addirittura poco più di 24 anni) mentre l’età media della
popolazione del 2007 è di più di 46 anni (con l’età mediana che sfiora i 49 anni). Il
progressivo slittamento del baricentro demografico verso una popolazione sempre più
anziana è avvalorato anche in questo caso dall’indice di skewness che passa da un
valore positivo di 0,18 per la distribuzione 1871, che indica chiaramente la
prevalenza delle classi giovanili, ad un valore negativo di – 0,70 che sta, invece, ad
indicare una certa predominanza delle classi senili. Quanto detto è confermato dai
due ortogrammi a seguire (cfr. Fig.4) che evidenziano una ripartizione della
popolazione regionale assai diversa nei due secoli successivi.
Figura 4 Struttura per età della popolazione Regione Piemonte 1871 e 2007
Ciò trova, infine, riscontro anche nei più importanti demoindicatori:
l’indice di vecchiaia (rapp. tra pop. di 65+ anni su 0-14 anni) è passato dal 12,89%
al 215,49%, mentre l’ancora più specifico ratio dato dal numero di anziani per
ogni bambino (rapp. tra pop. di 65+ anni e 0-4 anni) è passato dal 36,75% al
628,99%; questo significa che in poco più di un secolo si è passati da circa 5
giovani per ogni anziano a 6 anziani per ogni bambino!
nella stessa direzione si muovono le considerazioni relative all’indice generale di
dipendenza demografica (rapp. tra pop. di 0-14 e 65+ anni su 15-64 anni); il
33
Verifica Ergodicità Forte (Fec.1964 Mort.2006)
0,00% 1,00% 2,00% 3,00% 4,00% 5,00% 6,00% 7,00%
0-4
10-14
20-24
30-34
40-44
50-54
60-64
70-74
80-84
90-94
Cla
ssi d
i età
Struttura Percentuale
Popolazione 2007
Popolazione 1871
maggior peso acquistato dalle componenti anziane di popolazione si ripercuote
anche sulla portata delle singole quote, giovanile ed anziana, di popolazione in età
passiva: mentre l’indice di carico sociale dei giovani (0-14 su 15-64 anni) si è più
che dimezzato, quello di carico degli anziani (65+ anni su 15-64) ha registrato una
notevole crescita
la fascia di popolazione in età attiva evidenzia nel corso degli anni un progressivo
invecchiamento; l’indice di struttura (rapp. tra pop. di 40-64 anni e 15-39) è
praticamente raddoppiato, superando la soglia psicologica del 100%.
i valori riferiti al turnover della forza lavoro mostrano anch’essi segnali di
criticità: il valore dell’indice di ricambio (rapp. tra pop. di 60-64 anni e 15-19) è
passato dal 33% al 156% evidenziando un’inversione di tendenza secondo cui nel
1871 per ogni individuo prossimo al ritiro erano in procinto di entrare nel sistema
economico ben tre individui, mentre nel 2007 avviene esattamente il contrario.
Questi antefatti rappresentano una necessaria premessa al percorso seguito da questo
lavoro: sarà, infatti, empiricamente dimostrato, seppur in maniera non rigorosa, come
queste due popolazioni così differenti, se sottoposte a leggi di fecondità e mortalità
identiche, convergono allo stesso sentiero di crescita stabile.
A3 CONFRONTO TRA LE DUE SIMULAZIONI OTTENUTE CON IL
PROFILO DI FECONDITÀ DEL PIEMONTE DEL 1964
L’applicazione iterativa ed invariantiva nel tempo del profilo di fecondità del 1964
alla popolazione femminile regionale piemontese del 1871 e del 2007, in ipotesi di
costanza della legge di sopravvivenza, porta, come era stato già anticipato, ad
un’identica struttura stabile per i due collettivi (stesso impatto di lungo periodo).
Figura 5 Struttura percentuale per età della popolazione stabile Regione Piemonte 1871 e 2007
34
Popolazione 1871 Proiettata (Fec.1964)
0-45-14
15-3940-64
65-79+80
Popolazione 2007 Proiettata (Fec.1964)
0-45-14
15-3940-64
65-79+80
Quanto detto trova conferma sia nella Fig.5 dove l’istogramma, che pone a confronto
le due distribuzioni percentuali per classi quinquennali di età, evidenzia due strutture
assolutamente sovrapponibili, sia nei due piecharts (visibilmente indiscernibili) di
Fig.6 in cui la popolazione è stata aggregata in macroclassi omogenee.
Figura 6 Struttura per età della popolazione stabile Regione Piemonte 1871 e 2007 (macroclassi omogenee)
Parimenti interessante risulta l’analisi del processo stesso di convergenza nella sua
(più o meno lunga) fase di transizione verso il regime permanente, i.e. l’equilibrio
di lungo periodo, in assenza di perturbazioni esogene e/o endogene. La Tab.3 e la
Fig.7 (sezione sinistra) mostrano chiaramente che, già dopo un centinaio di anni, la
struttura della popolazione si è assestata al suo livello stabile limite. La Fig.7,
relativamente alla popolazione del 1871, mostra palesemente che le strutture
percentuali della popolazione in questione, dal 1971 in poi, sono praticamente
indistinguibili. Il vettore normalizzato di equilibrio C, che descrive quantitativamente
la struttura di questo steady state (cfr. Tab.3), rappresenta algebricamente
l’autovettore destro associato all’autovalore principale λ1 della cd. matrice di crescita
di Leslie G, la quale fissa le condizioni dinamiche del moto secondo cui la
popolazione deve evolvere.
(x,x+4) 1871 1921 1971 2021 2071
0-4 11,52% 6,88% 6,56% 6,56% 6,56%
5-9 10,98% 6,71% 6,46% 6,48% 6,48%
10-14 10,33% 6,46% 6,37% 6,40% 6,40%
15-19 9,64% 6,30% 6,32% 6,32% 6,31%
20-24 8,83% 6,38% 6,26% 6,23% 6,22%
25-29 8,01% 6,57% 6,17% 6,14% 6,14%
30-34 7,25% 6,51% 6,03% 6,05% 6,06%
35-39 6,33% 6,14% 5,91% 5,97% 5,97%
40-44 6,19% 5,67% 5,84% 5,89% 5,88%
45-49 5,16% 5,17% 5,82% 5,79% 5,77%
50-54 4,90% 6,54% 5,75% 5,65% 5,65%
55-59 3,40% 6,15% 5,54% 5,49% 5,50%
60-64 3,23% 5,67% 5,22% 5,31% 5,32%
65-69 1,91% 5,13% 4,94% 5,10% 5,10%
70-74 1,34% 4,47% 4,76% 4,81% 4,78%
75-79 0,58% 3,69% 4,46% 4,31% 4,29%
80-84 0,29% 2,77% 3,67% 3,50% 3,51%
85-89 0,08% 1,70% 2,43% 2,41% 2,43%
90-94 0,02% 0,82% 1,11% 1,18% 1,19%
35
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 1871 in base ai
tassi di fecondità del 1964 ed ai tassi di mortalità del 2006
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Str
utt
ura
Po
po
lazio
ne
1871
1921
1971
2021
2071
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 1871 in base ai
tassi di fecondità del 1964 ed ai tassi di mortalità del 2006
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Liv
ello
Po
po
lazio
ne
Pop.1871
Proiez.1921
Proiez.1971
Proiez.2021
Proiez.2071
95+ 0,00% 0,25% 0,39% 0,44% 0,44%
TOTALE 100% 100% 100% 100% 100%
Tabella 3 Struttura Popolazione Femminile Regione Piemonte 1871 durante la transizione verso il sentiero
stabile
Figura 7 Struttura Popolazione Femminile Piemonte 1871 durante la transizione verso il sentiero stabile in livelli
ed in percentuale
La Tab.4 e la Fig.8 propongono la stessa analisi, ma stavolta per la dinamica della
popolazione del 2007; ebbene, così come ci si aspettava, anche in questo caso, dopo
una fase di transizione della durata di circa un centinaio di anni, la struttura si
stabilizza convergendo verso la stessa distribuzione di equilibrio di lungo periodo a
cui converge la popolazione del 1871, nonostante queste due popolazioni
presentassero ex ante un profilo nettamente differente sotto qualsivoglia aspetto. Il
processo di smoothing di questo secondo collettivo appare sicuramente più
frastagliato del precedente. Ciò è dovuto essenzialmente alla differente struttura di
partenza che, diversamente dal caso 1871, non è affatto piramidale, anzi presenta
vistose irregolarità che si riflettono – producendo un’eco – sull’andamento
oscillatorio delle nascite durante il periodo di convergenza. Tuttavia, queste
irregolarità sono progressivamente smorzate e già dopo un secolo sono praticamente
inavvertibili. (x,x+4) 2007 2057 2107 2157 2207
0-4 4,07% 6,03% 6,56% 6,57% 6,56%
5-9 3,97% 5,95% 6,50% 6,48% 6,48% 10-14 3,84% 6,07% 6,44% 6,39% 6,39%
15-19 3,93% 6,19% 6,33% 6,30% 6,31%
20-24 4,24% 6,05% 6,19% 6,22% 6,23%
25-29 5,25% 5,61% 6,09% 6,14% 6,14%
30-34 6,89% 5,28% 6,05% 6,07% 6,06%
35-39 7,74% 5,34% 6,05% 5,98% 5,97%
40-44 7,94% 5,76% 5,97% 5,87% 5,87%
45-49 7,11% 6,62% 5,77% 5,75% 5,77%
50-54 6,59% 4,89% 5,53% 5,64% 5,66%
55-59 6,66% 4,71% 5,38% 5,52% 5,51%
60-64 6,15% 4,46% 5,37% 5,35% 5,32%
65-69 6,41% 4,42% 5,32% 5,10% 5,09%
70-74 5,84% 4,54% 4,95% 4,75% 4,78%
75-79 5,39% 5,12% 4,17% 4,25% 4,29%
80-84 4,19% 5,57% 3,26% 3,51% 3,52%
36
85-89 2,40% 4,40% 2,32% 2,46% 2,44%
90-94 1,02% 2,23% 1,24% 1,20% 1,18%
95+ 0,37% 0,74% 0,51% 0,43% 0,43%
TOTALE 100% 100% 100% 100% 100%
Tabella 4 Struttura Popolazione Femminile Regione Piemonte 2007 durante la transizione verso il sentiero
stabile
Figura 8 Struttura Popolazione Femminile Regione Piemonte 2007 durante la transizione verso il sentiero stabile
in livelli ed in percentuale
Convergenza allo steady state n
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
20
0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 150 165 180 195 210
Tasso di Natalità Pop.1871
Tasso di Natalità
Pop.2007"
Figura 9 Dinamica del tasso di natalità n
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 2007 in base ai
tassi di fecondità del 1964 ed ai tassi di mortalità del 2006
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Liv
ello
Po
po
lazio
ne
Pop.2007
Proiez.2057
Proiez.2107
Proiez.2157
Proiez.2207
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 2007 in base ai
tassi di fecondità del 1964 ed ai tassi di mortalità del 2006
0%
1%
2%
3%
4%
5%
6%
7%
8%
9%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di EtàS
tru
ttu
ra P
op
ola
zio
ne
2007
2057
2157
2157
2207
37
Convergenza allo steady state m
0
2
4
6
8
10
12
14
16
18
0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 150 165 180 195 210
Tasso di Mortalità
Pop.1871
Tasso di Mortalità
Pop.2007
Figura 10 Dinamica del tasso di mortalità m
Convergenza allo steady state r
-10
-5
0
5
10
15
20
0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 150 165 180 195 210
Tasso di Incremento
Pop.1871
Tasso di Incremento
Pop.2007
Figura 11 Dinamica del tasso di incremento intrinseco r
Le Figg.9-10-11, invece, riportano rispettivamente la dinamica dei tassi di natalità n,
di mortalità m e di incremento r delle due popolazioni. Dopo una fase transiente che,
anche per questi tre ratio, si può stimare in circa un secolo, i valori si assestano al loro
regime di equilibrio permanente che è pari al 13,25‰ per n ed al 10,79‰ per m, con
un saldo naturale r positivo e pari a 2,46‰ che vede, però, una dinamica di
convergenza strettamente decrescente per quanto concerne il tasso r relativo alla
popolazione del 1871, mentre presenta una dinamica meno regolare, prima fluttuante
e poi crescente per lo stesso tasso r relativo alla popolazione del 2007 per la quale,
evidentemente, i tassi di fecondità del 1964 rappresentano, per così dire, un’iniezione
di pura energia. Analizzando le strutture asintotiche per macroclassi è possibile
analizzare qual è il livello di equilibrio dei principali indicatori di analisi della
popolazione:
38
Classi Età Struttura Stabile
0-4 6,56% IV 111,80%
5-14 12,87% A/B 331,07%
15-39 30,70% ID 69,97%
40-64 28,13% IDG 33,04%
65-79 14,16% IDA 36,94%
80+ 7,57% IS 91,62%
TOTALE 100% IR 84,30%
Tabella 5 Struttura stabile Popolazione Femminile Regione Piemonte (per macroclassi omogenee) completa di
alcuni indicatori demografici caratteristici
Chiaramente le conclusioni comparative saranno opposte, a seconda della
popolazione reale presa come paradigma. In senso assoluto è, però, possibile
affermare che nello steady state l’indice di vecchiaia si attesta circa al 110%, i.e. ci
sarà poco più di un anziano per ogni giovane. L’indice di dipendenza generale si
stabilizza su un valore di circa il 70%, evidenziando un carico sociale, sebbene in
peggioramento, tutto sommato accettabile se si considera che circa la metà di questo
carico è costituita da individui di fascia giovanile. Infine, l’indice di struttura indica
che la fascia adulta è abbastanza equamente divisa tra le due macroclassi 15-39 e
40-64 con una leggera prevalenza della prima sulla seconda, mentre l’indice di
ricambio evidenzia un turnover positivo a favore di chi si appresta ad entrare nella
fase adulta della propria vita rispetto a chi si accinge ad entrare nella cd. terza età.
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
495
+
Classi di età
Str
utt
ura
in
Liv
elli
Proiezione Popolazione 1871
Proiezione Popolazione 2007
Figura 12 Ammontare per età della popolazione stabile Regione Piemonte 1871 e 2007 in base ai due scenari
Last but not least, i grafici riportati nelle
Figg.7-8 (sezioni di destra) e 12
evidenziano come, nonostante le due
Proiezione Nascite Femminili (Livelli) & Trend
R2 = 0,9759
R2 = 0,9462
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000Proiez. Nate
Femmine 1871
Proiez. Nate
Femmine 2007
Espo. (Proiez. Nate
Femmine 1871)
Espo. (Proiez. Nate
Femmine 2007)
39
popolazioni convergano verso la stessa struttura stabile, i livelli della popolazione
nelle varie classi di età sono, senz’ombra di dubbio, molto diversi; la popolazione del
1871, dopo un secolo ammonta a poco meno di tre milioni di unità mentre quella del
2007, in proiezione, a poco meno di due milioni. Ciò perché esse avevano all’origine
un diverso potenziale o valore riproduttivo, i.e. una diversa quota di individui ancora
destinati a passare attraverso il periodo riproduttivo ed a generare, quindi, nuovi figli.
Figura 13 Andamento temporale Nascite Femminili
popolazione Regione Piemonte 1871 e 2007 (fec.1964)
Quanto affermato trova riscontro anche
nella Fig.13, la quale evidenzia sì un
trend crescente per le nascite femminili
di entrambi i collettivi, ma con valori
assoluti nettamente diversi e con una
forbice che si allarga via via nel tempo.
A4 CONFRONTO TRA LE DUE SIMULAZIONI OTTENUTE CON IL
PROFILO DI FECONDITÀ DEL PIEMONTE DEL 2006
L’applicazione iterativa ed invariantiva nel tempo del profilo di fecondità regionale
del 2006 ai due collettivi in esame porta ad una struttura stabile estremamente diversa
da quella raggiunta in precedenza. Il motivo è essenzialmente dovuto al fatto che la
distribuzione di fecondità del 2006, il vero motore della crescita della popolazione, si
rivela nettamente meno produttiva.
(x,x+4) 1971 2107 Struttura Stabile
Classi Età
Struttura Stabile
0-4 26906 18879 3,05% 0-4 3,05% IV 375,43%
5-9 29855 20277 3,28% 5-14 6,81% A/B 1214,36%
10-14 32425 21536 3,53% 15-39 22,06% ID 88,15%
15-19 33978 22827 3,80% 40-64 31,09% IDG 18,54%
20-24 34835 24493 4,09% 65-79 21,89% IDA 69,61%
25-29 36482 26757 4,39% 80+ 15,11% IS 140,91%
30-34 40378 29404 4,71% TOTALE 100% IR 182,92%
35-39 46247 31865 5,06%
40-44 51803 33651 5,43%
45-49 54681 34926 5,84%
50-54 54138 36502 6,24%
55-59 52076 39287 6,62%
60-64 54388 43271 6,95%
65-69 64493 46775 7,23%
70-74 74247 47444 7,40%
75-79 73338 44086 7,26%
80-84 60024 37132 6,52%
85-89 39440 27627 4,93%
90-94 17874 15538 2,61%
95+ 7165 7028 1,05%
TOTALE 884772 609305 100%
Proiezione Nascite Femminili (Livelli)
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
Proiez. Nate Femmine
1871
Proiez. Nate Femmine
2007
Verifica Ergodicità Forte (Fec.2006 Mort.2006)
0% 1% 2% 3% 4% 5% 6% 7% 8%
0-4
10-14
20-24
30-34
40-44
50-54
60-64
70-74
80-84
90-94
Cla
ss
i d
i e
tà
Struttura Percentuale
Popolazione 2007
Popolazione 1871
40
Tabella 6 Proiezione dopo un secolo e struttura stabile Popolazione Femminile Regione Piemonte 1871 e 2007
(per classi quinquennali e per macroclassi omogenee) completa di alcuni indicatori demografici caratteristici
Il quadro generale che emerge da questa seconda proiezione è a dir poco inquietante,
a voler usare un eufemismo; metaforicamente parlando, verrebbe da pensare all’opera
«L’urlo», il capolavoro del celebre artista espressionista norvegese Edvard Munch.
Come si evince dalla Fig.14, le popolazioni sottoposte in regime di costanza a questa
legge di fecondità, subiscono, durante tutta la fase di transizione, un inesorabile
processo di senescenza che in un primo momento le porta ad assumere una struttura a
piramide rovesciata (in cui le classi anziane sono nettamente prevalenti rispetto a
quelle giovanili) e che le conduce, in un secondo momento e senza soluzione di
continuità, ad un progressivo ed inequivocabile declino che le porterà nel giro di
qualche secolo ad una quasi certa estinzione, in assenza di auspicabili movimenti
migratori in grado di riequilibrare, almeno parzialmente, la situazione.
Figura 14 Struttura Popolazione Femminile Regione Piemonte 1871 e 2007 durante la transizione verso il
sentiero stabile in livelli ed in percentuale
Ciò è confermato, come mostrano le Figg.15-16-17, dal valore asintotico degli
indicatori di natalità, di mortalità e dal loro saldo naturale r, che assume, dopo un
crollo verticale nella fase di transizione interrotto solo da qualche lieve rimbalzo, un
valore asintotico di -14,81‰, in quanto una popolazione fondamentalmente composta
da capitale umano per così dire «sterile», che non è più in grado di riprodursi e
quindi, in un certo qual modo, di rigenerarsi e rinnovarsi, è inesorabilmente destinata
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 1871 in base ai
tassi di fecondità del 2006 ed ai tassi di mortalità del 2006
0%
2%
4%
6%
8%
10%
12%
14%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
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4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Str
utt
ura
Po
po
lazio
ne
1871
1921
1971
2021
2071
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 1871 in base ai
tassi di fecondità del 2006 ed ai tassi di mortalità del 2006
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
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4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Liv
ello
Po
po
lazio
ne
Pop.1871
Proiez.1921
Proiez.1971
Proiez.2021
Proiez.2071
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 2007 in base ai
tassi di fecondità del 2006 ed ai tassi di mortalità del 2006
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Liv
ello
Po
po
lazio
ne
Pop.2007
Proiez.2057
Proiez.2107
Proiez.2157
Proiez.2207
Simulazione proiettiva della struttura per età della popolazione del 2007 in base ai
tassi di fecondità del 2006 ed ai tassi di mortalità del 2006
0%
1%
2%
3%
4%
5%
6%
7%
8%
9%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Str
utt
ura
Po
po
lazio
ne
2007
2057
2157
2157
2207
41
alla scomparsa, per quanto i progressi medico-sanitari possano consentire di
prolungare ancora per qualche anno in più lo stadio della naturale decadenza
biologica e funzionale della vita degli individui.
Convergenza allo steady state n
0
2
4
6
8
10
12
0 100 200
Tasso di Natalità
Pop.1871
Tasso di Natalità
Pop.2007
Figura 15 Dinamica del tasso di natalità n
Convergenza allo steady state m
0
5
10
15
20
25
0 15 30 45 60 75 90 105 120 135 150 165 180 195 210
Tasso di Mortalità
Pop.1871
Tasso di Mortalità
Pop.2007
Figura 16 Dinamica del tasso di mortalità m
Convergenza allo steady state r
-20
-15
-10
-5
0
5
10
0 100 200
Tasso di Incremento
Pop.1871
Tasso di Incremento
Pop.2007
Figura 17 Dinamica del tasso di incremento intrinseco r
Ad ulteriore riprova di quanto sostenuto, la Fig.18 riporta l’andamento temporale
delle nascite femminili; il lapalissiano declino è confermato dal piuttosto
42
Popolazione 1871 Proiettata (Fec.2006)
0-4 5-14
15-39
40-64
65-79
+80
Popolazione 2007 Proiettata (Fec.2006)
0-4 5-14
15-39
40-64
65-79
+80
preoccupante andamento di fondo delle due serie storiche in questione, le quali
evidenziano una progressiva convergenza verso una rapida dinamica di decadimento
esponenziale di fondo, con una GOF pressoché perfetta (R2 99,92%), segno evidente
che nella fase post-aggiustamento è la così bassa natalità l’effettiva determinante
della traiettoria temporale d’inviluppo di questa popolazione.
Figura 18 Andamento temporale Nascite Femminili popolazione Regione Piemonte 1871 e 2007 (fec.2006) e trend
temporale Nascite Femminile 2007 Volendo, ancora, analizzare i principali indicatori demografici di composizione (cfr.
Fig.19) e di flusso, il rapporto anziani su bambini la dice lunga sulla pericolosità della
situazione che si verrebbe a creare, ma anche gli altri indici dipingono un quadro a
tinte fosche: l’indice di dipendenza, nel momento in cui viene disaggregato nelle sue
componenti, mette in luce come il carico sociale è dovuto prevalentemente agli
anziani, mentre l’indice di struttura evidenzia un turnover in netto peggioramento.
Figura 19 Struttura per età della popolazione stabile Regione Piemonte 1871 e 2007 (macroclassi omogenee)
Proiezione Nascite Femminili (Livelli)
0
20000
40000
60000
80000
100000
Proiez. Nate Femmine
1871
Proiez. Nate Femmine
2007
Proiezione Nascite Femminili (Livelli)
R2 = 0,99920
20000
40000
60000
80000
100000
Proiez. Nate Femmine
2007
Espo. (Proiez. Nate
Femmine 2007)
43
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
14000
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
495
+
Classi di età
Str
utt
ura
in
Liv
elli
Proiezione Popolazione 1871
Proiezione Popolazione 2007
Figura 20 Ammontare per età della popolazione stabile Regione Piemonte 1871 e 2007 in base ai due scenari
Infine, la Fig.20 ribadisce un concetto già espresso nel precedente paragrafo: il
processo di stabilizzazione che si verifica mantenendo costanti le condizioni di
mortalità e fecondità riguarda il ritmo di crescita della popolazione nonché la sua
struttura per età, non certo il suo ammontare che continua a modificarsi nel tempo.
Ebbene, nel momento in cui la popolazione viene analizzata in valori assoluti,
anziché relativi, si capisce bene come il peggior potenziale della popolazione del
2007 si vada a riverberare, nei vari istanti di tempo presi in considerazione, sul suo
ammontare totale in proiezione, che risulta nettamente inferiore rispetto a quello della
popolazione del 1871.
44
A5 CONFRONTO TRA LA POPOLAZIONE EFFETTIVA NEL 2008 E
QUELLA OTTENUTA PROIETTANDO LA POPOLAZIONE DEL 1871 CON
MORTALITÀ 2006 E FECONDITÀ DEL 2006
Popolazione Femminile
(x,x+4) Effettiva2007 Distr.% Teor'07(Fec06) Distr.% E/T(Fec06) T(Fec06)/E
0-4 92331 4,07% 15679 3,02% 5,89 0,17
5-9 90032 3,97% 17106 3,29% 5,26 0,19
10-14 87135 3,84% 18634 3,58% 4,68 0,21
15-19 89041 3,93% 20014 3,85% 4,45 0,22
20-24 96116 4,24% 21151 4,07% 4,54 0,22
25-29 119032 5,25% 22286 4,29% 5,34 0,19
30-34 156185 6,89% 23865 4,59% 6,54 0,15
35-39 175516 7,74% 26171 5,03% 6,71 0,15
40-44 179955 7,94% 28926 5,56% 6,22 0,16
45-49 161109 7,11% 31394 6,04% 5,13 0,19
50-54 149444 6,59% 32865 6,32% 4,55 0,22
55-59 150902 6,66% 33400 6,42% 4,52 0,22
60-64 139531 6,15% 34134 6,56% 4,09 0,24
65-69 145364 6,41% 36282 6,98% 4,01 0,25
70-74 132406 5,84% 39325 7,56% 3,37 0,30
75-79 122173 5,39% 40312 7,75% 3,03 0,33
80-84 94986 4,19% 35838 6,89% 2,65 0,38
85-89 54309 2,40% 25410 4,89% 2,14 0,47
90-94 23046 1,02% 12280 2,36% 1,88 0,53
95+ 8466 0,37% 4955 0,95% 1,71 0,59
TOTALE 2267079 100,00% 520025 100,00%
PopEffettiva/PopTeorica 4,36
PopTeorica/PopEffettiva 0,23
Tabella 7 Proiezione al 31/12/2007 e struttura stabile Popolazione Femminile Regione Piemonte 1871 e
Popolazione Femminile Residente Regione Piemonte al 31/12/2007 (per classi quinquennali)
L’ultimo paragrafo della prima parte di questo survey statistico-demografico cerca di
rispondere (nella logica del what if?) a due specifiche domande: “Come siamo?” e
“Come avremmo potuto essere?”.
Le conclusioni non possono che ribadire, sic et simpliciter, quanto già sostenuto nei
paragrafi precedenti, e sono sostanzialmente da addebitare allo sterile profilo di
fecondità del 2006. L’applicazione della summentovata struttura di fecondità alla
popolazione femminile allobroga del 1871 avrebbe condotto ad un sentiero
assolutamente peggiore di quello che, invece, fortunatamente si è venuto
concretamente a delineare.
La popolazione teorica piemontese sarebbe stata appena un quarto di quella che,
invece, si rileva censuariamente. I buchi più consistenti si sarebbero registrati nelle
fasce di età 0-10 e 30-45 (più dell’80% in meno) ma questa sarebbe stata solo la
punta dell’iceberg: in realtà tutte le fasce di età sarebbero state gravemente
penalizzate. Esaminando, poi, la struttura percentuale delle popolazioni a confronto,
verrebbe da dire: «se Atene piange, Sparta non ride»; si vede bene, infatti, come, alla
reale struttura a botte, si sarebbe sostituita una struttura a piramide rovesciata, in cui
45
Confronto tra Popolazione Effettiva 2007 e Popolazione Teorica
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
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4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Liv
ello
Po
po
lazi
on
e
PopEffettiva2007
PopTeor07(Fec06)
Confronto tra Popolazione Effettiva 2007 e Popolazione Teorica
0,00%
1,00%
2,00%
3,00%
4,00%
5,00%
6,00%
7,00%
8,00%
9,00%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Classi di Età
Dis
trib
uzio
ne P
opol
azio
ne
PopEffettiva2007
PopTeor07(Fec06)
Conf r ont o t r a P opol az i one E f f et t i va 2007 e T eor i ca
- 16 0 0 0 0
- 14 0 0 0 0
- 12 0 0 0 0
- 10 0 0 0 0
- 8 0 0 0 0
- 6 0 0 0 0
- 4 0 0 0 0
- 2 0 0 0 0
0
Conf r ont o t r a P opol az i one E f f et t i va 2007 e T eor i ca
- 3 , 0 0 %
- 2 , 0 0 %
- 1, 0 0 %
0 , 0 0 %
1, 0 0 %
2 , 0 0 %
3 , 0 0 %
il peso relativo degli anziani sulla popolazione sarebbe stato nettamente superiore,
quello delle fasce giovanili leggermente inferiore, mentre il peso di quella che si
potrebbe definire la seconda fascia dell’età adulta sarebbe stato all’incirca lo stesso;
per quanto concerne, invece, la prima fascia dell’età adulta il profilo reale è
sicuramente migliore di quello teorico, soprattutto se si pensa che quella è la cd.
stagione riproduttiva della vita delle donne.
Figura 21 Confronto tra proiezione al 31/12/2007 struttura Stabile Popolazione Femminile Regione Piemonte
1871 e Popolazione Femminile Residente Regione Piemonte al 31/12/2007 (per classi quinquennali) in termini
assoluti, relativi e differenziali
In conclusione, sebbene la situazione attuale non è sicuramente “il migliore dei
mondi possibili”, volendo parafrasare la celebre diatriba illuminista tra il Leibniz
filosofo ed il Voltaire, si può tranquillamente affermare che esistono scenari
decisamente peggiori. Fortunatamente le popolazioni reali non rappresentano dei
compartimenti stagni che evolvono solo per inerzia, ma godono durante il loro
percorso di tutta una serie di aggiustamenti endogeni ed esogeni, a volte involontari
ed a volte programmati in base a specifiche volontà politiche, che possono modificare
in maniera sostanziale traiettorie ottenute sviluppando ipotesi sostanzialmente
deterministiche.
46
PARTE B
POPOLAZIONE STABILE FEMMINILE REGIONALE
B1 BREVE CONFRONTO TRA STRUTTURA STABILE E STAZIONARIA
DELLA POPOLAZIONE FEMMINILE PIEMONTESE
Per poter effettuare un rigoroso confronto tra la popolazione stabile e la popolazione
stazionaria femminile piemontese, occorre innanzitutto procedere al calcolo
dell’esatto tasso intrinseco di incremento r, in modo che l’equazione fondamentale
della popolazione stabile di Lotka I(r) – di cui r è l’unica radice reale (che
asintoticamente prevale sulle altre radici complesse, che causano le oscillazioni
durante la fase di transizione) – eguagli il valore 1, senza che sia affetta da nessun
margine sperimentale di errore. La perturbazione che si manifesta in r è dovuta
sostanzialmente al fatto che, essendo molto difficile calcolare con precisione il valore
della distanza generazionale o tempo di generazione T, esso viene approssimato,
anche abbastanza bene a dire la verità, dall’età media delle madri al parto a. Per
eliminare questa impercettibile distorsione, in passato era sufficiente applicare (un
paio di volte al massimo, vista l’ottima velocità di convergenza dell’algoritmo) un
procedimento iterativo dovuto ad A.J. Coale, ma nell’epoca della computer science è
sufficiente disporre di un foglio elettronico in cui operare a mano qualche tentativo
ragionato di «equalizzazione» dell’errore. Fondamentalmente, anziché dividere il
margine di errore E per 30 (proxy dell’età media al parto), si divide lo stesso scarto
per un numero a’ vicino a 30, che nel caso in questione è risultato essere 31,50474;
l’utilizzo di questo valore, che in pratica non è altro che T, consente una precisione al
miliardesimo in un’unica iterazione. Il valore E/a’ sommato algebricamente alla
radice d’innesco dell’algoritmo r1, fornisce il tasso r desiderato. Il tasso r che
eguaglia (pressoché esattamente) all’unità l’equazione di Lotka è negativo e pari a
-0,01481 (contro un valore approssimato r1 superiore di appena un millesimo, che
determinava un E di circa il 3,43‰), sicché λ1 è pari a circa 0,985. I comportamenti
demografici della popolazione analizzata, pertanto, corrispondono a quelli di una
popolazione stabile con un tasso di incremento fortemente negativo.
Confronto tra struttura Stabile e Stazionaria
0,00%
1,00%
2,00%
3,00%
4,00%
5,00%
6,00%
7,00%
8,00%
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Stazionaria
Stabile
47
Figura 22 Confronto tra struttura Stabile ex fecondità 2006 e struttura Stazionaria ex tavola di mortalità 2006
Per quanto riguarda le determinanti di r, vale a dire il tasso di natalità n ed il tasso di
mortalità m, esse ammontano per le donne rispettivamente a 0,00588 e 0,02069,
anch’essi non molto lontani dai valori precedentemente stimati.
Alcuni Valori Riassuntivi Della Popolazione Stabile
Donne Uomini Totale
Nascite 1 1,06 2,06
Tasso di Incremento (‰) -14,81 -14,81 -14,81
Tasso di Natalità (‰) 5,88 6,58 6,22
Tasso di Mortalità (‰) 20,69 21,39 21,03
Tabella 8 Alcuni valori riassuntivi della popolazione stabile
Dal confronto tra queste due strutture emerge inequivocabilmente come la struttura
stazionaria (caratterizzata da r nullo, frutto di un n=m pari a 0,01195 reciproco di e0)
assuma una forma pressoché piatta ed uniforme, cd. rettangolare (cfr. Santini), fino
all’età di sessanta anni circa, per poi registrare una progressiva diminuzione del peso
delle classi sempre più anziane. Ciò è essenzialmente additabile al fatto che la
probabilità di vita di una moderna popolazione occidentale come quella piemontese è
altissima fino all’età di sessanta anni (a fortiori per le donne); oltre una certa soglia
d’età, che si è sì spostata gradualmente in avanti nel tempo, il progressivo
deterioramento fisiologico e funzionale diventa, però, un accadimento ineluttabile.
La struttura stabile limite che viene a determinarsi col profilo di fecondità del 2006 è,
invece, caratterizzata, come già abbondantemente messo in risalto, da una forma a
piramide rovesciata con classi di età crescenti che assumono un peso via via
maggiore, almeno fino agli ottanta anni di età; successivamente, è, ancora una volta,
la legge di mortalità a modellare in maniera sempre più prevalente la distribuzione.
Differenziali tra struttura Stabile e Stazionaria
-4,00%
-3,00%
-2,00%
-1,00%
0,00%
1,00%
2,00%
3,00%
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
4
95+
48
Figura 23 Differenziali tra struttura Stabile ex fecondità 2006 e struttura Stazionaria ex tavola di mortalità 2006 Un serio confronto tra queste due distribuzioni non può prescindere da un’analisi dei
differenziali tra le classi di età della popolazione. Dalla Fig.23 emerge un chiaro
gioco di simmetria attorno alla classe 45-49 che porta a concludere che, in termini
relativi, quanto è sottratto alla classi giovanili ed adulte (-16% circa) è, per così dire,
restituito nelle classi senili. E’ evidente come le forbici si allargano man mano che ci
si allontana da questo fulcro. La figura, inoltre, evidenzia come una buona fetta del
deficit si vada a collocare nelle classi di età fertili, a grave detrimento dell’evoluzione
futura del collettivo in questione.
Si può tranquillamente concludere che la popolazione stazionaria è qualitativamente
migliore, in quanto presenta un profilo strutturale molto più equilibrato di quello della
popolazione stabile associata ad un tasso r pari a -14,81‰. E’, infine, doveroso
rimarcare come tassi di crescita inferiori o superiori allo zero non siano, in pratica,
sostenibili nel lungo termine e pertanto essi vanno considerati come manifestazioni di
breve periodo, latori di qualche forma di squilibrio a fronte del quale le società
devono necessariamente adattarsi.
B2 BREVE CONFRONTO TRA STRUTTURA STABILE E STRUTTURA
REALE DELLA POPOLAZIONE FEMMINILE PIEMONTESE
In questo secondo confronto si intende, invece, approfondire quanto sarebbe stato
diverso il futuro che avrebbe atteso il Piemonte, se i comportamenti demografici della
popolazione del 1871 fossero stati quelli imposti di default, anziché quelli
effettivamente venutisi a determinare nel corso del tempo.
49
Figura 24 Dinamica temporale di r nella popolazione piemontese al netto ed al lordo dei movimenti migratori
Occorre, innanzitutto, sottolineare (cfr. Fig.24) come il reale tasso di incremento
naturale della popolazione piemontese non è affatto così deficitario come quello che,
invece, è intrinseco nelle condizioni di fecondità e mortalità imposte. Benché il dato
reale sia anch’esso negativo (-2,4‰), la situazione contingente è decisamente
migliore di quella prospettata, anche e soprattutto in virtù dei saldi migratori
registrati. E’, infatti, evidente come l’incremento totale, nettamente positivo, segue
nella realtà i picchi ed i minimi del movimento migratorio e non certo quelli del tasso
di incremento naturale, che dagli anni ottanta in poi sembra essere abbastanza stabile
e privo di una vera componente tendenziale di fondo.
Confronto tra struttura Stabile e Reale
0,00%
1,00%
2,00%
3,00%
4,00%
5,00%
6,00%
7,00%
8,00%
9,00%
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
4
95+
Reale
Stabile
Figura 25 Confronto tra struttura Stabile ex fecondità 2006 e struttura Reale popolazione 2007
50
Differenziali tra struttura Stabile e Reale
-3,00%
-2,00%
-1,00%
0,00%
1,00%
2,00%
3,00%
0-4
5-9
10-1
4
15-1
9
20-2
4
25-2
9
30-3
4
35-3
9
40-4
4
45-4
9
50-5
4
55-5
9
60-6
4
65-6
9
70-7
4
75-7
9
80-8
4
85-8
9
90-9
4
95+
Figura 26 Confronto tra struttura Stabile ex fecondità 2006 e struttura Reale popolazione 2007
Anche in questo caso, sebbene in misura meno marcata, è evidente come i deficit
strutturali della distribuzione stabile siano collocabili nelle fasce di età giovanili e
soprattutto nella stagione feconda della donna, mentre i differenziali positivi siano
tutti collocabili nelle fasce di età oltre i sessanta anni. Più precisamente si registra una
quota di popolazione giovanile del 12% circa in meno, di cui un buon 80% si va a
collocare nelle classi fertili di età.
Questo non può che significare che la situazione reale è, per fortuna, migliore della
situazione a cui avrebbe portato la struttura stabile presa come termine di paragone.
E’, poi, evidente come la struttura reale sia ben lungi da quella stabile di riferimento,
anche grazie al fatto che la popolazione piemontese gode, nonostante tutto, di una
propizia struttura per età, dovuta al baby boom degli anni sessanta ed agli intensi
movimenti migratori di cui ha beneficiato nello stesso periodo. Non va, però,
dimenticato che questa è sì una situazione (tutto sommato) favorevole ma transitoria
che va, pertanto, costantemente tenuta sotto controllo.
51
PARTE C
INERZIA DELLA POPOLAZIONE
C1 BREVE INTRODUZIONE
La crescita (così come la decrescita) della popolazione presenta una certa forza
d’inerzia. Se anche una popolazione passa da una fecondità elevata (bassa) ad una
fecondità di rimpiazzo, appena necessaria a compensare le morti, essa continuerà a
crescere (decrescere) per un certo periodo. E’, forse, questo uno degli aspetti a prima
vista più enigmatici e meno decifrabili della crescita demografica: la sua tendenza a
continuare anche dopo una consistente diminuzione dei tassi di natalità. La crescita
demografica, ha un’attitudine endogena a proseguire per decenni dopo la caduta dei
tassi di natalità. Per spiegare questo fenomeno è sufficiente pensare a cosa succede
quando si preme il freno di un veicolo in movimento: esso non si fermerà di colpo,
ma solo dopo qualche istante, per effetto dell’inerzia fisica.
Ci sono due ragioni fondamentali che spiegano, nella realtà, questa (apparentemente
nascosta) inerzia:
1. i tassi di natalità non possono essere aggiustati ex abrupto, dalla sera alla mattina,
quindi potranno essere necessari anche molti anni prima che essi si stabilizzino,
ragion per cui il tasso di fertilità potrebbe aver bisogno di molto tempo prima che
possa giungere ai livelli auspicati;
2. la struttura per fascia di età della popolazione: i paesi che presentano
inizialmente alti tassi di natalità avranno, ovviamente, un’elevata percentuale di
bambini e adolescenti che nei decenni successivi, quando raggiungeranno l’età
adulta ed entreranno in età riproduttiva, anche se procreeranno pochi figli a testa,
produrranno, in ogni caso, un incremento in valore assoluto della popolazione.
52
A tutto ciò consegue, anche se questi nuovi genitori avranno una quantità di figli
appena sufficiente a rimpiazzare se stessi, un temporaneo aumento della popolazione
che si chiama, appunto, inerzia o momento della popolazione, prima del definitivo
assestamento. I risvolti politici di questa consapevolezza sono enormemente rilevanti
sia per quanto concerne le politiche della popolazione nei confronti di paesi ad alta
fecondità che, per motivi opposti, nei confronti di paesi a bassa fecondità.
Secondo alcuni demografi di fama mondiale (cfr. Hogendorn), questa fase di
stabilizzazione della popolazione si aggira tra i 50 e i 75 anni dopo il punto in cui il
tasso di fertilità di un paese è appena sufficiente (nel senso di una madre che genera
una figlia) a rimpiazzare la popolazione presente. Occorre, poi, porre l’accento sul
fatto che ogni ritardo non previsto nella riduzione della natalità, si rifletterà nell’anno
in cui si raggiungerà il livello di rimpiazzo della crescita della popolazione. Ciò
comporta una notevole differenza nella dimensione prevista della popolazione; per
dare un’idea dell’ordine di grandezza della questione, differenze di qualche lustro nel
livello di rimpiazzo stimato potrebbero comportare un aumento della popolazione, a
livello planetario, anche di qualche miliardo di individui!
C2 CALCOLO DELL’INERZIA DELLA POPOLAZIONE REGIONALE
(METODO PRESTON)
Normalmente le variabili di controllo (steering variables) del sistema di equazioni di
evoluzione che vengono utilizzate nelle simulazioni di laboratorio per indurre allo
stationary state l’impianto demografico sotto esame sono due:
a. i tassi di fecondità specifici
b. i quozienti di mortalità specifici
è chiaro, quindi, che lo stesso obiettivo può essere raggiunto in vari modi, forzando
uno solo di questi vital rates, oppure agendo su un’opportuna combinazione lineare
convessa delle due variabili.
Si preferisce, però, nella pratica lavorare sui tassi di fecondità in quanto presentano
un’elasticità maggiore, sicché la loro sollecitazione sensibilizza maggiormente la
dinamica evolutiva del fenomeno; ciò consente di raggiungere l’obiettivo più
velocemente (cfr. Koons e Grand). Inoltre, un’analisi coeteris paribus permette di
focalizzare l’attenzione sugli effetti variazionali della singola variabile, sebbene la
realtà sia innegabilmente molto più complessa e variegata, governata dall’interazione
di più elementi che si manifestano simultaneamente. Ancora, le conseguenze dei
cambiamenti di mortalità sono più criptiche, meno semplici da individuare rispetto a
quelle delle variazioni della fecondità e non si riesce ad esprimerle in forma
compatta, in quanto dipendono dall’età in cui avvengono. Infine, è doveroso
segnalare come i quozienti di mortalità specifici, in realtà, rappresentino, per così
dire, una «fake» steering variable, in quanto non è possibile in natura diminuire ad
libitum la mortalità degli individui (almeno nel breve periodo) ma solo, semmai,
aumentarla.
53
Per quanto concerne, nello specifico, il calcolo dell’inerzia della popolazione
regionale piemontese residente al 31/12/2007, la situazione è molto diversa rispetto a
quella descritta nella breve introduzione descrittiva all’argomento.
Dal calcolo del population momentum in base al procedimento individuato dal
Keyfitz per popolazioni non ancora stabili (basato sull’integrale di Lotka), emerge
una situazione piuttosto preoccupante. Si stima un valore di M pari a circa 0,76, id est
nettamente inferiore all’unità. Questo significa che, pur vincolando la fecondità al
livello di rimpiazzo, la popolazione, in ipotesi di chiusura ai fenomeni migratori,
continuerebbe a diminuire ancora per un certo periodo, prima di convergere
definitivamente all’equilibrio stazionario (λ1=1). Il dato regionale piemontese è
abbastanza al di sotto di quello già basso dell’Italia che, con dati omogenei (riferiti
agli stessi anni), si attesta attorno allo 0,85 in tendenziale diminuzione; una decina
d’anni prima era stato stimato attorno ad un valore pari a 0,91 (cfr. Preston).
5w(x)
0
0,005
0,01
0,015
0,02
0,025
0,03
0,035
0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49
Figura 27 Fecondità cumulata residua netta in regime stazionario 5ω(x) in Piemonte
c(x)/cs(x) ratio
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
1,6
0-4
10-1
4
20-2
4
30-3
4
40-4
4
50-5
4
60-6
4
70-7
4
80-8
4
90-9
4
Figura 28 c(x)/cs(x) ratio
54
Come ben evidenziano le Figg. 27 e 28, il motivo di tutto ciò è dovuto essenzialmente
a due concause che interagiscono sinergicamente e determinano questa situazione di
scarsa performance demografica:
1. il valore di A*, l’età media alla maternità nella popolazione stazionaria
equivalente, è abbastanza alto, pari a 31 anni, sicché tutti i valori della serie che
misura le nascite attese che avverranno durante la residua stagione feconda della
vita nel regime di rimpiazzo, i.e. 5ωx, ne risultano inevitabilmente penalizzati
(essendone A* il denominatore)
2. il rapporto tra la struttura effettiva della popolazione c(x) e la struttura
dell’equivalente popolazione stazionaria di riferimento cs(x) è stabilmente basso
fino alla classe di età 25-29, proprio nelle classi di età in cui 5ωx è, invece,
sensibilmente più alto. Tale ratio mantiene, nelle classi di età fino a 20-24 un
valore di appena 0,6 massimo 0,7 ad indicare la netta carenza di popolazione, per
così dire, utile alla causa (cfr. Tab.8, colonna 3).
fe0 83,712 x,x+4 5ωx
fcx/
fcx
s 5∙5ωx∙(
fcx/
fcx
s)
me0 78,206 0-4 0,032264 0,683996 0,110343831
fNs 1696716 5-9 0,032264 0,667464 0,107676899
mNs 1664373 10-14 0,032264 0,646404 0,104279338
fN2007 2267079 15-19 0,031943 0,661213 0,105606339
mN2007 2134187 20-24 0,029586 0,714765 0,105736102
M = 0,76 25-29 0,023189 0,886330 0,102764156
30-34 0,013260 1,164809 0,077227005
35-39 0,004507 1,311569 0,029556863
0-44 0,000691 1,349555 0,004662062
45-49 0,000091 1,214722 0,000554310
M = 0,75
Tabella 9 Valore di M e delle funzioni ω(x) e c(x)/cs(x) ratio in Piemonte
Il calcolo dell’inerzia come funzione delle differenze ponderate di struttura per età tra
popolazione iniziale e stazionaria finale (dove la struttura per età dipende solo dalla
mortalità) porta, invece, ad un valore di M pari a 0,75 non molto lontano da quello
indicato in precedenza. La lieve discrasia è certamente addebitabile al fatto che con
questo secondo metodo di calcolo è stata considerata la sola popolazione femminile
piemontese. In summa, essendo il valore di M dato dal rapporto tra l’ammontare della
popolazione stazionaria (limite) di arrivo e la popolazione (pre-perturbazione) di
partenza, ed essendo la sua misura centrata attorno al valore unitario, una possibile
interpretazione di questo indicatore è che, in base alla stima, la popolazione si
dovrebbe ridurre ancora di un ammontare pari ad un 25% circa, prima di assestarsi al
suo livello stazionario. Questo dimostra come i mutamenti demografici siano
caratterizzati, appunto, da una certa inerzia, i.e. subiscono gli effetti di forze che
oppongono una certa resistenza al cambiamento.
Non essendo, poi, la popolazione in osservazione caratterizzabile come stabile ma
solo come decrescente, non è possibile appurare, con quella certezza e quell’assoluto
55
rigore che deve necessariamente contraddistinguere il metodo scientifico, se in questa
fase inerziale si verifica quel ringiovanimento della struttura per età previsto dal
Preston, in quanto analizzare questi effetti in circostanze generali risulta più
complesso. Il mero calcolo empirico, tuttavia, mostra che l’età media delle donne
piemontesi scenderebbe dai 46 anni e mezzo circa attuali ad un valore
approssimativamente stimato in circa 43 anni non apportando evidenze contro
l’ipotesi ventilata (entrambi i dati sono affetti da una leggera distorsione negativa in
quanto per la classe di età terminale è stato considerato come valore centrale 97,5).
Sembra che la popolazione piemontese abbia preso davvero sul serio il motto radicale
sessantottino dell’associazione Zero Population Growth «Rather than stop at one, we
must stop at once», un gioco di parole praticamente intraducibile dall’inglese, dove
“at one” sta per “a uno”, mentre “at once” significa “subito”.
PARTE D CONCLUSIONI
Una fredda e distaccata analisi «ragionieristica» del collettivo regionale piemontese
porterebbe ad una inequivocabile quanto spietata redde rationem; è questa una
popolazione (in ipotesi di chiusura ai fenomeni migratori) inesorabilmente destinata
ad un declino qualitativo e quantitativo, in assenza di adeguate politiche sociali attive
che ne favoriscano:
1. il ringiovanimento della sua struttura;
2. un’inversione del tasso di decremento.
Per quanto il progresso medico-scientifico abbia enormemente migliorato la
condizione della qualità della vita e contribuito al considerevole allungamento
dell’età della popolazione, non bisogna sottovalutare il fatto che l’estremo
prolungamento della vita assuma caratteri problematici per le società contemporanee.
L’invecchiamento della popolazione, infatti, fa riferimento al peso demografico degli
anziani sul totale della popolazione. La vita più lunga comporta conseguenze
importanti per la collettività: in primo luogo in termini di soluzioni per affrontare il
carico economico della popolazione che invecchia.
Lo slittamento della soglia di età pensionabile, su cui molti Paesi stanno discutendo,
può, ad esempio, essere una soluzione che potrebbe generare altri problemi: il
prolungamento della vita lavorativa per molti ultrasessantenni, magari in modalità
part-time, potrebbe avere come conseguenza il fatto che i più giovani faranno ancora
più fatica ad inserirsi nel già asfittico mercato del lavoro e dovranno accontentarsi di
lavorare meno ore alla settimana, con sicuro abbassamento del reddito. Tutto ciò
condurrebbe ad una spirale perversa in cui giovani tenderebbero ad allungare
ulteriormente la cd. transizione allo stato adulto.
56
Questa conclusione, però, deve essere accompagnata dalla considerazione che una
regione economicamente florida come il Piemonte vedrà, quasi certamente, il suo
capitale umano rimpinguato e ringiovanito da afflussi migratori, così come è già
avvenuto storicamente durante il secolo scorso in virtù delle migrazioni interne dalle
regioni dell’Italia meridionale ed insulare. L’osservazione del reale andamento della
popolazione sembra confermare l’ipotesi secondo la quale i flussi con l’estero sono la
componente principale che determina l’aumento della popolazione e ne rallenta il
declino e la tendenza all’invecchiamento.
La componente migratoria, nonostante sia quella più aleatoria, influisce in modo
determinante sul trend della popolazione, soprattutto a fronte di un persistente saldo
naturale negativo. Chiaramente questi fenomeni vanno attentamente monitorati e
sapientemente governati, altrimenti portano con sé una congerie di problemi di natura
igienico sanitaria, socioculturale (integrazione), ecc… ma opportune politiche
possono certamente facilitare il corso degli eventi. Il compito della classe politica
piemontese sarà senz’altro arduo ma non certo impossibile.
BREVE APPENDICE MATEMATICA
Per non appesantire troppo il lavoro, si è ritenuto preferibile separare in un’apposita
sezione accessoria una breve elencazione delle principali relazioni che legano le
variabili demografiche, grazie alle quali è stato possibile ricavare i risultati
precedentemente esposti.
Lo standard cohort components, nella sua versione classica, è un modus computandi
che si basa su un preciso sistema di equazioni dinamiche (valide in ipotesi di
popolazione chiusa) di cui la principale è la seguente:
xh
txh
htxh PNN (1a)
conL
LP
xh
hxh
h x , probabilità prospettiva di sopravvivenza, anche nota come
coefficiente proiettivo di sopravvivenza grazie al quale è possibile «scontare» la
mortalità della popolazione. Per non indurre il lettore in confusione si è indicato:
con N la popolazione (in ossequio alla nomenclatura anglosassone)
con P le probabilità di sopravvivenza
con x l’estremo inferiore della classe di età
con t l’istante di tempo iniziale
con h il periodo di tempo sotto osservazione
57
Normalmente h=1 oppure h=5 (come nel caso in questione) per cui le relazioni
precedenti possono essere riscritte come:
x
tx
tx PNN 55
55
(1b)
conL
LP
x
x
x5
55
5
.
Questa equazione consente di traslare nel tempo la popolazione in base alla struttura
di mortalità fissata ma lascia scoperte le due classi estreme: la prima, che concerne le
nascite (le sopravviventi) del quinquennio e che necessita, per la sua determinazione,
di una distribuzione di fertilità e l’ultima, nella quale confluiscono le sopravviventi
della penultima più le restanti in vita dell’attuale ultima classe.
Per quanto riguarda l’ultima classe (aperta), essa sarà data dalla somma ponderata di
due componenti: le sopravviventi provenienti dalla classe precedente (90-94) da
sommare alle sopravviventi della stessa classe presa in considerazione (95+), pesate
per le rispettive probabilità prospettive. Algebricamente:
955955905905
5955 PNPNN ttt (2)
dove
955
1005
955
1005
955T
T
L
LP
.
Per quanto riguarda il computo delle sopravviventi tra le nate nel quinquennio la
formula base è la seguente:
05
5,5
505 PBN
ttft (3)
dove
0
05
055 l
LP
; con
5,5
ttf B si sono indicate le nascite in blocco dell’intero
periodo quinquennale.
Il calcolo di 5,
5ttf B è più laborioso, quindi conviene procedere per gradi:
A. per prima cosa è necessario determinare la popolazione media (aritmetica)
femminile o donne-anno, per ogni classe quinquennale di età in cui la donna è
fertile, secondo la formula:
58
2
5555,
5
tx
txtt
x
NNN (4)
B. poi si deve «capitalizzare» questa popolazione media per i tassi di fecondità
specifica (tenendo conto del fatto che vengono applicati a classi quinquennali) in
modo da ottenere le nascite totali nel lustro:
Btt
5
5,
45
155
x
x
ttx fN 5
5,5
(5)
C. infine bisogna moltiplicare le nascite totali per la costante biologica 0,485 in
quanto la popolazione di interesse è solo quella femminile:
BBtttt
f55
5,5,
485,0
(6)
Per quanto riguarda il tasso di crescita della popolazione e le sue determinanti si è
proceduto secondo:
1000
5
lnln 5
tt NN
r
10005
5,
5,
5
N
Bn tt
ttf
rnm
A questo punto, emerge chiaramente come la logica propria dello schema
previsionale per componenti è quella di far derivare i contingenti di popolazione alle
varie date ed alle varie età dai loro antecedenti cronologici, nel caso di una generica
classe di età, e biologici, nel caso delle nascite.
Quando si procede per raggruppamenti quinquennali il calcolo risulta enormemente
abbreviato ed alleggerito ma anche meno corretto. Ciò perché, implicitamente, si
assume che la distribuzione di frequenza per età della popolazione reale all’interno di
ciascun gruppo sia proporzionale alla distribuzione degli anni vissuti Lx5 nella
popolazione stazionaria della tavola di mortalità. Tanto più questa ne devia, tanto
meno sarà preciso il procedimento; d’altra parte, quanto più è bassa la mortalità, tanto
meno si avvertono gli effetti di tale distorsione.
59
Per quanto riguarda, poi, la determinazione rigorosa del tasso di incremento
intrinseco della popolazione r si è proceduto ad una sua stima iniziale tramite la
nota approssimazione:
a
Rr
0ln (7)
Dove R0 è il tasso netto di riproduzione femminile:
45
15 550485,0
x xx fLR
ed a è l’età media al parto delle donne:
4515 55
4515 555,2
x xx
x xx
fL
fLxa
Poiché l’applicazione all’equazione fondamentale della popolazione stabile di questo
tasso approssimato crea un errore, che fa sì che la sommatoria diverga dal valore
unitario di qualche millesimale, è necessario un procedimento di aggiustamento. Il
sistema più utilizzato è un algoritmo conosciuto come metodo di Coale, che consiste
sostanzialmente nel determinare un’approssimazione sempre migliore di r sommando
algebricamente all’approssimazione precedente lo scarto dell’equazione di Lotka
dall’unità E diviso per il valore 30 (proxy dell’età media al parto):
30
1
Err nn
(8)
Chiaramente quando STOPrr nn 1 , dove dipende dal livello di
precisione desiderato (normalmente ε = ± 5‰).
Infine, per ciò che concerne il calcolo dell’inerzia della popolazione M il
procedimento seguito è stato il seguente (N.B. in questo contesto è stato necessario
evidenziare esplicitamente il riferimento al sesso degli elementi della popolazione):
A. Riproporzionamento dei tassi specifici di fecondità mediante il fattore di scala R0
sì da forzare la fecondità al rimpiazzo:
60
R
fx
x0
5
5
485,0 (9)
B. Determinazione di A* età media al parto nella popolazione stabile equivalente
secondo la formula:
xxf
x LxA 5
45
15 55,2 (10)
C. Determinazione dei pesix5
secondo la formula:
A
LL
xyyy
f
x
xf
x
45
5 555
5
5
2
(11)
per le prime tre classi di età (0-4, 5-9 e 10-14) è 5ωx≡*1 A
D. Determinazione delle nascite femminili e maschili nella popolazione stabile
equivalente:
45
0
5
5
55 xS
L
NB
f
x
f
xx
f (12a)
BBfm
SS
05,1 (12b)
E. Determinazione della popolazione stabile equivalente:
eBN fffSS 0 (13a)
eBN mmmSS 0 (13b)
NNN mfSSS (13c)
F. Determinazione dell’inerzia della popolazione complessiva (maschi e femmine)
del 31/12/2007:
61
N
NM
S
2008 (14)
Bibliografia e Webliografia essenziale:
ANDRIOLO M. MURTAS E. MAZZOCCOLI A. “Donne - Secondo Rapporto Sulla
Condizione Femminile In Piemonte” 2007 Fonte: IRES
ANDRIOLO M. MURTAS E. MAZZOCCOLI A. “Donne - Terzo Rapporto Sulla
Condizione Femminile In Piemonte” 2008 Fonte: IRES
ANGELI L. CASTROVILLI A. SEMINARA C. “Corso Taranto: 30 anni di vita,
speranze progetti”, 1998 Cenni sull'evoluzione economico-demografica di Torino
(1861-1960)
ALLASINO E. “Il Piemonte e Le Migrazioni” 2009
FOGLIATO G. “La Condizione Demografica degli Anziani Over 64 Anni in
Piemonte suddivisa nelle ASL” Ricerca 19/10/2009
GRUPPO POLIS “Atlante Socio-Economico del Verbano Cusio Ossola” 1999
ISTAT “Bilancio demografico regionale Anno 2007”
ISTAT “Indicatori demografici Anno 2007”
ISTAT “Previsioni demografiche 1 gennaio 2007-1 gennaio 2051”
KOONS D.N. HOLMES R.R. GRAND J.B. “Population inertia and its sensitivity to
changes in vital rates and population structure” 2007
KOONS D.N. “Transient Population Dynamics And Population Momentum In
Vertebrates” Ph.D. Dissertation Abstract 2005
LIVI BACCI M. “Introduzione alla Demografia” 1999
MARINARO L. “Bollettino Epidemiologico ASL CN2” 2007
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PRESSAT R. “Elements de Démographie Matematique” 1995
62
PRESTON S.H. et al. “Demography, Measuring and Modeling Population Processes”
2006
PRESTON S.H. GUILLOT M. “Population dynamics in an age of declining fertility”
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SANTINI A. “Analisi Demografica” 1992
STELLA F. “Quaderno Strutturale Territoriale - Principali Indicatori
Macroeconomici Delle Regioni Italiane al 2007” M.S.E.
TURSI E. “La Popolazione Piemontese: Previsioni Demografiche E Dati Osservati A
Confronto” 2010 Fonte: DEMOS – Osservatorio demografico territoriale del
Piemonte
URSO A. “Generalizzazione dell’equazione logistica” 2007
ZIMELLI A. e JAHIER F. “La popolazione del Piemonte nel 2008”
Sitografia:
Approfondite informazioni statistiche e demografiche sono inoltre disponibili nei siti:
http://www.regione.piemonte.it/stat/index.htm
http://www.regione.piemonte.it/stat/bdde/index.htm
http://demo.istat.it
http://www.istat.it
http://www.ires.piemonte.it/rapportocondizionefemminile
http://www.dors.it/made
http://dawinci.istat.it
http://www.wikipedia.org
http://www.prb.org
63
Le equazioni di Lotka-Volterra
Le equazioni di Lotka-Volterra
19, note anche come equazioni preda-predatore, costituiscono
un sistema di equazioni differenziali non lineari del primo ordine. Tali equazioni forniscono
un modello matematico in grado di descrivere la dinamica di un ecosistema in cui interagiscono due
specie animali: una delle due come predatore, l'altra come la sua preda. I predatori e le prede
possono influenzarsi reciprocamente nella loro evoluzione. Le caratteristiche che fanno aumentare
l'abilità dei predatori a trovare e catturare le prede saranno selezionate all'interno dei predatori,
mentre le caratteristiche che fanno aumentare la capacità delle prede di evitare di essere mangiate
saranno selezionate all'interno delle prede. I fini di queste caratteristiche non sono compatibili ed è
l'interazione tra queste pressioni selettive che influenza la dinamica delle popolazioni delle prede e
dei predatori.
Il Modello preda predatore
Nell’ipotesi che vi siano due specie:
1N popolazione delle prede
2N popolazione dei predatori
La variazione nel corso del tempo della popolazione preda è descritta dalla seguente equazione
differenziale:
211111 NNNN 20
La variazione nel corso del tempo della popolazione di 1N è dovuta a fattori di crescita naturale
rappresentati dal coefficiente 1 (natalità e mortalità) e alla loro eliminazione (predazione da parte
della specie 2N ) supposta proporzionale per ogni individuo 1N rispetto a 2N . Il prodotto 11N 21
rappresenta il numero di esemplari di 1N predati da ogni 2N e può essere interpretato come un
fattore di mortalità supplementare della stessa popolazione 1N ; esso è il responso funzionale dei
predatori o tasso di cattura delle prede in funzione della loro abbondanza.
Il termine 211 NN riflette il fatto che le perdite della popolazione predata sono proporzionali al
prodotto delle rispettive abbondanze di prede e di predatori.
19
Questa modellizzazione matematica fu proposta in modo indipendente nel 1925 dal demografo americano Alfred J.
Lotka e nel 1926 dal matematico italiano Vito Volterra.
20 Ricordiamo che N è una forma compatta per indicare la variazione istantanea, ovvero infinitesima, che un
fenomeno subisce nel corso del tempo. 21
1 può essere interpretato come efficienza nella ricerca delle prede o tasso di attacco.
64
La variazione nel corso del tempo della popolazione predatrice è descritta, invece, dalla seguente
equazione differenziale:
212222 NNNN
La variazione negativa di stock di 2N , dovuta alla naturale eliminazione di essi (se 01 N allora
2N tende ad estinguersi al tasso esponenziale 2 ), tende ad essere compensata dalla presenza di
prede 1N . Il prodotto 12N è il numero di individui della specie 1N “incontrati” per ogni 2N ; non
è detto, infatti, che ogni incontro (o caccia) si concluda necessariamente con la morte della preda,
sicché, in generale, si avrà: 12 22; Quando il numero dei predatori 2N e delle prede 1N
cresce, i loro incontri diventano più frequenti, ma l'effettivo tasso di consumo dipenderà dal tasso di
attacco 1 .
Mettendo a sistema le due equazioni si ha:
2
1
212222
211111
NNNN
NNNN
Moltiplicando la prima equazione per il coefficiente di frequenza di incontro 2 e la seconda per il
coefficiente di attacco 1 si ha:
212122121
212111212
NNNN
NNNN
Da cui, sommando membro a membro:
32211122112 NNNN
Moltiplicando, poi, la 1 per 12 N e la 2 per 21 N si ottiene:
2
2112
2
221
2
21
21
121
1
121
1
12
N
NN
N
N
N
N
NN
N
N
N
N
N
Che sommate membro a membro danno:
22
Generalmente si ipotizza 12 c con 1c interpretabile come efficienza dei predatori nel trasformare il cibo
in prole o efficienza di conversione.
65
422111221212
21
1
12 NN
N
N
N
N
A questo punto la 3 e la 4 hanno in comune i secondi membri quindi si può scrivere:
21122
21
1
12 NN
N
N
N
N
Essendo ii
i NlnDN
N
con 21,i , integrando ambo i membri si può scrivere:
cNlnNlnNN 21122112
Ovvero:
cNNNlnNln
21122112
Dove c è una costante arbitraria generata dal processo d’integrazione diretta. Trasformando
mediante l’operatore esponenziale la relazione precedente si ha:
cNNexpNlnNlnexp
21122112
Ovvero:
cNN
eeeNN
211212
21
da cui segue:
KeeNNNN
211212
21
Dove ceK . E’ abbastanza evidente come tale relazione si presenta come una relazione di
bilancio complessivo della natura la quale impone il prodotto dei tassi esponenziali di sviluppo delle
popolazioni e dei tassi di decadimento delle stesse dovuti ai differenti fattori biologici in gioco deve
essere costante.
Per la ricerca dei punti stazionari o di equilibrio è stato imposto al sistema originario 0iN , con
21,i , i.e. l’annullamento del vettore derivata temporale, ottenendo:
66
2
21
1
12
2212
1211
0
0
N
N
NN
NN
Ipotizzando per i parametri valori di:
11
201 .
12
102 .
Segue che l’equilibrio stabile, come si nota dalle orbite di fase, è dato dal punto
51021 ,N,N
, sicché le prede saranno in numero doppio rispetto ai predatori.
Lo screenshot a seguire evidenzia come si presentano i comandi necessari in Maxima (software
open source scaricabile dal sito www.maxima.sourceforge.net ) per la realizzazione del diagramma
di fase delle due variabili biologiche 1N ed 2N .
67
Il diagramma di fase è, poi, ottenuto premendo insieme i tasti shift e invio:
68
Notiamo, invece, che nel punto O = (0,0) il sistema presenta un punto di sella che viene raggiunto
solo nel caso in cui la popolazione delle prede si estingue e, quindi, anche la popolazione dei
predatori segue lo stesso destino (si osservino le frecce lungo l’asse delle ordinate); il punto di sella
è per sua natura un equilibrio instabile, cioè in un suo intorno ci si allontana irreversibilmente da
esso e si viene “attratti” dalle orbite che racchiudono il punto singolare di tipo centro
51021 ,N,N
. Il centro è un punto singolare attraverso il quale non passa nessuna
caratteristica (è, cioè, un punto isolato) circondato da curve caratteristiche chiuse (evidenziate in
rosso); in questo caso le variabili hanno un movimento periodico la cui ampiezza è costante: il
modello prevede una relazione ciclica tra numero di prede e di predatori. E’ altresì interessante
notare che qualsivoglia disturbo esterno provoca semplicemente uno spostamento da una
caratteristica all’altra, ove il sistema ritorna al suo movimento periodico senza fine a meno che,
abbastanza casualmente o per precisa opera di forcing ingegneristico, lo shock faccia convergere il
sistema verso il punto stazionario.
Il PIL e la crescita
Nonostante sia oggetto di molte critiche il PIL23
rappresenta ancora oggi il principale indicatore
dello stato di “salute economica” di una nazione. E’, comunque, piuttosto intuitiva l’idea che esso
da solo non dia una esatta “fotografia” dello stato di benessere di un paese se non accompagnato ad
altri indicatori di natura più prettamente sociale e demografica. Per fare solo un esempio, chi
potrebbe sostenere che due paesi che presentano lo stesso livello di crescita del PIL, ma tassi di
mortalità infantile differenti siano posti sullo stesso piano in termini di benessere? Si procede,
quindi, nei confronti internazionali tra i vari paesi, ad integrare il PIL con l’accostamento ad esso di
una serie di indicatori di natura socio-demografica che “correggono”, appunto, la portata
unicamente quantitativa tipica del PIL. Non sfugge evidentemente, come nel riscontro empirico
delle analisi condotte, ad alti tassi di crescita del PIL si associano normalmente, per restare
nell’esempio dinanzi fatto, bassi tassi di mortalità infantile e viceversa, ciò per ovvi motivi su cui
non vale la pena soffermarsi; come, per fare un altro esempio ancora, ad alti tassi del PIL si associ
un elevata speranza di vita media alla nascita e viceversa. In definitiva si riscontra una forte
correlazione tra tassi di crescita del PIL ed alcuni notevoli indicatori di benessere socio-
demografici. Tra i vari indicatori che possono essere utilizzati quelli di più immediato impatto sono:
1) Speranza di vita
2) Tasso di mortalità infantile
3) Tasso di alfabetizzazione degli adulti
23 Prodotto interno lordo: l’ammontare di servizi e di beni valorizzati in una unità di conto monetaria ( deflazionata o meno) prodotti all’interno di un paese al lordo degli ammortamenti dei capitali impiegati di medio lungo periodo indipendentemente dalla nazionalità dei produttori.
69
Ovviamente questi sono solo alcuni tra quelli più significativi e se ne potrebbero scegliere altri da
utilizzare in maniera separata o concentrati in un singolo indicatore di sintesi; tuttavia, il concetto
resta sostanzialmente lo stesso: misurare in modo più completo la situazione di “stato di sviluppo”
di un paese il cui solo indicatore PIL come detto non è sufficiente. La speranza di vita media o vita
media prospettica alla nascita è il numero di anni che mediamente un individuo di una collettività
vivrà. Nei paesi in via di sviluppo (PVS) esso presenta valori decisamente bassi ovviamente tutti
riconducibili alla mancanza di buone condizioni di vita (scarsa alimentazione, pessimi servizi
sanitari, bassi redditi, ecc..). In demografia viene spesso indicato con il simbolo (da expectation,
ovvero speranza e di chiaro etimo latino). Il tasso di mortalità infantile è il rapporto tra il numero di
individui nati vivi e morti nel corso del primo anno di vita sul totale dei nati vivi. Il tasso di
alfabetizzazione degli adulti rappresenta, invece, il numero di coloro che hanno conseguito almeno
la licenza elementare sul totale degli individui di età dai diciotto anni in poi. Tutti questi indici
possono essere, e spesso lo sono, specificati in modo più particolareggiato a seconda delle necessità
di indagine. E’ evidenza palese che ad alti livelli di reddito corrispondano in genere migliori
situazioni di alfabetizzazione degli individui, bassi tassi di mortalità infantili e speranza di vita
media più alta. In definitiva ci si aspettano significative correlazioni statistiche che misurano la”
forza” del legame tra le variabili in questione.
Il grado di correlazione tra le variabili lo misuriamo con la nota formula dell’indice di correlazione:
yx
y,xcovR
Dove:
i
ii
N
yyxxy,xcov è la covarianza le due variabili aleatorie
i
i
N
xx media aritmetica semplice della variabile x
i
i
N
yy media aritmetica semplice della variabile y
i
ix
N
xx2
è la deviazione standard della variabile x
i
iy
N
yy2
è la deviazione standard della variabile y
Dal sito EUROSTAT24
è possibile estrarre, per alcuni paesi, la lista degli indicatori di vita media e
prodotto interno lordo pro capite come evidenziato dalla seguente tabella:
24
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/national_accounts/data/database
70
Speranza di vita PIL pro capite
Germany 79,8 30.300
Estonia 75,2 10.700
Ireland 80,3 34.900
Greece 79,9 20.100
Spain 81,5 22.800
France 81,1 29.800
Italy 83,2 25.700
Cyprus 77,8 21.600
Latvia 73,1 8.300
Lithuania 72,8 8.400
Luxembourg 80,1 79.500
Hungary 74,1 9.700
Malta 80,9 14.700
Netherlands 80,3 35.400
Austria 80,1 34.100
Poland 75,8 9.300
Portugal 79 16.200
Romania 72,9 5.800
Slovenia 79 17.300
Slovakia 75 12.100
Finland 79,4 33.500
Sweden 80,9 37.200
UK 79,7 27.400
medie 23.687 78
Che dopo varie elaborazioni porta a grafici più o meno elaborati del tipo seguente:
Correlazione tra speranza di vita e prodotto interno lordo pro capite
71
La tabella ed il relativo grafico mostra come ci si aspettava un buon livello di correlazione dei dati
confermato dall’indice di goodness of fit R che assume un valore pari a circa 0,60.
Crescita del reddito
Una delle forme più semplici di modello di crescita del reddito nel tempo è data dalla seguente
espressione differenziale:
tYtgtY (1)
Dove indichiamo con tg il parametro (e, più in generale, la funzione) di crescita del reddito tY
nel corso del tempo.
E’ possibile riscrivere la relazione (1) come tasso di variazione relativa:
tgtY
tY
Poiché il saggio di crescita relativo del reddito corrisponde alla derivata logaritmica25
dello stesso si
può scrivere:
tgtYlnD
che integrata ci dà:
cdttgtYln
Da cui si ricava facilmente il regime di crescita esponenziale del reddito:
dttgectY
Imponendo la condizione iniziale al cosiddetto problema di Cauchy si ricava facilmente che:
dg
t
eYtY
00
25
Semielasticità.
72
Chiaramente, imponendo un tasso di crescita costante26
gtg , l’espressione si semplifica in:
gteYtY 0 (2)
La (2) rappresenta una legge generale di crescita del reddito molto usata nelle analisi di base.
Evoluzione nel tempo del reddito pro capite
Siano:
tY reddito istantaneo al tempo t
tN popolazione istantanea al tempo t
tN
tYt reddito pro capite istantaneo al tempo t
Derivando t rispetto al tempo, utilizzando la nota regola di derivata di rapporto, si ottiene:
2tN
tNtYtNtYt
Scomponendo la frazione si può scrivere in maniera alternativa ma del tutto equivalente:
tN
tY
tN
tN
tN
tYt
Moltiplicando tutti i termini dell’equazione per tY
tNt
1 si ottiene:
tY
tN
tN
tY
tN
tN
tY
tN
tN
tY
t
t
Ovvero:
tN
tN
tY
tY
t
t
Ponendo:
26
Una media periodale.
73
tY
tYgY
tN
tNn
tt
p
Da cui, evidentemente segue:
ngp Y (3)
Il tasso istantaneo di variazione temporale del reddito pro capite è uguale alla differenza tra i tassi di
variazione istantanei del reddito e della popolazione, in quanto la crescita pro capite non può non
tener conto della dinamica demografica ignorata, invece, quando si analizza il tout court il solo
fenomeno economico reddito.
IL MODELLO DI CRESCITA DI HARROD-DOMAR
Struttura
Tutti i modelli economici sono il “frutto” di un epoca e di un clima politico istituzionale nel quale
essi si inseriscono naturalmente. Il modello di Harrod-Domar27
nacque in un contesto storico
dominato dagli studi Keynesiani. Esso tenta di rendere dinamica l’analisi Keynesiana nel tentativo
di spiegare come nel corso del tempo si possa ottenere un sentiero di equilibrio dinamico
dell’economia.
Nel modello di crescita di Harrod-Domar il filo conduttore non è semplicemente quello della ricerca
di un andamento nel tempo partendo da una legge di variazione di una variabile bensì la ricerca del
particolare andamento temporale che prevarrà, se sarà soddisfatta una certa condizione di equilibrio
economico.
Le premesse fondamentali del modello sono le seguenti:
1) ogni cambiamento del ritmo annuale di investimento I(t) ha un doppio effetto: modifica la
domanda aggregata e, allo stesso tempo, la capacità produttiva del sistema economico;
27
In verità i modelli sono due e separati ma per ragioni didattiche sono presentati insieme e “compattati” trattando essi
lo stesso tema.
74
2) l’effetto del cambiamento di I(t) sulla domanda opera attraverso un processo moltiplicatore,
sicché un aumento di I(t) si risolve in un aumento del reddito annuale Y(t) di un multiplo di I(t);
il moltiplicatore è k = 1/s, dove s è una data propensione marginale ( costante ) al risparmio.
Nell’ipotesi che all’infuori di I(t) non vi siano altri flussi di spesa ( parametrici ) che abbiano
influenza sul flusso del reddito, si può porre:
dY / dt = dI / dt · 1/s [1.1]
3) l’effetto dell’investimento sulla capacità produttiva è misurato dal cambiamento nella quantità
potenziale che il sistema economico è in grado di fornire; supponendo costante il rapporto
capacità-capitale, si può scrivere:
k / K = ρ
dove k indica la capacità o flusso potenziale di produzione annua e ρ il rapporto dato ( e costante )
capacità produttiva-capitale.
Da tutto ciò deriva che con una disponibilità K(t) di capitale il sistema economico è potenzialmente
capace di una produzione annua, o reddito, di k = ρK.
Si osservi che da k = ρK (ossia la funzione di produzione) discende che:
dk / dt = ρ · dK / dt = ρI [1.2]
Nel modello di Domar l’equilibrio è definito come una situazione nella quale la capacità produttiva
è completamente utilizzata; affinché ci sia equilibrio è, perciò, richiesto che la domanda aggregata
sia esattamente uguale alla produzione potenziale ottenibile in un anno e che cioè sia Y = k.
Se si parte da una situazione iniziale di equilibrio, basterà che vi sia bilanciamento tra le variazioni
della capacità produttiva e della domanda aggregata, cioè che sia:
dY / dt = dk / dt [1.3]
Per trovare l’andamento nel tempo dell’investimento I(t) che soddisfa in ogni momento questa
condizione di equilibrio bisogna sostituire, innanzitutto, le [1.1] e [1.2] nella condizione di
equilibrio [1.3]; si ottiene, così, l’equazione differenziale:
dI / dt · 1/s = ρI [1.4a]
riscrivibile come un’O.D.E. lineare del primo ordine omogenea a coefficienti costanti secondo la
formula:
dI / dt – ρsI = 0 [1.4b]
la cui soluzionestρe)(I)t(I 0
(dove )(I 0 indica il livello iniziale di investimento) rappresenta
l’andamento esponenziale di equilibrio (o richiesto) degli investimenti (un equilibrio mobile).
75
Figura 1.1
Il risultato ha un significato economico alquanto inquietante: affinché si ottenga l’equilibrio nel
tempo tra la capacità produttiva e la domanda, il tasso d’investimento deve crescere esattamente al
tasso esponenziale di ρs.
E’ ovvio che, quanto più grande sarà il tasso richiesto di accrescimento degli investimenti, tanto più
grandi saranno il rapporto capacità produttiva-capitale e la propensione marginale al risparmio; ma
quale che sia il tasso, una volta conosciuti i valori di ρ e s, il richiesto accrescimento degli
investimenti risulta fissato in modo rigidissimo.
The razor’s edge (il filo del rasoio)
Viene spontaneo chiedersi che cosa succede nel momento in cui l’effettivo tasso di accrescimento
degli investimenti r differisce da quello richiesto ρs.
Domar propone la definizione di un coefficiente di utilizzo:
u = limt→∞ Y(t) / k(t) [1.5]
dove u = 1 significa piena utilizzazione della capacità produttiva, e dimostra che:
u = r / ρs [1.6]
cosicché il valore di u viene a dipendere dal rapporto tra tasso effettivo e tasso richiesto di
accrescimento degli investimenti.
In altre parole, se c’è discrepanza tra il saggio reale e quello richiesto si troverà alla fine per t→∞
un’insufficienza di capacità produttiva (i.e. u > 1) o un eccesso di questa (i.e. u < 1) a seconda che r
sia, rispettivamente, maggiore o minore di ρs.
E’ possibile dimostrare che questa conclusione, difetto o eccesso di capacità produttiva, è valida ad
ogni tempo t e non soltanto per t→∞. Un tasso di crescita r implica, infatti, che:
76
rte)(I)t(I 0
e dI / dt =rte)(Ir 0 [1.7]
Perciò per le [1.1] e [1.2] si ha che:
dY / dt = 1/s · dI / dt = rte)(Is/r 0 [1.8]
dk / dt = rte)(Iρ)t(Iρ 0
[1.9]
Il rapporto tra queste due derivate:
(dY / dt) / (dk / dt) = r / ρs [1.10]
ci dice qual è, in qualsiasi tempo t, il rapporto tra i due effetti dell’investimento, quello sulla
domanda e quello sulla capacità produttiva, in conseguenza del saggio effettivo di incremento r. Se
r supera ρs, allora dY / dt > dk / dt, e l’effetto sulla domanda supererà l’effetto sulla capacità
produttiva, provocando un difetto di capacità produttiva; mutatis mutandis, se r < ρs, nascerà un
difetto di domanda aggregata e quindi un eccesso di capacità produttiva.
Il curioso di questa conclusione è che se l’investimento effettivo cresce realmente più in fretta del
richiesto ne risulterà un difetto e non eccesso di capacità produttiva ed è egualmente singolare che
se l’effettivo accrescimento dell’investimento resta indietro rispetto al ritmo richiesto si andrà in
contro ad un eccesso di capacità produttiva e non ad un difetto.
Quindi, in conseguenza di questo paradossale risultato, se si permette che gli imprenditori adattino
il saggio effettivo r, finora supposto costante, alla situazione prevalente della capacità produttiva,
essi certamente adotteranno la correzione «sbagliata». Nel caso che sia r > ρs, per esempio, il
difetto di capacità produttiva che ne risulta motiverà un saggio ancor più alto di investimento ma ciò
vorrà dire un aumento di r, invece di una sua riduzione, come richiederebbero le circostanze; di
conseguenza la divergenza tra i sentieri dei due tassi risulterà aumentata anziché ridotta: l’instabilità
è, perciò, insita ed autoaggravantesi.
La conclusione è che, date le due costanti parametriche ρ e s, l’unica via per evitare difetti o eccessi
di capacità produttiva è guidare il flusso degli investimenti lungo la linea di equilibrio (
perpetuamente in bilico ), con un saggio r* sempre uguale a ρs.
E’ evidente, quindi, come ogni deviazione da questo filo del rasoio si risolverà nel fatto che la piena
utilizzazione della capacità produttiva, prevista da Domar28
, non sarà mai soddisfatta; questa è forse
una prospettiva spiacevole, ma fortunatamente risultati più elastici si rendono possibili se alcune
ipotesi del modello vengono modificate, come si vedrà a proposito del modello di crescita di Solow.
28
Essendo il modello esogeno, esso non è idoneo a descrivere interventi dell’operatore pubblico per correggere
eventuali fallimenti del mercato; esso ha solo natura descrittiva del sistema e come vedremo occorre elaborare altri
modelli di tipo endogeno che permettono di fare un passo avanti attraverso l’introduzione di variabili di controllo
interne al modello.
77
IL MODELLO SOLOW-SWAN
La struttura di base
Nel modello di Domar l’output è funzione esplicita del solo capitale secondo la formula k = ρK ( la
capacità produttiva o output potenziale è un multiplo costante dello stock di capitale ). L’assenza
dell’input lavoro nella funzione di produzione comporta l’implicazione che questo è sempre
combinato col capitale in proporzioni fisse, dimodoché sia possibile considerare esplicitamente uno
solo di questi fattori produttivi.
Il modello di crescita del professor Solow intende mostrare, tra le varie cose, che il sentiero del
«filo del rasoio» è fondamentalmente dovuto alle assunzioni adottate sulla funzione di produzione
(di tipo Leontief) e che sotto circostanze alternative il bisogno di bilanciamenti così delicati può
anche non emergere; ma il modello va ben al di là di ciò, in quanto oltre ad indagare l’esistenza di
un equilibrio ne analizza la sua stabilità.
La struttura di base fa riferimento all’equilibrio generale: il sistema economico preso in
considerazione è, infatti, costituito dalle famiglie, dalle imprese e dal mercato. Le famiglie scelgono
quale frazione del loro reddito destinare al consumo e quale al risparmio; ciascuna famiglia decide
poi quanti figli avere, se lavorare e quanto.
Le imprese, invece, acquistano gli input, come il capitale e lavoro, e li usano per produrre beni che
poi venderanno alle famiglie o alle altre imprese; sempre le imprese dispongono, inoltre, di
tecnologia – che può evolversi nel tempo – che permette loro di trasformare gli input in output.
Esistono, infine i mercati in cui le imprese e le famiglie si scambiano beni e input: sono così le
quantità domandate e offerte a determinare i prezzi relativi degli input e dei beni prodotti.
Per ragioni di semplicità, nel modello si fa riferimento ad uno scenario semplificato della realtà che
esclude mercati ed imprese ed in cui si ipotizza, invece, che gli individui (o i loro nuclei familiari)
siano al contempo produttori e consumatori, che non solo possiedano i fattori produttivi, ma che
siano anche in grado di trasformarli in beni.
La funzione di produzione aggregata assumerà la seguente forma:
Y(t) = F[ K(t), L(t), t] [1.11]
Dove Y(t) indica il flusso di beni prodotti al tempo t per date quantità di capitale e lavoro; si fa
dipendere la funzione di produzione dal tempo t cosicché possa riflettere gli effetti del progresso
tecnologico: è pacifico che lo stesso ammontare di capitale e lavoro producono un maggior prodotto
quando si è in presenza di una tecnologia più avanzata.
Per ipotesi, esiste un unico settore produttivo in cui si impiega un’unica tecnologia e si produce un
unico bene omogeneo che può essere consumato o investito per creare nuove unità di capitale.
Si assume, inoltre, che l’economia sia chiusa cosicché il prodotto sarà uguale al reddito e
l’ammontare investito sarà pari a quello risparmiato.
Sia s(·) la parte del reddito che viene risparmiata (i.e. il tasso di risparmio): considerando un arco
temporale costituito da più periodi, le famiglie, composte da individui razionali, scelgono se e
quanto risparmiare in ogni periodo, confrontando costi e benefici che derivano da ogni possibile
scelta; tale confronto tiene conto non solo dei parametri di preferenza, ma anche delle variabili che
descrivono lo stato dell’economia, quali il livello di ricchezza ed il tasso d’interesse.
Per facilitare l’analisi, Solow assume che il tasso di risparmio s(·) sia esogeno e pari ad una costante
s > 0.
Sempre per ipotesi, il capitale si deprezza ad un tasso costante pari a δ > 0; ciò vuol dire che in ogni
istante, una frazione costante dello stock di capitale si consuma e, quindi, non può più essere usata
per la produzione.
78
L’incremento netto nello stock di capitale fisico in un certo istante sarà così eguale all’investimento
meno il deprezzamento del capitale stesso:
K = I – δK = s · F(K,L) – δK [1.12]
è questa l’equazione fondamentale del modello che determina la dinamica del capitale nel tempo.
La forza lavoro L varia nel tempo, poiché cresce la popolazione e cambiano i tassi di occupazione
nonché l’ammontare di tempo dedicato al lavoro da un tipico lavoratore; la crescita della
popolazione dipende, a sua volta, dai tassi di fecondità, mortalità e migrazione. In questo modello si
semplifica un tale scenario, assumendo che la popolazione cresca secondo un tasso costante ed
esogeno, pari a L' / L = n ≥ 0 e che ciascun individuo lavori con la stessa intensità; normalizzando
ad uno la popolazione lavorativa totale e l’intensità del lavoro pro capite al tempo 0, la popolazione
e la forza lavoro al tempo t sono uguali a:
L(t) = e nt
[1.13]
Se L(t) è data da questa equazione e non vi è progresso tecnologico allora l’equazione [1.12]
determina i sentieri temporali di crescita del capitale K, e del prodotto Y: essi dipendono in modo
decisivo dalle proprietà della funzione di produzione F(·); infatti, sembra che anche piccole
differenze nelle assunzioni sulla funzione di produzione aggregata siano in grado di generare teorie
radicalmente diverse.
La funzione di produzione neoclassica
Ignorando il progresso tecnologico, la funzione di produzione definita dall’equazione [1.11] assume
la seguente forma:
Y = F(K,L) [1.14]
La funzione di produzione è neoclassica se sono soddisfatte le seguenti tre proprietà:
1) per ogni K > 0 e L > 0, F(·) è tale che i prodotti marginali di ciascun fattore produttivo,
considerato singolarmente, sono positivi ma decrescenti:
∂F / ∂K > 0 ∂ 2F / ∂K < 0
[1.15a]
∂F / ∂L > 0 ∂ 2F / ∂L < 0
2) F(·) ha rendimenti di scala costanti (i.e., è omogenea di grado 1) ed è quindi in grado di
replicare esattamente la produzione di un certo fattore λ:
F(λK, λL) = λ · F(K,L) per ogni λ > 0 [1.15b]
3) F(·) soddisfa le condizioni di Uzawa-Inada, ossia i limiti dei prodotti marginali di entrambi i
fattori tendono ad infinito quando il fattore tende a zero e, viceversa, tendono a zero quando
ciascuno dei fattori tende ad infinito:
lim (FK) = lim (FL) = ∞
79
K→0 L→0
[1.15c]
lim (FK) = lim (FL) = 0
K→∞ L→∞
La prima condizione segnala come ogni isoquanto nel piano K,L ha inclinazione negativa, cioè
derivata prima pari a KL FF ; per di più, l’esistenza delle derivate seconde garantisce ad ogni
isoquanto una forma «liscia», senza spigoli. Questa caratteristica matematica, in termini economici,
implica che l’isoquanto non sia, in nessun tratto, il risultato di combinazioni lineari di un numero
finito di tecnologie; si può, quindi, dire che in questo contesto si sostiene l’ipotesi forte che esistono
un’infinità di tecniche produttive diverse, ma tutte economicamente efficienti, ovvero una
sostituibilità infinita tra i fattori produttivi.
La condizione che i rendimenti di scala siano costanti, quando i fattori produttivi sono incrementati
congiuntamente e nella stessa misura, implica che il prodotto può essere riscritto come:
Y = F(K,L) = L · F(K/L,1) = L · f(k) [1.16]
avendo posto λ = 1/L > 0. Il fattore k ≡ K/L è il rapporto tra capitale e lavoro ovvero il capitale per
occupato; analogamente, y = Y/L è definibile come il prodotto pro capite; la funzione f(k) equivale a
F(k,1).
A questo punto è, allora, possibile esprimere la funzione di produzione nella seguente forma
intensiva, cioè in termini di prodotto per addetto:
y = f(k) [1.17]
Servendosi della condizione Y = L · f(k), si ricavano facilmente le due derivate parziali rispetto ad
entrambi i fattori produttivi:
∂Y / ∂K = L · f’(K/L) · 1/L = f’(k)
[1.18]
∂Y / ∂L = f(K/L) + L · f’(K/L) · -(K/L2) = f(k) – k · f’(k)
Le produttività marginali dipendono solo dal rapporto K/L e sono entrambe omogenee di grado
zero, ossia, non sono sensibili rispetto a variazioni proporzionali dei fattori.
Le condizioni di Inada implicano che limk→0 [f’(k)] = ∞ e limk→∞ [f’(k)] = 0.
Le proprietà neoclassiche della funzione di produzione implicano che ciascun fattore produttivo è
essenziale per la produzione, cioè, F(0,L) = F(K,0) = f(0) = 0; sempre dalle stesse proprietà
consegue che l’l’output prodotto tende ad infinito se l’uno o l’altro fattore produttivo tende ad
infinito.
L’equazione dinamica fondamentale per lo stock di capitale
Analizzando il comportamento dinamico dell’economia descritta da una funzione di produzione
neoclassica se ne deriva il modello di crescita di Solow-Swan.
Le relazioni di base del modello, considerate tutte congiuntamente, sono:
Y = F(K,L) = L · f(k,1) = L · f(k) [1.19a]
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S = sY = sL · f(k) [1.19b]
K = I – δK [1.19c]
K = sY – δK [1.19d]
L = e nt
[1.19e]
Questo insieme di equazioni costituisce un modello completo che, per essere risolto, necessita la
condensazione delle relazioni summenzionate in una singola equazione di una variabile.
L’equazione [1.19d] implica che I = S e l’equazione [1.19e] implica che la forza lavoro sia
completamente impiegata. Osservando le relazioni, però, ci si accorge che queste non appaiono in
termini pro capite. Considerando la definizione di k = K / L si può scrivere:
K ≡ kent
[1.20]
Poiché la relazione [1.20] è un’identità le derivate di ambo i membri sono uguali; differenziando
ambo i membri rispetto al tempo si ottiene:
ntnt kneekK [1.21]
Da cui, considerando le relazioni [1.19a], [1.19d] e [1.19e] si può scrivere:
sent
· f(k) – δkent
= ntek + kne
nt [1.22]
semplificando il termine ent
e riordinando si ricava:
k = s · f(k) – (n + δ) · k [1.23]
E’ questa l’equazione differenziale fondamentale del modello di Solow-Swan; essa non è lineare e
dipende unicamente da k. Il coefficiente (n + δ) può essere considerato come l’effettivo tasso di
deprezzamento del rapporto capitale-lavoro k; se il tasso di risparmio s fosse nullo, allora k
diminuirebbe in parte per il deprezzamento di K al tasso δ ed in parte per l’incremento di L al tasso
n.
La figura 1.2 mostra come funziona l’equazione [1.23]: la curva più in alto è la funzione di
produzione f(k) e l’investimento lordo s · f(k) è proporzionale alla stessa funzione (le condizioni di
Inada implicano che la funzione sia verticale per k = 0 e diventi orizzontale per k che tende
all’infinito); l’altro termine dell’equazione è rappresentato come una retta uscente dall’origine con
inclinazione pari a (n + δ). Il consumo è pari alla differenza verticale tra f(k) e s · f(k).
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Figura1.2
La crescita uniforme
La crescita uniforme o bilanciata (steady state) corrisponde alla situazione in cui le diverse
grandezze considerate crescono armonicamente a tassi costanti: è questa una generalizzazione del
c.d. stato stazionario di massimo disordine o punto di massima entropia (stationary state) in cui tutte
le grandezze restano costanti ossia «crescono» ad un tasso nullo.
Nel modello di Solow-Swan, il punto della crescita uniforme corrisponde a k = 0 nell’equazione
dinamica fondamentale, cioè all’intersezione della curva s · f(k) con la retta (n + δ) · k nella figura
1.2; il valore corrispondente di k è indicato con k*.
Algebricamente k* soddisfa la condizione:
s · f(k*) = (n + δ) · k* [1.24]
Poiché k è costante nella crescita uniforme, anche y e c sono costanti ed assumono rispettivamente i
valori y* = f(k*) e c* = (1 – s) · f(k*).
Dunque, secondo il modello neoclassico, il non equilibrio è una perturbazione transitoria che
ostacola, ma solo temporaneamente, il raggiungimento di una struttura di equilibrio ben identificata.
Nello stato stazionario le grandezze pro capite k, y e c rimangono costanti, mentre i livelli delle
stesse variabili aggregate K, Y e C crescono al tasso di crescita della popolazione n.
Variazioni nel livello della tecnologia ( rappresentate da spostamenti della funzione di produzione
f(·) ), nel tasso di risparmio s, nel tasso di crescita della popolazione n e nel tasso di deprezzamento
del capitale δ hanno effetti sui livelli pro capite assunti dalle diverse grandezze nella crescita
uniforme. Una variazione proporzionale verso l’alto della funzione di produzione (i.e. un
miglioramento tecnologico) o un incremento del saggio di risparmio spostano la curva
dell’investimento lordo s · f(k) verso l’alto facendo aumentare k*; viceversa un incremento di n o δ
fa aumentare l’inclinazione della retta del deprezzamento effettivo (n + δ) · k e comporta una
diminuzione di k*.
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E’ importante notare che tutte le variazioni summentovate non hanno effetti sui tassi di incremento
del prodotto, del capitale e del consumo pro capite che, nella crescita uniforme, sono tutti pari a
zero.
Per questa ragione il modello, così come è stato presentato, non è in grado di spiegare le
determinanti della crescita di lungo periodo delle grandezze pro capite.
La regola d’oro dell’accumulazione del capitale e l’inefficienza dinamica
Un’interessante conclusione tratta dal modello neoclassico è la cosiddetta golden rule la quale mette
in evidenza che l’obiettivo del pianificatore oltre ad essere quello del generale equilibrio è anche e
soprattutto quello di massimizzare il consumo nel breve e nel lungo periodo.
Per una data funzione di produzione e per dati valori di n e δ, nella crescita uniforme esiste un unico
valore di k* > 0 per ogni valore del tasso di risparmio s (una corrispondenza biunivoca); indicando
tale relazione con k*(s), con dk*(s )/ds > 0, il corrispondente livello di consumo pro capite sarà c*
= (1 – s) · f[k*(s)].
E’ noto dall’equazione [1.24] che s · f(k*) = (n + δ) · k*; perciò è possibile scrivere la seguente
espressione per c*:
c*(s) = f[k*(s)] – (n + δ) · k*(s) [1.25]
Figura 1.3
La figura 1.3 mostra la relazione tra c* e s, così come definita dall’equazione [1.25]: la variabile
c*(s) è nulla quando non si risparmia per niente o si risparmia tutto il reddito ed è crescente per
bassi valori di s e decrescente per elevati valori di s. La grandezza c* raggiunge il suo massimo
quando la derivata prima è nulla, ovvero quando [f’(k*) – (n + δ)] · dk* / ds = 0; ora poiché dk* / ds
è sempre positiva la condizione di massimo implica che l’espressione tra parentesi quadre sia nulla
(i.e. la produttività marginale del capitale per addetto nel punto di ottimo deve essere uguale al tasso
esogeno di deprezzamento effettivo del capitale). Se si indica con kgold il valore di k* in
corrispondenza del massimo di c*, allora kgold è determinato da:
f’(kgold) = n + δ [1.26]
Il corrispondente tasso di risparmio può essere indicato con sgold ed il livello di consumo pro capite
ad esso associato sarà cgold = f(kgold) – (n + δ) · kgold.
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La condizione definita nell’equazione [1.26] viene chiamata regola aurea dell’accumulazione del
capitale: in termini economici tale regola è interpretata nel senso che se si prevede uno stesso livello
di consumo per tutti i membri delle generazioni presenti e future, preoccupandosi, quindi, anche di
quanto potranno consumare i nostri figli, allora il massimo livello di consumo pro capite consentito
è dato da cgold.
Figura 1.4
La figura 1.4 illustra la regola aurea: nel grafico sono indicati tre diversi livelli di propensione al
risparmio con s1 < sgold < s2; il consumo pro capite c è determinato in ciascun caso dalla distanza
verticale tra la funzione di produzione f(k) e la corrispondente curva dell’investimento lordo s · f(k).
Per ogni s, il valore di k* nella crescita uniforme è dato dall’intersezione tra la curva s · f(k) e la
retta (n + δ) · k. Il consumo pro capite nella crescita uniforme è massimo quando k* = kgold poiché
in quel punto la tangente alla funzione di produzione è parallela alla retta del deprezzamento
effettivo. Il tasso di risparmio che rende k* = kgold è quello che consente alla curva s · f(k) di
intersecare la retta (n + δ) · k in corrispondenza di kgold. Dato che s1 < sgold < s2 si può notare che k1*
< kgold < k2*.
Ci si può chiedere se esista un tasso di risparmio preferibile agli altri: in effetti, non sarà possibile
individuare un tasso di risparmio ottimale (o capire se una propensione al risparmio costante sia
desiderabile) sino a quando non sarà specificata in modo dettagliato la funzione obiettivo, ma ciò
non toglie che un tasso di risparmio che eccede quello aureo è dinamicamente inefficiente, poiché
riduce il consumo nel breve e nel lungo periodo. A tale proposito si consideri un’economia con
tasso di risparmio maggiore di quello aureo: tale situazione è rappresentata in figura 1.4 con
s2 > sgold, k2 > kgold e c2 < cgold; si ipotizzi, inoltre, di partire da una condizione di crescita uniforme e
che il tasso di risparmio si riduca, in modo permanente, al livello sgold: ciò fa sì che il consumo pro
capite c inizialmente cresce di un certo ammontare e poi inizia a ridursi monotònamente durante
tutta la fase di transizione verso il nuovo livello della crescita uniforme cgold. Dato che c2* < cgold, si
può facilmente dedurre che c eccede il suo precedente valore c2* in ogni fase dell’aggiustamento: è,
quindi, evidente che quando il tasso di risparmio eccede quello di livello aureo il consumo pro
capite potrebbe esser aumentato in ogni momento, semplicemente diminuendo il tasso di risparmio;
un’economia che risparmia troppo è detta dinamicamente inefficiente, poiché il sentiero di crescita
del consumo pro capite giace in ogni istante al di sotto di possibili migliori sentieri alternativi. A
dire il vero, questo esempio è più che altro teorico, in quanto l’evidenza empirica mostra che tutti i
paesi si trovano al di sotto del loro livello di risparmio aureo.
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Se, invece, s < sgold allora il consumo pro capite nella crescita uniforme può essere aumentato
tramite un incremento del tasso di risparmio che, sì ridurrebbe il consumo al tempo corrente e
durante una certa fase del processo di aggiustamento, ma, nel lungo periodo, lo farebbe certamente
aumentare: questo pone in essere un problema di trade-off che necessita la conoscenza di specifiche
ipotesi su come gli agenti scontano i flussi futuri di consumo.
La regola aurea verrà ripresa e sviluppata ulteriormente nel contesto della crescita ottima mediante
un’analisi funzionale che si avvale di strumenti matematici più raffinati quali il classico calcolo
delle variazioni e la più moderna teoria del controllo ottimo sviluppata dall’équipe di matematici
russi L.S. Pontryagin, V.G. Boltyanskii, R.V. Gamkrelidze ed E.R. Mishchenko (ufficialmente
«occidentalizzata» solo nel 1962, grazie alla traduzione in lingua inglese ad opera di K.W.
Trirogoff).
Dinamiche di transizione
Nel modello Solow-Swan i tassi di crescita di lungo periodo sono interamente determinati da
variabili esogene: è, così, naturale che tale modello permetta solo conclusioni negative sul
comportamento dell’economia nel lungo periodo, affermando, per esempio, che i tassi della crescita
uniforme non dipendono né dalla propensione al risparmio né dal livello della funzione di
produzione che al più produrranno effetti temporanei ma, sicuramente, destinati ad esaurirsi.
Il modello ha, comunque, interessanti implicazioni per ciò che riguarda la dinamica di transizione:
da questa si deduce che il reddito pro capite di un’economia converge al livello della crescita
uniforme ed al livello del reddito pro capite delle altre economie (c.d. convergenza β assoluta).
Nondimeno, il sistema descritto è localmente stabile in un intorno di k*; ciò può essere dimostrato
per mezzo della funzione continua e differenziabile di Liapunov 2k)δn()k(fs)k(V
dove per ogni k vicino k* valgono le seguenti proprietà, come da teorema di esistenza:
0)k(V
0*)k(V
02 k)δn()k(fsk)δn()k(fsdt)k(dV che assume valore
nullo in corrispondenza del punto di equilibrio k*.
Dividendo entrambi i membri dell’equazione [1.23] per k, si ottiene il corrispettivo tasso di crescita
del capitale pro capite:
γk k / k = s · f(k) / k – (n + δ) [1.27]
In ogni istante, il tasso di crescita di una variabile equivale al tasso di crescita della variabile pro
capite aumentato di n per cui γK = γk + n.
L’equazione [1.27] evidenzia come γk sia dato dalla differenza tra i due termini s · f(k) / k e (n + δ)
che sono rappresentati, separatamente, nel diagramma di crescita della figura 1.5a e,
congiuntamente, nella versione diagramma di fase della figura 1.5b: il primo termine è una funzione
inclinata negativamente che tende ad infinito per k che tende a zero e, all'opposto, tende a zero per k
che tende ad infinito; il secondo termine è una retta parallela all’asse delle ascisse di ordinata pari a
(n + δ). La distanza verticale tra le due curve coincide con il tasso di crescita e l’intersezione tra le
due funzioni corrisponde alla crescita uniforme.
85
Dato che (n + δ) > 0 e che k)k(fs è monotònamente decrescente tra zero e infinito, la retta e
la curva si intersecano una sola volta: questo significa che il capitale pro capite nella crescita
uniforme k* esiste ed è unico.
Entrambe le figure 1.5 mostrano che il tasso di crescita alla sinistra di k* è positivo e che, quindi,
come indicano le frecce, k cresce nel tempo, ma, appena k aumenta, γk diminuisce e tende sempre
più a zero via via che k si avvicina a k*: l’economia tende asintoticamente alla crescita uniforme, in
cui k, c e y non variano.
Figura 1.5a
Figura 1.5b
La causa di simili risultati è la legge dei rendimenti decrescenti del capitale: se k è basso, il prodotto
medio del capitale f(k)/k è elevato; per ipotesi una frazione costante s del capitale viene risparmiata
ed investita dalle famiglie così anche s · f(k )/k
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è proporzionalmente elevato e superiore al tasso di deprezzamento (n + δ); un’analoga spiegazione
vale per il caso in cui l’economia dispone di un capitale eccessivo )(ke 0 > k*: in questo caso il
tasso di crescita di k è negativo e lo fa diminuire nel tempo.
Dall’analisi qualitativa sopra effettuata è possibile affermare che il sistema è, anche e soprattutto,
asintoticamente e globalmente stabile; per qualsiasi valore iniziale )(k 0 > 0 l’economia converge
verso il suo unico livello della crescita uniforme k* definibile come un attrattore con bacino di
attrazione pari all’asse positivo escluso lo zero (i.e. per ogni stato iniziale positivo per quanto
infinitesimo).
Quindi ciò che il modello in definitiva mostra è che, dato un tasso di crescita della popolazione (e
della forza lavoro) n, l’economia in se stessa, e senza il delicato bilanciamento alla Domar,
raggiunge lo stato stazionario.
Ritardo, rincorsa e convergenza β assoluta e condizionata
L’equazione [1.27] implica che la derivata di γk rispetto a k sia negativa:
∂γk / ∂k = s · [ f’(k) – f(k) / k ] / k < 0 [1.28]
quindi, valori più piccoli di k sono associati a valori più grandi di γk. Un tale risultato consente di
poter affermare, almeno ad un livello puramente teorico, che economie con capitali pro capite più
bassi tendono a crescere più velocemente in termini pro capite: in altre parole, c’è una tendenza alla
convergenza tra le diverse economie.
Questo risultato però necessita di precisazioni: affinché ciò avvenga tali economie (chiuse) devono
avere gli stessi valori per i parametri s, n e δ ed anche la stessa funzione di produzione e, quindi lo
stesso livello di tecnologia; le economie, allora, nella crescita uniforme avranno gli stessi valori k*,
y* e c*. Se si fa riferimento a due economie la cui unica differenza sia la quantità iniziale di capitale
pro capite )(k 0 , dovuta, per esempio, a disturbi passati quali guerre o shock nella funzione di
produzione, il modello dice, allora, che le economie meno avanzate avranno sicuramente tassi di
crescita più alti.
La figura 1.6 distingue due economie, una con valore iniziale basso, )(k p 0 , ed un’altra con un
valore iniziale più elevato )(kr 0 , in cui i pedici stanno, appunto, ad indicare il paese povero ed il
paese ricco: poiché ciascuna economia è caratterizzata dagli stessi parametri, le dinamiche di k sono
determinate per entrambi i paesi dalle stesse funzioni. Il tasso di crescita è indubbiamente più alto
per l’economia con valore iniziale più basso: tale risultato implica una forma di convergenza che
farà raggiungere (ma non scavalcare) le economie con rapporti capitale/lavoro più elevati.
Figura 1.6
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Se l’unico elemento discriminante tra due economie è l’ammontare iniziale di capitale pro capite,
allora l’ipotesi secondo cui i paesi poveri tendono a crescere in termini pro capite più velocemente
di quelli più ricchi è denominata convergenza assoluta: questa ipotesi non sempre è confortata
dall’evidenza empirica che si riscontra confrontando i dati rilevati da gruppi di economie diverse.
L’ipotesi della convergenza regge, invece, se si esaminano gruppi omogenei di economie come, ad
esempio, i singoli stati degli USA ciascuno considerato come un sistema produttivo «a
compartimento stagno», separato ed indipendente dagli altri.
E’ possibile adattare la teoria ai risultati empirici sulla convergenza, abbandonando l’ipotesi
secondo cui tutte le economie hanno gli stessi parametri e quindi gli stessi valori nella crescita
uniforme; se le posizioni nella crescita uniforme sono differenti, allora bisogna modificare l’analisi,
per considerare un concetto di convergenza condizionata: l’idea principale è che un’economia
cresce più velocemente quanto più è distante dal suo valore di crescita uniforme.
Il concetto di convergenza condizionata è ben illustrato in figura 1.6, nella quale si considera una
coppia di economie che differiscono per due aspetti:
1) gli stock di capitale pro capite iniziale sono diversi, con kr(0) > kp(0);
2) i tassi di risparmio sono differenti, i.e. sr ≠ sp.
La disuguaglianza tra i tassi di risparmio determina differenze dei valori del capitale pro capite nella
crescita uniforme, quindi kr* > ks*. Il grafico considera la situazione in cui sp < sr dato che questa
relazione può spiegare, verosimilmente, la maggiore dotazione di capitale iniziale per il paese ricco;
ciò è riscontrato anche dall’evidenza empirica che mostra come paesi con livelli di PIL reale pro
capite più elevato tendono ad avere tassi di risparmio più alti. Il modello neoclassico predice che
ciascuna economia converge alla crescita uniforme e che la velocità di convergenza è inversamente
correlata alla distanza di k da k*. Poiché il valore di k* dipende dalla propensione al risparmio s, se
l’economia più ricca ha un tasso di risparmio più alto allora si può tranquillamente verificare il caso
in cui γr > γp ossia un’economia povera cresce più lentamente di una ricca.
Algebricamente è possibile illustrare il concetto di convergenza condizionata ritornando alla
formula di γk nell’equazione [1.27]: una delle determinanti di γk è il tasso di risparmio s; servendosi
della condizione della crescita uniforme nell’equazione [1.24], è possibile esprimere s nel modo
seguente:
s = (n + δ) · k* / f(k*)
Se si sostituisce questa espressione nell’equazione [1.27], allora γk diventa:
γk = (n + δ) · { [f(k) / k] / [f(k*) / k*] – 1 } [1.29]
Dall’equazione [1.29] si ricava che γk = 0 quando k = k*. Per un dato k*, la formula implica che una
riduzione in k, che fa aumentare il prodotto medio del capitale f(k) / k, incrementi γk; ma un più
basso valore di k si accompagna ad un più alto γk solo se f(k)/k è elevato in relazione al valore nella
crescita uniforme, perciò un paese povero potrebbe non crescere rapidamente se il suo valore k*
nella crescita uniforme fosse basso quanto il suo valore corrente k.
Il progresso tecnologico
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E’ stata fatta, fin qui, l’assunzione di un livello di tecnologia costante nel tempo; come risultato di
questa ipotesi forte si è riscontrato che nel lungo periodo tutte le variabili pro capite sono costanti:
questa caratterizzazione del modello è chiaramente irrealistica, poiché in alcuni stati il tasso di
crescita del PIL pro capite è positivo da oltre due secoli e, in assenza di progresso tecnologico, i
rendimenti di scala decrescenti avrebbero reso impossibile il mantenimento di una crescita pro
capite positiva per così tanto tempo solo accumulando più capitale per lavoratore. Gli economisti
neoclassici degli anni Sessanta hanno riconosciuto questo limite ed hanno modificato il modello per
permettere alla tecnologia di migliorare nel tempo: tale aggiustamento ha fornito una scappatoia dai
rendimenti decrescenti, permettendo al modello di descrivere la crescita dell’economia in termini
pro capite anche nel lungo periodo.
La maggior parte degli incrementi tecnologici riflettono un’attività pianificata di Ricerca &
Sviluppo condotta da Università, imprese, poli tecnologici o laboratori governativi; poiché
l’ammontare delle risorse destinate all’attività di R&D dipende dalle condizioni economiche, anche
l’evoluzione tecnologica è soggetta a tali condizioni.
Per semplicità il modello Solow-Swan rivisitato considera una situazione in cui il progresso
tecnologico è esogeno e costante.
In un modello neoclassico di crescita economica con tasso di progresso tecnologico costante, solo
una tecnologia del tipo aumentante il lavoro (neutralità nel senso di Harrod) è compatibile con
l’esistenza della crescita uniforme. Questo implica che la funzione di produzione debba avere la
seguente forma:
Y = F[K, A(t) · L] [1.30]
dove A(t) ≥ 0 è un indice della tecnologia e )t(A ≥ 0. Il prodotto L · A(t) è anche definito lavoro
per unità di efficienza: considerando il modo in cui tecnologia e lavoro sono interrelati è possibile
concludere che essi siano perfetti sostituti.
Un caso accademico particolarmente favorevole si ha nel momento in cui la funzione di produzione
è una Cobb-Douglas: in tal caso si ottiene contemporaneamente neutralità nel senso di Harrod, nel
senso «speculare» di Solow (i.e., una tecnologia del tipo aumentante il capitale) e,
conseguentemente, nel senso di Hicks (i.e., una tecnologia aumentante entrambi i fattori produttivi).
Sulla base di questa equazione si può pensare al progresso tecnologico in due modi equivalenti:
1) dato lo stock di capitale esistente, il progresso tecnologico riduce il numero dei lavoratori
necessari per ottenere una data quantità di prodotto: un valore doppio di A(t) produce la stessa
quantità di prodotto con la metà dei lavoratori;
2) il progresso tecnologico aumenta L · A(t), l’ammontare di lavoro effettivo nell’economia: se lo
stato della tecnologia raddoppia, è come se l’economia avesse il doppio dei lavoratori.
Una volta inserito nella funzione di produzione il termine che indica lo stato della tecnologia A(t),
viene ipotizzato che esso cresca ad un tasso esogeno e costante x.
La condizione per una variazione nello stock di capitale è:
K = s · F[K, A(t) · L] – δK [1.31]
Dividendo entrambi i membri di questa equazione per L, è possibile derivare un’equazione per la
variazione di k nel tempo:
k = s · F[k, A(t)] – (n + δ) · k [1.32]
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L’unica differenza con l’equazione [1.23] è che il prodotto pro capite ora dipende dal livello della
tecnologia A(t).
Dividendo entrambi i membri dell’equazione [1.32] per k, si ottiene, come già visto
precedentemente, il tasso di crescita del capitale per addetto:
γk = s · F[k, A(t)] / k – (n + δ) [1.33]
Come nell’equazione [1.27], γk è uguale alla differenza tra due termini, dove il primo è il prodotto
tra s e il prodotto medio del capitale ed il secondo è n + δ; l’unica differenza è che, ora, per un dato
k, il prodotto medio del capitale, F[k, A(t)] / k, aumenta nel tempo a causa della crescita di A(t) al
tasso x. In termini della figura 1.5a, la curva rivolta verso il basso, s · F(·) / k, si sposta
continuamente verso destra, e, con essa anche il livello di k*.
Passando, ora, al tasso di crescita di k nella crescita uniforme, questo è, per definizione, costante
nello steady state; poiché s, n e δ sono anch’essi costanti, l’equazione [1.33] implica che il prodotto
medio del capitale sia anch’esso costante. A causa dei rendimenti di scala costanti, l’espressione del
prodotto medio è uguale a F[1, A(t)] / k ed è perciò costante solo se k ed A(t) crescono allo stesso
tasso, cioè γk* = x. Il prodotto pro capite è dato da:
y = F[k, A(t)] = k · F[1, A(t)/k] [1.34]
Poiché k e A(t) aumentano al tasso x anche il tasso di crescita uniforme di y è pari a x, inoltre, dato
che c = (1 – s) · y, anche il tasso di crescita uniforme di c è pari a x.
Per analizzare la dinamica di transizione del modello con progresso tecnologico, sarà conveniente
riscrivere il sistema in termini di variabili che rimangono costanti nella crescita uniforme; dato che
k e A(t) nella crescita uniforme si sviluppano allo stesso tasso, si può lavorare con il rapporto
)]t(AL/[K)t(A/kk , definibile come la quantità di capitale per unità di lavoro
effettivo. La quantità di prodotto per unità di lavoro effettivo, )]t(AL/[Yy , è, così, data da:
)k(f),k(Fy 1 [1.35]
Quindi si può ancora scrivere la funzione di produzione nella forma intensiva, sostituendo y e k con
y e k ; procedendo come in precedenza e tenendo conto che A(t) cresce al tasso x, si deriva
l’equazione dinamica di k ed il relativo tasso di crescita kγ :
)δnx(k/)k(fsγk [1.36]
Si può notare come l’effettivo tasso di deprezzamento del capitale include, ora, il valore
parametrico x. Poiché il tasso di crescita uniforme di k è zero, il valore di crescita uniforme per *k
soddisfa la condizione:
*k)δnx(*)k(fs [1.37]
90
Figura 1.7
Le dinamiche, nella fase di aggiustamento di k , sono qualitativamente simili a quelle di k nel
precedente modello, perciò sarà possibile costruire una figura come la 1.5a in cui riportare sull’asse
orizzontale k , ed in cui la curva inclinata negativamente è ora k/)k(fs , mentre la retta
orizzontale corrisponde a (x + n + δ); questa nuova costruzione è riportata in figura 1.7: grazie a
questa figura, è possibile, ancora una volta, stimare la relazione tra il valore iniziale )(k 0 ed il
tasso di crescita kγ .
Nella crescita uniforme le variabili k , y e c sono ora costanti; ciò implica che nella crescita
uniforme le variabili pro capite k, y e c crescono al tasso esogeno del progresso tecnologico x e le
variabili assolute K, Y e C crescono al tasso, anch’esso esogeno, n + x. Va notato che, come nella
precedente analisi senza il progresso, cambiamenti nel tasso di risparmio o nei parametri hanno
effetti sui livelli di lungo periodo *k , *y e *c , ma non sui relativi tassi di crescita.
CRESCITA CON OTTIMIZZAZIONE DEL CONSUMO: IL MODELLO DI
RAMSEY
Un’evidente carenza dei modelli precedentemente analizzati è costituita dal fatto che il tasso di
risparmio è esogeno e costante; in questo contesto si assume, invece, che il consumo e, di riflesso, il
tasso di risparmio sono determinati dalle famiglie e dalle imprese che, interagendo sui mercati
competitivi, cercano di massimizzare le loro utilità ed i loro profitti: in particolare, si farà
riferimento a consumatori con orizzonte temporale infinito, che scelgono di consumare o
risparmiare, in modo da massimizzare la loro utilità intergenerazionale, sotto un vincolo di bilancio
intertemporale. Questa specificazione del comportamento del consumatore è l’elemento chiave del
modello di crescita elaborato da Ramsey nel 1928 e rivisitato e sviluppato da Cass e Koopmans
verso la metà degli anni Sessanta.
Questo modello consente di affermare che, in generale, il tasso di risparmio non è costante, ma è
una funzione dello stock di capitale pro capite, k; emergono, quindi, due differenze sostanziali
rispetto al modello di Solow-Swan: prima di tutto, si determina il livello medio del tasso di
91
risparmio, e, in secondo luogo, si determina se questo aumenta o diminuisce con lo svilupparsi
dell’economia.
Il livello medio del tasso di risparmio è enormemente importante per la determinazione dei livelli
medi delle variabili nella crescita uniforme: in particolare, le condizioni di ottimizzazione nel
modello di Ramsey non permettono che si verifichi l’inefficienza data da un eccesso di risparmio,
come, invece, poteva avvenire nel modello di Solow-Swan.
La tendenza dei tassi di risparmio ad aumentare o diminuire di pari passo con la crescita economica
modifica le dinamiche di transizione, come, ad esempio, la velocità di convergenza verso la crescita
uniforme: se il tasso di risparmio cresce con k, la velocità di convergenza è inferiore a quella del
modello di Solow-Swan, e viceversa. Nel modello di Ramsey, comunque, anche se il tasso di
risparmio è crescente, sotto ragionevoli condizioni generali, la proprietà di convergenza continua ad
essere verificata: questo significa che un’economia tende ancora a crescere tanto più rapidamente in
termini pro capite, quanto maggiore è la distanza che la separa dalla sua crescita uniforme.
Tuttavia, esiste sicuramente un legame tra i due modelli, in quanto, i metodi di soluzioni numeriche
suggeriscono che il modello di Solow-Swan con tasso di risparmio costante costituisce
un’accettabile approssimazione al processo di ottimizzazione del modello di Ramsey per
ragionevoli valori dei parametri.
L’evidenza empirica suggerisce che, durante il processo di aggiustamento verso la crescita
uniforme, il tasso di risparmio cresce con il reddito pro capite: il modello di Ramsey è coerente con
questa tendenza e consente di valutare gli effetti di questo comportamento del risparmio sulle
dinamiche di transizione.
Impostazione del modello
Le famiglie
Le famiglie operano nel sistema economico in modi diversi: offrono la forza lavoro in cambio di
salario, percepiscono gli interessi che maturano sulle attività, acquistano beni di consumo e
risparmiano per accumulare ulteriori attività.
Nel pianificare le loro scelte economiche, gli adulti tengono in considerazione sia i loro figli sia tutti
i loro futuri discendenti: è possibile esprimere questo comportamento nel modello tramite
l’assunzione che la generazione attuale massimizzi l’utilità sotto un vincolo relativo ad un orizzonte
infinito; ciò significa che, benché ciascun individuo abbia un’esistenza finita, in realtà, si sta
prendendo in considerazione una famiglia estesa con vita infinita, ma questo principio è vero solo se
i genitori sono altruisti, ovvero se conservano e trasmettono ai loro figli il patrimonio. La famiglia
con vita illimitata è costituita da individui con vita finita ma legati tra loro da trasferimenti
intergenerazionali.
Gli adulti attualmente esistenti ritengono che la dimensione della propria famiglia cresca nel tempo
al tasso esogeno e constante n, per gli effetti netti del tasso di fecondità e mortalità; per ipotesi, non
è ammesso che possano verificarsi fenomeni di migrazione. Normalizzando il numero di adulti al
tempo 0, cioè ponendolo uguale ad uno, la dimensione della famiglia al tempo t ( i.e. la popolazione
adulta ) sarà pari a L(t) = ent
.
Se C(t) è il consumo totale al tempo t, allora c(t) = C(t) / L(t) rappresenta il consumo pro capite;
ciascuna famiglia vuole massimizzare la propria utilità, U, espressa dal funzionale d’azione:
U =
0
u[c(t)] ∙ ent
∙ e-ρt
dt [1.38]
92
Questa formulazione assume che l’utilità della famiglia al tempo 0 sia costituita dalla somma
ponderata di tutti i futuri flussi di utilità u(c) fino alla fine del mondo: esiste un generale consenso
tra gli economisti per questa impostazione, rispetto a quella in cui si valuta il funzionale sino ad un
tempo finito T ( punto di cut-off ), per una serie di ragioni.
La più importante, dal punto di vista deontologico, è che in questo tipo di formulazione emerge il
problema cruciale di specificare il capitale residuo alla fine del periodo di programmazione, che
influirà pesantemente sul sentiero di consumo delle generazioni che dovranno vivere nel periodo
successivo alla pianificazione.
Un altra ragione per ripudiare un orizzonte finito è data dal fatto che un programma ottimo non è
assolutamente indipendente dalla lunghezza dell’orizzonte di programmazione; quanto detto si può
dimostrare considerando due economie, una più frugale (“thrifty type”) ed una più prodiga (“non
thrifty type”), che seguono sentieri di consumo differenti, come si può osservare nel grafico di
figura 1.8:
Figura 1.8
se T è abbastanza breve il sentiero ottimo (i.e., l’area al di sotto della curva u[c(t)]) non è quello
frugale, ma le cose cambiano radicalmente considerando orizzonti temporali abbastanza lunghi,
ovvero effettuando l’analisi al limite.
Una ragione in più per avvalorare questa impostazione viene dal c.d. comportamento turnpike delle
soluzioni ottime con orizzonte limitato, in cui si osserva che il sentiero dal punto di partenza vira
asintoticamente verso il sentiero di crescita bilanciato o turnpike ray (una sorta di «tangenziale»,
nota anche come sentiero di Ramsey), per poi allontanarvisi in forza del raggiungimento della sua
destinazione terminale in modo da soddisfare la condizione finale k(t1) ≥ k1.
La funzione u(c), un indice di misura dell’utilità del consumo e quindi del benessere sociale, è
chiamata funzione della felicità: tra le sue più importanti caratteristiche si possono, senz’altro,
notare la sua indipendenza dal tempo e la sua dipendenza esclusiva dal consumo pro capite, aspetti
distintivi che fanno sì che la funzione sia separabile intertemporalmente, ipotesi essenziale per
semplificarne l’analisi.
Si assume che u(c) sia crescente in c e concava, ovvero che u’(c) > 0 e u’’(c) < 0.
L’assunzione di concavità genera una tendenza al livellamento del consumo nel tempo: le famiglie,
così, preferiscono un consumo distribuito uniformemente nel tempo ad uno in cui c è molto basso in
certi periodi e molto alto in altri.
Sempre per ipotesi, la funzione di felicità soddisfa le condizioni di Inada: u’(c) tende ad infinito se c
tende a zero e, viceversa, tende a zero per c che tende ad infinito.
93
Nell’equazione [1.38], anche nota come funzionale obiettivo, il prodotto di u(c) per la dimensione
della famiglia L = ent
rappresenta l’ofelimità totale dei membri del nucleo familiare viventi al tempo
t, mentre, l’altro moltiplicatore, e-ρt
, contiene il tasso di preferenza intertemporale ρ > 0; per ipotesi
ρ > n ed U è limitata ( superiormente ) se c è costante nel tempo, i.e. :
0
)]t(c[u · e-(ρ-n)t
dt ≤ )]k(f[u max
0
∙ e-(ρ-n)t
dt = nρ
)]k(f[u max
[1.39]
dove kmax è il massimo stock di capitale per lavoratore sostenibile e per ipotesi
)k(f)t(c max0 .
Il fatto che ρ sia positivo implica che i consumatori valutano di più l’utilità disponibile oggi rispetto
a quella potenzialmente fruibile in futuro: questa non è l’impostazione originale del modello di
Ramsey nel quale questo tasso di sconto era nullo, in quanto l’economista riteneva eticamente
indifendibile, anche a prescindere da questioni di stabilità strutturale, un pianificatore sociale che
sacrifica l’utilità delle generazioni future; questa neutralità temporale si traduceva materialmente
nell’assegnazione di un peso identico al benessere delle differenti generazioni.
Questa impostazione scontava anche il problema di non poter sfruttare determinate condizioni di
impazienza-convergenza del funzionale obiettivo, in mancanza della forza dinamica (ρ – n) che
guida la funzione integranda giù verso lo zero nel tempo ad una buona velocità. La non
convergenza dell’integrale fu aggirata brillantemente da Ramsey che, reimpostando il
ragionamento, impose semplicemente alla funzione di utilità un limite superiore finito che egli
chiamò bliss, ovvero punto di beatitudine B = max u(c). Anziché massimizzare la funzione di
felicità, si doveva minimizzare una funzione di dispiacere che esprimeva la deviazione dell’utilità
dal sentiero di riferimento, i.e. dal target B: questo garantiva una convergenza asintotica
dell’integrale improprio (è questo il cosiddetto Ramseyan device).
Nonostante queste considerazioni di ordine morale, l’utilizzo di un tasso di preferenza
intertemporale positivo trova la sua giustificazione nel fatto che i governi possono così assegnare un
peso relativamente maggiore alla generazione corrente sottraendo, così, un po’ di benessere alle
generazioni future, in quanto, un’osservazione che ricorre spesso in politica è che le generazioni
future non votano.
Tornando al modello, i consumatori detengono attività sotto forma di quote di capitale o sotto forma
di prestiti; questi agenti possono prestare o ottenere prestiti, ma il consumatore rappresentativo sarà
sempre, in equilibrio, in una posizione creditoria nulla. Poiché le due modalità di detenere
ricchezza, capitale proprio e crediti, sono assunte quali riserve di valore perfettamente sostituibili,
esse devono essere remunerate con lo stesso di rendimento r(t).
Anche in questo modello si assume un’economia chiusa, per cui le attività non possono essere
negoziate all’estero.
La ricchezza netta di una famiglia in termini pro capite verrà indicata con a(t), che sarà misurato in
termini reali, ovvero in unità di beni di consumo.
Le famiglie sono concorrenziali (“taker”), in quanto, ciascuna di loro assume come dati il tasso
d’interesse, r(t), ed il saggio di salario pagato per unità di forza lavoro, w(t); l’offerta di lavoro, per
ipotesi, è rigida: ogni adulto offre un’unità di lavoro per ogni unità di tempo, senza tener conto del
tempo libero. In equilibrio, il mercato del lavoro non presenta eccessi di domanda o di offerta e le
famiglie ottengono la quantità desiderata di impiego: ciò significa che il modello non ammette
disoccupazione involontaria.
Il reddito totale pro capite ricevuto da una famiglia è la somma del reddito da lavoro, w(t), e del
reddito finanziario o da interesse, r(t) · a(t), ( che può essere positivo o negativo ).
Il vincolo di bilancio per la famiglia in termini di flussi ( i.e. l’equazione del moto ) è dato da:
nacrawa [1.40]
94
L’equazione [1.40] evidenzia come le attività pro capite – la variabile di stato – aumentano insieme
al reddito pro capite w + ra, e diminuiscono all’aumentare del consumo c – la variabile di controllo
– e della popolazione secondo il termine na (considerando che per un dato A, a = A / L decresce al
tasso n, che indica la crescita della popolazione). Se ogni famiglia può prendere a prestito un
ammontare illimitato di capitale, esiste un incentivo a realizzare una sorta di catena di Sant’Antonio
che fa aumentare il consumo attuale senza poi sacrificare quello futuro, aumentando i debiti a
dismisura; per evitare questo gioco di Ponzi, si assume che il mercato del credito imponga un
vincolo all’ammontare dei presiti, e, più precisamente, imponga al valore attuale delle attività di
essere asintoticamente non negativo, ovvero:
limt→∞ 00
t
dvn)v(rexp)t(a [1.41]
Questo vincolo al mercato del credito, significa che nel lungo periodo il debito pro capite di una
famiglia deve crescere meno di r(t) – n, cosicché il livello del debito deve crescere meno di r(t):
questa relazione impedisce il verificarsi di finanziamenti a catena.
Il problema di ottimizzazione per il consumatore consiste nel massimizzare il funzionale U sotto il
vincolo di bilancio rappresentato dall’equazione [1.40], il vincolo dello stock iniziale di ricchezza
a(0), nonché dal vincolo della possibilità di prendere a prestito dato dall’equazione [1.41].
Le condizioni del primo ordine
L’Hamiltoniano di questo problema è dato da:
J = u(c) · e-(ρ-n)t
+ λ · [ w + (r – n) · a – c] [1.42]
La variabile di stato è a(t), c(t) è la variabile di controllo ed infine λ(t) rappresenta la variabile di co-
stato. Poiché il funzionale obiettivo ha la dimensione prezzoquantità e la variabile di stato ha la
dimensione della quantità, la variabile di co-stato è il valore attuale del prezzo ombra del reddito:
essa rappresenta il valore di un incremento nel reddito al tempo t, espresso in unità di utilità al
tempo 0 ( i.e. essa trasforma in valore il flusso che, per sua natura, è espresso in termini fisici ).
Quindi un problema duale di valutazione temporale non è altro che un problema di allocazione
dinamica e questo fa sì che λ(t) sia l’analogo del moltiplicatore di Lagrange nei problemi di
ottimizzazione statica.
In ossequio al principio del massimo di Pontryagin (o principio massimo del controllo ottimo) le
condizioni del primo ordine per un massimo di U sono:
c
J
= 0 λ = u’(c) · e
–(ρ–n)t [1.43]
λ)nr(λa
Jλ
[1.44]
La condizione di trasversalità è data da:
95
limt→∞[λ(t) · a(t)] = 0 [1.45]
Differenziando l’equazione [1.43] rispetto al tempo e, sostituendo λ dalla stessa equazione e λ
dall’equazione [1.44], si ricava, dopo opportune semplificazioni, la regola di base per la scelta del
consumo nel tempo:
c/c)c('u
c)c(''uρ
'u
dt/'duρr
[1.46]
E’ questa la regola di Ramsey (ricavata, originariamente, dall’equazione di Eulero-Lagrange) per
l’ottimizzazione del risparmio: questa equazione indica che le famiglie scelgono di consumare
quella quantità che permette di uguagliare il tasso di rendimento r al tasso di preferenza
intertemporale ρ sommato al tasso di diminuzione dell’utilità marginale nel consumo u’ dovuto alla
crescita del consumo pro capite.
Il tasso di interesse r, nel membro di sinistra, rappresenta il tasso di rendimento del risparmio; il
membro destro dell’equazione può essere invece considerato come il tasso di rendimento del
consumo.
Gli agenti preferiscono consumare oggi piuttosto che domani, per due ragioni: prima di tutto, il
termine ρ è dovuto al fatto che le famiglie scontano l’utilità futura a questo tasso e, in secondo
luogo, se 0c/c , allora il consumo attuale c è basso rispetto a quello venturo. Visto che gli
agenti preferiscono livellare il consumo nel tempo – dato che u’’(c) < 0 – essi vorrebbero spostare
parte del consumo futuro al presente: il secondo termine dell’equazione all’estrema destra cattura
proprio questo aspetto.
Se gli agenti ottimizzano, l’equazione [1.46] ci dice che essi hanno eguagliato i due tassi di
rendimento e perciò sono indifferenti al margine tra consumare e risparmiare, quindi, quando r = ρ
le famiglie desiderano selezionare un profilo uniforme di consumo, con un tasso di crescita
0c/c ; le famiglie sacrificherebbero parte del consumo corrente solo in ragione di un aumento
del tasso di interesse r pari proprio a c/c)c('u/c)c(''u , dove il termine in parentesi
quadra rappresenta l’elasticità dell’utilità marginale del consumo: quanto più questo valore è alto
tanto più dovrà crescere r per compensare ρ. Nella posizione di crescita uniforme, in cui r e c/c
sono costanti, questa elasticità istantanea deve essere asintoticamente costante.
L’elasticità dell’utilità marginale del consumo equivale al reciproco dell’elasticità intertemporale di
sostituzione del consumo la quale rappresenta una misura della variazione dell’inclinazione di una
curva di indifferenza in risposta ad un cambiamento nel profilo temporale del consumo.
Una forma funzionale che garantisce alla funzione di utilità un’elasticità intertemporale di
sostituzione e, ceteris paribus, un’elasticità dell’utilità marginale costante, ed indipendente da c, è la
seguente forma isoelastica o C.I.E.S.:
θ
c)c(u
θ
1
11
[1.47]
in cui l’elasticità dell’utilità marginale è pari sempre a –θ dove θ è un qualsiasi numero positivo
diverso da 1 ( nel qual caso la funzione diventa )cln()c(u ).
La forma di u(c) implica che la condizione di ottimalità dell’equazione [1.46] si semplifica nella
forma:
ρrθ/c/cγc 1 [1.48]
96
Quanto più grande è θ tanto più rapido è il declino in u'(c) in risposta all’aumento di c e perciò le
famiglie sono meno disposte ad accettare un profilo di consumo diverso da quello uniforme nel
tempo; se, viceversa, θ tende a zero, la funzione di utilità si approssima ad una forma lineare in c: la
linearità sottintende che le famiglie sono indifferenti circa il momento nel quale possono
consumare, posto che r = ρ.
Perciò la relazione tra r e ρ determina se le famiglie scelgono un profilo di consumo pro capite che
aumenti, rimanga costante, oppure diminuisca nel tempo; una minore disponibilità alla sostituzione
intertemporale ( ovvero un valore di θ alto ) implica una minore reattività di c/c alla differenza tra
r e ρ.
La condizione di trasversalità nell’equazione [1.45] implica che il valore delle attività delle
famiglie, che equivale al prodotto tra la quantità a(t) ed il prezzo ombra λ(t), deve approssimarsi a
zero se il tempo tende ad infinito: l’intuizione è che gli agenti ottimizzatori non desiderano lasciare
un patrimonio positivo «alla fine del mondo»; l’utilità crescerebbe solamente se il patrimonio, che
sarebbe altrimenti sprecato, servisse, invece, per aumentare i consumi in un qualsiasi momento nel
tempo finito.
Il prezzo ombra, )t(λ , si modifica nel tempo secondo l’equazione [1.44], la cui soluzione integrale
è:
λ(t) = λ(0) · exp
t
dvn)v(r0
Il termine λ(0) equivale a u'[c(0)], che è positivo poiché c(0) è finito e u'(c) è, per ipotesi, positivo
fintanto che c è finito.
Se si sostituisce tale espressione di λ(t) nell’equazione [1.45], allora la condizione di trasversalità
diventa:
limt→∞ 00
t
dvn)v(rexp)t(a [1.49]
Questa equazione implica che la quantità di ricchezza per persona, a, cresce asintoticamente ad un
tasso inferiore a (r – n) o, in modo equivalente, il livello del patrimonio complessivo cresce ad un
tasso inferiore a r; questo corrobora quanto già affermato in precedenza, evidenziando come il
vincolo del mercato del credito ai prestiti (no-Ponzi-game condition) emerge naturalmente.
Il termine
t
dv)v(rexp0
che compare nell’equazione [1.49], è un fattore di attualizzazione che
converte un’unità di reddito al tempo t in un’unità equivalente di reddito al tempo zero; se r(v) fosse
uguale alla costante r, allora il fattore di attualizzazione sarebbe solamente e-rt
. Sfruttando il
teorema del valor medio, è possibile pensare ad un tasso di interesse medio tra il tempo 0 ed il
tempo t definito come:
t
dv)v(r)t/()t(r0
1 [1.50]
Il fattore di attualizzazione è pertanto pari a t)t(re.
L’equazione [1.48]determina il tasso di crescita di c; per determinare il livello di c – ovvero la
funzione del consumo – è necessario utilizzare il vincolo di bilancio in termini di flussi, cioè
97
l’equazione [1.40], e, sfruttando il principio di sovrapposizione ( proprietà fondamentale delle
equazioni lineari secondo cui la risposta ad una somma di ingressi è uguale alla somma delle
risposte di ciascun ingresso, i.e. la combinazione lineare di due soluzioni dell’equazione è ancora
una soluzione ), si può derivare il vincolo di bilancio intertemporale delle famiglie valevole per ogni
tempo T ≥ 0:
dte)t(w)(adte)t(ce)T(a
Ttn)t(r
Ttn)t(rTn)T(r
00
0
Se si considera il limite per T che tende all’infinito, allora il primo addendo del membro di sinistra
si annulla in base alla condizione di trasversalità ed il vincolo di bilancio intertemporale diventa:
)(w~)(ae)t(w)(adte)t(c tn)t(rtn)t(r 000
0 0
[1.51]
Se ne deduce che il valore attuale del consumo equivale alla ricchezza, definita come la somma del
patrimonio iniziale, a(0) ed il valore attuale del reddito perpetuo da salario, definito da )(w~ 0 .
Integrando l’equazione [1.48] tra 0 e t si desume che il consumo è dato da:
tρ)t(rθ/e)(c)t(c 10 [1.52]
Sostituendo tale valore di c(t) nel vincolo di bilancio intertemporale dell’equazione [1.51] si ottiene
la funzione del consumo al tempo 0:
c(0) = μ(0) · [ a(0) + )(w~ 0 ] [1.53]
dove μ(0), la propensione al consumo della ricchezza, è determinata da:
dte)(μ/ tnθ/ρθ/θ)t(r
0
101 [1.54]
Un aumento del tasso di interesse medio )t(r , per un dato livello di ricchezza, ha due effetti
antitetici sulla propensione marginale al consumo: prima di tutto, incrementa il costo del consumo
corrente relativamente a quello futuro, determinando un effetto di sostituzione intertemporale,
poiché le persone sono incentivate a spostare il consumo dal presente al futuro e, in secondo luogo,
alti tassi d’interesse provocano un effetto di reddito che spinge ad aumentare il consumo in ogni
momento; l’effetto netto sulla propensione al consumo dipenderà da quale delle due forze prevarrà.
Se θ < 1, allora μ(0) diminuisce con )t(r poiché domina l’effetto di sostituzione; intuitivamente si
può affermare che se θ è piccolo le famiglie prestano poca attenzione a livellare il consumo nel
tempo, e l’effetto di sostituzione intertemporale è ampio. Viceversa, se θ > 1, allora μ(0) aumenta
con )t(r , poiché l’effetto di sostituzione è relativamente basso. Infine, se θ = 1, allora i due effetti
si compensano perfettamente, e μ(0) è indipendente da )t(r .
Gli effetti di )t(r su μ(0) si estendono su c(0), se si mantiene costante il valore della ricchezza
a(0) + )(w~ 0 anche se, in effetti, )(w~ 0 diminuisce insieme con )t(r per un dato sentiero di w(t)
rafforzando l’effetto di sostituzione.
98
Le imprese
Le imprese producono beni, pagano il salario alla forza lavoro e retribuiscono l’input di capitale con
un prezzo di affitto. Ogni impresa ha accesso alla seguente tecnologia di produzione:
Y = F ( K, L, t)
dove t, il tempo cronologico, rappresenta l’effetto del progresso tecnico esogeno ed ovviamente la
funzione F (·) soddisfa tutte le proprietà neoclassiche precedentemente elencate.
Avendo già discusso della questione che una crescita uniforme può coesistere solo ed
esclusivamente con un progresso tecnologico aumentante il lavoro, la funzione di produzione verrà
riscritta nel modo seguente:
Y = F (K, )L [1.55]
dove )t(ALL rappresenta l’ammontare effettivo di input di lavoro, con A(t), il
livello della tecnologia, che cresce al tasso costante x ≥ 0: questo significa che
A(t) = ext, dove il livello di tecnologia iniziale è normalizzato ad A(0)= 1.
Essendo molto più comodo utilizzare variabili che siano costanti nella crescita uniforme, sarà più
opportuno riferirsi a quantità per unità effettive di lavoro:
L/Yy e L/Kk
La funzione di produzione può così essere riscritta in forma intensiva:
)k(fy [1.56]
con f(0) = 0.
I prodotti marginali dei fattori sono dati da:
)k('fK/Y [1.57a]
xte)k('fk)k(fL/Y [1.57b]
Una delle assunzioni del modello è che le imprese affittano i servizi del capitale dalle famiglie che
ne sono proprietarie: il costo del capitale per le imprese coincide con il prezzo di affitto pagato alle
famiglie, che è proporzionale a K; questo implica che, per ipotesi, i servizi del capitale possono
essere aumentati o diminuiti senza incorrere in costi di aggiustamento.
Si assume un modello di produzione ad un solo settore, dove un’unità di output può generare
un’unità di beni di consumo per le famiglie C o, alternativamente, un’unità di capitale addizionale
K, perciò si può sempre porre pari ad uno il prezzo di K in termini di C. Definendo R come il prezzo
di affitto per ogni unità di servizi del capitale ed assumendo che lo stock di questo capitale si
deprezza al tasso costante δ ≥ 0, il tasso di rendimento netto di una famiglia che possiede un’unità
di capitale sarà δR ; ricordando che le famiglie possono ricevere un tasso di interesse r sul
capitale dato a prestito ed essendo il capitale ed i prestiti due forme di riserva di valore
perfettamente sostituibili, dovrà necessariamente essere r = R – δ, cioè R = r + δ. Il flusso di ricavi
netti (i.e. il profitto) di un’impresa rappresentativa, in qualsiasi istante nel tempo, è dato da:
99
Profitto = wLK)δr()L,K(F [1.58]
Il profitto è dato dal valore dei ricavi lordi delle vendite diminuito della remunerazione dei fattori
produttivi, ovvero il rendimento del capitale ed i salari dei lavoratori.
Poiché l’impresa affitta capitale e lavoro e non ha costi di aggiustamento, non si presentano
elementi di massimizzazione intertemporale nel problema di ottimizzazione che si sta affrontando:
questo significa che la massimizzazione del valore attuale del profitto si riduce ad un problema di
massimizzazione del profitto in ogni periodo, senza considerare i risultati degli altri periodi.
Considerando un’impresa che abbia una scala arbitraria di produzione, ovvero che impieghi un
livello qualsiasi di lavoro effettivo L , il suo profitto può essere definito come segue:
Profitto = xtwekδr)k(fL [1.59]
Un’impresa competitiva, che considera r e w come dati e, perciò, costanti, massimizza il profitto,
per un dato L , ponendo:
δr)k('fδr)k('fLk
ofittoPr
00 [1.60]
Questo significa che l’impresa sceglie il rapporto tra capitale e lavoro effettivo, in modo tale da
uguagliare il prodotto marginale del capitale al suo prezzo d’affitto.
Il livello di profitto che ne deriva è positivo, nullo o negativo, secondo il valore di w: se il profitto è
positivo, allora l’impresa può raggiungere un livello di profitto infinito scegliendo una scala di
produzione infinita, mentre, se il profitto è negativo, allora l’impresa sceglierà di non produrre.
Tutto questo implica che, in un equilibrio di mercato di piena occupazione, w deve essere tale per
cui il profitto sia nullo, ovvero la remunerazione complessiva dei fattori deve eguagliare il ricavo
lordo nell’equazione [1.59]: in questo caso per l’impresa è del tutto indifferente quale scala di
produzione adottare.
Affinché il profitto sia nullo, il saggio di salario deve uguagliare il prodotto marginale del lavoro
corrispondente al valore di k che soddisfa l’equazione [1.60]:
we)k('fk)k(f xt [1.61]
Sostituendo le equazioni [1.60] e [1.61] nell’equazione [1.59] è facile verificare che il livello
risultante del profitto equivale a zero per ogni valore di L . Allo stesso modo, se i prezzi dei fattori
sono uguali ai rispettivi prodotti marginali, allora il pagamento dei fattori esaurisce il prodotto totale
(questa proprietà, detta di esaustione del prodotto, valida nell’ipotesi estrema di un mercato
perfettamente concorrenziale, è un risultato che corrisponde, in matematica, al Teorema di Eulero).
L’equilibrio
Dopo aver illustrato il comportamento delle famiglie in concorrenza perfetta, dati il tasso di
interesse r ed il livello di salario w, in un secondo momento, sono state introdotte imprese
concorrenziali che si devono confrontare con questi stessi valori: a questo punto, si possono, quindi,
100
combinare i comportamenti di famiglie ed imprese per analizzare la struttura di un equilibrio di
mercato concorrenziale.
La famiglia rappresentativa dovrà avere una posizione creditoria nulla: questo significa che la
ricchezza per ogni persona adulta a deve essere pari al capitale per lavoratore k. L’uguaglianza tra k
ed a deriva dal fatto che tutto lo stock di capitale deve essere posseduto da qualcuno nell’economia:
in particolare, in questo modello di economia chiusa, tutto il capitale deve essere posseduto dai
residenti.
Il vincolo di bilancio delle famiglie in termini di flussi, definito dall’equazione [1.40], determina a ;
tramite le equazioni a = k, xtkek e le condizioni per r e w date dalle equazioni [1.60] e [1.61],
si ottiene:
k)δnx(c)k(fk
[1.62]
dove xtceL/Cc e )(k 0 è dato.
L’equazione [1.62] rappresenta il vincolo delle risorse per l’intera economia: il cambiamento nello
stock di capitale equivale alla quantità prodotta diminuita del consumo e del deprezzamento; la
variazione di L/Kk tiene conto anche della crescita di L al tasso x + n.
L’equazione differenziale che definisce il moto del capitale è la relazione chiave che determina
l’evoluzione di k e, conseguentemente, di )k(fy nel tempo. Ciò che manca, comunque, è la
determinazione di c : conoscendo la relazione tra c e k o, alternativamente, avendo un’altra
equazione differenziale che determini l’evoluzione di c , si potrebbe studiare l’intera dinamica
dell’economia.
Nel modello Solow-Swan la relazione mancante era fornita dall’ipotesi di un tasso di risparmio
costante che implicava una funzione del consumo lineare, )k(f)s(c 1 .
Nel modello di Ramsey il comportamento del tasso di risparmio non è così semplice, ma è noto
dall’ottimizzazione delle famiglie che c cresce in base all’equazione [1.48]; utilizzando le
condizioni δ)k('fr e xtcec , si può scrivere:
xθρδ)k('f)θ/(xc/cc/c 1 [1.63]
Le relazioni [1.62] e [1.63] costruiscono le equazioni canoniche del problema di ottimo: è questo un
sistema di due equazioni differenziali non lineari di primo grado e autonomo; il sistema, affiancato
dalla condizione iniziale )(k 0 e dalla condizione di trasversalità, determina il sentiero temporale di
c e di k .
La nuova condizione di trasversalità in termini di k sarà:
limt→∞ 00
dvnxδ)k('fexpk
t
[1.64]
101
Poiché k tende asintoticamente ad un valore costante nella crescita uniforme *k , come nel
modello Solow-Swan, la condizione di trasversalità richiede, perciò, che il tasso di rendimento nella
crescita uniforme δ*)k('f ecceda il tasso della crescita uniforme di K cioè (x + n).
La crescita uniforme
Siano *γk
il tasso di crescita uniforme di k e *γc il tasso di crescita uniforme di c . Nella
crescita uniforme l’equazione [1.62] comporta che:
k*γδnx)k(fck
[1.65]
Differenziando questa condizione rispetto al tempo, si verifica che nella crescita uniforme, deve
essere:
*γδnx)k('fkck
[1.66]
L’espressione in parentesi graffa è positiva per la condizione di trasversalità data dall’equazione
[1.64] perciò *γk
e *γc devono avere lo stesso segno.
Ecco ora una piccola dimostrazione che i tassi di crescita uniforme di k e c devono
necessariamente essere nulli: se 0*γk
, allora quando k tende ad infinito, )k('f tende a 0 e
l’equazione [1.63] implica, allora, che 0*γc , un risultato che contraddice la necessità che i due
tassi abbiano lo stesso segno; se 0*γk
, allora quando k tende a 0, )k('f tende ad infinito e
l’equazione [1.63] implica, allora, che 0*γc , contraddicendo nuovamente il fatto che i due
tassi debbano avere lo stesso segno. L’unica possibilità rimanente è che sia 0 *γ*γ ck. Il
risultato 0*γk
implica che anche 0*γ y . Tutto ciò sottolinea come le variabili in unità
effettive di lavoro k , c e y sono costanti nella crescita uniforme; questo implica che, sempre nella
crescita uniforme, le variabili pro capite k, c e y variano al tasso x, mentre i livelli assoluti delle
variabili K, C e Y variano al tasso (x + n). Questi risultati sono identici a quelli del modello Solow-
Swan, nel quale il tasso di risparmio era esogeno e costante. I valori della crescita uniforme di c e
k sono determinati ponendo uguali a zero le due equazioni canoniche del loro moto e ricercandone
i punti singolari.
Figura 1.9
102
La curva continua nella figura 1.9, che corrisponde a k)δnx()k(fc , mostra le
combinazioni c,k che soddisfano 0k
; il punto di massimo della curva si verifica quando
nxδ)k('f , cioè quando il tasso d’interesse δ)k('f risulta essere esattamente uguale
al tasso di crescita del prodotto nella crescita uniforme )nx( : questa uguaglianza tra il tasso
d’interesse ed il tasso di crescita individua goldk ( è questa la regola d’oro modificata ) e determina
il massimo livello possibile per c nella crescita uniforme.
L’equazione [1.63] e la condizione c/c implicano:
xθρδ*)k('f [1.67]
Questa equazione stabilisce che il tasso d’interesse nella crescita uniforme δ*)k('f è uguale al
tasso di sconto effettivo xθρ dove il secondo termine θx cattura l’effetto dell’utilità marginale
decrescente del consumo dovuto alla crescita di c al tasso x. La retta verticale in corrispondenza di
*k in figura 1.9 corrisponde a tale condizione; gli elementi determinanti nell’individuazione di
*k sono, in primis, i rendimenti decrescenti del capitale, che rendono )k('f una funzione
monotòna e decrescente in k e, inoltre, le condizioni di Inada, le quali fanno sì che l’equazione
[1.67] sia soddisfatta per un unico valore positivo di *kk .
Il piano di fase nella figura 1.9 mostra la determinazione dei valori nella crescita uniforme *c*,k
in corrispondenza dell’intersezione tra i due luoghi 0k
e 0c . In particolare, determinato il
valore di *k tramite l’equazione [1.67], il valore di *c è determinato da:
*k)δnx(*)k(f*c [1.68]
Per quanto riguarda la condizione di trasversalità, dato che k è costante nella crescita uniforme, tale
condizione vale se il tasso di rendimento nella crescita uniforme, δ*)k('f*r , eccede il tasso
della crescita uniforme (x + n).
L’equazione [1.67] implica che la condizione di trasversalità può essere riespressa come:
xθnρ 1 [1.69]
Nel diagramma di fase il valore della crescita uniforme *k si trova a sinistra di goldk : questa
relazione si verifica sempre se la condizione di trasversalità è soddisfatta. Ciò deriva dal fatto che,
mentre il valore della crescita uniforme è determinato da xθρδ*)k('f , il valore aureo
deriva da xnδ)k('f gold ; la disuguaglianza nell’equazione [1.69] implica che
xnxθρ e, quindi, )k('f*)k('f gold . Il risultato che goldk*k deriva dal fatto che
0)k(''f .
Nel modello con ottimizzazione, non può verificarsi l’inefficienza di un risparmio in eccesso, come
poteva accadere nel modello Solow-Swan, caratterizzato da un tasso di risparmio arbitrario e
103
costante: la ragione sta nel fatto che se una famiglia tipica con orizzonte temporale infinito
risparmiasse in modo eccessivo, allora si accorgerebbe di non ottimizzare – cioè di non soddisfare
la condizione di trasversalità – e si spingerebbe, quindi, verso un sentiero con un minore risparmio;
al contrario, la famiglia ottimizzante non risparmia abbastanza da raggiungere il livello di goldk :
l’impazienza di consumare, riflessa nel tasso di sconto effettivo (ρ + θx), non rende opportuno
sacrificare ulteriore consumo attuale per raggiungere il massimo di c nella crescita uniforme ( i.e.
goldc ).
I tassi di crescita uniforme non dipendono dai parametri che descrivono la funzione di produzione
f(·) o dai parametri che caratterizzano le scelte delle famiglie circa il consumo ed il risparmio: questi
parametri non hanno, dunque, effetti di lungo periodo anche se valori diversi portano a differenti
livelli di *k e *c .
Dinamiche di transizione
Il modello di Ramsey è interessante soprattutto per le sue previsioni circa il comportamento dei
tassi di crescita e delle altre variabili durante la fase di transizione da un valore iniziale )(k 0 verso
l’attrattore *k .
Il sistema presenta una stabilità di sella che non è una necessità matematica, ma, come osservato da
Samuelson, emerge, piuttosto, dalla natura economica del problema.
Va notato, in particolare, che le frecce in figura 1.9 sono tali per cui l’economia può convergere
verso la crescita uniforme, solo se il volumetto iniziale (i.e., il punto di partenza) si trova in due dei
quattro quadranti, nei quali le due curve dividono lo spazio: ciò non è una mera coincidenza, bensì
implica che esiste una precisa regola di ottimizzazione da seguire. Se l’equilibrio fosse stato un
nodo o un fuoco stabile (una situazione secondo cui «tutte le strade portano a Roma»), non ci
sarebbe stata nessuna regola imposta, caratteristica assai improbabile per un problema di
ottimizzazione; al contrario, nel caso di un nodo o un fuoco instabile, non ci sarebbe stato modo di
raggiungere il target (in questo caso il problema di ottimizzazione è privo di significato). Un
equilibrio di sella, invece, indica che il target è sì raggiungibile, ma solo sotto specifiche condizioni,
e ciò rappresenta il caso più logico nei problemi di ottimizzazione.
L’esistenza e le caratteristiche del sentiero di sella sono dimostrabili anche linearizzando o log-
linearizzando, mediante espansione in serie di Taylor, il sistema di equazioni dinamiche nell’intorno
del punto di crescita uniforme (tutto ciò è possibile grazie al fatto che il sistema è autonomo e
soddisfa le ipotesi del Teorema di Poincaré-Liapunov-Perron) e verificando che il determinante
della matrice caratteristica è negativo: questo segno del determinante implica che i due autovalori r1
e r2 hanno segni opposti e che, quindi, il sistema è localmente stabile su un sentiero di sella.
Effettuando l’espansione lineare, limitatamente ai termini del primo ordine, si ottiene:
*)cc(*)kk(κk
[1.70]
*)kk(σc
104
dove )nx(*rκ , con κ > 0, e θ
*)k(f*cσ
, con σ < 0; *c non appare nella seconda
equazione perché la corrispondente derivata parziale rispetto a c vale zero nel punto di crescita
uniforme.
La corrispondente matrice Jacobiana ha determinante negativo il cui valore è:
r1 ∙ r2 ≡ | | = σ
L’equilibrio dinamico segue il sentiero di sella stabile indicato dal luogo continuo sul quale sono
riportate le frecce: supponendo, per esempio, che il rapporto iniziale tra i fattori soddisfi la
condizione *k)(k 0 e fissando il rapporto iniziale del consumo a )(c 0 , allora l’economia
segue il sentiero stabile ( yellow brick road ) verso la crescita uniforme, costituito da *c*,k .
Le altre due possibilità sono che il rapporto iniziale del consumo sia superiore o inferiore al «seme»
)(c 0 :
1) fissando un )(c)(c 00 il tasso di risparmio iniziale è troppo basso affinché l’economia
possa rimanere sul sentiero stabile e la traiettoria finirà con l’intersecare 0k
(eating up, i.e.
continua decumulazione di capitale); dopo l’intersezione, c continua ad aumentare e k
comincia a diminuire cosicché il sentiero intersecherà, in un tempo finito, l’asse verticale, in
corrispondenza di 0k ; la condizione f(0)=0 implica che 0y perciò c salta verso lo zero
in tale punto: poiché questo salto viola la condizione di primo ordine data dall’equazione [1.63]
il sentiero non è di equilibrio;
2) fissando, invece, un )(c)(c 00 il tasso di risparmio iniziale sarà troppo alto per rimanere
sul sentiero di sella stabile, ed il sentiero seguito dal sistema economico intersecherà il luogo
0c ; dopo tale intersezione, c diminuisce e k comincia a salire: l’economia converge verso il
punto in cui il luogo 0k
interseca l’asse orizzontale; in particolare gold
** kk perciò
δ)k(f scende asintoticamente sotto (x + n) violando la condizione di trasversalità: ciò è
sintomo del fatto che le famiglie stanno risparmiando in modo eccessivo e l’utilità si
incrementerebbe semplicemente aumentando il consumo, i.e. fissandolo ad un livello tale da
riportare il sistema verso l’equilibrio.
Questo risultato consente di affermare che il sentiero di sella stabile è, senza ombra di dubbio,
l’unica possibilità.
Il sentiero stabile esprime il valore di equilibrio di c in funzione di k ; questa relazione è
conosciuta in programmazione dinamica come la funzione della politica ( policy function ): essa
mette in relazione il valore ottimale della variabile di controllo, c , con la variabile di stato, k . In
questo caso la policy function è inclinata positivamente, passa attraverso l’origine degli assi ed il
punto di crescita uniforme e la sua forma esatta dipende dai valori dei parametri nel modello.
Come osservato dall’economista Mordecai Kurz l’equilibrio di sella *c*,k è fondamentalmente
instabile, nel senso che il sistema richiede continui aggiustamenti, in quanto, anche impercettibili ed
ineliminabili errori econometrici nella determinazione delle condizioni iniziali ( al di sotto della
precisione operazionistico-sperimentale che si suppone finita ) vengono amplificati e dilatati in un
105
tempo finito, perciò si rendono necessari dei «salti» per riportare il sistema sul sentiero ottimo; in
altri termini, il rumore incontrollato, tipico della scala microscopica, emerge con conseguenze
visibili a livello macroscopico.
Prendendo in prestito le parole del grande, prima scienziato e successivamente scrittore, Primo Levi
si potrebbe affermare: “ …occorre diffidare del quasi uguale, del praticamente identico, del
pressappoco, dell’oppure, di tutti i surrogati e di tutti i rappezzi. Le differenze possono essere
piccole, ma portare a conseguenze radicalmente diverse, come gli aghi degli scambi; il mestiere del
chimico consiste in buona parte nel guardarsi da queste differenze, nel conoscerle da vicino, nel
prevederne gli effetti. Non solo il mestiere del chimico. ”.
La forma del sentiero stabile
Saranno, ora, presi in considerazione gli effetti del parametro θ sulla forma del sentiero stabile. Per
ipotesi, l’economia si trova inizialmente in un punto *k)(k 0 ( al di sotto del massimo
rapporto LK sostenibile ), così che i futuri valori di c saranno maggiori di )(c 0 .
Alti valori di θ indicano che le famiglie preferiscono uniformare il consumo nel tempo; esse
tenteranno di spostare, perciò, il consumo dal futuro al presente.
Figura 1.10
Come è facile osservare dalla figura 1.10, quando θ è alto, il sentiero stabile avrà un andamento
concavo, molto simile al sentiero 0k
: poiché le famiglie destinano la maggior parte del delle
risorse al consumo e molto poco all’investimento, la fase di transizione richiederà molto tempo,
sicché l’economia si avvicinerà lentamente alla crescita uniforme.
Considerando, al contrario, il caso in cui θ è basso, le famiglie non si preoccupano se vi sono grandi
oscillazioni del consumo nel tempo e sono molto più disposte a posticipare il consumo in risposta
ad un alto tasso di rendimento, specialmente quando lo stock di capitale è basso.
Il sentiero stabile, in questo caso, è più basso, più vicino all’asse orizzontale e presenta una
curvatura convessa; gli alti livelli di investimento suggeriscono che la transizione sarà relativamente
più veloce, e non appena k si avvicina a *k , le famiglie aumentano c velocemente ( questo
particolare cammino del sentiero di sella viene fuori anche quando si considera esplicitamente il
fenomeno migratorio ).
106
E’ chiaro dal diagramma che una approssimazione lineare nell’intorno della crescita uniforme non
potrebbe catturare in modo accurato queste specifiche dinamiche.
Il comportamento del tasso di risparmio
Il tasso di risparmio lordo, s, è pari a )k(f/c1 ; il modello di Solow-Swan assumeva che s
fosse costante ad un livello arbitrario. Nel modello di Ramsey, con consumatori che ottimizzano
l’utilità, s può seguire un sentiero complicato che include segmenti crescenti o decrescenti, man
mano che l’economia si sviluppa e si avvicina alla sua crescita uniforme.
Intuitivamente, si può notare che il comportamento del tasso di risparmio è ambiguo, poiché
racchiude in sé effetti contrastanti che dipendono dall’effetto di sostituzione e dall’effetto di reddito.
Quando k aumenta, la diminuzione di )k(f fa abbassare il tasso di rendimento sul risparmio r: il
minor incentivo al risparmio – causato dall’effetto di sostituzione intertemporale – tende a far
diminuire il tasso di risparmio allo svilupparsi dell’economia.
Inoltre, va considerato che il reddito per lavoratore effettivo, )k(fy , in un’economia povera, è
molto al di sotto del reddito di lungo periodo o permanente di questa economia: poiché le famiglie
preferiscono livellare il consumo nel tempo, vorrebbero consumare tanto anche quando il reddito è
basso. Questo mette in evidenza come il tasso di risparmio sarebbe basso, quando k è basso. Non
appena k aumenta la differenza tra il reddito corrente e quello permanente diminuisce, quindi, il
consumo tende a diminuire in relazione al reddito, mentre il tasso di risparmio tende ad aumentare:
questa forza – data dall’effetto di reddito – tende a far aumentare il tasso di risparmio con lo
svilupparsi dell’economia. Il comportamento di transizione del tasso di risparmio dipende da quale
dei due effetti prevale e l’effetto netto è generalmente ambiguo sì da rendere il sentiero del tasso di
risparmio durante il processo di aggiustamento piuttosto tortuoso e complicato.
Confrontando l’approccio di Ramsey e quello di Solow emerge un’importante differenza: in un
modello di ottimizzazione il livello di s è dettato da parametri ben determinati e non può essere
scelto arbitrariamente; questo fa sì che non si possano generare risultati dinamicamente inefficienti
così come poteva avvenire nel modello di Solow-Swan.
OSSERVAZIONI CRITICHE SULLA TEORIA NEOCLASSICA DELLA CRESCITA
La teoria neoclassica, grazie alla funzione di produzione che la caratterizza ed alle consuete ipotesi
di concorrenza perfetta, consente di determinare in modo molto semplice, oltre alle relazioni tra
fattori impiegati e prodotto ottenuto e la crescita nel tempo di tali grandezze, anche la distribuzione
del prodotto tra salari e profitti, i suoi cambiamenti nel tempo, la relazione tra cambiamenti ed
impiego dei fattori. E’, quindi, uno strumento straordinariamente potente per l’economista, che dà
molti risultati con un minimo di apparato analitico.
Nella teoria della crescita gli esempi in proposito sono assai significativi; il maggiore è certo il
modello neoclassico di crescita di Solow e Swan, che risolve il problema di possibili differenze tra
tasso di crescita garantito e tasso di crescita naturale che emerge dalla teoria di Harrod.
La contabilità della crescita, grande esempio delle possibilità di applicazione concreta della teoria
neoclassica, e la spiegazione dell’apparente sostituzione di capitale e lavoro, che sembra
107
caratterizzare lo sviluppo economico moderno, sono altri esempi che hanno contribuito ad
accreditare la teoria neoclassica come la migliore; tuttavia, a questa teoria, a salvaguardia
dell’obiettività, vanno mosse alcune critiche, onde evitare dannose faziosità ed ingenue conclusioni.
Il concetto di capitale usato nella teoria neoclassica, non appena si esca dai modelli aggregati ( che
cioè, a rigore, implicano l’esistenza di un solo bene prodotto nel sistema economico ), mostra
ambiguità e difficoltà logiche molto gravi. Ma, anche volendo sorvolare su tali difficoltà, è
importante sottolineare quanto poco realistica sia l’ipotesi di base della funzione di produzione
neoclassica (e dell’intera teoria), secondo cui essa possiede derivate continue, i.e. un’infinità di
tecniche diverse (cioè con un diverso rapporto LK ) tutte economicamente efficienti: ciò contrasta
in modo stridente con l’osservazione della realtà in cui per ogni dato prodotto spesso esistono
pochissime o addirittura una sola tecnologia economicamente efficiente; spesso l’unica vera scelta
tecnologica è tra tecniche vecchie e tecniche nuove, essendo le prime ancora prese in
considerazione non perché siano veramente efficienti o alternative a quelle nuove, ma perché i costi
fissi iniziali sono già stati ammortizzati o comunque sostenuti in un passato non revocabile. In tali
casi, si può avere una sostituzione tra capitale e lavoro solo apparente, mentre ciò che avviene
realmente è la sostituzione di tecniche vecchie con altre più nuove.
Le precedenti affermazioni richiedono, però, alcune attenuazioni e qualificazioni.
Anche quando in un dato processo produttivo la tecnologia di base è unica, vi sono operazioni
produttive ausiliarie o complementari rispetto a questa tecnologia di base in cui esistono alternative
tra metodi produttivi con diversi rapporti tra impiego di mezzi produttivi (capitale) ed impiego di
lavoro come, per esempio, le operazioni di trasporto interno, pulizia, manutenzione, ecc… .
Inoltre, argomentazioni più forti per la flessibilità del rapporto capitale/lavoro possono essere
avanzate allorché ci si riferisca non ad una singola produzione, ma al sistema economico nel suo
insieme; in tal caso si deve considerare l’esistenza di molti prodotti, ciascuno con un rapporto LK
normalmente diverso. Se il rapporto salari/profitti aumenta, il costo relativo ed il prezzo relativo dei
prodotti più labour intensive (i.e., con rapporto LK più basso) cresce rispetto ai prodotti più
capital intensive: qualora vi sia sostituibilità tra i primi ed i secondi nella domanda finale del
sistema economico, il rapporto medio LK del sistema aumenta; l’esatto contrario avviene, per
analoghi motivi, se il rapporto πw (salari su profitti) diminuisce. Una tale sostituibilità può essere,
tuttavia, ancora insufficiente ad avvalorare l’uso della funzione di produzione neoclassica. Occorre,
infine e soprattutto, osservare che le riduzioni di occupazione, determinate da aumenti salariali,
spesso hanno poco a che fare con la sostituzione tra capitale e lavoro prevista dalla teoria
neoclassica. Non bisogna dimenticare, infatti, che il controllo dell’uso della manodopera – specie
nelle grandi imprese – ha un costo, spesso assai rilevante (costo dell’organizzazione gerarchica), e
può essere razionale ed efficiente, con salari bassi, limitare questi costi anche se ciò si traduce in
minore produttività del lavoro e, quindi, maggiore volume di occupati per una data produzione. In
presenza di aumenti salariali significativi, allora, è razionale per gli imprenditori e le gerarchie
aziendali aumentare il controllo sull’uso della manodopera, i ritmi di lavoro dei dipendenti,
l’eliminazione dei tempi morti e della manodopera non strettamente indispensabile.
Un’ultima critica molto importante alla teoria neoclassica della crescita sta nell’ipotesi che i fattori
produttivi siano sempre pienamente occupati: quest’ipotesi è stata condivisa anche da molti autori
appartenenti a scuole di pensiero differenti, ma ha trovato realizzazione solo in poche situazioni
storiche e per periodi di tempo ristretti; l’osservazione della realtà odierna sempre più convince che
la piena occupazione della popolazione non è l’ipotesi di lavoro più proficua per fondare la teoria
della crescita. Tuttavia, non essendo questa una redde rationem, non può essere negato che la teoria
neoclassica della crescita, nonostante alcuni difetti, realizza tre previsioni sottoponibili a precisi
test:
108
A. nello stato stazionario la crescita della produzione è determinata dalla crescita della forza lavoro
e della produttività;
B. il livello di reddito pro capite è determinato dal rapporto risparmi/investimenti e dalla crescita
demografica;
C. i livelli di reddito pro capite tra i paesi dovrebbero convergere, ma la convergenza potrebbe
essere continuamente ritardata dalle differenze nella tecnologia, nel capitale umano ed in altri
fattori di crescita endogena.
MODELLI DEBITO PUBBLICO
Un semplice modello di dinamica del debito pubblico29
nel continuo
Siano definite le seguenti variabili temporali:
tY reddito in t
tD debito pubblico in t
g tasso di crescita costante del reddito
frazione di reddito corrente presa in prestito dal governo
Ovviamente, come è stato già abbondantemente sottolineato, si ha:
gtgt aeeYtY 0 (1)
Dove la costante a esprime il fatto che il reddito iniziale è una costante data.
Il livello di debito totale corrente all’istante t è la somma del debito iniziale (che corrisponde al
deficit iniziale) più la somma (l’integrale nel continuo) dei deficit fino ad allora accumulati, cioè:
t
dttYDtD
0
0
Sostituendo dalla (1) si ha:
t
gt dteaDtD
0
0
Integrale di immediata risoluzione, semplicemente pari a:
10
gteg
aDtD
29
Tratto da Domar, 1954 con alcune semplificazione ed adattamenti.
109
E’ evidente che una tale relazione porterebbe a concludere che la dinamica del debito è esplosiva.
Tuttavia, in un economia che cresce, non spaventa il fatto che anche il livello di debito possa
crescere30
. Il debito pubblico non è, di per sé, un male assoluto, in quanto esso consente di
finanziare investimenti il cui costo è ingente ed il cui beneficio è esteso nel tempo. Il male è
l’eccesso di debito e la sua incontrollabilità nel tempo.
Dividendo ambo i membri per gtaetY si definisce la nuova variabile debito/PIL e si può
scrivere:
gegea
D
tY
tDe
eag
a
ea
D
tY
tDgtgt
gt
gtgt
01
0
Ovvero, più semplicemente:
g
ega
D
tY
tD gt
0
(2)
Questa equazione possiede un cosiddetto regime transitorio, individuabile dalla componente in cui è
presente il termine esponenziale gte
ga
D
0
ed un regime permanente g
, valore limite a
cui tende la relazione nel momento in cui il regime transitorio non è esplosivo. Prendendo, infatti, il
limite per t → +∞ si ha:
ggga
D
tY
tDlim
t
0
0
Analizzando il problema da un punto di vista normativo31, è possibile determinare precisi valori obiettivo per le grandezze deficit/PIL e/o tasso di crescita. Per esempio, con un tasso di crescita del PIL attorno ad un valore %,g 51 , il rispetto dei parametri di Maastricht impone
che %,90 , ben al di sotto del limite massimo del %3 , affinché il rapporto debito/PIL
di lungo periodo si stabilizzi entro il valore massimo del %60 . Allo stesso modo è facile verificare che, con un rapporto deficit/PIL pari al livello soglia del %3 , è necessario un tasso di
crescita bilanciato %,g 81 . Va da sé che il rapporto migliora se, coeteris paribus g , si sceglie un
rapporto deficit/PIL inferiore o, meglio ancora, si genera un pareggio o un avanzo di bilancio
oppure se g si rivela ex-post più alto32
.
Un semplice modello di dinamica del debito pubblico nel discreto
L’andamento del debito pubblico è rappresentabile in maniera più precisa mediante analisi discreta,
in quanto normalmente tutte le grandezze di riferimento sono prese con riferimento a periodi di
30
La variabile di interesse è il rapporto debito PIL. 31
Secondo la logica dei vincoli imposti dall’Europa. 32
In tal caso l’economia potrebbe sopportare un rapporto deficit/PIL peggiore senza problemi.
110
tempo corrispondenti ad un anno solare. Ad ogni tempo t lo Stato si trova ad affrontare il problema
di (ri)finanziare il deficit corrente (disavanzo primario, i.e. al netto degli interessi33
) ed il pagamento
degli interessi sul debito contratto in precedenza.
Sia 1 ttt BBB l’ammontare di nuovi titoli da emettere, dato dalla differenza tra il livello di
debito corrente tB al tempo t, ed il livello di debito 1tB del periodo precedente 1t , da
finanziare con l’emissione di titoli di Stato (BOT, CTZ, BTP, CCT, ecc…).
Evidentemente, si ha che:
ttttt DiBBBB 11 (3)
Dove con ttt TGD si indica il deficit corrente (differenza tra spese tG ed entrate tT correnti).
In definitiva la (3) ci informa che l’emissione di nuovi titoli tB del debito pubblico serve a
finanziare il deficit corrente tD ed il pagamento degli interessi sul debito pubblico accumulato in
precedenza 1tiB . Riportando al membro destro il termine 1tB la (3) si può riscrivere come:
ttttttt DBiBDiBBB 111 1 (4)
La (4), pur esprimendo una semplice, ma già espressiva, dinamica dell’andamento del livello del
debito pubblico nel corso del tempo, non permette di valutare il livello di “gravità” della situazione.
Il livello di debito in valore assoluto non è espressivo quanto, invece, lo è il suo valore in rapporto
al prodotto interno lordo, ritenuto in buona approssimazione un indicatore attendibile del grado di
solvibilità di uno Stato34
. Procedendo quindi a dividere ogni membro dell’espressione (4) per il PIL
tY otteniamo:
t
t
t
t
t
t
Y
D
Y
Bi
Y
B 11
Ipotizzando un regime di crescita geometrica di ragione g per il reddito, i.e. 11 tt YgY si ha:
t
t
t
t
t
t
Y
D
Y
B
g
i
Y
B
1
1
1
1
Ponendo, per semplicità di lettura, g
ia
1
1 si può scrivere:
t
t
t
t
t
t
Y
D
Y
Ba
Y
B
1
1
Ovvero, prendendo le trasformate rispetto al PIL:
33
In verità il termine il disavanzo è un termine contabile che si riferisce alla cassa e costituisce la differenza tra entrate
ed uscite correnti, invece il termine deficit è la differenza tra spese ed entrate correnti al netto dei trasferimenti correnti;
qui li utilizzeremo in maniera promiscua come si sente abitualmente. 34
Alcuni autori contestano tale misura che rapporta un valore di stock ad un flusso e non tiene conto degli asset di un
Paese.
111
ttt dbab 1
Il rapporto debito/PIL tb è uguale alla somma di due termini:
1. 1 tba ovvero spesa per interessi, in termini reali, corretta per la crescita della produzione
2. td rapporto tra il disavanzo primario e il PIL
La dinamica del debito pubblico dipende da diversi fattori, principalmente il livello dei deficit
primari e lo scarto tra i tassi di interesse e il tasso di crescita nominale dell’economia.
In una ideale situazione di rientro dal debito se il deficit tende a zero (pareggio di bilancio) non è
più necessario emettere nuovo debito sicché 0 tB ovvero 1 tt BB , che in termini di
trasformata in rapporto al PIL implica 1 tt bb .
Con l’ausilio grafico è possibile analizzare le tipiche situazioni che si presentano nell’affrontare le
proiezioni del debito nel lungo termine. Ponendo sull’asse delle ordinate i valori tb e sull’asse delle
ascisse i valori 1tb , si rappresentano congiuntamente le due rette di equazione:
1
1
tt
ttt
bb
dabb
Dove la seconda retta è la bisettrice del quadrante cartesiano sulla quale si realizza il pareggio di
bilancio35
.
Nel caso in cui:
ddt 0 , ossia le spese sono maggiori delle entrate ma non superano un certo limite
prefissato
gig
ia
01
1
1, ossia ig , cioè il tasso di crescita del PIL è maggiore del tasso
di interesse corrisposto sul debito pubblico
Vi è una “ideale” situazione di convergenza del rapporto debito/PIL come si evidenzia dal grafico
seguente:
35
L’ortante positivo.
112
Se, invece, g è più basso del tasso d’interesse i, il debito aumenterà a causa dell’effetto “snow ball”
o palla di neve: l’ammontare del debito esplode così come il deficit complessivo (che include il
l’interesse sul debito)36
.
36
Cfr. Manifesto degli economisti sgomenti, pag. 24, Ed. Minimum fax, 2010.