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STAGIONE 2017 | 18 martedì 14 novembre 2017 | ore 20,30 SALA VERDI DEL CONSERVATORIO Quartetto Belcea © Marco Borggreve Corina Belcea violino Axel Schacher violino Krzysztof Chorzelski viola Antoine Lederlin cello

Quartetto · PDF fileE a proposito di ambiente magiaro, ... L’elemento centrale del quartetto è un motivo di quattro ... ricchissimo repertorio folklorico furono Bedřich Smetana

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STAGIONE 2017 | 18 martedì 14 novembre 2017 | ore 20,30

SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

QuartettoBelcea

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Corina Belcea violinoAxel Schacher violinoKrzysztof Chorzelski violaAntoine Lederlin cello

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Di turno

Mario Bassani Carlo Sini

Direttore artistico

Paolo Arcà

È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare.

Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di:

• disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici

• evitare colpi di tosse e fruscii del programma

• non lasciare la sala fino al congedo dell’artista

Il programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdi precedente il concerto.

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Franz Joseph Haydn (Rohrau 1732 - Vienna 1809)

Quartetto in re maggiore op. 20 n. 4 Hob.III.34 (ca. 23’) I. Allegro di molto II. Un poco adagio affettuoso III. Menuetto. Allegretto alla zingarese IV. Presto scherzando

György Ligeti (Tâmăveri 1923 - Vienna 2006)

Quartetto per archi n. 1 “Métamorphoses nocturnes” (ca. 21’)I. Allegro grazioso II. Vivace, capriccioso III. Adagio, mesto IV. Presto V. Prestissimo VI. Andante tranquillo VII. Tempo di Valse, moderato, con eleganza, un poco capriccioso VIII. Subito prestissimo IX. Allegretto, un poco gioviale X. Prestissimo XI. Ad libitum, senza misura XII. Lento

Intervallo

Antonín Dvořák (Nelahozeves 1841 - Praga 1904)

Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96 “Americano” (ca. 27’)I. Allegro ma non troppo II. Lento III. Molto vivace IV. Finale. Vivace ma non troppo

Il concerto è dedicato a Laura Dubini, a dieci anni dalla scomparsaIn collaborazione con il Comitato Laura Dubini

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I sei Quartetti op. 20 di Franz Joseph Haydn, composti nel 1772, vennero pubblicati nel 1774 a Parigi da La Chevardière; oggi però sono più noti come Sonnenquartette ovvero “Quartetti del sole” per via dell’illustrazione presente nel frontespizio di una ristampa del 1779, edita a Berlino da Hummel. L’indicazione generica di divertimenti per archi, titolo della prima pubblicazione, è la chiara testimonianza della loro appartenenza a una fase di transizione nella quale le caratteristiche di questo genere non erano ancora del tutto consolidate. Haydn, un po’ il “papà” tanto del quartetto d’archi quanto della sinfonia, avvertiva proprio in quegli anni la necessità di ripensare le caratteristiche del genere cameristico; in una lettera del 3 dicembre 1781 l’autore, a proposito dei quartetti dell’op. 33 (i cosiddetti “Quartetti russi”) affermava: «Sono di un genere del tutto nuovo e particolare, poiché non ne ho composti da dieci anni». È significativo che anche Mozart lasciò intercorrere un lungo periodo tra i Quartetti del 1773 e i sei pubblicati da Artaria nel 1785, dedicati al suo caro “amico Haydn” e “frutto di una lunga, e laboriosa fatica”. Evidentemente per entrambi i compositori l’attesa era la conseguenza di una profonda riflessione; loro intenzione era infatti quella di mutare il genere quartettistico da mero intrattenimento aristocratico a forma complessa, atta a sperimentare idee musicali

Haydn, un po’ il “papà” del quartetto d’archi, avvertiva la necessità di ripensare le caratteristiche del genere cameristico

innovative. Già nell’op. 20 possiamo ravvisare gli elementi che preludono a tale svolta, in primis l’applicazione dell’antica arte del contrappunto. Emblematiche sono le tre fughe collocate nei movimenti conclusivi del secondo, del quinto e del sesto quartetto della raccolta. È proprio grazie

“...Una conversazione tra quattro gentiluomini guidati da Ragione”(Goethe, Lettera a Zelter, 1829)

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al contrappunto che Haydn raggiunge quell’equilibrio tra le singole parti che rappresenterà da allora in poi il presupposto imprescindibile della scrittura quartettistica. Un ottimo esempio di ricerca compositiva ci è offerto dal Quartetto in re maggiore op. 20 n. 4, in programma questa sera. La predilezione di Haydn per gli effetti sorprendenti è evidente già nell’Allegro di molto, nel quale la serenità iniziale viene rotta improvvisamente da un arpeggio forte del primo violino. Il secondo movimento, Un poco adagio affettuoso, è costituito da un ciclo di variazioni su un mesto tema in re minore; nel corso delle variazioni il tema circola tra i vari strumenti giungendo anche al violoncello, cui tradizionalmente era affidato il ruolo subordinato di sostegno. Il clima si distende nei successivi movimenti, nei quali Haydn unisce tradizione colta e popolare; tale aspetto emerge sia nel Menuetto. Allegretto alla zingarese sia nel finale, Presto scherzando: in quest’ultimo, gli elementi del folklore magiaro presenti al termine dell’esposizione sono seguiti da un più rigoroso, quanto inaspettato, passaggio imitativo, quasi un fugato.

E a proposito di ambiente magiaro, quasi un volo pindarico ci porta al secondo brano, del compositore ungherese György Ligeti (1923-2006). Musicista raffinato e coraggioso, esposto durante la sua vita alle violente persecuzioni del regime nazista nel 1943 per la sua origine ebraica (condannato ai lavori forzati, vide la sua famiglia deportata e sterminata ad Auschwitz, sopravvisse solo la madre), con la moglie Veronica Spritz fu costretto a lasciare la patria quando i russi invasero Budapest nel 1956. L’arrivo in Occidente rappresentò per il compositore un’autentica rivelazione; poteva finalmente entrare in contatto con l’avanguardia di Stockhausen e Eimert e prender parte alle pionieristiche ricerche presso il celebre Studio für elektronische Musik di Colonia. La “nuova musica” non era però del tutto sconosciuta al giovane Ligeti; in Ungheria infatti era riuscito a captare alcune trasmissioni radiofoniche e a procurarsi libri e partiture. Tra i testi che conosceva bene vi erano, ad esempio, la Filosofia della musica moderna di Theodor W. Adorno e l’Introduction à la musique de douze sons di René Leibowitz. Il manifesto presentato a Praga nel maggio 1948 durante il secondo Congresso dei compositori imponeva tuttavia norme molto restrittive sulla produzione musicale e vietava l’uso di un linguaggio eccessivamente dissonante. Molto eloquente è la dicotomia nella sua produzione degli inizi degli anni Cinquanta tra le opere scritte per il pubblico, più convenzionali, e quelle sperimentali composte per se stesso e per una ristretta cerchia di intenditori, da tenere nascoste. Tra queste ultime vi è il quartetto d’archi Métamorphoses nocturnes (1953-54), che ascoltiamo questa sera, e che non a caso ebbe la sua prima esecuzione nel 1958 fuori

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d’Ungheria. L’opera appartiene ad una prima fase creativa di Ligeti, nella quale l’influenza di Bartók, e dei suoi quartetti in particolare, è assai evidente anche nell’atmosfera crepuscolare, notturna, che lo avvolge. In Métamorphoses subito si coglie quella tendenza tutta ligetiana – esplosa appieno negli anni Sessanta - a concepire il discorso musicale per masse sonore apparentemente immobili nelle quali il timbro, ovvero il “colore” dei singoli strumenti o degli accorpamenti strumentali, prevale come parametro e sul ritmo e sulla melodia. Il compositore stesso, nel libro Lei sogna a colori?, ci rivela che durante la propria infanzia era solito associare la musica a forme e colori e si stupiva che il fratello sognasse in bianco e nero.

Del Quartetto colpisce senza dubbio la forte unitarietà; il brano è concepito infatti come un solo, ampio movimento articolato in sezioni. Fondamentale principio costitutivo, come nelle ultime composizioni di Beethoven, è la variazione: da qui il riferimento del titolo al concetto di “metamorfosi”. L’elemento centrale del quartetto è un motivo di quattro note “sol-la-sol#-la#” esposto inizialmente piano e dolce dal primo violino su un tappeto cromatico degli altri archi. Tale cellula originaria viene continuamente elaborata nel corso del quartetto tramite il ricorso a tecniche contrappuntistiche e alla trasformazione del suo profilo intervallare. Evidenti sono i riferimenti a due brani di una precedente raccolta pianistica, Musica ricercata (1951-53); la sezione Adagio, mesto riprende infatti la scrittura del n. 9, dedicato alla memoria di Bartók, mentre il ritmico ed energico Subito prestissimo cita palesemente il n. 8. Non mancano infine momenti in cui Ligeti sembra voler parodiare certi elementi ripresi dalla tradizione; si consideri, ad esempio, l’inaspettata cadenza perfetta V-I in mi maggiore al termine del presto e soprattutto il riferimento esplicito al ritmo ternario nel Tempo di Valse. Il motivo inziale viene infine ripreso nella conclusione, sovrapponendosi prima in modo molto suggestivo ad un tappeto di suoni armonici, e riecheggiando poi ancora una volta nelle note dei due violini.

Nella seconda metà dell’Ottocento molte nazioni, fino a quel momento “ai margini” della vita culturale europea, vollero rivendicare una propria autonoma identità artistica. In musica, il risveglio di una coscienza nazionale, che raramente condusse ad un’autentica “rottura” con la tradizione austro-tedesca, si legò spesso alla rivalutazione del

Métarmophoses nocturnes appartiene ad una prima fase creativa di Ligeti, nella quale l’influenza di Bartók è assai evidente

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patrimonio popolare. Tale necessità fu avvertita in modo particolarmente intenso in Boemia, regione relativamente periferica dell’Impero austro-ungarico; i due principali compositori che vollero valorizzarne il ricchissimo repertorio folklorico furono Bedřich Smetana (1824-1884) e il più giovane collega Antonín Leopold Dvořák (1841-1904). Il Quartetto n. 12 in fa maggiore op. 96, noto come “Americano”, fu scritto da Dvořák nel giugno del 1893 durante il suo soggiorno negli Stati Uniti. Il compositore, invitato a dirigere il National Conservatory di New York, vi risiedette fra l’ottobre del 1892 e l’aprile del 1895. La sua prima esecuzione, ad opera del Kneisel Quartet, si tenne il primo gennaio 1894 al New England Conservatory of Music di Boston.

Sebbene gli studiosi non abbiano individuato vere e proprie citazioni, alcuni temi parrebbero ispirarsi al patrimonio popolare statunitense

Così come per la celebre Sinfonia n. 9 “Dal nuovo mondo” op. 95 (anch’essa del 1893), il soprannome del Quartetto deriva dal ricorso a caratteri del folklore americano; sebbene gli studiosi non abbiano individuato vere e proprie citazioni di canzoni popolari, alcuni temi parrebbero ispirarsi al patrimonio popolare statunitense. Al contrario nel Finale Dvořák sembra far riferimento al repertorio di danze contadine boeme. Nel Quartetto pertanto convivono in maniera armoniosa elementi popolari del “nuovo” e del “vecchio mondo”; questo risultato è reso possibile dal linguaggio tardo-romantico di impronta brahmsiana dal quale in realtà l’autore non si discostò mai. Le caratteristiche melodie pentatoniche, le armonie modali e la varietà ritmica tipiche di Dvořák si innestano infatti sui modelli formali del sinfonismo “puro” austro-tedesco di cui il teorico Eduard Hanslick, nel suo Vom Musikalisch-Schönen (“Del bello musicale”, 1854), considerò Brahms il sommo rappresentante. Nell’Allegro ma non troppo l’opposizione tra i due temi principali - il primo esposto dalla viola su un tremolo degli altri archi ed il secondo, in la minore, discendente e accompagnato dalle quinte vuote pizzicate del violoncello - segue la classica struttura della forma sonata. Il movimento successivo, Lento, è una vera e propria perla con la sua lirica cantilena dal sapore arcaico e popolare esposta inizialmente dal primo violino su mesti rintocchi pizzicati del violoncello. In conclusione, nel Vivace ma non troppo, un ritornello dall’inconfondibile carattere danzante si alterna ad episodi contrastanti secondo la tipica struttura del rondò.

Lorenzo Paparazzo Conservatorio “G. Verdi” di MilanoLaureato in Discipline storiche,critiche e analitiche della musica

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Corina Belcea violinoAxel Schacher violinoKrzysztof Chorzelski violaAntoine Lederlin violoncello

Quartetto BelceaIl Quartetto Belcea si è formato nel 1994 al Royal College of Music di Londra sotto la guida del Quartetto Chilingirian, di Simon Rowland-Jones e del Quartetto Amadeus. Dal 1997 al 2000, sostenuto dal Young Concert Artists Trust di Londra si è perfezionato con il Quartetto Alban Berg. Nel 1999 ha vinto il primo premio ai concorsi internazionali di Osaka e Bordeaux. Ai due fondatori, la violinista romena Corina Belcea e il violista polacco Krzysztof Chorzelski si sono aggiunti nel tempo due musicisti francesi, Axel Schacher e Antoine Lederlin. È nata così una formazione inglese di residenza ma cosmopolita per tradizioni musicali e provenienze culturali, con una naturale predisposizione a superare i confini del repertorio tradizionale e particolare attenzione al repertorio contemporaneo.Il Quartetto si esibisce regolarmente nelle maggiori sale da concerto del mondo tra le quali Concertgebouw di Amsterdam, Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, Wigmore Hall di Londra e Carnegie Hall di New York, ed è ospite regolare di Festival quali Salisburgo, Aldeburgh e Schubertiade Schwarzenberg. Tra i suoi principali partner figurano Piotr Anderszewski,

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Till Fellner, Valentin Erben e Ian Bostridge. Dal 2010 è quartetto in residence con il Quartetto Artemis al Konzerthaus di Vienna, dalla stagione in corso anche nella nuovissima Pierre Boulez Saal a Berlino.Recentemente i quattro musicisti hanno creato il “Belcea Quartet Trust” per sostenere la formazione di giovani quartetti con intense master class e per commissionare nuovi lavori ai principali compositori del panorama musicale contemporaneo tra cui Mark-Anthony Turnage (Twisted Blues with Twisted Ballad e Contusion), Thomas Larcher (Lucid dreams) e Krzysztof Penderecki (Quarto Quartetto).Nella stagione 2017/18 sono previsti concerti alla Wigmore Hall di Londra, Philharmonie di Colonia, Lotte Hall di Seoul, Philharmonie di Parigi e Pierre Boulez Saal di Berlino. La musica del XXI secolo occuperà un ruolo centrale nella stagione 2018/19 con la prima mondiale del nuovo Quartetto per archi di Joseph Phibbs. Il Quartetto vanta una vasta discografia che comprende le integrali di Britten e Bartók, oltre a opere di Schubert, Brahms, Mozart, Debussy, Ravel e Dutilleux. Tra il 2012 e il 2013 ha registrato dal vivo nel Benjamin Britten Studio l’integrale dei Quartetti di Beethoven, pubblicati dalla propria etichetta ZigZag Territoires, aggiudicandosi il premio ECHO Klassik della carriera. Nel 2015, in coincidenza del loro 20° anniversario, l’album con musiche di Webern, Berg e Schönberg è stato accolto con grande entusiasmo. Nell’autunno 2016 ha pubblicato l’integrale dei Quartetti e del Quintetto con pianoforte di Brahms per il quale ha vinto un altro Echo Klassik e il Diapason d’Or. I concerti dell’integrale di Beethoven al Konzerthaus di Vienna sono stati trasmessi sul canale Mezzo TV e sono disponibili in DVD e Blue Ray nel documentario “Looking for Beethoven” a cura di Jean-Claude Mocik.È stato ospite della nostra Società nel 2005, 2007 e 2015.

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Grazie ai musicisti che hanno dato prestigio al Quartetto e ai Soci che l’hanno sostenuto e lo sostengono!

Vogliamo esprimere gratitudine ai Soci d’Onore, e prima di tutto ai grandi musicisti che hanno contribuito al successo del Quartetto nei suoi 153 anni di attività (da Richard Strauss e Anton Rubinstein nei lontani anni dell’800 a Rudolf Serkin, Mieczyslav Horszowski e Ton Koopman in tempi più vicini), ai Soci Vitalizi, ai Soci Benemeriti, fra i quali i “fedelissimi” con oltre 50 anni di associazione, ai Sostenitori, che col loro contributo annuale esprimono il loro apprezzamento per il Quartetto, e vorremmo crescessero sempre più.

Soci d’Onore

Johann Becker (1888), Franco Faccio (1888), Charles Gounod (1888), Joseph Joachim (1888), Joachim Raff (1888), Anton Rubinstein (1888), Pablo de Sarasate (1888), Richard Strauss (1888), August Wilhelmj (1888), Antonio Bazzini (1892), Felix Mottl (1892), Mieczyslav Horszowski (1985), Rudolf Serkin (1985), Ton Koopman (2003), Francesco Cesarini (2006), Harry Richter (2006), Giancarlo Rusconi (2017)

Soci Vitalizi

Gerardo Broggini, Paolo Dardanelli, Tomaso Davico di Quittengo, Carla Giambelli, Antonio Magnocavallo, Maria Majno, Francesca Moncada di Paternò,Carlo Vittore Navone, Gian Battista Origoni della Croce, Franca Sacchi, Luca Sega, Società del Giardino, Beatrice Svetlich, Pietro Svetlich, Paolo Terranova

Soci Benemeriti

Domenico Arena, Sandro Boccardi, Salvatore Carrubba, Francesco Cesarini, Philippe Daverio, Francesca del Torre Astaldi, Fondazione Sergio Dragoni, Anna Maria Holland, Carlo Musu, Quirino Principe, Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, Harry Richter, Carlo Sini

I fedelissimi (soci da oltre 50 anni)

Francesco Adami, Ladislao Aloisi in memoriam, Ester Ascarelli, Margherita Balossi Barbiano di Belgiojoso, Maria Piera Barassi Livini, Cecilia Bicchi,Maria Luisa Bonicalzi, Alessandra Carbone, Paolo Carbone, Paolo Carniti, Claudio Citrini, Mathias Deichmann, Giuseppe Deiure, Maria Cristina Delitala, Antonio Delitala, Roberto Fedi, Renzo Ferrante, Anna Ferrante, Salvatore Fiorenza, Maria Teresa Fontana, Anna Genoviè, Emma Guagnellini, Riccardo Luzzatto, Federico Magnifico, Antonio Magnocavallo, Giovanna Marziani Longo, Giovanni Miserocchi, Jacqueline Molho, Davy Molho, Giuseppe Mottola, Anna Mottola, Luciano Patetta, Luisella Patetta Deiana, Maria Carla Peduzzi, Giancarlo Rusconi, Pietro Saibene, Giuliana Saibene, Maria Vittoria Saibene, Giovanni Scalori, Luigi Scalori in memoriam, Luciano Scavia, Angelo Mario Sozzani, Ilaria Stendardi Antonini, Luca Trevisan, Giovanni Weisz

Soci Sostenitori

Marco Bisceglia, Ilaria Borletti Buitoni, Alberto Conti, Nora del Torre, Liliana Konigsman Sacerdoti, Marco Magnifico Fracaro

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Tel 02 795 393 | [email protected]

via Durini 24 - 20122 Milano |

www.quartettomilano.it

Per la stagione 2017/18 la Società del Quartetto ha attivato i seguenti progetti in collaborazione con: CONSERVATORIO “G. VERDI” Biennio di Discipline storiche, critiche e analitiche della musica

PROGETTO NOTE DI SALA

Maria Grazia Campisi, Giulia Ferraro, Lorenzo Paparazzo, Paola Rossetti, Creusa Suardi, Maurizio Tassoni

Supervisori: Pinuccia Carrer docente di Discipline musicologiche e Antonio Schilirò ex docente di Storia della musica

FONDAZIONE ARNOLDO E ALBERTO MONDADORI

PROGETTO EDITORIALE SOCIAL NETWORK

Alice Gualandris, Marta Mazzucchelli, Irene Milazzo, Valerio Talevi

Docente: Marco Cadioli

IED, ISTITUTO EUROPEO DI DESIGN

PROGETTO GRAFICO PROGRAMMA DI SALA

Camilla Agazzone, Alessia Arrighetti, Antonija Bubalo, Edoardo Campagner, Arianna Cassani, Tommaso De Bonis, Federico A. Fava, Sofia Fonda, Alice Porcella, Federico Sartori, Giulia Sigismondi

Staff: Dario Accanti coordinatore del corso triennale in Graphic Design, Sara Canavesi assistente triennale

Docente: Silvia Lanza, Studio 150up

PROGETTO FOTOGRAFICO Cristiana Cappucci, Valentina Colombo, Ilaria Cutuli, Eleonora Dottorini, Angela Guastaferro, Alessio Keilty, Marta Lunardi, Andrea Puxeddu, Luca Taddeo

Staff: Silvia Lelli coordinatrice del corso di formazione avanzata, Sabrina Radice assistente Master

Docente: Silvia Lelli

PROSSIMO CONCERTO martedì 28 novembre 2017 | ore 20,30

SALA VERDI DEL CONSERVATORIO

CLASSICA HDMUSICA PERI TUOI OCCHI

“La musica esprime ciò che non può essere dettoe su cui è impossibile rimanere in silenzio”

Victor-Marie Hugo

Leif Ove Andsnes pianoforte

Nel pieno della maturità il norvegese Leif Ove Andsnes, definito dal New York Times “il più completo pianista della sua generazione” - alla tecnica sbalorditiva affianca una padronanza completa del repertorio tradizionale -, continua a distinguersi per l’originalità delle sue interpretazioni, sempre impostate su sonorità nitide e trasparenti, anche quando affronta il più turgido romanticismo e la più complessa modernità. Così i suoi favoriti autori nordici (Sibelius, Grieg) assumono colori vivaci e i ben noti classici (Beethoven, Schubert, Chopin) hanno leggerezze impensate. E il suo amore per il nuovo fiorisce nelle recenti (2007) reminiscenze schubertiane di Jörg Widmann. È già stato nostro ospite nel 1999 e nel 2008.