Questo studio ha preso in considerazione la cinetica di...
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PADOVA Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia “E. Meneghetti” DOTTORATO DI RICERCA IN: FARMACOLOGIA, TOSSICOLOGIA E TERAPIA XXI CICLO EFFETTO DELLA FUNZIONALITA’ RENALE ED EPATICA SULLA CINETICA DI DISPOSIZIONE DEI FARMACI E LE INTERAZIONI FARMACOCINETICHE CONSEGUENTI AD INIBIZIONE DEL METABOLISMO Coordinatore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion Supervisore:Ch.mo Prof. Pietro Palatini
Questo studio ha preso in considerazione la cinetica di ...paduaresearch.cab.unipd.it/1619/1/PAOLA_PEGORARO.doc · Web viewNella pratica clinica è importante la determinazione accurata
Questo studio ha preso in considerazione la cinetica di
disposizione dei farmaci e le interazioni farmacocinetiche
conseguenti ad inibizione del metabolismo su l’effetto della
funzionalità renale ed epaticaSede Amministrativa: Università degli
Studi di Padova
Dipartimento di Farmacologia ed Anestesiologia “E.
Meneghetti”
DOTTORATO DI RICERCA IN: FARMACOLOGIA, TOSSICOLOGIA E TERAPIA
XXI CICLO
EFFETTO DELLA FUNZIONALITA’ RENALE ED EPATICA SULLA CINETICA DI
DISPOSIZIONE DEI FARMACI E LE INTERAZIONI FARMACOCINETICHE
CONSEGUENTI AD INIBIZIONE DEL METABOLISMO
Coordinatore: Ch.ma Prof.ssa Rosa Maria Gaion
Supervisore:Ch.mo Prof. Pietro Palatini
1. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA SULLA DISPOSIZIONE
METABOLICA DELLA LIDOCAINA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI E NON SOTTOPOSTI
AD EMODIALISI
1.1 Introduzione 1
1.1.1 Insufficienza renale 1
1.1.2 Metabolismo dei farmaci nella CRF e scopo dello studio
4
1.2 Materiali e metodi 9
1.2.1 Studio clinico 9
1.2.3 Metodi analitici 11
1.3 Risultati 13
1.4 Discussione 22
2. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA EPATICA SULL’INIBIZIONE
QUASI-IRREVERSIBILE DEL CYP3A DA PARTE DELL’ERITROMICINA E SULLA
COMPETIZIONE PER IL LEGAME CON LE PROTEINE PLASMATICHE
2.1 Introduzione 27
2.1.2 Classificazione, nomenclatura e ruolo delle proteine
della superfamiglia del citocromo P450 28
2.1.3 Meccanismi di inibizione del citocromo 36
2.1.4 Scopo dello studio 47
2.2 Materiali e metodi 50
2.2.1 Soggetti 50
2.2.5 Analisi dei dati 53
2.2.6 Analisi statistica 54
2.3.2 Effetto dell’eritromicina sui parametri farmacocinetici
della chinina e della 3-OH-chinina 56
2.3.3 Effetto dell’eritromicina sul legame con le proteine
plasmatiche
e sui parametri farmacocinetici della chinina libera 60
2.3.4 Effetto della disfunzione epatica sulla farmacocinetica
della
chinina e della 3-OH-chinina 63
2.4 Discussione 65
2.4.1 Conclusioni 69
RIASSUNTO
In questo studio sono stati presi in considerazione gli aspetti
farmacocinetici della disposizione metabolica e dell’interazione
tra farmaci in caso di compromessa funzionalità d’organo. In
particolare sono stati valutati:
1. l’effetto dell’insufficienza renale sul metabolismo epatico dei
farmaci;
2. l’effetto dell’insufficienza epatica sulle interazioni
farmacocinetiche dovute ad inibizione degli enzimi che
metabolizzano i farmaci.
1- Obiettivi: L’effetto dell’insufficienza renale cronica (CRF)
sulla farmacocinetica della lidocaina, un farmaco eliminato quasi
esclusivamente tramite metabolismo epatico, è stato finora studiato
solo nei pazienti sottoposti a regolare emodialisi. Il presente
studio si è proposto due obiettivi: (a) esaminare l’effetto della
CRF sulla cinetica di disposizione della lidocaina in pazienti sia
sottoposti che non sottoposti ad emodialisi e (b) verificare in
vitro se il plasma dei pazienti esaminati negli studi clinici o i
metaboliti della lidocaina eventualmente accumulati in vivo, hanno
un effetto inibitore sulla biotrasformazione del farmaco.
Metodi: La cinetica di disposizione della lidocaina e dei suoi
metaboliti farmacologicamente attivi, monoetilglicinaxilidide
(MEGX) e glicinaxilidide (GX), è stata valutata in 30 soggetti dopo
infusione endovenosa di 1 mg/kg di lidocaina. I soggetti sono stati
divisi in quattro gruppi sulla base dei valori della clearance
della creatinina (CLcr): gruppo 1, costituito da 15 soggetti sani
con CLcr>80 ml·min-1 per 1,73 m2; gruppi 2 e 3, costituiti da 10
pazienti ciascuno, con insufficienza renale moderata (CLcr tra 30 e
60 ml·min-1 per 1,73 m2) e con grave insufficienza renale (CLcr<
30 ml·min-1 per 1,73 m2), rispettivamente; gruppo 4, costituito da
10 pazienti anurici in terapia emodialitica tre volte alla
settimana. Sono stati inoltre effettuati degli esperimenti in vitro
con microsomi epatici umani (HLM) al fine di valutare l’effetto del
plasma dei soggetti esaminati e la possibile inibizione della
formazione di MEGX da parte del GX.
Risultati: Nei pazienti non sottoposti a dialisi, i parametri
farmacocinetici della lidocaina sono risultati alterati in
proporzione al grado di disfunzione renale, ma solo nei pazienti
con grave insufficienza renale si sono riscontrate differenze
statisticamente significative: la clearance è risultata dimezzata
rispetto a quella dei controlli (6.01 ± 2.54 ml/min · kg vs.
11.87±2.97 ml/min · kg; P<0.001), e il tempo di dimezzamento
(t1/2) approssimativamente raddoppiato (4.55 ± 1.71 h vs. 2.24 ±
0.55 h, P < 0.001). Nei pazienti sottoposti a dialisi, i
parametri farmacocinetici sono risultati invece simili a quelli del
gruppo di controllo. Non è stata osservata alcuna variazione del
volume di distribuzione allo stato stazionario e dei livelli di
MEGX nei quattro gruppi di studio, mentre i livelli di GX sono
notevolmente aumentati, rispetto ai controlli (P<0.05), in tutti
i gruppi di pazienti nefropatici. L’aggiunta del plasma di ciascuno
dei soggetti esaminati nello studio clinico non ha prodotto nessun
effetto inibitorio sulla biotrasformazione di lidocaina a MEGX in
vitro. Il GX si è comportato come un inibitore competitivo della
conversione di lidocaina a MEGX, ma la sua costante di inibizione
apparente in vitro (52 ± 6 µmol/l) è risultata di due ordini di
grandezza più grande delle sue concentrazioni in vivo.
Conclusioni: I nostri risultati in vivo hanno implicazioni sia
cliniche che metodologiche: (1) l’aggiustamento del dosaggio della
lidocaina si rende necessario solo nei pazienti con grave
insufficienza renale non sottoposti emodialisi; (2) i risultati
degli studi che valutano l’effetto della CRF sulla disposizione
metabolica dei farmaci possono essere considerati di validità
generale solo se vengono analizzati sia pazienti sottoposti che non
sottoposti a emodialisi. Le nostre osservazioni in vitro escludono
la possibilità che alterazioni della disposizione metabolica della
lidocaina siano il risultato dell’inibizione diretta degli enzimi
metabolizzanti da parte di metaboliti accumulatisi o tossine
uremiche. Sulla base dei risultati di recenti studi in vitro,
l’ipotesi più probabile è che le tossine uremiche inibiscano
l’espressione genica dei CYP epatici.
2- Obiettivi: L’inibizione in vivo del citocromo P450 (CYP) 1A2 da
parte dell’inibitore reversibile fluvoxamina causa una riduzione
della clearance dei substrati del CYP1A2, la cui entità diminuisce
in proporzione al grado di disfunzione epatica, indipendentemente
dalle caratteristiche cinetiche del farmaco coinvolto (clearance
dipendente dal flusso o a capacità limitata). Un’importante
questione rimane da valutare per appurare se questo è un fenomeno
generale, ovvero se l’entità dell’inibizione decresce all’aumentare
della disfunzione epatica indipendentemente dal meccanismo
dell’inibitore (reversibile o irreversibile). Al fine di risolvere
tale questione abbiamo valutato l’effetto della cirrosi epatica
sull’inibizione della disposizione metabolica della chinina,
substrato modello del CYP3A, da parte dell’inibitore
quasi-irreversibile eritromicina.
Metodi: Allo studio hanno preso parte 10 volontari sani e 20
pazienti cirrotici, di cui 10 pazienti con moderata disfunzione
epatica (grado A di Child) e 10 pazienti con grave disfunzione
epatica (grado C di Child). Il protocollo è stato condotto secondo
uno studio a doppio cieco, randomizzato, ripartito in 2 fasi
separate da un periodo di due settimane. In una fase, tutti i
partecipanti hanno ricevuto placebo per 5 giorni; nell'altra essi
hanno ricevuto tre dosi di 600 mg di eritromicina etilsuccinato,
ogni 8 ore, per 5 giorni. A tutti i soggetti, il giorno 2, sono
stati somministrati oralmente 500 mg di chinina solfato 1 ora dopo
la dose di eritromicina (o placebo) della mattina. Le
concentrazioni di chinina e 3-OH-chinina nel plasma e nelle urine
sono state determinate mediante metodica HPLC, con detector
fluorimetrico. Le concentrazioni di chinina libera sono state
determinate in tutti i campioni di plasma ottenuti dallo studio
clinico, mediante ultrafiltrazione.
Risultati: Si è osservato che la co-somministrazione di
eritromicina riduce la clearance della chinina nei volontari sani e
nei pazienti con moderata disfunzione epatica (del 33% e del 30%,
rispettivamente), mentre sembra non avere alcun effetto sulla
clearance della chinina nei pazienti con grave insufficienza
epatica. Inoltre l’eritromicina causa un marcato aumento della
frazione di chinina libera, soprattutto nei pazienti cirrotici
Child C, dove la frazione di chinina libera è più che raddoppiata.
A differenza della clearance
totale della chinina, la clearance della chinina libera è risultata
significativamente ridotta (del 35%) anche nei pazienti con grave
insufficienza epatica. Le clearance di formazione totale e libera
della 3-OH-chinina sono risultate ridotte in grado simile (del 60%
e del 75%, rispettivamente) in tutti e tre i gruppi di
studio.
Conclusioni: L’ effetto dell’eritromicina sulla clearance della
chinina plasmatica totale è il risultato di due azioni opposte:
inibizione dell’attività metabolica intrinseca del fegato e aumento
della concentrazione di chinina libera nel plasma. Nei pazienti
cirrotici Child C, l’effetto inibitorio sulla clearance intrinseca
risulta completamente mascherato dall’aumento della concentrazione
di chinina libera. Il fatto che la clearance della chinina libera e
la clearance di formazione della 3-OH-chinina siano inibite in
misura assai simile nei controlli e nei pazienti cirrotici indica
che l’effetto degli inibitori irreversibili è indipendente dallo
stato di funzionalità epatica.
SUMMARY
This study analyzes the effect of renal and hepatic insufficiency
on metabolic drug disposition and drug-drug interactions. In
particular, we evaluated:
1. the effect of renal failure on hepatic drug metabolism;
2. the effect of liver dysfunction on pharmacokinetic interactions
consequent upon inhibition of drug metabolizing enzymes.
1- Background and Objectives: The effect of chronic renal failure
(CRF) on the pharmacokinetics of lidocaine, a drug cleared almost
exclusively by hepatic metabolism, has thus far only been evaluated
in patients undergoing regular hemodialysis. This study had 2
objectives: (a) to investigate the effect of CRF on the
pharmacokinetics of lidocaine in both patients undergoing
hemodialysis and patients not undergoing hemodialysis and (b) to
test the effects of plasma from the patients examined and of
lidocaine metabolites possibly accumulated in vivo on lidocaine
biotransformation in vitro.
Methods: In a clinical investigation we studied the kinetics of
lidocaine and its metabolites, monoethylglycinexylidide (MEGX) and
glycinexylidide (GX), after intravenous injection of 1 mg/kg
lidocaine in 15 healthy volunteers (creatinine clearance [CLcr]
>80 ml/min · 1.73 m2), 10 subjects with moderate renal
insufficiency (CLcr between 30 and 60 ml/min · 1.73m2), 10 subjects
with severe renal insufficiency (CLcr<30 ml/min · 1.73 m2), and
10 functionally anephric patients undergoing long-term
hemodialysis. In experiments in vitro we determined the effects of
plasma and GX on the formation rate of the primary lidocaine
metabolite, MEGX, by use of human liver microsomes.
Results: In patients not undergoing hemodialysis, lidocaine kinetic
parameters were altered in proportion to the degree of renal
function impairment, but only in patients with severe renal
insufficiency were differences statistically significant: clearance
was about half that of control subjects (mean ± SD, 6.01 ± 2.54
ml/min · kg versus 11.87±2.97 ml/min · kg; P<0.001), and
half-life was approximately doubled (4.55 ± 1.71 hours versus 2.24
± 0.55 hours, P < 0.001). No such alterations were observed in
patients undergoing regular
hemodialysis, whose values were similar to those of the control
group. The steady-state volume of distribution and MEGX levels were
independent of renal function, whereas GX levels were more than
double those of control subjects (P<0.05) in all CRF groups. No
inhibitory effect of plasma was observed, for any of the subjects
examined, on lidocaine biotransformation in vitro. GX was found to
be a competitive inhibitor, but its apparent inhibition constant
value (52 ± 6 µmol/l) was 2 orders of magnitude higher than its
concentrations in vivo.
Conclusions: Our in vivo findings have both clinical and
methodologic implications: (a) Lidocaine dose adjustment may be
required in patients with severe renal insufficiency who are not
receiving hemodialysis. (b) Results of studies evaluating the
effect of CRF on metabolic drug disposition are not of general
validity, unless both patients undergoing hemodialysis and patients
not undergoing hemodialysis have been examined.
Our in vitro observations exclude that impairment of lidocaine
disposition is the result of direct inhibition of metabolizing
enzymes by accumulated metabolites or uremic toxins. Alternative
mechanisms, suggested by the results of recent in vitro studies,
are discussed.
2- Background and Objectives: In vivo inhibition of cytochrome P450
(CYP) 1A2 by the reversible inhibitor fluvoxamine causes a
reduction in the clearance of CYP1A2 substrates, the magnitude of
which decreases in proportion to the degree of liver dysfunction,
regardless of the clearance characteristics (flow-dependent or
capacity-limited) of the drug involved. A main question remains to
be addressed in order to assess whether this is a general
phenomenon, i.e. whether the magnitude of the inhibitory effect is
dependent on liver functional status irrespective the mechanism
(reversible or irreversible) of CYP inhibition. In order to resolve
this question, we evaluated the effect of liver cirrhosis on the
inhibition of the metabolic disposition of quinine, a probe of
CYP3A, by the mechanism-based, quasi-irreversible inhibitor
erythromycin.
Methods: The study was carried out in 10 healthy volunteers and 20
cirrhotic patients, 10 with mild (Child grade A) and 10 with severe
(Child grade C) liver dysfunction, according to a randomized,
double-blind, 2-phase, crossover design. In one phase all
participants received placebo for 5 days; in the other phase they
received 600-mg doses of erythromycin ethylsuccinate, 8 h apart,
for 5 days. On day 2 of both phases, quinine sulphate (500 mg) was
administered orally 1 h after the morning erythromycin dose.
Concentration of quinine and its metabolite 3-OH-quinine were
measured by HPLC in plasma and urine up to 96 h. Free quinine
concentration was determined in all plasma samples by
ultrafiltration.
Results: Erythromycin co-administration significantly reduced
quinine clearance in healthy subjects and in patients with mild
liver dysfunction (by 33% and 30%, respectively), whereas it had
virtually no effect on quinine clearance in patients with severe
liver functional impairment. Erythromycin also caused a marked
increase in free quinine fraction, particularly in Child class C
cirrhotics, in which unbound fraction was almost doubled. At
variance with total quinine clearance, unbound clearance was
significantly reduced (by 35%) also in patients with severe
cirrhosis. Total and unbound formation clearances of 3-OH-quinine
were reduced to similar extents (about 60% and 75%, respectively)
in the three study groups.
Conclusions: The effect of erythromycin on total quinine clearance
is the result of two opposing actions: inhibition of the intrinsic
metabolic activity of the liver and increase in free quinine
concentration which, in Child C cirrhotics, is such as to
completely mask the inhibition of intrinsic clearance. The
observation that unbound quinine clearance and 3-OH-quinine
formation clearance are inhibited to a very similar extent in
controls and cirrhotic patients indicates that, unlike reversible
inhibitors, the effect of irreversible inhibitors does not depend
on liver functional status.
Questo studio ha preso in considerazione gli aspetti
farmacocinetici di disposizione ed interazione tra farmaci in caso
di compromessa funzionalità d’organo. In particolare è stato
valutato:
1. l’effetto dell’insufficienza renale sul metabolismo epatico dei
farmaci;
2. l’effetto dell’insufficienza epatica sulle interazioni
farmacocinetiche dovute ad inibizione degli enzimi che
metabolizzano i farmaci.
1. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA SULLA DISPOSIZIONE
METABOLICA DELLA LIDOCAINA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI E NON SOTTOPOSTI
AD EMODIALISI
1.1 INTRODUZIONE
1.1.1 Insufficienza renale
Nella pratica clinica è importante la determinazione accurata della
funzione renale per stabilirne l’entità e l’eventuale progressione
della disfunzione della stessa.
La velocità di filtrazione glomerulare (GFR) è considerato il
miglior marker per lo studio della funzione renale. Il filtrato
glomerulare viene misurato mediante il calcolo della clearance di
sostanze filtrate dal glomerulo (CL=U·V/P, dove U e P rappresentano
le concentrazioni urinarie e plasmatiche e V il flusso urinario).
Se la sostanza non è legata alle proteine plasmatiche e viene
quindi liberamente filtrata dal glomerulo, non è riassorbita o
secreta dal tubulo, non è né metabolizzata né sintetizzata dal
rene, la sua clearance corrisponde all’entità del filtrato
glomerulare e quindi può essere presa come misura dello
stesso.
La sostanza ideale per la determinazione della GFR è l’inulina, in
quanto possiede tutte le caratteristiche sopra elencate. Tuttavia,
le difficoltà connesse con la determinazione della clearance
dell’inulina (indaginosità del metodo di somministrazione e delle
raccolte urinarie, mancanza di un metodo automatizzato per la
determinazione dell’inulina, elevato costo della stessa) hanno
fatto si che nella pratica clinica la GFR venga routinariamente
determinata mediante misurazione della clearance della creatinina
endogena.
La creatinina deriva dalla creatina, la quale è sintetizzata
principalmente nel fegato e, dopo il rilascio in circolo è
attivamente captata dal muscolo e da altri tessuti. Il muscolo
scheletrico contiene il 98% del pool della creatina corporea che è
di circa 120 g in un soggetto maschio di 70 kg. Il 60-70% della
creatina è presente sotto forma di fosfocreatina, il rimanente
30-40% è dato da creatina libera. Piccole quantità di creatina sono
presenti anche nel fegato, rene, cervello e nei liquidi
dell’organismo. La creatinina viene prodotta per deidratazione non
enzimatica della creatina muscolare, trasportata nel sangue ed
escreta dal rene (vedi schema). Essa si forma con un ritmo costante
nel soggetto a riposo e quindi si mantiene ad un livello plasmatico
sostanzialmente costante (tra 50 e 120 µmol/l), che è determinato
dal rapporto tra la velocità di produzione e la clearance renale.
La velocità di produzione della creatinina è proporzionale alla
massa muscolare, che a sua volta è influenzata da età, peso
corporeo e sesso (le donne hanno una ridotta produzione di
creatinina).
In condizioni normali, la creatinina è eliminata esclusivamente dal
rene. Essa è liberamente filtrata dal glomerulo e non riassorbita
dal tubulo, tuttavia viene in parte secreta dal trasportatore per
cationi organici del tubulo contorto prossimale. Ne risulta che il
5-10% della creatinina urinaria in soggetti normali deriva dalla
secrezione tubulare. La creatinina urinaria è pertanto la somma
della creatinina filtrata e di quella secreta. Fattori che
influenzano la velocità di produzione della creatinina, come la
massa muscolare e la quantità di proteine della dieta, o che ne
alterano la velocità di escrezione renale (farmaci che competono
per i sistemi di trasporto tubulare, prototipo dei quali la
cimetidina) devono essere tenuti in considerazione quando si
analizzano le variazioni sia della creatinina sierica sia della
clearance della creatinina. Poiché la creatinina è parzialmente
secreta, la clearance effettiva della creatinina in soggetti
normali supera la clearance dell’inulina e il rapporto clearance
della creatinina/clearance dell’inulina varia da 1.1 fino ad un
massimo di 1.4 [1, 2, 3]. Tuttavia il metodo di Jaffé, che è il
metodo di laboratorio universalmente usato per misurare la
creatinina plasmatica, sovrastima la creatininemia, a causa della
presenza di cromogeni plasmatici [4]. Ciò fa si che la clearance
della creatinina così misurata sia più bassa di quella reale (la
creatininemia è a denominatore nella
formula per calcolare la clearance) e sia coincidentalmente simile
a quella dell’inulina.
Per ottenere la clearance della creatinina sono stati cercati dei
metodi che ne permettessero la determinazione senza dover ricorrere
alla raccolta urinaria, che costituisce la maggior fonte di errore
nella determinazione della clearance renale di una sostanza. A tale
scopo, sono state ideate formule empiriche, che permettessero di
calcolare la clearance della creatinina in base al solo valore di
creatininemia. Tra le varie equazioni proposte, quella che fornisce
i risultati più accurati, e che pertanto è l’unica correntemente
usata nella pratica clinica, è quella di Cockcroft e Gault
(1976).
Clearance della creatinina (ml/min) = (140 - età) ×
PesoCorporeo(Kg) / (72 × creatininemia (mg/dl))
tale valore va moltiplicato × 0,85 per le donne.
Nella nuova nomenclatura suggerita nelle linee guida della National
Kidney Foundation [5] si parla di "malattia renale" (chronic renal
failure, CRF) quando la GFR è compresa fra 90 e 60 ml/min e/o è
presente un danno renale evidenziabile con l'esame delle urine
(presenza di albumina o proteine) o con tecniche di immagine
(ecografia renale) o con esami più approfonditi (biospsia
renale).
Sotto i 60 ml/min si parla di insufficienza renale così
classificata:
· moderata per GFR fra 30 e 59 ml/min
· severa per GFR fra 29 e 15 ml/min
· terminale per GFR inferiore a 15 ml/min
Quest'ultima è detta anche uremia terminale, perché i reni hanno
perso quasi del tutto la loro funzione. Ciò comporta ritenzione di
acqua e di altre sostanze che accumulandosi danno luogo alla così
detta tossiemia uremica. Ad essa conseguono manifestazioni
ematologiche cardiocircolatorie, nervose, endocrine, ossee, ecc. In
questa fase il paziente dovrà essere rapidamente preparato per
passare alla terapia sostitutiva della funzione renale (Dialisi o
Trapianto di Rene).
La funzionalità renale è correntemente espressa come stima della
velocità di filtrazione glomerulare normalizzata per una superficie
corporea di 1,73 m2, calcolata secondo la formula di DuBois e
DuBois [6].
La malattia renale cronica (CRF), e l'insufficienza renale che ne è
lo stadio successivo, sono patologie estremamente frequenti. Si
stima che ne sia affetto il 17% della popolazione adulta negli USA
, mentre in Europa la frequenza della malattia sembra essere
lievemente più bassa. Alcune malattie come il diabete mellito e
l'ipertensione arteriosa predispongono all'insufficienza renale. I
soggetti che ne sono affetti pertanto devono controllare
frequentemente la loro funzione renale.
1.1.2 Metabolismo dei farmaci nella CRF e scopo dello studio
La modificazione del dosaggio di farmaci nell’insufficienza renale
è tradizionalmente considerata necessaria solo per i farmaci
escreti dal rene, poiché persiste la tacita assunzione che le
nefropatie possano pregiudicare solo l’escrezione renale dei
farmaci. Tuttavia, si sono accumulate prove che anche la clearance
metabolica dei farmaci possa venire alterata dalla insufficienza
renale cronica (CRF) [7, 8, 9, 10]. Ciò è di primaria importanza
clinica, poiché alcuni studi hanno rilevato che i pazienti con CRF
richiedono in media la somministrazione di più di sette farmaci per
controllare la loro malattia e circa il 40% dei pazienti
nefropatici ricevono un dosaggio troppo elevato [11, 12]. Il
meccanismo con cui la CRF altera il metabolismo dei farmaci non è
ancora del tutto chiaro. Sono state proposte due possibili
spiegazioni [9,10,11,12]:
1. Accumulo di fattori circolanti nel plasma uremico, che
inibiscono il metabolismo epatico dei farmaci o la loro captazione
mediata da trasportatori.
La prima prova a favore di questa ipotesi è stata ottenuta
perfondendo fegati di ratto con sangue di ratto uremico e non
uremico [13]. Nei fegati perfusi con sangue uremico, l’estrazione
epatica del propranololo è risultata significativamente ridotta
rispetto a quella dei fegati perfusi con sangue normale.
Indicazioni che le tossine uremiche possano inibire il metabolismo
epatico sono state ottenute anche in soggetti umani: è stato
osservato che
la clearance sistemica della nicardipina, farmaco non escreto dal
rene, è significativamente ridotta nei pazienti con grave
insufficienza renale, mentre risulta normale in pazienti
nefropatici sottoposti ad emodialisi [14]. Tuttavia, in questo
studio non sono state misurate le concentrazioni dei metaboliti,
cosicché non si può escludere che la diminuzione della clearance
della nicardipina sia stata causata da inibizione del suo
metabolismo da parte dei metaboliti accumulati. In un nostro
recente studio sul MEGX test per la funzionalità epatica in
soggetti con CFR abbiamo dimostrato che il livello plasmatici di
MEGX, dopo iniezione e.v. di lidocaina, aumenta al diminuire della
funzionalità renale, mentre ritorna a valori normali nei pazienti
nefropatici in emodialisi [15].
L’alterazione della biotrasformazione dei farmaci da parte delle
tossine uremiche può essere il risultato di un’interazione diretta
con gli enzimi metabolizzanti o di una riduzione del livello
epatico di tali enzimi, in conseguenza di una inibizione della loro
sintesi o di una accelerata degradazione. La maggior parte degli
studi ha focalizzato la propria attenzione sul citocromo P450
(CYP), dato che esso costituisce il maggiore sistema enzimatico
responsabile della biotrasformazione di xenobiotici. Solo due studi
hanno misurato gli effetti diretti del plasma uremico sulle
reazioni metaboliche catalizzate dal CYP. In uno di questi studi è
stato osservato che il metabolismo del losartan (substrato del
CYP2C9 e del CYP3A4) da parte di microsomi epatici di ratto viene
ridotto di circa il 50% in presenza di siero uremico di ratto [16].
Inoltre, il metabolismo del losartan è risultato inibito del 30%
dalla tossina uremica indoxilsolfato. Analoghi risultati sono stati
ottenuti quando microsomi epatici umani sono stati incubati con
plasma uremico di pazienti nefropatici: delle varie attività
metaboliche CYP-mediate, quelle del CYP2C9 e del CYP3A4 sono
risultate diminuite dell’80 e 40% rispettivamente in paragone ai
valori di controllo [17].
L’effetto della CRF sul contenuto epatico di CYP è stato valutato
in numerosi studi su animali. Questi studi hanno dimostrato che nei
ratti con CRF il contenuto totale di CYP epatico diminuisce dal 19
al 47% [8]; tuttavia, l’effetto della CRF su specifiche isoforme di
CYP è stato scarsamente
studiato. L’evidenza sperimentale più probante che la CRF ha un
effetto selettivo sulle isoforme di CYP è stata ottenuta dagli
studi di Pichette et al. [18, 19, 20], i quali hanno osservato che
nei ratti con CRF vi è una ridotta espressione del CYP2C11, CYP3A4
e CYP3A2 e una concomitante riduzione dei livello dei
corrispondenti mRNA. Inoltre, i livelli di queste proteine e mRNA
sono risultati inversamente correlati con il grado di insufficienza
renale. Questi autori hanno inoltre dimostrato che, incubando gli
epatociti di ratto con siero di ratto con CFR, si ottiene una
diminuzione dei livelli di certe isoforme di CYP, secondaria ad una
ridotta espressione genica. Da questi studi su animali si può
trarre la conclusione generale che nella CRF si accumulano nel
plasma alcune sostanze che causano una selettiva riduzione dei
livelli epatici di alcune isoforme di CYP, in conseguenza di una
ridotta espressione genica. Tuttavia, con l’eccezione dello studio
di Taburet et al. [17], che ha valutato l’effetto del plasma umano
su microsomi epatici umani, le osservazioni in vitro sull’effetto
della CRF sul metabolismo dei farmaci mediato da CYP sono state
fatte esclusivamente utilizzando microsomi o epatociti di ratto
trattati con plasma di ratto con CRF indotta sperimentalmente. E’
noto però che la composizione del plasma uremico differisce nel
ratto e nell’uomo [21 e rif. ivi citati].
Finora, gli studi sull’uomo si sono limitati a valutare l’effetto
della CRF sull’attività del CYP mediante somministrazione di
farmaci che sono metabolizzati unicamente da specifiche isoforme di
CYP. I risultati fin qui ottenuti indicano che la CRF causa una
diminuzione dell’attività di CYP2C9, CYP2C19, CYP2D6 e CYP3A4 [8,
9]. Nessuno studio ha ancora cercato di stabilire se esiste una
correlazione tra le alterazioni della disposizione metabolica dei
farmaci osservate nei pazienti nefropatici e gli effetti del plasma
di tali pazienti sul metabolismo dei farmaci in vitro da parte di
microsomi o epatociti.
2. La seconda ipotesi per spiegare l’alterazione del metabolismo
dei farmaci nella CRF è che esso sia dovuto all’accumulo di
metaboliti idrofilici che normalmente vengono escreti dal rene. I
metaboliti accumulati possono far
diminuire la clearance epatica dei farmaci in seguito a
competizione per gli enzimi epatici che presiedono al loro
metabolismo.
N
N
N
N
S
Fe
N
N
Fe
N
N
N
N
Fe
N
N
O
S
S
substrate
binding
reduction
)
La lidocaina è usata sia come anestetico locale sia, dopo
somministrazione endovenosa, nella cura e nella prevenzione delle
aritmie ventricolari. Questo farmaco è estremamente liposolubile ed
è quindi eliminato quasi totalmente mediante biotrasformazione;
solo il 2-3% si ritrova immutato nelle urine. Negli esseri umani la
principale via metabolica è costituita dalla de-etilazione
ossidativa a monoetilglicinaxilidide (MEGX), la quale viene
ulteriormente de-etilata a glicinaxilidide (GX). La glicinaxilidide
viene prima idrolizzata a xilidina ed in seguito ossidata a
4-idrossi-xilidina, il principale prodotto metabolico trovato nelle
urine. Gli enzimi principalmente implicati nel metabolismo della
lidocaina sono il CYP1A2 e il 3A4, rispettivamente per il 70 e 30%
circa [22, 23].
Figura 1. Possibili vie del metabolismo della lidocaina. Le linee
continue rappresentano vie accertate, mentre le linee tratteggiate
presentano vie possibili ma non comprovate.
Due studi [24, 25] che hanno esaminato l'effetto della CRF sulla
disposizione della lidocaina, hanno trovato che l’insufficienza
renale non ha effetto sulla clearance sistemica della lidocaina, di
conseguenza, la lidocaina non è classificata tra i farmaci che
richiedono una modifica del dosaggio. Tuttavia, questi studi hanno
esaminato soltanto pazienti sottoposti ad emodialisi cronica, un
trattamento che può correggere le anomalie nel metabolismo del
farmaco. Ahmed et al. [26] hanno osservato che la clearance
sistemica della nicardipina, un farmaco non escreto dal rene, è
ridotta significativamente in pazienti con danno renale serio, ma
ristabilita a valori pressochè normali nei pazienti con ESRD
(end-stage renal desease) in dialisi. Questi autori hanno concluso
che una o più tossine uremiche dializzabili sono, molto
probabilmente, le responsabili della riduzione di clearance
metabolica di nicardipina nella CRF. Tuttavia, è stato fatto notare
che le concentrazioni plasmatiche dei metaboliti non sono state
misurate in quello studio, di modo che “l'inibizione da prodotto
conseguente ad accumulo dei metaboliti non può essere esclusa quale
possibile causa della riduzione della clearance epatica” [7].
Il presente lavoro ha i seguenti obiettivi:
1. Esaminare l’effetto dell’insufficienza renale sulla cinetica di
disposizione della lidocaina e sulla formazione dei suoi principali
metaboliti, MEGX e GX (farmacologicamente attivi), in pazienti con
CRF di vario stadio e in pazienti ESRD sottoposti a
emodialisi.
2. Effettuare prove in vitro con microsomi umani epatici per
verificare se il plasma dei pazienti esaminati negli studi clinici
o i metaboliti della lidocaina, che possono essersi accumulati in
vivo, hanno un effetto inibitore sulla biotrasformazione del
farmaco.
1.2 MATERIALI E METODI
1.2.1 Studio clinico
Soggetti. La cinetica di disposizione della lidocaina è stata
valutata in soggetti Caucasici dopo aver ottenuto consenso scritto
e informato. Il protocollo dello studio è stato sottoposto
all’approvazione del Comitato Etico locale. Lo studio è stato
effettuato presso l’Unità di Nefrologia della Clinica Medica
dell’Università di Padova. Per i pazienti in emodialisi lo studio è
stato eseguito nella giornata di intervallo tra due successivi
trattamenti dialitici.
I soggetti sono stati divisi in quattro gruppi sulla base dei
valori della clearance della creatinina (CLcr): gruppo 1, con
CLcr>80 ml·min-1 per 1,73 m2, consiste di soggetti sani (sulla
base della valutazione clinica e dei test routinari di laboratorio)
che non assumono regolarmente alcun altro farmaco; i gruppi 2 e 3
consistono di pazienti con insufficienza renale moderata (CLcr tra
30 e 60 ml·min-1 per 1,73 m2) o grave (CLcr < 30 ml·min-1 per
1,73 m2) rispettivamente; il gruppo 4 include pazienti anurici in
terapia emodialitica tre volte alla settimana. Il gruppo 1 è
formato da quindici soggetti, gli altri gruppi da dieci
soggetti.
Controlli e pazienti sono stati selezionati secondo i seguenti
criteri: dovevano essere non-fumatori, non-bevitori abituali, non
avere una storia di malattie cardiache o di allergia alla
lidocaina; dovevano inoltre avere una normale funzionalità epatica,
valutata in base ai correnti test di laboratorio (livelli
plasmatici di transaminasi, γ-glutamiltranspeptidasi, albumina,
bilirubina, tempo di protrombina). Sono stati selezionati solo
pazienti con funzionalità renale stabile, valutata sulla base di
tre determinazioni della CLCR durante le due settimane precedenti
lo studio. Dato che, per ragioni etiche, non è possibile sospendere
il trattamento farmacologico nei pazienti nefropatici, sono stati
esclusi quelli che assumevano farmaci che inibiscono o inducono il
CYP1A2 o il CYP3A4.
Protocollo clinico. A tutti i pazienti, dopo una notte di digiuno,
è stata somministrata alle ore 8:00 una dose di 1 mg/kg di
lidocaina, infusa per via endovenosa nell’arco di un minuto, per
mezzo di una pompa di infusione volumetrica. Tutti i soggetti sono
rimasti in posizione supina per due ore; è
stato chiesto loro di riferire qualsiasi effetto avverso e i loro
segni vitali sono stati costantemente monitorati. Dopo quattro ore,
è stato servito loro un pasto a basso tenore proteico e lipidico
per prevenire modificazioni del flusso ematico epatico conseguenti
all’ingestione di cibo. I campioni di sangue per la determinazione
delle concentrazioni di lidocaina e dei suoi metaboliti
farmacologicamente attivi, monoetilglicinaxilidide (MEGX) e
glicinaxilidide (GX), sono stati raccolti in provette eparinate ai
minuti 0 (predose), 2, 5, 10, 15, 20, 30, 45 e alle ore 1, 1.5, 2,
2.5, 3, 4, 6, 8,10 e 12 dopo la fine dell’infusione di lidocaina.
Il sangue è stato immediatamente centrifugato e il plasma
conservato a -40°C fino al dosaggio.
1.2.2 Studio in vitro
Prove con microsomi epatici umani. Il mezzo di incubazione (a 37°C)
conteneva, in un volume finale di 0,25 ml, 0,1 M tampone fosfato
(pH 7,4), 6 mM MgCl2, un sistema generante NADPH (1 mM NADP, 10 mM
glucosio-6-fosfato e 2 U.I. di glucosio-6-fosfato deidrogenasi) e
0,2 mg/ml di microsomi epatici umani (HLM) e lidocaina alle
concentrazioni indicate sotto. La reazione è stata fermata dopo 20
minuti, per aggiunta di 0,1 M NaOH. Dopo centrifugazione per 30
minuti a 20000 rpm, 200 µl del supernatante sono stati estratti con
ter-butil-metil-etere.
Per determinare l’effetto del plasma dei soggetti esaminati, al
mezzo di incubazione sono stati aggiunti 5 µmol/l di lidocaina
(concentrazione farmacologicamente rilevante) in assenza o presenza
del 5, 10 e 20% di plasma.
Per valutare la possibile inibizione della formazione di MEGX da
parte del GX, il valore di IC50 (concentrazione di GX che causa
l’inibizione del 50% dell’attività enzimatica) è stato determinato
aggiungendo al mezzo di incubazione 8 concentrazioni di GX (da 10 a
250 µmol/l).
Per la determinazione della KI del GX (costante di inibizione
apparente) è stata misurata la formazione del MEGX utilizzando 8
concentrazioni di lidocaina (da 0,02 a 2 mmol/l) in assenza o
presenza di 25, 50 e 100 µmol/l di GX. Per ottenere una stima del
valore della velocità iniziale della reazione enzimatica, è
stato verificato che il consumo massimo di substrato (lidocaina)
non eccedesse il 5 % ad alcuna concentrazione di substrato [27]. In
queste condizioni, non è stata osservata alcuna formazione di GX,
3-OH-lidocaina o xilidina e la formazione di MEGX procedeva
linearmente per tutta la durata dell’esperimento.
1.2.3 Metodi analitici
Le concentrazioni di lidocaina, MEGX e GX nel plasma sono state
determinate mediante HPLC collegato a detector UV, secondo il
metodo di O’Neal e Poklis [28], modificato come segue: a 1 ml di
sangue opportunamente basificato con 0.5 ml di tampone borato 0.2 M
a pH 9, sono stati aggiunti 20 µl di mepivacaina come standard
interno. Il plasma è stato estratto per 35’ con 6 ml di
diclorometano mediante l’ausilio di un agitatore rotante. La fase
organica è stata centrifugata e poi riestratta con 500 µl di HCl
0.2 N (15’ con agitatore rotante). Il supernatante (circa 400 µl di
HCl) è stato tirato a secco sotto flusso di azoto a 35°C e
risospeso in 200 µl di fase mobile. Di questi, 100 µl sono stati
iniettati nell’HPLC.
Negli studi in vitro, i campioni per HPLC sono stati preparati
secondo il metodo di Wang et al. [29]. Per far precipitare le
proteine microsomiali si è centrifugato per 15’ a 15000 g. A 200 µl
di supernatante sono stati aggiunti 20 µl di mepivacaina 0.01
mg/ml, si è estratto con 2 ml di metil ter-butil etere e le fasi
sono state poi separate centrifugando per 10’ a 1000 g. La fase
organica è stata fatta evaporare sotto flusso di azoto (37°C) e il
residuo risospeso con 200 µl di fase mobile.
Il limite di quantificazione del MEGX era di 3 nM, corrispondente
ad una velocità di formazione di 0,75 pmol/min(mg di proteine. I
coefficienti di variazione intra e inter-saggio, nell’intervallo di
concentrazioni utilizzate, erano minori del 10%.
1.2.4 Analisi dei dati
Analisi farmacocinetica. I dati di concentrazione-tempo per la
lidocaina sono stati analizzati per mezzo del software GraphPad
Prism 4.0 (GraphPad Software, Inc, San Diego, USA). I parametri
farmacocinetici (CL, t1/2, VC, Vss) sono stati
calcolati dai coefficienti e dagli esponenti delle equazioni di
“best fit”, utilizzando formule standard [30]. La farmacocinetica
dei metaboliti della lidocaina è stata caratterizzata mediante le
aree sotto le curve di concentrazione-tempo da 0 a 12 ore
(AUC0-12), le concentrazioni di picco (Cmax) e i tempi di picco
(tmax).
Determinazione dei parametri di inibizione enzimatica. Il
meccanismo di inibizione del GX è stato determinato graficamente
attraverso la regressione non lineare dei valori delle velocità
iniziali, secondo il modello a singolo-enzima di Michaelis-Menten
[31]. Microsoft Excel è stato usato per calcolare il valore di
IC50, mediante trasformazione lineare dei dati.
Analisi statistica. L’analisi della potenza basata sui coefficienti
di variazione della clearance della lidocaina ottenuti in un
precedente studio [23] ha indicato che 10 soggetti per gruppo
sarebbero stati sufficienti per distinguere differenze del 20%, con
un livello di significatività (α) dello 0,05 e una potenza (1-β)
dello 0,92.
Per i dati con distribuzione normale, i paragoni intergruppo sono
stati fatti mediante l’analisi della varianza (ANOVA) a una via. In
caso di differenze significative (α=0,05), l’ANOVA è stata eseguita
dal test di Newmann-Keuls. Per i dati con distribuzione non
normale, è stato usato il test nonparametrico di Kruscal-Wallis. Le
correlazioni sono state analizzate mediante regressione
lineare.
1.3. RISULTATI
1.3.1 Studio clinico
In Tabella 1 sono riportate le caratteristiche dei soggetti che
hanno preso parte allo studio. Non ci sono differenze
statisticamente significative tra i quattro gruppi di studio per
quanto riguarda età, peso, altezza e indice di massa corporea
(BMI). Non sono state osservate differenze significative neppure
tra i valori delle proteine plasmatiche, i valori medi dei quali
rientravano nell’ambito dell’intervallo di normalità per tutti i
gruppi di studio. Il fatto che le concentrazioni delle proteine
totali e dell’albumina siano leggermente ridotte nei pazienti
nefropatici può essere spiegato con le caratteristiche della loro
malattia. I livelli di azotemia sono risultati aumentati secondo le
aspettative nei pazienti nefropatici.
Tabella 1. Caratteristiche demografiche e cliniche dei soggetti
studiati. I dati sono riportati come media ( DS.
Caratteristiche dei soggetti
(intervallo di normalità)
109 ( 6
53 ( 12*
16 ( 7**
74 ( 4
68 ( 6
66 ( 6
73 ( 10
a CLcr unità espresse in ml/min per 1.73 m2.
* P < 0.001 vs gruppo 1; ** P < 0.001 vs gruppi 1 e 2.
‡ P < 0.05 vs gruppo 1.
† P < 0.01 vs gruppo 1; †† P < 0.001 vs gruppi 1 e 2 e P <
0.01 vs gruppo 4.
I farmaci co-somministrati sono elencati nella Tabella 2. Come
menzionato nei metodi, nessuno dei farmaci somministrati è un
riconosciuto induttore o inibitore del CYP1A2 o 3A4 [32, 33].
L’omeprazolo, che era considerato un induttore del CYP1A2 sulla
base di esperimenti su animali e in vitro, è invece risultato privo
di ogni attività inducente clinicamente rilevante sulla base di
successivi esperimenti in soggetti umani [34].
Tabella 2. Farmaci assunti dai soggetti che hanno preso parte allo
studio
Soggetti
Farmacib
furosemide (n=4), amiloride+idroclorotiazide (n=2), clonidina
(n=2), omeprazolo (n=2), ramipril+idroclorotiazide (n=2), albumina,
atorvastatina, candesartan, canrenonato, carvedilolo, diltiazen,
enalapril, eritropoietina.
Gruppo 3
(CLcr<30a)
Gruppo 4
furosemide (n=5), clonidina (n=3), doxasosina (n=3), amlodipina
(n=2), ibersartano (n=2), omeprazolo (n=2),
ramipril+idroclorotiazide (n=2), tilopidina (n=2), acido folico,
acenocumalolo, allopurinolo, amoxicillina+ac.flavulonico,
enalapril, insulina, levotiroxina, nifedipina, prednisone,
ramipril, sevelamer, tamoxifene.
a CLcr: Clearance della creatinina espressa in ml·min-1 per 1,73
m2.
b Il numero tra parentesi indica quanti soggetti assumevano il
farmaco. Dove non è presente nessun numero significa che solo un
soggetto assumeva il farmaco.
Il decorso temporale della concentrazione di lidocaina nei quattro
gruppi di studio è mostrato nella Figura 2. La velocità di
eliminazione della lidocaina risulta progressivamente ridotta nei
pazienti con insufficienza renale moderata e grave, mentre ritorna
a valori quasi normali nei pazienti soggetti a emodialisi. La
Tabella 3 mostra come la clearance della lidocaina diminuisca
rispettivamente del 18 e 49% nei pazienti con CRF moderata e grave,
mentre rimane pressoché invariata nei pazienti con ESRD sottoposti
dialisi. In accordo con questi dati, la Figura 3 ci fa vedere che
esiste una correlazione statisticamente significativa tra la
diminuzione della clearance della lidocaina e la funzionalità
renale dei soggetti non dializzati, espressa come CLcr (R=0.81,
P<0.001). Dalla Tabella 3 è inoltre possibile vedere che non c’è
variazione del volume di distribuzione allo stato stazionario e
nemmeno del volume apparente del compartimento centrale, nei
quattro gruppi di studio. In accordo con le modificazioni osservate
per la clearance, il tempo di dimezzamento (t1/2) è risultato
aumentato in proporzione al grado di CRF, mentre ha subito un
prolungamento significativamente minore nei pazienti
dializzati.
0.0
2.5
5.0
7.5
10.0
12.5
10
100
1000
A
Tempo (h)
Concentrazione (ng/mL)
Figura 2. Media delle concentrazioni plasmatiche della lidocaina in
funzione del tempo dopo somministrazione e.v. di 1 mg/kg di
lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i nefropatici moderati; i
nefropatici gravi; i pazienti in dialisi. Le barre indicano gli
errori standard.
Tabella 3. Effetto della CRF e dell’emodialisi sui parametri
farmacocinetici della lidocaina. I dati sono espresso come media ±
DS.
Parametri farmacocinetici
Gruppo 1
(CLcr>80a)
Gruppo 2
CL, clearance sistemica; Vc, volume apparente del compartimento
centrale; Vss, volume apparente di disctribuzione allo stato
stazionario; t1/2, tempo di dimezzamento.
† P < 0.001 vs gruppi 1 e 4, and P < 0.01 vs gruppo 2.
* P < 0.001 vs gruppo 1; P < 0.01 vs gruppo 4, e P < 0.05
vs gruppo 2.
0
25
50
75
100
125
150
0
5
10
15
20
CL
cr
(mL/min
kg)
Figura 3. Correlazione tra la clearance della creatinina e la
clearance della lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i
nefropatici gravi; i nefropatici moderati.
I profili delle concentrazioni plasmatiche di MEGX e GX sono
riportati nella Figura 4. Risulta evidente che le concentrazioni di
MEGX raggiungono simili valori di picco a tempi praticamente uguali
in tutti gruppi di studio e poi declinano a simile velocità.
Coerentemente, la Tabella 4 fa vedere che non ci sono differenze
statisticamente significative tra alcun gruppo di studio per quanto
riguarda i valori di AUC, Cmax e tmax di questo metabolita. A
differenza del MEGX, i livelli di GX sono notevolmente aumentati,
rispetto ai controlli, in tutti i gruppi di pazienti nefropatici. I
dati riportati in Tabella 4 mostrano che i valori di AUC e Cmax per
il GX sono più che raddoppiati nei pazienti con CRF rispetto ai
controlli.
N C CH
Time (h)
Concentration (ng/mL)
Figura 4. Media delle concentrazioni plasmatiche di MEGX (a) e di
GX (b) in funzione del tempo, dopo somministrazione endovenosa di 1
mg/kg di lidocaina. Il simbolo indica i controlli; i nefropatici
moderati; i nefropatici gravi; i pazienti in dialisi. Le barre
indicano gli errori standard.
Tabella 4. Parametri farmacocinetici di MEGX e GX. I dati sono
espressi come media ± DS.
Parametri farmacocinetici
Gruppo 1
(CLcr>80a)
Gruppo 2
b mediana (range).
La somministrazione di lidocaina non ha determinato cambiamenti
significativi della pressione sanguigna o della frequenza cardiaca.
Reazioni avverse di modesta entità e transitorie (parestesia,
vertigini, sonnolenza) si sono verificate in alcuni soggetti di
ogni gruppo di studio.
1.3.2 Studi in vitro
Poiché la diminuzione della clearance metabolica della lidocaina
nell’insufficienza renale può derivare dall’inibizione della sua
biotrasformazione a MEGX dovuta all’accumulo di metaboliti [7],
abbiamo saggiato l’effetto del metabolita secondario GX sulla
conversione della lidocaina a MEGX (metabolita primario) usando
microsomi epatici umani (HLM). Mediante esperimenti preliminari
abbiamo accertato che la velocità iniziale della reazione
enzimatica si conforma al modello a singolo-enzima di
Michaelis-Menten [35], con Km= 1.01 ± 0.28 mmol/l e Vmax 4.76 ±
1.25 nmol/min·mg proteine. Il grafico di Lineweaver-Burk (Figura 4)
mostra che il GX ha causato una inibizione competitiva della
conversione di lidocaina a MEGX, lineare nella gamma di
concentrazioni usate. E’ stato calcolato, secondo il modello di
inibizione competitiva lineare a singolo-enzima, che il valore di
KI apparente per il GX è 52 ± 6 µmol/l. Alla concentrazione
farmacologicamente rilevante di lidocaina (cioè 5 µmol/l) [36] la
IC50 del GX è 58 ± 5 µmol/l.
Per verificare se i fattori circolanti presenti nel plasma uremico
possono essere responsabili dell’inibizione del metabolismo della
lidocaina, abbiamo misurato la velocità di formazione del MEGX in
assenza o presenza del plasma dei pazienti sani e nefropatici
esaminati negli studi clinici (compresi i dializzati). Nessun
effetto sulla biotrasformazione della lidocaina a MEGX è stato
riscontrato conducendo la reazione in presenza di plasma a
concentrazioni crescenti (5, 10 e 20%).
0
10
20
30
40
50
0
10
20
30
40
-1
Figura 5. Grafico del reciproco della velocità iniziale vs il
reciproco della concentrazione di lidocaina in assenza (cerchi
pieni) o presenza of 25 (M (cerchi vuoti), 50 (M (diamante pieno),
and 100 (M (diamante vuoto) GX. Le concentrazioni di lidocaina
variano da 0.02 a 2.0 mmol/L.
1.4. DISCUSSIONE
I due studi precedenti che hanno affrontato la questione della
cinetica della lidocaina nella CRF hanno esaminato un numero
limitato di pazienti, tutti sottoposti a regolare dialisi [24, 25].
Il primo di questi studi, che ha analizzato sei pazienti
nefropatici dopo somministrazione di lidocaina per bolo endovenoso,
non ha evidenziato differenze nei parametri farmacocinetici
rispetto al gruppo di controllo. Il secondo studio, che non
includeva un gruppo di controllo e che ha valutato la
farmacocinetica della lidocaina dopo infusione endovenosa continua
in quattro soli pazienti, ha concluso che né i parametri
farmacocinetici né le concentrazioni allo stato stazionario di
lidocaina e MEGX differivano significativamente dai valori
riportati in letteratura per i soggetti normali. La conclusione di
entrambi gli studi è che i pazienti con CRF possono essere trattati
con dosi convenzionali di lidocaina, senza rischi per la loro
salute.
Il nostro studio, che confronta gruppi di dimensione adeguata ed ha
incluso pazienti sia sottoposti che non sottoposti a emodialisi,
conferma i risultati precedenti indicanti che la farmacocinetica
della lidocaina non è alterata significativamente in pazienti
nefropatici sottoposti a regolare emodialisi. Esso tuttavia
dimostra che nei pazienti non sottoposti a emodialisi la clearance
della lidocaina è ridotta in proporzione al grado di insufficienza
renale.
Elston at al. [7] hanno proposto quattro possibili meccanismi
mediante i quali la CRF può indurre un’alterazione del metabolismo
epatico dei farmaci: 1) modificazione del legame con le proteine
plasmatiche; 2) alterazione del flusso sanguigno epatico; 3)
inibizione delle reazioni di biotrasformazione da parte di
metaboliti normalmente escreti dal rene; 4) inibizione del
metabolismo epatico del farmaco o della captazione nell’epatocita
da parte di inibitori circolanti presenti nel plasma uremico.
Circa il 70% della lidocaina è legata alle proteine plasmatiche,
principalmente alla glicoproteina acida α1 [37. In un precedente
studio [38], è stato osservato che la glicoproteina acida α1, e di
conseguenza la quantità di lidocaina legata, era aumentata (di
circa il 10%) nei pazienti nefropatici sia sottoposti che non
sottoposti a emodialisi. Tuttavia, una tale alterazione del legame
della lidocaina
con le proteine plasmatiche non può spiegare i nostri risultati,
poiché abbiamo osservato una diminuzione della clearance della
lidocaina solo nei pazienti non soggetti a dialisi.
E’ stato ipotizzato che l’emodialisi aumenti il flusso plasmatico
splancnico [39]. In linea di principio, questo può spiegare perché
abbiamo osservato una più alta clearance della lidocaina nei
pazienti con ESRD sottoposti a regolare emodialisi rispetto ai
pazienti non in dialisi. Tuttavia, l’unico studio che ha esaminato
la relazione tra la modificazione del metabolismo dei farmaci e
flusso ematico del fegato non ha evidenziato differenze
significative tra controlli, pazienti in dialisi e pazienti uremici
non sottoposti a emodialisi [26].
Come sopra menzionato, l’alterato metabolismo dei farmaci nella
malattia renale può risultare dall’accumulo di metaboliti
idrofilici normalmente escreti dal rene che, competendo per gli
enzimi epatici, possono inibire la biotrasformazione del farmaco
che li ha generati. Le concentrazioni dei metaboliti della
lidocaina, MEGX e GX, dipendono dalle loro velocità di formazione e
di scomparsa per ulteriore metabolismo, nonché dalla velocità di
escrezione urinaria. La formazione del MEGX e la sua successiva
trasformazione in GX sono catalizzate delle stesse isoforme di
citocromo P450 [23] e la sua escrezione renale è trascurabile [40].
Quindi variazioni sia dell’attività che della quantità di citocromo
P450, sia variazioni della funzionalità renale non dovrebbero
produrre alcuna significativa modificazione della concentrazione di
MEGX. In accordo con queste predizioni, in tutti i gruppi di
pazienti nefropatici i livelli di MEGX sono risultati simili a
quelli osservati nei pazienti sani. Sebbene uno studio in vivo [41]
ha mostrato che la co-somministrazione di MEGX causa una certa
inibizione della clearance della lidocaina (17% in media a uguali
dosi di MEGX e lidocaina), le osservazioni di cui sopra escludono
la possibilità che l’effetto inibitore del MEGX sulla
biotrasformazione della lidocaina sia responsabile della
diminuzione della clearance della lidocaina nei pazienti
nefropatici non sottoposti a dialisi.
Diversamente dal MEGX, il GX è significativamente escreto dal rene
(40-60%) [37]. Questo spiega perché sia l’AUC che la Cmax del GX
siano significativamente aumentate nei pazienti con CRF. Secondo i
criteri comunemente accettati sulla
rilevanza clinica dell’inibizione enzimatica da parte di inibitori
competitivi, l’inibizione in vivo del metabolismo è probabile solo
quando la Cmax dell’inibitore è più alta della KI in vitro [42].
Nei pazienti nefropatici la concentrazione di picco del GX variava
da 0.08 a 0.97 µmol/l, era cioè due ordini di grandezza più piccola
della KI. Quindi, anche se la KI stimata in vitro può essere fino
dieci volte più grande dei valori ottenuti in vivo [43], è
decisamente improbabile che l’aumento dei livelli di GX
contribuisca alla diminuzione della clearance della lidocaina
osservata nei pazienti nefropatici.
Come precedentemente accennato, la “normalizzazione” della capacità
metabolica che si riscontra nel caso di pazienti sottoposti ad
emodialisi è già stata osservata con la nicardipina ed è stata
attribuita alla possibile presenza nel plasma uremico di inibitori
endogeni del metabolismo dei farmaci, che possono essere eliminati
con la dialisi [26]. Studi con il propanololo sia in animali che
nell’uomo hanno fornito indicazioni simili a quelle ottenute con la
nicardipina [7]. In due ulteriori studi, la clearance metabolica
della nitrendipina è stata trovata marcatamente diminuita o
invariata a seconda che si trattasse di pazienti non sottoposti
emodialisi [44] o dializzati [45]. E’ quindi probabile che tossine
uremiche dializzabili siano responsabili anche dell’inibizione del
metabolismo della lidocaina.
L’alterazione della biotrasformazione dei farmaci da parte di
tossine uremiche può derivare dalla inibizione diretta di enzimi o
trasportatori epatici, o dalla diminuzione del contenuto epatico di
proteine enzimatiche, secondaria alla diminuzione della sintesi o
all’aumento della degradazione [7-10]. Tuttavia, il risultato dei
nostri studi in vitro esclude la possibilità che le tossine
uremiche siano responsabili dell’inibizione diretta del CYP 1A2 o
3A4 (le isoforme di CYP responsabili di circa il 70 e 30%,
rispettivamente, del metabolismo della lidocaina [22, 23]), poiché
l’aggiunta del plasma dei pazienti nefropatici al mezzo di
incubazione, in concentrazioni crescenti fino al 20%, non ha alcun
effetto inibitorio sulla formazione di MEGX.
La possibilità che fattori dializzabili circolanti diminuiscano la
captazione della lidocaina da parte del fegato appare improbabile,
poiché non ci sono dati sperimentali indicanti l’esistenza di una
captazione carrier-mediata di lidocaina
attraverso la membrana basolaterale dell’epatocita. Al contrario,
l’ipotesi che le tossine uremiche causino una diminuzione del
contenuto epatico degli enzimi che metabolizzano i farmaci è
sostenuta da diverse osservazioni sperimentali. Leblond et al. [18,
19] hanno trovato che c’è una ridotta espressione di alcune
isoforme di CYP nei ratti con CRF indotta sperimentalmente.
Inoltre, Michaud et al. [46] hanno recentemente dimostrato che
incubando epatociti di ratto in un mezzo contenente il 10% di siero
ottenuto da pazienti affetti da CRF si ha una marcata diminuzione
di alcune isoforme di citocromo, tra cui il CYP1A2 e la
sottofamiglia CYP3A, conseguente ad una ridotta espressione
genica.
In conclusione, contrariamente alla corrente convinzione basata sui
risultati di studi che valutavano solo pazienti sottoposti ad
emodialisi a lungo termine, il nostro studio dimostra che
l’eliminazione della lidocaina è marcatamente diminuita nei
pazienti con insufficienza renale rispetto a quelli con normale
funzionalità epatica. L’osservazione che la clearance della
lidocaina torna alla normalità nei pazienti in dialisi ha una
valenza metodologica, oltre che clinica, poiché mette in chiaro che
i risultati degli studi sulla disposizione metabolica dei farmaci
nella CRF possono essere considerati di generale validità solo se
vengono esaminati tanto pazienti sottoposti che non sottoposti ad
emodialisi.
Sulla base dell’entità e della significatività statistica delle
modificazioni della clearance nei pazienti con moderata e grave
insufficienza renale, si può concludere che non è praticamente
necessaria alcuna riduzione del dosaggio della lidocaina nei
pazienti con moderata CRF, mentre è in media necessario un
dimezzamento della dose in quelli con grave CRF. Tuttavia, come
mostrato in Tabella 3 e Figura 3, va notato che esiste una elevata
variabilità interindividuale per quanto riguarda i valori di
clearance della lidocaina nei pazienti nefropatici. Ciò implica che
i dati medi possono essere considerati solo come una guida
approssimata per l’aggiustamento della dose.
La lidocaina è attualmente somministrata per via endovenosa con una
dose di carico iniziale seguita da una infusione a velocità
costante. Poiché non cambia il volume di distribuzione in relazione
al grado di insufficienza renale, nessuna modificazione nella dose
da carico appare necessaria. Per quanto riguarda la velocità di
infusione, i pazienti con grave CRF dovrebbero essere
trattati
individualmente, cioè iniziare l’infusione di lidocaina alla
velocità minima consigliata (1 mg/min) e sottoporre i pazienti a
continuo monitoraggio dei sintomi. Se si misurano i livelli
plasmatici di lidocaina come guida per aggiustare la dose, va
considerato che, a causa del prolungato tempo di dimezzamento, ci
può essere un notevole ritardo nel raggiungimento della
concentrazione allo stato stazionario.
2. EFFETTO DELL’INSUFFICIENZA EPATICA SULL’INIBIZIONE
QUASI-IRREVERSIBILE DEL CYP3A DA PARTE DELL’ERITROMICINA E SULLA
COMPETIZIONE PER IL LEGAME CON LE PROTEINE PLASMATICHE
2.1 INTRODUZIONE
2.1.1 Tipi di reazioni metaboliche
Gli organismi viventi sono dotati della capacità di
biotrasformazione o metabolismo degli xenobiotici grazie
all’intervento di un gruppo di circa 30 enzimi localizzati in
diversi tessuti, specie in quello epatico. La biotrasformazione di
un farmaco conduce alla formazione di uno o più prodotti
(metaboliti). Essi possono essere privi di attività biologica,
dotati di minore attività rispetto al composto di partenza o
biologicamente attivi. L’identificazione degli enzimi coinvolti nel
metabolismo di un determinato farmaco e la valutazione dell’
attività biologica dei singoli metaboliti sono quindi di primaria
importanza al fine sia di predire le possibili interazioni con
farmaci co-somministrati, sia eventuali variazioni interindividuali
del metabolismo, causate dall’ esistenza di un polimorfismo
genetico degli enzimi metabolizzanti [47].
Le reazioni di biotrasformazione sono convenzionalmente suddivise
in reazioni di fase 1 e reazioni di fase 2 e hanno luogo
principalmente, ma non esclusivamente, nel fegato [48]. Nelle
reazioni di fase 1 risultano coinvolti principalmente enzimi
associati alle membrane del reticolo endoplasmatico liscio. Queste
membrane vanno a costituire la frazione microsomiale (microsomi).
Le reazioni di fase 1 comportano l’introduzione o lo smascheramento
nella molecola di gruppi funzionali (es: ossidrilici, amminici e
carbossilici). Nelle reazioni di fase 2 avviene la coniugazione
delle molecole, precedentemente modificate dagli enzimi di fase 1,
con sostanze endogene quali acido glucuronico, glutatione e
amminoacidi, con formazione di metaboliti per lo più biologicamente
inattivi e facilmente eliminabili per via urinaria o biliare.
Alcuni xenobiotici possono subire direttamente le reazioni di fase
2.
2.1.2 Classificazione, nomenclatura e ruolo delle proteine della
superfamiglia del citocromo P450.
Il più importante gruppo di enzimi coinvolti nella maggior parte
delle reazioni ossidative di fase 1 a carico di farmaci e
xenobiotici è quello costituito da proteine codificate da geni
appartenenti alla superfamiglia del citocromo P450.
La quasi totalità delle reazioni catalizzate dal citocromo P450
richiede la presenza di ossigeno, NADPH e la cooperazione di una
proteina, denominata NADPH-citocromo P450 reduttasi [47]. Sono
stati finora individuati in natura alcune migliaia di geni
codificanti diverse isoforme di citocromo P450. Un insieme di
isoforme costituisce una superfamiglia. Per convenzione, la
superfamiglia del citocromo P450 è ulteriormente suddivisa in
famiglie, costituite dalle isoforme con sequenze aminoacidiche
identiche per almeno il 40%, e sottofamiglie, cui appartengono
isoforme con sequenze identiche per almeno il 55%.
Secondo la nomenclatura ufficiale, ogni isoforma è identificata
dalla sigla CYP (Cytochrome P450) seguita da un numero indicante la
famiglia, una lettera designante la sottofamiglia e un altro numero
per individuare la specifica isoforma. Ad esempio, la sigla CYP1A1
indica il citocromo 1 appartenente alla sottofamiglia A della
famiglia 1.
Finora, 17 famiglie di CYP sono state identificate nell’uomo. I
citocromi coinvolti nel metabolismo degli xenobiotici appartengono
alle famiglie 1, 2 e 3. Gli altri sono addetti alla sintesi di
steroidi, acidi biliari, eicosanoidi ed al metabolismo di acidi
grassi. Nell’ organismo umano esistono circa 20 citocromi P450
microsomiali capaci di metabolizzare xenobiotici, ognuno con una
diversa, seppur ampia, specificità di substrato. La composizione di
questi citocromi differisce da individuo a individuo, sia
quantitativamente che qualitativamente, dato che non sempre sono
tutti presenti. Ciò può essere dovuto al fatto che un gene è
assente oppure inespresso, cioè in grado di codificare la relativa
proteina solo in presenza di appropriati induttori. I citocromi
P450 (come pure ogni altra proteina) comunque presenti vengono
detti costitutivi, mentre quelli presenti solo dopo induzione sono
detti inducibili. Ciò non esclude che anche un
citocromo costitutivo possa essere indotto, la sua sintesi possa
essere cioè incrementata da un induttore.
La famiglia 1 comprende tre proteine umane, CYP1A1, CYP1A2, CYP1B1,
che appaiono svolgere un ruolo rilevante nel metabolismo di
sostanze di interesse terapeutico e di numerosi
procarcinogeni.
CYP1A1
La proteina CYP1A1 risulta non rilevabile nella maggior parte dei
tessuti, fegato incluso, degli individui non fumatori. La sua
espressione è indotta dall’ esposizione a legandi dell’ AhR (aril
hydrocarbon receptor), proteina regolatrice della trascrizione. Tra
questi legandi non si annoverano farmaci utilizzati in terapia, ma
composti presenti nel fumo di sigaretta (benzopirene), contaminanti
ambientali (diossina) e sostanze naturali presenti negli alimenti
(vegetali della famiglia delle crucifere) [49]. Il CYP1A1 è capace
di convertire un cospicuo numero di sostanze in intermedi reattivi
in grado di legare il DNA ed indurre mutazioni geniche.
CYP1A2
La proteina CYP1A2 rappresenta, mediamente, il 15% circa dei CYP
totali [50]. L’espressione della proteina CYP1A2 sembra essere
confinata al tessuto epatico, dove risulta coinvolta nel
metabolismo di alcuni farmaci tra cui caffeina, teofillina ed
alcuni antidepressivi a struttura triciclica [51]. Il CYP1A2 è
inoltre in grado di catalizzare l’attivazione di vari
procarcinogeni (aflatossina B1 e benzopirene) [52].
L’espressione del CYP1A2 risulta incrementata da legandi dell’ AhR,
mentre la furafillina e l’ α-naftoflavone sono, a concentrazioni
opportune, inibitori relativamente selettivi del CYP1A2 ed
utilizzati ampiamente in studi in vitro al fine di valutare il
ruolo di tale enzima nel metabolismo epatico di xenobiotici
[53].
CYP1B1
La proteina CYP1B1 risulta rilevabile in numerosi tessuti
extraepatici e nel fegato umano (in minore quantità). Il CYP1B1 è
inducibile da legandi dell’ AhR,
è in grado di catalizzare il metabolismo di numerosi procarcinogeni
ambientali ed è in grado di catalizzare la conversione dell’
estrogeno estradiolo in metaboliti a struttura catecolica in grado
di formare addotti con il DNA [54], ha quindi un ruolo importante
nella cancerogenesi da contaminanti ambientali e da
estrogeni.
La famiglia 2 comprende numerose proteine umane tra cui quelle di
sicuro interesse farmacologico sono CYP2A6, CYP2B6, CYP2C8, CYP2C9,
CYP2C19.
CYP2A6
Questo enzima rappresenta mediamente il 4% dei CYP epatici totali
ed è in grado di catalizzare l’attivazione di alcuni procarcinogeni
[50]. L’enzima sembra svolgere un ruolo estremamente limitato nel
metabolismo di farmaci. Studi condotti utilizzando colture primarie
di epatociti indicano l’inducibilità del CYP2A6 da parte del
fenobarbital (barbiturico utilizzato nella terapia dell’
epilessia), e della rifampicina (antibiotico), tipici induttori dei
geni CYP2B6 e CYP3A4 [55].
CYP2B6
La proteina CYP2B6 è espressa nel fegato umano (costituisce
mediamente lo 0,2% del CYP totale) ed in alcuni tessuti
extraepatici [50]. La trascrizione del gene CYP2B6, analogamente a
quella del gene CYP3A4 è sotto il controllo di un recettore
intracellulare denominato “constitutively active receptor” o
“constitutive androstane receptor” (CAR), che è attivato dal
fenobarbital [56]. Il CYP2B6 è in grado di catalizzare
l’ossidazione del substrato endogeno testosterone e di numerosi
xenobiotici, fra cui alcuni procarcinogeni e due profarmaci di
largo impiego in terapia antitumorale (ciclofosfamide ed
ifosfamide) [57]. Non sono disponibili inibitori chimici selettivi
del CYP2B6 [53].
Sottofamiglia 2C
Questa sottofamiglia comprende quattro proteine umane, CYP2C8,
CYP2C9, CYP2C18 e CYP2C19 [49]. I CYP2C8, C9 e C19 costituiscono
circa il 18% dei
CYP totali epatici e risultano inducibili in seguito a trattamento
con fenobarbital [attivatore del CAR e legando del PXR (pregnane X
receptor)] e con altri legandi del PXR, quali rifampicina e
desametasone [58]. Le proteine CYP2C9 e CYP2C19 presentano un grado
elevato di omologia nella sequenza aminoacidica (91%) e
condividono, di conseguenza, alcuni substrati. Nel loro complesso
sono responsabili del metabolismo di circa il 15% dei farmaci
utilizzati nella terapia umana [59].
CYP2C8
Ha un ruolo limitato nel metabolismo dei farmaci, essendo
parzialmente coinvolto solamente nel metabolismo dell’ antitumorale
paclitaxel (Taxolo) [57] e poche altre sostanze.
CYP2C9
E’ importante nel metabolismo di molti farmaci fra cui la warfarina
(un anticoagulante orale di largo impiego), la difenilidantoina (un
antiepilettico) e numerosi farmaci antinfiammatori non steroidei
[53]. Il metabolismo della warfarina da parte del CYP2C9
(idrossilazione in posizione 6 e 7 della S-warfarina) e critico
perché la sua inibizione può portare a conseguenze clinicamente
importanti (emorragie). L’enzima infatti converte il farmaco in
metaboliti inattivi ed è quindi responsabile della cessazione della
sua attività anticoagulante [60]. La concomitante somministrazione
di warfarina e fluconazolo (un antimicotico potente inibitore di
CYP2C9 e CYP3A4) si traduce in un notevole incremento dell’
intensità e della durata dell’ azione anticoagulante (aumento del
tempo di protrombina) della warfarina. Il sulfafenazolo (farmaco
antibatterico appartenente alla famiglia dei sulfamidici) è un
potente e selettivo inibitore del CYP2C9, ampiamente usato in studi
in vitro al fine di chiarire il ruolo di tale enzima epatico nel
metabolismo dei farmaci [61].
CYP2C19
E’ coinvolto nell’eliminazione metabolica di alcuni farmaci tra cui
si annoverano l’antiulcera omeprazolo e l’ ansiolitico/sedativo
diazepam. Questo è l’unico
enzima CYP in grado di catalizzare l’idrossilazione in posizione 4
dell’ antiepilettico S-mefenitoina e la reazione è utilizzata per
studiare il polimorfismo metabolico del CYP2C19. Non sono noti
inibitori chimici selettivi per questo enzima [53], anche se studi
recenti [62] sembrano indicare il cloramfenicolo come inibitore
specifico delle isoforme CYP2C19 e CYP3A4.
CYP2D6
Nonostante rappresenti mediamente solo l’1,5% dei CYP totali a
livello epatico, esso risulta coinvolto nel metabolismo di circa il
20% dei farmaci di corrente impiego terapeutico, tra cui numerosi
psicofarmaci, vari farmaci cardiovascolari, l’analgesico oppioide
codeina e l’anti tosse destrometorfano [50, 51, 59]. Non
sembra essere inducibile e risulta espresso anche nel duodeno ed in
alcune aree del sistema nervoso centrale [63]. Potente e selettivo
inibitore di CYP2D6 è l’antiaritmico chinidina [64]. Sono stati
finora individuati più di 90 alleli mutanti del gene CYP2D6,
responsabili di grandi variazioni nella velocità delle reazioni
metaboliche catalizzate dal relativo citocromo, per cui gli
individui vengono classificati come metabolizzatori lenti, rapidi e
ultrarapidi. Il polimorfismo metabolico del CYP2D6 è quello di
maggiore rilevanza clinica, poiché circa 40 farmaci ampiamente
usati in terapia sono metabolizzati da questo CYP.
CYP2E1
Questa proteina rappresenta il 7% dei CYP totali epatici e risulta
espressa in vari altri tessuti extraepatici [50]. Essa è in grado
di catalizzare l’attivazione di numerosi procarcinogeni, in
particolare alcune nitrosamine presenti nel fumo di sigaretta, ed è
coinvolta nel metabolismo dell’ etanolo, di numerosi solventi
organici (piridina, acetone, benzene e tetracloruro di carbonio) e
di un numero limitato di farmaci tra cui l’analgesico paracetamolo,
gli anestetici gassosi, enflurano e alotano ed il miorilassante
clorzossazone [65]. La regolazione dell’espressione del CYP2E1 è
complessa e si realizza, invece che a livello trascrizionale,
attraverso la stabilizzazione della proteina enzimatica [66] e del
relativo mRNA. Molti substrati dell’ enzima, tra cui l’etanolo,
sono anche potenti
autoinduttori. Inibitori, relativamente selettivi, di CYP2E1 [65]
sono la piridina e il dietil-ditiocarbammato [64].
Sottofamiglia 3A
Di questa sottofamiglia fanno parte almeno tre proteine umane e
precisamente CYP3A4, CYP3A5, CYP3A7 [67]. Le proteine CYP3A4,
CYP3A5 e CYP3A7 presentano, in virtù dell’elevato grado di omologia
nella sequenza aminoacidica, proprietà catalitiche simili e non
sono ancora note le reazioni sostenute con certezza esclusivamente
dall’una o dall’altra proteina. Fra le reazioni catalizzate dal
CYP3A4 e dal CYP3A5, seppure con differente efficienza, si
annoverano: l’idrossilazione in posizione 6β del testosterone, la
N-demetilazione dell’antibiotico eritromicina, l’ossidazione della
nifedipina (un farmaco utilizzato nella terapia di alcune patologie
cardiovascolari) e l’idrossilazione in posizione 1’ del midazolam
(un ipnotico/sedativo della famiglia delle
benzodiazepine) [67]. Non sono disponibili ancora composti in
grado di inibire selettivamente l’attività catalitica delle singole
proteine CYP3A umane, non permettendo quindi di chiarirne il
contributo nel metabolismo di uno xenobiotico o di una sostanza
endogena. La troleandomicina (TAO) (antibiotico del gruppo
dell’eritromicina) ed il chetoconazolo (un antimicotico),
utilizzati a concentrazioni opportune, sono in grado di inibire
selettivamente l’attività delle proteine CYP3A4 e CYP3A5 [63,
68].
CYP3A4
Questa è la proteina CYP più rappresentata negli epatociti umani
(circa 30% dei CYP totali epatici nell’ adulto) e nell’ epitelio
dell’ intestino tenue (circa 70% dei CYP totali) [50]. L’induzione
della trascrizione del gene CYP3A4, da parte di numerosi
xenobiotici ed alcune sostanze endogene, appare mediata dal
recettore intracellulare PXR. Fra gli induttori di CYP3A4
(attivatori del PXR) si annoverano farmaci tra cui rifampicina,
clotrimazolo e fenobarbital, ma anche alcuni composti endogeni come
progesterone ed estradiolo [68]. Il CYP3A4 presenta una specificità
di substrato relativamente scarsa ed è coinvolto nel
metabolismo di alcuni steroidi endogeni (testosterone, pregnenolone
ed estradiolo) e di circa il 50% dei farmaci correntemente usati in
terapia, tra cui l’immunosopressore ciclosporina A, i macrolidi ad
attività antibatterica (eritromicina e TAO), numerosi inibitori
delle proteasi HIV (ritonavir, indinavir, ecc.), gli antitumorali
ciclofosfamide, ifosfamide, paclitaxel (Taxolo), vinblastina ed
etoposide [57]. Il CYP3A4 è inoltre in grado di attivare alcuni
procarcinogeni fra cui la micotossina aflatossina B1.
CYP3A5
La proteina è rilevabile, a livello epatico, solamente nel 17% dei
soggetti caucasici e risulta presente in quantità nettamente
inferiore a quella del CYP3A4 [69]. Inoltre risulta espressa in
numerosi tessuti extraepatici tra cui esofago, colon, rene ed
ipofisi. Si differenzia dal CYP3A4 in quanto la sua espressione
epatica non risulta incrementata dall’esposizione ad alcuni
induttori del CYP3A4 [70], perciò manca il coinvolgimento del
PXR nella regolazione della trascrizione del gene. Il CYP3A5 è in
grado di catalizzare molte delle reazioni del CYP3A4, seppure con
minore efficienza.
CYP3A7
La proteina è espressa nel fegato fetale dove rappresenta il 50%
dei CYP totali, ma non appare significativamente espressa nel
fegato dell’ adulto [71]. Attività enzimatiche di tale
isoforma sono l’idrossilazione in posizione 6β del testosterone e
l’ossidazione dell’aflatossina B1.
Le percentuali delle diverse isoforme di CYP nel fegato umano sono
riportate nella Figura 6.
Figura 6: Percentuale relativa delle diverse isoforme di CYP nel
fegato umano.
2.1.3 Meccanismi di inibizione del citocromo P450
Il ciclo catalitico dei CYP consiste di 7 distinti stadi,
rappresentati nella Figura 7.
Figura 7: Meccanismo ciclico delle reazioni ossidative catalizzate
dal citocromo P450. (1) Il substrato si lega al citocromo P450 con
il ferro eme in forma ossidata; (2) il ferro viene poi ridotto a
Fe2+ da un elettrone proveniente generalmente dalla citocromo P450
reduttasi o, in alcuni casi, dal citocromo b5; (3) la riduzione
permette all’atomo di ferro di legare una molecola di ossigeno;(4)
per addizione di un altro elettrone e di un protone, si forma un
complesso FeOOH; (5) la perdita di una molecola di H2O produce il
radicale cationico (Fe O)3+, che è la specie reattiva in grado di
ossigenare (6) il substrato (7). Il substrato ossidato si dissocia
dall’enzima, generando la specie di partenza. Sebbene non tutti i
substrati ossidati dal citocromo P450 contengano ossigeno, si forma
sempre un intermedio ossigenato. Se però l’intermedio è instabile,
l’ossigeno si distacca in forma di H2O e non compare nel prodotto
finale ossidato.
I meccanismi di inibizione del CYP possono essere suddivisi in tre
categorie:
· Inibizione reversibile
· Inibizione irreversibile
L’inibizione reversibile è il meccanismo più comunemente
responsabile delle interazioni tra farmaci. Essa è il risultato di
una competizione per il sito attivo del CYP, mentre le inibizioni
irreversibili o quasi irreversibili sono causate dalla formazione
di metaboliti reattivi.
· Inibizione reversibile (Figura 8)
Si verifica un’inibizione reversibile quando un agente lipofilico
si lega al sito attivo del CYP. Il legame può avvenire con la
regione idrofobica che lega il substrato o con il ferro eme nella
posizione libera del sesto legando.
Molti degli inibitori reversibili del CYP sono farmaci contenenti
gruppi azotati, specialmente imidazoli, piridine e chinoline [72,
73]. Questi composti non legano solo il ferro dell’eme, ma anche la
regione lipofilica della proteina, per cui la potenza di un
inibitore risulta sia dalla sua lipofilicità, che dalla forza di
legame tra la coppia di elettroni liberi dell’azoto con il ferro
dell’eme [74].
Figura 8: Meccanismo di inibizione reversibile del citocromo P450.
Sono schematicamente illustrati: la normale conformazione del
gruppo eme del CYP dopo legame al substrato, la coordinazione
dell’ossigeno ed il metabolismo del substrato. Il cerchio pieno
rappresenta il substrato legato alla regione idrofobica del CYP.
Nella via (a), un inibitore (cerchio a righe) interagisce con il
CYP nel sito di legame con il substrato, impedendo la formazione
del metabolita e, nella via (b), un inbitore (rettangolo a righe)
interagisce formando il sesto legame assiale nel CYP, prevenendo
così la coordinazione dell’ ossigeno. Alcuni inibitori possono
legarsi ad entrambi questi siti.
Esempi di inibitori reversibili sono il chetoconazolo e la
cimetidina, composti contenenti un imidazolo capace di interagire
con il ferro nello stato di ossidazione 3+ del CYP. La cimetidina è
un inibitore reversibile debole per il CYP e questo è indice di una
bassa affinità dovuta alla bassa lipofilicità del composto. Il
chetoconazolo, per contro, è un potente inibitore del CYP, poiché
ha una elevata lipofilicità.
I derivati piridinici, al pari degli imidazolici, possono
interagire con ferro 3+ del CYP. L’inibitore meglio conosciuto tra
i derivati della piridina è il metirapone, che agisce come un
potente e selettivo inibitore del CYP. Specialmente interessante è
l’inibizione dell’11β idrossilasi che catalizza lo step finale
nella biosintesi del cortisolo. Questa inibizione è alla base dell’
uso del metirapone nella diagnosi della sindrome di Cushing ed
altri disordini ormonali. L’Indinavir, un inibitore delle proteasi
dell’ HIV, contiene un anello piridinico ed è un potente inibitore
del CYP3A4.
Tra le chinoline, l’ellipticina, è un composto chinolinico che può
interagire con entrambe le forme, ferrosa e ferrica del CYP. Essa è
stata usata, insieme ai suoi derivati, come inibitore selettivo dei
CYP1A1/2 [75]. Altri derivati chinolinici, come la chinidina ed il
suo diastereoisomero chinina, sono potenti inibitori reversibili
della 4-idrossilazione della debrisochina, una reazione catalizzata
dal CYP2D6. La chinidina, come inibitore, è più potente nei
microsomi di fegato umano piuttosto che in quelli di ratto, mentre
la chinina ha un comportamento opposto. I motivi di questa
diversità non sono ancora del tutto noti, ma sembra siano dovuti
alla diversa geometria del sito attivo della isoforma CYP2D6 nel
fegato umano e di ratto.
Molti agenti antimalarici, come la clorochina, la primachina,
l’amodiachina e la meflochina, contengono un anello chinolinico e
sono potenti inibitori reversibili. L’attività inibitoria non è
associata alla struttura della chinolina, poiché l’azoto piridinico
è stericamente impedito. E’ l’amminogruppo presente in sostituenti
dell’anello chinolinico che è di primaria importanza nel
determinare l’inibizione. L’amminogruppo terminale dei sostituenti
della primachina, per esempio, è coinvolto nel legame con il ferro
dell’ eme nella forma ferrica del CYP [74].
· Inibizione quasi irreversibile (per formazione di complessi con
intermedi metabolici).
Un elevato numero di farmaci tra cui antidepressivi, antistaminici,
antibiotici macrolidici e composti idrazinici, subiscono
attivazione metabolica, grazie agli enzimi CYP, formando metaboliti
inibitori. Questi metaboliti, formano un complesso stabile con
l’eme del CYP che li ha generati, complesso chiamato “Metabolic
Intermediate Complex” (MI) [76, 77]. In questo modo il CYP viene
sequestrato in stato inattivo. Gli MI possono essere reversibili in
vitro: la funzione catalitica del ferro del CYP può essere
ripristinata mediante incubazione con composti maggiormente
lipofilici, che spostano l’intermedio metabolico dal sito attivo
[77, 78, 79]. Altri metodi usati in vitro per distruggere il
complesso sono le irradiazioni a 400-500 nm oppure l’ossidazione
con ferricianuro di potassio. In vivo, invece, i complessi MI sono
così stabili che il CYP coinvolto in tali complessi non è
disponibile per il metabolismo del farmaco, per cui l’unico metodo
per riottenere l’attività è attendere la sintesi di nuovo enzima.
In conseguenza di ciò, la natura dei complessi MI è considerata
praticamente irreversibile. Tra i composti maggiormente conosciuti
come inibitori, mediante formazione di complessi MI, annoveriamo
alcuni antibiotici macrolidici quali la claritromicina, la
troleandomicina e l’eritromicina (Figura 9).
Figura. 9: Struttura dell’eritromicina. È evidenziato il gruppo
amminico terziario che, in seguito a metabolismo, si lega al
CYP3A4.
Questi agenti contengono una funzione amminica terziaria che serve
per la formazione dei complessi, dopo aver subito varie
modificazioni metaboliche: N- demetilazione, N- idrossilazione e
N-ossidazione, grazie alle quali si forma un
metabolita nitroso-alcano, che lega saldamente l’atomo di ferro 3+
dell’ eme del citocromo, intrappolando il CYP in uno stato
esacoordinato che impedisce il legame dell’ossigeno e quindi
l’attivazione. Questi farmaci non agiscono solo come inibitori ma
possono essere induttori. A ripetute dosi, infatti, la
troleandomicina e l’eritromicina inducono il CYP3A4. Questi effetti
induttivi non sono dovuti al solito meccanismo trascrizionale
(aumento della trascrizione del gene), ma sono causati dalla lenta
degradazione dei complessi MI. Nei ratti e nelle colture di
epatociti di ratto, la troleandomicina non incrementa la sintesi di
CYP3A4, ma diminuisce la sua velocità di degradazione a circa un
quarto dei livelli normali. Tuttavia, poiché la maggior parte degli
enzimi CYP indotti sono complessati e non disponibili per il
metabolismo di farmaci, in vivo non si riscontra un aumento della
velocità del metabolismo. Altri farmaci che formano complessi MI
con i CYP sono l’orfenadrina, (un miorilassante usato nel
trattamento dei malati di Parkinson), ed il proadifen (SKF-525A).
Il primo complessa il CYP2B1 nei ratti, perché contiene un gruppo
amminico terziario, il secondo è stato considerato per molti anni
come un inibitore universale di tutti i CYP. Recentemente, invece,
si è visto che è in grado di complessare nel ratto solo i CYP2B1,
CYP2C11 e CYP3A1/2, ma non il CYP2A1 [77].
I derivati idrazinici sono un’altra classe di composti che possono
formare complessi MI con i CYP. La natura dei sostituenti
dell’idrazina è un fattore importante nel determinare la formazione
dei complessi. Gli 1,1 disostituiti, al contrario dei
monosostituiti, possono formare un intermedio nitrenico capace di
legare fortemente il ferro dell’ eme, formando complessi
ferro-nitrente [74].
I benzodiossoli, detti pure metilendiossifenili, sono composti
chimici che formano complessi MI con i citocromi. Essi sono
ossidati nel ponte metilenico del sistema diossolo, formando un
intermedio carbene che interagisce con entrambe le forme ferrica e
ferrosa del CYP. L’esempio più studiato è il piperonil butosside
(un insetticida) usato sperimentalmente per molti anni come
inibitore del metabolismo ossidativo di molti farmaci.
· Inibizione irreversibile
Farmaci contenenti certi gruppi funzionali possono essere ossidati
dal CYP ad intermedi reattivi, che si legano covalentemente
all’enzima prima del loro distacco dal sito attivo, causandone
l’inattivazione irreversibile. Questo tipo di inibizione viene
anche correntemente denominata “mechanism-based” (basata sul
meccanismo) e i substrati che la provocano sono detti “inattivatori
suicidi” [77].
Tipi di reazioni irreversibili sono:
A) Alchilazione dell’eme
Farmaci contenenti doppi o tripli legami terminali possono essere
ossidati dal CYP ad intermedi radicalici che alchilano il gruppo
eme ed inattivano gli enzimi.