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Poesia Antica
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QuintoCantoFututistico
fu imperadrice di molte favelle.
guarda comentri e di cui tu ti fide;
La prima di color di cui novelle
O animal grazioso e
benigno
O tu che vieni al doloroso ospizio,
a che e come concedette Amore
a farmisi sentire; or son
venuto
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
a noi venendo per laere maligno,
A vizio di lussuria fu s
rotta,
Amor condusse noi ad una
morte:
Amor, cha nullo amato amar perdona,
Amor, chal cor gentil ratto sapprende
bestemmian quivi la virt divina.
Caina attende chi a vita ci
spense.
chamor di nostra vita dipartille.
che con amore al fine
combatteo.
che conosceste i dubbiosi disiri?.
che la ragion sommettono
al talento.
che libito f licito in sua legge,
che mi fu tolta; e l modo ancor moffende.
che mugghia come fa mar
per tempesta,
che ricordarsi del tempo
felice
che succedette a Nino e fu sua sposa:
che visitando vai per laere perso
che, come vedi, ancor non mabbandona.
china il viso e tanto il tenni basso,
cignesi con la coda tante
volte
ci che si vuole, e pi non
dimandare.
con lali alzate e ferme al dolce nido
Cos discesi del cerchio
primaio
cos quel fiato li spiriti mali;
cos vidio venir, traendo guai,
cotali uscir de la schiera
ov Dido,
del nostro amor tu hai
cotanto affetto,
di Lancialotto come amor lo strinse;
di qua, di l, di gi, di s li
mena;
Di quel che udire e che parlar vi piace,
Dico che quando lanima mal nata
dicono e odono, e poi son
gi volte.
dir come colui che piange
e dice.
disse Mins a me quando mi vide,
E l duca mio a lui: Perch pur gride?
E caddi come corpo morto cade.
E come i gru van cantando
lor lai,
E come li stornei ne portan
lali
e cominciai: Francesca, i
tuoi martri
e paion s al vento esser leggeri.
e quel conoscitor de le
peccata
E quella a me: Nessun maggior dolore
e ruppe fede al cener di
Sicheo;
e tanto pi dolor, che
punge a guaio.
Ed elli a me: Vedrai
quando saranno
Elena vedi, per cui tanto reo
Ell Semirams, di cui si legge
enno dannati i peccator carnali,
essamina le colpe ne
lintrata;
esser basciato da cotanto
amante,
faccendo in aere di s
lunga riga,
fin che l poeta mi disse: Che pense?.
Galeotto fu l libro e chi lo scrisse:
genti che laura nera s gastiga?.
gi nel secondo, che men
loco cinghia,
giudica e manda secondo
chavvinghia.
I cominciai: Poeta, volontieri
Intesi cha cos fatto tormento
Io venni in loco dogne luce muto,
io venni men cos comio morisse.
Laltra colei che sancise amorosa,
laltro piangea; s che di pietade
la bocca mi basci tutto
tremante.
La bufera infernal, che mai non resta,
l dove molto pianto mi
percuote.
lasciando latto di cotanto offizio,
li vien dinanzi, tutta si
confessa;
Ma dimmi: al tempo di dolci sospiri,
Ma sa conoscer la prima radice
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
mena li spirti con la sua
rapina;
men costoro al doloroso passo!.
mentre che l vento, come fa, ci tace.
Mentre che luno spirto questo disse,
mi prese del costui piacer
s forte,
mossi la voce: O anime affannate,
ne la miseria; e ci sa l tuo dottore.
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
noi che tignemmo il mondo
di sanguigno,
Noi leggiavamo un giorno
per diletto
noi pregheremmo lui de la
tua pace,
noi udiremo e parleremo a voi,
nomar le donne antiche e cavalieri,
non che di posa, ma di minor pena.
Non impedir lo suo fatale
andare:
non tinganni lampiezza de lintrare!.
nulla speranza li conforta
mai,
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ombre portate da la detta
briga;
Or incomincian le dolenti note
parlerei a quei due che
nsieme vanno,
per aver pace co seguaci sui.
per chi dissi: Maestro, chi son quelle
Per pi fiate li occhi ci sospinse
per quello amor che i
mena, ed ei verranno.
per trre il biasmo in che era condotta.
piet mi giunse, e fui quasi
smarrito.
pi presso a noi; e tu allor
li priega
poi chai piet del nostro mal perverso.
poi Cleopatrs lussuriosa.
Poi mi rivolsi a loro e parla io,
Poscia chio ebbi il mio dottore udito
prese costui de la bella
persona
Quali colombe dal disio
chiamate
Quandio intesi quellanime offense,
Quando giungon davanti a la ruina,
Quando leggemmo il
disiato riso
Quando rispuosi, cominciai: Oh lasso,
quanti dolci pensier,
quanto disio
quantunque gradi vuol che
gi sia messa.
quel giorno pi non vi
leggemmo avante.
quella lettura, e scolorocci il viso;
Queste parole da lor ci fuor
porte.
questi, che mai da me non fia diviso,
quivi le strida, il
compianto, il lamento;
se da contrari venti
combattuto.
se fosse amico il re de
luniverso,
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
s forte fu laffettuoso grido.
S tosto come il vento a noi li piega,
Siede la terra dove nata fui
soli eravamo e sanza alcun
sospetto.
Stavvi Mins orribilmente, e ringhia:
su la marina dove l Po discende
tempo si volse, e vedi l grande Achille,
tenne la terra che l Soldan corregge.
tu vuo saper, mi disse quelli allotta,
vanno a vicenda ciascuna
al giudizio;
vede qual loco dinferno da essa;
Vedi Pars, Tristano; e pi
di mille
vegnon per laere dal voler portate;
venite a noi parlar, saltri nol niega!.
voltando e percotendo li molesta.
vuolsi cos col dove si
puote