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PRIMA PARTE R A C H I D E C E R V I C A L E & C I N G O L O S C A P O L A R E C E N N I D I A N A T O M I A , F I S I O L O G I A A R T I C O L A R E & B I O M E C C A N I C A 1 . I L R A C H I D E C E R V I C A L E La colonna vertebrale può essere scomposta in cinque seg- menti: il tratto cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo. Il tratto cervicale consta di sette vertebre, poste in lordosi, il tratto toracico (o dorsale) di dodici vertebre toraciche, poste in cifosi, quello lombare di cinque vertebre lombari, poste in lordo- si ed il tratto sacrale di cinque vertebre sacrali ed infine il tratto coccigeo formato da quat- tro-cinque vertebre cocci- gee. Complessivamente la colonna vertebrale è costitui- ta da 33-34 vertebre. (fig.N°1) “La presenza delle tre princi- pali curve rachidee fisiologi- che aumenta la resistenza della colonna vertebrale alle sollecitazioni di compressio- ne assiale, resistenza, che è direttamente proporzionale al quadrato del numero delle curve più uno. In una colonna 11 CLAUDIO CORNO FIG. 1

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PRIMA PARTE

RACHIDE CERVICALE & CINGOLO

SCAPOLARE CENNI DI ANATOMIA,

FISIOLOGIA ARTICOLARE &

BIOMECCANICA

1. IL RACHIDE CERVICALE

La colonna vertebrale può essere scomposta in cinque seg-menti: il tratto cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo.Il tratto cervicale consta di sette vertebre, poste in lordosi, iltratto toracico (o dorsale) di dodici vertebre toraciche, poste incifosi, quello lombare di cinque vertebre lombari, poste in lordo-si ed il tratto sacrale di cinque vertebre sacrali ed infine il tratto

coccigeo formato da quat-tro-cinque vertebre cocci-gee. Complessivamente lacolonna vertebrale è costitui-ta da 33-34 vertebre.(fig.N°1)“La presenza delle tre princi-pali curve rachidee fisiologi-che aumenta la resistenzadella colonna vertebrale allesollecitazioni di compressio-ne assiale, resistenza, che èdirettamente proporzionaleal quadrato del numero dellecurve più uno. In una colonna

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a tre curve mobili come la colonna vertebrale con una lordosilombare, una cifosi dorsale ed una lordosi cervicale, si ha unaresistenza dieci volte maggiore di quella di una colonna rettili-nea. (Kapandji I.A.)Da quanto esposto si desume l’importanza della curva lordoticacervicale:• la sua presenza ne raddoppia la resistenza rispetto ad un lom-bare, la resistenza della colonna viene amplifica intoto.Il rachide cervicale ha fondamentalmente il ruolo di fornire unsupporto per il capo e nel contempo consentirne ampi gradi dimovimento per ottimizzare la funzione degli organi di senso chesi trovano nel cranio, primo fra tutti la vista. Inoltre è attraversa-to dal segmento superiore del midollo spinale, dalle radici deinervi del plesso brachiale e dai vasi sanguigni vertebrali.È composto da sette vertebre (fig. N°2) poste in lordosi, sepa-rate dai dischi intervertebrali (cui si aggiungono i legamenti, ne-cessari per unire il tutto), che fungono da ammortizzatori inoltrepermettono i vari movimenti al rachide. Le vertebre cervicali han-no caratteristiche generali comuni ma, la prima, o atlante, la se-conda, o epistrofeo e la settima, o vertebra prominente, hannocaratteri peculiari che ne consentono facilmente l’identificazione.Le prime due vertebre, l’atlante e l’epistrofeo, presentano ca-

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ratteristiche anatomo-funzionali diverse da tutte le altre.All’atlante (fig. N°3) manca il corpo ed è conformato ad anello,con due masse laterali su cui poggiano i condili occipitali (base delcranio), mentre l’epistrofeo (fig. N°4) si distingue per la presenza

del processo odontoideo (dente) che si proietta verticalmentedalla superficie posteriore del corpo vertebrale e va ad inserirsinell’atlante (fig. N°5). Inoltre l’articolazione fra atlante ed epistro-feo è caratterizzata dalla mancanza del disco intervertebrale e laconformazione “a perno”, le conferisce la massima possibilità dirotazione intorno al proprio asse. La settima vertebra cervicale èuna vertebra di transizione fra le cervicali e le toraciche e si di-stingue particolarmente nei processi trasversi e spinoso. Il pro-cesso spinoso è lungo, robusto che conferisce, alla settima cer-vicale, il nome di vertebra prominente (collo di bisonte).

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FIG. 3 FIG. 4

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2. ARTICOLAZIONI

Il rachide cervicale è formato da due parti anatomicamente efunzionalmente ben distinte: il rachide cervicale superiore, dettoanche rachide sotto-occipitale comprendente occipite (capo),atlante, ed epistrofeo; il rachide cervicale inferiore che si esten-de dal piatto inferiore dell’epistrofeo a quello superiore della pri-ma vertebra dorsale (collo).

Le articolazioni del rachide cervicale inferiore consentono duetipi di movimento, flesso-estensione e movimenti misti d’inclina-zione-rotazione. (fig. N°6)

Dal punto di vista funzionale i due segmenti cervicali si comple-tano uno con l’altro nella realizzazione di movimenti puri di rota-zione, inclinazione o flesso-estensione del capo.Tutte le vertebre cervicali presentano, a livello dei processi tra-sversi, i forami per i vasi vertebrali; le vertebre da C3 a C7 pre-sentano sul margine supero-laterale del corpo vertebrale le su-perfici articolari delle articolazioni uncovertebrali. Fra un corpovertebrale e l’altro vi è l’interposizione del disco intervertebrale,composto dal nucleo polposo, a consistenza semifluida, circon-dato da un robusto apparato di contenzione, l’anello fibroso (fig.N°7) . L’elasticità, la compressibilità e la mobilità del nucleo pol-poso consentono limitati movimenti di traslazione-scivolamentoe di rotazione.Postero-lateralmente si trovano le articolazioni interapofisarieposteriori; esse sono diartrosi del tipo delle artrodie, munite dicapsula e membrana sinoviale, con faccette articolari pianeorientate frontalmente, le quali consentono movimenti d’inclina-zione e rotazione, oltre che stabilizzare le vertebre una sull’altra.

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A livello cervicale esistono poianche le cosiddette articolazio-ni uncovertebrali, esse rendo-no più mobile il rachide cervica-le rispetto agli altri segmenti,aumentandone contempora-neamente la stabilità laterale. Le vertebre sono tenute insie-me dai legamenti longitudinali

anteriore e posteriore, (fig. N°8) estesi dalla base dell’occipi-te al sacro, i quali forniscono una notevole stabilità alla colon-na cervicale, limitandone soprattutto l’estensione. Tra una ver-tebra e l’altra inoltre sono tesi i legamenti gialli, molto elastici;i processi spinosi sono uniti dai legamenti interspinosi e so-praspinoso, che limitano parzialmente la flessione e l’inclina-zione laterale.

3. MUSCOLI

L’apparato muscolare è piuttosto complesso, risultando compo-sto da vari strati di fasci muscolari longitudinali, di cui i più su-perficiali si estendono quasi per tutta la lunghezza della colonna,(fig. N°9) mentre man mano che si va in profondità sono costi-tuiti da fasci sempre più corti, fino ad unire solo due vertebre(segmenti) contigue. Gliestensori sono particolar-mente potenti, ma a livellocervicale sono molto im-portanti anche i flessori,rappresentati dai muscolisotto e sopraiodei. Inoltrebisogna considerare l’im-portanza del muscolo tra-pezio e del muscolo ster-nocleidomastoideo, i qualiprendono inserzione an-che sul cingolo scapolare.

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• MUSCOLI ANTERIORI DEL COLLO

Lungo del collo, Lungo della testa, Retto anteriore della testa,Retto laterale della testa, Sopraioidei (Digastrico Miloioideo,Stiloioideo, Genioioideo, Sternoioideo),Sottoioidei (Omoioideo,Sternotiroioideo,Tiroioideo).

• MUSCOLI LATERALI DEL COLLO

Platisma, Sternocleidomastoideo, Scaleni (Anteriore,Medio,Posteriore). (fig. N°10)

-Platisma: ha una superficie molto ampia ed è molto sottile;spesso viene anche chiamato muscolo pellicciaio del collo. Si

inserisce in basso sul petto, e in alto allamandibola. Quando si contrae porta inbasso la mandibola e la parte inferioredella faccia.

-Sternocleidomastoideo: è il muscolopiù importante del collo ed ha formatriangolare. Si attacca in alto all’osso oc-cipitale del cranio; scendendo in basso

le sue fibre si dividono in due fasci: uno va ad attaccarsi alla cla-vicola, l’altro allo sterno. Se esercita la sua forza sull’inserzioneinferiore (sterno e clavicola) solleva verso l’alto la parte supe-

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riore della gabbia toracica. Quando invece esercita la sua forzasulle inserzioni superiori (cranio) contraendosi da entrambi i lati,provoca la flessione della testa sul collo, avvicinandola al tora-ce; mentre se si contrae solo da un lato provoca l’inclinazionedella testa da quel lato o la sua rotazione dal lato opposto.

- Scaleni: formati da un gruppo di tre diversi muscoli per ogni la-to: scaleno anteriore, medio, posteriore. Si inseriscono tutti al-le apòfisi trasverse delle vertebre cervicali e sulle due prime co-stole. Se esercitano la loro forza sulle costole le innalzano.Mentre se la forza è esercitata sulle vertebre, contraendosi daentrambi i lati, le inclinano in avanti; contraendosi da un lato so-lamente provocano l’inclinazione della testa da quel lato e la ro-tazione dal lato opposto.

• MUSCOLI POSTERIORI DEL COLLO

Splenio del la testa, Splenio del col lo, Sacro spinale(I leocostale, Lunghissimo, Spinale), Mult i f ido(Trasversospinale, Interspinosi, Intertrasversari, Suboccipitali(Grande retto posteriore della testa, Piccolo retto posterioredella testa, Obliquo superiore della testa, Obliquo inferiore del-la testa), Dentato posteriore superiore, Dentato posteriore in-feriore, Romboideo, Elevatore del-la scapola, Trapezio, Gran dorsale. (fig. N°11)-Lungo del collo: s’inserisce inbasso sulla faccia anteriore delcorpo delle prime tre vertebre dor-sali, sulle apòfisi trasverse delle ul-time cervicali; in alto si attacca alcorpo delle prime vertebre cervica-li. Quando si contrae da entrambi ilati piega la testa e il collo in avan-ti; se da un lato solamente, piegala testa e il collo lateralmente.

-Grande complesso: s’inserisce in alto sulla parete dell’ossooccipitale e va ad attaccarsi in basso sulle apòfisi trasverse e

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spinose delle ultime vertebre cervicali e delle prime vertebredorsali. Quando si contrae da entrambi i lati piega la testa in-dietro.

- Grande retto della nuca: in alto si attacca all’osso occipitale,in basso alla prima vertebra cervicale (atlante). Contraendosida entrambi i lati piega la testa indietro.

- Gran dentato: molto esteso in superficie partendo dal margi-ne interno della scapola, va ad attaccarsi sulle prime nove co-stole e contraendosi porta avanti la spalla.

- Intercostali: si dividono in interni ed esterni. Vanno dal margi-ne inferiore della costola superiore, al margine superiore dellacostola inferiore. Contraendosi restringono lo spazio tra le co-stole (muscoli espiratori).

- Gran dorsale: È un muscolo molto esteso in superficie nelsenso della larghezza. Ha forma triangolare. Si attacca tramiteun unico tèndine all’omero, da cui partono numerosi fasci di fi-bre che, allargandosi a ventaglio, vanno ad inserirsi: nelle apò-fisi spinose delle ultime sei vertebre dorsali, in tutte le vertebrelombari, nel bordo superiore dell’osso sacro del bacino e infinenella faccia esterna delle ultime quattro costole. La contrazionesimultanea dei due dorsali, abbassa le spalle, e avvicina le duescapole, portando il braccio in basso e indietro.

- Romboide: si attacca in alto alle apofisi spinose delle primevertebre dorsali e va a terminare in basso nella scapola.Contraendosi avvicina le scapole e porta in fuori le spalle.

- Trapezio: è il muscolo più superficiale del dorso; ha formatriangolare. S’attacca in alto all’osso occipitale e sulle apòfisispinose delle vertebre dorsali e va a terminare sul margine po-steriore della clavicola e della scapola. Quando nella contrazio-ne esercita la sua forza sulla scapola, permette di sollevare laspalla; quando invece la forza è esercitata sulle vertebre e sul-l’occipitale, inclina la testa dal lato della contrazione e gira lafaccia dal lato opposto.

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4. MOBILITA’ DEL RACHIDE CERVICALE

I movimenti della colonna cervicale sono finalizzati alla visioneed al mantenimento dell’equilibrio. A livello del rachide cervicalei movimenti di base consistono nella flessione, estensione, ro-tazione, inclinazione laterale, ma possono essere effettuati incombinazione, consentendo alla testa ed al collo una notevolemobilità in varie direzioni.Sebbene questi movimenti coinvolgano tutto il rachide cervica-le, gran parte delle escursioni sono concentrate in sedi elettive. I movimenti del capo nel suo insieme sono permessi dalle arti-colazioni che legano le vertebre cervicali fra loro (articolazioni in-tervertebrali), in particolare dall’articolazione che unisce la primavertebra cervicale al cranio (articolazione atlante-occipitale), do-tata d’enorme mobilità. La forza per attuare i vari spostamentipermessi da queste articolazioni, è fornita dalla contrazione re-golata dei vari muscoli che avvolgono il collo. La massima mobilità è deputata alla parte superiore del rachidecervicale (occipite e C2). Approssimativamente il 50% della flesso-estensione, del capodipende dall’articolazione occipite e atlante (C1), mentre nonsono consentiti al capo, data la conformazione anatomica delleparti, altri tipi di movimento (rotazione o flessione laterale). Circa il 50% del movimento di rotazione dell’intera colonna cer-vicale ha luogo fra atlante ed epistrofeo circa 90°. Mentre la mo-bilità del collo (tratto inferiore) va attribuita alle vertebre sotto-stanti C3 – C6. Il tratto inferiore, in particolare la cosiddetta“cerniera cervicale” C3-C6, è strutturato in modo tale da con-sentire un’escursione massima in flesso-estensione 110°.Poiché è anche la zona di massima curvatura statica, è senzadubbio il tratto più esposto a stress e a maggior danneggia-

mento da usura. Per ottenere il massimogrado di flessione delrachide cervicale biso-gna portare prima ilmento a toccare lo ster-no e poi flettere il col-lo.(fig. N°12)

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Analizziamo i principali movimenti che si possono eseguire col capo:

Flessione: nell’esecuzio-ne di questo movimentoil capo è piegato in avan-ti e il mento si avvicina altorace. (fig.N°13)Questo movimento èpossibile perchè le verte-bre si avvicinano in avan-ti, diminuendo lo spesso-

re dei dischi intervertebrali. I muscoli principali che con la loro con-trazione da entrambi i lati rendono possibile questo movimentosono: sternocleidomastoideo, lungo del collo, scaleni e ioidei.

Estensione: il capo vie-ne piegato all’indietro, eil mento si allontana daltorace, (fig.N°14) nell’e-secuzione di questo mo-vimento il soggetto de-ve essere in grado diguardare il soffitto sullasua verticale. Le verte-

bre si avvicinano all’indietro diminuendo lo spessore dei dischiintervertebrali. I muscoli principali che con la loro contrazione daentrambi i lati rendono possibile questo movimento sono: gran-de complesso e grande retto della nuca.

Inclinazione laterale: il capo viene piegato a destra o a sinistraavvicinando l’orecchio alla spalla.(fig.N°15) Le vertebre si avvici-

nano diminuendo lospessore dei dischi in-tervertebrali dal lato del-la flessione. I muscoliche provvedono a que-sti movimenti sono glistessi che flettono edestendono il capo, ma

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producono la flessione da un lato perchè, a differenza dei movi-menti precedenti, si contrae solamente il muscolo del lato inte-ressato al movimento (esempio, flessione destra: sternocleido-mastoideo, scaleni, grande retto della nuca, grande complessodestri. In condizioni normali il soggetto dovrebbe essere in gra-do di piegare la testa di circa 45° verso ciascuna spalla.

Rotazione: il capo viene girato a destra o a sinistra, avvicinandoil mento alla spalla. (fig.N°16) Le vertebre cervicali girano nelsenso della rotazione, il corpo va verso la direzione del movi-mento, l’apòfisi spinosa se ne allontana. I muscoli che permetto-no questi spostamenti sono inseriti sia sul lato del movimentoche su quello contrario. Unendo e limitando reciprocamente laloro forza permettono la rotazione del capo. La rotazione versodestra, per esempio, può essere la risultante della contrazionedel grande retto della nuca destro e dello sternocleidomastoideosinistro e di altri muscoli che hanno la stessa proprietà di questi.

Circonduzione del capo: è quel movimento che lega i punti rag-giunti da una massima flessione avanti, inclinazione laterale de-stra, estensione dietro e inclinazione laterale sinistra (e vicever-sa), descrivendo col capo un’immaginaria circonferenza.Questo movimento è permesso dalla mobilità di tutte le verte-bre cervicali, ma in particolare dall’articolazione atlante-occipita-

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le. Tutti i muscoli del collo sono interessati all’esecuzione diquesto movimento.Durante l’esecuzione di questi movimenti si può valutare se so-no eseguiti in scioltezza o con qualche difficoltà, e se esistonoeventuali asimmetrie o riduzioni delle escursioni.

5. LA SPALLA

Per completezza dell’argomento sono tenuto a trattare, seppura grandi linee, il cingolo scapolare (indicato comunemente come“la spalla”).(fig.N°17)Questa trattazione è d’obbligo in quanto esiste un’importantecorrelazione neuro-muscolare tra rachide cervicale e cingoloscapolare in quanto:• tutti i movimenti della spalla oltre all’attività dei muscoli cheoriginano dalla colonna cervicale, implicano direttamente le arti-colazioni del rachide cervicale; • posture scorrette assunte dal collo possono essere fonte didolore riflesso alla spalla e/o viceversa (es. sindrome dell’ele-vatore della scapola);• vi sono patologie della colonna vertebrale che causano sinto-mi dolorosi alla spalla (degenerazione del disco intervertebrale,come ernia o protrusione, irritazione delle faccette articolari, lacompressione e/o irritazione di una radice nervosa);• diversi muscoli motori della spalla hanno origine da vertebracervicali e sono innervati dai rami dei nervi spinali che fuorie-

scono dagli interspazi C5/6 C6/7C7/D1 (plesso brachiale) per cuiogni compressione o irritazione diuna radice nervosa del plesso bra-chiale causa dolore irradiato allaspalla e/o all’arto superiore (cervi-co-brachialgie).

Il cingolo scapolare è formato dascapola, omero, clavicola e sterno.La scapola è quell’osso che permet-

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te diversi movimenti della spalla e del braccio, che fa cioè da“connessione” tra la spalla, il braccio, la cassa toracica e la co-lonna vertebrale. In realtà è un osso della cui importanza fonda-mentale spesso ci dimentichiamo, perché è nascosto sotto di-versi strati muscolari, anche se basta toccare la spina della sca-pola e muovere l’arto superiore per accorgerci come sia unaparte integrante fondamentale di molte attività quotidiane anchebanali.

6. ARTICOLAZIONI DELLA SPALLA

L’arto superiore, nella vita di relazione dell’uomo, è diventatouna catena cinetica a servizio della mano; mano che è il prolun-gamento del cervello. La mano deve essere posta in condizionedi eseguire i gesti più fini, praticamente in tutte le direzioni, tal-volta in condizione d’elevata rapidità; allo stesso tempo deveessere capace di portare o sostenere dei pesi considerevoli.L’arto superiore - durante la filogenesi - è quindi diventato un’u-nità motrice, dotata di grande mobilità, ma che conserva al tem-po stesso anche una stabilità sufficiente.Tale mobilità e tale stabilità sono date essenzialmente dal com-plesso della spalla (la più mobile di tutte le articolazioni del cor-po umano più di 16.000 posizioni ad un grado di differenza l’unadall’altra), complesso che è composto da cinque articolazioniche si dividono in due gruppi: • il primo gruppo è composto dall’articolazione scapolo-omera-le e dall’articolazione sotto-deltoidea; • il secondo dall’articolazione scapolo-toracica, dall’articolazioneacromion-clavicolare, dall’articolazione sterno-costo-clavicolare.

L’articolazione scapolo-omerale è l’articolazione più importante:presenta la testa omerale, la cavità glenoidea ed il cercine gle-noideo che favorisce una maggior congruenza all’articolazione… La cavità glenoidea è unita alla testa dell’omero:• in alto dal legamento coraco-omerale con i due fasci diretti dalprocesso coracoideo al trochite ed al trochine;• in avanti dai legamenti gleno-omerali (con i fasci superiore,

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medio, inferiore che dal bordo della cavità glenoidea si dirigonoal collo anatomico);• dalla capsula che:

-s’inserisce sulla scapola, circondando la cavità glenoidea;-s’estende superiormente fino al processo coracoideo;-ingloba il tendine del capo lungo del bicipite;-circonda la testa omerale;-forma numerose pieghe, specialmente sulla faccia inferiore;-presenta zone di minor resistenza, specie fra i legameti anteriori.

L’articolazione sottodeltoidea o seconda articolazione dellaspalla… non è un’articolazione nel senso anatomico, ma un’ar-ticolazione nel senso fisiologico che comprende due superficiche scivolano l’una rispetto all’altra. L’articolazione sottodeltoi-dea è legata meccanicamente alla scapolo-omerale.L’insieme capsulo legamentoso della spalla non è molto resi-stente ed è facilmente soggetto a lussazioni (specialmentequelle in cui la testa omerale viene portata in avanti ed in dentro“antero interna”) compromettendo la stabilità della spalla.

L’articolazione scapolo toracica… è un’articolazione in sensofisiologico e non anatomico. È l’articolazione più importante delsecondo gruppo. Non funziona senza l’acromion-clavicolare e lasterno-costo-clavicolare che le sono unite meccanicamente.

L’articolazione acromion clavicolare è un’articolazione vera…È situata all’estremità esterna della clavicola: è costituita da duesuperfici ovalari situate sull’acromion e sull’estremità esternadella clavicola (a volte è presente un menisco) tenute dai lega-menti superiore, inferiore, conoide, trapezoide.Il legamento conoide, impedisce l’apertura dell’angolo formatodalle due ossa; il legamento trapezoide, ne impedisce la chiusu-ra. Tale articolazione, proprio per la forma delle superfici artico-lari, consente movimenti di scivolamento, apertura e chiusuradell’angolo formato dalle due ossa.

L’articolazione sterno-costo-clavicolare è un’articolazione ve-ra… È situata all’estremità interna della clavicola che si confor-

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ma in un’articolazione a sella con la parte superiore del manu-brio sternale: sono presenti due legamenti: il legamento anterio-re ed il legamento posteriore.Tale articolazione, sul movimento della scapola, permette allaclavicola movimenti d’avanzamento, d’arretramento, d’elevazio-ne, d’abbassamento, di rotazione sull’asse.

7. I MUSCOLI DELLA SPALLA

S’inseriscono su numerose ossa e si dividono in: • muscoli scapolo-toracici;

• muscoli profondi scapolo-omerali;

• muscoli scapolo-omerali.

I muscoli scapolo toracici sono: gran dentato, succlavio, picco-lo pettorale, sternocleidomastoideo, elevatore della scapola,romboideo, trapezio.I muscoli profondi scapolo omerali sono: sottoscapolare, sopra-spinato, sottospinato, piccolo rotondo.Questi quattro muscoli profondi costituiscono la cuffia dei rota-tori. I loro tendini aderiscono alla capsula: oltre alla loro azionedi mobilizzazione dell’omero, hanno un ruolo importante come“legamenti attivi” dell’articolazione.-Il muscolo sottoscapolare impedisce gli scivolamenti indietro.-Il muscolo sopraspinato impedisce gli scivolamenti verso l’alto,in avanti e indietro. -Il muscolo sottospinato ed il piccolo rotondo impediscono gliscivolamenti indietro.-I muscoli scapolo omerali sono: coracobrachiale, bicipite bra-chiale, grande pettorale, gran dorsale, grande rotondo, deltoide.La coattazione della testa omerale è garantita dai muscoli a dire-zione trasversale: il sovraspinoso, il sottoscapolare, il sottospi-noso, il piccolo rotondo, il tendine della parte lunga del bicipite.L’ascesa della testa omerale è garantita dai muscoli longitudina-li del braccio e della cintura scapolare: il bicipite breve, il coraco-brachiale, la parte lunga del tricipite, il deltoide, il fascio clavico-lare del gran pettorale.Il fissaggio della scapola e del moncone della spalla: l’elevazio-

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ne del moncone della spalla avviene attraverso una traslazioneverticale e un movimento d’oscillazione (campanello) della sca-pola.Questi movimenti sono garantiti dai muscoli: romboide, an-golare della scapola, gran dentato, trapezio.Per la morfologia ossea e i suoi mezzi di unione passivi (capsu-la, legamenti) la spalla è un’articolazione instabile e spesso se-de di dolori periarticolari.È stabilizzata soprattutto dal gioco dei muscoli periarticolari, mail sistema è molto precario.

8. I MOVIMENTI COMPLESSIVI DELLA SPALLA

Sono di due tipi:

-i movimenti della spalla sul torace;-i movimenti che mettono in gioco il braccio.

I MOVIMENTI DELLA SPALLA SUL TORACE

Movimento d’elevazione = sollevare le spalle.

Movimentod’abbassamento= abbassare le spalle.

Questi movimenti verticalisi accompagnano ad un certo basculamento. L’ampiezza globale diquesti due movimenti è di 10-12 cm.(fig.N°18-19)

Le azioni muscolari duran-te i movimenti della scapo-la sul torace impegnano…

• nell’elevazione: il trape-zio superiore, il romboidee l’elevatore della scapola.

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• nell’abbassamento: il trapezio inferiore e le fibre inferiori delgran dentato.

Movimenti d’abduzione o anteposizione = portare in avanti.

Movimenti d’adduzione o retroposizione = portare indietro.

Questi movimenti avvengono sul piano orizzontale.(fig.N°20-21)L’ampiezza dell’anteposizione è maggiore di quella della retro-posizione: l’ampiezza totale è di 15 cm circa.Le azioni muscolari durante i movimenti della scapola sul toraceimpegnano…

• nell’abduzione: il gran dentato.

• nell’adduzione: il trapezio ed il romboide.

Movimento di Rotazione interna = oscillare internamente;

Movimento di Rotazione esterna = oscillare esternamente.

Questi movimenti, detti a campana o di basculamento della sca-pola, avvengono intorno ad un asse - perpendicolare al pianodella scapola - situato sotto la spina non lontano dall’angolo su-periore esterno. (fig.N°22-23) L’angolo inferiore si sposta da 10

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a 12 cm, l’angolo supero-esterno da 5 a 6 cm.L’ampiezza totale della rotazione della scapola è di 60°.Le azioni muscolari durante i movimenti della scapola sul toraceimpegnano…

• nella rotazioneesterna: il grandentato, il trape-zio superiore ed iltrapezio inferiore.• nella rotazioneinterna: il romboi-de e l’elevatoredella scapola.

I MOVIMENTI CHE METTONO IN GIOCO IL BRACCIO.

Movimento di antepulsione.Sono eseguiti in un piano sa-gittale intorno ad un asse tra-sversale. Il movimento di an-tepulsione (f lessione) haun’ampiezza di 180°.Il movi-mento di retropulsione(estensione) ha un’ampiezzadi 45°-50°. (fig.N°24)

Le azioni dei muscoli scapolo-omerali durante il movimentoimpegnano:• nell’antepulsione: il deltoideanteriore, il gran pettorale, ilcoracobrachiale ed in via ac-cessoria il bicipite brachialeed il sottoscapolare;• nella retropulsione: il deltoi-de posteriore, il gran dorsale,il grande rotondo.

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MOVIMENTI D’ABDUZIONE E ADDUZIONE

L’abduzione allontana l’artosuperiore dal tronco ed è ese-guita in un piano frontale: conazioni muscolari e gioco arti-colare passa per tre stadi eraggiunge l’ampiezza di180°.(fig.N°25)

L’adduzione è meccanicamente impossibile per la presenza deltronco diviene possibile solamente se combinata ad una:• retroposizione (in questo caso è molto debole).• o ad un’anteposizione (fig.N°26) raggiunge i 30°-45° di am-piezza.

Le azioni dei muscoli scapolo-omerali durante il movimento im-pegnano...• nella adbuzione: il deltoide, il sopraspinato ed in via accessoriail sottospinato ed il capo lungo del bicipite;• nella adduzione: il gran dorsale, il gran pettorale, il grande ro-tondo ed in via accessoria il piccolo rotondo, il capo breve del bi-cipite, il capo lungo del tricipite ed il coracobrachiale.

MOVIMENTI DI ROTAZIONE ESTERNA E INTERNA

La rotazione intorno all’asse longitudinale dell’omero viene misu-rata a gomito flesso a 90°, per non confondere con questa i mo-vimenti di prono-supinazione dell’avambraccio.

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Nella rotazione esterna l’ampiezza è di 80° (non raggiunge 90°) .(fig.N°27)Nella rotazione interna l’ampiezza raggiunge i 95° (supera di po-co 90°).(fig.N°28).

Le azioni dei muscoli scapolo-omerali durante il movimento im-pegnano...• nella rotazione esterna: i mm. che passano posteriormente altronco: il sottospinato, il piccolo rotondo, il deltoide posteriore;

• nella rotazione interna: i mm. che passano anteriormente altronco: il sottoscapolare, il gran dorsale, il gran pettorale, ilgrande rotondo, il deltoide anteriore.

9. BIOMECCANICA DELLA SPALLA

Nel lavoro viene discusso lo stato dell’arte in relazione allostudio completo (statico e dinamico) dell’articolazione dellaspalla.

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In particolare viene esaminato il problema di individuare i sin-goli contributi dei muscoli nei momenti articolari globali.Questo non in forma strettamente analitica ma mediante im-postazione di predeterminati modelli di comportamento neuromeccanico.Lo studio della biomeccanica della spalla deve essere con-dotto integrando le osservazioni provenienti dalle sperimenta-zioni, eseguite in vivo ed in vitro, con i risultati delle analisi sumodelli sviluppate con i metodi della simulazione.La necessità di quest’ultimo tipo di studio si motiva con il fat-to che la sperimentazione in vivo è ben lungi dal consentireuna completa comprensione quantitativa della biomeccanicadella spalla e non vi è motivo di ritenere che detta situazionepossa sostanzia lmente migl iorare in tempi brevi .L’osservazione, in vivo ed in vitro, è stata sufficiente per svi-luppare una soddisfacente analisi della cinematica della spal-la ma si dimostra inadeguata nei confronti della definizionedello stato di sollecitazione dei suoi costituenti (specie in si-tuazioni dinamiche). La difficoltà principale, nei riguardi della comprensione dellabiomeccanica della spalla, deriva sostanzialmente dal fattoche essa è costituita da un sistema meccanicamente indeter-minato in cui si può tentare il calcolo delle sollecitazioni neisuoi costituenti soltanto ricorrendo a tecniche di ottimizzazio-ne (espresse mediante funzioni obiettivo). Mutando le funzio-ni obiettivo ne consegue il cambiamento delle soluzioni con-seguenti; perciò lo sperimentatore dovrà scegliere, a priori,ottimizzazioni in armonia con lo stato delle conoscenze ag-giornate e congruenti con le verifiche sperimentali possibili(nei limiti posti dalla invasività e dalla perturbazione che cosìviene imposta al fenomeno in studio).Per la formulazione di un modello biomeccanico coerente del-la spalla occorre partire da una approfondita conoscenza ana-tomica di tale sistema articolare. A tale scopo è stata finaliz-zata l’attività di diversi gruppi di studi di ricercatori (Engin eTumer, 1989; Hogfors et Alt., 1987; Karlsoon, 1992; Tumered Engin, 1989), che sono stati in grado di sviluppare soddi-sfacenti modelli tridimensionali della spalla, specializzati nel-l’analisi statica (Hogfors, Karlsson e Petersen) od estesi a

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quella dinamica (Van der Helm, Veembas e Veeger).In base alle nostre esperienze riteniamo che l’approccio pro-posto da Hogfors et Alt. (1987) si dimostri uno dei più funzio-nali. In tale modello tutte le ossa vengono considerate comedei corpi a rigidezza infinita (omero, scapola e clavicola) e vie-ne presa anche in considerazione l’esistenza dell’avambrac-cio (considerato, però, come un tutto unico). La forma geo-metrica delle tre ossa non viene personalizzata; essa è valu-tata su di una media stimata grazie alle ricerche anatomichecondotte.Tale modello è posto in relazione spaziale facendo riferimen-to a cinque sistemi di coordinate cartesiane: un sistema fissoal tronco del soggetto e quattro sistemi alle tre ossa dell’arti-colazione più l’avambraccio. Le origini e le orientazioni dei si-stemi cartesiani sono state ottimizzate dal lavoro di Hogforset Alt. (1987) che giunge ad esprimere la cinematica del mo-dello attraverso la definizione del valore di otto angoli spazia-li tra loro indipendenti.L’articolazione della spalla è descritta dal contributo dei gradidi libertà di tre giunti sferici: lo sternoclavicolare, l’acromio-c lav icolare e lo scapolomerale (o g lenomerale) .L’articolazione del gomito è riassunta, in tale modello, da unsemplice cardine e l’esistenza dell’attrito è trascurata per tut-te le sedi in cui si sviluppa movimento.I muscoli sono tutti modellati come delle funi, capaci di ese-guire solo delle trazioni, in grado di variare la propria lunghez-za.Tutti i muscoli agenti sulla nella spalla vengono considerati eper diversi di essi se ne esegue la ripartizione funzionale inpiù elementi (in totale il modello proposto comprende 30 ele-menti, tra muscoli interi o frazioni). Per ogni muscolo lo studioanatomico ha fornito sia l’area della sezione media che il rap-porto di proporzione esistente tra fibre lente e veloci. La mas-sima forza esercitata dal muscolo (espressa in funzione di se-zione, tipologia e grado di contrazione) è calcolata in base aduna formulazione analitica sviluppata da Niemi et Alt. (1996),tenendo anche conto degli studi e delle considerazioni diWood et Alt. (1989), Lamb e Hobart (1992) e Karlsson(1992). In tale valutazione la lunghezza ottimale delle varie fi-

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bre muscolari è stata assunta riferendosi ad uno specifico as-setto posturale (sequenza di taratura per gli angoli spaziali:0°, 0°, 0°,30°,40°,0°,20°,0°). Tale impostazione porta, comeper tanti altri problemi biomeccanici, alla indeterminazione delmodello statico: le forze sconosciute che agiscono nei mu-scoli sono più numerose delle equazioni di equilibrio che sia-mo in grado di formulare. L’unico modo, per giungere ad unasoluzione è quindi introdurre dei criteri di ottimizzazione emolti ne sono stati proposti per potere calcolare la ripartizio-ne dei carichi fra le differenti strutture che costituiscono l’or-ganizzazione della spalla. Le più note sono quelle che ipotiz-zano la minimizzazione delle forze agenti nelle fibre muscolari(Pedotti et Alt., 1978; Seireg e Arvikar, 1975), la minimizza-zione della forza per unità di superficie della sezione(Crowninshield e Brandt, 1981; Karlsson e Petersen, 1992),la minimizzazione del consumo energetico (Hardt, 1978) o lamassimizzazione della resistenza nello svolgimento di unospecifico atto motorio (Dul etAlt., 1984). Il concetto di otti-mizzazione è basato sull’assunto che i muscoli si ripartisconotra loro le forze in modo congruente allo svolgimento dellospecifico compito a cui è deputata la spalla. Una verifica spe-rimentale è possibile mediante l’analisi dei segnali EMG rica-vati su soggetti volontari che eseguono esercizi codificati (an-che se non è possibile misurare contemporaneamente tutti imuscoli agenti nella spalla). Tale ricerca segnala una grandedifferenza interindividuale nello svolgimento di uno specificoatto motorio come anche nella ripetività del soggetto.Se ne conclude che la formulazione matematica di una fun-zione obiettivo (sintesi dello scopo della ottimizzazione) vienecomplicata dalla necessità di dover considerare, ad un livellodi preminenza, le singole caratteristiche individuali.In particolare, per quanto riguarda la spalla, i rilievi EMG sem-brano indicare livelli di coattivazione muscolare ben superioria quelli risultanti dalle previsioni dei modelli biomeccanici me-no raffinati. La spiegazione viene ricercata nel fatto che, spe-cie per situazioni statiche o quasi-statiche, esiste una granderichiesta di precisione nella cinematica del movimento e que-sto, necessariamente, richiede livelli di coattivazioni muscola-ri di rango superiore per incrementare la rigidezza dell'artico-

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lazione della spalla. È stato anche suggerito (Gamet e Maton, 1989; Sirin e Parla,1987) me, durante le contrazioni sub-massimali di lunga dura-ta, il sistema nervoso provveda ad una costante regolazionedei livelli di attivazione dei singoli muscoli, all’interno di ungruppo muscolare, al fine di minimizzare la fatica e massimiz-zare il tempo di durata della attività.In ogni caso si deve supporre che il livello di co-contrazionesia modulato in funzione della precisione richiesta dall’attonello specifico istante dell’esecuzione.Le più recenti contribuzioni all’evoluzione del modello bio-meccanico della spalla si debbono a Niemi et Alt. (1996), cheintroducono una distinzione basata sul livello dello sforzo mu-scolare necessario per il compimento dell’atto motorio. Per attività di lunga durata a basso livello di carico, la mag-giore quantità di lavoro svolto è da attribuire alle fibre musco-lari di tipo I ed il supporto è dato dall’energia aerobica; in talesituazione la funzione obiettivo può essere costituita dalla mi-nimizzazione dei quadrati delle forze muscolari che realizzanolo sforzo totale. Aumentando il livello di sforzo anche le fibredi tipo II vengono coinvolte (energia anaerobica); in questa fa-se la funzione obiettivo può essere costituita dalla minimizza-zione dello sforzo per unita di sezione, al fine di procrastinare(o cercare di evitare) il reclutamento di tale tipo di fibre ed ilmanifestarsi della fatica. Appare ormai del tutto chiaro che soltanto la corretta indivi-duazione della reale funzione obiettivo consente la soluzionesoddisfacente del problema del comportamento biomeccani-co, statico e dinamico, dell’articolazione della spalla. Volendoconsiderare contemporaneamente tutti i tipi di movimentipossibili, dovremo orientarci verso la definizione di una fun-zione obiettivo dinamica, di tipo non lineare, costituita da unacombinazione “pesata” di differenti sub-criteri di ottimizzazio-ne. Tra questi dovremo considerare le attività neurali, tensio-ni, muscolari, gradienti delle accelerazioni impresse e dissipa-zione energetica nei muscoli. Non si potrà assolutamente tra-scurare l’esistenza di una programmazione centralizzata chesvolge sempre una funzione fondamentale nella personalizza-zione del movimento volontario della spalla.

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