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a cura di Eugenio Anessi Pessina
Elena Cantù
Rapporto OASI 2000
L’aziendalizzazione della sanità in Italia
prefazione di Elio Borgonovi
e Giovanni Fattore
CERGAS Egea
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11. Analisi sinottica dei modelli organizzativi adottati dalle aziende sanitarie lombarde di Elio Borgonovi e Federico Lega∗
11.1. Premessa
L’analisi condotta in questo lavoro riguarda i modelli organizzativi adottati dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e dalle Aziende Ospedaliere (AO) lombarde che hanno deliberato nel corso del 1998 il proprio piano di organizzazione aziendale (POA)1. La Tabella 11.1 riassume le aziende coinvolte nell’indagine: si tratta di tutte le 14 ASL e le 27 aziende ospedaliere operanti sul territorio della Lombardia.
Scopo dell’indagine è ricostruire le caratteristiche prevalenti dei modelli adottati, verificando quali scelte siano state maturate dalle diverse aziende alla luce dell’autonomia di cui godono, dei condizionamenti istituzionali ricevuti e delle possibili soluzioni-archetipo a cui potevano ispirarsi. Da questo quadro di sintesi si cercherà quindi di trarre alcuni spunti di riflessione relativi al grado di evoluzione del cosiddetto processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie.
Il lavoro procede attraverso alcuni paragrafi introduttivi volti a chiarire, gli aspetti metodologici dell’analisi (§. 11.2) ed il quadro di riferimento istituzionale (§. 11.3) presi a riferimento per la costruzione ed il completamento dello schema di indagine (§. 11.4), dai cui risultati prendono spunto le considerazioni conclusive (§. 11.5).
∗ Questo contributo rappresenta un adattamento dell’articolo pubblicato su Organizzazione
Sanitaria (n.2, 2000) e viene qui riproposto per gentile concessione dell’Editore. 1 Il materiale di supporto a quest’indagine è stato prodotto dal dott. Vittorio Lodolo d’Oria,
responsabile Ufficio Marketing dell’AO di Legnano, con la collaborazione della dott.sa Valente.
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Tabella 11.1. L’universo delle aziende analizzate
1. A.O. Bolognini di Seriate 22. A.O. S. Antonio Abate di Gallarate
2. A.O. Carlo Poma di Mantova 23. A.O. S. Carlo Borromeo di Milano
3. A.O. di Busto Arsizio 24. A.O. S. Gerardo di Monza
4. A.O. di Chiari 25. A.O. San Paolo di Milano
5. A.O. di Crema 26. A.O. Sant'Anna di Como
6. A.O. di Cremona 27. A.O. Spedali Civili di Brescia
7. A.O. di Desenzano 28. ASL Città di Milano
8. A.O. di Garbagnate 29. ASL della Provincia di Bergamo
9. A.O. di Lecco 30. ASL della Provincia di Brescia
10. A.O. di Legnano 31. ASL della Provincia di Como
11. A.O. di Melegnano 32. ASL della Provincia di Cremona
12. A.O. di Treviglio 33. ASL della Provincia di Lecco
13. A.O. di Vimercate 34. ASL della Provincia di Lodi
14. A.O. Eugenio Morelli di Sondalo 35. ASL della Provincia di Mantova
15. A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico - Milano 36. ASL della Provincia di Milano 1
16. A.O. Gaetano Pini - Milano 37. ASL della Provincia di Milano 2
17. A.O. Istituti Clinici di Perfezionamento 38. ASL della Provincia di Milano 3
18. A.O. Luigi Sacco - Milano 39. ASL della Provincia di Pavia
19. A.O. Niguarda - Milano 40. ASL della Provincia di Sondrio
20. A.O. Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi - Varese 41. ASL della Provincia di Varese
21. A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
11.2. Aspetti metodologici
La seguente analisi dei modelli organizzativi delle ASL e delle AO lombarde si basa sugli organigrammi che ciascuna azienda ha rappresentato nel proprio POA, e, di conseguenza, verterà principalmente solo su una delle variabili che definiscono un modello organizzativo, ossia la struttura.
Peraltro, la struttura viene indagata solo nella sua componente formale, dato che è l’unica desumibile da documenti ufficiali quali i piani di organizzazione. Ciò comporta il fatto che saremo limitati nel comprendere il tipo di meccanismi operativi messi in campo, solamente intuibili in base alle caselle organizzative che ricoprono funzioni collegate (ad esempio unità di staff preposte alla programmazione e controllo, alla gestione delle risorse umane, alla pianificazione e sviluppo strategico od organizzativo, ecc.), così come avremo solo in parte spunti di riflessione sui cambiamenti in atto nella cultura organizzativa, collegati all’individuazione di strutture di base più o meno orientate alla specializzazione settoriale piuttosto che all’integrazione orizzontale. Ricordiamo, infatti, che attraverso la struttura vengono individuate quelle unità organizzative elementari
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(le «scatole») da cui dipende la «differenziazione» del lavoro, cioè che rispondono a logiche di segmentazione delle attività all’interno dell’organizzazione funzionali a (Ruffini, 1996):
• mediare tra la necessità di minimizzare i costi interni di transazione e la ricerca di massimizzazione delle economie di specializzazione;
• mediare tra la necessità di preservare linee gerarchiche per specialità e funzione ed il bisogno di recuperare momenti di integrazione «circolare» attorno al prodotto aziendale, cioè l’assistenza al paziente.
Proprio questa seconda dicotomia individua le due concezioni di fondo che si scontrano nelle strutture sanitarie: la logica «professionale» della preservazione forte della specialità lungo l’asse gerarchico verticale e la logica dell’integrazione orizzontale, orientata al cliente e rispettosa delle interdipendenze sequenziali nei flussi di lavoro. In quest’ottica, il prevalere di una sull’altra, o la ricerca dell’equilibrio, così come emerge dallo studio degli organigrammi, fornisce utili indicazioni sulla cultura organizzativa che possiamo assumere dominante nella specifica azienda sanitaria.
Lo schema di indagine utilizzato prende spunto da quello proposto da Ruffini (1996), che individuava quattro livelli di progettazione:
1. la strutturazione degli organi di governo aziendale; 2. la definizione della rete di servizi attraverso cui assolvere alle funzioni di
prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; 3. la definizione della struttura organizzativa aziendale; 4. la costruzione di sistemi e meccanismi operativi a supporto ed orientamento
delle relazioni interpersonali.
Rispetto a questa tassonomia di base delle dimensioni progettuali, il nostro schema di indagine viene modificato da alcuni accorgimenti metodologici e con l’analisi di altre variabili, per i motivi di seguito illustrati.
In primo luogo, il punto di partenza di tutta l’analisi è necessariamente l’inquadramento del contesto istituzionale, necessario per poter valutare quanta parte delle scelte di struttura organizzativa delle aziende sanitarie lombarde è frutto di autonomia esercitata entro i limiti del disposto normativo e/o differentemente da quanto suggerito dalle linee guida in materia di organizzazione emanate dalla Regione.
In secondo luogo, se è vero che la struttura organizzativa rappresenta l’insieme coordinato delle modalità di distribuzione dei compiti e delle responsabilità tra i vari organi od unità organizzative aziendali, occorre precisare che tale distribuzione avviene operando in tre fasi, dato che è necessario in sequenza:
a. articolare organi, unità e funzioni generali; b. definire la struttura organizzativa di base; c. definire la struttura interna delle singole unità organizzative.
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Le prime due fasi costituiscono i problemi cosiddetti di macro-progettazione organizzativa, mentre la terza fa riferimento alla micro-progettazione: vale a dire che da un punto di vista logico bisogna prima decidere se ha senso istituire un’unità di staff che si occupi, ad esempio, del controllo di gestione aziendale, e solo successivamente ad una risposta affermativa occorre definire la sua struttura interna in termini di risorse umane, spazi logistici e risorse materiali dedicate. In questa sede, data la natura delle informazioni a disposizione, focalizzeremo l’attenzione solo sul livello macro della progettazione.
In terzo luogo, la natura particolare del modello organizzativo e di finanziamento del SSR lombardo, che ha introdotto principi di separazione tra aziende produttrici di alcune prestazioni sanitarie di primo livello ed acquirenti di quelle di secondo, terzo e quarto livello (le ASL), ed aziende solo fornitrici di tali prestazioni specialistiche ed ospedaliere (le aziende ospedaliere), rende interessante l’osservazione di come le varie organizzazioni si siano o si stiano preparando ad affrontare il nuovo ruolo «commerciale» che sono chiamate a svolgere: a tal scopo una variabile di analisi introdotta è rappresentata dalla formalizzazione con cui è stata trattata dalle aziende l’eventuale funzione acquisti/vendita, altrimenti spesso detta contrattazione/negoziazione di prestazioni sanitarie (o ancora più semplicemente unità «contratti»).
In quarto luogo, sempre collegato in particolare modo alla natura del SSR, lombardo è l’interesse per l’analisi della predisposizione o meno di eventuali unità organizzative preposte alla gestione delle relazioni con i medici di medicina generale, i quali dovrebbero rappresentare nel sistema a regime un canale importante di controllo e induzione guidata ed appropriata della domanda di prestazioni sanitarie di livello specialistico-ospedaliero;
Inoltre, le presenza e tipologia delle unità di staff, l’organizzazione dei servizi amministrativi ed il fenomeno della «dipartimentalizzazione» degli ospedali sono altri tre sotto-capitoli di analisi della struttura organizzativa volti a mettere in luce alcuni segnali più o meno coerenti con il processo di «aziendalizzazione», ma sarebbe meglio dire di acquisizione di logiche e strutture manageriali2, in corso nelle aziende sanitarie.
Infine, è bene precisare che oltre a tutti gli accorgimenti e limiti già trattati vi è un ulteriore considerazione da farsi: l’analisi degli organigrammi nasconde, infatti, il reale funzionamento delle aziende non solo perché ne presenta una visione parziale, cioè quello della struttura, ma anche perché la rappresentazione grafica del fenomeno può essere non corretta o comunque può trasferire un 2 Infatti, le strutture sanitarie costituiscono da sempre delle aziende, dato che ne presentano le
seguenti caratteristiche peculiari: - durata: sono destinate a perdurare poiché «sorgono e divengono per il conseguimento di fini
duraturi (i bisogni), nonostante il continuo mutare delle condizioni ambientali, sociali, politiche in cui agiscono»;
- unitarietà: poiché gli operatori che in esse agiscono e le risorse di cui si servono sono organizzate insieme al fine di produrre congiuntamente servizi per la comunità;
- autonomia; poiché sono chiamate ad agire nel migliore dei modi per raggiungere il loro fine istituzionale.
Per approfondimenti sul concetto di azienda, si veda Masini (1988)
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messaggio diverso da quello voluto. La superficialità con cui vengono disegnate le relazioni tra unità organizzative, il mancato utilizzo di accorgimenti grafici semplici ma utili a differenziare la natura funzionale o strutturale delle unità organizzative (si pensi al caso dei dipartimenti ospedalieri), la scelta del dettaglio o della complessità della rappresentazione sono tutti fattori che necessariamente influenzano qualsiasi tipo di analisi in quanto si prestano almeno in parte ad interpretazioni diverse a seconda dell’analista. Quella che segue è quindi un’indagine che rispecchia scelte ed interpretazioni degli autore, che non intende proporre considerazioni prescrittive, quanto piuttosto stimolare ulteriori riflessioni sulle modalità organizzative delle aziende sanitarie lombarde e sul grado di innovazione di tipo «manageriale» che presentano.
11.3. Il quadro istituzionale di riferimento
Il contesto istituzionale con cui si confrontavano le aziende al momento della definizione del proprio POA era fondamentalmente costituito dai seguenti riferimenti:
• Dlgs 502/92 e successive modificazioni; • L.R. n. 31/97; • linee guida per l’organizzazione delle aziende sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere approvate con delibera regionale 34726/98.
All’articolo 3 del Dlgs 502/92 di riforma del SSN. viene sancito a chiare lettere il principio dell’autonomia organizzativa per le strutture sanitarie pubbliche3, in quanto requisito indispensabile per concretizzare il loro processo di graduale aziendalizzazione. Il successivo Dlgs 229/99 non modifica tale principio. La legge regionale 31/97 ripropone il concetto di autonomia organizzativa, provvedendo contemporaneamente a riorganizzare il Servizio Sanitario Regionale attraverso l’accorpamento delle ASL in 14 aziende di dimensione provinciale4 e lo scorporo e contestuale riaggregazione in aziende autonome dei presidi ospedalieri (e dei poliambulatori specialistici territoriali) a loro precedentemente afferenti5, che si affiancano o completano quindi le aziende ospedaliere già costituite in precedenza: in questo modo, il SSR lombardo è stato orientato verso il principio della separazione tra acquirente e fornitore di prestazioni sanitarie, dove l’ASL è chiamata a svolgere il primo ruolo e l’azienda ospedaliera quello di
3 Art. 3, comma 1: «l’unità sanitaria locale è azienda dotata di personalità giuridica, di autonomia
organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali».
4 Tranne nel caso della Provincia di Milano che si compone di 4 ASL. Nell’analisi la ASL della Vallecamonica si considera ancora parte della ASL di Brescia.
5 A scopo di sperimentazione e di controllo degli effetti prodotti dal riordino del SSR lombardo, nelle ASL di Pavia, Lodi e Sondrio non è stato effettuato lo scorporo dei presidi ospedalieri.
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produttore insieme ai privati accreditati. Dal punto di vista dell’organizzazione aziendale, la legge prevede che le ASL, a seguito proprio dello scorporo della componente specialistica, adottassero una struttura di base centrata su tre dipartimenti: il dipartimento di prevenzione, il dipartimento dei servizi sanitari di base, il dipartimento della attività socio-sanitarie integrate (A.S.S.I.).
Le linee guida regionali per l’organizzazione delle aziende sanitarie avevano
il compito di supportare i responsabili aziendali nella progettazione organizzativa richiesta a seguito dei mutamenti avvenuti nella composizione delle aziende del SSR lombardo. Il POA rappresenta lo strumento di formalizzazione di tali scelte organizzative. A tal fine la Regione ha preparato alcune tavole di indirizzo relative a:
• Organizzazione generale della ASL; • Dipartimento A.S.S.I.; • Dipartimento dei servizi sanitari di base; • Dipartimento di prevenzione; • Distretto sanitario; • Distretto di medicina veterinaria; • Organigramma Azienda Ospedaliera.
Di seguito presentiamo i due schemi più interessanti per i fini della nostra indagine, quello relativo alla organizzazione generale di ASL (Figura 11.1) e quello relativo all’Azienda Ospedaliera (Figura 11.2), riservandoci di commentare nel corso dei successivi paragrafi l’impostazione regionale normativa e di indirizzo alla luce di quanto recepito o diversamente applicato dalle aziende sanitarie lombarde. Unica precisazione che è importante fare fin da subito riguarda l’aspetto problematico posto dalle relazioni tra distretto socio-sanitario e dipartimento, laddove negli indirizzi-guida lombardi rimane aperto il problema di chi governi le risorse professionali dell’azienda, lasciando così, come vedremo, ampio spazio a soluzioni progettuali che vanno da modelli distrettuali puri a modelli incentrati sui dipartimenti.
Infine, occorre comunque sottolineare come il Dlgs 229/99 abbia portato alcune novità importanti a livello di organizzazione delle aziende sanitarie, soprattutto per quanto riguarda la natura del Distretto sanitario (art. 3-quater e successivi), i requisiti per diventare e rimanere AO (art. 4), l’organizzazione del Dipartimento di Prevenzione (art. 7-quater), che devono essere tenute in debita considerazione in sede di commento delle scelte operate dalle aziende lombarde.
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Figura 11.1. Schema per l’organizzazione della ASL
Fonte: D.G.R. 34726/98
11.4. L’analisi degli organigrammi delle aziende sanitarie lombarde
Lo schema completo di analisi utilizzato verte sui seguenti punti di approfondimento, a ciascuno dei quali è dedicato un paragrafo in cui, quando necessario, vengono affrontati separatamente il caso delle ASL e quello delle aziende ospedaliere:
• Assetto di governo; • Funzioni di staff; • Funzione acquisti e vendita di prestazioni sanitarie; • Altri servizi amministrativi; • Il dipartimento di Prevenzione; • La «dipartimentalizzazione» degli ospedali; • La macrostruttura organizzativa delle ASL ed eventuali ruoli di
coordinamento; • I rapporti con i MMG e PLS.
Linea gerarchica
Linea dicoordinamento
* nelle ASL ove tali strutture sono attivate
Direttore Sociale Direttore Amministrativo
Direzione Sanitaria
Direzione Amministrativa
Distretti di Medicina Veterinaria
Distretti socio - sanitari Presidi ospedalieri a gestione diretta *
Servizio acquisto prestazioni, analisi delle domanda e accreditamento delle strutture
Uffici di Staff : controllo interno di gestione controllo di qualità comunicazione sviluppo risorse umane
Direttore Generale
Direttore Sanitario
Dipartim entoPre ve nzione
Dipartim e ntoSe rv. Sanitari
Di Bas e
DipartimentoA.S.S.I.
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Figura 11.2. Schema per l’organizzazione dell’Azienda Ospedaliera
Fonte: adattamento da D.G.R. 34726/98
11.4.1. Assetto di governo
Rispetto al problema dell’assetto di governo, ci è sembrato significativo riclassificare le diverse soluzioni adottate dalle aziende in due macro-categorie logiche:
1. l’assetto monocratico, cioè del «un uomo solo al comando»; 2. l’assetto da triumvirato, in cui i tre direttori aziendali (DG, DS e DA, più
eventualmente il quarto rappresentato dal Direttore Sociale nelle ASL) costituiscono una Direzione Aziendale «allargata» e governano congiuntamente tutti gli aspetti strategici della vita aziendale.
Due riflessioni si rendono necessarie:
• in primo luogo la significatività di questa dicotomia è data dal fatto che il contesto istituzionale prevedeva al momento della deliberazione dei POA lombardi la figura del DG quale accentratore dei poteri di governo: questa
Dirigente Medico
di Presidio 2
UFFICI STAFF
DIREZIONE SANITARIA
DIREZIONE AMMINISTRATIVA
Serviz io farmaceutico Serv iz io infermieris tico
Serv iz io tecnologie biomediche
Dirigente Amministrativo
di Presidio 1
Dirigente Amministrativo di
Presidio 2
Responsabile Dipartimento
Dirigente Medico
di Presidio 1
Responsabile Dipartimento 1
Responsabile Dipartimento 2
Responsabile Dipartimento
Resp onsabile U.O.
Resp onsabile U.O.
Resp onsabile U.O.
Resp onsabile U.O.
Resp onsabile U.O.
Resp onsabile U.O.
Responsabile Dipartimento
Res pons abile U.O.
Responsabile U.O.
Responsabile Dipartimento
Responsabile U.O.
Responsabile U.O.
Direttore Generale
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soluzione aveva già scatenato molte riflessioni e perplessità sulla sua validità rispetto a scelte diverse che si focalizzavano sul possibile ruolo svolto da un Consiglio di Amministrazione e che sembrano essere state accolte nelle linee guida regionali, dove è prevista una Direzione Generale allargata per le ASL, contenente la triade direttiva (mentre nelle AO vi è l’impostazione tradizionale con le unità di staff collocate alle dipendenze dirette del Direttore Generale), e più di recente nella Riforma-ter, quando prevede all’art. 17 il Collegio di Direzione, disciplinato dalla Regione prevedendo «la partecipazione del Direttore Sanitario ed Amministrativo, di Direttori di Distretto, di Dipartimento e di Presidio». È quindi interessante fin da subito osservare i comportamenti tenuti dalle aziende prima ancora che si arrivasse alla controproposta istituzionale;
• in secondo luogo è bene precisare che non è dal solo organigramma che si può comprendere veramente la natura accentrata o decentrata dell’esercizio dei poteri di direzione dell’azienda sanitaria: quello che registra l’organigramma è l’eventuale grado di formalizzazione che si vuole trasmettere rispetto al decentramento, o meglio alla partecipazione di più soggetti (principalmente i diversi direttori aziendali) al governo aziendale. Nulla toglie però che a fronte di un organigramma che rispetta fedelmente l’ordine gerarchico istituzionale non vi siano nella realtà processi decisionali di tipo partecipativo, così come può avvenire l’esatto contrario.
I risultati dell’analisi mostrano una situazione tale per cui 5 ASL su 14 e 5 AO su 27 hanno esplicitato una qualche sorta di direzione allargata, a cui si aggiunge il caso di una AO che presenta un «tavolo delle politiche» in cui in sostanza vengono discussi i problemi di ordine strategico.
Almeno sulla carta, sembra quindi prevalere l’idea di una gestione delle aziende sanitarie molto accentrata nelle mani del Direttore Generale o che comunque rispecchia le linee gerarchiche istituzionali: una soluzione questa la cui prevalenza è comunque almeno in parte spiegata e comprensibile alla luce del rapporto fiduciario che si instaura tra Regione e Direttore Generale scelto e responsabilizzato sui risultati, soprattutto nel caso della Lombardia in cui il sistema era sottoposto ad un forte stress dovuto proprio alla riorganizzazione radicale del SSR.
Le «mosche bianche» che hanno optato per soluzioni di governo formalmente più partecipative si collocano lungo un continuum che va da soluzioni in cui si intravede un bagliore di governo congiunto a soluzione di massima integrazione in cui scompaiono le stesse relazioni gerarchiche tradizionali (Figura 11.3).
11.4.2. Funzioni di staff
Le unità di staff si differenziano da quelle di line in quanto non partecipano direttamente alla produzione finale dell’azienda, ma presidiano funzioni trasversali e comuni per tutta l’organizzazione. Ad esempio, le divisioni ed i servizi sono unità di line, mentre l’ufficio controllo di gestione, quello del
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marketing, della qualità, delle analisi statistiche ed epidemiologiche sono unità di staff.
Rispetto a questa dimensione di analisi due sono le domande che sembrava interessante affrontare:
• da un lato era importante osservare la tipologia delle funzioni espressamente ricoperte dalla unità di staff deliberate nei POA. Infatti, anche se la presenza o meno di un’unità di staff formalmente deliberata non significa che una funzione sia assente, adeguatamente svolta o semplicemente presidiata, cosa che potrebbe comunque avvenire in altri modi ed attraverso unità organizzative non specificatamente dedicate, tuttavia l’esistenza dell’unità è di per sé un segnale dell’importanza che, almeno sulla carta, tale funzione riveste o dovrebbe avere nelle politiche aziendali;
• dall’altro lato, era anche importante chiarire le relazioni di dipendenza organizzativa delle unità di staff, cioè il fatto che esse afferissero esclusivamente al Direttore Generale, ad uno degli altri Direttori aziendali o a tutti quanti indistintamente: alla base di questa analisi c’è l’implicita assunzione che una diversa linea di relazione si colleghi all’assetto di governo, rinforzando scelte di accentramento o decentramento dei poteri.
A livello di ASL e di AO, i risultati mostrano una situazione tale per cui le unità di staff più frequenti sono sintetizzati nella seguente Tabella 11.2.
Tabella 11.2. Le unità di staff più presenti nelle aziende sanitarie lombarde
Uffici di staff ASL
AO
Ufficio qualità6 (*) 7 16 Ufficio controllo di gestione (*) 10 277 Ufficio programmazione e/o sviluppo organizzativo 5 10 Ufficio gestione e formazione delle risorse umane (*) 11 13 Ufficio analisi epidemiologiche 8 4 Ufficio sistemi informativi 5 21 Ufficio marketing 2 12 Ufficio comunicazione (*) 138 169 (*) Uffici di staff previsti dalle linee guida regionali
6 In alcuni casi assume anche la funzione di certificazione ISO. 7 Spesso unito con quello di programmazione. 8 Solo in tre casi non coincide anche con l’URP. 9 In sette casi coincide anche con l’URP.
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Figura 11.3. Soluzioni di assetto di governo da triumvirato
Fonte: adattamento da POA delle ASL di Lecco e Brescia e della AO «G. Pini» di Milano
300
Sia nelle ASL che nelle AO, a livello di dipendenza gerarchica, la parte del leone la fanno i Direttori Generali, a cui nella stragrande maggioranza delle aziende afferiscono direttamente ed esclusivamente tutte le precedenti unità di staff.
Alcune riflessioni sono a questo punto possibili:
• in primo luogo si osserva il mancato sviluppo diffuso di alcune funzioni di staff che meriterebbero un posto di rilievo all’interno dell’azienda, come sottolineano anche le linee guida emanate dalla Regione che prevedono esplicitamente, tra gli uffici di staff delle ASL, il controllo di qualità, la comunicazione e lo sviluppo risorse umane. I numeri sopra citati parlano chiaro, soprattutto se si considera che il mix con cui le diverse unità di staff sono presenti nelle aziende sanitarie è vario, dando così luogo non tanto ad una situazione dicotomica in cui metà delle aziende sono ben attrezzate e l’altra metà in ritardo, quanto ad un quadro in cui la maggior parte ha alcuni punti presidiati, ma anche diverse lacune;
• in secondo luogo si osserva chiaramente la tendenza all’accentramento nell’esercizio del governo delle aziende sanitarie, che non traspare solo dalle relazioni gerarchiche cui sono almeno formalmente sottoposte le unità di staff, ma anche dall’assenza o scarsa rilevanza di alcune funzioni di staff che possiamo ritenere invece indispensabili alla luce dei processi di modernizzazione in corso nelle strutture sanitarie: ad esempio la funzione di gestione e sviluppo delle risorse umane, evidentemente diversa per contenuti e logiche da quella ricoperta dal servizio amministrativo del personale, la funzione di pianificazione strategica, presente complessivamente in 6 aziende su 41, la funzione di analisi statistiche ed epidemiologiche, presente nella sola metà delle ASL che operano in un sistema in cui il governo della domanda, e quindi la conoscenza del bisogno, è fondamentale, la funzione di marketing, presente in meno della metà delle aziende ospedaliere, che invece si apprestano ad avere un ruolo istituzionale più «commerciale» che nel passato. L’implicito sottostante questo assunto dell’accentramento si spiega con il fatto che quando non esiste una unità organizzativa espressamente prevista per sviluppare una determinata funzione di staff, questa o non viene svolta, o viene in genere comunque presidiata dalla Direzione Aziendale stessa;
• in terzo luogo, l’accentramento si nota anche in soluzioni organizzative «atipiche» registrate in alcune ASL, tali per cui gli uffici di direzione tecnico-infermieristica, quelli di medicina legale, di educazione alla salute, ecc., sono posti alle dirette dipendenze del Direttore Generale piuttosto che del Direttore Sanitario;
• infine, si nota in assoluto una estrema varietà nella tipologia delle unità di staff, cosa che sottolinea un buon esercizio dell’autonomia organizzativa ed una progettazione contestualizzata alla realtà di riferimento: emergono così, oltre alle tradizionali unità di staff, l’«Ufficio Euro», il nucleo di verifica dell’attività libero professionale, il servizio ispettivo, il press office, ecc.
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11.4.3. Funzione acquisti e vendita di prestazioni sanitarie
La terza dimensione di analisi affrontata riguarda specificatamente la predisposizione o meno di un’unità di staff dedicata alla funzione di acquisto o vendita di prestazioni sanitarie, compiti fondamentali nel modello di SSR voluto dalla Regione Lombardia, come conferma il fatto che nelle linee guida sia previsto esplicitamente in staff alla Direzione Generale di ASL un servizio di acquisto prestazioni, analisi della domanda e accreditamento delle strutture.
Inoltre, questa variabile di indagine assume una rilevanza che supera la semplice individuazione della sua presenza od assenza, dato che può essere interpretata anche come proxy delle rapidità con cui la aziende sanitarie sono in grado di adeguarsi al mutato contesto istituzionale recependone gli aspetti importanti. In effetti, il caso della Lombardia spiega bene l’importanza di questa riflessione, dato che cambiamenti istituzionali ed aziendali sono legati ad un doppio filo che può innestare circoli virtuosi o viziosi: ad esempio, un circolo vizioso si verifica quando il ritardo nel dotarsi delle risorse e competenze necessarie a svolgere la funzione acquisti nelle ASL determina un ritardo nella messa a regime del modello di SSR che a sua volta abbassa la tensione aziendale all’innovazione provocando ulteriori ritardi a catena.
Sotto questo punto di vista, i risultati non sono particolarmente incoraggianti, dato che solo 8 ASL su 14 hanno previsto una funzione di staff per gli acquisti, e solo 3 aziende ospedaliere una funzione «commerciale» di vendita, anche se è probabile che tale funzione sia in realtà spesso svolta dall’ufficio marketing, presente in 12 AO su 27 totali. Inoltre, non è dato sapere, ma potrebbe essere possibile, che nei casi in cui non vi sia un’unità formale dedicata, queste funzioni vengano implicitamente assegnate ai servizi amministrativi.
Quest’ultima considerazione apre lo spazio per una riflessione importante, che si collega all’interpretazione degli effetti della dipendenza gerarchica che l’unità di staff preposta alla funzione acquisti/vendita ha rispetto alla triade direttiva. È, infatti, probabile che, a seconda della dipendenza prevalente, la funzione acquisti assuma una caratterizzazione più giuridica, cioè di correttezza formale dei contratti stipulati, se dipende direttamente dalla Direzione Amministrativa, più sanitaria, cioè di valutazione del rapporto domanda-offerta, se dipende dalla Direzione Sanitaria, più «economica», cioè di attenzione al mix tipologia-prezzo delle prestazioni, se dipende dalla Direzione Generale (Tabella 11.3). A nostro avviso, la soluzione migliore è in questo caso una vera e propria posizione di staff trasversale alle tre direzioni, con un’unità organizzativa che racchiuda o che collabori strettamente con risorse e competenze provenienti dall’area sanitaria, da quella amministrativa e possibilmente anche dall’area «commerciale» tipica del contesto imprenditoriale, attraverso l’inserimento di risorse umane provenienti dall’esterno dell’azienda che contribuiscano a creare una cultura in tal senso. Per quanto riguarda invece la funzione vendita è probabile che, date le convenienze stimolate dal sistema, questa si concentri prevalentemente su aspetti commerciali, a meno di influssi molto forti provenienti da indirizzi di programmazione dell’offerta forniti dalla Direzione Sanitaria, ovviamente in accordo con la Direzione Generale: al di là delle convenienze stimolate dal sistema sanitario,
302
sarebbe infatti auspicabile una mediazione dell’approccio economico con uno più «etico», maggiormente orientato alla programmazione dell’offerta in funzione dei bisogni reali, all’appropriatezza delle prestazioni fornite, alla riprogettazione del mix dei regimi di erogazione (ordinario, DH/DS, ambulatoriale).
Tabella 11.3. Gli impatti delle dipendenze gerarchiche sulla funzione acquisti-vendita
«Ven
dita
» Area dei possibili influssi di programmazione sanitaria
dell’offerta
Accezione economico-commerciale
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Accezione di programmazione
sanitaria
Accezione Giuridica
Accezione economica
Direzione Sanitaria
Direzione Amministrativa
Direzione Generale
Linea gerarchica di collocazione
A livello di ASL, i risultati dell’indagine mostrano 5 casi collocati
direttamente in staff alla Direzione Generale, 2 casi sotto la Direzione Sanitaria ed un caso sotto quella Amministrativa. Nel caso delle aziende ospedaliere sono sempre in staff al Direttore Generale, tranne un caso esplicito in cui vi è un servizio «contratti» inserito nell’area amministrativa.
11.4.4. I servizi amministrativi
L’osservazione dell’area amministrativa è stata condotta per un duplice scopo:
• da un lato, verificare se l’organizzazione dei servizi amministrativi prevedesse o meno l’aggregazione in dipartimento, così come indirizzavano le linee guida regionali e come, ad esempio, ha deciso la AO di Vimercate (Figura 11.4). La finalità ultima non era tanto osservare il rispetto di indicazioni istituzionali, quanto indagare il fenomeno del dipartimento amministrativo perché rappresenta, per l’azienda sanitaria, una scelta rilevante, costituendo un passaggio obbligatorio per il Direttore Amministrativo che intenda delegare parte dei suoi compiti operativi al fine di concentrarsi maggiormente sugli aspetti di conduzione strategica dell’azienda insieme agli altri direttori. Ciò non avviene necessariamente, dato che il responsabile di dipartimento
303
potrebbe, e spesso accade, coincidere con il Direttore Amministrativo, ma comunque rappresenta nei fatti una strada organizzativa per creare i presupposti di un futuro decentramento maggiore delle responsabilità amministrative;
Figura 11.4. La separazione tra Direttore amministrativo e responsabile di dipartimento nella AO di Vimercate
Fonte: adattamento da POA della AO di Vimercate
• dall’altro lato, sembrava interessante analizzare anche quale decentramento formale di compiti e funzioni amministrative fosse previsto nei POA ai livelli organizzativi di produzione, cioè i distretti, presidi ospedalieri, dipartimenti, ecc. Una scelta, questa, che ovviamente si applica in particolare alle ASL, che possono scegliere di potenziare o meno i propri dipartimenti e distretti sanitari anche dal punto di vista amministrativo.
Sfortunatamente, la significatività di questa analisi è molto ridotta in conseguenza del fatto che molte scelte di decentramento, tra cui, ad esempio, alcuni acquisti economali e la gestione di quote degli appalti, passano attraverso i meccanismi operativi e non necessitano di strutture organizzative formali. In altre parole, attraverso i processi di programmazione e controllo è possibile delegare
DIREZIONE GENERALEDIREZIONE GENERALE
Referente Assicurazione QualitàReferente Assicurazione QualitàSegreteria di DirezioneAmministrativa
Segreteria di DirezioneAmministrativa
Unità OperativaApprovvigionamenti
U.O. Economico -Finanziaria
U.O. Tecnico -Patrimoniale
U.O. Affari GeneraliLegali
U.O. Amministrazione delPersonale
U.O. Gestione delSistema Informatico
Gestione Risorse Umane
RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTOAMMINISTRATIVO
Dirigente Amministrativo P.O.complesso di Vimercate
Dirigente Amministrativo P.O.complesso di Sesto S. Giovanni
Dirigente Amministrativo P.O.complesso di Desio
Dirigente Amministrativo P.O.complesso di Carate
DIRETTOREAMMINISTRATIVO
DIRETTOREAMMINISTRATIVO
304
alcune attività amministrative alla «periferia» dell’organizzazione, assegnando, ad esempio, specifici budget finanziari al Distretto a fronte di attività predefinite che gestirà in autonomia, quali l’utilizzo di una quota degli appalti di pulizia o di manutenzione, o la realizzazione di alcuni acquisti di beni di consumo di valore contenuto. Tuttavia, anche alla luce delle recenti innovazioni normative apportate nei processi di acquisto con valore al di sotto delle soglie comunitarie, abbiamo comunque ritenuto interessante osservare il fenomeno del decentramento amministrativo attuato mediante la struttura organizzativa, al fine di fornire ulteriori stimoli alla riflessione sulle opportunità di «snellimento» di alcune procedure amministrative oggi ancora troppo accentrate: un problema aggravato e reso ancora più urgente dalle attuali situazioni di maggiore complessità che le aziende sanitarie devono gestire, essendo cresciute geograficamente e strutturalmente (si pensi, nel caso lombardo, alle AO multipresidio e alle ASL di dimensione provinciale).
I risultati mostrano una situazione in cui complessivamente 6 ASL su 14 e 19 AO su 27 hanno previsto un dipartimento amministrativo, mentre le restanti hanno optato per la scelta tradizionale dei servizi sottoposti direttamente al Direttore Amministrativo. Tra le soluzioni dipartimentali è interessante quella della ASL di Pavia, che invece di un unico dipartimento ha optato per quattro dipartimenti trasversali alle unità di produzioni territoriali ed ospedaliere (Pavia è una delle ASL che continua a gestire un proprio presidio ospedaliero), ciascuno focalizzato su un’area di intervento strategico (Figura 11.5).
Per quanto riguarda le scelte di decentramento visibili nella struttura
organizzativa, solo nella ASL di Varese, si intravede dagli organigrammi la decisione di creare unità amministrative decentrate e collocate nei Distretti sanitari, ma ovviamente ciò non toglie che questa sia una decisione comunque implicita (un nucleo amministrativo è necessariamente sempre presente nel Distretto) o semplicemente rimandata dalle altre ASL al momento della definizione più precisa dei Distretti.
305
Figura 11.5. L’area amministrativa della ASL di Pavia
Fonte: adattamento da POA della ASL di Pavia
11.4.5. Il dipartimento di igiene e prevenzione
Rispetto al Dipartimento di Prevenzione, previsto dalla legge di organizzazione regionale come una delle articolazioni di base delle ASL, si è cercato di comprendere, dall’analisi degli organigrammi, eventuali momenti di integrazione «forte» e formalizzata con le restanti strutture di produzione aziendali, in particolare con riferimento al Distretto. L’osservazione mostra, invece, nella totalità dei casi la scelta di mantenere un dipartimento di Prevenzione «monolitico» a sé stante rispetto al contenitore produttivo del Distretto, con il quale è comunque probabile che, almeno in alcuni casi, vi sia non solo condivisione di spazi logistici, ma anche integrazione funzionale sulle attività svolte. Una soluzione questa che mostra alti gradi di coerenza con il passato e con il futuro, rappresentato dal dipartimento di igiene e prevenzione tratteggiato dal Dlgs 229/99, anche se richiede validi meccanismi operativi per garantire poi quel minimo di integrazione sulle attività distrettuali necessaria a garantire la continuità assistenziale.
DipartimentoPersonale
DipartimentoPersonale
DipartimentoRisorseStrumentaliPrevenzioneProtezione
DipartimentoRisorseStrumentaliPrevenzioneProtezione
DipartimentoAlberghiero
DipartimentoAlberghiero
DipartimentoRisorseEconomicoFinanziarie
DipartimentoRisorseEconomicoFinanziarie
Direzioni DipartimentiTecnico/Amministrativi
Direzioni DipartimentiTecnico/Amministrativi
DIRETTORE GENERALEDIRETTORE GENERALE
DirettoreAmministrativo
DirettoreAmministrativo
306
11.4.6. La «dipartimentalizzazione» degli ospedali
Tra le aspettative maggiori connesse ai processi di modernizzazione delle aziende ospedaliere, un posto di rilievo è sicuramente ricoperto dagli obiettivi di «dipartimentalizzazione» delle divisioni e dei servizi specialistici, essendo ad oggi la struttura dipartimentale ospedaliera comunemente indicata come la soluzione alla maggior parte dei problemi di efficienza, qualità ed integrazione dell’attività clinico-assistenziale (cfr capitolo 9).
L’analisi si è focalizzata su due aspetti:
1. il grado e la natura della «dipartimentalizzazione» delle aziende ospedaliere lombarde;
2. la tipologia di dipartimenti costituiti.
Rispetto al primo punto, l’analisi degli organigrammi mette in luce una situazione in cui, ad eccezione dell’azienda ospedaliera di Desenzano, tutte le restanti aziende hanno provveduto a completare la dipartimentalizzazione delle proprie unità operative, utilizzando varie formule organizzative: si osservano quindi dipartimenti funzionali (che non prevedono la comunizzazione fisica di spazi e risorse), dipartimenti strutturali (che si fondano sulla contiguità spaziale delle unità operative accorpate), dipartimenti gestionali (che governano gerarchicamente i fattori produttivi di cui dispongono), dipartimenti con sole finalità scientifiche e di ricerca congiunta. In linea generale, non è possibile individuare una natura prevalente dei dipartimenti progettati, dato che ciascuna azienda presenta un mix peculiare: una soluzione atipica, che merita attenzione, è quella dell’AO di Vimercate, in cui si è optato per dipartimenti di natura funzionale e gestionale, al cui interno però, data la complessità organizzativa collegata alla presenza di più presidi geograficamente separati e per favorirne la crescita scientifica, trovano collocazione ulteriori «aree funzionali omogenee» (AFO) che raggruppano le unità operative e le articolazioni organizzative omogenee per disciplina medica (Tabella 11.4). Le AFO sono presiedute da un primario titolare di una delle unità operative.
307
Tabella 11.4. Il dipartimento di chirurgia dell’AO di Vimercate
DIPARTIMENTO DI CHIRURGIA AREE FUNZIONALI OMOGENEE UNITA’ OPERATIVE
Chirurgia Generale Divisioni di Chirurgia Generale: I e II di Vimercate I e II di Sesto S. Giovanni Desio Carate Brianza Vaprio d’Adda Giussano
Ortopedia e Traumatologia Divisioni di Ortopedia e Traumatologia: Vimercate Desio Carate Brianza Giussano
Otorinolaringoiatria Divisioni di Otorinolaringoiatria: Vimercate Desio
Oculistica Divisioni di Oculistica: Vimercate Desio
Urologia Divisioni di Oculistica: Vimercate Desio
Fonte: adattamento da POA della AO di Vimercate Altre aziende, tra cui ad esempio Seriate, hanno adottato soluzioni simili
costruendo dipartimenti interpresidio con finalità gestionali, che quindi dovrebbero consentire all’azienda di operare sinergicamente come una vera e propria rete organizzativa composta dai diversi presidi ospedalieri.
Per quanto riguarda il secondo punto, la tipologia di dipartimenti deliberati, come base di riferimento possiamo prendere la tassonomia dei possibili archetipi organizzativi dipartimentali che l’osservazione della realtà ha permesso di ricostruire (Zanetti, 1994):
• aggregazione per intensità e gradualità delle cure; • aggregazione per gruppi di età (ad es. dipartimenti materno-infantile e
geriatrico); • aggregazione per settori nosologici (ad es. dipartimento cardio-vascolare); • aggregazione per grandi aree specialistiche (ad es. dipartimenti delle
specialità mediche e delle specialità chirurgiche); • aggregazione per organo od apparato (ad es. il dipartimento cardiologico, il
dipartimento di gastroenterologia);
308
• aggregazione che tenga conto del momento di intervento sanitario (ad es. il dipartimento di emergenza o di riabilitazione);
• aggregazione di ogni altro tipo che colleghi strutture affini, complementari ed anche diverse dell’ospedale e di eventuali istituzioni e strutture sanitarie del territorio, purchè finalizzata ad obiettivi assistenziali, didattici e di ricerca comuni: in questa categoria possono essere ricondotti i dipartimenti «residuali», quali quello di immagini o di laboratorio, oppure i dipartimenti cosiddetti «transmurali», cioé di raccordo fra l’ospedale ed il territorio di riferimento (il dipartimento di emergenza può rappresentare un esempio anche di questo criterio di accorpamento).
La precedente classificazione mette in luce l’ampio spettro delle logiche dipartimentali attuabili nel ridisegno degli schemi organizzativi ospedalieri, tale per cui spesso coesistono all’interno di un ospedale più dipartimenti costituiti secondo diversi criteri ed una stessa unità organizzativa potrebbe essere suscettibile di accorpamento in più modi a seconda del criterio preferito tra quelli utilizzabili.
Un esempio interessante del mix di criteri contemporaneamente adottabili è rappresentato dall’azienda ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo (Figura 11.6).
In generale, l’analisi degli organigrammi mette in luce una notevole varietà nella composizione dei dipartimenti, che sembrano ispirarsi sia a scelte «forzate» collegate alla presenza duplicata della stessa specialità all’interno dello stesso presidio o tra più presidi, sia a scelte interne collegate all’evoluzione delle «eccellenze» di ciascun ospedale o più semplicemente allo sviluppo ed all’esercizio dei rapporti di forza.
Come prevedibile, quasi tutti le aziende ospedaliere hanno optato per soluzioni miste, in cui sono presenti dipartimenti aggregati secondo vari criteri. Per dare un’idea di massima della varietà riscontrata, la seguente Tabella 11.5 riassume i principali dipartimenti individuati dall’analisi complessiva di tutte le aziende ospedaliere lombarde. Ovviamente, la complessità e varietà è aumentata dal fatto che appellativi uguali di dipartimento nascondono spesso composizioni diverse, al punto che la composizione in termini di unità operative un dipartimento di chirurgia di un’azienda non è quasi mai uguale a quello presente in altre realtà, ma anche da situazioni opposte in cui a nomi diversi possono corrispondere accorpamenti uguali.
309
Figura 11.6. I dipartimenti dell’azienda ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo
Fonte: adattamento da POA dell’AO Ospedali Riuniti di Bergamo
Tabella 11.5. La varietà nella composizione dei dipartimenti ospedalieri
APPELLATIVI DEI DIPARTIMENTI Chirurgia Riabilitazione e lungodegenza Medicina di laboratorio Analisi e microbiologia Medicina generale Diagnostica per immagini Ortopedia e traumatologia Psichiatria Testa-collo Medicina nucleare Medicina trasfusionale Cardiovascolare Cardiopolmonare Cardiotoracico Pneumo-oncologico Anatomia patologica Nefro-urologico Oncologia Unità spinale Medicina respiratoria Tecnologie pesanti Neuroscienze Oftalmologia Reumatologia Cardiorespiratorio Medicine specialistiche Immunologia e clinica di trapianto Pediatrico Allergologia Farmacia
DIRETTORE SANITARIO
Dip. Infermieris tico e Tecnico-Sanitario
Im m unologia e C linica dei Trapianti
Chirurgia del Sis tema Nervoso e di Sc ienze
Neurologiche
Diagnos tica per Im m agin i
Salute Mentale
Cardiovas colare
Materno-Infantile
Clinico e Sperimentale di Oncologia ed
Ematologia
Pres id io Os pedali R iuniti
Pediatrico
Pres id ioTerritoria le d i Medicina Specialis tica
Patologia C linica
Urgenza ed Em ergenza d i Alta Specia lizzazione
Allergologia
Staf f Direz ione Sanitaria. Segreteria e coordinamento. Uf f ic io relaz ioni col pubblico. Epidemiologia e s tatis tica sanitaria. V alutaz ione e miglioramento continuo della qualità. V alutaz ione delle tecnologie sanitarie
Uf f ic i e Serv iz i Direz ione Sanitaria. Gestione cartelle c liniche. A ss is tenza soc iale. Biblioteca medica. Serv iz io di dietetica. Centrale di s terilizzaz ione
Farm acia Clinica e Farm acologica
Medicina
Chirurgia
MedicinaTras fus ionale ed Em atologia
UNITA' OPERATIVE DI DIAGNOSI E CURA
DIPARTIMENTI SANITARI
310
Alcune situazioni particolari meritano tuttavia di essere messe in luce in quanto presentano elementi di utile riflessione:
• nelle AO di Crema e Brescia sono in via di attivazione rispettivamente un dipartimento di Direzione e Supporto, contenente le Direzioni Mediche dei presidi ospedalieri (PP.OO), le Farmacie, l’ufficio infermieristico, le Direzioni amministrative dei PP.OO, ed un dipartimento dei Servizi Direzionali e di Supporto Generale, contenente le Direzioni Sanitarie dei PP.OO, le Farmacie, la medicina legale e del lavoro, la fisica sanitaria: in entrambi i casi si tratta di dipartimenti di supporto interpresidio, che oltre ad accorpare funzioni altrimenti duplicate e ridondanti svolgono quindi indirettamente un’opera di messa in rete dei presidi e di coordinamento delle loro attività; sulla stessa falsariga si colloca l’esperienza di Melegnano, che nel proprio assetto di governo ha istituito una Direzione Tecnica con l’obiettivo di presiedere e coordinare operativamente (nonché supportare) secondo logiche di rete l’attività dei tre presidi ospedalieri aziendali, Melegnano, Cernusco sul Naviglio, Melzo e Gorgonzola (Figura 11.7);
• nell’AO di Garbagnate sono stati istituiti due dipartimenti interpresidio e trasversali interessanti, uno rappresentato dal Servizio di Psicologia, che interviene nei dipartimenti clinici della Salute Mentale, della Ginecologia ed Ostetricia, della Riabilitazione e della Medicina, Oncologia e Geriatria, l’altro identificato nel Dipartimento dei Servizi Infermieristici (Tabella 11.6).
In conclusione, quello che emerge abbastanza chiaramente dalla lettura dei POA è in larga parte un «completamento» del processo di dipartimentalizzazione, ad oggi effettuato, ed in parte anche dichiarato, almeno sulla carta, a cui dovrà quindi seguire nei prossimi mesi un’effettiva implementazione.
311
Figura 11.7. La Direzione Tecnica dell’AO di Melegnano
Fonte: adattamento da POA dell’AO di Melegnano
Tabella 11.6. Il Dipartimento dei Servizi Infermieristici dell’AO di Garbagnate
DIPARTIMENTO DEI SERVIZI INFERMIERISTICI Operatore Professionale Dirigente del Servizio Infermieristico di Presidio: - GARBAGNATE - CORBERI - ANTONINI
Operatore Professionale Dirigente del Servizio Infermieristico di Presidio: - BOLLATE - POLIAMBULATORI DI PADERGNO D., LIMBIATE, ARESE E RHO
Operatore Professionale Dirigente del Servizio Infermieristico di Presidio: - RHO - PASSIRANA
Responsabile dell’Ufficio formazione permanente ed aggiornamento Operatore professionale coordinatore
Fonte: adattamento da POA dell’AO di Garbagnate
DIREZIONE SANITARIA
DIREZIONE GENERALE
Marketing Operativo
Segreteria Generale
Metodo e Pianif icaz ione
Strategica
Osservatorio Epidemiologico
A ziendale
Qualità A ss is tenza
Dipartimento A mminis trativo
Dipartimento Sanitario
Dipartimenti Sanitari Gestionali
n° 7
Sistema Informativo Informatico
U.R.P.
Presidio Ospedaliero Melegnano
Presidio Ospedaliero Cernusco S. Nav iglio
Pres idi Ospedalieri Melzo e Gorgonzola
Presidi Specialis tic i Extraospedalieri
DIREZIONE AMMINISTRATIVA
Direz ione Tecnica
Risorse Umane
Dipartimenti Sanitari Funzionali
Segreteria Legale
Gestione Patrimonio
Logis ticaEconomica Finanziaria
Patrimoniale
Coordinamento Dipartimento A mminis trativo (D.A .)
312
11.4.7. La macrostruttura organizzativa delle ASL
Per affrontare l’analisi della macrostruttura organizzativa delle ASL abbiamo bisogno di adottare un modello logico di riferimento, che distingue tra soluzioni funzionali, soluzioni divisionali e soluzioni miste.
Il modello di tipo funzionale è quello tradizionale delle ex-USL, in cui la linea di responsabilità unica procedeva in senso verticale lungo la specialità presieduta da ciascun servizio ed unità operativa di cui si componeva l’organizzazione: igiene e prevenzione, specialistica, medicina di base, veterinaria, ecc. Un modello che sposava il principio dell’apicalità scientifica, cioè del miglior professionista a capo dell’unità organizzativa, e che ha creato molta frammentazione nel processi assistenziali. Ciò non significa che l’ASL non possa operare ed anche bene con un modello funzionale, quanto piuttosto si vuole sottolineare come tale modello porti con sé il rischio di focalizzare troppo l’attenzione in maniera autoreferenziale sull’offerta di prestazioni e poco sulla risposta alla domanda espressione dei bisogni effettivi. I modelli dipartimentali proposti da diverse Regioni nelle loro leggi di organizzazione, tra cui anche la Lombardia (Figura 11.1), sono per certi versi una riproposizione del modello funzionale delle vecchie USL, dato che gli ex-servizi vengono trasformati in dipartimenti che operano per aree tematiche e mantengono il controllo dei propri fattori produttivi (Figura 11.8).
Nel modello divisionale, al contrario, gli ex-servizi vengono svuotati dai fattori produttivi, i quali confluiscono nel Distretto sotto il governo del suo direttore. Operando una rotazione di 90° del modello funzionale, i servizi (o i dipartimenti, come oggi più comunemente vengono chiamati) vengono a collocarsi in una posizione quasi di staff rispetto al Distretto, ed assumono un ruolo di coordinamento tecnico-scientifico avendo prevalentemente compiti di elaborare linee guida e protocolli, di coordinare e/o supervisionare eventuali progetti inter-distrettuali o di rilevanza aziendale, di programmare la formazione di tipo specialistico (Figura 11.9). Il Distretto diventa così veramente il luogo «naturale» preposto all’erogazione ed integrazione operativa dei servizi attinenti tali dipartimenti, ed è il Distretto che negozia ed è responsabile del budget dei fattori produttivi di fronte alla Direzione Aziendale. Questo modello «divisionale» è particolarmente coerente con le indicazioni contenute nell’art. 3-quater, quinquies e sexies del Dlgs 229/99 e quindi presumibilmente troverà nell’immediato futuro maggiori applicazioni, almeno formalmente. Una valida soluzione alternativa emergente, ma sempre di natura «divisionale», è poi quella che prevede la separazione tra programmazione dei consumi, in capo al Distretto (cosiddetto Distretto «committente»), ed attività di produzione, svolta dai dipartimenti (ex-servizi) in base ad accordi di programmazione e budget presi proprio con i Distretti: ovviamente, in questo caso i fattori produttivi, in primis il personale, rimangono a gestione diretta dei dipartimenti/servizi. Questa eventuale variazione del modello divisionale puro è oggi resa ancor più praticabile alla luce delle indicazioni contenute al comma 2 dell’art. 3-quater del Dlgs 229/99, che introducendo obbligatoriamente la contabilità separata del Distretto all’interno del
313
bilancio dell’ASL, di fatto favorisce la possibilità di introdurre mercati interni all’azienda basati su prezzi di trasferimento, tramite i quali il Distretto potrebbe così acquistare dalle restanti unità organizzative le prestazioni che vuole fornire sul suo territorio.
Figura 11.8. Il modello funzionale puro della ASL di Brescia
Fonte: adattamento da POA della ASL di Brescia In breve, il modello divisionale, concentrando ed integrando la produzione nel
Distretto, sembra essere quello che, almeno sulla carta, presenta le maggiori potenzialità di sviluppo delle logiche circolari di organizzazione attorno al bisogno del paziente, cioè attorno al continuum of care che caratterizza i processi assistenziali complessi. A cavallo tra le soluzioni funzionale e divisionale «pure» si collocano i modelli misti, in cui continuano ad esistere dipartimenti strutturali (ad esempio quello di Prevenzione, quello delle dipendenze, della salute mentale, ecc.) con Distretti che assorbono almeno parte dei fattori produttivi in precedenza gestiti dai servizi. Queste possibili combinazioni tra i diversi modelli evidenziano il concetto di multidimensionalità della struttura adottabile.
DIRET T ORE GENERALE
DIREZIONE AMMINISTRATIVA
DIPARTIMENTOPREVENZIONE
DIREZIONE SANITARIA
P M I P
D ISTR ETTI D I MEDICIN A VETER IN ARIA DISTR ETTI SOC IO
SANITARI IN TEGR ATI
PRESIDIO OSPEDALIERO
DIRET T O RE SO CIALE
DIRET T O RE AM M INIST RAT IVO
DIRET T O RE SANIT ARIO
Controllo interno ( nuc leo di valutaz ione ) Sv iluppo e controllo di qualità Formaz ione profess ionale e sv iluppo risorse umane Budget e controllo di ges tione Epidemiologico e s is tema informativo/inf ormatico Prevenz ione e protez ione A cquis to pres taz ioni, analis i della domanda e accreditamento delle s trutture Relaz ioni Es terne Pianif icaz ione e s trategia az iendale Ispettivo
DIPARTIMENTO SERVIZI SANITARI DI BASE
DIPARTIMENTO ATTIVITA' SOCIO SANITARIE INTEGRATE
314
Figura 11.9. Il modello divisionale della ASL di Pavia
Fonte: adattamento da POA dell ASL di Pavia A questo punto, prima di passare all’analisi del caso lombardo sono
necessarie due ultime precisazioni;
• da un lato occorre sottolineare che rispetto alla contesto sanitario, la tassonomia presentata sopra potrebbe sollevare dubbi in quanto contiene delle forzature, dato che in realtà il modello organizzativo diffuso sulla carta in tutte le aziende USL italiane è quello matriciale (dato dalla coesistenza di una linea organizzativa verticale, il dipartimento o servizio, con una orizzontale, di norma il Distretto): tuttavia, la disposizione del potere lungo l’asse verticale od orizzontale dell’azienda fa sì che poi nei fatti il modello assuma una connotazione più tecnico-funzionale o più divisionale;
• dall’altro lato, il modello di organizzazione della Regione Lombardia prevede esplicitamente tre dipartimenti territoriali, quello di Prevenzione, quello dei Servizi sanitari di base e quello delle ASSI: ai fini della nostra indagine, vista la tendenza di tutte le ASL lombarde ad organizzarsi con il dipartimento di Prevenzione «monolitico», considereremo divisionali anche quei modelli che pur mantenendo tale dipartimento separato fanno al minimo convergere sui
Distretto PaviaDistretto CertosaDistretto Corteleona
Distretto VigevanoDistretto GarlascoDistretto Mortara
Distretto VogheraDistretto BroniDistretto Casteggio
PREVENZIONE
Statis ticaRelazioni
con il Pubblico
Comuni-cazione
A f fari Generali e
Legali e A vvocatura
Centro Elaborazione
Dati
Ricerca e Sv iluppo
A ccreditamento e Certif icaz ione
ISO 9000
Uf f ic io Prestaz ioni e Nucleo
Operativo di Controllo
Centro di Documentazione
in Educazione Sanitaria
Pres idio Os pedaliero Oltrepo
A utocontrollo in materia di Igiene
degli A limenti nelle Strutture A ziendali
Segreteria Organi
Is tituz ionali
Pres idio Os pedaliero Lom ellina
Os pedale Voghera
Os pedale Stradella
Os pedale Broni
Os pedale Varzi
Os pedale Vigevano
Os pedale Cas orate
Os pedale Meda
Os pedale Mortara
Pavia SERVIZI SANITARI DI BASE
ASSI
Medicina di Laboratorio
Farm acia Os pedaliera
Salute Mentale
Inferm ieris tico
Pers onale
Risorse Strumentali
Prevenzione Protezione
Alberghiero
Ris ors e Econom ico Finanziarie
Direzione Presidi Ospedalieri
Vigevano
Voghera
Direzioni Dipartimenti Tecnico-Amministrativi
DIRET T ORE GENERALE
Controllo di Gestione e Nuc leo
di V alutazioneEsterne
Direzione TerritoriDirezione Dipartimenti
Territoria li ed Interospeda lie ri
315
distretti le attività dei restanti due dipartimenti (e che invece sembrerebbero misti secondo il nostro schema logico di riferimento).
Sulla base di queste premesse, i risultati dell’indagine sono tali per cui si osservano 6 ASL con modello funzionale, quindi più ancorato alle logiche passate, 4 ASL con soluzioni divisionali, le restanti 4 con modelli in cui non è chiaro dai soli organigrammi quale sia la linea gerarchica forte: questo fatto non è privo di significato, dato che nelle situazioni veramente incerte tende alla fine a prevalere la linea specialistica, spostando l’asse del potere verso le tradizionali logiche settoriali del modello funzionale. Ciò significa che assumendo per buona questa ipotesi, il numero di ASL con modello funzionale salirebbe a 11. Comunque, la maggiore propensione complessiva verso scelte organizzative più vicine all’impostazione storica non stupisce e si spiega bene alla luce della normativa di riferimento, delle linee guida regionali, della cultura organizzativa dominante e del bisogno di garantire fin da subito la continuità dei processi produttivi in aziende profondamente cambiate dal punto di vista delle dimensioni.
11.4.8. I rapporti con i MMG e PLS
L’ultima variabile di indagine riguarda l’eventuale presenza e la collocazione di un’unità organizzativa preposta alle relazioni con i medici di medicina generale (MMG) ed i pediatri di libera scelta (PLS). Un compito questo che spetta tradizionalmente alle ASL per quanto riguarda la gestione delle convenzioni, ma che ancor di più oggi assume, all’interno del sistema di finanziamento a quota capitaria, una maggiore valenza strategica. Per questo motivo è parso interessante osservare l’eventuale predisposizione di un’unità organizzativa dedicata, ma soprattutto la sua collocazione, che individua una maggiore o minore rilevanza nell’azienda: in effetti, se il luogo naturale per le relazioni con i MMG è rappresentato dal Distretto, espressione geografica del bisogno di salute di una popolazione, è anche vero che per evitare di replicare più volte (quanti sono i distretti) le stesse risorse e competenze e per consolidare relazioni che vadano oltre la semplice gestione delle convenzioni (affrontando quindi i temi del budget, della programmazione congiunta degli obiettivi di attività e di spesa, del monitoraggio delle prestazioni indotte, ecc.) è necessario predisporre un’unità di staff apposita o potenziare il controllo di gestione aziendale su questa specifica area di attività.
Alcune esperienze condotte dal CeRGAS Bocconi10 hanno messo in luce come la soluzione migliore sembra essere la creazione una team/staff con risorse dedicate, che sviluppi un know-how preciso collegato al monitoraggio ed all’interpretazione di dati che non sono relativi tanto alla produzione, quanto ai consumi. L’analisi dei POA lombardi mostra come quasi tutte le ASL abbiano seguito gli indirizzi delle linee guida, istituendo il servizio di medicina generale e pediatria di libera scelta all’interno del Dipartimento dei servizi sanitari di base. Questa è una soluzione di certo valida, a patto che tale unità acquisisca le
10Si cfr. Longo, 1998.
316
competenze per svolgere fino in fondo il ruolo oggi più complesso a cui è chiamata rispetto alla semplice e tradizionale gestione amministrativa delle convenzioni. Tuttavia, vista la centralità che il MMG assume oggi nel sistema lombardo, ci sembra di dover osservare che una soluzione più innovativa e che trasferisse un messaggio «forte» agli stessi MMG, come la costituzione di un’unità in staff alla triade direttiva con uguale visibilità aziendale di quella dedicata agli acquisti di prestazioni specialistiche, poteva essere in fondo preferibile.
11.5. Alcune valutazioni conclusive
In sintesi, possiamo così riassumere i punti salienti emersi dall’analisi svolta:
• le aziende sanitarie lombarde hanno svolto un buon esercizio di autonomia organizzativa, come dimostra che le linee guida regionali di organizzazione e la stessa legge sono state seguite, ma spesso con interpretazioni soggettive che talvolta hanno portato anche a disattendere alcuni indirizzi;
• la rappresentazione grafica degli organigrammi analizzati mostra ancora diversi problemi di chiarezza, cosa che rende spesso difficile la comprensione del messaggio «organizzativo» che l’azienda intende trasmettere all’esterno (vedi la Regione), ma anche al suo stesso interno; su questo punto occorre in futuro lavorare meglio, poiché se è vero che all’organigramma si accompagna una dettagliata descrizione di funzioni e compiti di ciascuna unità organizzativa, tuttavia la visione di sintesi è necessaria e fondamentale per comprendere appieno il disegno organizzativo complessivo e le relazioni di potere, e deve pertanto essere il più chiara possibile per non prestarsi ad interpretazioni incoerenti con le reali intenzioni dell’azienda. Comunque, almeno in parte, i problemi di qualità del lavoro dei POA sviluppati dalle aziende lombarde si possono comprendere considerando il fatto che alle spalle del progetto vi era la pressione della Regione, motivata e necessaria, ma non altrettanto stimolante quanto un’esigenza maturata dalle stesse aziende: sembra infatti di osservare che i tempi concessi non fossero in linea con le capacità reali delle aziende, le quali, non avendo percepito l’importanza del compito loro richiesto, non erano ancora completamente pronte a focalizzarsi sulla progettazione organizzativa, dovendo peraltro fronteggiare contemporaneamente più processi di cambiamento a seguito dell’entrata in vigore della legge 31/97. Il rispetto delle scadenze regionali ha quindi forse portato le aziende a percorsi di riorganizzazione, almeno sulla carta, più rapidi di quelli fisiologicamente sopportabili;
• rispetto al processo di modernizzazione gestionale, le aziende mostrano ancora dei ritardi nella predisposizione di unità di staff dedicate a presidiare funzioni ormai strategiche, come la programmazione e controllo, la gestione delle risorse umane, il marketing, gli acquisti e la contrattazione di prestazioni sanitarie tra ASL ed AO, ecc. Ciò non toglie che le stesse funzioni possano essere svolte da unità organizzative già esistenti, quali il controllo di gestione,
317
i sistemi informativi, l’URP, il servizio personale, il provveditorato. Tuttavia, almeno su alcuni compiti fondamentali nell’architettura attuale del SSR lombardo, quali appunto le relazioni contrattuali ASL-AO, il marketing e la comunicazione collegata, sarebbe opportuno investire maggiormente anche a livello di struttura. Forse, la riflessione che emerge, osservando il sistema dall’esterno, è che le aziende abbiano tardato a percepire l’importanza di queste funzioni a seguito della discrepanza tra l’impostazione deliberata del modello di SSR ed il suo funzionamento reale gestito ancora in maniera molto centrale dalla Regione: sfortunatamente, come già accennato nel corso del lavoro, fintanto che i due attori non chiariscono le aspettative reciproche, il sistema continuerà a comportarsi come un cane che si morde la coda.
• l’analisi mostra anche come a livello di ASL siano ancora preponderanti le realtà che possiamo definire past-pushed, cioè ancorate e spinte dalla memoria storica, rispetto a quelle future-driven, cioè trainate dalle esigenze che si prospettano per il futuro. Questo discorso si collega a quelle che sono le due esigenze principali poste dai processi di riorganizzazione aziendali: da un lato assicurare la continuità dei processi produttivi, dall’altro impostare una strategia di sviluppo organizzativo a medio/lungo periodo. Se riclassifichiamo le ASL rispetto alle due variabili che possiamo considerare chiave nel definire il modello di organizzazione, l’assetto di governo e la macrostruttura, possiamo definire past-pushed quelle che optano per un modello basato su un assetto di governo monocratico ed una macrostruttura funzionale, future-driven quelle che adottano soluzioni di Direzione «allargata» e macrostrutture divisionali, centrate sul Distretto quale unità organizzativa di riferimento per il monitoraggio dei bisogni sanitari, per il budget dei consumi e delle attività, per la gestione delle relazioni con i MMG (Figura 11.10). Lo stesso discorso si applica alle aziende ospedaliere dove a livello di macrostruttura distinguiamo tra soluzioni di integrazione dipartimentale debole e soluzioni di integrazione forte, con natura gestionale. Il rispetto delle due esigenze poste dalla riorganizzazione passa quindi attraverso un processo di graduale spostamento dal primo quadrante della matrice tracciata nella Figura 11.10, soluzione che garantisce la continuità produttiva, verso il quarto quadrante, punto di arrivo di una possibile strategia di innovazione organizzativa più coerente con le esigenze poste dal sistema sanitario attuale (e prospettico).
Infatti, il Distretto affiancato da Dipartimenti territoriali con funzioni tecnico-scientifiche ed il Dipartimento ospedaliero «forte» sono le soluzioni organizzative di cui ad oggi disponiamo e che rispondono meglio ai tre criteri di assembramento delle attività che devono coesistere contemporaneamente nelle aziende sanitarie, data la loro complessità organizzativa e di produzione:
1. il criterio della specializzazione; 2. l’interdipendenza sequenziale del flusso di lavoro rispetto al risultato; 3. l’utilizzo di risorse materiali, umane e tecnologiche in comune.
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Concludendo, dall’analisi documentale condotta sui POA delle aziende sanitarie lombarde emerge complessivamente un quadro positivo di cambiamenti in corso, caratterizzati dal consolidamento di modelli organizzativi più orientati ai bisogni «gestionali» posti dall’esercizio reale della natura aziendale e dai processi di modernizzazione conseguenti. Se si prova, infatti, a riclassificare sulla base dei POA il panorama delle aziende lombarde all’interno della matrice presentata nella Figura 11.10, emerge come la maggior parte delle aziende sia al momento collocabile nel quadrante II, avendo attivato importanti processi di cambiamento prevalentemente guidati con logiche top-down.
In generale, le aziende ospedaliere mostrano una maggiore propensione e velocità al cambiamento rispetto alle ASL, dettata sia dal fatto che hanno più facilità a costruirsi i meccanismi operativi di supporto, avendo output in larga parte più misurabili direttamente, sia dal fatto che sono state per motivi di interesse istituzionale al centro dell’attenzione del sistema sanitario per più tempo.
Le ASL, pur tuttavia, accusando maggiori ritardi e rimanendo spesso ancora legate ad un’impostazione organizzativa tradizionale, stanno comunque recuperando terreno, introducendo poco alla volta elementi di innovazione forte nelle proprie soluzioni organizzative ed andando così a definire un quadro complessivo variegato che va da modelli ancora profondamente influenzati dal passato a modelli fortemente orientati alle esigenze attuali e future del settore sanitario.
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Figura 11.10. La matrice di riclassificazione delle possibili scelte organizzative
M
onoc
ratic
o I SOLUZIONI PAST-PUSHED Centralità dei Dipartimenti territoriali nelle ASL e delle Divisioni e Servizi nelle AO Forte attenzione alla continuità dei processi produttivi
II Soluzione di transizione che richiede forti capacità di leadership nel Direttore Generale e nei dirigenti aziendali chiamati al dirigere i Distretti ed i Dipartimenti ospedalieri
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III Soluzione di transizione che si base sull’acquisizione progressiva del consenso all’interno dell’azienda
IV SOLUZIONI FUTURE-DRIVEN Integrazione tra Distretti gestionali e Dipartimenti tecnico-scientifici nelle ASL e dipartimentalizzazione Reale delle AO Impostazione di strategie di sviluppo organizzativo a M/L termine
Specialistico-funzionale
Divisionale
Assetto organizzativo
I PERCORSI DELLOSVILUPPO
ORGANIZZATIVO
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Bibliografia
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