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COMMISSIONE STUDI CIVILISTICI Studio n. 3511 RAPPRESENTANZA E NOTARIATO Approvato dalla Commissione studi il 16 dicembre 2002 SOMMARIO: Premessa; 1. Attività notarile e rappresentanza; 2. Normativa; 3. Distinzioni: rappresentanza legale, volontaria, organica; 4. In particolare: rappresentanza organica; a) Rappresentanza legale e procura; b) Nomina sulla base di disposizioni statutarie; c) Limitazioni eventuali al potere rappresentativo; d) Effetti negoziali delle limitazioni del potere rappresentativo¸ 5. Capacità del rappresentante; 6. Subrappresentanza; 7. Effetti della rappresentanza; 8. Cessazione della rappresentanza; 9. Procura; 9.1. Forma della procura; 9.2. Procura generale e procura speciale; 9.3. Revoca della procura; 9.4. Procura redatta all'estero; a) Norme di conflitto; b) Forma della procura estera; 10. Poteri rappresentativi e obblighi formali del notaio; a) Ragioni giustificative; b. Procura institoria; c. Requisiti formali della procura da allegare all'atto; d. Forma della procura e trascrizione; e) Traduzione della procura estera redatta in lingua straniera; f) Traduzione della formula di legalizzazione; g) Allegazione delle procure estere; h) Allegazione e deposito di procura estera; i) Procura per atto consolare; l) Morte del soggetto rappresentato; m) Procura rilasciata da persona successivamente dichiarata assente; n) Utilizzazione di una subprocura; 11. Poteri rappresentativi e accertamenti del notaio; a) Società; b) Associazioni non riconosciute, comitati, organismi privi di soggettività giuridica; c) Rappresentanza nei Comuni e nelle Province PREMESSA Il presente studio intende affrontare le tematiche della rappresentanza esaminate dal punto di vista dell'attività notarile. Esso si compone di due parti ben distinte: una parte di carattere generale, nella quale si dà notizia degli orientamenti di dottrina e di giurisprudenza senza particolari approfondimenti; una parte più specifica, di stretta attinenza all'attività notarile, nella quale il discorso verrà analizzato con maggiore profondità, cercando di toccare gli aspetti di immediato interesse per il notaio. 1. Attività notarile e rappresentanza Occorre rispondere al seguente quesito: donde nasce l’obbligo del notaio di accertare l’esistenza e i limiti della legittimazione di un soggetto ad agire negozialmente con effetti a carico di altro soggetto che non compare sul piano formale nell’atto negoziale? Il dato dal quale occorre partire è il seguente: il notaio viene chiamato a tradurre in documento pubblico, dotato di fede pubblica, un contratto tra le parti. Suo primo compito è quello di accertare l’esistenza di determinati soggetti come parti e di indagarne la volontà, allo scopo di identificarne l'intento negoziale e, conseguentemente, o di rifiutare la propria opera perché il programma negoziale sarebbe in contrasto con l’ordinamento giuridico ex art. 28, n. 1 legge notarile, oppure di accettare di compiere la sua opera perché il programma negoziale non contrasta con l’ordinamento giuridico. Superata questa prima barriera, il notaio, sempre indagando la volontà delle parti, deve accingersi ad identificare il tipo negoziale più adatto ad assecondare la volontà dei soggetti interessati che gli hanno espresso in modo informale la propria volontà, ad un tempo tentando di raccordare ai soggetti stessi i vari elementi essenziali del negozio: oggetto, contenuto, forma.

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COMMISSIONE STUDI CIVILISTICI

Studio n. 3511

RAPPRESENTANZA E NOTARIATO

Approvato dalla Commissione studi il 16 dicembre 2002

SOMMARIO: Premessa; 1. Attività notarile e rappresentanza; 2. Normativa; 3. Distinzioni: rappresentanza legale, volontaria, organica; 4. In particolare: rappresentanza organica; a) Rappresentanza legale e procura; b) Nomina sulla base di disposizioni statutarie; c) Limitazioni eventuali al potere rappresentativo; d) Effetti negoziali delle limitazioni del potere rappresentativo¸ 5. Capacità del rappresentante; 6. Subrappresentanza; 7. Effetti della rappresentanza; 8. Cessazione della rappresentanza; 9. Procura; 9.1. Forma della procura; 9.2. Procura generale e procura speciale; 9.3. Revoca della procura; 9.4. Procura redatta all'estero; a) Norme di conflitto; b) Forma della procura estera; 10. Poteri rappresentativi e obblighi formali del notaio; a) Ragioni giustificative; b. Procura institoria; c. Requisiti formali della procura da allegare all'atto; d. Forma della procura e trascrizione; e) Traduzione della procura estera redatta in lingua straniera; f) Traduzione della formula di legalizzazione; g) Allegazione delle procure estere; h) Allegazione e deposito di procura estera; i) Procura per atto consolare; l) Morte del soggetto rappresentato; m) Procura rilasciata da persona successivamente dichiarata assente; n) Utilizzazione di una subprocura; 11. Poteri rappresentativi e accertamenti del notaio; a) Società; b) Associazioni non riconosciute, comitati, organismi privi di soggettività giuridica; c) Rappresentanza nei Comuni e nelle Province

PREMESSA

Il presente studio intende affrontare le tematiche della rappresentanza esaminate dal punto di vista dell'attività notarile. Esso si compone di due parti ben distinte: una parte di carattere generale, nella quale si dà notizia degli orientamenti di dottrina e di giurisprudenza senza particolari approfondimenti; una parte più specifica, di stretta attinenza all'attività notarile, nella quale il discorso verrà analizzato con maggiore profondità, cercando di toccare gli aspetti di immediato interesse per il notaio. 1. Attività notarile e rappresentanza

Occorre rispondere al seguente quesito: donde nasce l’obbligo del notaio di accertare l’esistenza e i limiti della legittimazione di un soggetto ad agire negozialmente con effetti a carico di altro soggetto che non compare sul piano formale nell’atto negoziale?Il dato dal quale occorre partire è il seguente: il notaio viene chiamato a tradurre in documento pubblico, dotato di fede pubblica, un contratto tra le parti.Suo primo compito è quello di accertare l’esistenza di determinati soggetti come parti e di indagarne la volontà, allo scopo di identificarne l'intento negoziale e, conseguentemente, o di rifiutare la propria opera perché il programma negoziale sarebbe in contrasto con l’ordinamento giuridico ex art. 28, n. 1 legge notarile, oppure di accettare di compiere la sua opera perché il programma negoziale non contrasta con l’ordinamento giuridico.

Superata questa prima barriera, il notaio, sempre indagando la volontà delle parti, deve accingersi ad identificare il tipo negoziale più adatto ad assecondare la volontà dei soggetti interessati che gli hanno espresso in modo informale la propria volontà, ad un tempo tentando di raccordare ai soggetti stessi i vari elementi essenziali del negozio: oggetto, contenuto, forma.

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Poiché, peraltro, ogni negozio giuridico richiede un soggetto cui esso deve essere riferito, il primo compito del notaio è quello di identificare, del negozio giuridico, la parte in senso sostanziale (parte nel cui interesse viene effettuato il negozio), fermo restando che se esiste uno sdoppiamento tra parte sostanziale (soggetto nel cui patrimonio vengono ad inserirsi gli effetti negoziali programmati) e parte in senso formale (soggetto che, pur non essendo la persona nel cui patrimonio debbono ricadere gli effetti dell’atto, tuttavia è il soggetto che compare in atto nella sua veste di rappresentante della parte in senso sostanziale), compito del notaio: a) è quello di identificare correttamente parte in senso formale (sul piano anagrafico e sul piano effettivo) e parte in senso sostanziale (solo sul piano anagrafico); b) è quello di raccordare l’elemento "parte“ all’elemento “oggetto” negoziale, e quindi di accertare la titolarità del bene, l’insorgenza sul bene di eventuali diritti altrui, di eventuali vincoli, di eventuali obblighi legali, quale la prelazione, di eventuali divieti; c) è quello di raccordare i due o più soggetti che stipulano (parti in senso sostanziale e parti in senso formale) tra loro, allo scopo di accertare se la parte in senso formale abbia potere di agire in nome e per conto della parte in senso sostanziale e, in caso affermativo, quali siano i limiti dei poteri rappresentativi riscontrati.

Non vi è alcun dubbio che tutto questo discorso, che attiene all’obbligo di accertamento del notaio, trova la sua fonte normativa nell’art. 47 legge notarile, toccando in tal modo l’ambito funzionale dell’attività notarile e disegnandone l’eventuale responsabilità: sospensione disciplinare ex art. 138 legge notarile.Ma non vi è altrettanto dubbio che se il notaio non si preoccupa, nel redigere l’atto, di effettuare la prescritta valutazione del rapporto di rappresentatività che lega i due soggetti tra loro, egli ne risponderà inevitabilmente sul piano della responsabilità civile da contratto d’opera professionale.Di qui la necessità, per il notaio, di occuparsi del tema della rappresentanza.

Va di passaggio precisato che in questo studio non sarà trattato il tema della negotiorum gestio, sul presupposto che questo istituto non può essere applicato ad attività negoziale che richieda una forma determinata (1), ed altresì sul presupposto che trattasi di fenomeno che richiede una pronuncia giudiziaria che accerti l'utile inizio della gestione e che pertanto porrebbe problemi di non facile soluzione per il notaio.

2. Normativa

Le norme concernenti la rappresentanza sono gli artt. 1387-1400 c.c. per quanto attiene alla rappresentanza volontaria considerata nei suoi effetti prettamente rappresentativi, cui vanno aggiunte alcune norme del codice civile concernenti il mandato (artt. 1703 e segg.), che gli interpreti considerano valevoli anche per la rappresentanza.Non vi è alcun dubbio che le disposizioni degli artt. 1387 e segg. prendono in considerazione la disciplina della rappresentanza volontaria e si discute, pertanto, quanta parte di questa disciplina, che ha per base la rappresentanza che trova la sua fonte nella procura, sia utilizzabile anche per la rappresentanza legale, la quale trova nella legge la sua fonte costitutiva.

E analogamente è oggetto di discussione l’individuazione del perché alcune norme, dettate per il mandato, cioè per il rapporto di provvista o gestorio che sorge tra mandante e mandatario, trovino applicazione anche per disciplinare effetti propri dell’istituto della rappresentanza.Ed in proposito si afferma che alla rappresentanza legale tornano applicabili i seguenti articoli del codice civile dettati per la rappresentanza volontaria:

- l’art. 1388, per il quale il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato produce direttamente effetto nei confronti di quest’ultimo, purché nei limiti dei poteri conferiti dal rappresentante (2);

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- l’art. 1390, sui vizi della volontà e l’art. 1391sugli stati soggettivi rilevanti (3);- l’art. 1393, sulla facoltà del terzo di chiedere che il rappresentante giustifichi i suoi poteri e, se del caso, che egli esibisca copia del documento scritto fonte della rappresentanza (4);- l’art. 1394, sul conflitto d’interessi (5);- l’art. 1399, sulla ratifica dell’atto compiuto dal rappresentante senza poteri (6).

Analogamente, è stato affermato che per la rappresentanza legale non trovino applicazione le seguenti norme codicistiche prettamente dettate per la rappresentanza volontaria:

- l’art. 1389, sulla capacità del rappresentante e del rappresentato (7);- l’art. 1392, sulla forma della procura (8);- l’art. 1395, in tema di contratto con se stesso (9);- l’art. 1396, sulla disciplina della modificazione e dell’estinzione della procura (10);- l’art. 1398, in tema di rappresentanza senza poteri (11). 3. Distinzioni: rappresentanza legale, volontaria, organica

L’art. 1387 c.c. stabilisce che il potere di rappresentanza è conferito dalla legge ovvero dall’interessato: si parla in tal caso rispettivamente di rappresentanza legale e di rappresentanza volontaria.La rappresentanza legale si ha allorquando il potere di un soggetto di rappresentare un altro soggetto nell’attività negoziale o in altre operazioni sia stabilito dalla legge e si fanno in tal caso gli esempi dei genitori che rappresentano i propri figli minori (art. 320 c.c.), del tutore per i minori e gli interdetti sotto tutela (art. 357 c.c.), del curatore dello scomparso (art. 48 c.c.), degli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente (art. 52 c.c.), del curatore speciale dei beni donati o lasciati in testamento al minore (art. 356 c.c.), del curatore speciale nei singoli casi previsti dalla legge (v. per tutti artt. 360, 394, 509 c.c.).

La rappresentanza volontaria si ha allorquando il potere rappresentativo si fonda su un negozio giuridico unilaterale recettizio, la procura, che nasce dalla volontà del soggetto rappresentato.Si parla anche di rappresentanza organica, con riferimento al problema di rappresentare negozialmente un soggetto dotato di soggettività giuridica, che, per esprimersi, ha necessità di ricorrere ad un soggetto persona fisica preposto ad un determinato organo che costituisce il polo organizzativo cui è affidato, sul piano statutario o per legge, il compito di esternare il potere rappresentativo dell’ente collettivo. Tuttavia la rappresentanza organica viene spesso considerata un aspetto della rappresentanza legale.

Pertanto, nel rigoroso rispetto dell’art. 1387 c.c., la rappresentanza è:

a) volontaria, tutte le volte che il potere rappresentativo sorge per volontà del soggetto rappresentato e pertanto sulla base di apposito negozio di procura;

b) legale in tutti gli altri casi, cioè allorquando il potere rappresentativo trova la sua fonte nella legge, la quale può:

b.1. o affidarla a soggetti titolari di apposito ufficio pubblico (tutore, genitori, curatore speciale) nominati dal giudice (tutore, curatore speciale) o individuati dal legislatore (genitori), ma il cui compito rappresentativo va solitamente accompagnato da apposito provvedimento autorizzativo del giudice;

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b.2. o affidarla a soggetti non titolari di ufficio pubblico: è il caso dell’amministratore di condominio che per tutti i problemi condominiali rappresenta i singoli condomini, producendo con i propri atti effetti giuridici nel patrimonio di questi ultimi;b.3. o infine affidarla a soggetti che, su base statutaria, cioè con normativa interna destinata a disciplinare anche per l’avvenire l’organizzazione e l’articolazione organica degli enti collettivi, abbiano il potere rappresentativo dell’ente (ente pubblico, società, associazione, fondazione).

Certamente in quest’ultimo caso non si verifica una dissociazione tra più persone fisiche, ma tra, da una parte una persona giuridica che ha necessità di altro soggetto persona fisica per il cui tramite compiere attività rilevante sul piano giuridico e, da un’altra parte, un soggetto persona fisica che, per il ruolo che riveste in seno alla persona giuridica, può qualificarsi come espressione della stessa persona giuridica, in veste appunto di organo rappresentativo.

La differenza tra rappresentanza volontaria e rappresentanza legale la si coglie sotto il seguente aspetto: mentre la prima va documentata ab imis, cioè in ordine ad essa va individuata integralmente la fonte del potere rappresentativo e quindi va esibita la procura che ne costituisce la fonte; per la rappresentanza legale, invece, poiché il potere rappresentativo deriva dalla legge, va provato l’ufficio o il compito ricoperto dal soggetto, vale a dire la qualifica (tutore, curatore, genitore, amministratore di condominio, amministratore di società, presidente, institore, etc.) che riveste il soggetto, al quale, ove effettivamente tale qualifica esista, la legge riconosce automaticamente potere rappresentativo.

4. In particolare: rappresentanza organica

Nella rappresentanza organica viene rappresentata una persona giuridica per il tramite di un soggetto dotato di particolare qualificazione nell'ambito dell'assetto organizzativo della persona giuridica stessa. In essa è esclusa ogni dualità fra l'ente e colui che lo rappresenta (12) e ciò importa la riferibilità al primo di tutti gli atti e fatti dei suoi organi salvo che siano stati posti in essere per un interesse personale o per uno scopo illecito o del tutto estraneo ai fini istituzionali dell'ente (13). Tanto è vero che, secondo un'opinione dottrinale, nella rappresentanza organica, data l'immedesimazione di un soggetto in un altro, non si avrebbe un fenomeno rappresentativo in senso proprio, fenomeno che presupporrebbe, come dato ineliminabile, la duplicità di soggetti (14).Nella società il potere di rappresentanza si distingue dal potere di gestione, cioè dal potere di decidere il compimento degli atti sociali. Il potere di gestione riguarda l'attività amministrativa interna, la fase decisoria delle operazioni sociali. Il potere di rappresentanza, invece, riguarda l'attività amministrativa esterna, la fase di attuazione con i terzi delle operazioni sociali.

In materia societaria il problema del rapporto rappresentativo va ripartito nei seguenti sottoproblemi, tutti rilevanti per l’attività del notaio: a) individuazione dei soggetti cui spetta per legge la rappresentanza della società; b) individuazione di eventuali organi societari cui spetti condizionarne la nomina; c) limitazioni eventuali al potere rappresentativo; d) influenza delle eventuali limitazioni sugli effetti negoziali nei confronti dei terzi. a) Rappresentanza legale e procura

In materia societaria la rappresentanza legale è la regola: l’art. 2384 c.c. attribuisce il potere rappresentativo agli amministratori indicati nell’atto costitutivo e l’art. 2204 c.c. all’institore, che va valutato come l’alter ego dell’imprenditore per un ramo di azienda oppure per un settore decentrato dell’azienda: ad entrambi il potere rappresentativo è attribuito per legge come elemento dell’ampio potere gestorio che loro compete.

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Allorquando si tratti di rappresentanza legale occorre preoccuparsi non di cercare l’atto costitutivo della rappresentanza, la quale nasce per legge e non richiede accertamenti, ma semmai: a) vedere se la rappresentanza legale sia stata limitata all’ambito di legge suo proprio, allo scopo di apporre correttamente i limiti entro i quali la rappresentanza legale opera; b) accertare quali siano i soggetti persone fisiche cui è attribuito in concreto il compito di rappresentare la società: l’art. 2328 n. 9 c.c. dispone che gli amministratori hanno la rappresentanza, lasciando all’atto costitutivo l’individuazione di quelli ai quali essa è devoluta, senza che ciò sia qualificabile come procura, ma non specifica quali persone fisiche abbiano la qualità di amministratori.

I rappresentanti possono essere anche soggetti estranei alla società, fermo restando, peraltro, che ad essi non può mai essere attribuita la rappresentanza generale della società privandone contemporaneamente gli amministratori. Infatti la rappresentanza ad altri soggetti può aggiungersi a quella degli amministratori, ma mai integralmente sostituirsi ad essa, perché l’organo amministrativo della società non può essere interamente svuotato del potere rappresentativo (15). Va in proposito chiarito che l'opinione che gli amministratori non possano dismettere interamente con procura generale i propri poteri deriva soprattutto dalla giurisprudenza (16), mentre parte della dottrina è portata a non escludere completamente la possibilità di rilasciare procura generale, ma soltanto a distinguerne i contenuti allo scopo di evitare che la procura generale si ponga in contrasto con il disegno codicistico sulle competenze degli amministratori e sulla loro responsabilità (17).

Se il procuratore sia persona estranea all’organizzazione societaria, oppure egli, pur facendo parte di detta organizzazione, non rivesta in seno alla società la veste di amministratore, poiché siamo al di fuori della rappresentanza legale, la persona può rappresentare la società soltanto per procura, salvo quanto si dirà più avanti per gli institori, i procuratori e i commessi dell'imprenditore (18). Il fatto che questa persona sia indicata nell’atto costitutivo o nello statuto non cambia la natura di rappresentanza di costui, che può trovare il suo fondamento solo in una valida procura.Discorso parzialmente diverso va fatto per l'institore, il procuratore e il commesso, la cui attività rappresentativa viene qualificata come "rappresentanza commerciale", in bilico tra la rappresentanza legale e la rappresentanza volontaria (19), e fermo restando che per l'institore e per il commesso l'esistenza di una rappresentanza legale sembra prevalere in dottrina (20).

Occorre, comunque, dare atto di una tendenza dottrinale che mira a sganciare del tutto le fattispecie di rappresentanza commerciale (institore, procuratore, commesso) dal fenomeno giuridico legato alla rappresentanza volontaria e che porta a concludere che tutte le volte che ci si trova di fronte ad una fattispecie di rappresentanza commerciale, non si avrà mai procura (21).Le regole sopra enunciate possono essere così sintetizzate:

a) se si tratta di rappresentanza legale organica non si ha procura e pertanto non occorre allegare all'atto posto in essere alcun documento recante fonte costituiva del rapporto di rappresentanza;

b) peraltro in materia societaria la rappresentanza legale organica è prevista soltanto in capo agli amministratori e certamente all'institore, qualificabile quest'ultimo come una sorta di amministratore per ambito territoriale o di settore limitato;

c) qualunque altro soggetto, non amministratore o institore e fermo quanto è stato sopra chiarito per la rappresentanza commerciale, cui sia affidata la rappresentanza della società pretende la procura; essa in tal caso non può qualificarsi come rappresentanza organica, bensì come rappresentanza volontaria ed in tal caso il documento che ne costituisce la fonte, appunto la procura, va allegato all'atto notarile ex art. 51 n. 3 legge notarile;

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d) nel silenzio dell'atto costitutivo o dello statuto, ad ogni componente del consiglio di amministrazione va riconosciuto potere rappresentativo ex lege; se peraltro lo statuto stabilisce regole diverse attribuendo ad uno solo o a pochi amministratori potere rappresentativo, in tal caso la rappresentanza, sempre organica, non richiede obblighi di allegazione;

e) in quest'ultimo caso i soggetti con potere rappresentativo (di solito amministratore delegato o presidente del consiglio di amministrazione) sono pur sempre amministratori e quindi rappresentanti legali organici. Ciò comporta il non obbligo di allegazione ex art. 51 n. 3 legge notarile, non trattandosi di procura negoziale, ma il notaio ha il compito professionale di accertare quali siano i soggetti con potere rappresentativo ed eventualmente i limiti statutari di questi poteri;

f) può accadere che il rappresentante legale della società (l'intero consiglio di amministrazione o il singolo amministratore con potere rappresentativo) affidino a terzi parte dei loro compiti rappresentativi (si avrebbe in tal caso una subdelega); se questo terzo non è componente del consiglio di amministrazione, perché operi la subdelega è necessaria la procura, con tutti gli obblighi di allegazione previsti dalla legge notarile. b) Nomina sulla base di disposizioni statutarie

La rappresentanza legale della società semplice, a norma dell'art. 2266, secondo comma, cod. civ., spetta a ciascun socio amministratore, in mancanza di diversa disposizione del contratto; con la conseguenza che le parti possono pattiziamente derogare a tale disciplina, affidando l'indicata rappresentanza a persone che non possiedano la qualità di socio (22).Nelle società di persone il compito rappresentativo spetta in linea di principio ad ogni amministratore disgiuntamente, ma è possibile che l’atto costitutivo disponga diversamente (ex artt. 2266, 2° comma, 2295, n. 3, 2298, 2318, 2° comma c.c.) (23).Nelle società di capitali la dissociazione tra potere gestorio (affidato solitamente ad un organo collegiale) e potere rappresentativo (affidato solitamente ad uno o a pochi amministratori) è sostanzialmente adombrata dal legislatore negli artt. 2328, n. 9 e 2384 c.c. e può affermarsi che, a differenza del potere di gestione che spetta inderogabilmente a tutti gli amministratori, la rappresentanza può essere attribuita soltanto ad alcuni di essi (24). Pertanto nell’ipotesi di società di capitali vi è la possibilità di una scissione tra potere gestorio e potere di rappresentanza degli amministratori: il primo in tal caso compete al consiglio di amministrazione o al comitato esecutivo ed è esercitato collegialmente, con delibere prese a maggioranza; il secondo, sempre nell'ipotesi di scissione, spetta invece ad uno o più amministratori e può essere esercitato disgiuntamente o congiuntamente, tenuto conto soprattutto delle disposizioni statutarie (25).

La dottrina ha chiarito che la rappresentanza è logicamente collegata alla competenza gestoria, perché essa costituisce l'aspetto esterno ma conseguenziale alla decisione gestoria. Pertanto, se l'atto costitutivo non dispone nulla, si deve ritenere che gli amministratori abbiano ad un tempo competenza gestoria e competenza rappresentativa. Nel silenzio dell'atto costitutivo, quindi, la competenza rappresentativa va esercitata dall'intero consiglio di amministrazione (26). Si discute, in proposito, fermo restando che la rappresentanza andrà svolta dall'intero consiglio di amministrazione, se questo, come opera a maggioranza per l'attività gestoria, debba analogamente operare a maggioranza per l'espressione del potere rappresentativo. Lo esclude una parte della dottrina (27), sulla base della riflessione che come tutti gli amministratori sono chiamati a partecipare alla fase deliberativa, così tutti gli amministratori, e non soltanto la maggioranza di essi, debbono partecipare all'esercizio della funzione di rappresentanza della società; anche perché la rappresentanza congiunta di tutti gli amministratori garantisce in modo più certo che la volontà sociale che viene manifestata all'esterno sia conforme a quella formatasi nell'esercizio del potere gestorio.

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Altra dottrina, invece (28), afferma che anche il potere rappresentativo richieda l'espressione a maggioranza (esclusi cioè gli amministratori di minoranza), ad evitare maggiore intralcio alla vita societaria.Fin qui l'ipotesi che lo statuto nulla disponga in ordine al potere rappresentativo. Nell'ipotesi, invece, che lo statuto stabilisca norme in proposito, può accadere:

a) che esso si limiti ad attribuire la rappresentanza ad un solo amministratore;

b) che esso indichi più amministratori dotati di potere rappresentativo.

Il caso sub a) non fa sorgere problemi, mentre nel caso sub b) sorgono alcuni problemi.Non vi è alcun dubbio che in tal caso esiste una scissione tra potere gestorio (esercitato da tutti gli amministratori) e potere rappresentativo (esercitato soltanto da alcuni amministratori espressamente indicati).

Ma si pone subito il problema se, nel silenzio dello statuto, il potere rappresentativo attribuito a più amministratori possa essere esercitato congiuntamente, oppure disgiuntamente. La dottrina più comune si esprime nel senso che esso vada svolto disgiuntamente, cioè nel senso che ognuno degli amministratori con potere rappresentativo sia in grado di rappresentare la società (29).E si pone altresì l'altro problema se, nel silenzio dello statuto, possa provvedersi diversamente a stabilire se il potere vada esercitato disgiuntamente o congiuntamente; si risponde affermativamente precisando che il potere di disciplinare il modo di espressione del potere rappresentativo possa essere svolto sia dal consiglio di amministrazione che dall'assemblea (30).

E non si è mancato di rilevare che nelle società dotate di un organo amministrativo collegiale, il potere di rappresentanza è di regola affidato al presidente, mentre il compito gestorio è di regola esercitato dall’intero consiglio di amministrazione (31). Oppure che in genere negli statuti il potere rappresentativo viene attribuito al presidente del consiglio di amministrazione o, se è previsto il consigliere delegato, ad uno o più consiglieri delegati, singolarmente o congiuntamente; ed anzi è stato precisato che la rappresentanza spetta al consigliere delegato anche se nello statuto manchi una clausola che glielo riconosca, ed anche nell'ipotesi che nell'atto di delega nulla si dica in proposito (32). c) Limitazioni eventuali al potere rappresentativo

Per le società di capitali i problemi attinenti alle limitazioni del potere rappresentativo vanno risolti alla luce del combinato disposto degli articoli 2384 e 2384-bis c.c., dai quali la dottrina ha sostanzialmente desunto la seguente disciplina riassuntiva: se l’amministratore compie un atto entro i limiti dell’oggetto sociale, l’unica limitazione che possa essere opposta al terzo ai fini dell’efficacia dell’atto è quella prevista dalla legge, mentre eventuali limitazioni del potere rappresentativo che trovino la loro fonte non nella legge, bensì nell’atto costitutivo o nello statuto, possono incidere nell’attività gestionale interna, ma non nei confronti dei terzi e quindi non sotto il profilo rappresentativo della società (33).L’unico limite a questa regola è quello previsto dall’art. 2384, 2° comma ultima parte c.c.: salvo cioè che si provi che i terzi “abbiano intenzionalmente agito a danno della società”.

I limiti opponibili al terzo sono, pertanto, allo stato, soltanto quelli legali, che la dottrina ha individuato nel modo seguente:

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- stipula di contratto in conflitto d’interessi, contratto annullabile su richiesta della società, se il conflitto d’interessi era conosciuto o riconoscibile dal terzo (ex art. 1394 c.c.) (34); - acquisti ex art. 2343-bis senza preventiva autorizzazione dell’assemblea ordinaria. La dottrina ha chiarito che mentre in questo caso la limitazione è prevista dalla legge, in tutti gli altri casi in cui la preventiva autorizzazione assembleare sia prevista come necessaria per l’attività del rappresentante, si verserebbe nel disposto dell’art. 2384, 2° comma c.c., rendendo in tal caso ininfluente l’autorizzazione ai fini della validità dell’atto nei confronti del contraente terzo (35). d) Effetti negoziali delle limitazioni del potere rappresentativo

In materia societaria esistono regole ben distinte:

1. Per le società di persone regolari (cioè iscritte nel registro delle imprese) vale la regola dell’iscrizione: le limitazioni al potere rappresentativo degli amministratori nei confronti dei terzi hanno effetto se iscritte nel registro delle imprese, oppure se si provi che il terzo ne aveva effettiva conoscenza; ciò ex art. 2298, ultima parte, il quale dispone che “le limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel registro delle imprese, o se non si prova che questi ne erano a conoscenza”.2. Per le società di persone irregolari (cioè non iscritte nel registro delle imprese) trova applicazione l’art. 2297, 2° comma ultima parte, per cui “i patti che limitano i poteri di rappresentanza non sono opponibili ai terzi, a meno che si provi che questi ne hanno avuto conoscenza”.3. Per le società di capitali valgono gli artt. 2384 e 2384-bis cod. civ., le cui norme un Autore (36) ha così riassunto: a) inopponibilità ai terzi di buona fede della mancanza di potere rappresentativo dovuto ad invalidità dell’atto di nomina; b) vincolo della società nei confronti dei terzi di buona fede quand’anche si tratti di atti estranei all’oggetto sociale; c) vincolo della società verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali limiti posti dall’atto costitutivo ai loro poteri di rappresentanza (37).

Nei compiti dell'organo gestionale di una società di persone, ai sensi degli artt. 2266, 2298 e 2318 cod. civ., sono "naturalmente" compresi (in mancanza di espressa limitazione) non solo gli atti di ordinaria amministrazione, ma anche quelli dispositivi, se configurano strumenti per la realizzazione degli scopi perseguiti dalla società e siano di conseguenza riconducibili all'oggetto sociale (38).In tema di attività di impresa, il criterio discretivo tra "ordinaria " e "straordinaria" amministrazione non può ritenersi quello del carattere cosiddetto " conservativo " dell'atto posto in essere (valido, invece, in relazione all'amministrazione del patrimonio dell'incapace), essendo, al contrario, necessariamente sotteso alle vicende imprenditoriali il compimento di atti di disposizione di beni; in conseguenza l'indicata distinzione va fondata sulla relazione in cui l'atto si pone con la gestione " normale " (e, quindi, " ordinaria ") del tipo di impresa di cui si tratta (ed in considerazione delle dimensioni in cui essa viene esercitata) (39).

Se si tratta di società di fatto, invece, va chiarito che l’onere della prova della sussistenza di un rapporto sociale non formalizzato incombe su colui che lo allega quale fatto costitutivo di una sua pretesa (40).Va comunque precisato che anche nell’ipotesi di rappresentanza sociale è necessaria la contemplatio domini, per cui se il rappresentante di una società non ne spende il nome, il negozio dallo stesso concluso non spiega effetti nei confronti della predetta società (41).Gli amministratori con rappresentanza hanno il potere di compiere gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, salve le limitazioni che risultano dalla legge o dall’atto costitutivo (art. 2384, 1° comma c.c.).

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La rappresentanza degli amministratori nelle società di capitali può riassumersi nelle seguenti regole sopra sintetizzate, evidenziate dalla dottrina (42): a) la mancanza di potere rappresentativo per invalidità dell’atto di nomina è inopponibile ai terzi di buona fede (ex art. 2383, 7° comma c.c.); b) se l’atto compiuto dall’amministratore eccede l’oggetto sociale, la società resta vincolata nei confronti dei terzi di buona fede (ex art. 2384-bis c.c.); c) se gli amministratori hanno agito oltre i limiti posti dall’atto costitutivo ai loro poteri, l’atto è valido nei confronti dei terzi, salvo che si provi che questi hanno agito intenzionalmente a danno della società (ex art. 2384, 2° comma c.c.).In questo modo basta la buona fede del terzo per riparare l’atto compiuto dagli amministratori privi di potere o al di fuori dei limiti posti dall’oggetto sociale; se le limitazioni al potere degli amministratori è stabilito nell’atto costitutivo o nello statuto (e quindi portato a conoscenza dei terzi per effetto della pubblicità commerciale) per invalidare l’atto occorre dimostrare che il terzo ha agito intenzionalmente a danno della società. 5. Capacità del rappresentante

Merita attenzione la norma contenuta nell'art. 1389 c.c., per la quale "quando la rappresentanza è conferita dall’interessato, per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato". In questo modo la norma dispone che non è richiesto ai fini di un valido esercizio del potere rappresentativo che anche il rappresentante abbia la capacità legale di agire, in quanto le norme in materia di incapacità legale sono poste a tutela dell’incapace mirando ad escludere che questi possa compiere atti giuridici pregiudizievoli. È, invece, richiesta la capacità naturale del rappresentante (43), di guisa che il contratto stipulato da un rappresentante incapace di intendere o di volere è annullabile ex art. 428.

La dottrina ha chiarito che questa norma rappresenta la soluzione legislativa di un problema dibattuto sotto l'impero del codice precedente, quando si discuteva sulla capacità cui far capo per il rappresentante nella rappresentanza volontaria, ancorché non si manchi di precisare che molto raramente si presenterà nella pratica il caso di un rappresentante privo di capacità legale di agire e non manca di sottolinearsi che la norma costituisce la traduzione in legge della prassi quotidiana di una procura tacita ai figli minori per l'acquisto di beni in rappresentanza dei genitori (44).La Cassazione, nei rarissimi casi in cui si è occupata del problema, ha sentenziato che "il difetto di capacità naturale del rappresentante al momento della stipulazione in nome del rappresentato rende annullabile, per il combinato disposto degli artt. 1389 e 428 cod. civ. l'atto, ed, ove trattisi di contratto, è rilevante, a norma del secondo comma dell'art 428, lo stato di buona o mala fede dell'altro contraente circa le condizioni psichiche del rappresentante" (45). 6. Subrappresentanza

La dottrina si è posto il problema se, nel silenzio della fonte costitutiva della rappresentanza (procura o altro) sia consentito, al rappresentante, nominare autonomamente un subrappresentante, cioè sostituire a sé altra persona nella concretizzazione del negozio rappresentativo, con effetti sempre nei confronti del rappresentato.La dottrina minoritaria ha escluso questa possibilità, facendo leva sull’intuitus personae che sarebbe caratteristica della rappresentanza (46), mentre la dottrina più comune l’ammette, senza alcuna eccezione in tema di rappresentanza organica di società (47); ma anche in tema di rappresentanza volontaria, sulla base delle seguenti osservazioni: a) motivi di opportunità, allo scopo di evitare che il rappresentante, per motivi di difficoltà insorta, non possa realizzare il suo compito; b) perché non esistono norme ostative, ma anzi esiste l’art. 1717 c.c. (il quale stabilisce che il mandatario che, nell’esecuzione del mandato sostituisce altri a se stesso, senza esserne

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autorizzato, o senza che ciò sia necessario per la natura dell’incarico, risponde dell’operato della persona sostituita), norma che, ancorché scritta in tema di mandato, sembra coinvolgere anche gli aspetti tipici della rappresentanza; c) perché nessun principio generale sembra intralciare questa conclusione (48).

I problemi evidenziati dalla dottrina non sono, pertanto, quelli dell’ammissibilità o meno della subdelega, bensì quelli concernenti l’interpretazione del negozio di procura, per accertare se la subdelega sia stata o meno prevista dal rappresentato (49); o per valutare se la subdelega operi a vantaggio del rappresentante o del rappresentato (50).In proposito la dottrina, piuttosto sbrigativamente ma sembra in modo ineccepibile, perviene alle seguenti conclusioni: la subdelega richiede la stessa forma del contratto da stipulare; la subdelega è ammessa se autorizzata dal rappresentato oppure se, nel silenzio di espressa autorizzazione, la sostituzione si prospetti come necessaria (per eventi naturali o impossibilità del rappresentante): in tal caso il rappresentante che ha nominato il subdelegato risponde dell’operato di quest’ultimo nei confronti del rappresentato, come risponde della qualità della persona nominata se il rappresentato ha autorizzato la subdelega senza fornire indicazioni sulla persona del designato (51).Appare significativa l’affermazione, fatta dalla dottrina, seconda la quale “per giustificare i propri poteri il sostituto deve fondarsi sulla procura originaria e sul conseguente atto di nomina” (52). 7. Effetti della rappresentanza

In linea di principio l’effetto principale della rappresentanza è la produzione di effetti diretti nel patrimonio del rappresentato. Per ottenere ciò, peraltro, sono necessari almeno tre requisiti, disciplinati dall’art. 1388 c.c.: a) la spendita del nome del rappresentato da parte del rappresentante (c.d. contemplatio domini); b) che il rappresentante agisca nell’interesse del rappresentato; c) che il rappresentante agisca nei limiti dei poteri conferiti con la procura.Evidentemente l’aspetto principale è quello sub a), sulla cui base avviene l’imputazione al soggetto rappresentato del negozio posto in essere (53).La mancanza del potere rappresentativo si ripartisce nei due aspetti della rappresentanza senza potere e della rappresentanza con eccesso di potere: nel primo caso (rappresentanza senza potere) la legittimazione ad agire come rappresentante o non è mai sorta, oppure è venuta meno, per cui nel momento in cui il falsus procurator agisce, egli manca di legittimazione ad agire in nome e per conto del rappresentato; nel secondo caso (eccesso di potere) il potere rappresentativo esiste in capo al soggetto che ha agito, ma esiste in un ambito limitato tale per cui il rappresentante ha operato al di fuori dei confini per lui prestabiliti (54).

Gli effetti della rappresentanza senza poteri sono disciplinati dall’art. 1398 c.c., il quale dispone che “colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto”.La portata degli effetti dell’atto compiuto dal rappresentante senza potere o in eccesso di potere è ampliata dall’art. 1399 c.c., il quale disciplina la ratifica del contratto disponendo che “il contratto può essere ratificato dall’interessato, con l’osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso”. E, continua quell’articolo, “la ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi”; e aggiunge, infine, che “il terzo e colui che ha contrattato come rappresentante possono d’accordo sciogliere il contratto prima della ratifica”.Vi è sufficiente accordo, sulla base di queste due norme, nell’affermare che il negozio concluso dal falsus procurator (espressione che sintetizza sia l’ipotesi del procuratore senza potere sia l’ipotesi del rappresentante che eccede i suoi poteri) è privo di effetti, cioè inefficace, espressione che talvolta è stata correlata alla nullità, talaltra all’annullabilità, peraltro senza argomenti convincenti (55).

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In linea generale, su un piano sostanziale, come è stato più sopra evidenziato, il negozio concluso dal falsus procurator viene ritenuto inefficace e ratificabile dal rappresentato con effetto ex tunc; pertanto esso negozio non è nullo e neppure annullabile, ma solo inefficace nei confronti del dominus fino alla ratifica di questi; e tale inefficacia (temporanea) non è rilevabile d’ufficio, ma solo su eccezione dello pseudo-rappresentato, non dell’altro contraente, al quale compete eventualmente solo il risarcimento del danno per avere confidato senza colpa nell’operatività del contratto (56).La prevalente dottrina parla invece di negozio valido in sé, ma privo di effetti, per mancanza di legittimazione, nei confronti della parte in senso sostanziale del negozio posto in essere (57).Mentre la prevalente giurisprudenza lo qualifica come negozio a formazione progressiva che si perfeziona con la ratifica del dominus (58).

La ratifica si sostanzia in un negozio unilaterale con cui l’interessato fa propri gli atti conclusi in suo nome da chi non aveva potere di rappresentarlo o ha esorbitato dai poteri concessigli. Essa può essere espressa o tacita e deve rivestire la stessa forma prescritta dalla legge per il contratto concluso; ha effetto retroattivo e attribuisce effetto al negozio posto in essere fin dal momento in cui esso è stato stipulato; fermo restando, infine, che la ratifica non può pregiudicare i diritti dei terzi (59).Per effetto della rappresentanza negoziale viene conferita al rappresentante non una legittimazione negoziale escludente quella originaria del rappresentato, ma una legittimazione di secondo grado, contingente, la quale, per essere propria del rappresentante, non può assorbire né rendere superflua l'originaria posizione di competenza del soggetto titolare degli interessi dedotti (60). 8. Cessazione della rappresentanza

L’art. 1396 c.c. si occupa della modificazione e dell’estinzione della procura, le accomuna nella disciplina e stabilisce che esse “devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei"; e che in mancanza "esse non sono opponibili ai terzi se non si prova che questi le conoscevano al momento della conclusione del contratto”.Il primo comma dell’articolo menziona espressamente, fra le cause di estinzione della procura, la revoca, mentre il secondo comma di quest’articolo fa un generico riferimento alle “altre cause di estinzione del potere di rappresentanza”, ma non prevede espressamente l’obbligo di portare a conoscenza dei terzi queste ultime, ancorché sostanzialmente pervenga ad analogo risultato disponendo che dette cause di estinzione “non sono opponibili ai terzi che le hanno senza colpa ignorate”.

La dottrina chiarisce che le cause di estinzione della procura, diverse dalla revoca, ancorché non menzionate espressamente dal legislatore, sono le seguenti: scadenza della procura nell’ipotesi di rappresentanza a temine; rinunzia del rappresentante; sopravvenuta incapacità del rappresentato o del rappresentante (61); fallimento del rappresentato o del rappresentante: ciò ai sensi dell'art. 78 legge fallimentare, che prevede l’estinzione del potere di rappresentanza per fallimento del rappresentante o del rappresentato salvo che la procura sia stata conferita nell’interesse del rappresentante (62); il verificarsi della condizione risolutiva; il verificarsi della morte del rappresentante o del rappresentato (63).Va anche precisato che questa norma, chiaramente operativa per la rappresentanza volontaria, non vale per la rappresentanza legale prevista per le persone fisiche (tutela, rappresentanza dei genitori per i figli minori): in tal caso le cause di cessazione della rappresentanza legale (morte del rappresentato, cessazione dell’ufficio, rinunzia o esonero del rappresentante legale) hanno effetto immediato ed automatico nei confronti dei terzi (64).

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Si è posto il problema se il mandato collettivo con rappresentanza, espressamente conferito da due persone nell’interesse dell’unico mandatario - pertanto irrevocabile ai sensi dell’art. 1723 cod. civ. - si estingua nell’ipotesi di morte di una di dette persone. Il codice civile non contiene disposizioni con specifico riferimento alla procura collettiva c.d. attiva (cioè collettiva da parte del rappresentato); per risolvere il problema si ritiene applicabile l'art. 1726 c.c., dettato in tema di mandato, il quale dispone che "la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa" (65).Analogamente, sul problema se la morte di una delle persone componenti la parte mandante determini l’estinzione del mandato, la soluzione della giurisprudenza e della dottrina è in senso negativo. Si è così affermato che la regola generale di cui all’art. 1722 n. 4 cod. civ., contemplando la morte della parte mandante, non è applicabile all’ipotesi in cui venga meno uno dei soggetti che la compongono poiché per l’appunto non determina il totale venir meno di quella parte; inoltre dal carattere eccezionale del potere attribuito al singolo dall’art. 1726, di provocare l’estinzione del mandato (a mezzo revoca), si ricava che vicende del singolo quali la morte o la sopravvenuta incapacità non estinguono il mandato collettivo (66) 9. Procura

9.1. Forma della procura

L’art. 1392 c.c. dispone che la procura non ha effetto se non è conferita con le forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere.La norma ha una sua propria giustificazione di carattere sostanziale: se la procura è preparatoria di un atto, essa costituisce uno strumento necessario allo scopo di attribuire effetto all’atto e pertanto è intuibile che il legislatore ne abbia imposto la stessa forma. La norma ha una giustificazione così razionale che dottrina e giurisprudenza non si soffermano minimamente a valutarne in modo approfondito la ratio. Lo sforzo di dottrina e di giurisprudenza è invece tutto teso a valutare la portata di questa norma, e ci si chiede se essa valga in ogni caso, oppure con determinate limitazioni.

La giurisprudenza della Suprema Corte ormai ha assunto un indirizzo consolidato per il quale la norma dell’art. 1392 vale soltanto nel caso di forma disposta per legge e non nell’ipotesi di forma voluta dalle parti, la c.d. forma convenzionale disciplinata dall’art. 1352 c.c. (67).Anche se una dottrina di minoranza si esprime in senso inverso e ritiene che l’art. 1392 c.c. valga anche nell’ipotesi di forma convenzionale ex art. 1352 (68), non sembra che quest'ultima opinione sia accettabile, sia per l’argomento desumibile dalla relazione al codice civile (69); sia per l’argomento che le forme convenzionali sono di difficile accertamento, al contrario delle forme previste dalla legge, per cui un atto unilaterale come la procura, destinato a produrre effetti nei confronti dei terzi, e quindi meritevole di essere agevolmente individuato dai terzi nella sua funzione rappresentativa, ha senso se la forma prescritta è quella disciplinata dalla legge, ma perderebbe di significato, nei confronti dei terzi, se questi dovessero fare riferimento ad una forma imposta da altri sul piano convenzionale.

E’ stato peraltro precisato che l’art. 1392 c.c. valga soltanto per gli atti a contenuto negoziale, mentre per gli atti a contenuto non negoziale essa norma non trovi applicazione (70).E si è anche chiarito che l’art. 1392 c.c. opera anche nell’ipotesi che per il contratto interessato la legge preveda una forma determinata ad probationem, fermo restando che in tal caso, rispetto ai contratti per i quali sia richiesto solo ad probationem, il requisito formale assume rilievo solo sul piano probatorio, sicché la sua mancanza non può determinare l’invalidità della procura (71).La necessità che la procura sia redatta nella stessa forma prescritta come necessaria, sul piano legale, per l'atto cui essa è destinata, impone un certo rigore, perché è stato chiarito che il requisito

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della forma può essere soddisfatto soltanto in presenza di un documento contenente la manifestazione della volontà di conferire il potere rappresentativo e non anche con documenti che facciano solo riferimento alla procura altrimenti rilasciata o che di questa presuppongano l'esistenza (72).

Letta attentamente, questa massima porta alla conclusione che la regola deve essere la seguente: l'atto di procura deve rivestire la forma voluta dalla legge, nei suoi elementi essenziali, senza possibilità di ricorso ad altra documentazione. Ciò comporta che, se occorre la procura per atto pubblico, la forma pubblica deve caratterizzare la procura intesa al negozio da porre in essere e non appare consentito farvi riferimento in via indiretta: si pensi, ad esempio, ad una procura per scrittura privata, ancorché autenticata, a favore di Tizio, con richiamo, per l'intero contenuto, ad altra procura per atto pubblico a favore di Caio.Si è tentato di ridurre la portata dell'art. 1392 c.c. affermando che per essa non trova applicazione la disposizione della legge notarile che prescrive l'obbligatoria presenza dei testimoni per determinati atti (73). Utilizzando altra dottrina, secondo la quale l'accettazione separata di donazione può essere effettuata per procura generale rilasciata per atto pubblico senza assistenza di testimoni (74), detto Autore perviene alla conclusione che la presenza dei testimoni non attenga alla forma pubblica, ma operi in modo ultroneo rispetto ad essa.

Non sembra che questa conclusione sia corretta. Allorquando il codice civile fa menzione dell'atto pubblico e assegna ad esso il valore di costituire ai fini probatori documento con fede privilegiata, esso fa riferimento alla competenza del pubblico ufficiale e alle formalità di legge: e pare non vi siano dubbi che le formalità cui fa riferimento l'art. 2699 c.c. non siano le forme negoziali disciplinate dall'art. 1350 c.c., bensì quelle previste da altre leggi, le quali di volta in volta, a seconda del tipo di atto, le stabiliscono. Nel caso dell'atto pubblico notarile è giocoforza richiamarsi alla legge notarile, la quale stabilisce la necessità dei testi per determinati atti e la necessità della menzione della rinuncia ai testi per la stragrande maggioranza degli atti: se mancano i testimoni ove richiesti, o la menzione della rinuncia ad essi negli altri casi, il documento è formalmente nullo, nel senso che l'involucro che consente di attribuire ad un negozio giuridico forma di atto pubblico in tal caso non nasce, per cui è come se quel documento avesse valore, a fini formali, di semplice scrittura privata, neppure autenticata.

Ciò basta a far ritenere che il difetto di forma sia presente e sia pertanto violato l'art. 1392 c.c. Ciò comporta che tutte le volte che per l'atto si richiede l'atto pubblico notarile, se si tratta di procura, questa deve rivestire gli stessi caratteri formali dell'atto pubblico finale, ivi compresi quelli concernenti la presenza dei testi. Ma ciò significa anche che debba ritenersi violato l'art. 1392 c.c. allorquando per l'atto pubblico interessato sia richiesta, ai fini della validità documentale, la necessaria presenza dei testi ed analogo comportamento non sia stato applicato alla relativa procura.Nel caso di specie, oltre tutto, lo stesso art. 620 c.c. dispone la necessaria presenza dei testi (75). 9.2. Procura generale e procura speciale

La procura può essere generale o speciale: è generale allorquando essa concerne tutti gli affari del proponente, oppure un determinato gruppo di affari determinati (ad es. gli affari di un certo tipo, oppure gli affari di una determinata zona); è speciale se riguarda uno o più affari specificamente indicati.La giurisprudenza ha chiarito che non basta l'intestazione dell'atto per qualificare la procura come generale oppure come speciale, ma che occorra tener conto dell'effettivo contenuto negoziale dell'atto (76).

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La differenza tra procura generale e procura speciale rileva soprattutto al fine di valutare la delimitazione dei compiti del procuratore, alla luce soprattutto dell'art. 1708 c.c., dettato per il mandato, norma che si ritiene applicabile anche alla sola procura (77). Questa norma:

a) al primo comma dispone che il mandato comprende non soltanto gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento;b) al secondo comma dispone che il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente.

Il primo comma viene utilizzato anche per la procura speciale, per la quale occorre stabilire i limiti oltre i quali essa non deve ritenersi operativa e pertanto si tratta di stabilire, una volta identificata la procura come procura speciale, il criterio per identificare gli atti "necessari al compimento degli atti espressamente indicati nella procura", cioè dei c.d. "atti strumentali". Va da sé che il problema sorge allorquando questi atti strumentali non siano espressamente indicati nel negozio di procura.La dottrina ha in proposito chiarito che gli atti strumentali possono essere sia preparatori che conseguenziali all'atto principale e che debbono essere caratterizzati dal requisito dell'essenzialità, cioè dalla stretta necessarietà, con esclusione pertanto dell'elemento della sola opportunità o utilità (78).

Per tradurre in concreto questi criteri, va ricordato che, secondo la giurisprudenza, la procura a vendere comporta anche il potere di stipulare il contratto preliminare (79), mentre la procura alla stipula del contratto preliminare non comporta anche la procura alla stipula del contratto definitivo, a meno che non sia accompagnata dalla possibilità di incamerare l'intero prezzo e dalla possibilità di trasferire il possesso anticipato del bene (80).E' stato anche precisato che chi è stato investito del potere di rappresentare altri nella stipulazione di un contratto non è automaticamente investito anche del potere di riscuotere i crediti derivanti dal contratto (81).E si è anche chiarito che non rientra nei poteri concessi in una procura, se ciò non viene specificato espressamente, anche quello di approvazione per iscritto di una clausola derogativa della competenza giudiziaria territoriale (82).

Maggiori problemi ha posto la norma contenuta nel secondo comma dell'art. 1708 c.c., sulla base della quale in linea di principio si deve escludere dalla procura generale il compimento di atti di straordinaria amministrazione, identificati in questo concetto tutti quegli atti che non tendono alla semplice conservazione del patrimonio del soggetto, ma che si traducono in una modifica dell'integrità del patrimonio.La giurisprudenza ha ricompreso fra gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, con specifico riferimento a quest'articolo, gli atti di disposizione (83), la rinuncia ad un diritto anche se controverso (84), la transazione (85). 9.3. Revoca della procura

La revoca della procura è ritenuta l’ipotesi principale di cessazione della rappresentanza ed è stata qualificata come negozio unilaterale con il quale il rappresentato fa venir meno il potere rappresentativo. E’ discusso se si tratti di negozio unilaterale recettizio, essendo dubbio a chi debba essere notificato il negozio di revoca (86).Si ritiene, comunemente, che il negozio di revoca sia a forma libera, anche nell’ipotesi che la procura, essendo diretta alla realizzazione di un negozio che preveda ad substaniam la forma solenne, sia stata redatta per atto pubblico (87).Ha posto particolari problemi il tema dell’irrevocabilità della procura c.d. in rem propriam, cioè rilasciata anche nell’interesse del rappresentante o di terzi. Sovviene in proposito l’art. 1723 c.c., in

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tema di mandato, il quale, al primo comma, dispone che il mandato è revocabile, ma che, se era stata pattuita l’irrevocabilità, il mandante “risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa”; lo stesso articolo, al secondo comma, prevede che “il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi non si estingue per revoca da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito o ricorra una giusta causa di revoca”.

Si nota una chiara differenza tra la procura irrevocabile e la procura in rem propriam: la prima può essere sempre revocata, salvi i danni per giusta causa; la seconda non è soggetta a revoca, salvo diversa pattuizione o l’esistenza di una giusta causa. Può quindi affermarsi che il procuratore in rem propriam sia maggiormente tutelato rispetto al procuratore di procura irrevocabile, al fine di sottostare alla revocabilità della procura.L'art. 1723 c.c. è stato formulato in tema di mandato. Nel silenzio del codice si è posto il problema se questa norma valga anche per la sola procura.Il problema viene impostato partendo dal dilemma della distinzione tra mandato e procura: se viene ribadita un’accentuata differenza tra i due istituti, si tende a valutare se sia applicabile alla procura una norma dettata con specifica attinenza al mandato. La stragrande maggioranza della dottrina (88), sostenuta anche da un certo orientamento ormai datato della Cassazione (89), ritiene che l’art. 1723 c.c. sull’irrevocabilità del mandato in rem propriam trovi applicazione anche per la procura, mentre questa conclusione viene negata da una dottrina minoritaria (90) e da una più recente giurisprudenza (91), la quale ultima afferma che “la fonte dei poteri rappresentativi dovendosi ravvisare nella volontà dell’interessato, estrinsecatasi nella procura e non anche nel mandato – contratto interno fra mandante e mandatario – ed essendo la procura un negozio unilaterale, recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante (mentre l’irrevocabilità prevista dall’art. 1723, 2° comma c.c. attiene al negozio gestorio medesimo e si esaurisce nel rapporto interno tra il mandante e il mandatario) determina la estinzione del potere di rappresentanza con la conseguenza che il contratto concluso dal rappresentante senza potere è privo di validità”.

Non sembra convincente quest’ultima opinione della Cassazione, che porta agli estremi la differenza, pur esistente, tra negozio gestorio interno e potere di rappresentanza, senza dare il giusto rilievo all’osservazione, fatta dalla dottrina, che inevitabilmente la procura in rem propriam si fonda su un ineliminabile potere gestorio di mandato assegnato al rappresentante, che si evidenzia nell’interesse che questi ha ad acquisire il potere rappresentativo e che pertanto inevitabilmente presuppone accordo gestorio tra le parti (92).Insomma, ancorare ogni soluzione all’astrattezza e all’unilateralità della procura e al silenzio del legislatore sulla disciplina di questo istituto non sembra motivo sufficiente per escludere l’applicabilità dell’art. 1723, 2° comma c.c. anche alla procura.Analogo discorso va effettuato per la morte del rappresentato. In proposito l’art. 1723, 2° comma c.c. stabilisce, per il mandato, che se questo è conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi, esso non si estingue per la morte o per la sopravvenuta incapacità del mandante.

Sull’applicabilità di questa norma anche alla procura vi è sufficiente accordo, sia in dottrina (93), che in giurisprudenza, la quale, in un’unica sentenza, ha precisato che “avvenuta la morte del mandante, il mandatario in rem propriam conserva la facoltà di agire, non più in nome e per conto del mandante, ma in nome e per conto degli eredi, che a lui sono succeduti nel rapporto, senza che questi debbano conferire un nuovo potere di rappresentanza al mandatario” (94).Questa conclusione cui perviene la Suprema Corte esige una precisazione. L’art. 1723, 2° comma c.c., in quanto applicabile anche alla procura, presuppone che la morte del rappresentato non estingua il rapporto rappresentativo. Ciò comporta che il rappresentante, sulla base dell’incarico ricevuto dal rappresentato e tenuto conto della mancata cessazione di questo rapporto per effetto della morte del rappresentato, agisce sempre a nome di quest’ultimo e non a nome degli eredi, i

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quali subentrano negli effetti dell’azione del rappresentante, non nel rapporto rappresentativo, che resta incardinato a nome del defunto rappresentato.

Ma ciò comporta, altresì, che come il defunto che ha conferito l’incarico non può farlo cessare neppure con la sua morte, altrettanto accade per i suoi eredi, i quali non possono revocare l’incarico, giacché neppure il loro dante causa poteva revocarlo.In altre parole, il rapporto rappresentativo continua almeno fino al completamento dell’incarico, senza che gli eredi possano interloquire sugli effetti della procura.Ma non vi è alcun dubbio che l’esercizio della procura sortirà tutti i suoi effetti e, se previsto, si tradurrà anche in effetti sul patrimonio del de cuius e, per suo tramite, sul patrimonio ereditario.Si pone a questo punto il problema: se è defunto il soggetto che ha rilasciato la procura, la trascrizione di un negozio traslativo di diritto reale a favore di terzi (o del procuratore) a danno di chi va effettuata? L’unica soluzione possibile è di effettuarla contro il de cuius, oppure, se risulta trascritto l'acquisto mortis causa, contro i suoi eredi. 9.4. Procura redatta all'estero

a) Norme di conflitto

Nel diritto internazionale privato esiste una norma (art. 60 della legge 31 maggio 1995, n. 218), che disciplina la legge regolatrice della procura. Questo articolo dispone: "La rappresentanza volontaria è regolata dalla legge dello Stato in cui il rappresentante ha la propria sede d'affari sempre che egli agisca a titolo professionale e che tale sede sia conosciuta o conoscibile dal terzo. In assenza di tali condizioni si applica la legge dello Stato in cui il rappresentante esercita in via principale i suoi poteri nel caso concreto" (primo comma).

"L'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza è valido, quanto alla forma, se considerato tale dalla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui è posto in essere" (secondo comma).La dottrina internazionalprivatistica ha chiarito che la norma in discorso vale soltanto per la rappresentanza volontaria, non per la rappresentanza legale od organica (95), per le quali occorre fare riferimento alla legge che disciplina il rapporto sostanziale (mandato, cui andrebbe applicata la Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali del 1980; società, cui tornerebbe applicabile l'art. 25 della legge n. 218 del 1995).Particolarmente rilevante, per l'attività notarile, è il secondo comma dell'art. 60, il quale, sul punto forma della procura estera, stabilisce un duplice criterio, per affermare la validità della procura: a) conformità alla legge che regola la sostanza del rapporto rappresentativo, vale a dire i criteri segnati dal primo comma dell'art. 60; b) conformità alla lex loci, cioè alla legge del luogo in cui la procura si è formata.E' stato anche chiarito che il luogo ove è formata la procura è quello in cui essa viene rilasciata dal rappresentato, non quello, eventualmente diverso, in cui l'atto di procura venga notificato al rappresentante (96). b) Forma della procura estera

E qui si pone il problema dell’applicabilità o meno alla procura estera della disposizione contenuta nell’art. 1392 c.c., per effetto della quale la procura deve rivestire la stessa forma richiesta dalla legge per l’atto da stipulare da parte del procuratore.Non vi è alcun dubbio che, trattandosi di procura proveniente dall’estero, ad essa debbano applicarsi non le norme interne del nostro ordinamento, bensì le norme dell’ordinamento giuridico dello Stato individuato come competente a legiferare in materia sulla base delle nostre norme di

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diritto internazionale privato, ora contenute nell’art. 60 della legge n. 218 del 1995: pertanto va applicata la legge dello Stato che disciplina l’accordo gestorio della rappresentanza, oppure la legge dello Stato ove la procura è nata.Sulla base di un recente studio (97) i Paesi che recepiscono una norma analoga a quella contenuta nel nostro art. 1392 c.c. sono i seguenti: Algeria, Bulgaria, Egitto, Etiopia, Grecia, ex Jugoslavia, Libano, Polonia, Portogallo e Ungheria.Pertanto tutto il mondo anglosassone non recepisce una siffatta norma ed altrettanto avviene per i Paesi della Comunità Europea, ad eccezione della Grecia e del Portogallo.

Primario compito del notaio chiamato a redigere un atto che veda come parte formale un procuratore sulla base di procura proveniente dall’estero è, pertanto, quello di valutare quale sia l’ordinamento giuridico competente a disciplinare la forma della procura: se egli riscontra che questa è formalmente ineccepibile sulla base del riscontrato ordinamento dello Stato ove la procura è stata redatta, il notaio non si deve preoccupare del nostro art. 1392 c.c. e può pertanto utilizzare la procura così redatta (si supponga, per scrittura privata autenticata), anche per ricevere un atto che nel nostro ordinamento richiede la forma pubblica (donazione, contratto di società, contratto di matrimonio, per fare alcuni esempi).

Sotto il vigore del precedente diritto internazionale privato, il cui art. 26 stabiliva, fra i vari criteri atti ad individuare la legge nazionale competente a statuire in tema di forma negoziale (in via generale per tutti i negozi e senza alcuno specifico riferimento alla procura), anche quello della legge del luogo di formazione dell’atto, è stato espressamente deciso che una procura valida sul piano formale per il diritto inglese (in quanto redatta in quel Paese) e quindi priva della qualificazione di atto pubblico (non riconosciuto nell’ordinamento anglosassone) poteva essere utilizzata in Italia per la costituzione di una società di capitali (98).

Nel vigore delle preleggi (artt. 17 e segg. delle disposizioni preliminari al codice civile del 1942) taluno interpretava in senso restrittivo le conclusioni desumibili dall’art. 26 delle preleggi, affermando che comunque, ex art. 1392 del nostro codice, la procura redatta all’estero doveva pur sempre, se destinata alla stipula di un atto pubblico, rivestire quel minimo di elementi che l’ordinamento di origine pretendeva per l’atto pubblico (quindi senza tener conto dei limiti formali cui era tenuto l’atto pubblico disciplinato dalla legge italiana) (99). Questa opinione, peraltro, dopo l'entrata in vigore dell'art. 60 della legge n. 218 del 1995, è stata corretta e si è uniformata all'opinione comune. 10. Poteri rappresentativi e obblighi formali del notaio

L’art. 51, n. 3 legge notarile dispone che “la procura deve rimanere annessa” all’atto notarile “in originale o in copia, a meno che l’originale o la copia non si trovi negli atti del notaro rogante”.Il primo problema che sorge è il seguente: la legge notarile parla di “procura”, con chiaro riferimento alla rappresentanza negoziale. Si pone il problema se la norma trovi applicazione anche per la rappresentanza organica o per la rappresentanza legale in genere, cioè per tutti i casi caratterizzati da rappresentanza che non sorge per effetto di atto di procura negoziale.

Una giurisprudenza datata ha affermato a chiare note che la norma contenuta nell’art. 51 n. 3 della legge notarile riguarda i soli casi di rappresentanza volontaria, non quelli di rappresentanza legale (100). L'esattezza della conclusione giurisprudenziale è dovuta non soltanto al testo letterale della legge, ma anche agli scopi cui tende questa disposizione. a) Ragioni giustificative

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Scopo della norma è quello di accludere all’atto notarile, a mo’ di allegato obbligatorio, il documento che attesta l’esistenza, in colui che ha agito in nome e per conto di altra persona, del titolo di legittimazione che l’ha autorizzato a detto comportamento negoziale.La dottrina si è sforzata di trovare le ragioni giustificative di essa norma. Ragioni che sono state identificate o in quella, pratica, di riunire in sede di documentazione l'atto notarile al presupposto che ne costituisce fondamento di legittimazione (101); oppure in quella di consentire il rinvenimento del documento allorquando esso non sia rinvenibile presso altro pubblico ufficiale (102). Tuttavia non è mancato chi ha sostenuto che dette ragioni non siano plausibili, perché il deposito della procura presso qualunque notaio appare in grado di garantire sufficiente sicurezza, per concludere che non sia possibile rinvenire ragioni, giustificative della norma, convincenti sul piano di un inquadramento generale (103).

Sul piano di un'astratta razionalità non si può negare che l'avere previsto solo per la procura l'obbligo di allegazione deve pur avere una ragione giustificativa: essa può individuarsi considerando che allorquando la rappresentanza sia volontaria le parti hanno tutto l'interesse a conoscere l'ambito entro il quale opera la rappresentanza; si tratta di stabilire se la procura sia generale o speciale ed in tal caso di apprenderne i precisi confini. E' certamente interesse di un soggetto che stipula con un altro, rappresentato per procura, di valutare entro quali limiti l'obbligazione possa sorgere in capo al rappresentato, per una tutela completa del proprio interesse. A questa osservazione può rispondersi che allorquando l'atto sia ricevuto dal notaio, deve essere questi a valutare la legittimazione del soggetto a rappresentare altri, per cui un onere di tal genere non deve ricadere sulle parti. Ma non può dimenticarsi che l'atto notarile è destinato ad essere valutato anche nella sua proiezione esterna, il che comporta che futuri contraenti, o anche futuri notai, possono avere necessità di apprendere la legittimazione di un soggetto ad agire come rappresentante in un atto di provenienza.

Ma certamente preoccupazione del legislatore è stata anche quella di garantire la conservazione della procura presso un pubblico depositario qual'è il notaio. Non va infatti dimenticato che la legge notarile del 1879 stabiliva l'obbligo di allegare le procure soltanto se queste fossero rilasciate "in originale" (art. 43 legge 25 maggio 1879, n. 4900). Il che comportava che l'obbligo di allegazione non sorgesse allorquando la procura risultasse in copia autentica, giacché in tal caso altro pubblico depositario poteva provvedere alla sua custodia. Infatti la dottrina notarile di allora si interrogava sugli adempimenti notarili allorquando l'originale della procura fosse depositato presso altro notaio: si rispondeva che in tal caso la norma non trovasse applicazione, ma si suggeriva (e si trattava di suggerimento e non di affermazione di obbligo per il notaio) o di allegare all'atto un estratto della procura, oppure di limitarsi ad indicare sull'atto gli estremi di essa procura (104).Evidentemente, ora che la norma è cambiata (si prevede infatti che la procura deve essere allegata "in originale o in copia"), occorre dare ad essa significato anche diverso dalla semplice esigenza di custodia del documento. Non resta che aderire all'opinione che, proprio in ragione della strutturazione stessa della procura, che, avendo carattere prettamente negoziale, può avere il più ampio contenuto, si sia voluto fissare per tabulas il confine entro il quale ha legittimamente operato il procuratore.

Va ripetuto che la norma dispone che l'obbligo di allegazione non sussiste allorquando la procura "si trovi negli atti del notaio rogante". La dottrina attribuisce al termine "atti" un significato ampio e ipotizza i casi del ricevimento dell'atto di procura, dell'allegazione di essa a precedente atto, del deposito della procura agli atti del notaio (105).

b. Procura institoria

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Poiché la legge stabilisce l'allegazione necessaria con esplicito riferimento alla "procura", si pone il problema se tale obbligo sussista anche per la c.d. "procura institoria", prevista dagli artt. 2204 e 2206 cod. civ.. La dottrina ha peraltro chiarito che erroneamente il codice civile parla in tal caso di "procura", perché se per procura si intende il negozio costitutivo di rappresentanza, e pertanto se la procura ha la sua fonte in un negozio giuridico (tant'è che si parla di rappresentanza volontaria), la procura institoria non ha la sua fonte nel contratto, bensì nella legge; trattasi infatti di rappresentanza legale e non di rappresentanza volontaria. Infatti la dottrina ha messo in risalto che la procura institoria attribuisce ex lege all'institore il potere di rappresentare l'imprenditore (sia persona fisica che persona giuridica) per tutta l'attività d'impresa, ivi compresa la contrattazione concernente detta attività. In definitiva l'institore è uno strumento dell'imprenditore, nel senso che ne costituisce organo operativo periferico. Fanno eccezione soltanto l'alienazione e l'ipoteca di beni immobili, che non sono compresi nel rapporto institorio, ma che presuppongono espressa autorizzazione e pertanto procura ad hoc (106).

Ciò posto, il notaio deve soltanto preoccuparsi che un soggetto sia effettivamente institore, cioè deve acquisire (non sul piano della pubblica funzione, ma su quello della libera professione) gli elementi atti a convincerlo che un soggetto sia stato individuato dall'imprenditore come proprio ausiliario; occorre cioè accertare il fatto interno d'impresa della preposizione institoria, che può derivare o dall'iscrizione di essa preposizione nel registro delle imprese (ai sensi dell'art. 2206 cod. civ.), oppure da atti autentici o da libri obbligatori; o, in caso contrario, da documenti provenienti dall'imprenditore, come gli elenchi dei funzionari dotati di firma (107). In definitiva, come è stato acutamente posto in risalto (108), spetta al notaio il "compito, squisitamente professionale, di accertare l'esistenza e regolarità degli atti di nomina interni". Trattasi evidentemente di compito professionale, che responsabilizza il notaio sul piano della prestazione d'opera professionale, senza prevedere a suo carico precisi obblighi che fuoriescano dai limiti di una corretta prestazione ex art. 2236 cod. civ.

Allorquando, pertanto, la rappresentanza è legale (è il caso dell'amministratore di società o dell'institore di imprenditore commerciale), il potere rappresentativo non è basato su una procura ed il notaio non è tenuto ad allegare all'atto alcunché: ancorché in concreto il notaio sia tenuto, solo peraltro sul piano professionale, ad accertare se esistano limiti statutari o di altro genere che riducano la portata della rappresentanza legale, ed altresì quale sia il soggetto fisico cui sia stato affidato il compito di esprimere in concreto la rappresentanza legale. c. Requisiti formali della procura da allegare all'atto

Benché l’atto posto in essere, facendo comparire come parte in senso formale il procuratore, sia un atto pubblico, l’art. 51 n. 3 legge notarile non pretende che il notaio utilizzi soltanto procure per atto pubblico, o per scrittura privata autenticata. Se si tratta di copia, essa dovrà essere autentica, perché soltanto la copia autentica dà certezza al notaio di conformità di essa copia al documento originale, ma è ben possibile che sia utilizzata una procura per semplice scrittura privata non autenticata, a patto che il notaio acquisisca, con tutti gli strumenti in suo possesso, certezza che si tratti di documento originale proveniente effettivamente dal soggetto che ne risulta autore.

In questo modo l’accertamento del notaio passa dal piano strettamente documentale al piano ontologico dell’accertamento oggettivo della genuinità della scrittura: se il notaio ha acquisito sicurezza sulla genuinità della scrittura, ancorché desunta aliunde e non per tabulas, egli è abilitato ad utilizzare la procura, in qualunque forma, purché per iscritto, quest’ultima sia stata redatta.E’ accaduto, in concreto, che il notaio, per atto notarile non richiedente forma pubblica ad substantiam, abbia legittimamente utilizzato una procura redatta per scrittura privata autenticata priva di qualsiasi indicazione sulla presenza o la concorde rinuncia ai testimoni, comportante

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pertanto la nullità della formula di autentica per mancanza di un requisito essenziale richiesto dalla legge notarile a pena di nullità formale.

Allorquando venga utilizzata procura per scrittura privata autenticata i problemi sono diversi e vanno singolarmente analizzati e risolti. In primo luogo, la procura per scrittura privata autenticata, ancorché per ipotesi valida sul piano della forma, non appare sufficiente a supportare un atto che richiede necessariamente la forma pubblica (ad es. donazione, oppure atto di matrimonio).Qualora invece l’utilizzazione di una simile procura afferisca ad atto non richiedente necessariamente forma pubblica, l’art. 1392 c.c. non viene in questione ed ogni problema va risolto alla luce dell’art. 51 n. 3 legge notarile, che si limita a pretendere l’allegazione della procura, ma non detta regole sulla forma necessaria per porre in essere detta procura. Sul piano della forma della procura è accaduto il seguente caso. Il notaio fa comparire in atto il procuratore di un cieco, allegando all’atto procura redatta per atto pubblico da altro notaio, priva peraltro della presenza dei testi previsti dall’art. 4 della legge 3 febbraio 1975, n. 18 (il soggetto che aveva sottoscritto la procura era infatti cieco impossibilitato a sottoscrivere). Il notaio, nel redigere l’atto pubblico di procura, aveva regolarmente osservato la legge, facendo comparire i testimoni, ma non aveva, evidentemente ritenendola inutile, osservato la legge n. 18 del 1975, facendo quindi mancare i testimoni speciali del cieco previsti da quest’ultima legge. Questo problema, in precedenza messo in forse da una solitaria sentenza della Cassazione, la quale aveva ritenuto nullo un atto pubblico privo della presenza dei testi disciplinati dalla legge n. 18 del 1975 (109), ormai non è più di attualità, quando la Cassazione sembra avere sposato la soluzione che la legge sui ciechi n. 18 del 1975 vale soltanto per le scritture private e non per l’atto pubblico, per il quale trova integrale applicazione solo la legge notarile, sufficientemente garantistica per l’attività negoziale dei ciechi (110).

La legge notarile parla di “originale o copia”, lasciando intendere che deve trattarsi dell’atto di procura esistente nel documento originale o, evidentemente, nella copia autentica di esso. E qui va fatta una riflessione. La procura, se l’atto pubblico non è prescritto come forma necessaria del negozio da porre in essere, può essere rilasciato anche per semplice scrittura privata, salvo quanto più sotto sarà precisato sul fatto che il notaio è tenuto ad acquisire, sul piano della sua attività professionale, con riscontri adeguati, certezza sulla legittimazione negoziale del soggetto che agisce. Se la procura è rilasciata per semplice scrittura privata, il notaio dovrà accertarsi dell’attendibilità del documento esibitogli quanto a garantire l’identità del soggetto che rilascia la procura e la genuinità della scrittura esibita.L'obbligo di allegazione presuppone un documento scritto e pertanto non appare consentito supportare un atto notarile con procura orale, ancorché per l'atto non sia richiesta dalla legge la forma scritta.

Se il documento è rilasciato in copia, questa deve necessariamente consistere in una copia autentica, perché soltanto in tal caso il notaio avrà la massima sicurezza sulla genuinità del documento, tanto se questi sia documento pubblico quanto se consista in semplice scrittura privata.Allorquando, invece, chi voglia rappresentare una società non sia amministratore o institore, perché sussista la legittimazione a rappresentare la società occorre una procura, che deve provenire da soggetto già dotato di rappresentanza (amministratore, institore, direttore generale). E pertanto si afferma che la deliberazione del consiglio di amministrazione di una società non possa valere come procura, soprattutto perché tratterebbesi di un potere di rappresentanza conferito da un organo incompetente; pertanto si è ritenuto che l’estratto notarile del libro sociale che riassuma una delibera consiliare non equivalga a procura idonea, anche sul piano formale, ad attribuire la legittimazione negoziale richiesta dalla legge (111). Va peraltro chiarito che se la delibera consiliare è intesa ad indicare l’amministratore con poteri di rappresentanza, la delibera è pienamente valida, perché si tratterebbe pur sempre di atto interno della società; soltanto se la

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delibera sia utilizzata per attribuire procura all’esterno della società, cioè a soggetto diverso dagli amministratori, istitori, l’inadeguatezza dello strumento utilizzato ha una sua precisa ragion d’essere. d. Forma della procura e trascrizione

Quanto all’incidenza della forma della procura sull’idoneità del titolo ai fini della pubblicità immobiliare, vanno effettuate alcune precisazioni.Il problema dell’applicazione dell’art. 2657 c.c. c.c. non è un problema di forma dell’atto, bensì un problema di autenticità del titolo per l’ingresso nella pubblicità. La dottrina ha chiarito che l’art. 2657 c.c. non prevede un requisito di forma che si aggiunge a quello prescritto dall’art. 1350 c.c., bensì costituisce un requisito del documento, come è un requisito del documento l’autenticazione, il cui scopo, cioè, non è quello di assicurare la valida espressione di un negozio, ma quello di consentire ad un negozio già nato di essere utilizzato a fini determinati (112).E’ stato infatti precisato che le norme in discorso si preoccupano esclusivamente del fatto che il documento provenga dall’identico soggetto che ne figura come autore; ciò allo scopo di dare credibilità ad una pubblicità che ha bisogno della credibilità per svolgere in modo completo il compito cui è destinata (113).

E qui sta, probabilmente, l’errore nel quale incorrerebbe il conservatore dei registri immobiliari il quale pretendesse che, ai sensi dell’art. 2657 c.c., la procura allegata all’atto notarile sia in tutti i casi atto pubblico oppure scrittura privata autenticata. La procura allegata, infatti, qualunque sia la forma, si confonde con l’atto notarile, del quale costituisce appendice.L’accertamento sull’autenticità deve essere svolto sull’atto notarile, non sui documenti ad esso allegati, la cui autenticità viene sostanzialmente accertata dal notaio: se quest’ultimo ha stipulato sulla base di una procura realizzata per documento non rivestente forma pubblica o autentica, egli si è fatto garante della genuinità della procura e ciò basta per rendere l’atto rispettoso della legge: attraverso il filtro della valutazione del notaio si ha un’indiretta attestazione di autenticità e ciò basta per garantire il rispetto dell’art. 2657 c.c.Sotto altro profilo, poi, non può mancarsi di evidenziare che il negozio sottoposto a pubblicità non è la procura, bensì il negozio concluso dal procuratore, che attraverso l’opera del notaio (o per atto pubblico o per scrittura privata autenticata) soddisfa sempre in pieno i requisiti dell’art. 2657 c.c.

Del resto, se compito del conservatore dei registri immobiliari fosse anche quello di controllare l'autenticità delle procure, ex art. 2657 c.c., sarebbe da chiedersi come possa svolgersi questo compito allorquando la procura sia depositata presso il notaio e questi si sia limitato ad indicarne gli estremi nell'atto, senza effettuarne l'allegazione, come dispone espressamente l'art. 51, n. 3 legge notarile. In questo caso, infatti, la procura non va allegata all'atto, ma ciò basta per comprendere come essa non possa costituire elemento di valutazione ex art. 2657 c.c., norma che attiene esclusivamente al documento che racchiude il negozio costitutivo o traslativo di diritti reali, non a tutta la documentazione di contorno che vi accede.Alla luce delle riflessioni che precedono, pertanto, l’operato del conservatore dei registri immobiliari che rifiuta la pubblicità a causa di procura non rispondente ai requisiti dell’art. 2657 c.c. appare privo di giustificazione. e) Traduzione della procura estera redatta in lingua straniera

E' sorto nella pratica il problema se gli allegati debbano essere riguardati alla stessa stregua dell'atto e, in caso affermativo, sottoposti alla traduzione in lingua italiana ove si tratti di documenti redatti in lingua straniera, ipotesi che si verifica solitamente per gli atti provenienti dall'estero, ma che può

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accadere anche per atto redatto in Italia. Il caso più frequente è quello di procura proveniente dall'estero.La procura è un comune allegato e valgono per essa tutte le regole concernenti questi ultimi, ancorché la procura debba rimanere obbligatoriamente annessa all'atto, giusta il disposto dell'art. 51, n. 3 della legge notarile; in tal caso il termine "annessa" non dice cosa diversa dall'allegazione, ma la conferma nella sostanza, fermo restando che la procura deve essere allegata obbligatoriamente all'atto, e qualificandosi in tal modo la procura tra gli allegati obbligatori (fra i quali vi sono anche i seguenti: statuto societario, elenco e valore dei beni mobili donati, tipo di frazionamento, certificato di destinazione urbanistica e altra documentazione ai sensi della legge 47/1985); mentre per gli allegati indifferenziati la legge tace sull'obbligo dell'allegazione, lasciando al notaio il compito di stabilire quali documenti debbano essere allegati e quali no (114).Sul problema dell'obbligo o meno della traduzione di allegato in lingua straniera sono emerse tre opinioni, che sostanzialmente si possono sintetizzare nei termini seguenti:

a) un'opinione, forse preoccupata dei risvolti disciplinari dell'opinione contraria, distingue nettamente tra atto e allegato, ed applica rigorosamente l'art. 54 legge notarile sull'obbligo di scrivere l'atto in lingua italiana soltanto all'atto posto in essere dal notaio, mentre ritiene inapplicabile detta norma agli allegati (115);

b) un'altra opinione, più tesa ad individuare lo stretto legame strutturale esistente tra atto notarile ed allegati, e pertanto sul rilievo che l'allegato costituisce parte integrante ed inscindibile dell'atto e tenuto conto dell'affermazione, data per assioma, che "nulla nell'atto notarile deve restare di non facile e diretta comprensione", conclude che la traduzione è obbligatoria anche per gli allegati (116);

c) una terza opinione, pur non disconoscendo il fascino dell'opinione sub b), soprattutto per la valutazione unitaria dell'atto e degli allegati, perviene alla conclusione opposta che gli allegati non debbano essere tradotti, basandosi sull'allegato "procura" e svolgendo in proposito la seguente argomentazione: se si accoglie l'opinione che la procura allegata va tradotta, la sua mancata traduzione viola l'art. 54 legge notarile e la sanzione applicabile al notaio è la sospensione (ex art. 138 n. 2 legge notarile); se la procura invece non viene allegata all'atto, la sanzione applicabile è l'ammenda disciplinare (ex art. 137, primo comma legge notarile, collegato con l'art. 51 n. 3 stessa legge); è possibile, sostiene questa opinione, che la mancata allegazione sia trattata con minore gravità della mancata traduzione? Da ciò la conclusione che una sospensione disciplinare per la mancata traduzione suonerebbe assurda; donde il convincimento che la procura allegata all'atto non deve essere accompagnata da traduzione in italiano, allo scopo di evitare siffatta conseguenza assurda (117).

Tra le tre posizioni è certamente preferibile quella sub b), manifestata dalla Suprema Corte, cioè l'opinione che il documento allegato all'atto notarile vada tradotto in italiano se redatto in lingua straniera. A ben vedere la conclusione che l'allegato in lingua straniera debba essere tradotto in italiano la si può desumere basandosi sullo scopo dell'allegato: se questo serve da supporto chiarificatore del contenuto dell'atto, è indispensabile che il suo contenuto sia non solo approvato dalle parti, ma conosciuto da qualunque lettore abbia necessità di apprendere il contenuto dell'atto notarile, cioè dai terzi anche futuri lettori dell'intero documento. Un atto notarile che, anche per una parte, gli allegati, soprattutto quando questi siano elementi essenziali per una migliore comprensione dell'intero atto, fosse incomprensibile sarebbe del tutto privo di significato. E ciò è del resto dimostrato dalla diversa intensità che la legge notarile attribuisce da un lato all'inosservanza dell'art. 54 legge notarile (norma sulla lingua italiana e sulla traduzione se in lingua straniera), da un altro lato alle prescrizioni formali dell'art. 51 legge notarile diverse dalla lettura

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dell'atto alle parti e dalla sottoscrizione, stabilendo per la prima e non per le seconde la nullità dell'atto in caso d'inosservanza.

Per questa strada si intuisce la dubbia consistenza dell'argomento di Giuliani: il legislatore ha stabilito la sospensione disciplinare per la violazione dell'art. 54 legge notarile e la semplice ammenda disciplinare per la mancata allegazione della procura per l'identico motivo per cui un atto privo di comprensibilità perché scritto in lingua straniera è nullo, mentre non altrettanto accade se il notaio si scorda di allegare all'atto la procura, proprio in correlazione con la diversa struttura della mancanza: sostanziale nel primo caso, formale nel secondo caso. La soluzione legislativa è plausibile e tale resta non soltanto in relazione alla parte di atto formulata dal notaio, ma anche in relazione all'intero documento posto in essere. f) Traduzione della formula di legalizzazione

Accertato che la procura estera allegata all'atto notarile va tradotta, vi è da chiedersi se debba essere tradotta anche la formula della legalizzazione. Lo afferma la Cassazione, senza peraltro particolari giustificazioni, argomentando sulla base dell'unitarietà del documento proveniente dall'estero: "non vi è ragione logica e giuridica per porre differenza tra l'uno e l'altro elemento della procura, escludendo dall'obbligo della traduzione la parte pure necessaria e intrinseca che concerne la competenza del notaio che ha ricevuto l'atto di conferimento di rappresentanza e la legalizzazione della sua firma" (118). E va in proposito ricordato che, secondo una nota ministeriale (Nota Ministero grazia e giustizia, Direzione generale degli affari civili, prot. 1/36/55 del 29 novembre 1985), anche l'apostille, che rappresenta una sorta di legalizzazione semplificata, va tradotta in lingua italiana.Per la verità detta unitarietà nel documento estero tra contenuto e legalizzazione viene meno se si esamina più approfonditamente struttura e funzione della legalizzazione (119). Va peraltro ricordato che la stessa Cass. 3 agosto 1962, n. 2322, sopra citata, che si è espressa in senso contrario al testo, ha precisato che lo stesso pubblico ministero presso la Corte di Cassazione, nella vertenza interessata, aveva sostenuto la differenziazione tra contenuto dell'atto estero e formula della legalizzazione.

Quest'ultima si sostanzia nell'attestazione ufficiale della legale qualità del funzionario che ha firmato l'atto, nonché dell'autenticità della stessa firma e rappresenta un requisito indispensabile e insostituibile perché l'atto estero possa produrre in Italia gli effetti che esso produce all'estero (120). In altre parole, la legalizzazione è uno strumento giuridico, estraneo al contenuto dell'atto, il cui scopo è quello di creare un ponte ideale tra due Stati diversi, allo scopo di ottenere che un documento dotato di pubblica fede in uno dei due Stati, abbia pubblica fede anche nell'altro Stato, ancorché nessun pubblico ufficiale di questo secondo Stato l'abbia posto in essere. E' una sorta di attestazione ex post di una funzione pubblica allo scopo di recepire come proprio un potere certificativo espresso da uno Stato diverso.

Si comprende pertanto come la dottrina teorizzi che la mancanza di legalizzazione, qualificandosi come difetto formale estraneo all'atto estero, non venga ad incidere sugli effetti dell'atto stesso, che ancorché privo di legalizzazione resta valido ed efficace nello Stato in cui esso è stato creato, ma impedisca soltanto che detti effetti possano essere utilizzati al di fuori dello Stato di creazione del documento (121). La legalizzazione, pertanto, non viene mai ad incidere sul contenuto del documento, che conserva intatta validità ed efficacia, ma soltanto sulla circostanza estrinseca della sua utilizzabilità in paese estero. Si comprende così come la traduzione della legalizzazione non serva per comprendere il contenuto dell'atto, che trovasi già tradotto, per quanto si è detto più sopra e come pertanto soltanto il notaio abbia il compito di accertare se il procedimento del rilascio della legalizzazione stessa sia

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stato condotto conformemente alla legge, allo scopo di poterlo utilizzare con la valenza di pubblica fede che il documento ha nello Stato di provenienza (122).

In definitiva, quando si parla di traduzione dell'allegato proveniente dall'estero, se si tiene conto del fatto che scopo di essa traduzione è quello di comprenderne il significato ai fini del suo collegamento con l'atto cui accede, ci si deve preoccupare della traduzione del contenuto, non della traduzione del contenente, perché di contenente si tratta nel caso della formula aggiuntiva consistente nella legalizzazione.Il discorso non cambia neppure per l'apostille, la quale rappresenta una sorta di legalizzazione semplificata nella procedura e nella formula di attestazione ed unificata in uno schema standard di facile comprensione anche senza traduzione. g) Lettura delle procure estere

E' stato affermato che la procura, ancorché trattata come allegato, consista in un allegato particolare, nel senso che essa inerisce al contenuto dell'atto stesso e in una certa misura ne costituisce parte; da ciò l'affermazione dell'obbligo di trattare la procura come parte dell'atto e pertanto la conclusione che di essa debba darsi necessariamente lettura (123).Si intuisce come esistano punti di contatto con il problema dello statuto societario: quanto più un documento formalmente allegato all'atto notarile è compenetrato con la sostanza dell'atto (e la procura si trova in questa situazione, perché per suo tramite un soggetto esprime appieno la propria legittimazione negoziale), tanto più si intuisce l'esigenza che esso sia trattato come parte dell'atto e non come documento allegato. Ma l'opinione di Solimena è rimasta isolata, perché in contrasto con la legge notarile, la quale appare più indirizzata ad imporre sul notaio l'obbligo di appurare la legittimazione del soggetto che opera come rappresentante, che a trasformare la procura in una parte integrante dell'atto vero e proprio: tant'è che la procura non va allegata allorché essa sia già agli atti del notaio rogante (così stabilisce espressamente l'art. 51 n. 3 ultima parte legge notarile).

In definitiva si ritiene, con la maggioranza della dottrina (124), che la procura debba essere trattata alla stessa stregua di un comune documento allegato e che pertanto possa omettersene la lettura per espressa volontà delle parti che sappiano leggere e scrivere. h) Allegazione e deposito di procura estera

L'art. 68 del regolamento notarile stabilisce che il deposito presso il notaio di atto redatto all'estero abbisogna della legalizzazione e della traduzione se l'atto è redatto in lingua straniera, ancorché questa sia conosciuta dal notaio. Si è posta questione se la norma possa essere applicata anche all'atto estero che venga allegato a un documento notarile.

Il problema è più generale. Si tratta di sapere se l'allegazione comporti per se stessa deposito del documento presso il notaio e la risposta non può essere che affermativa (125); non si tratta evidentemente di deposito per atto formale, ma di deposito sostanziale, perché l'allegato viene a trovarsi inscindibilmente unito ad un atto notarile e conservato unitamente ad esso nell'archivio del notaio. L'art. 61 legge notarile fa carico al notaio di conservare il documento allegato ai propri atti, per cui esso allegato viene ad essere trattato alla stessa stregua di un atto depositato formalmente presso il notaio. La differenza tra documento depositato e documento allegato la si coglie nel fatto che il primo viene consegnato al notaio dalle parti ex se, cioè allo scopo della conservazione agli atti del notaio; mentre il documento allegato può essere o consegnato dalle parti o richiesto dal notaio per completezza o per obbligo di legge, cioè è finalizzato a costituire strumento di comprensione dell'atto notarile; ma sotto il profilo dell'obbligo della conservazione i due documenti

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si trovano sullo stesso piano. Pertanto si può legittimamente parlare, per gli allegati, di documenti sostanzialmente depositati presso il notaio.Ciò comporta che l'allegazione di documento estero, a parte la traduzione della quale si è più sopra parlato, comporta anche l'obbligo della legalizzazione, indispensabile perché il documento estero possa trovare piena applicazione anche in Italia (126). i) Procura per atto consolare

Spesso accade che una procura, redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata da un nostro console all'estero, debba essere utilizzata in Italia. E talvolta, tenuto conto della non sempre rigorosa applicazione della legge notarile italiana da parte dei nostri consoli all'estero, ci si è chiesti quali siano i limiti di utilizzabilità di procure consolari carenti di requisiti di forma prescritti come essenziali, ai fini della validità dell'atto pubblico, dalla nostra legge notarile.L'art. 19 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante le disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari, stabilisce le funzioni notarili del console, disponendo testualmente che il capo dell'ufficio consolare esercita nei confronti dei cittadini "le funzioni di notaio, attenendosi alla legislazione nazionale".

Le funzioni di cui sopra possono essere esercitate anche quando siano parti dell'atto cittadini e non cittadini; mentre, se si tratta di atti esclusivamente di soggetti non cittadini, le funzioni predette possono essere esercitate quando ciò sia previsto da convenzioni internazionali ovvero quando gli atti debbano essere fatti valere in Italia.La competenza del console a svolgere funzioni notarili è generale, perché l'articolo non la limita a determinati ambiti di attività, né a tipologie particolari di negozi giuridici; sul piano funzionale, le competenze notarili consolari hanno pertanto la specifica ampiezza delle competenze del notaio in Italia.

Nei confronti delle parti rivestenti nazionalità straniera esiste una limitazione: se lo straniero è parte di un atto nel quale compare come parte anche un cittadino italiano, la competenza notarile del console è completa e non abbisogna di ulteriori elementi. Se invece siano parti dell'atto soltanto cittadini stranieri, la competenza notarile del nostro console può essere esercitata se si verifica l'una o l'altra delle seguenti condizioni: a) che la possibilità sia prevista da convenzioni internazionali; b) oppure che gli atti debbano essere fatti valere in Italia.Ciò significa che se le parti siano tutte straniere, esse non possono ricorrere all'attività certificativa del nostro console se l'atto debba essere fatto valere in un Paese diverso dall'Italia, salvo il caso che ciò sia consentito da convenzioni internazionali.E' stato sostenuto (127) che, malgrado l'ampia formula legislativa che comprende tutte le competenze del notaio, nella realtà al console vengono affidate soltanto attività di scarso rilievo (in particolar modo atti di procura), proprio ad evitare che la scarsa preparazione di tipo professionale del console costituisca un intralcio per le parti o determini conseguenze gravi per i soggetti che si affidano al console anziché ricorrere al notaio del luogo.

Sembra opportuno porsi la domanda se le funzioni dei consoli siano qualificabili come forma pubblica amministrativa. La risposta al quesito è certamente in senso negativo, perché la forma pubblica amministrativa presuppone un ufficiale rogante diverso dal notaio, ma incardinato nell'ente pubblico che dovrà essere fatto comparire nell'atto come parte stipulante. Proprio questa mancanza di terzietà dell'ufficiale rogante ha indotto il legislatore a prevedere la forma pubblica amministrativa in casi limitati. Ebbene, la funzione notarile del console è cosa diversa dalla forma pubblica amministrativa: essa infatti non va a vantaggio dello Stato del quale il console costituisce espressione organica, bensì a vantaggio di soggetti privati, per la negoziazione di interesse privati, in pieno parallelismo con la funzione svolta dal notaio.

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Ma va anche chiarito che il console non può essere qualificato come notaio (128), per una pluralità di motivi: il console non viene retribuito dalle parti; egli non sottostà all'ordinamento disciplinare cui sottostanno i notai; gli atti del console non sono assoggettati al controllo periodico dell'ispezione biennale prevista per gli atti notarili.Ma certamente l'attività notarile del console ha piena valenza certificativa ai sensi degli artt. 2699 e 2700 c.c. E la dottrina più attendibile afferma espressamente che il richiamo effettuato alla legislazione nazionale non può intendersi in senso generico, con esclusione della legge notarile, perché quest'ultima dal console andrebbe osservata in modo completo e senza eccezioni di sorta, costringendo talvolta i notai italiani ad invitare il console a ripetere l'atto notarile consolare carente dei requisiti di legge (129). l) Morte del soggetto rappresentato

E' talvolta accaduto che il notaio sia stato chiamato a stipulare un atto nel quale un soggetto debba comparire come procuratore (procuratore peraltro in rem propriam, cioè nell'interesse proprio o di terzi) di altro soggetto, il quale nel frattempo sia deceduto. Si intuisce il disagio del notaio ad operare su un incarico di rappresentanza che vede l'autore dell'incarico ormai cessato, anche perché al caso di specie, nel silenzio delle norme generali sulla procura, appaiono applicabili le norme sul mandato, che prevedono la morte del mandante come una delle cause di estinzione del mandato.

Peraltro vi è l'eccezione del mandato in rem propriam, e talvolta è accaduto che il notaio, nel momento in cui si accingeva a far comparire in atto il rappresentante, abbia saputo che il rappresentato era nel frattempo deceduto. Per quanto si è detto in precedenza, va precisato che in tal caso il procuratore conserva il potere di rappresentanza e pertanto il notaio non può rifiutare l'atto. Infatti, abbiano o meno i chiamati all’eredità accettato il patrimonio ad essi devoluto, il notaio rogante non potrà avviare alcuna indagine in ordine all’estinzione o meno del potere rappresentativo connesso al mandato; ciò non solo nell’ipotesi in cui emerga l’espresso riferimento all’art. 1723 co. 2 cod. civ., ma anche quando trattandosi di mandato revocabile non si ricada nell’ipotesi testualmente prevista dall’ultimo comma dell’art. 59 L.N. (revoca espressa del mandato ex art. 1723 comma 1 cod. civ.), in cui il notaio ha l’obbligo - istituzionale - di accertare l’estinzione del mandato. Il negozio pertanto, in presenza della legittimazione formale del mandatario dovrà essere ricevuto, non potendo il pubblico ufficiale curarsi delle vicende inerenti al rapporto obbligatorio tra il mandatario e il mandante o i suoi eredi.

Se dai registri immobiliari emerge la trascrizione dell’acquisto mortis causa, l’atto – che dovrà essere compiuto in nome e per conto degli eredi – verrà trascritto contro questi ultimi nel rispetto della continuità delle trascrizioni. In tale ipotesi il mandatario non potrà spendere il nome del mandante, non perché sia venuto meno il potere rappresentativo - come sopra precisato - quanto perché non potrà più farsi riferimento al “patrimonio del mandante” ma a quello degli eredi. Gli eredi del mandante, per il solo fatto di accettare l’eredità, sono subentrati nel rapporto già intercorrente fra il loro dante causa e il mandatario e ne devono subire le conseguenze. Se invece alla vicenda successoria non è stata data pubblicità, il negozio verrà stipulato in nome e per conto del mandante-defunto e la trascrizione verrà eseguita contro di esso (130). m) Procura rilasciata da persona successivamente dichiarata assente

Nella pratica è sorto il problema di stabilire quale sorte subisca una procura generale – non revocata né estinta – in presenza di dichiarazione di assenza del dominus e di immissione degli aventi diritto nel possesso dei suoi beni.

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A differenza della scomparsa, che costituisce una situazione di fatto, l’assenza si sostanzia in una situazione di diritto che produce importanti effetti, immediati o strumentali sul piano dei rapporti giuridici personali e patrimoniali, anche se con efficacia temporanea.

Nella disciplina dell’istituto dell’assenza, a differenza di quanto accade per la scomparsa, non v’è una norma, come quella contenuta nel secondo comma dell’art. 48 c.c., che risolva il dubbio sulla sorte della procura generale.La dottrina e la giurisprudenza che si sono occupate del problema si sono espresse nel senso che il mandato non si estingue per effetto della dichiarazione di assenza, ma che in tal caso opera il disposto del quarto comma dell’art. 50 c. c., a norma del quale “coloro che per effetto della morte dell’assente si sarebbero liberati da obbligazioni possono essere temporaneamente esonerati dal loro adempimento, salvo che si tratti di obbligazioni alimentari previste dall’art. 434” c.c. Di conseguenza, il mandatario che tema di eseguire inutilmente l'incarico può ottenere l'esonero (131).

La procura non deve perciò intendersi neppure temporaneamente caducata. Si viene, dunque, a produrre una particolare situazione per cui da un lato il potere gestorio resta in capo al procuratore pur essendo attribuito ai legittimati in forza del provvedimento di immissione nel possesso temporaneo dei beni il potere di amministrarli, potere che, proprio per la sua temporaneità, non comporta l’estinzione della procura, la quale potrebbe estinguersi definitivamente a seguito dell’accertamento del decesso o della dichiarazione di morte presunta del dominus.I legittimati immessi nel possesso temporaneo dei beni sono, comunque, tenuti ad avvertire prontamente il mandatario, ai sensi dell’art. 1728, comma 2, c.c., norma che può in ogni caso ritenersi applicabile a questo caso. Va pertanto confermata la ultrattività di una procura generale, la interruzione della cui vigenza non è effetto immediato nel caso di assenza della pronuncia giudiziale, ma consegue all’esito positivo di uno specifico procedimento tutorio, seguito dall’espresso atto di revoca unilaterale da parte degli immessi nel possesso temporaneo dei beni (132). n) Utilizzazione di una subprocura

Un argomento particolarmente delicato è quello attinente alle formalità che deve osservare il notaio allorquando la procura assuma la veste di una subprocura: si pensi all'ipotesi di A che rilascia procura a B, il quale a sua volta rilascia una subprocura a C dello stesso oggetto della precedente. Si tratta di sapere se il notaio che riceve l'atto debba limitarsi ad allegare la seconda procura (da B a C) oppure debba necessariamente allegare anche la prima procura (da A a B).La risposta più plausibile al quesito è la seguente: se la procura serve allo scopo di documentare l'esistenza del rapporto rappresentativo tra rappresentato e rappresentante, è intuibile affermare che il documento allegato all'atto negoziale debba contenere entrambi i documenti, cioè l'intera sequela di atti idonea ad identificare il soggetto rappresentato (parte in senso sostanziale) e il soggetto rappresentante (parte in senso formale).

Poiché l'origine della procura richiede un preciso riferimento, anche per tabulas, a colui che rilascia la procura, è evidente che l'allegazione della procura che rappresenta il documento basilare non può mancare e pertanto deve affermarsi che il notaio debba allegare all'atto anche questa procura di partenza.Ma analoga giustificazione va data anche alla procura tra B e C: se questa mancasse, non si saprebbe con quale strumento identificare il potere rappresentativo di C, che costituisce la parte in senso formale che occorre far comparire in atto. Occorre pertanto concludere che sia indispensabile allegare entrambe le procure.E’ intuibile affermare che se la prima procura si trovi depositata agli atti del notaio rogante, sarà necessario allegare soltanto la seconda procura. Come è altrettanto pacifico che non vi sarà nessun

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obbligo di allegazione se entrambe le procure si trovino depositate agli atti dello stesso notaio, nel pedissequo rispetto dell’art. 51 n. 3 legge notarile.

Allorquando invece, come talvolta accade, il notaio si limiti ad allegare soltanto la seconda procura, ma si sia comunque preventivamente accertato dell'esistenza della prima procura, o acquisendola in modo informale ai propri atti oppure interessandosi presso il collega negli atti del quale la prima procura trovasi conservata, il notaio sarà soggetto alla contravvenzione prevista dall'art. 137, primo comma legge notarile (ammenda disciplinare nella misura minima). Ma anche in questo caso egli non avrà violato l'art. 54 del regolamento notarile e quindi non sarà passibile di risarcimento danni per carenze derivanti dal contratto d'opera professionale con il suo cliente. 11. Poteri rappresentativi e accertamenti del notaio

L’obbligo notarile di accertare la legittimazione di un soggetto a negoziare un determinato bene (in quanto titolare di un diritto reale sul bene stesso) e la conseguenziale legittimazione di altro soggetto sulla base di apposito mandato rappresentativo debbono essere fatti rientrare nell’art. 47 legge notarile e coinvolgono il notaio in una responsabilità sia funzionale che professionale.Occorre peraltro fare riferimento anche all’art. 54 reg. not., il quale dispone che "i notari non possono rogare contratti, nei quali intervengano persone che non siano assistite od autorizzate in quel modo che è dalla legge espressamente stabilito, affinché esse possano in nome proprio od in quello dei loro rappresentati giuridicamente obbligarsi".

Va peraltro chiarito che l’art. 54 reg. not. non presuppone obblighi documentali per il notaio, ma si limita ad impegnare quest’ultimo ad accertamenti ontologici che attestino la legittimazione del soggetto ad agire in nome e per conto di altri soggetti. La disposizione uè quindi più norma a contenuto sostanziale (obbligo del notaio di fare) che norma a contenuto formale (obbligo del notaio di documentare). La norma vuole impegnare il notaio ad accertarsi che un soggetto che agisce per altri sia legittimato a farlo e quindi ad accertare la fonte di questa legittimazione, qualunque essa sia. Si potrebbe anche osservare che se la fonte è la legge, il notaio sia tenuto ad accertare l’esistenza della norma dalla quale la legittimazione scaturisce e altrettanto dicasi se la fonte sia un provvedimento del giudice o altro.L'’art. 54 reg. not., nato per tutelare l’attività negoziale dei minori, e formalmente scritto per tale evenienza, e quindi esclusivamente per la rappresentanza legale, ha finito per coinvolgere anche la rappresentanza volontaria (atto concluso dal falsus procurator, o da un procuratore oltre i poteri rappresentativi contenuti nella procura), nonché il negozio privo della prescritta autorizzazione.

Letta su un piano formale, la norma dell’art. 54 reg. not. appariva scritta con esclusivo riferimento a fattispecie di rappresentanza legale, di assistenza volontaria, di autorizzazione giudiziaria. La giurisprudenza, infatti, sulla base di tale rigorosa interpretazione letterale, ha correttamente applicato la norma prevalentemente nelle seguenti fattispecie: atto del minore ricevuto in difetto di autorizzazione del giudice tutelare (133); atto del minore stipulato sulla base di autorizzazione giudiziaria emessa da giudice incompetente (134); costituzione in atto di società di capitali non ancora iscritte nel registro delle imprese (135); atti del fallito: si è chiarito che se il notaio riceve un atto del fallito, viola l’art. 54 reg. not. a patto che egli conosca lo stato del fallito per averne ricevuto copia dal proprio consiglio notarile ex artt. 55-56 reg. not. (136); acquisti immobiliari da parte di enti in difetto di autorizzazione amministrativa. La giurisprudenza si è occupata della violazione dell’art. 54 in materia di controllo degli acquisti, non tanto in correlazione con la norma dell’art. 17 cod. civ. ormai abrogato, bensì allorquando era in vigore la normativa sugli enti ecclesiastici (legge 27 maggio 1929, n. 848) (137).

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La giurisprudenza ha invece ritenuto questa norma applicabile anche a fattispecie caratterizzata da un’utilizzazione distorta delle regole sulla rappresentanza volontaria. Così si è affermato che “è la stessa essenza della funzione notarile ad esigere che l’onere del notaio, in tutti i casi in cui una persona agisca in nome e per conto dell’altra, sia egualmente diretto ad accertare che l’agente sia validamente investito degli idonei poteri di rappresentanza che intende esercitare, indipendentemente dalla natura, volontaria o legale, di detta rappresentanza” (138). In questo ambito si inquadrano sia l’ipotesi di comparsa in atto di persona priva di procura (139), sia quella di procuratore con procura nulla per difetto di forma ex art. 1392 cod. civ. (ad es. procura redatta per scrittura privata autenticata destinata a negoziare atto pubblico ad substantiam) (140).

Questo orientamento giurisprudenziale è stato peraltro contestato da una parte della dottrina (141), la quale afferma che l’art. 54 reg. not. non può essere utilizzato per l’ipotesi di carenza di procura o per quella di procura irregolare; anzi, neppure nell’ipotesi di procura proveniente dall’estero, priva di legalizzazione e, come tale, priva di effetti nel nostro ordinamento. E per dare valore argomentativo a ciò, questa dottrina elenca tutta una serie di norme codicistiche, dalle quali si desume che il legislatore, allorquando ha utilizzato le parole “autorizzazione”, “assistenza”, l’ha fatto a ragion veduta, in modo appropriato, per cui è impensabile ritenere che nell’art. 54 reg. not. dette espressioni siano state utilizzate in modo estensivo.Ancorché voglia accogliersi quest'interpretazione riduttiva della dottrina, non vi è alcun dubbio che, mentre nell'ipotesi di rappresentanza negoziale il notaio è sufficientemente avvantaggiato dalla necessaria presenza di una procura, l'art. 54 reg. not. dovrà invece ritenersi pienamente operativo in tema di rappresentanza organica e di rappresentanza legale. Occorre pertanto portare l'attenzione soprattutto a questi due argomenti. a) Società

In materia societaria compito primario del notaio è quello di accertare se colui che intende agire negozialmente a nome della società lo faccia a titolo di rappresentante legale, oppure di rappresentante volontario (tramite procura).Per prima cosa si dovranno valutare le risultanze del registro delle imprese, dalle quali si potranno evidenziare gli amministratori rivestiti di potere di firma. Se si dovesse riscontrare che il soggetto non è amministratore (né institore, né procuratore o commesso), occorre fare indispensabile riferimento alla procura.E qui si pone un problema già segnalato in precedenza: la procura in ambito societario può essere legittimamente rilasciata soltanto dal soggetto che ha potere rappresentativo, perché essa presuppone attività negoziale che impegna la società all’esterno. Quindi non avrebbe valore una procura rilasciata soltanto da soggetto che ha puri compiti gestionali, ma sia privo del tutto di potere di firma. b) Associazioni non riconosciute, comitati, organismi privi di soggettività giuridica

Si è discusso se per le associazioni non riconosciute possa parlarsi di rappresentanza organica o debba parlarsi di rappresentanza volontaria allorquando, sulla base di uno statuto dell’organismo, un soggetto agisca in qualità di rappresentante del complesso.Il problema resta influenzato dall’altro problema se debba farsi esclusivo riferimento al concetto di soggettività giuridica (in contrapposto a quello di ente di fatto), oppure, come sostiene la dottrina più recente, debba distinguersi il concetto di personalità giuridica dal concetto di soggettività giuridica (142).

Tuttavia è sembrato, questo, un argomento poco indicativo allo scopo di stabilire quale sia la sorte di un negozio giuridico posto in essere da un rappresentante di associazione non riconosciuta che

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abbia agito disattendendo limitazioni statutarie al proprio potere rappresentativo. Si è infatti affermato che, in tali casi, in mancanza di apposita norma del codice civile che stabilisca la disciplina della rappresentanza per le associazioni non riconosciute, e considerato che per esse non può, neppure per analogia, trovare applicazione la norma contenuta nell’art. 19 c.c., che presuppone comunque l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, deve trovare applicazione l’art. 1388 c.c., ritenuto norma di portata generale e come tale applicabile, in mancanza di disposizioni contrarie (come accade per le società), anche alla rappresentanza organica (143).

L’applicazione dell’art. 1388 c.c. costringerà il notaio, che riceva un atto nel quale compaia come parte un soggetto in qualità di rappresentante di un’associazione non riconosciuta, a riscontrare lo statuto dell’associazione, allo scopo di individuare eventuali norme che stabiliscano quali sono gli amministratori con potere rappresentativo e gli eventuali limiti del loro potere di firma. Ma è discutibile sostenere che si tratti, in tal caso, di una comune procura e non piuttosto, come afferma la dottrina più comune e un precedente indirizzo giurisprudenziale (144), di rappresentanza organica, come tale non richiedente obbligo di allegazione all’atto notarile posto in essere. c) Rappresentanza nei Comuni e nelle Province

Il problema della corretta individuazione dei soggetti chiamati a rappresentare i Comuni e le Province nell'attività negoziale che veda come parti detti enti è stato in questi ultimi anni fortemente dibattuto, dopo l'introduzione, nel nostro ordinamento, di varie norme tutte tese a differenziare in questi enti i compiti dell'autorità politica dai compiti gestionali ed amministrativi dell'apparato burocratico. Si ritiene opportuno, per semplificare, limitarsi a richiamare su questo argomento i precedenti studi del Consiglio nazionale del notariato (145).

NOTE

(1) Cfr. in tal senso Cass. 31 maggio 1947, n. 851; Cass. 13 marzo 1964, n. 550, in Foro it., 1965, I, 866, con nota di SANDULLI. (2) V. in tal senso DE NOVA, La rappresentanza, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino 1995, pag. 446. Cfr. anche Cass. 7 giugno 2000, n. 7724, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 542, con nota di BOERI, per la quale il disposto dell'art. 1388 cod. civ. che attribuisce "direttamente effetto nei confronti del rappresentato" al contratto concluso in suo nome dal rappresentante, ma soltanto se costui si è mantenuto nei limiti delle facoltà conferitegli, trova applicazione anche nel caso di rappresentanza organica, poiché è nell'essenza dell'uno come dell'altro istituto che un soggetto debba risentire nella propria sfera giuridica le conseguenze dell'operato altrui esclusivamente nei limiti in cui lo abbia consentito. (3) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 447; Cass.11 febbraio 1985, n. 1133; Cass. 20 agosto 1986, n. 5103.(4) V. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 446; Cass. 24 ottobre 1968, n. 3449, in Giust. civ., 1969, I, 1568; Cass. 5 marzo 1993, n. 2681, in Corr. giur., 1993, 978, con nota di SICA.(5) Cfr. Cass. 19 settembre 1992, n. 10749, in Giust. civ., 1993, I, 3055, con nota di COPPI; ma vedi di contrario avviso DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 447.(6) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 447; Cass. 25 gennaio 1968, n. 230.(7) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 447.(8) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 446.(9) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 447.(10) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 446; Cass. 26 marzo 1968, n. 947, in Giust. civ., 1968, I, 991.

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(11) Cfr. DE NOVA, La rappresentanza, cit., pag. 446.(12) Cfr. BOERI, Sull'opponibilità a terzi dello statuto di un'associazione non riconosciuta, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 546. (13) Cfr. Cass. Sez. Unite, 26 marzo 1973, n. 822, in Riv. leg. fisc., 1973, III, 2215.(14) Così NATOLI, La rappresentanza, Milano, 1977, pag. 31. (15) Così CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, Torino 1999, pag. 362; v. anche ABBADESSA, La gestione dell’impresa nella società per azioni, Milano 1975, pag. 99; CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, in Trattato delle società per azioni a cura di Colombo-Portale, vol. 4, Torino 1991, pag. 124; BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, pag. 100 e segg.(16) Cfr. Cass. 25 gennaio 1965, n. 136, in Foro it., 1965, I, 1599; Trib. Milano 23 dicembre 1970 (decr.), in Foro pad., 1971, I, 658; Trib. Milano 17 giugno 1982, in Giur. comm., 1983, II, 306; Trib. Torino 5 agosto 1988 (decr.), in Giur. comm., 1989, II, 89.(17) Vedi riassunte queste posizioni dottrinali in LATELLA, La procura generale conferita a terzi dagli amministratori di società di capitali: condizioni e limiti di ammissibilità, in Giur. comm. 2000, I, 124 e segg. (18) Cfr. Trib. Foggia 4 dicembre 1990, in Riv. not., 1993, pag. 156, il quale ha stabilito che una delibera societaria che conferisca i poteri di rappresentanza per singoli negozi a soggetti diversi dai rappresentanti legali è diretta ad instaurare un rapporto di rappresentanza volontaria, per cui è necessario un formale atto di procura rilasciato dall’organo rappresentativo della società. Cfr., fra le altre, App. Milano 16 febbraio 1993, in Riv. not., 1993, 640, la quale ha espressamente dichiarato che il potere di rappresentanza di una società, in mancanza di qualunque rapporto organico con la stessa, non può che derivare da una procura. Particolarmente significativo in proposito BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, cit., pag. 116, il quale afferma: “ben diversa è la situazione quando il potere di rappresentanza deriva da una procura volontaria conferita dal consiglio di amministrazione (o all’amministratore delegato, o al presidente o ad altro amministratore munito di rappresentanza istituzionale, o all’amministratore unico). In queste ipotesi non interessa che il procuratore nominato sia un amministratore, oppure un dipendente, oppure un terzo. In tutti i casi i principi applicabili sono quelli generali della rappresentanza volontaria. Pertanto il procuratore nominato, lungi dall’avere dei poteri rappresentativi il cui ambito è fissato inderogabilmente dalla legge, ha solo quei poteri che risultano dalla procura che gli è stata conferita, con tutte le limitazioni che emergono dal testo della procura: e ciò anche nell’ipotesi in cui il procuratore nominato sia un membro del consiglio di amministrazione. In queste situazioni…i terzi non si trovano di fronte ad un soggetto che abbia istituzionalmente od organicamente poteri rappresentativi, ma ad un soggetto che deriva i suoi poteri rappresentativi da una procura, che deve esibire e dal cui testo emergono l’ambito e le limitazioni dei poteri conferitigli”.Analogamente v. Circolare Assonime 12 marzo 1970, n. 65, in Riv. soc., 1970, 824.(19) V. per un maggiore approfondimento di questa tematica GUIZZI, Gestione rappresentativa e attività d'impresa, in Quaderni romani di diritto privato, a cura di C. ANGELICI, A. DI MAJO, G.B. FERRI, A. MASI, Padova, 1997, pag. 5 e segg.(20) Cfr. GUIZZI, Gestione rappresentativa e attività d'impresa, cit., pag. 5, nota 6.(21 ) Perviene sostanzialmente a questa conclusione GUIZZI, Gestione rappresentativa e attività d'impresa, cit., pag. 229-230, anche se questo Autore ricollega in ogni caso sia per la procura che per la rappresentanza commerciale, la fonte del potere rappresentativo al rapporto gestorio che si instaura tra rappresentante e rappresentato, rapporto gestorio che in materia di rappresentanza commerciale viene così identificato: nella rappresentanza commerciale "non è mai la procura…a giustificare l'efficacia diretta per l'imprenditore degli atti negoziali compiuti dagli ausiliari. Anche in queste eventualità è invece la conformità dell'attività svolta da codesti collaboratori alle mansioni loro affidate, e quindi alle funzioni gestorie che costoro sono chiamati a svolgere, che permette di reputare l'imprenditore direttamente e immediatamente vincolato."

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Nello stesso senso del testo cfr. MARCHETTI, I poteri di rappresentanza dei direttori di banca, in Studi e materiali, vol. 1, Milano, 1986, pag. 83 e segg.; STELLA RICHTER jr., Sulla "rappresentanza commerciale" degli ausiliari dipendenti dell'imprenditore, con particolare riguardo alle società di capitali, in Studi e materiali, vol. 4, Milano 1995, pag. 105 e segg.(22) Cass. 26 aprile 1996, n. 3887, in Arch. civ., 1996, 1268.(23) Cfr. nel senso che nelle società di persone l'amministrazione spetti disgiuntamente a ciascun socio e la rappresentanza a ciascun amministratore, FERRERO, Accertamento e documentazione dei poteri di rappresentanza nelle società di persone, in Impresa e tecniche di documentazione giuridica, vol. II. Documentazione e vita dell'impresa, Milano, 1990, pag.197 ed ivi ricche citazioni bibliografiche (nota 2). Nella prassi societaria l’ipotesi più frequente è la nomina degli amministratori con potere rappresentativo in capo ad una cerchia limitata di amministratori; cfr. su questa tematica TASSINARI, La rappresentanza nelle società di persone, in Quaderni di Giurisprudenza commerciale, Milano, 1993, pag. 112 e segg. (24) Così CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 130.(25) Così CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, cit., pag. 361.(26) In tal senso cfr. CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 131, FERRARA-CORSI, Gli imprenditori e le società, Milano, 2001, pag. 516; WEIGMANN, Rappresentanza e oggetto sociale nelle società di capitali, in Impresa e tecniche di documentazione giuridica, vol. II. Documentazione e vita dell'impresa, Milano, 1990, pag. 244.(27) V. CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 131.(28) Cfr. ABBADESSA, La gestione dell’impresa nella società per azioni,cit., 155. (29) Cfr. CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 133; MINERVINI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, pag. 148; MARTORANO, Le limitazioni al potere di rappresentanza degli amministratori di società di capitali, in Problemi di diritto societario nell'attività bancaria, a cura di MINEO, Raccolta di lezioni pubblicate dall'ASSBB e dall'Università Cattolica del S. Cuore di Milano, 1980, pag. 10; WEIGMANN, Rappresentanza e oggetto sociale nelle società di capitali, in Impresa e tecniche di documentazione giuridica, cit., pag. 244.(30) V. CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 133; GALGANO, Le società per azioni, in Trattato Galgano, vol. VIII, Padova, 1988, pag. 284. (31) Cfr. BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1985, pag. 23. V. anche LAURINI, La rappresentanza nelle società e nel settore bancario, in Riv. not., 1999, 1481.(32) Così BONELLI, Gli amministratori di società per azioni, cit., pagg. 87-88, nota 2.(33) Cfr. in tal senso CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 144 ed ivi Autori citati alla nota 51; questo Autore conclude affermando che si deve coerentemente ammettere che anche a coloro i quali, per dovere professionale, sono tenuti al controllo della legittimazione del rappresentante, “ed in particolare al notaio rogante, non spetta di verificare l’esistenza di vincoli all’azione degli amministratori che, seppure pubblicati, sono irrilevanti nei confronti dei terzi e, quindi, non incidono sul potere di impegnare la società”.(34) Cfr. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, cit, pag. 365; CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 171.(35) Così CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, cit., pag. 365, nota 2. V. invece nel senso che questa può sostanziare una limitazione legale al potere rappresentativo, CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 170.(36) CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, cit., pagg. 362-363.

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(37) V. su tutta questa tematica della rappresentanza in materia di società, tenuto conto dei diversi tipi societari e delle modifiche subite dal nostro ordinamento per effetto della Prima Direttiva CEE in materia di società, oltre a CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, citato: CALANDRA BUONAURA, Potere di gestione e potere di rappresentanza degli amministratori, cit., pag. 129 e segg.; LAURINI, La rappresentanza nelle società e nel settore bancario, cit., pag. 1469 e segg.; LEMME, La responsabilità della società per l’illecito dell' amministratore, cit., pag. 177 e segg.; TASSINARI, La rappresentanza nelle società di persone, cit., pag. 112 e segg.(38) Cass. 26 agosto 1998, n. 8472, in Giur. it., 1999, 322, con nota di TESSERA CHIESA.(39) Cfr. Cass. 18 ottobre 1997, n. 10229, in Foro it., 1999, I, 292, con nota di BERLINGUER; v. anche Cass. 4 maggio 1995, n. 4856, in Le società, 1995, 1432, con nota di ROSELLI; Cass. 12 marzo 1994, n. 2430, in Giur. it., 1995, I, 1, 270, con nota di TASSINARI. (40) V. in tal senso Cass. 24 maggio 2000, n. 6797.(41) Così Cass. 30 marzo 2000, n. 3903.(42) V. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. Diritto delle società, cit., pag. 362.(43) SACCO, DE NOVA, Il contratto, in Trattato Rescigno, 10, Torino, 1982, pag. 404.(44) VISINTINI, Della rappresentanza, cit., pagg. 231-233.(45) Cass. 9 ottobre 1964, n. 2557, in Foro it., 1964, I, 2094. Questo argomento, peraltro in un quadro più ampio attinente alla capacità di agire dei minori, è stato affrontato da CALO', Appunti sulla capacità d'agire dei minori, in Dir. fam. e delle pers., 1997, pag. 1605 e segg.(46) V. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli 1983, pag. 283; BIANCA, Diritto civile. Il contratto, Milano 1984, pag. 83, quest’ultimo peraltro con specifiche puntualizzazioni.(47) ABBADESSA, La gestione dell’impresa nella società per azioni, cit., pag. 75; GUIDA, Sulla legittimità della nomina del procuratore generale della società di capitali, in Riv. not., 1982, pag. 921; PEDERZINI, Investitura rappresentativa dell’amministratore delegato di società e opponibilità delle relative limitazioni ai sensi dell’art. 2384 c.c., in Giur. comm., 1990, I, 650, nota 84.(48) V. per tutti CIAN, La sostituzione nella rappresentanza e nel mandato, in Riv. dir. civ., 1992, 481 e segg.; VISINTINI, Della rappresentanza, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, libro IV, Delle obbligazioni, Bologna-Roma 1993, pag. 304 e segg.(49) A questo proposito si afferma che mentre nella procura generale la possibilità di subdelega sia ampia, nel silenzio del negozio costitutivo della procura, invece nell’ipotesi di procura speciale il problema interpretativo potrebbe essere più articolato e di difficile soluzione.(50) Anche se la dottrina sostiene che la soluzione del problema sia quella degli effetti nel patrimonio del rappresentato, perché sul piano logico soltanto in questo modo potrebbe essere prospettato il problema.(51) Cfr. CHIANALE, La rappresentanza, in Trattato dei contratti, diretto da P. Rescigno, Torino 1999, pag. 1143.(52) CHIANALE, La rappresentanza, cit., pag. 1143.(53) Cfr. LEMME, La responsabilità della società per l’illecito dell'amministratore, cit., pag. 178.(54) Cfr. SALOMONI, La rappresentanza volontaria, in Enciclopedia, collana diretta da P. Cendon, Padova 1997, pag. 192.(55) Vedi riprodotte le opinioni più ricorrenti in SALOMONI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 192 e segg.(56) Così espressamente Cass. 14 maggio 1997, n. 4258; sostanzialmente nello stesso senso v. Cass. 11 marzo 1997, n. 2174, in Giur. it., 1997, I, 1, 1299, con nota di TASSINARI, La ratifica dell’atto compiuto dal singolo amministratore di società in nome collettivo in presenza di una regola di rappresentanza congiunta; Cass. 18 marzo 1989, n. 1365; Cass.16 marzo 1988, n. 2468, in Giust. civ., 1989, I, 678, con nota di CONTINO, Sulla responsabilità del rappresentante senza poteri; Cass. 8 luglio 1983, n. 4601; Cass. 8 gennaio 1980, n. 123, in Giur. it., 1981, I, 1, 288; Cass. 8 ottobre 1973, n. 2512; Cass. 19 maggio 1972, n. 1534; Cass. 6 aprile 1971, n. 1001, in Foro it.,

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1971, I, 2591; Cass. 4 aprile 1970. n. 915, in Riv. not., 1970, 1043; Cass. 8 marzo 1969, n. 754, in Riv. not., 1969, 1032.(57) Così MESSINEO, La sorte del contratto stipulato dal rappresentante apparente (“falsus procurator”), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1956, 398; NATOLI, La rappresentanza, cit., pag. 123; DE NOVA, La rappresentanza, icit., 404.(58) Cfr. Cass. 15 aprile 1971, n. 1058; Cass. 9 ottobre 1974, n. 2739, in Rass. Giur. ENEL, 1975, 376; Cass. 23 gennaio 1976, n. 220; Cass. 8 luglio 1983, n. 4601; Cass. 15 gennaio 2000, n. 410, in Arch. civ., 2000, 432, la quale ha precisato che il contratto concluso dal falsus procurator non è nullo, né annullabile, ma soltanto inefficace soltanto nei confronti del rappresentato, fino alla ratifica da parte di quest’ultimo; ed ha chiarito che tale inefficacia temporanea non è rilevabile d’ufficio, ma soltanto su iniziativa del rappresentato; cfr. anche Cass. 11 ottobre 1999, n. 11396.(59) Sostanzialmente in tal senso v. TORRENTE-SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, 1999, pag. 218.(60) Così Cass. 11 febbraio 1977, n. 615; analogamente v. Cass. 30 maggio 1975, n. 2193. (61) La dottrina è dell'avviso che l'utilizzazione del termine generico di "incapacità" da parte dell'art. 1728 c.c. induca a ritenere che debba trattarsi di incapacità legale: così RESCIGNO, Incapacità naturale e adempimento, Napoli, 1950, pag. 201; MINERVINI, Il mandato, la commissione, la spedizione, in Trattato di diritto civile italiano diretto da VASSALLI, Torino, 1957, pag. 209. (62) V. sulla tematica dell'influenza del fallimento sul mandato, ai sensi dell'art. 78 legge fallimentare, ZANARONE, in Commentario Scialoja e Branca, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti, Bologna-Roma, 1979, pag. 274 e segg. (63) Così VISINTINI, Della rappresentanza, cit., pag. 309.(64) Così VISINTINI, Della rappresentanza, cit., pag. 310.(65) Cfr. in tal senso LUMINOSO, Il mandato e la commissione, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, 12, Torino, 1985, pag. 497; SALOMONI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 83.(66) Cfr., per la giurisprudenza, Cass. 23 luglio 1957 n. 3104; per la dottrina v. NANNI, Dell’estinzione del mandato, cit., pag. 173. V. analogamente Consiglio Nazionale del Notariato, Nota n. 3470 del 20 giugno 2001.(67) Cfr. Cass. 16 ottobre 1968, n. 3325, in Giur. it., 1969, I, 1, 2079, la quale ha ammesso la regolarità della procura orale per un contratto di vendita di cose mobili per il quale le parti avevano convenuto la redazione per iscritto; v. anche Cass. 29 agosto 1997, n. 8198; Cass. 19 dicembre 1986, n. 7742, in Giust. civ., 1987, I, 2020; Cass. 16 novembre 1984, n. 5828; Cass. 13 febbraio 1978, n. 681, in Giust. civ., 1978. I, 885; in dottrina v. GIORGIANNI, Forma degli atti (dir. privato), in Enc. diritto, vol. XVIII, 1968, 988 e segg.; CAPARRELLI, Forma volontaria e forma della procura, in Giur. it., 1975, I, 1, 1155.(68) Cfr. SALOMOMI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 50.(69) Nella Relazione al Re si afferma espressamente che “le forme stabilite convenzionalmente per il contratto da concludere non si sono estese alla procura”.(70) Cass. 23 marzo 2002, n. 4175, in tema di richieste al datore di lavoro del pagamento di differenze retributive; Cass. 12 ottobre 1998, n. 10090, in Giust. civ., 1999, I, 422, in tema di atto costitutivo in mora proveniente dal procuratore; analogamente v. Cass. 15 luglio 1987, n. 6245.(71) Cfr. Cass. 29 agosto 1997, n. 8198; Cass. 16 novembre 1984, n. 5828.(72) Cfr. Cass. 30 agosto 1994, n. 7590, in Giur. it., 1995, I, 1, 1029, con nota di CAVALIERE.(73) Così ARICO', In tema di forma della procura e pubblicazione di testamento olografo, in Vita not., 1996, 1540, in fattispecie di richiesta di pubblicazione di testamento olografo sulla base di una procura rilasciata per atto pubblico con rinuncia all'assistenza dei testimoni.(74) Così TORRENTE, La donazione, Milano 1956, pag. 439; Cass. 6 marzo 1943; Cass. 16 giugno 1936; Trib. Milano 10 giugno 1960, in Riv. not., 1960, pag. 693; PACIFICO, Le invalidità degli atti notarili, Milano 1992, pag. 106.

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(75) V. Cass. 23 ottobre 1992, n. 11569, in Giust. civ., 1993, I, 373, che ha ritenuto sempre necessaria la presenza dei testimoni per il verbale di pubblicazione di testamento olografo.(76) Cfr. App. Bologna, 3 novembre 1981, in Riv. not., 1983, 1009, con nota di GUIDA.(77) Cfr. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli 1966, pag. 283; MIRABELLI, Delle obbligazioni e dei contratti in generale, in Commentario al codice civile, IV, 2, Torino 1980, 374; GALGANO, Diritto civile e commerciale, II, Le obbligazioni e i contratti, Padova, 1993, 368; GAZZONI, Manuale di diritto privato, Torino 1994, 982.(78) V. SANTAGATA, Mandato. Disposizioni generali, in Commentario al codice civile Scialoja e Branca, Bologna-Roma 1985, 517.(79) Cfr. Cass. 23 aprile 1980, n. 2680, in Riv. not., 1980, 1587. (80) Così Cass. 28 novembre 1981, n. 6353, in Giur. it., Mass., 1981, 1296.(81) V. Cass. 26 maggio 1987, n. 4711, in Società, 1987, 916, con nota di AMBROSINI.(82) Cass. 9 novembre 1984, n. 5890; Cass. 9 giugno 1976, n. 2105, in Foro it., 1977, I, 469.(83) V. Cass. 18 gennaio 1952, n. 142, in Giur. it., 1952, I, 1, 243. (84) Cass. 17 marzo 1953, n. 663. (85) Cass. 25 agosto 1989, n. 3755, in Giur. it., 1990, I, 1, 602. (86) V. dottrina citata da SALOMONI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 294 e segg.(87) Cfr. SALOMONI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 296; Cass. 15 agosto 1948, n. 1514; MIRABELLI, Delle obbligazioni e dei contratti in generale, in Commentario al codice civile, IV, 2, Torino 1980, pag. 390; VISINTINI, Della rappresentanza, cit., pag. 305.(88) VISINTINI, Della rappresentanza, cit., pag. 305; BIANCA, Diritto civile. Il contratto, cit., pag. 106; GRAZIANI, In tema di procura irrevocabile, in Studi di diritto civile e commerciale, Milano, 1930, 73; MINERVINI, Contributo alla dottrina della procura irrevocabile, in Annali di diritto comparato, 1949, 27; COTTINO, Note sull’irrevocabilità del mandato, in Riv. dir. comm., 1952, II, 18.(89) Cass. 2 luglio 1981, n. 4282, in Giur. comm., 1982, II, 801; Cass. 5 agosto 1981, n. 1886, in Riv. circ. e trasp., 1982, 84; Cass. 15 novembre 1976, n. 4215, in Foro it., Mass., 1976; Cass. 30 ottobre 1963, n. 2907, in Foro it., Mass., 1963.(90) V. NANNI, La revoca del mandato, Padova, 1992, 69; v. anche NANNI, Dell’estinzione del mandato, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1994, pag. 81 e segg., in termini problematici e con esposizione storica e comparatistica.(91) Cass. 11 febbraio 1998, n. 1388, in Giur. it., 1999, 24, con nota critica di FORCHINI; Cass. 4 dicembre 1996, n. 10819.(92) Sostanzialmente in questo senso v. LEO, in Notariato, 2002, pag. 255 e segg., in commento a Cass. 23 aprile 2001, n. 5981. (93) V per tutti SALOMONI, La rappresentanza volontaria, cit., pag. 303.(94) Così Cass. 24 settembre 1979, n. 4916. (95) V. MOSCONI, Diritto internazionale privato e processuale. Parte speciale, Torino, 1997, pag. 152; BALLARINO, Diritto internazionale privato, Padova, 1999, pag. 736.(96) Così ANNIBALE, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Padova, 1997, 299; analogamente, sotto il vigore dell'art. 26 delle preleggi, v. ARENIELLO, Aspetti notarili della procura estera, in Riv. not., 1995, pag. 19. (97) Cfr. CALO’, Profili formali della procura estera per la costituzione di una società, in Studi e materiali, vol. 4, Milano, 1995, pag. 229. (98) V. App. Milano 16 febbraio 1993, cit., ampiamente citata da CALO’, Profili formali della procura estera per la costituzione di una società, cit., pag. 231, nota 14.(99) Così CARFAGNINI, I profili formali della procura estera e la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Vita not., 1996, 487 e segg. (100) Cfr. Cass. 3 marzo 1943, in Giur it., 1943, I, 1, 330; App. Torino 4 marzo 1949, in Giur. tor., 1949, 787; Cass. 19 aprile 1940, in Sett. Cass., 1940, 665, queste ultime due in tema di rappresentanza organica in materia di società di capitali.

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(101) FALZONE-ALIBRANDI, Procura annessa all’atto notarile, in Dizionario enciclopedico del notariato, vol. III, Roma, 1977, pag. 356. (102) FALZONE-ALIBRANDI, Procura annessa all’atto notarile, cit., pag. 356; SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma, 1988, pag. 108.(103) BOERO, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, I, Torino, 1993, pag. 305. (104) V. per tutti MOSCATELLO, La legge notarile italiana, Palermo, 1901, pag. 263. (105) Cfr. SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, cit., pag. 108.(106) V. in tal senso MARCHETTI, I poteri di rappresentanza dei direttori di banca, in Studi e materiali, vol. I, Milano, 1986, pag. 83 e segg. ed ivi richiami di dottrina; LICINI, Atto notarile e ausiliari dell'imprenditore: l'aspetto formale e documentale della rappresentanza commerciale, in Riv. not., 1991, pag. 407, il quale conclude espressamente che "la rappresentanza institoria non cade nel campo applicativo dell'art. 51 legge notarile, perché la certezza cui si ispira questa norma, nella rappresentanza dell'impresa si gioca tutta e solo sul piano della pubblicità". (107) V. LICINI, Atto notarile e ausiliari dell'imprenditore: l'aspetto formale e documentale della rappresentanza commerciale, cit., pag. 418.(108) Da MARCHETTI, I poteri di rappresentanza dei direttori di banca, cit., pag. 86.(109) Cass. 12 dicembre 1994, n. 10604, in Giust. civ., 1995, I, 365, con nota critica di TRIOLA; in Riv. not., 1995, 1510, con nota critica di ANTONINI.(110) Cfr. Cass. 9 dicembre 1997, n. 12437, in Giust. civ., 1997, I, 2979, con nota di ANNUNZIATA; e in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, 94, con nota di MOSCA; la quale afferma che “è incompatibile con la natura e con la struttura dell’atto pubblico la disposizione di cui all’art. 4 legge n. 18 del 1975, in tema di assistenza a persona non vedente nella partecipazione di atti documentali, potendo riguardare l’intervento e la firma dei due ausiliari del cieco la sola scrittura privata e non l’atto pubblico, la cui formazione è opera esclusiva del pubblico ufficiale senza che sia concepibile, rispetto ad esso, un’interferenza di altri soggetti”. Cfr. poi Cass. 7 aprile 2000, n. 4344, in Riv. not., 2000, 1253, per la quale “la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 18 del 1975, in tema di assistenza a persona non vedente nella partecipazione ad atti documentali, è incompatibile con la natura e con la struttura dell’atto pubblico. L’intervento e la firma dei due ausiliari del cieco, previsti dal comma 2 della norma in parola, è infatti possibile solo nel caso di scrittura privata, perché l’atto pubblico non può che essere formato dal pubblico ufficiale senza interferenze di altri soggetti”. E, più di recente ancora, la Cassazione ha ribadito la sua ultima opinione, dando ormai l’impressione di essersi consolidata su un orientamento definitivo: cfr. Cass. 4 dicembre 2001, n. 15326.(111) Così VITULLI, Conferimento di poteri di rappresentanza delle società a terzi, in Riv. not., 1995, 153, in sintonia con Trib. Foggia 4 dicembre 1990, di analogo contenuto. (112) Così sostanzialmente FERRI, Trascrizione immobiliare, in Trattato Scialoja e Branca 1995, pag. 376; MASTROCINQUE, La trascrizione, Roma 1963, pag. 446.(113) Cfr. GAZZONI, Ripetizione negoziale e trascrizione, in Riv. not., 1990, 277. (114) V. DI FABIO, Manuale di notariato, Milano, 1981, pag. 149; RIPA, Diritto e pratica notarile, Roma, 1992, pag. 115. (115) Cass. Torino, 22 gennaio 1923, in Riv. not., 1963, pag. 162; seguita da App. Torino, Cam. cons., 9 gennaio 1961, ivi, 1963, pag. 161. (116) Cass., Cam. cons., 3 agosto 1962, n. 2322, in Riv. not., 1963, pag. 161.(117) GIULIANI, Sulla redazione dell'atto notarile in lingua italiana e sulla omessa traduzione di formule legalizzatrici dei documenti allegati, in Riv. not., 1963, pag. 162.(118) Cass., Cam. cons., 3 agosto 1962, n. 2322, in Riv. not., 1963, pag. 165. (119) Una disamina così articolata è stata fatta da SANTARCANGELO, Traduzione della formula di legalizzazione di atti esteri e dell'apostille, in Studi e materiali, a cura della Commissione studi del Consiglio nazionale del notariato, vol. 2°, Milano, 1990, pag. 390 e segg. (120) Cass. 6 maggio 1980, n. 2987, in Giust. civ., 1980, pag. 1826.

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(121) In tal senso VALENTINI, Legalizzazione, in Enc. diritto, Milano, 1974, col. 706. (122) Sulle tematiche della legalizzazione cfr. CALO'-CARUSO, La legalizzazione nell'attività notarile, consolare e forense, Milano, 2001, passim. (123) SOLIMENA, Commento alla legislazione notarile italiana, Milano, 1918, pag. 200.(124) BARALIS-BOERO, Atto costitutivo, modifiche statutarie di società di capitali e "lettura necessaria" dell'allegato statuto da parte del notaio, in Giur. comm., 1983, II, 296; BOERO, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, cit., pag. 311; FALZONE-ALIBRANDI, Lettura dell'atto notarile e degli allegati, in Dizionario enciclopedico del notariato, vol. II, Roma, 1974, pag. 872; LASAGNA, Il notaro e le sue funzioni, Milano, 1975, pag. 1130; LENZI, Il notaio e l'atto notarile, Pisa, 1950, pag. 120; SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, cit., pag. 121. (125) Cfr. in via generale sul deposito di atto estero TONDO, Deposito di atti esteri, in Vtia not., 1980, I, 1050 e segg.; TONDO, Atti esteri relativi ad immobili in Italia, in Riv. not., 1992, 489.(126) Sulle attività conseguenti al deposito in Italia di un documento estero v. RUSSO, Il deposito di atti esteri presso l’archivio notarile: normativa, formalità, spunti problematici, in Vita not., 1998, II, 586. (127) Cfr. LAURINI, Le funzioni notarili dei consoli, in Riv. not., 1995, 1377.(128) Cfr. in tal senso CALO', Funzioni notarili dei consoli, studio n. 1096 del 3 luglio 1995, inedito per quanto ne consta, ed ivi bibliografia citata alla nota 3.(129) Cfr., su tutta questa tematica, CALO'-CARUSO, La legalizzazione nell'attività notarile, consolare e forense, cit., pag. 16 e 17 ed ivi citazioni giurisprudenziali e di dottrina. (130) V. in questo senso Consiglio Nazionale del Notariato, Nota n. 3573 dell'8 ottobre 2001. (131) V. NANNI, Dell’estinzione del mandato, cit., pag. 21.(132) Cfr. per tutta questa tematica dell'assente TRAPANI-RUOTOLO, Appunti in tema di effetti della dichiarazione di assenza del dominus sulla procura generale, in Studi e materiali, vol. 6.1, Milano, 2001, pag. 3. (133) Cfr. Cass. 30 aprile 1963, n. 977, in Giust. civ., 1963, I, 980, che ha preso in considerazione l’atto che vede come parte il minore senza alcuna autorizzazione; Cass. 21 aprile 1983, n. 2745, in Giur. comm., 1984, 380, in fattispecie relativa ad accettazione di eredità senza autorizzazione del giudice.(134) Cfr. Trib. Pesaro 15 giugno 1959, in Riv. not., 1962, 523, con nota di MIGLIORI, Gli affari di giurisdizione volontaria e l’art. 54 reg. not. (nel caso di specie l’autorizzazione ad alienare un bene doveva esser data dal tribunale, mentre in concreto era stata data dal giudice tutelare; di qui l’applicazione dell’art. 54 reg. not.); Trib. Cassino 29 dicembre 1970, in Riv. not., 1973, 947; la dottrina si è dichiarata contraria a queste conclusioni: PAOLUCCI, Atti vietati e responsabilità notarile nella giurisprudenza, cit., pag. 170; METITIERI, Alienazione di immobili ereditari devoluti ad incapaci ed autorizzazione viziata per incompetenza, in Riv. not., 1968, pag. 1; METITIERI, Responsabilità del notaio per le autorizzazioni di giudice incompetente, in Riv. not., 1973, 947.(135) Cfr. Trib. Padova 31 dicembre 1982, in Riv. not., 1983, 515, con nota contraria di LAURINI, Amministrazione e rappresentanza negli atti societari, Prolusione letta all’inaugurazione del XXIV Corso della Scuola di notariato “Cino da Pistoia” (Firenze 16 marzo 1983); Trib. Padova 10 marzo 1983, in Vita not., 1984, 506. Contraria la dottrina: BARALIS-METITIERI, Ancora sul collegamento tra l’art. 28 legge not. e l’art. 54 reg. not., cit., 841; IEVA, Gli atti posti in essere in nome e per conto di società di capitali prima della loro iscrizione nel registro delle imprese, in Riv. not., 1983, 928; GUIDA, Società di capitali irregolari: prospettive nuove per un vecchio problema, in Riv. not., 1983, 508; BOTTARO, La validità degli atti e contratti compiuti dalle società commerciali prima della loro iscrizione nel registro delle imprese, in Riv. not., 1977., 1244; DEL MEDICO, Viola gli artt. 28, n. 1 e 54 R.N. il notaio che riceva un atto nel quale si costituisce l’amministratore di una società di capitali non ancora iscritta presso la cancelleria commerciale del

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tribunale, in Vita not., 1984, 1129; PAOLUCCI, Atti vietati e responsabilità notarile nella giurisprudenza, cit., pag. 149.(136) V. Trib. Torino 29 giugno 1987, in Riv. not., 1987, 810. Va comunque tenuto presente che in tal caso non si controverte della capacità delle parti, bensì dell’inefficacia relativa dell’atto (inopponibilità) nei confronti della massa fallimentare.(137) Cfr. Cass. 22 giugno 1942, n. 1737; Cass. 30 luglio 1937, n. 2923; v. in dottrina CALDERONE, Responsabilità disciplinare del notaio per gli acquisti non autorizzati degli enti ecclesiastici, cit., pag. 213; PAOLUCCI, Atti vietati e responsabilità notarile nella giurisprudenza, cit., pag. 173.(138) Così Cass. 18 febbraio 1969, n. 562, in Giust. civ., 1969, I, 810; la quale ha precisato che “è pur vero che nel corretto linguaggio tecnico-giuridico i requisiti della assistenza e dell’autorizzazione (per i minori, gli incapaci, le persone giuridiche, etc.) espressamente indicati nell’art. 54, sono diversi dal requisito del potere di rappresentanza volontaria, non menzionato dallo stesso articolo”, ma che “la ratio legis induce ad identificarli in relazione al fine del precetto normativo di condotta per i notai dettato dall’articolo in parola”.(139) Così Cass. 18 febbraio 1969, n. 562, cit., 818.(140) V. Cass. 11 giugno 1969, n. 2067, in Foro pad., 1970, 1955; in Giust. civ., 1969, I, 2078, con nota di TRIOLA, Difetto di rappresentanza e responsabilità del notaio ex art. 28 n. 1 legge notarile; Cass. 3 luglio 1969, n. 2433, in Riv. leg. fisc., 1969, 2176; Cass. 18 aprile 1969, n. 1267, in Riv. not., 1969, 882.(141) Cfr. FERRARA, L’art. 54 reg. not. e il preteso collegamento con l’art. 28, n. 1 legge notarile, in Studi in onore di G. Capozzi, vol. I, Diritto privato, Tomo I, Milano, 1992, pag. 573 e segg. Ma l’argomento non sembra idoneo ad influire sulla soluzione del problema del collegamento dell’art. 54 reg. not. con l’art. 28, n. 1 legge not., come questo Autore cerca di dimostrare. (142) V. per tutta questa problematica BOERI, Sull'opponibilità a terzi dello statuto di un'associazione non riconosciuta, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 542 e segg.; nonché DELLA CASA, Associazioni non riconosciute e limiti statutari dei poteri di rappresentanza: regole di diritto comune e tutela dell’affidamento del terzo, in Giur. it., 2001, pag. 1858 ed ivi ricche indicazioni di dottrina e di giurisprudenza. (143) Cfr. Cass. 7 giugno 2000, n. 7724, in Nuova giur. civ. comm., 2001, I, 542 e segg., con nota di BOERI; e in Giur. it., 2001, pag. 1858, con nota di DELLA CASA. Entrambi questi Autori accolgono la soluzione, adottata dalla predetta sentenza, di ritenere applicabile alle associazioni non riconosciute l’art. 1388 c.c., ma contestano l’argomento, sostenuto dalla Cassazione, che nel caso di associazione non riconosciuta non possa parlarsi di rappresentanza organica, ma debba parlarsi di rappresentanza volontaria. (144) Vedili citati da BOERI e DELLA CASA nella nota precedente.(145) CACCAVALE, L'attività negoziale degli enti locali tra competenze degli organi politici e competenze dell’apparato burocratico, in Studi e materiali, 6.1., Milano, 2001, pag. 530; CATALLOZZI, La rappresentanza degli enti locali nel D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), in Studi e materiali. Quaderni Semestrali, vol. 2, 2002, pag. 357 e segg.