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MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto
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Rassegna stampa
24 luglio 2015
INDICE
ANICA - CINEMA
24/07/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Gli 007 patinati di Guy Ritchie in un'Italia da «Dolce vita»5
24/07/2015 Il Giornale - Nazionale
Il microscopico «Ant-Man»? Un gigante di azione e ironia7
24/07/2015 La Stampa - Nazionale
Tra James Bond e "La dolce vita" la Guerra fredda diventa glamour9
24/07/2015 Il Manifesto - Nazionale
La Sic festeggia quest'anno trent'anni di scoperte e autorialità11
24/07/2015 Libero - Nazionale
LEO A CACCIA DELL'OSCAR13
24/07/2015 MF - Nazionale
LeBron James vuole Hollywood con Warner15
24/07/2015 Libero - Nazionale
«CON TOTÒ DIMENTICO GOMORRA»16
24/07/2015 Il Giornale d'Italia
Nicolas Cage è un nemico invisibile17
24/07/2015 Il Venerdi di Repubblica
La vita a Teheran raccontata dai clienti del taxi18
24/07/2015 Il Giornale d'Italia
Caccia a Michael Douglas con 'The reach'20
24/07/2015 La Repubblica - Torino
Il Gran Paradiso Film Festival punta su ambiente e cultura21
24/07/2015 Avvenire - Nazionale
LONSDALE Io attore e l'elogio dei perdenti22
24/07/2015 Corriere del Mezzogiorno - Napoli
Porto Bagnoli a Venezia Il nuovo film del regista sarà l'evento conclusivo dellaSettimana della critica Capuano
24
24/07/2015 Corriere del Mezzogiorno - Napoli
cartiera da cinema25
24/07/2015 Il Giornale d'Italia
Buon compleanno, Massimo Boldi27
ANICA - TELEVISIONE
24/07/2015 Il Sole 24 Ore
Inchiesta Ue su Sky Uk e i big del cinema Usa29
24/07/2015 La Stampa - Nazionale
Indagine Ue su Sky Uk e sui giganti di Hollywood30
24/07/2015 Il Fatto Quotidiano
Cinema, l ' Antitrust europeo indaga su Sky Uk e produttori Usa31
24/07/2015 ItaliaOggi
Sky Uk, accuse dall'Antitrust Ue32
24/07/2015 MF - Nazionale
Sky Uk e le major Usa nel mirino dell'Antitrust Ue33
24/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Sollima "A rassicurarvi ci pensi lo Stato io faccio cinema e racconto storie"34
ANICA WEB - ANICA WEB
23/07/2015 filmforlife.org 18:02
Film 4 Life presenta Rallenty37
ANICA - CINEMA
15 articoli
In arrivo Gli 007 patinati di Guy Ritchie in un'Italia da «Dolce vita» L'agente Cia alleato con l'uomo del Kgb. «Guerra fredda e ironia» Il regista «Nel film c'è tutto: l'amore,l'intrigo, il noir, l'azione. Adoro divertire il pubblico» Stefania Ulivi DALLA NOSTRA INVIATA
LONDRA La Berlino del Checkpoint Charlie e delle Trabant, la Roma della Dolce Vita con le vespe fiammanti
sotto Trinità dei Monti, la guerra fredda e le spie senza paura e in abiti di buon taglio. È un salto all'indietro di
mezzo secolo Operazione U.n.c.l.e. di Guy Ritchie - presentato ieri a Londra - fino alle atmosfere rese
popolari dall'omonima serie tv Usa degli anni 60 che il regista della saga di Sherlock Holmes ha accettato di
portare per farne un nuovo franchise, come le immagini finali ambientate a Istanbul dichiarano.
Budget di 75 milioni di dollari, uscirà da noi il 2 settembre (distribuito dalla Warner) in una stagione ricca di
spy-movie: Kingsman , Spy , Agent 47 , Mission: Impossible 5 , in novembre arriverà Spectre , che, sostiene
la stampa britannica, promette un fashion revival, a giudicare dell'ultimo trailer con Daniel Craig impeccabile
James Bond in smoking bianco. Ma, avverte Ritchie, le avventure di Napoleon Solo (Henry Cavill), ex
avventuriero reclutato dalla Cia e di Illya Kuryakin (Armie Hammer), agente del Kgb fedelissimo alla linea,
fanno storia a sé. Non solo perché obbligati dalle circostanze (salvare il mondo dalla minaccia di una terza
guerra mondiale) a collaborare anziché tentare di eliminarsi a vicenda. Ma perché, una volta tanto, in uno
spy-movie le donne non sono di contorno: la Gaby Teller di Alicia Vikander (figlia di uno scienziato tedesco
che è stato rapito da nostalgici nazisti per costruire la bomba atomica) e la perfida Victoria Vinciguerra
(Elizabeth Debicki moglie dell'altrettanto cattivo Alessandro, Luca Calvani) coniugano bellezza e cervello. «Io
e Lionel Wigram con cui l'ho scritto ci siamo appassionati all'idea di trasformare la serie in film, perché
andiamo a occupare uno spazio che nessuno occupa. Fin dall'inizio abbiamo escluso l'idea di portare la storia
ai nostri giorni. È ambientato nel 1963, epoca d'oro del genere spionistico, abbiamo messo in pentola tutti gli
ingredienti necessari, pescando nei ricordi di spettatori della serie tv ma anche di tanti film».
L'imprinting, è ovvio, viene dal padre di tutte le spie, il James Bond di Sean Connery, ma tra le influenze
Ritchie e Wigram mettono in prima fila, oltre alla tradizione del noir francese, Fellini ( La dolce vita ) e
Antonioni ( L'avventura ). Piazza di Spagna, Teatro Marcello, il Grand Hotel Plaza, Piazza Venezia, i tetti, le
terrazze. La Roma che appare nel film è un dichiarato omaggio al nostro cinema di quegli anni. E anche alla
moda e alla musica (nella colonna sonora, splendida, spiccano Stevio Cipriani, Peppino Gagliardi, Rita
Pavone). «Abbiamo passato sei mesi tra Roma e Napoli, un incanto vero». Una caccia alle location
appassionata, tra Castel dell'Ovo nel golfo di Napoli fino alle architetture fasciste della capitale.
Il risultato complessivo è però molto british, a cominciare dall'humour, grazie ai siparietti tra i due protagonisti,
marchio di fabbrica per l'ex marito di Madonna. «Il tono ironico era fondamentale ma bisognava evitare il
pericolo di scivolare sulla parodia. È una commedia, il genere più difficile, c'è dentro tutto l'aspetto politico,
quello romantico, l'azione. Mi piace divertire il pubblico, non prendere le cose troppo sul serio». Hammer e
Cavill, dice, si sono prestati al gioco. «Il soggetto è irresistibile: un americano e un russo, uno biondo, uno
moro, uno più rigido, uno più sciolto. E non dimentichiamo che qua i compagni di avventura sono tre: c'è
anche Gaby, la più in gamba di tutti».
Tra i meriti del film, mostrare uno Hugh Grant libero dallo spettro di Peter Pan, persino un po' sfiorito, nei
panni del misterioso inglese Waverly, figura centrale dell'organizzazione U.n.c.l.e. (United Network Command
For Law and Enforcement). Arduo, invece, individuare il cameo di David Beckham. «È ben mimetizzato - dice
il regista -. Una volta che sai dove cercarlo lo trovi». Aiutino: fa il proiezionista.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24/07/2015Pag. 51
diffusione:619980tiratura:779916
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 5
AutoreGuy Stuart Ritchie (46 anni) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografi-co inglese. Ha debuttato
nel 1995 con il corto «The Hard Case» Il successo arriva nel 1999 con «Lock & Stock - Pazzi scatenati» e nel
2000 con «Snatch» . Nello stesso anno sposa Madonna: il matrimonio con la popstar durerà otto anni Suoi i
film campioni di incassi «Sherlock Holmes» (2009) e il sequel «Gioco di ombre»
Foto: Da sinistra, Armie Hammer (28) e Henry Cavill (32) in «Operazione U.n.c.l.e.»
24/07/2015Pag. 51
diffusione:619980tiratura:779916
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 6
CINEMA Piccoli eroi sul grande schermo Il microscopico «Ant-Man»? Un gigante di azione e ironia Il nuovo film della Marvel racconta le avventure dell'uomo formica senza prendersi troppo sul serio. E il duoDouglas- Rudd dà solidità alla trama Cinzia Romani L'uomo-formica è realizzabile, o è solo una grande balla? Il sogno di rimpicciolire le persone, facendone
soldati grandi quanto un insetto,magari per rovesciare i governi, si traduce in realtà con Ant-Man , l'ultimo film
della Marvel (dal 12 agosto) dove Michael Douglas e Paul Rudd incarnano due generazioni d'uomo-formica.
Ed ecco scodellato un geniale film di fantascienza vintage - la prima apparizione di Ant-Man data 1962, col
numero 27 di Tales to Astonish dei re dei comics Jack Kirby e Stan Lee -, che però ha toni da commedia
molto godibili, dove ironia, gioco e levità suscitano alquante risate. Dopo tanti super-eroi che fluttuano e
rimbalzano come Batman e Spider-Man, arriva il microscopico Ant-Man (qui il simpatico Paul Rudd) con una
tuta da motociclista, rossa e nera, in grado di comunicare tramite un casco con miliardi di antennine pronte a
uccidere: l'infinitamente piccolo è già gigantesco al box-office americano, dove anche i lillipuziani Minions si
contendono la platea. Sarà, ma al momento micro batte macro 2 a 0 e per ora la Marvel lascia perdere
macchinoni da intrattenimento come The Avengers e Captain America . Così i blitz in modalità stealth, cioè
invisibile, li fanno le formiche pazze, conduttrici di elettricità letale e le tremende formichecarpentiere nere,
per tacere delle formiche di fuoco e delle formiche proiettile: meglio non avere nemici così. Infatti il brillante
fondatore delle Pym Technologies, alias il veterano Michael Douglas che conferisce solidità alla storia nel
ruolo dello scienziato Hank Pym, inventore delle omonime particelle, conosce i rischi dell'infinitamente
piccolo. Nella scena d'apertura, ambientata nel 1989 a San Francisco, lo incontriamo mentre accusa i suoi
soci di volergli rubare la formula che modifica la distanza tra atomi, per dominare il mondo. «Finché sarò vivo,
nessuno toccherà le particelle», tuona il combattivo vecchio. D'altronde, il suo ex-protetto Darren Cross
(Corey Stoll) è diventato un avido mercante e un killer senza scrupoli, che ha dalla sua la figlia del dottor
Pym, la bella e spietata Hope (Evangeline Lilly, conciata come Valentina di Crepax), inacidita col papà.
Tornando ai giorni nostri, il ladro patentato Scott Lang (Paul Rudd) esce da San Quintino: in prigione ha
capito molte cose e vuole rigare dritto. Però un suo vecchio amico (il buffo Michael Pena) gli propone di
scassinare una cassaforte così blindata da far gola: che ci sarà dentro, di tanto importante? C'è che l'ex-
galeotto è anche un papà innamorato perso della figlioletta Cassie (Abby Rider Fortson, bruttina quanto basta
a intenerire) e vorrebbe tanto essere il suo eroe. Non uno sfigato al quale nessuno dà la seconda opportunità.
E qui s'innesta l'altro filo conduttore del film, perché i padri in lotta per conquistare la fiducia delle figlie sono
due: Pym e Scott. I quali si legano nel benefico progetto di distruggere la tecnologia tossica, creata dall'orrido
Cross. Indossata la tuta, Scott diventa subito microscopico e finisce nella vasca da bagno, per poi rotolare in
una discoteca dove gigantesche zeppe e tacchi a spillo possono schiacciarlo. Ma il dottor Pym ne farà il
leader delle formiche, bravi insetti industriosi che saranno i partner di Scott, abile a comunicare con loro
sussurrando ordini dal suo elmetto. È così intenso, questo micro mondo in 3D, grazie a una combinazione
sapiente tra macro-fotografia e «motion capture», che alla fine dell'ora e 75 del film è passata la voglia di
schiacciare le fastidiose formiche da pic nic all'aperto. Per non farsi mancare niente, Ant-Man ha qualche
ironico siparietto con altri super-eroi Marvel, come Captain America: nel prossimo Captain American: Civil
War , non a caso ci sarà posto anche per l'uomo-formica. Naturalmente, i buoni sentimenti trionfano: Scott
diventa l'eroe di sua figlia (impagabile la scena nella cameretta di lei, con Ant-Man contro il mostruoso
Calabrone del cattivissimo Ross), Pym riconquista la sua Hope, i perfidi muoiono, gli animali - dagli insetti alle
pecorelle sacrificate alla ricerca scientifica - sono adorabili e nessuno diventa subatomico, per entrare nel
regno quantico, rimpicciolito in eterno. Interpreto un uomo in lotta con il suo lato oscuro "Mio figlio voleva che
entrassi nel mondo Marvel Personaggio
24/07/2015Pag. 31
diffusione:192677tiratura:292798
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 7
Foto: STAR Michael Douglas
24/07/2015Pag. 31
diffusione:192677tiratura:292798
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 8
Anteprima Tra James Bond e "La dolce vita" la Guerra fredda diventa glamour Il regista Guy Ritchie presenta "Operazione U.N.C.L.E.", girato anche a Roma FULVIA CAPRARA LONDRA a guerra ancora vicina, con tutti i suoi retaggi nefasti, il Muro che divide Est da Ovest e spezza in
due le vite della gente, i criminali nazisti ancora in circolazione, la paura della bomba atomica. Ma anche
l'effervescenza degli Anni 60, con la ricchezza nuova di zecca, le donne coraggiose e volitive, che si avviano
verso futuri traguardi femministi. Berlino infida e oscura, piena di fucili spianati e di spie sedute ai tavoli dei
bar. Roma luminosa e tentatrice, assediata da delinquenti acquattati tra le rovine, preziosa come la scalinata
di Piazza di Spagna non ancora involgarita da turbe di turisti e come l'hotel in centro invaso di specchi,
tappeti, segreti. Thriller di spionaggio, tratto dalla serie tv ambientata in piena guerra fredda, Operazione
U.N.C.L.E. (nei cinema il 2 settembre con Warner) è una rilettura ironica dei vecchi 007 (per esempio Dalla
Russia con amore), ma soprattutto un divertente esercizio di stile in cui il regista, produttore e
cosceneggiatore Guy Ritchie mette in scena tutto il suo gusto vintage, giocando con protagonisti disegnati e
vestiti talmente bene da sembrare fumetti in carne e ossa: «Volevo catturare l'essenza e l'unicità di quel
periodo, rendendolo accessibile alle platee di oggi». Lo sceneggiatore Lionel Wigram (lo stesso che, insieme
a Ritchie, ha lavorato allo Sherlock Holmes con Robert Downey. Jr protagonista) svela le fonti ispiratrici del
progetto: «Per noi quello dei Sessanta è sempre stato il decennio più "cool", non so se per via della moda,
delle macchine, del cinema, del design... Sono gli anni che hanno realmente segnato l'avvio dell'era
moderna. Abbiaper), ma soprattutto un divertente esercizio di stile in cui il regista, produttore e
cosceneggiatore Guy Ritchie mette in scena tutto il suo gusto vintage, giocando con protagonisti disegnati e
vestiti talmente bene da sembrare fumetti in carne e ossa: «Volevo catturare l'essenza e l'unicità di quel
periodo, rendendolo accessibile alle platee di oggi». Lo sceneggiatore Lionel Wigram (lo stesso che, insieme
a Ritchie, ha lavorato allo Sherlock Holmes con Robert Downey. Jr protagonista) svela le fonti ispiratrici del
progetto: «Per noi quello dei Sessanta è sempre stato il decennio più "cool", non so se per via della moda,
delle macchine, del cinema, del design... Sono gli anni che hanno realmente segnato l'avvio dell'era
moderna. Abbia- Abbiaper la pelle, costretti su ordine dei superiori a unire le forze per battere una misteriosa
organizzazione criminale. In mezzo a loro, unico tramite per mettersi in contatto con uno scienziato tedesco
legato al gruppo di pericolosi furfanti, la giovane meccanica Gaby Teller (Alicia Vikander) che prima appare in
scena sgusciando dall'automobile che sta aggiustando e poi, dopo uno studiato giro di shopping, si trasforma
in un incantevole mo amato Bond e anche certi titoli italiani come L'avventura e La dolce vita». Il risultato,
dice l'ex marito di Madonna, «è un film insieme d'epoca e contemporaneo, una caratteristica che, tra l'altro,
mi appartiene profondamente». Al centro della scena di Operazione U.N.C.L.E. si fronteggiano i due super-
agenti Napoleon Solo (Henry Cavill), ingaggiato dalla Cia, e Illya Kuryakin (Armie Hammer) del Kgb, nemici
incantevole mix di Twiggy e Audrey Hepburn: «Certo, quando mi sono ritrovata a girare sulla scalinata di
Piazza di Spagna non ho potuto fare a meno di pensare a Vacanze romane, ma mi è anche molto piaciuta
l'idea di diventare una specie di maschiaccio trascinato in un mondo di uomini e capace di difendere il
territorio». L'antagonista di Gaby è Victoria (Elizabeth Debicki), una dark lady glaciale e sexy, abituata a
sfoggiare il compagno italiano Alexander (Luca Calvani) con la stessa compiaciuta indifferenza con cui
indossa gioielli miliardari: «Insieme sono meravigliosi - dice Debicki -, portano vestiti splendidi, sono cattivi e
la loro è un'unione molto, molto aperta ». A completare il quadro il redivivo Hugh Grant, nei panni diWaverly, il
boss di U.N.C.L.E. che impartisce ordini ai due agenti, gran burattinaio con tante rughe e tanto humour: «Ho
uno zio che ha fatto la spia e sono sempre stato affascinato da quel mondo». Inseguimenti, colpi di scena,
torture e botte da orbi con le canzoni di Peppino Gagliardi e Nina Simone completano l'esperimento, che
potrebbe presto avere un seguito.
24/07/2015Pag. 31
diffusione:309253tiratura:418328
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 9
Foto: Tutto stile «Operazione U.N.C.L.E.» è soprattutto una rilettura ironica dei film Anni Sessanta e un
esercizio di stile, come dimostrano anche i manifesti del film (qui sopra), perfetti nel citare i Sixties
Foto: 2 settembre È la data d'uscita del film in Italia : in alto, una delle scene girate a Roma; nel cast anche
Luca Calvani
24/07/2015Pag. 31
diffusione:309253tiratura:418328
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 10
SETTIMANA DELLA CRITICA · Presentato il programma a Venezia 72 dal 2 al 12 settembre La Sic festeggia quest'anno trent'anni di scoperte e autorialità Adriano Valerio è l'esordio italiano, Special Award Opera Prima a Peter Mullan Silvana Silvestri ROMA Si comincia dalla nuova sigla della trentesima edizione della Settimana della critica che si terrà alla Mostra di
Venezia dal 2 al 12 settembre: autorevoli orientali racchiusi in sontuose vesti di seta navigano su
un'imbarcazione che percorre lentamente un corso d'acqua, fino a intravvedere tra le fronde un'imponente
architettura moresca. Eccoci arrivati all'Excelsior! Sono i folgoranti 4 minuti animati di Alessandro Rak che
proprio alla Sic esordì con L'arte della felicità e che ora sta preparando una versione animata della Gatta
cenerentola. Questa edizione della Settimana è dedicata a Callisto Cosulich l'autorevole collega
recentemente scomparso, punto di riferimento critico di più di una generazione. La presenza simbolica di un
certo tipo di cinema dallo sguardo deciso sarà il regista Peter Mullan, celebre attore di Ken Loach, Boyle,
Figgis tra gli altri, che esordì alla Sic con Orphans (1998) e in seguito con Magdalene vinse il Leone d'oro nel
2002. Il Sncci (sindacato critici cinematografici italiani) che organizza la Settimana ha proposto tra i suoi soci
la votazione del migliore tra i film presentati fin dall'84, anno in cui Lino Miccichè la fondò (e le scoperte in
questi trent'anni sono state tante: Assayas, Mazzacurati, Mike Leigh, Pedro Costa, Marra, Mereu, Lonmardi,
Roberta Torre, Kechiche, Trapero...). Peter Mullan è risultato il più votato, riceverà il Premio Saturnia special
Award come migliore opera prima della Sic e Orphans sarà quest'anno l'evento di apertura. Concluderà la
Settimana il regista considerato capostipite di tutta la nuova onda del cinema napoletano, Antonio Capuano,
vincitore della Sic nel '91 con Vito e gli altri , con il film di chiusura Bagnoli Jungle , tre ritratti, tre età diverse in
un quartiere caratterizzato da strutture industriali dismesse. I componenti della commissione di selezione
(Nicola Falcinella, Giuseppe Gariazzo, Anna Maria Pasetti, Luca Pellegrini con il delegato generale
Francesco Di Pace) di cui pure conosciamo l'equilibrio non facile agli eccessi, confessano di essere stati
travolti come da un coup de foudre - tra i quattrocento dall'ultimo film visionato, il cinese Jia (La famiglia) di
Liu Shumin, durata quattro ore e quaranta minuti, un lungo viaggio di due anziani genitori che vanno a trovare
i figli, attraversando diversi luoghi della Cina in profonda trasformazione (il film è programmato in pre-apertura
il 2 settembre). Tutti gli esordi in programma, in concorso per il Leone del Futuro premio De Lurentiis e per il
premio del pubblico Pietro Barsiza che fu animatore del circolo del cinema di Verona, hanno come filo
conduttore il tema della famiglia, una buona dose di sentimenti e problematiche personali e politiche, in
scenari anche inaspettati. In Ana Yurdu (Terramadre) della regista turca Senem Tuzen una scrittrice torna
verso la terra di origine della famiglia, l'Anatolia, per completare il suo romanzo e la madre parte con lei
creando un clima di tensione per le loro diverse concezioni di vita. Kalo Pothi (La gallina nera) di Min Bahadur
Bham sarà il primo film nepalese presentato a Venezia (il regista era già stato alla nel 2012 con il corto The
Flute ), un film avventuroso che a partire dal tentativo di due bambini di salvare la loro gallina ci proietta nella
lotta tra maoisti e governo degli anni '90. Una Palma d'oro e un Orso d'oro aveva già vinto il portoghese Joao
Salaviza con i suoi corti che hanno meritato una retrospettiva al Centre Pompidou. Il suo stile sperimentato si
vedrà in Montanha interpretato dal quattordicenne David che trovatosi a vivere da solo nella casa con la
sorellina mentre il nonno si trova in ospedale assistito dalla madre, dovrà suo malgrado a crescere in fretta.
Pluripremiata anche l'inglese Esther May Campbell che in Light Years (Anni Luce) che mette in scena le
misteriosi interconnesioni di una famiglia. Torna a casa a trovare i figli dopo parecchi anni di prigionia senza
processo Wen, un detenuto politico arrestato come comunista e Singapore gli appare come una città
stupefacente: è The return (Il ritorno) di Green Zeng. Da luoghi ancora più lontani arriva Tanka di Martin
Butler e Bentley Dean, famosi documentaristi autori di una importante serie sulla storia dell'Australia: in una
società tribale del Pacifico meridionale dove si celebrano solo matrimoni combinati, due giovani si scontrano
con questa regola, un amore fiammeggiante sotto il vulcano. Come ogni anno l'attenzione è puntata sulla
scelta del film italiano: è Banat (Il viaggio) di Adriano Valerio, già vincitore del David per il corto 37°4S ,
24/07/2015Pag. 13
diffusione:24728tiratura:83923
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 11
premio speciale per i Nastri d'Argento e menzione speciale a Cannes. Il film è ambientato tra Bari e la
Romania, interpreto da Edoardo Gabriellini e Elena Radonicich, uno sguardo allargato verso l'Europa come
terra di impreviste possibilità di vita.
Foto: DAVID MOURATO IN «MONTANHA» DI JOAO SALAVIZA, ANTONIO CAPUANO SUL SET DI
«BAGNOLI JUNGLE» / FOTO DI SARA TRAPANI , SOTTO EDOARDO GABRIELLINI IN UN'IMMAGINE
TRATTA DA «BATAT» DI ADRIANO VALERIO. IN BASSO LUIGI TENCO
24/07/2015Pag. 13
diffusione:24728tiratura:83923
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 12
Il trailer del nuovo film LEO A CACCIA DELL'OSCAR Con «The Revenant» DiCaprio sfida la maledizione che gli ha negato la statuetta, nonostante il talento GEMMA GAETANI «Non ho più paura di morire. Sono già morto una volta». Comincia così il trailer italiano del nuovo film con
Leonardo Di Caprio che vedremo sugli schermi il 28 gennaio prossimo. Si intitola Revenant - Redivivo e,
tratto dall'omonimo romanzo di Michael Punke del 2003, narra la storia di Hugh Class, ottocentesco
cacciatore di pellicce che, dopo l'assalto di un orso, viene derubato e abbandonato a morire dai simpatici
compagni. Come si dice? «Dai nemici mi salvi Dio, che dagli amici mi guardo io»: appunto... Hugh sopravvive
e riparte a caccia non di orsi, ma dei suoi infami ex sodali percorrendo da solo, senza armi e muto - a causa
dell'attacco del colosso - 300 chilometri. Una storia epica che per Leonardo è stata un'esperienza al limite del
mistico: «È stata una sfida molto diversa dal solito per me. Un personaggio che non dice praticamente niente:
come esprimi il viaggio emotivo e la rabbia di una persona senza usare parole?». Forse lui ha dimenticato la
sua ineguagliabile magnificenza recitativa nella lunga scena del superlativo The Wolf of Wall Street , in cui
era Jordan Belfort. Noi no: strafatto di una dose sovrumana di quaalude, gli si paralizza tutto, lingua
compresa, ma riesce a impedire al suo socio Donnie di parlare al telefono (è sotto controllo) tramite due soli
mezzi. Le mani, con cui lo stringe dal colletto della camicia e quasi lo strangola, e quell'espressione di
dominio e rabbia assoluta che ha in faccia, narici allargate e denti serrati (come in altre splendide
interpretazioni, da Django Unchained a Inception ). Dacché Donnie, superfatto anche lui, non capisce i
bofonchi gutturali coi quali Jordan tenta di dirgli «Don't talk, piece of shit!». Il viso di Leo - con quel naso
senza eguali, stretto, che lascia intravedere la fine del setto quando ne piega la punta su una boccuccia da
bambino giusto per modo di dire - è la perfezione. La classe di quei visi appena femminili alla Elvis Presley,
però pregni di forza testosteronica. Recitando lo modella come pongo, senza preoccuparsi di sciuparlo. Se il
suo omonimo Da Vinci oggi dovesse dipingere un Giocondo, lo sceglierebbe come modello. Con Wolf of Wall
Street avrebbe strameritato l'Oscar come miglior attore - per quella scena e per tutte. Ma con espressione
elegantissima ingoiò il boccone amaro di vederlo dare a Matthew McConaughey per Dallas Buyers Club .
Andò anche a baciarlo, sinceramente felice per lui. Cosa deve interpretare ancora sommamente per averlo?
Negarglielo fu una beffa e circolò per giorni sui social lo sfottò a suo danno perché era la quarta volta che,
nominato, lo mancava. Eppure in lui, nonostante le insinuazioni dei malvagi che sui social trasformano tutto in
sceneggiata napoletana a botte di meme (fotomontaggi sarcastici), non c'era astio. Leo, tre lettere come
«Dio» (della recitazione, ciò che è), sembra immune alle invidie egotiche che indemoniano le star nel carnaio
hollywodiano. Appare super partes, quindi divino anche in questo senso. Un piccolo Buddha, al quale
assomiglia sempre più col tronco gonfio e non rinsecchito come quando interpretava il più credibile Romeo
che cinema abbia mai ospitato nel Romeo + Juliet capolavoro di Baz Luhrmann. Leonardo sta probabilmente
scontando Titanic (che, comunque, era un filmone spettacolare del grandissimo James Cameron). Il
successo ottenuto da giovanissimo che lo trasformò in idolo delle ragazzine: può fare qualunque cosa davanti
alle telecamere - e la fa - ma sembra facciano apposta a negargli l'Oscar. Ce la farà l'anno prossimo? Il
regista è Inarritu (quello del premiato Birdman ). Il cast è dei migliori (c'è anche Tom Hardy), il film alto assai,
insomma c'è tutto per prendere l'Oscar. Vogliamo toglierli di dosso la patacca di scemo poster per sceme
teenager? Leo ha fatto di tutto per rimuoverla, fuori e dentro il cinema, perfino fondando un'associazione per
migliorare il clima - ha raccolto quaranta milioni di dollari solo in questi giorni - e su Twitter si descrive «attore
e ambientalista». È ingrassato, si è fatto crescere un barbone degno di un tagliagole Isis. Per me potrebbe
anche farsela crescere fino ai piedi e lievitare di seicento chili, quel suo viso perfetto, da uomo anzi
gentiluomo ideale, resterebbe. Toccherà evitare di fargli leggere questo ritratto. Non vorrei si autosfregiasse
con l'acido, pensando che l'Oscar non glielo diano per il suo visino. GRANDI INTERPRETAZIONI A fianco,
Leonardo DiCaprio nelle vesti di un cacciatore di grizzly nel nuovo film «The Revenant». Sopra, una scena
24/07/2015Pag. 27
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 13
dello straordinario «The Wolf of Wall Street» di Martin Scorsese. Sotto, ancora DiCaprio invecchiato dal
trucco e reso irriconoscibile nel film «J. Edgar», sul mito dell'Fbi John Edgar Hoover
24/07/2015Pag. 27
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 14
LeBron James vuole Hollywood con Warner Joe Flint ( The Wall Street Journal a pagina 8) L'icona del basket ora anche attore nel nuovo film Un Disastro di
Ragazza, sta stringendo una partnership con la Warner Bros Entertainment del gruppo Time Warner nella
produzione di film, show televisivi e contenuti digitali. L'affare unisce la star numero uno al mondo del basket
all'enorme studio televisivo e cinematografico di Burbank in California. Con questo accordo LeBron James
potrà sviluppare le proprie aspirazioni nell'entertainment con il sostegno di un colosso dei media presente su
scala globale. «Collaborare con Warner Bros mi consentirà di realizzare ciò che ho sempre sognato», ha
riferito James, da tempo patito di tv e film, che ha rivelato di sognare di essere Batman. Warner Bros si
alleerà con SpringHill Entertainment, la casa di produzione di James fondata con il socio Maverick Carter nel
2013. SpringHill, che produce già show televisivi, cercava una partnership con uno studio da diversi mesi,
quando in primavera si sono intensificate le trattative con Warner Bros. Nel quadro dell'operazione, Warner
Bros e SpringHill co-produrranno e saranno comproprietarie di tutte le produzioni che realizzeranno insieme,
ha spiegato Carter. Nessuna delle società divulgherà i dettagli dell'accordo ma, stando a una fonte, ai sensi
dell'accordo Warner Bros terrà il copyright di qualsiasi contenuto prodotto da SpringHill, mentre SpringHill ne
condividerà gli utili. Se SpringHill avesse un progetto a cui Warner Bros non è interessata, James e Carter
potranno avere altri sbocchi, ha riferito lo stesso Carter. James ha già legami con Time Warner. SpringHill
produce Uninterrupted per Bleacher Report, la piattaforma digitale incentrata sullo sport, che è una
controllata della Turner Broadcasting del gruppo Time Warner. Inoltre, Paul Wachter, membro del cda di
Time Warner e ceo di Main Street Advisors, è anche nell'entourage di James e ha fatto da tramite per l'affare.
«Non si tratta di fare un film o un paio di show», ha precisato Carter. «Vogliamo costruire un business».
L'accordo potrebbe includere progetti interpretati da James, ma ciò non è prioritario. Gli accordi di sviluppo tra
studi televisivi e cinematografici e i creatori di contenuti variano nella portata e nella dimensione. La maggior
parte include lo spazio di lavoro e i fondi per i responsabili dell'area creativa. I produttori più affermati spesso
prevedono finanziamenti allo sviluppo di progetti per film e tv show, e quelli di alto livello hanno quello che è
noto come first-look fee, in base alla quale lo studio paga il diritto di avere la prima lettura del nuovo
materiale, generalmente anche prima che ci sia una sceneggiatura. Nell'attuale scuderia di SpringHill figura
Survivor's Remorse per il canale pay-tv Starz, la cui seconda stagione partirà il prossimo mese, che racconta
di un esordiente che si sta adattando alla vita nella Nba e a tutti gli eventuali scogli che incontrerà sul
percorso. Inoltre, SpringHill produce Becoming, uno show per il canale Disney XD e sta elaborando un gioco
televisivo per Nbc.
Foto: LeBron James
24/07/2015Pag. 1
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 15
L'attore al Giffoni «CON TOTÒ DIMENTICO GOMORRA» Fortunato Cerlino sempre tra i cattivi, da Sky al cult «Hannibal» LEONARDO IANNACCI Da Gomorra ad Hannibal , fino all' Inferno . Il passo è stato breve per Fortunato Cerlino , nome non ancora
celeberrimo nel jet-set del cinema ma stimato nei corridoi internazionali della settima arte. Nato a Napoli 44
anni fa, lo sguardo intenso di Cerlino, drammatico come quello degli eroi del cinema neorealista italiano del
dopoguerra, è entrato nelle case di tutti gli italiani che hanno seguito la serie-evento di Sky Gomorra .
L'interpretazione del boss Don Pietro Savastano è stata confermata nella seconda stagione che Sky sta
girando in questi mesi con lo stesso cast, e ha fatto clamorosamente breccia tra i produttori statunitensi.
Cerlino è stato dapprima reclutato per il cast di Hannibal un'altra serie tv di grande successo che sta andando
in onda in questi mesi sulla rete regina NBC. Poi, Ron Howard lo ha voluto nel cast di Inferno , film che uscirà
nel 2016, tratto dal best-seller di Dan Brown. Cerlino è stato ospite del Festival di Giffoni dove ci ha
raccontato il suo momento d'oro. «L'esperienza con il cinema americano mi ha arricchito molto. Nella serie
Hannibal sono Rinaldo Pazzi, l'ispettore che cerca di catturare Hannibal The Cannibal a Firenze. Nel film,
ricorderete, Pazzi era Giancarlo Giannini. Mi è piaciuto il ruolo perché, pur essendo diverso da Savastano
che è un boss criminale, Pazzi è un personaggio che appartiene alle forze dell'ordine ma è fuori dalle regole.
È un debole, un poliziotto che non sempre si comporta in modo cristallino per arrivare al suo scopo: dopo
aver cercato invano di ingabbiare Hannibal a Firenze, si rimette sulle sue tracce dopo 20 anni a Palermo. È
ossessionato dal primo fallimento, tormentato dai colleghi, quasi goffo e cerca in tutti modi una rivincita contro
il temibile serial-killer. Nel film Inferno di Howard, invece, sono un uomo della sicurezza alle prese con il
professor Robert Langdon». Nel cast di Hannibal c'è anche Laurence Fishburne, reclutato per soddisfare il
mercato interno; per quello europeo hanno pensato al danese Mads Mikkelsen, all'inglese Hugh Dancy, che è
inglese, e ovviamente a Cerlino. «Devo molto, se non tutto, al ruolo di Gomorra », racconta. «Quella serie mi
ha aperto il mercato internazionale, è stata venduta in sessanta paesi. Ma la mia formazione teatrale è stata
decisiva: devo ringraziare Luciano Lucignani, amico fraterno di Vittorio Gassman e Adolfo Celi, un maestro
nella mia prima scuola di recitazione». Il ruolo di Don Savastano, criminale alla massima potenza, ha
rischiato di disturbare la vita di tutti i giorni un attore rigoroso e onesto come Cerlino? «In parte. Il lavoro
dell'attore e le emozioni che occorre mettere quando siinterpreta un ruolo dovrebbero esulare dal contesto.
Savastano lavora tutti i giorni con la morte e per questo ho cercato di dargli uno sguardo particolare, vitreo,
senza profondità. Quasi assente. È lui il drago delle nostre favole dell'infanzia. Non nego che, una volta finito
di girare e tornato in hotel, avevo però bisogno di aspettare un'oretta per tornare Fortunato Cerlino.
Continuavo a parlare come lui... Certi ruoli ti restano addosso e fatichi un po' a rimetterti i vestiti che indossi
tutti i giorni. Magari lo fai rivendendo per la centesima volta un film del principe Totò».
Foto: Sopra, Cerlino nei panni del boss Savastano in Gomorra
Foto: " In «Hannibal» sono l'ispettore Rinaldo Pazzi. Un personaggio che appartiene alle forze dell'ordine ma
è fuori dalle regole. È un debole, un poliziotto che non sempre si comporta in modo cristallino per arrivare al
suo scopo
Foto: FORTUNATO CERLINO
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IN SALA IL NUOVO THRILLER SCRITTO E DIRETTO DA PAUL SCHRADER Nicolas Cage è un nemico invisibile La parabola di un'agente della CIA idealista, fedele ai principi che lo hanno spinto ad entrare in quel mondo eche, almeno fino a un dato momento, gli hanno consentito di fare carriera di Luciana Caprara Evan Lake (Nicolas Cage) è un agente della Cia con uno stato di servizio invidiabile e
protagonista del nuovo thriller scritto e diretto da Paul Schrader, che porta al cinema una riflessione post-11
settembre. Un film che si sofferma su temi come virtù, ostinazione, tradimento, disillusione mediante profili
macchiettistici e risvolti privi di mordente. La parabola dell'agente della CIA può senz'altro essere assimilata
dalla biografia del nostro protagonista: nel film Lake è una sorta di idealista, fedele ai principi che lo hanno
spinto ad entrare in quel mondo e che, fino a un dato momento, gli hanno consentito di fare carriera. Poi il
brusco risveglio, l'essersi accorto che la realtà non è più all'altezza dei suoi ideali né forse lo è mai stata;
perciò la ribellione, per lo più interna. Ed è forse questo che contribuisce a rendere Il nemico invisibile un
lavoro di scarso appeal se preso come puro intrattenimento; il discorso di Schrader va infatti ben oltre e la
sua apparente impenetrabilità sta proprio nella vicinanza delle premesse alla vita di chi le ha pensate, al suo
perciò essere autobiografico per interposta persona. Il film si apre e si chiude con questo discorso fatto alle
giovani leve, alle quali il protagonista non risparmia sentenze poco incoraggianti. Solo che, al contrario di
quanto si possa pensare, anche il dolore e la ribellione di Evan hanno un limite e quelle ultime parole, lungi
dal voler allontanare coloro che dovranno prendere il suo posto, appaiono più come un invito a continuare,
perché comunque ne vale la pena. Un invito goffo, siamo d'accordo, ma pur sempre toccante. Peccato che il
film arranchi troppo nel descrivere questo processo, oltre che nel consegnare quel messaggio finale che
arriva dal regista stesso: un passaggio di testimone, di suo, meraviglioso e toccante, che andrà rivalutato da
coloro che in futuro vorranno cimentarsi in una monografia su Paul Schrader. Oltre un'ora e mezza di visione
apre proprio tramite titoli di testa accompagnati dalle immagini dell'uomo interrogato e massacrato di botte;
prima che si passi a ventidue anni dopo e che, una volta spiegato chi egli sia, s'imbarca in una
pericolosissima missione intercontinentale insieme al suo giovane protetto Milton Schultz alias Anton " Star
trek " Yelchin , il quale ha trovato prove secondo cui il jihadista Muhammad Banir, vecchio nemico di Lake
interpretato dall' Alexander Karim visto in Zero Dark Thirty (2012), potrebbe essere ancora vivo. Perché è
proprio quella di eliminare il mortale nemico l'intenzione del protagonista, fermamente convinto che al mondo
vi siano due tipi di uomini: quelli d'azione e, poi, tutti gli altri. Però, se una prima sequenza d'azione
consumata sopra un ponte in Romania viene proposta già nel corso dei primi fotogrammi, il resto della oltre
ora e mezza di visione si concentra in maniera quasi esclusiva sui dialoghi; rischiando non solo di spingere lo
spettatore a sprofondare in un sonno liberatorio, ma anche e soprattutto di far apparire il personaggio di Cage
in qualità di ennesimo parente di 007 tutt'altro che propenso, a differenza dell'originale, a cimentarsi nelle
assurde imprese atte a garantire intrattenimento. Tanto che del tutto inadeguata finisce per apparire la
violenta conclusione spruzzata addirittura di splatter, che avrebbe avuto sicuramente senso se anche l'intera
operazione si fosse basata sul sentimento di vendetta da action-movie tipicamente reaganiano.
24/07/2015Pag. 11 Il Giornale d'Italia
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 17
esteri IRAN CONFIDENTIAL Jafar Panahi , PREMIATO A CANNES E CONDANNATO DAL REGIME, GIRASU UN'AUTO PUBBLICA FILMANDO QUEL CHE DICE LA GENTE. RITRATTO DI UN ALTRO PAESE La vita a Teheran raccontata dai clienti del taxi Vanna Vannuccini La vita a Teheran raccontata dai clienti del taxi TEHERAN . Un taxi si fa strada nel trafco di Teheran. «È un
impianto di allarme?» domanda al tassista un passeggero accennando a uno strano congegno posato sul
cruscotto. «In un certo senso sì» risponde il tassista. È così infatti. Perché questo è un taxi contro la censura.
Al volante c'è il regista Jafar Panahi. Nel 2010 fu condannato a non girare più per i prossimi vent'anni , gli fu
sequestrato il passaporto e comminata una pena a sei anni di carcere - che finora non ha dovuto scontare,
ma resta pendente sulla sua testa. L'accusa era di attentato alla sicurezza dello Stato e propaganda contro il
regime: aveva partecipato nel 2009 alle manifestazioni contro la rielezione di Ahmadinejad, insieme a tre
milioni di cittadini che scesero in piazza a Teheran indignati contro un'elezione ai loro occhi manifestamente
fraudolenta. Sul cruscotto Panahi ha installato tre minuscole cineprese, inclusa quella di uno smartphone, con
cui filma i discorsi della gente che sale e scende a bordo. I taxi collettivi a Teheran sono un posto speciale.
Attraversano la città in lunghi percorsi da nord a sud e da est a ovest raccogliendo passeggeri agli incroci.
L'intimità forzata (qui anche uomini e donne possono sedere accanto) e l'anonimato fanno sì che tutti
chiacchierino in libertà. Non è la prima volta che Panahi aggira il divieto impostogli dall'autorità giudiziaria.
Mentre era ancora agli arresti domiciliari girò This is not a film, premiato a Cannes dove l'opera era arrivata in
una chiavetta usb nascosta in una torta di compleanno. Poi ha girato Pardé nella sua casa sul Caspio, ma in
verità più che altro nella sua testa: è un film sugli incubi che gli provoca la situazione claustrofobica in cui
vive, una specie di limbo, né in prigione né in libertà. La fama internazionale e la protezione di tanti liberali,
anche tra le autorità iraniane, lo proteggono infatti dal carcere e gli permettono di muoversi per le strade della
sua città, ma non sono sufcienti a obbligare l'autorità giudiziaria a rivedere la sentenza. I giudici, e i vari corpi
di polizia che eseguono i loro ordini, sono i più fondamentalisti tra le varie fazioni che si contendono il primato
al vertice della Repubblica islamica. Il sistema teocratico non è il monolite che viene dipinto in occidente ma
un precario equilibrio di vari gruppi di potere - dagli oltranzisti ai liberali - tenuto sotto controllo dalla Guida
Suprema, il «saggio giureconsulto» che fu l'invenzione brillante di Khomeini. Grazie a questi centri di potere
sempre in movimento, ma in relativo equilibrio, la Repubblica islamica ha tenuto per 36 anni contro tutte le
aspettative degli occidentali: come un edificio con tante vie di sfogo è più al riparo dai terremoti. Per un solo
momento l'edificio sembrò tentennare nel 2009, quando la Guida Suprema mise il suo peso tutto dalla parte
dei conservatori e l'equilibrio si spezzò. Il governo Rohani è il più esplicitamente liberale di tutti quelli che
l'hanno preceduto e se fosse per il ministro della Cultura, Jafar Panahi potrebbe tranquillamente girare i suoi
film. «Vorrei che non mancasse qui nessuno dei grandi nomi che fanno il prestigio del cinema iraniano
all'estero» disse il ministro inaugurando il primo Festival del cinema Internazionale a Teheran lo scorso
maggio. Ma per ora Panahi può solo girare in un taxi. Visto che non può uscire a filmare il mondo, fa entrare il
mondo a bordo del suo taxi. Il tema è sempre lo stesso, le costrizioni di una società a libertà limitata, ma il
regista esce dalla sua crisi personale per allargare di nuovo lo sguardo a quella degli altri. Il film sembra un
piccolo miracolo di improvvisazione, tutto vi appare casuale. Chi sale a bordo? Sono passeggeri o attori? Non
si sa. Dove finisca la realtà e cominci la finzione non è mai chiaro, lo script è impeccabilmente costruito. Il
primo a salire è un piccolo malvivente che vive di illeciti, ma difende da buon conservatore l'utilità sociale
della pena di morte e le pene più spietate della sharia , insomma il proprio boia futuro. Due signore hanno
urgenza di arrivare a una certa ora a una fonte sacra. Ne va della loro vita, che sarà in pericolo, lo credono
fermamente, se non riescono a gettare a quell'ora nella fonte un pesciolino rosso che tengono in una
vaschetta. La superstizione ha evidentemente ancora un ruolo in Iran, nonostante la razionalizzazione portata
dalla rivoluzione khomeinista. Un terzo passeggero è un ferito grave che sembra sul punto di morte dopo un
brutto incidente e che vuol fare testamento a favore della moglie (forse temporanea, secondo il costume sciita
24/07/2015Pag. 30 N.1427 - 24 luglio 2015
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 18
che permette di contrarre matrimonio religioso perfino per poche ore). Alla moglie, che l'accompagna, intende
lasciare la casa, e teme che senza testamento i di lui parenti le porteranno via tutto. La donna più tardi
telefonerà al tassista per dire che l'uomo non è morto, ma che comunque il testamento andrà a prenderlo.
Nessuno sa che cosa ci riserva il futuro. Un giovane non appena salito riconosce subito Panahi: è uno che
per vivere vende dvd di film stranieri al mercato nero. Panahi ci svela le sue predilezioni ordinandogli Woody
Allen e un film del regista turco Ceylan ma il giovane vorrebbe coinvolgerlo negli afari: con un nome così il
business non potrà che crescere. Storie di vita quotidiana, piccole tragedie, tragicommedie si avvicendano
dandoci il mood di una città e forse di una nazione, una realistica commedia umana. Su tutto prevale
l'ostinata disposizione pacifica del regista sempre sorridente, che non vuol farsi portare via la sua città dal
regime ma non alza bandiere ideologiche. Solo ogni tanto lascia trapelare un po' di soddisfazione per la
cospirazione riuscita - dopo tutto ogni scena è anche la documentazione di una azione clandestina. In
particolare quando a bordo sale Nasrine Sotoudeh, l'avvocatessa per i diritti umani scarcerata da pochi mesi
e solo da pochissimo tempo libera di riprendere la professione. Nasrine si presenta con il proprio nome e
racconta della sua ultima mandante, una ragazza condannata perché voleva assistere a una partita di
pallavolo. Quello delle ragazze che vogliono entrare negli stadi, of limits per le donne in Iran, è un tema caro
a Panahi, ed era stato al centro di uno dei suoi primi film, Ofside , che il regista girò nel 2006 quando l'Iran
era riuscito per la prima volta a qualificarsi per i mondiali di calcio e tutta Teheran scese in piazza a
festeggiare. Ma il personaggio più vero, il più innocente, la vera protagonista del film è la nipote del regista,
Hana, dieci anni. Chi era a Berlino per la Berlinale non ha dimenticato quella figurina tenera sul palco delle
premiazioni che tiene alzato l'Orso d'oro vinto dallo zio e cerca di ringraziare, ma non ci riesce per i lacrimoni
che le scendono sul viso. Tenera ma sveglia, vispissima, come tante ragazzine in Iran abituate fin da piccole
a capire che le cose in casa sono diverse da quelle fuori e che tuttavia non hanno smesso di notarle e di fare
domande. Hana chiacchiera e chiacchiera e allo stesso tempo filma, perché per la scuola deve fare un filmino
«sulla realtà». Così ha detto la maestra. Ma ha raccomandato: «Quando la realtà è brutta, non si deve far
vedere. Non si deve dipingere tutto di nero». Come si fa a non dipingere tutto di nero, a fare cioè un film
«presentabile»? Hana lo spiega allo zio. Per esempio: i nomi devono essere sempre nomi dei santi imam,
non nomi di origine persiana, Ali va bene e Khosro no. Le donne devono sempre portare il velo in testa anche
se lavano i piatti in cucina. I buoni non portano mai una cravatta. Poco prima era salito sul taxi un vecchio
amico di Panahi, un vecchio signore in giacca e cravatta che aveva passato diversi anni all'estero prima di
rientrare in patria. Allora il mio amico è cattivo? chiede il regista. «Ma zio!» risponde la ragazzina con
impazienza. «Ma quello è una persona vera! Il mio è un film. Valgono regole diverse». BEHROUZ
MEHRI/AFP/GETTY IMAGES
Un venditore di frutta a Teheran visto dall'interno di un'auto. Sotto, il regista Jafar Panahi alla guida del taxi
dove riprende le conversazioni dei clienti
ATTORI E REGISTI RIBELLI: LA PROTESTA VA AL CINEMA l caso di Jafar Panahi e di Mohammad
Rasulov, condannati insieme, è solo il più recente tra i moltissimi che hanno riguardato in questi anni i registi
del Paese degli Ayatollah. Si stima che almeno 120 registi, attrici, attori, direttori di fotografa, abbiano
abbandonato l'Iran negli ultimi anni. Perché, nonostante i divieti, il cinema iraniano non ha mai rinunciato alla
sua denuncia. Nomi ormai noti ci hanno regalato magnifci flm, pluripremiati in Occidente. Artisti come Asghar
Farhadi, il regista di A proposito di Elly e di Una Separazione , Oscar nel 2012, Amir Naderi, Mohsen
Makhmalbaf, Babak Payami, Shirin Neshat, Bahman Ghobadi, Marzieh Mershkini, Hana Makhmalbaf,
Fariborz Kamkari, Azar Shojaii, Ayat Najaf, Sepideh Parsi, Raf Pittds, Hossein Kershavarz, Ramin Bahrani,
che da tempo vivono e lavorano all'estero.
SCENE RUBATE Anziani, giovani, feriti, disabili, donne: alcune sequenze del flm in cui il regista Jafar Panahi
coglie situazioni a bordo del taxi che guida a Teheran. Panahi in patria è stato condannato per attività
antigovernative mentre un altro suo flm veniva presentato a Cannes
24/07/2015Pag. 30 N.1427 - 24 luglio 2015
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OPERA SECONDA DEL REGISTA JEAN-BAPTISTE LÉONETTI, TRA AMBIENTE E PAESAGGI CHE SIFANNO RISPETTARE Caccia a Michael Douglas con 'The reach' Ma la pellicola, tratta da un vecchio romanzo di Robb White, risulta abbastanza noiosa Nel filone dei film incentrati sulla caccia all'uomo, bisogna ammettere che questo si distingue per l'ottima
descrizione dell'ambiente e dei paesaggi. Ci sono inquadrature che risarciscono in parte lo spettatore del
fatto di trovarsi di fronte ad una sceneggiatura prevedibile che perde slancio a causa di momenti alquanto
ripetitivi. Ma il difetto peggiore di questo assolato film non sta nel trasformare a poco a poco la suspense in
noia, ma nel finale, artificioso e ridicolo come pochi altri, in grado di dissipare quanto di passabile visto
nell'ora e mezza precedente. Nel sottotitolo italiano del film, "Caccia all'uomo", sono rinchiusi tutti i 91 minuti
di narrazione, con la strana coppia che parte per una battuta di caccia che non dovrebbe tenersi, con
l'incidente che scatena il conflitto e il miliardario che inizia a braccare la giovane guida, costringendolo alla
fuga sotto il sole del deserto per farlo fuori senza sporcarsi (troppo) le mani. Il film si basa su un romanzo di
Robb White del 1972 intitolato "Deathwatch" ma la derivazione letteraria non pesa sulla sceneggiatura. Il
deserto del Mojave letteralmente esplode sullo schermo con la sua straordinaria e al contempo terribile
bellezza che offre al direttore della fotografia la possibilità di inquadrature molto intense. Ma soprattutto il film
si mette a disposizione di Michael Douglas e del suo sguardo luciferino in un volto che, ad ogni anno che
passa, sembra sempre più quello di suo padre Kirk. Il suo Madec è un uomo tanto sicuro di sé e del proprio
potere da ritrovarsi improvvisamente vulnerabile e quindi ansioso di poter immediatamente rindossare la
rassicurante corazza dell'onnipotenza eliminando ciò che può costituire un problema. Le riprese e la scelta
delle inquadrature sono senz'altro, come detto, strategiche e intelligenti e raggiungono l'effetto sperato:
salvare il film. Ed è soprattutto merito loro se questa lunga caccia all'uomo non finisce per stancare
rapidamente. I personaggi sono piuttosto semplici, come si può immaginare, ma in fondo lo è la stessa
dinamica narrativa, interamente giocata sulle asperità ambientali e caratteriali messe in scena, e su una
tensione che per lunga parte del film viene mantenuta. Almeno fino a quando non arriva la inevitabile
reazione da parte della vittima La caccia all'uomo diventa una caccia al tesoro, sotto gli occhi di un
demoniaco Douglas pericolosamente vicino a ricordare il Cattivissimo di "West and Soda". Come anche il fino
ad ora "redneck" Jeremy Irvine inizia a mostrare delle abilità alla MacGyver che anticipano il finale. Che sia il
nuovo film di Michael Douglas non suona sbagliato, anche se non scritto né diretto da lui. Ne è protagonista,
produttore, ma anche proprietario della Literal Media, casa editrice che possiede tutti i diritti sulle opere di
Robb White. Compreso il romanzo Deathwatch, dal quale al quale il film è ispirato. Il plot evolve bene, con un
finale forse in eccesso, ma può funzionare come entertainment puro shakerarando queste pigre e bollenti
serate estive. Il film diretto da JeanBaptiste Léonetti in gara al Taormina Film Festival, vuole ricordare le
atmosfere del capolavoro di Steven Spielberg, Duel. Nel cast del nuovo thriller il Premio Oscar Michael
Douglas (coinvolto nella produzione del film attraverso la Literal Media), Jeremy Irvine, Hanna Mangan-
Lawrence e Ronny Cox. L.C.
24/07/2015Pag. 11 Il Giornale d'Italia
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 20
L'obiettivo sullanatura Il Gran Paradiso Film Festival punta su ambiente e cultura La rassegna L'ultima settimana di agosto l'edizione numero 19 Con Fazio come nume tutelare e Mainardipresidente di giuria La direttrice Vuillermoz: "Da qualche anno diamo un respiro multidisciplinarecoinvolgendo altre forme di espressione" Tra gli ospiti il critico Flavio Caroli che spiegherà come l'arte neisecoli ha saputo raccontare il territorio selvaggio JACOPO RICCA NON SOLO Cogne, ma sempre più Gran Paradiso Film Festival. Arrivata alla diciannovesima edizione, in
programma dal 24 al 29 agosto, la kermesse di cinematografia dedicata alla natura continua ad allargare i
suoi orizzonti. Non solo nelle pellicole, selezionate come sempre dalla direttrice artistica Luisa Vuillermoz, ma
anche nella scelta delle sedi di proiezione.
Quest'anno infatti per la prima volta si uscirà dai confini del Gran Paradiso, coinvolgendo anche
Champorcher. Paese confinante con il parco e punto di riferimento di un'altra riserva, quella regionale del
Mont Avic che ospiterà i film in una delle poche sale cinematografiche a impatto zero d'Italia. La squadra è
confermata, con Vuillermoz alla guida, Danilo Mainardi presidente della giuria tecnica e Fabio Fazio nel ruolo
di nume tutelare della manifestazione. Ospite d'onore di questa edizione sarà infatti uno dei tanti personaggi
di cultura che gravitano attorno alla "ditta" del presentatore: il critico d'arte Flavio Caroli. «La giornata
conclusiva sarà dedicata, tra le altre cose, alle riflessioni sull'arte e la natura - spiega Vuillermoz - E Caroli ci
accompagnerà nella parte più storica di questo viaggio, ma ci sarà spazio anche per l'arte contemporanea e
quella del futuro. Da qualche anno cerchiamo di dare un respiro multidisciplinare al Gpff, andando oltre il
cinema e coinvolgendo altre forme di espressione». Il budget di questa edizione, che riesce a contenere i
costi grazie all'assenza di cachet per gli ospiti, cresce di poco rispetto all'anno scorso (140 mila euro contro
133mila) ed è frutto del sostegno degli enti pubblici e di Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt. Le sedi di
proiezione saranno cinque: oltre a Cogne e Champorcher gli spettatori potranno valutare i film anche a
Ceresole Reale (sul lato piemontese), Rhêmes-Saint-Georges e Villeneuve. I film in concorso per lo
"stambecco d'oro", il premio assegnato dal pubblico, sono dieci: tra questi otto sono prime italiane, mentre
uno, "Arab Sands" di Brando Quilici è una prima mondiale. L'ultima fatica del figlio di Folco sarà l'unico film
italiano in concorso, gli altri arrivano da nove paesi diversi e da tre continenti. Lo sguardo è sempre meno
vincolato alla montagna: «Una programmazione che permette di indagare la complessità della natura sotto
diversi aspetti», conferma la direttrice. Brando Quilici sarà protagonista anche a Ceresole dove è prevista una
serata di incontro con la proiezione del suo successo "Il mio amico Nanuk". L'apertura sarà invece nella sede
tradizionale di Cogne e vedrà la partecipazione della band valdostana L'Orage che musica "L'homme aux
semelles de vent". Il filo conduttore di quest'anno sarà "Il cammino" e il tema sarà toccato anche nelle altre
sezioni della kermesse, da quella più sperimentale di CortoNatura ai momenti di riflessione che caratterizzerà
gli intervalli dei film in concorso: «Saranno occasioni di divulgazione per allargare i ragionamenti sulla
montagna e la sua tutela anche al pubblico», chiarisce Vuillermoz che in questi giorni sta lavorando alla Carta
delle Valli del Gran Paradiso, una proposta sulla conservazione della biodiversità e la fruizione sostenibile
dell'ambiente naturale che sarà sottoscritta durante il festival e discussa anche con il mondo della politica.
www.gpff.it www.comune.oulx.it PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: PASTORI Una scena da "Alexandre fils de berger" di Anne, Véronique ed Erik Lapied, tra i film in
concorso al Granparadiso Film Festival
24/07/2015Pag. 11 Ed. Torino
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 21
AGORA` LONSDALE Io attore e l'elogio dei perdenti Il caso. Protagonista di film famosi, da «Munich» a «Uomini di Dio», l'artista racconta il suo rapporto con ilmondo dello spettacolo e la sua fede MICHAEL LONSDALE Fin dal mio debutto la fede non è stata lontano dal mio lavoro di artista. Fu padre Ambroise-Marie Carre - a
quel tempo cappellano degli artisti - che mi incoraggiò a seguire i corsi di Tania Balachova. Si trattava di una
docente notevole, per suo tramite ho conosciuto Jean-Louis Trintignant, Laurent Terzieff, Delphine Seyrig,
Bernard Fresson... Lei ha rotto la patina di timidezza che mi imprigionava: io preferivo ruoli divertenti o
leggeri, lei mi ha costretto un giorno ad arrabbiarmi. Dovevo interpretare il personaggio di Alceste nella prima
scena del Misantropo di Molière. Lei voleva che io esplodessi. Ho cercato di esprimere l'arrabbiatura del
personaggio. Tania mi trovava troppo timoroso: ci voleva ancora più rabbia! «Lasciami stare, te ne prego!»,
dovetti risponderle, arrabbiato. Ci ho messo del tempo, ma alla fine sono riuscito a liberare tutta la mia
energia fino a distruggere una sedia! Ero spaventato da me stesso, ma alla fine soddisfatto; lei mi spiegava
che l'attore deve attraversare tutti i sentimenti umani, dai più terribili ai più generosi. Ma il teatro non è un
cammino facile: l'arte trova spesso la sua fonte in una ferita, una mancanza, e non è raro che gli artisti siano
fondamentalmente delle persone in rivolta, esseri umani in ricerca. Credo che mediante l'arte - la pittura, la
scrittura, il cinema... - noi cerchiamo di superare il dolore per far giungere un mondo migliore. La creazione è
come un grido, che rende la bruttezza qualcosa di sublime. Noi non fuggiamo dai drammi di questo mondo, e
così l'arte estirpa il male per liberare la bellezza, per guarire, riconciliare, calmare. Ho conosciuto molto bene
Samuel Beckett e rimango ancor oggi colpito dal suo lavoro: e il primo ad aver risolutamente scelto come eroi
personaggi perdenti, malati, clochard, in un tempo in cui il teatro era popolato di principesse, re e persone
importanti. Tutta questa sofferenza umana viene messa in scena con molto humour e tenerezza: egli è
arrivato a mettere i poveri al centro della sua opera, per parlarci meglio dell'uomo. E, si badi, Beckett non era
credente! Essendo piuttosto timido, come attore mi ritraevo molto, soprattutto per quanto riguarda la fede. E
non andavo a "predicare" il Vangelo sul set di un film: il modo di vivere il mio mestiere deve testimoniare ciò
che conta per me. D'altra parte, il mio padre spirituale mi aveva detto un giorno che, attraverso il mio
mestiere, io mi confidavo con il pubblico in un modo che mai avrei fatto con altri. In nessun modo il cinema o
il teatro mi hanno impedito di credere, anzi, il contrario, anche quando ho impersonato i personaggi più
terribili! Sono stato un curato di campagna, sono stato prete, religioso, cardinale e anche rettore della Grande
Moschea di Parigi o l'arcangelo Gabriele, ma ho interpretato anche ruoli di cattivi, ad esempio in un James
Bond, poi sono stato il diavolo nei Fratelli Karamazov... L'attore non è un "protetto", un uomo fuori dal mondo:
vive immerso nella realtà, si dibatte tra il bene e il male, e vive questa condizione umana attraverso un gioco,
quello del teatro o del cinema. Da carne e sangue ai suoi personaggi, attraversa con loro il meglio e il peggio.
Si tratta di una possibilità inedita di vivere diverse vite. Questo non mi impedisce di trasmettere qualcosa:
sono stato molto felice nei miei diversi ruoli. (...) Arte e fede sono intimamente intrecciate. Per me è qualcosa
di vitale, ma non voglio esagerare: esistono grandi credenti che hanno la fede senza possedere un'anima
d'artista. E non tutti gli artisti sono toccati dalla grazia di credere. Per me, che sono sensibile all'espressione
artistica, l'arte resta una forma di Dio. La bellezza è uno dei nomi di Dio. Ne sono spesso testimone: la
bellezza, l'emozione possono portare alla fede. Ho conosciuto persone che si sono convertite ascoltando
Mozart o Bach. Altri sono entrati nella cattedrale di Chartres e sono caduti in ginocchio. La nostra sensibilità
ci rende permeabili alla dimensione spirituale e la fede può coglierci in risposta a un'emozione, una scoperta,
un incontro. Saremo sempre sorpresi dall'imprevisto di Dio. Tra arte e fede esiste una curiosa alchimia. Gli
artisti celebri sono geni di una fede incredibile! Rembrandt ha dipinto scene bibliche con una sensibilità
sconvolgente, una profondità che solo la sua fede poteva permettergli di avere. Non molto tempo fa ho avuto
la possibilità di restare da solo per lungo tempo in mezzo ad alcune opere di Rembrandt. Un canale televisivo
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mi aveva domandato di commentare l'esposizione organizzata al Museo del Louvre sui volti di Cristo dipinti
dall'artista olandese. I tecnici hanno predisposto i loro strumenti da ripresa, tutto era pronto: ho raccontato
quanto amavo quei dipinti. E poi hanno messo via le loro macchine e sono rimasto da solo, con i quadri. Che
spettacolo! È stato un momento sconvolgente. Rembrandt è stato uno dei primi ad aver osato prendere un
uomo del suo tempo come modello per rappresentare Cristo. Un uomo del XVII secolo ha dato i suoi tratti
perché io possa oggi contemplare il volto di Cristo... Per lungo tempo i pittori hanno ripreso le immagini delle
icone, con un Cristo solitamente biondo, qualcosa di piuttosto raro in Israele! Ci hanno presentato un Cristo
stereotipato, dipinto sempre alla stessa maniera, congelato. Un'immagine molto bella che però non riesce a
rappresentare un Gesù umano, bensì troppo divino. Per me Gesù resta un uomo concreto, in carne e ossa.
Ha voluto essere simile a noi e nulla lo distingue da noi, se non la sua straordinaria presenza. Ma è un uomo
a tutto tondo. Per rappresentarlo, e per far passare la realtà incredibile dell'incarnazione, Rembrandt è andato
nel quartiere ebraico di Amsterdam, ha incontrato un giovane e gli ha chiesto di posare per lui. Il risultato è
magnifico: Rembrandt è arrivato a dare la luce dell'anima nei volti di uomini che ci mostrano Cristo. All'epoca
ci voleva una sacra audacia per fare questo! Anche Caravaggio fa parte di coloro che hanno saputo mostrare
Gesù con una vera forza di carattere, scartando ogni immagine pietosa e disincarnata. Se ho apprezzato i
quadri di Rembrandt, comunque non voglio rendere materiale Gesù. Io non lo vedo come vedo una persona,
per me non ha una consistenza corporea. Gli parlo come ad un amico. E questo amico mantiene una
disponibilità incredibile: gli posso parlare ogni giorno, sempre, quando voglio, quando posso, in ogni istante.
Scatta in me un grazie provocato da un incontro, una luce, una musica... La preghiera per me è come il
respiro. Non penso al fatto di pregare, prego! Non ho bisogno di dirmi: «Ora vado a pregare!»: si tratta di una
disponibilità interiore, una prossimità permanente con Gesù che non viene formulata. Una sorta di stato
intimo costante che non ha niente a che vedere con una preghiera ridotta a un appuntamento fissato in
agenda. «Ho conosciuto bene Samuel Beckett e ammiro che abbia scelto come protagonisti clochard e malati
invece di re e principesse. E si badi bene: non era credente!»
Foto: MONACO
Foto: Michael Lonsdale in una scena del film «Uomini di Dio» di Xavier Beauvois (2010)
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Porto Bagnoli a Venezia Il nuovo film del regista sarà l'evento conclusivodella Settimana della critica Capuano Brutto sporco e magari anche cattivo. Questo è il cinema che piace ad Antonio Capuano. Ed è quello che il
regista napoletano ci farà vedere a Venezia. Il suo nuovo «Bagnoli jungle» è l'evento di chiusura della
Settimana della Critica. Dopo l'anno di Sorrentino e Martone, l'autunno sarà la stagione di Capuano?
«Macché», si schermisce il regista, «mi pongo in un'ottica del tutto diversa dai miei colleghi. Non voglio girare
film fatti bene, per me è oleografia. È cinema vecchio. Non mi piace l'inquadratura perfetta, fa percepire la
presenza dell'artificio». «Bagnoli jungle», prosegue Capuano, «è un film graffiato, imperfetto, come lo era
'Polvere di Napoli', mentre il mio primo 'Vito e gli altri' era più un disegno a carboncino». Fu proprio quella
pellicola, girata con attori non professionisti, che valse a Capuano il premio della Critica a Venezia nel '91.
Dunque a settembre si tratterà di un ritorno ventiquattro anni dopo. Che effetto fa al più «irregolare» dei
registi napoletani? «Non so, mi fa piacere quello che mi hanno detto quando hanno scelto il film, cioè che
sono un eterno debuttante. Per me è proprio così. Ci tengo a non perdere la freschezza e a ricominciare ogni
volta daccapo. Magari dopo lunghi periodi di invisibilità». Anche la gestazione di «Bagnoli jungle» è stata
abbastanza lunga: Capuano si prende il suo tempo per la scrittura che è sempre curatissima. Qualche mese
fa, sul set del film, in un incontro esclusivo col «Corriere», il regista si interrogava sul titolo: «Non è che suona
troppo leggero?». Poi è rimasto invariato e in effetti descrive con efficacia lo stato in cui si trova oggi il
quartiere occidentale di Napoli. La materia narrativa è organizzata attraverso lo sguardo di tre generazioni: il
protagonista più anziano, Antonio Casagrande, è un ex operaio dell'Italsider patito di calcio. Suo figlio, Luigi
Attrice, si arrangia tra furti nelle auto e giri di trattorie. E poi c'è un ragazzo, il garzone di una salumeria,
interpretato da Marco Grieco, che per Capuano fu il piccolo protagonista de «La guerra di Mario». «I tre
personaggi insieme», racconta Capuano, «compongono il finale. C'è una camminata conclusiva dentro
l'Italsider con il padre sulla sedia a rotelle». La cifra stilistica di Capuano, sospesa tra il lirismo di «Vito» e
«Mario» e l'epica di «Luna rossa», non è mai stata nostalgica: è cambiato qualcosa?. «No, infatti nel film c'è il
ragazzo, il suo sguardo, il futuro. Però...». Però? «Però è vero che Bagnoli era un'altra cosa. Oggi è una
landa abbandonata, una steppa. Un tempo qui c'è stato un tessuto sociale fatto di partecipazione, di civiltà, di
speranza nel progresso. È un destino infame». Come lo vorresti? «Il mio sogno per Bagnoli è una selva di
alberi fin sopra il mare. Un parco giardino di quelli che qui a Napoli ce li sogniamo proprio. Noi detestiamo il
verde. Ecco, questa è la mia utopia per Bagnoli, un grande giardino fino alla spiaggia enorme e libera».
Prodotto dalla ee skimo di Dario Formisano (con Gennaro Fasolino e lo stesso regista, in collaborazione con
la Enjoy Movies di Andrea De Liberato), «Bagnoli jungle» conta sulla partecipazione di Angela Pagano e Gea
Martire, e tra i protagonisti ha il grande attore di scuola eduardiana Antonio Casagrande, con Luigi Attrice e il
giovane Marco Grieco. «Casagrande è straordinario», osserva il regista, «certi attori quando invecchiano
sono incredibili... come lui. Alcune scene girate con lui da solo in casa sono secondo me fortissime... poi
vedrete voi». In definitiva, «Bagnoli jungle» è un film politico? «È un lavoro che rappresenta un grande dolore,
la ferita di una città. Fino agli anni Novanta sembrava che Napoli potesse avere un futuro, ora non so. Il mio
film l'ho fatto per protesta o per intuito ma più probabilmente per legittima difesa». Napoli, per Capuano, deve
imparare a difendersi. E lo può fare anche con il cinema. © RIPRODUZIONE RISERVATA
24/07/2015Pag. 17 Ed. Napoli
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 24
Il festival Gran successo per l'Italian Movie Award e i «Vitruviani d'argento» Nove giorni densi di proiezioni,masterclass, incontri e serate di gala Protagonisti Valentina Lodovini, Edoardo Leo e Luca Argentero cartiera da cinema al centro commerciale gli attori nazionali in fila per un riconoscimento Il cinema è di casa alla Cartiera. E anche quest'anno si è concluso in positivo il bilancio dell'Italian Movie
Award, il festival ideato e diretto dal regista Carlo Fumo, che dal 4 al 12 luglio è stato ospitato nel centro
commerciale: tanti gli artisti premiati e gli ospiti prestigiosi che hanno calcato il palco della manifestazione;
inoltre la MasterClass gratuita ha dato la possibilità a 100 persone (dai 15 ai 45 anni) di seguire lezioni con
docenti rappresentati da personaggi di spicco del mondo del cinema: tutti i ragazzi hanno ricevuto l'attestato
del corso formativo gratuito. Quest'anno il festival cinematografico, presentato da Luca Abete, è stato
dedicato al tema dell'alimentazione e agli stili di vita, in linea con il tema dell'Expo 2015 (che ha patrocinato
moralmente l'Italian Movie Award). Per il direttore del centro commerciale La Cartiera, Piergiorgio Cesaro,
«Questo è stato l'anno della consacrazione del festival». L'anima del festival è stata la Short Social
Competition, il concorso di cortometraggi che, quest'anno, ha portato sul grande schermo dell'anfiteatro il
tema del cibo. Delle opere pervenute, dopo un'attenta analisi affidata ad una giuria del settore
cinematografico italiano, ne sono state scelte sei. Alla fine l'ha spuntata il corto «El Hombre Mas Famoso del
Mundo» di Rubèn Barbosa (Spagna, 12 min.). L'Italian Movie Award si è aperto il 4 luglio: la prima attrice ad
essere premiata con il «Vitruviano d'argento» è stata Valentina Lodovini per il film «Ma che bella sorpresa»
(di Alessandro Genovesi). La Lodovini, rispondendo ad una domanda del pubblico, si riferisce al cinema
come a un mezzo che, «quando denuncia, può risvegliare le coscienze». Ricca la seconda serata dell'Italian
Movie Award, con ben tre ospiti a calcare il red carpet del centro La Cartiera. Il primo a fare il suo ingresso al
festival è l'attore Giovanni Esposito, poi il make-up designer Vittorio Sodano e, infine, l'attesissima e
amatissima Serena Rossi. Con un abito colorato, un sorriso unico e una verve napoletana, Serena ha
affascinato il pubblico per l'umile semplicità e la vivacità caratteriale, raccontando delle sue esperienze come
attrice, cantante e doppiatrice. Nel corso dell'intervista, il pubblico ha rivisto in Serena Rossi quella bambina
che, a 5 anni, saltava davanti la telecamera annunciando il matrimonio di suo zio. Una bambina un po'
cresciuta a cui i suoi fan augurano di restare sempre così semplice. Un'altra dote dell'attrice è la sua forza
incredibile, che riesce a comunicare a chi le sta intorno. La brillante attrice partenopea ha ricevuto, infatti, il
«Vitruviano d'argento» per il film «Song 'e Napule» e per la sua poliedricità, dote rara nel mondo dello
spettacolo. Il 10 luglio altri due personaggi di spicco del cinema italiano sono arrivati sulla scena dell'Italian
Movie Award. Accompagnati dai centinaia di flash, Luca Argentero ed Edoardo Leo, hanno percorso il red
carpet con Carlo Fumo e, poi, sono saliti sul palco per essere intervistati nel salotto culturale del festival che,
tra curiosità e dichiarazioni, affascina il pubblico dell'Italian Movie Award, avvicinandolo sempre più al cinema
di qualità. A Luca Argentero ed Edoardo Leo, come ricorda Carlo Fumo, è stato consegnato il «Vitruviano
d'Argento» per «Noi e La Giulia», terzo film di Leo che ai Nastri d'Argento ha vinto il premio come miglior
commedia e Claudio Amendola quello di miglior attore non protagonista. Ad Leo è andato anche il Ciak
d'Oro, come regista rivelazione dell'anno. L'ospite più attesa della serata di sabato 11 luglio è stata senza
dubbio Giulia Michelini, un'attrice conosciuta al grande pubblico per il ruolo di Rosy Abate nella serie tv di
successo «Squadra Antimafia - Palermo Oggi». Dal suo esordio in «Ricordati di me» di Gabriele Muccino, il
successo dell'attrice romana è cresciuto sempre più. I tantissimi fan hanno riempito tutto l'anfiteatro del centro
commerciale per strappare una foto all'attrice romana. L'intervista ha mostrato una Michelini totalmente
diversa dal personaggio temuto di Rosy Abate. L'attore Marco D'Amore e il regista Edoardo de Angelis, sono
stati gli ultimi ospiti, domenica 12 luglio, ad essere intervistati dall'inviato napoletano di «Striscia la Notizia»
Luca Abete e da Fumo nel salotto culturale del festival cinematografico. Il film «Perez.», premiato con il Globo
d'Oro a Luca Zingaretti, come miglior attore, è il progetto di De Angelis in cui ha voluto l'attore Marco D'Amore
(star della serie tv «Gomorra»), nei panni di Corvino. «Marco - ha avuto modo di dire il regista partenopeo -
24/07/2015Pag. 20 Ed. Napoli
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 25
racchiude le caratteristiche di un cavallo da lavoro e un cavallo di razza, è l'attore ideale col quale si possa
desiderare di lavorare». L'appuntamento con l'Italian Movie Award è al 2016 con tanti altri ospiti e molte
novità. © RIPRODUZIONE RISERVATA
24/07/2015Pag. 20 Ed. Napoli
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ANICA - CINEMA - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 26
Buon compleanno, Massimo Boldi L'attore festeggia i 70 anni con un nuovo cinepanettone Massimo Boldi, o meglio "Cipollino" festeggia i suoi primi 70 anni. L'attore per l'occasione, annuncia l'arrivo di
un nuovo cinepanettone per il prossimo Natale. Boldi, da sempre una delle macchiette comiche italiane più
amate e portatrice sana della comicità milanese, all'alba dei 70 anni rilancia la sua candidatura ancora una
volta, dopo 60 film e numerosi show in tv. Il nuovo cinepanettone s'intitolerà "Matrimonio al Sud" ed arriverà
nelle sale cinematografiche italiane nel mese di novembre, come da tradizione degli ultimi anni. Al centro lo
scontro fra Nord e Sud d'Italia, tra due famiglie agli antipodi. Nato a Luino, in provincia di Varese, il 23 luglio
1945, Massimo Boldi si affaccia al mondo dello spettacolo come batterista. Ma è con il cabaret che comincia
a creare i suoi personaggi, rivelando la sua vena comica. I suoi primi passi sono da ricercare soprattutto sul
palco del Derby Club di Milano che annoverava tra i suoi artisti personaggi come Enzo Jannacci, Cochi e
Renato, Giorgio Gaber e anche epigoni del cantautorato ligure come Bruno Lauzi, Umberto Bindi e Gino
Paoli. Tra i sodalizi di inizio carriera, quello con Teo Teocoli, nato proprio al Derby Club e proseguito in
televisione. Canzonissima, dove a essere protagonista sarà uno dei suoi personaggi più celebri di Boldi Mario
Vigorone, A tutto Gag, Fantastico, fino alla conduzione di Striscia la notizia, Scherzi a parte e La sai l'ultima?:
sono solo alcuni dei programmi storici della televisione italiana che lo hanno visto fra i protagonisti. Come non
citare poi il personaggio di Cipollino, interpretato nella prima edizione della mitica trasmissione Drive In. Oltre
alla lunghissima serie di film cinepanettoni con Cristian De Sica. Nella carriera di Boldi anche una fiction,
ricordiamo il personaggio di Lorenzo Fumagalli nella serie televisiva: "Un ciclone in famiglia".Auguri Cipollino
per i primi 70 anni e per i prossimi cine-panettoni. El. Ma.
24/07/2015Pag. 12 Il Giornale d'Italia
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ANICA - TELEVISIONE
6 articoli
Antitrust Inchiesta Ue su Sky Uk e i big del cinema Usa Beda Romano AP u pagina 24 L'antitrust Ue ha avviato un'indagine formale su Sky Uke sei «major» di film Usa (tra cui
Disney, Paramount, Sony, Twentieth Century Foxe Warner) perché ritiene che abbiano fatto accordi per
impedire ai consumatori europei abbonati Sky di fruire altrove in Europa, sia online che via satellite, dei
servizi disponibili in Gran Bretagnae Irlanda. Agli occhi della Commissione, le clausole di «esclusività
territoriale assoluta» limitano la libera concorrenza in Europae creano confini nazionali nel mercato interno
europeo. BRUXELLES. Dal nostro corrispondente pLa Commissione europea ha inviato ieri a Sky UK e a sei
società cinematografiche una lettera di obiezioni, rimproverando alle aziende di violare le regole della libera
concorrenza in Europa. Secondo l'esecutivo comunitario, le majors Disney, NBC Universal, Paramount
Pictures, Sony, Twentieth Century Fox e Warner Bros. avrebbero chiesto e ottenuto da Sky UK di ostacolare
l'accesso ai suoi programmi (e quindi dei loro film) ai non residenti nel Regno Unito e in Irlanda. «I
consumatori europei vogliono poter guardare le reti televisive a pagamento liberamente, indipendentemente
da dove risiedono e da dove viaggiano nell'Unione - ha spiegato ieri in un comunicato Margrethe Vestager, la
commissaria alla concorrenza . La nostra indagine mostra che ciò non è possibile attualmente, poiché gli
accordi di licenza tra i grandi studi cinematografici e Sky UK non permettono ai consumatori di altri paesi
europei di accedere ai servizi di paytv britannica o irlandese». La signora Vestager lascia intendere che
questa situazione non rispetta le regole sulla libera concorrenza nei 28 paesi dell'Unione. Gli ostacoli
all'accesso riguardano sia la televisione online che via satellite. Alla lettera di obiezioni, le società devono
rispondere per iscritto. L'iniziativa della Commis sione non è completamente nuova. Altre società del settore
come Canal + in Francia, Sky Italia, Sky Deutschland e DTS in Spagna sono anch'esse sotto indagini. Agli
occhi della Commissione europea, le clausole di «esclusività territoriale assoluta» limitano la libera
concorrenza in Europa e creano confini nazionali nel mercato interno europeo. L'indagine comunitaria,
scattata sulla base di una sentenza della Corte europea di Giustizia del 2011 relativa alle restrizioni territoriali
ai programmi televisivi, giunge dopo che Bruxelles ha deciso di aprire inchieste in vari campi nel grande
mercato digitale. Google è tra le grandi società prese di mira. La digitalizzazione dell'economia crea nuove
sfide nell'applicazione delle regole antitrust, in Europa come in altre regioni del mondo. Sky UK ha spiegato
che stava studiando la lettera di obiezioni della Commissione, per decidere il daffarsi. Oltre a una risposta
scritta le società coinvolte possono anche chiedere di essere ascoltate. Finita l'indagine, l'esecutivo
comunitario potrebbe decidere di chiedere alle società coinvolte di modificare i loro contratti.
24/07/2015Pag. 21
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 29
LIMITI AI SERVIZI TV Indagine Ue su Sky Uk e sui giganti di Hollywood M.ZAT. CORRISPONDENTE DA BRUXELLES L'Europa va alla guerra contro gli Studios cinematografici americani,
accusati di limitare i diritti e le serate dei suoi cittadini. La Commissione Ue ha annunciato una «lettera di
obiezioni», primo passo di una procedura di infrazione, a Sky Regno Unito e a un gruppo di protagonisti del
business del cinema,Walt Disney, NbcUniversal, Paramount Pictures, Sony, 20th Century Fox e Warner
Bros. Bruxelles ritiene, a titolo preliminare, che i gruppi in questione si siano intesi - su base bilaterale e
contrattuale - per imporre il «geoblocking». Cioè per impedire a Sky Uk di permettere ai clienti britannici e
irlandesi di accedere ai servizi di pay tv quando sono fuori dal territorio nazionale. La responsabile della
concorrenza Margrethe Vestager ritiene che Sky avrebbe tutto il diritto di aprire i propri canali. Invece no. Ed
è un male frequente, tanto che l'esecutivoUe ha scritto in maggio una comunicazione che punta a eliminare il
«geoblocking ». Sarà un processo lungo, le resistenze sono forti. Sono già sotto esame casi analoghi per
Canal Plus (Francia), Sky Italia, Sky Deutschland e Dts (Spagna). Per gli Studios di Hollywood, qualora le
imputazioni fossero confermate, si potrebbe arrivare ad una sanzione sino al 10% del fatturato. [M.ZAT.]
24/07/2015Pag. 14
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 30
Partita complicata Bruxelles contro i limiti nazionali sui diritti tv COPYRIGHT Cinema, l ' Antitrust europeo indaga su Sky Uk e produttori Usa Il principio " I consumatori vogliono vedere i canali senza che questo dipenda da dove vivono o viaggiano " » CARLO TECCE Margrethe Vestager, politica danese di un partito di sinistra, commissario Ue alla Concorrenza, ha recapitato
un messaggio che un po ' (non troppo) deve inquietare l ' equilibrio economico del mercato del cinema
mondiale. L ' A NT I T R U ST di Bruxelles ha aperto un ' i n da g ine formale che coinvolge Sky Gran
Bretagna (da un anno inglobata in Sky Europa) e sei case produttrici americane (Sony, Disney, Warner Bros,
Nbc Univ e r s a l , P a r amount Pictures, Twentieth Century Fox). Vestager contesta i blocchi nazionali sui
diritti: " I consumatori europei vogliono vedere i canali a pagamento di loro scelta, senza dipendere da dove
vivono o viaggiano nel continente. La nostra inchiesta mostra che non possono, perché gli accordi di licenza
tra gli studi cinematografici e Sky Gran Bretagna non consentono di accendere a questi servizi se si trovano
in altri stati. Crediamo che questo possa violare le regole europee " . Cosa vuol dire: un italiano non può
diventare cliente di Sky Gran Bretagna e non può usufruire dell ' offerta che Sky Gran Bretagna farcisce con i
contratti con Warner Bros&C. Vestager invoca un principio di non agevole applicazione, ma che potrebbe
tramutarsi in realtà se davvero l ' Europa fosse considerata un mercato unico. Allora il telespettatore
portoghese potrebbe guardare la tv italiana, e viceversa, e così per i cittadini dei 28 paesi membri. A quel
punto, la vendita per i diritti tv (chissà, un giorno, anche sportivi) potrebbe valicare i confini nazionali e, pare
questa l ' intenzione dell ' Anti trust, migliorare la condizione del consumatore. In passato, attraverso un '
indagine conoscitiva, l ' Antitrust di Bruxelles s ' è espressa con lo stesso timore sugli accordi di licenza tra
questi gruppi e le emittenti a pagamento Canal Plus, Television Digitale (Dts), Sky Deutschland e Sky Italia.
Per il momento, il commissario ha inviato una lettera di " obiezioni " , siamo ancora lontani da sanzioni, ma il
gesto ha una valenza per il futuro. VESTAGER sfida il sistema Hollywood e alimenta, soprattutto, il tema mai
ben definito del co p y r i g h t nazionale nei singoli paesi d ' Europa. Bruxelles spinge per una strategia
comune, o almeno più armoniosa. E mentre l ' Antitrust si concentra sul rapporto tra tv a pagamento e i
colossi americani, Netflix in autunno debutta in Italia, Spagna e Portogallo. La multinazionale, che conta oltre
62 milioni di clienti, stravolge il modello fin qui conosciuto. E fa concorrenza proprio a chi - come Sky Europa -
è accusato dal commissario per la Concorrenza.
Foto: D uel l i Rupert Murdoch e la commissaria Ue Margrethe Vestager Ansa
24/07/2015Pag. 6 tiratura:100000
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 31
Incriminati gli accordi di esclusiva territoriale sui fi lm con 6 major. Italia sotto la lente Sky Uk, accuse dall'Antitrust Ue La pay tv inaccessibile ai cittadini negli altri paesi europei ANDREA SECCHI Gli accordi fra Sky Uk e le major americane del cinema ledono le norme sulla concorrenza dell'Ue: prevedono
un'«esclusiva territoriale assoluta» sui film e questo mantiene dei muri laddove non dovrebbero ormai
esistere, impedendo ai cittadini europei di scegliere una pay tv anche se non abitano nel paese in cui questa
opera commercialmente. È l'accusa formale fatta dalla Commissione europea a Sky Uk e a sei studios Usa:
Disney, NbcUniversal, Paramount Pictures, Sony, 20th Century Fox e Warner Bros. Formalmente è stato
inviato loro uno statement of objections, una comunicazione degli addebiti decisa dopo un anno e mezzo di
indagini. Come specifi ca sempre l'Ue in questi casi, però, l'esito fi nale della procedura è tutto da stabilire e
d'ora in poi sarà il tempo delle repliche da parte degli accusati. Sky Uk non è l'unico broadcaster europeo
sotto la lente della commissaria Antitrust Margrethe Vestager, perché gli stessi accordi sono alla base della
cessione dei diritti dei fi lm per tutti, compresa Sky Italia. Per questo, anche se non è stata aperta una
procedura formale, la lente della commissione è comunque puntata sulla pay tv italiana, così come sulla
francese Canal Plus, su Sky Deutschland in Germania e sulla spagnola Dts. In sostanza, le major cedono i
diritti dei loro fi lm separatamente per ciascun paese (o per un gruppo di paesi con uguale lingua), riuscendo
in questo modo a massimizzare i propri ricavi. Parallelamente i broadcaster godono di un'esclusiva territoriale
assoluta ma devono impedire l'accesso alla propria pay tv ai clienti che non si trovano nel paese in cui
operano e per cui hanno i diritti. Lo fanno con la pratica del geo-blocking per la tv online o impedendo che le
proprie carte per il decoder satellitare siano vendute all'estero. Questo, sottolinea la commissione, vincola
Sky Uk a non accettare anche clienti «non sollecitati», provenienti da paesi in cui non ci sono pubblicità né
promozioni della pay tv. Da una parte, quindi, i cittadini europei non possono godere di un mercato unico
nella televisione a pagamento, dall'altra si ergono delle barriere alla competizione fra broadcaster, violando
l'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. «I consumatori europei vogliono guardare i
canali della pay tv che scelgono indipendentemente da dove vivono o lavorano in Europa», ha detto
Vestager. «La nostra indagine mostra che non possono farlo oggi, anche perché gli accordi di licenza fra le
major e Sky Uk non permettono ai consumatori di accedere a Sky Uk e ai servizi di pay tv irlandese via
satellite o online». Il caso, comunque, non sarà di facile soluzione. Anche perché la stessa commissaria
ammette che gli operatori televisivi devono tener conto nella vendita in altri paesi delle differenze in termini di
legislazione sul diritto d'autore, per questo la Commissione proporrà di modernizzare la normativa europea
nel campo così come la direttiva sulla tv via satellite e via cavo. Basti pensare che la questione dell'accesso
alle pay tv senza barriere risale al 2011, quando la Corte di giustizia europea ha dato ragione alla proprietaria
di un pub inglese, Karen Murphy, che per far guardare la Premier League ai suoi clienti si era comprato un
abbonamento a una pay tv greca, spendendo 800 sterline all'anno anziché le 7.200 richieste in Uk per
l'abbonamento commerciale. © Riproduzione riservata
Foto: Margrethe Vestager
24/07/2015Pag. 5
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 32
Sky Uk e le major Usa nel mirino dell'Antitrust Ue L'antitrust europea ha avviato un'indagine formale nei confronti di Sky Uk (che fa parte del polo Sky Europe
assieme alle altre pay tv di Rupert Murdoch in Germania e Italia) e sei major cinematografiche Usa (tra cui
Disney, Paramount, Sony, Twentieth Century Fox e Warner) perché ritiene che abbiano stretto accordi per
impedire ai consumatori Ue abbonati Sky di fruire altrove in Europa, sia online che via satellite, dei servizi
disponibili in Gran Bretagna e Irlanda. «I consumatori europei vogliono vedere i loro canali di pay-tv
indipendentemente da dove vivono o viaggiano in Europa. La nostra indagine mostra che oggi non possono
farlo, anche perché gli accordi di licenza tra le major del cinema e Sky Uk non consentono ai consumatori in
altri Stati Ue di accedere ai servizi di Sky Uk e Irlanda, via satellite oppure online», ha detto la commissaria
alla Concorrenza, Margrethe Vestager, convinta che ciò sia «una violazione delle regole Ue sulla
concorrenza». Le grandi major Usa negoziano licenze per contenuti audiovideo, come i film, con ogni singola
pay-tv in ogni Stato membro (o più Stati Ue che hanno la stessa lingua). L'indagine della Commissione,
aperta da gennaio 2014, ha identificato clausole negli accordi di licenza tra sei major e Sky Uk che richiedono
a Sky di bloccare l'accesso ai film dal suo servizio di pay-tv online (il cosiddetto geo-blocking) e da quello via
satellite ai consumatori fuori dal suo territorio nazionale (Gran Bretagna e Irlanda). C'è poi un'altra clausola
che chiede alle case di produzione di film, quando negoziano licenze con altri broadcaster diversi da Sky Uk,
di assicurare che essi non forniscano i loro servizi in Gran Bretagna. Il risultato di tutto ciò, scrive la
Commissione europea, è che «queste clausole garantiscono l'assoluta esclusività territoriale a Sky Uk e/o
altri broadcaster, eliminando la concorrenza tra tv e ripartendo il mercato interno tra i confini nazionali». La
Commissione aveva già sollevato dubbi sugli accordi tra i film studios e altri broadcaster europei come il
francese Canal Plus, Sky Italia, Sky Deutschland; l'indagine in questi Stati membri è ancora in corso.
L'indagine in Gran Bretagna invece arriva al suo primo passo formale: l'antitrust Ue ha inviato uno statement
of objection a tutte le parti interessate, dove formalizza le sue accuse. Le parti ora possono rispondere e
difendersi e solo dopo aver esaminato la loro posizione la Commissione prenderà una decisione sul prossimo
passo, che può arrivare anche alla multa.
Foto: Rupert Murdoch
24/07/2015Pag. 13
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 33
R2 SPETTACOLI / Parla il regista, che da "Romanzo criminale " a "Gomorra" rappresenta la realtà, senzasconti. A ottobre uscirà il film "Suburra" su Mafia Capitale Sollima "A rassicurarvi ci pensi lo Stato io faccio cinema e raccontostorie" SILVIA FUMAROLA ©RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA DIFFICILE non essere rapito dal cinema se da ragazzino seguivi tuo
padre sui set del Corsaro nero e di Sandokan. Stefano Sollima a 49 anni conserva lo stesso entusiasmo
infantile ma il suo sguardo sul mondo è lucido, nero, spietato.
Con Romanzo criminale, A.C.A.B.-All cops are bastards, Gomorra e Suburra, il film più atteso della stagione
dal libro di Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo che anticipa Mafia capitale - uscirà nelle sale il 15 ottobre
distribuito da 01 - ha raccontato l'Italia.
«Non devo essere io a rassicurare il pubblico, dev'essere lo Stato» spiega il regista, alto, asciutto, la faccia
da attore «quella sullo schermo è solo la rappresentazione della realtà, la cosa terribile è quando succede
davvero: è quello che deve farci indignare».
Oggi è uno dei registi più richiesti, non ha frequentato scuole di cinema, è cresciuto sui set; sogna l'America
e l'America pensa a lui: «Ho due agenti a Los Angeles, vediamo che succederà».
Stefano, suo padre Sergio Sollima, scomparso da poco, quanto l'ha influenzata? «Ho avuto il privilegio di
crescere nel mondo del cinema, tutte le emozioni le porto con me. Da padre capisco molto meglio la
relazione con Sergio, ho smesso di essere figlio: sapere che ero riuscito a fare questo mestiere lo inorgogliva.
Mi mandava i messaggi: "Parlano più di te che di me"».
Lei non ha frequentato una scuola di cinema.
«Sono cresciuto sui set, uno sguardo intimo sul mondo che non può che intrigarti: vedi i grandi che giocano,
solo che lo fanno in maniera elaborata. Poi nel genere che faceva Sergio era insita l'avventura, i cavalli, i
duelli: come facevi a non rimanere catturato? Mi ricordo quando, ho iniziato a capire che preparavano una
scena girandola da diverse angolazioni. Parlavano parlavano e sembrava non succedesse nulla. Poi, magia,
era tutto chiaro».
Chi è stata la prima persona che le ha dato fiducia? «A livello di produzione, i primi corti me li sono prodotti
da solo, quindi direi io. Poi la Grundy ho fatto Un posto al sole e La squadra, ho imparato molto di più con le
serie lunghe che girando gli spot pubblicitari. Oggi se sono quello che sono lo devo a Riccardo Tozzi di
Cattleya, mi ha dato il supporto e l'esperienza, la sua fiducia, mi ha messo a disposizione mezzi importanti.
Sono le condizioni in cui puoi esprimere il tuo talento. Il mio punto di riferimento è lui».
È un appassionato del cinema di genere: registi preferiti? «Michael Mann ( La sfida) eWilliam Friedkin (
L'ersorcista ). Nel "genere" c'è tutto».
Ha appena finito di girare i due episodi di "Gomorra 2", che pensa delle polemiche sulla rappresentazione del
male? «Mi piace raccontare quello che siamo veramente non quello che vogliamo essere o apparire. Questo
trova riscontro nel pubblico perché il racconto è estremamente onesto, non si nasconde dietro a falsi
moralismi. Come spiega bene Saviano, gli uomini della camorra sono anche buoni padri di famiglia, mariti
affettuosi ma hanno un senso morale deviato. Sono molto più simili a noi di quanto immaginiamo. Il mondo è
molto più contraddittorio, sfumato, doloroso di quello che vorremmo ma è anche bello per questo». Non crede
nel ruolo pedagogico di fiction e cinema? «Perché ti devo rassicurare io? È lo Stato che ti deve rassicurare,
non è dando una visione ammorbidita delle cose che vai a dormire tranquillo. Se la speranza non c'è è giusto
dirlo. Da spettatore non sopporto che il regista mi prenda per mano per condurmi sulla sua strada morale,
preferisco farmela da solo».
"Suburra" è una fotografia di Mafia capitale. Che impressione le fa? « Suburra risponde a una domanda:
dopo Romanzo criminale Roma oggi com'è? Non mi sorprende che il film si sia sovrapposto con l'indagine
della magistratura e le inchieste giornalistiche, quando indaghi sui meccanismi, ti trovi a stare parallelo alla
24/07/2015Pag. 44
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ANICA - TELEVISIONE - Rassegna Stampa 24/07/2015 - 24/07/2015 34
realtà. Un giorno stavamo girando nell'area di servizio di un benzinaio e ci siamo fatti qualche domanda». Il
"mondo di mezzo" lo stavate filmando.
«Ma il nostro non è un instant movie, il libro è uscito prima.
È compito degli artisti intercettare le cose nell'aria e avere il coraggio di raccontarle in uno spettacolo di
intrattenimento bello da vedere».
Roma si può salvare? «È immutata e immutabile, oggi Roma è sporca, abbandonata a se stessa, vittima
dell'incuria e del degrado. Noi romani siamo cinici e buoni ma diciamo la verità, questa città non è più una
capitale di livello, è una grande città del terzo mondo».
Ha sempre lavorato per Sky: le interesserebbe fare qualcosa per la Rai? «Per il genere che pratico la cable
tv è più aggressiva, ha una linea editoriale più spinta, non dico più libera. La generalista si rivolge a un
pubblico più ampio, il tipo di storie che piacciono a me hanno una caratteristica disturbante non sono
pacificanti».
Di "Gomorra" è stata annunciata la terza serie: la girerà? «Non credo. Non vorrei continuare all'infinito, anche
per Romanzo criminale è stato così. Gomorra 2 a pprofondisce il racconto psicologico dei protagonisti.
Esaurita la sorpresa della prima serie adesso ti godi i personaggi, le sfumature di quel mondo complesso».
Il suo mondo, a parte ruoli di contorno, è sempre fatto di uomini, è un po' misogino? «Scherza? Le donne
sono esseri superiori. Forse racconto quello che conosco umanamente meglio, perché da ragazzino sono
cresciuto in collegio, convivevo con i miei coetanei, mi è rimasto il piacere di raccontare gli amici maschi. Ma
con Gomorra e Suburra ho fatto un passo avanti, ci sono donne eccezionali».
SET
Sono cresciuto sui set con mio padre Sergio Un mondo meravigliosoMORALE
Da spettatore non amo che il regista mi indichi la via moraleMASCHI
"Ho studiato in collegio racconto meglio l'amicizia maschile SUL SET Stefano Sollima, 49 anni, sul set. Il
15 ottobre uscirà "Suburra", il nuovo film dal libro di Bonini e De Cataldo. Nel cast Claudio Amendola e
Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Greta Scarano, Alessandro Borghi, Giulia Elettra Gorietti
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ANICA WEB - ANICA WEB
1 articolo
Film 4 Life presenta Rallenty pagerank: 4 FILM 4 LIFE NIGHT: LANCIO DI RALLENTY E MAD ROCKET ENTERTAINMENT
F4NIGHT12Per celebrare al meglio l'estate mercoledì 22 Luglio 2015 presso la Sala Cinema Anica di Roma,
FILM 4 LIFE, ha organizzato una serata tesa a promuovere il cinema italiano, un evento speciale che
racchiude una selezioni di lavori di qualità prodotti nella prima parte dell'anno.
A partire dal teaser dell'horror psicologico In the Trap, ideato da Mad Rocket Entertainment, storia di Filipp,
giovane intrappolato in casa da due anni a causa di un forza malvagia ultraterrena, a cui è seguito il promo di
Subiaco, una storia da raccontare, meraviglioso affresco della città sull'Aniene.
Privilegiando sempre le tematiche sociali, durante la serata è stato proiettato anche il teaser video de Il Male
Invisibile, campagna di sensibilizzazione sull'endometriosi, malattia che colpisce circa tre milioni di donne in
Italia. Una docufiction che ha bisogno di sostegno e che Film 4 Life promuove!
Infine il momento più atteso, la proiezione privata di #RALLENTY, il primo cortometraggio prodotto
interamente da Film 4 Life, una storia contemporanea sulle scelte di vita, quelle facili e quelle meno scontate.
Diretto Francesco Madeo, scritto e prodotto da Simone Bracci, Rallenty si avvale di un cast composto dal
protagonista Manuel Ricco, insieme a Nicole Pyrathon, Giuseppe Pestillo, Lucia Mancini e all'amichevole
partecipazione di Alessandro Rossi.
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CASALE GIGLIO3
23/07/2015 18:02Sito Web filmforlife.org
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