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Rassegna giurisprudenziale sulle procedure ad evidenza pubblica (2012 – 2013) a cura di Francesco Armenante 1

Rassegna giurisprudenziale - Unione dei comuni della … · Web viewMINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - CIRCOLARE 30 ottobre 2012, n. 4536 (in G.U. n. 265 del 13 novembre

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Rassegna giurisprudenziale

sulle procedure ad evidenza pubblica

(2012 – 2013)

a cura di Francesco Armenante

1

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TAR SICILIA – PALERMO, SEZ. I - sentenza 2 febbraio 2012 n. 277

Sull’illegittimità di un provvedimento con il quale la P.A., dopo l’aggiudicazione provvisoria, ha interrotto - rectius: ha sospeso sine die - le operazioni della gara

E’ illegittimo il provvedimento - adottato successivamente all’aggiudicazione provvisoria - con il quale la stazione appaltante si è determinata nel senso di interrompere una procedura selettiva per l'affidamento di un incarico professionale, di non adottare gli atti consequenziali agli esiti di gara, di non affidare l'incarico, che sia motivato con riferimento al fatto che, in relazione alla medesima gara, si è determinato un elevato tasso di contenzioso fondato su argomentazioni che, secondo l’avviso della medesima P.A., "sono meritevoli di attenzione e comprensione". In tal caso, infatti, essendo già avvenuta l’aggiudicazione provvisoria, l’Amministrazione, in considerazione della tutela del legittimo affidamento della ditta vittoriosa, non può limitarsi ad interrompere le operazioni di gara, ma deve verificare se i dubbi sulla legittimità della gara stesso siano, secondo la propria valutazione, fondati o meno, adottando le determinazioni consequenziali (prosecuzione della procedura o annullamento in autotutela).

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CONSIGLIO DI STATO SEZ. III - sentenza 16 febbraio 2012 n. 833

Sulla legittimità della revoca intervenuta dopo l’aggiudicazione provvisoria e anche senza la previsione dell’indennizzo

1. Deve qualificarsi più propriamente come un vero e proprio atto di revoca un provvedimento (denominato della P.A. appaltante come atto di "annullamento di ufficio") con il quale sono stati ritirati, per ragioni di interesse pubblico, tutti gli atti di una gara a procedura ristretta per la fornitura dei servizi che era stata provvisoriamente aggiudicata, nel caso in cui l’atto di "annullamento" non risulti determinato da vizi di legittimità della procedura, ma sia stato adottato per ragioni di opportunità, facendo applicazione dei poteri disciplinati dall’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

2. Ai sensi dell’ dall’art. 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, tre sono i presupposti che, in via alternativa, possono legittimare l'adozione di un provvedimento di revoca da parte dell'Autorità competente: sopravvenuti motivi di pubblico interesse; il mutamento della situazione di fatto; una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario. L’ordinamento ammette infatti la revoca di provvedimenti amministrativi diventati inopportuni in base a nuove circostanze sopravvenute ed anche per una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.

3. E’ irrilevante, ai fini della sua legittimità, la circostanza che l’Amministrazione nell’atto di revoca non abbia indicato anche l’ammontare dell’indennizzo da liquidare alla parte, così come previsto dai commi 1, 1 bis e 1 ter dell’art. 21 quinquies della legge n. 241 del 1990, atteso che l’eventuale mancata previsione dell’indennizzo non ha efficacia viziante dell’atto di revoca, ma legittima solo il privato ad azionare la relativa pretesa patrimoniale, anche davanti al giudice amministrativo.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 8 marzo 2012 n. 1321

Sulla legittimità della revoca dell’aggiudicazione disposta perché la ditta interessata ha omesso di produrre la documentazione, nel termine di 10 giorni previsto dall’art. 48

E’ legittima la revoca dell’aggiudicazione provvisoria che sia motivata con riferimento al fatto che la aggiudicataria provvisoria, nonostante sia stata formalmente invitata dalla stazione

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appaltante, ha omesso di produrre, nel termine di dieci giorni previsto dall’art. 48, d.lgs. n. 163 del 2006, la documentazione prescritta dalla lex specialis di gara, presentandola soltanto con quattordici giorni di ritardo rispetto al termine assegnato; infatti, in forza di quanto previsto dal comma 2° della citata disposizione, il predetto termine di dieci giorni, da una parte, si riferisce anche all’aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi tra i concorrenti sorteggiati, prevedendo le medesime conseguenze in caso di inottemperanza, e, dall’altra, ha natura perentoria, con la conseguenza che, nel caso di inosservanza e di mancata conferma delle dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, deve disporsi l'esclusione del concorrente dalla gara. La perentorietà del termine era stata specificamente ribadita all’impresa vittoriosa mediante la nota con la quale, nel comunicarle l’aggiudicazione provvisoria, l’Amministrazione aveva chiesto il deposito della documentazione rilevante entro dieci giorni, richiamando l’art. 48, comma 2, e le sanzioni previste in caso di inadempienza.

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TAR SICILIA - PALERMO SEZ. I - sentenza 11 maggio 2012 n. 958

Sulla illegittimità della revoca dell’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante dopo la formazione del vincolo contrattuale e l’inizio dell’esecuzione dell’appalto.

È illegittima la revoca dell’aggiudicazione di una gara di appalto di forniture, motivata con riferimento al fatto che i prodotti offerti dall’aggiudicatario sono inidonei a soddisfare le effettive esigenze della stazione appaltante, nel caso in cui, a seguito di espressa richiesta in tal senso della stazione appaltante, la ditta aggiudicataria, da una parte, abbia tempestivamente trasmesso, a mezzo fax, la delibera, debitamente sottoscritta per integrale accettazione, con la quale la P.A. ha comunicato l’avvenuta aggiudicazione, chiedendo, altresì, l’esecuzione urgente del contratto, e, per altro verso, abbia dato, altrettanto tempestivamente, concreto inizio alla fornitura; in tal caso, infatti, il vincolo negoziale tra i contraenti deve ritenersi formalmente costituito e/o il contratto definitivamente concluso, alla stregua dello schema classico di formazione del contratto, basato sullo scambio di proposta ed accettazione (art. 1326), ovvero sull’inizio della esecuzione, a seguito di espressa richiesta in tal senso del proponente (art. 1327 c.c.); con la conseguenza, in tale ipotesi, la revoca della aggiudicazione, va qualificata come risoluzione del contratto di appalto.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 15 maggio 2012 n. 2805.

Sulla revoca degli atti di gara facendo generico riferimento all’eccessiva onerosità dell’offerta ed alle difficoltà finanziarie della stazione appaltante.

1. In materia di contratti della P.A., è possibile non procedere alla aggiudicazione (definitiva o provvisoria) di una gara, ma tale potere deve trovare fondamento, in via generale, in specifiche ragioni di pubblico interesse. Occorre quindi che nell’atto dell’Amministrazione siano chiaramente indicate (e non risultino manifestamente irragionevoli) le ragioni di pubblico interesse (attuale e concreto) che hanno determinato l’adozione dell’atto di autotutela e che tali ragioni siano prevalenti rispetto agli altri interessi militanti in favore della conservazione degli atti oggetto della revoca.

2. Anche in materia di contratti della P.A., l'esercizio dell'autotutela richiede il previo avviso di avvio del procedimento, perché l'interessato deve essere messo in condizione di argomentare, in contraddittorio con l'Amministrazione, sulla insussistenza di un prevalente interesse alla rimozione dell'atto ritenuto illegittimo o inopportuno.

3. E’ illegittima, per difetto di motivazione, la revoca degli atti di gara ed il rifiuto di pronunciare l’aggiudicazione definitiva, disposti facendo generico riferimento alla eccessiva

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onerosità dell’offerta tecnico-economica presentata dalla ditta rimasta aggiudicataria provvisoria, che tuttavia è incontestabilmente risultata la migliore tra quelle pervenute, oltreché conforme al bando di gara, nonchè allegando pretese difficoltà finanziarie della P.A. appaltante che non avrebbero consentito l’assunzione dell’impegno di spesa per il triennio, ove tali difficoltà siano state solo genericamente affermate nell’atto di autotutela.

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CONSIGLIO DI STATO SEZ. V - sentenza 13 giugno 2012 n. 3469

Sulla illegittimità di una procedura negoziata per l’incarico di progettazione e direzione lavori, che limita la partecipazione ai professionisti operanti nel territorio comunale.

È illegittima una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ex art. 91 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici), esperita da un ente locale per l’affidamento di un incarico di progettazione, esecuzione e direzione lavori, nella parte in cui ha fissato il criterio di procedere all’invito alla medesima procedura di soli professionisti operanti nel territorio comunale. Infatti, il principio di non discriminazione impone che tutti i potenziali offerenti siano posti in condizioni di eguaglianza e non consente, quindi, limitazioni di accesso al mercato "ratione loci", ovvero in ragione dell’ubicazione della sede in un determinato territorio; con la conseguenza che la scelta di limitare la partecipazione ai professionisti locali, non supportata da un’indagine volta a verificare le professionalità più qualificate con riguardo all’oggetto della proceduta, si è, in definitiva, sostanziata in una limitazione territoriale aprioristica in contrasto con i principi comunitari in tema di tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 11 luglio 2012 n. 4116

Sulla non necessità dell’avvio del procedimento per la revoca dell’aggiudica provvisoria

L’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, quale atto che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario della gara, non costituisce atto conclusivo del procedimento, ma un atto endoprocedimentale che fa nascere in capo all’interessato un mera aspettativa alla conclusione del procedimento. Ne consegue che non sussiste l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare all'impresa interessata l’avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, giacché il procedimento è già stato avviato con l’atto di indizione della gara.

Sulla legittimità della revoca in caso di carenza di risorse finanziarie

In materia di contratti pubblici, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva, non è precluso all’Amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale occorre dare atto nella motivazione del provvedimento di autotutela. In particolare è legittima la revoca disposta per mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dell’opera.

Sul diritto all’indennizzo in caso di revoca

L’art. 21 quinquies L. 241/1990, nel disciplinare i presupposti per la corresponsione dell’indennizzo da revoca legittima, ha accolto una nozione ampia di revoca, prevedendo tre presupposti alternativi, che ne legittimano l’adozione: a) per sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) per mutamento della situazione di fatto; c) per nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Conseguentemente, il soggetto che direttamente subisca un pregiudizio dalla revoca di un provvedimento amministrativo ha titolo ad un indennizzo sempre che sia legittimo il provvedimento di revoca (si verte cioè in materia di responsabilità della P.A. per

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atti legittimi), poiché nel diverso caso di revoca illegittima subentrerebbe eventualmente il diritto al risarcimento del danno.

Sull’insussistenza del diritto all’indennizzo in caso di revoca dell’aggiudica provvisoria

Altro presupposto previsto dall’art. 21 quinquies L. 241/1990 per il riconoscimento dell’indennizzo nel caso di revoca è da individuare nella "efficacia durevole" del provvedimento revocato (legittimamente). Non può pertanto riconoscersi l’indennizzo nel caso di revoca dell’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, atteso che in tal caso la procedura di evidenza pubblica non ha ancora registrato l’adozione di un "provvedimento amministrativo ad efficacia durevole". L’aggiudicazione provvisoria, infatti, con le sue caratteristiche di provvisorietà ed instabilità, non può rientrare nella categoria degli atti ad efficacia durevole, caratteristica questa da riconoscere solo all’aggiudicazione definitiva.

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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 31 luglio 2012 n. 31

Sull’applicabilità del principio di pubblicità alle procedure negoziate e al cottimo fiduciario

I principi di pubblicità e trasparenza che governano la disciplina comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici comportano che, qualora all’aggiudicazione debba procedersi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’apertura delle buste contenenti le offerte e la verifica dei documenti in esse contenuti vadano effettuate in seduta pubblica anche laddove si tratti di procedure negoziate, con o senza previa predisposizione di bando di gara, e di affidamenti in economia nella forma del cottimo fiduciario, in relazione sia ai settori ordinari che ai settori speciali.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 22 agosto 2012 n. 4593

Sulla rilevanza, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, della presenza di un rappresentante dell’impresa alle operazioni di gara

1. Se l'impresa assiste, tramite un proprio rappresentante munito di apposito mandato, alla seduta in cui vengono adottate determinazioni in ordine all’esclusione della sua offerta, è in tale seduta che l'impresa acquisisce la piena conoscenza del provvedimento ed è dalla data della stessa seduta che decorre il termine per impugnare il medesimo provvedimento; la presenza di un rappresentante della ditta partecipante alla gara di appalto, infatti, non comporta ex se la piena conoscenza dell'atto di esclusione ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione solo qualora il rappresentante stesso non sia munito di apposito mandato o non rivesta una specifica carica sociale.

2. E’ irricevibile il ricorso proposto avverso gli atti di una gara di appalto di forniture, che sia stato proposto oltre il termine decadenziale decorrente dalla piena conoscenza del provvedimento di esclusione, nel caso in cui

a) in una seduta, il responsabile del procedimento abbia formalmente verbalizzato che non era ammessa al proseguo della gara l’offerta pervenuta da parte di una ditta, in quanto la strumentazione offerta non possedeva due dei principali requisiti minimi richiesti;

b) al momento di tale verbalizzazione, la ditta interessata era presente alle operazioni di gara a mezzo di un proprio rappresentante, munito di apposita delega; in tal caso, infatti, ancorché l’atto di esclusione non definisca interamente il procedimento, è immediatamente lesivo per il soggetto escluso e, per quanto lo concerne, rappresenta l’atto conclusivo del procedimento stesso.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 3 ottobre 2012 n. 5199

Sull’insussistenza dell’obbligo di provvedere in caso di istanza di riesame

Non sussiste nei confronti della P.A. un obbligo giuridico di pronunciarsi in maniera esplicita su di una "diffida - messa in mora" diretta essenzialmente a ottenere provvedimenti in autotutela, essendo l’attività connessa all’esercizio dell’autotutela espressione di ampia discrezionalità e, come tale, incoercibile dall’esterno; invero, il potere di autotutela della P.A. va esercitato discrezionalmente d’ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere.

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CONSIGLIO DI STATO SEZ. III - sentenza 16 ottobre 2012 n. 5282

Sull’esercizio del potere di revoca dell’intera procedura di gara.

Ai sensi dell’art 21 quiquies legge n .241/1990 è legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante procede, in autotutela, alla revoca dell’intera procedura di gara, dopo averne individuato i presupposti nei sopravvenuti motivi di pubblico interesse di natura economica, palesati soltanto a seguito delle operazioni di apertura delle offerte economiche e derivanti da una forte riduzione dei trasferimenti finanziari, nonché da una nuova valutazione delle esigenze nell’ambito dei bisogni da soddisfare, conseguenti al futuro assetto organizzativo, emersi a seguito di una ponderata valutazione che ha evidenziato la non convenienza di procedere all’aggiudicazione sulla base del capitolato predisposto in precedenza, ed all’opportunità di provvedere ad una rinnovata procedura per un servizio avente caratteristiche differenti al fine di ottenere un risparmio economico.

Nelle gare pubbliche l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta e la stazione appaltante può esercitare il potere di autotutela prima della stipula del contratto, anche ad avvenuta verifica positiva del possesso dei requisiti.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 5 novembre 2012 n. 5595.

Sull’impossibilità di far ricorso all’avvalimento per dimostrare il possesso del requisito della iscrizione camerale per una determinata tipologia di servizi.

1. La disciplina dell'art. 49 del codice dei contratti pubblici non pone alcuna limitazione all'avvalimento, stabilendo che un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, purché vi sia, in positivo, un’adeguata prova della disponibilità dei requisiti prestati, dimostrando all’Amministrazione aggiudicatrice che l’impresa concorrente disporrà dei mezzi necessari. Fanno eccezione a questa portata generale dell’istituto i requisiti strettamente personali, come quelli di carattere generale ai sensi ex art. 38 codice dei contratti pubblici (cd. requisiti di idoneità morale), così come quelli soggettivi di carattere personale, individuati nell’art. 39 del medesimo codice (cd. requisiti professionali).

2. E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto di servizi in favore di una ditta che, al fine di dimostrare il possesso del requisito dell’iscrizione camerale per alcuni tipi di servizi (nella specie per i servizi di manutenzione immobili e di manutenzione del verde e per i servizi cimiteriali), espressamente richiesto dal bando di gara a pena di esclusione, ha fatto

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ricorso all’istituto dell’avvalimento ex art. 49 del codice dei contratti pubblici; infatti, il suddetto requisito costituisce requisito soggettivo di carattere personale e, per tale ragione, è insuscettibile di avvalimento ex art. 49 del codice dei contratti pubblici.

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CONSIGLIO DI STATO SEZ. VI - sentenza 14 novembre 2012 n. 5747

Sulla inapplicabilità delle regole civilistiche generali ai contratti della P.A. (fase di esecuzione del contratto).

In materia di appalti pubblici la fase di esecuzione del contratto è disciplinata da norme di diritto privato speciale, con poteri di autotutela privata speciale della stazione appaltante che – salvo che la legge disponga altrimenti – rendono inapplicabili le regole civilistiche generali. L’art. 140 del d.lgs. n. 163/2006 – nel prevedere la facoltà per la stazione appaltante, dopo che l’originaria aggiudicazione e la stipulazione del contratto siano venute meno per ragioni tassativamente indicate nel medesimo art. 140 (tra cui la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore), di interpellare gli altri concorrenti collocati in graduatoria, a partire dal secondo (c.d. scorrimento) al fine di stipulare un nuovo contratto, per i residui lavori, alle medesime condizioni contrattuali offerte dall’originario aggiudicatario – integra una vera e propria procedura di affidamento che si svolge a «circolo chiuso» sul piano soggettivo, e a condizioni precostituite, sul piano oggettivo, in quanto vengono interpellati solo i soggetti già collocati nella graduatoria della precedente gara, e in quanto non possono essere fatte nuove offerte, né ripescate quelle originariamente fatte dagli interpellati, dovendo il nuovo appalto per i lavori residui avvenire alle condizioni offerte dall’originario aggiudicatario.

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CASSAZIONE CIVILE, SEZ. II, sentenza 14-11-2012, n. 19934

Sulla necessità della forma scritta per i contratti della P.A.

E invero, secondo il prevalente indirizzo della giurisprudenza, che di recente ha ricevuto anche l'avallo delle Sezioni Unite di questa Corte, i contratti della Pubblica Amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam, "accompagnata dalla unicità del testo documentale" salvo che si tratti di contratti stipulati per corrispondenza con imprese commerciali, nei quali la volontà contrattuale può risultare anche da distinti atti scritti

Al di fuori delle ipotesi di contratti conclusi con ditte commerciali, pertanto, qualsiasi contratto degli enti locali, anche se a trattativa privata, deve essere consacrato, a pena di nullità, in un unico documento, recante la sottoscrizione della parte privata e dell'organo investito del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, e contenente la specifica indicazione dell'oggetto del contratto e delle clausole che regolano il rapporto. In mancanza di detto documento contrattuale, ai fini di una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante l'esistenza di una deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'ente abbia deliberato in ordine alla stipulazione del contratto, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale, ma ha natura di atto ad efficacia soltanto interna, con funzione meramente autorizzatoria del contratto nei confronti dell'organo legittimato a esprimere all'esterno la volontà del Comune.

Ne consegue che un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell'ente pubblico, da quell'unico organo autorizzato a rappresentarlo (tra le tante v. Cass. 5-9-2006 n. 19070; Cass. 24-6- 1997 n. 5642); e che, pertanto, la delibera dell'ente pubblico, quale atto avente efficacia meramente interna, di carattere autorizzatorio nei confronti del diverso organo destinato ad esprimere all'esterno la volontà dell'ente stesso, non

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è configurabile come proposta negoziale (Cass. 15-9-2004 n. 18561; Cass. 25-11-2003 n. 17891).

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TAR CALABRIA - REGGIO CALABRIA - sentenza 22 novembre 2012 n. 695

Sul rifiuto dell’impresa di sottoscrivere il contratto

1. In materia di appalti, e più in generale negli ambiti in cui si esplica un’attività economica soggetta alle regole del mercato, il "fattore tempo" è un elemento di estremo rilievo, in quanto il suo eccessivo protrarsi può determinare il mutamento delle condizioni economiche in base alle quali è stata presentata una determinata offerta in sede di gara ed avere dunque una pesante incidenza sulla convenienza economica dell’attività da svolgere.

2. Nel campo degli appalti, il rifiuto alla stipula del contratto è facoltà espressamente prevista dall’art. 11, comma 9, del D.lgs. n. 163/2006, qualora il contratto non venga stipulato entro il termine stabilito, ovvero entro 60 giorni dall’aggiudicazione definitiva; deve inoltre ricordarsi che l’art. 11, comma 6, del D.lgs. n. 163/2006 stabilisce che l’offerta è vincolante per il periodo di 180 giorni (se il bando o l’invito non indicano un termine diverso). Pertanto, nel caso in cui la stazione appaltante ritardi ingiustificatamente la stipula del contratto di appalto, non osservando i predetti termini, il rifiuto alla stipulazione da parte dell’impresa rimasta aggiudicataria non può essere considerato come comportamento rinunziatario, ma come legittimo esercizio di una facoltà prevista dalla legge, a fronte di un comportamento dilatorio ed omissivo della stazione appaltante (nella specie la riaggiudicazione della gara era stata disposta con determina del 22 maggio 2007 e l’invito alla stipulazione era avvenuto con la comunicazione del 6 novembre 2007, onde non era stato rispettato il termine dei 60 giorni previsto dalla norma sopra citata).

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 27 novembre 2012 n. 5993

Sul diritto di recesso dal contratto di appalto

1. Il diritto di recesso previsto dall’art. 134 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 presuppone l’avvio dell’esecuzione del contratto; tale norma, pertanto, non è applicabile nel caso in cui l’Amministrazione appaltante non abbia mai provveduto alla consegna dei lavori, né la impresa rimasta aggiudicataria della gara di appalto abbia mai chiesto tale consegna.

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CONSIGLIO DI STATO, ADUNANZA PLENARIA - sentenza 29 novembre 2012 n. 36

Sulla competenza del RUP a valutare le giustificazioni delle offerte anomale

1. Nelle gare d’appalto da aggiudicare col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, è legittima la verifica di anomalia dell’offerta eseguita, anziché dalla commissione aggiudicatrice, direttamente dal responsabile unico del procedimento avvalendosi degli uffici e organismi tecnici della stazione appaltante. Infatti, anche nel regime anteriore all’entrata in vigore dell’art. 121 del d.P.R. 5 ottobre 2010, nr. 207, è attribuita al responsabile del procedimento facoltà di scegliere, a seconda delle specifiche esigenze di approfondimento richieste dalla verifica, se procedere personalmente ovvero affidare le relative valutazioni alla commissione aggiudicatrice.

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Ha osservato l’Adunanza Plenaria, che ciò che più rileva ai fini della soluzione della questione è che, a seguito dell’apertura della fase di verifica delle offerte anormalmente basse,

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la commissione aggiudicatrice ha ormai esaurito il proprio compito, essendosi in tale momento già proceduto alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche, all’assegnazione dei relativi punteggi ed alla formazione della graduatoria provvisoria tra le offerte; una possibile riconvocazione della commissione, di regola, è ipotizzabile solo laddove in sede di controllo sulle attività compiute emergano errori o lacune tali da imporre una rinnovazione delle valutazioni (oltre che nell’ipotesi di regressione della procedura a seguito di annullamento giurisdizionale, come previsto dal comma 12 dell’art. 84).

Pertanto, è del tutto fisiologico che sia il R.U.P., che in tale fase interviene ad esercitare la propria funzione di verifica e supervisione sull’operato della commissione, il titolare delle scelte, e se del caso delle valutazioni, in ordine alle offerte sospette di anomalia.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. III - sentenza 31 dicembre 2012 n. 6714

Sui principi di pubblicità e continuità della gara e sulle modalità di conservazione dei plichi

1. L’art. 12 del d.l. 52/2012 (il quale ha novellato gli artt. 120 e 283 del d.p.r. 207/2010 che, prima di allora, non contenevano una previsione espressa in tal senso), ha stabilito che la commissione giudicatrice deve procedere in seduta pubblica anche all’apertura della busta che contiene l’offerta tecnica, al fine di consentire a tutti i concorrenti di avere contezza della regolarità e completezza della documentazione prodotta, precisando che tale regola vale "anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012". A tale norma non può riconoscersi una portata meramente ricognitiva (e quindi retroattiva), ma ad essa deve attribuirsi la funzione di salvaguardare gli effetti delle procedure già concluse alla data del 9.5.2012 o, se ancora pendenti, nelle quali si fosse comunque già proceduto all’apertura dei plichi. Pertanto la disposizione stessa vale a tenere fermi gli effetti delle procedure già interamente espletate o di quelle ancora pendenti, nel caso in cui le buste fossero state già aperte alla data del 9.5.2012, sebbene ciò fosse avvenuto in seduta riservata.

2. Le sedute della commissione di una gara di appalto devono ispirarsi al principio di concentrazione e di continuità, nel senso che le operazioni di esame delle offerte tecniche devono essere racchiuse possibilmente in una sola seduta, senza soluzione di continuità, proprio al fine di prevenire influenze esterne ed assicurare l’indipendenza del giudizio. Anche se tale principio può conoscere delle eccezioni (ad esempio per la complessità delle operazioni di gara o per il numero delle offerte presentate), resta tuttavia fermo che l’intervallo tra una seduta e l’altra deve essere minimo e che debbono essere fornite adeguate garanzie di conservazione dei plichi.

3. E’ illegittima una procedura di gara nel caso in cui tra una seduta e l’altra sia intercorso un lungo lasso di tempo (nella specie tra la prima seduta pubblica, di apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa, al provvedimento di aggiudicazione, erano intercorsi ben 14 mesi), senza alcuna giustificazione in ordine a tale vistosa eccezione al principio di concentrazione e di continuità delle gare e nel caso in cui nulla sia stato verbalizzato circa le modalità di conservazione dei plichi, né sia stato indicato un soggetto responsabile della custodia. Invero, a fronte di una verbalizzazione non già incompleta ma del tutto mancante, e nel quadro di una procedura protrattasi ingiustificatamente per lunghi mesi e nella quale i plichi contenenti le offerte tecniche erano stati aperti in seduta riservata, non deve essere la parte ricorrente a dimostrare l’effettiva manomissione dei plichi ma, piuttosto, la stazione appaltante a dare prova dell’integrità delle buste e della correttezza delle valutazioni compiute (prova che nella specie non era stata data in alcun modo).

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 10 gennaio 2013 n. 90

Sull’inammissibilità di un avvalimento generico

L’avvalimento nelle gare di appalto, così come configurato dalla legge (art. 49 del D.Lgs. n. 163/2006), deve essere reale e non formale, nel senso che non può considerarsi sufficiente "prestare" la certificazione posseduta assumendo impegni assolutamente generici, giacché in questo modo verrebbe meno la stessa essenza dell’istituto, finalizzato non già ad arricchire la capacità tecnica ed economica del concorrente, bensì a consentire a soggetti che ne siano sprovvisti di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti, garantendo l’affidabilità dei lavori, dei servizi o delle forniture appaltati; va pertanto esclusa dalla gara una ditta che, ai fini della partecipazione, abbia prodotto contratto di avvalimento nel quale manchi del tutto l’autentica messa a disposizione di risorse, mezzi o di altro elemento necessario, rinviata ad un inammissibile futuro contratto da stipularsi in caso di aggiudicazione.

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TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. I - sentenza 15 gennaio 2013 n. 313

Sulla differenza di appalto di servizi e concessione di servizio pubblico

1. L’affidamento dell’attività di gestione degli spazi pubblicitari sugli impianti di proprietà dell’ente non si configura come appalto di servizi, ma come concessione di servizio pubblico locale (cui è correlato l’uso di un bene pubblico), sicché, ai fini dell’esperimento di una gara in materia, deve farsi riferimento all’art. 30 del codice dei contratti pubblici, piuttosto che all’art. 125, comma 11, dello stesso codice, ancorché entrambi gli articoli prevedano lo svolgimento di una gara informale. Non può, infatti, dubitarsi che l’attività in questione è svolta dall’operatore - che si assume in proprio i rischi economici della gestione - non solo nell’interesse dell’amministrazione ma anche degli utenti, sui quali ricade in definitiva il costo del servizio sotto forma di tariffe predeterminate.

Sull’illegittimità del mancato invito del precedente concessionario motivato dal mancato inserimento nell’elenco delle imprese di fiducia comunale

2. E’ illegittimo il provvedimento di esclusione di una ditta da una gara indetta da un ente locale per l’affidamento di un appalto (nella specie, si trattava dell’affidamento di concessione in uso di impianti pubblicitari di proprietà comunale) motivato con riferimento al difetto della iscrizione del concorrente interessato nell’apposito albo comunale, nel caso in cui tale concorrente operi nel settore di riferimento della gara ed abbia gestito in precedenza, presso la medesima stazione appaltante, lo specifico servizio; in tal caso, infatti, la ditta interessata si trova in una posizione sicuramente differenziata e qualificata, che la abilita a concorrere all’affidamento, a prescindere dall’inserimento o meno nell’albo tenuto dal comune.

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TAR CAMPANIA - NAPOLI, SEZ. VIII - sentenza 17 gennaio 2013 n. 368

Sulla necessità della forma scritta per l’esistenza di un contratto di appalto

Ai fini della validità dei contratti pubblici di appalto, è necessaria, ad substantiam, la forma scritta. In tema di contratti di appalto, connotati dalla tassatività della forma scritta e dalla coattività della dichiarazione unilaterale di impegno negoziale da parte del concorrente, la firma dell’offerta serve a rendere nota la paternità ed a vincolare l'autore al contenuto del documento ritraente detta dichiarazione; assolve, cioè, la funzione indefettibile di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell'offerta e costituisce elemento essenziale

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per la sua ammissibilità, sotto il profilo sia formale sia sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti propri della manifestazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - sentenza 28 gennaio 2013 n. 513

Sull’obbligo di rendere la dichiarazione sui requisiti morali anche da parte del socio al 50%

L’art. 38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici i soggetti nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di specifiche misure di prevenzione ovvero siano stati condannati per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale (lett. c), con la precisazione che, nel caso di società di capitali con più soci, l’esclusione opera nei confronti "del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci"), va interpretato nel senso che, in caso di società costituita da due soli soci, ciascuno detentore del 50 per cento del capitale sociale, l’obbligo della dichiarazione in questione grava su entrambi (e non solo sul socio che sia altresì legale rappresentante).

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CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE - sentenza 25 gennaio 2013 n. 47

Sulla revoca di una gara di appalto per indisponibilità finanziaria

Anche se è necessaria una congrua motivazione in ordine al modo in cui la P.A. contempera i contrastanti interessi nel momento della emanazione dell'atto di revoca di una gara di appalto, debbono ritenersi elementi sufficienti per considerare adeguatamente motivato il provvedimento di revoca della gara stessa e dell'aggiudicazione (specie nel caso in cui il procedimento sia giunto alla fase dell'aggiudicazione provvisoria e non ancora a quella dell'aggiudicazione definitiva) il riferimento all'indisponibilità delle relative somme in bilancio e alla necessità di assicurare il rispetto delle previsioni del bilancio e del patto di stabilità.

Legittimamente viene rigettata domanda di indennizzo avanzata in relazione ad un provvedimento di revoca di una gara di appalto, nel caso in cui la procedura di evidenza pubblica, per effetto della revoca, si sia fermata allo stadio della aggiudicazione provvisoria; in tal caso, infatti, non essendo mai stata disposta l'aggiudicazione definitiva, è mancato il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole che è presupposto per riconoscere l'indennizzo da revoca legittima.

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TAR VENETO, SEZ. I - sentenza 8 febbraio 2013 n. 178

Sulla differenza tra approvazione degli atti di gara e aggiudicazione definitiva

L’inutile decorso, dopo l’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, del termine (di 30 giorni, qualora non diversamente previsto) indicato dall’art. 12, 1° comma, del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 (codice dei contratti pubblici), comporta non già l’aggiudicazione definitiva, ma soltanto l’approvazione dell’aggiudicazione provvisoria della gara; adempimento, questo, che, ai sensi dell’art. 11, 5° comma, dello stesso codice, è preliminare all’adozione del provvedimento finale di aggiudicazione definitiva.

In altre parole, scaduto il termine di 30 giorni dall’aggiudicazione provvisoria, quest’ultima, in difetto di un provvedimento espresso, si ha per approvata tacitamente, e l’aggiudicatario

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provvisorio può esigere, chiedendola formalmente, l’emissione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, quale atto conclusivo della procedura concorsuale.

Sulla revocabilità di un’aggiudica provvisoria in caso di sopravvenuta carenza di requisiti

2. La verifica dei requisiti di ammissione è, in ogni caso, un adempimento che la stazione appaltante deve espletare sia in sede di approvazione dell’aggiudicazione provvisoria, sia – in caso di inutile decorso del termine per provvedere all’approvazione – in sede di aggiudicazione definitiva, quale condizione di efficacia. E’ pertanto legittimo il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione, anche se disposto dopo l’inutile decorso del termine di 30 giorni dall’aggiudicazione provvisoria, nel caso in cui la P.A. abbia rilevato la assenza del requisito della capacità economica e finanziaria, requisito che la concorrente deve possedere sia al momento di presentazione dell’offerta, sia durante lo svolgimento dell’appalto e fino alla sua conclusione, in quanto requisito garantista dell’affidabilità dell’aggiudicataria e, conseguentemente, della corretta esecuzione del contratto.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 18 febbraio 2013 n. 966

Sulla responsabilità oggettiva della stazione appaltante in caso di illegittimità della mancata aggiudicazione di una gara di appalto

1. Nel caso in cui gli atti di un gara di appalto siano stati annullati in s.g. e sia stata accertata la sussistenza dell’illegittimità dell’agire della P.A., del nesso di causalità e del danno consistente nella mancata esecuzione del contratto, può essere accolta la domanda di risarcimento del danno derivante dalla mancata aggiudicazione della gara stessa, a nulla rilevando che la colpa della stazione appaltante sia da escludere, in quanto i profili di illegittimità che hanno comportato l'annullamento degli atti impugnati sarebbero da addebitare ad un "errore scusabile"; infatti, la vigente normativa europea che regola le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi non consente che il diritto ad ottenere il risarcimento del danno da una Amministrazione pubblica, che abbia violato le norme sulla disciplina degli appalti, sia subordinato al carattere colpevole di tale violazione.

2. La regola comunitaria vigente in materia di risarcimento dei danno per illegittimità accertate in tema di appalti pubblici - secondo la quale l’adozione, da parte della P.A., di provvedimenti illegittimi lesivi di interessi legittimi configurerebbe una responsabilità non avente natura né contrattuale né extracontrattuale, ma oggettiva, sottratta ad ogni possibile esimente, poiché derivante da principio generale funzionale a garantire la piena ed effettiva tutela degli interessi delle imprese, a protezione della concorrenza, nel settore degli appalti pubblici - non può essere circoscritta ai soli appalti comunitari ma deve estendersi, in quanto principio generale di diritto comunitario in materia di effettività della tutela, a tutto il campo degli appalti pubblici, nei quali i principi di diritto comunitario hanno diretta rilevanza ed incidenza, non fosse altro che per il richiamo che ad essi viene fatto dal nostro legislatore nel codice dei contratti pubblici (art. 2, d. lgs. 163 del 2006).

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 6 marzo 2013 n. 1368.

Sulla possibilità dell’avvalimento anche per la certificazione di qualità

1. E’ legittima l’aggiudicazione di una in favore di una ditta che, al fine di dimostrare il possesso della certificazione di qualità, ha fatto ricorso all’istituto dell’avvalimento. Infatti, la certificazione di qualità, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell’organizzazione complessiva, è da considerarsi anch’essa requisito di idoneità

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tecnico-organizzativa dell’impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrare la capacità tecnico-professionale di un’impresa, assicurando che l’impresa cui sarà affidato il servizio o la fornitura sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto; con l’ulteriore conseguenza che, afferendo la certificazione di qualità alla capacità tecnica dell’imprenditore, essa è coerente all’istituto dell’avvalimento, quale disciplinato con l’art. 49 d. lgs. n. 163 del 2006.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 6 marzo 2013 n. 1373

Sugli effetti del mancato rispetto da parte della ditta della verifica a campione

1. Negli appalti pubblici, in tema di dimostrazione dei requisiti col meccanismo del sorteggio, ai sensi dell'art. 48 del D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163, la sanzione conseguente alla mancata produzione della relativa prova ovvero di una documentazione che non confermi detto possesso (o non comprovi le dichiarazioni in precedenza rese) è l'esclusione dalla gara, con conseguente incameramento della cauzione provvisoria e segnalazione all'Autorità garante per i provvedimenti di sua competenza; in tal caso, l'esclusione interviene: a) sia in ipotesi di mancata produzione di prove atte a confermare la sussistenza dei requisiti; b) sia in ipotesi di mancata produzione di prove entro il termine perentoriamente previsto, salvo oggettiva impossibilità, il cui onere della prova grava sull'impresa; c) sia in ipotesi di produzione di documentazione che "non confermi" (nel senso che neghi o che non sia sufficiente a confermare) le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta.

2. La segnalazione del provvedimento di esclusione all’Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici non produce direttamente un effetto lesivo e, come tale, non è autonomamente impugnabile, ma costituisce l’atto di promovimento di un procedimento in contraddittorio.

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TAR CAMPANIA, NAPOLI, SEZ. I, 8 marzo 2013 n. 1382

Sul’inidoneità del vincolo di parentela per l’informativa atipica

I legami parentali indicati nella informativa impugnata non risultano sufficienti, sul piano logico, a desumere la sussistenza di un inquinamento mafioso, in difetto di più significative circostanze sintomatiche di tentativi di ingerenze della criminalità organizzata sulla conduzione dell’impresa o sugli esponenti aziendali (cfr. Cons. St., sez. III, 10/1/2013, n. 96).

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TAR PIEMONTE, SEZ. I - ordinanza 8 marzo 2013 n. 113

Sull’illegittimità della revoca di una gara di appalto, per mancata convenienza economia in assenza di apposita indagine d mercato

Appare illegittimo, per difetto di motivazione - in punto di sussistenza del pubblico interesse - il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto la revoca in via di autotutela dell'aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto per ragioni di convenienza economica, nel caso in cui abbia omesso di effettuare preventivamente apposite indagini di mercato ed abbia esercitato il c.d. jus poenitendi sulla base della mera segnalazione effettuata da una ditta risultata non aggiudicataria.

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Se, da un lato, non si può disconoscere alla stazione appaltante, in via astratta e generale, il potere di ritirare gli atti di gara qualora venga a conoscenza di circostanze idonee a mettere in dubbio la convenienza economica della gara medesima - e ciò a maggior ragione quando la

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procedura non sia ancora pervenuta alla aggiudicazione definitiva - dall’altro, in ossequio a criteri di ragionevolezza e prudenza, ad una siffatta decisione l’Amministrazione può pervenire solo dopo aver effettuato, previa sospensione del procedimento e mediante opportune indagini di mercato, una adeguata istruttoria finalizzata a verificare l’effettiva opportunità di ritirare gli atti di gara, anche al fine di evitare che una procedura di gara venga annullata sulla base di notizie o circostanze di valore non comprovato.

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TAR TOSCANA, SEZ. I - sentenza 21 marzo 2013 n. 443

Sull’illegittimità di un avvalimento generico

E’ illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto di servizi in favore di una ditta che ha prodotto un contratto di avvalimento che, da un lato, prevede l’impegno dell’impresa ausiliaria di mettere a disposizione i requisiti riguardanti il fatturato e l’esperienza in servizi analoghi, dall’altro lato prevede la messa a disposizione del know how aziendale e delle competenze di tipo gestionale e professionale. Trattasi di dizioni generiche che non lasciano evincere quali siano in concreto le risorse ed i mezzi prestati dall’impresa ausiliaria ai fini dell’esecuzione del servizio de quo; con la conseguenza che, in tal modo, l’oggetto del contratto di avvalimento si palesa indeterminato, in contrasto con l’art. 88, comma 1, lett. a, del d.p.r. n. 207 del 2010.

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TAR TOSCANA, SEZ. I - sentenza 21 marzo 2013 n. 442

Sul diritto di accesso agli atti di gara

1. L’accesso ai documenti amministrativi si configura come un diritto soggettivo perfetto, che può essere esercitato indipendentemente dal giudizio sull’ammissibilità o sulla fondatezza della domanda giudiziale eventualmente proponibile sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso, con la conseguenza che la circostanza che gli atti oggetto dell’istanza di ostensione siano divenuti inoppugnabili non preclude l’esercizio del suddetto diritto, in quanto l’interesse presupposto dall’art. 22 della legge n. 241/1990 è nozione diversa e più ampia dell’interesse all’impugnazione.

2. Va accolta una domanda di accesso agli atti di una gara di appalto avanzata da una ditta in dichiarata qualità di soggetto partecipante alla gara, essendo pacifico che chi ha partecipato ad una procedura concorsuale è portatore di un interesse differenziato da quello della generalità dei consociati ed è quindi legittimato a chiedere copia degli atti prodotti dagli altri concorrenti, a prescindere dall’attuale impugnabilità del provvedimento di aggiudicazione.

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CONSIGLIO DI STATO SEZ. IV - sentenza 22 marzo 2013 n. 1633

Sul requisito della regolarità fiscale in casi di rateizzazione del debito tributario

1. La presenza di provvedimenti del fisco di rateizzazione dei debiti tributari, purché anteriori alla presentazione dell’offerta, determina una sostanziale novazione dell’obbligazione tributaria, in modo da escludere che possa trattarsi di violazione "definitivamente accertata" ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera g), del d.lgs. n. 163 del 2006.

2. Non può disporsi l’esclusione di una ditta, per il mancato possesso del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lettera g), del del d.lgs. n. 163 del 2006 (irregolarità fiscali), ove risulti che quest’ultima, per una cartella esattoriale, già in epoca anteriore alla presentazione della domanda di partecipazione, abbia ottenuto in parte lo sgravio, essendone stata accertata la non debenza, e in parte la rateizzazione, con apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.

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TAR PUGLIA - LECCE SEZ. II - sentenza 26 marzo 2013 n. 668

Sulla grave inadempienza in precedenti rapporti contrattuali, anche con altra P.A., in caso di subappalto non autorizzato

E’ legittima, in quanto sorretta da adeguata motivazione, nonché fondata su circostanze costituenti idonea giustificazione dell’apprezzamento circa il venir meno dell’elemento fiduciario nei rapporti con la stazione appaltante, l’esclusione di una ditta da una gara di appalto di servizi, per grave negligenza e malafede, ex art. 38 comma 1 lett. f) del d.lgs. n. 163/2006, che sia motivata con riferimento al fatto che la ditta stessa, nell’esecuzione di un contratto di appalto con altra P.A., ha fatto ricorso al subappalto non autorizzato; infatti, la stazione appaltante può escludere da una gara pubblica, ex art. 38, comma 1, lett. f), l’appaltatore che abbia fatto ricorso al subappalto in difetto della preventiva autorizzazione, sia pure nell’ambito del rapporto contrattuale con altra pubblica amministrazione, in quanto la violazione di un divieto così grave (e così gravemente sanzionato dall’ordinamento giuridico) è idoneo di per sé solo a incidere negativamente sul rapporto fiduciario tra la stazione appaltante e l’appaltatore che la disposizione in questione si propone di salvaguardare.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 27 marzo 2013 n. 1772

Sulla necessità, ai fini dell’ammissibilità dell’avvalimento, del possesso sia da parte dell’impresa avvalente che di quella ausiliaria della qualificazione necessaria per la partecipazione alla gara

1. L'avvalimento nelle gare di appalto è un istituto di applicazione generale, individuato dalla giurisprudenza comunitaria, codificato dall'art. 48, commi 3 e 4, Dir. 31 marzo 2004 n. 2004/18/Ce e ripreso nell'art. 49 del d.lgs. n. 163 del 2006. In base a tale istituto, gli operatori economici utilizzano requisiti e risorse appartenenti ad altri imprenditori che agiscono nell'ambito della stessa area di mercato; in termini generali, l'impresa "ausiliaria" permette al soggetto che ne sia privo di concorrere alla gara provando, tramite i propri, il possesso dei richiesti requisiti: un'impresa può quindi ricorrere alle referenze tecniche, organizzative economiche e finanziarie di un altro soggetto economico al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per partecipare ad una selezione pubblica. In caso di ricorso all'istituto dell'avvalimento per il requisito della qualificazione, costituisce tuttavia esigenza ineludibile che l'utilizzo di esso sia reale, concreto ed esaustivo, destinato cioè ad arricchire le capacità dell'impresa concorrente in vista della corretta esecuzione delle opere.

2. Nelle gare di appalto per l’affidamento di appalti pubblici, è da ritenere non consentita la possibilità di una mera sommatoria delle attestazioni SOA dell'impresa avvalente e dell'impresa ausiliaria, prescindendo dal fatto che ciascuna di esse sia autonomamente in possesso della qualificazione necessaria alla partecipazione alla gara; ammettere tale possibilità vorrebbe dire vanificare sostanzialmente il sistema delineato dal legislatore, rendendo possibile che alla gara partecipi un soggetto privo dei requisiti di qualificazione, che si avvale di un soggetto invece in possesso di tali requisiti.

3. Nel caso in cui il bando preveda che l’allegazione dell’attestazione SOA è richiesta, a pena di esclusione, anche in capo all’impresa concorrente, oltre che all’impresa ausiliaria e che, in caso di riunioni temporanee di imprese, l’attestazione SOA deve essere posseduta, a pena di

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esclusione, da ciascuna impresa riunita, va esclusa dalla gara una impresa che, pur facendo ricorso all’avvalimento, non possieda l’attestazione SOA.

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La sentenza in rassegna dà atto lealmente dell’esistenza di un orientamento giurisprudenziale favorevole ad ammettere in maniera ampia la possibilità di avvalimento dell'attestazione SOA di altre imprese ed anche la possibilità di cumulo di tali attestazioni.

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TAR SICILIA - CATANIA SEZ. IV - sentenza 27 marzo 2013 n. 880

Sulla illegittimità dell’esclusione di una ditta che non ha presentato il cronoprogramma.

Deve ritenersi illegittima, alla luce del principio di tassatività delle cause di esclusione dalle gare di appalto ex art. 46, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, l’esclusione di una ditta che ha omesso di produrre il crono-programma, ove la lex specialis preveda, a pena di esclusione, la necessità di allegazione di un cronoprogramma coerente con l’offerta presentata, e, tuttavia, l’offerta, come prevista dal medesimo bando, come rivolta anche al tempo, nel concreto, prescinda dal cronoprogramma, che, seppur richiamato negli atti di gara formalmente come elemento qualificante l’offerta, di fatto non sia stato concepito quale elemento di integrazione dell’obbligazione, ovvero come presupposto per l’attribuzione, anche in maniera indiretta, di punteggio; in tal caso, infatti, la presentazione del cronoprogramma non può ritenersi elemento essenziale dell’offerta.

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CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - sentenza 27 marzo 2013 n. 1815

Sulle modalità di conservazione dei plichi

In presenza del generale obbligo di custodia dei documenti di una gara pubblica da parte della stazione appaltante, è da presumere che lo stesso sia stato assolto con l’adozione delle ordinarie garanzie di conservazione degli atti amministrativi, tali da assicurare la genuinità ed integrità dei relativi plichi. In tal caso, la generica doglianza, secondo cui le buste contenenti le offerte non sarebbero state adeguatamente custodite, è irrilevante allorché non sia stato addotto alcun elemento concreto, quali in generale anomalie nell’andamento della gara ovvero specifiche circostanze atte a far ritenere che si possa essere verificata la sottrazione o la sostituzione dei medesimi plichi, la manomissione delle offerte o un altro fatto rilevante al fini della regolarità della procedura.

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TAR PUGLIA - BARI, SEZ. I - sentenza 2 aprile 2013 n. 459 -.

Sulla legittimità dell’esclusione dalla gara di un RTP in caso di mancata sottoscrizione dell’offerta economica da parte di tutti i componenti il raggruppamento

E’ legittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha escluso da una gara (nella specie per l’affidamento di un appalto di servizi) un raggruppamento temporaneo di imprese costituendo, motivato con riferimento al fatto che l’offerta economica del raggruppamento stesso è risultata carente della sottoscrizione di tutti i legali rappresentanti dei componenti del raggruppamento (nella specie era risultata mancante la sottoscrizione della mandante); in tal caso, infatti, deve ritenersi inesistente un elemento essenziale dell’offerta economica non sanabile ex post a mezzo del cd. soccorso istruttorio, e ciò legittima l’esclusione dalla gara ex artt. 37, comma 8 e 46, comma 1 bis, del d.lgs n. 163 del 2006, quale conseguenza vincolata ed automatica della omessa sottoscrizione dell’offerta.

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MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI - CIRCOLARE 30 ottobre 2012, n. 4536 (in G.U. n. 265 del 13 novembre 2012) - Primi chiarimenti in ordine all'applicazione delle disposizioni di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 in particolare alla luce delle recenti modifiche e integrazioni intervenute in materia di contratti pubblici.

1. Affidamento in economia. Limiti di importo previsti dagli articoli 267, comma 10, e 334, comma 1, del d.P.R. 207/2010. Servizi di architettura ed ingegneria.

L'art. 4, comma 2, lettera m-bis) del decreto-legge 13.05.2011, n. 70, come convertito con legge 12.07.2011, n. 106, ha modificato il comma 11 dell'art. 125 del codice, innalzando il limite dell'importo consentito per affidamento diretto in economia di servizi e forniture da 20.000 euro a 40.000 euro. L'art. 267, comma 10, del regolamento stabilisce che i servizi attinenti l'architettura e l'ingegneria, di importo inferiore a 20.000 euro, possono essere affidati, secondo quanto previsto dall'art. 125, comma 11, del codice, nel rispetto dell'art. 125, comma 10, primo periodo.

Parimenti l'art. 334, comma 1, del regolamento prevede la procedura di cottimo fiduciario per affidamenti "di importo pari o superiore a 20.000 euro e fino alle soglie di cui all'art. 125, comma 9, del codice".

Con riferimento alla soglia di 20.000 euro, dalla lettura delle norme del codice e regolamentari sopra indicate risulta evidente la sussistenza di un difetto di coordinamento tra le medesime disposizioni.

Al riguardo, come noto, in applicazione del principio di gerarchia delle fonti di cui al combinato disposto degli articoli 1 e 4 delle c.d. preleggi, le disposizioni contenute in fonti di rango primario prevalgono su quelle contenute in fonti di rango secondario (siano esse anteriori o successive salva, in quest'ultimo caso, l'ipotesi di cc.dd. regolamenti di delegificazione, fattispecie, nella quale non è sussumibile il d.P.R. n. 207/2010).

Pertanto, si chiarisce che l'importo massimo consentito per l'affidamento diretto di lavori, servizi e forniture in economia, fatto salvo il disposto di cui all'art. 125, commi 6 e 10, del codice dei contratti pubblici, è da intendersi pari a 40.000 euro.

L'art. 267, comma 10, del regolamento prima della modifica operata dall'art. 4, comma 15, lettera b-bis), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 stabiliva che "I servizi di cui all'art. 252 il cui corrispettivo complessivo stimato, determinato secondo quanto stabilito dall'art. 262, sia inferiore a 20.000 euro possono essere affidati secondo quanto previsto dall'art. 125, comma 11, secondo periodo, del codice, nel rispetto dell'art. 125, comma 10, primo periodo, del codice medesimo". A seguito della modifica operata dal provvedimento normativo da ultimo cennato, l'art. 267, comma 10 prevede che "I servizi di cui all'art. 252 il cui corrispettivo complessivo stimato, determinato secondo quanto stabilito dall'art. 262, sia inferiore a 20.000 euro possono essere affidati secondo quanto previsto dall'art. 125, comma 11, del codice, nel rispetto dell'art. 125, comma 10, primo periodo, del codice medesimo".

Al riguardo, la soppressione del riferimento al secondo periodo del comma 11 dell'art. 125 ha inteso assoggettare, integralmente, anche i servizi attinenti l'architettura e l'ingegneria al regime generale di cui all'art. 125, comma 11, del codice dei contratti ferma restando l'indicazione di tali servizi nel provvedimento di cui al citato art. 125, comma 10, primo periodo del medesimo codice.

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2. Criteri di selezione dell'offerta per l'affidamento dei servizi attinenti all'architettura ed all'ingegneria di importo inferiore a 100.000 euro.

L'art. 266 del d.P.R. n. 207/2010, rubricato "Modalità di svolgimento della gara", al comma 4, prevede che le offerte siano valutate in conformità al criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

L'art. 261, comma 1, del regolamento dispone che i servizi attinenti l'architettura e l'ingegneria di importo pari o superiore a 100.000 euro siano affidati dalle stazioni appaltanti secondo le disposizioni previste dall'art. 91, comma 1, del codice e dal titolo II della parte III del medesimo d.P.R. n. 207/2010, con esclusione dell'art. 267.

Di converso, per i servizi di importo stimato inferiore a 100.000 euro, l'art. 267, al comma 1, stabilisce l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 91, comma 2, del codice e del solo art. 267 del regolamento: sono escluse, quindi, le restanti disposizioni del titolo II della parte III del d.P.R. n. 207/2010.

Ciò posto, dalla lettura del combinato disposto delle richiamate norme regolamentari si evince che l'obbligo di utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa previsto dal comma 4 dell'art. 266 - inserito nel titolo II della parte III del regolamento - vige unicamente per gli affidamenti di importo stimato pari o superiore a 100.000 euro, mentre per gli affidamenti di importo inferiore a tale soglia è possibile operare una scelta tra il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa e il criterio del prezzo più basso, tanto più che il rinvio all'art. 91, comma 2, del codice, operato dal primo comma dell'art. 267 del regolamento, implica l'obbligo di servirsi della procedura di cui all'art. 57, comma 6, del codice, che contempla utilmente il ricorso ad entrambi i criteri di aggiudicazione.

Avvalimento in servizi e forniture nei settori ordinari e speciali.

L'art. 49, comma 1, del codice prevede l'istituto dell'avvalimento, oltre che per le gare di lavori, anche per quelle di servizi e forniture; inoltre ai sensi dell'art. 50, comma 4, le disposizioni del medesimo articolo riferite ai lavori pubblici si applicano, in quanto compatibili, ai sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture.

L'art. 88 del regolamento rubricato "Contratto di avvalimento in gara e qualificazione mediante avvalimento" è inserito nel capo II del titolo III della parte II del regolamento che disciplina i lavori nei settori ordinari.

Con riferimento ai servizi e forniture non è presente un richiamo espresso al citato art. 88 ovvero l'indicazione di analoga disciplina.

Atteso che dalla lettura congiunta di entrambe le disposizioni normative sopra richiamate risulta di tutta evidenza che l'istituto dell'avvalimento sia applicabile anche ai servizi e alle forniture, ne deriva la circostanza che ove manchi il contratto di avvalimento (sia in lavori che in servizi e forniture) ci sarà violazione dell'art. 49, c. 1, lettera f) del codice e che tale mancanza comporterà l'esclusione del concorrente dalle procedure selettive. Al riguardo si significa che la carenza in argomento si concretizza sia nell'ipotesi di "mancanza materiale" del contratto, che in presenza di un difetto costitutivo e giuridicamente rilevante dello stesso (contratto nullo, sottoposto a condizione meramente potestativa ovvero altre ipotesi di nullità del contratto).

Ciò premesso, si chiarisce che il legislatore per i contratti pubblici di lavori, attesa la specificità degli stessi, ha inteso, in seno all'art. 88, comma 1, lettera a) del regolamento, chiarire che il contratto di avvalimento debba avere un oggetto determinato (quindi, per esempio, con allegazione specifica e identificata delle risorse prestate), mentre, per servizi e forniture, non essendo espressamente richiamato, e, pertanto, applicabile l'art. 88, lo stesso legislatore di rango secondario ha voluto consentire che il contratto di avvalimento possa

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avere anche un oggetto determinabile ai sensi dell'art. 1346 del codice civile ("L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile").

Pertanto, a norma del citato art. 1346 c.c., ove un contratto abbia un oggetto indeterminato, lo stesso sarà da reputarsi nullo e quindi "mancante" a norma dell'art. 49, comma 1, lettera f) del codice dei contratti, con la conseguenza che l'avvalimento è da ritenersi illegittimo.

Analoghe considerazioni valgono con riferimento ai settori speciali in virtù degli articoli 230, 232 e 233 del codice e dell'art. 339, comma 1, lettera l) del regolamento.

Acquisizione del DURC per i contratti di servizi e forniture di importo inferiore a 20.000 euro.

Un'ulteriore problematica riguarda il documento unico di regolarità contributiva (DURC). Il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito con legge n. 2/2009 prevede, all'art. 16-bis, comma 10, che le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscano d'ufficio il DURC, anche attraverso strumenti informatici, dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge.

In conformità a tale assunto, il regolamento prevede, all'art. 6, comma 3, le fasi in cui il DURC, in corso di validità, debba essere acquisito d'ufficio.

Nello specifico: "3 ...Omissis...

a) per la verifica della dichiarazione sostitutiva relativa al requisito di cui all'art. 38, comma 1, lettera i), del codice;

b) per l'aggiudicazione del contratto ai sensi dell'art. 11, comma 8, del codice;

c) per la stipula del contratto;

d) per il pagamento degli stati avanzamento lavori o delle prestazioni relative a servizi e forniture;

e) per il certificato di collaudo, il certificato di regolare esecuzione, il certificato di verifica di conformità, l'attestazione di regolare esecuzione, e il pagamento del saldo finale."

Il decreto-legge n. 70/2011 convertito con legge n. 106/2011 stabilisce, all'art. 4, comma 14-bis, che per i contratti pubblici di forniture e servizi fino a 20.000 euro stipulati con la pubblica amministrazione e con le società in house, i soggetti contraenti possano produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo del documento di regolarità contributiva, e che le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare controlli periodici sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive.

Ciò posto, occorre chiarire - in riferimento ai contratti di forniture e servizi fino a 20.000 euro - a quali fasi della procedura individuate in seno all'art. 6, comma 3, del regolamento si applichi la novella introdotta dal decreto-legge n. 70/2011 convertito con legge n. 106/2011 e, pertanto, se si possa procedere all'affidamento ed alla successiva stipula di un contratto solo sulla base dell'autocertificazione.

Al riguardo, anche se la richiamata norma si riferisce ai "contratti stipulati" e ai "soggetti contraenti", alla luce della ratio della stessa, finalizzata ad introdurre criteri di massima semplificazione e alla riduzione degli oneri amministrativi, si chiarisce che, limitatamente ai contratti di forniture e servizi fino a 20.000 euro, fermo restando l'obbligo di controllo a campione dell'amministrazione in ordine alla veridicità di quanto dichiarato dai contraenti ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, la dichiarazione sostitutiva relativa alla regolarità contributiva è ammissibile per tutte le fasi individuate dall'art. 6, comma 3 del regolamento, ivi inclusa la fattispecie recata dalla lettera c) relativa alla stipula del contratto.

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