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Rassegna stampa “Le nuove biotecnologie in agricoltura: Il progetto europeo iPlanta” settembre-ottobre 2019 FreshPlaza, 25 settembre 2019, “Le nuove biotecnologie in agricoltura: il progetto europeo iPlanta; Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2019, Progetto dell’ENEA per modificare i geni delle piante colpite (versione cartacea) Terra e Vita, 3 ottobre 2019, “RNA interferente, la biotecnologia che difende l’agricoltura”; AgroNotizie, 3 ottobre 2019, “Le piante che non si ammalano, arrivano le biotecnologie per l'agricoltura”; FreshPlaza, 3 ottobre 2019, “La chiave per la soluzione dei problemi che affliggono l'agricoltura e' nella genetica avanzata”; NewsFood, 7 ottobre 2019, “‘iPlanta’, la lotta a parassiti e patogeni in campo agroalimentare con le nuove biotecnologie”; Il Dolomiti, 9 ottobre 2019, “Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e cimice asiatica?”.

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Rassegna stampa

“Le nuove biotecnologie in agricoltura: Il progetto europeo iPlanta”

settembre-ottobre 2019

FreshPlaza, 25 settembre 2019, “Le nuove biotecnologie in agricoltura: il progetto europeo

iPlanta”;

Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2019, Progetto dell’ENEA per modificare i geni delle piante colpite

(versione cartacea)

Terra e Vita, 3 ottobre 2019, “RNA interferente, la biotecnologia che difende l’agricoltura”;

AgroNotizie, 3 ottobre 2019, “Le piante che non si ammalano, arrivano le biotecnologie per

l'agricoltura”;

FreshPlaza, 3 ottobre 2019, “La chiave per la soluzione dei problemi che affliggono

l'agricoltura e' nella genetica avanzata”;

NewsFood, 7 ottobre 2019, “‘iPlanta’, la lotta a parassiti e patogeni in campo agroalimentare

con le nuove biotecnologie”;

Il Dolomiti, 9 ottobre 2019, “Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e

cimice asiatica?”.

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Presentazione a Roma, mercoledi 2 ottobre 2019 ore 12:00

Le nuove biotecnologie in agricoltura: il progetto europeo iPlanta

Il coordinatore del progetto europeo iPlanta COST Action, Prof. Bruno Mezzetti del

Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università Politecnica delle Marche, e il coordinatore del

Gruppo di lavoro sulla biosicurezza, Dr. Salvatore Arpaia, del Dipartimento DTE dell'ENEA sono

lieti di invitare alla conferenza stampa di presentazione del progetto europeo iPlanta, che si

terrà a Roma mercoledì 2 ottobre alle ore 12:00 in Sala Caduti di Nassirya, Palazzo Madama.

La tecnologia RNAi, basata sul silenziamento genico mediante RNA interferente, ha mostrato

risultati promettenti nella difesa delle colture da nuovi patogeni e parassiti, i quali provocano

emergenze e causano danni alle coltivazioni made in Italy fino a più di un miliardo di euro

all'anno. L'incontro pubblico del 2 ottobre avrà l'obiettivo di presentare le attività del progetto e

di discutere il possibile scenario riguardante l'introduzione di queste ed altre biotecnologie

nell'agricoltura europea e italiana.

Alle 14:30 seguirà una tavola rotonda sui requisiti normativi e scientifici per avviare la

sperimentazione in campo con piante geneticamente modificate e nuovi prodotti biotech, alla

quale parteciperanno diversi speaker: Prof. Joe Perry (già chair del GMO Panel dell'EFSA),

Dott.ssa Kara Giddings (Bayer U.S. -Crop Science R&D Regulatory Science), Prof.ssa

Godelieve Gheysen (Università di Ghent), Prof. Bruno Mezzetti (Università Politecnica delle

Marche), Prof. Huw Jones (Aberystwyth University), Prof. Michel Ravelonadro (INRA), Dott.

Salvatore Arpaia (ENEA). L'incontro sarà moderato dal giornalista Antonio Pascale, presso la

Sala dell'Istituto di Santa Maria in Aquiro, Piazza Capranica 72, Roma.

Avvertenze

- Le opinioni e i contenuti espressi nell'ambito dell'iniziativa sono nell'esclusiva responsabilità

dei proponenti e dei relatori e non sono riconducibili in alcun modo al Senato della Repubblica

o ad organi del Senato medesimo.

- L'accesso alle sale prevede un abbigliamento consono e, per gli uomini, obbligo di giacca e

cravatta.

- I giornalisti devono accreditarsi secondo le modalità consuete, inviando un fax con nome e

cognome, luogo e data di nascita, numero iscrizione all'OdG al numero 06.6706.2947.

- La partecipazione alla conferenza stampa e alla tavola rotonda è aperta tutti, fino al

raggiungimento della capienza della sala, inviando i propri dati a: [email protected] per la

conferenza stampa; [email protected] per la tavola rotonda

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Il progetto iPlanta

La difesa delle colture da nuovi patogeni e parassiti è una delle principali sfide che interessano

attualmente il settore agricolo. Il danno economico di alcune emergenze legate ad organismi

nocivi di recente diffusione, tra i quali il batterio Xylella fastidiosa e il Drosophila suzukii,

ammonta ad approssimativamente un miliardo di euro all'anno.

Le innovazioni tecniche e scientifiche rivestono un ruolo di primo piano nel garantire la

sostenibilità ambientale, economica e sociale di questo comparto. L'accesso a tutte le tecnologie

disponibili, comprese le biotecnologie applicate alle piante,è fondamentale per affrontare nuovi

pericoli e ridurre l'utilizzo dei pesticidi in agricoltura.

Risultati promettenti si stanno ottenendo attraverso nuovi metodi basati sul sistema del

silenziamento genico mediante RNA interferente (RNAi), in grado di potenziare le capacità di

difesa delle piante per rispondere all'attacco dei patogeni. Con la tecnica del RNAi si può

modulare l'espressione di geni della pianta senza richiedere l'espressione di nuove molecole.

Le caratteristiche di mobilità attraverso il sistema vascolare della pianta, nelle piante da frutto,

possono offrire la possibilità di modificare i portinnesti per la produzione stabile di RNAi che

conferiscono resistenza alla pianta che produce frutti non geneticamente modificati. Le molecole

di RNA possono anche essere formulate e applicate come trattamento topico alle piante per

cambiare la loro fisiologia o combattere parassiti e agenti patogeni.

E' realistico considerare l'utilizzo di dsRNA come biopesticida applicabile come spray fogliare,

concia dei semi o direttamente nel suolo. Il progetto iPlanta, realizzato nell'ambito del

programma Europeo HORIZON2020 COST e coordinato dal Prof. Bruno Mezzetti (Dipartimento

di Scienze Agrarie dell'Università Politecnica delle Marche), ha la finalità di collegare i principali

gruppi di ricerca attivi sulla tecnologia RNAi in Europa e in America, conorganizzazioni

internazionali come EFSA, FAO e aziende. Per l'Italia sono coinvolti gruppi di ricerca di diverse

Università (Ancona, Bologna, Verona, La Sapienza), di CREA, CNR, ENEA, aziende del settore

e organizzazioni professionali.

Secondo il prof. Mezzetti "per affrontare le emergenze che caratterizzano il nostro paese risulta

fondamentale poter applicare tutte le tecnologie disponibili, comprese quelle biotecnologie, e

mostrare i benefici all'opinione pubblica mediante l'attivazione della sperimentazione in campo".

Gli aspetti della sicurezza ambientale e per la salute sono valutati dal gruppo di lavoro

coordinato dal Prof. Salvatore Arpaia dell'ENEA, che ritiene che "un punto di forza delle

applicazioni del RNAi possa essere una elevata specificità di azione sulle specie dannose, per

cui già da ora ci si sta impegnando per valutare la biosicurezza di questi prodotti per gli organismi

non bersaglio, chiaramente in primo luogo il consumatore".

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RNA interferente,

la biotecnologia che difende

l’agricoltura Video interviste ai professori Bruno Mezzetti e Salvatore Arpaia

Di Laura Saggio

3 Ottobre 2019

RNAi irrorati per disinnescare i patogeni e far acquisire resistenza alle piante ospiti: è la

frontiera più estrema nella difesa delle colture.

Presentato a Roma il progetto europeo iPlanta sulla tecnica RNAi: piccole molecole naturali ad

azione specifica su patogeni e parassiti. Bruno Mezzetti, coordinatore del progetto: «La possibilità

di applicare tutte le tecnologie disponibili, comprese le biotecnologie, è fondamentale per affrontare

le emergenze che colpiscono il settore agricolo italiano ed europeo, riducendo l’impatto della chimica

e l’utilizzo dei pesticidi. Ora serve poter fare sperimentazione in campo».

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La difesa delle colture da nuovi patogeni e parassiti è una delle principali sfide che interessano

il settore agricolo. Basti citare l’ingente danno economico, pari a circa 1 miliardo di euro l’anno,

causato da alcune emergenze legate a organismi nocivi di recente diffusione, quali il

batterio Xylella fastidiosa, il rincote cimice asiatica o il dittero Drosophila suzukii.

L'innovazione è l'unica strada

L’unica arma di difesa che possiamo mettere in campo per affrontare nuovi pericoli e ridurre

l’utilizzo dei pesticidi in agricoltura è investire in un’innovazione tecnica e scientifica sempre più

attenta alla sostenibilità ambientale, economica e sociale. Risultati promettenti, in questo

ambito, si stanno ottenendo attraverso nuovi metodi basati sul silenziamento genico post-

trascrizionale (PTGS) mediante RNA interferente (RNAi), in grado di potenziare la capacità di

difesa delle piante per rispondere all’attacco dei patogeni.

Le sezioni bianche nel fiore della peonia rappresentano le aree in cui l'RNAi ha silenziato il

gene coinvolto nella colorazione del fiore.

Come funziona la tecnologia RNAi?

Attraverso la tecnica del RNAi si può modulare l’espressione di geni della pianta senza

richiedere l’espressione di nuove molecole. La tecnologia RNAi si basa dunque su un

meccanismo naturale, evolutivamente conservato in pianta, che aiuta le piante a sviluppare

sistemi di autodifesa dalle malattie, in particolare dai virus, permettendo così di ridurre l’impatto

della chimica. Questo meccanismo naturale è anche in grado di inviare segnali nella pianta e

tra la pianta e altri organismi, regolandone lo sviluppo e l’interazione. Questo permette di

potenziare le capacità di difesa delle piante, modificandone il metabolismo per rispondere

all’attacco dei patogeni, attivando dei meccanismi di resistenza. Le caratteristiche qualitative e

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produttive delle piante vengono quindi migliorate attraverso questa tecnica, il contenuto di

nutrienti benefici per il consumatore viene incrementato, mentre gli allergeni e le tossine, le

perdite post-raccolta e l’uso di fitofarmaci vengono ridotti o eliminati.

Nuovi metodi di applicazione

Le molecole di RNAi possono anche essere formulate e applicate come trattamento topico alle

piante per cambiare la loro fisiologia o combattere parassiti e agenti patogeni. Un'innovazione

recente è l’applicazione diretta, mediante spray, di dsRNA (SIGS) come nuova strategia per la

protezione delle piante o la regolazione della crescita delle piante e la maturazione dei frutti.

Tali progressi tecnici nella produzione di dsRNA e la preparazione di formulati per migliorare

l'efficacia, la stabilità e la persistenza del dsRNA extracellulare rendono quindi realistico

considerarne l'utilizzo come “biopesticida” di elevato interesse commerciale, in quanto

applicabile come spray fogliare, concia dei semi o direttamente nel suolo, con elevata specificità

e biosicurezza rispetto ad alcuni prodotti chimici o strategie alternative di biocontrollo. Il dsRNA

può essere prodotto utilizzando batteri e lieviti, ma ora sono disponibili anche sistemi di

produzione di massa senza cellule. Ciò ha permesso di abbassare significativamente i costi di

produzione negli ultimi anni, rendendo la tecnica RNAi competitiva sul mercato.

In virtù di queste innovazioni è importante aggiornare in tempi brevi le normative e i sistemi di

valutazioni di sicurezza per i prodotti fitosanitari (PPP), includendo anche queste nuove

micromolecole naturali a base di dsRNA.

Il progetto europeo iPlanta

Il progetto iPlanta, presentato a Roma in Senato, realizzato nell’ambito del programma Horizon

2020 COST e coordinato dal Prof. Bruno Mezzetti (Dipartimento di Scienze Agrarie

dell’Università Politecnica delle Marche), ha la finalità di collegare i principali gruppi di ricerca

attivi sulla tecnologia RNAi in Europa e in America, con organizzazioni internazionali come Efsa,

Fao e aziende. Per l’Italia sono coinvolti gruppi di ricerca di Università (Ancona, Bologna,

Verona, La Sapienza), Crea, Cnr, Enea, e organizzazioni professionali di settore.

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In Italia bloccate le sperimentazioni in campo

Dal 2002 in Italia non è possibile condurre sperimentazione di campo con piante geneticamente

modificate (Ogm) a causa della mancata attivazione del sistema di valutazione e autorizzazione

previsto dalle direttive europee.

«Per affrontare le emergenze che caratterizzano il nostro Paese – ha affermato Bruno

Mezzetti - è fondamentale poter applicare tutte le tecnologie disponibili, comprese quelle

applicate al miglioramento genetico delle piante, come Ogm, RNAi, Cisgenico, Gene Editing, e

poter mostrare i benefici all’opinione pubblica mediante l’attivazione della sperimentazione in

campo. La sperimentazione continua a progredire in tutti i paesi del mondo, in particolare nel

settore privato, in Italia, invece, i ricercatori sono costretti a limitare i loro studi alla messa a

punto di protocolli di modificazione genetica in laboratorio o al massimo, limitatamente ad alcune

piante erbacee, in serra, senza quindi poter vedere il risultato finale della loro ricerca. Ciò

comporta uno svantaggio nei confronti di gruppi di ricerca stranieri, privati e pubblici, in termini

sia di benefici economici sia di sviluppo di nuove tecnologie e piante, capaci di rendere i sistemi

produttivi più efficienti e a basso impatto, e soprattutto più sicuri e sostenibili per l’ambiente e

per i consumatori».

La biosicurezza al centro degli studi sull’applicazione dell’RNAi

Gli aspetti della sicurezza ambientale e per la salute di questa biotecnologia sono valutati dal

gruppo di lavoro coordinato dal prof. Salvatore Arpaia dell’Enea, che specifica come «Un

importante punto di forza delle applicazioni del RNAi è l'elevata specificità di azioni sulle specie

dannose, per cui già da ora ci stiamo impegnando per valutare la biosicurezza di questi prodotti

per gli organismi non bersaglio, in primo luogo per il consumatore. Intanto possiamo dire che le

sperimentazioni che stiamo effettuando – sottolinea Arpaia – ci permettono di vedere, per

esempio, come agiscono questi biopesticidi sugli impollinatori. Una scoperta importante è che

questa molecola è innocua per le api».

RNAi, quali differenze rispetto agli Ogm e alle NBT?

Rispetto agli OGM e alle NBT (New Breeding Techniques), come cisgenico, CRISPR/Cas o

TALEN, la tecnica RNAi presenta alcuni aspetti distintivi, quali: non si esprimono o applicano in

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pianta nuove molecole, proteine o enzimi, ma solo piccoli frammenti naturali di RNA con azione

altamente specifica di silenziamento di geni di interesse; si può modulare l’espressione di geni

della pianta, come ad esempio ottenere piante ingegnerizzate metabolicamente con profili di

acidi grassi modificati, o di organismi target al fine di bloccarne la diffusione; le molecole di

dsRNA hanno un'alta mobilità attraverso il sistema vascolare della pianta e possono spostarsi

all'interno della pianta dal punto di produzione ad altre parti. Pertanto, il dsRNA prodotto in una

parte della pianta (ad esempio il portainnesto) ha il potenziale di diffondersi nelle parti innestate,

in modo da conferire resistenza alle malattie all'intera pianta, compresi i frutti. Ciò comporta che

in frutti prodotti non sono geneticamente modificati (GM), bensì protetti dalla presenza di piccole

molecole di RNA degradabili, ma ad azione specifica su organismi target (patogeni e parassiti).

Le molecole di siRNA sono prodotte nel portinnesto RNAi e vengono trasportate, lungo il

sistema vascolare, al nesto, senza che il suo corredo genetico sia modificato.

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Biotecnologie, due pesi due misure

La senatrice Elena Cattaneo durante i lavori al Senato ha sottolienato come in Italia siano

applicati due pesi e due misure nell’impiego delle biotecnologie: «la scoperta della 'cassetta

degli attrezzi' del Dna permette infatti di condurre promettenti sperimentazioni nel campo delle

biotecnologie mediche, ma queste stesse sperimentazioni sul campo, in agricoltura, non sono

permesse. Vorrei vedere tutti gli scienziati in campo aperto». La senatrice ha poi ribadito che

«Bisogna disinnescare il marketing della paura che viene acceso in modo emotivo e mantiene

distanti dalla conoscenza».

L’Efsa, parere positivo sulla biosicurezza con tecnologia RNAi

L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha espresso parere positivo sulla

biosicurezza di diverse piante modificate per l’espressione stabile di RNAi al fine di migliorare

le caratteristiche nutrizionali, e più recentemente per la resistenza a diabrotica in mais. In tutto

il mondo sono state approvate diverse piante resistenti ai virus, ad esempio susino resistente

alla Sharka e papaia resistente al ring spot virus, e sono in fase di sviluppo molte altre

applicazioni di controllo di virus, insetti e funghi (ruggine dei cereali, muffa della frutta,

peronospora della vite).

Elenco dei nuovi patogeni e parassiti che provocano ingenti perdite di prodotto ed enormi rischi

di contaminazioni alimentari:

Il batterio Xylella fastidiosa che in 6 anni ha devastato circa 50 mila ettari di Olivo;

La diffusione del virus PPV (Sharka) che in 10 anni ha distrutto il 25% della produzione

italiana di drupacee (pesco, susino e albicocco);

Il dittero Drosophila suzukii che sta creando notevoli problemi nella coltivazione di

fragola, ciliegio e altri piccoli frutti;

La cimice asiatica (Halyomorpha halys) in continua diffusione su tutto il territorio con

impatto ormai esteso a tutte le coltivazioni (dalla soia alla vite).

Per tutte le informazioni sul progetto iPlanta, visitare il sito https://iplanta.univpm.it/

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Le piante che non si ammalano,

arrivano le biotecnologie per l'agricoltura

Il progetto IPlanta mette al centro nuove tecnologie che possono evitare danni per 1

miliardo

di Tommaso Tetro

Il progetto IPlanta è realizzato all'interno del programma europeo Horizon2020, con il coinvolgimento di più di trenta paesi Fonte foto: © GiroScience - Fotolia

Un'agricoltura al passo con l'innovazione grazie alle biotecnologie. E' questo il cuore del progetto IPlanta -

realizzato all'interno del programma europeo Horizon2020, con il coinvolgimento di più di trenta paesi, e

coordinato dall'Università politecnica delle Marche e dall'Enea per il gruppo di lavoro sulla biosicurezza - che con

un meccanismo naturale aiuta le piante a sviluppare sistemi di autodifesa dalle malattie, in particolare dai virus,

permettendo così di ridurre l'uso della chimica e degli agrofarmaci in agricoltura. Il tutto con un impatto

economico che - in base alla stima dei danni causati da patogeni e parassiti alle colture italiane - vale un miliardo

di euro all'anno.

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"Dobbiamo avere anche in Italia un'agricoltura al passo con l'innovazione - afferma la senatrice a vita Elena

Cattaneo, che da farmacologa dirige il Laboratorio di biologia delle cellule staminali dell'Università statale di

Milano, nel corso della conferenza 'Le nuove biotecnologie in agricoltura' a Palazzo Madama - abbiamo scoperto

la 'cassetta degli attrezzi' del Dna: costruiamo molecole interferenti specifiche per silenziare o bloccare un gene

malattia, e in medicina funziona bene in fase di sperimentazione clinica. È incredibile pensare che, con fiducia,

speranza e molti dati, facciamo sull'uomo cose che, dal punto di vista della sperimentazione in campo, sulle piante

siamo meno autorizzati a fare. Nelle biotecnologie ci sono due pesi e due misure: nella medicina sì, nell'agricoltura

no".

Al centro di IPlanta c'è la tecnica RNAi che - spiega Bruno Mezzetti, coordinatore del progetto e direttore del

dipartimento di Scienze agrarie dell'Università politecnica delle Marche - ha alcuni aspetti distintivi rispetto agli

Ogm e alle Nbt (New breeding techniques). E in particolare: non si esprimono o applicano in pianta nuove

molecole, proteine o enzimi, ma solo piccoli frammenti naturali di Rna con azione altamente specifica di

silenziamento di geni di interesse; si può modulare l'espressione di geni della pianta, come per esempio ottenere

piante ingegnerizzate metabolicamente con profili di acidi grassi modificati, o di organismi target al fine di

bloccarne la diffusione; le molecole di dsRna hanno un'alta mobilità attraverso il sistema vascolare della pianta e

possono spostarsi all'interno della pianta dal punto di produzione ad altre parti. Pertanto, il dsRna prodotto in una

parte della pianta ha il potenziale di diffondersi nelle parti innestate, in modo da conferire resistenza alle malattie

all'intera pianta, compresi i frutti. I frutti prodotti non sono perciò geneticamente modificati ma protetti dalla

presenza di piccole molecole di Rna degradabili, ad azione specifica su organismi target (patogeni e parassiti); le

molecole di dsRna possono anche essere formulate e applicate come trattamento topico alle piante per cambiare

la loro fisiologia o combattere parassiti e agenti patogeni.

"Mentre la sperimentazione continua a progredire in tutti i paesi del mondo, in particolare nel settore privato -

aggiunge poi Mezzetti - in Italia i ricercatori sono costretti a limitare i loro studi alla messa a punto di protocolli di

modificazione genetica in laboratorio o al massimo, limitatamente ad alcune piante erbacee, in serra, senza poter

vedere il risultato finale della loro ricerca. Ciò comporta uno svantaggio nei confronti di gruppi di ricerca stranieri,

privati e pubblici, in termini sia di benefici economici sia di sviluppo di nuove tecnologie e piante, capaci di rendere

i sistemi produttivi più efficienti ed a basso impatto, e soprattutto più sicuri e sostenibili per l'ambiente e per i

consumatori".

"Questo percorso - osserva Salvatore Arpaia del laboratorio di biosicurezza dell'Enea - ha il vantaggio, rispetto ad

altre strade, che gli studi sulla biosafety per garantire la sostenibilità in ogni fase del progetto sono iniziati subito:

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e tutti quelli fatti finora coinvolgendo le api con l'uso di diversi Rna interferenti hanno dato risultati negativi dal

punto di vista tossicologico e quindi positivi da quello ambientale".

Le crescenti difficoltà date per esempio dall'arrivo di nuove specie dannose a causa sia dei cambiamenti climatici

e per l'aumento degli scambi commerciali a livello mondiale, vengono messi in evidenza da Luca Casoli, del Servizio

fitosanitario della Regione Emilia Romagna e direttore dei due consorzi fitosanitari di Modena e Reggio

Emilia: "Non si può ragionare sull'emergenza con usi speciali o deroghe, né puntare tutto sull'agricoltura biologica,

ma bisogna accompagnare tutto questo con qualcosa di nuovo, con un'evoluzione ed un'apertura".

Per Gian Luca Mordenti, rappresentante del Consorzio italiano vivaisti viticoli-Ampelos, "l'Italia ha

enorme biodiversità per quanto riguarda le varietà di vite: sono circa 600 quelle da vino iscritte e catalogate nel

registro per la commercializzazione, cui vanno aggiunte quelle da tavola e i portinnesti. Come vivaisti - afferma

- guardiamo con interesse a questo tipo di ricerca e speriamo venga data libertà di sperimentazione in campo di

queste nuove biotecnologie, perché la modifica del Dna è piccola e la varietà rimane la stessa, quindi il viticoltore

sa che riuscirà a continuare a vendere lo stesso prodotto".

Secondo Marco Aurelio Pasti, di Confagricoltura e imprenditore agricolo, fino a inizio anni 2000 in Italia si

producevano circa 10 milioni di tonnellate di mais all'anno, ma da allora ad oggi la produzione si è quasi dimezzata

e ogni anno per importare i 5 milioni di tonnellate mancanti l'agricoltura italiana deve sostenere un costo di circa

un miliardo di euro: "E' il prezzo della mancata innovazione, non possiamo seminare il mais resistente alla piralide,

ma possiamo importarlo dall'estero, dove è permesso coltivarlo. Questo vuol dire perdere competitività".

E anche Andrea Gennaro, scientific officer del panel sugli Ogm dell'Efsa, fa presente che l'Agenzia europea per la

sicurezza alimentare si avvale dell'aiuto di esperti scienziati per la valutazione del rischio.

© AgroNotizie - riproduzione riservata

Fonte: Agronotizie

Autore: Tommaso Tetro

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Presentazione del progetto iPlanta

La chiave per la soluzione dei problemi che affliggono l'agricoltura e' nella genetica avanzata

Serve un approccio scientifico e di alto livello per le sfide che riguardano la salute delle piante,

evitando la scomparsa di grandi e tradizionali colture: un metodo che nulla ha a che fare con la

manipolazione genetica delle piante, ma con l'uso di molecole naturali, filamenti di Rna che

vanno a colpire solo obiettivi mirati e null'altro. Quindi antagonisti di patogeni, malattie e tutto

ciò che sta rendendo critico il mondo dell'agricoltura italiana e mondiale.

Tavolo dei relatori

In tutto questo s'inquadra il progetto iPlanta COST Action, che opera nell'ambito del

programma Europeo HORIZON2020 COST, coordinato dal Prof. Bruno Mezzetti del

Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università Politecnica delle Marche. E' un progetto ad

amplissimo respiro che abbraccia ricercatori europei, circa 200, con il coinvolgimento di trenta

nazioni. Vitale la comunicazione, mostrando gli effetti e, come sottolineato da Mezzetti, portando

in campo una sperimentazione che esce dai laboratori; passo cruciale, urgente e necessario.

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Il progetto iPlanta è stato presentato il 2 ottobre 2019 a Palazzo Giustiniani, Sala dei Presidenti,

edificio che rientra fra le strutture di pertinenza del Senato. Al tavolo dei relatori, la

senatrice Elena Cattaneo, docente dell'Università Statale di Milano che ha accolto tutti e ha

aperto i lavori. La senatrice Elena Cattaneo e il coordinatore del progetto europeo iPlanta COST

Action, il professore Bruno Mezzetti, del Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università

Politecnica delle Marche - convegno a palazzo Giustiniani-Senato, Roma

Con la Cattaneo, il professor Bruno Mezzetti che ha sottolineato l'importanza delle biotecnologie

in agricoltura, con ovvio riferimento al progetto iPlanta. Poi, il dottor Salvatore Arpaia,

ricercatore dell'Enea, Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo

Economico e sostenibile (valutazione rischi e benefici dei prodotti biotech), il dottor Luca

Casoli del Servizio Fitosanitario della Regione Emilia Romagna (emergenze fitosanitarie in

agricoltura), il dottor Marco Aurelio Pasti, imprenditore agricolo nonché componente del

Consiglio direttivo dell'AMI, Associazione Maiscoltori Italiani (emergenze fitosanitarie nel settore

cerealicolo e possibili risposte della scienza), Gian Luca Mordenti, segretario di Ampelos, il

Consorzio Italiano Vivaisti Viticoli (emergenze fitosanitarie nel settore vitivinicolo), e, infine, il

dottor Andrea Gennaro del panel scientifico sugli organismi geneticamente modificati

dell'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (ruolo EFSA nella valutazione delle

biotecnologie).

Il professor Bruno Mezzetti, il dottor Salvatore Arpaia, Gian Luca Mordenti, il dottor Luca

Casoli

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L'incontro ha seguito e ha preceduto lavori tra diversi scienziati coinvolti nel programma,

ricercatori che hanno fatto il punto della situazione della ricerca e sulle prospettive per la futura

sperimentazione in campo.

Come sottolineato dall'organizzazione, la tecnologia RNAi, basata sul silenziamento genico

mediante RNA interferente, ha mostrato risultati promettenti nella difesa delle colture da nuovi

patogeni e parassiti, i quali provocano emergenze e causano danni alle coltivazioni made in Italy

fino a più di un miliardo di euro all'anno. Il tutto permetterebbe di fare sempre meno ricorso a

fitofarmaci, insetticidi, pesticidi e sostanze chimiche artificiali oggi utilizzate in agricoltura.

Leggendo e ascoltando progetti e rotte di ricerca sulla tecnologia RNAi, il pensiero va subito a

obiettivi da colpire, come il batterio Xylella fastidiosa che ha devastato circa 50.000 ettari di olivo

nel corso di sei anni. Oppure contrastare la diffusione del virus PPV-Sharka che ha distrutto il

25% della produzione italiana di drupacee, quindi pesche, susine e albicocche, strage avvenuta

nell'arco di un decennio. O ancora fermare il dittero Drosophila suzukii che sta mettendo in

pericolo le colture della fragola, del ciliegio e altri frutti di tale tipologia. Infine, bloccare l'avanzata

inesorabile della Cimice asiatica o Halyomorpha halys, che si sta diffondendo all'intero territorio

italiano senza risparmiare colture, dalla soia alla vite fino a colpire la ri-nascente canapicoltura.

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"Quella "i" di "iPlanta" per cosa sta? – ha esordito la senatrice Elena Cattaneo – Il 95% circa del

DNA umano controlla quel che fanno i 30.000 geni. All'interno del DNA c'è una cassetta di

attrezzi che regola la funzione, l'attività di quei geni, diversamente tra le varie cellule: sono pezzi

di Dna che stanno fuori dai geni. Hanno rivoluzionato la medicina e possiamo costruirceli in

laboratorio, dove possiamo avere delle modalità per accendere, spegnere, modulare dei geni-

Malattia. E' una cosa che in medicina facciamo, per esempio per curare le malattie

genetiche. Strumenti specifici per interferire o bloccare specificatamente su un gene-

malattia. La stessa cosa si può fare per le piante, con la stessa favolosa tecnologia".

Dottor Andrea Gennaro, dottor Marco Aurelio Pasti, senatrice Elena Cattaneo.

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"E' incredibile con quale fiducia e speranza applichiamo tali tecniche avanzate sull'uomo – ha

proseguito la senatrice – mentre siamo molto più limitati nella possibilità di azione sulle

piante. Ci sono due pesi e due misure sul Biotech? In Medicina va bene, ma in Agricoltura

no? Ritrosia sulla sperimentazione in campo aperto delle biotecnologie, come questi

interferenti. Vogliamo perdere i nostri campi di mais, le nostre colture tipiche e dipendere sempre

più dall'estero? Come fare a disinnescare questo marketing della paura spesso acceso per

ondate emozionali, tenendosi così alla larga dall'innovazione che invece è amica? Questa è

un'occasione straordinaria per tutti noi, con la possibilità di fornire ai legislatori le conoscenze

messe a disposizione con questa linea di ricerca".

"Con iPlanta abbiamo dato vita a un network, mettendo insieme le conoscenze di diversi paesi

europei che lavorano in modo specifico sul tema dell'interferenza o meglio, del "silenziamento

genico" basato sull'utilizzo di piccole molecole di Rna che interferiscono con l'espressione

di geni che possono avere risvolti negativi sulla vita delle piante – ha spiegato il professore

Mezzetti – Siamo al lavoro secondo un progetto strutturato in diversi gruppi o blocchi in un

concetto di filiera: dalla conoscenza di base, dal tipo di molecola, alla bio-informatica sulle

conoscenze genomiche a quali sono i geni che creano delle problematiche come la sensibilità

alle malattie, e come bloccarli".

"Un secondo gruppo lavora per capire come applicare il tutto, con la resistenza alle malattie

come una delle priorità assolute, più o meno in tutte le piante e su diverse situazioni di difficoltà,

quindi per patogeni come funghi, batteri e virus o per parassiti, in particolare gli insetti".

"Un terzo gruppo è quello sulla Biosicurezza, perché siamo consapevoli che per diffondere

queste tecnologie, perché possano essere trasferite in campo, occorre uno studio che valuti il

rischio soppesando vantaggi, convenienze e possibili contraccolpi per la salute e per l'ambiente

– ha aggiunto Mezzetti – Poi c'è la valutazione socio-economica, l'impatto sociale e sulla

produttività, quindi ci confrontiamo con le imprese per comprendere come vedono e come

prevedono l'utilità di queste tecnologie, e il loro impatto. Infine, il gruppo della comunicazione,

del confronto, per diffondere la conoscenza di quel che facciamo e del perché lo facciamo, con

messaggi semplici e sintetici, ma sempre ad alto livello scientifico".

"Quello che è bene sempre sottolineare è che l'uso dell'Rna interferente non è espressione

di una manipolazione nella pianta – ha ribadito il coordinatore del progetto – ma è da

considerare come una piccola molecola utilizzata a difendere la pianta senza alterarla. Ed è un

utilizzo molecolare molto specifico, che sta incuriosendo moltissimo. Un esempio sulle

possibilità di applicazione: sul caso Xylella si potrebbe agire su due fronti, inizialmente e in

maniera più immediata, controllando e limitando il vettore, cioè l'insetto che diffonde la malattia;

poi con utilizzo di specifiche piccole molecole aggiunte a quelle espresse dalla tecnologia RNAi

per combattere direttamente il batterio".

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Tavolo dei relatori durante il convegno a palazzo Giustiniani-Senato, Roma

Una novità è l'applicazione di RNA grazie a uno spray per stimolare la protezione delle piante,

la regolazione della crescita e la maturazione dei frutti. "L'uso delle molecole di Rna

interferenti potrebbe aprire prospettive anche per i paesi che non vogliono presenza sul

loro territorio di OGM, organismi geneticamente modificati – ha detto il dottor Salvatore

Arpaia – Questa stessa molecola potrebbe essere utilizzata come un biopesticida, come lo

chiamo adesso scientificamente, si vedrà poi come sarà regolamentata dalla legge: una

molecola naturale, molto selettiva, che potrà attaccare solo alcune specie relate fra di loro; poco

stabile nell'ambiente, dopo qualche giorno dal trattamento scompare totalmente".

"Il metodo ha grande potenzialità – ha concluso Arpaia – Stiamo sperimentando in laboratorio

l'effetto su altri insetti non bersaglio per osservare cosa accade loro in caso di ingestione. Non

abbiamo registrato effetti, a cominciare dalle preziosissime api. Ora stiamo lavorando alla

ricerca di eventuali effetti non voluti anche sulla Chrysoperla, predatore degli afidi. Finora, anche

in questo caso, non ne abbiamo registrato alcuno da parte della molecola di RNA interferente".

Autore: G.G. per FreshPlaza

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‘IPLANTA’, LA LOTTA A PARASSITI E PATOGENI IN CAMPO AGROALIMENTARE

CON LE NUOVE BIOTECNOLOGIE

7 OTTOBRE 2019

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IN : AGROALIMENTARE , IN EVIDENZA , INTERNATIONAL , PRIMA PAGINA , SICUREZZA ALIMENTARE

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iPlanta, un progetto per contrastare parassiti e patogeni in campo agroalimentare con le nuove biotecnologie di Maurizio Ceccaioni

Le biotecnologie, gioia e dolori della moderna società, tra ancestrali paure e speranze future. Un tema legato alla presentazione alla stampa il 2 ottobre, presso la Sala dei

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Presidenti di Palazzo Giustiniani (Senato della Repubblica), del progetto europeo iPlanta. Il progetto è nato all’interno di ‘Horizon 2020 COST’, un programma europeo per la ricerca e l’innovazione «per favorire lo sviluppo della ricerca scientifica di altissima qualità, rimuovendo le barriere all’innovazione e incoraggiando le partnership fra pubblico e privato». La scelta della location per questa presentazione non è stata casuale, ma nata su iniziativa della senatrice Elena Cattaneo, che ben prima della sua carica istituzionale è un’accademica nota in particolare per le ricerche sulle cellule staminali.

Patogeni, parassiti e cambiamenti climatici, sono emergenze globali A fronte di un crescente fabbisogno alimentare mondiale dovuto al continuo incremento della popolazione, c’è una continua perdita di suolo, sia per i cambiamenti climatici che per l’azione dell’uomo. Fenomeni che riducono in maniera sostanziale la disponibilità di cibo nel mondo, ai quali si sono aggiunti i sempre più gravi danni alle colture agricole, causati da nuovi patogeni e parassiti. Se a livello globale il fenomeno delle invasioni “aliene” è grave, nel nostro Paese virus ed insetti nocivi sono una vera e propria calamità per le coltivazioni, e possono causare seri impatti sulla nostra biodiversità, dato che si stima siano presenti in Italia oltre 1.500 specie aliene, di cui il 30% sono insetti.

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Alberi d’ulivo nel Salento colpiti da xylella fastidiosa Parliamo, ad esempio, del batterio Xylella fastidiosa, che ha distrutto qualche milione di ulivi in Puglia; o il virus Plum Pox (Ppv) meglio conosciuto come sharka o vaiolatura delle drupacee (pesco, susino e albicocco), che in dieci anni ha distrutto il 25% della produzione italiana di questi frutti. Se non bastassero i patogeni, fra i casi più recenti di diffusione di insetti dannosi, la cimice asiatica (Halyomorpha halys), un fitofago in continua diffusione su tutto il territorio nazionale dal 2012, che colpisce tutte le coltivazioni, tanto che ho scoperto una nidiata a fine agosto sia sui miei peperoncini che sulle zucche. Oppure pensiamo alla piralide del mais (Ostrinia nubilalis), una piccola farfalla notturna che attacca i fusti del granoturco o di altre specie come canapa, fagiolini, mele, pere, sorgo, peperone, ecc., con seri danni alle produzioni. Ma c’è anche il moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzukii Matsumura), un dittero originario dell’Asia che sta creando notevoli problemi nella coltivazione di fragola, ciliegio, mirtillo, lampone e mora, ma che colpisce anche alcuni tipi di vite (Aglianico, Montepulciano, Merlot, Moscato Rosa, Pinot Nero), specie in prossimità della vendemmia.

Cimice asiatica in orto casalingo

La ricerca, per combattere un problema con cui dobbiamo fare i conti “da ieri” Grazie alla ricerca, con le continue innovazioni tecniche e scientifiche nel settore agricolo, si può contribuire a garantire la sostenibilità ambientale, economica e

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sociale al comparto agroalimentare, evitando anche gli enormi rischi di contaminazioni alimentari. Una ricerca che punta a sviluppare colture agricole particolarmente resistenti a questi organismi nocivi, che secondo uno studio del 2019 pubblicato su Plantgest, metterebbero a rischio di estinzione il patrimonio dei prodotti tipici italiani, causando danni stimati in più di un miliardo di euro l’anno. Allo scopo, iPlanta si propone di aggregare i principali gruppi di ricerca impegnati sulla tecnologia RNAi (RiboNucleic Acid interference) in Europa e Stati Uniti, mettendoli in collegamento con organizzazioni internazionali come Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), Fao (Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) e aziende private. Per l’Italia sono interessate le Università di Ancona, Bologna, Verona e Roma La Sapienza; Crea ed Enea, oltre ad aziende del settore e organizzazioni professionali.

Introdurre le biotecnologie in agricoltura anche con la sperimentazione sul campo Durante l’incontro stampa sono state presentate le attività del progetto, coordinato dal professor Bruno Mezzetti, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche. Si è parlato in particolare del possibile scenario riguardante l’introduzione di queste e altre biotecnologie nell’agricoltura europea e italiana, anche con la sperimentazione sul campo, tuttora vietata.

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Tavola rotonda iPlanta

Una discrepanza tra le sperimentazioni delle biotecnologie in campo medico e quelle in agricoltura, che è stata sottolineata durante l’intervento di apertura dalla senatrice Elena Cattaneo che, a chiusura dell’incontro, ha sostenuto che «Bisogna disinnescare il marketing della paura che viene “acceso” in modo emotivo ed emozionale e mantiene distanti dalla conoscenza, quando invece la conoscenza è amica». Un’implicita denuncia verso la “politica che non decide” è arrivata anche dal professor Mezzetti, che ha ricordato i danni per i nostri ricercatori con i limiti imposti attualmente in Italia, che possono solo «limitare i loro studi alla messa a punto di protocolli di modificazione genetica in laboratorio o, al massimo, limitatamente ad alcune piante erbacee in serra, senza quindi poter vedere il risultato finale della loro ricerca». Limitazioni che non hanno invece nel resto del mondo, dove i gruppi di ricerca stranieri, privati e pubblici, possono fare una sperimentazione a tutto campo, specie nel settore privato. «Ciò comporta uno svantaggio nei nostri confronti – ha sottolineato Mezzetti – sia in termini di benefici economici che di sviluppo di nuove tecnologie e piante, capaci di rendere i sistemi produttivi più efficienti ed a basso impatto e, soprattutto, più sicuri e sostenibili per l’ambiente e per i consumatori». Dello stesso avviso Marco Aurelio Pasti, vicepresidente Confagricoltura Venezia e imprenditore agricolo, che accusando gli ambientalisti che rifiutano il mais resistente alla piralide, di essere nei fatti «i mandanti della deforestazione». «Rifiutare l’innovazione – ha poi continuato – significa perdere in competitività e queste sono le conseguenze delle scelte fatte a suo tempo e, forse, all’epoca non sufficientemente valutate».

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Campo di zucche Parliamo di tecnologie come quelle applicate al mais resistente alla piralide, una varietà geneticamente modificata che in Italia non si può coltivare, ma che paradossalmente si può importato dall’estero. Anche perché – come ha ricordato Marco Aurelio Pasti, «la produzione italiana di mais si è dimezzata nel corso dell’ultimo ventennio e ogni anno, per importare i 5 milioni di tonnellate mancanti, l’agricoltura italiana deve sostenere un costo di circa un miliardo di euro». La “palla” ora passa alla politica, perché secondo i convenuti, le istituzioni italiane si dovrebbero impegnare per garantire le condizioni per l’immediata attivazione delle procedure di valutazione e approvazione, secondo le normative vigenti, come la Direttiva europea 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e il Decreto legislativo 224/2003 che determina l’attuazione di nuove notifiche per le sperimentazioni in campo di piante Ogm di particolare interesse per i nostri sistemi agricoli.

Ma quali sono i requisiti normativi e scientifici per avviare la sperimentazione in campo con piante geneticamente modificate e nuovi prodotti biotech? È questa la domanda a cui hanno cercato risposta nella tavola rotonda pomeridiana, moderata dal giornalista e scrittore Antonio Pascale, i ricercatori ed esperti convenuti nella Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, in piazza Capranica. Con il professor Bruno Mezzetti (Univpm) e il dottor Salvatore Arpaia, coordinatore del Gruppo di lavoro sulla biosicurezza del Dipartimento Tecnologie Energetiche (Dte) dell’Enea, sono intervenuti il professor Joe Perry, già a capo del

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gruppo di lavoro sugli organismi geneticamente modificati dell’Efsa; la dottoressa Kara Giddings della Bayer Us – Crop Science R&D Regulatory Science; la professoressa Godelieve Gheysen, dell’Università di Gand (Belgio); il professor Huw Jones, docente di Genomica traslazionale per l’allevamento vegetale nell’Aberystwyth University (Galles, Uk); il professor Michel Ravelonadro dell’Institut national de la recherche agronomique (Inra).

Ma cos’è la tecnologia RNAi Si tratta di una scoperta fatta casualmente nel 1998 da due americani, Andrew Fire e Craig Mello, poi premi Nobel per la medicina 2006. Essi, nel tentativo di modificare i colori di alcune piante di petunia (petunia juss) transinfettandole con un gene soprannumerario, scoprirono che un Rna a doppio filamento promuoveva la degradazione dell’Rna messaggero. Il processo, poi definito ‘Silenziamento genico post trascrizionale’ (Ptsg), sta dando buoni risultati nel potenziare le capacità di difesa delle piante modificandone il metabolismo, per rispondere all’attacco dei patogeni attivando dei meccanismi di resistenza.

Cosa succede nel mondo sulla sicurezza alimentare L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato parere positivo sulla biosicurezza di diverse piante modificate per l’espressione stabile di RNAi per migliorarne le caratteristiche nutrizionali e, più recentemente, per la resistenza alla diabrotica del mais (Diabrotica virgifera), un insetto di origine americana che attacca sia le radici del mais che altre graminacee, leguminose, zucche e alcuni tipi di fiori. In tutto il mondo sono state approvate diverse piante resistenti ai virus, come ad esempio il susino resistente al virus Plum Pox (sharka) e papaia resistente al virus patogeno Papaya ringspot ( Prsv ), e sono in fase di sviluppo molte altre applicazioni di controllo di virus, insetti e funghi, come ruggine dei cereali, muffa della frutta, peronospora della vite. Secondo gli scienziati, l’introduzione controllata delle biotecnologie con l’uso del silenziamento genico post trascrizionale, porterebbe a migliorare le caratteristiche qualitative e produttive delle piante, così che il contenuto di nutrienti benefici per il consumatore viene incrementato, mentre allergeni, tossine, perdite post-raccolta e l’uso di fitofarmaci, vengono ridotti o eliminati.

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Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e cimice asiatica?

La novità sta nel fatto che si ritiene possibile applicare l’azione di silenziamento

genico mediante Rna interferente per modificare il comportamento di drosophila e

cimice asiatica. I ricercatori della Fondazione Mach non sono stati almeno finora

coinvolti nel progetto

DAL BLOG

Di Sergio Ferrari - 09 ottobre 2019

Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è

stato docente all'Istituto Agrario di San Michele. Ha vinto la Penna d'Oro

nel 1988.

Il 2 ottobre 2019 a Palazzo Giustiniani, pertinenza del Senato, Elena

Cattaneo esperta di biotecnologie applicate alla medicina umana e senatrice a

vita ha presieduto la presentazione di un progetto denominato “i Planta Action” di

cui è promotore il professore Bruno Mezzettti del Dipartimento scienze agrarie

dell’Università politecnica delle Marche.

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Il progetto coinvolge circa 200 ricercatori di 30 nazioni. La “i” del titolo sta per

“interferenti”.

In pratica si tratta di utilizzare filamenti di Rna (acido ribonucleico) per interferire

con il messaggio proveniente dal Dna di singoli geni e neutralizzare l’ordine

destinato alle cellule della pianta o dell’insetto.

La novità sta nel fatto che si ritiene possibile applicare l’azione di silenziamento

genico mediante Rna interferente per modificare il comportamento di

drosophila e cimice asiatica.

I ricercatori della Fondazione Mach non sono stati almeno finora coinvolti nel

progetto, dice Gianfranco Anfora. L’esperto ritiene che i filamenti di Rna prodotti in

laboratorio potrebbero essere diffusi mediante trattamento in zone esterne alle

coltivazioni dove si concentrano sia la drosophila sia la cimice asiatica.