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Numero 126 Ottobre 2013 Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - NE/PD - Contiene I.R. - Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione Associazione Madonna di Fatima Accogliendo i bambini

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Numero 126 Ottobre 2013

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Accogliendo i bambini

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P er chi predica la parola divina, l’amore è come il fuoco in un fucile. Se un uomo

lancia una palla con la mano, fa poco danno ma, se questa stessa palla è scagliata col fuoco della polvere da sparo, uccide. Così è la parola di Dio. Se è detta naturalmente, senza spirito so-prannaturale, poco bene fa, ma se è detta da un sacerdote pieno del fuoco della carità, dell’amore

a Dio e al prossimo, estirperà vizi, distruggerà peccati, convertirà peccatori, opererà prodigi. Vediamo questo in San Pietro, quando esce dal Cenacolo, ardendo nel fuoco dell’amore che aveva ricevuto dallo Spirito Santo, e il risultato è stato la conversione di ottomila persone in due discor-si: tremila nel primo e cinquemila nel secondo.

Sant’Antonio Maria Claret, “Autobiografia”

Come il fuoco in un fucile...

Sant’Antonio Maria Claret nel 1860

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Povertà per gli uomini, ricchezza per Dio

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .50

I Santi di ogni giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .48

Storia per bambini... Manicaretti degni di un re

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .46

È accaduto nella Chiesa e nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .40

La parola dei Pastori – Il ruolo fondamentale della famiglia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38

Santa Laura Montoya – All’avanguardia missiona-ria della Chiesa

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .33

Araldi nel mondo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26

Donna Lucilia Ribeiro dos Santos Corrêa de Olivei-ra – I lampadari in cristallo e bronzo. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .24

Non dimenticatevi della visita regale!

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18

Commento al Vangelo – Dieci guarigioni e un miracolo

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .10

La voce del Papa – Lotta, resurrezione e speranza

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .6

La gioia di dare (Editoriale) . . . . . . . . . . . . . . 5

Scrivono i lettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

SommariO

Periodico dell’Associazione Madonna di Fatima - Maria, Stella

della Nuova Evangelizzazione

Anno XV, numero 126, Ottobre 2013

Direttore responsabile: Zuccato Alberto

Consiglio di redazione: Guy Gabriel de Ridder, Suor Juliane

Vasconcelos A. Campos, EP, Luis Alberto Blanco Cortés, Madre

Mariana Morazzani Arráiz, EP, Severiano Antonio de Oliveira

Traduzione: Antonietta Tessaro

Amministrazione: Via San Marco, 2A

30034 Mira (VE) CCP 13805353

Aut. Trib. Venezia 11 del 31/3/12

Poste italiane, s.p.a – Spedizione in Abbonamento Postale - D.L.

353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, NE PD

Contiene I.R.

www.araldi.org www.salvamiregina.it

Con la collaborazione dell’Associazione

Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio

ArAldi del VAngelo

Viale Vaticano, 84 Sc. A, int. 5 00165 Roma

Tel. sede operativa a Mira (VE): 041 560 08 91

Montaggio: Equipe di arti grafiche

degli Araldi del Vangelo

Stampa e rilegatura: ELCOGRAF S.p.A. Via Mondadori, 15

37131 Verona

Gli articoli di questa rivista potranno essere riprodotti, basta che si indichi la fonte e si invii copia alla Redazione. Il contenuto degli articoli firmati è di responsabilità dei rispettivi autori.

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4      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Scrivono i lettori

Missione Mariana a schiavonea

Desidero esprimere i miei sen-timenti di gratitudine per la vostra presenza in mezzo a noi. Abbiamo fatto un’esperienza piena di quanto Maria porti a suo Figlio Gesù. Rac-comandando la nostra comunità al suo Cuore Immacolato, ancora una volta vi diciamo grazie.

Don Lorenzo F., CSsRParroco del Santuario di

Santa Maria delle NeviSchiavonea – Cs

Una bUona rivista cattolica che fa Molto bene

In questi ultimi anni ho ricevuto la rivista Araldi del Vangelo nel Con-vento di León, dove risiedevo. Desi-dero informarvi che sono stato tra-sferito in un altro convento, in Pro-vincia di Cadice, e vorrei molto con-tinuare a ricevere questa pubblica-zione, poiché è una buona Rivista cattolica che fa molto bene.

Fra José G. G. P., OPJerez de la Frontera – Spagna

Parte delle nostre vite

Per la mia famiglia la rivista Aral-di del Vangelo è diventata parte delle nostre vite. È un eccellente strumen-to per l’apostolato e fortifica la no-stra fede. Che Dio benedica quest’o-pera mirabile che, nelle mani di Ma-ria Santissima, ci sta portando a co-noscere e amare di più Dio.

Jeannet B. C. de I.Lima – Perù

teMi Per conferenze e corsi Come qualificare una Rivista così

completa? Mi piace molto la sezione È accaduto nella Chiesa e nel mondo, poiché essa ci aggiorna, in una for-ma cattolica, sui fatti che coinvolgo-

no la nostra Chiesa. Tuttavia, la se-zione che realmente mi piace di più è quella del Commento al Vangelo, fat-ta da Mons. João, poiché egli spiega i testi sacri sempre in modo nuovo, co-me mai si era sentito prima.

Nel suo insieme, la Rivista è mol-to utile per trovare temi e testi per conferenze e corsi parrocchiali pre-paratori ai Sacramenti, e anche per le meditazioni dei Primi Sabati.

Alexandre B. de S.Conselheiro Lafaiete – Brasile

QUalità grafica e editoriale

È in funzione della sua qualità grafica e, soprattutto, editoriale che la rivista Araldi del Vangelo è conside-rata una delle migliori pubblicazioni di cultura cattolica del Brasile e, osia-mo dire, è tra le principali dal mon-do. Le sue sezioni sono molto ricche di contenuto e sempre aggiornate. Meritano di essere messi in eviden-za gli argomenti di stampo religioso e storico. Continuate saldamente in questo magnifico apostolato.

João C. dos S.Maringá – Brasile

via della santità

Quello che mi attira moltissimo nella Rivista è il Commento al Vange-lo, di Mons. João Scognamiglio Clá Dias. Egli ci svela il panorama divino di Cristo e apre una via per ottenere la grazia della santità. Ho trovato giova-mento anche nei preziosi, seppur bre-vi, articoli sulla vita dei Santi, perché, basandomi sul loro esempio, appren-do a cambiare il mio modo di vita.

La Rivista mi è stata molto uti-le per fare apostolato, poiché, anche senza uscire di casa, posso mostrare ad amici e conoscenti il lavoro degli Araldi, soprattutto agli infermi, bam-bini e famiglie, e far loro conoscere di più Nostro Signore e la Madonna.

Adriana L. D.Bogotà – Colombia

in ogni sezione, QUalcosa di rilevante

Se fosse necessario scegliere una se-zione della Rivista da commentare, sa-rei molto in imbarazzo, perché in tut-te quante trovo qualcosa di rilevante. Quello che, certamente, trovo molto interessante è la sezione I Santi di ogni giorno, poiché sono venuta a conoscere qualcosa di molti Santi di cui non sape-vo nemmeno l’esistenza. Il contenuto della Rivista è di grande aiuto per por-tare avanti l’apostolato con tutti quel-li che vogliono appartenere alla grande famiglia degli Araldi, e questo cresce in quantità e qualità.

Raissa G. L.Fortaleza – Brasile

Perseverare e difendere la nostra chiesa

Ciò che più mi ha attratto nelle ultime edizioni di questa Rivista è la vita dei Santi, poiché essi sono veri testimoni e modelli per poter anche noi aspirare alla santità e seguire il loro cammino. Tuttavia, il Commen-to al Vangelo mi fa sentire presente nelle omelie di Mons. João, predi-catore ineguagliabile. La Rivista mi è molto utile per un programma ra-diofonico e offre i mezzi per perse-verare e difendere la nostra Chiesa, in un impegno per la verità.

María T. Q. de C.Buenos Aires – Argentina

Meravigliosa Missione di caMbiare il Mondo

La rivista Araldi del Vangelo è una fonte d’insegnamento e un eccellen-te mezzo di evangelizzazione. Sono molto contenta di riceverla e con es-sa ho imparato molte cose utili alla mia vita spirituale. Che la Madonna vi benedica e vi dia le forze per con-tinuare con questa meravigliosa mis-sione di cambiare il mondo.

Bárbara D. Q. G.Contagem – Brasile

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Numero 126

Ottobre 2013

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      5

Editoriale

La gioia di dare

a grandiosità dell’universo materiale – che in ogni momento presenta un panorama unico, irripetibile, con gli innumerevoli esseri viventi in costante rinnovamento e le miriadi di astri in incessante movimento –

ci riporta ad una bellezza di ordine superiore osservata nella sfera metafisica e spirituale, forse meno percepibile, ma certamente più meravigliosa. Come un maestoso caleidoscopio, in continua rotazione, riflette le perfezioni del Crea-tore, senza mai ripetere le figure formate dai cristalli colorati.

A questo scopo, ogni elemento di questa innumerevole varietà di esseri svolge un ruolo a suo modo insostituibile, occupando un gradino in questa quasi infinita scala di esseri disuguali, gerarchizzati e complementari gli uni agli altri. Tutti uniti profondamente dal fatto che l’ordine dell’essere rappre-senta un’immagine di Dio, dandoGli una continua gloria estrinseca.

In questo panorama, solo Dio è “Colui che è”, che basta a Se stesso. Tutte le creature sono contingenti e, a diverso titolo, hanno bisogno di essere com-pletate da altre.

E Dio, che è la Generosità, sostiene tutto quest’ordine dandoSi in mo-do continuo, per amore delle creature, senza aver per nulla bisogno di nes-suna di esse. Così, dall’Alto, successivamente, gli esseri superiori si dan-no in qualche modo agli inferiori, in una meravigliosa cascata di amore di-sinteressato, da dove tutti ricevono e danno di sé allo stesso tempo. E, in questa relazione reciproca, insegna San Tommaso d’Aquino, “a pari con-dizioni, dare è più perfetto che ricevere” (Summa Teologica, II-II, q.187, a.4, ad 3).

Quanto agli uomini, si capisce che Dio ci ha creati con una natura socie-vole in modo da aiutarci l’un l’altro, materialmente e spiritualmente, in vi-sta della nostra santificazione e della costituzione di una società perfetta in questa Terra, immagine della Gerusalemme Celeste, avendo sempre pre-sente l’insegnamento dell’Apostolo: “Dio ama chi dà con gioia” (II Cor 9, 7). Così, l’uomo sente una necessità naturale di donarsi, e l’egoismo rappre-senta un disordine d’animo che rende la persona triste e amareggiata, come succederebbe a un fiore, se questo si rifiutasse di aprire i suoi petali, rima-nendo un bocciolo chiuso, nell’affanno di conservare il profumo per sé. A che cosa servirebbe?

L’universo è stato ordinato in modo che ogni essere dia e riceva allo stesso tempo. In questo senso, nell’ordine umano, l’essere più fragile è il bambino, poiché in tutto dipende dai più grandi. Tuttavia, quando gli si dona un bel re-galo o un’appetitosa ghiottoneria, non è forse un premio alquanto gratifican-te per il benefattore riceverne in cambio un sorriso di contentezza bello e in-nocente? Si può perfino dire che chi non ha avuto questa dolce esperienza non abbia ancora vissuto...

Per questo, di sicuro, possiamo ogni giorno verificare come “ci sia più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35), a somiglianza di Dio stesso, la Genero-sità in sostanza, in continua e inesauribile donazione. ²

Consegna di giocattoli nella Casa Monte Carmelo (p.26-27)

Foto: Sérgio Miyazaki

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Lotta, resurrezione e speranza

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6      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

La voce deL PaPa

Nella lotta che tutti noi dobbiamo affrontare, Maria non ci lascia soli. Lei è sempre con noi, ci accompagna e ci sostiene nella

lotta contro le forze del male.

l termine della Costituzio-ne sulla Chiesa, il Concilio Vaticano II ci ha lasciato una meditazione bellissi-

ma su Maria Santissima. Ricordo sol-tanto le espressioni che si riferiscono al mistero che celebriamo oggi. La pri-ma è questa: “L’immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, finito il corso del-la sua vita terrena, fu assunta alla glo-ria celeste col suo corpo e la sua ani-ma, e dal Signore esaltata come la re-gina dell’universo” (n. 59). E poi, ver-

so la fine, vi è quest’altra: “La Madre di Gesù, come in cielo, glorificata or-mai nel corpo e nell’anima, è l’imma-gine e la primizia della Chiesa che do-vrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla come se-gno di sicura speranza e di consolazio-ne per il Popolo di Dio in cammino, fi-no a quando non verrà il giorno del Si-gnore” (Idem, n.68).

Alla luce di questa bellissima ico-na di nostra Madre, possiamo consi-derare il messaggio contenuto nelle Letture bibliche che abbiamo appe-

na ascoltato. Possiamo concentrar-ci su tre parole-chiave: lotta, risurre-zione, speranza.

Il Rosario ci sostiene nella battaglia contro il male

Il brano dell’Apocalisse presen-ta la visione della lotta tra la donna e il drago. La figura della donna, che rappresenta la Chiesa, è da una par-te gloriosa, trionfante, e dall’altra an-cora in travaglio. Così in effetti è la Chiesa: se in Cielo è già associata al-la gloria del suo Signore, nella storia vive continuamente le prove e le sfi-de che comporta il conflitto tra Dio e il maligno, il nemico di sempre. E’ in questa lotta che i discepoli di Ge-sù devono affrontare – noi tutti, noi, tutti i discepoli di Gesù dobbiamo af-frontare questa lotta – Maria non li lascia soli; la Madre di Cristo e del-la Chiesa è sempre con noi. Sempre, cammina con noi, è con noi.

Anche Maria, in un certo senso, condivide questa duplice condizione. Lei, naturalmente, è ormai una vol-ta per sempre entrata nella gloria del Cielo. Ma questo non significa che sia lontana, che sia staccata da noi; anzi, Maria ci accompagna, lotta con noi, sostiene i cristiani nel combatti-mento contro le forze del male.

La preghiera con Maria, in par-ticolare il Rosario – ma sentite be-

“La preghiera con Maria, in particolare il Rosario ci sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici”

In alto e nella pagina seguente: due momenti dell’Omelia durante la Messa celebrata di fronte al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, 15/8/2013

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ne: il Rosario. Voi pregate il Rosario tutti i giorni? Ma, non so... [la gente grida: Sì!] Sicuro? Ecco, la preghiera con Maria, in particolare il Rosario ha anche questa dimensione “ago-nistica”, cioè di lotta, una preghie-ra che sostiene nella battaglia contro il maligno e i suoi complici. Anche il Rosario ci sostiene nella battaglia.

L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio

La seconda Lettura ci parla della risurrezione. L’apostolo Paolo, scri-vendo ai Corinzi, insiste sul fatto che essere cristiani significa credere che Cristo è veramente risorto dai morti. Tutta la nostra fede si basa su questa verità fondamentale che non è un’i-dea ma un evento. E anche il miste-ro dell’Assunzione di Maria in cor-po e anima è tutto inscritto nella Ri-surrezione di Cristo.

L’umanità della Madre è stata “attratta” dal Figlio nel suo passag-gio attraverso la morte. Gesù è en-trato una volta per sempre nella vi-ta eterna con tutta la sua umanità, quella che aveva preso da Maria; così lei, la Madre, che Lo ha segui-to fedelmente per tutta la vita, Lo ha seguito con il cuore, è entrata con Lui nella vita eterna, che chia-miamo anche Cielo, Paradiso, Ca-sa del Padre.

Anche Maria ha conosciuto il martirio della croce: il martirio del suo cuore, il martirio dell’anima. Lei ha sofferto tanto, nel suo cuore, mentre Gesù soffriva sulla croce. La Passione del Figlio l’ha vissuta fino in fondo nell’anima. E’ stata piena-mente unita a Lui nella morte, e per questo le è stato dato il dono della risurrezione. Cristo è la primizia dei risorti, e Maria è la primizia dei re-denti, la prima di “quelli che sono di Cristo”. E’ nostra Madre, ma anche possiamo dire è la nostra rappresen-tante, è la nostra sorella, la nostra prima sorella, è la prima dei reden-ti che è arrivata in Cielo.

Se non c’è la speranza, noi non siamo cristiani

Il Vangelo ci suggerisce la terza parola: speranza. Speranza è la virtù di chi, sperimentando il conflitto, la lotta quotidiana tra la vita e la mor-te, tra il bene e il male, crede nella Risurrezione di Cristo, nella vittoria dell’Amore.

Abbiamo sentito il Canto di Ma-ria, il Magnificat: è il cantico del-la speranza, è il cantico del Popolo di Dio in cammino nella storia. E’ il cantico di tanti santi e sante, alcuni noti, altri, moltissimi, ignoti, ma ben conosciuti a Dio: mamme, papà, ca-techisti, missionari, preti, suore, gio-

vani, anche bambini, nonni, nonne: questi hanno affrontato la lotta del-la vita portando nel cuore la speran-za dei piccoli e degli umili.

Maria dice: “L’anima mia magnifi-ca il Signore” – anche oggi canta que-sto la Chiesa e lo canta in ogni par-te del mondo. Questo cantico è par-ticolarmente intenso là dove il Corpo di Cristo patisce oggi la Passione. Do-ve c’è la Croce, per noi cristiani c’è la speranza, sempre. Se non c’è la spe-ranza, noi non siamo cristiani. Per questo a me piace dire: non lasciatevi rubare la speranza. Che non ci rubi-no la speranza, perché questa forza è una grazia, un dono di Dio che ci por-ta avanti guardando il Cielo. E Maria è sempre lì, vicina a queste comunità, a questi nostri fratelli, cammina con loro, soffre con loro, e canta con loro il Magnificat della speranza.

Cari fratelli e sorelle, uniamoci anche noi, con tutto il cuore, a que-sto cantico di pazienza e di vittoria, di lotta e di gioia, che unisce la Chie-sa trionfante con quella pellegrinan-te, noi; che unisce la terra con il Cie-lo, che unisce la nostra storia con l’eternità, verso la quale camminia-mo. Così sia.

Omelia nella Solennità dell’Assunzione della Madonna,

15/8/2013

“Maria è stata pienamente unita a Lui nella morte, e per questo le è stato dato il dono della Risurrezione”

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La porta di Gesù è stretta

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8      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Essere cristiani è vivere e testimoniare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la

porta stretta, che è Cristo, deve passare tutta la nostra vita.

l Vangelo di oggi ci invita a ri-flettere sul tema della salvezza. Gesù sta salendo dalla Galilea

verso la città di Gerusalemme e lungo il cammino un tale – racconta l’evan-gelista Luca – gli si avvicina e gli chie-de: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (13, 23).

Gesù non risponde direttamente alla domanda: non è importante sa-pere quanti si salvano, ma è impor-tante piuttosto sapere qual è il cam-mino della salvezza. Ed ecco allora che alla domanda Gesù risponde di-cendo: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti cerche-ranno di entrare, ma non ci riusci-ranno” (v.24).

Che cosa vuol dire Gesù? Qual è la porta per la quale dobbiamo en-trare? E perché Gesù parla di una porta stretta?

Gesù ti sta aspettando per perdonarti

L’immagine della porta ritorna varie volte nel Vangelo e richiama quella della casa, del focolare do-mestico, dove troviamo sicurezza, amore, calore. Gesù ci dice che c’è una porta che ci fa entrare nella fa-miglia di Dio, nel calore della ca-sa di Dio, della comunione con Lui. Questa porta è Gesù stesso (cfr. Gv 10, 9). Lui è la porta. Lui è il pas-saggio per la salvezza. Lui ci con-duce al Padre.

E la porta che è Gesù non è mai chiusa, questa porta non è mai chiusa, è aperta sempre e a tutti,

senza distinzione, senza esclusio-ni, senza privilegi. Perché, sapete, Gesù non esclude nessuno. Qual-cuno di voi forse potrà dirmi: “Ma, Padre, sicuramente io sono esclu-so, perché sono un gran peccato-re: ho fatto cose brutte, ne ho fatte tante, nella vita”. No, non sei esclu-so! Precisamente per questo sei il preferito, perché Gesù preferisce il peccatore, sempre, per perdonarlo, per amarlo.

Gesù ti sta aspettando per ab-bracciarti, per perdonarti. Non ave-re paura: Lui ti aspetta. Anima-ti, fatti coraggio per entrare per la sua porta. Tutti sono invitati a var-care questa porta, a varcare la por-ta della fede, ad entrare nella sua vi-ta, e a farlo entrare nella nostra vita, perché Lui la trasformi, la rinnovi, le doni gioia piena e duratura.

Abbiamo l’umiltà di accogliere la sua misericordia

Al giorno d’oggi passiamo davan-ti a tante porte che invitano ad en-trare promettendo una felicità che poi noi ci accorgiamo che dura un istante soltanto, che si esaurisce in se stessa e non ha futuro. Ma io vi domando: noi per quale porta vo-gliamo entrare? E chi vogliamo far entrare per la porta della nostra vi-ta?

Vorrei dire con forza: non abbia-mo paura di varcare la porta del-la fede in Gesù, di lasciarlo entra-re sempre di più nella nostra vi-ta, di uscire dai nostri egoismi, dal-

le nostre chiusure, dalle nostre in-differenze verso gli altri. Perché Ge-sù illumina la nostra vita con una lu-ce che non si spegne più. Non è un fuoco d’artificio, non è un flash! No, è una luce tranquilla che dura sem-pre e ci dà pace. Così è la luce che incontriamo se entriamo per la por-ta di Gesù.

Certo quella di Gesù è una por-ta stretta, non perché sia una sala di tortura. No, non per quello! Ma per-ché ci chiede di aprire il nostro cuo-re a Lui, di riconoscerci peccato-ri, bisognosi della sua salvezza, del suo perdono, del suo amore, di ave-re l’umiltà di accogliere la sua mise-ricordia e farci rinnovare da Lui.

Gesù nel Vangelo ci dice che l’essere cristiani non è avere un’“etichetta”! Io domando a voi: voi siete cristiani di etichetta o di ve-rità? E ciascuno si risponda dentro! Non cristiani, mai cristiani di eti-chetta! Cristiani di verità, di cuore. Essere cristiani è vivere e testimo-niare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la porta stretta che è Cristo deve pas-sare tutta la nostra vita.

Alla Vergine Maria, Porta del Cielo, chiediamo che ci aiuti a var-care la porta della fede, a lascia-re che il suo Figlio trasformi la no-stra esistenza come ha trasforma-to la sua per portare a tutti la gio-ia del Vangelo.

Angelus, 25/8/2013

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L’amore di Dio ha un nome e un volto

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      9

Tutti i diritti sui documenti pontifici sono riservati alla Libreria Editrice Vaticana. La versione integrale di questi documenti può essere trovata in www.vatican.va

stro cuore è Dio, l’amore di Dio, è proprio l’amore di Dio che dà senso ai piccoli impegni quotidiani e anche aiuta ad affrontare le grandi prove. Questo è il vero tesoro dell’uomo. Andare avanti nella vita con amo-re, con quell’amore che il Signore ha seminato nel cuore, con l’amore di Dio. E questo è il vero tesoro.

Ma l’amore di Dio cosa è? Non è qualcosa di vago, un sentimento ge-nerico. L’amore di Dio ha un nome e un volto: Gesù Cristo, Gesù. L’amo-re di Dio si manifesta in Gesù. Per-ché noi non possiamo amare l’aria… Amiamo l’aria? amiamo il tutto? No, non si può, amiamo persone, e la per-sona che noi amiamo è Gesù, il do-no del Padre fra noi. E’ un amore che dà valore e bellezza a tutto il re-sto; un amore che dà forza alla fami-glia, al lavoro, allo studio, all’amici-zia, all’arte, ad ogni attività umana. E dà senso anche alle esperienze nega-tive, perché ci permette, questo amo-re, di andare oltre queste esperienze, di andare oltre, non rimanere prigio-nieri del male, ma ci fa passare oltre, ci apre sempre alla speranza.

Ecco, l’amore di Dio in Ge-sù sempre ci apre alla speranza, a

E’ un amore che dà valore e bellezza a tutto il resto; un amore che dà forza alla famiglia, al lavoro, allo studio,

all’amicizia, all’arte, ad ogni attività umana.

o vi farei due domande. La pri-ma: tutti voi, avete un cuore de-sideroso, un cuore che deside-

ra? Pensate e rispondete in silenzio e nel cuore tuo: tu, hai un cuore che de-sidera, o hai un cuore chiuso, un cuo-re addormentato, un cuore anestetiz-zato per le cose della vita? Io desidero andare avanti all’incontro con Gesù?

E la seconda domanda: dov’è il tuo tesoro, quello che tu desideri? – perché Gesù ci ha detto: Dov’è il vostro tesoro, là sarà il vostro cuo-re – e io domando: dov’è il tuo te-soro? Qual è per te la realtà più im-portante, più preziosa, la realtà che attrae il cuore come una calamita? Cosa attrae il tuo cuore? Posso di-re che è l’amore di Dio? C’è la vo-glia di fare il bene agli altri, di vivere per il Signore e per i nostri fratelli? Posso dire questo? Ognuno rispon-de nel suo cuore.

Ma qualcuno può dirmi: Padre, ma io sono uno che lavora, che ha famiglia, per me la realtà più impor-tante è mandare avanti la mia fami-glia, il lavoro… Certo, è vero, è im-portante. Ma qual è la forza che tie-ne unita la famiglia? E’ proprio l’a-more, e chi semina l’amore nel no-

quell’orizzonte di speranza, all’o-rizzonte finale del nostro pelle-grinaggio. Così anche le fatiche e le cadute trovano un senso. An-che i nostri peccati trovano un sen-so nell’amore di Dio, perché que-sto amore di Dio in Gesù Cristo ci perdona sempre, ci ama tanto che ci perdona sempre.

Estratto dell’Angelus del 11/8/2013

L’amore di Dio in Gesù ci apre sempre alla speranza

Il Vescovo di Roma durante l’Angelus dell’11/8/2013

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10      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

11 Accadde che, durante il viaggio verso Ge-rusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli ven-nero incontro dieci lebbrosi i quali, ferma-tisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!” 14 Ap-pena li vide, Gesù disse: “Andate a presen-tarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andava-no, furono sanati. 15 Uno di loro, veden-

dosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un samaritano. 17 Ma Ge-sù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?” 19 E gli dis-se: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato” (Lc 17,11-19).

“Nostro Signore guarisce i dieci lebbrosi” – Biblioteca del Monastero di San Millán de la Cogolla (Spagna)

a Vangelo A

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Dieci guarigioni e un miracolo

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      11

Salute, cibo, riposo, con-forto… tutto ci viene da Lui diretta-mente o indi-rettamente

Commento al Vangelo – XXVIII DomenICa Del tempo orDInarIo

I – Il dovere dI gratItudIne delle anIme benefIcIate

Rare volte interrompiamo le occupazioni quotidiane per considerare quanti beni ci so-no concessi dalla Divina Provvidenza nel cor-so della nostra vita, sebbene non li abbiamo chiesti o tantomeno desiderati. Se andiamo fi-no alla radice di tali benefici, dobbiamo ricor-dare che non esisteremmo senza un disegno di Dio. A partire dal nulla, Egli ha via via costi-tuito la diversità degli esseri, nel corso dei sei giorni della creazione, come è descritto nella Genesi, fino a modellare Adamo dalla terra ed Eva dalla sua costola, infondendo in loro la vi-ta. E ogni nascita, che si verifica in ogni istante nel mondo intero, è un fatto straordinario per-ché alla legge fisica si aggiunge una legge spiri-tuale: Dio infonde un’anima intelligente, crea-

ta con il semplice desiderio della Sua volontà, in un corpo concepito con il concorso del pa-dre e della madre.1 E tutto il resto – la salute, il cibo, il riposo, il conforto – viene da Lui, di-rettamente o indirettamente. Inoltre, il Crea-tore promette, una volta valicate le soglie del-la morte, un grande miracolo: dopo che i no-stri corpi avranno subito la decomposizione, tornando alla terra da cui siamo stati fatti, ri-assumeremo un corpo glorioso che si unirà di nuovo alla nostra anima, ora nella visione be-atifica, e godremo della felicità di Dio per tut-ta l’eternità.

Quanta bontà! Ma… com’è la nostra rispo-sta? Siamo grati per tutto quanto riceviamo? Questa è la domanda che sorge considerando il Vangelo della 28ª Domenica del Tempo Or-dinario che ci mostra i differenti atteggiamen-

Dieci miracolati! Si dirà che tutti avranno manifestato la propria gratitudine, anche se ognuno a modo suo. Invece, soltanto uno di loro – un samaritano – ha ottenuto il miracolo della guarigione dell’anima. E gli altri nove giudei? Non hanno ringraziato...

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

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12      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Quei dieci lebbrosi non osarono avvicinarsi troppo a Gesù e, ponendosi a una certa distanza, implorarono la guarigione

ti assunti da chi è oggetto di un grande beneficio proveniente dalle generose mani del Salvatore.

II – due classI dI mIracolo: del corpo e dello spIrIto

All’epoca di Nostro Signore, il lebbroso, a causa della mancanza di aiuti medici che ren-dessero possibile il suo trattamento – carenza che si prolungò per molti secoli –, era un paria disprezzato dalla società. Una volta rivelata l’in-fermità, egli si presentava al sacerdote che, do-po un esame minuzioso, lo dichiarava legalmen-te impuro mediante un cerimoniale appropria-to. Se è vero che egli non era deportato in un’i-sola, secondo il costume adottato in tempi più recenti, doveva, però, assentarsi dalla città, dal-la convivenza umana e vivere isolato in campa-gna. Lo obbligavano, inoltre, a utilizzare una ve-ste caratteristica per annunciare la situazione di scomunica sociale in cui si trovava e a seguire certe norme come quella di muoversi suonan-do una campanella per indicare la sua presenza, in modo che le persone aprissero un varco, evi-tando il rischio di contaminazione per contatto o per la semplice vicinanza. Approssimandosi a qualcuno oltre il dovuto, riceveva immediata-mente una severa reprimenda, per il panico ge-

nerato di fronte al pericolo di contami-nazione. Si trascinava così “lamen-

tandosi della sua situazio-ne come avrebbe fatto

per un defunto, con le vesti stracciate, la te-sta scoperta e la bar-ba coperta con il suo manto, gridando ai

passanti, affinché non si avvicinassero: ‘Im-mondo!’”.2

Nel corso di una vita senza prospet-tiva di guarigio-ne, avrebbe visto le proprie membra imputridire fino a cadere, in un pro-cesso che causava un nauseabondo odore e malesse-ri vari.3 Tale stato produceva, com’è

comprensibile, un profondo trauma psicologi-co. Inoltre, siccome le malattie erano ritenute, a quel tempo, come un castigo per i propri pecca-ti o per quelli commessi dagli antenati, la lebbra portava con sé anche un dramma morale: esser lebbroso di corpo significava, innanzitutto, pos-sedere lebbra di anima. “Ci troviamo di fronte a idee popolari tra gli antichi, in cui si mescola il religioso e il naturale. Il lebbroso si considerava castigato da Dio in virtù di peccati occulti”.4 In questo contesto sociale, si svolge la scena raccol-ta da San Luca.

Uniti per supplicare un miracolo11 Accadde che, durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Sama-ria e la Galilea. 12 Entrando in un villag-gio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, 13 alzarono la voce, dicendo: “Gesù, Maestro, abbi pie-tà di noi!”

Recita un detto che la disgrazia condivisa è sempre più gioiosa. I dieci lebbrosi di cui par-la il Vangelo formavano una società tra loro, e in questo modo rendevano le loro pene più sop-portabili e garantivano una compagnia fino a che sopravveniva la morte, termine obbligato di quella lenta e dolorosa infermità. Senza dubbio, avevano già sentito parlare del Maestro e sape-vano delle numerose guarigioni da Lui operate, tra le quali se ne contavano varie del male di cui soffrivano. Ricevendo la notizia dell’avvicinarsi del Divino Taumaturgo, subito si misero in cam-mino nel tentativo di avere un incontro con No-stro Signore, con la speranza che non sorgesse un qualche ostacolo che impedisse loro un con-tatto, anche da lontano.

Infatti, dal racconto evangelico vediamo co-me questi dieci lebbrosi compivano i precetti le-gali, in ciò che si riferisce alla loro terribile ma-lattia. Per tale motivo non osarono avvicinarsi troppo a Gesù, e mettendosi a una certa distan-za implorarono la guarigione, per misericordia. Essi obbedirono alla Legge, sì, ma mancò loro fervore per inginocchiarsi tutti insieme davanti a Cristo, che certamente li avrebbe toccati e gua-riti in quel momento, come nell’episodio prima accaduto con un altro lebbroso (cfr. Mt 8, 2-4; Mc 1, 40-45; Lc 5, 12-16).

Questo fatto ci serve da lezione per la vita spirituale: trattandosi del rapporto con Gesù,

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      13

Il Maestro decise che si presentassero ai sacerdoti, sebbene non ci fossero segni visibili di guarigione

dobbiamo agire con piena fiducia e massima in-timità, non temendo mai di ricorrere a Lui, per gravi che siano gli errori morali che ci pesano sulla coscienza.

Una prova per la fede dei lebbrosi14 Appena li vide, Gesù disse: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre essi andavano, furono sanati.

Accorgendosi subito del loro arrivo, Nostro Signore li guardò. Egli non operò la guarigio-ne subito, per non voler causare troppo stupo-re nell’opinione pubblica. Così, facendosi un po’ largo in mezzo alla moltitudine che stava pres-so di Lui, ordinò, con autorità, che andassero a presentarsi ai sacerdoti.

In quell’epoca era molto rara la guarigione dalla lebbra. Nelle poche occasioni in cui questo accadeva realmente, o quando costatato che la stessa diagnosi iniziale era stata sbagliata, essen-do il lebbroso ormai conosciuto come tale nella regione, avrebbe dovuto per Legge presentarsi a un sacerdote. Costui redigeva un atto nel qua-le riportava le caratteristiche del caso, dai pri-mi sintomi fino alla scomparsa dell’infermità, e il documento rendeva possibile all’antico mala-to la reintegrazione nel contesto sociale (cfr. Lv 14, 1-32).

Dunque, il Maestro decise questa misura, sebbene non ci fossero segni visibili di guarigio-ne. La pronta obbedienza dei dieci lebbrosi evi-denzia la fede che possedevano in Gesù – frut-to certamente di una mozione della grazia, in-fusa dallo stesso Uomo-Dio – e denota la for-te convinzione che Egli li avrebbe guariti duran-te il percorso. Essendo tutti d’accordo di osser-vare questa norma, intrapresero il viaggio verso Gerusalemme.

Possiamo congetturare che essi partirono insieme, sperimentando una grande consola-zione interiore, poiché Nostro Signore stava creando grazie per alimentare nelle loro ani-me la fede nella propria guarigione. E ciascu-no, secondo la sua credenza e temperamen-to, avrebbe dimostrato questo in un modo dif-ferente dagli altri. Tra loro, uno più silenzio-so avrà pensato, chissà, ad una lebbra peggio-re di quella del corpo, che era quella del pec-cato, poiché viveva lontano dalla religione ve-ra… era samaritano. Confidando nella gua-rigione, meditava sul modo di esser meglio

all’altezza del prodigio di cui tra breve sarebbe stato oggetto.

Finalmente, durante il per-corso, si resero conto che la lebbra li aveva abbandona-ti e, senza dubbio, prorup-pero in grida di gioia. La gravità del male di cui si videro liberi concorre ancor più a certificare la grandezza del mira-colo operato. Affret-tarono allora il pas-so per ottenere quanto prima l’attestato di guari-gione.

La gratitudine di uno solo15 Uno di loro, veden-dosi guarito, tornò in-dietro lodando Dio a gran voce; 16 e si gettò ai piedi di Gesù per rin-graziarlo. Era un samaritano.

Ci fu uno, tuttavia, che invece di dirigersi ver-so il Tempio, decise di tornare per ringraziare Gesù, cantando le glorie di Dio e manifestando l’enorme gioia per aver incontrato Uno cui ap-poggiarsi e seguire. Era quello che aveva con-tratto non solo la lebbra fisica, ma anche la leb-bra dell’anima. Se egli aveva seguito inizialmen-te gli altri malati per presentarsi al sacerdote, era solo perché costituiva una società con loro, poiché, non essendo israelita, era esente da ta-le obbligo. Senza dubbio, a partire dal momen-to in cui furono guariti, la comunità perdeva la sua ragion d’essere e lui diventava agli occhi de-gli altri uno straniero infedele, un samaritano qualsiasi e, pertanto, odiato e maltrattato dai Giudei.

Vedendo il Signore attorniato da gente, si av-vicinò a Lui, aprendo con la sua presenza un vuoto di ripugnanza nel gruppo. Tuttavia, men-tre egli avanzava, tutti erano in grado di verifi-care la sua carnagione completamente modifi-cata, perché indubbiamente, come era accadu-to a Naaman – la cui guarigione è narrata dalla prima lettura di questa domenica – “la sua pel-le era diventata come quella di un bambino” (II Re 5, 14), bianca, senza alcuna scottatura del

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L’inedito sui VangeliPubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana, la collezione “L’inedito sui Vangeli”

riunisce in sette volumi riccamente illustrati i commenti di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP., ai Vangeli di tutte le domeniche e solennità del ciclo liturgico.

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Solenidade de São Pedro e São Paulo, Apóstolos (Missa do Dia) – 29 de JunhoAlcuni autori mettono in risalto un altro importante aspet-

to: il fatto che Gesù abbia scelto una regione appartenente al mondo pagano per manifestarSi come Figlio di Dio e fondare il primato della sua Chiesa. Essi interpretano come un preannun-cio del rifiuto del regno messianico, da parte dei giudei, e il loro definitivo trasferimento in seno ai gentili.“Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo apparta-to” (Lc 9, 18). Secondo il racconto di San Luca, tutta la conver-sazione narrata nel Vangelo di oggi si realizzò dopo che Gesù Si era ritirato e Si era lasciato “perdere”, con le sue facoltà umane, nelle infinitezze del suo Padre eterno. Egli utilizzò questo mezzo infallibile di azione, la preghiera, per conferire radici e linfa im-mortali all’opera che avrebbe lanciato.Secondo la Glossa, “volendo confermare i suoi discepoli nella fede, il Salvatore comincia con l’allontanare dal loro spirito le opi-nioni e gli errori che altri avrebbero potuto infondergli”;2 ossia, in-vitandoli ad avere una chiara coscienza degli equivoci dell’opinione pubblica riguardo alla Sua identità, fortificava in loro le convinzio-ni. È curioso il commento di San Giovanni Crisostomo sul carattere “sommamente malizioso”3 del giudizio emesso dagli scribi e dai fari-sei riguardo al Signore, molto differente da quello dell’opinione pub-blica che, malgrado fosse erroneo, non era mosso da nessuna malizia.Gesù non chiede che cosa pensino gli altri di Lui, ma cosa pen-sino riguardo al Figlio dell’Uomo, “ al fine di sondare la fede degli apostoli e dar loro l’occasione di dire liberamente quello che senti-vano, sebbene Egli non oltrepassasse i limiti di quello che avrebbe potuto suggerirgli la sua santa Umanità”.4 Con tutte le conoscenze che Gli erano proprie, dal divino allo sperimentale, Gesù sapeva qua-li erano le opinioni che circolavano sulla Sua persona, non aveva bi-sogno, pertanto, di informarSi; desiderava piuttosto portarli a procla-mare la verità contestando gli equivoci dell’opinione pubblica.

2) GLOSA, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Catena Aurea. In Matthæum, c.X-VI, v.13-19.

3) SAN GIOVANNI CRISOSTOMO. Homilía LIV, n.1. In: Obras. Homilías sobre el Evangelio de San Mateo (46-90).2.ed. Madrid: BAC, 2007, v.II, p.138.

4) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentario a los Cuatro Evangelios. Evangelio de San Mateo. Madrid: BAC, 1950, v.I, p.579.

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La Pietra incrollabile

Il popolo non considerava Gesù come il Messia14Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”

Gli apostoli avevano una nozione esatta del giudizio che gli “uomini” di allora si erano fatti a proposito del Signore. Malgra-do ogni evidenza, i miracoli, la dottrina nuova dotata di potenza, ecc., il popolo non Lo considerava come il Messia tanto atteso. Gesù appariva agli occhi di tutti come la resurrezione o la riappa-rizione di profeti precedenti. Non trovavano in Lui l’efficace ma-gnificenza del potere politico, così essenziale per la realizzazione del mirabolante sogno messianico che li inebriava. Di conseguen-za Lo immaginavano come il Battista risorto, o Elia, in quanto più specificamente un precursore, o addirittura un Geremia, legitti-mo difensore della nazione teocratica (cf. 2º Mac 2, 1-12). Si vede chiaramente in questo verset-to come lo spirito umano sia incline all’errore e come facilmente si allontani dalla vera otti-ca della salvezza. Ma, almeno, quei suoi con-temporanei ancora discernevano qualcosa di grandioso in Gesù. Sarebbe interessante chie-derci come Egli sarebbe visto dall’umanità glo-balizzata, scientifista e relativista dei nostri giorni.

Cristo dá as chaves a São Pedro (detalhe), por Vicente Catena – Museu do Prado, Madri

mo difensore della nazione teocratica (cf. 2º Mac

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2, 1-12). Si vede chiaramente in questo verset-to come lo spirito umano sia incline all’errore e come facilmente si allontani dalla vera otti-ca della salvezza. Ma, almeno, quei suoi con-temporanei ancora discernevano qualcosa di grandioso in Gesù. Sarebbe interessante chie-derci come Egli sarebbe visto dall’umanità glo-balizzata, scientifista e relativista dei nostri giorni.

Cristo dá as chaves a São Pedro (detalhe), por Vicente Catena – Museu do Prado, Madri

In quel tempo, 16 i pastori andarono senz’indugio a Betlemme e trovarono Maria e Giu-

seppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 17 E dopo averlo visto, riferirono ciò

che del bambino era stato detto loro. 18 Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose

che i pastori dicevano.

19 Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.

20 I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che aveva-

no udito e visto, com’era stato detto loro. 21 Quando furon passati gli otto giorni pre-

scritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’ange-

lo prima di essere concepito nel grembo della madre (Lc 2, 16-21).

Mar

io B

avel

oni

A Virgem Branca –

Catedral de Toledo

(Espanha)

4

Dalla considerazione del più grande tra i privilegi

mariani emanano meraviglie che ci permettono di

intravvedere la sublime grandezza della Madre di Dio e

nostra.

SOLENNITÀ DELLA SANTA MADRE DI DIO, MARIA

Predestinata da tutta l’eternità

I – Un privilegio concepito da sempre

La Chiesa sceglie il primo giorno del calendario civile per

celebrare la maternità divina della Madonna, affinchè

iniziamo l’anno per mezzo della gloriosa intercessione di

Maria. Lei versa su di noi le sue benedizioni in maniera molto spe-

ciale in questa Solennità, la cui coincidenza con l’Ottava del Natale

ci indica che il miglior modo di lodare il Bambino Gesù è esaltare

le qualità della Madre Sua e nostra, come pure il miglior modo di

elogiare la Madre è festeggiare la nascita del suo Divino Figlio.

La Liturgia ci presenta letture brevi, ma piene di signifi-

cato. Sebbene non siano proposte direttamente da Dio, ma da

commissioni di periti che estraggono dalle Sacre Scritture i passi

più adeguati per ogni celebrazione, lo Spirito Santo li assiste in

questo lavoro affinché sia realizzato nel modo più perfetto, mal-

grado l’insufficienza dell’uomo.

Elevata al di sopra di tutta la Creazione

È da sottolineare che la presenza della Madonna nelle

Scritture è molto discreta. È possibile che Lei stessa abbia chie-

sto agli evangelisti che la sua persona figurasse in un secondo

piano nelle pagine sacre , non solo per umiltà, ma anche per evi-

tare il rischio di attribuirle natura divina. Infatti, questo è avve-

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Nuovo volume

14      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Tale ingratitudine in rapporto a Dio è probabile conduca all’inferno, visto che può scatenare una grande quantità di altri peccati

sole, dando anche l’impressione di essere un po’ ingrassato. Vedendo il cambiamento, la moltitu-dine rimase colpita. Avvicinatosi al Divino Ma-estro, il samaritano si prostrò per terra, in ado-razione.

Più ancora del precetto legale di certificare la guarigione, il principale obbligo di tutti era rin-graziare Colui che li aveva guariti. Quando No-stro Signore disse “andate a presentarvi ai sa-cerdoti”, Egli non aveva loro proibito di espri-mere riconoscenza al benefattore. Fece loro so-lo una raccomandazione, non volendo ferire il libero arbitrio dei lebbrosi col rispettare questa facoltà che ci è offerta di scegliere il bene5, né volendo far perdere loro il merito che avrebbe-ro acquisito con la gratitudine. Tuttavia, disde-gnando l’opportunità, gli altri nove decisero di procedere in direzione contraria a quella di Ge-sù. Più ancora, nulla contraddice l’ipotesi che sarebbero ritornati più tardi alla loro vita nor-male, dimenticandosi completamente di Chi li aveva beneficiati.

Colposa omissione17 Ma Gesù osservò: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove do-ve sono? 18 Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di que-

sto straniero?” 19 E gli disse: “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato”.

La sorpresa manifestata da Nostro Signore aveva un intento formativo su coloro che Lo at-torniavano e ci porta a fare la seguente riflessio-ne: dieci furono guariti dalla lebbra in modo mi-racoloso e, tra questi, nove ritornarono all’am-biente sociale in cui vivevano prima di contrar-re l’infermità. Appartenenti all’establishment lo-cale, erano desiderosi di reintegrarsi nell’ambien-te mondano e davano più importanza all’ambien-te corrotto, nel quale erano stati contagiati dal-la lebbra, che al rapporto con il Maestro. Que-sta era la gratitudine del popolo Giudeo, il più fa-vorito tra tutti, una volta che il Messia era venu-to in primo luogo per le “pecorelle perdute del-la casa di Israele” (Mt 15, 24)... Come evidenzia Maldonado, “quelli, in quanto giudei, certamen-te avrebbero dovuto mostrarsi più grati a Dio, co-me il loro stesso nome gli ricordava e invece furo-no i più ingrati; quelli che avevano un motivo spe-ciale per riconoscere e ricevere Cristo come il lo-ro liberatore, che era stato inviato proprio per lo-ro, erano quelli che sembravano conoscerLo me-no degli altri”.6

Per loro, l’episodio della guarigione operata da Nostro Signore era cosa passata. Oggi igno-riamo che fine hanno fatto, poiché scomparve-ro dalla Storia.

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      15

Il miraco-lo operato da Nostro Signore, gua-rendo i dieci lebbrosi, Egli lo continua a realizzare in ogni istante a favore di qualsiasi pec-catore che, pentito, venga a supplicare il suo perdono

Per la mancanza di gratitudine, è rifiutato un miracolo ancora maggiore

Tale ingratitudine in relazione a Dio for-se porta all’inferno, poiché può scatenare una grande quantità di altri peccati. “Il primo gra-do d’ingratitudine”, insegna San Tommaso d’A-quino, “è l’assenza di riconoscenza, il secondo è la dissimulazione, ossia, quasi si nasconde il fat-to di aver ricevuto il beneficio e infine il terzo e più grave consiste nel non riconoscere il bene-ficio, sia per dimenticanza sia in qualsiasi altro modo”.7

È necessario, soprattutto, considerare che, oltre alla lebbra fisica, soffrivano anche di una lebbra morale chiamata mondanità, che li ren-deva ciechi di Dio e faceva sì che riponessero la loro felicità nel prestigio sociale. Il Maestro li guarì dalla prima affinché potessero, al momen-to di tornare e ringraziare, essere guariti dalla seconda. Tuttavia, per l’ingratitudine, accentua-rono ancor più la lebbra morale, sebbene fosse-ro liberi da quella fisica. Questo ci deve portare a riflettere sul pericolo di certe relazioni uma-ne che non ci approssimano a Gesù. Può esse-re che in un determinato momento abbia-mo da riconoscerGli qualche dono o favo-re e, purtroppo, ci dimentichiamo di que-sto dovere per dar più valore alle amici-zie terrene.

Il samaritano è favorito con un altro miracolo prodigioso

All’estremo opposto di questa postura si trova il decimo lebbroso, originario del-la Samaria, regione abitata da un popo-lo macchiato da secoli d’infedeltà alla ve-ra religione. Una volta recuperata la salu-te, egli non aveva a chi ricorrere e, perce-pendo il grande bene che gli era stato fat-to, seppe cercare la società vera. Egli non chiese il perdono dei suoi peccati, la sal-vezza o anche l’entrata nel Regno dei Cie-li, né supplicò come il Buon Ladrone sul-la croce: “Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23, 42). Però, egli ringraziò e a partire da questo atto di gratitudine, Gesù lo favorì con un miraco-lo maggiore della guarigione dalla lebbra: il perdono dei peccati.

Quando otteniamo un miracolo e sia-mo grati, ne otteniamo un altro maggiore di quello richiesto, poiché Dio sa delle no-

stre necessità. Questo duplice miracolato proba-bilmente ha seguito Gesù dappertutto e possia-mo congetturare che egli sia uno dei santi che oggi popolano il Cielo e godono della conviven-za con la Santissima Trinità. Gli altri nove, di che sentenza diventarono meritevoli? Non ci è dato conoscere il destino delle anime post-mortem, ma forse sono andati, quanto meno, in Purgatorio, per una simile ingratitudine... Per questo, quan-to dobbiamo temere il pericolo arrecato alla vi-ta spirituale da un atteggiamento simile al loro in relazione ai beni ricevuti dal Salvatore!

III – la lebbra, InfermItà sImbolIca

In questo passo, Cristo ci mostra la lebbra co-me una malattia simbolica, poiché essa distrugge l’organismo e deforma la bellezza del sembiante. Ora, molto peggiore della lebbra fisica è quella spirituale contratta da chi commette un peccato mortale. Se la lebbra fisica provoca il disfacimen-to del corpo, quella dello spirito infetta l’anima, la rende repellente agli occhi di Dio e fa sì che la persona diventi schiava delle sue cattive tenden-

“San Francesco Saverio che ascolta una confessione” di Godofredo Maes - Castello di Saverio (Spagna)

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16      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

“La gratitudine delle nostre anime al beneficio che la Madonna ci ha fatto [...] deve essere immensa e deve portarci a volerLa servire con una dedizione analoga”

ze e passioni. Il lebbroso fisico era espulso dalla società mentre quello spirituale è ritirato da una società molto più eccellente, quella divina, con la privazione della grazia santificante, delle vir-tù, dei doni, di tutto l’organismo soprannatura-le e, soprattutto, dell’inabitazione della Santissi-ma Trinità. “La legge dei Giudei considera la leb-bra come un’infermità immonda, mentre la Leg-ge del Vangelo non considera immonda la lebbra esteriore, invece sì quella interiore”.8 La lebbra fisica è contagiosa, caratteristica verificata anche in quella dell’anima, poiché la persona che ab-braccia le vie del peccato finirà per causare scan-dali che porteranno altri alla rovina spirituale. Se la lebbra fisica, dopo una vita infelice, portava al-la morte, la lebbra del peccato rende amara l’esi-stenza e conduce a una morte molto più terribi-le: l’eterna infelicità, nell’inferno. La lebbra fisi-ca raggiunge soltanto il corpo, ma se il malato af-fronta la situazione con cristiana rassegnazione e spirito soprannaturale progredirà nella virtù, po-tendo arrivare a esser santo. Il peccato, sebbene possa esser commesso senza sufficiente nozione della gravità delle sue conseguenze, distrugge la vita divina nell’anima, che è la sua maggiore bel-lezza, danno molto peggiore che distruggere la bellezza del corpo e la salute.

La scena si ripete nel corso della Storia

Il miracolo operato da Nostro Signore, guaren-do i dieci lebbrosi, Egli continua a realizzarlo in ogni istante in favore di qualsiasi peccatore che, pentito, venga a supplicare il suo perdono. Egli esige soltanto che si obbedisca alla stessa racco-mandazione data ai lebbrosi: presentarsi al sacer-dote. Questa prescrizione legale non sarebbe che una prefigurazione dell’assoluzione sacramentale, istituita dal Signore Gesù, per la quale le nostre anime sono purificate dalla lebbra del peccato.

Il Vangelo di oggi ci suggerisce un’attualissima applicazione. Non abbiamo una lebbra fisica, però, non sempre possiamo dire che siamo esenti dalla lebbra spirituale. E in quante occasioni siamo sta-ti beneficiati più dei dieci lebbrosi… E’ necessario, dunque, non agire come i nove ingrati, ma imitare l’esempio del samaritano: tornare per ringraziare il Signore per averci guarito tante volte dalla lebbra interiore, a cominciare dalla maledizione del pec-cato originale, anch’esso da Lui abolito.

La pratica della vera gratitudine

Intanto, quanto rara è la virtù della gratitu-dine! Molte volte essa si pratica solo per educa-zione e con mere parole. Tuttavia, per esser au-tentica, è necessario che essa trabocchi dal cuo-

re con sincerità. Purtroppo, afferma il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, “la virtù della gra-titudine è intesa oggi in un modo contabile. Di modo che, se uno mi fa un beneficio, io devo rispondere, contabilisticamente, con una por-zione di gratitudine uguale al beneficio ricevu-to. C’è, pertanto, una specie di pagamento: un favore si paga mediante l’affetto, proprio co-me la mercanzia si paga mediante il denaro. Allora, io ho ricevuto un favore e devo strap-pare da dentro la mia anima un sentimento di gratitudine. Non ho più debiti, provo sollievo, sono libero da obblighi”.9 Questa è una forma pagana, materialista, di concepire la gratitudi-ne. Ben differente è questa virtù quando im-pregnata di spirito cattolico.

“La gratitudine è, in primo luogo, il ricono-scimento del valore del beneficio ricevuto. In secondo luogo, è il riconoscimento che noi non meritiamo quel beneficio. E, in terzo luogo, è il desiderio di dedicarci a chi ci ha fatto il ser-vizio in proporzione al servizio prestato e, più ancora, della dedizione dimostrata in relazione a noi. Come diceva Santa Teresina, ‘amore so-lo con amore si paga’. O la persona paga dedi-Il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira negli anni ‘80

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      17

È necessario, dunque, non agire come i nove ingrati, ma imitare l’esempio del samaritano: tornare a ringraziare il Signore Gesù per averci guarito tante volte dalla lebbra interiore

zione con dedizione o non ha pagato. […] In que-sta prospettiva, la gratitudine delle nostre anime al beneficio che la Madonna ci ha fatto, consentendo alla morte del suo Divino Figlio e accettando i do-lori che ha sofferto affinché fossimo riscattati, […] deve esser immensa e deve portarci a volerLa ser-vire con una dedizione analoga”.10

Ora, oltre a darci la vita umana, Dio ci conce-de l’inestimabile tesoro della partecipazione alla sua vita divina col Battesimo e, più ancora, ci dà costantemente la possibilità di recuperare questo stato quando viene perduto col peccato, bastando per questo il nostro pentimento e la confessione sacramentale. Soprattutto Si dà Se stesso in Cor-po, Sangue, Anima e Divinità come alimento spi-

rituale per trasformarci in Lui, santificandoci in maniera da garantirci una resurrezione gloriosa e la vita eterna. Egli ci ha lasciato sua Madre come Mediatrice, a occuparsi del genero umano con tut-to l’affetto e premura. I benefici che Dio ci con-cede sono, così, incommensurabili! Quale non de-ve essere, dunque, la nostra gratitudine verso No-stro Signore e sua Madre Santissima? Abbracciare con entusiasmo e abnegazione la santità e combat-tere con sempre crescente dedizione per l’espan-sione della gloria di Dio e della Vergine Santissima sulla Terra, ecco il miglior mezzo di corrisponde-re all’infinito amore del Sacro Cuore di Gesù, che è versato su di noi a fiumi, dal nascere del sole fino al suo occaso. ²

“Il ritorno del lebbroso guarito” - Biblioteca del Monastero di San Millán de la Cogolla (Spagna)

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1 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUI-NO. Somma Teologica. I, q.90, a.3; a.4, ad 1.

2 COLUNGA, OP, Alberto; GAR-CIA CORDERO, OP, Maximi-liano. Biblia comentada. Penta-teuco. Madrid: BAC, 1960, t.I, p.688.

3 Cfr. LAGRANGE, OP, Marie-Jo-seph. Évangile selon Saint Marc. 5.ed. Paris: J. Gabalda, 1929, p.29.

4 COLUNGA; GARCIA CORDE-RO, op. cit., p.685.

5 Cfr. SANT’AGOSTINO. De Ci-vitate Dei. L.XIV, c.11, n.1 In: Obras. Madrid: BAC, 1958, v.XVI-XVII, p.951.

6 MALDONADO, SJ, Juan de. Co-mentarios a los Cuatro Evange-lios. Evangelios de San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1951, v.II. p.728.

7 SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., II-II, q.107, a.2.

8 TITO BOSTRENSE, apud SAN TOMMASO D’AQUINO. Ca-tena Aurea. In Lucam, c.XVII, v.11-19.

9 CORRÊA DE OLIVEIRA, Pli-nio. Conferenza. San Paolo, 1 giu. 1974.

10 Idem, 27 dic. 1974.

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Non dimenticatevi

della visita regale!

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18      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

L’azione di grazie dopo la Comunione è, secondo San Pietro Giuliano Eymard, il momento più solenne della nostra vita, durante il quale abbiamo a nostra disposizione il Re del Cielo e della Terra, pronto a soddisfare qualsiasi richiesta.

n una chiesa di Roma, alla fine del XVI secolo, il sacer-dote termina di celebrare la Messa ed esce in fretta dal-

la sacrestia. Cammina per la strada a passi rapidi, spinto da importanti occupazioni del suo ministero. Non senza una grande sorpresa, capisce che i suoi due chierichetti, vestiti an-cora con tunica e cotta, lo raggiun-gono e si mettono al suo fianco, por-tando ognuno una candela accesa... I passanti aprono il varco, con ri-spetto, come al passaggio del Santis-simo Sacramento.

– Che cosa state facendo? – chie-de ai giovani.

– Padre Filippo ci ha detto di se-guirla!

Il ministro di Dio comprende su-bito la sua mancanza. Con modestia e contrizione, ritorna in chiesa per fare l’azione di grazie, sempre segui-to dai chierichetti con le loro cande-le accese, che indicavano a tutti la presenza della Sacra Eucaristia...1

In questo modo inequivocabile, con tratti di amabilità, il fondatore della Congregazione dell’Oratorio, San Filippo Neri, cercava di ammo-nire i suoi preti sulla somma impor-tanza di fare con rispettoso raccogli-mento l’azione di grazie dopo la Sa-cra Comunione.

Ora, quello che il Santo fiorentino vedeva e deplorava alla sua epoca, lo vediamo anche noi, mutatis mutandis, nel XXI secolo: molte volte, persino persone bene intenzionate trascura-no il periodo di azione di grazie, non dando la debita importanza alle Sacre Specie che hanno appena ricevuto.

È proprio Cristo che riceviamo

Per meglio comprendere l’ineffa-bile grazia che riceviamo quando ci comunichiamo, è imprescindibile ri-cordare che è proprio Dio, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità, che pene-tra nel nostro intimo. La Sacra Ostia che il sacerdote ci consegna in nul-

Diac. Michel Six, EP

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Il Papa Emerito Benedetto XVI distribuisce la Santa Comunione nella

Basilica di San Pietro, l’1/4/2010

azIone DI grazIe Dopo la ComunIone

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      19

la si differenzia da quelle che adoria-mo nel tabernacolo o nell’ostensorio. Per questo, alcuni teologi non esitano ad affermare che potremmo inginoc-chiarci davanti a chi si è appena comu-nicato, come facciamo davanti al ta-bernacolo, visto che Dio è realmente presente tanto in uno che nell’altro.2

Ricordando questa verità, Papa Benedetto XVI inizia la sua Esorta-zione Apostolica Post-Sinodale Sa-cramentum Caritatis dicendo: “Sa-cramento della carità, la Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cri-sto fa di se stesso, rivelandoci l’amo-re infinito di Dio per ogni uomo”.3 Più avanti, nello stesso documento, ci consiglia che “non venga trascu-rato il tempo prezioso del ringrazia-mento dopo la Comunione”,4 e sot-tolinea la convenienza di rimanere raccolti in silenzio durante questa.

Nell’Ultima Cena, Cristo ha dichia-rato agli Apostoli che aveva desiderato ardentemente di dare loro il suo Cor-

tecipare alla Sacra Eucaristia, ali-mentando la sua anima con la pre-senza di Dio stesso?

Esiste, tuttavia, un’importante differenza tra il nutrimento fisico e quello spirituale, molto ben sintetiz-zata da un celebre teologo domeni-cano francese: “L’assimilazione so-prannaturale che risulta dal nutri-mento Eucaristico si fa, per così di-re, in senso inverso all’assimilazione naturale, in virtù della legge che reg-ge qualsiasi trasformazione, poiché questa deve farsi da una natura infe-riore a una natura superiore”.6

In altri termini, quando ingeria-mo un alimento naturale, lo incor-poriamo in noi, trasformando la sua sostanza nella nostra stessa carne. Tuttavia, quando riceviamo la Sacra Ostia avviene esattamente il contra-rio: siamo assunti da Cristo che è Dio e, pertanto, di natura infinita-mente più nobile, elevata e superio-re alla nostra.

po e il suo Sangue come alimento spi-rituale (cfr. Lc 22, 15-20). Così come Si è dato a loro in quell’occasione, Si dà a noi in ogni Santa Messa, con una vo-lontà di visitarci maggiore del nostro desiderio di riceverLo. Come, allora, non approfittare di questi istanti di in-timità nei quali abbiamo Dio presente, di fatto, nel nostro cuore?

“Tu ti muterai in Me”

La parola greca εὐχαριστία – Eu-caristia – significa “azione di grazie”. Usando questo termine, noi cristiani evochiamo il momento in cui Nostro Signore “ha reso grazie” (Mt 26, 27) e ha istituito quest’ineffabile Sacra-mento che contiene in sé lo stesso Cristo, fonte di tutte le grazie.

“Dio è la vita della nostra anima, così come la nostra anima è la vita del nostro corpo”.5 Potrà esserci, al-lora, mezzo migliore per un cristia-no di ottenere le forze necessarie per le sue lotte quotidiane che par-

La parola “Eucaristia” evoca il momento in cui Nostro Signore, “rendendo grazie”, ha istituito quest’i-neffabile Sacramento che contiene in sé lo stesso Cristo, fonte di tutte le grazie

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“L’Ultima Cena” – Pala d’altare della Cappella del Santissimo Sacramento, Cattedrale dello Spirito Santo, Terrassa (Spagna)

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20      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Comunicandoci, siamo, per così dire, “Cristificati”. Per tale motivo, Sant’Agostino, nelle sue Confessio-ni, immagina Dio stesso che ci dice: “Sono alimento dei grandi: cresci e Mi mangerai. Non tu muterai Me in te, come al cibo della tua carne, ma tu ti muterai in Me”.7

L’Eucaristia fortifica la carità e ci allontana dal peccato

Se, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, “ricevere l’Eu-caristia nella Comunione reca co-me frutto principale l’unione intima con Cristo Gesù”,8 non è questo l’u-nico effetto che essa produce in noi. Il Sacramento Eucaristico, oltre a unir-ci al Corpo Mistico di Cristo, che è la Chiesa, separa dal peccato chi lo ri-ceve, poiché “l’Eucaristia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dai peccati commessi e preservarci da quelli futuri”.9

Infatti, spiega il Catechismo, co-sì “come il cibo del corpo serve a re-staurare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende ad indebolirsi; la cari-tà così vivificata cancella i peccati ve-niali. Donandosi a noi, Cristo ravvi-

va il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e di radicarci in lui”.10

Così pure, “proprio per la cari-tà che accende in noi, l’Eucaristia ci preserva in futuro dai peccati morta-li. Quanto più partecipiamo alla vi-ta di Cristo e progrediamo nella sua amicizia, tanto più ci è difficile sepa-rarci da lui con il peccato mortale”.11

“Non dimenticatevi della visita regale di Gesù”

Ora, come procedere interiormen-te dopo aver ricevuto nel nostro inti-mo un dono così sublime? Cosa dire al Redentore che, fintanto che non si disfano le Sacre Specie, rimane a no-stra disposizione dentro di noi?

Famoso per la sua devozione eu-caristica, San Pietro Giuliano Ey-mard12 ci consiglia, nel suo Diretto-rio per l’azione di grazie, di rimanere un istante in tranquillità subito do-po aver ricevuto la Sacra Ostia, ado-rando silenziosamente, e con l’ani-ma prostrata davanti all’Altissimo, in segno di ascolto e attenzione.

Passato questo primo periodo, egli consiglia di impegnarci nell’a-zione di grazie propriamente detta,

che deve cominciare con un atto di adorazione a Gesù nel trono del no-stro cuore, offrendoGli, come segno di assoluta sottomissione, le chia-vi della nostra dimora interiore, di-chiarandoci Suoi veri servi, sempre pronti a piacerGli in tutto.

San Pietro Giuliano propone che subito dopo manifestiamo il nostro ringraziamento a Gesù Sacramenta-to per l’immenso e immeritato ono-re che ci fa con questa visita. “Invita-te i suoi Angeli e Santi, come pure la sua divina Madre, a lodare, benedire e ringraziare con voi Gesù per voi. Uni-tevi alle azioni di grazie della Santissi-ma Vergine, così amorose, così perfet-te, e per loro rendete grazie”.13

A seguire conviene fare un atto di contrizione e riparazione: “Piange-te ai suoi piedi per i vostri peccati, come un’altra Maddalena. […] Riaf-fermateGli la vostra fedeltà e il vo-stro amore; sacrificateGli le vostre affezioni disordinate [...]. Implorate-Gli la grazia di non offenderLo mai più; protestate che preferite cento volte la morte al peccato”.14

Fatto questo, è giunto il momen-to della petizione, durante il qua-le pregheremo Gesù che ci otten-

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Sacerdoti concelebranti si comunicano dal calice durante una Messa nella Basilica della Madonna del Rosario, 20/7/2013

Così “come il cibo del corpo serve a restau-rare le forze perdute, l’Eucaristia fortifica la carità che, nella vita di ogni giorno, tende a indebolirsi; la carità così vivi-ficata cancella i peccati veniali”

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      21

ga tutto quanto di cui abbiamo bi-sogno: che regni dentro di noi e nel mondo intero; per le nostre necessi-tà, per le nostre famiglie; per il Pa-pa, per il nostro Vescovo e il nostro parroco; per tutta la Santa Chiesa, affinché vengano vocazioni sacerdo-tali e religiose; per l’evangelizzazio-ne; per il nostro progresso nella vita spirituale, per la santità di vita, per l’aumento del fervore, per la conver-sione dei peccatori...

Non risparmiamo richieste né temiamo di incomodarLo, poiché durante l’azione di grazie, afferma San Pietro Giuliano, “Gesù è dispo-sto a darvi il suo stesso Regno; Gli piace poter disseminare i suoi be-nefici”.15

E, durante il giorno, conclude il Santo, “siate come un recipiente pieno di prezioso profumo, come un santo che ha passato un’ora nel Cie-lo. Non dimenticatevi della visita re-gale di Gesù”.16

L’Eucaristia e Maria Santissima

C’è anche un’altra pietosa forma di rivolgerci a Gesù, durante l’azio-ne di grazie: farla per mezzo di sua Madre Santissima, la Vergine Ma-

ria. Avendo ricevuto il Verbo nel suo seno, Ella ci offre un modello per-fetto di azione di grazie. “Adorare Gesù nel vostro cuore unendovi a Lei è il miglior modo di farGli una piacevole accoglienza, buona e ric-ca di grazie”,17 consiglia il fondatore dei Sacramentini.

In questo senso, il Beato Giovan-ni Paolo II ha ricordato che: “Se vo-gliamo riscoprire in tutta la sua ric-chezza il rapporto intimo che lega Chiesa ed Eucaristia, non possiamo dimenticare Maria, Madre e model-lo della Chiesa. […] Maria è presen-te, con la Chiesa e come Madre del-la Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chie-sa ed Eucaristia sono un binomio in-scindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia”.18

Questa intima unione della Ma-donna col Sacramento dell’Eucari-stia incantava il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, consacrato alla Madonna, secondo il metodo di San Luigi Maria Grignion de Montfort. Profondo co-noscitore dello spirito umano, egli ri-conosceva che, non essendo noi all’al-tezza di ricevere condegnamente Ge-sù, necessitiamo di un ponte che ci

conduca con sicurezza a questo Re che entra nella nostra umile dimora. E questo ponte è precisamente quel-lo che abbiamo in comune con questo Re: la stessa Madre, Maria Santissi-ma, che ci ha portato il Salvatore.

Questa Madre – Sua e nostra –, che tra le semplici creature è la più eccelsa, Si disfa di compassione anche per il figlio più debole, deviato e squi-librato. Pertanto, è normale che fac-ciamo attraverso di Lei gli atti pro-pri dell’azione di grazie.19 E così, egli immaginava la nostra anima come una capanna nella quale entra il Re dei Cieli, la quale “può esser ordina-ta e adornata dalla Madonna, affin-ché piaccia a Lui. E, siccome a inter-cedere sarà la Sua stessa Madre, No-stro Signore Si sentirà compiaciuto”.20

Avendo ben presente che la Vergi-ne Maria Si unisce a noi nell’Eucari-stia soltanto spiritualmente, e non in presenza reale, come avviene col suo Divino Figlio, il Dr. Plinio ci consiglia che, dopo l’adorazione, chiediamo a Lei che ci aiuti a ringraziare per il do-no di aver ricevuto il nostro Salvato-re: “Madre e Regina del Cielo, rendi grazie per me, perché la mia azione di grazie è insufficiente”.21

“Piangete ai suoi piedi per i vostri peccati, come un’altra Maddalena. RiaffermateGli la vostra fedeltà e il vostro amore; sacrificateGli le vostre affezioni disordinate”

“L’Ultima Cena”, miniatura di un salterio del XIII secolo - Metropolitan Museum of Art, New York

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“Sempre per Maria e in Maria”

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22      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

fare azIone DI grazIe seConDo san luIgI marIa grIgnIon De montfort

opo la Santa Comunione, stan-do interiormente raccolto, con

gli occhi chiusi, introdurrai Gesù Cri-sto nel Cuore di Maria. Tu Lo darai a sua Madre, che Lo accoglierà con amore, Lo collocherà degnamente, Lo adorerà profondamente, Lo ame-rà perfettamente, Lo abbraccerà for-temente e Gli tributerà, in spirito e verità, molti omaggi che ci sono sco-nosciuti, a noi, che siamo avvolti in queste fitte tenebre.

Oppure, ti terrai in atteggiamen-to di profonda umiltà nel tuo cuo-re, alla presenza di Gesù che risie-

de in Maria. O ti manterrai come

uno schiavo al-la porta del pa-

lazzo del

Re, dove Lui sta parlando con la Re-gina. E, mentre Essi parlano, senza che abbiano bisogno di te, te ne an-drai in spirito in Cielo e per la Ter-ra intera a chiedere a tutte le crea-ture che ringrazino, adorino e amino Gesù in Maria, al tuo posto. “Venite, prostràti adoriamo!” (Sl 95, 6).

Oppure domanderai tu stesso a Gesù, in unione con Maria, la venuta del suo Regno sulla Terra, per inter-mediazione della sua Santa Madre. O chiederai la sapienza divina, o l’amo-re divino o il perdono dei tuoi peccati, o qualsiasi altra grazia, ma sempre per mezzo di Maria e in Maria. [...]

Vi è un’infinità di pensieri che lo Spirito Santo ispira; e ti ispirerà, se sarai molto raccolto, mortificato e fe-dele a questa grande e sublime devo-zione che ti ho appena insegnato. Ma ricordati che quanto più lascerai fa-re a Maria nella tua Comunione, più Gesù sarà glorificato. E tanto più la-scerai fare a Maria per Gesù e a Gesù in Maria, quanto più profondamen-te ti umilierai e li ascolterai in pace e in silenzio, senza preoccuparti di ve-dere, gustare o sentire. Infatti il giu-sto vive, in tutto, di fede, e particolar-mente nella Sacra Comunione, che è un atto di fede: “Il mio giusto vivrà mediante la Fede!” (Eb 10, 38).

Trattato della Vera Devozione alla Santissima

Vergine – Supplemento, n.3.

“Madonna del Santissimo Sacramento” – Chiesa Madonna del Santissimo Sacramento, Montréal (Canada)

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È sempre per mano della Vergi-ne Santissima che possiamo chiede-re perdono per i nostri peccati, fa-re le nostre petizioni e suppliche, co-me lui ci esemplifica: “Devo chiede-re cose per me, per coloro che stimo e anche per quelli che non conosco. Prima di tutto, Ti chiedo che in ogni carica della Sacra Gerarchia eccle-siastica – dal soglio di San Pietro fi-no a una semplice parrocchia– ci sia-no ferventi apostoli di Maria, arden-ti schiavi di Lei secondo il metodo di San Luigi Maria Grignion de Mont-fort, con tutta la forza del termine”.22

A volte l’azione di grazie è arida...

All’inizio del suo citato Diretto-rio per l’azione di grazie, San Pietro Giuliano Eymard23 presenta una dif-ficoltà che può capitare a tutti: l’in-sensibilità quando riceviamo Gesù.

Riguardo all’aridità, difficoltà molto comune nella vita spirituale, il Dr. Plinio ricorda: “Ci saranno an-che occasioni in cui le nostre comu-nioni […] saranno aride. Così come la terra arida non produce frutto, abbiamo, molte volte, l’impressione di aridità nella nostra anima: ci co-munichiamo e non sentiamo nulla. Si prega e si chiede, ma si ha la sen-sazione che le nostre suppliche sia-no state semplici termini pietosi sen-za alcuna profondità”.24

Questo, però, non ci deve allonta-nare dal Santissimo Sacramento, poi-ché la Comunione non è “la ricer-ca di un egoismo spirituale, né la sod-disfazione di una sensualità più o me-no mistica. È il compimento di un du-plice dovere: dovere verso l’Ospite Di-vino della Comunione, che merita cer-tamente che Lo apprezziamo e in Lui ci compiacciamo, e dovere verso l’ani-ma, il cui obbligo è riconfortarsi santa-mente con le delizie presentate in que-sta mensa così riccamente provveduta dal Re del Cielo”.25

Il Prof. Plinio Corrêa de Oliveira, da parte sua, analizzando il proble-ma da un punto di vista differente, fa

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      23

“Cristo con l’Eucaristia” Museo di Arte Religiosa, Puebla (Messico)

“Avete a vostra disposizione il Re del Cielo e della Terra, pronto a sod-disfare qualsiasi vostra richiesta”

1 Cfr. San Leonardo da Por-to Maurizio. Raccolta delle Opere Sacro-Moral. Venezia: Giuseppe Antonelli, 1840, vol.VII, p.14.

2 Cfr. MONSABRÉ, OP, Jac-ques-Marie Louis. La com-munion. In: Conférences de Notre-Dame de Paris. Carême 1884. Parigi: L’Année Domi-nicaine, 1884, p.9.

3 BENEDETTO XVI. Sacra-mentum Caritatis, n.1.

4 Idem, n.50.5 MONSABRÉ, op. cit. p.5.6 Idem, p.10.7 SANT’AGOSTINO. Confes-

sionum. L.VII, c.10, n.16. In:

Obras. 7.ed. Madrid: BAC, 1979, vol.II, p.286.

8 CCE 1391. 9 Idem, 1393.10 Idem, 1394.11 Idem, 1395.12 Cfr. SAN PIETRO GIU-

LIANO EYMARD. La Di-vina Eucaristia: Estratti dagli Scritti e Sermoni. San Paolo Loyola, 2002, vol.II, p.52-58.

13 Idem, p.55.14 Idem, ibidem.15 Idem, ibidem.16 Idem, p.56.17 Idem, ibidem.

18 BEATO GIOVANNI PAO-LO II. Ecclesia de Euchari-stia, n.53; 57.

19 Cfr. CORRÊA DE OLI-VEIRA, Plinio. Un’azione di grazie per mezzo di Ma-ria. In: Dr. Plinio. San Pao-lo. Anno IX. N.99 (Giugno, 2006); p.24; 26.

20 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Mane nobiscum Do-mine. In: Dr. Plinio. San Pa-olo. Anno XIII. N.143 (Feb., 2010); p.17.

21 CORRÊA DE OLIVEI-RA, Un’azione di grazie per mezzo di Maria, op. cit., p.27.

22 Idem, p.28.

23 Cfr. SAN PIETRO GIU-LIANO EYMARD, op. cit., p.53.

24 CORRÊA DE OLIVEIRA, Mane nobiscum Domine, op. cit., p.18.

25 SAN PIETRO GIULIANO EYMARD, op. cit., p.53.

26 CORRÊA DE OLIVEIRA, Mane nobiscum Domine, op. cit., p.18.

27 SAN PIETRO GIULIANO EYMARD, op. cit , p.52.

28 CHAIGNON, SJ, Pierre. Le Prêtre à l’autel ou le Saint Sa-crifice de la Messe dignement célébré. 4.ed. Parigi: Charles Blériot, 1859, p.92.

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un’analogia con il malato che prende una medicina scienti-ficamente testata e verificata per la sua efficacia, e che, dieci minuti dopo l’ingestione, non sente miglioramento alcuno. Che sia lecito protestare per l’inutilità del medicamento? Assolutamente no. I suoi effet-ti si verificheranno nel decor-so dei giorni, o anche degli an-ni, cosa che dipende dal tratta-mento.

Qualcosa di simile succe-de con la Comunione: “Mol-te volte ci comunichiamo, ma l’azione di grazie è arida; apriamo un libro di pietà, ma esso non ci ispira nulla; ab-biamo l’impressione che non abbia portato a nulla prega-re. Ora, Dio ha visitato la mia anima, ma la Sua presenza è stata inutile? Colui che è On-nipotente, Creatore del Cielo e del-la Terra, di tutte le meraviglie, è sta-to presente in me, e non mi ha fatto neppure un bene? Dobbiamo aver presente che, non rare volte, la Co-munione interamente arida porta, in sé, più vantaggi per l’anima di quella che ci dà innumerevoli consolazioni. […] Infatti, molte volte Egli ci prova al fine di verificare se siamo di quel-la specie di anime che credono solo quando sentono: ‘Tommaso, tu hai

creduto perché hai visto; bea-ti quelli che non hanno visto, ma hanno creduto!’”.26

Il miglior momento di chiedere

Senza dubbio, ammonisce ancora San Pietro Giuliano Eymard: “Il momento più so-lenne della vostra vita è quel-lo dell’azione di grazie, quan-do avete a vostra disposizio-ne il Re del Cielo e della Ter-ra, vostro Salvatore e Giudice, pronto a soddisfare qualsiasi vostra richiesta”.27

In questo modo, con la de-bita preparazione, approssi-miamoci quanto più possibi-le al Santissimo Sacramento, e, nell’istante in cui Gesù Si da-rà a noi e ci dirà, come al cieco di Gerico: “Che vuoi che ti fac-cia?” (Mc 10, 51a; Lc 18, 41),

sappiamo risponderGli: “Maestro, che io riabbia la vista” (Mc 10, 51b). Così, la nostra azione di grazie si farà degna-mente in accordo con l’incommensura-bile dono ricevuto.

Insomma, “è possibile restare in-fermo, quando un Dio offre la gua-rigione da tutti i mali; e indigen-te, quando Egli mette a disposizio-ne gli inesauribili tesori del suo po-tere e della sua incomprensibile ca-rità?”.28 ²

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Donna Lucilia nel 1912, a Parigi

I lampadari in cristallo e bronzo

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24      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Donna luCIlIa rIbeIro Dos santos Corrêa De olIVeIra

Il nobile comportamento di questo semplice commerciante, ci fa intravvedere come Donna Lucilia stimolasse le anime, solo con il suo

dolce e elevato atto di presenza, a praticare la virtù.

n radioso e caldo sole accolse Donna Luci-lia e i figli, al suo arrivo al porto di Santos, do-

ve, il 17 aprile 1913, li aspettava il Dr. João Paulo. Aveva anticipato il suo ritorno, lasciando in Europa Donna Gabriela e gli altri familiari.

Si chiudeva così, mettendo piede sulle terre brasiliane, un importante capitolo della sua vita. Mentre il tre-no che la conduceva a San Paolo ri-saliva con lentezza la Serra do Mar, Donna Lucilia tornava a contempla-re quelle vette ricoperte da una lus-sureggiante foresta tropicale, ornata qua e là dai vistosi e da lei tanto ap-prezzati manacas, intensamente fiori-ti. Tali impressioni si mescolavano nel suo spirito con il ricordo degli splen-dori e tradizioni del Vecchio Conti-nente che aveva appena lasciato.

Giunti alla stazione della Luz, nella capitale paulista, c’erano alcu-ni domestici ad accoglierli, prendere i bagagli e prestar loro piccoli servi-zi. Erano di sicuro coloro che da più tempo lavoravano nella casa, ai quali la nostalgia per una così lunga assen-za procurava maggiore gioia per il ri-

torno di chi tanto rispettavano. Evi-dentemente i tempi erano altri. Lo spirito patriarcale e familiare impre-gnava ancora di profonda benevolen-za le relazioni tra le classi sociali, fa-cendo sì che gli incontri tra padroni e servitù, dopo le separazioni prolun-gate, si rivestissero della dolcezza di veri avvenimenti di famiglia.

Un breve tragitto in landau fino a viale Barão de Limeira costituiva l’ultima tappa del lungo viaggio. Gi-rato l’ultimo angolo, Donna Luci-lia avvistò il palazzotto Ribeiro dos Santos e in pochi istanti era davanti alla scalinata di marmo dell’entrata principale. Avvisati dal rumore della carrozza, i membri più giovani del-la servitù uscirono in strada a riceve-re i nuovi arrivati. Donna Lucilia li accolse con parole di bontà, che non mancavano mai sulle sue labbra, tra-boccanti dal suo affabile cuore.

Scambiati i primi saluti, lei salì i gradini, penetrando nell’atmosfe-ra raccolta e nobile del santuario fa-migliare. Quanti ricordi le venne-ro in mente in quel momento! Co-minciò a percorrere allora, lenta-mente, quegli ambienti così confor-

mi ai suoi gusti: la saletta da visita, il salone... Tuttavia, il suo sguardo di-ventò interrogativo notando, nell’u-na e nell’altra sala, che i lampadari non erano gli stessi, né si addiceva-no all’ambiente. Cos’era accaduto?

Era stato infatti assunto un inge-gnere per alcuni restauri nella ca-sa, durante il viaggio della fami-glia in Europa. Donna Lucilia veri-ficava che, purtroppo, il cambio dei lampadari non era stato dei più az-zeccati. Senza scatti o segni di im-pazienza, chiese ad alcuni servi che fine avessero fatto gli antichi lam-padari di bronzo, fino a che uno di loro le raccontò che erano stati venduti a un piccolo commerciante del quartiere.

Dopo un meritato e necessario riposo, dopo il lungo viaggio, Don-na Lucilia tentò di riparare all’erro-re commesso dall’ingegnere. Tutta-via, dopo aver percorso alcune delle buone botteghe della città, costatò che era impossibile trovare lampa-dari uguali o migliori ai precedenti. Per questo, decise di andare a par-lare con il commerciante che li ave-va acquistati.

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Rappresentazione artistica del Palazzotto Ribeiro dos Santos

124

Capítulo VEssendosi allora diffusa

ovunque la buona notizia del suc-

cesso ottenuto in Germania dal

Prof. Dott. August Karl Bier,

medico personale del Kaiser, in

un’estrazione della cistifellea 3, la

grande stima dei parenti della sig-

nora Lucilia nei suoi confronti li

portò a non risparmiare gli sforzi

per farla andare da questo famo-

so specialista. Tra quelli che l’avrebbero accompagnata, non fi-

guravano soltanto suo marito e i suoi figli, ma anche i fratelli, cognati,

nipoti e soprattutto sua madre, la signora Gabriella.

Un viaggio penoso

Un treno li avrebbe portati fino a Santos, da dove sarebbero an-

dati in nave al porto di Rio de Janeiro, per imbarcarsi per l’Europa in

un confortevole transatlantico tedesco, l’11 giugno 19124.

Per un accurato desiderio di perfezione, la signora Lucilia, pre-

vedendo un lungo soggiorno all’estero, si prese cura dei preparativi del

viaggio, nonostante il suo stato di salute.

Prima ancora di lasciare la casa, nello stesso giorno della parten-

za, fu presa da un accesso di violenti dolori, che la obbligarono a rima-

nere sdraiata durante una buona parte del tragitto in treno fino a San-

tos. Nonostante soffrisse molto, anche nel percorso fino a Rio de Janei-

ro, non perse, neanche per un solo istante, la sua invariabile e virtuosa

In alto: ricordo offerto dal Dr. Bier alla signora

Lucilia; a destra: il prof. Adolpho Lindenberg,

marito della signora Yayá

125

Viagem à Europa

serenità d’animo, che le permise di contemplare il magnifico panorama

che Dio ha concesso a quella città.

Alloggiarono tutti all’Hotel degli Stranieri, uno dei primi della

Capitale Federale, in attesa di partire per la Germania.

Facendo rotta in direzion

e del Vecchio Continente

Arrivata al porto, il giorno dell’imbarco, la signora Lucilia si sentì

così male che, contorcendosi per il dolore, dovette salire a bordo del

transatlantico sostenuta dal marito e da un cognato, davanti agli occhi

addolorati dei suoi figli.

La nave sollevò le ancore. Mentre si allontanava dalla terra fer-

ma, tutti i passeggeri si sistemavano sui bordi del casseretto o si sdraia-

vano confortevolmente sulle chaises longues e assistevano al bello ed

emozionante spettacolo della partenza.

La signora Lucilia cominciò subito a sentire nel suo organismo in-

debolito, gli effetti del dondolio che avrebbe potuto solo che aggravare

i suoi mali. Sdraiata nella sua cabina, pregava il Sacro Cuore di Gesù,

implorando grazie affinché, secondo il divino modello, con pazienza e

virtù sopportasse tutti i disagi di quella lunga traversata.

Quando la nave, dopo aver messo sulla rotta la barra del timone,

si apprestava a guadagnare l’oceano, alcuni parenti scesero nella cabi-

na della signora Lucilia per riconfortarla, narrandole le grandezze del

maestoso scenario della Baia di Guanabara, visto da una nave in mezzo

alle acque.

A família Ribeiro dos Santos embarcou para a Europa no transatlântico Hohenstaufen

Arc

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burg

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)

208

Capítulo VI

A Carnevale, due piccoli marchesiQuanto discreti erano quei festeggiamenti carichi di pittoresco

e di gioia, del lontano 1915, contrariamente a quelli di oggi, nei quali

imperano la frenesia e l’immoralità!Una delle principali distrazioni erano i famosi corsi, tradizionali

sfilate di carri nelle quali andavano persone mascherate. Erano tre le sfilate: quella dell’avenida Pau-lista, quella del Centro — “cor-so del Triangolo” — e quella del Bras. Nella prima — più rappre-sentativa, in quanto percorreva vie ritenute le più aristocratiche nella San Paolo di allora — le au-tomobili salivano per l’avenida Angelica, entravano in quella Paulista e scendevano per la Bri-gadeiro Luis Antonio fino al lar-go di San Francesco, ritornando in senso inverso al punto di par-tenza. Così si formavano due fi-le parallele di automobili che si spostavano in direzioni opposte, dando occasione ai conoscenti di salutarsi nel percorso.Lungo il tragitto, le abi-

tazioni, i loro parchi e giardini erano ornati con lampade mul-ticolori, e, vicino ai muri, erano montati piccoli palchi affinché le famiglie vedessero passare la sfi-lata.

Le fantasie cercavano di manifestare più il buon gusto che il desiderio di provocare ilarità e fare lazzi. Immoralità, nean-che per sogno! Insomma, era un carnevale molto paulista, grave, familiare e aristocratico, nel qua-le la mentalità ottimista, diffusa poco dopo dal cinema america-

Rosée fantasiada de marquesa

209

Educação dos filhos

no, ancora non era entrata. Per le persone di quel tempo, gioia non era sinonimo di risata, sebbene il riso avesse il suo discreto ruolo nella vita.

La signora Lucilia non smi-se mai di far fare maschere per i figli. Lei stessa le progettava, cer-cando di presentare personaggi mitici, come quelli delle “Mille e una notte” — maragià, guerrieri greci o romani, potentati persia-ni, principesse coperte di gioielli (chiaramente falsi) — di prefe-renza a personaggi burleschi, che però non mancavano: pierrots, arlecchini, trovatori e tanti altri. A volte si ispirava ad abiti france-si dell’Ancien Régime.Un anno mascherò Rosée

e Plinio da nobili XVIII secolo, cercando, nei minimi dettagli, di avvicinarsi il più possibile alla realtà. Non s’impegnava soltanto nella confezione dei vestiti, fat-ti con tessuti importati di buona qualità, ma soprattutto a che es-si assumessero un atteggiamento confacente all’abito.Il bambino, con la capiglia-

tura incipriata, cappello a due punte, polsini di pizzo, prendeva l’aspetto distinto e raffinato di un marchese; la bambina, con la gon-na tutta di pizzo e pettinata da marchesa, faceva eleganti reverenze.

Certamente, mentre procedevano con quei begli abiti, i bambini

si ricordavano più particolarmente dei personaggi di quelle meravi-

gliose storie di Dumas raccontate dalla signora Lucilia...

Plinio fantasiado de marquês

100

Capitolo IV

Discendente di uomini di Ingegno

Appartenente all’illustre stirpe di

Uomini d’Ingegno, il Dr. João Paulo era

da poco arrivato a Pernambuco. Abile

avvocato, dotato di grande intelligenza

e cultura, le sue fini maniere e grade-

vole prosa impressionarono in modo

favorevole il Dr. Antonio e la signo-

ra Gabriella, che per questo decisero

di concedergli la mano della figlia.

Suo zio, il famoso Consi-

gliere João Alfredo Correa de

Oliveira, era stato una delle più

eminenti personalità dell’ultima

fase dell’Impero. Dopo aver occu-

pato successivamente le cariche di

Presidente delle Province4 del Pa-

rà e di San Paolo, e Ministro della

Giustizia nel gabinetto del Visconte di Rio Branco, arrivò a presie-

dere il Consiglio dei Ministri dell’Impero. Fu lui che controfirmò la

“Legge Aurea”, della liberazione degli schiavi. Già nel periodo repub-

blicano capeggiò, quasi senza interruzione, il Partito Monarchico. Tali

circostanze indicano che, così come i Ribeiro dos Santos, la famiglia

dello sposo della signora Lucilia aveva forti vincoli con la tradizione

imperiale.

Dopo un passato nell’abbondanza, dovuta all’esportazione di

zucchero, la maggior parte delle famiglie tradizionali di Pernambuco,

tra le quali i Correa de Oliveira, si vide molto impoverita. Ragione di

ciò fu l’invenzione dello zucchero di barbabietola da parte di tecnici

tedeschi, che portò i paesi europei, nell’ultimo quarto del XIX secolo,

a cessare quasi completamente l’importazione del prodotto.

Da bambino, il Dr. João Paulo aveva raggiunto lo sfarzo e

l’animazione in un certo senso cortigiana della casa dei Correa de Oli-

veira. Per animare gli incontri famigliari c’era persino un “giullare”, di

nome Marcello, il quale aveva fama di esser molto divertente.

Questa Pernambuco che conservava alcuni splendori del passa-

to non rimase senza conoscere la signora Lucilia...

Consigliere João Alfredo

101

Fondazione della casa

Ricordi di Pernambuco

Dai remoti tempi coloniali, Pernambuco aveva svolto nel Nor-

dest, sebbene in minori proporzioni, un ruolo simile a quello di San

Paolo nel Centro-Sud, più per quanto riguarda il modo di affrontare

la vita che dal punto di vista economico. I suoi abitanti e specialmente

le sue élite spiccavano per notevole senso di governo, per la serietà

del tratto, per lo stile di relazioni a un tempo signorile e ameno, nel

quale si poteva distinguere una graziosa nota francese in un contesto

profondamente brasiliano. L’energia e vitalità caratteristiche dei gran-

di fatti pernambucani rimasero per sempre consegnati nell’epopea di

Guararapes, momento decisivo nel quale il Brasile prese coscienza del

suo futuro come nazione formata intorno a una sola Fede e a una sola

lingua.La signora Lucilia, nel viaggio di nozze nella terra natia del suo

sposo, dovette far fronte a un penoso malessere, visto che non era abi-

tuata a lunghi percorsi marittimi come quello da Rio a Recife. Tutta-

via, in accordo con la tendenza estremamente benevola del suo spiri-

to, la sua attenzione si soffermava su tutto quanto trovasse attraente

lungo il tragitto.

Aspetti di Recife, la “Venezia brasiliana”

94

Capitolo IV

La signora Lucilia poco

prima del matrimonio

Capitolo iV

Fondazione della casa 95

Nelle mani di Dio, la scelta della vocazione

S ava nell’animo della SignoraLucilia, con tratti sempre

più marcati, durante le lunghe ore di contemplazione

nella quiete, inframmezzate dalla preghiera a voce alta,

un’aspirazione alla vita religiosa1. Tuttavia, di là della sua virtuosa

propensione all’elevato e al sublime, c’era la robusta determinazione

di compiere la volontà di Dio, anche se a costo di frenare i suoi buo-

ni movimenti di spirito. Pronta a seguire in qualsiasi momento, per

quanto le costasse, la voce dello Spirito Santo, era sicura che questa

si manifestasse molte volte attraverso i consigli o ordini del suo amato

padre.Un giorno, all’imbrunire, il Dr. Antonio, con il suo caratteristico

tratto paterno, avvicinò la figlia per trattare del delicato tema del ma-

trimonio. La fece riflettere che gli anni stavano passando e lei correva

il rischio di trasformarsi in una zia zitellona, intorno alla quale i nipoti

fanno festa.

Era chiaro che il Dr. Antonio, da buon padre, non avrebbe vo-

luto forzare una decisione di Lucilia per il matrimonio. In questa stes-

sa occasione, raccontò alla figlia che un certo amico, il Dr. João Pro-

copio de Carvalho, gli aveva presentato un giovane avvocato, il Dr.

João Paolo Correa de Oliveira, discendente da un’illustre famiglia di

Pernambuco, molto fine e intelligente. Lo considerava, per tali motivi,

lo sposo più conveniente, rassicurandola che l’ultima parola spettava

solamente a lei.

Con l’espressione sempre mite e affettuosa, la signora Lucilia

non si alterò affatto davanti al suggerimento paterno. Era una nuo-

va manifestazione di quella stabile temperanza che già raggiungeva la

sua piena fioritura.

1) Lucilia è giunta anche a meditare su un suo ingresso in un ordine religioso. Tuttavia

la scelta non ricadde sul Monastero della Luce, la cui Chiesa tanto le piaceva e

dove aveva ricevuto innumerevoli grazie. C’era dietro al Palazzo dei Campi Elisi

un convento dove viveva una suora che lei conosceva, appartenente all’aristocrazia

paulista e giunta alla famiglia Ribeiro dos Santos. Nel candore del suo animo, Lu-

cilia immaginava la vita religiosa come una forma raffinata della vita di famiglia.

48

Capitolo II

In piedi, Lucilia vicino ai fratelli Gabriele, Antonio e Eponina

Capitolo ii

Nascita e prima infanzia; adolescenza nell’interno remoto del Brasile

49

Nascita e prima infanzia; adolescenza nell’interno remoto del Brasile

La Madonna fu sua MadrinaA ventinove giorni dal mese di giugno del

milleottocento e settanta sei, in questa matrice,

ho battezzato e posto gli oli santi a Lucilia,

nata il 22 aprile scorso, figlia legittima del

dottor Antonio Ribeiro dos Santos e della

signora Gabriella dos Santos Ribeiro: erano

padrini, la Vergine Signora da Penha e il

dottor Olympio Pinheiro de Lemos, tutti di

questa Parrocchia.Il Vicario: Angelo Alves d’Assumpção.

Q uesto è l’atto di battesimo della signora Lucilia che si trova

nel libro dei registri parrocchiali della Matrice della città di

Pirassununga. Secondo un pio costume, i suoi genitori deci-

sero di farla figlioccia della stessa Regina dei Cieli. La signora Lucilia

conservò, durante la sua lunga vita, una devozione piena di affetto e

rispetto alla sua Madrina, e molte volte si recò in pellegrinaggio al

Santuario della Madonna da Penha, a San Paolo, per confidarLe i se-

greti del suo tenero cuore.

Donna Lucilia

Mons. João Scognamiglio Clá Dias, ep

Mons. João

Scognamiglio

Clá Dias, ep

Dona L

ucilia

da Sociedade Clerical de Vi-

da Apostólica Virgo Flos Car-

meli, além de fundador da

Sociedade Feminina de Vida

Apostólica Regina Virginum,

entidades de direito pontifí-

cio que estendem suas ativi-

dades a 78 países.

Para dar uma sólida for-

mação aos Arautos, fundou

o Instituto Teológico São

Tomás de Aquino e o Insti-

tuto Filosófico Aristotélico

Tomista. Também é funda-

dor e assíduo colaborador

da revista acadêmica Lumen

Veritatis e da revista Arautos

do Evangelho, publicada em

inglês, português, espanhol

e italiano, totalizando uma

tiragem mensal de cerca de

um milhão de exemplares.

Escreveu 16 obras, entre

as quais algumas superaram

a tiragem de dois milhões

de exemplares, publicadas

em sete idiomas.

Mons. João Clá é Cônego

Honorário da Basílica Papal

de Santa Maria Maior, em

Roma, Protonotário Apostó-

lico supranumerário, mem-

bro da Sociedade Interna-

cional Tomás de Aquino, da

Academia Marial de Apare-

cida e da Pontifícia Acade-

mia da Imaculada. Foi con-

decorado em diversos países

por sua atividade evangeli-

zadora, cultural e científi-

ca, tendo recebido de Bento

XVI, em 15/08/2009, a me-

dalha Pro Ecclesia et Pontifice.

Mons. João Scognamiglio

Clá Dias, EP, é natural de

São Paulo, Brasil. Nasceu a

15 de agosto de 1939, sendo

filho de Antonio Clá Díaz

e de Annitta Scognamiglio

Clá Díaz.

Cursou Direito na Facul-

dade do Largo de São Fran-

cisco, aprofundou seus estu-

dos teológicos com grandes

catedráticos de Salamanca,

da Ordem Dominicana, e

obteve láureas em Filoso-

fia, Teologia, Psicologia e

Humanidades em diversas

universidades, sendo dou-

torado em Direito Canônico

pela Pontifícia Universidade

São Tomás de Aquino (An-

gelicum) de Roma e em Teo-

logia pela Universidad Ponti-

ficia Bolivariana, de Medel-

lín (Colômbia).

Mons. João Clá é funda-

dor e atual Superior-Geral

dos Arautos do Evangelho e

[O livro que o leitor tem em suas mãos] trata-se de uma autêntica e

completíssima Vida de Dona Lucilia, que pode equiparar-se às melhores

“Vidas de Santos” aparecidas até hoje, no mundo inteiro. Sobretudo tem

um valor inapreciável a correspondência epistolar entre ela e seus filhos

(...). Em suas magníficas cartas, Dona Lucilia diz com freqüência coisas

tão sublimes e de uma espiritualidade tão elevada que o leitor é tomado

por uma emoção parecida à que produz a leitura do inimitável epistolário

de Santa Teresa de Jesus.

Precisamente por isto me atrevo a formular muito concretamente uma

pergunta que se desprende, clara e espontânea, da leitura desta maravi-

lhosa Vida de Dona Lucilia. A pergunta concreta é esta: foi Dona Lucilia

uma verdadeira santa, em toda a extensão da palavra? Ou, de outra for-

ma: suas virtudes cristãs alcançaram o grau heróico que se requer indis-

pensavelmente para ser alguém reconhecido pela Igreja com uma beatifi-

cação e canonização?

À vista dos dados rigorosamente históricos que nos oferece com grande

abundância a biografia que estamos apresentando, atrevo-me a responder

com um sim rotundo e sem a menor vacilação.

Longe de mim a ridícula e irreverente pretensão de adiantar-me ao juí-

zo infalível da Igreja! O que me cabe como próprio é dar uma opinião

sinceríssima, mas perfeitamente falível. A Igreja nunca erra, nós podemos

errar sempre. (...)

A última palavra pertence à Santa Igreja Católica, Apostólica e Roma-

na, que é a mestra infalível da verdade. Mas a nós nos incumbe o doce

dever e o sagrado direito de pedir humildemente à Divina Providência

que leve a feliz termo nossa entranhada petição, para a glória de Deus e

grande proveito das almas.

(Excertos do prefácio de Fr. Antonio Royo Marín, OP)

O livro Dona Lucilia é uma publicação

conjunta internacional em quatro lín-

guas da Libreria Editrice Vaticana e do

Instituto Lumen Sapientiæ dos Arautos

do Evangelho.

Libreria editrice VaticanaL.e.V.

La biografia di Donna Lucilia Ribeiro dos Santos Corrêa de Oliveira, scritta da Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP, che tra breve sarà pubblicata dalla Libreria Editrice Vaticana.

Richieste via tel.: 041 560 0891 o tramite Fax: 041 560 8828

Donna Lucilia

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      25

Si trovò di fronte a un modesto venditore seduto sulla porta di un ca-pannone, affaccendato nella pulizia dei bei pezzi di cristallo e del telaio di bronzo dorato, che facevano l’incan-to di quegli oggetti, già smontati.

Vedendo avvicinarsi quella distin-ta signora, egli si alzò immediata-mente, togliendosi il cappello in se-gno di rispetto. Donna Lucilia lo sa-lutò amabilmente, spiegò l’accadu-to, facendogli vedere la difficoltà in cui si trovava e manifestò il deside-rio di riacquistare i lampadari. Gli chiese per quanto sarebbe stato di-sposto a rivenderglieli, sentendosi rispondere gentilmente da quell’uo-mo semplice:

– Ma, nulla mia signora! È per me un piacere servirla.

Donna Lucilia non sarebbe stata lei se non avesse rifiutato:

– No, questo no. Lei ha destina-to del denaro per loro, ha compra-to materiale per la pulizia, sta spen-dendo del suo tempo, sta lavorando per pulirli. Comprandoli da lei, li ri-ottengo migliorati; è naturale che le riconosca qualcosa in più.

Avendo davanti a sé una così no-bile dama, il commerciante si senti-va mosso a gesti di cavalleria:

– È vero, ma il piacere di servir-la mi è più prezioso del guadagno stesso. Lei mi onorerà riprendendo i lampadari.

Donna Lucilia rispose:– In questo caso mi scusi, non

posso accettare. Lei mi mette in una posizione molto difficile, perché a San Paolo non ce ne sono altri così.

Egli continuò a insistere e non accettò neppure la mancia. Alcu-ni giorni dopo, i lampadari erano di nuovo nella casa dei Ribeiro dos Santos, perfetti e reinstallati.

Il nobile comportamento di questo semplice commerciante, più adatto a figurare in pagine di storie dell’Ancien Régime, ci fa in-travvedere come Donna Lucilia stimolasse le anime, solo con il suo dolce e elevato atto di presenza, a praticare la virtù. ²

Estratto da: CLÁ DIAS, EP, João Scognamiglio. Donna Lucilia.

Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2013, p.167-169.

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Accogliendo i bambini

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26      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Distribuzione di Medaglie e dolci – Oltre a rallegrare tutti con affetto, dolci e ghiottonerie, le suore hanno consegnato Medaglie Miracolose a ognuno dei bambini come stimolo alla pratica della religione.

on divina sapienza, il Redentore ci indica la soluzio-ne all’egoismo umano: “Amerai il prossimo tuo co-me te stesso” (Mt 22, 36-39). In questa attitudine si

trova la chiave stessa della felicità, poiché, come diceva San Paolo, “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35).

Questo è quanto hanno potuto constatare le suore del-la Società di Vita Apostolica Regina Virginum nel pro-muovere la distribuzione di 2.100 giocattoli donati dal-la Banca Santander ai bambini della regione della Serra da Cantareira, dove è situata la Casa Madre della Società.

All’evento hanno partecipato circa 600 bambini che sono stati felici dei regali e hanno anche potuto assaporare una appetitosa merenda preparata dalle suore. Ogni sforzo e lavoro è stato ricompensato ampiamente dalla gioia di ve-dere la felicità espressa in quei volti gioviali.

Recentemente, le suore, in un’opportuna occasione, hanno consegnato anche capi di vestiario invernali alla popolazione bisognosa, cercando di alleviare alle neces-sità materiali, oltre a offrire sostegno spirituale e forma-zione catechetica regolare.

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Omaggio di gratitudine

S

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      27

Altri 2 mila giocattoli – Seicento bambini della regione della Serra da Cantareira hanno trascorso un pomeriggio da sogno ricevendo bei giocattoli e un’appetitosa merenda nella Casa Generalizia della

Società di Vita Apostolica Regina Virginum, situata nel municipio di Caieiras, Grande San Paolo.

i dice che la gratitudine sia la più fragile delle virtù. Impegnate a praticarla in modo esimio,

nel mese di luglio, le suore hanno reso omaggio al Dr. Fabio de Salles Meirelles, benefattore e patrono della Chiesa della Madonna del Carmine, in occa-sione del suo 85º compleanno.

Piene di riconoscenza, hanno segnato una così illu-stre data con una placca commemorativa, svelata so-lennemente al termine della Messa di azione di grazie.

Nella foto a fianco, la coppia Dr. Fabio Meirel-les e Ivelle Lacerda Meirelles, è arrivata in chiesa ac-compagnata da Padre Guerra, EP, e la virtuosa Ma-dre Mariana Morazzani, EP.

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Corsi di Teologia e Diritto Canonico

M

28      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Maringá – In agosto ha avuto inizio la pratica dei Cinque Primi Sabati nella parrocchia San Michele Arcangelo, con la recita del Santo Rosario, meditazione e Messa presieduta da Don Roberto Takeshi Kiyota, EP (sinistra).

Il giorno 18, quaranta fedeli di questa stessa parrocchia hanno fatto la loro consacrazione alla Madonna (destra).

ons. Felipe Heredia, Prelato Uditore della Rota Ro-mana (foto 1) e Don Salvador Pié-Ninot, Dottore

in Teologia dell’Università Gregoriana (foto 4), hanno vi-sitato il Brasile su invito degli Araldi per impartire corsi di specializzazione per dottori e dottorandi nel seminario dell’Associazione, a Caieiras, Grande San Paolo (foto 2).

Mons. Heredia ha parlato sul tema “Sentenze del Tribu-nale della Rota Romana sul Matrimonio”, mentre le lezio-ni di Don Salvador hanno riguardato il tema “La Resur-rezione di Cristo e il Ministero Petrino”. Il Don Pié-Ninot ha fatto anche un breve viaggio a Recife, dove ha dato una conferenza per cooperatori e simpatizzanti (foto 3).

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C

Il Cardinale Falcão inaugura nuova casa a Brasilia

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      29

on un’Eucaristia presieduta dal Cardinale José Frei-re Falcão, Arcivescovo-emerito di Brasilia, è stata

ufficialmente inaugurata il 31 agosto la nuova casa degli Araldi nella Capitale Federale, situata in prossimità del ponte JK. Hanno concelebrato il Segretario della Nun-ziatura Apostolica, Fra Dimas José de Lima e il Consi-gliere della Nunziatura, Mons. Piergiorgio Bertoldi, ol-tre a sacerdoti cappuccini, orioniti e diocesani.

Vice Governatore e altre personalità

Tra le personalità presenti all’evento spiccano il Vice Go-vernatore del Distretto Federale, Taddeo Filippelli, il Mi-nistro del Tribunale Superiore del Lavoro Lélio Bentes Corrêa, l’ex Ministro del Tribunale Superiore di Giustizia Carlos Fernando Mathias de Souza, il Procuratore di Giusti-zia del Distretto Federale Sig.ra Arinda Fernandes e il Prof. Mário Sérgio Ferrari, dell’Università Cattolica di Brasilia.

Messaggi dell’Arcivescovo e del Nunzio Apostolico

Non potendo essere pre-senti per impegni pastorali im-procastinabili, l’Arcivescovo Metro-politano, Mons. Sergio da Rocha, ha scritto manifestan-do la sua gioia per la “presenza del carissimo Cardinale Falcão a benedire la nuova casa”. E ha concluso: “Sarò unito ai partecipanti di questo solenne atto, in preghie-ra, supplicando la benedizione di Dio per tutti”.

Da parte sua, il Nunzio Apostolico in Brasile, Mons. Giovanni d’Aniello, ha avuto la delicatezza di spiega-re così attraverso una lettera: “per impegni precedente-mente fissati, mi troverò nella data fissata a Niterói, in visita pastorale”. E conclude la sua missiva offrendo “le mie preghiere e la mia benedizione, a tutti coloro che partecipano a quest’occasione”.

1 2

3 4

Nelle foto: Don Antonio Guerra, EP, dà il benvenuto al Cardinale e alle autorità (1); il Vice Governatore del Distretto Federale, Taddeo Filippelli, rivolge un saluto ai presenti (2); alcuni concelebranti durante la Messa (3);

e vista parziale dei partecipanti all’Eucaristia (4).

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30      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Italia – Su iniziativa del parroco, Don Giuseppe Sabato, la città di Giffone (Reggio Calabria) ha ricevuto con entusiasmo la Statua Pellegrina del Cuore Immacolato di Maria. Autorità civili e numerosi fedeli hanno partecipato

alla processione di accoglienza (foto a destra) e sono accorsi in chiesa a venerarla (foto a sinistra).

Colombia – Nei giorni 17 e 18 agosto, cooperatori di Medellín hanno realizzato un ritiro spirituale su “I Novissimi e la Nuova Evangelizzazione” nella Casa La Colombière, a La Ceja. (foto a sinistra). Il giorno dopo, 50 persone hanno fatto la

loro solenne consacrazione alla Madonna nella Cappella del Monastero La Visitación, di Medellín (foto a destra).

Messico – Nella seconda quindicina di agosto, coordinatori dell’Apostolato dell’Oratorio di Ojocaliente, Stato di Aguascalientes, hanno realizzato la loro solenne consacrazione alla Madonna secondo il metodo di San Luigi Maria

Grignion de Montfort (foto sopra). Eventi simili sono avvenuti a Calvillo e nella capitale dello Stato.

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SGuatemala: Statua Pellegrina visita gli Zutujiles

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      31

Honduras – La Scuola Manuel Andara, a Comayagua, ha accolto il giorno 25 agosto i partecipanti all’Apostolato dell’Icona delle città vicine, che si sono riuniti per la realizzazione di “Una giornata con Maria”. Oltre alla celebrazione

della Santa Messa c’è stata la recita del Santo Rosario e sono state organizzate conferenze di formazione.

ituata ai margini del lago Atitlan, in un panorama di grande bellezza, la cittadina di San Juan La Lagu-

na è abitata da un popolo discendente dai Maya: gli Zu-tujiles. Molto devoti della Madonna, essi hanno ricevu-to con entusiasmo la Statua Pellegrina del Cuore Imma-colato di Maria durante la seconda settimana di agosto.

Vestiti coi loro abiti tradizionali, hanno partecipato alla processione per la città e i dintorni (foto 1 e 2), che si è fermata in diversi punti per alcuni momenti di preghie-ra (foto 3). Don Javier Pérez Beltrán, EP, ha celebrato le Messe e ha dato catechesi tanto in chiesa quanto nelle abitazioni (foto 4).

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Incontro di formazione a

San Paolo

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32      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Fortaleza – Centocinquanta cooperatori di Belém, Recife, Maceió, Salvador e Fortaleza si sono riuniti in quest’ultima città dal 16 al 18 agosto, per un incontro di formazione. Durante l’evento, presieduto da Don Ricardo

José Basso, EP, sono stati ammessi 15 nuovi cooperatori in una solenne cerimonia (foto a destra).

uecento cooperatori provenienti dagli Stati di San Paolo, Rio de Janeiro e Minas Gerais si

sono riuniti nei giorni 24 e 25 agosto nel Centro Ma-riano di Cotia, per un incontro di formazione.

Le esposizioni, che hanno affrontato il tema: “La Chiesa Cattolica e la missione apostolica de-gli ecclesiastici e laici” sono state svolte da Don Alex Barbosa Brito, EP e da Don Ricardo José Basso, EP.

Il programma ha compreso anche Celebrazio-ni Eucaristiche, Adorazione al Santissimo Sacra-mento e recita processionale del Santo Rosario. Alla fine dell’incontro sono stati ammessi 29 nuo-vi cooperatori.

Page 33: RAV126 - RAE142_201310.pdf

All’avanguardia missionaria della Chiesa

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      33

santa laura montoya

Considerando gli indigeni che vivevano lontani dalla Chiesa, si sentiva “come una madre avente trecento o quattrocentomila figli perduti”. Ha viaggiato fino a luoghi lontani per catechizzare loro.

orreva l’anno 1874, epoca di rapidi cambiamenti so-ciali e politici. A Roma, il Beato Pio IX guidava con

polso fermo la nave della Chiesa, fortemente battuta dalle ondate del Risorgimento, mentre dall’altro lato dell’Atlantico la Colombia comin-ciava a formarsi come Paese.

Nel 1863, la Costituzione di Rio-negro aveva dato origine a una con-federazione di nove Stati sovrani, tra i quali l’attuale Panamà. Il ter-ritorio del nascente Paese andino era agreste e prodigo; il popolo, in-telligente, lottatore e dotato di una profonda Fede e amore per la San-ta Chiesa. Tuttavia, l’unità politi-ca degli Stati Uniti della Colombia era molto fragile e poco poterono

fare per mantenerla i 18 presiden-ti centrali che si succedettero lun-go i suoi 23 anni d’esistenza, segna-ti da decine di guerre civili, la mag-gior parte delle quali di ambito re-gionale.

“Dobbiamo amare i nemici”

Fu questo l’ambiente nel con-tempo fervoroso e bellico in cui nac-que nella città di Gerico, il 26 mag-gio 1874, Santa Laura Montoya. Sua madre Dolores Upegui, non le die-de il primo bacio materno fino a che non fu battezzata, il che avven-ne soltanto quattro ore dopo la sua nascita. Quanto a suo padre, Gio-vanni della Croce Montoya, medi-co e commerciante, Laurita quasi non giunse a conoscerlo, poiché mo-

rì quando lei aveva appena due anni in una delle guerre.

Tutti i giorni la famiglia Mon-toya si riuniva per pregare il Rosa-rio, che includeva sempre, tra le al-tre intenzioni, un tal Clímaco Uribe che la bambina credeva trattarsi di un membro della famiglia.

– Mamma, dove abita il Sig. Clíma-co Uribe? – chiese lei, un giorno.

– Costui è l’assassino di tuo pa-dre. Tu devi amarlo, poiché dobbia-mo amare i nemici, perché essi ci av-vicinano a Dio, facendoci soffrire.

“Con tali lezioni”, scrisse decenni più tardi la santa, “mi era impossibi-le, col passare del tempo, non ama-re quelli che mi avevano fatto ma-le”.1 Si noti che la morte di Giovan-ni della Croce Montoya, seguita dal-

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Santa Laura Montoya, all’epoca del suo insegnamento, nel 1899

Gustavo Ponce Montesinos

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la confisca di tutti i suoi beni, aveva lasciato in una situazione di povertà quasi estrema la vedova con tre figli in tenera età. La povera signora si vi-de obbligata a vivere di benevolenza in case di parenti, soggetta alle vessa-zioni e umiliazioni da lì provenienti.

Come ferita da un fulmine

Al dolore di vedere sua madre trattata con disprezzo, si aggiunse all’innocente bambina una disgrazia incomparabilmente maggiore. Per motivi diversi, lei riceveva solo ma-nifestazioni di antipatia e di brutale rifiuto da persone dalle quali spera-va di ricevere affetto. “Era Dio che aveva bisogno di incontrare il mio cuore vuoto di qualsiasi affetto ter-reno, per poter, a suo tempo, pren-der possesso assoluto di esso”2 – lei scrisse.

Vedendosi in tal modo rifiutata dai familiari, Laurita si abituò a os-servare la natura, la sua “unica ami-ca”. Entrava lì la mano di Gesù, pre-parando il campo per conce-derle una grazia che avrebbe dato una rotta alla sua vita.

A otto anni di età, lei s’in-tratteneva una mattina, co-me era solita fare ad ammi-rare l’ordine e l’operosità di una fila di formiche che tra-sportavano le loro scorte di foglie, quando all’improvviso sentì nella sua anima qualcosa di indescrivibile: “Sono stata come ferita da un fulmine, il quale è stato una conoscenza di Dio e delle sue grandezze, così profonda, così magnifica, così amorosa che oggi, dopo aver tanto studiato e appreso, non so riguardo a Dio più di quanto ho saputo allora”.3

La vergine apostola e la vergine contemplativa

È bello constatare come Dio ci parli con eloquenza per mezzo delle creature irrazio-

nali. Molto di più, però, è contem-plare come Egli ci attiri con l’esem-pio di persone virtuose, come è ac-caduto alla piccola Laura. A die-ci anni di età, conobbe nella città di Donmatías, dove la famiglia aveva traslocato dopo la morte del padre, due giovani che segnarono profon-damente la sua vita.

Úrsula Barrera, di grande bellez-za fisica e ancor maggiore bellez-za interiore, risvegliava nell’anima della giovinetta profondi sentimen-ti di elevazione, soprattutto quando questa la vedeva sistemare i fiori per l’altare. “Era la verginità infiamma-ta nell’amore di Dio. [...] Lei è stata la mia grande lezione di fortezza per sostenere la mia verginità”.4

L’altra, Dolores Restrepo, anima apostolica nel pieno senso della pa-rola, percorreva a piedi enormi di-stanze per convertire i peccatori. Molto ricca, usava la sua fortuna per soccorrere i poveri, ai quali dava as-sistenza come umile servitrice.

In queste due giovani esemplari, Laura vedeva un riflesso della sua vocazione: “Ursula, la vergine con-templativa, e Dolores, la vergine apostolo, sono state, senza saperlo, le mie maestre, i miei specchi, le pe-dagoghe della mia vocazione”.5

Comunione spirituale premiata con un trasporto d’amore

Nel 1887, sei anni dopo la sua Pri-ma Comunione, Gesù le concesse un’insigne grazia per fortificare la sua fede nell’Eucaristia. Aveva pre-so l’abitudine di offrire, ogni mat-tina, a Dio i lavori della giornata, e di rinnovare spesso questa offerta. Non perdeva occasione di comuni-carsi e le piaceva rimanere davanti al Tabernacolo, anche senza nessuna grazia sensibile.

Un giorno, cominciando un lavo-ro di casa, lo offrì, come al solito, al Signore. In quel momento, “senza dubbio come risposta alla mia offer-ta, Dio mi infuse un veemente de-

siderio di comunicarmi”. Fe-ce una comunione spirituale e sentì uno straordinario tra-sporto d’amore, come se l’Eu-caristia avesse trafitto la sua anima. “Mi sembrava di com-prendere come Gesù è nell’O-stia e come il Verbo Divino è in Gesù”.6

Sono state numerose le grazie mistiche nella sua vita. Di qui le sono venuti forza e coraggio per intraprendere la sua epopea missionaria, piena di arditezze, attraverso le qua-li la Divina Provvidenza tem-prava la sua anima per la sua futura missione.

Professoressa assetata di anime

Iniziò questa missione quando aveva diciannove an-ni. Superando ingenti diffi-coltà, ricevette nel 1893 il di-ploma di professoressa di pri-

Con l’apostolato di Santa Laura, numerose ragazze cominciarono a comunicarsi con

frequenza e a difendere la loro fede con coraggio

Madre Laura, in una fotografia del 1902, con una bambina vestita per la Prima Comunione

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mo e secondo grado. Nel gen-naio dell’anno successivo fece il suo debutto nell’insegnamento, nella scuola comunale di Amal-fi, dove poté dar sfogo alla sua sete di anime. “Mi sono impe-gnata a fare delle mie alunne delle amanti pazze di Dio”.7

In poco tempo, le sue parole e il suo esempio cominciarono a produrre frutti di conversione e d’infervoramento. Numero-se ragazze della migliore socie-tà locale cominciarono a comu-nicarsi con frequenza e a difen-dere la loro fede con coraggio di fronte agli attacchi di parenti empi. Ottenne risultati simili in due altri collegi statali nei qua-li insegnò.

Nel 1898, si associò a una cugina che aveva fondato a Medellín un collegio privato ricercato dall’élite della città. Disponendo lì di una comple-ta libertà, molto maggiore fu il successo delle sue attività apo-stoliche.

Campagne diffamatorie

Il demonio non tardò a vendicar-si. A Medellín, una coppia di spicco preparava la festa di matrimonio di sua figlia, Eva Castro. La sposa era discepola di Laura e la invitò a es-ser madrina.

Mancando appena due giorni al-le nozze, la promessa sposa comu-nicò ai genitori la sua decisione di rompere l’impegno assunto, allegan-do di avere una vocazione religio-sa. Con misteriosi artifici, lo spirito maligno riuscì a mettere in testa ai genitori e ai parenti non solo che la colpevole di questo improvviso cam-biamento fosse la giovane professo-ressa, ma, peggio ancora, che questa avesse agito mossa da intenzioni in-confessabili.

A partire da questa duplice men-zogna, si sollevò una gigantesca on-data di calunnie e diffamazioni tra-

smesse inizialmente sottovoce, ma ben presto dagli organi di stampa, inclusi quelli della capitale della re-pubblica.

La prima conseguenza fu la chiu-sura del collegio. In poco tempo, la Santa si vide bersaglio di ogni tipo d’ingiurie, persino nelle strade do-ve i monelli le tiravano dietro i sassi. Peggio ancora, rimase così abbando-nata da quelli che avevano l’obbligo di prendere le sue difese che persino il suo confessore, dopo averla sotto-posta a un brutale interrogatorio, le comunicò che non avrebbe più potu-to occuparsi di lei. Tutto questo ag-gravato dalla situazione di penuria materiale alla quale furono ridotte lei e sua madre.

Intervenne alla fine la Provviden-za, risolvendo in maniera quasi mi-racolosa il problema finanziario. E un’opportuna e ben elaborata “let-tera aperta” al padre di Eva Castro, pubblicata con l’ausilio di una fami-glia amica, mise i puntini sulle i e

svuotò di contenuto la campa-gna diffamatoria.

Quando, alcuni anni do-po, Laura aprì un nuovo colle-gio con lo stesso successo inizia-le, anche questo venne chiuso al secondo anno di funzionamen-to. Questa volta, non per l’oppo-sizione di nemici dichiarati del-la Santa Chiesa, ma per quella di un Vescovo male informato.

Queste e numerose altre ca-tastrofi capitate nella vita di Santa Laura non scalfirono per nulla la sua serenità d’animo né la sua fiducia: lei sapeva mol-to bene che la croce è il miglior segno della predestinazione, e che con questo mezzo Dio pre-parava la sua anima a una gran-de vocazione: quella di essere missionaria tra gli indios, e ma-dre di numerose missionarie.

Trecento o quattrocentomila figli perduti

Da qualche tempo, lei sperimen-tava in cuor suo un immenso do-lore considerando che migliaia di indigeni colombiani non avevano contatto alcuno con la Chiesa. “Mi sentivo come una madre avente tre-cento o quattrocentomila mila figli perduti”.8 Quanto più cresceva nel suo cuore il desiderio di catechiz-zare questi infelici, più Dio per-metteva che si moltiplicassero gli ostacoli, che la Santa descrive con ricchezza di dettagli nella sua Au-tobiografia.

In questa fa un grazioso racconto di come riuscì ad avere, alla fine, via libera per lanciarsi all’avventura. Es-sendo riuscita a fissare un colloquio con Mons. Massimiliano Crespo, Vescovo di Antiochia, si presentò “con puntualità britannica” nel pa-lazzo episcopale, l’11 febbraio 1912.9

– Allora, è lei che ha preso a cuo-re la santa impresa di salvare i po-veri indios? – chiese il Prelato, con amabilità.

“Allora, è lei che ha preso a cuore la santa impresa di salvare i poveri indios?” –

Chiese il Prelato, con amabilità

Mons. Massimiliano Crespo Rivera, Vescovo di Santa Fé de Antioquia

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– Sì, Eccellenza, almeno di lavo-rare un po’ per loro.

– Dunque accolgo quest’opera, con anima, vita e cuore. [...] Io l’ap-poggerò sempre. E se scarseggiasse-ro i mezzi della Diocesi, ricorrerò a quelli delle mie tasche, che non so-no pochi. Non porti, all’inizio, più di quattro compagne che abbiano la capacità di assumere, in futuro, l’in-carico di superiora. Mi manca solo di procurare un sacerdote ma Dio provvederà.

Si immagini con quanta gioia la Santa si mise a fare i preparativi per la tanto sognata impresa!

Un corteo di donne precedute da dieci mule da soma

Nella “bella mattina del 5 mag-gio 1914”, come ha scritto nell’Au-tobiografia, partirono le cinque missionarie, tra cui la madre di Laura, Donna Dolores Upegui, già di 72 anni, ma non meno entusia-sta né con minor decisione delle giovani.

Spettacolo mai visto dagli abitan-ti di Medellín, questo corteo di don-ne precedute da dieci mule da soma

guidate da due a piedi, partiva con un ben determinato obiettivo: salva-re anime. Molti si accalcavano alle finestre con simpatia e ammirazio-ne, alcuni invece ostentando un riso sarcastico. Tuttavia, come ha affer-mato il Prof. Plinio Corrêa de Oli-veira, “il sorriso degli scettici non è mai riuscito a fermare la marcia vit-toriosa di chi ha Fede”.10

– Arrivederci suore! Arrivederci sorelle! – urlavano, commossi, i con-tadini, vedendole passare per le pol-verose strade di campagna.

Dopo un faticoso e pericoloso viaggio, giunsero al luogo prescelto per stabilire la base della missione: Dabeiba. Nonostante la presenza di due sacerdoti che le accompagnaro-no alla fine del percorso per facili-tare i primi contatti, furono ricevu-te con disprezzo e ostilità dalla po-polazione.

Conquistati dalla bontà e dalla preghiera

Installatesi in un esiguo e pre-cario alloggio, “madre” Laura, su-bito si prese cura di programmare un regime di vita alla ricerca della

perfezione. Quanto più dure erano le sofferenze e difficoltà, maggiore era la gioia che Dio concedeva loro per affrontarle. E quando, dopo più di un mese, cominciarono ad appa-rire gli indigeni, sospettosi e distac-cati, non fu difficile per loro acqui-stare a poco a poco fiducia nelle re-ligiose.

Come furono conquistati? Con l’eroismo della vita quotidiana che conducevano, con la bontà e la te-nerezza con cui ricevevano i pove-ri selvaggi e, soprattutto, con mol-te preghiere e sacrifici, prezzo del-le grazie che la Divina Provvidenza dispensava per la salvezza di quelle anime. “Fin da questo primo anno abbiamo avuto Battesimi di adulti, non pochi, e di giovani, ferventi cri-stiani”.11

Era appena nata una nuova isti-tuzione religiosa che tre anni do-po avrebbe ricevuto l’approvazio-ne diocesana con il nome di Congre-gazione di Missionarie di Maria Im-macolata e Santa Caterina da Sie-na. L’approvazione pontificia sareb-be venuta nel 1953, quando la san-ta fondatrice si trovava già nella glo-ria celeste.

L’indio “ritornato in vita”

Nei momenti più difficili, Dio ve-niva in forma prodigiosa in aiuto delle eroiche missionarie. Così, per vincere l’ostilità del popolo di Da-beiba, operò numerose guarigio-ni miracolose, travestite sotto for-ma di “medicine” prescritte da Ma-dre Laura. Per esempio, a un anzia-no già in punto di morte prescrisse acqua del torrente vicino a casa sua, bollita e collocata per alcune ore all’ombra di un platano. Il vecchio prese la “medicina” e fu guarito in quello stesso giorno.

Molto più impressionante è il ca-so di Prospero Jumí, un indio devo-to delle missionarie fin dall’inizio. Tanto sua madre, quanto alcuni vec-chi indios sostenevano che egli fos-

Affrontando innumerevoli peripezie, “la madrecita y sus hermanitas” entrarono e si consolidarono in luoghi, dove valorosi missionari

non erano riusciti a penetrare

Una delle prime suore, insieme a una famiglia indigena

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se già battezzato. Colpito da una grave malattia, mo-rì alla fine del pomeriggio, dopo aver ricevuto l’Un-zione degli Infermi.

Poche ore dopo, Madre Laura sentì dentro di sé, con tutta sicurezza, che il buon indigeno era morto senza Battesimo e propo-se alle sue sorelle di alzar-si a mezzanotte e di recita-re il Rosario intero, chie-dendo alla Vergine Maria che gli restituisse la vita. Così fecero e tornarono a dormire tranquillamente, certe che sarebbero state esaudite. E lo furono!

Fin dal mattino cominciarono a passare gruppi di indios in fermen-to, dando la notizia che Prospero era ritornato in vita e si era alzato in piena salute! E gli indigeni pre-senti alla veglia funebre afferma-vano di aver visto la Madre ripor-tare in vita il morto. Prospero fu, infine, battezzato e visse vari anni da buon cristiano.

“Maria, Madre mia, salvami”

Affrontando innumerevoli peri-pezie, “la madrecita y sus hermani-tas” entrarono e si consolidarono in luoghi dove valorosi missionari non erano riusciti a penetrare. Catechiz-zarono gli indios nel Dipartimento di Chocó, nel golfo di Urabá, nella regione di Murri. Fondarono case a

Quando la fondatrice morì, la Congregazione contava su 90 case in tre paesi e 467 religiose

A Medellín, nel suo letto di morte

Santa Rita, Peque, Sinú, Cáceres e Sarare (attuale Labateca).

“La mia devozione alla San-tissima Vergine era come il remo che muoveva la mia barchetta. [...] Maria è il sorriso della mia vita” – scrisse Madre Laura, aggiungen-do che la Madre di Dio fu “la pri-ma conoscenza e amore puro degli indigeni”.12 Essi amavano ripetere questa dolce giaculatoria insegna-ta dalla madrecita: “Maria, Madre mia, salvami”. Le missionarie pro-vavano tenerezza nel constatare co-me persino i più duri tra loro si di-sarmavano quando sentivano par-lare di Maria.

– Non ho bisogno di Dio! Non vo-glio il Battesimo! Non mi piace la tua legge! – sbraitava uno.

– Non ti piace nemmeno Maria, Madre mia? – redarguì la missionaria.

– Lei sì, mi piace! Lei è molto cara!13

Una specie di avanguardia della Chiesa

Gli ultimi nove anni della sua esistenza Santa Laura li trascorse su una sedia a rotelle, in mezzo a dure prove. Nel frattem-po, la Provvidenza bene-diva l’espansione della sua opera. Al momento della sua morte, avvenuta il 21 ottobre 1949, essa conta-va su 90 case in tre Paesi e 467 religiose. Oggi, le Mis-

sionarie di Maria Immacolata e San-ta Caterina da Siena sono presenti in 19 Paesi.

Santa Laura Montoya, ha affer-mato Papa Francesco in occasione della sua canonizzazione, “è stata strumento di evangelizzazione pri-ma come insegnante e poi come ma-dre spirituale degli indigeni, ai quali infuse speranza, accogliendoli con l’amore appreso da Dio e portan-doli a Lui con una efficacia pedago-gica che rispettava la loro cultura e non si contrapponeva ad essa. Nella sua opera di evangelizzazione Ma-dre Laura si fece veramente tutta a tutti, secondo l’espressione di san Paolo (cfr. 1Cor 9,22). Anche oggi le sue figlie spirituali vivono e portano il Vangelo nei luoghi più reconditi e bisognosi, come una sorta di avan-guardia della Chiesa”.14 ²

1 SANTA LAURA MON-TOYA UPEGUI. Autobio-grafía o “Historia de las mi-sericordias de Dios en un al-ma”. 4.ed. Medellín: Car-graphics, 2008, p.42.

2 Idem, p.52.3 Idem, p.61.4 Idem, p.73.5 Idem, ibidem.

6 Idem, p.94.7 Idem, p.130.8 Idem, p.344.9 Poco tempo dopo, il 7 giugno

1912, Papa San Pio X fir-mava l’enciclica Lacrimabi-li statu, diretta agli Arcive-scovi e Vescovi dell’Ameri-ca Latina, nella quale li in-calzava a “rinforzare e pro-muovere tutte le buone

opere istituite nelle vostre diocesi a beneficio degli in-digeni”.

10 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Auto-Retrato fi-losófico. Estudos, análises e pronunciamentos públicos. In: Catolicismo. San Paolo. Anno XLVI. N.550 (Ott., 1996); p.33.

11 SANTA LAURA MON-TOYA UPEGUI, op. cit., p.523.

12 Idem, p.530-531.13 Idem, p.531.14 FRANCESCO. Omelia, del

12/5/2013.

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Il ruolo fondamentale della famiglia

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La paroLa dei pastori

Il principale apostolato missionario dei genitori deve essere realizzato nella loro stessa famiglia. Ed è con la testimonianza della loro vita cristiana e con la loro parola che essi trasmettono la fede ai loro figli.

a Chiesa Cattolica in Bra-sile celebra la sua Setti-mana Nazionale della Fa-miglia, iniziativa felice

della Conferenza Nazionale dei Ve-scovi del Brasile, animata dalla Com-missione Episcopale Pastorale per la Vita e la Famiglia. Ogni anno, la Set-timana della Famiglia comincia con la commemorazione della Giornata dei Genitori, nella seconda domenica di agosto, estendendosi per tutta la set-timana, quando siamo invitati a riflet-tere su un tema. Questa volta è stato proposto: Trasmissione ed educazione della Fede Cristiana nella famiglia.

Messaggio di incoraggiamento del Sommo Pontefice

Papa Francesco, nel suo speciale messaggio per questa settimana, ri-cordando la sua visita pastorale nel-la nostra amata città di Rio de Ja-neiro, in occasione della 28ª Giorna-ta Mondiale della Gioventù, eviden-zia che: “Conservando vive nel cuo-re le gioie che mi sono state date du-rante la recente visita in Brasile, mi sento felice di salutarvi in occasione

della Settimana Nazionale della Fa-miglia, il cui tema è Trasmissione ed educazione della Fede Cristiana nella famiglia, che incoraggia i genitori in questa nobile ed esigente missione che possiedono di essere i primi col-laboratori di Dio nell’orientazione fondamentale dell’esistenza e la si-curezza di un buon futuro. Per que-sto, è importante che i genitori col-tivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la ma-turazione della fede dei figli’ (Lu-men fidei, n.53)”.

Il Sommo Pontefice ha anche ri-affermato l’impegno della difesa della vita fin dal concepimento, af-fermando nel suo messaggio ponti-ficio che: “In modo particolare, di fronte alla cultura del rifiuto, che re-lativizza il valore della vita umana, i genitori sono chiamati a trasmette-re ai loro figli la coscienza che que-sta deve sempre esser difesa, fin dal ventre materno, riconoscendovi un dono di Dio e una garanzia per il fu-turo dell’umanità, ma anche nell’at-tenzione ai più vecchi, specialmente ai nonni, che sono la memoria viva

di un popolo e trasmettitori della sa-pienza della vita”.

Il Papa Emerito Benedetto XVI, parlando alla Diocesi di Roma, ha opportunamente detto sui genitori e figli, che: “Anche nella procreazione dei figli il Matrimonio riflette il suo modello divino, l’amore di Dio per l’uomo. Nell’uomo e nella donna, la paternità e la maternità, come suc-cede con il corpo e con l’amore, non si circoscrivono all’aspetto biologi-co: la vita si dà totalmente solo quan-do con la nascita si offrono anche l’a-more e il senso che rendono possibi-le dire ‘sì’ a questa vita. Proprio per questo, risulta chiaro fino a che pun-to è contrario all’amore umano, alla vocazione profonda dell’uomo e del-la donna, il chiudere sistematicamen-te la propria unione al dono della vita e, ancor più, sopprimere o manipola-re la vita che nasce”.

Il compito di trasmettere la verità sull’uomo

La famiglia cristiana, Chiesa do-mestica, partecipa all’importante missione di trasmissione e educazio-

Mons. Orani João Tempesta, OCistArcivescovo Metropolitano di Rio de Janeiro

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      39

ne della fede ai suoi figli e nipoti. La famiglia ha come primi e principali destina-tari di quest’annuncio mis-sionario i suoi figli e fami-liari. Abbiamo avuto mol-ti esempi di santi sposi che hanno trasmesso la fede ai figli e alle figlie che, a loro volta, si sono anch’essi san-tificati. Il principale apo-stolato missionario dei ge-nitori deve realizzarsi nel-la propria stessa famiglia, poiché sarebbe un disor-dine e una controtestimo-nianza pretendere di evan-gelizzare gli altri, trascu-rando l’evangelizzazione dei nostri familiari.

I genitori trasmettono la fede ai loro figli con la testimonianza della loro vita cristiana e con la loro parola. Il nucleo centrale di questa educazio-ne alla fede è l’annuncio gaudioso e vibrante di Cristo, morto e resuscita-to per i nostri peccati. In intima con-nessione con questo nucleo si trova-no le altre verità contenute nel Cre-do degli Apostoli, nei Sacramen-ti e nei Comandamenti del Decalo-go. Le virtù umane e cristiane fanno parte dell’educazione integrale del-la fede.

La famiglia ha oggi l’inevitabile compito di trasmettere ai propri figli la verità sull’uomo. Nei nostri gior-ni è di capitale importanza cono-scere e comprendere la prima pagi-na della Genesi: esiste un Dio per-sonale e buono, che ha creato l’uo-mo e la donna con pari dignità, ma differenti e complementari tra loro, e gli ha dato la missione di generare figli mediante l’unione indissolubile di entrambi in “una caro”, ossia, una sola carne (Matrimonio).

I testi biblici narrano la creazione dell’uomo, evidenziando che la cop-

pia uomo–donna è – secondo il di-segno di Dio – la prima espressione della comunione di persone, poiché Eva è creata simile ad Adamo come colei che, nella sua alterità, lo com-pleta (cfr. Gn 2, 18) per formare con lui una sola carne (cfr. Gn 2, 24). Al-lo stesso tempo, entrambi hanno la missione procreatrice che li fa colla-boratori del Creatore (cfr. Gn 1, 28). Questa verità sull’uomo e sul Matri-monio è stata conosciuta anche dal-la retta ragione umana.

Unità fondamentale della società e della Chiesa

La famiglia è la miglior scuo-la per creare durature relazioni co-munitarie e fraterne, di fronte alle attuali tendenze individualiste. Per questo, l’amore – che è l’anima del-la famiglia in tutte le sue dimensioni – è possibile soltanto se c’è consegna sincera di se stessi agli altri.

Amare significa dare e ricevere quello che non si può comprare né vendere, ma solo offrire liberamen-

te e reciprocamente. Gra-zie all’amore, ogni mem-bro della famiglia è rico-nosciuto, accettato e ri-spettato nella sua dignità. Dall’amore nascono rela-zioni vissute come conse-gna gratuita, e sorgono re-lazioni disinteressate e di solidarietà profonda.

Come l’esperienza di-mostra, la famiglia costrui-sce ogni giorno una rete di relazioni interpersonali e prepara a vivere in società in un clima di rispetto, giu-stizia e vero dialogo. La fa-miglia aiuta a scoprire il va-lore sociale dei beni che si possiedono. Una mensa, in cui tutti condividono gli stessi alimenti, adattati alla salute e all’età dei membri,

è un esempio semplice, ma molto ef-ficace, per scoprire il senso sociale dei beni creati. Il bambino va incorporan-do, così, criteri e attitudini che lo aiu-teranno più avanti in quest’altra fami-glia più ampia, che è la società.

La famiglia ha un ruolo fonda-mentale da svolgere, visto che è l’u-nità basilare della società e della Chiesa. In questo momento di cam-biamento d’epoca, urge un’atten-zione speciale da darsi nel presente momento ai beni religiosi, morali e sociali di fedeltà, uguaglianza e mu-tuo rispetto tra marito e moglie, nel-la difesa della famiglia e nella tra-smissione della fede.

Che le nostre famiglie trasmet-tano i veri valori del Vangelo di Ge-sù e vivano la permanente vita della Parola di Dio con i Sacramenti e le azioni sacramentali. Benedici, o Si-gnore, le nostre famiglie! ²

Pubblicato originalmente in http://arqrio.org/formacao,

il 16/8/2013

“È importante che i genitori coltivino pratiche comuni di fede nella famiglia, che accompagnino la

maturazione della fede dei figli”

Mons. Orani Tempesta con Papa Francesco all’inizio della Veglia di Preghiera del 27/7/2013

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Incidente nel Missouri: era un prete o un Angelo?

Notiziari degli Stati Uniti e dell’estero hanno sollevato curiose questioni in relazione a un fatto av-venuto domenica, 4 agosto nello sta-to nordamericano del Missouri. Una giovane di 19 anni, Katie Lentz, ha subito un violento incidente d’auto vicino alla città di Center, che le ha prodotto ferite al fegato, al pomone e alla milza, oltre a un’emorragia e a ossa rotte. La giovane aveva bisogno di esser portata urgentemente in ospedale, ma erano già trascorsi 45 minuti senza che l’equipe di soccor-so riuscisse a liberarla dalle lamiere contorte del veicolo.

Ad un certo punto Lentz ha chie-sto che uno pregasse a voce alta con lei, mentre era aiutata dall’equipe di soccorso, polizia e passanti, alcuni dei quali le stavano vicino in ginoc-chio. Subito dopo, è apparso un sa-cerdote con un Rosario nella mano che l’ha assolta, le ha amministrato l’Unzione degli Infermi e l’ha con-fortata garantendole che in breve sarebbe stata liberata. E, di fatto, al-cuni minuti dopo è arrivata una nuo-va equipe con strumenti più efficien-ti che hanno consentito di liberarla e portarla in ospedale.

La discreta scomparsa del sacer-dote dopo l’esercizio del suo ministe-ro ha suscitato stupore tra coloro che hanno assistito all’incidente. “Pen-so che sia stato un miracolo... O era un Angelo che è stato inviato sotto le parvenze di sacerdote, o il sacerdote è diventato un Angelo”, ha dichiara-

to alla TV locale KWQA il capo dei pompieri di New London, Raymond Reed, facendo eco al sentimento ge-nerale. Il giornale Huff Post, nello stesso tenore, ha dichiarato che “la piccola comunità dell’est del Missou-ri si è sentita come se avesse presen-ziato il lavoro di un Angelo”.

Tuttavia, pochi giorni dopo l’in-cidente il mistero è stato svelato. Il discreto e generoso presbitero era Don Patrick Dowling, della Dioce-si di Jefferson City, come informa lo stesso giornale, spiegando che que-sta è stata “la storia che ha affasci-nato il paese per vari giorni”.

il suo Governo”, atto che ha voluto condividere con gli abnegati soldati che gli hanno offerto protezione.

Subito dopo, si è diretto al Con-gresso Nazionale, dove, dopo aver fatto la consegna della fascia e del bastone presidenziale, si è diretto come semplice pellegrino insieme a sua moglie al principale Santuario del paese, dedicato alla Signora di Caacupé, a 50 km dalla capitale.

La Cappella di San Tarcisio è riaperta a Cuba

Mons. Alvaro Beyra Luarca, Ve-scovo del Santissimo Salvatore di Ba-yamo-Manzanillo, Cuba, ha benedet-to e nuovamente inaugurato la Cap-pella dedicata a San Tarcisio, a Man-zanillo, rimasta inattiva per 52 anni. La cerimonia è avvenuta il 14 agosto, fe-sta nella quale si commemora il marti-rio del giovane accolito romano che dà nome al tempio, ed è consistita in una Messa durante la quale il seminarista Yosvanys Rafael Llópiz Carbonell ha ricevuto il ministero dell’accolitato.

Il tempio fu costruito da Don Jesús Iraola, OFM, all’inizio degli anni ‘50, con l’aiuto dei fedeli e co-munità vicine, ma poco tempo do-po fu confiscato dallo Stato. A parti-re da ora – ha annunciato il parroco della Purissima Concezione di Man-zanillo, Fr. Emilio Biosca Aguero – ci sarà una Messa settimanale e sa-ranno lì amministrate lezioni di ca-techismo per bambini e adulti.

Santuario belga elevato a Basilica Minore

“Madonna dal Cuore d’Oro”: ec-co la bellissima invocazione del San-tuario di Beauraing, appartenen-te alla diocesi di Namur (Belgio), che il giorno 22 agosto è stato ele-vato alla categoria di Basilica Mino-re dalla Santa Sede. Visitato annual-mente da 100 mila pellegrini, è sta-to eretto nel luogo dove la Madre di Dio apparve a cinque bambini – Fer-nando, Gilberto e Alberto Voisin, e

Presidente del Paraguay termina mandato con una Messa

Il giorno 15 Agosto, festività dell’Assunzione della Madonna, il Pre-sidente della Repubblica del Paraguay, che terminava il mandato, Federico Franco, ha deciso di assistere a una Ce-lebrazione Eucaristica nella sede del Reggimento di Scorta Presidenziale come ultimo atto del suo mandato, pri-ma di dirigersi al Congresso Nazionale per trasmettere l’incarico al nuovo Ca-po di Governo, Horacio Cartes.

Ufficiali, Sottufficiali, e soldati di questo reggimento scelto hanno par-tecipato alla Messa celebrata dal Ve-scovo castrense, Mons. Adalberto Martínez, il quale ha espresso l’au-gurio che la Patrona del Paraguay, la Vergine dell’Assunzione, benedica e protegga il Presidente e la sua fami-glia. Il Dr. Federico Franco, da parte sua, ha spiegato di aver voluto conclu-dere il suo periodo presidenziale con la Santa Messa per render “grazie a Dio per i favori divini ricevuti durante

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Il Papa nomina il nuovo Segretario

di Stato

Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      41

Andreas e Gilberto Degeimbre – tra novembre 1932 e gennaio 1933.

Durante l’omelia della Mes-sa inaugurale, il Vescovo diocesano, Mons. Rémy Vancottem, ha affer-mato: “Come non sentirsi toccati da Maria che ci mostra il suo cuore co-me un cuore d’oro? Un cuore di Ma-dre che rivela la tenerezza e la bontà del cuore di Dio, un cuore d’oro che ci dice tutto l’amore di Gesù, di colui che, per dimostrare l’amore di Dio per gli uomini, è morto in Croce”.

Da parte sua, il vicerettore del Santuario, Don Christophe Rou-art ha spiegato che “una basilica è un punto di riferimento della regio-ne, sia a livello liturgico che pastora-le; ma essa rappresenta, allo stesso tempo, la Chiesa di Roma ed è per questo che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sa-cramenti ha deciso l’elevazione del Santuario a Basilica Minore”.

In quest’anno 2013, più di 200 mi-la fedeli provenienti da numerose cit-tà venezuelane e da vari paesi delle Americhe e d’Europa hanno parteci-pato alla Messa celebrata nella Basi-lica dove si venera questa statua. La Solenne Liturgia è stata presieduta dal Vescovo di San Cristóbal, Mons. Mario del Valle Moronta Rodríguez, e concelebrata dal Vescovo dell’Iso-la di Margarita, Mons. Jorge Anibal Quintero Chacón e dal Vescovo eme-rito di Mérida, Mons. Luis Alfon-so Márquez, insieme a più di 30 pre-sbiteri. Subito dopo, una processione ha percorso un tragitto di 5 km per le principali strade della città, ritornan-do poi alla piazza della Basilica.

Cento milioni di chili di alimenti raccolti a Bogotà

Il Direttore Esecutivo della Fon-dazione Banco Alimentare di Bo-gotà, Don Daniel Sandarriaga, ha

ell’ultimo giorno del mese di agosto, la Santa Sede ha annunciato la nomina di Mons. Pietro Parolin,

già Nunzio Apostolico in Venezuela, come nuovo Segre-tario di Stato della Santa Sede. A partire dal giorno 15 ottobre egli sostituirà il Cardinale Tarcisio Bertone, di 78 anni, che occupava la carica dal settembre 2006.

Nato 59 anni fa a Schiavon (VI), Mons. Parolin è entrato nel servizio diplomatico del Vaticano nel 1986. Ha lavorato nelle Nunziature della Nigeria e del Messico fino al 2002, anno in cui è rientrato in Vaticano per svolgere la funzione di Sottosegretario della Sezione di relazioni con gli stati, nella Segreta-ria di Stato, fino al 2009.

Venuto a conoscenza della nomina, il nuovo Se-gretario di Stato ha dichiarato ai mezzi di comunica-

zione a Caracas: “Ho sentimenti molto discordanti: intensa gratitudine al Papa per la fiducia che ha de-positato in me con questa designazione e anche un po’ di preoccupazione – per meglio dire, molta pre-occupazione – di fronte alla responsabilità che questa carica porta con sé”.

Duecentomila fedeli nella festa del Santo Cristo de La Grita

Da più di quattro secoli, il giorno 6 agosto è una data importante per gli abitanti de La Grita, città situata nelle pianure andine del Venezuela. Essa è conosciuta come la Gerusa-lemme o Città Santuario del Vene-zuela, principalmente per la devo-zione al Santo Cristo de La Grita, statua votiva di Nostro Signore cro-cifisso, scolpita a motivo del terre-moto che nell’anno 1610 ha distrut-to la città.

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Mons. Pietro Parolin saluta Papa Francesco durante l’incontro con i

Nunzi, il 21 giugno scorso

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42      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

fort ha utilizzato quando ha pro-mosso la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Oggi, ispira-ti da queste parole, ci raccomandia-mo completamente a Lei e implo-riamo la sua intercessione affinché ci aiuti a mantenere le nostre pro-messe battesimali e a vivere come suoi figli. Diretti da nostri Cardina-li, Vescovi e sacerdoti, consacrando noi, le nostre famiglie, case, dioce-si e l’Irlanda, nostro Paese, a Gesù attraverso il Cuore Immacolato di Maria, ci collochiamo sotto la sua protezione, chiedendo la sua bene-dizione materna”.

al contrario di molti altri nobili con-vertiti che rinnegarono la Fede per non perdere i loro titoli e terre quan-do cominciarono le persecuzioni, Ta-kayama e suo padre preferirono esi-liarsi nelle Filippine nel 1614 insieme ad altri 300 battezzati. Il “Samurai di Cristo” visse lì soltanto 40 giorni, mo-rendo a 63 anni di età e ricevendo gli onori militari dovuti alla sua dignità.

Il lungo cammino di Takayama verso gli altari cominciò nel XVII se-colo con una sollecitazione del clero delle Filippine che chiedeva la sua be-atificazione. “Takayama non fu mai disorientato da quelli che lo circon-davano. In maniera persistente visse una vita nella quale seguì la sua co-scienza... Condusse la sua vita in for-ma appropriata a un santo e continua a ispirare valore a molte persone an-cor oggi”, ha dichiarato Padre Hiroa-ki Kawamura, direttore della com-missione diocesana per il processo, il quale, nella speranza dei Vescovi, po-trebbe esser concluso nel 2015, nel IV centenario dalla sua scomparsa.

annunciato che questa istituzio-ne ha raggiunto a metà del mese di agosto la cifra di 100 milioni di chi-li di alimenti distribuiti nel corso dei suoi 12 anni di esistenza. Questi ali-menti – spiega al giornale El Tiempo Don Sandarriaga, che divide il suo tempo tra il Banco e la parrocchia San Massimiliano Kolbe – sono suf-ficienti per preparare tra 300 a 400 milioni di pasti.

L’istituzione conta su 82 impiegati e un deposito di 4,5 mila metri qua-drati. Essa fornisce quotidianamen-te viveri per 120 mila persone biso-gnose della capitale e dei suoi din-torni, distribuiti attraverso più di 700 organizzazioni sociali. Ma “la nostra meta è giungere nel 2021 a 500 mila persone”, chiarisce Don Sandarriaga. “Oggi movimentiamo all’incirca 10 mila tonnellate di pro-dotti per anno, ma abbiamo un pae-se e una città nei quali esistono mol-ti prodotti che non arrivano a esser commercializzati e finiscono per es-sere scartati”.

Santo per le sue virtù; per la stirpe, Samurai

Signore del castello di Takatsu-ki, in Giappone, Takayama Ukon – o Hikogoro Shigetomo, come è anche conosciuto – ha preferito perdere i beni e le onoranze che rinunciare al-la Fede Cattolica. Per questo è cono-sciuto come “Il Samurai di Cristo”.

In agosto, la Conferenza dei Ve-scovi Cattolici del Giappone ha in-camminato alla Congregazione per le Cause dei Santi, nella Santa Se-de, tutti i documenti relativi alla vita di questo kirishitan daimyo (Grande Signore Cristiano) che può diventa-re il primo santo canonizzato indivi-dualmente in questo Paese, che già conta altri 42 santi e 393 beati.

Takayama nacque nel 1552 a Na-ra, nella periferia di Osaka, e mo-rì a Manila, nelle Filippine, il 4 feb-braio 1615. Fu battezzato a 12 anni con il nome di Iustus, quando suo pa-dre si convertì al Cattolicesimo. Ma,

L’Irlanda si è consacrata al Cuore Immacolato di Maria

La festa dell’Assunzione del-la Madonna in Cielo è stata la data scelta dalla Conferenza dei Vesco-vi Cattolici Irlandesi per consacra-re il Paese al Cuore Immacolato di Maria, nel Santuario Nazionale di Knock. Il testo della consacrazione è stato letto dall’Arcivescovo di Ar-magh e Primate di tutta l’Irlanda, Cardinale Seán Brady, e l’omelia è stata pronunciata dall’Arcivescovo-Coadiutore, Mons. Eamon Martin.

“A Gesù per Maria!”, ha procla-mato Mons. Martin. “Ecco le paro-le che San Luigi Grignion de Mont-

Mons. Giuseppe Sciacca riassume funzioni giuridiche

Sabato, 24 agosto, il Santo Padre ha nominato Mons. Giuseppe Sciac-ca, fino ad allora Segretario Genera-le del Governatorato dello Stato del-la Città del Vaticano, come Segreta-rio Aggiunto del Supremo Tribuna-le della Segnatura Apostolica. Egli torna così a prestare servizi alla San-ta Sede nell’area giuridica, nella qua-le è un riconosciuto specialista, aven-do svolto dal 1999 fino alla sua ultima nomina, la funzione di Prelato Udito-re del Tribunale della Rota Romana.

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Tradizione che si consolida a Fortaleza

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      43

Mons. Sciacca continua a ostenta-re la carica di Uditore Generale del-la Camera Apostolica, funzione che ha svolto durante l’ultimo cambio di Pontificato. A sostituirlo nel Gover-natorato è stato designato il sacerdo-te spagnolo Fernando Vérgez Alza-ga, fino ad allora Direttore di Teleco-municazioni della Città del Vaticano.

CammInata Con marIa

er l’11º anno consecutivo, la capitale del Ceará ha onora-

to il giorno 15 agosto la sua Patrona, la Madonna dell’Assunzione, con un’impressionante manifestazione di Fede e devozione mariana: la Camminata con Maria. L’evento ha attratto approssimativamente 2 mi-lioni di fedeli, tra i quali non manca-vano bambini e anziani desiderosi di prestare omaggio alla loro cara Ma-dre celeste.

La Camminata con Maria ini-ziò nel 2003 su iniziativa dell’Arci-vescovo Metropolitano, Mons. José Antônio Aparecido Tosi Marques, per segnare l’inizio delle comme-morazioni dei 150 anni di erezione della Diocesi. “Siamo stati stimola-ti dal Beato Papa Giovanni Paolo II con la sua lettera Rosarium Virginis Mariæ e la proposta di una manife-stazione mariana, in questo anno speciale, destinata al Rosario del-la Vergine Maria” – ha egli spiega-to in una recente lettera in cui in-vitava tutti a partecipare all’evento.

Per ricordare i primordi dell’evan-gelizzazione in quello Stato, il corteo parte dal Santuario della Madonna

dell’Assunzione, a Barra do Ceará, fondato dai colonizzatori portoghesi, passa per Fortaleza de Nossa Senho-ra da Assunção e termina nella Cat-tedrale Metropolitana, compiendo un tragitto di più di 10 km.

Durante il percorso i fedeli han-no intonato canti, preghiere e han-no pregato insieme i 20 misteri del Santo Rosario. Per la sua reci-ta, Mons. José Antônio ha indica-to quale doveva essere l’imposta-zione adeguata: “La preghiera del Rosario mariano non è soltanto la ripetizione meccanica di una cer-ta quantità di Padre-nostro e Ave Maria, ma una profonda contem-plazione del Vangelo di Cristo, del-la Parola di Dio, del vivere in Cri-sto. Con Maria, sua e nostra Madre (cfr. Gv 19, 26-27) apprendiamo dalla viva testimonianza come vive-re in Cristo. Per questo la portiamo alla casa come l’Apostolo Giovanni – e la nostra casa comune è la Chie-sa inserita in questo mondo e volta al Padre celeste”. Infine, nella Cat-tedrale, l’atto liturgico si è conclu-so con un atto di consacrazione al-la Madonna.

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Vista parziale della camminata al suo arrivo alla Cattedrale

Musica Sacra: tra le più ascoltate negli Stati Uniti

Jesus Dulcis Memoria, Te Deum, O Gloriosa Virginum, Stella Splendens, sono i titoli di alcune melodie incluse nell’album Mater Eucharistiæ, inciso recentemente dalle Suore Domeni-cane di Maria, Madre dell’Eucaristia. Il CD, che nella 2ª settimana di ago-sto è salito al 1º posto tra i più ven-duti nelle categorie Classica e Clas-sica Tradizionale negli Stati Uniti, fa parte di un fenomeno che ha sorpre-so gli specialisti, poiché prima di loro, un album inciso dalle Benedettine di Maria aveva occupato questo stesso posto per 14 settimane consecutive.

Situato nella città di Ann Arbor (Michigan), il convento delle Dome-nicane di Maria è stato fondato nel 1997 da quattro monache e attual-mente sono 110 quelle che vi abita-no. Con un’età media di 29 anni, si dedicano per vocazione all’insegna-mento, ma questo non impedisce loro di pregare un totale di quattro ore al giorno. Sempre con la tonaca, anche in cucina, il convento ha avu-to un incremento vocazionale così grande, che stanno programmando di aprire un’altra casa nel Texas.

Secondo Suor Joseph Andrew Bogdanowicz, vicaria generale, che

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svolge anche le funzioni di direttrice musicale e responsabile degli oltre 80 mila CD già distribuiti, “i giova-ni sono bravi e a loro piace ciò che è autentico. Quando essi decidono di dedicare la vita per una causa, cer-cano qualcosa che essi vedono come una vita sacrificata e felice”.

Paolo Pezzi ha celebrato una solen-ne Eucaristia.

Mons. Georg Austen, è stato in visita al paese per collaborare nell’acquisi-zione del nuovo tempio.

Dal 2003 al 2013 la comunità cat-tolica di questo paese di circa 5,3 mi-lioni di abitanti, è aumentata di qua-si il 50%. Tra le varie ragioni di questa crescita, c’è la conversione di luterani.

L’Arcivescovo di Sydney premia studenti cattolici

L’Arcivescovo di Sydney, Cardi-nale George Pell, ha reso omaggio a 48 alunni dell’ultimo anno di ginna-sio dei collegi cattolici di questa cit-tà, concedendo loro il Premio Arci-vescovo di Sydney per lo Studente Modello.

Esso è concesso annualmente a coloro che si sono distinti non so-lo come studenti esemplari e per il rendimento scolastico, ma anche per l’impegno nella Fede e l’atteg-giamento di servizio nella parroc-chia e nella comunità dimostrati du-rante i sei anni di durata della scuola secondaria nel paese. La cerimonia di consegna dei premi, che è alla sua 14a edizione, è stata realizzata nella Cattedrale di Santa Maria, strapiena di familiari, amici e professori.

Il futuro della Chiesa dipende dalla qualità dei sacerdoti

Il Cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’E-ducazione Cattolica ha fatto un viag-gio in Corea del Sud per partecipa-re a un congresso sull’educazione e formazione del clero e la sua impor-tanza nell’evangelizzazione dell’Asia, organizzato dall’Associazione di Col-legi Cattolici e Università nel Sud-Est ed Est dell’Asia (ASEACCU).

Reliquie di San Giovanni Bosco sono venerate in Russia

Domenica 18 agosto, le reliquie di San Giovanni Bosco sono giunte all’ae-roporto internazionale di Rostov, 1000 km a sud di Mosca, per iniziare un pel-legrinaggio di una settimana per la Russia. Provenienti dalla Polonia, es-se sono state ricevute all’aeroporto dal rettore della casa salesiana di quella città, Don Zbigniew Bartoszewski.

Il reliquario di cristallo contenente reliquie dirette del “Santo della Gio-ventù” all’interno di una statua di ce-ra rivestita dei paramenti liturgici da lui usati in vita, è stato portato fino al-la Parrocchia dell’Ultima Cena, dove ha potuto esser venerato per due gior-ni. A seguire, il Vicario Episcopale di Saratov, Mons. Tomas Wiosna, sacer-doti salesiani e presbiteri della diocesi di San Clemente di Saratov hanno ce-lebrato lì una Messa Solenne. La se-guente città del pellegrinaggio è sta-ta Mosca, dove i resti di San Giovan-ni Bosco sono arrivati il 20 agosto, per dirigersi infine a San Pietroburgo. La visita è terminata il giorno 24.

A Mosca, l’urna è stata ricevu-ta dal rettore dei salesiani di que-sta città Don Henryk Boguszewski, ed è stata venerata nella cattedra-le dell’Immacolata Concezione, anch’essa a carico dell’Ordine sa-lesiano, dove l’Arcivescovo, Mons.

Le Carmelitane scalze di San Paolo commemorano 100 anni

Per commemorare il centenario del Monastero di Santa Teresa di Ja-baquara, dell’Ordine delle Carmeli-tane Scalze, è stata officiata il gior-no 11 agosto una Messa di azione di grazie presieduta dall’Arcivescovo di San Paolo, Cardinale Odilo Pedro Scherer, rispondendo all’invito della Priora, Suor Elisabetta della Trinità.

Il Convento fu fondato nel 1913 su richiesta dell’allora Arcivescovo, Mons. Duarte Leopoldo e Silva, che invitò due carmelitane scalze di Rio de Janeiro a venire a riformare l’An-tico Convento di Santa Teresa, a San Paolo, eretto dal 1685. Il rinnovato fervore dopo la rifondazione, ha fat-to sì che il Monastero di Santa Tere-sa di Jabaquara abbia dato origine a nuovi altri conventi carmelitani e conta sempre su numerose vocazioni.

La Chiesa cresce in Finlandia

Mons. Teemu Jyrki Juhani Sip-po, Vescovo di Helsinki, ha informa-to all’inizio di agosto che sarà creata a Kuopio, 300 km a nord della capi-tale, l’8ª parrocchia della Finlandia. Con questo obiettivo, è appena stato acquisito un antico tempio luterano, che deve passare tra breve per i ne-cessari restauri per esser trasforma-to nella chiesa matrice.

“Stiamo tentando di realizzare un luogo idoneo per i cattolici cristiani dove andare a Messa la domenica”, ha affermato Mons. Sippo. In appoggio al progetto c’è la Bonifatiuswerk, della Germania, il cui Segretario Generale

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Tonache rosse riempiono la Cattedrale

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XI InContro annuale DI ChIerIChettI, aCColItI e CerImonIerI

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abato, 17 settembre, chierichetti provenienti dalle sei Regioni Episcopali dell’Arcidiocesi di San Pao-

lo hanno dato una nota di colore, con le loro vesti ros-se e cotte bianche, alle austere navate neogotiche della Cattedrale della Sede. Insieme a loro si allineavano ce-rimonieri rivestiti con la caratteristica veste talare nera, mentre ministri della Parola e dell’Eucaristia erano fa-cilmente riconoscibili dalle vesti bianche utilizzate abi-tualmente nello svolgimento delle loro funzioni.

Tutta questa vivace moltitudine si trovava lì riuni-ta per l’XI Incontro Annuale di Chierichetti, Accoliti e Cerimonieri dell’Arcidiocesi di San Paolo, che ha avu-

to come momento culminante la Celebrazione Eucaristi-ca, presieduta dall’Arcivescovo Metropolitano, Cardina-le Odilo Pedro Scherer, e concelebrata da Don Messias de Moraes Ferreira, promotore vocazionale arcidiocesa-no, tra gli altri sacerdoti.

Nella sua omelia, Mons. Odilo ha messo in risalto il ruolo degli assistenti dell’altare per abbellire e nobilitare la Liturgia e li ha esortati a essere esempi per altri bam-bini e anche per gli adulti, per mezzo del loro comporta-mento serio e silenzioso durante la Santa Messa. Discor-rendo sull’Anno della Fede, ha mostrato la necessità di non conoscere appena a memoria il Credo, ma di viverlo.

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Oltre a incontrarsi con l’Arci-vescovo di Seul, Mons. Yeom Soo-jung per dibattere argomenti ri-guardanti il futuro della Chiesa in Asia, Mons. Zenon ha tenuto una conferenza nel congresso, duran-te la quale si è mostrato impressio-

nato dallo sviluppo dell’Arcidioce-si: “Con circa 400 seminaristi, Seul ha un importante ruolo nel futuro della Chiesa in Asia”, ha afferma-to. Mons. Zenon ha anche prestato omaggio al tributo di sangue offer-to dai martiri di questo paese, ricor-

dando che la crescita della Chiesa in Corea dovrebbe esser “misurata in termini di sacrificio e martirio. La Chiesa ha aggiunto grazie agli sforzi dei laici. Questa è una storia molto particolare, che nessun’altra Chiesa del mondo ha”.

Diversi momenti dell’incontro, presieduto dall’Arcivescovo Metropolitano, Cardinale Odilo Pedro Scherer

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Manicaretti degni di un re

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storIa per bambInI... o aDultI pIenI DI feDe?

“Maestà, non appena ho saputo della vostra venuta, mi sono inginocchiato davanti alla statua della Madonna e L’ho supplicata di aver compassione di me, perché avevo soltanto dei pezzi di pane di orzo da offrirvi”...

e avessimo percorso in altri tempi i pittoreschi paesaggi dell’antica Francia, certamen-te avremmo incontrato sul

cammino numerosi castelli e palaz-zi, ora nascosti da un frondoso bosco, ora svettanti alteri in mezzo a campi magnificamente coltivati. Erano edi-fici maestosi e pieni di vitalità, centri della società regionale dell’epoca.

Uno di questi monumentali castel-li, eretto su una soave collina, appar-teneva alla contessa Isabella. Quan-do era ancora molto giovane, aveva perso lo sposo che Dio le aveva da-to come compagno e, a partire da al-lora, aveva fatto il voto di mantener-si per sempre in questo stato, senza contrarre seconde nozze. Si dedica-va anima e corpo alla preghiera, alla penitenza e alla pratica di opere ca-ritatevoli, prendendosi cura dei ma-lati e dei bisognosi, e insegnando il catechismo ai bambini del contado. Non risparmiava sforzi per fare il be-ne ed era amata da tutti i suoi sudditi, che favoriva, senza distinzione, con la

bontà del suo sguardo e con il confor-to dei suoi consigli.

Poiché era l’erede esclusiva dei possedimenti della famiglia, deci-se di riservare per il sostentamen-to proprio e della sua servitù soltan-to una piccola parte della sua fortu-na. Il resto lo ripartì tra i poveri, de-positando tutta la sua fiducia nella protezione della Madonna, Madre di Misericordia, che pregava inces-santemente e con ardore. E sebbe-ne cercasse di mantenere l’edificio con la dignità e lo splendore neces-sari, viveva personalmente in forma molto sobria.

La vita trascorreva nella sua quo-tidianità, quando fu incoronato un nuovo re per il paese. Mesi dopo es-sere salito al trono, il monarca uscì per una giornata di caccia. Lo ac-compagnavano numerosi soldati, servi e messaggeri, tutti vestiti con i più belli e vari abiti, secondo la lo-ro funzione o categoria. La caccia si protrasse da prima dell’alba fino a quasi al tramonto, senza che essi

avessero potuto contare su una so-stanziosa refezione. E poiché si tro-vavano vicino al castello di Isabel-la, uno dei consiglieri reali suggerì di fermarsi lì a chiedere del cibo so-stanzioso con cui recuperare le for-ze, prima di ritornare al palazzo.

Il re acconsentì e furono inviati due araldi per annunciare il suo ar-rivo. Quando la contessa seppe del-la regale visita fu molto preoccupa-ta, poiché non possedeva nulla nel-la sua dispensa che fosse degno del sovrano. Il suo cibo era pane d’orzo e la sua bevanda, l’acqua più pura. Cosa avrebbe servito al monarca e ai suoi cortigiani, se non c’era nemme-no pane per così tanta gente?

Estremamente afflitta, si gettò ai piedi della sua carissima protettrice, la Vergine Consolatrice degli afflitti, e La supplicò:

– O Maria Santissima, Tu vedi be-ne in che difficoltà mi trovo, poiché non ho il necessario per così tanti e nobili commensali. Mostrami ora che sei la Madre di Misericordia e

Il castello della contessa Isabella Suor Mary Teresa MacIsaac, EP

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      47

non abbandoni mai chiunque ti cer-ca con fede vera e piena.

Mentre Isabella pregava così, at-traversava il ponte levatoio del ca-stello una dama bellissima, seguita da un lungo corteo di paggi e don-zelle. Portavano sontuosi vassoi d’o-ro e d’argento, con i più deliziosi manicaretti: cinghiali, agnelli, fagia-ni e cervi, tutti conditi con una per-fezione eccezionale, senza contare i migliori vini, champagne e liquori portati in bottiglie di cristallo finissi-mo. Mostrando tutto al maggiordo-mo, gli chiesero l’autorizzazione di entrare. Costui, completamente fra-stornato, non sapeva cosa risponde-re, ma di fronte alla bontà e genti-lezza di quelle nobili figure non po-teva far altro che lasciarli entrare.

Dopo aver depositato i manica-retti in cucina e aver acceso l’im-menso forno, che da tanto tempo non veniva più utilizzato, gli scono-sciuti si diressero al grande salone che nelle grandi occasioni serviva da refettorio. E lì si misero a prepara-re e abbellire i tavoli, a illuminare la

stanza con candele e ornarla con ric-chi gobelin di velluto che essi stessi avevano portato.

Il maggiordomo aveva avuto ap-pena il tempo di comunicare al-la contessa Isabella quello che sta-va accadendo, quando le trombe del seguito reale suonarono vicine al ca-stello, annunciando l’imminente ar-rivo del monarca. Corsero entrambi alla porta, dove la contessa lo rice-vette con un grande inchino e lo in-vitò a entrare nella sala da pranzo, senza sapere con certezza quello che sarebbe accaduto...

Tuttavia, quando si aprirono le porte, un mirabile spettacolo si svelò agli occhi di tutti: centinaia di can-delieri illuminavano le tavole coper-te da tovaglie di finissimo lino. So-pra di esse, c’erano piatti e vassoi fi-nemente cesellati, contenenti i più deliziosi manicaretti.

Pregarono per rendere grazie a Dio per gli alimenti ricevuti – la cui provenienza era loro sconosciuta – e si sedettero per iniziare il pasto. Mentre conversavano animatamen-

Si congratulò con la contessa Isabella per il banchetto e le chiese dove aveva trovato tali manicaretti, serviti con tanta perfezione

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te e assaggiavano i piatti saporiti, la misteriosa dama supervisionava il lavoro dei suoi accompagnatori, che servivano ai tavoli. La contessa Isa-bella ardeva dal desiderio di appros-simarsi a lei per chiederle chi fos-se e ringraziare per un così insigne favore. Tuttavia, essendo la padrona di casa, sarebbe stato irrispettoso al-lontanarsi dal re, anche se per un so-lo momento.

Ora, alla fine della cena la da-ma e i suoi servitori scomparvero come per incanto. Il maggiordomo era così sorpreso e pieno di giubilo per quanto successo, che nemmeno gli venne in mente di chiedere ai di-stinti personaggi chi fossero, da do-ve venissero o come avessero sapu-to che la contessa passava per quel-la difficoltà...

Prima di partire, il re volle rin-graziare la contessa per la straordi-naria accoglienza. Si congratulò con lei per il banchetto e le chiese dove avesse trovato tali manicaretti, in co-sì generosa quantità e qualità, e ser-viti con tanta perfezione. Isabella,

umile com’era, non nascose agli occhi del sovrano quel-lo che era accaduto, e gli ri-spose con tutta franchezza:

– Maestà, non appena ho saputo della vostra ve-nuta, mi sono inginocchia-ta davanti alla statua della Madonna e L’ho supplica-ta di aver compassione di me, perché avevo soltanto dei pezzi di pane di orzo da offrirvi. Nel vedere quan-to accaduto, sono rimasta tanto sorpresa quanto voi. E non posso dubitare ora che sia stata proprio Lei a venire in mio aiuto, accom-pagnata da molti Ange-li travestiti da paggi e don-zelle. Sono stati loro che vi hanno servito e sono scom-parsi alla fine della vostra cena! ²

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I SantI dI ognI gIorno _________________________ ottobre1. Santa Teresa di Gesù Bambino,

vergine e Dottore della Chiesa (†1897)

Beato Antonio Rewera, sacer-dote e martire (†1942). Fu depor-tato dalla Polonia a Dachau, in Germania, dove ottenne nei tor-menti la corona del martirio.

2. Santi Angeli Custodi.Beato Giovanni Beyzym, sa-

cerdote (†1912). Gesuita polac-co, esercitò il suo ministero tra i lebbrosi a Fianarantsoa, in Ma-dagascar.

3. San Gerardo di Brogne, aba-te (†959). Fondatore e primo su-periore dell’Abbazia di Saint-Gérard a Brogne, in Belgio. Si dedicò al rinnovamento della di-sciplina monastica nelle Fiandre e in Lotaringia.

4. San Francesco d’Assisi, religioso e patrono d’Italia. (†1226).

Beato Francesco Saverio See-los, (†1867). Sacerdote redento-rista, oriundo della Baviera, lavo-rò dando assistenza ai bambini, giovani e immigranti della città di New Orleans, Stati Uniti.

5. Sant’Anna Schäffer, vergine (†1925). In un incidente durante il suo lavoro di domestica, a Min-delstetten, in Germania, si bruciò con l’acqua bollente e le sue feri-te non si cicatrizzarono più. Offrì le sue sofferenze per la salvezza delle anime.

6. XXVII Domenica del Tempo Ordinario.

San Bruno, sacerdote ed ere-mita (†1101).

San Francesco Trân Văn Trung, martire (†1858). Solda-to vietnamita decapitato ad An-Hoa, in Vietnam, per essersi ri-fiutato di rinnegare la Fede Cat-tolica.

7. Beata Maria Vergine del Rosario.

San Palladio, (†circa nel 596). Vescovo di Saintes, in Francia, eresse una basilica sopra il sepol-cro di Sant’Eutropio e stimolò la devozione ai santi nella sua dio-cesi.

8. Santa Ragenfreda, badessa (†sec. VIII). Eresse con i propri beni il monastero di Denain, in Francia, del quale fu la prima badessa.

9. Santi Dionigi, Vescovo, e compa-gni, martiri (†sec. III).

San Giovanni Leonardi, sacer-dote (†1609).

San Gisleno, monaco (†sec. VII). Eremita nel bosco di Hai-naut, in Belgio, fondò proprio lì un monastero in onore di San Pietro e San Paolo, dando origine alla città di Saint-Ghislain.

10. Beato Leone Wetmaski, Vescovo e martire (†1941). Vescovo ausi-liare di Płock, in Polonia, marti-rizzato nel campo di concentra-mento di Działdowo.

11. Santa Maria Desolata Torres Acosta, vergine (†1887). Dal-la sua gioventù dedicò una stra-ordinaria attenzione ai malati bi-sognosi, che accudiva con infati-cabile abnegazione. Fondò a tale scopo a Madrid la Congregazio-ne delle Serve di Maria Ministre degli Infermi.

12. San Serafino da Montegrana-ro, religioso (†1604). Cappucci-no del convento di Ascoli Pice-no, ebbe due grandi devozioni: il Crocifisso e il Santo Rosario.

13. XXVIII Domenica del Tempo Ordinario.

San Gerardo di Aurillac, lai-co (†909). Conte di Aurillac, in Francia, fu un esempio per gli al-tri principi, vivendo con la pietà e l’austerità di un monaco.

14. San Callisto I, Papa e martire (†circa nel 222).

Santa Angadrisma, bades-sa (†circa nel 695). Superiora del monastero benedettino di Oroër-des-Vierges, fondato da Sant’E-brulfo vicino a Beauvais, in Francia.

15. Santa Teresa di Gesù, vergine e Dottore della Chiesa (†1582).

San Barses, Vescovo (†379). Condannato all’esilio dall’im-peratore ariano Valente, morì a Edessa, in Turchia, dopo aver cambiato città tre volte.

16. Santa Edvige, religiosa (†1243).Santa Margherita Maria Ala-

coque, vergine (†1690).San Longino (†sec. I). Solda-

to romano che aprì con la lancia Santa Maria Desolata Torres Acosta

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      49

I SantI dI ognI gIorno _________________________ ottobreil costato di Nostro Signore cro-cifisso.

17. Sant’Ignazio d’Antiochia, Ve-scovo e martire (†107).

Beato Pietro della Natività della Beata Vergine Maria Casa-ni, sacerdote (†1647). Religioso scolopio morto a Roma che, ol-tre a lavorare nell’educazione dei bambini, attirò moltitudini con la sua predicazione.

18. San Luca, Evangelista.Sant’Asclepiade, Vescovo

(†218). Insigne confessore della Fede ai tempi delle persecuzio-ni ad Antiochia, nell’attuale Tur-chia.

19. Santi Giovanni de Brébeuf, Isac-co Jogues, sacerdoti, e compagni, martiri (†1642-1649).

San Paolo della Croce, sacer-dote (†1775).

San Gioele, Profeta. Annunciò il grande “Giorno del Signore” e il mistero dell’effusione del suo Spirito sugli uomini, che la mae-stà divina si degnò di realizzare mirabilmente in Cristo nel giorno di Pentecoste.

20. XXIX Domenica del Tempo Ordinario.

San Vitale di Salisburgo, Ve-scovo (†circa nel 730). Discepo-lo di San Ruperto, suo compagno di viaggi e imitatore delle sue fa-tiche e veglie. Fu suo successore come Vescovo e abate del mona-stero di San Pietro a Salisburgo, in Austria.

21. Beato Pietro Capucci, sacerdo-te (†1445). Domenicano italia-no, che meditando sulla morte, orientò se stesso alle realtà ce-lesti ed esortò i fedeli nelle sue predicazioni a non cadere nella morte eterna.

22. Sant’Abercio, (†sec. III). Vesco-vo di Geropoli, attuale Turchia, di cui si racconta che peregrinò per diverse regioni annunciando la Fede cristiana.

23. San Giovanni da Capestrano, sacerdote (†1456).

Beata Maria Clotilde Angela di San Francesco Borgia Paillot, vergine e martire (†1794). Reli-giosa orsolina, ghigliottinata du-rante la Rivoluzione francese a Valenciennes.

24. Sant’Antonio Maria Claret, Ve-scovo (†1870).

Beato Giuseppe Baldo, sacer-dote (†1915). Fondatore della Congregazione delle Piccole Fi-glie di San Giuseppe. Con grande devozione eucaristica, si dedicò alle opere sociali e alla cateche-si, a Verona.

25. San Mauro di Pécs, Vescovo (†1070). Fu monaco e successi-vamente abate del monastero di San Martino di Pannonhalma, in Ungheria.

26. San Cedda, (†664). Ordina-to Vescovo dei sassoni orientali da San Finan, fondò varie chiese e monasteri, tra questi quello di Lastingham, nello Yorkshire, in Inghilterra.

27. XXX Domenica del Tempo Ordinario.

San Gaudioso, (†sec. V/VI). Vescovo di Abitinia, nell’attuale Tunisia, che fuggendo dalla per-secuzione dei vandali, finì i suoi giorni in un monastero da lui fondato a Napoli.

28. Santi Simone e Giuda, Aposto-li. Secondo la tradizione, furo-no martirizzati in Persia, intorno all’anno 62.

San Rodrigo Aguilar, sacerdo-te e martire (†1927). Impiccato ad un albero a Ejula, in Messico, dopo essere stato denunciato da un falso amico.

29. San Teodario, abate (†circa nel 575). Monaco della regione di Vienne, in Francia, nominato dal suo Vescovo “intercessore davan-ti a Dio” e penitenziere maggiore per tutta la diocesi.

30. Beata Benvenuta Boiani, vergi-ne (†1292). Terziaria domenica-na che consacrò la sua vita a pre-ghiere e penitenze a Cividale del Friuli.

31. San Volfango, Vescovo (†994). Monaco benedettino elevato alla sede episcopale di Ratisbona, in Germania. Diede nuovo impulso alla vita religiosa e restaurò la di-sciplina del clero.

“San Paolo della Croce”, di Ignazio Jacometti - Basilica di San Pietro

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50      Araldi del Vangelo · Ottobre 2013

Povertà per gli uomini, ricchezza per Dio

Ecco una delle meraviglie da ammirare ad Assisi: estremi opposti che non entrano in conflitto, ma si equilibrano in forma prodigiosa.

ercorrendo il Vecchio Continente, non rara-mente incontriamo luo-ghi intensamente mar-

cati dalle virtù delle persone che lì so-no vissute. C’è in essi un profumo im-ponderabile di santità che conferisce all’ambiente una certa unzione, un’aria di soprannaturale che si irradia persi-no dalla natura. Paradigma di questo è Assisi, legata in modo indelebile al suo figlio più illustre: San Francesco.

Ancor oggi il luogo invita a im-maginare il Poverello che passeg-

gia per gli ameni campi dei dintorni, che s’incanta per le bellezze natu-rali e, a partire da esse, compone il suo Cantico delle Creature, nel totale distacco dai beni di questo mondo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!” (Mt 5, 3).

Come punto auge di questa città-reliquario, in cima alla Collis Paradisi, la Collina del Paradiso, si eleva l’im-ponente basilica che ospita la sua se-poltura e riflette lo spirito di quest’uo-mo di aspetto sobrio, infiammato di zelo per la Sacra Eucaristia.

Proprio come la sua anima, l’e-dificio è austero al suo esterno ma splendido dentro. Nell’euforia dei colori e delle luci che entrano fil-trate da magnifiche vetrate, i suoi archi gotici e la sua maestà indi-cano verso l’alto, portando il visi-tatore che vi abbia la grazia di tro-varcisi a un atteggiamento di esta-si e adorazione verso “Colui che siede sul trono e all’Agnello”, e che deve ricevere “lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei se-coli” (Ap 5, 13).

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Ottobre 2013 · Araldi del Vangelo      51

Povertà per gli uomini, ricchezza per Dio

Suor Juliane Vasconcelos Almeida Campos, EP

Le pareti del tempio, piene d’in-cantevoli affreschi, registrano nu-merosi fatti della vita di chi, nono-stante non si considerasse meritevo-le della dignità sacerdotale, esortava all’amore e alla venerazione del Sa-cramento dell’Altare. Predicando la povertà per gli uomini, San France-sco desiderava per il culto ogni ric-chezza e grandiosità.

Si ha l’impressione che lo splen-dore del tempio risponda alle sup-pliche del Santo Fondatore ai suoi figli spirituali: “Supplicate i chieri-

ci affinché sopra ogni cosa onorino il Santissimo Corpo e Sangue di No-stro Signore Gesù Cristo [...]. I cali-ci, i corporali, gli ornamenti dell’al-tare, tutto quanto appartiene al Sa-crificio, li tengano come cose pre-ziose. E se, da qualche parte, il San-tissimo Corpo del Signore fosse con molta povertà abbandonato, che es-si, come vuole la Chiesa, Lo collo-chino in un luogo prezioso”.1

“Ecco una delle meraviglie da ammirare ad Assisi: estremi oppo-sti che nascono dai tronchi benedet-

ti della Chiesa, che non entrano in conflitto, ma si equilibrano in for-ma prodigiosa, manifestando, coi fulgori dell’anima di un Santo, alcu-ne delle infinite perfezioni del Cre-atore”.2 ²

1 SAN FRANCESCO D’ASSISI. Prima Lettera ai Custodi, n.2-4. In: Escritos. Braga: Franciscana, 2001, p.100-101.

2 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Cin-tilações da alma franciscana. In: Dr. Pli-nio. San Paolo. Anno III. N.31 (Ott., 2000); p.34.

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“Madonna del Rosario” - Convento di Santo

Domingo el Real, Madrid

questa preghiera la Chiesa ha ri-conosciuto sempre una particola-

re efficacia, affidando ad essa, alla sua recita corale, alla sua pratica costante, le cause più difficili. In momenti in cui la cristianità stessa era minacciata, fu

alla forza di questa preghiera che si at-tribuì lo scampato pericolo e la Vergine del Rosario fu salutata come propizia-trice della salvezza.

Beato Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariæ

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