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Il Progetto "Voci di confine. La Globalizzazione vista dai confini e dalle periferie" è realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Razzismo, discriminazioni, intolleranza, pregiudizi: buona la normativa, insoddisfacente la situazione Definizioni Per privilegiare la concretezza nello spazio a disposizione possiamo limitarci a una definizione, la più semplice possibile, di alcuni termini che, spesso e impropriamente, sono utilizzati in maniera intercambiabile, ma che, al contrario hanno significati specifici, che riprenderemo dall'Enciclopedia Treccani on line (http://www.treccani.it/enciclopedia), la quale fornisce le seguenti definizioni: Razzismo una "Concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la 'purezza' e il predominio della 'razza superiore'."; Discriminazione "è in via generale, l’applicazione di un trattamento diverso in situazioni che si presentano sostanzialmente uguali"; Intolleranza è "l'attaccamento rigido alle proprie idee e convinzioni, per cui non si ammettono in altri opinioni diverse e si cerca di impedirne la libera espressione, partendo dal presupposto dell’unicità della verità, e dalla convinzione di essere in possesso della verità stessa". Xenofobia "Sentimento di avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si manifesta in atteggiamenti e azioni d’insofferenza e ostilità verso le usanze, la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi". Etnocentrismo "Termine coniato dal sociologo G.W. Sumner (Folkways, 1907) per indicare la tendenza a giudicare i membri, la struttura, la cultura e la storia di gruppi diversi dal proprio, con riferimento ai valori, alle norme e ai costumi ai quali si è stati educati. Quasi sempre l’etnocentrismo comporta la supervalutazione della propria cultura e, di conseguenza, la svalutazione della cultura altrui". Pregiudizio "Atteggiamento sfavorevole od ostile, in particolare. quando esso presenti, oltre che caratteri di superficialità e indebita generalizzazione, anche caratteristiche di rigidità, cioè quando implichi il rifiuto di metterne in dubbio la fondatezza e la resistenza a verificarne la pertinenza e la coerenza". Stereotipo "Opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva".

Razzismo, discriminazioni, intolleranza, pregiudizi: buona ... · Razzismo, discriminazioni, ... Razzismo una "Concezione fondata sul presupposto che esistano ... La relazione riprende

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Il Progetto "Voci di confine. La Globalizzazione vista dai confini e dalle periferie" è realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Razzismo, discriminazioni, intolleranza, pregiudizi: buona la

normativa, insoddisfacente la situazione

Definizioni Per privilegiare la concretezza nello spazio a disposizione possiamo limitarci a una definizione, la più semplice possibile, di alcuni termini che, spesso e impropriamente, sono utilizzati in maniera intercambiabile, ma che, al contrario hanno significati specifici, che riprenderemo dall'Enciclopedia Treccani on line (http://www.treccani.it/enciclopedia), la quale fornisce le seguenti definizioni: Razzismo una "Concezione fondata sul presupposto che esistano razze umane biologicamente e storicamente superiori ad altre razze. È alla base di una prassi politica volta, con discriminazioni e persecuzioni, a garantire la 'purezza' e il predominio della 'razza superiore'."; Discriminazione "è in via generale, l’applicazione di un trattamento diverso in situazioni che si presentano sostanzialmente uguali"; Intolleranza è "l'attaccamento rigido alle proprie idee e convinzioni, per cui non si ammettono in altri opinioni diverse e si cerca di impedirne la libera espressione, partendo dal presupposto dell’unicità della verità, e dalla convinzione di essere in possesso della verità stessa". Xenofobia "Sentimento di avversione generica e indiscriminata per gli stranieri e per ciò che è straniero, che si manifesta in atteggiamenti e azioni d’insofferenza e ostilità verso le usanze, la cultura e gli abitanti stessi di altri paesi". Etnocentrismo "Termine coniato dal sociologo G.W. Sumner (Folkways, 1907) per indicare la tendenza a giudicare i membri, la struttura, la cultura e la storia di gruppi diversi dal proprio, con riferimento ai valori, alle norme e ai costumi ai quali si è stati educati. Quasi sempre l’etnocentrismo comporta la supervalutazione della propria cultura e, di conseguenza, la svalutazione della cultura altrui". Pregiudizio "Atteggiamento sfavorevole od ostile, in particolare. quando esso presenti, oltre che caratteri di superficialità e indebita generalizzazione, anche caratteristiche di rigidità, cioè quando implichi il rifiuto di metterne in dubbio la fondatezza e la resistenza a verificarne la pertinenza e la coerenza". Stereotipo "Opinione precostituita su persone o gruppi, che prescinde dalla valutazione del singolo caso ed è frutto di un antecedente processo d’ipergeneralizzazione e ipersemplificazione, ovvero risultato di una falsa operazione deduttiva".

Il Progetto "Voci di confine. La Globalizzazione vista dai confini e dalle periferie" è realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Questi concetti possono essere formulati anche in modo molto più raffinato, e sono stati oggetto di revisione nella letteratura contemporanea, per cui, per fare un solo esempio, la definizione di razzismo sopra citata è stata oggetto di critiche anche radicali, a fronte di nuovi movimenti "razzisti" che tuttavia non postulano più l'esistenza delle "razze umane", concetto oramai squalificato nelle scienze biologiche e umane, oltre che nel dibattito politico e culturale, dopo la vergogna delle leggi razziali fasciste e l'olocausto nazista, ma fanno perno sulle differenze culturali inconciliabili, sulla difesa delle culture e sul rifiuto del meticciato culturale (il cosiddetto "neorazzismo" o razzismo differenzialista), fino al punto di far discutere di un "razzismo senza razze", un razzismo sottile, che anzi ha mutuato e inglobato le argomentazioni dell'antirazzismo classico, per presentarsi in forma nuova. E' il razzismo esemplificato benissimo dalla locuzione banale, ma come, "Io non sono razzista, ma ...". Tuttavia, è il caso di evitare discussioni terminologiche, rimandando al rapporto che lo stesso Consiglio d’Europa ha ritenuto di dover produrre per analizzare e riconoscere le diverse forme di razzismo (Recognising and preventing neo-racism, Council of Europe, Resolution 2069 del 2015) e far riferimento concreto invece a due piani: il contesto normativo e la situazione di fatto, oggi presente nel nostro paese.

Riferimenti normativi Sulla normativa specifica è sufficiente riportare i riferimenti essenziali (cfr. P. Iafrate, La normativa sugli immigrati e i rifugiati: tra formalità e operatività, Edizioni Idos, Roma, 2018), che rendono il sistema normativo italiano in teoria ben attrezzato: • la legge n. 654 del 13 ottobre 1975 (c.d. legge Reale), con la quale l’Italia ha dato attuazione alla Convenzione internazionale del 1965 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, sanzionando in forma differenziata ed aggravata gli atti di discriminazione; • la legge n. 205 del 25 giugno 1993 (cd. legge Mancino), che ha convertito in legge il decreto legge n. 122 del 1993, "Recante misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa", che ha sanzionato in maniera particolare i gesti, le azioni e anche gli slogan aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali; • la legge n. 40 del 6 marzo 1998, “Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” (cd. Legge Turco- Napolitano, che ha costituito la base del Testo Unico Immigrazione), ch espressamente vieta ogni forma di discriminazione nei confronti degli immigrati; • il decreto legislativo 9 luglio 2003, n° 215, con cui l’Italia ha recepito la direttiva comunitaria n. 2000/43/CE, che ha sancito il principio di uguale trattamento delle persone senza distinzione di razza, di origine etnica e altri fattori e che ha istituito l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (UNAR).

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I dati Se dunque dal punto di vista della copertura legislativa la situazione è ottimale, non altrettanto può dirsi a partire da una realistica analisi della situazione. I dati dell'UNAR al proposito sono esemplari: secondo il rapporto al Parlamento presentato a Luglio 2017, nel 2016, UNAR – l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha aperto 2939 istruttorie per casi segnalati di discriminazione di cui 2652 sono risultate pertinenti. Il 69% riguardano fatti discriminatori per motivi etnico-razziali di cui, per il 17%, si tratta di eventi riguardanti la comunità Rom, Sinti e Camminanti. L’Unar inoltre, attivo da alcuni anni nel contrasto ai discorso d’odio on line, cosiddetto hate speech, attraverso il proprio Osservatorio Nazionale, ha preso ad analizzare quotidianamente i contenuti potenzialmente discriminatori provenienti dai principali social network (Fb,Twitter, GooglePlus,Youtube) e social media (articoli di giornale on line , blog e relativi commenti, siti di «fake news»). Circa 2.100.000 contenuti potenzialmente discriminatori ogni anno vengono rilevati dall’Osservatorio dell’Unar, che l'Ufficio, "in assenza di una definizione univoca di hate speech a livello nazionale ed internazionale ed in considerazione della attuale normativa" valuta e seleziona "stabilendo di segnalare all’autorità giudiziaria quelli che palesemente incitano alla violenza richiedendone, contestualmente, la rimozione ai social network o all’amministratore del sito che ospita il contenuto discriminatorio" (UNAR, comunicato stampa in occasione della presentazione del rapporto, luglio 2017). Risultati non molto diversi sono quelli a cui è giunta la commissione di indagine del Parlamento Italiano su fenomeni di odio,intolleranza, xenofobia,e razzismo, istituita il 6 maggio 2016 e successivamente intitolata "Commissione Jo Cox", dal nome della deputata britannica antirazzista assassinata il 16 giugno del 2016, che scrive nella relazione finale "La Piramide dell'odio", approvata il 6 luglio 2017 dal Parlamento (http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/shadow_primapagina/file_pdfs/000/007/099/Jo_Cox_Piramide_odio.pdf): "La relazione dimostra l’esistenza di una piramide dell’odio alla cui base si pongono stereotipi, rappresentazioni false o fuorvianti, insulti, linguaggio ostile “normalizzato” o banalizzato e, ai livelli superiori, le discriminazioni e quindi il linguaggio e i crimini di odio". Per giungere a tale sintesi la relazione utilizza diverse fonti. La relazione riprende per esempio i dati della ricerca Ipsos Mori, secondo cui "l’Italia risulta il Paese con il più alto tasso del mondo di ignoranza sull’immigrazione" dove " la maggioranza degli italiani pensa che gli immigrati residenti sul suolo italiano siano il 30% della popolazione, anziché l’8%, e che i musulmani siano il 20%, quando sono il 4%"

Il Progetto "Voci di confine. La Globalizzazione vista dai confini e dalle periferie" è realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Cita alcuni dati ufficiali dell'OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) del Ministero dell’ Interno (Dipartimento della pubblica sicurezza - Direzione centrale della polizia criminale), secondo cui il 55% delle discriminazioni avviene per motivi razziali e dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights) dell’OSCE, che raccoglie ogni anno i dati sugli hate crimes in Italia, secondo il quale su 555 crimini d’odio rilevati dalle Forze dell’Ordine nel 2015 369 erano relativi a episodi di razzismo e xenofobia. A cui si aggiungono altri 101 casi riportati da organizzazioni della società civile. La stessa commissione cita inoltre un rapporto dello special rapporteur ONU per i diritti umani che a proposito dell'Italia "notava che in Italia viene utilizzata una terminologia basata sul disprezzo che legittima l’esclusione o la criminalizzazione dei migranti, specie, irregolari, creando un ambiente in cui si giustifica il loro sfruttamento. (Report by the Special Rapporteur dell’ONU François Crépeau on the human rights of migrants, Follow-up mission to Italy (2–6 Dicembre 2014). La Commissione pertanto conclude "È quindi possibile citare i dati relativi alle migliaia di chiamate arrivate al numero verde o al Contact Center dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali); i reati catalogabili come “crimini d’odio” nel rapporto dell’ODHIR (Ufficio per la democrazia e i diritti umani dell’OSCE), il Report nazionale sul monitoraggio dei crimini d’odio, e molti altri. Si tratta di dati, appunto, eterogenei, che tuttavia sembrano concordare nel rappresentare un’Italia fortemente razzista, che si attesterebbe tra i primi Paesi in Europa per odio razziale. (sottolineatura nostra).È anche il quadro delineato dalla ricerca comparativa pubblicata dal Pew Research Center, un ente indipendente" Conferma tale quadro preoccupante, una fonte della società civile: "Cronache di ordinario razzismo", la quale riporta nel suo libro bianco che ogni anno viene pubblicato e nel suo database degli atti di razzismo ben 452 casi per il solo 2017 (http://www.cronachediordinariorazzismo.org/il-razzismo-quotidiano/?fwp_data=2017-01-01%2C2017-12-31). Perché tutto questo? l’Italia è diventata, insieme all’Europa, un’area di forte immigrazione. Le differenze, di cui gli immigrati sono portatori, racchiudono in sé una dimensione ambivalente, sia di attrazione che di contrasto, sia di stimolo conoscitivo e di apertura a nuovi orizzonti che di timore e insicurezza per il confronto che ne deriva. Questo processo si riscontrava in Europa anche quando le migrazioni erano un processo quasi esclusivamente limitato agli stessi occidentali e a dirigersi verso il Centro Nord Europa erano gli italiani, gli spagnoli, i portoghesi e i greci. E lo ritroviamo esacerbato ora che nei flussi migratori sono coinvolti tutti i continenti, e aree molto disomogenee per storia, cultura, religione. Ma se le differenze culturali, forniscono il materiale per la reazione razzista, l'innesco è fornito da quello che alcuni anni fa sociologi come Luigi Manconi e Laura Balbo (I razzismi possibili, Milano, Feltrinelli, 1990) avevano identificato come l'interesse degli "imprenditori

Il Progetto "Voci di confine. La Globalizzazione vista dai confini e dalle periferie" è realizzato con il contributo della Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

politici del razzismo", e mediatici, a parlare dell’immigrazione solo in termini negativi, sfruttando a fini elettorali e di audience l’incapacità degli elettori / saettatori /lettori di soffermarsi sugli aspetti positivi e sulle possibili prospettive positive che ad essa sono legate. Ma a parte il discorso razzista, vecchi e nuovo, gli hate speech, i crimini di odio, le violenze, avviene, spesso in maniera silenziosa una discriminazione non dichiarata, ma altrettanto effettiva; è quella del mercato del lavoro o dei servizi pubblici. In questo ultimo caso per esempio, diverse provvidenze previste nell’ambito del sistema di sicurezza sociale sono state negate agli immigrati ed è stato necessario promuovere ricorsi giudiziari e anche arrivare fino alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per il loro riconoscimento. E'stato in ultimo il caso del Bonus bebè, era stato,prima, il caso delle indennità di invalidità e in alcune aree delle case popolari che alcune giunte avevano negato agli immigrati. E' il caso del mercato del lavoro, dove le situazioni discriminatorie di fatto degli immigrati sono macroscopiche, pur essendo apertamente vietate dalla legislazione vigente. Essi sono un decimo degli occupati ma ben un sesto dei disoccupati; hanno una formazione scolastica simile a quella degli italiani ma appena il 6% svolge mansioni da lavoratore altamente qualificato, mentre ben 4 su 10 occupati svolgono un lavoro per il quale sono sovraqualificati, di livello cioè più basso rispetto alla formazione ricevuta. L’esemplificazione potrebbe continuare in campo scolastico, dove i figli di immigrati sono maggiormente soggetti a dispersione scolastica e abbandono, ma quanto detto è sufficiente per concludere che bisogna fare di più per non avere una società non solo ingiusta, perché nega pari diritti a tutti, ma rischia di legittimare tale differenziazione con strumenti odiosi e non fondati come, la xenofobia, la paura e l' odio nei confronti degli immigrati, l'islamofobia, l'avversione ai rom e l’antisemitismo.