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NUOVI CICLI DI VITA PER ARCHITETTURE E INFRASTRUTTURE DELLA CITTÀ E DEL PAESAGGIO 01

Recycle Italy 1

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architectural researches

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  • Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della citt e del pa-esaggio il primo volume della collana Re-cycle Italy. La collana restituisce intenzioni, risultati ed eventi dell'omonimo program-ma triennale di ricerca finanziato dal Ministero dellIstruzione, dell'Universit e della Ricerca che vede coinvolti oltre un centi-naio di studiosi dellarchitettura, dellurbanistica e del paesaggio, in undici universit italiane. Obiettivo del progetto Re-cycle Italy l'esplorazione e la definizione di nuovi cicli di vita per quegli spazi, quegli elementi, quei brani della citt e del territorio che hanno perso senso, uso o attenzione. La ricerca fondata sulla volont di far cortocircuitare il dibattito scientifico e le richieste concrete di nuove direzioni del costruire, di palesare i nessi tra le strategie di ridefinizione dell'esistente e gli indirizzi della teoria, di guarda-re al progetto quale volano culturale dei territori.

    Il testo strutturato in tre parti: l'introduzione disegna gli assun-ti della ricerca, in Re-cycle Italy i coordinatori delle undici Unit di Ricerca definiscono, in una sorta di giro d'Italia, gli accenti e le accezioni di un progetto di revisione del ruolo del progetto. Nella terza parte del volume sono precisati: la struttura della ricerca, il network di ricercatori, partner nazionali e internazionali coin-volti, i casi studio e le attivit che verranno svolte in questi tre anni di lavoro.

    Nuovi cicli di vita per architetture e iNfrastrutture della citt e del paesaggio

    01

    isbn 978-88-548-6267-8

    euro 24,00

    Re-It01

    Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture della citt e del paesaggio

    Aracne

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  • 1NUOVI CICLI DI VITA PER ARCHITETTURE E INFRASTRUTTURE DELLA CITT E DEL PAESAGGIO

    A CURA DISARA MARINIVINCENZA SANTANGELO

  • 2Progetto grafico di Sara Marini e Vincenza Santangelo

    Copyright MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

    [email protected]

    via Raffaele Garofalo, 133/AB00173 Roma(06) 93781065

    ISBN 978-88-548-6267-8

    I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

    Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dellEditore.

    I edizione: settembre 2013

  • 3PRIN 2013/2016PROGETTI DI RICERCA DI INTERESSE NAZIONALEArea Scientifico-disciplinare08: Ingegneria civile ed Architettura 100%

    Unit di RicercaUniversit IUAV di VeneziaUniversit degli Studi di TrentoPolitecnico di MilanoPolitecnico di TorinoUniversit degli Studi di GenovaUniversit degli Studi di RomaLa SapienzaUniversit degli Studi di Napoli Federico IIUniversit degli Studi di PalermoUniversit degli Studi Mediterranea di Reggio CalabriaUniversit degli Studi G. dAnnunzio Chieti-PescaraUniversit degli Studi di Camerino

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  • 5INTRODUZIONE

    Nuovi cicli di vita per architetture e infrastrutture di citt e paesaggioRenato Bocchi

    RE-CYCLE ITALY

    Il Veneto come laboratorio onnicomprensivo del paradigma ricicloAldo Aymonino, Renato Bocchi

    Il Ri.U.SO strategia di sviluppo per le citt e il PaeseGiorgio Cacciaguerra

    Paesaggi della produzione: uno sfondo problematicoIlaria Valente

    Riciclare grandi telai territorialiAntonio De Rossi, Mauro Berta, Massimo Crotti

    Recycle footprint_Impronta da ricicloMos Ricci

    Re-cycle. Coniugare progetto ed ecologiaRoberto Secchi

    Riciclare drosscapes a NapoliCarlo Gasparrini

    INDICE

    11

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    25

    29

    35

    41

    47

    53

  • 6Planning in the Re-cycle ageMaurizio Carta

    Riattivare economie: paesaggi produttivi e reti lenteVincenzo Gioffr

    Riciclare territori fragiliFrancesco Garofalo

    Afterwor[l]dPippo Ciorra

    STRUTTURA DELLA RICERCA

    Il progettoTema Obiettivi Stato dellarte

    NetworkUnit Casi studio Partner

    AttivitLaboratorio Re-cycleProdottiCalendario

    59

    65

    71

    77

    879195

    104150152

    159163167

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  • 9INTRODUZIONE

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    Giorgio Morandi, Natura morta, 1936. Fondazione Magnani Rocca, Mamiano di Traversetolo (Parma)

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    In un articolo comparso sullinserto domenicale del Sole 24 Ore lo scorso 3 febbraio 2013, al titolo Il valore intrinseco della cultura, il filosofo scozzese John Armstrong commenta linteressante paphlet di Martha Nussbaum (Not for Prot Princeton 2010, trad. it. Non per protto Il Mulino, Bologna 2011) ove lautrice lancia un fermo appello al rilancio della cultura uma-nistica in un mondo sempre pi dominato da una cultura tecnocratica, sostenendo con vivaci argomentazioni che linteresse di una democrazia moderna prevede s uneconomia forte () ma che proprio tale interesse economico richiede lapporto degli studi umanistici e artistici allo scopo di promuovere un clima di attenta e responsabile disponibilit, nonch una cultura di innovazione creativa.A partire da queste argomentazioni, Armstrong sottolinea come le disci-pline umanistiche possano senzaltro come sostiene Nussbaum fun-gere da fondamento della democrazia, o come penso io promuovere leconomia stessa o, ancora come pensa lo storico Tom Griffiths , aiu-tarci ad affrontare problemi ambientali di lungo corso. Ma soggiunge che tutti questi benefici sono accessibili solo ove le discipline umanistiche siano in grado di coinvolgere in profondit un pubblico vasto e diversifica-

    NUOVI CICLI DI VITA PER ARCHITETTURE E INFRASTRUTTURE DI CITT E PAESAGGIO*Renato Bocchi

    >IUAV

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    to, introducendo il problema della socializzazione dei saperi e del con-fronto diretto con il tessuto socio-politico.

    Larchitettura e lurbanistica io penso si possano e si debbano senzaltro annoverare nel dominio delle humanities, come lo stesso Armstrong affer-ma altrove (Reformation and Renaissance. New /ife for +umanities Griffith Review, 2011), ma proprio per il loro forte coinvolgimento con le politiche socio-economiche non possano prescindere da quel confronto intenso e fondante con la pubblica opinione che Armstrong invoca come linfa del valore intrinseco della cultura cui il suo ragionamento si richiama; e in questo senso il loro rinnovamento non solo auspicabile ma necessario alla loro sopravvivenza.Inoltre, per la loro vicinanza e complementarit con le tecniche e le tec-nologie, e per la loro vocazione progettuale, larchitettura e lurbanistica sono direttamente coinvolte nella produzione di strumenti dintervento per la trasformazione. qui che un loro contributo allideazione di nuovi cicli di vita nelle architetture, nelle citt, nei paesaggi, diviene imprescindibile.Ed proprio in quelle intrecciate culture del progetto cui il nostro Diparti-mento veneziano si richiama come propria missione precipua, che risiede il nocciolo della ricerca interdisciplinare che oggi presentiamo: una ricer-ca che vuol essere fortemente operativa, ossia incidente nel reale, ma in senso progettuale, appunto, cio proiettivo e creativo, e non tanto o non solo in senso tecnico.Il programma triennale di ricerca Re-cycle Italy finanziato dal MIUR per larea 08 e che coinvolge oltre un centinaio di studiosi dellarchitettura, dellurbanistica e del paesaggio, in ben 11 universit italiane ha lambi-zione di operare su questa linea di integrazione fra le istanze di cultura intrinseca provenienti dalla riflessione sui fondamenti e sul ruolo delle discipline umanistiche del progetto architettonico urbano e del pae-saggio, e lurgente domanda proveniente dalla societ contemporanea di trovare modi e metodi per arrestare i fenomeni di consumo di suolo e di spreco delle risorse e per affermare, anche nel campo delle trasforma-zioni edilizie urbane e del paesaggio, una eco-logica ispirata ai concetti della triade Reduce-Reuse-Recycle, ormai largamente affermata nel cam-po della cosiddetta Green Economy.Nelle strategie della rigenerazione urbana e del paesaggio, alle tre R del cosiddetto riciclo ecoefficiente appena richiamate sembrano cos poter-

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    si utilmente accostare le tre E delle pi illuminate posizioni etico-politiche: Economy ETuity Environment ovverosia, in altre parole, crescita economi-ca congiunta a equit sociale e a rispetto e tutela dellambiente. In nome del grande mito dei nostri giorni: la sostenibilit dei processi trasformativi, ovvero come suonava lappello dellamericana Bruntland Commission gi nel 1987: riuscire a soddisfare i bisogni del presente senza compro-mettere quelli delle generazioni future.Il tema Re-cycling non certo nuovo e ha gi precedenti mediatici im-portanti, cui la nostra ricerca fa riferimento: citer per tutti la vera e pro-pria campagna mediatica lanciata dallarchitetto americano William Mc-Donough in base allo slogan Cradle to Cradle (che prospetta la generazio-ne di un nuovo ciclo di vita per i prodotti, applicando ai processi industriali criteri di tipo biologico, secondo un passaggio da uno stato allaltro, quasi senza perdita di energia), e sul fronte italiano la riflessione proposta al MAXXI di Roma con la mostra Re-cycle. Strategie per larchitettura la citt e il pianeta (a cura di Pippo Ciorra ed altri studiosi italiani, che sono parte integrante del nostro stesso gruppo di ricerca).La ricerca vuole soprattutto trovare strumenti per dare un nuovo senso e un nuovo uso a quanto gi esiste nel nostro territorio, nel nostro paesag-gio, nelle nostre citt, dare nuova vita a ci che scartato o abbandonato, annullando il pi possibile i processi di waste.Ma la scommessa, che pu darle una patina di effettiva innovativit, riposa nel saper rintracciare nei modi di agire delle nostre discipline progettua-li dellarchitettura, dellurbanistica e del paesaggio la capacit di far germinare nuovi cicli vitali nella natura morta dei nostri territori sempre pi cementificati (cfr. i dati impressionanti del recente rapporto ISPRA). Ho trovato sempre affascinante che quella che noi chiamiamo natura morta suoni in inglese (e ancor prima in olandese) still life, cio quie-tamente viva, o forzando letimo, proprio allopposto della definizione in uso da noi ancora viva. Potrebbe dirsi un po' il simbolo della nostra ricerca: trasformare la materia ormai inerte in risorsa per nuovi cicli di vita, al modo in cui Morandi trasfigurava le sue nature morte.Questo il significato profondo mi pare del concetto di riciclo. Come ha scritto Pippo Ciorra nellintroduzione alla sua mostra al MAXXI: ri-costruire invece di costruire: costruire sopra intorno dentro addosso, con i materiali di scarto; abitare la rovina invece di costruire; rinaturalizzare invece che riurbanizzare.

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    Il tema evidentemente tuttaltro che nuovo, ha anzi una storia antichissi-ma, come in quello stesso catalogo ha spiegato Alberto Ferlenga, ma quel che noi speriamo che porre al centro dellattenzione lidea di istituire nuovi cicli di vita per i materiali della citt e del territorio possa aiutare a superare sia le debolezze delle pratiche correnti del recupero o della mo-dificazione degli assetti urbani o paesistici, sia le logiche puramente di-fensive della tutela di quanto ha conservato maggiore integrit nel corso dei processi di trasformazione, sia i tecnicismi di interventi durgenza e di pura chirurgia accettando quindi un dialogo franco con le logiche dello sviluppo e della crescita economica, ma partendo da una ferma volont di affermare i valori di cultura intrinseca connessi ai concetti di architettu-ra, citt, paesaggio, e i valori di sostenibilit ambientale ormai irrinuncia-bili e prioritari in ogni azione progettuale e trasformativa. qui allora che il concetto di riciclo applicato ai temi dellarchitettura, della citt e del paesaggio, pu passare da puro termine tecnico a parola-chiave per cercare rinnovate strategie e strumenti (progettuali) per la ri-generazione cui aspiriamo, considerando non solo i materiali di scarto dei processi di trasformazione recente (che chiamano in causa temi ormai as-sai frequentati quali quelli delle aree e delle infrastrutture dismesse, dei wasteland, dei browneld; e daltro lato lo sprawl degli insediamenti diffusi nel territorio, con tutti gli aspetti di spreco ma pure di embodied energy che si portano dietro), ma anche gli stessi lacerti inerti delle geografie terri-toriali preesistenti coinvolte in processi di abbandono, di emarginazione e di rifiuto (quelli che la storica Antonella Tarpino ha giustamente chiamato spaesati cfr. Tarpino A., Spaesati. Luoghi dellItalia in abbandono tra me-moria e futuro, Einaudi, Torino 2012), ovvero i territori fragili, le venature dei fiumi e delle reti idrografiche, le tracce lasciate in eredit talvolta pi alle comunit che ai luoghi stessi dai cicli della storia (un riciclo pi metaforico, se si vuole, ma altrettanto strategico).Questo per chiarire che quando insistiamo sul tema del riciclo in architet-tura, citt o paesaggio sia che pensiamo a processi cosiddetti di upcyle, downcycle o hypercycle, mutuando la terminologia del riciclo ecoefficien-te sia che ci riferiamo al manifesto Cradle to cradle proposto da William McDonough assieme al chimico Michael Braungart tendiamo a trovare strumenti per innescare processi di rigenerazione (nuovi cicli di vita) sia dentro la materia stessa dellarchitettura urbana sia dentro la materia e i vuoti dello sprawl territoriale (dai capannoni pi o meno abbandonati

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    alledilizia sparsa della citt diffusa) sia dentro le tracce pi immateriali dei paesaggi dellabbandono o della memoria sia infine dentro la materia pi originariamente fondante le geografie territoriali ovvero il paesaggio come infrastruttura.In questo campo vasto di riflessione riposa la scommessa di rinvigorire quella cultura intrinseca di cui parla Armstrong, invocando un nuovo ruolo delle discipline umanistiche confrontato con la societ e le comu-nit, ossia di attivare quel riconoscimento del paesaggio in ogni luogo come elemento importante per la qualit della vita delle popolazioni: nei territori degradati come in quelli di grande qualit, nei luoghi considerati come eccezionali, come in quelli della vita quotidiana, cos come recita il preambolo della Convenzione Europea del Paesaggio.

    * Il testo ripropone l'omonimo intervento presentato in occasione del Convegno Re-cycle Italy, Universit Iuav di Venezia, Palazzo Badoer, 15 febbraio 2013, Venezia.

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    RE-CYCLE ITALY

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    Sissi Cesira Roselli, Instaproject, Brescia 2012

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    Il gruppo di ricercatori dellIuav intende affrontare la ricerca su alcuni pia-ni distinti, ma convergenti sia per lunit della ricognizione di campo sul territorio regionale veneto (con particolare attenzione alla tranche centro-orientale del bacino del Piave), assunto come laboratorio onnicompren-sivo per la sperimentazione delle strategie di riciclo urbano-paesistico, sia soprattutto per lassunzione del nuovo ciclo di vita come comune denominatore e quindi parola-chiave per lattuazione di strategie di riciclo delle risorse edilizie, urbane e paesaggistiche esistenti, puntando in ogni caso a strategie profondamente e creativamente innovative dello status quo e perci non appiattite su logiche di semplice miglioria.

    Questo generale intento applicato nella prima fase ad alcuni campi di ri-cerca su cui si sono gi compiute ricognizioni preliminari e che si cercher di far convergere in un quadro di confronto e di integrazione pi comples-so, descritte di seguito sinteticamente.

    I differenti campi di ricerca tendono a disegnare uninterpretazione com-plessa dei fenomeni di trasformazione dei territori veneti e da questa deri-

    IL VENETO COME LABORATORIO ONNICOMPRENSIVO DEL PARADIGMA RICICLOAldo Aymonino,Renato Bocchi

    >IUAV

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    vare una o pi visioni strategiche delle potenzialit trasformative fonda-bili secondo la chiave operativa del riciclo e cio listituzione di nuovi cicli di vita sia attraverso interventi mirati di agopuntura edilizia, urbana e territoriale, sia attraverso nuovi modelli di ridisegno delle realt insedia-tive esistenti.

    Campi di ricerca1. La rilevazione e la messa in valore, in un nuovo quadro di riciclo strategico, delle tracce immateriali e di memoria nonch dei reperti materiali, ereditati particolarmente nei territori che vanno dalla linea del Piave fino al Montello e allaltopiano dei Sette Comuni, e daltro lato dalla linea del Piave verso la regione friulana dai teatri di guerra (so-prattutto quelli della Grande Guerra), e dal largo patrimonio militare dismesso dopo la caduta della cortina di ferro (ricerche coordinate da Fernanda De Maio, Alberto Ferlenga, Alessandro Santarossa e altri).Lobiettivo di utilizzare questi reperti materiali o immateriali ai fini di una ri-lettura dei paesaggi che pur tenendo in conto le attivit socio-economiche contemporanee e la struttura diffusa dei nuovi inse-diamenti ridia senso e identit a tali territori (anche nella loro nuova dimensione turistica) proprio a partire da uneredit culturale radica-ta, anche se parzialmente obliterata, riconducibile alla loro particolare storia, e alla peculiare lettura a tutto campo del paesaggio e dei suoi caratteri percettivi che la strategia bellica ha di fatto disegnato quasi indelebilmente su tali territori (in quanto teatri di guerra). E ci con-siderando progetti di sistema, piuttosto che singoli interventi di riuso o recupero di specifiche aree o fabbriche abbandonate.

    2. La rilevazione e la messa in valore, in un nuovo quadro di riciclo strategico, di alcuni elementi-chiave dellinfrastruttura geografico-ambientale che caratterizza alcuni paesaggi del Veneto centro-orien-tale, con particolare attenzione al fiume Piave e al suo bacino, dallarea montana del Cadore allarea pedemontana dei colli trevigiani fino alle pianure oggetto della bonifica nei pressi della laguna veneta (ricerche coordinate da Carlo Magnani, Margherita Vanore, Stefano Rocchetto, Emanuel Lancerini). Nellindagine di questa sezione territoriale dove il fiume Piave (carico di valori simbolici, perch sacro alla Patria, e di valori storico-ambientali) ha subto un inesorabile processo di degrado

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    e di emarginazione, fino ad essere un personaggio ormai nascosto e silenzioso dei processi di assetto territoriale che riappare come prota-gonista soltanto in occasione di eventi calamitosi di dissesto idrogeo-logico lobiettivo quello di impostare strategie di riciclo strategico territoriale e paesaggistico capaci di ridare un senso e una presenza attiva al fiume nellambito di un sistema di relazioni di prossimit e pertanto entro politiche di rilancio dellinfrastruttura-paesaggio come territorio lento.

    3. La rilevazione e la messa in valore, in un nuovo quadro di riciclo strategico, dellinfrastruttura di welfare presente nellurbanizza-zione policentrica della cosiddetta citt diffusa veneta, ossia di tutte quelle attrezzature pubbliche e sociali a varie scale che si sono via via insediate spesso secondo politiche localizzative segregate ma spes-so anche secondo ipotesi innovative e sperimentali di progettazione nelle maglie slabbrate degli insediamenti diffusi (ricerche coordinate da Maria Chiara Tosi e Stefano Munarin).Lobiettivo strategico si fonda sul ripensamento radicale dei livelli di accessibilit e di interazione fra gli insediamenti e questa rete di in-frastrutture secondarie, che sia capace di ripensare il funzionamento complessivo della citt diffusa, e rimettere in discussione il suo si-stema insediativo.

    4. La rilevazione e la messa in valore, in un nuovo quadro di riciclo strategico, delle risorse territoriali della citt diffusa veneta nei suoi aspetti di tessuto residenziale e produttivo a larghe maglie, interpreta-te secondo il valore di embodied energy in esse incorporate (ricerche coordinate da Paola Vigan, Lorenzo Fabian e altri).Il progetto di un territorio consapevole del tema energetico un pro-getto di stratificazione che porta in superficie la porosit dei diversi materiali e tessuti urbani, la loro capacit di assorbire trasformazioni spaziali e costruttive: la ricerca intende mostrare non tanto ci che le diverse componenti territoriali producono nelle condizioni attuali, ma ci che potrebbero produrre se linsieme del lavoro mortoin esse materializzato fosse preso in considerazione adeguata. Molti indizi in-dicano che i luoghi dellabbandono, che hanno concluso il loro ciclo di vita potrebbero stabilire relazioni nuove con il lavoro vivo: consen-

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    tendo di adeguare labitabilit urbana e territoriale, riducendo i rischi, aumentando lefficienza, modernizzando le infrastrutture.

    5. La rilevazione e la messa in valore, in un nuovo quadro di riciclo strategico, degli spazi del lavoro abbandonati, dismessi, obsoleti o in via di metabolizzazione, dentro la trama insediativa del territorio vene-to con particolare attenzione ai territori del Veneto centro-orientale e della Pedemontana veneta (ricerche coordinate da Sara Marini, Enrico Fontanari, Renato Bocchi, Luigi Latini).Nella letteratura di settore tre traiettorie disegnano la revisione dei processi di trasformazione: i paesaggi dellabbandono, il riciclaggio dell esistente e la citt e il suo metabolismo. Si guarda ai rifiuti presenti nei territori spazi, architetture, infrastrutture inabitati, abbandonati, mai utilizzati quali brandelli di senso che chiedono un ripensamento del progetto che li ha generati; e ancora gli stessi brandelli si offrono quale materia prima da riciclare. In alcuni casi si tratta di scegliere cosa salvare, su cosa investire, da quale brandello partire per scrivere unaltra storia, spesso si tratta di decidere soltanto che cosa perdere. Ci implica mettere a punto strumenti e modelli di azione sullesisten-te capaci di indicare linee di possibile rigenerazione che ripensino radi-calmente i modi di consistere fisici e duso delle strutture esistenti e obsolete, anche riconsiderando il valore per lungo tempo trascurato del bene-paesaggio come sostanziale nel disegno dei nuovi cicli di vita.

    6. La rilevazione e la messa in valore, nellottica del riciclo, dei mo-delli di cultura materiale e delle tecnologie (low tech) connesse con le tradizioni tipologico-costruttive (ricerche coordinate da Roberta Albie-ro e Giovanni Mucelli). La pratica del riciclo, in termini pi prettamente materiali, ma an-che con riferimento a questioni pi immateriali legate alla tradizione tipologico-costruttiva, propone infatti nellambito delle ricerche oc-casionate dalla crisi ambientale, energetica ed economica un ripen-samento rivolto alla sostenibilit dei processi edilizi e insediativi, che contempla spesso la riconsiderazione di azioni capillari di educazione alla costruzione impostate su profili low cost e low tech, capaci di confrontarsi in modo rinnovato con i caratteri storico-ambientali.

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    Le ricerche suddette sono strettamente connesse alla collaborazione con alcuni partner di enti nazionali e territoriali coinvolti nella ricerca. In particolare, una strategia comune di riflessione sul campo del Veneto centrale, e connessa con il bacino del Piave, da tempo oggetto di collaborazione con la Fondazione Francesco Fabbri, con sede a Pieve di Soligo (e in particolare con gli architetti Roberto Masiero e Claudio Bertorelli, membri del comitato direttivo della Fondazione), nonch col Centro Studi Usine di Vittorio Veneto, e con i festival cui la Fondazione partecipa attivamente (in ispecie il Festival Comodamente).Forme di collaborazione sono allo studio, inoltre, sia con lAssociazione Nazionale per le Aree Dismesse (AUDIS) sia con la VESTA (azienda per lo smaltimento dei rifiuti della Provincia di Venezia) sia con altri enti territoriali del Veneto e dellEmilia-Romagna.

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    M. Armani, Madonna Bianca, Trento, anni 80

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    A far data dal Marzo 2012 il tema della Rigenerazione urbana sostenibile per citt e territori stato individuato dal progetto lanciato dagli Archi-tetti italiani assieme allAnce, Lega Ambiente ed Urban-pro, poi divenuto Patto per le Citt sottoscritto insieme a Confcommercio ed Unioncamere, come fondamentale per le politiche di sviluppo del paese, e come uno dei temi nodali per la ripresa del paese e come prossima prospettiva di lavoro per i giovani. Gli obiettivi del Piano che sta sostanziandosi in proposte pur settoriali ma idonee si basano su un progetto integrato sulla citt capace (come si evince dal documento di presentazione di Leopoldo Freyrie) di mettere assieme la rigenerazione degli spazi pubblici con il riciclo vir-tuoso di materiali e rifiuti, il risparmio energetico ed idrico con la quali-t della architettura, la mobilit intelligente e la sicurezza del costruito in uno con il recupero alla funzione urbana di aree demaniali dismesse, siano esse portuali militari, produttive od altro riconduce a riconversione qualitativa dellhabitat e nel contempo fruttuoso investimento economico.Il progetto ha avuto la adesione immediata del governo Monti con il Mini-stro alle Infrastrutture Passera ed il finanziamento interventi in 28 Comu-ni per oltre 300 milioni di euro editando una serie di interventi frutto del

    IL RI.U.SO STRATEGIA DI SVILUPPO PER LE CITT E IL PAESEGiorgio Cacciaguerra

    >UNITN

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    Piano citt. Una sorta di provvedimento tampone pubblicitario per sbloc-care il deposito di grossi progetti di trasformazione urbana in Italia da anni giacenti in ministero, nellassunta convinzione dimostrando se ve ne fosse ancora bisogno che rigenerazione e sviluppo vanno a braccetto. Un provvedimento spot, non un progetto legislativo e pianificatorio di ampio respiro.Nel Dicembre 2012 gli on. La Loggia, Lanzillotta ed altri avviano in sinergia bipartizan nelle commissioni camera e senato la proposta di legge Nor-me per il contenimento del consumo del suolo e la rigenerazione urbana proposta con alcuni spunti innovativi nei principi generali e negli articoli relativi alla perequazione urbanistica e territoriale, ai criteri di compensa-zione ed incentivazione urbanistica alla fiscalit urbanistica ed altro.Un primo tentativo legislativo organico di rivedere organicamente il mo-dello di urbanizzazione fondato sulla continua espansione edilizia in crisi irreversibile. Come indicatore dellinversione di tendenza e dellassunzione di nuove coscienza nel settore appare evidente dal fatto che nella recente campagna elettorale nei programmi di ogni partito o movimento politico erano presenti programmi inerenti politiche di risparmio del territorio e di rigenerazione urbana.Il Consiglio Nazionale Architetti Paesaggisti Pianificatori e Conservatori, partecipa al PRIN, in sinergia con il DICAM di Trento, con cui sta portando avanti una ricerca documentale con un duplice obiettivo, dun lato indivi-duare innovative procedure legislative che svincolino dalla progressivit e scalarit degli strumenti urbanistici classi della Legge Urbanistica 1150/42 che producono tempistiche bibliche, alla ricerca di percorsi snelli traspa-renti ed efficaci per la trasformazione urbana, dallaltro analizzare con attenzione le esperienze straniere poste in essere nel settore ai fini di de-finire le caratteristiche di intervento pubblico-privato tale da sostanziare impulso economico agli interventi.Rigenerazione e sviluppo economico rappresentano due aspetti sinergici che producono fruttuosi investimenti economici come ci insegnano inter-venti in essere in Germania, Svezia, Francia, ecc..I tre step della ricerca sono rivolti:

    alla definizione della attuale legislazione statale e regionale in materia urbanistica;

    alla ricerca di una proposizione legislativa esauriente con strumenti urbanistici adeguati;

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    alla analisi e codificazione degli esempi concreti di rigenerazione rea-lizzati o in corso di attuazione nelle realt europee.

    In sintesi Modi di intervento pubblico privato con ricorso alla perequazio-ne compensativa alla ricerca di soluzioni tecnico amministrative in grado di garantire unattuazione semplificata e tempi certi (Prof. Ferruccio Fa-varon). Ogni realt urbana di qualsiasi dimensione, fermo restando il dise-gno strutturale di governo del territorio, deve poter rivedere il proprio as-setto con procedure accorte ma snelle e a tempistiche contenute.

    Gruppo lavoro Dicam Trento: Cacciaguerra, Battaino, Zecchin. Gruppo lavoro CNA: Favaron, Marata, Gallione ed altri.

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    Giovanni Hnninen, Alzano, 2013

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    PAESAGGI DELLA PRODUZIONE: UNO SFONDO PROBLEMATICOIlaria Valente

    >POLIMI

    Lorizzonte problematico posto dalla ricerca pone in questione alcuni ter-mini. Innanzitutto il termine produzione ovvero la sua declinazione in spa-zio/spazi della produzione. De Certeau scrive che la logica della produzione: dal XVIII secolo genera il proprio spazio, pratico e discorsivo, a partire da punti di concentramento: lufficio, la fabbrica, la citt ricercando la pertinenza dei luoghi che essa crea (De Certeau M., Linvenzione del Tuotidiano, Edizioni Lavoro, Roma 2001, p. 281). Ci ha disposto un particolare patrimonio di manufatti, spazi aperti, suoli, infrastrutture, diversamente articolato e utilizzato nel tempo, di differente consistenza e qualit, di durata variabile.La produzione, come osserva Paola Vigan citando Carlo Cattaneo, in-corporata nello spazio urbanizzato e nei paesaggi e assume forme diffe-renziate (Recycling City, a cura di Fabian L., Giannotti E., Vigan P., Gia-vedoni, Pordenone 2012). La scelta dei casi studio che lUnit di Ricerca ha effettuato, indica la ricca, articolata e differente natura attraverso cui si concretizzano le forme della produzione. Si tratta di spazi di diversa consistenza e tipologia: dai capannoni, i cui cicli di realizzazione sono ben individuati nello scritto di Lanzani, Merlini, Zanfi, alle rovine industriali

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    che caratterizzano, secondo Zanni, gli odierni paesaggi industriali residuali. Parallelamente, reti e manufatti innervano il suolo, effettivo supporto del paesaggio produttivo. Talune reti (ferroviarie, idriche) sono oggi abbandona-te o sottoutilizzate, cos il caso del Vallo di Diano descritto da Cozza o, con diverse accentuazioni, i sistemi delle acque che caratterizzano diversi brani del paesaggio italiano trattati da Coppetti, Di Franco, Oldani. Lo spazio della produzione dunque stratificato: la differenza che definisce ogni luogo non consiste in una giustapposizione, ma assume la forma di strati embricati. Gli elementi disposti sullo stesso piano sono enumerabili; si offrono allana-lisi; formano una superficie trattabile (De Certeau M., Op. Cit., p. 281).

    Il tempo accidentato dei paesaggi produttivi Gli edifici, le reti, i manufatti che si dispongono discontinuamente nel pae-saggio italiano ne rendono manifesta anche una sostanziale diacronia. Il tempo che passa, divide o connette (e che senza dubbio non stato mai pensato) non il tempo programmato e si presenta come tempo acciden-tato (Ivi, p. 283) ovvero quello che si racconta nel discorso effettivo della citt: una favola indeterminata, meglio articolata sulle pratiche metafo-riche e su luoghi stratificati rispetto allimpero dellevidenza nella tecno-crazia funzionalista (Ivi, p. 284). Appaiono, infatti, oggi strutture spaziali che presentano differenti gradi di utilizzo e/o di obsolescenza fisica. Gli spazi della produzione, per questa concepiti e realizzati secondo precise logiche funzionaliste e tecniche, si sono offerti e si offrono oggi a diversi usi potenziali, anche secondo adattabilit diverse, come descrivono Posti-glione e Bassanelli. Spazi concepiti per essere lespressione di una logica produttiva razionalizzata e delimitata, possono divenire terreno fertile per trasformazioni progettuali che ne esprimano le potenzialit duso e per pratiche attuabili e attuate in tempi diversi, assumendo che luso non sempre determinabile a-priori ma per sua natura unattivit astuta, di-spersa, silenziosa (De Certeau M., Op. Cit., p. 281).

    Uso, consumo, produzione e la dimensione temporale del costruireDa una prima assunzione e descrizione dei casi studio emergono due questioni degne di essere approfondite, sia sotto il profilo operativo che teorico. Da un lato la dimensione temporale del costruire, dallaltro i temi correlati delluso e del consumo (di spazi, costruzioni, suoli). Si tratta di temi fondativi per il terreno dellarchitettura, da un lato, per ci che at-

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    tiene i termini della permanenza, della durata e del loro concretizzarsi nelle forme tipiche dello spazio abitato (con tutto ci che, di conseguenza, precipita nelle formulazioni teoriche disciplinari) e, dallaltro, per ci che attiene le pratiche del disegno della citt, ovvero lorizzonte della previ-sione nonch del riuso, recupero, rigenerazione dei tessuti urbani (nelle loro differenti accezioni e ricadute operative, come sottolineato da Gritti e Bovati attraverso la disamina sul riuso avviata da De Carlo).La problematica della dimensione temporale del costruire e, in particola-re, il tema del ciclo di vita connesso alle pratiche del costruire sostenibile, pone in causa una differente concezione della temporalit nelloperare progettuale (alle diverse scale).Il costruire sostenibile (dominato dalla coppia produzione/consumo) tende a prefigurare un possibile ordine basato sulla previsione e introduce nel processo progettuale scansioni valutative che ridisegnano radicalmente la stessa natura sintetica del progetto.La durata programmata delledificio, in cui il progetto tende a definire il pro-cesso di costruzione, in termini di produzione di materiali, di componenti e delledificio stesso, nonch la sua gestione (con tutte le azioni correlate per il prolungamento della vita delledificio in termini di manutenzione, riuso, recupero, conservazione) fino alla dismissione e al riciclaggio (cfr. Lavagna M., Lyfe Cycle Assesment in Edilizia, Hoepli, Milano 2008), deter-mina un salto epistemologico nella teoria e nella pratica dellarchitettura.Ci perch il progetto assume nelle sue premesse il tema del ne vita (dei materiali, dei componenti, delledificio stesso), di per s opposto alla tensione verso la permanenza che da sempre sottesa alla prassi edifi-catoria occidentale.Il progetto dunque portato ad adottare un processo eminentemente scompositivo: componenti, edifici, suoli sono considerati nella loro differen-te durabilit, parzialmente smontabili, ricomponibili, riconvertibili, vivono tempi e spazi potenzialmente diversi. Proprio per questo fondamentale comprendere quali forme siano persistenti e come possa essere diversa-mente coniugato il nesso tra forma e uso laddove entrano con prepotenza i termini della produzione (processuale) e del consumo (dissipativo).Da qui appare necessario procedere alla messa a punto di descrizioni orientate dei tessuti e dei paesaggi, per individuare strutture a differente grado di persistenza.Ci che sembra persistere, perch diversamente e continuamente inner-

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    vato, il suolo, ovvero la struttura connettiva. Supporto fragile, a rischio, come gi sottolineato: perci la ricerca prevede approfondimenti sui casi studio dagli osservatori disciplinari dedicati delle questioni relative al ciclo urbano delle acque in rapporto ai recenti processi di espansione e densi-ficazione urbana (Becciu, Lamera, Raimondi, Sanfilippo).I casi studio consentono di definire una mappatura in cui il suolo (innerva-to) viene interpretato come supporto infrastrutturato persistente da sot-toporre a cura. Parallelamente, lintervento sui tessuti mette alla prova le categorie consolidate del progetto di architettura, riportando al centro il portato della modernit (la produzione edilizia, in cui la dialettica pro-duzione/consumo prende forma nella diversa durabilit delle componenti) nelle sue conseguenze (impreviste) nella vita delledicio, la cui potenziale variabilit legata allo smontaggio-rimontaggio ciclico dei componenti e alla intensificazione duso legata alle nozioni di adattabilit e modicazione.

    I casi studio e il contesto della ricerca*La scarsit delle risorse effettivamente operabili e lincertezza dei destini riservati ai suoli, ai tessuti e ai manufatti della produzione sono i riferi-menti problematici entro i quali lUnit del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano si orientata per selezionare i casi studio cui applicare i temi della ricerca.Prioritariamente la scelta ricaduta su contesti che sono, contemporane-amente e contraddittoriamente, oggetto di processi di consumo di suolo e di fenomeni di abbandono degli spazi urbanizzati. I principali casi studio possono essere descritti attraverso una sezione tra-sversale della Valle Padana che assume come estremi significativi gli ambiti geografici dove avviene la transizione tra la pianura e i versanti pedemontani.Soggetti privilegiati di esplorazione sono quindi le aree produttive insedia-te nei fondovalle degli affluenti del Po verso larco prealpino da una parte, e verso le dorsali appenniniche dallaltra.Il bacino produttivo un tempo cementiero e poi tessile e manifatturiero della Valle Seriana in Provincia di Bergamo e il distretto ceramico di Sas-suolo in Provincia di Modena rappresentano in questo senso due campioni altamente significativi di quella speciale relazione tra contesti ambientali e geografie dei luoghi produzione potenzialmente in grado di rivelare con-sistenza e portata dei fenomeni che hanno caratterizzato lurbanizzazione recente nellintera Valle del Po.

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    Lungo questa sezione ideale non assumono rilevanza solo gli estre-mi. Un ruolo essenziale per lo svolgimento della ricerca assegnato ai territori dellarea metropolitana milanese. Qui si indagano sia le aree commerciali,direzionali e artigianali disposte negli interstizi dei grandi complessi produttivi oggi dismessi nel bacino urbano compreso tra le citt di Sesto San Giovanni e Monza, sia il vasto campionario di luoghi abbando-nati e in attesa di un diverso destino, disposti lungo il quadrante orientale della citt di Milano.A sostegno della ricerca nei casi studio primari lUnit del DAStU ha di-sposto una rete di luoghi e contesti complementari (i centri abitati e i borghi spopolati colpiti dal terremoto in Toscana, in Emilia e in Abruzzo, le reti ferroviarie abbandonate in Campania e in Liguria, i distretti della termoplastica e dellindustria motociclistica in Lombardia, i luoghi della riconversione della produzione siderurgica in Umbria).Sulla mappa del Paese ha preso cos forma una costellazione potenziale di paesaggi della produzione oggi riconoscibile grazie a corrispondenze e tra-me che gli esiti della ricerca consolideranno, preciseranno o smentiranno.A questo scopo lUnit del Politecnico di Milano ha avanzato specifici ac-cordi di collaborazione con Confindustria Bergamo e i comuni della Me-dia Valle Seriana, lAmministrazione Provinciale di Modena e il Comune di Sassuolo, lAudis e i Comuni di Sesto San Giovanni, Monza e Milano, la societ Ternienergia (per il caso studio complementare di Nera Montoro in Umbria).Allo stesso tempo unattiva politica di relazioni con lENSA di Marsiglia e di Parigi Belleville, ETSA di Valls, la TU di Berlino, lHTWK di Lipsia, la Maastricht University ha preso avvio sia per la partecipazione alla ricerca sui casi studio italiani sia per la corrispondenza tra questi e analoghe si-tuazioni proposte dai partner internazionali.

    * Testo di Andrea Gritti, responsabile Laboratorio Re-cycle Milano.

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    Andrea Delpiano, Grandi Architetture Territoriali del Piemonte

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    RICICLARE GRANDI TELAI TERRITORIALIAntonio De Rossi, Mauro Berta, Massimo Crotti

    >POLITO

    La ricerca avviata allinterno dellUnit di Torino si colloca a valle di un percorso di studi ormai da tempo attivo, che ha programmaticamente e con continuit intrecciato il tema della morfologia insediativa con le ar-mature territoriali antropiche e naturali di lunga permanenza (reti infra-strutturali, sistemi idrografici, caratteri geomorfologici, palinsesti agrari, ecc.), indagando prassi consolidate e strategie possibili di trasformazione e contribuendo a ridisegnare geografie innovative e immagini inedite del territorio piemontese. Geografie e immagini che sovente inoltre soprat-tutto nellultimo decennio hanno potuto forzare il quadro agevole, ma ri-stretto, della ricerca accademica ed approdare allinterno degli strumenti di governo del territorio alle diverse scale, arrivando a incidere di fatto sulle pratiche correnti delle trasformazioni.Alla base di queste esperienze via via accumulate resta unidea di fondo del ruolo del progetto a lungo sperimentata allinterno dei contesti pubbli-ci, soprattutto nella scuola torinese; uninterpretazione che ne depotenzia il carattere oggettuale di soluzione ad un problema dato, per privilegiarne viceversa il ruolo possibile di canovaccio (secondo la nota metafora di Roberto Gabetti e Aimaro Isola), di tavolo aperto cio, intorno al quale

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    radunare attori e razionalit differenti e sovente conflittuali materializ-zando istanze e opzioni allinterno di scenari comunicabili, sui quali misu-rare i reciproci scarti e definire strategie condivise. questo un modo di intendere lagire progettuale che acquisisce oggi, inoltre, una rilevanza particolare, in special modo a fronte dellesplosione di una crisi strutturale che travolge, oltre ai soggetti privati, il sistema stesso del welfare, rimettendo in discussione ruoli ed equilibri consolidati tra soggetti pubblici e privati e soprattutto modificando i paradigmi stessi su cui fino ad ora sono stati costruiti i modelli di sviluppo, primo fra tutti quello della disponibilit di suolo.

    Temi: Post sprawl, Nuove geografie, Post welfareLimpronta urbana ha acquisito dopo la fase esplosiva dello sprawl di-mensioni tali da far pensare che si sia giunti ormai in prossimit dei limiti teorici della sua espansione; al contempo, al suo interno sono gi attivi processi rilevanti di selezione e marginalizzazione, che preludono ad una possibile nuova modificazione territoriale.Sono gi presenti cio tutti i segnali di una riorganizzazione profonda del territorio che se da un lato mostra nuovi impulsi alla ricentralizzazione insediativa, alla specializzazione e alla ristrutturazione dei comparti pro-duttivi dallaltro evidenzia la comparsa di nuove forme di marginalit, di una vera e propria geografia dellabbandono.La contrazione forte della capacit (economica e politica) di intervento pubblico sul territorio, il sostanziale fallimento delle politiche di sviluppo tradizionali, tutte volte unicamente (o quasi) a risollevare la variabile dei consumi, costantemente vista come unico indicatore dello stato di salute della societ, e le distorsioni delle politiche fiscali degli ultimi anni hanno infine collocato di fatto il soggetto pubblico nel ruolo ambiguo di attore tra gli attori, sottraendo in parte ad esso il tradizionale compito di gestore e garante del patrimonio collettivo.In questo scenario allora immaginabile definire i termini generali di una ritirata strategica, dellurbanizzato, intesa come unopportunit per ri-pensare le modalit di progettare e costruire il territorio e per ricalibrare e riorientare i modelli di sviluppo; ma anche come una possibilit di riformu-lare radicalmente la natura stessa del progetto, ponendo al centro il suo ruolo di possibile mediazione culturale, piuttosto che quello di risposta tecnica. Un ruolo che oggi tanto pi centrale nel momento in cui emerge

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    con chiarezza (ad esempio dal DdL quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo, approvato dal Consiglio dei Ministri nel novembre 2012) la necessit di affiancare alla tradizionale interpretazione estetico-culturale della conservazione del territorio (dei palinsesti, del paesaggio) una necessaria e complementare concretezza sul piano economico, sociale e produttivo, riciclando la ri-sorsa del suolo, a lungo trattato come variabile dipendente dello sviluppo urbano, rimettendolo al centro dei sistemi economici e produttivi.Non si tratta ovviamente, bene chiarirlo, di una riedizione di procedi-menti collaudati di riuso del patrimonio edilizio dismesso, che sono stati a lungo approfonditi in altre stagioni di ricerca. Riciclare, soprattutto alla scala urbana e territoriale, attivit del tutto differente; non finalizzata alla patrimonializzazione o a trovare soluzioni specifiche a problemi con-tingenti, ma volta piuttosto ad innescare nuovi cicli di vita in cui inserire il patrimonio esistente; e soprattutto indirizzata a modificare le modalit stesse con cui si costruisce il progetto. Senza per questo ricadere in una ingenua mitizzazione della flessibilit, ma mettendo in campo una rifles-sione molto seria sugli elementi e le armature di lunga permanenza, sui processi di accumulazione e di stratificazione in atto sul territorio, sul ruo-lo strutturante che i grandi telai territoriali possono giocare nelle politiche di sviluppo urbano sostenibile.I nuovi cicli di vita di cui stiamo parlando non riguardano pertanto esclu-sivamente i materiali e gli oggetti, ma anche e soprattutto le forme e le configurazioni che il territorio conserva inscritte negli assetti insediativi consolidati, che possono diventare realmente assi portanti di una nuova politica urbana.

    Strategie progettualiCi che si sta proponendo non in definitiva banalmente la formulazione di una semplice tattica di contenimento, volta ad innestare percorsi vir-tuosi sulle pratiche ordinarie, ma piuttosto una sorta gioco di simulazio-ne di carattere molto pi radicale, che pone al centro lutilizzo esclusivo del patrimonio disponibile ed ammette come unica regola lassunzione dellesistente come materiale fondamentale di progetto.Si tratta pertanto di lavorare su strategie possibili di rimontaggio, e so-prattutto sulla definizione di processi di riconoscimento/ricomposizione/raffigurazione, andando quindi oltre ad una semplice attivit di riorganiz-

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    zazione o di risemantizzazione e risignificazione dellesistente.Occorre comprendere e dichiarare quali parti possano essere considerate struttura, in grado di perdurare nel tempo, e quali invece siano suscettibili di cambiamento o, in alternativa, di restituzione a possibili cicli di rinatu-ralizzazione: reti e linee ad esempio (gli elementi forti dellarmatura in-sediativa) si prestano a durare nel tempo, mentre i campi di questi ideali telai possono essere eventualmente una parte pi molle del tessuto, in grado di modificarsi e trasformarsi. Un cambiamento di strategia, questo, a livello delle politiche territoriali, che viene ad avere ricadute forti soprat-tutto sui meccanismi di funzionamento delle trasformazioni, sul rapporto tra soggetto pubblico e attori privati, sulle modalit di costruzione e attua-zione dei progetto, sulla percezione del paesaggio e sullo stesso apparato normativo, che necessit oggi di radicali interventi di revisione. Assume dunque importanza fondamentale la capacit di comprendere in primo luogo il valore delle grandi architetture ambientali (reti delle ac-que, corridoi ecologici, geomorfologia, ecc.) in quanto elementi primari del disegno territoriale di lunga permanenza e possibili catalizzatori di un pro-getto di riciclo in grado di rimettere in valore i sistemi ambientali del terri-torio; anche e soprattutto con una programmatica forzatura di alcuni degli schemi di pensiero correnti, laddove, ad esempio, associare la progettazio-ne urbana tradizionalmente orientata alla crescita ad una contrazione dei sistemi urbani pu apparire di primo acchito una sorta di ossimoro.

    Strumenti e sperimentazioniAllinterno della ricerca ci si propone di indirizzare lindagine sul riciclo dei telai territoriali e sulle interazioni con la morfologia insediativa a due tipi diversi di grandi telai.Il primo, di natura antropica, quello delle reti ferroviarie, le cui possibili declinazioni aprono sul territorio piemontese occasioni di riflessio-ne molto differenziate ed estremamente attuali, che vanno dalla mobilit intermodale dellArea Metropolitana Torinese al riuso dei rami secchi ferroviari nel cuneese e nel biellese, alle possibili metropolitane vallive leggere in bassa Valle di Susa e Valle dAosta, al conflitto tra grandi infra-strutture e territori marginalizzati in Alta Valle di Susa e Valle Scrivia.Il secondo, di origine naturale, quello dei sistemi idrografici, argomento che intreccia il tema pi generale delle continuit ambientali e il ruolo dei parchi come strumento di ridisegno degli assetti insediativi; ma che con-

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    sente altres di introdurre allinterno della riflessione sui cicli di vita del territorio anche il tema del rischio idrogeologico, tradizionalmente isolato nellassolutezza delle analisi quantitative, utilizzandone il dato analitico per riscrivere in parte i caratteri della geografia insediativa.

    Partner della ricercaLUnit di Torino ha avviato contatti con soggetti istituzionali, che rappresen-tano gli interlocutori fondamentali per chiarire i vari aspetti della ricerca. Allo stato attuale gli Enti partner della ricerca sono: Agenzia per la Mobilit Metropolitana Torino, Citt di Torino, Regione Piemonte, Parco fluviale del Po torinese e Parco fluviale di Gesso e Stura, Unioni di comuni. Sono inoltre attivi programmi di scambio con la South China University of Technology of Guangzhou (SCUT) e la Chinese University of Hong Kong (CUHK).

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    GENOA BELT (Basic Ecological Light Trasformation) SYSTEM

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    RECYCLE FOOTPRINT_IMPRONTA DA RICICLOMos Ricci

    >UNIGE

    Riciclare significa rimettere in circolazione, riutilizzare materiali di scarto, elementi che hanno perso valore e/o significato. una pratica che con-sente di ridurre gli sprechi, di limitare la presenza dei rifiuti, di abbattere i costi di smaltimento e di contenere quelli di produzione del nuovo. Ricicla-re vuol dire, in altri termini, creare nuovo valore e nuovo senso. Un altro ci-clo unaltra vita. In questo risiede il contenuto propulsivo del riciclaggio: unazione ecologica che spinge lesistente dentro il futuro trasformando gli scarti in figure di spicco. Larchitettura e la citt si sono sempre riciclate. Esempi come Spalato, come il Teatro di Marcello a Roma o il Duomo di Siracusa, per citare solo tre degli esempi pi eclatanti, sono manifesti del riciclo. Non si tratta di restauro: lidea della conservazione tende a imbalsamare limmagine del-lo spazio architettonico o urbano attribuendo valore allimmutabile. Per gli interventi di riciclaggio il cambiamento il valore, quando riesce a gene-rare figure come quelle che i casi citati hanno saputo esprimere. Laspetto innovativo della condizione contemporanea risiede nel considerare strate-gica questa politica per larchitettura, per la citt e per i paesaggi derelitti. Il paradigma del riciclo si contrappone a quelli della nuova costruzione

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    e della demolizione che hanno dominato il periodo della modernit, ma non banalmente. Ci che interessa in questa sede guardare solo alle esperienze che attraverso il riciclo producono cultura della citt, bellezza e qualit urbana.La pratica del riciclo degli spazi e dei tessuti urbani necessariamente contestuale e adattiva. Non si pu attuare con tecniche stereotipate o con strumenti tradizionali. Ogni luogo e ogni caso prevedono un progetto di-verso. Si potrebbe parlare di diverse tattiche che rispondono a una sola strategia dintervento. Una strategia orientata allincremento delle qualit ambientali e di paesaggio nella citt e, dallaltro lato, allerosione della densit delle funzioni metropolitane. Il concetto del riciclo implica una nuova storia e un nuovo corso. Coinvolge la narrazione pi che la misura. Il suo campo di riferimento il paesaggio, non il territorio. Lidea di ter-ritorio chiedeva allarchitettura quantit, stabilit, persistenza nel tempo e progetti come decisione autoriale, in grado di stabilire la competitivit tra i luoghi attraverso la firma dautore. Lidea di paesaggio, invece, non chiede allarchitettura tempi definiti, chiede di poter invecchiare insieme, di cambiare continuamente come continuamente i paesaggi cambiano. E chiede al progetto di essere poliarchico, deciso da molti, condiviso da tan-ti, di contribuire alla costruzione di quel paesaggio-ritratto, una bellissima immagine di Joo Nunes, che il ritratto di una societ e non di un autore.Il recycle footprint limpronta che precedenti cicli di vita di parti urba-ne dismesse o abbandonate lasciano sulla citt. Rappresenta allo stesso tempo un segno e un valore, una mappa e uno spessore. In altri termini, limpronta da riciclo il patrimonio reale che la citt che non consuma suolo pu spendere sul progetto del proprio futuro.La prima fase della nostra ricerca intende portare alla luce questa ric-chezza non riconosciuta. A Genova le aree industriali dismesse costitui-scono unopportunit reale. Si dispongono per la gran parte lungo il fascio di binari abbandonati che le irrorava in una linea intermedia tra il mare e la dorsale montuosa. Occupano una striscia continua che si insinua come una lacuna nella trama del tessuto urbano.Per dare unidea della rilevanza di questo patrimonio inutilizzato basta un esempio per tutti. Il progetto del nuovo parco scientifico tecnologico di Genova prevede la realizzazione di un nuovo complesso edilizio in cima alla collina degli Erzelli per centri pubblici e privati di formazione e ricerca da circa 104.000 mq. Nella stessa area, ma in zona pianeggiante adiacente

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    allaeroporto, alla ferrovia e al porto ci sono circa 110.000 mq di fabbricati industriali dismessi e gi pronti a un nuovo uso. In pratica si costruiscono nuovi edifici per ricercatori e studenti in cima a una collina difficilmente raggiungibile e staccata dalla citt quando la stessa superficie esiste gi, in posizione pi favorevole e a costi molto pi vantaggiosi, ma nessuno la vede.Tutto questo accade non solo perch di un tale patrimonio c poca con-sapevolezza, ma soprattutto perch nel passato recente la citt si di-sabituata a sviluppare idee per nuovi cicli di vita delle sue parti derelitte o, in altri termini, a una visione del suo futuro come risemantizzazione dellesistente.Il senso di questa ricerca proprio quello di identificare le risorse urbane sprecate e dar loro visibilit attraverso un progetto di sviluppo che dalle aree e dai fabbricati abbandonati riesca a trarre nuovi vantaggi per la citt.

    Il nostro programma di lavoro identifica tre fasi metodologiche principali. La prima appunto quella del rilevamento dellimpronta da riciclo. Il re-cycle footprint rappresenta la geografia luoghi urbani abbandonati o sot-toutilizzati e ne descrive il valore potenziale. In altri termini, per definire limpronta da riciclo occorre individuarne la forma e il peso sostenuto, stabilire in qualche modo gli ambiti e lurgenza dellintervento in relazione ai fattori strategici di convenienza o di rischio per la citt. Abbiamo indivi-duato sperimentalmente alcuni parametri essenziali per la definizione del recycle footprint della fascia di dismissione industriale lungo la ferrovia a Genova. Si tratta di indicatori di tipo quantitativo (dimensioni, dati ambien-tali, dati idrogeologici, ecc.) e qualitativo (titoli di propriet, valori urbani-stici, di mercato, di pericolosit antropica e ambientale, di vulnerabilit, ecc.). Sono parametri che tengono conto del punto di vista delle discipline del progetto (paesaggio-urbanistica-architettura) come dello studio del life cycle assessment applicato alle aree urbane e non ai fabbricati. Inoltre i parametri individuati consentiranno di studiare un sistema di calcolo dei fattori di rischio presenti nelle aree dismesse. Si possono cio individuare dei sensori, o Hazards Critical Control Points, capaci di segnalare i livelli di rischio nelle diverse aree e su dove intervenire prima.La seconda fase di lavoro quella della valorizzazione dei materiali urbani che costituiscono il recycle footprint. A Genova, nel caso studio della ricer-ca, questa operazione coincide con la messa a punto di un concetto urba-

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    no che da senso agli interventi di riciclo lungo la fascia della dismissione. La nostra idea quella di ragionare su unidea di paesaggio come nuova infrastruttura urbana. Genova un teatro di paesaggio. il paesaggio la dimensione del progetto attraverso la quale la societ genovese continua-mente si rappresenta nel teatro della citt che cambia. Una scenografia che viene interpretata ogni volta piegando le ragioni dellarchitettura allo statuto del paesaggio. Come nella Strada Nuova che da una parte ferma la topografia nella scena tragica serliana e dallaltra costringe i fabbricati a narrare il contesto adattando il proprio corpo alla sezione. O quando nella citt di inizio secolo quando il sistema delle ville-castello di Gino Copped, distende la citt sullalta via e sul lungomare aprendo la citt sul paesaggio sullArco Latino mediterraneo. O ancora nellaffresco di Piano che disten-de la citt sul mare. Larea della dismissione industriale-ferroviaria dise-gna oggi una lacerazione nella pancia di Genova che pu essere ripensata come una nuova infrastruttura ecologica. Nella nostra ipotesi la Genoa BELT (Basic Ecological Light Transformation System) una cintura verde interna che tiene insieme le diverse parti urbane rigenerandole, usa lim-pronta da riciclo come materiale di sviluppo e apre a una visione di qualit condivisa per il futuro della citt. La terza fase di lavoro consiste nella descrizione di una visione condivi-sa di nuova qualit per gli spazi del Recycle Footprint. Sar sviluppata attraverso un workshop internazionale di progettazione che coinvolger i membri dellUnit di Ricerca, i suoi partner internazionali, gli studenti delluniversit cos come esponenti dellamministrazione comunale, delle Ferrovie dello Stato, e i cittadini. Il progetto si organizzer in 5 mosse, non necessariamente consequenziali, alle quali i diversi membri del gruppo di ricerca potranno offrire le proprie competenze specifiche:

    1. Recycle Footprint: rilevamento del patrimonio industriale in disuso (terreni, infrastrutture, fabbricati).2. Recycle Concept: come si realizza la Genoa BELT. 3. Recycle Vision: proposte progettuali per le singole aree e visione complessiva del cambiamento.4. Recycle Process: elaborazione di processi progettuali e normativi. 5. Recycle Performance: valutazione qualitativa e quantitativa.

    Concepita in questo modo la strategia del riciclo pu rappresentare per Genova lo sfondo concettuale e lobiettivo generale di una serie di progetti

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    che tendono ad affermare una fase cruciale della cultura contemporanea della citt: quella del passaggio da un sistema di misure (il territorio) a un sistema di valori (il paesaggio).In questo quadro le esperienze pi interessanti sono quelle che coinvolgo-no unintera citt, che identificano unimpresa collettiva e non sporadica. Quelle che riescono a dimostrare la possibilit, la convenienza e il con-senso di uno sviluppo urbano di tipo diverso.

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    Piero Ostilio Rossi, Drosscapes-Coda della Cometa, Roma 2012

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    RE-CYCLE. CONIUGARE PROGETTO ED ECOLOGIARoberto Secchi

    >UNIROMA1

    Cosa cambia per larchitettura con la parola dordine re-cycle rispetto alle pi tradizionali riuso e recupero? Se queste ultime erano indirizzate prevalentemente allintervento sullo spazio, con re-cycle si mettono in gioco spazio e materia. Ora si passa da una visione specialistica ad una sistemica. Larchitet-tura viene pensata come attivit, tra le altre, che incide sui processi di produzione e riproduzione dellambiente considerato nella sua struttura complessa di organismo vivente. Tanto gli spazi liberati dagli edifici fati-scenti, quanto quelli recuperati attraverso operazioni di ristrutturazione e restyling, quanto gli elementi costruttivi e i materiali costituenti si pensa possano essere riutilizzati piuttosto che esser lasciati deperire o andare in discarica ed entrare cos in cicli di rigenerazione del nostro habitat. Larchitettura entra a far parte dei cicli cui soggetta la natura del no-stro pianeta. Il rapporto tra architettura e natura, considerato per secoli prevalentemente dal lato estetico ora visto in modo pi interno perch connesso allo scambio materia-energia che attraversa larchitettura.Lobiettivo del riciclo non tanto come esito della vita delle costruzioni, quanto come sua premessa programmatica impone ora una revisione

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    della concezione progettuale che rinnova lidea della indissolubilit del legame tra forma e materia.

    Il campo di applicazione della ricerca e della sperimentazione proget-tualeLa ricerca prende in considerazione un vasto settore del territorio dellarea metropolitana di Roma, quello compreso tra le ultime grandi polarit dellEUR e deIlarea Ostiense e la costa tirrenica su cui la citt prospetta. La figura della Coda della Cometa vuole sottolineare la capaci-t di visione di Marcello Piacentini che la sintetizz, riprendendo unidea che era stata formulata qualche anno prima da Gustavo Giovannoni, pre-figurando, con la Variante Generale del Piano Regolatore del 1942 (mai approvata a causa della guerra), uno sviluppo della citt verso il mare.Oggi, il progetto della Coda della Cometa deve essere ripensato come un progetto pilota per Roma indirizzato al risanamento dellambiente ed al riequilibrio tra sviluppo e consumo. La nuova sfida della modernit con-siste nel coniugare progetto ed ecologia. Non si tratta pi, infatti, di assumere un sistema di vincoli dedotti dal quadro ecologico specifico di un territorio come sfondo della progettazio-ne, ma di pensare insieme reti infrastrutturali e reti ambientali. Non si tratta di considerare ancora gli spazi urbani contrapposti agli spazi aperti. La rete ecologica investe anche la citt e lo sprawl ha prodotto il fe-nomeno della campagna urbana. Roma non sfugge a questa problematica.Il punto di vista sommariamente delineato pu avere unapplicazione particolarmente felice nel settore di territorio compreso tra la citt con-solidata e il mare, lungo la direttrice disegnata dalla valle del Tevere e dalla fascia infrastrutturale che laccompagna, per una concomitanza di favorevoli condizioni:

    - questo settore dellarea metropolitana romana destinato a costitui-re il principale asse di sviluppo della citt nella competizione urbana mondiale, infatti, comprende lhub internazionale dellaeroporto di Fiu-micino, e il sistema portuale Ostia, Fiumicino, Civitavecchia, accessi a Roma dalle rotte di navigazione aerea e marina;

    - inciso da un forte fascio infrastrutturale della mobilit e da importan-ti infrastrutture per lo smaltimento dei rifiuti e il controllo dellassetto idrologico;

    - su di esso si sono insediate in un continuo crescendo funzioni di scala

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    metropolitana;- un territorio largamente pervaso dal fenomeno dello sprawl ma con-

    serva parchi e riserve naturali, aree agricole estese e importantissime per lequilibrio ecologico della citt;

    - un territorio che, nonostante la presenza di un consistente patrimo-nio archeologico (le citt di Portus e di Ostia Antica, innanzitutto) e storico architettonico, porta gi in s i segni della modernit. I lavori della bonifica dellAgro Romano hanno lasciato tracce decisive nella definizione della sua struttura e della sua morfologia che le massicce urbanizzazioni degli ultimi tre decenni non sono valse a cancellare.

    Inquadramento del settore territoriale nella rete transnazionale delle relazioni globaliLa Coda della Cometa individua una parte della citt che si di fatto re-alizzato anche indipendentemente dalla redazione di Piani urbanistici. Ci si propone di rivisitarla alla luce della nuova sfida.Le nostre ricerche recenti e in corso, per la rimodellazione del Raccordo anulare nel quadro di un riassetto generale della mobilit del settore su-dovest-sudest dellarea metropolitana romana e per la reinterpretazione della Coda della Cometa, suggeriscono la visione di una grande croce di assi o direzioni, tracciata dal corridoio transnazionale Berlino / Paler-mo, asse infrastrutturale nord-sud dellEuropa e dal corridoio ovest-est, terra-mare, Barcellona-Marsiglia / Civitavecchia / Ancona-Pescara-Bari / Durazzo / Sofia. Questa linea parallela al corridoio transnazionale Li-sbona / Kiev; ma posta pi a sud. La croce gi tracciata in nuce, va dissepolta, fatta emergere con evidenza, bisogna darle espressione ar-chitettonica, farne la struttura segreta dei paesaggi.Ma dare espressione architettonica, plasticit fisica, a questa visione reinterpretando i paesaggi non significa consegnarsi ad un inutile e dan-noso titanismo delle infrastrutture. Non bastano pi le opere di mitiga-zione e di compensazione. Le infrastrutture verdi costituiscono un campo di sperimentazione signi-ficativo della ricerca. In esse si tenta di coniugare le esigenze della mobi-lit con quelle dellequilibrio ambientale e con la produzione di energia. necessario superare la sola logica delle mappe di rischio.Il fascio infrastrutturale che lega il centro di Roma al mare e il fiume Tevere costituisce il nodo della croce. La sua storia antica e moderna

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    offre lopportunit del disvelamento delle sue potenzialit per il progetto del futuro. Pu intendersi questo fascio infrastrutturale come armatura di una citt lineare? Si pu dare espressione architettonica al paesaggio che ne deriva?

    Indirizzi progettuali necessario progettare prioritariamente il reticolo della rete infrastrut-turale ambientale. Nel nostro caso-studio il fiume Tevere con i suoi affluenti (bacino e sot-tobacini) e il sistema dei canali di Bonifica dellAgro Romano, per quanto in parte compromesso nella propria funzionalit dai processi di urbaniz-zazione selvaggia e dalla realizzazione di grandi infrastrutture, possono costituire la matrice del progetto di riassetto idrologico e paesaggistico.Le stesse grandi infrastrutture autostradali e ferroviarie possono esse-re oggetto di operazioni tese a renderle meno impattanti e pi inserite nel sistema paesistico ambientale. Non solo con operazioni di semplice cosmesi, quali quelle praticate di solito come mitigazioni, ma con vere e proprie opere organiche alla salvaguardia dellambiente in termini di assetti geotecnici, regime delle acque, corridoi ecologici, produzione di energia. Entro questa cornice si collocano le opportunit di intervento offerte dai drosscapes, e in particolare le aree occupate da rivendite di veicoli, depositi di veicoli fuori uso e da discariche, depositi e rivendite a cielo aperto di materiali edili. Questi si trovano prevalentemente a ridos-so delle infrastrutture della mobilit, per essere accessibili in maniera agevole, ma anche poco visibili perch la loro situazione spesso poco limpida dal punto di vista della legalit urbanistica. Oppure vengono a collocarsi ai margini di insediamenti spontanei approfittando del reticolo della viabilit generato dalle lottizzazioni.Le aree prescelte dalla nostra Unit di Ricerca offrono una duplice oppor-tunit di intervento che va ascritta alle reti infrastrutturali, poich i suoli liberati dalle attivit incompatibili possono essere utilizzati per ricucire le reti ambientali, per ridurre limpatto delle infrastrutture della mobilit e per riqualificare tessuti insediativi carenti, mentre i prodotti depositati possono essere oggetto di attivit di riciclo in stabilimenti ad alta tecno-logia idonei alla loro trasformazione.

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    Note metodologiche- La natura delle problematiche che si intende trattare impongono un

    lavoro transdisciplinare. AllUnit di Ricerca spetta il compito di defi-nire unipotesi progettuale da sottoporre alla prova della falsificazione o della verificazione da parte delle competenze specialistiche, da cui trarre le indicazioni necessarie alla correzione e allaggiornamento dellipotesi, instaurando cos un processo virtuoso di successive ap-prossimazioni verso la proposta finale. Non si crede invece in un mo-dello metodologico che veda allineate tutte le competenze allorigine del processo di ricerca per la definizione dellipotesi di lavoro iniziale.

    - Per progetto pilota prodotto ultimo programmato dallUnit di Ri-cerca si intende una strategia operativa piuttosto che un progetto tradizionalmente inteso. Questa strategia impone ovviamente la cen-tralit del fattore tempo e la definizione di priorit nonch il ricorso ai principi dellecologia dellazione.

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    Studio Gasparrini, Riciclo della torre TCC della Ex Raffineria nellarea orientale di Napoli. Fotoinserimento del progetto, 2007

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    RICICLARE DROSSCAPES A NAPOLICarlo Gasparrini

    >UNINA

    La geografia del drosscape disegna un arcipelago di spazi aperti contami-nati dalle scorie del metabolismo urbano e industriale, inquinati e degra-dati da processi intensivi di modificazione ambientale, incuneati nei tessu-ti della citt consolidata e della dispersione urbana di cui configurano una porosit critica, potenzialmente disponibili tuttavia al riciclo dentro una dimensione urbana e paesaggistica delle azioni trasformative. Il danno ambientale prodotto da alcune attivit industriali, commerciali ed estratti-ve, si intreccia con quello prodotto allinterno degli spazi interstiziali della rete infrastrutturale e del suo indotto dalla logistica precaria alla rot-tamazione dei veicoli usati e le smagliature del ciclo dei rifiuti urbani e industriali in cui il segmento di quelli tossici ha assunto nel tempo una rilevanza enorme (Berger A., Drosscape. Wasting Land in Urban America, Princeton Architectural Press, New York 2007; Berger A., Systemic Design can change the world SUN, Delft 2009). La gravit ed estensione di questa situazione non mai stata tuttavia affrontata dalle politiche pubbliche aldil di azioni settoriali di messa in sicurezza e bonifica puntuale di acque e suoli e di inefficaci tentativi di razionalizzazione del ciclo dei rifiuti.

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    La dimensione territoriale e paesaggistica delle intuizioni pi che venten-nali di Kevin Lynch sul wasting away sollecita invece strategie di riciclo multiscalari, dal singolo frammento alle relazioni urbane e territoriali, capaci di interpretare linterazione tra le criticit ambientali, infrastruttu-rali e insediative e le occasioni di trasformazione per costruire paesaggi innovativi, modelli economici alternativi e cicli energetici sostenibili, den-tro scenari di rigenerazione ecologica e di riconfigurazione spaziale della citt contemporanea (Mostafavi M., Doherty G., Ecological Urbanism Lars Muller Publishers, Baden 2010). un campo di ricerca e di sperimentazione progettuale che si colloca oltre le riflessioni del landscape urbanism dellultimo decennio, mettendo in tensione i contenuti e i confini incerti delle discipline consolidate (Ferrario V., Sampieri A., Vigan P., Landscapes of urbanism, Officina edizioni, Roma 2011). Le ricadute ecologiche, ma anche urbane, produttive e di senso dei drosscapes, si estendono infatti ben aldil dei siti compromessi, coinvol-gendo una molteplicit di spazi non solo brown ma anche grey e green investiti dagli effetti della contaminazione di acqua, suolo e aria, con un ef-fetto-domino reticolare che interessa parti consistenti degli ecosistemi e dei tessuti urbani. In questo senso il riciclo interagisce strettamente con il mosaico degli spazi rurali urbani e periurbani intercettati, con la variegata e instabile nebulosa di forme della dispersione insediativa, con le reti delle acque superficiali e profonde e con quelle infrastrutturali (Blanger P., Landscape as Infrastructure, in Landscape Journal, n. 28, 2009; Blan-ger P., Landscape infrastructure: urbanism beyond engineering, in Pollalis S. N., Georgoulias A., Ramos S. J., Shodek D., Infrastructure sustainability and design, Routledge, London 2011). Il progetto di questi spazi pu definire nuove qualit eco-morfologiche e funzionali di qualit paesaggistica, sintonizzate con la complessit dei pro-cessi e dei tempi di trasformazione ambientale e riappropriazione sociale. In questo senso i nuovi luoghi che possibile intravedere possono parte-cipare ad una strategia urbana capace di delineare network paesaggistici multiscalari costituiti da spazi aperti abitati e multifunzionali (Gasparrini, C., Citt da riconoscere e reti eco-paesaggistiche, in PPC, n. 25, 2011). Il progetto deve perci fare affidamento soprattutto sulla simulazione di scenari non deterministici come parte di una pi ampia visione paesaggi-stica reticolare, in cui assumono centralit le potenzialit di rigenerazione ecologica e ridisegno urbano dello spessore tridimensionale dei nuovi

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    suoli, intesi come syntethic surfaces della citt contemporanea. Entro questi scenari possibile mettere a punto progetti e pratiche puntuali, individuare gli elementi di certezza e priorit relativi alle scelte strutturan-ti e alle componenti di maggiore persistenza, valutare contestualmente i gradi di resilienza, incertezza e flessibilit, attraverso la successione e interazione di cicli di vita, azioni progettuali e pratiche duso, anche tem-poranee e auto-rigenerative (Branzi A., Modernit debole e diffusa. Il mondo del progetto all'inizio del XXI secolo, Skira, Milano 2006; Corner J., Terra Fluxus in Waldheim C. The Landscape Urbanism Reader Princeton Archi-tectural Press, New York 2006).Questo approccio qualitativo di tipo adattivo interpreta il progetto di bo-nifica come un sostrato irrinunciabile di un pi complessivo progetto di riciclo urbano e paesaggistico ecologicamente orientato. Il processo ide-ativo e costruttivo a geometria variabile incrocia nel tempo e nello spazio interpretazioni e azioni progettuali differenziate, in grado di muoversi di-namicamente fra le scale con un continuo attraversamento bidireziona-le, mutuando molti strumenti e pratiche dalle discipline paesaggistiche (Corner J., Recovering Landscape Princeton Architectural Press, New York 1999; Waldheim C., The landscape Urbanism Reader, Princeton Architectu-ral Press, New York 2006). Si tratta di affermare unidea di progetto che sia, contemporaneamente, stratigrafico/relazionale nello spazio e resi-liente/adattativo nel tempo e che sia in grado di interpretare i rapporti dinamici prodotti dal riciclo dei drosscapes nello spessore tridimensionale suolo / sottosuolo / soprassuolo, mettendo a punto una concatenazione non lineare di azioni trasformative e gestionali.Questo approccio progettuale particolarmente pertinente nellarea ur-bana napoletana nella quale lassenza di una strategia efficace per le aree dismesse, la pervasivit chimica delle attivit agricole e il mancato con-trollo del ciclo dei rifiuti e delle acque, le dinamiche di consumo ecologico e valoriale hanno prodotto ricadute pervasive sulla rete idrografica super-ficiale, sui suoli agricoli urbani e periurbani, lungo i margini infrastrut-turali e nelle dilatazioni prodotte dalle grandi infrastrutture, infiltrandosi anche negli spazi residuali e marginali dei tessuti edificati. In cui quindi occorre coniugare la priorit di azione e di spesa nelle aree di maggiore criticit con unattesa di lunga durata in quelle comunque investite dallal-terazione ambientale, dove diviene necessario sperimentare la coesisten-za urbana con usi e forme di trattamento degli spazi adeguati alla persi-

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    stenza di condizioni di inquinamento dei suoli e delle acque (Gasparrini C., Unhappy drosscapes in Campania felix, in PPC, n. 27, 2013).La storica presenza di grandi e medie industrie dei settori pesanti, gli spazi della logistica precaria a ridosso delle aree portuali, interportuali e della grande distribuzione, quelli della rottamazione dei veicoli usati e dellagricoltura serricola a forte impatto chimico, del progressivo svuota-mento dei depositi petroliferi e soprattutto quelli sempre pi diffusi delle discariche legali e illegali accresciutesi a dismisura negli anni e la mol-teplicit di cave diffuse nel territorio metropolitano e nelle aree protet-te, definiscono una costellazione di spazi del riciclo di grande potenzia-lit per il ridisegno dello spazio urbano. Ad essi si aggiunge la domanda espressa da suoli ed edifici abbandonati a causa dellesaurimento del ci-clo edilizio turistico allinterno di estesi tessuti edificati che reclamano operazioni di razionalizzazione delle reti, rigenerazione degli spazi aperti, metamorfosi del patrimonio edilizio attraverso demolizione o usi abitativi e pubblici, stanziali o temporanei per nuove categorie dutenze. Gran par-te dei suoli, delle acque e degli spazi aperti apparentemente risparmiati dallespansione urbana dellultimo secolo, sono stati di fatto consumati da un processo di trasformazione ecologica profonda. Cos come molte aree agricole che forniscono un contributo attivo a questo processo e che comunque convivono in modo spesso precario con esso, sono in bilico tra sfruttamento chimico intensivo dei suoli e tentazioni edificatorie (Gaspar-rini C., Multiscalar and multiscapes visions to tell Naples, in Gausa M., Ricci M., MedNet, Actar-List, Trento/Barcellona 2012).Nellarea napoletana la descrizione interpretativa e la progettazione dei drosscapes operazione complessa che scaturisce da una convergenza di diversi sguardi e scale di lettura e che richiede uno sforzo di attualiz-zazione di una tradizione storica bimillenaria di straordinaria progettuali-t della bonifica e dei suoi paesaggi idraulici, agrari e urbani (Gasparrini C., Drosscape spazi aperti e progetto urbano nellarea orientale di Napoli, in L'architettura del Progetto Urbano Procedure e strumenti per la costru-zione del paesaggio urbano, a cura di Ferretti L.V., Franco Angeli, Milano 2012). Una strategia progettuale pertinente ed efficace deve quindi essere capace di delineare le interferenze ecologiche tra le diverse componenti dello spessore tridimensionale dei suoli e, allo stesso tempo, di combina-re, nella costruzione dei nuovi suoli, le scelte prioritarie e stabili connes-se alla nuova infrastrutturazione il pattern urbano-ambientale delle reti

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    dellacqua, stradali, energetiche e le tessere che si rendono progressi-vamente disponibili alluso. La definizione di componenti e strategie del ridisegno vegetale nei soprassuoli contribuisce attivamente alla progres-siva riduzione dellinquinamento con processi differenziati di fitoriparazio-ne e lagunaggio, alla formazione/ricostituzione di connessioni ecologiche, alla permanenza degli attori economici e allo sviluppo di filiere agricolo-forestali collegate allo sviluppo di processi innovativi di tipo produttivo ed energetico (agricoltura no-food, impianti di co-trigenerazione da biomas-se, attivit serricole intelligenti). Su questo sostrato possibile svilup-pare pratiche spaziali e duso alternative, connotate da mix sociali, funzio-nali e formali e dalla coesistenza temporaneit/stabilit, compatibili con le tessere di quel mosaico ed economicamente sostenibili. E dar forma quindi alla grana dei nuovi paesaggi e delle loro possibili combinazioni dassieme, in funzione dellavanzamento della bonifica e della trasforma-zione urbana e ambientale, in grado di coniugare riurbanizzazione, acces-sibilit diffusa, graduale riappropriazione sociale, economica e simbolica, qualit ecologica e formale degli spazi riciclati.

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    Barbara Lino (editing di), Hyper-cycling Palermo. I nodi del progetto,a cura del Laboratorio Re-cycle Palermo, Palermo 2013

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    PLANNING IN THE RE-CYCLE AGEMaurizio Carta

    >UNIPA

    Linterazione esplosiva tra aumento dellimpronta urbana sul pianeta e cri-si dei protocolli finanziari dello sviluppo ci impone di rivedere i paradigmi urbanistici non pi in termini di crescita, accumulo e consumo, ma proget-tando e regolando la contrazione, ladattamento e la qualit. Nella citt che si ricompatta la shrinking city le soluzioni richiedono uno sforzo creativo di interpretazione delle identit e delle risorse, di integrazione delle azioni e di riconfigurazione degli spazi liberati dal processo di riduzione, produ-cendo sistemi insediativi maggiormente relisienti, addattativi e fluidi (Coyle S.J., Sustainable and Resilient Communities: A Comprehensive Action Plan for Towns Cities and Regions, John Wiley and Sons, Hoboken 2011).Ridefinire gli ecosistemi urbani, le interazioni con i sistemi sociali e il so-stegno alleconomia e al welfare trova un campo fertile nel recupero cre-ativo dei materiali urbani. Riciclare le citt vuol dire non solo utilizzare il potenziale delle miniere urbane (Horizon 2020) ma soprattutto agire sulla innovazione dei comportamenti e dei valori della vita urbana.Per lItalia la sfida ancora pi rilevante poich il cemento avanza di 8 mq al secondo, passando dal 2,8% di suolo consumato nel 1956 allattuale 7%. Ma la questione non riguarda tanto il riutilizzo dei materiali, degli luoghi o

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    dei rottami urbani, quanto il rinnovo dei cicli (re-cycle), cio la riattivazio-ne dei territori attraverso una immissione in nuovi cicli di vita delle citt, dei tessuti insediativi, dei reticoli paesaggistici e delle reti infrastrutturali in di-smissione o in mutamento. Il re-ciclo urbano riguarda i numerosi materiali in disuso o in dismissione, ma occorre lavorare non solo sulle potenzialit materiali ma soprattutto su quelle legate alle memorie e alle identit. da queste aree che le citt del nuovo secolo dovranno ricaricare il siste-ma, per produrre nuova intelligenza a partire dalla riscrittura di righe di codice dismesse (le funzioni), banchi di memoria non utilizzati (le aree), routine urbane ancora efficienti (le infrastrutture).Le citt del futuro dovranno agire entro un Capitalismo 3.0 capace so-prattutto di ripensare il modello insediativo producendo ricicli lavorando su insediamenti urbani caratterizzati dalla eccedenza e sovrapproduzione attraverso azioni di risignificazione, di rimozione o di reinvenzione (Barnes P., Capitalism 3.0. A Guide to Reclaiming the Commons, Berret-Koehler, San Francisco 2006). Letica di una rinnovata responsabilit del progetto per cit-t vivibili, attrattive e solidali impone azioni orientate al re-ciclo che mutino le scelte prodotte dal modello di sviluppo dopato, anche attraverso una efficace fiscalit urbanistica che oneri maggiormente chi costruisce sui greenelds, incentivando e detassando chi realizza insediamenti che riatti-vino i brownelds e che alleggeriscano limpronta ecologica dei grayelds.Sullingente patrimonio di tessuti urbani, devastati dalla dismissione pro-duttiva o caratterizzati da residenza energeticamente inefficiente e struttu-ralmente insicura occorre elaborare procedure per lattivazione di pi cicli di vita contemporanei, per renderli qualitativamente connotati, creativa-mente innovativi e rispondenti tempestivamente alle esigenze di domani. Per riattivare i cicli urbani propongo sette parole-chiave per sette cicli di vita urbani da utilizzare come indirizzi meta-progettuali di una hyper-cycle city che mostra gi le prime pratiche:

    a) RE-SILIENCE. Il ciclo dell'elasticit nel quale la flessibilit delle funzioni, la permeabilit degli spazi, ladattabilit degli insediamenti e la coesio-ne sociale diventano temi/strumenti/norme del progetto della citt del futuro. Il riciclo di luoghi ed infrastrutture non solo unazione reattiva al consumo dei suoli, ma diventa unopzione progettuale che impone di ripensare luso dei suoli liberati da funzioni in disuso, di rottamare quartieri in degrado o di riutilizzare infrastrutture in dismissione per tessere una rete di resilienza delle citt in transizione (Copenhagen,

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    Saint-Kjelds Climate Adaptation District).b) RE-NOWN. Il ciclo dellidentit capace di aumentare la reputazione ur-

    bana attraverso una maggiore identificazione di abitanti ed users. La citt, tornando ad essere occasione di conoscenza e formazione della comunit, impegna gli urbanisti ad elaborare forme, luoghi e relazioni che contengano e connettano i flussi di informazione e comunicazione che essa genera con sempre maggiore frequenza, portata e velocit (Marseille, progetti per Provence Metropole e Capitale Europenne de la Culture).

    c) RE-THINK. Il ciclo della conoscenza in grado di agire sulla democra-tizzazione della comunicazione urbana, pianificando occasioni e pro-gettando luoghi in cui la conoscenza del sistema urbano esca dalle torri degli specialisti e diventi conoscenza diffusa e materiale concreto per rinnovare il patto di convivenza dei cittadini (Nantes, Quartier de la Cration).

    d) RE-SPONSIBLE. Il ciclo della democrazia in cui la comunicazione ali-menti il miglioramento dei piani, promuovendo ambienti diffusi di co-gnizione/azione pi adeguati ai bisogni sociali e ambientali contempo-ranei. La nuova etica argomentativa della pianificazione diventa veicolo di relazioni interpersonali ed attivatore di mobilitazione delle intelli-genze collettive attorno al progetto urbano attraverso la diffusione di living lab (Barcelona, LOW3).

    e) RE-MOTE. Il ciclo digitale chiede unelevata sinergia tra centralit di servizi, struttura edilizia ed innovazione tecnologica. Lopen urbanism per citt pi senzienti e dialogiche produrr tessuti urbani derivanti dal riuso sempre pi permeati da componenti digitali che interagiscono con producer e consumer, intercettando le domande dei cittadini, le loro percezioni e le loro esigenze di funzionalit e di comfort, ed arric-chendole con la domanda di democrazia e responsabilit (Paris, lincu-batore di imprese innovative CentQuatre).

    f) RE-TICULAR. Il ciclo del policentrismo proteso verso limpegno di in-serire nellarmatura urbana, ormai troppo cristallizzata, nuovi nodi di aggregazione sociale che la fluidifichino, utilizzando luoghi dellarchi-tettura intercettati nel loro mutamento e riutilizzati per occasioni di socialit come nuovi attivatori urbani. Le citt delle nuove economie arcipelago e dei rizomi sociali accelerano laffermazione di valori che permettano di produrre nuovi cicli semantici sulle aree in trasforma-

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    zione e in dismissione (Lyon, progetti per la Ville Durable).g) RE-NAISSANCE. Il ciclo delle opportunit innovative e dei nuovi mestieri

    urbani richieder sempre pi spesso non solo lesercizio della creati-vit, della visione strategica, del progetto ecologico e della gestione in-novativa, ma anche progetti integrati, tattiche lillipuziane accompagna-te da una costante valutazione degli effetti delle scelte e dal controllo delle performances (Atene, Rethink Athens per University Street).

    La rigenerazione urbana guidata dal re-ciclo dovr sottrarsi alla aporia della rana morta: lillusione dello sviluppo derivata dallesperimento set-tecentesco di Luigi Galvani sulle rane, le cui cosce dissezionate attraversa-te da una corrente elettrica si muovevano, facendo pensare che avessero preso vita e sconfitto la morte. Anche i territori in situazioni di declino, le citt sfigurate dal degrado e ferite dalla dismissione industriale hanno tentato di sconfiggere la morte attraverso limmissione di energia esogena negli organi malati. Il dinamismo indotto dallenergia progettuale o finan-ziaria ha simulato una parvenza di vitalit, spesso scambiata con il ritorno alla vita dei quartieri, con la rigenerazione dei tessuti, con la riattivazione del sistema economico o con la rinascita della citt. Nei fatti, allinterruzio-ne dellenergia esogena immessa nel progetto anche i territori rigenerati tornano ad essere desolanti luoghi del declino, spazi del degrado, simula-cri di una vita urbana.

    Hyper-cycling Palermo soprattutto nel Mezzogiorno che occorre sfuggire allillusione della re-surrezione della rana, sostituendo lenergia esogena prodotta dalla com-bustione dei suoli con lenergia vitale del capitale endogeno della riat-tivazione delle aree di re-ciclo. Serve un cambio di paradigma in cui il territorio risorsa da preservare, non solo in termini di riduzione del con-sumo, ma considerandolo un detentore di cellule di sviluppo dimenticate, sottoutilizzate o mistificate dal delirio di onnipotenza del progressismo. Le azioni orientate al re-ciclo possono riattivare i potenziali latenti o esclusi dalle scelte di un modello di sviluppo illuso dalle aporie.LUnit di Ricerca di Palermo sperimenter lattivazione di nuovi cicli lungo la costa della piattaforma tirrenica (Termini Imerese-Palermo-Trapani-Marsala) selezionando alcuni luoghi che fungeranno da laboratori di os-servazione e di progetto, articolati in 3 categorie di cicli:

    a) cicli di vita conclusi o mai nati: spazi dellabbandono e dello scarto,

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    spazi del lavoro chiusi o in chiusura, strutture non pi utilizzate o in-compiute, luoghi estinti (lex Gasometro e la costa sud a Palermo, la linea ferroviaria dismessa tra Castelbuono e Himera, lHangar Nervi a Marsala). Lup-cycle consente di riattivare i capitali identitari con nuovi layers di funzioni e senso, mutandone la logica ed investendo nel ger-me della trasformazione attraverso il bricolage degli scarti per attivare molteplici cicli (hyper-cycle).

    b) cicli di vita stagionali: il sistema delle seconde case e del turismo, ur-banizzazioni eroditrici di suolo e di paesaggio, in crisi perch ormai in vendita o perch im