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Pistole
Seg 1 JOB: 3946-13 DIANA N9 PARTE: Diana Armi_LH
Seg 1 BlackYellowMagentaCyan BOB:1740 mm STAMPA: 1226X1915 IMPO: testa 7,5 - piede 5 - cdorso 4,5 - bros 3
Walther PPQ
Diana Armi|59
Walther è un nome ben noto agli appassionati di armi. Anche nella versione polimerica e con scatto del tipo a percussore parzialmente pre-armato questa pistola, dedicata al Law Enforcement, non delude le aspettative dei fedelissimi della Casa di Ulm
di Roberto Allara
WAltheR PPQ cAlibRo 9x21
Parlando di Walther, vengono subito i mente i modelli PP, PPK e P38. Benché fosse nata nel lontano 1886 per
costruire fucili da caccia e produca ancor oggi armi da tiro accademico, il nome dell’azienda è ormai indissolu-bilmente legato alle armi corte semi-automatiche. L’avanzata tecnologia Walther nei polimeri, iniziata nel 1996 con la P99, insieme all’esperienza ma-turata in una lunga storia produttiva, si esprime in questa Police Pistol Quick-Defense, in sigla PPQ.L’arma è consegnata in una valigetta polimerica che contiene anche un cari-catore di ricambio munito di carichino per facilitare il riempimento. C’è an-che il libretto di istruzioni, in otto lingue compreso, finalmente l’italiano. E’ pur vero che la cameratura per il calibro 9x21 è realizzata specificamente per l’Italia, ma non tutti i costruttori c’era-no arrivati e spesso si vedono libretti tradotti dall’importatore su fogli sepa-rati. Nella valigetta, sotto la gommapiu-ma che ne riveste la parte superiore, c’è anche la rosata di fabbrica, di tutto rispetto per un’arma non da tiro e che, con il fusto in polimero, non beneficia adeguatamente di un ransom rest. Ad un primo esame visivo della pistola spicca la finitura marezzata dell’impu-gnatura, che sembra una leziosità ma in effetti non lo è in quanto garantisce una presa solida. Sempre ad un primo sommario esame spicca la gradita assenza di sicure manuali; esterna-mente si vede solo quella automatica al grilletto; vedremo allo smontaggio l’altro automatismo. L’arma presenta l’ormai inevitabile slitta Picatinny per il montaggio di accessori; c’è chi so-stiene che alcuni possano essere utili ma è un’affermazione che mi lascia perplesso. Si evidenziano la lunghissi-ma leva dell’hold-open, ambidestra, e il
curioso comando per l’espulsione del caricatore, anch’esso ambidestro e decisamente inconsueto. Occorre farci la mano, poi si aziona con sufficiente rapidità. Certo però che quel comando non si presta ad un cambio rapido del caricatore, specialmente se l’arma è impugnata a due mani; occorre proprio muovere l’arma nella mano forte o cer-care il comando con la mano debole.
Questione di attimi, ma gli attimi som-mandosi diventano minuti. Tuttavia questa pistola non è dedicata ad eser-cizi di tiro dinamico e si può pensare che un caricatore da 15 colpi, in una pistola che sia nelle mani di persona-le mediamente addestrato, dovrebbe essere più che sufficiente. Comunque, in una pistola che per altri versi è ec-cellente, costituisce un’incongruenza,
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Il mirino è inserito verticalmente nel carrello
La tacca di mira è regolabile con una brugola fornita con l’arma
Lo zigrino marezzato dell’impugnatura è molto efficace
La parte anteriore del guardamano, solcata orizzontalmente
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Il comando ambidestro di sgancio del caricatore
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Il grilletto presenta una sicura automatica
Al centro del mirino, un numero fa
pensare che ne esistano
diverse misure
Walther PPQ
La lunghissima leva dell’hold-open
Non poteva mancare la slitta per l’aggancio di accessori
Al centro del guardamano, il chiavistello a cavaliere per lo smontaggio
L’estrattore è insolitamente lungo e molto robusto
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La presentazione della cartuccia è molto buona
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sia pure veniale, avere la leva dell’hold-open a portata di pollice e un comando caricatore da azionare con l’indice, se non si vuole usare la mano debole. Ancora all’esame esterno si nota che l’arma ha i dorsalini intercambiabili per adattarsi alle varie mani. Lo si nota con qualche difficoltà in quanto il tutto, dorsalini e assemblaggio all’impugna-tura, è molto ben eseguito.
L’ultimo elemento da notare, prima di esaminare le mire, è il cavalierino ad U posto sul fusto, proprio sopra il guardamano e al centro di esso, che serve per lo smontaggio da campa-gna. Il guardamano è di tipo cosid-detto combat, verticale nella parte anteriore solcata da linee orizzontali. Costituisce un solido appoggio per l’indice della mano debole e non è ir-
ritante per la pelle. Gli intagli di presa sul carrello sono sia anteriori sia po-steriori e sulla parte posteriore del fu-sto una placchetta metallica affogata nel polimero riporta il numero di ma-tricola dell’arma; a sua volta riportato anche sul lato destro del carrello e sul lato visibile del blocco di culatta della canna. Quel blocco è prismatico, se-gno che l’arma funziona secondo l’ul-
Per lo smontaggio, la parte superiore dell’arma si sfila in avanti
Una serie di fori numerati per verificare il riempimento del caricatore
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Walther PPQ
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posizione di fuoco, avvertibile da un suono netto ma molto sommesso al quale bisogna prestare attenzione, avviene in pochi millimetri di corsa di ritorno del grilletto. Lo scatto, na-turalmente, avviene in doppia azione secondo un sistema che tutti fanno risalire alla Glock ma che era già pre-sente sulla pistola del 1907 di Roth e Krnka, meglio nota come Roth-Steyr. Come al solito, nulla di nuovo sotto il sole e non c’è nulla di più inedito delle soluzioni già applicate. Quello che si poteva vedere fino a questo punto è stato visto, è era di rimuovere il caricatore, che è in robusta lamiera d’acciaio e presenta sul dorso una serie di fori numerati per verificarne il riempimento, è bifilare con presen-tazione monofilare della cartuccia: il carichino agevole moltissimo il riempi-mento, che dopo la decima cartuccia, senza quell’ausilio, diventa piuttosto disagevole. Rimosso il caricatore e dopo aver controllato per le tradizio-nali due volte che l’arma sia scarica, lo smontaggio è agevole. Si tratta di abbassare, prendendolo contempora-
L’accessorio più diffuso è una torcia, in questo caso con laser
Esistono tre diversi dorsalini,
forniti con l’arma
tima versione del collaudato sistema Colt-Browning, in cui la connessione tra canna e carrello è assicurata dal contrasto del blocco di culatta con la finestra di espulsione. Si evita la fasti-diosa lavorazione di tenoni sulla can-na e recessi sul cielo del carrello che dovrebbe teoricamente fornire due punti di tenuta. Teoricamente, perché non ho ancora trovato un’arma che dall’esame dei segni lasciati sul me-tallo dai contatti tra canna e carrello dimostrasse l’assunto: ne ho sempre visto in tenuta solo uno. Le mire sono costituite da una tacca inserita a coda di rondine e regolabile in deriva con un piccolo attrezzo contenuto in una bustina di plastica all’interno della va-ligetta, recante due punti bianchi in un materiale che sembra essere lumino-so nel buio, e da un mirino che sem-bra inserito in un foro verticale del carrello e ribattuto internamente, con-trassegnato anch’esso da un punto bianco dello stesso tipo di quelli della tacca. Il mirino reca nella sua parte anteriore un numero, il che fa pensare che ve ne siano altri, intercambiabili, di altezze diverse. Facendo scattare a secco l’arma (lo so che non si dovreb-be fare ma gli scatti si provano così, eventualmente dopo aver camerato un salvapercussore) si ha una piace-vole sorpresa. La corsa del grilletto, la cui resistenza è abbastanza leggera,
è molto più corta di quanto avviene con altre realizzazioni polimeriche che condividono lo stesso impianto a per-cussore lanciato. Lo sgancio è netto e il riposizionamento dello scatto in
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L’arma in smontaggio da campagna
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neamente dai due lati, l’elemento a cavaliere posto sopra il guardamano, dopo di che si sfila verso l’avanti il gruppo carrello-canna-molla di recu-pero. L’interno del carrello denuncia la presenza di una sicura automatica al percussore, utile in assenza di si-cure manuali di maneggio dell’arma. La molla, a sezione rettangolare, è autocontenuta e non c’è nulla che possa schizzare via. La canna ma-nifesta il funzionamento sullo stile inaugurato a suo tempo dalla HP35, senza bielletta e senza asole ma con due appendici inferiori al blocco di culatta. L’interno del fusto evidenzia l’eccellente esecuzione degli elementi metallici affogati nel polimero; i segni di utensile, disposti longitudinalmen-te, sull’elemento posteriore sono evi-dentemente voluti - basta il confronto con l’elemento anteriore, senza segni
E’ stata rimossa la molla
autocontenuta
Il carrello separato dall’arma
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Le appendici della canna che consentono il funzionamento
Le parti metalliche affogate nel polimero sono molto ben eseguite
Il sistema di scatto con la molla elicoidale e un’altra a filo
Walther PPQ
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Costruttore: Walther, GermaniaDistributore: Bignami, via Lahn, 1 Ora (BZ) www.bignami.itModello: PPQCalibro: 9x21Funzionamento: semiautomaticoChiusura: geometrica sistema Colt-Browni8ng modificatoMateriale del fusto: polimeroLunghezza della canna: 102 mmRigatura: 6 righe destrorsePasso di rigatura: 250 mmSicure: al grilletto, automatica al percussoreScatto: percussore lanciato, solo doppia azioneMire: regolabiliLunghezza linea di mira: 156 mmCapacità caricatore: 15 colpiPeso a vuoto: 695 gPrezzo al pubblico suggerito: 995 Euro
scheda tecnica
La rosata di fabbrica a 25 metri
La rosata realizzata nel balipedio di Bignami
La canna ha un ben definito invito per la cameratura
di alcun genere, per rendersene con-to - e hanno la funzione di trattenere l’olio. Su quell’elemento avviene la frizione al momento in cui la canna si riposiziona e una lieve lubrificazione può essere utile. L’interno della can-na è davvero a specchio, l’esecuzione è superba al livello delle migliori rea-lizzazioni Walther per il tiro.
La prova a fuoco si è svolta nel bali-pedio interno di Bignami, in luce arti-ficiale, con cartucce Geco che vero-similmente, essendo tedesche, sono state messe a punto con l’uso di can-ne Walther. Dello scatto si è già detto; il rilevamento dell’arma è consistente ma non maggiore di quanto avviene con soluzioni tecniche consimili pro-gettate a Wiener Neustadt; la parti-colare zigrinatura dell’impugnatura è davvero efficace. Non avevo con me gli occhiali da tiro e sparare veden-doci sommariamente non è agevole: non potendo avere una collimazione davvero precisa si tira da quelle parti sperando di fare un risultato dignito-so. La rosata dimostra che da quelle parti i proiettili ci vanno davvero. 2
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