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Referendum acqua

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Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

Abrogazione

Primo quesito:

Di fronte al primo quesito viene chiesto agli elettori italiani se

abrogarenon

abrogare

il decreto Ronchi

Il Decreto Ronchi (passato con 302 voti favorevoli e 263 contrari) prevede due

modalità per la gestione dell’acqua

in via ordinaria

in via straordinaria

Privatizzazione dell’acqua

ad una società mista (pubblico-privato) nella quale il privato sia stato

scelto con gara e detenga almeno il 40%

ad un soggetto privato scelto tramite gara ad

evidenza pubblica

La gestione del servizio idrico deve

essere affidata

la gestione del servizio idrico può essere affidata (in casi eccezionali) in via diretta, vale

a dire senza gara, ad una società privata o pubblica.

In quest’ultimo caso occorre rispettare alcuni

criteri

La società deve essere “in house”, ovvero

l’ente locale esercita su di essa un controllo

molto stretto

L’ente locale deve presentare una

relazione all’Antitrust, in cui motiva la ragione dell’affidamento senza

garaL’ Antitrust deve dare il

proprio parere.

Poiché le gestioni in house sono in costante aumento, il decreto prevede che queste società

debbano decadere entro la fine del 2011, a meno che entro questa data la società che

gestisce il servizio non sia per il 40% affidata a privati.

Le società miste collocate in Borsa per poter mantenere l’affidamento del servizio

dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30%

entro il dicembre 2015.

Resta valida la legge che dice che l'acqua è una merce privata

e può essere acquistata e venduta.

Risposta NO

Risposta SI

Viene cancellata la legge facendo tornare la gestione

dell’acqua in mani pubbliche.

Riduzione degli sprechi (che oggi superano il 65%): se il prezzo aumenta la gente eviterà consumi

inutili.

I malfunzionamenti degli impianti verrebbero ridotti dalla costante manutenzione di imprese

dotate di più capitali rispetto allo Stato.

Verrebbe migliorata l’intera gestione del servizio idrico attraverso nuovi investimenti

Un bene di prima necessità sarebbe nelle mani di aziende private mosse dalla logica

del profitto

Aumenterebbero i prezzi

Diminuirebbe l’occupazione nel settore idrico

296 miliardi di metri cubi

337mila chilometri

Secondo quesito

“Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito.

Abrogazione parziale di norma”

Di fronte al secondo quesito viene chiesto agli elettori italiani se

abrogarenon

abrogare

Il comma 1 dell’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006

(c.d. Codice dell’Ambiente)

Il comma 1

dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’

“adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Questo comma permette al gestore del servizio idrico di ottenere profitti garantiti

sulla tariffa

caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a

remunerazione (ricompensa) del capitale

investito

Risposta NO

I gestori potranno acquisire un profitto sulla tariffa se investono.

Risposta SI

L’acqua è un bene comune e deve essere gestito nell’interesse di

tutti.

• Sull'Italia, certifica Eurostat, cadono in media 296 miliardi di metri cubi l'anno di pioggia (per il 42% al nord), cifra che ci mette al sesto posto in Europa dietro Francia (485), Norvegia (470), Spagna (346) e vicini a Svezia (313) e Germania (307).

• Al netto dell'evaporazione e dei deflussi abbiamo accesso a 157 miliardi di metri cubi (3mila l'anno per abitante).

PERÒ…

• … questo capitale immenso - come spesso accade nel nostro paese - non riusciamo a farlo fruttare visto che in rete pompiamo "solo" 136 metri cubi a testa ogni dodici mesi.

• Dove si perde tutto questo ben di Dio che piove dal cielo? In buona parte nei fiumi e sottoterra.

• Di 100 litri raccolti alla fonte, al rubinetto ne arrivano solo 53.

301 €

495

Europa

• Per la bolletta idrica spendiamo oggi solo lo 0,8% delle uscite mensili contro il 2% per il telefono, il 5,3% in elettricità e riscaldamento, il 14,9% per i trasporti e lo 0,9% per le sigarette.

• Per non parlare poi del più assurdo dei paradossi: in Italia una famiglia di 4 persone spende in media 340 euro l'anno in acqua minerale. 39 euro in più di quanto stanzia, lamentandosi, per quella che arriva dal rubinetto.

Si può aggiungere che

Senza il privato, il sistema pubblico dovrebbe cercare di intervenire regolando le voci di costo inutili come:• consulenze esose, • moltiplicazione di posti di lavoro in uffici

periferici e fuori controllo, • acquisti di beni a prezzi elevati. Facendo questo sarebbe più facile recuperare le risorse necessarie per investire nell’ammodernamento degli impianti.

Non sarebbe corretto invece risolvere il problema solo aumentando le tasse perché questo in Italia significherebbe fare un favore agli evasori, che ne

ricaverebbero un vantaggio doppio. Quindi no al profitto, ma sì ad una saggia

regolazione dei costi pubblici.