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SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2018 RELAZIONE DEL PRESIDENTE LUCIANA SAVAGNONE PALERMO, VILLA WHITAKER A MALFITANO 23 FEBBRAIO 2018

RELAZIONE DEL PRESIDENTE LUCIANA SAVAGNONE · Prima di iniziare la relazione, ... La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è il momento in ... fantasma e spesso già

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SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

INAUGURAZIONE

DELL’ANNO GIUDIZIARIO

2018

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

LUCIANA SAVAGNONE

PALERMO, VILLA WHITAKER A MALFITANO

23 FEBBRAIO 2018

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CORTE DEI CONTI

_______________________

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

INAUGURAZIONE

DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2018

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

LUCIANA SAVAGNONE

UDIENZA DEL 23 FEBBRAIO 2018

Palermo, Villa Whitaker a Malfitano

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| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana

2 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

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| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana

3 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Signore e signori,

in apertura di questa cerimonia porgo un saluto caloroso a tutti voi

intervenuti, autorità religiose, politiche, militari, amministrative,

accademiche, rappresentanti delle diverse magistrature, delle Istituzioni,

rappresentanti del foro, che avete voluto partecipare a questa

Inaugurazione dell'anno giudiziario, e vi ringrazio per la vostra qualificata

e numerosa presenza che conferma l’interesse per il lavoro di questa

magistratura.

Saluto e ringrazio il rappresentante del Consiglio di presidenza, prof.

Antonio Saitta, la cui partecipazione oggi attesta l’attenzione del nostro

organo di autogoverno per l’attività svolta dalla Sezione giurisdizionale

che presiedo.

Ringrazio anche il rappresentante dell'Associazione magistrati dott.

Francesco Cancilla che, insieme agli altri colleghi che fanno parte

dell’associazione, si occupa dei problemi di noi tutti magistrati contabili.

Quest’anno siamo ospiti della Fondazione Whitaker che ci ha messo

a disposizione la sua prestigiosa sede e questa magnifica sala,

testimonianza di fasti e di bellezze di altri tempi di questa nostra città.

Ringrazio, quindi, con gratitudine il Presidente, prof. Paolo

Matthiae e tutto il consiglio di Amministrazione per questo regalo che ha

voluto fare alla Corte e a tutti gli ospiti presenti.

Prima di iniziare la relazione, ho il piacere di leggere un indirizzo di

saluto che il nuovo Presidente della Corte dei conti, dott. Angelo Buscema,

manifestando la sua consueta cortesia ed interesse per la Corte che

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4 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

rappresenta, ha voluto rivolgere a tutti noi e di cui lo ringrazio

infinitamente.

Cara Presidente,

A pochi giorni dal mio insediamento quale Presidente

della Corte dei conti intendo far giungere, per tuo tramite, il mio

saluto a tutti i presenti alla cerimonia inaugurale dell'anno

giudiziario 2018.

È mio intendimento poter sottolineare, anche in questa

importante circostanza, il ruolo svolto dagli Uffici regionali della

Corte dei conti, quale presidio sul territorio a tutela degli equilibri

finanziari del pubblico Erario.

Sono convinto della importanza del ruolo che la Corte è

chiamata a svolgere nei singoli ambiti territoriali anche in sinergia

con gli Enti ad essi preposti.

Sarà mia cura, con il Vostro prezioso contributo, far sì

che la presenza della Corte assicuri sempre di più legalità e certezza

per tutti i cittadini e, di conseguenza, diventi motivo di crescita per

tutte le comunità amministrate.

Auguro a tutti un buon lavoro.

Angelo Buscema

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5 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Premessa

La cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario è il momento in

cui i magistrati sono chiamati a riferire in merito al lavoro svolto durante

l’anno appena trascorso. E’ un momento di consuntivi ed impone

pubbliche riflessioni circa l’efficienza dell’attività, da effettuare in

contraddittorio, per usare un termine processuale, con le altre parti in

causa - organo inquirente e rappresentante del libero foro - e da illustrare

dinanzi alla cittadinanza ed ai rappresentanti politici di essa, nonché agli

uffici amministrativi dell’intera regione, nell’ambito della quale la

funzione giurisdizionale viene esercitata.

E’ evidente, tuttavia, che lo scopo dell’inaugurazione non è solo

espositivo e di verifica di quanto fatto, ma deve avere un necessario

risvolto funzionale al futuro assetto della giurisdizione, per evidenziare

criticità alle quali cercare di fare fronte con opportuni correttivi.

Questo è, anche, il senso delle linee guida dettate dal Consiglio di

Presidenza della Corte dei conti in merito allo svolgimento della cerimonia,

in base alle quali la relazione del Presidente dovrà illustrare l'attività della

Sezione medesima, con cenni agli interventi legislativi e normativi che

hanno riguardato la Corte nell'ultimo anno e con l'eventuale indicazione di

indirizzi giurisprudenziali di particolare rilievo.

Occorre, in definitiva, cercare di comprendere se attraverso

l’applicazione delle norme messe a nostra disposizione dal legislatore, come

incise dalle sentenze della Corte Costituzionale, secondo i principi di diritto

espressi dalla Corte di Cassazione, che ci indica i limiti della nostra

giurisdizione, ed ancora, esaminate ed interpretate dalle sentenze delle

nostre Sezioni riunite, le cui pronunce hanno un carattere nomofilattico

espressamente voluto dal legislatore, siamo stati in grado di incidere nella

realtà che ci circonda in tutti i molteplici campi di nostra competenza, viste

le diverse tipologie di giudizi che, come è noto, vengono trattati dalle

Sezioni giurisdizionali della Corte dei conti: accertamento della

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responsabilità amministrativa, esame dei conti giudiziali, contenzioso

pensionistico, e giudizi ad istanza di parte, di contenuto vario anche se

sempre attinente alle materie della contabilità pubblica.

Nel settore relativo alla responsabilità amministrativo-contabile,

questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti nell’anno 2017 ha

pronunciato 105 sentenze di condanna nei confronti di amministratori,

pubblici dipendenti, percettori di contributi pubblici e soggetti legati alla

PA da un rapporto di servizio, per un importo complessivo di €

14.463.034,52, (oltre il doppio dell’importo delle condanne pronunciate

nell’anno precedente). Nell’ambito delle sentenze in cui si è accertata la

responsabilità amministrativa, il risarcimento è stato riconosciuto a favore

di amministrazioni statali per € 3.421.479,92, in favore della Regione e

degli enti locali per € 10.055.975,47 ed in favore di aziende sanitarie per €

888.344,56. Sono state pronunciate anche 7 sentenze di assoluzione e con

altra tipologia di sentenza sono stati definiti altri 15 giudizi.

Nelle varie fattispecie di cui ci siamo occupati, si è accertata una

sostanziale inerzia da parte delle amministrazioni a procedere ad un

controllo in merito alla spendita di denaro pubblico, così che sembra che

nessuno si accorga di chi, agendo al suo interno, sperpera, sottrae denaro,

spende male.

Anche nel complesso meccanismo della concessione del

finanziamento pubblico e specie nella fase che precede la definitiva

erogazione delle risorse economiche, che proprio per consentire

un’osservazione costante dell’attività del soggetto beneficiario vengono

corrisposte in più tranche, occorrerebbe intensificare le verifiche, al cui esito

deve essere condizionata via via l'assegnazione delle somme ed il saldo

finale.

Si assiste, invece, spesso, ad una liquidazione quasi automatica degli

importi, senza che i soggetti intermedi, preposti al controllo della

erogazione dei ratei, come ad esempio le banche o le agenzie all’uopo

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costituite nell’ipotesi di contributi agricoli, si preoccupino di svolgere la

costante attività di verifica, necessaria non solo relativamente alla fase

preliminare della concessone del contributo ma ancora di più a quella del

suo utilizzo, omettendo di segnalare le anomalie inficianti la possibilità per

il soggetto ammesso a fruire dell’agevolazione, di ottenere il pagamento

delle quote in cui quell’agevolazione era frazionata.

Tra l’altro, frequentemente accade che questo tipo di condanne,

emesse per importi considerevoli, difficilmente siano di ristoro alle

pubbliche finanze, in quanto frequentemente le risorse comunitarie sono

già state sperperate e le sentenze vengono emesse nei confronti di società

fantasma e spesso già fallite, o di soggetti altrettanto nullatenenti: si tratta

di casi in cui il giudice contabile arriva troppo tardi.

In materia di giudizi di pensione l’attività della Sezione dovrebbe

avere dato risposte concrete alle istanze dei ricorrenti, che nel corso

dell’anno hanno fatto pervenire 1.088 ricorsi. Sono state emesse, infatti,

745 sentenze, di cui 673 in materia di pensioni civili, 67 in materia di

pensioni militari e 5 in materia di pensioni di guerra, e 143 ordinanze

istruttorie.

Come risulta dai dati numerici sopra riportati, c’è stata

un’impennata nella proposizione di ricorsi pensionistici e sussiste il serio

pericolo che si riformi un arretrato patologico, come era avvenuto negli

anni passati.

Il settore certamente più critico è quello dei conti giudiziali non solo

per l’enorme numero di quelli sottoposti al nostro esame ma anche per la

varietà delle tipologie trattate, che comportano, volta per volta, un

particolare approfondimento delle tematiche e dei meccanismi di spesa.

Al primo gennaio 2017 il carico dei conti pendenti ammontava a

17.274, nel corso dell’anno sono pervenuti 2.098 nuovi conti, (ma ne sono

stati presi in carico 9.630, di cui 7.532 erano conti già presentati ma non

ancora inseriti nel sistema informatico). La Sezione ne ha definiti 7.180, di

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cui 253 con decreto di discarico e 16 con sentenza, con un ammontare

complessivo delle condanne di € 87.234,57.

Quello dei conti giudiziali è un contenzioso che appartiene alla nostra

storia ma che, via via, nel corso del tempo, è stato trascurato, così come ne

è stata sottovalutata l’importanza: sono convinta, invece, che attraverso

un attento controllo del maneggio di denaro pubblico, il giudizio di conto

potrebbe diventare un vero e proprio mezzo di verifica della correttezza

della circolazione e dell’impiego delle risorse finanziarie pubbliche.

Certo, i meccanismi processuali del giudizio dovrebbero essere rivisti,

semplificati, così come le disposizioni che disciplinano la materia adeguate

alle norme costituzionali, non solo assicurando la terzietà del giudice e

l’alterità tra soggetti del processo, ma anche tutelando il rispetto del

principio del contraddittorio e del diritto di difesa dei soggetti chiamati in

giudizio.

Come rilevato nella relazione dello scorso anno, le problematiche

evidenziate avrebbero potuto e dovuto essere affrontate e risolte

attraverso apposite previsioni normative contenute nel nuovo codice di

contabilità, alla cui predisposizione è stato dedicato il tempo ed il talento

di tanti giuristi e colleghi, ma che, tuttavia, sotto questo profilo ha

costituito un’occasione mancata.

Nel novero dei conti giudiziali rientrano, come è noto, genericamente

tutte le gestioni non solo di denaro ma anche di beni delle pubbliche

amministrazioni, cosicché le fattispecie trattate sono le più diverse,

riguardando tutti gli agenti contabili che operano per conto dello Stato,

della Regione, degli enti locali e delle Aziende sanitarie.

Con un’elencazione puramente indicativa ma non esaustiva delle

varie tipologie dei conti esaminati si possono menzionare:

le gestioni economali ed i conti dei tesorieri degli enti locali;

il conto a materia e a denaro delle targhe automobilistiche, dei

passaporti e delle carte di identità;

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9 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

il conto dei parcheggi degli enti locali e delle Aziende sanitarie;

i proventi dei tickets delle Aziende sanitarie;

i ricavi dei biglietti dei Musei regionali e dei siti archeologici;

i conti degli Istituti autonomi case popolari;

i conti dei tesorieri e degli economi dei Rettorati delle Università

degli studi.

Recentissimo è l’avvio dell’istruttoria dei conti presentati dal

Comune di Palermo relativi all’imposta di soggiorno riscossa dalle

strutture ricettive operanti a Palermo. Data la complessità delle operazioni

di verifica da condursi a carico dei singoli agenti contabili (in conformità

all’indirizzo espresso dalle SS.RR. di questa Corte dei conti con la sentenza

n. 22 del 22 settembre 2016), la Sezione, d’accordo con l’ufficio responsabile

presso il Comune di Palermo, si è avvalsa dell’ausilio della Guardia di

Finanza, cui ha conferito delega di indagine.

Riepilogato, così, brevemente il lavoro svolto, volendo fare un

bilancio dell’attività con uno sguardo rivolto al futuro, penso che si

potrebbe ottenere una maggiore tutela delle pubbliche risorse ove si

consentisse al giudice contabile di intervenire ogniqualvolta vi sia la

lesione di un interesse dell’erario, accentuando il carattere di esclusività

della sua giurisdizione, ormai abbandonato dopo la nota ordinanza n.

14792 del 2016 della Corte di Cassazione, che ha trovato sostanziale

conferma nella sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n.

28504 del 2017.

Sarebbe, altresì, necessario che il giudice contabile potesse esercitare

la sua attività con strumenti più efficaci e moderni, considerato che le

esigenze processuali non sono state per nulla soddisfatte dall’entrata in

vigore del nuovo codice di giustizia contabile che, alla prova dei fatti, ha

mostrato tutte le lacune e le incongruenze cui avevo fatto cenno nella

relazione dello scorso anno.

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10 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nella stessa ottica di modernità, sarebbe indispensabile che fosse

disciplinato compiutamente il processo digitale, come sta avvenendo in

tutte le altre giurisdizioni, strumento assolutamente imprescindibile per

consentire di velocizzare i tempi processuali e consentire un gran risparmio

di spesa.

Vorrei, infine, sottolineare che, come già altre volte ho osservato,

quando la Corte dei conti agisce per il ristoro del danno erariale, la

Pubblica Amministrazione lo ha già subìto e non sempre esso è facilmente

recuperabile. Se si vuole, allora, incidere in modo significativo nella realtà

e tutelare il patrimonio pubblico, cioè il “nostro” patrimonio, occorre che

prima di tutto all’interno della Pubblica amministrazione venga svolta

una seria attività di prevenzione, un attento controllo e monitoraggio dei

meccanismi di spesa, al fine di cercare di evitare non solo le consapevoli

appropriazioni di risorse da parte di impiegati o amministratori infedeli,

ma anche gli sperperi di denaro commessi con indifferenza e superficialità.

E’, infatti, assolutamente indispensabile che la politica e la pubblica

amministrazione imparino ad amministrare e gestire se stesse, curando, il

rispetto delle norme e delle regole che governano la loro attività,

anticipando, se possibile, gli interventi da parte della magistratura, così da

riacquistare anche credibilità nei confronti della cittadinanza.

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11 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

La legislazione

Nell’anno 2017 appena trascorso, pochissime disposizioni legislative

hanno riguardato il comparto della giurisdizionale contabile.

Tra di esse la più rilevante è certamente quella contenuta nella Legge

8 marzo 2017, n. 24, che ha ad oggetto le Disposizioni in materia di

sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di

responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie.

La vera innovazione della legge è contenuta nell’art. 7 che,

distinguendo tra la responsabilità civile della struttura e quella

dell'esercente la professione sanitaria, nei confronti del paziente, qualifica

espressamente come contrattuale quella della struttura sanitaria (sia

pubblica che privata), ed invece come extra-contrattuale, e cioè

esercitabile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., quella dell’operatore sanitario.

Le ricadute di una tale scelta legislativa, ispirate ad un consolidato

orientamento giurisprudenziale, sono evidenti sia sotto il profilo

sostanziale che processuale, per il diverso regime in materia di onere della

prova e di prescrizione.

Nell’ipotesi di responsabilità contrattuale, infatti, il debitore, che

non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del

danno, se non prova che l’inadempimento è stato determinato da

impossibilità della prestazione dovuta, derivante da causa a lui non

imputabile: l’onere della prova è, quindi, a carico del debitore, mentre il

creditore, cioè, nell’ipotesi qui esaminata, il paziente, deve dimostrare solo

l’esistenza del rapporto contrattuale ed il danno derivatogli dall’

inadempimento.

Diversamente accade in base alle note regole in materia di

responsabilità aquiliana: in tale ipotesi, infatti, è il danneggiato che deve

fornire la prova non solo del danno subito ma anche della responsabilità,

cosicché, riportando la fattispecie al rapporto medico-paziente, è

quest’ultimo che deve provare il dolo o la colpa dell’operatore sanitario e,

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non potendosi limitare semplicemente ad allegare l’inadempimento, deve

dimostrare il nesso causale tra il danno subito e l’attività svolta dal medico.

Inoltre, ulteriore sostanziale difformità tra il regime giuridico dettato

in materia di responsabilità contrattuale rispetto a quella

extracontrattuale è quello relativo al regime della prescrizione, il cui

termine è quinquennale o decennale a seconda che si tratti di responsabilità

extracontrattuale o contrattuale.

In definitiva, quindi, l’esercente la professione sanitaria si trova in

una posizione meno svantaggiata rispetto alla situazione antecedente

all’emanazione della legge, in quanto il paziente – creditore avrà interesse,

proprio per la maggiore facilità ad ottenere una pronuncia favorevole da

parte degli organi giudicanti, a citare in giudizio sempre, se non

esclusivamente, la struttura sanitaria.

La disposizione della citata legge che si occupa della azione di rivalsa

o di responsabilità amministrativa è costituita dall’art. 9 che così recita

testualmente:

1. L'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria

può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.

2. Se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del giudizio o

della procedura stragiudiziale di risarcimento del danno, l'azione di rivalsa nei

suoi confronti può essere esercitata soltanto successivamente al risarcimento

avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale ed è esercitata, a pena

di decadenza, entro un anno dall'avvenuto pagamento.

3. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro la struttura

sanitaria o sociosanitaria o contro l'impresa di assicurazione non fa stato nel

giudizio di rivalsa se l'esercente la professione sanitaria non è stato parte del

giudizio.

4. In nessun caso la transazione è opponibile all'esercente la professione

sanitaria nel giudizio di rivalsa.

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13 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

5. In caso di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal

danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica,

ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 7, o dell'esercente la professione sanitaria,

ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 7, l'azione di responsabilità

amministrativa, per dolo o colpa grave, nei confronti dell'esercente la

professione sanitaria è esercitata dal pubblico ministero presso la Corte dei

conti. Ai fini della quantificazione del danno, fermo restando quanto previsto

dall'articolo 1, comma 1-bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dall’art. 52,

secondo comma, del testo unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214,

si tiene conto delle situazioni di fatto di particolare difficoltà, anche di natura

organizzativa, della struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica, in cui

l'esercente la professione sanitaria ha operato. L'importo della condanna per la

responsabilità amministrativa e della surrogazione di cui all’articolo 1916,

primo comma, del codice civile, per singolo evento, in caso di colpa grave, non

può superare una somma pari al valore maggiore della retribuzione lorda o del

corrispettivo convenzionale conseguiti nell'anno di inizio della condotta causa

dell'evento o nell'anno immediatamente precedente o successivo, moltiplicato

per il triplo. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione

di accoglimento della domanda di risarcimento proposta dal danneggiato,

l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie o

sociosanitarie pubbliche, non può essere preposto ad incarichi professionali

superiori rispetto a quelli ricoperti e il giudicato costituisce oggetto di specifica

valutazione da parte dei commissari nei pubblici concorsi per incarichi

superiori.

6. In caso di accoglimento della domanda proposta dal danneggiato nei

confronti della struttura sanitaria o sociosanitaria privata o nei confronti

dell'impresa di assicurazione titolare di polizza con la medesima struttura, la

misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall'impresa di

assicurazione, ai sensi dell'articolo 1916, primo comma, del codice civile, per

singolo evento, in caso di colpa grave, non possono superare una somma pari

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14 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

al valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda,

conseguito nell'anno di inizio della condotta causa dell'evento o nell'anno

immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo. Il limite

alla misura della rivalsa, di cui al periodo precedente, non si applica nei

confronti degli esercenti la professione sanitaria di cui all'articolo 10, comma

2.

7. Nel giudizio di rivalsa e in quello di responsabilità amministrativa il

giudice può desumere argomenti di prova dalle prove assunte nel giudizio

instaurato dal danneggiato nei confronti della struttura sanitaria o

sociosanitaria o dell'impresa di assicurazione se l'esercente la professione

sanitaria ne è stato parte.

Si tratta di una norma che disciplina le ipotesi della c.d.

responsabilità indiretta, dettando le disposizioni attraverso le quali la

struttura sanitaria può procedere giudizialmente nei confronti del medico-

responsabile per il recupero di quanto abbia dovuto corrispondere per

ristorare il pregiudizio subito dal paziente danneggiato.

In essa vengono distinte due ipotesi, a seconda che la condanna al

risarcimento sia pronunciata nei confronti di una struttura sanitaria

privata o di una struttura sanitaria pubblica: nel primo caso è previsto che

la struttura eserciti l’azione di rivalsa; nel secondo caso verrà esperita da

parte del Pubblico ministero contabile l’azione di responsabilità

amministrativa.

Poche modifiche ha comportato l’entrata in vigore della norma

sull’impianto e sui presupposti dell’azione di responsabilità

amministrativo-contabile, qualificata in tale ipotesi dalla giurisprudenza

della Corte dei conti quale responsabilità indiretta, che il Procuratore

regionale esperisce nei confronti del sanitario: la condotta deve essere

legata al danno dal nesso di causalità; l’elemento soggettivo di tale

condotta deve essere caratterizzato da dolo o da colpa grave, escluse come

per tutti gli altri casi di responsabilità contabile, le ipotesi di mera colpa

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15 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

lieve; l’azione è subordinata alla spendita di denaro pubblico e, quindi, alla

sussistenza di un danno erariale costituito dall’avvenuto risarcimento al

danneggiato; la sentenza emessa in sede civile non fa stato nel giudizio

contabile, stante l’assoluta autonomia dei processi.

In ossequio alla tutela del diritto di difesa e nel rispetto del principio

del contraddittorio, è dettata la norma contenuta nell’ultimo comma

dell’art. 9, secondo cui sia il giudice che si occupa del giudizio di rivalsa che

quello contabile che accerta la responsabilità amministrativa hanno la

possibilità di desumere degli argomenti di prova dalle prove che sono state

assunte nel giudizio che il danneggiato ha instaurato nei confronti della

struttura sanitaria o sociosanitaria, purché però l'esercente la professione

sanitaria ne sia stato parte.

Tuttavia, rispetto alla precedente azione di responsabilità

amministrativa, la posizione del sanitario risulta alquanto alleggerita

poiché egli fruirà dei nuovi limiti fissati per la quantificazione del danno

da risarcire, corrispondente a una somma nel massimo pari a non oltre il

valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale

conseguiti nell’ anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’ anno

immediatamente precedente o successivo, moltiplicato per il triplo.

La norma, infine, introduce, per la prima volta, una speciale ipotesi

di responsabilità sanzionatoria, prevedendo che in caso di responsabilità

amministrativa, l'esercente la professione sanitaria, se è passata in

giudicato la decisione di accoglimento della domanda di risarcimento

proposta dal danneggiato, per tre anni non possa essere preposto ad

incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti. Il giudicato,

inoltre, costituisce l'oggetto di una valutazione specifica dei commissari nei

concorsi pubblici per incarichi superiori.

Con il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 74, sono state introdotte,

in attuazione dell'art. 17, comma 1, lett. r), della L. n. 124/2015, modifiche

al decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150, in materia di ottimizzazione

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16 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nella pubblica

amministrazione.

In particolare, l'art. 10 del d.lgs. n. 150/2009 è stato modificato

dall'art. 8, lett. e, del decreto legislativo in esame, con l'introduzione di una

nuova ipotesi di responsabilità tipizzata. Viene, infatti, previsto che, nei

casi in cui la mancata adozione del Piano sulla performance dipenda da

omissione o inerzia dell'organo di indirizzo politico amministrativo di

ciascuna amministrazione, l'erogazione dei trattamenti e delle premialità

collegate alla valorizzazione del merito e alla incentivazione della

produttività costituisca fonte di responsabilità amministrativa del titolare

dell'organo stesso che ha concorso alla mancata adozione del Piano,

necessario presupposto per le erogazioni in questione.

Il decreto legislativo 25 maggio 2017 n. 75, anch'esso emesso in

attuazione della L. n. 124/2015, ha introdotto modifiche al decreto

legislativo 30 marzo 2001 n. 165 in materia di riorganizzazione della

pubblica amministrazione.

In relazione alla gestione delle risorse umane e, in particolare, nella

erogazione di trattamenti economici accessori, è stato vietato alle

amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si

concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali,

continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal

committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti

posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano

responsabilità erariale.

Ancora, una ipotesi di responsabilità amministrativa c.d. tipizzata è

stata prevista nel decreto legislativo 15 settembre 2017 n. 147, recante

disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla

povertà (reddito di inclusione), che impone (art.12), al fine di prevenire e

sanzionare abusi nella erogazione dei servizi, una serie di obblighi

comunicazionali all'INPS, a carico di funzionari appartenenti alle

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17 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

amministrazioni attuatrici, finalizzati a dare luogo alle sanzioni di

decurtazione o decadenza delle prestazioni: la mancata comunicazione dà

luogo a responsabilità amministrativa, ai sensi dell'art.1 della L.14 gennaio

1994 n. 20.

A tutela dei denuncianti del danno erariale è stata emanata la legge

30 novembre 2017 n. 149, recante, appunto, disposizioni per la tutela degli

autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza

nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato. All’art. 1 di essa,

che modifica l'art. 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, si

prevede che, nel giudizio di competenza della Corte dei conti, non possa

essere rivelata la identità del dipendente pubblico che segnala illeciti, fino

alla chiusura della fase istruttoria e, cioè, sino al deposito dell'atto di

citazione in giudizio.

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18 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Le sentenze della Corte Costituzionale

Con l’Ordinanza n. 225 del 25 ottobre 2017, è stato dichiarato

ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato

sollevato dal Presidente della Repubblica nei confronti della Corte dei

conti, in relazione alla sentenza della sezione II giurisdizionale centrale

d'appello, n. 1354 del 19 dicembre 2016, nonché alla sentenza della sezione

giurisdizionale regionale per il Lazio, n. 894 del 25 settembre 2012 e di ogni

altro atto presupposto, connesso o collegato.

Il ricorrente domandava che il giudice delle leggi, previa concessione

della tutela cautelare, dichiarasse che non spettava alla Corte dei conti

esercitare, con gli atti di cui sopra, la giurisdizione sulla responsabilità

amministrativa nei confronti di dipendenti della Presidenza della

Repubblica, assimilandola impropriamente ad un'amministrazione

pubblica, in quanto così facendo avrebbe ecceduto dalle proprie

attribuzioni di cui all’art. 103, secondo comma, della Costituzione,

interferito con le attribuzioni presidenziali di cui all’art. 84, terzo comma,

Cost., e, altresì, violato la consuetudine costituzionale che riserva alla

Presidenza della Repubblica l'esclusiva disponibilità dei rimedi, anche

giurisdizionali, atti a garantire la corretta amministrazione della propria

dotazione, ed esclude la stessa Presidenza dalla giurisdizione non solo di

conto, come già affermato nella sentenza n. 129 del 1981, ma anche di

responsabilità della Corte dei conti.

La menomazione delle attribuzioni presidenziali sarebbe avvenuta,

altresì, a seguito dell’invio della nota del 22 marzo 2017 con la quale la

Procura regionale della Corte dei conti per il Lazio, oltre a trasmettere, per

l'esecuzione, la sentenza d'appello, citando l'art. 212 del Codice di giustizia

contabile, ha "invitato" la Presidenza della Repubblica a "seguire" una

"Circolare dell'Ufficio Monitoraggio sentenze di condanna della Procura

Regionale per il Lazio"

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19 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

La Corte costituzionale, in camera di consiglio e senza

contraddittorio, in sede di delibazione preliminare e interlocutoria

concernente l'esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione

spettasse alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed

oggettivi indicati dal primo comma dello stesso art. 37, impregiudicata

ogni ulteriore determinazione, ha ritenuto che nella fattispecie ricorressero

i requisiti previsti ai fini dell’ammissibilità del ricorso per conflitto di

attribuzione.

Sotto il profilo soggettivo, infatti, sarebbero pacifiche la natura di

potere dello Stato del Presidente della Repubblica e, di conseguenza, la sua

legittimazione ad avvalersi dello strumento del conflitto a tutela delle

proprie attribuzioni costituzionali, e ciò anche in relazione ai compiti,

serventi rispetto alle predette attribuzioni, svolti dal Segretariato generale

della Presidenza e dal personale ad esso addetto, come ritenuto nella

sentenza n. 129 del 1981.

Ugualmente, è stata riconosciuta la legittimazione a essere parte del

conflitto in capo alle due sezioni (sezione II giurisdizionale centrale

d'appello e sezione giurisdizionale regionale per il Lazio) della Corte dei

conti, poiché, anche nell'ambito contabile, quello giurisdizionale è un

potere diffuso.

Anche sotto il profilo oggettivo, per quanto riguarda le decisioni con

cui le due sezioni della Corte dei conti hanno affermato la propria

giurisdizione, il ricorso è stato ritenuto ammissibile, in quanto il ricorrente

non ha chiesto che le decisioni siano riesaminate, ma ha lamentato il

superamento, per mezzo di esse, dei limiti che la giurisdizione contabile di

cui all’art. 103 Cost. incontra nell'ordinamento a garanzia delle

attribuzioni costituzionali del Presidente della Repubblica, analogamente

a quanto già rilevato, in relazione ai giudizi di conto.

E’ stata ugualmente riconosciuta la legittimazione a essere parti di

conflitti di attribuzione anche in capo alle Procure regionali della Corte dei

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20 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

conti, in quanto anch'esse sono organi giurisdizionali "competenti a

dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono" e tale

conclusione può essere confermata anche in relazione ai poteri di vigilanza

e indirizzo assegnati alle Procure regionali dagli artt. 213 e seguenti del

Codice di giustizia contabile, con riguardo all'esecuzione delle sentenze di

condanna, per garantirne l'effettività.

Dal punto di vista dell’oggetto del conflitto esso è stato dichiarato

ammissibile anche in relazione alla nota della Procura regionale per il Lazio

della Corte dei conti, giacché, in relazione a tale nota, nella motivazione

del ricorso è lamentata una specifica progressione della lesione delle

attribuzioni presidenziali, per la pretesa della Procura regionale, espressa

attraverso la nota stessa, di "monitorare l'attività dell'apparato funzionale

all'esercizio delle attribuzioni del Presidente della Repubblica"

nell'esecuzione della sentenza contestualmente trasmessa.

Con la sentenza n. 257 del 6 dicembre 2017 la Corte costituzionale ha

dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell' art.

5, comma 3, lett. a), del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito con

modificazioni, dalla L.14 gennaio 1994, n. 19, nella parte in cui non prevede

che la designazione del giudice sia effettuata sulla base di criteri oggettivi

e predeterminati, sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 25,

primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione

giurisdizionale per la Puglia.

Il Giudice delle leggi ha voluto premettere che il principio del giudice

naturale precostituito per legge impone di considerare i rimedi che, sul

piano ordinamentale, possono essere apprestati al fine di dare concretezza

ed effettività al richiamato principio, senza alterare la continuità e la

tempestività della funzione giurisdizionale. In tale prospettiva, la Corte ha

richiamato il principio, da essa stessa affermato, della previa

predisposizione da parte degli organi di autogoverno delle magistrature di

criteri obiettivi per l'assegnazione degli affari e per l'esplicitazione dei

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21 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

poteri organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, ricordando, tuttavia,

che esiste, peraltro, un distinto profilo critico che riguarda l'applicazione

concreta dei criteri da parte dei dirigenti di detti uffici.

Alla duplicità di tali profili è corrispondente anche una diversità di

rimedi per i soggetti pregiudicati da un uso distorto o deviante dei criteri

di assegnazione, siano essi le parti del processo o gli stessi magistrati

destinatari dei provvedimenti assunti dai rispettivi organi di autogoverno.

Al primo profilo pertiene la verifica degli strumenti di tutela che i

vari ordinamenti processuali accordano nei confronti di tali violazioni

nell'ambito del giudizio, al secondo, invece, il sindacato sull'esercizio, ad

opera degli organi di autogoverno delle varie magistrature, del potere-

dovere di predisporre adeguati criteri obiettivi e predeterminati, con

possibilità di impulso da parte dei soggetti che se ne ritengano lesi.

In ogni caso, l'eventuale pregiudizio immediato e diretto arrecato alle

posizioni giuridiche soggettive nei confronti di modalità di assegnazione

dei giudizi lesive della sfera soggettiva dell'assegnatario, consente la

garanzia della tutela dinnanzi al giudice assicurata dal fondamentale

principio degli 24 e 113 Cost..

La giurisprudenza di legittimità, sia civile che penale, ritiene, con

orientamento consolidato, che le decisioni assunte in contrasto con le

disposizioni di assegnazione delle cause all'interno dell'ufficio non integrino

un vizio di costituzione del giudice, ma comportino una violazione di

carattere interno che, in difetto di un'espressa sanzione di nullità, non

incide sulla validità degli atti né è causa di nullità del giudizio o della

sentenza. Conforme risulta l'orientamento del giudice contabile.

In definitiva, la Corte costituzionale ha ritenuto che il remittente

avrebbe potuto rilevare d'ufficio un vizio di costituzione del giudice solo in

relazione all’art. 158 c.p.c., norma applicabile al rito contabile nei giudizi

a quibus in ragione del rinvio dinamico a suo tempo previsto, al fine di

consentire una valutazione in merito alle predette disposizioni - tanto più

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22 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

alla luce della consolidata interpretazione datane dalla giurisprudenza –

affermando, invece, l'irrilevanza processuale dei casi di assegnazione delle

cause all'interno di uno stesso ufficio, in violazione (o in difetto) di criteri

generali e predeterminati, per accertare se soddisfino o meno quell'esigenza

di prefigurare appropriati rimedi dei quali le parti e il magistrato designato

possano avvalersi con riguardo al principio di precostituzione del giudice

e, in particolare, a quelli di imparzialità e di indipendenza interna dello

stesso.

Quanto alla tematica dei criteri obiettivi e predeterminati da parte

degli organi di autogoverno per l'assegnazione degli affari e per

l'esplicitazione dei poteri organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, ha

rammentato che, diversamente da quanto previsto per gli organi di

autogoverno della giustizia ordinaria e del giudice amministrativo, gran

parte delle competenze riconosciute all'organo di autogoverno della

magistratura contabile, per effetto dell' art. 11, comma 7, della L. n. 15 del

2009, sono state trasferite a un organo monocratico, il Presidente della

Corte dei conti, qualificato "organo di governo dell'istituto", e tale

disposizione, al successivo comma 8, oltre ad aver definito il Consiglio di

presidenza della Corte dei conti non più organo di autogoverno bensì

"organo di amministrazione del personale di magistratura", afferma che lo

stesso "esercita le funzioni ad esso espressamente attribuite da norme di

legge", mentre, parallelamente, il comma 7 del medesimo articolo prevede

che il Presidente della Corte dei conti "esercita ogni altra funzione non

espressamente attribuita da norme di legge ad altri organi collegiali o

monocratici della Corte".

Ciò premesso, poiché la disposizione istitutiva dell’organo di

autogoverno della magistratura contabile (art. 10 L. n. 117/1988) richiama

solo parzialmente le attribuzioni del Consiglio di presidenza della giustizia

amministrativa, escludendo espressamente i criteri di massima per la

ripartizione degli affari consultivi e dei ricorsi, per effetto della riduttiva

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23 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

delimitazione delle funzioni a quelle sole espressamente previste dalla

legge, deve escludersi che il Consiglio di presidenza della Corte dei conti

disponga attualmente - come avviene invece per gli organi di autogoverno

delle altre magistrature - del potere di dettare i criteri di massima per la

ripartizione degli affari e la composizione dei collegi.

Ha affermato, quindi, la Corte che l'eventuale vulnus alle garanzie

assicurate dall’art. 25, primo comma, Cost., nella prospettiva

"sopravvenuta" evidenziata dallo stesso giudice a quo, andrebbe semmai

rinvenuto nel combinato disposto dell'art. 10 della L. n. 117 del 1988 e

dell’art. 11 della L. n. 15 del 2009, e non nella disposizione censurata dal

rimettente.

Nell’anno 2017 la Corte Costituzionale si è occupata più volte della

materia pensionistica.

Con la sentenza n. 148 del 23 giugno 2017, la Corte Costituzionale ha

dichiarato la inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

proposta per la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, da parte

dell’art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315, e degli artt. 204 e 205 del

D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui non prevedono che i

provvedimenti di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza

possano essere "rettificati in ogni momento da enti o fondi erogatori, in

caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione,

erogazione o riliquidazione della prestazione", secondo quanto disposto

dall' art. 52, comma 1, della L. n. 88 del 1989 per le pensioni dei lavoratori

del settore privato.

Secondo la Corte Costituzionale, l’inammissibilità della questione

deriva proprio dalla impossibilità di ritenere, la disposizione invocata nelle

ordinanze di rimessione come tertium comparationis, l'unica soluzione

regolatoria della materia, compatibile ed anzi imposta dai principi

costituzionali.

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24 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

La disciplina prevista dalla citata disposizione, infatti, nel prevedere

la possibilità di rettifica delle pensioni del settore del lavoro privato "in

ogni momento" e "in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di

attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione", non

costituirebbe quella soluzione "obbligata" della regolazione della specifica

materia in esame che, ai sensi della giurisprudenza costituzionale, deve

invece ravvisarsi nella normativa invocata in termini di tertium

comparationis.

E’ al legislatore che compete, dunque, nell'equilibrato esercizio della

sua discrezionalità, valutati tutti i diversi e spesso contrapposti valori ed

esigenze in campo, bilanciare i fattori costituzionalmente rilevanti, fissati,

in particolare, dagli artt. 3 e 97 Cost., ma anche dagli artt. 36 e 38 Cost. A

tal fine, l'intervento normativo dovrà, in particolare, armonizzare le

esigenze di ripristinare la legittimità del trattamento pensionistico con

l'opposta esigenza di tutelare, in presenza di situazioni e condizioni di

rilevanza sociale, l'affidamento del pensionato nella stabilità del suo

trattamento, decorso un lasso temporale adeguato e coerente con il

complessivo ordinamento giuridico.

Con la sentenza n. 250 del 1° dicembre 2017 la Corte Costituzionale

ha respinto tutte le censure alle disposizioni contenute nel decreto legge n.

65/2015, riguardante la perequazione dei trattamenti pensionistici.

Preliminarmente ha rilevato che non vi è stata alcuna violazione del

giudicato costituzionale contenuto nella sentenza n. 70 del 2015, in quanto

il decreto-legge n. 65 non costituisce per nulla una “mera riproduzione» del

Decreto legislativo n. 201 del 2011, avendo introdotto una disciplina

«nuova» e «diversa», ancorché temporanea, della rivalutazione

automatica delle pensioni per gli anni 2012 e 2013, riconoscendo la

rivalutazione in misura proporzionale decrescente anche alle pensioni –

prima escluse – comprese tra quelle superiori a tre volte il trattamento

minimo Inps e quelle fino a sei volte lo stesso trattamento”.

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25 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Secondo la Corte, con quel Dl il legislatore aveva fatto un «cattivo

uso» della propria discrezionalità, bilanciando in modo irragionevole

l’interesse dei pensionati alla conservazione del potere d’acquisto delle

pensioni con le esigenze finanziarie dello Stato, in quanto «aveva

irragionevolmente sacrificato il primo», in particolare quello dei titolari di

«trattamenti previdenziali modesti», in nome di esigenze finanziarie

neppure illustrate. Era, così, stato sollecitato un nuovo intervento

legislativo, in modo da bilanciare i valori e gli interessi coinvolti in modo

diverso, nei limiti di «ragionevolezza e proporzionalità», senza sacrificare

irragionevolmente nessuno dei due.

Il Dl n. 65/2015 ha seguito queste indicazioni, ovviamente con effetto

retroattivo, seppure limitatamente al biennio 2012-2013 e secondo la

Corte, il blocco della perequazione per due soli anni e il conseguente

“trascinamento” dello stesso agli anni successivi «non costituiscono un

sacrificio sproporzionato rispetto alle esigenze, di interesse generale»,

perseguite dalle disposizioni impugnate.

La sentenza ha ribadito che la rivalutazione automatica è uno

«strumento tecnico» necessario per salvaguardare le pensioni dall’erosione

del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione, e per assicurare nel tempo

il rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti di

quiescenza. Ha ribadito, anche, che va salvaguardata la garanzia di un

reddito che non comprima le esigenze di vita cui era precedentemente

commisurata la prestazione previdenziale.

È su questo «solido terreno» che il legislatore deve muoversi

bilanciando, secondo criteri non irragionevoli, i valori e gli interessi

costituzionali coinvolti: l’interesse dei pensionati a preservare il potere

d’acquisto delle proprie pensioni; le esigenze finanziarie e di equilibrio di

bilancio dello Stato.

In questo bilanciamento il legislatore, nell’esercizio della sua

discrezionalità, non può «eludere il limite della ragionevolezza», principio

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26 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

cardine intorno al quale ruotano le scelte in materia pensionistica.

Pertanto, se queste scelte si prefiggono risparmi di spesa, questi ultimi

devono essere «accuratamente motivati», e cioè «sostenuti da valutazioni

della situazione finanziaria basate su dati oggettivi». Ha ritenuto così il

giudice delle leggi che dalla Relazione tecnica e dalla Verifica delle

quantificazioni relative al Ddl di conversione del Dl n. 65/2015 emergono

«con evidenza» le esigenze finanziarie di cui ha tenuto conto il legislatore

nell’esercizio della sua discrezionalità. Esigenze che, nell’attuazione dei

principi di adeguatezza e proporzionalità dei trattamenti pensionistici,

«sono preservate attraverso un sacrificio parziale e temporaneo

dell’interesse dei pensionati a preservare il potere di acquisto dei propri

trattamenti». Ne è una conferma la scelta «non irragionevole» di

riconoscere la perequazione in misure percentuali decrescenti

all’aumentare dell’importo complessivo del trattamento pensionistico,

sino ad escluderla per quelli superiori a sei volte il minimo Inps. «Il

legislatore ha dunque destinato le limitate risorse finanziarie disponibili in

via prioritaria alle categorie di pensionati con i trattamenti pensionistici

più bassi», limitando il blocco a quelli medio-alti che, per giurisprudenza

costituzionale, hanno margini di resistenza maggiori contro gli effetti

dell’inflazione, peraltro contenuta nel biennio 2011-2012 come si ricava

dalla Relazione tecnica.

Sempre in materia pensionistica è stata emessa la sentenza n. 259 del

7 dicembre 2017, che ha deciso, dichiarandone l’infondatezza, la questione

della legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 36 e 38 Cost.,

dell'art. 220 del D.P.R. n. 1092 del 1973, come modificato dall’art. 22 della

L. 29 aprile n. 177, che nel determinare il trattamento di quiescenza degli

"iscritti al Fondo pensioni", non applicherebbe all'indennità integrativa

speciale, pur confluita nello stipendio tabellare, l'incremento del 18 per

cento previsto invece per l'ultimo stipendio e per gli assegni e per le

indennità pensionabili espressamente indicati dalla legge.

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27 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Secondo la Corte, le garanzie degli artt. 36 e 38 della Costituzione che

assicurano al lavoratore, in caso di vecchiaia, mezzi necessari adeguati alle

sue esigenze di vita e proporzionati alla quantità e alla qualità del lavoro

prestato, prevedono un rapporto di corrispondenza tra pensioni e

retribuzioni, pur tendenziale e imperfetto che deve essere preservato

mediante meccanismi di raccordo, atti a scongiurare il rischio di un

"irragionevole scostamento", sintomatico dell'inadeguatezza del

trattamento previdenziale corrisposto. In definitiva, la determinazione

della base retributiva utile ai fini del trattamento di quiescenza è rimessa

alle scelte discrezionali del legislatore, chiamato a compiere "una congrua

valutazione che contemperi le esigenze di vita dei lavoratori, che ne sono

beneficiari, e le disponibilità finanziarie" senza valicare il limite della

garanzia delle esigenze minime di protezione della persona, ed è proprio la

molteplicità delle variabili sottese a tale bilanciamento a imporre una

valutazione globale e complessiva, che non si esaurisca nella parziale

considerazione delle singole componenti. In tale ottica, è stato affermato

che il meccanismo prefigurato dalla legge, circoscritto a una singola voce

del trattamento previdenziale, non vanifica la rilevanza dell'indennità

integrativa speciale, che ha "natura retributiva" e assolve alla "funzione di

adeguamento della retribuzione al costo della vita" cosicché, pur se esclusa

dall'incremento del 18 per cento, non cessa di costituire, come parte

integrante della retribuzione, una componente utile ai fini del computo

della base pensionabile.

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28 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

La giurisdizione contabile nelle sentenze delle Sezioni

Unite della Corte di Cassazione

In materia di concessione di contributi pubblici, la Cassazione (Cass.

civ. Sez. Unite, Sent., n. 18991/2017 e n. 19088/2017) ha ribadito il principio

della sussistenza di un rapporto di servizio tra la P.A. erogatrice di un

contributo statale ed i soggetti privati. Così risponde per danno erariale

innanzi alla Corte dei conti non solo il percettore del finanziamento, ma

anche l'amministratore di una società privata di capitali destinataria di

fondi pubblici, atteso che la società beneficiaria dell'erogazione concorre

alla realizzazione del programma della P.A., instaurando con questa un

rapporto di servizio, sicché la responsabilità amministrativa attinge anche

coloro che intrattengano con la società un rapporto organico, ove dai

comportamenti da loro tenuti sia derivata la distrazione dei fondi in

questione dal fine pubblico cui erano destinati.

Nell’ipotesi di responsabilità sopra descritta, è la natura del danno

conseguente alla mancata realizzazione degli scopi perseguiti con la

contribuzione ad assumere, invero, decisiva rilevanza ai fini della

giurisdizione ((Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 21297/2017) attesa

l'irrilevanza, da un canto, della qualità del soggetto che gestisce il denaro

pubblico, il quale ben può essere un soggetto di diritto privato destinatario

della contribuzione, e, per altro verso, del titolo in base al quale la gestione

del pubblico denaro è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico

impiego o di servizio ma anche in una concessione amministrativa o in un

contratto di diritto privato, ivi compreso quello di sponsorizzazione.

Nell’ipotesi di recupero della somma finanziata, la Suprema Corte si

è occupata, altresì, della concorrenza della giurisdizione contabile con altre

giurisdizioni (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., n. 28504/2017). Sul punto ha

ricordato che, a norma dell’art. 386 c.p.c., la giurisdizione va determinata

sulla base dell'oggetto della domanda, verificato alla stregua del c.d.

"petitum sostanziale". Quest'ultimo deve essere identificato, non solo e non

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29 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice (c.d.

petitum immediato), quanto, soprattutto, in funzione della "causa

petendi", ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da

individuarsi con riguardo ai fatti allegati. Ciò premesso, non sussiste

alcuna interferenza tra la giurisdizione contabile e le altre giurisdizioni, in

quanto la giurisdizione civile e quella amministrativa, da un lato, e la

giurisdizione contabile, dall'altro, sono reciprocamente indipendenti nei

loro profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto

materiale, sottolineando, peraltro, che nessun pregiudizio può arrecare al

ricorrente l'esistenza di un doppio titolo esecutivo a suo carico, in quanto,

gli eventuali pagamenti effettuati dalla parte, in forza di un titolo

esecutivo, sarebbero comunque conteggiati in sede di esecuzione del

diverso titolo.

****

In materia di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice

contabile sulle domande risarcitorie, conseguenti all’asserito illegittimo

utilizzo dei contributi erogati ai gruppi consiliari, le Sezioni Unite della

Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 4880/2017) hanno confermato

l’orientamento giurisprudenziale già espresso in materia. La Corte, quindi,

ha affermato il principio di diritto secondo il quale la gestione dei fondi

pubblici erogati ai gruppi partitici dei consigli regionali è soggetta alla

giurisdizione della Corte dei conti, che può giudicare, quindi, sulla

responsabilità erariale del componente del gruppo autore di "spese di

rappresentanza" prive di giustificativi. Ha quindi escluso ogni rilevanza,

ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile, alla natura -

privatistica o pubblicistica - dei gruppi consiliari, attesa l'origine pubblica

delle risorse e la definizione legale del loro scopo, o il principio

dell'insindacabilità di opinioni e voti ex art. 122 Cost., comma 4, che non

può estendersi alla gestione dei contributi, attesa la natura derogatoria

delle norme di immunità.

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30 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

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In materia di danni subiti dalle società partecipate, le Sezioni Unite

della Corte di Cassazione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 11983/2017 e n.

30978/2017) hanno esplicitamente voluto premettere che la Corte dei conti

non è il giudice naturale della tutela degli interessi pubblici e della tutela

da danni pubblici (Corte cost. 5 dicembre 2010, n. 355), di modo che

l'affermazione della relativa giurisdizione richiede l'interposizione del

legislatore, che si traduce in norme che prevedono la giurisdizione contabile

in fattispecie determinate, riconoscendo che la tendenza del legislatore è

volta, già sul piano generale, a riconoscere alle società in mano pubblica lo

statuto delineato dal diritto societario, cui consegue l'assoggettamento

delle relative controversie alla giurisdizione ordinaria.

In tale cornice, le Sezioni Unite hanno già avuto numerose occasioni

per sottolineare che, nella società di diritto privato a partecipazione

pubblica, il pregiudizio patrimoniale arrecato dalla mala gestio dei suoi

organi sociali, di norma, non integra il danno erariale, in quanto si risolve

in un vulnus gravante in via diretta esclusivamente sul patrimonio della

società, soggetta alle regole di diritto privato e dotata di autonoma e

distinta personalità giuridica rispetto ai soci. Nelle particolari fattispecie

trattate nelle pronunce citate, in cui convenute in giudizio dinanzi alla

Corte dei conti erano imprese ferroviarie, è stato ribadito il principio di

diritto già espresso con la sentenza n. 1159 del 2015, emessa in relazione ad

un'azione promossa anche in quel caso dalla Procura della Corte dei conti

nei confronti di componenti del consiglio di amministrazione di s.p.a.

Ferrovie dello Stato. E’ stato, quindi, riaffermato che la fisionomia

dell'impresa ferroviaria delineata dal legislatore interno, in conformità al

diritto dell'Unione, è contrassegnata dall'indipendenza e dall'autonomia,

dall'apertura al libero mercato e dall'adozione del modello privatistico, che

non ne consentono la riconducibilità all'ente pubblico o anche alla società

in house. Si è, così, affermata la giurisdizione del giudice ordinario in base

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31 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

alla considerazione che la società in questione svolge un'attività economica

e commerciale in regime di mercato libero e la sua veste giuridica non

rappresenta un mero schermo di copertura di una struttura

amministrativa pubblica.

Circa la verifica in ordine alla ricorrenza dei requisiti propri della

società "in house", come delineati dal D.Lgs.18 agosto 2000, n. 267, art.

113, comma 5, lett. c), come modificato dall’art. 15, comma 1, lett. d), del

D.L. n. 269/2003, convertito con modificazioni nella L. n. 326/2003, la cui

sussistenza costituisce il presupposto per l'affermazione della giurisdizione

della Corte dei conti sull'azione di responsabilità esercitata nei confronti

degli organi sociali per i danni da essi cagionati al patrimonio della società,

essa deve compiersi con riguardo alle previsioni contenute nello statuto

della società al momento in cui risale la condotta ipotizzata come illecita e

non a quelle, eventualmente differenti, esistenti al momento in cui risulti

proposta la domanda di responsabilità del P.G. presso la Corte dei conti

(Cass. civ. Sez. Unite, n. 962/2017).

Nella descrizione dei requisiti necessari, la Suprema Corte si è

soffermata sulle caratteristiche del cosiddetto controllo analogo,

specificando che esso comporta che l'ente pubblico partecipante abbia

statutariamente il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative

della società in house, i cui organi amministrativi vengono pertanto a

trovarsi in posizione di vera e propria subordinazione gerarchica. Si tratta

di un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione dell'ente con

modalità non riconducibili ai diritti ed alle facoltà che normalmente

spettano al socio in base alle regole dettate dal codice civile, e sino al punto

che agli organi della società non resta affidata nessuna rilevante autonomia

gestionale.

Si è affermata, invece, la sussistenza della giurisdizione della Corte

dei Conti (Cass. civ. Sez. Unite, n. 11139/2017) quando l'azione di

responsabilità trovi fondamento nel comportamento di chi, quale

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32 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

rappresentante dell'ente partecipante o comunque titolare del potere di

decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri

diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione,

ovvero in comportamenti degli amministratori o dei sindaci tali da

compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell'ente

pubblico, strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed implicante

l'impiego di risorse pubbliche, o da arrecare direttamente pregiudizio al suo

patrimonio. In altri termini, l'azione di responsabilità per danno erariale

può configurarsi nei confronti di chi, essendone incaricato, non abbia

esercitato i poteri ed i diritti sociali spettanti al socio pubblico al fine

d'indirizzare correttamente l'azione degli organi sociali, cosicchè

appartiene alla giurisdizione della Corte dei conti la cognizione sull'azione

risarcitoria proposta nei confronti del rappresentante di un ente pubblico

non economico, titolare di una partecipazione totalitaria in una società,

che abbia esercitato, in nome e per conto dell'Ente, i diritti e le facoltà

inerenti alla posizione di socio, in modo non conforme al dovere di diligente

cura del valore di tale partecipazione, così causando un pregiudizio diretto

al patrimonio dell'Ente stesso.

****

Più volte la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di

ricorsi proposti nel presupposto che il giudice contabile avesse valicato i

limiti esterni della propria giurisdizione. Sul punto, le Sezioni Unite hanno

ripetutamente affermato che in tema di sindacabilità del difetto di

giurisdizione delle sentenze della Corte dei Conti, è inammissibile il ricorso

che si fondi su vizi processuali relativi a violazioni dei principi

costituzionali del giusto processo, quali quelli che ledono il contraddittorio

tra le parti o la loro parità di fronte al giudice o l'esercizio del diritto di

difesa, trattandosi di violazioni endoprocessuali rilevabili in ogni tipo di

giudizio, al pari di tutti gli altri "errores in procedendo" e non inerenti

all'essenza della giurisdizione o allo sconfinamento dei limiti esterni di essa,

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33 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

ma piuttosto al modo in cui è stata esercitata. (Cass. civ. Sez. Unite, n.

4221/2017; n. 18164/2017; n. 19086/2017; n. 26337/2017; n. 27092/2017; n.

27283/2017; n. 22251/2017; n. 22252/2017).

E’ stata così affermata l’inammissibilità di un ricorso avverso

l'ordinanza di una sezione giurisdizionale della Corte dei Conti che aveva

sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., un processo per responsabilità

amministrativa, avverso la quale non è stato ritenuto ammissibile il

regolamento di giurisdizione, configurandosi il potere di sospendere il

giudizio quale norma sul procedimento, come tale non sindacabile. (Cass.

civ. Sez. Unite, n. 1916/2017).

In virtù delle medesime considerazioni è stato escluso il sindacato

sulla giurisdizione (Cass. civ. Sez. Unite, n. 18164/2017) sul ricorso per

violazione di norme da parte del giudice contabile di non avere limitato la

propria statuizione, su una domanda di risarcimento del danno

all'immagine di enti pubblici, ai soli fatti costituenti delitti contro la P.A.,

accertati con sentenza passata in giudicato, trattandosi di una verifica in

merito ad una condizione di mera proponibilità dell'azione di

responsabilità, anche se sanzionata con la nullità degli atti.

Alcune fattispecie in cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione

hanno esaminato la violazione dei limiti esterni della giurisdizione hanno

riguardato la applicazione dell’art. 1, legge n. 20 del 1994, come modificato

dal D.L. n. 543 del 1996, convertito nella legge n. 639 del 1996, nella parte

in cui tale disposizione impedisce il sindacato delle scelte discrezionali

operate dall'amministrazione.

In materia di sindacabilità delle scelte discrezionali, le Sezioni Unite

(Cass. civ. Sez. Unite, n. 6820/2017) hanno affermato la possibilità di

un'estesa applicazione della L. n. 241 del 1991, le cui clausole generali

consentono in sede giurisdizionale un controllo di ragionevolezza sulle

scelte operate dalla pubblica amministrazione. Ne consegue che il criterio

di razionalità nella valutazione delle scelte cui si riferisce la giurisprudenza

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34 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

contabile non è strumento limitato all'esame del merito, che conserva la

sua rilevanza solo se inserito in un metodo di valutazione che lo individua

come summa di sintomi dell'eccesso di potere, ma investe nella sua

interezza il percorso logico seguito dall'amministrazione, onde evitare la

deviazione dell'attività amministrativa dai propri fini istituzionali, che

devono essere perseguiti nel quadro complessivo degli equilibri della

finanza pubblica cui il giudizio amministrativo-contabile è specificamente

orientato. L'irragionevolezza equivale al vizio della funzione; di contro,

l'esigenza di razionalità insita nello svolgimento della funzione

amministrativa corrisponde a correttezza e adeguatezza della funzione; di

modo che la ragionevolezza consente di verificare la completezza

dell'istruttoria, la non arbitrarietà e la proporzionalità nella ponderazione

e scelta degli interessi, nonché la logicità e l'adeguatezza della decisione

finale allo scopo da raggiungere. In questo contesto, gli obblighi di servizio

diventano obblighi di risultato e il mancato raggiungimento degli obiettivi,

laddove comporti un danno per la pubblica amministrazione e sia

imputabile al dolo o alla colpa grave degli operatori, può essere oggetto di

valutazione in sede giurisdizionale di responsabilità.

Il giudice contabile ha, per tale via, il potere di accertare tutti i fatti

e comportamenti causa di danno erariale e, pertanto, ferma restando la

scelta dell'amministratore di apprestare gli strumenti più idonei al

soddisfacimento degli obiettivi dell'ente, può valutare i modi di attuazione

delle scelte discrezionali alla luce del parametro della conformità a criteri

di efficacia ed economicità che, avendo acquistato "dignità normativa",

assumono rilevanza sul piano della legittimità e non della mera

opportunità dell'azione amministrativa.

Sulla medesima scia motivazionale si collocano altre due pronunce,

(Cass. civ. Sez. Unite, n. 29920/2017 e 29921/2017) secondo le quali, sulla

configurazione di spazi discrezionali - e quindi di aree di insindacabilità -

svolgono un essenziale effetto conformatore i principi di economicità e di

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35 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

efficacia, i quali, anche per l'attività regolata dal diritto pubblico,

costituiscono un'ulteriore limite alla libertà di valutazione conferita alla

p.a. Tali criteri non esprimono un mero ed enfatico richiamo ai principi di

legalità e di buona amministrazione contenuti nell’art. 97 Cost.. Si tratta,

infatti, non di un vincolo ad un generale dovere (quale quello del

perseguimento del pubblico interesse affidato al singolo organo

amministrativo), la cui concreta applicazione dà luogo non ad esercizio di

discrezionalità amministrativa, ma a vere e proprie regole giuridiche, la cui

inosservanza può dar luogo alla misura - correttiva o repressiva - che il

giudice deve applicare ad esito della sua verifica. Tali principi, quindi,

costituiscono una regola di legittimità dell'azione amministrativa, la cui

osservanza può essere oggetto di sindacato giurisdizionale, nel senso che lo

stesso comporta il controllo della loro concreta applicazione, essendo

estraneo alla sfera propriamente discrezionale. Il principio di

insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, quindi, non preclude al

giudice contabile di esaminare l'operato della pubblica amministrazione

con riferimento ai parametri dell'efficacia, dell'efficienza e della

economicità.

****

In tema di accertamento del rapporto di servizio dal quale possa

scaturire una responsabilità per danno erariale, la Corte di Cassazione

(Cass. civ. Sez. Unite, n. 1308/2017) ha affermato la giurisdizione della

Corte dei conti nei confronti di un direttore dei lavori, che, nell'ottica

dell'esigenza di snellimento della procedura di erogazione di un

finanziamento regionale, previa disposizione autorizzativa della Giunta,

aveva redatto e sottoscritto il certificato di regolare esecuzione dei lavori,

in sostituzione delle attività di collaudo e del relativo verbale di

accertamento da predisporre da parte dei funzionari regionali. Si era,

infatti, in questa ipotesi, realizzato quel temporaneo inserimento del

ricorrente nell'apparato organizzativo della p.a., quale organo tecnico e

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36 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

straordinario della stessa, ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza

consolidata di questa Corte a radicare la giurisdizione del giudice contabile,

senza che rilevi la circostanza che il soggetto non rivesta alcuna formale

qualifica nell'ambito della p.a., ma essendo sufficiente, in proposito, lo

svolgimento, a qualsiasi titolo, di attività riconducibili all'ente pubblico.

E’ stato, in questa fattispecie, applicato il principio consolidato per il quale

in tema di danno erariale, sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei

Conti i soggetti privati destinatari di fondi pubblici (concessi per attuare

interventi di loro interesse, ma rientranti in un piano o in un programma

che, attraverso l'erogazione di tali fondi, l'amministrazione si propone di

realizzare) i quali distolgono le risorse ottenute dalle finalità cui erano

preordinate (disponendone in modo diverso da quello preventivato o

distraendole per altre attività o ponendo in essere i presupposti per la loro

illegittima percezione), così recando all'amministrazione stessa il danno

corrispondente al mancato conseguimento degli obiettivi da essa

perseguiti.

Diversamente è stato deciso in altra fattispecie, in cui il direttore dei

lavori chiamato a rispondere del danno erariale subito dalla P.A.

committente, era stato nominato dal contraente generale per la

realizzazione delle opere (Cass. civ. Sez. Unite, n. 10231/2017).

La Suprema Corte ha voluto rammentare la natura giuridica del

rapporto contrattuale che lega la stazione appaltante al contraente

generale, al quale affida, globalmente, la "realizzazione con qualsiasi mezzo

dell'opera" (art. 176 del codice dei contratti pubblici), nel rispetto delle

esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo,

redatto e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in

parte dopo l'ultimazione dei lavori. Il g.c., assumendo tale complessiva

obbligazione di risultato, svolge anche compiti che altrimenti graverebbero

sulla stazione appaltante, esercitando vari poteri pubblicistici tali da

inserirlo funzionalmente nell'apparato organizzativo dell'ente pubblico

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37 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

appaltante, che glieli ha trasferiti, e da costituirlo, nei limiti di tale

esercizio di poteri, "agente dell'amministrazione". Ai fini del riparto di

giurisdizione occorre perciò distinguere tra le due contrapposte posizioni

che in concreto cumula il g.c. Ove si assuma che il danno derivi dalla

violazione del suo "dovere" (in senso lato) pubblicistico afferente

all'attività e alle funzioni svolte come "agente dell'amministrazione

pubblica", la cognizione dell'azione di responsabilità intentata dall'ente

pubblico spetta alla giurisdizione della Corte dei conti, in ragione del

temporaneo rapporto di servizio pubblico sorto per effetto dell'esercizio di

quei poteri. Ove, invece, si assuma che il danno derivi dall'inadempimento

delle obbligazioni poste a carico del g.c. come "controparte contrattuale

dell'amministrazione pubblica", cosi da squilibrare il sinallagma

contrattuale (o, può qui aggiungersi, da un mero illecito

extracontrattuale), la cognizione dell'azione di responsabilità o risarcitoria

spetta alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, in ragione del

non venire in rilievo l'esercizio di poteri pubblicistici tale da far sorgere un

temporaneo rapporto di servizio con l'ente pubblico.

Con riferimento alla responsabilità del direttore dei lavori per

l'attività da lui svolta, è stato osservato che, nel caso di nomina effettuata

dalla stazione appaltante, il direttore dei lavori può ritenersi

temporaneamente inserito nell'apparato dell'ente pubblico appaltante,

quale organo tecnico e straordinario di esso, prendendo la veste di "agente

dell'amministrazione". In questo caso la cognizione della correlativa azione

di responsabilità intentata per conto dell'amministrazione pubblica spetta

alla giurisdizione della Corte dei conti, in ragione del suddetto temporaneo

rapporto di servizio con l'ente pubblico. Nel caso, invece, di nomina

effettuata dal contraente generale, il direttore dei lavori non "esplica alcun

potere autoritativo nei confronti del medesimo contraente generale" per il

quale opera e non può ritenersi temporaneamente e funzionalmente

inserito nell'apparato organizzativo dell'ente pubblico appaltante.

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38 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Conseguentemente, ove si assuma che il danno derivi dall'esercizio

dell'incarico di direttore, la cognizione della correlativa azione di

responsabilità intentata per conto dell'amministrazione pubblica spetta

alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, in ragione

dell'inesistenza di un rapporto di servizio, ancorchè temporaneo, con l'ente

pubblico e dell'esistenza di un rapporto privatistico di prestazione d'opera

intellettuale tra g.c. e direttore.

Sempre in materia di rapporto di servizio, ne è stata ritenuta la

sussistenza in quello che si instaura tra il concessionario delle attività di

accertamento e riscossione delle imposte e l’ente pubblico ((Cass. civ. Sez.

Unite, n. 7663 /2017; n. 21546/2017; n. 21112/2017) affermando trattarsi

di attività avente natura giuridica di servizio pubblico, regolata da norme

che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili in ragione della

tutela dell'interesse della pubblica amministrazione creditrice alla pronta

e sicura esazione delle entrate. Il soggetto esterno che si inserisce nell'iter

procedimentale dell'ente pubblico diviene compartecipe dell'attività

pubblicistica di quest'ultimo e la società concessionaria riveste la qualifica

di agente contabile non rilevando in contrario né la sua natura di soggetto

privato, né il titolo giuridico in forza del quale il servizio viene svolto,

essendo necessario e sufficiente che, in relazione al maneggio di denaro, sia

costituita una relazione tra ente pubblico ed altro soggetto, per la quale la

percezione del denaro avvenga, in base a un titolo di diritto pubblico o di

diritto privato, in funzione della pertinenza di tale denaro all'ente pubblico

e secondo uno schema procedimentale di tipo contabile.

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Le Sezioni Unite hanno ribadito il proprio orientamento (Cass. civ.

Sez. Unite, n. 8688/2017) affermando che la controversia avente ad oggetto

la domanda della P.A. rivolta ad ottenere dal proprio dipendente il

versamento dei corrispettivi percepiti nello svolgimento di un incarico non

autorizzato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario,

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39 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Argomenta, in proposito la Corte di Cassazione, che l'obbligo di

versamento di cui trattasi rappresenta una particolare sanzione ex lege al

fine di rafforzare la fedeltà del dipendente pubblico e quindi prescinde dai

presupposti della responsabilità per danno (evento; nesso di causalità;

elemento psicologico). Non va, perciò, confuso il concetto attinente alla

mera reversione del profitto con quello del danno, confusione, questa, che

condurrebbe all'estensione del limite della giurisdizione contabile al di fuori

dei suoi confini istituzionali. Sostiene, ancora, la Suprema Corte che, se

l'ipotesi di responsabilità erariale fosse attivata dal mero inadempimento

dell'obbligo di denuncia di percezione di compensi corrisposti da terzi al

pubblico dipendente, a prescindere dal danno che dall'inadempimento

potrebbe derivare, sarebbe perfino dubbia la possibilità per

l'amministrazione di richiedere il versamento dei compensi, ossia

l'adempimento della obbligazione, prescindendo dall'interessarne la

Procura della Corte dei conti; ma, soprattutto, non sarebbe dubbio che il

debitore non avrebbe alcuna tutela giurisdizionale, dato che non potrebbe

adire, egli, la Corte dei conti, presso la quale il processo (di responsabilità

erariale) inizia esclusivamente ad istanza della Procura: se ne dovrebbe

concludere che il dipendente, debitore del versamento dei compensi, può

rivolgersi soltanto al giudice delle controversie relative al suo rapporto di

lavoro. Hanno ritenuto, quindi, le Sezioni Unite che la responsabilità di cui

trattasi, se limitata all'inadempimento dell'obbligo di denuncia, senza

dedurre l'esistenza di conseguenze dannose per l'amministrazione di

appartenenza, non può sottrarsi alle ordinarie regole di riparto di

giurisdizione e quindi, trattandosi di rapporto di pubblico impiego

contrattualizzato, appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario. Solo

se ad essa si accompagnino profili di danno (danno da immagine; danno da

sottrazione di energie lavorative per essersi compiuta l'attività oggetto di

denuncia in costanza di rapporto di lavoro), allora potrà dirsi interessata

la giurisdizione contabile.

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40 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

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La Corte di Cassazione nell’anno 2017 si è occupata anche della

giurisdizione in materia di contenzioso pensionistico.

E’stato, così, affermato che la giurisdizione esclusiva della Corte dei

conti in materia si estende all'azione di rivalsa esercitata dall'ente datore

di lavoro nei confronti del dipendente in quiescenza nella specie,

dipendente comunale, per i ratei erogati in misura superiore al dovuto a

causa di errate comunicazioni datoriali, a tal fine rilevando il contenuto

pubblicistico del rapporto previdenziale, relazione trilatera infrazionabile

(Cass. civ. Sez. Unite, n. 21971/2017).

Ai fini del riparto di giurisdizione nelle controversie relative alla

computabilità dell'indennità di amministrazione nel trattamento

pensionistico, la Suprema Corte (Cass. civ. Sez. Unite, n. 15057/2017 e n.

15058/2017) ha rilevato che occorre distinguere tra domanda proposta nel

corso del rapporto di lavoro e diretta all'accertamento della computabilità

dell'emolumento nella base contributiva - che attiene agli obblighi, pur con

connotazione previdenziale, nascenti dal rapporto d'impiego e alla base di

calcolo dei contributi sulla retribuzione che l'Amministrazione è tenuta a

versare - e domanda, proposta dal dipendente già in quiescenza, diretta al

conteggio di detta indennità nella pensione o nella base pensionistica ai fini

della quantificazione del trattamento pensionistico. Nel primo caso, la

controversia è devoluta alla cognizione del giudice del rapporto di lavoro,

nel secondo caso, invece, la domanda appartiene alla giurisdizione della

Corte dei conti, in quanto il presupposto della giurisdizione esclusiva è

l'assenza di conseguenze della pronunzia invocata su un rapporto di

servizio o di lavoro in corso o sui provvedimenti determinativi del relativo

trattamento economico globalmente considerato, quando non sul

complessivo status attuale e futuro: tale assenza costituendo la condizione

per escludere la giurisdizione del giudice del rapporto di lavoro.

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41 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Una particolare decisione ha riguardato la giurisdizione in una

controversia riguardante l'ammontare della ritenuta fiscale operata

dall'INPS sulla pensione di riversibilità (Cass. civ. Sez. Unite, n.

21971/2017).

La Suprema Corte ha voluto premettere che, per giurisprudenza

costante delle Sezioni Unite, le controversie tra sostituto d'imposta e

sostituito, relative al legittimo e corretto esercizio del diritto di rivalsa delle

ritenute alla fonte versate direttamente dal sostituto, volontariamente o

coattivamente, non sono attratte alla giurisdizione del giudice tributario,

trattandosi di diritto cui resta estraneo l'esercizio del potere impositivo

sussumibile nello schema potestà-soggezione, proprio del rapporto

tributario. Ha poi richiamato il pacifico principio giurisprudenziale

secondo cui la Corte dei conti giudica sui ricorsi in materia di pensione in

tutto o in parte a carico dello Stato ed in questo ambito la sua giurisdizione

è esclusiva e ricomprende tutte le controversie funzionali e connesse al

diritto alla pensione dei pubblici dipendenti, concernenti la sussistenza del

diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti,

comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa,

l'inadempimento o l'inesatto adempimento della prestazione pensionistica

da parte dell'ente obbligato, ancorché non sia in contestazione il diritto al

trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei

provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano.

Tutto ciò premesso, ha affermato che la controversia rientra tra

queste ultime, poiché l'ammontare della ritenuta fiscale operata dall'INPS

sulla pensione di riversibilità attiene al trattamento pensionistico e il

giudice del rapporto è, quindi, il giudice contabile.

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42 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Le sentenze delle Sezioni Riunite Con la sentenza n. 2/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa, con l’ordinanza n. 47/2016, dalla Sezione

prima giurisdizionale centrale d’Appello avente il seguente quesito:

“se l’art. 1, comma 3, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, possa essere

interpretato nel senso che l’obbligo di denuncia di un danno erariale

sussista anche nell’ipotesi in cui esso si risolva in una autodenuncia del

soggetto agente”.

Accertata l’ammissibilità e la rilevanza nel giudizio a quo della

questione di massima, le Sezioni Riunite, ricostruito il quadro normativo,

hanno dato al quesito risposta positiva.

Hanno voluto premettere i giudici che l’obbligo di denuncia grava,

quale conseguenza insita nel rapporto di servizio, su determinati soggetti

individuati in base alle funzioni loro assegnate, di regola ricollegabili alla

cosiddetta verticalizzazione dell’organizzazione amministrativa e al

sistema dei controlli.

Ripetuti interventi del legislatore, poi, rafforzano ed estendono la

“rete” dei soggetti onerati dell’obbligo di denuncia, al fine di rendere

indefettibile per la procura la conoscenza degli eventi di danno,

assicurando in questo modo una tutela erariale ampia ed effettiva.

In definitiva non è dubitabile che le disposizioni in materia di

denuncia delle ipotesi dannose per l’Erario “rivestano carattere generale e

rappresentino altrettanti, precisi doveri gravanti sulle figure esponenziali di

ogni struttura pubblica” (SS.RR. n. 12/QM/2011 del 03.08.2011).

L’articolo 52 del codice di giustizia contabile ha sostanzialmente

confermato il quadro normativo precedente, giungendo a dare spessore

normativo all’obbligo di denuncia collegato ad un generalizzato rilievo

delle funzioni di vertice, di controllo e ispettive. Il soggetto onerato,

proprio in base al rapporto di servizio, si trova in una posizione propria

differenziata che presuppone e legittima l’onere stesso. Di converso,

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43 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

qualsiasi limitazione all’obbligo de quo finisce con il comprimere

l’effettività e l’efficacia della azione del Pubblico Ministero contabile,

titolare esclusivo della legittimazione attiva al processo di responsabilità.

Così delineato l’obbligo di denuncia, le Sezioni Riunite si sono

preoccupate di rapportarlo al principio del nemo tenetur se detegere,

accertando se il soggetto onerato della denuncia venga liberato dall’obbligo

e dalle sue conseguenze in caso di inottemperanza, qualora possa

ragionevolmente ritenere che l’evento segnalato sia causalmente

riconducibile a sue condotte con addebito del danno a titolo di

responsabilità amministrativa.

Nell’ordinamento penale la guarentigia è stata attuata, in termini

generali, mediante il riconoscimento del diritto dell’imputato a non

collaborare nel processo, non sussistendo alcun obbligo di presenza fisica,

di rilasciare dichiarazioni o di dire la verità, mentre, come rilevato nella

pronuncia, non esiste una norma che preveda la non perseguibilità

dell’illecito contabile di cui all’art. 1, comma 3, della l. n. 20 del 1994, nei

casi in cui dalla denuncia potrebbe emergere la responsabilità

dell’obbligato, analoga all’art. 384 del codice penale.

E’ stato ricordato, invece, che nel caso in cui l’obbligato ometta (o

ritardi), mediante condotta gravemente colposa (in quanto avrebbe potuto

conoscere i fatti dannosi mediante la diligenza esigibile in relazione alle

funzioni espletate) o intenzionale-dolosa, di denunciare il danno erariale,

derivandone la prescrizione del diritto alla compensazione, risulterà

perfezionato l’illecito amministrativo-contabile disciplinato dall'art. 1,

comma 3, della l. n. 20 del 1994.

Peraltro in presenza di norme che consentono l'esercizio dell'azione di

danno erariale solo a fronte di specifica e concreta notizia, appare evidente

il ruolo centrale che assume la denuncia dell’Amministrazione, in quanto

consente di non sottrarre al potere di indagine del PM, non esercitabile in

via generalizzata e permanente, comportamenti che lascino presumere

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44 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

l’avvenuto perfezionamento di un illecito produttivo di danno erariale. Né

sarebbe vulnerato irragionevolmente il diritto di difesa ed i suoi corollari

anche nell’ipotesi in cui il denunciante risulti unico autore del fatto

dannoso: anche in tale evenienza è da escludere l’animus confitendi ed egli

potrà esporre le sue difese in fase istruttoria ed in corso di giudizio, restando

fermo, anche in tal caso, che l’individuazione degli elementi costitutivi

dell’illecito sotto il profilo oggettivo e soggettivo rientra tra i compiti del

Procuratore regionale.

Con la sentenza n. 18/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla seconda Sezione giurisdizionale

centrale di appello con la sentenza-ordinanza n. 1092/2016, avente il

seguente quesito:

“se la norma recata dall’articolo 1, comma 263, della legge n. 662 del

1996 (nel testo sostituito dall’articolo 38, I comma, della legge n. 448 del

1998), debba intendersi nel senso che sia escluso dal recupero nei confronti

degli eredi anche l’indebito formatosi a seguito della provvisoria esecuzione

di una sentenza di primo grado riformata in appello”.

Le Sezioni Riunite, preliminarmente, si sono occupate della natura

giuridica dell’indebito, affermando che, nell’ipotesi, non si è in presenza di

un indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 del c.c., ma della restitutio in

integrum della situazione patrimoniale della parte definitivamente

vittoriosa in giudizio.

Ciò posto, è stato affermato che la norma in esame, laddove prescrive

che il recupero non si estende agli eredi, salvo che si accerti il dolo del

pensionato, deve applicarsi solo in caso di indebiti conseguenti ad errori

avvenuti nella fase amministrativa di riconoscimento del diritto

pensionistico, limitando l’esercizio dei poteri di autotutela

dell’amministrazione nei confronti degli eredi del pensionato.

Conseguentemente, a seguito di una sentenza definitiva del giudice

contabile sulla non spettanza di somme al pensionato, viene in rilievo il

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45 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

significato stesso di indebito pensionistico che non può essere esteso, come

detto, alle somme liquidate in esecuzione di una sentenza del giudice

provvisoriamente esecutiva e successivamente da restituire da parte

dell’accipiens, a seguito della riforma della stessa in appello. In altre parole,

allorchè l’indebito si è concretizzato a seguito della riforma in appello di

una sentenza di primo grado di per sé provvisoriamente esecutiva, sussiste

l’obbligo di restituzione sia a carico dell’accipiens sia a carico dei suoi eredi,

a nulla rilevando che l’indebito sia maturato su somme relative alla

liquidazione dei trattamenti pensionistici.

E’ stato, quindi, formulato il seguente principio di diritto, che “la

norma di cui all’art. 1 comma 263 della legge n. 662 del 1996 non debba

intendersi nel senso che sia escluso dal recupero nei confronti degli eredi

l’indebito formatosi a seguito della provvisoria esecuzione di una sentenza

di primo grado riformata in appello”.

Con la sentenza n. 29/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale

di appello con la sentenza-ordinanza n. 15/2017, avente il seguente quesito:

“Se al percettore di pensione privilegiata tabellare spetti l’indennità

integrativa speciale in misura intera, anche sul rateo di tredicesima

mensilità, pur se lo stesso sia nel contempo titolare di altro trattamento di

quiescenza INPS dell’Assicurazione Generale Obbligatoria”.

Hanno osservato le Sezioni Riunite che, dalla disciplina che, in

parallelo e con analoghe disposizioni, ha normato la materia, sia per le

pensioni dell’A.G.O. che per quelle pubbliche, discende che il principio

della spettanza dell’adeguamento al costo della vita, seppure con i

correttivi introdotti dalla Consulta, non debba essere valutato nell’ambito

più ristretto della singola gestione, per evenienza sottoposto all’esame del

Giudice, ma debba essere considerato nel suo complesso, giacché

espressione di una regola generale corrispondente, ancor prima che allo

stretto canone interpretativo della legge, a criteri di giustizia sociale e

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46 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

contemperamento di contrapposti interessi che, da sempre, informano

l’attività del Legislatore.

Esaminata, quindi, tutta la normativa fondante l’istituto

pensionistico, come incisa dalle sentenze della Corte costituzionale, e fatta

una particolareggiata disamina delle sentenze emesse in materia, nel

tempo, dalle stesse Sezioni Riunite, al quesito posto dalla Sezione prima

centrale d’appello è stata data risposta affermativa, con la precisazione che

per i periodi, limitati per l’invero, in cui sia dato ravvisare la permanenza

del divieto di cumulo, sia esso riferito agli emolumenti che si sono definiti

principali, ovvero a quelli accessori (incrementi perequativi), sarà cura del

Giudice delle pensioni verificare nel concreto quale sia la duplicazione degli

emolumenti, e statuire di conseguenza, in applicazione del disposto di cui

all’art. 19, secondo comma, della legge n. 843/1978, tenuto conto che,

qualora la pensione dell’INPS sia stata erogata in epoca successiva alle

varie soglie temporali, diversificate in ragione della natura degli

emolumenti considerati, al percettore di trattamento pensionistico statale

con indennità integrativa speciale separata, tale beneficio spetterà nella

misura intera.

Con la sentenza n. 33/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla seconda Sezione giurisdizionale

centrale di appello con la sentenza-ordinanza n. 24/2017, che dichiarando

di non condividere il principio di diritto enunciato dalle stesse Sezioni

Riunite con la sentenza n. 11/2015/QM del 24 marzo 2015, secondo cui “in

caso di accertata irripetibilità di somme indebitamente corrisposte al

pensionato e fatte oggetto di recupero, le stesse devono essere restituite

all’interessato limitatamente alla sorte capitale senza aggiunta di alcuna

somma accessoria”, ripropone la questione esplicitando il proprio motivato

dissenso.

Il giudice della nomofilachia ha voluto premettere che il pensionato,

in presenza di legittimo affidamento, ha diritto fin dall’origine, quindi già

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47 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

in sede amministrativa, di opporre l’irripetibilità delle somme

all’amministrazione stessa, quando essa gli intimi la restituzione di un

indebito pensionistico in realtà non recuperabile, ovvero, allo stesso fine,

vada ad operare unilateralmente una trattenuta sulla sua pensione. Il

diritto del pensionato a far proprie le somme in questione non necessita

dunque, in quanto tale, di alcuna intermediazione giudiziale, ben potendo

- e dovendo - essere riconosciuto dall’ente di previdenza già nella sede

amministrativa. Ne discende ulteriormente che, in presenza di

controversia, qualora le ragioni del pensionato si rivelino poi fondate in

sede giurisdizionale, le trattenute effettuate sine titulo (quindi indebite)

dovranno essere restituite al medesimo con la maggiorazione degli interessi

legali, a titolo compensativo, fin dalla data della domanda, cioè dal

momento in cui questi abbia fatto valere, nei confronti dell’ente di

previdenza, il suo diritto alla definitiva acquisizione al suo patrimonio di

quelle somme.

In quest’ottica, la trattenuta effettuata per il recupero di un indebito

irripetibile può essere qualificata, a sua volta, alla stregua di un indebito

oggettivo: infatti, ove sussista l’affidamento del pensionato, il diritto di

credito dell’ente di previdenza (per la ripetizione dell’indebito originario)

viene meno, stante l’irripetibilità, con la conseguenza che le somme

recuperate dall’ente di previdenza finiscono per costituire esse stesse un

indebito, agli effetti dell’art. 2033 del codice civile. Così, l’effetto

ripristinatorio derivante dalla restituzione della trattenuta, in linea

capitale, non può essere disgiunto, a meno di non cadere in parziale

contraddizione, da quello compensativo consistente nel correlato

riconoscimento degli interessi, dalla data della formale richiesta e fino alla

retrocessione di essa al pensionato.

In definitiva, a modifica di quanto affermato con la citata sentenza

n. 11/QM/2015, le Sezioni Riunite hanno enunciato il seguente principio di

diritto:

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48 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

“Nel caso in cui, a seguito di conguaglio tra il trattamento

provvisorio e quello definitivo di pensione, a debito del pensionato, siano

state disposte dall’amministrazione, ai fini del recupero, ritenute sulla

pensione, ma sia successivamente accertato l’affidamento dell’interessato

e, per l’effetto, sia dichiarato il suo diritto alla restituzione, in tutto o in

parte, di quanto in precedenza trattenuto, sulle somme in restituzione

spettano gli interessi legali, dalla data della domanda giudiziale o, ove

proposta, dalla data della precedente domanda amministrativa”.

Con la sentenza n. 34/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dal Procuratore generale per la soluzione dei

seguenti quesiti:

“se, con riferimento al sistema normativo di diritto positivo vigente

anteriormente all’entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile (art.

1, comma 5 bis del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con

modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; art. 8 del R.D.

13.08.1933, n. 1038 – Regolamento per i giudizi innanzi alla Corte dei

conti) e sulla base delle affermazioni ermeneutiche contenute nella

sentenza delle SS.RR. n. 8/2009/QM, per le quali il termine perentorio di

trenta giorni per il deposito dell’atto di appello di cui all’art. 1, comma 5

bis del d.l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla

legge 14 gennaio 1994, n. 19, come integrato dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre

1996, n. 543, convertito con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996,

n. 639, deve decorrere dalla data sotto la quale la notifica si è perfezionata

anche nei confronti del destinatario e non già da quella sotto la quale la

notifica si è perfezionata per il soggetto notificante, sia possibile o meno

depositare le ricevute dell’avvenuta notifica oltre il termine perentorio di

30 giorni dal perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario

e fino all’udienza di trattazione, facendo riferimento, ai sensi dell’art. 26

dello R.D. n. 1038/1933, a norme processuali concernenti il giudizio civile,

con ciò evitando la sanzione della inammissibilità del gravame”;

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49 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

“se all’art. 180, commi 2 e 3, del Codice di Giustizia Contabile – in

relazione all’art. 2, comma 4, della Norme transitorie (All. n. 3 al Codice

della Giustizia Contabile) – debba riconoscersi carattere innovativo oppure

meramente interpretativo, in questa seconda evenienza con conseguente

efficacia retroattiva anche in relazione ad impugnazioni la cui richiesta di

notifica sia anteriore all’entrata in vigore dello stesso Codice”.

Le Sezioni Riunite, esaminate approfonditamente le norme

processuali in materia di costituzione dei ricorrenti in appello e

l’interpretazione di dette norme da parte delle Sezioni giurisdizionali che

ormai costituiscono diritto vivente, hanno enunciato in risposta al primo

profilo proposto il seguente principio di diritto:

“Il sistema normativo di diritto positivo vigente anteriormente

all’entrata in vigore del Codice di Giustizia Contabile, concernente i

termini e le forme della costituzione in appello dell’appellante di cui all’art.

1, comma 5 bis della l. n. 14 gennaio 1994, n. 19 e s.m.i., e dall’art. art. 8

del R.D. 13.08.1933, n. 1038, secondo l’interpretazione del medesimo

comunemente affermatasi e consolidatasi nella giurisprudenza della Corte

dei conti, tale da divenire “diritto vivente”, prevede che, al fine del rispetto

del termine perentorio di trenta giorni per il deposito dell’atto di appello,

che decorrere dalla data sotto la quale l’ultima notificazione si è

perfezionata anche nei confronti del destinatario, l’appellante possa

costituirsi in giudizio col deposito dell’atto d’appello, anche se ancora non

pervenuto al destinatario, munito della prova dell’avvenuto avvio alla

notificazione (c.d. velina dell’atto d’appello). L’appellante in questo caso

ha l’onere di depositare successivamente le ricevute che comprovano la

data dell’avvenuta notifica, anche oltre il termine perentorio di 30 giorni

dal perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, e fino

all’udienza di trattazione, al fine della verifica del rispetto da parte

dell’appellante del termine perentorio di trenta giorni tra il

perfezionamento della notifica dell’appello anche per il destinatario, ed il

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50 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

deposito del medesimo atto presso il ruolo generale, all’inosservanza del

quale termine consegue l’improcedibilità del gravame.”.

In risposta al secondo quesito proposto hanno, poi, espresso il

seguente principio di diritto:

“L’art. 180, commi 2 e 3, del Codice di Giustizia Contabile, ha

carattere meramente ricognitivo dell’esistenza del principio di diritto sopra

affermato e non può trovare diretta applicazione con riferimento a

procedimenti d’impugnazione – tra cui l’appello – instaurati con atto di cui

sia stata chiesta la notificazione prima del 07.10.2016”.

Con la sentenza n. 35/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale

di appello con la sentenza-ordinanza n. 51/2017, avente il seguente quesito:

“se, vigendo le norme approvate con il d. lgs. n. 174/2016, possano

ritenersi ancora operanti, per gli illeciti anteriori al 31.12.2005, quelle sul

rito alternativo contenute nell’art. 1, commi 231-233, della legge n.

266/2005, ovvero se queste ultime debbano comunque considerarsi venute

meno con l’entrata in vigore della novella riformatrice del processo

contabile, con loro conseguente inapplicabilità ai rapporti contenziosi

originati dai predetti illeciti”.

Nel decidere la questione, il Collegio ha affermato di ritenere

persuasive le argomentazioni formulate dalla Procura generale in ordine

all’inconfigurabilità di un qualsiasi effetto abrogativo dell’entrata in

vigore del rito abbreviato, previsto dall’art. 130 del codice di giustizia

contabile, sulla disciplina della c.d. definizione agevolata del contezioso in

appello, prevista dall’art. 1, commi 231-233, della legge n. 266/2005.

Il rapporto tra i due istituti (la definizione anticipata prevista

dall’art. 1, commi 231 - 232, della legge n. 266 del 23.12.2005, ed il giudizio

abbreviato introdotto dall’art. 130 del codice di giustizia contabile) si

delinea, infatti, attraverso reciproci elementi di specialità riferiti

all’ambito applicativo, alle condizioni, ai termini ed ai modi di

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51 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

formulazione delle relative istanze ed alle regole di giudizio per la

valutazione delle medesime. La presenza dei ricordati elementi di reciproca

specialità delle due normative in esame, comporta inoltre che i rapporti tra

le discipline in esame andrebbero risolti comunque in virtù del noto

strumento di risoluzione delle antinomie rappresentato dal criterio di

specialità, che nell’ambito dei propri corollari prevede il paradigma

ermeneutico generale per cui "lex posterior generalis non derogat legi priori

speciali".

Per quanto precede, il principio di diritto che è stato enunciato in

sostanziale risposta al primo profilo proposto dalla questione di particolare

importanza è il seguente:

“Agli illeciti di responsabilità amministrativa configuratisi

anteriormente al 31.12.2005, continuano a trovare applicazione, anche a

seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 174 del 26.08.2017, le disposizioni

a suo tempo dettate dall’art. 1, commi 231-233, della legge n. 266/2005, nei

limiti d’applicabilità delle stesse”.

Con la sentenza n. 39/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla Sezione prima giurisdizionale centrale

di appello con la sentenza-ordinanza n. 85/2017, avente il seguente quesito:

“se l’indennità di incentivazione, prevista dall'accordo sindacale del

2 settembre 1971, ratificato dal Consiglio di Amministrazione dell’Azienda

Risorse Idriche di Napoli (A.R.I.N.), già AMAN, possa essere inclusa nella

base pensionabile in quanto emolumento fisso, corrispettivo e

continuativo, ai sensi degli artt. 15 e 16 della legge 5 dicembre 1959 n. 1077,

come modificati ed integrati dall’art. 30 del D.L. n. 55 del 1983, convertito

con modificazioni nella legge 26 aprile 1983 n. 131”.

Le Sezioni Riunite, preliminarmente hanno voluto accertare la

natura giuridica dell’indennità, escludendo da essa ogni connotato

“premiale”, atteso che i dipendenti assenti per ferie, festività o infortunio

sul lavoro maturano l’indennità pur se concretamente non svolgono alcuna

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52 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

prestazione lavorativa, né è correlata ad “obiettivi ulteriori” rispetto alla

normale attività lavorativa. In conclusione, in quanto spettante in

funzione della presenza in servizio, l’indennità in parola risulta in

correlazione con l’ordinaria prestazione lavorativa ai sensi del citato art.

30, comma 2 bis, del D.L. 28 febbraio 1983, n. 55.

Anche l’indagine sulla presenza dei requisiti della “fissità” e della

“continuatività”, richiesti dal citato art. 30, comma 2 bis, avrebbe

condotto ad una risposta positiva, risultando decisivo il fatto che

l’emolumento spetta istituzionalmente alla generalità dei dipendenti, ed

ogni anno, in correlazione alla sola presenza in servizio per l’espletamento

delle mansioni ordinarie e con ammontare predeterminato.

In merito al successivo accertamento, cioè se si possa o meno ritenere

che l’emolumento de quo rientri nella previsione del citato art. 15 della

legge 5 dicembre 1959, n. 1077, primo comma, per la quale gli elementi

retributivi che confluiscono nella “retribuzione annua contributiva

definita dagli artt. 12, 13 e 14 della legge 11 aprile 1955, n. 379” sono solo

quelli corrisposti “ai sensi delle vigenti disposizioni legislative o

regolamentari ovvero dei contratti collettivi di lavoro, anche aziendali”, la

risposta delle Sezioni Riunite è stata affermativa.

In definitiva, con la decisione esaminata è affermata la

pensionabilità dell’“indennità di incentivazione” ARIN alla luce delle sue

caratteristiche e del riscontro di queste con i requisiti di pensionabilità di

cui all’art. 30, comma 2 bis, del citato D.L. n.55/1983.

Con la sentenza n. 42/2017, le Sezioni Riunite hanno deciso una

questione di massima rimessa dalla prima Sezione giurisdizionale centrale

di appello con la sentenza-ordinanza n. 261/2017, avente il seguente

quesito:

“se al soggetto, cessato da un ruolo militare per inidoneità, possa

essere riconosciuta la pensione privilegiata in relazione a infermità insorta

durante il servizio stesso, pur dopo il suo passaggio a un impiego statale

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53 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

civile anche senza concorso, trovando al riguardo comunque applicazione

l’art. 139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092”.

In via preliminare, le Sezioni Riunite hanno ritenuto che la soluzione

della questione deferita imponesse l’accertamento della portata dell’art.

139 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, nei suoi rapporti con l’art. 133,

contenuto nella medesima fonte normativa, onde individuare

correttamente i presupposti che il legislatore richiede ai fini della

maturazione del diritto al cumulo della pensione privilegiata militare con

il trattamento di attività. Su tale punto è stato, così, affermato che

risultano irrilevanti le situazioni di derivazione del secondo rapporto dal

primo, ed il diritto al cumulo con la pensione di privilegio è sussistente solo

che il successivo rapporto di servizio, pur se “derivato”, sia “diverso” da

quello che costituisce il titolo della pensione di privilegio medesima, in

termini oggettivi e concreti.

Secondo la sentenza in esame, il sistema normativo del “cumulo” è

basato su due principi di portata generale - il divieto di cumulo per le

pensioni ordinarie in tutti i casi di rapporti derivati (art.133) ed il diritto

al cumulo per le pensioni di privilegio in tutti i casi diversità dei due

rapporti (art. 139) - i quali differenziano la disciplina del cumulo delle

pensioni ordinarie da quella delle pensioni di privilegio, estendendo il

diritto al cumulo di queste seconde ad un maggiore ambito di fattispecie,

in ossequio ad un principio di favor che l’ordinamento riserva loro, e non in

ragione di una particolare procedura di immissione nel successivo servizio

civile. Una interpretazione “restrittiva” dell’art. 139, ult.co., per la quale

nella disciplina delle pensioni di privilegio il diritto al cumulo sarebbe

consentito agli “ex ufficiali o graduati” solo se immessi nel ruolo civile ad

esito di concorso, si porrebbe quale elemento di forte attrito con i due

principi di carattere generale espressi dagli artt. 133 e 139, e sarebbe privo

di una sua giustificabile ratio. Un regime delle pensioni di privilegio nel

quale il diritto al “cumulo” risultasse limitato all’interno della stessa

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54 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

categoria di aventi diritto (i militari), perché riservato ai casi di nomina a

seguito di concorso, comporterebbe una deviazione dal criterio generale al

quale è improntata la disciplina del cumulo delle pensioni di privilegio, ed

un vulnus al regime di favor per la pensione di privilegio, che deve ritenersi

operante in via generale a favore di tutti i titolari.

Al quesito, pertanto, le Sezioni Riunite hanno dato la seguente

soluzione:

“ai termini e agli effetti dell’art. 139, terzo co., del D.P.R. n. 1092/73,

le fattispecie nelle quali il titolare di pensione di privilegio per infermità

contratte durante il servizio militare, cessato per inidoneità al S.M.I. ed

immesso nei ruoli civili della pubblica amministrazione, ricadono

nell’ambito della disciplina di cui ai primi due commi dell’art. 139,

ancorché l’immissione del militare nei ruoli civili sia avvenuta non ad esito

di concorso, e anche qualora il transito sia avvenuto a domanda;

anche in tali fattispecie il diritto al cumulo non è impedito, ai sensi

dell’art. 139, primo co., qualora sia accertato che il nuovo rapporto di

servizio sia diverso da quello che ha dato luogo alla pensione privilegiata,

senza che ai fini dell’accertamento della “diversità” dei due servizi possano

trovare applicazione, in via diretta o quale criterio interpretativo, le

disposizioni di cui alle lettere dalla a) alla f) dell’art. 133 del medesimo

D.P.R.”.

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55 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Attività della Sezione

Organico Nel corso dell’anno 2017 la Sezione, con un organico di diritto fissato

in 13 magistrati più 1 Presidente (vedi delibera n. 190 del 5 giugno 2006),

si è avvalsa del lavoro dei seguenti magistrati:

- Giuseppe Colavecchio, Giuseppa Cernigliaro, Adriana Parlato,

Igina Maio, Maria Rita Micci, Giuseppe Grasso e Paolo Gargiulo.

Il collega Sergio Vaccarino, in servizio presso la Sezione regionale del

controllo, ha avuto la proroga, solo fino al 9 maggio 2017, dell’assegnazione

in aggiuntiva presso questa Sezione giurisdizionale.

In definitiva nel 2016 il numero dei magistrati in servizio a tempo

pieno è stato di appena 7 unità, più il Presidente, con una scopertura di sei,

pari al 42,8%, percentuale di scopertura superiore a quello medio rilevato

per gli altri uffici.

Si tratta, invero, di un numero assolutamente insufficiente di colleghi

in servizio presso la Sezione in considerazione del carico di lavoro loro

assegnato ed è, quindi, assolutamente necessario incrementare l’organico

almeno di due magistrati a tempo pieno

Con riferimento al personale amministrativo erano in servizio il 1°

gennaio 2017 n. 42 unità così assegnate:

- n. 10 al settore pensionistico;

- n. 5 al settore responsabilità;

- n. 18 all’ufficio conti giudiziali;

- n. 7 al servizio affari generali;

- n. 2 all’ufficio copie.

Nel corso dell’anno si sono aggiunte con decorrenza 1° marzo 2017 e

29 maggio 2017 due unità, avente la qualifica di collaboratore

amministrativo 3 F1, assegnate entrambe al settore conti giudiziali con le

funzioni di revisore. Tuttavia, poiché quasi contestualmente 2 unità sono

state collocate in quiescenza, il numero del personale è sempre pari a 42

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56 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

unità. Si rileva, comunque, che anche il personale amministrativo, come

quello di magistratura, è assolutamente insufficiente a svolgere i molteplici

compiti di cui si occupa questa Sezione Giurisdizionale.

Anche nel corso dell’anno 2017 il Presidente ha proseguito nella

riorganizzazione dei servizi, destinando sempre maggiori risorse al settore

conti giudiziali, attraverso l’assegnazione ad esso di una gran parte del

personale.

In particolare i dipendenti aventi la qualifica di revisore contabile

sono stati tutti assegnati all’esame dei conti giudiziali. Sono anche state

implementate le segreterie, operando una divisione tra conti erariali e conti

degli enti locali, per pervenire ad una definizione più celere della presa in

carico e dei compiti relativi alle estinzioni.

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57 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Giudizi nelle materie di contabilità pubblica

La giacenza iniziale al 1° gennaio 2017 dei giudizi pendenti

ammontava a 93 giudizi responsabilità, 33 giudizi di conto, 8 giudizi ad

istanza di parte e 12 istanze di resa di conto.

Nel corso dell’anno sono pervenuti 106 atti di citazione, 28 giudizi di

conto, 6 ricorsi ad istanza di parte, 4 richieste di provvedimento di urgenza

(sequestri), 2 istanze per resa di conto e 30 atti di citazione emessi a seguito

della mancata presentazione del conto.

Sono stati definiti con sentenza 127 giudizi di responsabilità, 21

giudizi di conto, 5 giudizi ad istanza di parte e 9 ricorsi per la mancata

presentazione del conto; con 4 decreti presidenziali sono stati concessi

altrettanti sequestri, di cui 2 convalidati con ordinanza; infine sono stati

emessi 12 decreti per la fissazione del temine per la resa di conto

La giacenza finale alla data del 31 dicembre 2017 ammontava a 72

giudizi di responsabilità, 40 giudizi di conto, 9 ad istanza di parte e 23

istanze per resa di conto.

La fissazione delle udienze collegiali è avvenuta attraverso la

predisposizione annuale del calendario, con una rigorosa rotazione dei

magistrati componenti i collegi, in modo che ciascuno partecipi ogni mese

ad un’udienza di responsabilità, cercando di evitare la formazione di più

collegi in uguale composizione.

La fissazione dell’udienza di trattazione dei giudizi ha avuto luogo,

nel rispetto dell’ordine cronologico di deposito delle citazioni,

nell’immediatezza e, in ogni caso, non oltre venti giorni dal suddetto

deposito.

L’assegnazione dei giudizi ai relatori è effettuata con un criterio

predeterminato ed automatico, temperato solo dall’esigenza di assicurare

un reale equilibrio tra i carichi di lavoro affidati ai vari magistrati,

assegnando, in media, due giudizi di responsabilità e due di conto a

ciascuno.

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58 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Le udienze collegiali sono state fissate in numero di 3 al mese,

ciascuna con un collegio composto più spesso di tre a volte di quattro

magistrati giudicanti, compreso il Presidente.

Nel corso dell’anno 2017 si sono tenute n. 32 udienze pubbliche

collegiali per la trattazione dei giudizi di responsabilità amministrativa,

dei giudizi di conto, dei giudizi ad istanza di parte e delle istanze per resa

di conto, compresa la fase successiva eventuale per la mancata

presentazione del conto giudiziale.

Sono stati iscritti a ruolo 172 giudizi di responsabilità, dei quali ne

sono stati discussi 147, mentre 25 sono stati rinviati.

Sono stati, altresì, iscritti a ruolo 18 giudizi di conto tutti discussi

mentre 2 sono stati definiti con procedimento monitorio.

Tra i giudizi discussi ne sono stati definiti con sentenza 127 di

responsabilità e 21 di conto, mentre per 19 di responsabilità, per 1 di conto

e per 5 ad istanza di parte è stata emessa ordinanza.

In materia di responsabilità sono state pronunciate 105 sentenze di

condanna e 7 sentenze di assoluzione, e con altra tipologia di sentenza sono

stati definiti 15 giudizi; in materia di conto sono state pronunciate 7

sentenze di condanna e 4 di discarico del contabile, mentre 5 giudizi di

conto sono stati definiti con altra tipologia di sentenza.

L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad €

14.365.799,95, di cui € 14.365.799,95 relativo ai giudizi di responsabilità, €

87.234,57 relativo ai giudizi di conto ed € 10.000,00 relativo ad i giudizi ad

istanza di parte. Nell’ambito delle sentenze in cui si è accertata la

responsabilità amministrativa, la condanna è stata pronunciata in favore

di amministrazioni statali per la somma di € 3.421.479,92, in favore della

Regione e degli enti locali per la somma di € 10.055.975,47 ed in favore di

aziende sanitarie per la somma di € 888.344,56.

Le udienze in Camera di consiglio sono state 9 ed in esse sono stati

definiti anche 21 istanze per resa di conto.

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59 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Sono stati esperiti 16 procedimenti monitori dei quali ne sono stati

accettati dai destinatari solo 2 relativi ai giudizi di conto.

a) giudizi di responsabilità

Nell’anno 2017 questa Sezione si è occupata innumerevoli volte di

danni erariali provocati dallo spreco di fondi comunitari, perché

indebitamente erogati in favore di soggetti che non avevano i requisiti

richiesti ovvero perché utilizzati in modo improprio.

In conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale della

Corte di cassazione (Sez. Unite. n. 20434/2009; Sez. Unite n. 1515,/2016,) e

di questa Corte, è ormai pacifica la sussistenza della giurisdizione contabile

nei confronti di soggetti privati destinatari di contribuzioni pubbliche,

ex art. 103 della Costituzione, dovendosi intendere per rapporto di servizio

una relazione con la pubblica amministrazione caratterizzata per il tratto

di investire un soggetto, altrimenti estraneo all’amministrazione, del

compito di porre in essere in sua vece un’attività, senza che rilevi né la

natura giuridica dell’atto di investitura né quella del soggetto che la riceve,

che sia altra persona giuridica o fisica, privata o pubblica (Cass. S.U., n.

22513 del 2006).

Come è noto lo scopo dei contributi comunitari alle imprese è quello

di incentivarne lo sviluppo; detta incentivazione assume un ruolo assai

importante quando destinatarie del contributo sono le piccole e medie

imprese (spesso meglio indicate con l’acronimo PMI) che, costituendo la

gran parte dell’ossatura dell’economia nazionale e garantendo la

produzione di una grossa fetta di PIL, devono essere tutelate sin dall’avvio

della loro attività. Lo Stato e la Comunità europea, tuttavia, pur

consapevoli dell’importanza di offrire il sostegno ai piccoli e medi

imprenditori, richiedono agli stessi, solidità ed affidabilità sin dall’inizio,

da qui la necessità dell’apporto di capitale proprio, al fine di garantire e

dimostrare l’esistenza di salde basi e saldi presupposti per l’avvio di

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60 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

quell’esercizio di impresa a cui destinare, in ausilio, ulteriori pubbliche

risorse.

In virtù di tali considerazioni il versamento di capitali privati, quale

requisito del rafforzamento patrimoniale dell’impresa ammessa al

beneficio, è stato riconosciuto condizione fondamentale per la realizzazione

dell’obiettivo che il contributo pubblico si pone in termini di continuità

aziendale, cosicché l’elusione di tale obbligo snatura palesemente uno dei

presupposti per l’erogazione del contributo stesso, facendolo degradare a

mero prestito a fondo perduto

Accertato proprio il fittizio apporto di risorse proprie, è stata

riconosciuta la fondatezza dell’azione risarcitoria esercitata dalla Procura

erariale nei confronti di una associazione agricola per la costruzione di una

strada interaziendale (sentenza n. 178/2017) in cui, peraltro, era stata

raggiunta la prova che l’impresa realizzatrice, non solo si era aggiudicata i

lavori ricorrendo a minacce e ad intimidazioni, ma aveva anche

notevolmente risparmiato sui costi di realizzazione dell’opera, utilizzando

materiale scadente, non versando i contributi per il personale e fatturato

alla committente somme non giustificate per consentire l’erogazione del

finanziamento, chiudendo l’attività pochi mesi dopo la liquidazione del

saldo dell’agevolazione.

Nella pronuncia è stata anche affrontata la problematica relativa

alla possibilità di esercizio dell’azione di responsabilità per illecito

arricchimento nei confronti degli eredi di un convenuto deceduto. Sul

punto il Collegio ha ritenuto che non sia configurabile una presunzione

“iuris et de iure” di arricchimento indebito degli eredi del responsabile,

come se la trasmissione di responsabilità dal dante causa agli aventi diritto

fosse automatica, bensì sia configurabile una presunzione “iuris tantum”,

alla quale l'erede ben potrà opporre prova contraria, dimostrando la

mancanza dell'arricchimento o che esso non ha carattere antigiuridico.

L’onere della prova dell’indebito arricchimento degli eredi, quindi, non

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61 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

grava sulla Procura regionale, dovendosi ritenere che spetti agli aventi

causa dimostrare che dall'illecito non sia loro derivato in concreto alcun

vantaggio patrimoniale, essendo del tutto irrilevante l’eventuale

percezione soggettiva circa l’illiceità della provenienza di quanto ad essi

pervenuto a titolo di successione ereditaria, rilevando il solo carattere

indebito dell’arricchimento, connesso all’illecita provenienza del denaro.

La Sezione, poi, ha ritenuto frustrato lo scopo per il quale il

contributo comunitario era stato concesso anche quando, pur essendo stato

realizzato l’intervento previsto dal programma di finanziamento, vi sia

uno scostamento determinante rispetto ai progetti oggetto di

contribuzione pubblica. E’ stata, così, riconosciuta la sussistenza del danno

erariale e condannata (sentenza n. 509/2017) alla restituzione del

contributo comunitario una società cooperativa che, nella realizzazione di

una struttura turistico ricettiva, oltre ad essere venuta meno agli obblighi

sugli apporti di mezzi propri e ad avere esibito fatture gonfiate rispetto ai

costi effettivamente sostenuti, non ha rispettato la conformità delle opere

realizzate a quelle approvate in progetto, violando anche le prescrizioni

urbanistiche ed ambientali.

In altra fattispecie, la Sezione ha ritenuto snaturata la finalità del

contributo, (sentenza n. 567/2017) attribuito per incentivare la nascita e

lo sviluppo dell’imprenditoria femminile e concesso per l’acquisto di una

imbarcazione da diporto da impegnare in attività di noleggio, corsi di

addestramento e attività di brokeraggio, poiché la beneficiaria ha

immediatamente dismesso il proprio ruolo di giovane imprenditrice

spogliandosi del relativo rischio di impresa. Essa, infatti, non si è limitata

ad avvalersi di società di intermediazione per la collocazione della

imbarcazione sul mercato ma, per sua stessa ammissione, confermata dai

riscontri formali della contabilità effettuati dalla Guardia di Finanza, ha

affidato a terzi l’intera gestione materiale e commerciale della

imbarcazione, limitandosi a conservarne la formale titolarità, elemento che

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62 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

da solo non integra il rispetto dei criteri richiesti per l’erogazione ed il

mantenimento del beneficio.

Con le sentenze n. 654/2017 e n. 818/2017 sono stati condannati a

restituire integralmente i contributi percepiti sia le società percettrici degli

stessi, sia gli amministratori infedeli, per non avere mai realizzato gli

interventi finanziati (rispettivamente un impianto per batterie di auto e

l’ammodernamento e il completamento di un preesistente impianto di

maricoltura). E’ ovvio che il danno, in tali ipotesi, consiste nel totale

sviamento dei contributi dalla realizzazione del programma in vista del

quale furono concessi, avvenuto attraverso le condotte dolose degli

amministratori, che hanno avuto cura di simulare un corretto impiego del

denaro mediante la contabilizzazione di fatture per operazioni inesistenti;

La Sezione si è occupata, anche, della indebita percezione di

contributi, erogati quali incentivi economici legati all’estensione della

superficie aziendale complessivamente destinata ad attività agricola

ovvero alla produzione, per una serie di regimi di sostegno ben delimitati

(seminativi e frumento duro di qualità, carni bovine e ovi-caprine, riso,

frutta a guscio ecc.…). La questione che si è posta in quasi tutte le

fattispecie attiene ai connotati della disponibilità dei terreni dichiarati ai

fini dell’erogazione degli aiuti comunitari.

La giurisprudenza di questa Sezione ha già affermato, sin dalla

sentenza n.1890 del 2009, che tale disponibilità deve essere “titolata” nel

senso che non è sufficiente la materiale detenzione né è surrogabile

l’esistenza di una relazione di fatto del soggetto con il fondo, anche quando

tale relazione presenti connotati tali da consentirgli di ottenere il

riconoscimento giudiziale di un diritto reale sul bene medesimo, come ad

esempio l’usucapione, ma, per poter chiedere i contributi comunitari

occorre un titolo legale a giustificazione della disponibilità dei terreni.

Anche se la disciplina comunitaria non qualifica espressamente la

richiesta «disponibilità» di estensioni di terreno su cui esercitare le attività

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63 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

agricole o di allevamento oggetto di incentivazione, deve, tuttavia,

considerarsi che nella disciplina domestica, tra le informazioni

indispensabili da fornire per l’ottenimento dei contributi, vi sono quelle

relative alle modalità di conduzione delle superfici per le quali vengono

richiesti i premi. È evidente, infatti, che trattandosi di aiuti parametrati

all’estensione dei terreni, la reale disponibilità delle superfici (delle quali,

comunque, occorre la specificazione dei riferimenti catastali dettagliati)

costituisce un fattore essenziale.

In proposito, la Corte di giustizia europea (n. C-375/08 del

24.06.2014) ha espresso il principio di diritto secondo il quale la normativa

comunitaria non osta a che gli Stati membri impongano nella loro

normativa nazionale l’obbligo di produrre un valido titolo giuridico, a

condizione che siano rispettati gli obiettivi perseguiti dalle disposizioni e

dai principi generali del diritto comunitario, in particolare il principio di

proporzionalità.

Come noto, infatti, attraverso la percezione di contributi, agricoltori

e/o allevatori sono chiamati a realizzare un più ampio programma di

intervento progettato a livello comunitario e, quindi, nazionale;

l’eventuale mancanza dei requisiti nella persona del beneficiario può

compromettere il realizzarsi di detto programma e, quindi, far sorgere

l’interesse dello Stato membro alla restituzione del finanziamento

concesso, stante la mancata destinazione, di fatto, dello stesso alla

realizzazione del programma pubblicistico cui era preposto. Per tale

motivo, l’intenzionale indicazione della disponibilità di terreni non

corrispondente al vero non è tollerata ove sia superata una determinata

soglia, stabilita, alternativamente, in valore relativo (“0,5% della

superficie determinata”) ovvero in valore assoluto (“un ettaro”) perché

vanifica l’interesse comunitario alla realizzazione del programma che,

stante la macroscopica divergenza tra situazione reale e situazione

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64 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

dichiarata, deve ritenersi necessariamente compromessa, comportando,

pertanto, la revoca dell’intero contributo erogato.

In base al difetto dei presupposti richiesti, come sopra illustrati, sono

state emesse numerosissime sentenze di condanna alla restituzione delle

somme indebitamente erogate in conseguenza della mancanza da parte dei

richiedenti dei titoli idonei a giustificare la conduzione dei terreni (vedi

sentenze nn. 4/2017, 14/2017, 22/2017, 216/2017, 231/2017, 250/2017,

263/2017, 311/2017, 317/2017, 328/2017, 397/2017, 430/2017, 467/2017,

481/2017, 547/2017, 575/2017, 576/2017, 650/2017, 678/2017, 684/2017,

702/2017, 802/2017).

La diffusione del fenomeno delle illegittimità riscontrate induce a

ritenere che difetti nel meccanismo di concessione dei suddetti contributi

un attento controllo delle sue varie fasi, da quella di individuazione dei

possibili beneficiari fino a quella di erogazione delle risorse. A conferma di

ciò, spesso nelle sentenze di condanna dei percettori, il relatore ha posto in

evidenza comportamenti negligenti da parte dei responsabili e degli

operatori dei CCA, il cui esame ha fatto emergere quantomeno una estrema

superficialità e grossolanità nella gestione delle pratiche, non fosse altro

per la poca sicurezza rivelata dal cattivo uso di inserimento dei dati nel

sistema informatico con credenziali altrui.

****

Anche nell’anno 2017 la Sezione si è occupata della nomina di esperti

e di utilizzo di professionalità esterne al di fuori delle ipotesi consentite dalla

legge, soprattutto da parte di soggetti ai vertici degli enti locali.

In materia di incarichi affidati ai sensi dell’art. 14 della legge

regionale del 1992, è stato ribadito che l’incarico deve essere finalizzato ad

attività connesse con l’esercizio dei poteri di indirizzo e di controllo

politico-amministrativo, che il sindaco esercita nelle competenze a lui

riconducibili, e che nel conferimento degli stessi deve essere rispettato il

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65 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

principio generale secondo cui non possono istituzionalmente coesistere più

posizioni per la soddisfazione di una stessa esigenza.

E’ stata così pronunciata sentenza di condanna (sentenza n. 47/2017)

al risarcimento corrispondente agli emolumenti pagati ad un soggetto

nominato esperto per assolvere a “compiti di collaborazione e funzioni di

assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente”.

Tali compiti, infatti, sono affidati per legge (e dalla regolamentazione

locale) al segretario comunale anch’egli, peraltro, fiduciariamente scelto

dal sindaco stesso. La corrispondente spesa, quindi, è inutile e, come tale,

insuscettibile di valutazioni compensative, cosicché, esclusa la possibilità

di valutare eventuali vantaggi comunque conseguiti dagli enti locali

interessati, deve essere considerata fonte di danno erariale.

Più volte, poi, gli amministratori di enti locali hanno cercato di

superare i vincoli imposti dalla normativa di riferimento in materia di

assunzioni non consentite o di pagamento di emolumenti non dovuti, è

stato così ritenuto sussistente il danno erariale (sentenza n. 590/2017),

derivante dalle differenze retributive corrisposte ad alcuni dipendenti

comunali, vincitori di procedure selettive riservate ai soggetti già impiegati

presso il comune, dalla loro nomina fino all’annullamento, in via di

autotutela, delle delibere relative all’espletamento dei concorsi interni. E’

stato ritenuto, infatti, del tutto ingiustificato il ricorso ad una procedura

rivolta esclusivamente all’interno, dato il palese difetto di peculiari ragioni

che potessero spiegare la preferenza per questa tipologia di selezione, che

già all’epoca, in seguito al consolidamento del diritto vivente prima

richiamato, costituiva una deroga al modello del pubblico concorso, da

prediligersi come espressione di un regola generale secondo gli

insegnamenti dettati dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 234/1994.

Ancora, altro sindaco è stato riconosciuto responsabile (sentenza n.

658/2017) del cd. danno erariale indiretto subito dal Comune per

l’esecuzione di una sentenza del giudice del lavoro che aveva annullato una

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66 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

determina sindacale di attribuzione ad una dipendente di categoria C una

posizione organizzativa che avrebbe dovuto essere affidato ad un

dipendente inquadrato nella categoria D, di cui vi era disponibilità

nell’ente locale e che, avendo proposto ricorso, era stata risarcita dal

giudice ordinario.

La Sezione ha poi ritenuto (sentenza n. 111/2017) che anche gli

istituti autonomi case popolari siano destinatari delle norme contenute

nella legge regionale n. 25 del 2008, che vietano agli enti pubblici di operare

assunzioni a tempo indeterminato. La norma era stata preceduta dalla

emanazione della delibera di giunta n. 221 del 30 settembre 2008, con la

quale la Giunta regionale, al fine di contenere la spesa pubblica, faceva

divieto a tutti gli enti pubblici sottoposti a vigilanza e/o controllo della

Regione Siciliana di cui all’art. 1, commi 1 e 3, della L.R. 15 maggio 2000,

n. 10, e alle società a partecipazione maggioritaria della Regione di bandire

concorsi, effettuare selezioni di personale, indipendentemente dalla

qualifica o funzione da ricoprire, nonché di procedere all’assunzione di

personale a tempo determinato o indeterminato ovvero a promozioni.

Successivamente, il legislatore regionale ha voluto tradurre in un

provvedimento generale ed astratto avente forza di legge, quanto già

stabilito a livello amministrativo, e alla fine dello stesso anno 2008, ha

approvato la L.R. n. 25/2008, relativa ad “interventi urgenti per

l’occupazione e lo sviluppo”, il cui art. 1, comma 10, che impone il divieto

di procedere ad assunzioni a tempo determinato o indeterminato, alle

Amministrazioni regionali, Istituti, Aziende, Agenzie, Consorzi (esclusi

quelli tra enti locali), Organismi ed enti regionali comunque denominati,

che usufruiscono trasferimenti diretti da parte della regione. Il divieto è

stato, così, esteso a tutti gli enti appartenenti all’amministrazione pubblica

in generale, nel cui ambito sono espressamente ricompresi anche gli Istituti

Autonomi Case Popolari (art. 1, comma 2, D. Lgs. n. 165/2001). In

applicazione della normativa in tal modo interpretata, la Sezione ha

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67 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

riconosciuto la responsabilità amministrativa del Commissario ad acta, e

del Direttore Generale di un Istituto Autonomo Case Popolari, per avere

autorizzato l’assunzione, a tempo determinato, di un dirigente esterno

dell’Ufficio Legale, condannandoli a rifondere gli emolumenti a lui

corrisposti.

Una particolare ipotesi di responsabilità erariale è stata affrontata

nella sentenza n. 631/2017 che ha condannato per danno erariale il

Commissario Straordinario di un’Azienda Ospedaliera che aveva disposto

un servizio di vigilanza aggiuntivo presso una Unità Operativa, non solo

senza il minimo rispetto delle procedure e dei presupposti previsti in

contratto, ma per esigenze personali di un singolo medico.

****

Nell’anno 2017 sono state emesse molteplici sentenze di condanna al

risarcimento del danno all’immagine subito dall’amministrazione in

conseguenza della commissione di reati da parte di soggetti ad essa legati

da un rapporto di impiego.

In proposito, costituisce fatto notorio che le Amministrazioni

Pubbliche siano tenute istituzionalmente ad impiegare sistematicamente

rilevanti risorse finanziarie, umane e strumentali nell'ottica di migliorare

gradualmente gli standards d'efficienza e d'efficacia della propria azione, in

modo anche da promuovere la diffusione all'esterno di un'immagine di sé

caratterizzata dal rispetto dei principi di legalità, di buon andamento, di

esclusiva ed efficace tutela degli interessi della collettività, così da

incrementare la fiducia dei cittadini e degli utenti nelle istituzioni e nei

servizi pubblici.

Da questo punto di vista, appare palese e indiscutibile che i

comportamenti illeciti e gravemente devianti tenuti da pubblici funzionari

e dagli incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni,

risultano normalmente percepiti dall'opinione pubblica come

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68 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

immediatamente riferibili (oltre che ai loro autori materiali) alla stessa

Istituzione cui essi appartengono, la quale viene a perdere inevitabilmente

prestigio e credibilità di fronte alla collettività.

A fondamento della azione risarcitoria esercitata dal Pubblico

ministero contabile per danno all’immagine, è posto l’art. 17, comma 30

ter, del DL n. 78/2009, convertito con modificazioni con la L. n. 102/2009

e contestualmente modificato con DL n. 103/2009, convertito, a sua volta,

con L. n. 141/2009, che aveva ristretto il campo di applicazione oggettivo

del danno all’immagine, riconoscendone la risarcibilità dinanzi al giudice

contabile per le sole ipotesi di danni derivanti da reati di cui al capo I, titolo

II, libro secondo del codice penale, accertati con sentenza di condanna

passata in giudicato.

Con il nuovo codice è stata in parte modificata la disciplina giuridica

per il danno all’immagine, attraverso l’abrogazione dell’art. 7 della legge

27 marzo 2001, n. 97, ad opera dell’art. 4, primo comma, lett. g),

dell’allegato 3 del decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174. A seguito di

tale abrogazione, è stata eliminata la limitazione all’esercizio dell’azione

per il risarcimento del danno all’immagine introdotta con il sopracitato

art. 17, comma 30-ter, così che l’azione è ormai esperibile in tutti i casi in

cui vi sia una sentenza passata in giudicato per un qualunque reato

commesso da un soggetto legato all’amministrazione da un rapporto di

servizio, in violazione degli obblighi al servizio riconducibili, inclusi i reati

comuni che, invece, non erano contemplati dal c.d. “Lodo Bernardo”.

Un’ipotesi particolare di condanna per danno all’immagine è stata

trattata nella sentenza n. 415/2017 in cui il soggetto citato in giudizio,

aveva subìto da parte del giudice penale di una condanna per truffa

aggravata reato diverso da quelli indicati nel c.d. lodo Bernardo. Tuttavia,

l’eccezione di nullità, non rilevabile d’ufficio, non era stata sollevata da

parte del convenuto, che avrebbe dovuto proporla in via autonoma, ancor

prima dell’instaurazione del giudizio, o nella memoria di costituzione, con

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69 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

la conseguenza che il Collegio ha ritenuto definitivamente radicato innanzi

sé il giudizio per l’esame del merito. Invero, solo a seguito dell’entrata in

vigore dell’art. 51, comma 6, del nuovo codice contabile avvenuta il 7

ottobre 2016, è previsto che la nullità per violazione delle norme sui

presupposti di proponibilità dell’azione per danno all’immagine sia

rilevabile anche d’ufficio, ma la norma in questione, ai sensi dell’art. 1,

allegato 3, del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, si applica alle

istruttorie in corso alla data di entrata in vigore del codice, fatti salvi gli

atti già compiuti secondo il regime previgente.

La Sezione, quindi, accertato che l’atto di citazione era stato

depositato prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia

contabile, ha ritenuto non applicabile alla fattispecie il comma 6 dell’art.

51 sopra citato, escludendo, in assenza di apposita eccezione

dell’interessato, di potere rilevare d’ufficio la nullità. Ha così emesso

sentenza di condanna nei confronti del convenuto, ritenendo che il suo

comportamento truffaldino, penalmente accertato con autorità di

giudicato, avesse comportato un notevole discredito all’immagine

dell’amministrazione finanziaria, avendo abusato della sua qualità di

pubblico dipendente sia all’interno degli uffici finanziari, presso cui

prestava servizio, che all’esterno, per ottenere vantaggi economici non

dovuti.

Sempre in materia di danno all’immagine, assume una valenza di

eccezionale gravità l’ipotesi di tale tipo di danno quando viene provocato

da comportamenti riprovevoli da parte dei rappresentanti delle Forze

dell’ordine, la cui presenza, non fosse altro che per l’uniforme indossata,

innegabilmente rappresenta per i consociati un punto di riferimento, di

certezza e di conforto, facendo sì che chi la indossa possa incarnare la parte

dello Stato più vicina e di aiuto per il cittadino. L’uso distorto, anzi,

l’abuso del ruolo ricoperto, aggravato dai biechi e futili motivi personali

sottesi alla condotta tenuta dall’agente, non può non ingenerare nella

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70 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

comunità disapprovazione, amarezza e sconforto, con ciò screditando

l’intera categoria, la cui immagine lesa deve essere necessariamente

ripristinata in tutta la sua integrità.

Alla luce di tali considerazioni, sono state emesse nei confronti di

soggetti appartenenti alle Forze dell’ordine le sentenze nn. 31/2017,

187/2017, 312/2017, nelle quali si è tenuto conto dell'importanza dei doveri

istituzionali dolosamente violati e della gravità delle condotte poste in

essere, poiché in funzione di tali connotati si sono determinate le

ripercussioni negative sull’immagine dell'amministrazione

d'appartenenza.

Particolarmente esecrabile è apparso il comportamento del

comandante della stazione dei Carabinieri di un comune che taglieggiava

con richieste di denaro esercenti attività commerciali, piccoli imprenditori

e soggetti privati, riconosciuto per questo definitivamente colpevole dal

giudice penale di plurime ipotesi di concussione e di falsità in atto pubblico,

omissione di atti di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità

ed anche per furto.

Per il danno all’immagine derivato dalla notizia di una condanna

definitiva per il reato di concussione, la cui commissione certamente ha

fatto vacillare la fiducia risposta dai consociati nel corretto e imparziale

funzionamento dell’apparato burocratico, è stato anche disposto (sentenza

n. 542/2017) il risarcimento a carico di un funzionario di un Distretto

minerario che facendo leva sul metus che riteneva di esercitare su un

comune cittadino lo aveva indotto a pagargli una tangente per il

compimento di atti cui lo stesso aveva diritto.

Ancora, con la sentenza n. 592/2017, la Sezione ha affermato la

sussistenza di un grave danno all’immagine provocato dalla diffusione

mediatica della condanna penale di un convenuto per i reati di tentato

abuso di ufficio e voto di scambio, commessi nelle funzioni di Presidente

della Commissione esaminatrice della procedura concorsuale per la

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71 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

mobilità volontaria di 20 posti di infermiere presso un Ospedale, dove lo

stesso era anche Direttore sanitario. E’ stato ritenuto che la diffusione

attraverso gli organi di stampa della notizia del concorso ospedaliero

truccato in cambio di favori elettorali abbia fatto vacillare la fiducia

riposta dai consociati nel corretto ed imparziale funzionamento

dell’apparato burocratico dell’ente di appartenenza, con implicazioni

relative anche all’assetto politico della regione siciliana, presso cui

l’elezione doveva avvenire, attestando una gravissima violazione delle

regole poste a tutela di un governo democratico.

Un danno all’immagine, questa volta direttamente subìto

dall’Assemblea regionale siciliana, è stato affermato (sentenza n.

437/2017) essere stato provocato dalla condanna penale per peculato

pronunciata a carico del capogruppo di un gruppo consiliare, al quale era

stato affidato il compito di ripianare alcuni debiti che si erano formati nel

corso della Legislatura precedente a carico del gruppo stesso. A tal fine, il

Presidente dell’ARS aveva stanziato una congrua somma accreditandola

su un conto del quale il parlamentare aveva la piena disponibilità. Invece,

una parte di questa somma non era stata destinata a fini istituzionali ma

impiegata per spese personali, quali giocate on line, ecc.. La vicenda ha

avuto una diffusione mediatica e giornalistica che, ha ritenuto il Collegio,

fosse avvenuta in misura direttamente proporzionale rispetto alla

importanza della carica istituzionale ricoperta, con ciò contribuendo a

screditare, inquinare, ridicolizzare e, quindi, a danneggiare, l’immagine che

dell’Assemblea Regionale, quale massimo organo rappresentativo della

comunità.

Sono state trattate dalla Sezione anche due ipotesi di danno

all’immagine per assenteismo (sentenze n. 577/2017 e n. 640/2017)

rientranti nell’ambito di applicazione del secondo comma dell’art. 55 -

quinquies del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (introdotto dall’art. 69 del D.

Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150), riferibile anche ratione temporis ai

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72 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

comportamenti già sanzionati in sede penale tutti realizzati dopo il 15

novembre 2009, data di entrata in vigore della norma, in base alla quale il

dipendente di una pubblica amministrazione, che abbia giustificato

l’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o

falsamente attestante uno stato di malattia, è obbligato a risarcire non solo

il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a titolo di retribuzione

nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, ma anche il

danno all'immagine.

La ratio legis della previsione di danno deve essere individuata nella

frequenza del richiamato fenomeno e nella sua capacità di incrinare

fortemente il senso di fiducia dei cittadini nei confronti delle

Amministrazioni pubbliche, sempre che ricorrano i presupposti ordinari

del danno all’immagine. E’ stata, conseguentemente, negata (sentenza n.

640/2017) la sussistenza di alcuna lesione all’immagine

dell’amministrazione in mancanza del clamor fori, presupposto essenziale

per una risonanza del fatto illecito ed una conseguente lesione

dell’immagine dell’ente pubblico, attraverso la diffusione dei fatti su

organi di stampa e mass-media anche locali.

****

Nell’anno 2017 sono state accolte tre istanze di rito abbreviato

presentate dai convenuti in giudizio.

Come è noto, l’articolo 130, comma 1, c.g.c. prevede che “In

alternativa al rito ordinario, con funzione deflattiva della giurisdizione di

responsabilità e allo scopo di garantire l'incameramento certo e immediato di

somme risarcitorie all'erario, il convenuto in primo grado, acquisito il previo e

concorde parere del pubblico ministero, può presentare, a pena di decadenza

nella comparsa di risposta, richiesta di rito abbreviato alla sezione

giurisdizionale per la definizione alternativa del giudizio mediante il

pagamento di una somma non superiore al 50 per cento della pretesa

risarcitoria azionata in citazione”.

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73 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Secondo il comma 6, primo periodo dello stesso articolo 130 c.g.c., “Il

collegio, con decreto in camera di consiglio, sentite le parti, delibera in merito

alla richiesta, motivando in ordine alla congruità della somma proposta, in

ragione della gravità della condotta tenuta dal convenuto e della entità del

danno”.

Il successivo comma 7 prevede, poi, che “In caso di accoglimento della

richiesta, il collegio determina la somma dovuta e stabilisce un termine

perentorio non superiore a trenta giorni per il versamento. Ove non già fissata,

stabilisce l'udienza in camera di consiglio nella quale, sentite le parti, accerta

l'avvenuto tempestivo e regolare versamento, in unica soluzione, della somma

determinata”.

In tutti i giudizi menzionati sono state pronunciate sentenze di

estinzione del giudizio (sentenze nn. 18/2017, 414/2017 e 784/2017) con

condanna dei convenuti al pagamento delle spese del giudizio.

In una particolare ipotesi, il Collegio ( ordinanza n. 159/2017) ha

rimesso in termini il convenuto che non aveva rispettato il termine

perentorio imposto dal primo comma dell’art. 130, ritenendo che, i

gravissimi motivi di salute da cui era affetto, gli avessero impedito di

operare tempestivamente la scelta di chiedere il rito abbreviato, scelta che

presuppone una preventiva valutazione comparativa tra l’esito

previsionale del giudizio ordinario introdotto dal Pubblico Ministero e

l’immediato sacrificio economico che accede al rito alternativo. Secondo la

Sezione giurisdizionale, infatti, la predetta valutazione può essere fatta

solo personalmente dall’interessato, anche tenendo conto del sacrificio

economico, di fatto immediato, legato all’esigenza di disporre, in tempi

brevissimi, della somma necessaria per la definizione alternativa del

giudizio e di sopportare gli eventuali relativi costi.

****

Nell’anno 2017 sono stati trattati dalla Sezione Giurisdizionale una

molteplicità di giudizi aventi ad oggetto fattispecie di appropriazione

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74 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

dolosa di somme da parte di pubblici dipendenti e di amministratori

infedeli, spesso facilitate dall’uso degli strumenti informatici, il cui distorto

utilizzo consente di mascherare più facilmente la distrazione del denaro.

E’ stato, così accertato il danno erariale commesso da un dipendente

dell’ufficio delle Entrate (sentenza n. 29/2017) attraverso lo sgravio

indebito di cartelle esattoriali, avvenuto a mezzo del sistema informatico,

attraverso l’uso delle apposite credenziali (password e codice fiscale) con

una motivazione puramente apparente, cui non corrispondeva alcuna

documentazione giustificativa ed in assenza di un corrispondente

versamento, simulando il più delle volte lo smarrimento del fascicolo

cartaceo.

Altra frode informatica è stata operata da un funzionario dell’INPS

che, sempre utilizzando strumenti informatici ed approfittando anche del

marcato disordine organizzativo dell’ufficio, aveva costituito una serie di

rapporti previdenziali fittizi dai quali era derivata l’indebita erogazione di

pensioni a favore di soggetti che non ne avevano diritto (sentenza n.

32/2017). Ancora, sempre a mezzo della manomissione dei dati informatici,

un dipendente dell’Automobile club d’Italia, è stato condannato (sentenza

n. 544/2017) per la indebita appropriazione delle quote del tesseramento

ACI e delle licenze CSAI e dell’importo relativo alla riscossione delle tasse

automobilistiche.

Con le sentenze n. 58/2017 e n. 188/2017, la direttrice dei servizi

generali ed amministrativi di un Istituto di istruzione secondaria superiore

è stata condannata due volte per il mancato versamento nelle casse della

scuola di somme di spettanza dell’istituto. In particolare, con la sentenza

n. 58 è stata accertata la sua responsabilità per danno erariale per non

avere mai riversato le somme corrisposte dagli alunni per la partecipazione

alle gite scolastiche, dall’anno scolastico 2011/2012 all’anno scolastico

2013/2014. Con la pronuncia n. 188 la stessa direttrice è stata condannata

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75 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

per non avere versato le quote di iscrizione di 21 partecipanti interni ad un

corso di lingua inglese, svoltosi nell’anno scolastico 2013/2014.

Nella vicenda, oltre alla ripetitività delle violazioni che inducono a

supporre un comportamento abituale della dipendente, tenuto,

possibilmente, anche in altre occasioni non pervenute all’attenzione del

pubblico ministero contabile, lascia perplessi il mancato intervento del

dirigente scolastico che, secondo le disposizioni dettate dal regolamento

interministeriale n. 44 del primo febbraio 2001, recante le "Istruzioni

generali sulla gestione amministrativo – contabile delle istituzioni

scolastiche”, deve apporre anche la propria firma sulle reversali di incasso

e sui mandati di pagamento (artt. 10 e 12), che ha un obbligo decennale di

conservare, completi dei relativi allegati.

Le riportate “Istruzioni generali sulla gestione amministrativo –

contabile delle istituzioni scolastiche” attribuiscono difatti alla figura del

dirigente un ruolo determinante in materia di gestione economico-

finanziaria, in considerazione anche della spiccata autonomia,

organizzativa e finanziaria, di cui godono le predette istituzioni. Nella

fattispecie, il dirigente scolastico, disinteressandosi della gestione contabile

dell’istituto, non aveva percepito alcuna anomalia nel non avere mai

firmato (per tre anni scolastici consecutivi) alcuna reversale di incasso delle

quote versate dagli studenti per la partecipazione alle gite di istruzione, nè,

neppure in sede di approvazione del conto consuntivo annuale, si era

avveduto dell’omessa contabilizzazione delle entrate, avendo

evidentemente omesso di esercitare la doverosa attività di impulso e di

controllo, che avrebbe certamente posto fine, con immediatezza, alla

condotta gravemente negligente del direttore, rilevata, invece, a distanza

di anni, esclusivamente dall’Organo di revisione.

Sempre in materia di danni subìti da istituti scolastici è stata

riconosciuta (sentenza n. 149/2017) la responsabilità del dirigente

scolastico pro-tempore di un Istituto di Istruzione Secondaria Superiore

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76 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

che, nella gestione di progetti finanziati con i Fondi Strutturali Europei,

aveva proceduto all’acquisto di materiale informatico, non ammesso dalle

disposizioni attuative dei progetti ed aveva erogato al personale,

variamente impegnato per l’esecuzione dei corsi, compensi non dovuti.

Anche le fattispecie di appropriazione di denaro pubblico da parte di

pubblici amministratori si sono moltiplicate.

Con la sentenza n. 2/2017 è stata riconosciuta la responsabilità di un

amministratore di un Consorzio di bonifica, già condannato per peculato e

truffa aggravata in sede penale, che approfittando della carica rivestita

aveva richiesto ed ottenuto l’utilizzo di auto aziendali per sé e per i suoi

dipendenti, aveva ricevuto indennità chilometriche e rimborso pasti non

dovuti ed anche rimborsi per pasti non consumati, nonché per spese

personali.

Per la medesima tipologia di spese (acquisti presso negozi di scarpe,

pelletteria, abbigliamento e profumeria di lusso in genere) ed anche per

spese sproporzionate rispetto alle effettive esigenze istituzionali è stato

condannato il presidente del consiglio di amministrazione di un ATO

(sentenza n. 157/2017), mentre è stato addebitato (sentenza n. 261/2017)

al Segretario amministrativo di un Consorzio universitario il danno

erariale commesso per avere pagato con i fondi dell’ente, un suo debito

esattoriale personale nei confronti di Polis Equitalia, agente della

riscossione dell’Agenzia delle entrate per la provincia di Venezia.

Una sistematica violazione dei principi della contabilità commessa

da parte del sindaco, di un consigliere e del responsabile finanziario di un

comune, hanno reso opaca la gestione delle spese, al fine di non consentire

la tracciabilità dei flussi di denaro in entrata e in uscita. E’ stato, così

accertato (sentenza n. 686/2017) un danno erariale di oltre 600.000 euro per

le casse del comune per esborsi non attinenti a spese istituzionali o privi di

ogni giustificazione.

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77 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Gravissimi episodi di sperpero di denaro pubblico sono avvenuti

nell’ambito dell’assistenza pubblica ai disabili, in cui le necessità finanziate

costituiscono vere e proprie emergenze cui fare fronte per assicurare una

migliore qualità della vita ai soggetti assistiti, che, oltre a dovere

sopportare le gravissime patologie da cui sono affetti, si trovano spesso in

condizioni di estremo disagio esistenziale. Si tratta di un settore che, come

sappiamo bene, troppo spesso ha subìto la disattenzione della politica ed

ha sofferto enormemente per la carenza di risorse economiche.

Le fattispecie che sono state trattate nell’anno appena trascorso

hanno riguardato dell’IRIDAS, Istituto Regionale per l’Integrazione dei

Diversamente Abili di Sicilia, e l’AIAS, Associazione Italiana Assistenza

agli Spastici, i cui organi preposti all’amministrazione hanno utilizzato a

fini personali le risorse economiche messe a disposizione per la assistenza.

In particolare, con la sentenza n. 53/2017, è stato accertato che i

componenti del consiglio di amministrazione dell’IRIDAS, il direttore

generale, il direttore dei Servizi generali ed amministrativi ed il segretario

hanno concorso tra di loro, con diversi e più o meno sfumati contributi

causali, alla realizzazione di atti di mala gestio all’interno dell’Istituto, volti

alla locupletazione personale e al depauperamento di denaro pubblico in

uno scenario di assenza di controlli esterni che ha consentito loro di

perpetrare le condotte illecite nel tempo e di agire come veri e propri

padroni dell’Istituto.

I convenuti si sono mossi in un contesto nel quale, nell’arco

temporale di riferimento, intercorrente tra il 2003 e il 2005, volutamente

non era rispettata la normativa sulla contabilità di stato, non erano redatti

i bilanci di previsione, né quelli consuntivi, non vi erano impegni di spesa

a supporto dei mandati di pagamento emessi, che non riportavano neanche

gli estremi degli atti di autorizzazione alla spesa, non si teneva la gestione

dei residui, non era allegata alcuna documentazione giustificativa ai

mandati oppure questa non era pertinente con l’oggetto della spesa

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78 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

indicata. In definitiva, questo giudice contabile ha addebitato ai convenuti

un danno di circa 400.000 euro, oltre al danno all’immagine calcolato

complessivamente in € 300.000.

Analogamente, è stato accertato (sentenza n. 629/2017) che il legale

rappresentante e Presidente dell’AIAS, negli anni dal 2008 al 2013, ha

proceduto ad una gestione dell’Associazione finalizzata unicamente alla

realizzazione di vantaggi personali, per sé e per amici e parenti, attraverso

la distrazione e/o appropriazione di pubbliche risorse, provocando un

danno erariale di euro 578.804,43. E’ stata, infatti, raggiunta la prova della

liquidazione a suo favore di ingentissime somme per rimborsi chilometrici

non dovuti, di spese di ristorazione e di hotel per i suoi familiari, di esborsi

per il pagamento di parcelle legali per difese personali, di somme

corrisposte al figlio quale compenso per un incarico professionale

all’interno dell’Associazione, da lui mai svolto.

Anche in questa ipotesi di danno erariale, come peraltro nella

precedente in cui era l’Amministrazione regionale a dovere procedere ai

controlli, abbiamo assistito ad una sostanziale inerzia

dell’Amministrazione danneggiata, rappresentata dalla ASP di Palermo,

che, procedendo all’erogazione di ingentissime somme di denaro, avrebbe

dovuto controllare il loro corretto utilizzo, unitamente all’organo di

vigilanza, costituito dall’Assessorato Regionale della Sanità, secondo

quanto previsto ed imposto dall’art. 10 della convenzione stipulata tra

l’AIAS e la ASP, tra le quali si era instaurato un rapporto di rilevanza

pubblicistica dato dallo svolgimento, da parte dell’AIAS, di attività di

interesse generale. L’elevato numero di richieste a fronte delle esigue

strutture offerte dalla ASP, infatti, aveva indotto quest’ultima a stipulare

e, nel tempo, a rinnovare, apposite convenzioni con l’AIAS affinché

quest’ultima, in possesso di strutture e personale idoneo, svolgesse, dietro

pagamento, in luogo e per conto della ASP medesima, quelle funzioni di

interesse generale che sarebbero state di competenza dell’ASP. L’esame dei

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79 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

bilanci associativi versati in atti ha dimostrato che l’AIAS viveva

unicamente dei proventi derivanti dalla convenzione con la ASP ed avendo

la natura giuridica di una ONLUS, mancando quindi lo scopo di lucro,

aveva l’obbligo di reinvestire gli utili e/o gli avanzi di gestione nelle attività

proprie dell’ONLUS medesima o in altre attività ad esse strettamente

connesse.

Tra l’altro, se, come non contestato dalla ASP nel corso degli anni, le

prestazioni sanitarie sono state effettivamente rese, le risorse necessarie a

coprire le spese ritenute illegittime derivano da avanzi di gestione, la cui

presenza avrebbe dovuto indurre la Asp, ove se ne fosse accorta, a rivedere

i costi previsionali per tetto di spesa fissati annualmente in convenzione,

modificandoli ed eventualmente riducendoli, in modo da non consentire

inutili risparmi che poi, come è accaduto sono stati sperperati: si potevano,

così, recuperare somme da reinvestire per la realizzazione degli scopi

solidaristici, conformemente alla destinazione delle risorse.

Anche nei confronti del Segretario amministrativo di un Istituto

Pubblico di Assistenza e Beneficenza, c.d. IPAB, è stata pronunciata una

sentenza di condanna (sentenza n. 573/2017) al pagamento della somma di

euro 329.654,92, per un’ipotesi di danno erariale derivante dalla

distrazione, appropriazione e non corretto uso dei fondi a disposizione

dell’istituto. E’ emerso dalla complessa istruttoria svolta che il convenuto,

avrebbe dilapidato e si sarebbe appropriato di parte delle risorse

economiche dell’IPAB, attraverso fatture per lavori di ristrutturazione,

di fatto, mai eseguiti, presunte consulenze rese a non ben chiaro titolo,

trasferimenti di denaro a società di cui era lui stesso l’amministratore,

nonché pagamento di emolumenti non dovuti a favore di alcuni dipendenti

dell’IPAB, con alcuni dei quali aveva rapporti di parentela, disponendo,

altresì, in suo favore rimborsi privi di documentazione giustificativa.

****

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80 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nell’ambito dell’Amministrazione della sanità pubblica la tipologia

più frequente di giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle

Aziende è stata nell’anno 2017 quella derivante dalla violazione del

rapporto di esclusività da parte degli operatori sanitari.

E’ stata così emessa sentenza di condanna (sentenza n. 42/2017) per

danno erariale nei confronti di un medico, condannato anche penalmente

per il reato di truffa aggravata, che nell’esercizio di un’attività medica

libero-professionale si faceva pagare dai propri pazienti non riversando tali

somme all’amministrazione sanitaria, violando la normativa dettata per

disciplinare l’attività medica intra moenia ed extra muraria e percependo

così indebitamente, da parte della propria amministrazione, l’indennità di

esclusività.

Un più complesso danno erariale è stato accertato (sentenza n.

416/2017) a carico di un medico che non solo svolgeva una doppia attività

lavorativa, di dirigente medico del SSN in regime di esclusività presso

l’Azienda Ospedaliera universitaria Policlinico e di ricercatore confermato

presso l’Università di Palermo in regime di tempo pieno, ma esercitava

anche abusivamente la libera professione in una struttura privata

convenzionata con il SSN, indirizzando presso di essa i pazienti al fine di

lucrare su tale spostamento dei malati, dato il consistente incremento del

fatturato così realizzato dalla casa di cura privata e dei conseguenti

rimborsi a carico del SSN.

Dal quadro normativo di riferimento è, anzitutto, emerso con

assoluta chiarezza la sussistenza di un danno erariale, derivante dalla

violazione del generale dovere di esclusività che l’ordinamento impone ai

ricercatori universitari confermati, con rapporto di lavoro a tempo pieno,

che svolgano anche l’attività di dirigente medico presso una azienda

ospedaliero-universitaria. Peraltro, il rapporto di lavoro del dirigente

medico in regime di intramoenia e contemporaneamente ricercatore

universitario a tempo pieno, è connotato da una generale incompatibilità

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81 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

allo svolgimento della libera professione, visto che la disciplina di settore

intende assicurare la totale disponibilità del medico allo svolgimento delle

funzioni dirigenziali evitando possibili conflitti di interessi o forme di

concorrenza sleale.

Oltre al danno da violazione del dovere di esclusività è stato

riconosciuto a carico della convenuta, anche un danno da disservizio per il

Policlinico. Infatti, l’attività truffaldina accertata di sviamento dei

pazienti verso una struttura privata, ha procurato una generale

diminuzione di efficienza dell’apparato pubblico, in considerazione

dell’importanza che riveste, per una pubblica struttura ospedaliera, il

volume dei casi, al fine di realizzare non solo quelle “economie di scala”

necessarie per il massimo rendimento della spesa sanitaria ma anche per

assicurare il miglioramento delle prestazioni offerte in rapporto a ciascuna

patologia trattata.

Del medesimo tenore è stata la condanna (sentenza n. 735/2017)

pronunciata in favore dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa

Sofia-Cervello per la condotta antigiuridica di un medico che prestava, a

titolo oneroso, la propria opera professionale a favore della struttura

sanitaria privata, illecitamente strumentalizzando il proprio rapporto di

servizio con la struttura pubblica, dirottando i pazienti alla casa di cura al

fine di percepire da essa una percentuale sul DRG erogato per ogni

paziente. Anche in questo caso, è stata riconosciuta la responsabilità

erariale per il danno da violazione del rapporto di esclusività e per il danno

da disservizio.

Nell’ambito dell’Amministrazione sanitaria sono stati trattati anche

giudizi instaurati nei confronti degli operatori delle Aziende per il recupero

di somme pagate a titolo di risarcimento a soggetti privati danneggiati da

errori sanitari commessi da medici in occasione dell’esercizio della

professione.

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82 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

In questi casi si tratta di ipotesi di danno indiretto, in quanto il

paziente ha già ottenuto il risarcimento dall’Azienda ed il giudice contabile

viene chiamato a decidere in merito alla fondatezza dell’azione, c.d. di

rivalsa, esercitata dal Procuratore regionale al fine di accertare la

responsabilità del sanitario nei confronti dell’ente di appartenenza.

E’ stato, così, ritenuto comportamento gravemente negligente per

tutta una equipe chirurgica (sentenza n.768/2017) la dimenticanza,

all’interno dell’addome di una paziente, di tessuti di garza utilizzati nel

corso di un intervento. Nella vicenda in esame, tuttavia, è stata ritenuta

sussistente la concorrente responsabilità della direzione sanitaria della

struttura che non ha recepito la “Raccomandazione per prevenire la

ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito

chirurgico” (raccomandazione n. 2 del marzo 2008) del Ministero della

salute. Per le finalità in parola, infatti, il dicastero ha predisposto una

scheda molto più completa di quella che è stata impiegata in occasione

dell’intervento subito dalla paziente, scheda che, tuttavia, non era stata

adottata dal presidio ospedaliero di cui si trattava.

Ancora, è stato riconosciuto (sentenza n. 318/2017) connotato da

estrema leggerezza nello svolgimento delle professione sanitaria, il

comportamento di un medico del Pronto soccorso per avere sottovalutato

i sintomi di un infarto del miocardio in evoluzione che, unitamente alle

abitudini di vita del paziente ed ai dati anamnestici raccolti, avrebbero

dovuto, secondo le basilari nozioni del percorso assistenziale previste

rispondenti agli ordinari parametri di diligenza e di perizia medica, imporre

esami specifici più approfonditi. Il medico è stato, così, riconosciuto

responsabile della morte del paziente, che aveva rimandato subito a casa,

e condannato alla rifusione delle somme che la ASP aveva dovuto

corrispondere agli eredi.

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83 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

b) giudizi di conto

In materia di conti giudiziali sono state pronunciate 16 sentenze, di

cui 7 di condanna, 4 di discarico, 3 interlocutorie e 2 di non luogo a

provvedere. Sono state anche pronunciate 2 ordinanze di condanna del

contabile.

L’importo complessivo delle condanne è stato pari ad € 87.234,57.

Passando all’esame delle tipologie più significative di sentenze

emesse nei confronti di Istituti bancari Tesorieri di comuni dell’isola,

merita attenzione la sentenza n. 5/2017, nella quale è stato esaminato il

conto giudiziale reso da un istituto bancario (Banca Agricola Popolare di

Ragusa - BAPR) che, nell’esercizio finanziario 2006, aveva svolto la

funzione di Tesoriere/Cassiere dell’Azienda Regionale di Riferimento per

l’Emergenza di 2° Livello - Ospedale Civile Maria Paternò Arezzo di

Ragusa. Il magistrato relatore, rilevate alcune anomalie nel calcolo degli

interessi passivi applicati per le anticipazioni di cassa, aveva chiesto la

fissazione dell’udienza per l’eventuale declaratoria dell’addebito a carico

dell’agente contabile dell’importo relativo. Nella pronuncia, la Sezione ha

affermato che la banca tesoriere aveva applicato, come tasso di interesse

sulle anticipazioni di cassa, un tasso variabile, dato dal Tasso Unico di

Riferimento (TUR) tempo per tempo vigente, aumentato di 0,97 punti

percentuali, anziché il tasso di interesse fisso del 2,97% previsto dalla

convenzione di tesoreria. Sul punto ha rilevato il Collegio che, prima

dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 163/2006, l’ ordinamento

consentiva che, in alcune ipotesi, il verbale di aggiudicazione tenesse luogo

del contratto, purchè venissero seguite le formalità tipiche del contratto,

con sottoscrizione del verbale da parte dell’ufficiale stipulante, dei due

testimoni, del legale rappresentante dell’impresa aggiudicataria, nonché

dell’ufficiale rogante; inoltre, per gli enti diversi dallo Stato e, come tali,

non regolati dal R.D. n.827/1924, era necessario, secondo la giurisprudenza

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84 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

del Consiglio di Stato, che una specifica previsione fosse stata inserita nella

lex specialis della gara.

Nel caso in esame, non soltanto nulla era stato previsto al riguardo

nel bando di gara, ma il verbale richiamato dalla difesa dell’istituto

bancario era soltanto un verbale di aggiudicazione provvisoria, a cui hanno

fatto seguito la deliberazione di aggiudicazione definitiva e la stipula del

contratto. La fonte che ha regolato il rapporto dell’Azienda ospedaliera

con il suo Tesoriere è, quindi, tale contratto, che all’articolo 16 prevedeva

a carico dell’Azienda la corresponsione sulle anticipazioni di cassa del tasso

debitorio annuo determinato all’atto dell’aggiudicazione, pari a 2,97%. La

Sezione ha, quindi, proceduto alla condanna del Tesoriere alla restituzione

dell’importo di € 68.482,89, pari alla differenza tra gli interessi passivi

effettivamente pagati dall’Azienda ospedaliera e quelli dovuti sulla base

delle previsioni della convenzione di tesoreria.

A seguito dell’esame del conto giudiziale reso per l’esercizio

finanziario 2005 dal Banco di Sicilia S.p.A. (oggi UNICREDIT S.p.A.)

quale tesoriere del Comune di Ramacca, è stata emessa la sentenza n.

230/2017 di condanna del tesoriere per l’addebito di commissioni di

massimo scoperto non dovute da parte del comune, pari alla somma di euro

7.804,39.

Con la sentenza n.655/2017 la Sezione si è pronunciata sul conto

giudiziale reso da UNICREDIT SPA, in qualità di Tesoriere del Comune

di Catania, per l’esercizio 2013. Il magistrato relatore sul conto, infatti,

dopo una istruttoria molto complessa, svolta anche con l’ausilio della

Guardia di Finanza, aveva individuato le seguenti irregolarità:

1. che il Tesoriere aveva computato interessi passivi non previsti

dalla convenzione con una locupletazione di € 4.188,13, a fronte

della linea di credito relativa alla anticipazione di cassa attivata dal

Comune, e di € 35.083,23 relativa alla predetta apertura di credito;

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85 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

2. che, a chiusura dell’esercizio 2013, pur in presenza di

un’anticipazione di tesoreria rimasta inestinta, il conto giudiziale

attestava l’esistenza di un fondo cassa di € 803.317,45, circostanza

del tutto incompatibile con il persistere dell’esposizione debitoria

verso il Tesoriere;

3. che le entrate a specifica destinazione erano state utilizzate per

fare fronte alle pressanti esigenze di liquidità dell’ente, come

consentito dall’art. 195 del TUEL, ma che, tuttavia, i predetti fondi

non erano stati reintegrati con le risorse libere via via pervenute.

4. che non erano state chiarite le modalità con cui è avvenuta la

gestione dei fondi della Tesoreria unica.

Con la pronuncia definitiva è stato disposto il discarico del contabile

tesoriere, ritenendo superati i rilievi sopra indicati. Infatti, circa le

osservazioni di cui al punto 1), è stata chiarita l’esatta decorrenza della

variazione del tasso ufficiale di riferimento per quanto riguarda l’errato

computo degli interessi dovuti dall’Ente sulle anticipazioni di cassa,

mentre con riguardo all’ulteriore somma di € 35.083,23 relativa agli

interessi sull’altra linea di credito, il tesoriere ha dimostrato l’integrale

rimborso di essa al Comune.

Circa i rilievi sulle disponibilità di cassa, è stato accertato che

l’indicazione del fondo di cassa finale rispondeva all’esigenza di dare

contezza delle somme di cui il Comune era giuridicamente titolare, anche

se non disponibili perché sottoposte a vincolo per effetto di pignoramenti,

sino all’esito della procedura espropriativa intrapresa dai creditori

dell’ente. In proposito il Collegio, pur ritenendo di dovere disporre il

discarico dell’agente contabile, ha ritenuto indispensabile disporre che il

conto giudiziale andasse integrato, a cura del Tesoriere e con il visto del

Comune, con apposita annotazione che desse conto della circostanza che il

fondo di cassa finale, al 31 dicembre 2013, era indisponibile in quanto

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86 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

interamente bloccato da pignoramenti pendenti, annotazione da riportare

nei conti giudiziali afferenti gli esercizi successivi.

Con riferimento alla questione della corretta contabilizzazione delle

entrate a specifica destinazione, il Collegio ha affermato che in merito a

tale anomalia prevalgono certamente le responsabilità dell’ente locale, dal

momento che l’utilizzo di tali entrate viene attivato dal Tesoriere su

specifiche richieste del servizio finanziario dell’ente ed altrettanto dicasi

per la ricostituzione delle poste vincolate. Ha, così, meritato censura

l’omissione, imputabile al Comune di Catania (parte in causa nel giudizio

per essere volontariamente intervenuto), degli adempimenti prescritti

dall’art. 195 del TUEL.

Con le sentenze n. 156/2017 e n. 240/2017 le somme contestate al

contabile da parte del magistrato relatore sono state pagate con bonifico

da parte dell’istituto tesoriere, di cui è stato, quindi, pronunciato il

discarico.

Passando all’esame delle sentenze rese nei confronti degli economi dei

comuni, con le sentenze n. 217 e n. 218 sono stati esaminati i conti giudiziali

resi da un economo di un comune per gli esercizi 2011e 2012.

Rilevata l’anomalia nella sottoscrizione del conto firmato dallo

stesso dipendente, sia nella qualità di economo che di responsabile del

Servizio economico e finanziario, in violazione del principio di alterità tra

soggetto controllore e soggetto controllato, la Sezione, esaminate le singole

spese effettuate, ha affermato la irregolarità della liquidazione di alcune

spese di missione, di rimborso pasti per gli amministratori e di rimborso

dell’indennità chilometrica agli amministratori ed ai dipendenti

Ritenuto, tuttavia, che l’elemento soggettivo richiesto per l’addebito

della responsabilità contabile di cui al giudizio di conto, parimenti a quello

della responsabilità amministrativa, deve ritenersi identificabile con il dolo

o la colpa grave, come evincibile dai principi contenuti nella sentenza della

Corte costituzionale n. 371/1998, la Sezione ha parzialmente discaricato il

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87 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

contabile, poiché anche se la spesa non appariva conforme alla normativa

di riferimento, nella sua condotta non era possibile ravvisare l’elemento

soggettivo del dolo o della colpa grave.

Con la sentenza n. 716/2017 emessa nel giudizio di conto relativo alle

somme riscosse sulle carte d’identità rilasciate nell’anno 2013, l’economo

del Comune di Licata è stato condannato al pagamento la somma di €

8.008,72, costituito dalla differenza tra quanto riscosso per il rilascio delle

carte di identità e quanto versato nelle casse del comune. Si è considerata,

infatti, non plausibile la giustificazione addotta dal contabile a sua difesa,

secondo cui l’ammanco si sarebbe verificato perché i richiedenti le carte

d’identità si erano impegnati a versare quanto dovuto in un momento

successivo. Tale tesi, non solo è apparsa sfornita del minimo supporto

probatorio, ma è posta nel nulla dalla considerazione che nessuna norma

autorizzava il contabile a rilasciare le suddette carte senza nel contempo

esigere dagli utenti il pagamento degli importi dovuti ex lege: trattasi, in

verità, di una giustificazione grossolana volta ad attenuare le conseguenze

del suo operato criminoso.

Diverse fattispecie sono state trattate nelle sentenze n. 689/2017 e n.

697/2017 , nelle quali è stato dichiarato che il conto presentato dal direttore

del Consorzio trapanese per la legalità e lo sviluppo, composto dal conto

del bilancio, dal conto economico e dal conto del patrimonio, attivo e

passivo, non è un conto giudiziale, ma si identifica con il rendiconto della

gestione, approvato, ai sensi dell’art.10 dello Statuto consortile,

dall’Assemblea del Consorzio e soggetto alle verifiche della locale Sezione

di controllo, ai sensi dell’art.227, d.lgs. n.267/2000.

****

Nel corso del lavoro svolto durante l’anno 2017 nel settore dei conti

giudiziali, sono state emesse anche alcune sentenze interlocutorie, come

disposto dall’art. 149, primo comma, c.g.c., ma già previsto dagli artt. 29

e 30 del Regolamento di procedura n. 1038 del 1933, in conseguenza della

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88 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

rimessione al Collegio da parte del magistrato istruttore sul conto della

decisione di alcune questioni preliminari.

Nei giudizi di conto presentati dagli agenti contabili dell’Ufficio

Passaporti della Questura di Catania e della Questura di Messina, in

conseguenza del mancato invio della documentazione giustificativa dello

scarico dei passaporti elettronici ceduti a pagamento, sono state emesse le

sentenze interlocutorie n. 190/217 e n. 213/2017.

Il magistrato istruttore chiedeva di conoscere l’orientamento della

Sezione sulle seguenti questioni preliminari:

- se, in assenza di diversa disciplina speciale, l’articolo 626,

ultimo comma, R.D. n. 827/1924 potesse essere interpretato nel senso che

l’agente contabile dovesse fornire idonea prova che lo stampato ceduto a

valore era stato rilasciato a seguito di verifica del versamento dell’importo

di legge nelle casse erariali;

- laddove al primo quesito fosse data risposta affermativa, se la

documentazione giustificativa dovesse essere allegata al conto sin

dall’origine e formare oggetto del riscontro operato dall’Amministrazione,

ai sensi dell’articolo 618, R.D. n. 827/1924, e dalla Ragioneria generale

dello Stato, a mezzo del competente Ufficio centrale del bilancio, ai sensi

dell’articolo 620, dello stesso Regio decreto.

La Sezione, delineato preliminarmente il quadro normativo

applicabile alla fattispecie, ha osservato che, in applicazione del decreto 5

maggio 2006, gli uffici competenti al rilascio dei passaporti elettronici

anche se non riscuotono più direttamente l’importo dovuto per il rilascio

del passaporto, devono comunque riscontrare che alla richiesta di

passaporto venga allegata la ricevuta di versamento dell’importo predetto

sul conto corrente postale, intestato al Ministero dell’economia e delle

finanze.

Ne è derivato che, per l’attività relativa al rilascio dei passaporti

elettronici, il contabile non ha più maneggio di denaro e, pertanto, per tale

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89 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

parte, il conto giudiziale che rende è un conto a materia, come disciplinato

dagli articoli 624 e ss., R.D. n.827/1924.

In particolare, per tali conti, l’articolo 626 prevede che il conto sia

corredato della documentazione giustificativa idonea a comprovare la

regolarità delle operazioni rendicontate “in conformità degli speciali

regolamenti”, che a quanto risulta, nella materia in esame, non sono stati

mai emanati.

La Sezione, quindi, ha dato risposta positiva sia al primo quesito, che

al secondo, ritenendo necessario che la documentazione giustificativa al

conto sia allegata sin dall’origine, al fine del riscontro operato

dall’Amministrazione e dalla Ragioneria generale dello Stato, a mezzo del

competente Ufficio centrale del bilancio.

La sentenza n, 388/2017 ha trattato i quesiti posti dal magistrato

istruttore sui conti giudiziali presentati dall’Amat spa, società

concessionaria del trasporto pubblico locale del Comune di Palermo, per

gli anni dal 2008 al 2011, relativi al servizio di riscossione dei tickets per le

aree di sosta a pagamento. Nella relazione, veniva segnalata l’esigenza di

acquisire l’orientamento della Sezione su varie questioni preliminari sulle

quali era necessario decidere prima di iniziare l’esame nel merito dei conti.

I quesiti erano i seguenti:

- se, nel caso in esame, dovesse essere presentato il conto giudiziale

pur in assenza di un obbligo, a carico del concessionario, di riversare al

Comune concedente le somme riscosse;

- se Amat spa vada considerato un agente contabile in relazione al

vincolo di destinazione impresso alle suddette entrate dall’art. 7, comma

7, del d.lgs. n. 285/1992 e se, in caso affermativo, siano sussistenti i requisiti

richiesti dall’art. 44 del R.D. n. 1214/1934, dell’art. 610 del R.D. n.

827/1924 e dell’art. 93 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL);

- in tal caso, quali siano gli elementi informativi da inserire nel conto

giudiziale e quale sia la documentazione giustificativa da allegare a questa

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90 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

tipologia di conti onde attestare l’adempimento delle prescrizioni recate

dall’art. 7, comma 7, del d.lgs. n. 285/1992.

Al primo quesito la Sezione giurisdizionale ha dato una risposta

positiva, sulla base della consolidata giurisprudenza che ha assodato

l’obbligo della resa del conto giudiziale per i concessionari del servizio di

sosta a pagamento in aree pubbliche, indipendentemente dalla forma

giuridica rivestita dall’atto di concessione e dal fatto che essi siano soggetti

pubblici o privati. Ugualmente, pacifica è stata giudicata l’appartenenza

del corrispettivo percepito dai concessionari per il servizio espletato su

suolo pubblico alla categoria delle entrate pubbliche, a prescindere se si

tratti di entrata di diritto pubblico (come le imposte) ovvero di diritto

privato (come quelle provenienti dai beni patrimoniali pubblici). Ha

ritenuto, pertanto, il collegio che i principi sopra espressi restano validi

nella fattispecie all’esame, anche se Amat Palermo spa non è

contrattualmente tenuta a corrispondere al Comune alcuna somma a titolo

di canone di concessione o, in qualche modo, riferita agli introiti derivanti

dai biglietti dei parcheggi a pagamento.

Da quanto sopra esposto ne deriva che, essendo le somme in

questione vincolate per legge allo scopo pubblico individuato dalla norma,

nessuna rilevanza può rivestire la circostanza della mancata previsione

dell’obbligo di riversamento nelle casse comunali dei proventi delle aree di

sosta a pagamento, cosicché nessun dubbio può sussistere circa la qualità

di agente contabile della società Amat spa nella gestione in commento,

tenuta, come tale, alla presentazione del conto giudiziale.

Circa la risposta da dare al terzo quesito su quali siano gli elementi

informativi da inserire nel conto giudiziale e quale sia la documentazione

giustificativa da allegare a questa tipologia di conti onde attestare

l’adempimento delle prescrizioni recate dall’art. 7, comma 7, del d.lgs. n.

285/1992, il Collegio ha ritenuto necessario compiere alcune premesse. Ha

reputato, anzitutto, che sia estranea alla peculiare natura del giudizio di

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91 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

conto la ricostruzione delle attività compiute da Amat spa per adempiere

alle prescrizioni di legge, richiamate dall’art. 21 della Sezione V del

contratto di servizio. Si tratterebbe, come è evidente, di una non consentita

interferenza con l’aspetto dell’esecuzione del contratto che lega il Comune

alla sua partecipata e che investe, oltre alla gestione delle aree di sosta a

pagamento, il complesso della gestione integrata dei servizi della mobilità

urbana, nel cui generale contesto ricevono valutazione le diverse

componenti delle risorse finanziarie che il Comune ha scelto di destinare ad

Amat spa, tra le quali rientrano appunto quelle derivanti dall’art. 7,

comma 7, del d.lgs. n. 285/1992. Né appare possibile, in sede di giudizio di

conto, ingerirsi nei controlli che il Comune ha il dovere di eseguire per

accertare il puntuale rispetto, da parte della società concessionaria, degli

obblighi di gestione e miglioramento delle aree di sosta previsti dalla legge

e richiamati dal contratto.

Alla luce delle precedenti considerazioni, è apparso sufficiente,

dunque, che l’agente contabile, nel redigere il conto giudiziale, provveda

ad elencare le voci di entrata riferite alla gestione in argomento, distinte

per tipologia, e le correlate spese, anch’esse analiticamente identificate in

base alla loro finalità, ponendo in debita evidenza tanto l’eventuale avanzo

finale della gestione quanto il riferimento, sia dal lato attivo sia dal lato

passivo, alla corrispondente registrazione operata nel bilancio della

società.

Il conto, debitamente compilato sul modello 21 del D.M. n. 194/1996

e firmato per esteso dal legale rappresentante della società, dovrà poi

ricevere apposita validazione da parte del Comune il quale dovrà apporvi

il visto di parifica di cui all’art. 618 del Rd n. 827/1924 (che costituisce

principio generale in materia di conti giudiziali).

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92 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Giudizi di pensione

Il carico dei giudizi pensionistici pendenti alla data del 1 gennaio

2017 ammontava a 1.534 ricorsi, di cui 1399 civili, 124 militari e 11 di

guerra.

Nel corso dell’anno ne sono pervenuti 1.088, di cui 1.043 civili, 35

militari e 10 di guerra.

Le udienze monocratiche dei magistrati assegnati alla Sezione sono

state complessivamente n. 62 e le camere di consiglio n. 32 e, nella

fissazione dei giudizi, i giudici unici hanno seguito l’ordine del ruolo, con

correttivi riguardanti l’età del ricorrente e le sue condizioni di salute.

Sono stati iscritti a ruolo 1.195 ricorsi, di cui 1.049 civili, 129 militari

e 17 di guerra. Di questi ne sono stati definiti 745, di cui 673 civili, 67

militari e 5 di guerra. Tra questi, 274 sono stati definiti con sentenze di

accoglimento, anche parziale, di cui 244 civili, 27 militari e 3 di guerra; 253

con sentenze di rigetto, di cui 223 civili e 30 militari; 43 con sentenze di

estinzione, di cui 41 civili e 2 militari; con altra tipologia di pronunce sono

stati definiti 170 ricorsi, di cui 161 civili, 7 militari e 2 di guerra.

Sono state emesse 143 ordinanze istruttorie, di cui 106 in materia

civile, 31 militare e 6 di guerra.

Alla data del 31 dicembre 2017 risultavano ancora pendenti 1.877

ricorsi, di cui 1.769 di pensioni civili, 92 di pensioni militari e 16 di pensioni

di guerra.

Come risulta dai dati numerici sopra riportati, la pendenza finale dei

giudizi pensionistici, già elevata alla fine dello scorso anno, è ancora

aumentata in conseguenza della proposizione di ulteriori ricorsi in materia

di pensioni civili. Il dato della sopravvenienza, nell’anno 2017, peraltro,

oltre, come già rilevato, a mantenersi abbastanza alto, è stato

caratterizzato dalla presenza di un gran numero di ricorsi collettivi: ne sono

stati presi in carico 129 con un numero di ricorrenti da 2 a 10; 55 con

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93 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

ricorrenti da 11 a 30; 9 con ricorrenti da 50 a 200; e 3 con oltre 300

ricorrenti. Questo ha comportato un enorme aggravio di lavoro per le

segreterie che hanno dovuto prendere in carico i ricorsi e per i GUP che con

una sola sentenza devono vagliare una molteplicità di istanze

pensionistiche non sempre coincidenti fra loro.

****

Le fattispecie esaminate in sede di giudizio pensionistico sono state

le più diverse, ma non è stata solo la varietà dell’oggetto a determinare la

loro complessità, da attribuire anche alla presenza di questioni disciplinate

dalla legislazione regionale, soltanto parzialmente derogatoria alla

normativa nazionale, e non sempre di facile interpretazione.

Il contenzioso è stato caratterizzato da numerosi ricorsi riguardanti

la legislazione regionale di contenimento della spesa pensionistica.

In proposito è stato affermato (sentenza n. 117/2017) che l’art. 13,

secondo comma, della legge regionale 11 luglio 2014, n. 13, che ha

introdotto il cd. “tetto alle pensioni” per i titolari di assegno pensionistico

regionale di importo superiore a € 160.000,00 annui, non ha, di fatto,

introdotto un prelievo tributario, le cui risorse concorrono al

finanziamento della spesa pubblica regionale. Non si sono ritenuti

sussistenti, infatti, gli elementi costitutivi della fattispecie tributaria come

ricostruiti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, trattandosi

anche di una misura temporalmente circoscritta. Il legislatore, infatti, può

incidere negativamente sui trattamenti di quiescenza di importo medio

alto per un periodo di tempo limitato, posto che l’art. 38 della Costituzione

non tutela l’intangibilità degli stessi, bensì il diritto del pensionato a

vedersi assicurati i mezzi per svolgere una vita dignitosa, dovendosi

effettuare, di volta in volta, una comparazione di tali esigenze con altri

interessi parimenti tutelati dalla Costituzione quali, il contenimento della

spesa pubblica o altre finalità di natura solidaristica con modalità che

siano ragionevoli e proporzionali al sacrificio imposto.

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94 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nella medesima ottica è stato affermato (sentenza n. 824/2017 ) in

un giudizio in materia di perequazione sulle pensioni, basato

esclusivamente sui prospettati profili di incostituzionalità dell’art. 24,

commi 25, 25 bis e 25 ter, del d.l. n. 201/2011, convertito in legge, con

modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214,

come sostituito dall’art. 1, comma 1 del d.l. n. 65/2015, convertito in legge,

con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015, n. 109 per violazione degli

articoli 136, 3, 36, primo comma e 38, secondo comma, della Costituzione,

che le questioni sollevate da parte ricorrente apparivano infondate.

Infatti, dalla comparazione tra la disciplina originaria del decreto-

legge n.201/2011 e la successiva, introdotta dal decreto-legge n. 65/2015,

emerge che la prima escludeva l’applicazione del meccanismo perequativo

per tutti i trattamenti di quiescenza di importo superiore a tre volte il cd.

“minimo Inps”, incidendo, quindi, su assegni pensionistici che per il loro

importo non elevato erano maggiormente esposti nei confronti

dell’inflazione, in termini di perdita del loro potere d’acquisto. La novella

legislativa del 2015 non ha, invece, escluso la perequazione per tutti i

trattamenti superiori a tre volte il minimo Inps prevedendo un

meccanismo di indicizzazione di tali pensioni sulla base di coefficienti

decrescenti all’aumentare dell’importo dell’assegno secondo determinati

scaglioni e la norma in commento è chiaramente finalizzata alla

salvaguardia dell’equilibrio di bilancio (come testualmente indicato in

apertura), principio di rango costituzionale unitamente a quello di

sostenibilità del debito pubblico (cfr. artt.81 e 97 Cost.). In ordine al punto

controverso, peraltro, la Corte costituzionale, con la recentissima

pronuncia n. 250/2017 del 25 ottobre - 1 dicembre 2017, ha respinto tutte

le censure di incostituzionalità sollevate (con riferimento alle medesime

norme parametro oggi invocate da parte ricorrente) da alcune Sezioni

regionali della Corte dei conti e da alcuni Tribunali ordinari sulla disciplina

introdotta dal decreto-legge n.65/2015, ritenendo che, diversamente dalle

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95 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015, la nuova e temporanea

disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015 realizzi un

bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze

della finanza pubblica.

In materia di pensioni regionali è stata affermata l’infondatezza

(sentenza n. 634/2017) della domanda di un pensionato regionale, posto in

quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art. 20, commi 1 e 2 della legge

regionale n.21/2003, come modificato dall’art.51 della legge regionale

n.9/2015, diretta ad ottenere che, ai fini del calcolo della quota retributiva,

sia considerata la media delle retribuzioni dell’ultimo quinquennio

composta dalle voci indicate dall’art. 80 CCRL, comparto non dirigenziale,

quadriennio giuridico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 o la

retribuzione media pensionabile indicata nel foglio di calcolo allegato al

decreto pensionistico. Il limitato intervento del legislatore del 2015 non è

stato ritenuto, infatti, idoneo a fondare la richiesta. A fronte di un espresso

richiamo alle disposizioni della legge regionale n.2/1962 contenuto

nell’art.20 della legge regionale n.21/2003, su cui non è intervenuto il

legislatore del 2015, non può, infatti, ritenersi innovata la nozione di base

pensionabile, così come discendente dall’applicazione sinora data agli

artt.4 e 31 della menzionata legge regionale del 1962. Né vi sono elementi

per ritenere che ad una diversa conclusione si possa giungere sulla base di

un’interpretazione sistematica della riforma delle pensioni regionali del

2015, atteso che l’ultra-attività dell’art. 20 della legge regionale n. 21/2003

è espressione di un regime transitorio che - per quanto di maggior favore

per i dipendenti con determinati requisiti di anzianità ancora in servizio al

momento dell’entrata in vigore della l.r. n.9/2015 - non può risolversi in

un aumento della spesa pensionistica rispetto al regime previgente. Ne

discende che, affinché un emolumento possa essere qualificato come

quiescibile ai fini del calcolo della cd. prima quota, lo stesso deve essere

provvisto dei requisiti della fissità e continuità: in altri termini, non è

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96 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

sufficiente “la sua inerenza al coacervo delle voci retributive aventi natura

stipendiale” ma deve avere una “funzione di permanente corrispettività”

(cfr., Appello Sicilia, n.100/A/2011).

Ugualmente infondata (sentenza n.806/2017) è stata ritenuta la

domanda di un pensionato regionale diretta ad ottenere la riliquidazione

del trattamento di quiescenza con gli adeguamenti ISTAT annuali

intervenuti dopo l'1.1.2012 nella misura prevista dall'art.36 della legge

regionale n.6/97, come anche la domanda, avanzata in via subordinata,

diretta ad ottenere la perequazione della pensione nella misura prevista

dall’art.69, comma 1, della legge n.388/2000, sul presupposto della

incostituzionalità delle disposizioni del decreto-legge n.65/2015, convertito

in legge n.201/2015. Come chiarito, infatti, dalla giurisprudenza delle

Sezioni riunite, la disciplina del trattamento pensionistico del personale

regionale non è oggetto di potestà esclusiva del legislatore regionale, atteso

che l’articolo 14, lettera q) dello Statuto ha riguardo allo stato giuridico e

economico del personale in servizio; piuttosto, rientra nell’ambito della

potestà legislativa concorrente in materia di previdenza sociale, di cui

all’art.17, lettera f) del medesimo Statuto (SS.RR., n.5/2006, n.5/2008 e

n.2/2010). Laddove, quindi, la disciplina statale si ponga come disciplina

di riforma economico-sociale, deve trovare applicazione sull’intero

territorio nazionale, a prescindere da un espresso rinvio da parte del

legislatore regionale. Ne consegue la legittimità dell’operato del Fondo

Pensioni Sicilia che ha applicato nel territorio regionale la disciplina della

perequazione dei trattamenti pensionistici, adottata dal legislatore

nazionale con il decreto-legge n. 65/2015, che ha superato il vaglio di

costituzionalità del giudice delle leggi come affermato dalla recentissima

pronuncia n.250/2017.

In virtù delle medesime considerazioni (sentenza n. 501/2017), è stato

rigettato il ricorso con il quale il pensionato chiedeva la rideterminazione

del trattamento di quiescenza determinato ai sensi dell’art. 52 della legge

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97 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

regionale n. 9/2015, in quanto di gran lunga inferiore a quello determinato

ai sensi dell’art. 20 della legge regionale n. 21/2003, dal momento che, la

parte di pensione da calcolarsi con il sistema retributivo vede come base di

calcolo non già l’ultima retribuzione, bensì la media delle ultime cinque

retribuzioni, con ciò comportando una notevole riduzione del trattamento

di pensione con una palese violazione del principio del pro rata e del

legittimo affidamento nonché con una prospettata questione di legittimità

costituzionale della norma (art. 52, commi 1 e 2 LR 9/2015). Il Giudice

delle pensioni ha ritenuto non accoglibili le richieste del pensionato in

quanto l’istituto previdenziale ha agito in piena conformità alla

normativa, di natura transitoria, vigente che, innegabilmente, deve

ritenersi il frutto di scelte tutte finalizzate ad uniformare, nel lungo

periodo, il trattamento pensionistico regionale a quello statale nel più

ampio disegno di risparmio della spesa pubblica. Non può ritenersi,

pertanto, violato, il principio del pro-rata né, tanto meno, quello del

legittimo affidamento, ritenendosi, come noto, il fluire del tempo, un

elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le

stesse categorie di soggetti, dal momento che l’ordinamento, pur

assicurando l’intangibilità dei trattamenti di pensione già maturati, non

assicura l’intangibilità e la non modificabilità dei metodi di calcolo dei

trattamenti di quiescenza futuri, secondo il diverso fluire del tempo, con

conseguente rigetto anche della prospettata questione di legittimità

costituzionale.

In tema di giudizio di ottemperanza, è stato affermato (sentenza n.

63/2017) che nel caso in cui il giudice di seconde cure emetta una

statuizione che modifichi solo parzialmente la pronuncia del giudice di

primo grado, la competenza a giudicare sull’ottemperanza della sentenza

deve ricadere sul giudice di appello, non potendosi in alcun modo ritenere

che il giudizio di ottemperanza debba frazionarsi innanzi a giudici diversi

a seconda del capo della sentenza di cui è chiesta l’esecuzione e ciò sia prima

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98 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

che dopo l’entrata in vigore dell’art. 217 del codice di giustizia contabile,

approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.

Sempre in materia di ottemperanza, (sentenza n. 668/2017) premesso

che il relativo giudizio costituisce lo strumento processuale diretto ad

ottenere l’esecuzione del dictum rimasto ineseguito, volto ad assicurare

l’effettività della tutela del privato, è stato precisato che l’oggetto di esso

deve essere costituito soltanto dal decisum ed il giudice adito con

l’ottemperanza non può pronunciarsi su questioni nuove, trasformandolo

da strumento esecutivo a giudizio di cognizione, né può diversamente

qualificarlo in un ordinario giudizio di cognizione, essendone differenti i

presupposti.

In materia processuale, ai fini dell’interpretazione delle norme

introdotte a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice di giustizia

contabile, è stato osservato (sentenza n. 65/2017) che l’art. 1 del regio

decreto 13 agosto 1933, n. 1038, così come il comma 7 dell’art. 6 della legge

14 gennaio 1994, n. 19, parimenti all’art. 153 del decreto legislativo 26

agosto 2016, n. 174, sanzionano con l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio,

il ricorso che non contenga la contemporanea esposizione dei fatti e delle

norme di diritto su cui è fondata la domanda giudiziale, prescindendo

dall’eventuale documentazione riversata nel fascicolo processuale. Tale

regola, valevole per ogni tipo di ricorso, deve essere maggiormente

osservata per i ricorsi cumulativi ove vengono inseriti in unico contesto

cartolare una pluralità di posizioni previdenziali del tutto differenziate

quanto a presupposti, decorrenze dei relativi trattamenti pensionistici e

titolarità di questi ultimi, accomunate, semplicemente, dalla

prospettazione della risoluzione di una identica questione giuridica. In altri

termini, anche in un’ottica non improntata a rigido formalismo, la

mancata specificazione, almeno nei tratti essenziali, dei fatti che

connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono

collettivamente (quali la decorrenza dei trattamenti di quiescenza, l’ufficio

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99 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

di appartenenza, il numero e la data dei provvedimenti di collocamento a

riposo) preclude al giudice di entrare nel merito della loro pretesa, non

potendo emettere una sentenza contenente una mera enunciazione

giuridica astratta, del tutto avulsa rispetto alla posizione dei singoli

ricorrenti.

Ancora, in applicazione delle disposizioni del nuovo c.g.c.,si è

ritenuto (sentenza n. 687/2017) che la sanatoria prevista dall’art.155,

comma 8, del codice di giustizia contabile non possa essere applicata

all’ipotesi di inesistenza della notificazione del decreto di fissazione

dell’udienza, non sussistendo le peculiari esigenze di tutela del ricorrente

rilevate dai giudici di legittimità nel rito del lavoro, con riferimento al

dettato dell’art.415, comma 2, c.p.c., considerato che il menzionato

art.155, al comma 3, dispone espressamente la comunicazione del decreto

di fissazione dell’udienza a cura della segreteria della Sezione.

Circa la legittimazione passiva nel giudizio pensionistico, il Giudice

unico (sentenza n. 294/2017) ha dichiarato la inammissibilità del ricorso

proposto dall’amministrazione datrice di lavoro nei confronti del

pensionato deceduto, per la restituzione di somme da questo

indebitamente percepite e già rifuse dalla stessa amministrazione all’ente

previdenziale, se notificato collettivamente e impersonalmente agli eredi,

poiché, se per un verso è vero che il codice di procedura civile prevede

ipotesi in cui la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta

collettivamente e impersonalmente agli eredi stessi (articoli: 303, secondo

comma; 330, secondo comma; 477, secondo comma), per altro verso è pur

vero che le predette norme presuppongono la preesistenza di un rapporto

processuale col soggetto poi deceduto, qui invece non sussistente.

In altri termini, il ricorso doveva essere rivolto direttamente agli

eredi del pensionato e agli stessi notificato secondo le regole ordinarie.

Ugualmente inammissibile è stata, altresì, dichiarata (sentenza n.

389/2017) la domanda del titolare di pensione di reversibilità volta ad

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100 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

ottenere la rideterminazione della pensione del coniuge, con effetti sul

proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione di benefici economici

per i quali soltanto il dante causa avrebbe potuto agire. Difetta, in tale

ipotesi, la legittimazione ad agire, trattandosi di un diritto, personale

ed intrasmissibile, vantato dal coniuge ormai deceduto e non azionabile,

quindi, dal titolare della pensione di reversibilità, essendo quest’ultima

una prestazione spettante iure proprio e collegata all’assegno pensionistico

del de cuius solo in relazione alla sua misura.

Una particolare fattispecie pensionistica è stata trattata nella

pronuncia (sentenza n. 321/2017) in cui si è deciso sul ricorso presentato

da un dipendete dell’ESA. Ha rilevato il Giudice unico che gli artt. 35, 36

e l’art. 81 del regolamento organico dell’Ente di Sviluppo Agricolo della

Regione siciliana, approvato con decreto del Presidente della Regione

siciliana n.3279/RA del 24 luglio 1971, dispongono che la disciplina degli

impiegati dell’ente debba essere modellata su quella vigente per i

dipendenti civili dello Stato di qualifica corrispondente, mentre l’art. 71,

che aveva previsto che il loro trattamento di quiescenza dovesse essere

determinato nelle misure e con le modalità proprie fissate da apposita legge

è rimasto inattuato. Così il trattamento pensionistico spettante al

personale dell’E.S.A. è rimasto disciplinato dalla medesima normativa

vigente per i dipendenti civili dello Stato. Da ciò deriva che a coloro i quali

avevano avuto mantenuta “ad personam” la qualifica di ispettore capo del

ruolo ad esaurimento, in conformità a quanto espressamente previsto dal

D.P.R. n.748/1972 per i funzionari statali che non erano stati immessi nel

ruolo dirigenziale, deve essere applicata, ai fini pensionistici, la disciplina

stabilita dall’art. 73, comma 2, del D.P.R. n. 748/1972 prevista per i

funzionari statali di pari grado inseriti nel ruolo ad esaurimento.

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101 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Conti giudiziali

Alla data del 1 gennaio 2017 i conti giudiziali depositati presso la

Sezione, dopo una revisione completa degli archivi, risultavano essere

17.274, di questi 2.974 erano conti dello Stato, 12.478 conti degli enti locali,

1.822 conti delle aziende sanitarie.

Nel corso dell’anno ne sono stati presi in carico 9.630 (2.098 conti

nuovi inviati dalle amministrazioni e 4.243 vecchi conti inseriti per la

prima volta nel sistema informatico), di cui 2.899 conti dello Stato, 5.716

conti degli enti locali, 1.015 conti delle Aziende sanitarie.

Durante l’anno sono state depositate dai magistrati 3.958 relazioni

che hanno comportato la definizione di 7.196 conti, di cui 6.922 con decreto

presidenziale di estinzione e 253 con decreto presidenziale di discarico,

mentre 21 conti giudiziali sono stati definiti con sentenza.

Si tratta di un dato certamente irrisorio rispetto all’enorme quantità

di conti da esaminare e di cui occorre accertare la regolarità, ma per la

nostra Sezione è un dato molto significativo se rapportato all’esiguo

numero di soggetti che se ne occupano, tra impiegati, incaricati in via

esclusiva al settore, e magistrati che, come è evidente, devono invece

suddividere il tempo dedicato complessivamente all’attività lavorativa nei

diversi e differenziati campi di contenzioso a ciascuno affidato.

Con riferimento ai vari ambiti territoriali e per materia assegnati a

ciascun magistrato, nel settore dell’esame dei conti degli enti locali, si è

rilevata l’incompletezza delle segnalazioni e l’inadeguatezza dei controlli

interni e di quelli che fanno capo all’organo di revisione.

Per quanto concerne le gestioni economali, in particolare, è stata

riscontrata l’assunzione di spese non consentite dalla disciplina interna e

di settore ed un frequente superamento dei limiti previsti dal Tuel per la

consistenza del fondo economale; tale criticità è, in molti casi, dovuta al

mancato aggiornamento dei regolamenti di contabilità degli enti

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102 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nell’attività di revisione, è stata anche prestata particolare

attenzione agli enti locali che hanno fatto pervenire con maggiore ritardo

i conti giudiziali, peraltro, spesso presentati sotto forma di prospetti privi

di intestazione, tabulati, registri di cassa. Si è reso, pertanto, necessario

reiterare le raccomandazioni in ordine alla necessità per l’agente contabile

di conformarsi ai modelli all’uopo previsti; in più occasioni, è stato, altresì,

necessario richiamare l’attenzione dell’amministrazione di appartenenza

dell’agente contabile sull’esigenza di assicurare la puntuale esecuzione dei

controlli previsti dall’art. 223 del TUEL.

E’ stato proficuamente portato avanti l’obiettivo di procedere alla

verifica dei conti giudiziali degli agenti contabili di tutti i comuni ricadenti

nella circoscrizione provinciale di Agrigento: a tale scopo sono stati

esaminati i conti di quei comuni che, nel 2016, non erano stati oggetto di

verifica.

Con il medesimo obiettivo, dopo avere constatato che parecchi

comuni, sempre della provincia di Agrigento, non avevano mai presentato

i conti, è stata indirizzata ai segretari comunali, dopo averli individuati

personalmente, una nota per chiedere la trasmissione dei nominativi degli

agenti contabili che avevano avuto maneggio di pubblico denaro nell’anno

2016 al fine istituire la relativa anagrafe, così come previsto dall’art. 138

del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, e nel contempo sono stati

chiesti anche i nominativi degli agenti contabili che avevano avuto

maneggio di denaro negli anni 2014 e 2015, al fine di instaurare nei loro

confronti il giudizio per resa di conto. Tale nota ha avuto l’effetto sperato

di ottenere spontaneamente il deposito dei conti, dei quali con priorità è

stata attivata la relativa istruttoria, evitando così appesantimenti e

lungaggini processuali (corre l’obbligo di segnalare che nell’anno

precedente note indirizzate allo stesso scopo impersonalmente ai sindaci

avevano trovato scarsissimo riscontro).

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103 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Destinatari della medesima nota, anche i comuni della Provincia di

Trapani, nonché la stessa amministrazione provinciale, hanno esitato le

richieste ed i comuni di maggiori dimensioni hanno anche provveduto alla

nomina del responsabile del procedimento ai sensi dell’art.139 c.g.c..

Una proficua attività di collaborazione è stata intrapresa con la

Guardia di Finanza, che è sfociata in una delega istruttoria per

l’acquisizione di documentazione di supporto ai conti giudiziali del

Comune di Sambuca di Sicilia, la cui tenuta è stata caratterizzata da

assoluta caoticità e da gravi lacune nella compilazione dei relativi registri;

la delega si è resa necessaria per la sostanziale mancata evasione delle

ripetute note istruttorie da parte del responsabile del servizio finanziario

che ha segnalato l’assenza di adeguata documentazione di supporto,

benché i conti fossero stati muniti del visto di regolarità e fossero stati

approvati con determina dirigenziale.

Una particolare attenzione è stata dedicata all’esame dei conti del

Comune di Licata poiché l’istruttoria condotta sugli incassi per il rilascio

delle carte d’identità ha palesato ripetuti ammanchi nel corso degli esercizi

finanziari oggetto di indagine (anno 2011 € 4.829,76 - anno 2012 €

10.631,28 - anno 2013 € 8.008,72 - anno 2014 € 12.595,56) a carico dello

stesso contabile e ciò nonostante, anche in questo caso, i conti fossero stati

muniti del visto di regolarità e fossero stati approvati con determine

dirigenziali; tali ammanchi hanno comportato la necessità di trasmettere

la relazione di cui all’art. 29 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, alla

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento per le

valutazioni di competenza.

Le relazioni di irregolarità hanno riguardato anche un conto

giudiziale di un consegnatario di un ente locale comprendente taluni beni

non soggetti al giudizio di conto, diverse gestioni economali dei comuni

della provincia di Catania per spese non previste dal regolamento

economale o non inerenti le funzioni dell’ente locale.

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104 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

E’ importante sottolineare che nelle ipotesi in cui è stato chiesto il

discarico del contabile, non sussistendo ipotesi di addebito, spesso nella

relativa relazione sono state inserire apposite “annotazioni” volte ad

evidenziare le irregolarità riscontrate, “annotazioni” che poi sono state

trasfuse nei decreti presidenziali di discarico; in tal modo si è cercato di

istituire una sorta di collaborazione con le amministrazioni per conformare

il loro futuro operato a legge, impedendo il protrarsi di prassi illegittime.

Con riferimento al settore Stato, tra le anomalie rilevate in sede di

istruttoria si evidenzia che nella maggior parte dei casi il conto non viene

corredato dei necessari documenti giustificativi e che l’assetto

organizzativo della struttura periferica condiziona spesso il modo di

operare dell’ufficio. Si sono frequentemente riscontrate prassi operative

diverse presso i vari uffici provinciali della medesima amministrazione e

criticità relative soprattutto alla fase della parifica interna.

Per quanto concerne, in particolare, i conti giudiziali dei ricevitori

principali dell’Agenzia delle dogane, è stata riscontrata l’omessa

trasmissione dei decreti autorizzativi del pagamento dilazionato delle

entrate doganali, nonché la mancata parifica dei conti giudiziali depositati

presso la Corte,

Con riferimento alle criticità, già segnalate negli anni precedenti,

relativamente ai conti giudiziali degli stampati ceduti a pagamento, in

particolare con riferimento al rilascio dei passaporti, si evidenzia che, sulla

scorta delle indicazioni fornite in alcune pronunce interlocutorie della

Sezione, la questura di Messina ha richiesto al CEN del Ministero

dell’interno l’adeguamento del sistema informativo, al fine di poter

estrarre i dati relativi ai versamenti effettuati dall’utenza sul conto

corrente postale dell’amministrazione centrale, evidenziando anche le

ipotesi di riutilizzo del bollettino in caso di annullamento del passaporto

(prot. n.4005/1.2.2. dell’11.9.2017). Deve, infatti, considerarsi che i conti

giudiziali relativi all’attività di rilascio dei passaporti pervengono con

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105 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

notevole ritardo, in parte addebitabile all’agente contabile, in parte alla

fase dei controlli svolti, a livello centrale, dal Ministero degli affari esteri e

dall’Ufficio centrale di bilancio – UCB; il protrarsi dei ritardi rende

particolarmente onerosa l’acquisizione della documentazione

giustificativa, spesso medio tempore trasferita in archivi di deposito

dislocati sul territorio. Il prospettato adeguamento della maschera di

acquisizione delle istanze di passaporto, ove realizzato, faciliterebbe

significativamente sia l’attività di riscontro da parte dell’amministrazione

centrale e degli uffici della Ragioneria, che la successiva revisione in questa

sede.

Nell’ottica di ampliare il novero degli enti controllati, sono stati

costituiti gruppi di lavoro, composti da due magistrati e tre revisori, per

l’esame di alcune specifiche tipologie di conti presentati dagli agenti

contabili delle Università, delle ASP e delle Aziende sanitarie, delle Camere

di commercio, dei Musei regionali e dei siti archeologici e degli Istituti

autonomi case popolari.

I Magistrati cui è stato affidato l’esame dei conti dell’Università degli

Studi di Catania e dell’Università degli studi di Palermo, che hanno

trasmesso i conti solo a seguito del giudizio per resa di conto attivato dalla

Procura su segnalazione del magistrato stesso, hanno già aperto le

istruttorie e stanno procedendo all’esame del conto giudiziale dell’economo

del Rettorato.

Solleciti per la presentazione dei conti sono stati anche inviati agli

IACP presenti nella Regione, nell’ambito del gruppo di lavoro al fine

costituito, essendo stato riscontrato, peraltro, che tali enti si sono

tradizionalmente limitati alla presentazione dei soli conti relativi alle

somme riscosse nell’interesse della Regione siciliana.

Anche le Aziende sanitarie dell’Isola sono risultate assolutamente

inadempienti nella presentazione dei conti giudiziali, che sono state

invitate a depositare, corredate da idonea documentazione giustificativa.

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106 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nell’ambito della revisione dei conti giudiziali sulle somme riscosse a

titolo di tassa d’ingresso ai Musei regionali e ai siti archeologici, sono state

formulate raccomandazioni in ordine alla documentazione giustificativa

da allegare al conto per i riscontri che devono essere effettuati sia dal

Dipartimento Beni culturali e Identità siciliana che dalla Ragioneria

centrale presso l’Assessorato Beni culturali e Identità siciliana. È stato

evidenziato, in particolare, che le allegazioni a supporto della regolarità del

conto non possono essere limitate al conto a denaro, ma devono estendersi

anche al conto a materia, essendo assolutamente necessario ai fini della

verifica degli incassi, conoscere il numero dei biglietti staccati. E’ stata

rilevata, infine, la necessità di allegare i verbali delle verifiche ispettive e

di cassa. Quanto ai registri del servizio di biglietteria, è stato raccomandato

che per le gestioni future, sia mantenuta evidenza dei dati anagrafici dei

visitatori aventi diritto ad accesso gratuito, a tariffa ridotta e/o a tariffa

agevolata, atteso che nulla al riguardo è richiesto dalle circolari in materia.

Infine, è stata avviata l’istruttoria dei conti presentati dal Comune

di Palermo relativi all’imposta di soggiorno riscossa dalle strutture

ricettive operanti a Palermo. Anche in questo caso, data la complessità

delle operazioni di verifica da condursi a carico dei singoli agenti contabili

(in conformità all’indirizzo espresso dalle SS.RR. di questa Corte dei conti

con la sentenza n. 22 del 22 settembre 2016), la Sezione si è avvalsa

dell’ausilio della Guardia di Finanza.

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107 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Conclusioni

Concludo questa relazione formulando un profondo ringraziamento

ai colleghi della Sezione giurisdizionale, che hanno svolto con impegno ed

equilibrio, un lavoro complesso e diversificato, ottenendo risultati di

indubbia qualità.

Ciò, tuttavia, non sarebbe stato possibile senza il personale

amministrativo che, con spirito di sacrificio e senso di responsabilità, ha

affrontato i molteplici compiti a ciascuno assegnati.

Ringrazio i magistrati della Procura regionale, che ci forniscono una

parte della materia sulla quale siamo chiamati a lavorare.

Anche agli Avvocati del libero foro, che si adoperano con

professionalità, lealtà e correttezza per assicurare il diritto di difesa dei loro

assistiti, a garanzia dello svolgimento di un processo giusto, imparziale e

conforme alle disposizioni dettate dalla nostra Carta Costituzionale,

esprimo un sentito ringraziamento. Il medesimo ringraziamento rivolgo

agli Avvocati dello Stato ed ai rappresentanti di tutti gli altri Enti

pubblici, che difendono la pubblica amministrazione nei giudizi ad istanza

di parte e nel giudizio pensionistico.

Ringrazio, infine, il Presidente ed i colleghi della Sezione del controllo

(anche quest’anno una sintesi della loro attività nell’anno 2017 è allegata

alla relazione), ed il Presidente e tutti i colleghi della locale Sezione di

Appello e della Procura di appello, con i quali condividiamo il compito di

tutela della legalità.

Stima e gratitudine formulo nei confronti dei componenti del Collegio

medico legale, prezioso collaboratore della funzione giudicante in materia

pensionistica.

Un particolare ringraziamento rivolgo al Corpo della Guardia di

Finanza che troviamo sempre al nostro fianco per fornirci una

cooperazione indispensabile, come un sentito e vivo ringraziamento

indirizzo all’Arma dei Carabinieri, per i compiti di vigilanza, sicurezza ed

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108 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

anche assistenza alle udienze, alla Polizia di Stato e alle altre forze di

Polizia, per il contributo assicurato nelle attività istituzionali.

Grazie, infine, agli organi di stampa la cui presenza dimostra

l’attenzione sempre avuta per l’attività della Corte e, come sempre, grazie

a tutti voi intervenuti per la pazienza dimostrata nell’ascoltare questa mia

relazione.

A questo punto invito il Signor Procuratore Regionale a svolgere la

sua relazione.

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109 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

RASSEGNA DECISIONI 2017

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110 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

GIUDIZI DI RESPONSABILITA’

Sentenza n. 113/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

L’interesse ad agire del pubblico ministero contabile nell’esercizio

dell’azione revocatoria sussiste per il solo fatto che il debitore abbia

compiuto un atto di disposizione patrimoniale con un qualsiasi pregiudizio

alle ragioni creditorie dell’amministrazione danneggiata, essendo

ininfluente se il bene aggredito sia stato oggetto di iscrizione ipotecaria di

primo grado a garanzia di un mutuo; infatti, le vicende successive

riguardanti l’ipoteca, quali la possibile aggressione del bene da parte

dell’istituto di credito mutuante, sono del tutto aleatorie giacché l’ipoteca

sul bene è soggetta ad autonome vicende modificative o estintive, la cui

eventualità del loro accadimento rafforza la possibilità del soddisfacimento

anche solo parziale delle ragioni creditorie.

Sentenza n. 302 /2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

Il vincitore di un concorso pubblico per esami per l’ammissione al

corso triennale di formazione specifica in medicina generale, indetto - ai

sensi dell’art. 24 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, - dal

Ministero della Salute, ha l’obbligo di frequentare il relativo corso,

partecipando alle attività didattiche, teoriche e pratiche, con la

conseguenza che la mancata partecipazione a tali attività per il

contemporaneo svolgimento di attività libero-professionale in orario in

parte sovrapponibile frustra le finalità formative del corso e rende indebita

la remunerazione erogata (sotto forma di borsa di studio) perché costituisce

il corrispettivo dell’intera attività professionale prestata per tale

frequenza, integrando così gli estremi dell’illecito erariale.

Sentenza n. 329/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

Lo sfruttamento economico dell’immobile abusivo - acquisito al

patrimonio comunale per effetto del comma 5 dell’art. 7 della legge 28

febbraio 1985, n. 47, - per finalità pubbliche diverse dal godimento in capo

al responsabile dell’abuso, al quale può essere concesso il diritto di

abitazione ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, è

una decisione rimessa all’organo politico che deve stabilire, nel rispetto

della normativa di settore, il tipo di utilizzo, con la conseguenza che è onere

del pubblico ministero, qualora ravvisi grave negligenza nella condotta dei

responsabili degli uffici che non hanno avviato le procedure necessarie per

il suo sfruttamento economico contestare specifici comportamenti

integranti gli estremi dell’illecito erariale.

Sentenza n. 415/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

Il comma 6 dell’art. 51 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174,

secondo il quale “la nullità per violazione delle norme sui presupposti di

proponibilità dell’azione per danno all’immagine è rilevabile anche d’ufficio”,

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111 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

è norma di carattere innovativo per avere disatteso il precedente

orientamento delle Sezioni Riunite della Corte dei conti espresso nella

sentenza n. 13/2011/QM e, pertanto, non può essere applicata ai giudizi

instaurati prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto legislativo,

secondo quanto stabilito dall’art. 1 dell’allegato 3 al citato testo

normativo.

Sentenza n. 802/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

Il pubblico ministero, nel caso in cui ritenga che un imprenditore

agricolo abbia percepito contributi comunitari in violazione dell’art. 10,

capo f), della legge n. 31 maggio 1965, n. 575, per avere fraudolentemente

omesso di dichiarare nella domanda unica di pagamento di essere stato

destinatario di una misura di prevenzione, deve produrre in giudizio la

suddetta domanda, non essendo sufficiente il deposito della relazione della

Guardia di Finanza che abbia compiuto gli accertamenti investigativi; in

assenza della suddetta produzione documentale, infatti, non può ritemersi

provato, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’assunto accusatorio giacché la

domanda amministrativa costituisce il presupposto e l’elemento

costitutivo dell’illecito erariale contestato, non potendo il collegio emettere

una pronuncia di condanna senza alcuna cognizione della stessa né

tantomeno valutare la sussistenza della condotta di occultamento doloso

del danno contestata al convenuto.

Sentenza n. 15/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Difetta la giurisdizione della Corte dei conti in caso di svolgimento di

attività lavorativa presso terzi da parte di dipendenti pubblici, in assenza

di autorizzazione dall’amministrazione datrice di lavoro, per i fatti

temporalmente collocati prima dell’entrata in vigore della legge 6

novembre 2012, n. 190 che ha introdotto il comma 7 bis all’art. 53 del

D.Lgs. n. 165/2001.

Secondo quanto affermato dalle Sezioni unite della Corte di

cassazione, con l’ordinanza n. 19072 del 28 settembre 2016, qualora il

danno erariale contestato al pubblico dipendente consista unicamente nel

mancato riversamento all’amministrazione datrice di lavoro dei compensi

ricevuti da terzi, il giudice contabile non ha la giurisdizione, salvo che le

condotte dei dipendenti infedeli siano state produttive di ulteriori profili di

danno all’erario, completo di tutti i suoi elementi strutturali (ad esempio,

in termini di danno all’immagine).

Sentenza n. 58/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

E’ produttiva di danno erariale la condotta del sostituto del direttore

dei servizi generali ed amministrativi (D.S.G.A) di una scuola superiore che

non ha riversato al tesoriere le quote in denaro corrisposte dalle famiglie

degli studenti per la partecipazione alle gite di istruzione scolastica.

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112 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

I compiti del D.S.G.A, per come disciplinati dal regolamento

interministeriale n. 44 del primo febbraio 2001, recante le "Istruzioni

generali sulla gestione amministrativo – contabile delle istituzioni

scolastiche”, prevedono che il D.S.G.A. proponga al dirigente scolastico le

reversali di incasso ed i mandati di pagamento (artt. 10 e 12) e che dette

scritture contabili vengano congiuntamente firmate dal D.G.S.A.

proponente e dal dirigente scolastico. Sotto tale profilo, emerge, dunque,

la concorrente responsabilità del dirigente scolastico il quale non ha

ritenuto anomalo il fatto di non avere mai firmato (per ben tre esercizi

contabili consecutivi) alcuna reversale di incasso delle quote versate dagli

studenti per la partecipazione alle gite di istruzione. Tale trascuratezza si

è palesata con ulteriore evidenza in sede di approvazione dei conti

consuntivi annuali, del tutto privi della contabilizzazione di tali entrate.

La doverosa attività di impulso e di controllo del dirigente scolastico

avrebbe certamente posto fine con immediatezza alla condotta gravemente

negligente del D.S.G.A. che è stata, invece, rilevata, a distanza di anni,

esclusivamente dall’Organo di revisione. Sulla base di tali considerazioni,

posto che il dirigente scolastico non è stato evocato in giudizio, a mente

dell’art. 83, secondo comma, del D.Lgs. n. 174/2016, il Collegio pone a

carico del convenuto solo una parte del danno contestato, quantificandolo

in via equitativa.

Sentenza n. 178/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

In ipotesi di sviamento di un finanziamento pubblico, la

contestazione di illecito arricchimento di uno dei convenuti, deceduto in

pendenza del giudizio, e la successiva riassunzione della causa nei confronti

dei suoi eredi, pone la questione della trasmissibilità del debito a costoro, a

norma dell’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

Al riguardo, in applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza

prevalente, il Collegio ha ritenuto non configurabile una presunzione “iuris

et de iure” di arricchimento indebito degli eredi del responsabile, in via del

tutto automatica, bensì l’esistenza di una presunzione “iuris tantum”, alla

quale l'erede può opporre la prova contraria, dimostrando la mancanza

dell'arricchimento o che esso non ha carattere antigiuridico. Da ciò

consegue che l’onere della prova dell’indebito arricchimento degli eredi non

grava sulla Procura regionale, spettando agli aventi causa dimostrare che

dall'illecito non sia loro derivato alcun vantaggio patrimoniale.

Sotto tale profilo, è del tutto irrilevante l’eventuale percezione

soggettiva degli eredi circa l’illiceità della provenienza di quanto ad essi

pervenuto a titolo di successione ereditaria, rilevando il solo carattere

indebito dell’arricchimento, connesso all’illecita provenienza del denaro.

Sentenza n. 261/2017 – Pres. ff. est. Cernigliaro

E’ imputabile alla condotta dolosa del convenuto il danno erariale

derivante dalla liquidazione, con somme fittiziamente imputate alle spese

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113 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

di funzionamento dell’ente pubblico datore di lavoro, di un debito

esattoriale personale del soggetto evocato in giudizio il quale,

successivamente al pagamento, ha altresì posto in essere ulteriori attività

volte ad occultare la reale destinazione delle somme liquidate.

In considerazione della palese natura dolosa della condotta, non può

trovare accoglimento la richiesta di graduazione della responsabilità del

convenuto, in relazione alle affermate carenze di controllo imputabili tanto

agli organi dell’ente quanto al tesoriere.

Sentenza n. 416/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Sussiste la responsabilità per danno erariale del ricercatore

universitario confermato, con rapporto di lavoro a tempo pieno, che svolga

anche l’attività di dirigente medico presso una azienda ospedaliero-

universitaria, in caso di contestuale svolgimento della libera professione

che abbia altresì comportato lo sviamento dei pazienti oncologici presso il

nosocomio privato col quale il convenuto collaborava. Il danno imputabile

presenta, in tale ipotesi, un duplice profilo: quello relativo all’inosservanza

del dovere di esclusività e quello concernente il danno da disservizio.

Quanto al primo, il danno consegue alla mera violazione dell’obbligo

di esclusività, realizzata attraverso lo svolgimento di non consentite

attività professionali private. Il rapporto di lavoro del dirigente medico in

regime di intramoenia, contemporaneamente ricercatore universitario a

tempo pieno, è infatti connotato da una generale incompatibilità allo

svolgimento della libera professione (salvo quella ammessa, ex art. 15-

quinquies del d. lgs. n. 502/1992) e la disciplina di settore intende assicurare

la totale disponibilità del medico allo svolgimento delle funzioni

dirigenziali, evitando possibili conflitti di interessi o forme di concorrenza

sleale. Vige, quindi, nel nostro ordinamento una presunzione legislativa (di

natura assoluta) che ritiene lo svolgimento dell'attività professionale

privata del tutto incompatibile con il predetto regime di esclusività.

Quanto al secondo profilo, concernente il danno da disservizio, lo

sviamento dei pazienti dell’unità oncologica cui il dirigente medico era

addetto presso la struttura privata ha procurato una generale diminuzione

di efficienza dell’apparato pubblico. Al riguardo, occorre considerare che i

centri di cura pubblici vengono periodicamente valutati dall’AGENAS

(Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ente pubblico con

funzioni di supporto del Ministero della salute ed istituito con il D. lgs. 30

giugno 1993, n.266. Le analisi condotte dall’agenzia orientano il decisore

pubblico per la corretta ed efficiente allocazione delle risorse e permettono

altresì al malato di scegliere la struttura presso la quale curarsi. Altre forme

di monitoraggio vengono realizzate da associazioni private con lo scopo di

orientare i cittadini verso i nosocomi che offrono prestazioni sanitarie

migliori (si tratta, ad esempio, dei report curati da “Cittadinanzattiva”).

In considerazione dei criteri generalmente utilizzati per la

valutazione dei servizi sanitari (numero dei casi trattati, durata delle liste

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114 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

di attesa, tassi di mortalità e di infezione ospedaliera, disponibilità di

attrezzature e strutture per le terapie post-operatorie, opinioni fornite dai

pazienti, ecc.), è di intuitiva evidenza che il volume dei casi trattati sia

fondamentale al fine di realizzare non solo quelle “economie di scala”

necessarie per il massimo rendimento della spesa sanitaria ma anche di

assicurare il miglioramento delle prestazioni offerte in rapporto a ciascuna

patologia trattata; questo vale soprattutto nel settore oncologico, in cui

operava il dirigente medico convenuto, in quanto solo in un centro dove

sono curati molti tumori saranno disponibili l’esperienza e l’organizzazione

necessarie a trattare al meglio tali gravi affezioni ed i loro diversi sottotipi.

Sentenza n. 768/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Costituisce “danno erariale indiretto” quello subito da una Azienda

sanitaria provinciale per il riconoscimento ad un paziente, a seguito di

accordo transattivo, del risarcimento del danno procuratogli dall’errore

commesso dai componenti l’equipe che aveva eseguito l’operazione

chirurgica, consistente nell’avere lasciato una garza dalla cavità

addominale del paziente.

Nella fattispecie, la transazione tra l’ente ed i terzi danneggiati è

idonea a fondare l’azione di danno erariale nei confronti dei dipendenti che,

con la loro condotta, abbiano generato il presupposto di fatto che ha

portato alla transazione medesima, anche se essi siano rimasti estranei alla

fase delle trattative. L’assenza dei convenuti alla fase procedimentale,

durante la quale l’amministrazione di appartenenza è giunta a un accordo

transattivo, non può, di per sé, generare l’inammissibilità dell’azione della

Procura Regionale, posto che nel giudizio di responsabilità sono

riconosciute ai convenuti tutte le garanzie di natura processuale per

assicurare un perfetto contraddittorio con la parte pubblica, nel rispetto

dei principi costituzionali in materia.

Sussiste la responsabilità per colpa grave dei sanitari e del personale

paramedico per avere abbandonato del materiale operatorio utilizzato

(garze) nel corso dell’intervento e per non aver correttamente proceduto al

controllo inventariale del suddetto materiale, nonostante la check list di

accettazione camera operatoria sia stata regolarmente compilata.

Ai fini della quantificazione del danno, va tuttavia considerata la

concorrente responsabilità della direzione della struttura sanitaria per non

avere recepito la “Raccomandazione per prevenire la ritenzione di garze,

strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”

(raccomandazione n. 2 del marzo 2008) del Ministero della salute che

prevede l’impiego di una scheda molto più completa ed articolata di quella

utilizzata nel caso di specie, essendo strutturata in modo da escludere

qualsiasi possibilità di errore. L’azienda ospedaliera in esame ha invece

continuato ad utilizzare un modello del tutto inidoneo a prevenire il rischio

di ritenzione di un corpo estraneo in quanto non riporta il numero delle

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115 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

garze inizialmente disponibili e di quelle impiegate nel corso

dell’intervento chirurgico.

Sentenza n. 104/ 2017 – Pres. Savagnone est. Parlato

1. L’articolo 1, comma 174, della legge 23 dicembre 2005 n. 266

(disposizione trasfusa nell’articolo 73 del Decreto Legislativo 26 agosto

2016, n. 174, recante il Codice di giustizia contabile) che attribuisce alla

giurisdizione della Corte dei conti l’esercizio dell’azione revocatoria da

parte del P.M. contabile appare pienamente compatibile con l’ordito

costituzionale pure se il giudizio riguarda anche i terzi contraenti.

La scelta del legislatore di concentrare sul giudice competente a

conoscere delle pretese creditorie derivanti da illeciti amministrativi anche

la cognizione degli strumenti volti a garantirne l’integrità non può essere

considerata né irragionevole né fonte di uno sconfinamento al di fuori della

materia allo stesso attribuita né ingiustamente discriminatorie nei

confronti degli acquirenti, estranei al giudizio di responsabilità; eventuali

divergenze procedurali fra il rito civile e quello contabile non sono

arbitrarie bensì giustificate dal collegamento dell’azione con la tutela di un

credito erariale.

2. Nell’ipotesi di cambiamento del regime patrimoniale da

comunione a separazione e di successiva stipulazione di atti volti a definire

la divisione dei beni occorre stabilire se sussista un effettivo pregiudizio alle

ragioni del creditore accertando in concreto se la garanzia generica ex art.

2740 sia diminuita tanto da rendere più incerta o difficile la soddisfazione

del credito ovvero se tale effetto non si sia realizzato.

L’eventuale esistenza dell’elemento oggettivo richiesto dall’art. 2901

c.c. dipende dall’eventualità che la divisione dei beni attuata a seguito

della scelta del regime di separazione non abbia rispecchiato le quote di

metà per ciascun coniuge della massa ricadente nella comunione ovvero

che, a seguito di un’alterazione in senso qualitativo del patrimonio, il

soddisfacimento del credito vantato dall’amministrazione danneggiata sia

stato messo in pericolo ovvero reso più difficile o gravoso.

Ordinanza n. 214/2017, est. Parlato giudice designato per la

convalida revoca o modifica del sequestro

Deve escludersi la proponibilità dell’azione cautelare erariale in

presenza dei vincoli conseguenti alla dichiarazione di fallimento poiché

l’azione esercitata dal P.M. ai sensi dell’art. 73 c.g.c. è quella stessa

prevista in via generale a tutela delle ragioni del creditore ed è assoggettata

alla stessa disciplina ed ai relativi limiti, fra cui quelli stabiliti dall’art.51

della legge fallimentare nel testo modificato dall’art. 48, comma primo, del

D.Lgs. 9 gennaio 2006 n. 5, recante la “Riforma organica della disciplina

delle procedure concorsuali” con cui è stata espressamente ampliato il

novero delle azioni individuali il cui esercizio è inibito dall’apertura della

procedura concorsuale, ricomprendendovi quelle cautelari.

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116 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Sentenza n. 590/ 2017 – Pres. Savagnone est. Parlato

Il divieto di reclutamento mediante procedure esclusivamente

interne preesiste all’entrata in vigore dell’art. 24, comma 1 del D.Lgs

150/2009 dato il consolidato “diritto vivente” circa la necessità di un

adeguato accesso dall’ esterno”.

I soggetti che indissero tali selezioni devono rispondere del danno

pari alle differenze retributive corrisposte ai vincitori delle stesse quando

l’assoluta genericità dei bandi abbia permesso il passaggio di qualifica a

soggetti neoassunti gratificandoli di una rapida carriera, senza che

l’esigenza di valorizzazione di specifiche competenze professionali

acquisite all’interno dell’ente, genericamente professata, abbia un reale

riscontro.

Sentenza n. 2/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La sentenza penale emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non assume nel

giudizio di responsabilità l’efficacia vincolante riconosciuta alla sentenza

emessa a seguito di dibattimento dall’art.651 c.p.p. (cfr. art.445 c.p.p.).

Ha, tuttavia, un particolare valore probatorio, affermato sia dalla

giurisprudenza della Suprema Corte che dalla giurisprudenza contabile,

che può essere superato dal convenuto solo dando prova delle ragioni che

lo avrebbero portato, in qualità di imputato, ad ammettere una

insussistente responsabilità e che avrebbero determinato il giudice penale

a prestare fede a tale ammissione (cfr., Cass., Sez. Lav., 5 maggio 2005, n.

9358; Id., 30 settembre 2005, n. 19251; Corte conti, Sez. I Centrale, 18

marzo 2003, n. 103/A).

Sentenza n. 3/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

In ipotesi di contestuale invito a dedurre rivolto ad una pluralità di

presunti responsabili, la data iniziale da prendere come riferimento per

valutare la tempestività degli adempimenti a carico del Procuratore ai fini

della chiamata in giudizio dei presunti responsabili è coincidente con la

scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte

dell’invitato che per ultimo ha ricevuto la notifica dell’invito a dedurre,

poiché, soltanto con lo spirare del termine per l’esercizio delle facoltà di

difesa preprocessuale da parte di tutti gli invitati, l’attore pubblico ha

avuto una visione unitaria e completa della vicenda, alla luce della quale

ponderare l’esercizio dell’azione di responsabilità (cfr., Sezioni Riunite,

n.1/QM/2005).

Sentenza n. 4/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

Le prove assunte in sede penale, anche se non in dibattimento, sono

utilizzabili nel processo contabile, in quanto allo stesso non sono applicabili

i commi 3 e 4 dell’art.111 della Costituzione, stante il rinvio esplicito

dellart.26 del regolamento di procedura alle norme del processo civile (cfr.,

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117 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

ex multis, Sezione III, 10 settembre 2003, n.392; Sezione I, 16 giugno 2003,

n.210). In altri termini, poiché il processo contabile si modella su quello

civile, il principio del giusto processo applicabile a questa giurisdizione si

declina nei termini del disposto del comma 2 dell’articolo 111 della

Costituzione: non è, quindi, necessario che la prova si formi nel

contraddittorio tra le parti come è richiesto che avvenga nel processo

penale, ma è sufficiente che il materiale probatorio raccolto nel fascicolo

processuale sia oggetto del contraddittorio, anche se differito, condotto in

condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale e secondo le

modalità proprie del processo contabile. 2. Non può ritenersi che la

prosecuzione del giudizio contabile, in presenza di giudizio promosso in

sede penale sulla base della medesima informativa della Guardia di

finanza, leda i principi del giusto processo e del divieto del ne bis in idem,

come articolati nella Cedu. Valga al proposito quanto affermato dalla

Grande Camera della Corte di Strasburgo nella decisione del 15 novembre

2016: con riferimento alla legislazione norvegese che prevede, in relazione

ai reati tributari, l’applicabilità sia di sanzioni penali che di sanzioni

amministrative, la Grande Camera ha chiarito che non vi è violazione del

principio del ne bis in idem qualora, per la stessa condotta, si venga

sottoposti sia a giudizio penale che amministrativo, a condizione che i due

procedimenti perseguano finalità complementari, le prove raccolte in un

procedimento siano utilizzabili nell’altro e che le sanzioni

complessivamente applicabili all’interessato siano proporzionate (A AND

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15 novembre 2016). Sulla base degli indicati criteri, deve ritenersi che la

prosecuzione del giudizio contabile sia compatibile con il giudizio penale,

poiché ha una finalità diversa da quest’ultimo, ovvero il ristoro del danno

finanziario cagionato all’amministrazione dalla condotta del convenuto;

sono utilizzabili le prove già raccolte nell’ambito del giudizio penale;

nell’esecuzione dell’eventuale sentenza di condanna si tiene conto delle

somme già recuperate dall’amministrazione danneggiata.

Sentenza n. 48/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La condanna di un ente locale al risarcimento dei danni in favore

della ditta pretermessa nell’assegnazione di un appalto, è causalmente

riconducibile alla condotta dell’amministratore che abbia scientemente

aggiudicato definitivamente tale appalto ad un soggetto privo dei requisiti

di ammissibilità, restando priva di rilevanza la circostanza che il servizio

sia stato poi svolto, atteso che l’illiceità dell’aggiudicazione rileva quale

presupposto della condanna al risarcimento del danno e non di

un’eventuale mancata esecuzione del servizio. Né può influire la

circostanza che l’amministrazione locale non si sia costituita nel giudizio

dinanzi al Tar o che non abbia poi impugnato la sentenza di primo grado,

atteso che il giudice contabile procede a un esame nuovo ed autonomo di

tutti gli elementi di prova offerti dalle parti del giudizio, senza essere

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118 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

vincolato alla pronuncia del giudice amministrativo, che costituisce

presupposto di fatto della fattispecie di responsabilità indiretta.

Sentenza n. 187/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La disposizione dell’art.1, comma 1-sexies, della legge n.20/1994,

introdotta dal legislatore nel 2012, avendo natura di norma sostanziale e

non processuale, può trovare applicazione solo alle fattispecie realizzatesi

dopo la sua entrata in vigore. Si tratta, inoltre, di disposizione che

introduce un limite minimo di rigore nella quantificazione del danno

all’immagine, ma non esclude che possa motivatamente attestarsi su valori

più altri (cfr., Appello Sicilia, n.132/2013; conf. Appello Sicilia,

n.192/2016).

Sentenza n. 188/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

E’ manifestamente infondata la questione di costituzionalità della

disposizione dell’art.83, primo comma, del codice di giustizia contabile per

violazione degli articoli 111, 24 e 3 della Costituzione. Sotto un primo

profilo, deve considerarsi che, già a seguito della novella del secondo

comma dell’articolo 111 della Costituzione, operata dalla legge

costituzionale n.2 del 1999, parte della dottrina e della stessa

giurisprudenza contabile hanno dubitato della compatibilità del potere del

giudice di disporre la chiamata del terzo, in precedenza previsto dall’art.47

del regolamento di procedura (RD n.1038/1933), con la posizione di

terzietà del giudice, poichè tale potere di chiamata costituiva quanto meno

un limite del principio dispositivo, se non una manifestazione di potere

sindacatorio. D’altro canto, deve osservarsi che il Collegio ha l’obbligo di

valutare l'esistenza di fatti preclusivi alla domanda attorea ovvero di

autonome condotte di altri soggetti che, costituendo, anche solo in parte,

il motivo dell'insorgenza del danno lamentato, riducano la responsabilità

del convenuto ovvero la eliminino del tutto, e ciò senza necessità di

procedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di terzi e senza

che l’eventuale statuizione abbia, naturalmente, efficacia nei loro

confronti. Tale modus operandi non comporta, evidentemente, alcun

vulnus al diritto di difesa del convenuto che, dimostrando di non essere

stato l'unico autore del danno, ovvero deducendo la responsabilità di altri

soggetti può vedere, conseguentemente, circoscritta la sua condanna a

quella parte di esso che è derivata dall'efficienza causale della sua azione o

addirittura può essere assolta da ogni contestazione.

Sentenza n. 312/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La disposizione dell’art.1, comma 1-sexies, della legge n.20/1994,

introduce un criterio presuntivo per la quantificazione del danno

all’immagine che, per la natura del parametro scelto (il doppio del denaro

o dell’utilità percepita dal pubblico dipendente), mal si attaglia alle

fattispecie in cui vengono in rilievo anche reati diversi dalla concussione o

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119 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

dall’induzione indebita, reati tentati e non consumati, nonché reato n cui

il valore dell’utilità non è determinabile. In tali fattispecie, l’ampiezza

della lesione prodotta all’immagine della p.a. deve essere valutata in

funzione della complessiva condotta delittuosa del convenuto attraverso i

criteri enunciati dalle Sezioni riunite della Corte dei conti nella sentenza

n.10/2003/QM.

Sentenza n. 315/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La mancata opposizione a decreto ingiuntivo è causa sopravvenuta

idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell’amministratore

che abbia conferito un incarico esterno e il pagamento del compenso al

professionista incaricato a seguito di notificazione di decreto ingiuntivo,

solo laddove il giudizio di prognosi postuma induca a ritenere altamente

probabile l’accoglimento dell’opposizione.

Sentenza n. 495/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

Si configura la responsabilità amministrativo-contabile, a titolo

quanto meno di colpa grave, in capo agli organi decisionali di un organismo

di diritto pubblico che procedono al reclutamento del personale,

all’affidamento degli incarichi esterni e degli appalti di servizi, attraverso

procedure opache e non selettive, che prescindono da ogni verifica sulla

necessità e sull’utilità della spesa, e sulla coerenza della stessa con i fini

pubblici da perseguire.

Sentenza n. 509/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

Un’eventuale pronuncia di condanna del giudice contabile non può

ritenersi condizionata dalla circostanza che vengano in rilievo decreti di

concessione di finanziamenti pubblici non ancora revocati né revocabili in

assenza di una pronuncia definitiva del giudice penale. L’azione di

responsabilità amministrativa si svolge, infatti, su di un piano autonomo

e distinto da quello delle vicende amministrative dei provvedimenti che

vengono in rilievo, tant’è che il giudice contabile non è chiamato né ad

annullare il provvedimento amministrativo illegittimo, né a disapplicarlo:

la valutazione dell’atto amministrativo compiuta al fine di verificare la

sussistenza del danno erariale non avviene, infatti, col meccanismo della

disapplicazione in senso tecnico, giacché l’esito dell’atto illegittimo non è

disconosciuto dal giudice contabile al fine dell’affermazione di un diritto o

interesse legittimo che esso preclude, ma è considerato nella sua effettività

giuridica, per il risultato che produce (in tale senso, Sezione Sardegna, 9

ottobre 2014, n.203). In altri termini, nel giudizio di responsabilità

amministrativo-contabile gli atti della pubblica amministrazione non

vengono in rilievo come tali ma come fatti giuridici e pertanto

l’accertamento, anche incidentale, del giudice contabile non cade sulla

legittimità-illegittimità di un atto, ma sulla liceità-illiceità del fatto

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120 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

giuridico che ha comportato una diminuzione patrimoniale per la pubblica

amministrazione (SS.RR., n.22/1996).

Sentenza n. 686/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

La misura della confisca per equivalente non è alternativa al rimedio

esperito dalla Procura contabile, anche se nelle fattispecie inquadrabili

come "reato contratto” vi può essere coincidenza tra profitto del reato

confiscabile e importo del danno erariale. Questo in quanto la confisca non

ha la finalità risarcitoria propria dell’azione di responsabilità

amministrativa, per cui non si risolve automaticamente in un beneficio per

l’Amministrazione danneggiata, ma è finalizzata a garantire

prioritariamente lo Stato-ordinamento e, solo in seconda battuta, lo Stato-

amministrazione, le cui pretese risarcitorie devono, comunque, essere fatte

valere mediante la costituzione di parte civile, tant’è che solo in ipotesi

specifiche di reato il legislatore prevede espressamente la devoluzione dei

beni confiscati in favore delle parti offese. (cfr., in senso analogo, Sezione

Piemonte, n. 214/2013 e n. 141/2012, Sezione Puglia, n. 935/2012, Sezione

Lazio, n. 1463/2004, Sezione Umbria, n. 76/2008).

Sentenza n. 573/2017 - Pres. Savagnone est. Micci

Deve ritenersi foriera di danno erariale e, come tale, presupposto per

la condanna alla restituzione di quanto indebitamente sottratto, la

condotta tenuta dall’economo di un IPAB, volta alla realizzazione di

pagamenti non dovuti in quanto non giustificati a favore dell’economo

medesimo per asserite ragioni di servizio o a favore di altri enti e/o istituti

religiosi a cui l’economo era, di fatto, comunque legato, per incarichi svolti

o per rapporti di parentela intrattenuti con legali rappresentanti e/o

amministratori degli enti e/o istituti medesimi. Devono ritenersi, altresì,

illegittimi alcuni compensi effettuati sempre da parte dell’economo a

favore dei dipendenti del medesimo IPAB e “mascherati” sotto la dicitura

anomala inserita in busta paga di “quota L/N”. Per il danno derivante da

rimborsi non giustificati a favore dello stesso economo nonché a favore di

altri enti o istituti, però, deve ritenersi responsabile anche il Presidente

dell’IPAB che ha sottoscritto, unitamente all’economo, i mandati di

pagamento con cui i suddetti rimborsi sono stati effettuati; lo stesso dicasi

per il Consiglio di amministrazione che ha avallato le operazioni di

tesoreria e approvato i bilanci incurante delle somme in eccesso accreditate

ai dipendenti a causa delle buste paga “gonfiate”. Tutte le voci di danno

da porre a carico dell’economo, pertanto, devono essere opportunamente

dimezzate, in proporzione alla riconosciuta responsabilità del Presidente

dell’IPAB e dei membri del Consiglio di Amministrazione che il Collegio ha

ritenuto responsabili ma che non sono stati citati in giudizio.

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121 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Sentenza n. 629/2017 - Pres. Savagnone est. Micci

Sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di una

Associazione che svolge attività di assistenza per portatori di handicap in

convenzione con l’Azienda Sanitaria Provinciale. Tutti i proventi

derivanti dalla suddetta convenzione, infatti, confluiscono nel patrimonio

associativo e sono finalizzati unicamente alla realizzazione dello scopo

sociale che è, appunto, quello di prestare assistenza in regime di

convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale. Nessun rilievo può avere

il fatto che nell’atto introduttivo del giudizio sia indicato, in via

immediata, come soggetto danneggiato, unicamente l’Associazione, ben

potendo il Collegio precisare che, in via mediata, ad essere danneggiato, è

unicamente il patrimonio dell’ASP dei cui sovvenzionamenti

l’Associazione vive. Ogni attività posta in essere dai legali rappresentanti

dell’Associazione volta a distrarre immotivatamente il patrimonio

associativo dalle finalità di pubblica assistenza cui è preposto, costituisce,

pertanto, danno erariale che, come tale, deve essere risarcito.

Sentenza n. 631/2017 - Pres. Savagnone est. Micci

Costituisce danno erariale la condotta tenuta dal Commissario

Straordinario di una Azienda Ospedaliera finalizzata a concordare in via

diretta ed immediata, bypassando ogni formalità imposta

dall’organizzazione amministrativa e, segnatamente, dalle previsioni

contrattuali, un servizio di vigilanza armata organizzato H24 in via

supplementare a favore di una singola clinica ospedaliera e, segnatamente,

di un singolo Dirigente medico, in servizio presso la medesima Azienda

Ospedaliera in ragione di non ben specificati atti vandalici e/o di

sabotaggio di cui il suddetto Dirigente medico sarebbe stato vittima.

L’arbitrarietà dell’azione posta in essere nonché l’ingente ammontare delle

presunte spese prospettate, che l’Azienda ospedaliera avrebbe dovuto

sostenere, non esimono, gli altri vertici dell’Amministrazione ospedaliera

dal coinvolgimento in una corresponsabilità per la causazione del danno

prospettato, alla luce di una asserita intoccabile posizione di supremazia

ricoperta del Commissario Straordinario che avrebbe impedito ad altri

vertici dell’amministrazione sanitaria di contrastare la condotta da

quest’ultimo tenuta. Il Commissario Straordinario, pertanto, deve essere

condannato a risarcire il danno, opportunamente ridotto, però, in

proporzione della ravvisata responsabilità, da parte del Collegio, di coloro

che avrebbero potuto, secondo le rispettive posizioni di garanzia indicate

in sentenza, impedire il progredire della condotta dannosa.

Sent. n. 735/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

In tema di utilizzabilità del contenuto di intercettazioni telefoniche

nel processo di responsabilità amministrativa, va, anzitutto, considerato

che, nel caso in cui l’ingresso, in tale processo, dei fatti conosciuti dal

giudice penale avvenga - per l’assenza di una “sentenza penale irrevocabile

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122 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

di condanna pronunciata in seguito a dibattimento” (articolo 651, comma 1

c.p.p.) o a giudizio abbreviato (articolo 651, comma 2 c.p.p., con i limiti ivi

previsti) - non attraverso la rigida traslazione prevista dal citato articolo

651, ma per mezzo di una sentenza penale di primo grado non irrevocabile,

bisogna tener conto del fatto che, sebbene la valutazione del giudice

contabile sulla sussistenza dei fatti rilevabili dalla sentenza penale non

passata in giudicato e dell’incidenza degli stessi sull’interesse erariale che

la Procura regionale ritiene leso debba, comunque, avvenire nel nuovo

contraddittorio costituito nel processo di responsabilità amministrativa,

resta, in ogni caso, fermo che – pur essendo escluso ogni automatismo, data

l’assenza di una “sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in

seguito a dibattimento” – la sentenza penale non passata in giudicato, in

linea di principio e ferma restando la libertà di apprezzamento di questa

Corte, eleva, nel giudizio di responsabilità amministrativa, l’attendibilità

degli elementi da lì presi e qui posti a sostegno della pretesa attorea

contabile, essendo anche tale pronuncia penale frutto di confronto

dialettico, con le connesse garanzie del contraddittorio, sebbene in altro

contesto processuale. Da ciò discende che, per sortire effetti favorevoli al

convenuto, la consistenza delle argomentazioni prospettate dalla difesa di

questo dovrà essere tale da superare la barriera costituita da eventuali

avversi elementi già dotati, in una certa misura, di solidità così acquisita.

Stando così le cose, quando a fronte di uno scenario, direttamente e

chiaramente delineato dalle stesse parole del convenuto e dei suoi

interlocutori, sostanzialmente rappresentativo di una situazione di

colpevolezza non vi è, nel processo di responsabilità amministrativa,

alcuna argomentazione difensiva che – lungi dal limitarsi a invocare la non

utilizzabilità delle conversazioni in argomento e, per questo, la mancanza

della prova dei fatti contestati - proponga una alternativa lettura di tali

conversazioni o ne evidenzi la collocazione in altro contesto,

inquadrandole, ad esempio, e in modo oggettivamente convincente,

nell’ambito dello scherzo o dell’esemplificazione didattica o riferendole,

comunque, ad altro ambito, il quadro emergente dalla prospettazione

accusatoria non può che trovare conferma.

Sent. n. 735/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

In tema di danno da disservizio, va osservato che la struttura

sanitaria, come del resto qualunque struttura organizzata, è articolata

secondo moduli preordinati all’esecuzione di un vero e proprio ciclo del

prodotto, che nel servizio “salute” si identifica, in estrema sintesi, nella

gestione del paziente secondo il percorso individuato sulla base del quadro

che, di volta in volta, si presenta in concreto.

Al funzionamento di questo complesso meccanismo accedono,

ovviamente, costi fissi e costi variabili, per la cui ottimizzazione, in termini

di rapporto tra risultato ottenuto e risorse impiegate, va tendenzialmente

perseguito l’obiettivo del pieno impiego, sicché se sistematicamente, dopo

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123 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

una prima parte di esecuzione del predetto “ciclo del prodotto”, le restanti

attività vengono svolte altrove, si avranno - sotto il profilo dell’efficienza,

vale a dire quello degli obiettivi raggiunti in relazione alle risorse impiegate

- risultati inferiori, atteso che a fronte di minori attività potrà essere

riscontrata, nella più rosea delle ipotesi, solo una riduzione dei costi

variabili, restando quelli fissi, almeno nel breve periodo, comunque

insensibili a tali fenomeni.

In altri termini, ritiene il Collegio che il sistematico dirottamento di

pazienti governato dal convenuto abbia comportato il mancato

raggiungimento di quelle utilità ordinariamente ricavabili dall’impiego di

determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse

corrispondente alla generale diminuzione di efficienza dell’apparato

pubblico.

Sent. n. 540/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

L’azione di responsabilità amministrativa per danno indiretto può

essere ammessa solo se concorrono, indipendentemente dal loro ordine

cronologico, il passaggio in giudicato della pronuncia civile (o del giudice

amministrativo al quale sia stata rivolta domanda risarcitoria) a favore del

terzo danneggiato e l’effettivo pagamento delle somme a questo dovute.

Se la prima azione di responsabilità amministrativa per danno

indiretto esercitata sulla base dell’avvenuta provvisoria esecuzione della

sentenza civile di primo grado non passata in giudicato viene, comunque,

decisa nel merito con la condanna del convenuto, la successiva (seconda e,

eventualmente, anche terza) azione di responsabilità amministrativa

intesa a ottenere la condanna dello stesso convenuto per l’ulteriore

pregiudizio patito dalla stessa amministrazione per effetto di condanna

civile di secondo grado (o di Cassazione) al risarcimento di maggior danno,

effettivamente eseguita a favore del terzo danneggiato, sarà

inevitabilmente inammissibile:

• poiché riguardante lo stesso fatto dannoso (pur con differente

quantificazione del pregiudizio contestato) commesso dallo stesso soggetto

agente in pregiudizio della stessa amministrazione, già oggetto della prima

condanna per responsabilità amministrativa passata in giudicato, con la

conseguenza che, salvo che per la nuova prospettazione della sola

(ri)quantificazione del danno, gli elementi strutturali dell’illecito, inclusa

la sussistenza stessa del danno, risulteranno già accertati con la medesima

prima sentenza di condanna per responsabilità amministrativa, passata in

giudicato;

• poiché, secondo l’orientamento espresso dalla Cassazione,

oggettivamente fonte di un “aggravamento della posizione del danneggiante-

debitore” (il convenuto) - (ri)chiamato in giudizio dopo essere già stato

condannato per gli stessi fatti (ma sulla base di una non definitiva

esposizione passiva dell’amministrazione verso il terzo danneggiato),

mentre avrebbe dovuto esser citato una sola volta sulla base della

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124 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

definitiva esposizione passiva dell’amministrazione verso il terzo

danneggiato – e di “un abuso dello strumento processuale” (Cass., Sez. VI,

sent. n. 21318 del 21 ottobre 2015).

Ordinanza n. 159/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

Nel caso di maturata decadenza per la presentazione della richiesta

di rito abbreviato di cui all’articolo 130, comma 1 c.g.c., motivata da

comprovati gravi motivi di salute, va accolta l’istanza intesa a ottenere la

rimessione in termini, poiché:

• la scelta di chiedere la definizione alternativa del giudizio

presuppone una preventiva valutazione comparativa tra l’esito

previsionale del giudizio ordinario introdotto dal Pubblico Ministero e

l’immediato sacrificio economico che accede al rito alternativo;

• pur essendo fondamentale il ruolo del difensore nel fornire al suo

assistito ogni utile elemento al riguardo - con particolare riferimento a ogni

possibile previsione sull’esito del giudizio ordinario e sulla ragionevole

attendibilità di tale previsione, alla luce degli elementi di fatto e di diritto

disponibili – è ovvio che la predetta valutazione comparativa può essere

fatta, nella sostanza, solo personalmente dall’interessato, anche tenendo

conto del sacrificio economico, di fatto immediato, legato all’esigenza di

disporre, in tempi brevissimi, della somma necessaria per la definizione

alternativa del giudizio e di sopportare gli eventuali relativi costi;

• in altri termini, una cosa è resistere lungo la strada tracciata dalla

Procura con la sua iniziativa giudiziaria, altra cosa è decidere di assumere

iniziative finalizzate a condurre il giudizio su una strada alternativa,

essendo quest’ultima eventualità - a differenza della prima, che, in linea di

principio, può essere affidata alla prevalente cura del difensore munito di

procura (Cass., Sez. 2, sent. n. 7 del 2 gennaio 2014) - inevitabilmente

rimessa a una attenta e oculata attività valutativa e decisionale diretta del

convenuto, sebbene con la necessaria consulenza e assistenza tecnica del

difensore;

alla luce del principio secondo cui, per la rimessione in termini, “la

omissione da cui è derivata la decadenza deve essere stata determinata da un

fattore estraneo alla volontà della parte” (Cass., Sez. Lavoro, sent. n. 7003 del

25 marzo 2011, anche richiamata da Sez. Lavoro, sent. n. 19836 del 28

settembre 2011), rimasta, per questo, priva di qualsivoglia ragionevole

possibilità alternativa, si deve ritenere che la condotta idonea a evitare

l’infruttuoso decorso del termine perentorio - vale a dire quella tempestiva,

attenta e oculata attività valutativa e decisionale diretta del convenuto -

sia inesigibile in presenza di gravi condizioni di salute, in ragione del fatto

che, avuto riguardo sia al profilo fisico che a quello psicologico, l’esigenza

di salvaguardia del bene primario della vita colloca comprensibilmente in

secondo piano altre, pur importanti, questioni la cui soluzione impone

un’attenzione personale o, comunque, l’esercizio di uno sforzo applicativo

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125 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

non ragionevolmente affidabile del tutto a terzi, come la scelta di chiedere

la definizione alternativa del giudizio introdotto dal Pubblico Ministero.

GIUDIZI DI CONTO

Sentenza n. 388/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

E’ tenuto a rendere il conto giudiziale per la gestione delle aree di

sosta a pagamento, anche in assenza dell’obbligo di versare al Comune il

canone concessorio, l’agente contabile che abbia ricevuto la gestione delle

aree di parcheggio a titolo gratuito, essendo onerato della gestione e del

miglioramento dei servizi di parcheggio.

In considerazione del vincolo di scopo impresso alle entrate in

questione dall’art. 7, comma 7, del decreto legislativo n. 285 del 1992, ai

fini del dovere di rendere il conto giudiziale della propria gestione, non

assume rilevanza alcuna la circostanza della mancata previsione

dell’obbligo di riversamento nelle casse comunali dei proventi delle aree di

sosta a pagamento.

Sentenza n. 429/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Sussiste la responsabilità dell’economo comunale che abbia sostenuto

delle spese per necrologi e corone funebri in assenza di apposita previsione

del regolamento economale; secondo il consolidato orientamento del

giudice contabile, inoltre, non è ammissibile la spendita di pubblico denaro

per l’espressione di cordoglio per il decesso di parenti di dipendenti o di

amministratori dell’Ente, dovendosi provvedere a tali spese con mezzi

privati.

Sentenza n. 655/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Nel giudizio relativo al conto giudiziale del Tesoriere di un Comune,

va ritenuto ammissibile l’intervento volontario proposto dall’ente locale, a

condizione che esso non sia spiegato in adesione del contabile bensì adesivo

alle ragioni del Pubblico ministero. Nella fattispecie, il comune, nella

propria memoria, non ha sostenuto le difese dell’istituto tesoriere ma si è

limitato a fornire ulteriori chiarimenti sui punti critici, evidenziati dal

magistrato relatore, riguardanti quelle attività del Tesoriere che sono, per

loro natura, strettamente intrecciate alle corrispondenti iniziative

gestionali dell’ente locale ovvero, nello specifico, alle problematiche del

fondo di cassa e dell’utilizzo delle entrate a specifica destinazione con

conclusioni peraltro corrispondenti a quelle formulate dal pubblico

ministero.

L’esposizione di un fondo cassa finale a chiusura dell’esercizio è

incompatibile con il contemporaneo ricorso all'anticipazione di tesoreria

(rimasta inestinta alla fine dell’anno) ed all'utilizzo, in termini di cassa, di

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126 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

entrate a specifica destinazione non reintegrate entro l'esercizio. Accertata

l’esistenza di numerosi pignoramenti notificati presso la Banca d’Italia e,

preso atto della necessità di dare contezza delle somme di cui il Comune è

giuridicamente titolare, sebbene sottoposte a vincolo per effetto del

pignoramento, è opportuno che il conto giudiziale venga integrato, a cura

del Tesoriere e con il visto del Comune, con apposita annotazione che dia

conto della circostanza che il fondo di cassa a fine esercizio era indisponibile

in quanto interamente bloccato da pignoramenti pendenti.

Sentenza n. 5/2017 – Pres. Savagnone est. Maio

Il tasso debitorio dovuto da un’Azienda ospedaliera sulle

anticipazioni di cassa ricevute dal tesoriere è quello stabilito nella

convenzione di tesoreria, intervenuta a regolare i rapporti tra le parti, non

potendo ritenersi prevalente sulla clausola contrattuale una diversa

previsione dell’offerta economica presentata in sede di gara, non ripresa né

nella deliberazione di aggiudicazione definitiva, né nella menzionata

convenzione di tesoreria.

Sentenza n. 190/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

In assenza di diversa disciplina speciale, l’articolo 626, ultimo

comma, R.D. n.827/1924 deve essere interpretato nel senso che, nei conti

giudiziali sugli stampati a valore resi dagli uffici passaporti, l’agente

contabile deve fornire idonea prova che i passaporti elettronici siano stati

rilasciati a seguito di verifica del versamento dell’importo di legge nelle

casse erariali; tale prova, allo stato attuale della disciplina relativa al

rilascio dei passaporti elettronici, è costituita dalle attestazioni di

versamento dell’importo previsto dalla legge sul c.c.p. n. 67422808; la

menzionata documentazione giustificativa deve essere allegata al conto sin

dall’origine e formare oggetto sia del riscontro operato dal Ministero degli

affari esteri, ai sensi dell’articolo 618, R.D. n.827/1924, e dalla Ragioneria

generale dello Stato, a mezzo del competente Ufficio centrale del bilancio,

ai sensi dell’articolo 620, R.D. n.827/1924.

Sentenza n. 689/2017 – Pres. Savagnone est. Cernigliaro

Il rendiconto della gestione di un Consorzio tra enti locali non è

assimilabile al conto del tesoriere e come tale non è soggetto all’esame

giudiziale della Sezione giurisdizionale, bensì alle verifiche della Sezione

regionale di controllo, ai sensi dell’art.227 del d.lgs. n.267/2000.

Sent. n. 230/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

L’avvenuta adozione del provvedimento di archiviazione del

fascicolo istruttorio da parte del Pubblico Ministero non rende

improcedibile il giudizio di conto instaurato per gli stessi fatti, potendo tale

provvedimento solo fornire elementi eventualmente utili per la formazione

del convincimento del giudice; né, al riguardo, può essere applicato

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127 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

l’articolo 70 c.g.c., poiché le limitazioni ivi poste alla riapertura di un

fascicolo archiviato accedono solo ed esclusivamente al perimetro che

circoscrive il giudizio di responsabilità amministrativa rimesso

all’iniziativa del Procuratore regionale, laddove il giudizio di conto è

caratterizzato da altra iniziativa e da altro ruolo riservato alla Procura.

GIUDIZI AD ISTANZA DI PARTE

Sentenza n. 670/2017 – Pres. Savagnone est. Colavecchio

Nel caso in cui in un giudizio ad istanza di parte il ricorrente non

abbia provveduto a notificare, ai sensi del comma 1 dell’art. 174 del decreto

legislativo 26 agosto 2016, n. 174, il decreto presidenziale di fissazione

dell’udienza di discussione, non può trovare applicazione il successivo

comma 4 - secondo il quale il collegio in caso di mancata costituzione della

controparte dispone la rinnovazione della notifica qualora ravvisi un vizio

di nullità - poiché trattasi di un’ipotesi di inesistenza della notifica, vizio

diverso e ben più grave rispetto a quello della nullità.

Ordinanza n. 190/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

Sulla base della più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della

Corte di Cassazione (ord. n. 19072 del 28 settembre 2016), la giurisdizione

nel caso di giudizio a istanza di parte introdotto per l’opposizione a

provvedimento di ingiunzione di pagamento emesso per il recupero, a

favore dell’amministrazione di appartenenza, di compensi corrisposti a

dipendente pubblico per attività extraistituzionale non autorizzata,

anteriore all’entrata in vigore della legge n. 190 del 2012 (il cui articolo 1,

comma 42, lettera “d” ha aggiunto il comma 7-bis all’articolo 53 del

decreto legislativo n. 165 del 2001), appartiene al giudice ordinario, sicché,

nel caso di riassunzione innanzi a questa Corte del processo

originariamente instaurato innanzi al giudice ordinario, che abbia poi

declinato la propria giurisdizione, va sollevato, d’ufficio, il conflitto di

giurisdizione ai sensi dell’articolo 17, comma 3 c.g.c..

Sentenza n. 489/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

E’ manifestamente inammissibile il ricorso introduttivo di un

giudizio a istanza di parte con il quale la parte ricorrente - lamentando,

sostanzialmente, che una denuncia di danno erariale dalla stessa

presentata alla locale Procura regionale è rimasta senza esito e sostenendo,

al riguardo, che “l’obbligo di provvedere, demandato al Procuratore Regionale

della Corte dei Conti, non risulta allo stato assolto” - chiede a questa Corte di

“sollecitare il promovimento dell’azione di responsabilità erariale nei confronti

di chi spetti […] e, per l’effetto, di “trasmettere gli atti al Procuratore

Regionale in sede per quanto di Sua competenza”, poiché:

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128 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

• l’impalcatura processuale eretta dal fronte attoreo appare

collocata fuori dell’area della contrapposizione di interessi che sta,

ragionevolmente, sullo sfondo di ogni controversia, atteso che la parte

ricorrente chiede al giudice di adottare un provvedimento dalla cui

esecuzione discenda l’esercizio, da parte del pubblico ministero, di

un’azione di responsabilità amministrativa, “nei confronti di chi spetti”, il

cui eventuale esito favorevole alle ragioni dell’accusa andrà a vantaggio

dell’amministrazione, che, secondo la parte ricorrente medesima, ha patito

danno erariale (nella sostanza, i ricorrenti hanno agito “Contro”

l’amministrazione ritenuta danneggiata, chiamandola in un processo a

istanza di parte – fonte, peraltro, di onere di costituzione - introdotto per

ottenere, “nei confronti” della Procura regionale, tutela riguardo a un

interesse della stessa amministrazione ritenuta danneggiata);

• ogni questione inerente alla determinazione di agire in giudizio

nasce e si evolve solo ed esclusivamente all’interno della Procura regionale,

anche perché non vi è nella disciplina del giudizio di responsabilità

amministrativa una norma corrispondente all’articolo 409, comma 5

c.p.p., che consente al solo giudice penale, in un caso specifico, di ordinare

al pubblico ministero di formulare l’imputazione.

Sentenza n. 342/2017 - Pres. Savagnone est. Gargiulo

E’ inammissibile il ricorso introduttivo di un giudizio a istanza di

parte con il quale un comune chiede l’accertamento della responsabilità del

concessionario della riscossione e la condanna della stessa società al

pagamento di una somma di denaro per tributi non riscossi, contestando

che “l’agente della riscossione non ha adempiuto alle proprie obbligazioni” -

non avendo “provveduto alla regolare notifica della cartella di pagamento” e

lasciando, così, “che il diritto di credito del Comune [stesso] si prescrivesse

irrimediabilmente” – e che “il concessionario […] nonostante la palese

irregolarità della notifica della predetta cartella è rimasto totalmente inerte per

diversi anni, omettendo sia una rinnovazione della notifica della stessa cartella

e sia l’inoltro al contribuente di un atto di avviso e/o intimazione di pagamento

idonei ad interrompere la prescrizione”, poiché:

• la verifica dei rapporti di dare ed avere tra agente della riscossione

ed ente impositore – generalmente richiamata per ammettere il giudizio a

istanza di parte introdotto da quest’ultimo - non può essere considerata

una categoria particolare dell’ambito esattoriale idonea a giustificare, in

linea generale, l’inquadramento, per blocco di materia, della relativa tutela

in quel tipo di giudizio, essendo, invece, necessario scrutinare, in vista della

qualificazione processuale, le ragioni che stanno alla base della pretesa di

“avere” e del corrispondente asserito obbligo di “dare”;

• sullo sfondo del mancato versamento da parte del concessionario

della riscossione (e, dunque, della pretesa di “avere” da parte dell’ente

pubblico) si possono individuare, in estrema sintesi, o l’indebita

appropriazione delle somme riscosse o la mancata riscossione delle stesse;

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129 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

quest’ultima, a sua volta, può derivare o da questioni riconducibili

all’inesigibilità di imposte e di altri proventi erariali (vale a dire al

discarico) o dal fatto che il concessionario non ha (o non ha correttamente)

eseguito gli obblighi sullo stesso gravanti per riscuotere con successo;

• in altri termini – prendendo le mosse dalle ragioni che stanno alla

base della pretesa di “avere” e del corrispondente asserito obbligo di “dare”

- va verificato, in concreto e sotto l’aspetto sostanziale, se la pretesa, come

prospettata dall’attore, è riconducibile al paradigma della responsabilità

amministrativa per danno erariale;

• il comune attore lamenta, nella sostanza, un danno da mancata

entrata, ritenendolo conseguenza della condotta antigiuridica del

concessionario della riscossione, con la conseguenza che quella che si

prospetta è oggettivamente una questione di responsabilità

amministrativa per danno erariale;

• allorquando il credito discende da (presunta) responsabilità

amministrativa, come nel caso di specie, la pubblica amministrazione non

ha la potestà di rivolgersi direttamente al giudice munito di giurisdizione,

vale a dire la competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti;

• la responsabilità amministrativa va accertata dal giudice

contabile solo attraverso l’ordinario processo introdotto dal pubblico

ministero, nel quale l’amministrazione danneggiata può solo intervenire a

sostegno delle ragioni di questo;

• l’ordinamento non tollera che venga introdotto, con le vesti del

giudizio a istanza di parte, un giudizio di responsabilità in cui risultino, da

un lato, sovvertite le posizioni dei protagonisti del processo rispetto al

paradigma delineato dal legislatore per quel giudizio e, dall’altro,

inesistenti i poteri e le facoltà riconosciuti, sempre per quel giudizio,

all’ufficio requirente e all’interessato;

nel giudizio a istanza di parte così introdotto, la pubblica

amministrazione si trova, infatti, ad assumere una posizione attorea che

non avrebbe in alcun modo potuto rivestire e il pubblico ministero si trova

a ricoprire, in luogo del ruolo di attore pubblico, esclusivo titolare del

potere di introdurre il corrispondente giudizio di responsabilità

amministrativa, quello di concludente.

GIUDIZI DI PENSIONE

Sentenza n. 63 /2017- GUP Colavecchio

Nel caso in cui il giudice di seconde cure emetta una statuizione che

modifichi solo parzialmente la pronuncia del giudice di primo grado, la

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130 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

competenza a giudicare sull’ottemperanza della sentenza deve ricadere sul

giudice di appello, non potendosi in alcun modo ritenere che il giudizio di

ottemperanza debba frazionarsi innanzi a giudici diversi a seconda del capo

della sentenza di cui è chiesta l’esecuzione e ciò sia prima che dopo l’entrata

in vigore dell’art. 217 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174.

Sentenza n. 65 /2017- GUP Colavecchio

L’art. 1 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, così come il comma

7 dell’art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 19, parimenti all’art. 153 del

decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, sanzionano con

l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, il ricorso che non contenga la

contemporanea esposizione dei fatti e delle norme di diritto su cui è fondata

la domanda giudiziale, prescindendo dall’eventuale documentazione

riversata nel fascicolo processuale; tale regola, valevole per ogni tipo di

ricorso, deve essere maggiormente osservata per i ricorsi cumulativi ove

vengono inseriti in unico contesto cartolare una pluralità di posizioni

previdenziali del tutto differenziate quanto a presupposti, decorrenze dei

relativi trattamenti pensionistici e titolarità di questi ultimi, accomunate,

semplicemente, dalla prospettazione della risoluzione di una identica

questione giuridica; in altri termini, anche in un’ottica non improntata a

rigido formalismo, la mancata specificazione, almeno nei tratti essenziali,

dei fatti che connotano la posizione di ciascuno dei soggetti che ricorrono

collettivamente (quali la decorrenza dei trattamenti di quiescenza, l’ufficio

di appartenenza, il numero e la data dei provvedimenti di collocamento a

riposo) preclude al giudice di entrare nel merito della loro pretesa, non

potendo emettere una sentenza contenente una mera enunciazione

giuridica astratta, del tutto avulsa rispetto alla posizione dei singoli

ricorrenti.

Ordinanza n. 67 /2017- GUP Colavecchio

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di

legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, della legge regionale

siciliana 12 agosto 2014, n. 211, - che ha introdotto il contributo di

solidarietà per le pensioni di importo compreso tra 50.000,00 e 91.251,16

euro in aggiunta a quello statale di cui all’art. 1, comma 486, della legge 27

dicembre 2013, n. 147, - e per quanto occorra del comma 487 dell’art. 1

della suddetta legge statale, per contrasto con gli artt. 2, 3, 36 e 38 della

Costituzione e con l’art. 36 cello Statuto regionale (per la sola legge

regionale), per una duplicità di motivi:

- in base all’intreccio dell’art. 22, comma 1, con l’art. 21, comma 2

lett. b), della citata legge regionale le entrate derivanti dal contributo di

solidarietà sono utilizzate, unitamente alle risorse stanziate al comma 1 del

citato art. 21, per finanziare “il credito di imposta regionale per l’incremento

dell’occupazione”, con la conseguenza che, perseguendo finalità estranee al

circuito previdenziale, il contributo in questione acquista natura

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131 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

tributaria, ponendosi in contrasto con i principi contenuti nella sentenza

n. 116 del 2013 di Corte costituzionale;

- a parità di reddito pensionabile, i pensionati regionali, a differenza

degli altri pensionati sui quali gravano solo le aliquote del contributo di cui

all’art. 1, comma 486, della legge statale n. 147 del 2013, subiscono un’altra

decurtazione, avente la stessa natura e finalità, che assume il carattere

della irragionevolezza, a prescindere dalla natura tributaria o meno, sia

perché investe solo una limitata categoria di pensionati sia perché viene a

gravare, per via delle fasce di reddito più basse, in misura maggiore sugli

stessi, frustando le finalità della sentenza n. 173 del 2016 della Corte

costituzionale.

Sentenza n. 668/2017- GUP Colavecchio

Il giudizio di ottemperanza è lo strumento processuale diretto ad

ottenere l’esecuzione del dictum rimasto ineseguito ed è volto ad assicurare

l’effettività della tutela del privato; l’oggetto di tale giudizio deve essere,

quindi, costituito soltanto dal decisum e il giudice adito con l’ottemperanza

non può pronunciarsi su questioni nuove, trasformandolo da strumento

esecutivo a giudizio di cognizione, né può diversamente qualificarlo in un

ordinario giudizio di cognizione, essendone differenti i presupposti.

Sentenza n. 389/2017- GUP Cernigliaro

E’ inammissibile la domanda del titolare di pensione di reversibilità

volta ad ottenere la rideterminazione della pensione del coniuge, con effetti

sul proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione di benefici

economici per i quali soltanto il dante causa avrebbe potuto agire.

Difetta, in tale ipotesi, la legittimazione ad agire, trattandosi di un

diritto, personale ed intrasmissibile, vantato dal coniuge ormai deceduto e

non azionabile, quindi, dal titolare della pensione di reversibilità, essendo

quest’ultima una prestazione spettante iure proprio e collegata all’assegno

pensionistico del de cuius solo in relazione alla sua misura.

Sentenza n. 172/2017- GUP Parlato

Al pensionato che chiede il ricongiungimento di diversi periodi ai fini

pensionistici non può essere opposto il difetto dei presupposti per

l’istaurazione del rapporto di lavoro (nel caso di specie l’amministrazione

resistente aveva eccepito l’assenza del requisito della disoccupazione

richiesto dalle leggi regionali 285/1997, art. 4; legge 37/78, art. 25; L.R.8/81

artt. 5 e 7 poiché l’art. 112 del D.P.R. 1092/1973 non subordina la propria

applicazione alla circostanza che i servizi da ricongiungere siano stati

prestati in presenza delle condizioni normativamente previste; al G.U. non

compete alcun sindacato al riguardo.

Sentenza n. 321/2017- GUP Parlato

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| Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana

132 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Gli artt. 35, 36 e art. 81 del regolamento organico dell’Ente di

Sviluppo Agricolo della Regione siciliana approvato con decreto del

Presidente della Regione siciliana n.3279/RA del 24 luglio 1971 dispongono

che la disciplina degli impiegati dell’ente deve essere modellata su quella

vigente per i dipendenti civili dello Stato di qualifica corrispondente; l’art.

71, che aveva previsto che il loro trattamento di quiescenza dovesse essere

determinato nelle misure e con le modalità proprie fissate da apposita legge

è rimasto inattuato; il trattamento pensionistico spettante al personale

dell’E.S.A. rimane quindi disciplinato dalla medesima normativa vigente

per i dipendenti civili dello Stato.

Ne deriva che coloro avevano avuto mantenuta “ad personam” la

qualifica di ispettore capo del ruolo ad esaurimento, in conformità a

quanto espressamente previsto dal D.P.R. n.748/1972 per i funzionari

statali che non erano stati immessi nel ruolo dirigenziale, deve essere

applicata, ai fini pensionistici, la disciplina stabilita dall’art. 73, comma 2,

del D.P.R. n. 748/1972 per i funzionari statali di pari grado inseriti nel

ruolo ad esaurimento.

Sentenza n. 387/2017- GUP Parlato

1. Sono devolute alla giurisdizione della Corte dei conti sia la

domanda di accertamento della causa di servizio proposta unitamente alla

domanda di condanna dell'ente al pagamento del trattamento

pensionistico sia la sola domanda di mero accertamento della causa di

servizio quale presupposto del trattamento pensionistico privilegiato da

richiedersi in futuro atteso il carattere esclusivo di tale giurisdizione

affidata al criterio di collegamento costituito dalla "materia".

2. Anche in capo ai dipendenti in servizio sussiste un interesse

concreto e attuale a ottenere una pronunzia giudiziale sulla dipendenza da

causa di servizio delle patologie accusate trattandosi un presupposto

essenziale ex art. 67 del D.P.R. n.1092/1973 per il successivo

riconoscimento del diritto alla liquidazione della pensione privilegiata

ordinaria.

Sentenza n. 687/2017- GUP Maio

La sanatoria prevista dall’art.155, comma 8, del codice di giustizia

contabile non può essere applicata all’ipotesi di inesistenza della

notificazione del decreto di fissazione dell’udienza, non sussistendo le

peculiari esigenze di tutela del ricorrente rilevate dai giudici di legittimità

nel rito del lavoro, con riferimento al dettato dell’art.415, comma 2, c.p.c.,

considerato che il menzionato art.155, al comma 3, dispone espressamente

la comunicazione del decreto di fissazione dell’udienza a cura della

segreteria della Sezione.

Sentenza n. 693/2017- GUP Maio

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133 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Sono manifestamente infondate le prospettate questioni di

costituzionalità dell’art.24, commi 25, 25 bis e 25 ter del d.l. n.201/2011,

convertito in legge n.214/2011, come introdotti dall’art.1, del d.l.

n.65/2015, convertito in legge n.109/2015, in relazione agli articoli 3, 36,

primo comma, 38, secondo comma e 136 della Costituzione, alla luce della

giurisprudenza costituzionale più recente che ha espressamente affermato

che “diversamente dalle disposizioni del “Salva Italia” annullate nel 2015

– la nuova e temporanea disciplina prevista dal decreto-legge n. 65 del 2015

realizzi un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le

esigenze della finanza pubblica” (cfr. sentenza n.250/2017).

Conseguentemente, deve essere rigettata la domanda tesa ad ottenere la

riliquidazione del trattamento di quiescenza superiore a tre volte il cd.

minimo Inps con gli adeguamenti ISTAT annuali intervenuti dopo

l'1.1.2012 nella misura prevista dall'art.69, comma 1, della legge

n.388/2000.

Sentenza n. 133/2017- GUP Maio

Ai fini dell’interruzione del termine di decadenza previsto dall’ art.14

della legge n.271/1991 non rileva la presentazione della domanda per il

riconoscimento della causa di servizio al datore di lavoro, in quanto l’Inps

– ex-Inpdap - in cui sono confluiti gli Istituti di Previdenza presso il

Ministero del Tesoro - amministra soltanto il rapporto di quiescenza

relativo ai rapporti d'impiego di dipendenti di enti locali e ha, pertanto,

l’onere di compiere tempestive indagini in ordine ai presupposti di fatto del

trattamento privilegiato senza restare necessariamente vincolato dagli

accertamenti compiuti dagli enti datori di lavoro, estranei all’obbligazione

pensionistica (cfr., Appelli Sicilia n.86/A/2011).

Sentenza n. 375/2017- GUP Maio

E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, collocato

anticipatamente a riposo sulla base delle disposizioni dell’art.52, comma 3

della legge regionale n.9/2015, diretta ad ottenere la rideterminazione del

trattamento di quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20, commi

1 e 2 della legge regionale n.21/2003. Questo in quanto sono

manifestamente infondate le prospettate questioni di costituzionalità

dell’art.51, commi 1, 2, 3 e 6 e dell’art.52, commi 1, 2, 4, 6 e 9 della legge

regionale n.9/2015, per violazione del principio del pro-rata, del principio

del legittimo affidamento nonché degli articoli 3, 36, 38 e 97 della

Costituzione.

Sentenza n. 376 /2017- GUP Maio

E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, collocato a

riposo d’ufficio nel corso del 2015, diretta ad ottenere la rideterminazione

del trattamento di quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20,

commi 1 e 2 della legge regionale n.21/2003. Questo in quanto sono

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134 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

manifestamente infondate le prospettate questioni di costituzionalità

dell’art.52, commi 1 e 2, della legge regionale n.9/2015, per violazione del

principio del pro-rata, del principio del legittimo affidamento nonché degli

articoli 3, 36, 38 e 97 della Costituzione.

Sentenza n. 634/2017- GUP Maio

E’ infondata la domanda di un pensionato regionale, posto in

quiescenza sulla base delle disposizioni dell’art.20, commi 1 e 2 della legge

regionale n.21/2003, come modificato dall’art.51 della legge regionale

n.9/2015, diretta ad ottenere che, ai fini del calcolo della quota retributiva,

sia considerata la media delle retribuzioni dell’ultimo quinquennio

composta dalle voci indicate dall’art.80 CCRL comparto non dirigenziale,

quadriennio giuridico 2002-2005 e biennio economico 2002-2003 o la

retribuzione media pensionabile indicata nel foglio di calcolo allegato al

decreto pensionistico. Il limitato intervento del legislatore del 2015 non è,

infatti, idoneo a fondare la richiesta di parte ricorrente: a fronte di un

espresso richiamo alle disposizioni della legge regionale n.2/1962 contenuto

nell’art.20 della legge regionale n.21/2003, su cui non è intervenuto il

legislatore del 2015, non può, infatti, ritenersi innovata la nozione di base

pensionabile, così come discendente dall’applicazione sinora data agli

artt.4 e 31 della menzionata legge regionale del 1962. Né vi sono elementi

per ritenere che ad una diversa conclusione si possa giungere sulla base di

un’interpretazione sistematica della riforma delle pensioni regionali del

2015, atteso che l’ultra-attività dell’art.20 della legge regionale n.21/2003

è espressione di un regime transitorio che - per quanto di maggior favore

per i dipendenti con determinati requisiti di anzianità ancora in servizio al

momento dell’entrata in vigore della l.r. n.9/2015 - non può risolversi in

un aumento della spesa pensionistica rispetto al regime previgente. Ne

discende che, affinché un emolumento possa essere qualificato come

quiescibile ai fini del calcolo della cd. prima quota, lo stesso deve essere

provvisto dei requisiti della fissità e continuità: in altri termini, non è

sufficiente “la sua inerenza al coacervo delle voci retributive aventi natura

stipendiale” ma deve avere una “funzione di permanente corrispettività”

(cfr., Appello Sicilia, n.100/A/2011).

Sentenza n. 806/2017- GUP Maio

E’ infondata la domanda di un pensionato regionale diretta ad

ottenere la riliquidazione del trattamento di quiescenza con gli

adeguamenti ISTAT annuali intervenuti dopo l'1.1.2012 nella misura

prevista dall'art.36 della legge regionale n.6/97. Parimenti infondata è la

domanda, avanzata in via subordinata, diretta ad ottenere la perequazione

della pensione nella misura prevista dall’art.69, comma 1, della legge

n.388/2000, sul presupposto della incostituzionalità delle disposizioni del

decreto-legge n.65/2015, convertito in legge n.201/2015. Come chiarito,

infatti, dalla giurisprudenza delle Sezioni riunite, la disciplina del

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135 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

trattamento pensionistico del personale regionale non è oggetto di potestà

esclusiva del legislatore regionale, atteso che l’articolo 14, lettera q) dello

Statuto ha riguardo allo stato giuridico e economico del personale in

servizio; piuttosto, rientra nell’ambito della potestà legislativa concorrente

in materia di previdenza sociale, di cui all’art.17, lettera f) del medesimo

Statuto (SS.RR., n.5/2006, n.5/2008 e n.2/2010). Laddove, quindi, la

disciplina statale si ponga come disciplina di riforma economico-sociale,

deve trovare applicazione sull’intero territorio nazionale, a prescindere da

un espresso rinvio da parte del legislatore regionale. Ne consegue la

legittimità dell’operato del Fondo Pensioni Sicilia che ha applicato nel

territorio regionale la disciplina della perequazione dei trattamenti

pensionistici, adottata dal legislatore nazionale con il decreto-legge

n.65/2015, che superato il vaglio di costituzionalità del giudice delle leggi

come affermato dalla recentissima pronuncia n.250/2017.

Sentenza n. 501/2017- GUP Micci

Deve essere rigettato il ricorso con il quale il pensionato chiede la

rideterminazione del trattamento di quiescenza determinato ai sensi

dell’art. 52 LR 9/2015, in quanto di gran lunga inferiore a quello

determinato ai sensi dell’art. 20 della LR 21/2003, dal momento che, la

parte di pensione da calcolarsi con il sistema retributivo vede come base di

calcolo non già l’ultima retribuzione, bensì la media delle ultime cinque

retribuzioni, con ciò comportando una notevole riduzione del trattamento

di pensione con una palese violazione del principio del pro rata e del

legittimo affidamento nonché con una prospettata questione di legittimità

costituzionale della norma (art. 52, commi 1 e 2 LR 9/2015). Il Giudice

delle pensioni ha ritenuto non accoglibili le richieste del pensionato in

quanto l’istituto previdenziale ha agito in piena conformità alla

normativa, di natura transitoria, vigente che, innegabilmente, deve

ritenersi il frutto di scelte tutte finalizzate ad uniformare, nel lungo

periodo, il trattamento pensionistico regionale a quello statale nel più

ampio disegno di risparmio della spesa pubblica. Non può ritenersi,

pertanto, violato, il principio del pro rata né, tanto meno, quello del

legittimo affidamento, ritenendosi, come noto, il fluire del tempo, un

elemento diversificatore che consente di trattare in modo differenziato le

stesse categorie di soggetti, dal momento che l’ordinamento, pur

assicurando l’intangibilità dei trattamenti di pensione già maturati, non

assicura l’intangibilità e la non modificabilità dei metodi di calcolo dei

trattamenti di quiescenza futuri, secondo il diverso fluire del tempo, con

conseguente rigetto anche della prospettata questione di legittimità

costituzionale.

Ordinanza n. 226 /2017 - GUP. Gargiulo

Nel giudizio cautelare introdotto per ottenere la sospensione della

ritenuta operata dall’ente previdenziale sulla pensione, sussiste il

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136 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

periculum in mora quando la misura dell’importo netto dell’ordinario

trattamento pensionistico mensile corrisposto all’interessato a valle della

rideterminazione della pensione e della decurtazione applicata è pari a poco

più del sessanta per cento dell’ordinario importo netto corrisposto sulla

base della determinazione originaria della pensione stessa, poiché tale

considerevole differenza, pur in assenza di specifiche allegazioni e sulla

base delle sole possibili considerazioni riguardo ai connessi inevitabili

incisivi mutamenti delle normali abitudini di vita, va ritenuta tale, anche

con riferimento all’assenza di altre fonti di reddito, da non far ritenere

evitabili, secondo ragionevolezza, pregiudizi gravi e irreparabili.

Sentenza n. 546 /2017 - GUP. Gargiulo

L’errore revocatorio si sostanzia nella astrattamente corretta

applicazione della regola di diritto che accede a una situazione di fatto, non

controversa, percepita dal giudice in modo errato rispetto alle risultanze

degli atti processuali.

Appare, dunque, evidente, tenendo presente i tratti caratteristici del

caso concreto, che affinché si possa ritenere che alla base della decisione

controversa sia stata erroneamente “supposta l'inesistenza di un fatto la cui

verità è positivamente stabilita” è necessario che la lamentata

diametralmente opposta percezione della realtà da parte del giudice sia

direttamente rilevabile dalla motivazione da questo espressa, anche per

relationem, atteso che se il (ritenuto) vizio revocatorio denunciato viene

dedotto dal concorso del mancato riferimento a elementi (ritenuti)

rilevanti per la decisione e della (ritenuta) erroneità di questa, si finisce per

collocare sullo stesso piano l’ipotesi di difetto di motivazione e quella di

motivazione erronea in punto di giudizio di fatto, laddove non valutare un

fatto non equivale a valutarlo male.

Sul punto – in disparte ogni possibile considerazione sulla

qualificazione propria del difetto di motivazione e sullo strumento di tutela

invocabile per ottenere rimedio - è, infatti, sufficiente osservare che

allorquando, come prospettato dalla parte ricorrente, non vi sia

riferimento alcuno a elementi (ritenuti) rilevanti per la decisione, non è

possibile stabilire se la statuizione contestata sia frutto della

(astrattamente) corretta applicazione della regola di diritto che accede alla

situazione di fatto, non controversa, percepita dal giudice in modo errato

rispetto alle risultanze degli atti processuali o se la stessa discenda

dall’errata applicazione del diritto rispetto alla situazione di fatto

correttamente percepita dal giudice medesimo.

In buona sostanza, tenendo presente i tratti caratteristici del caso

concreto, si deve ritenere che vi è errore revocatorio solo ove il giudice

abbia affermato – mostrando, così, di averlo considerato e valutato -

l’insussistenza di un fatto, non controverso, risultante invece

oggettivamente sussistente dagli atti processuali e ove, sulla base di tale

ritenuta insussistenza, lo stesso abbia assunto la decisione contestata.

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137 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Sentenza n. 294/2017 - GUP. Gargiulo

E’ inammissibile il ricorso proposto dall’amministrazione datrice di

lavoro nei confronti del pensionato deceduto, per la restituzione di somme

da questo indebitamente percepite e già rifuse dalla stessa amministrazione

all’ente previdenziale, se notificato collettivamente e impersonalmente agli

eredi, poiché, se per un verso è vero che il codice di procedura civile prevede

ipotesi in cui la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta

collettivamente e impersonalmente agli eredi stessi (articoli: 303, secondo

comma; 330, secondo comma; 477, secondo comma), per altro verso è pur

vero che le predette norme presuppongono la preesistenza di un rapporto

processuale col soggetto poi deceduto, qui invece non sussistente.

In altri termini, il ricorso doveva essere rivolto direttamente agli

eredi del pensionato e agli stessi notificato secondo le regole ordinarie.

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138 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

TABELLE

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139 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

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140 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

Organico 1 Presidente + 13 Magistrati

Presidente Luciana Savagnone

Consigliere Giuseppe Colavecchio Giuseppa Cernigliaro Adriana Parlato

Primo Referendario

Igina Maio Maria Rita Micci Giuseppe Grasso Paolo Gargiulo Sergio Vaccarino*

*magistrato assegnato in aggiuntiva fino al 9 maggio

2017

NUMERO UDIENZE COLLEGIALI 32

NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO (correzione materiale, fissazione di termine, declaratoria di nullità etc.)

9

N. UDIENZE MONOCRATICHE DI COMPARIZIONE

3

NUMERO UDIENZE G.U.P. 62

NUMERO CAMERE DI CONSIGLIO PENS. 32

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141 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

GIUDIZI DI RESPONSABILITA’ E DI CONTO

GIUDIZI DI

RESPONSABILITA’ GIUDIZI DI CONTO

GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/17 93 33

ATTI INTRODUTTIVI (atti di citazione, revocazione)

106 28

GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 172 18

GIUDIZI DISCUSSI 147 18

GIUDIZI DEFINITI 127 21

SENTENZE DI CONDANNA 105 7

SENTENZE DI ASSOLUZIONE 7 0

SENTENZE DI DISCARICO 4

ALTRE MODALITA’ DI DEFINIZIONE

15 5

ORDINANZE

1

GIUDIZI RIUNITI

2

3

PROCEDIMENTI MONITORI 8 8

ORDINANZA DI CONDANNA DA PROCEDIMENTO MONITORIO

0 2

GIUDIZI RINVIATI 25 0

GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/17 72 40

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142 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CONTI GIUDIZIALI

STATO ENTI LOCALI A.S.P. TOTALE

PENDENTI AL 01/01/17 2.974 12.478 1.822 17.274

DEPOSITATI NEL 2017 2.899 5.716 1.015 9.630

APPROVATI CON DECRETO PRESIDENZIALE

119 134 0 253

DEFINITI CON ALTRE MODALITA’ 2 18 1 21

DICHIARATI ESTINTI 1.579 4.742 601 6.922

DEFINITI 1.700 4.894 602 7.196

PENDENTI AL 31/12/2017 4.173 13.300 2.235 19.708

PROCEDIMENTI PER LA FISSAZIONE DI TERMINE PER LA RESA DEL CONTO

PROCEDIMENTI PENDENTI AL 01/01/2017 12

ISTANZE DEPOSITATE NEL 2017 2

ATTI DI CITAZIONE 30

GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 28

DISCUSSI 28

DEFINITI 21

RINVIATI 0

PENDENTI AL 31/12/2017 23

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143 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

GIUDIZI A ISTANZA DI PARTE

GIUDIZI PENDENTI AL 01/01/17 8

RICORSI DEPOSITATI 6

GIUDIZI ISCRITTI A RUOLO 12

GIUDIZI DISCUSSI 10

GIUDIZI DEFINITI 5

GIUDIZI PENDENTI AL 31/12/2017 9

SEQUESTRI CONSERVATIVI

ISTANZE PROPOSTE NEL 2017 4

AUTORIZZATI CON DECRETO PRESIDENZIALE 4

AUTORIZZATI CON ORDINANZA NEL GIUDIZIO DI CONVALIDA

2

ORDINANZA SU RECLAMO 0

GIUDIZI DI CONVALIDA PENDENTI AL 31/12/2017 2

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144 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CONTENZIOSO PENSIONISTICO

CIVILE

MILITARE

GUERRA

TOTALE

RICORSI IN CARICO AL 01/01/2017 1.399 124 11 1.534

RICORSI PERVENUTI NEL 2017 1.043 35 10 1.088

RICORSI ISCRITTI A RUOLO NEL 2017 1.049 129 17 1.195

RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI

ACCOGLIMENTO 244 27 3 274

RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI

RIGETTO 223 30 0 253

RICORSI DEFINITI CON SENTENZA DI

ESTINZIONE 41 2 0 43

RICORSI RIUNITI EX ART. 273 C.P.C. 4 1 0 5

RICORSI DEFINITI CON ALTRE

PRONUNCE 161 7 2 170

TOTALE RICORSI DEFINITI NEL 2017 673 67 5 745

RICORSI INTERROTTI 4 0 0 4

ORDINANZE A VERBALE IN UDIENZA 143 15 0 158

ORDINANZE ISTRUTTORIE 106 31 6 143

ORDINANZE DI RIMESSIONE A CORTE

COSTITUZIONALE, CORTE EUROPEA,

SEZIONI RIUNITE

4 0 0 4

RICORSI PER PROCEDIMENTI

CAUTELARI 74 3 0 77

RICORSI RINVIATI A UDIENZA FISSA 120 16 6 142

RICORSI RINVIATI A NUOVO RUOLO 35 35

RICORSI PENDENTI AL 31/12/2017 1.769 92 16 1.877

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145 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

RELAZIONE DELL ’ATTIVITA’

DELLA SEZIONE DI CONTROLLO E DELLE

SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO

ANNO 2017

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146 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CORTE DEI CONTI

SEZIONE DI CONTROLLO E SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO

PER LA REGIONE SICILIANA

ORGANICO

1 Presidente + 12 Magistrati

Presidente Maurizio GRAFFEO

Consiglieri

Consiglieri ai sensi dell'art. 7, comma 8-bis,

della legge n.131/2003

Anna Luisa CARRA

Tommaso BRANCATO *

Antonio NENNA **

Francesco ALBO

Luciano ABBONATO ***

Ignazio TOZZO ****

Primi Referendari

Giuseppe di PIETRO

Giovanni DI PIETRO

Sergio VACCARINO *****

Gioacchino ALESSANDRO

Referendari

Francesco Antonino CANCILLA

Marco FRATINI ******

* trasferito dal 16.01.2017

** a decorrere dal 15 marzo 2017

*** a decorrere dal 5 maggio 2017

**** a decorrere dal 31 ottobre 2017

***** in doppia assegnazione presso altra Sezione sino al 9 maggio 2017

****** assegnato temporaneamente ad altro Ufficio a decorrere dal 10.01.2017

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147 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CORTE DEI CONTI

SEZIONE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

2015 2016 2017

Adunanze 51 56 48

Camere di consiglio 28 33 37

SEZIONE DI CONTROLLO

PER LA REGIONE SICILIANA

NUMERO DELIBERAZIONI

NUMERO DELIBERAZIONI

NUMERO DELIBERAZIONI

2015 2016 2017

Pronunce ex art. 1, comma166, L. 266/2005 (Rendiconti) ai sensi

dell'art. 148 bis TUEL 212 138 98

Verifica ai sensi dell'art. 148 TUEL sulla regolarità della gestione e

sull'efficacia e adeguatezza del sistema dei controlli interni 46 33 19

Piano razionalizzazione società partecipate EELL ex art. 1, co.

611-612 L. 190/2014 13 3

Piani di riequilibrio art. 243 bis del TUEL - Approvazione/diniego 8

12

15

5

18 Piani di riequilibrio art. 243 bis del TUEL - Verifiche semestrali

Controllo spese elettorali 1 20 14

Art. 1, comma 714, 714 bis e 715 della Legge 208/2015 2

TOTALE DELIBERE ENTI LOCALI 267 231 159

Deliberazioni di controllo successivo sulla gestione 6 4 4

Verifica del rendiconto della Regione siciliana 2 2 2

Controllo rendiconti Gruppi parlamentari 4 4 2

Altre Controllo Enti SSR 23 2 2

Pareri 75 48 46

Indagine: L.R. 9/2010 – Gestione integrata dei rifiuti 1

Audizioni 1

Controllo preventivo di legittimità atti Stato ex art. 3 co. 1 L.

20/1994 3 11 12

Controllo preventivo di legittimità atti Regione ex art. 2 D. Lgs.

200/1999 6 2 2

Altre deliberazioni programmatiche e linee guida 8 6 6

TOTALE GENERALE 394 310 237

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148 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO

PER LA REGIONE SICILIANA

2015 2016 2017

Adunanza pubblica 1 1 2

Camere di consiglio 9 13 10

SEZIONI RIUNITE PER LA REGIONE

SICILIANA IN SEDE DI CONTROLLO

NUMERO

DELIBERAZIONI

2015

NUMERO

DELIBERAZIONI

2016

NUMERO

DELIBERAZIONI

2017

Programma di lavoro per la decisione e la relazione

sul rendiconto generale della Regione siciliana 1 1 1

Giudizio di parificazione del rendiconto generale

Regione siciliana ed annessa relazione 1 1 2

Riesame

Audizioni 2 2

Certificazioni Contratti collettivi regionali di lavoro 2

Altre 1

TOTALE 4 6 4

Controllo di legittimità Giacenza

inizio anno

Totale atti

pervenuti

Atti

esaminati

Richieste

istruttorie

Atti

ammessi al

visto

Deferimenti Deliberazioni

Controllo di legittimità -

Art. 3, 3° c., legge 20/94

Atti Stato

26 518 529 44 481 19 12

Controllo di legittimità art.

2 D.lgs 200/1999 - Atti

Regione siciliana

3345 5.692 5.872 207 5.512 42 1

Controllo successivo di

legittimità - art. 10, co. 1

d.l.vo n. 123/2011

3 2 5 4 4

Totale controllo di

legittimità 374 6.212 6.406 251 5.994 65 17

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149 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

1. CONTROLLO SULLA REGIONE

1.1. Parifica del rendiconto regionale (SS.RR.).

All’udienza del 30 giugno 2017 le Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede di

controllo, con ordinanza n.2/2017/SS.RR./PARI, ritenendo di dover instaurare il

contraddittorio con la Regione siciliana in ordine alla “composizione del risultato di

amministrazione al 31 dicembre 2016” relativamente a quattro voci riferite alla “Parte

accantonata” di detta composizione (omessi accantonamenti per residui perenti al

31.12.2016, per “Fondo perdite società partecipate”, per “Fondo contenzioso”, nonché

per mancata valorizzazione tra gli “Altri accantonamenti” del “Fondo passività

potenziali” relativo al rischio concernente i contratti derivati), ha ordinato la

sospensione del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione siciliana

per l’esercizio finanziario 2016 e ha rinviato l’udienza al giorno 19 luglio 2017,

assegnando alle parti il termine del 10 luglio 2017 per il deposito di eventuali memorie

e documenti sui punti riferiti.

In detta udienza, le SS.RR. :

1) hanno dichiarato irrilevante ai fini del giudizio attinente al rendiconto della Regione

siciliana per l’esercizio 2016, la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal

PM nel corso della stessa, dell’articolo 2 della legge regionale n. 14 del 2016, con

riferimento agli articoli 117, secondo comma, lettera e), e 81, terzo e quarto comma,

della Costituzione, pur ritenendo che possano individuarsi sotto altro aspetto profili

di criticità riferiti all’articolo 1, commi 692-701, della legge 28 dicembre 2015 n. 208

per i quali si è ravvisata la necessità di proporre, con separata pronuncia, questione di

massima al Presidente della Corte dei conti affinché possa essere espresso un indirizzo

nomofilattico sulla corretta interpretazione delle suddette norme (cfr. oltre);

2) hanno rigettato la richiesta istruttoria del P.M. di verifica ed accertamento

dell’effettività delle coperture relative ai residui attivi reimputati in quanto

tardivamente proposta e, comunque, non rilevante ai fini del giudizio di regolarità sul

rendiconto della regione per l’esercizio 2016;

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150 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

3) in parziale difformità alle richieste del Pubblico Ministero e nei limiti degli

accertamenti compiuti:

a) hanno dichiarato regolare il conto del bilancio per l’esercizio finanziario 2016, con

esclusione della posta contabile riferita al “fondo perdite società partecipate” in

relazione all’insufficiente accantonamento predisposto con riguardo ai dati relativi

alla partecipata AST S.p.A. ;

b) visto il paragrafo 9.2. dell’allegato 4.3. al decreto legislativo n. 118 del 2011, rilevata

allo stato degli atti l’irregolarità dello stato patrimoniale e, conseguentemente, del

conto economico della Regione siciliana per l’esercizio 2016, hanno disposto che

l’Amministrazione regionale provvedesse alla regolarizzazione e al completamento

dell’attività di ricognizione straordinaria del patrimonio ed alla conseguente

rideterminazione del suo valore entro la fine dell’esercizio 2017, così come consentito

dal summenzionato paragrafo;

Nell’annessa relazione, specifica attenzione è stata dedicata ai profili relativi agli

equilibri di bilancio, al patto di stabilità, alle spese per il personale, a quella

previdenziale, all'indebitamento regionale con particolare riguardo alle operazioni in

derivati, all'organizzazione ed al sistema dei controlli interni, all'utilizzo dei fondi

comunitari ed alla politica sanitaria.

L’anzidetta decisione, in 28 luglio 2017, è stata oggetto da parte dell’Ufficio del

Pubblico Ministero operante presso la Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei

conti per la Regione siciliana di ricorso (e di “motivi aggiunti” in data 6 settembre

2017) alle Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, ai sensi

dell’art. 11, comma 6, lett. e), del Codice di giustizia contabile, giudizio conclusosi con

la sentenza n. 44/2017/EL del 13 settembre/15 dicembre 2017 che ha dichiarato

inammissibile l’anzidetto ricorso.

Come anticipato, le Sezioni riunite per la Regione siciliana avevano ravvisato la

necessità di valutare se l’utilizzo del fondo delle anticipazioni di liquidità secondo le

modalità previste dai commi 692-701 della legge n. 208 del 2015 non si ponesse in

contrasto con la necessità, evidenziata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 181

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151 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

del 2015 e dalla stessa Sezione delle Autonomie nella delibera n. 19 del 2014, che il

predetto utilizzo del fondo non compromettesse la finalità della sterilizzazione delle

risorse erogate a favore delle Regioni.

Con deliberazione n. 4/2017/QMIG, pertanto, hanno sottoposto al Presidente della

Corte, ai fini del deferimento alla Sezione delle autonomie o alle Sezioni riunite, la

questione di massima concernente l’applicazione dell’anzidetta normativa statale, la

quale, invero, si presta a due interpretazioni alternative: la prima - più vicina al tenore

letterale delle norme analizzate ed alla voluntas legis come espressa nei lavori

preparatori – secondo cui le Regioni possono utilizzare la quota annua di rimborso

dell’anticipazione di liquidità quale copertura del ripiano annuale del disavanzo di

amministrazione generato dalla “sterilizzazione”, con l’effetto di disimpegnare gli enti

dalla necessità di adottare misure di ripiano aggiuntive (maggiori risorse o risparmi di

spesa) di importo corrispondente alla quota annua di disavanzo (e ciò per tutta la

durata trentennale del ripiano), generando – in ciascun anno ed in tale misura -

espansione della capacità di spesa sul bilancio: l’onere complessivo per il rientro dal

disavanzo sarebbe, infatti, equivalente a quello che sarebbe conseguito pur in assenza

della sterilizzazione delle anticipazioni di liquidità. La seconda interpretazione,

costituzionalmente orientata, imporrebbe agli enti di iscrivere in bilancio accanto alla

quota annua di rimborso dell’anticipazione, anche una quota, di pari importo, a titolo

di ripiano del disavanzo, evitando gli effetti paradossali descritti. Tale opzione

ermeneutica appare più rigorosamente coerente con la finalità di sterilizzare le

anticipazioni e di evitare “plusvalenze fittizie” in linea con gli indirizzi espressi dalla

Corte costituzionale (sentenze nn. 181/2015 e 89/2017) e dalla Sezione delle Autonomie

(delibera n. 33/2015/QMIG). La questione è stata recentemente risolta dalla Sezione

delle Autonomie con deliberazione n. 28/SEZAUT/2017/QMIG.

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152 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

1.2. Altre tipologie di controllo sulla regione.

La verifica del rendiconto generale per la Regione siciliana per l'esercizio finanziario

2016 è stata effettuata, sulla base delle vigenti norme di attuazione dello Statuto

speciale, dalla Sezione di controllo con l'applicazione delle "Procedure di

campionamento" approvate con deliberazioni n. 9 del 2004 e 84 del 2017, e ha avuto

come oggetto la verifica delle entrate “proprie” accertate, riscosse e versate; delle spese

impegnate; di quelle pagate; dello stato patrimoniale. L'indagine si è conclusa con la

deliberazione n. 126/2017/GEST che ha dichiarato non regolari alcune poste del conto

del bilancio (le quali, però, non superavano la soglia di rilevanza del 5 per cento

individuata con la citata delibera n. 84/2017), nonché l’intero stato patrimoniale 2016.

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153 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

2. CONTROLLO SUI GRUPPI PARLAMENTARI

DELL’ASSEMBLEA REGIONALE SICILIANA

Con la deliberazione istruttoria n. 61/FRG/2017e con la successiva n.85/FRG/2017,

sono stati esaminati i rendiconti per l’esercizio 2016 dei 12 Gruppi parlamentari

dell’A.R.S..

Rispetto alle problematiche già esaminate a conclusione dei precedenti cicli di

controllo, sono state affrontate le seguenti questioni principali:

- l’approfondimento del percorso evolutivo inerente l’accentuazione dell’aspetto

“sostanziale” della necessaria verifica dell’attinenza delle spese alle funzioni

istituzionali, come tracciato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 263 del 2014,

proseguito con le pronunce n. 104 e n. 260 del 2016 e ribadito, da ultimo, con la

sentenza n. 10 del 2017;

- la ricostruzione della portata del DPA n. 139 del 2014 e del punto 1) della

deliberazione del Consiglio di Presidenza dell’ARS n. 27 del 9.2.2011, che impone ai

gruppi parlamentari di erogare ai dipendenti di cui al D.P.ARS. n. 46 del 2013,

impropriamente definiti come “stabilizzati”, l’intero importo del contributo erogato

dall’Assemblea.; è stato rilevato, a tal proposito, come l’importo in questione non

rappresenti soltanto il tetto massimo della retribuzione, come sarebbe ovvio, ma anche

l’importo minimo, da erogare obbligatoriamente, sicché le retribuzioni non sono

calcolate in proporzione alla quantità ed alla qualità delle prestazioni lavorative svolte

ed in base a parametri legali e contrattuali predeterminati, ma in rapporto al

contributo concretamente erogato dall’ARS, in palese controtendenza rispetto a tutte

le recenti tendenze legislative in materia di spending review;

- le criticità relative ai criteri adottati per la corresponsione dei buoni pasto al

personale dipendente;

- i profili problematici concernenti la riconducibilità o meno all’attività di uno

dei Gruppi di una serie di servizi televisivi, ritenuti dal Collegio come inerenti, invece,

all’attività politica di uno dei deputati;

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154 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

- i criteri per l’ammissibilità delle spese per una consulenza, sia sotto il profilo

soggettivo (requisiti culturali, titoli ed esperienza professionale della persona

incaricata), che sul piano oggettivo (individuazione di quel minimum necessario

affinché un elaborato abbia carattere innovativo e non costituisca, come nel caso

trattato, la mera copiatura pressoché integrale di ricerche e pubblicazioni altrui).

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155 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

3. CONTROLLO SUL SERVIZIO SANITARIO REGIONALE

La politica sanitaria regionale, nel 2017, è stata esaminata in occasione del giudizio di

parificazione del rendiconto generale della Regione (relativo all’esercizio 2016) e gli

esiti dell’analisi condotta sono confluiti nella specifica relazione redatta dalle Sezioni

Riunite. Le principali osservazioni contenute nel predetto documento si sono

incentrate sulle tematiche di seguito illustrate.

L’ammontare del fondo sanitario regionale indistinto, definito dall’intesa Stato-

Regioni n. 62 del 2016, è risultato pari a 8.905 milioni di euro con la compartecipazione

della Regione siciliana per la quota di 4.373 milioni.

Uno specifico aspetto di criticità emerso è stato quello relativo al mancato rispetto da

parte della Regione della soglia minima relativa ai trasferimenti delle risorse per il

finanziamento del servizio sanitario regionale.

L’incidenza della spesa sanitaria è risultata pari al 57 per cento, ponendo a confronto

il dato relativo agli impegni ricompresi nella perimetrazione delle spese afferenti al

settore sanitario, in rapporto all’ammontare complessivo degli impegni assunti dalla

Regione.

Relativamente al percorso di risanamento avviato dalla Regione, alla data del 30

giugno 2017, non era ancora formalmente adottato il POCS 2016-2018; non risultava,

altresì, attuato quanto previsto dall’art.1, comma 524, della legge n. 208 del 2015 sui

piani di rientro per enti ed aziende sanitarie, né il programmato contenimento della

spesa in materia di rinegoziazione dei contratti.

In riferimento alla riorganizzazione della rete ospedaliera la Regione ha approvato un

nuovo documento di programmazione rispetto al quale il Tavolo ministeriale ha

espresso un giudizio positivo anche se le Sezioni riunite hanno evidenziato che, in

concreto, gli effetti, sul piano economico, sulla qualità e sugli standard dell’offerta ai

cittadini, potranno essere valutati solo in un momento successivo.

L’analisi funzionale dei dati relativi all’assistenza sanitaria, contenuti nel conto

economico, ha consentito di rilevare un incremento dei ricavi e dei costi, in raffronto

all’esercizio precedente. Il costo del personale ha subito un lieve decremento risultando

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156 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

così di importo inferiore a quello registrato nell’esercizio 2004 nel rispetto delle

previsioni normative. Invece i costi sostenuti per il personale a tempo determinato

hanno evidenziato un disallineamento dei dati giustificato dalla vigenza del blocco

delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e dalla necessità di sopperire,

seppure in parte, alla fuoriuscita del personale in quiescenza per riuscire a mantenere

i livelli essenziali di assistenza. Con riferimento al costo dei beni si è registrato un

incremento determinato dall’aumento del costo dei farmaci e degli altri beni sanitari.

La spesa farmaceutica territoriale (relativa al periodo gennaio-ottobre 2016) ha

evidenziato un valore di poco superiore al tetto programmato. Parimenti, nel

medesimo periodo, con riguardo specifico alla spesa farmaceutica ospedaliera si è

registrato il superamento del limite programmato. I predetti dati dimostrano che in

Sicilia la spesa farmaceutica complessiva (territoriale e ospedaliera) ha superato il

tetto di spesa programmato.

Relativamente alle procedure di acquisto di beni e servizi la Regione ha riferito che la

totalità degli enti sanitari ha fatto ricorso in via esclusiva alle procedure Consip e

Me.Pa. oltre che alle gare centralizzate regionali e di bacino e che gli acquisti autonomi

sono stati limitati alle sole ipotesi nelle quali non risultava esistente alcuna procedura

Consip ovvero il bene non era presente nei cataloghi Me.Pa.

Quanto allo stato patrimoniale, l’ammontare complessivo dei debiti delle aziende ha

registrato un lieve decremento. La porzione più consistente dei debiti continua ad

essere rappresentata dai debiti verso i fornitori. Con riguardo ai tempi medi di

pagamento sono stati rilevati aspetti di criticità (la Regione, nel corso dell’anno 2016,

non ha rispettato i termini previsti dal DPCM 22.09.2014) così da rendere auspicabile

una maggiore celerità delle procedure impiegate per i pagamenti a favore dei terzi

creditori. I crediti delle aziende, invece, hanno registrato un lieve incremento rispetto

all’ammontare quantificato al termine dell’esercizio precedente.

Con riferimento all’attuazione e all’impiego delle risorse destinate agli accordi di

programma pluriennali, le linee di investimento hanno riguardato parecchi interventi

tra cui: ristrutturazione edilizia, ammodernamento tecnologico del patrimonio

sanitario pubblico, realizzazione di residenze per anziani e soggetti non autosufficienti,

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157 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

riqualificazione dell'assistenza sanitaria nei grandi centri urbani, realizzazione di

strutture per cure palliative, per il superamento degli OPG, l’Addendum e

l’adeguamento alla normativa antincendio. A fronte degli interventi programmati la

Ragioneria Generale della Regione ha impegnato solo parte delle somme necessarie al

loro finanziamento.

L’esame dei principali indicatori relativi all’assistenza ospedaliera ha evidenziato il

rispetto dei parametri fissati dalle previsioni normative nazionali e, infatti, il tasso di

ospedalizzazione è rimasto al di sotto del tetto fissato a livello nazionale. Alcuni profili

di criticità, invece, sono stati rinvenuti in riferimento all’adeguatezza delle strutture

residenziali preposte all’assistenza territoriale in favore degli anziani e dei disabili.

L’attività di monitoraggio sulle aziende sanitarie svolta, nel corso del 2017, dalla

Sezione di controllo si è incentrata sui bilanci relativi all’esercizio 2015. All’esito del

controllo si è proceduto al deferimento del Policlinico Universitario P. Giaccone di

Palermo, per il quale sono state accertate rilevanti criticità, meglio esposte nella

delibera n. 93/2017/CONTR/PRSS. Inoltre, con delibera n. 77/2017/CONTR/PRSS, è

stata accertata la mancata adozione del bilancio della Gestione Sanitaria Accentrata

(GSA) e, contestualmente, la mancata redazione del bilancio consolidato. In merito

alle misure correttive conseguenti alle delibere si segnala che, nel mese di giugno 2017,

la Regione ha trasmesso la delibera di adozione del bilancio della GSA, nonché il

bilancio consolidato e nel successivo mese di luglio anche il Policlinico Universitario

P. Giaccone ha trasmesso le misure correttive conseguenti alle criticità accertate nella

deliberazione sopra citata.

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4. CONTROLLO SUGLI ENTI LOCALI

4.1. Controllo ex art. 148 bis del Tuel (art. 1, comma 166, della legge n.

266/2005).

Tale controllo sui rendiconti dell’esercizio 2015 è risultato particolarmente gravoso,

atteso che per gli enti locali si è trattato del primo anno di applicazione della c.d.

contabilità armonizzata.

In generale, è emerso che quasi tutti gli enti hanno trovato notevoli difficoltà nel

riaccertamento straordinario e nel passaggio dal vecchio al nuovo sistema contabile;

rimangono significative criticità sul fronte della liquidità, la cui crisi non appare risolta

neppure dalle anticipazioni di cui al decreto legge n. 35 del 2013, nonché sul fronte dei

debiti fuori bilancio e del contenzioso, al quale spesso non corrisponde una congrua

dotazione del relativo fondo. Persistono masse notevoli di residui attivi, anche non

recenti, mentre la percentuale di riscossione dei tributi non appare ancora elevata e la

lotta all’evasione tributaria non dà i risultati previsti.

Numerose sono le pronunce della Sezione che si occupano di enti locali che versano in

situazione di crisi strutturale di bilancio.

Si segnalano:

- la deliberazione n. 216/2017/PRSP (Comune di Mazara del Vallo), con la quale sono

state rilevate gravi anomalie nella quantificazione della parte accantonata e di quella

vincolata sul risultato di amministrazione oltre che nella determinazione del fondo

pluriennale vincolato; ciò, quindi, ha condotto a dubitare -sotto molteplici profili-

dell’attendibilità complessiva del rendiconto dell’esercizio 2015;

- la deliberazione n. 217/2017/PRSP (Comune di Solarino), con la quale si sono rilevate

gravi anomalie nel riaccertamento straordinario, nel calcolo della parte vincolata e di

quella accantonata e nella quantificazione del fondo pluriennale vincolato; anche per

tale ente il rendiconto del 2015 finisce per essere inattendibile.

- la deliberazione n. 232/2017/PRSP (Comune di Messina) con la quale la Sezione ha

avuto modo di osservare in chiave problematica, che “l’eccessivo protrarsi dei tempi di

perfezionamento e di definitivo assetto del piano di riequilibrio, favorito anche da interventi

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159 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

normativi di dubbia razionalità e coerenza, impatta in termini pregiudizievoli su valori

fondamentali e costituzionalmente protetti afferenti la garanzia della tutela giurisdizionale

dei diritti (art. 24 e art. 111 Cost.), in virtù dei quale si deve escludere che, per effetto della

sospensione delle procedure esecutive di cui all’art. 243 bis, comma 4, del TUEL, i diritti

di credito dei terzi possano essere compressi per una durata irragionevole o che si possa

esentare sine die la parte pubblica degli effetti pregiudizievoli di una condanna giudiziale,

paralizzando, per tale via, i creditori e vulnerando il principio di ragionevole durata del

processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. i principi richiamati dalla sentenza della Corte

costituzionale n. 186 del 20131 nonché le preoccupazioni espresse da questa Sezione già

nella deliberazione n. 32/2014/QMIG del 25 febbraio 2014)”.

Numerose sono poi le pronunce che hanno riscontrato plurime e gravi irregolarità

contabili nella determinazione dei risultati di amministrazione quali l’erronea

contabilizzazione o l’incongruenza di accantonamenti e vincoli sui risultati di

amministrazione (ex multis, cfr. le nn. 232, 211, 198, 192, 191, 190, 150, 7); consistenti

e reiterati squilibri di cassa; segnalazioni di omessa resa del conto degli agenti contabili

(ad es. 232/2017/PRSP; 190/2017/PRSP); l’errata quantificazione del fondo

pluriennale vincolato conseguente alla scorretta applicazione del principio contabile

della competenza finanziaria potenziata per effetto della reimputazione di

obbligazioni passive esigibili che avrebbero dovuto essere mantenute a residuo passivo

(del. n. 191/2017/PRSP e 192/2017/PRSP); la mancata determinazione della cassa

vincolata (198/2017/PRSP, 190/2017/PRSP); l’inottemperanza alle pronunce della

Sezione o l’inadeguatezza delle misure correttive (232, 211, 198, 192, 190, 97);

interventi di “soccorso finanziario” e criticità relativamente ad operazioni societarie

1 “Questa Corte ha più volte affermato che un intervento legislativo − che di fatto svuoti di contenuto

i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore − può ritenersi giustificato

da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un

ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni

di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l’estinzione, siano

controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra

via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle

procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)”

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160 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

(232/2017/PRSP); mancato allineamento contabile con gli organismi partecipati;

violazione delle disposizioni sulla tempestività dei pagamenti.

Con la deliberazione n. 5/2017/PRSP si è proceduto ad analizzare i principali fattori di

criticità del comune di Palermo, anche in riferimento alla gestione delle società

partecipate. Con riferimento all’analisi del rendiconto 2014, di particolare interesse

appare la mancata ricostituzione dei fondi a destinazione vincolata, la

contabilizzazione separata di somme riscosse a mezzo di c/c postale e bancario, l’errata

conduzione delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori bilancio (con sostanziale

inversione procedimentale tra la fase gestionale d’impegno di spesa e quella – di

controllo politico amministrativo – di riconoscimento del debito), l’errata

contabilizzazione dei proventi da permesso a costruire tra le entrate tributarie, con

refluenze sui saldi del PSI, il consistente divario tra residui attivi e passivi ai servizi

per conto terzi, il disallineamento contabile con le società partecipate e l’analisi di tutti

i fenomeni gestionali in grado di ripercuotersi sugli equilibri di bilancio dell’ente.

Per quanto concerne l’armonizzazione contabile, vanno segnalate le delibere n.

22/2017/PRSP, 29/2017/PRSP e 43/2017/PRSP, che, per la pregnanza dei rilievi

mossi, hanno dato luogo ad una riedizione, jussu iudicis, delle procedure di

riaccertamento straordinario dei residui

Diverse sono le pronunce in cui la Sezione ha sollecitato interventi di risanamento

strutturale a fronte di approfondite analisi che, sia pure all’interno del controllo ex

art. 148 bis del TUEL, hanno preso in considerazione il complesso delle criticità

dell’ente in chiave dinamica ed attraverso un confronto dell’evoluzione storica dei

fattori di squilibrio (abbinando il controllo sulle misure correttive del precedente ciclo

di bilancio), procedendo contestualmente anche alla verifica dei piani di

razionalizzazione delle società partecipate. Al contempo, nei casi più gravi, ove il

rendiconto abbia presentato debiti fuori bilancio ancora da riconoscere e disavanzi non

finanziati e dotati di copertura, sono state disposte misure interdittive dei programmi

di spesa richiamando l’art. 188, comma 1 quater, del TUEL. Tra i casi esemplificativi

si segnala la deliberazione n. 96/2016/PRSP, in ottemperanza alla quale l’ente ha

dichiarato il dissesto finanziario.

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161 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Si segnala poi la delibera n. 61/2016/INPR con la quale sono stati formulati gli indirizzi

sulla corretta attuazione dell’articolo 1, commi 611 e 612, della legge 23 dicembre 2014,

n. 190 in riferimento ai piani di razionalizzazione delle società partecipate dei comuni,

dei liberi Consorzi e delle Città metropolitane.

Il riscontro sul recepimento di siffatti criteri da parte dei singoli enti è stato effettuato

in sede di monitoraggio finanziario, mentre in sede di indagine sulla finanza locale

2014-15 sono stati analizzati a livello aggregato i dati trasmessi dai singoli enti e le

principali criticità riscontrate, in continuità con quanto stabilito nella predetta

delibera n. 61.

4.2. Controllo ex art. 148 del Tuel

Da tale tipologia di controllo sono risultate numerose e frequenti irregolarità che

hanno dato luogo a 19 pronunce specifiche recanti anche doverose segnalazioni alla

Procura Regionale della Corte. In generale, sebbene vi siano stati miglioramenti

rispetto all’esercizio precedente, il sistema dei controlli interni è reso parzialmente

inefficace a causa della diffusa assenza di una contabilità analitica, delle lacune del

ciclo della performance e della debolezza dei controlli sulle società partecipate.

4.3. Procedure di riequilibrio pluriennale.

Per quanto concerne le procedure di riequilibrio finanziario pluriennale, si segnala la

delibera n. 92/2017/PRSP adottata nei confronti del comune di Monreale, con la quale,

all’esito della terza verifica semestrale sull’attuazione del piano di riequilibrio, la

Sezione ha accertato gravi e reiterati disallineamenti rispetto agli obiettivi

programmati, ai sensi dell’art. 243 quater, comma 7, del Tuel. Il Collegio, inoltre,

all’esito del formale contraddittorio con l’amministrazione, ha acclarato una serie di

gravi criticità che compromettono la veridicità dei bilanci di previsione 2014, 2015 e

2016, nonché delle risultanze del rendiconto 2015 e dello schema di rendiconto 2016.

In ragione della grave dissimulazione, da parte dell’ente, della propria situazione

gestionale, la Sezione ha ritenuto che “l’evidente pretermissione di ingenti poste

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162 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

debitorie non possa essere privo di conseguenze sugli esiti della verifica, la quale

postula una quantificazione attendibile non solo della reale esposizione debitoria

complessiva da cui rientrare, ma anche del reale andamento gestionale dell’ente in

relazione agli obiettivi intermedi di riequilibrio fissati”.

Muovendo da queste considerazioni, il Collegio ha acclarato il venir meno dei

presupposti del riequilibrio stesso. Tale innovativo dispositivo ha superato indenne il

vaglio delle Sezioni riunite in speciale composizione, che, con sentenza n. 40/2017/EL

del 6/12/2017, hanno respinto il ricorso del comune avverso la richiamata delibera n.

97.

Con la deliberazione n. 202/2017/PRSP, la Sezione non ha approvato il piano di

riequilibrio finanziario pluriennale presentato dal Comune di Terme Vigliatore. Il

Collegio ha rilevato che, a fronte di una notevole massa di debiti fuori bilancio, per i

quali i creditori hanno concesso dilazioni al massimo triennali, il Comune non potrà

disporre delle risorse necessarie per effettuare i pagamenti conformemente al piano di

riequilibrio. Infatti, la maggior parte delle entrate sono incerte ed aleatorie, essendo

legate sia al recupero dell’evasione tributaria, per la quale soltanto recentemente sono

stati emessi numerosi avvisi di accertamento, sia alla concessione di mutui da parte

della Cassa depositi e prestiti, che, però, non ha mai manifestato formalmente tale

disponibilità. Si è peraltro notato che la percentuale di riscossione delle entrate risulta

bassa e che non vi sono presupposti tali da ritenere che tale percentuale possa subire

un incredibile incremento, come previsto nel piano.

Nella deliberazione n. 151/2017/PRSP la Sezione di controllo ha rilevato che “suscita

dubbi di costituzionalità, non manifestamente infondati, la disposizione di cui all’art.

1, comma 434, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 poiché - nel novellare l’art. 1,

comma 714 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, già finalizzato ad adeguare gli

originari contenuti di un piano di riequilibrio con gli eventuali effetti peggiorativi

derivanti dagli adempimenti imposti dal passaggio al sistema di contabilità

armonizzata - estende la facoltà di ripiano trentennale previsto dall’originaria

disposizione ad una tipologia di disavanzo - quello relativo allo “scorporo” della quota

di disavanzo risultante, ai sensi dell'articolo 243 bis, comma 8, lettera e), dalla

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163 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

“revisione straordinaria” dei residui antecedenti al 1° gennaio 2015 – che, al di là di

una fuorviante omonimia, non è assimilabile al maggior disavanzo derivante dal

“riaccertamento straordinario” ai sensi del decreto legislativo n. 118/2011”. Ed invero,

la Corte costituzionale si è pronunciata, anche di recente (cfr. sentenza n. 6/2017), nel

senso della eccezionalità e della tassatività delle ipotesi di ripiano dei disavanzi onde

evitare “un indebito allargamento – in contrasto con l’art. 81 Cost. – della spesa di

enti già gravati dal ripiano pluriennale di disavanzi di amministrazione pregressi” ed

ha censurato, pur nel rispetto dell’ambito di discrezionalità del legislatore - che non

può comunque varcare il limite della compatibilità con i principi costituzionali - quelle

“soluzioni normative, mutevoli e variegate, le quali prescrivono il riassorbimento dei

disavanzi in archi temporali lunghi e differenziati, ben oltre il ciclo di bilancio

ordinario, con possibili ricadute negative anche in termini di equità

intergenerazionale.”

La facoltà di rimodulazione di un piano di riequilibrio non può restare aperta sine die,

né si possono, surrettiziamente, riaprire termini di decadenza già scaduti, senza recare

un vulnus a quelle ragioni di certezza del diritto che impongono la tempestiva

emersione dei disavanzi occulti ed il tempestivo rilevamento dei medesimi nell’ambito

di un piano di riequilibrio suffragato da dati contabili ufficiali ed affidabili, atteso che

il piano di riequilibrio è strumento di prevenzione delle situazioni di potenziale dissesto

finanziario.

Con la deliberazione n. 70/2017/PRSP la Sezione ha deliberato la decadenza dell’ente

dalla possibilità di rimodulare il piano di riequilibrio, qualificando il termine legislativi

in termini di perentorietà ed escludendo che il competente organo consiliare possa

ratificare una deliberazione della Giunta.

La presenza di un termine da considerare perentorio o comunque “di decadenza” e la

carenza della capacità dell’organo esecutivo di surrogarsi a quello consiliare - sia in

generale sia in riferimento al caso concreto - cui si aggiunge l’insussistenza di

apprezzabili ragioni di urgenza della fattispecie considerata (ritardata nomina

dell’organo di revisione), impedisce la possibilità di configurare una “ratifica e presa

d’atto” da parte dell’organo consiliare successivamente allo spirare del termine

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164 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

perentorio (peraltro la deliberazione contiene anche rilevanti modifiche sostanziali alla

deliberazione di Giunta municipale) o comunque di ritenere, attraverso l’invocata

fictio iuris della ratifica, che l’atto consiliare sia stato tempestivamente adottato.

Nella deliberazione n. 100/2017/PRSP la Sezione ha censurato il grave ritardo con cui

l’organo di revisione ha trasmesso la relazione semestrale ai fini del monitoraggio del

piano di riequilibrio evidenziando il pregiudizio per l’esercizio dei controlli: Il

comportamento defatigante tenuto dall’organo di revisione lungo tutto questo lasso

di tempo ha ostacolato l’esercizio di funzioni fondamentali rimesse alla Corte dei conti,

tanto più se si considerano gli esiti della pronuncia n. 70/2017/PRSP (decadenza

dell’ente dalla facoltà di rimodulare il piano di riequilibrio dimostratosi inattuale e

incapiente rispetto al disavanzo emerso) e le conclusioni cui la Sezione era pervenuta

nell’ultimo monitoraggio, talché l’ente si è, di fatto, sottratto al giudizio che la legge

riserva alla filiera del controllo ed alle conseguenze che derivano (e che l’ente è tenuto

a trarre) in caso di inadempienze gravi e reiterate, di mancato conseguimento degli

obiettivi intermedi e di (originaria) non congruità del piano di riequilibrio, tutte

ipotesi già tratteggiate in sede di primo monitoraggio.

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5. L’ATTIVITÀ CONSULTIVA

Deliberazione n. 177/2017/PAR, con la quale è stato affermato il seguente principio:

“Deve escludersi che l’utilizzazione -da parte del Comune- del personale assunto da

una società partecipata possa avvenire mediante l’istituto del distacco o del comando

disciplinati nell’ambito del pubblico impiego; infatti, poiché la società partecipata per

i profili lavoristici non si configura quale amministrazione pubblica, le sue unità di

personale non possono fruire del comando e del distacco”.

Invero, con riferimento alle società partecipate, il comando risulta inapplicabile per le

seguenti ragioni: a)- tali società -sotto il versante lavoristico- non costituiscono

pubbliche amministrazioni, sicché -salve le eccezioni espressamente previste dal

legislatore- non sono soggette alla disciplina del pubblico impiego e ai suoi istituti

caratteristici, come, ad esempio, il comando; b)- la mobilità del personale delle società

partecipate verso la pubblica amministrazione è regolata in modo specifico dall’art.

19, c. 8, del d.lgs. n. 175/2016, che solo in parte richiama l’art. 30 del d.lgs. 165/2001,

consentendo esclusivamente nell’ipotesi di reinternalizzazione di servizi il

riassorbimento, da parte delle amministrazioni, del personale già da esse dipendente a

tempo indeterminato e transitato alle società in occasione dell’affidamento della

gestione di detti servizi; c)- le norme sulla mobilità del personale tra società partecipate

e amministrazioni partecipanti sono di stretta interpretazione, sia in ragione del loro

tenore letterale sia perché va evitata l’elusione tanto delle disposizioni recanti vincoli

alle assunzioni quanto del principio costituzionale del concorso per l’accesso al

pubblico impiego; d)- l’applicazione del comando fra società ed amministrazione

pubblica non sarebbe un’operazione neutrale sotto il profilo finanziario, poiché

determinerebbe un’espansione della spesa pubblica complessiva, atteso che -per i

profili lavoristici- la società partecipata non è una pubblica amministrazione.

Deliberazione n. 143/2017/PAR in materia di fallimento di società a partecipazione

pubblica e disciplina del TUSPP.

L’art. 14 del TUSPP introduce un divieto che opera in modo perentorio e prescinde

dalla formale determinazione dell’ente in sede di ricognizione delle partecipazioni. Si

tratta, invero, di una disciplina a contenuto pubblicistico e sanzionatorio che impone

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166 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

all’amministrazione di dismettere la veste di imprenditore pubblico e di procedere

all’esternalizzazione del servizio in conseguenza dell’insuccesso della formula

societaria quale modulo organizzatorio di intervento diretto, comprovato dalla

dichiarazione dello stato di insolvenza del soggetto partecipato. In definitiva, il

“fallimento” dell’intervento pubblico è 4 “sanzionato” con l’obbligo di ricorrere al

mercato

Deliberazione n. 176/2017/PAR nella quale sono stati affermati i seguenti principi:

1) L’incremento dell’orario di lavoro del personale part-time e a tempo indeterminato

è ammissibile, in quanto non integra una nuova assunzione o una trasformazione del

rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno a condizione che non si trasformi

in una manovra elusiva della disciplina vincolistica in materia di assunzioni. A tal fine

è necessario rispettare e garantire i limiti generali in materia di spesa del personale, il

rispetto del principio della riduzione tendenziale della spesa annuale del personale e

del rapporto strutturale con il totale della spesa corrente includendo nel computo della

spesa predetta, l’onere derivante dalle maggiori ore retribuite.

2) Nell’ipotesi in cui si proceda a collocare il personale in soprannumero o in eccedenza

in mobilità, nella considerazione che il rapporto di lavoro è pur sempre in vigore

(sebbene sospeso), il riassorbimento, entro il periodo di 24 mesi potrebbe essere

possibile, a condizione che il personale posto in mobilità non abbia già maturato i

requisiti per il trattamento di quiescenza e che si sia medio tempore verificata la

carenza in organico.

3) Premesso che, fermo il rispetto dei parametri di spesa di cui all’art. 1, comma 557 e

seguenti, della l. n 296 del 2006, le facoltà assunzionali sono limitate per numero nel

triennio mobile e per spesa rispetto all’anno precedente, è possibile procedere

all’assunzione di personale, attraverso l’utilizzazione dei resti delle relative facoltà del

terzultimo anno del triennio precedente, purché oltre alla necessaria programmazione

del fabbisogno di personale, contestualmente all’approvazione del bilancio preventivo,

si proceda alla conseguente pubblicazione del bando di concorso nel medesimo

esercizio finanziario.

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167 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

6. CONTROLLO PREVENTIVO E SUCCESSIVO DI

LEGITTIMITÀ

Nell’ambito dell’attività di controllo preventivo sugli atti delle Amministrazioni dello

Stato aventi sede in Sicilia, si segnalano in particolare le seguenti pronunce.

- Delibera n.156/2017

Il decreto con cui un Prefetto ha conferito il rinnovo della reggenza del posto di

funzione di Dirigente in posizione di Staff dell’Ufficio di Gabinetto non è stato

ammesso al visto ed alla conseguente registrazione perché avente ad oggetto

un’illegittima reiterazione della reggenza e perché portato ad esecuzione in pendenza

della procedura di controllo preventivo.

- Delibera n.173/2017

Il decreto con cui un Prefetto ha disposto che “la scadenza” dell’incarico di Dirigente

di Area, già prorogato allo stesso viceprefetto, debba essere ulteriormente “protratta”

non è stato ammesso al visto ed alla conseguente registrazione perché avente ad

oggetto un’illegittima proroga dell’incarico e perché portato ad esecuzione in pendenza

della procedura di controllo preventivo.

- la deliberazione avente ad oggetto il rendiconto amministrativo di contabilità

speciale, relativo all’esercizio finanziario 2014, presentato dall’Ufficio del Commissario

delegato ex O.P.C.M. n. 3815/2009, con la quale sono stati affermati i seguenti principi:

“A fronte di un decreto ingiuntivo definitivo e del pedissequo atto di precetto,

l’Amministrazione non può che procedere al pagamento, anche al fine di evitare costi

ulteriori, a meno che non ravvisi vizi propri del precetto e/o irregolarità della

procedura esecutiva. Dopo aver eseguito il versamento, non può che darne atto nel

rendiconto. Non appare dunque possibile configurare come irregolare il pagamento e,

di conseguenza, anche il rendiconto, nel quale è stato semplicemente registrato un

versamento che appariva inevitabilmente come un atto dovuto. In quest’ottica, non

è apparsa condivisibile l’impostazione della Ragioneria Territoriale, che ricollega alla

pendenza dell’accertamento del danno erariale in questione l’impossibilità di

discaricare il rendiconto, in quanto si tratta di due profili diversi, che danno luogo a

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168 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

valutazioni del tutto differenti. Il pagamento delle somme dovute per interessi e spese

legali non può impedire dunque il discarico del rendiconto; il problema si sposta,

semmai, sull’individuazione, sulla segnalazione e sull’accertamento dell’eventuale

responsabilità amministrativo – contabile connessa al ritardo nel saldo della fattura,

che ha causato un esborso non giustificato. Sotto questo profilo, però,

l’Amministrazione si è comunque attivata, benché soltanto su impulso degli organi di

controllo, inoltrando l’apposita segnalazione di danno alla Procura della Corte dei

conti e mettendo in mora il responsabile.

Nell’ambito dell’attività di controllo preventivo di legittimità su atti della Regione

siciliana si segnalala deliberazione n. 144/2017/PREV. In quella sede la Sezione ha

dichiarato il non luogo a deliberare su 23 provvedimenti, emessi dal Dirigente

dell’Ufficio per l’Attività di coordinamento dei Sistemi Informativi della Regione

siciliana, con i quali veniva decretata la revoca totale dei finanziamenti concessi per

l’esecuzione di progetti, affidati a Sicilia e-Servizi S.p.A., tutti a valere sul P.O.

F.E.S.R. 2007/2013, per un importo complessivo di € 47.311.956,89, per sorte

capitale, oltre € 3.561.939,82, per interessi.

Detti provvedimenti facevano seguito alla decisione dell’Amministrazione regionale

di decertificare definitivamente dalla spesa comunitaria la predetta somma, in

dipendenza del parere dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione (A.N.A.C.) del 21

ottobre 2015, prot. AG 67/2015/AP, avente il seguente oggetto: “OLAF European

Anti-Fraud Office – legittimità dell’affidamento diretto a società mista di servizi

telematici della Regione siciliana – richiesta di parere”. In particolare, l’anzidetta

Autorità, interpellata dall’OLAF, perveniva alla conclusione che gli atti della

procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato (Sicilia e-Servizi Venture

S.c.r.l.) - presupposto a monte dell’affidamento diretto del contratto de quo - fossero

stati adottati dalla Regione siciliana in aperta violazione del diritto comunitario in

materia di concorrenza, per genericità dell’oggetto dell’affidamento, sottraendo al

mercato una serie indefinita di contratti pubblici di valore indeterminato, con

conseguente sensibile aumento dei costi.

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169 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Nella parte precettiva dei provvedimenti, l’Amministrazione esercitava il potere di

autotutela decretando l’annullamento d’ufficio, per asseriti vizi di legittimità, dei

decreti con i quali, oltre al finanziamento dei singoli progetti (art. 1), era stato anche

approvato il contratto di appalto di servizi stipulato con Sicilia e-Servizi S.p.A. (art.

2).

Il potere di autotutela veniva esteso, altresì, anche ai successivi provvedimenti

modificativi e integrativi (artt. 2, 3 e 4) e, infine, veniva dichiarata la

nullità/inefficacia dei contratti (art. 5), con conseguente recupero delle somme versate

come corrispettivo a Sicilia e-Servizi.

Nell’atto di deferimento il competente Ufficio di Controllo, anche alla luce della

documentazione depositata in seguito ai rilievi istruttori, aveva ritenuto di

prospettare una questione pregiudiziale in ordine alla propria legittimazione ad

esercitare il controllo preventivo di legittimità ai sensi dell’art. 2, comma 1, del d.lgs.

6 maggio 1948, n. 655, come modificato dal d.lgs. 18 giugno 1999, n. 200, “su tutti gli

atti amministrativi, a carattere generale e particolare, adottati dal governo regionale

e dall'amministrazione regionale in adempimento degli obblighi derivanti

dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea”.

Ciò in quanto, la scelta di decertificare la spesa, relativa ai 23 affidamenti, avrebbe

fatto venir meno le condizioni, previste dalla norma suddetta, che intesta alla Sezione

il controllo preventivo sui provvedimenti di spesa a valere sui fondi comunitari emessi

dalla Regione siciliana.

In punto di diritto, la Sezione, premetteva che la scelta di decertificare totalmente e

definitivamente la spesa in argomento sulla base del parere non vincolante reso

dall’A.N.A.C. all’O.L.A.F., in assenza di provvedimenti formali e definitivi adottati

dalla Commissione europea, atteneva alle scelte discrezionali e insindacabili

dell’Amministrazione regionale.

Veniva, altresì, affermato che il controllo preventivo di legittimità, che la Sezione

esercita in adempimento della norma statutaria siciliana, si inserisce tra le “misure

dissuasive” richieste dall’art. 325 del Trattato di Funzionamento dell’Unione

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170 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

Europea, anche, nell’ottica di protezione del bilancio e degli interessi finanziari

europei.

Inoltre, “tale forma di riscontro assolve, anche, a una funzione di garanzia al fine di

preservare la sana gestione finanziaria delle risorse comunitarie, affinché le spese

sostenute e di cui è chiesto il pagamento all’Unione europea, siano collegate

all’effettiva e regolare realizzazione delle azioni da parte dei promotori pubblici e

privati”.

Conseguentemente, veniva confermata l’ormai consolidata esegesi della Sezione

secondo cui “l’attività di controllo non può esercitarsi su atti che abbiano già esaurito

i loro effetti. Un riscontro di legittimità che intervenga, infatti, allorquando si sia

interamente dispiegato l’arco temporale di efficacia del provvedimento snaturerebbe

la funzione propria del controllo preventivo e inciderebbe sulla sua effettività,

provocando un inammissibile effetto di mera ratifica o sanatoria dell’azione

dell’Amministrazione in caso di esito positivo (Sezione di controllo per la Regione

siciliana, deliberazione n. 74/2010/PREV). Solo in casi eccezionali, suffragati da

motivate circostanze, può ammettersi che il provvedimento abbia un principio di

esecuzione. In tal caso, è necessario che tale procedimento sia stato tempestivamente

attivato dall’Amministrazione e che l’atto riservi ancora uno spazio di efficacia futura

rispetto alla data di assoggettamento a controllo da parte della Corte (Sezione di

controllo per la Regione siciliana, deliberazione n. 1/2009/PREV)”.

Pertanto, non ricorrendo le coordinate esegetiche di cui alle due citate deliberazioni, il

controllo preventivo della Sezione non avrebbe potuto essere esercitato e, se esercitato,

sarebbe stato inutiliter dato in quanto avrebbe avuto il solo effetto di ratificare una

decisione già adottata dall’Amministrazione.

Rilevava la Sezione che la soppressione totale delle operazioni dal programma

operativo era, di per sé, idonea a salvaguardare in via preventiva gli interessi finanziari

dell’Unione, scongiurando un pregiudizio al bilancio di quest’ultima prima che esso si

fosse realizzato.

Inoltre, il mancato coinvolgimento di risorse comunitarie e il consequenziale

spostamento sul bilancio regionale dell’onere del sostegno economico dei progetti in

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171 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

questione, promossi, organizzati e amministrati dall’Amministrazione regionale quale

beneficiario dei contributi inizialmente imputati al programma operativo, faceva

venir meno la legittimazione della Sezione all’esercizio della funzione di controllo.

Conseguentemente, la Sezione, ritenendo di non poter esercitare il controllo preventivo

di legittimità sui provvedimenti deferiti, deliberava il non luogo a provvedere sugli

stessi.

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7. CONTROLLO SULLA GESTIONE

Tra le attività di maggiore rilevanza nel 2017, si segnala l’audizione dinanzi alla

Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sullo stato della

finanza degli enti di area vasta in Sicilia, che ha messo in risalto anche la pericolosa

situazione di stallo politico istituzionale della riforma regionale, attuata, da ultimo,

con l.r. n. 15/2015 e s.m.i. . Gli elementi conoscitivi sono stati approvati dalla Sezione

di controllo con delibera n. 75/2017/AUD e successivamente confluiti nell’apposita

indagine conoscitiva programmata nel 2017.

La relazione, all’esito del contraddittorio con le nove amministrazioni interessate e con

l’Assessorato regionale delle Autonomie locali e della Funzione pubblica (delibera n.

125/2017/GEST), ha tratteggiato un quadro estremamente allarmante, tale da

preludere, in alcuni casi, a vere e proprie situazioni di dissesto finanziario, anche se

non ufficializzate.

Anche per il 2017, è stato inoltre dedicato un capitolo della relazione di parifica del

Rendiconto regionale 2016 al tema della finanza locale in Sicilia, nel quale si fa il punto

della situazione anche sui primi esiti della riforma dell’armonizzazione contabile

Con la deliberazione n. 62/2017/GEST del 7 febbraio 2017 è stata approvata l’indagine

sul piano di razionalizzazione delle società partecipate della Regione siciliana che si

pone in continuità con le precedenti già esitate in passato (deliberazione n.

417/2013/GEST, relativa al quadriennio 2009-2012, e n. 211/2014/GEST)

Si riportano alcuni passaggi dell’indagine tratti dal capitolo di Sintesi.

Il Piano di razionalizzazione appare replicare un obiettivo già fissato nel decreto

assessoriale del 2011 relativo al vecchio piano di riordino laddove veniva prescritto

che, per le società non rientranti tra quelle strategiche in base all’art. 20 della legge

regionale n. 11/2010 e s.m.i., le procedure di dismissione avrebbero dovuto avviarsi

entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo.

Il Piano di razionalizzazione contiene, in definitiva:

a) le modalità di attuazione delle azioni (fasi della cessione, vendita delle azioni)

e la tempistica sommaria di tali fasi (cfr. tabella al par. 3.2.1) in riferimento a 8 società

da dismettere (di cui ben 7 già considerate carenti di “strategicità”). Riguardo a tale

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173 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

limitato aspetto, il piano operativo appare puntuale nel definire le fasi ed il

cronoprogramma delle azioni da effettuare, sennonché le stesse avrebbero dovuto già

in precedenza essere avviate;

b) le c.d. azioni di razionalizzazione (cfr. tabella 3.2.1.) riferite a quasi tutte le

partecipate regionali.

Questi ultimi contenuti, pur essendo declinati in maniera talvolta generica o racchiusa

in formule non univoche, avrebbero potuto, comunque, dischiudere uno scenario

decisionale ed operativo di effettiva e più radicale revisione degli assetti rispetto

all’ambiguità di soluzioni proposte, a condizione che gli spunti forniti in sede di

redazione del piano fossero stati assecondati dalle necessarie decisioni e da interventi

risolutivi senza ulteriori rinvii (cfr. capitolo 3.2.6).

In realtà, l’impressione è che, in sede di redazione del piano, gli indirizzi (macro-

opzioni) abbiano rappresentato un commodus discessus rispetto alla mancanza di

indirizzi decisionali o di validi elementi di giudizio riferiti al singolo settore di

intervento (il rinvio a futuri piani industriali, ad esempio, o alla ridefinizione dei

modelli di business, o a valutazione di presupposti decisionali non disponibili quali la

mancata definizione di contratti di servizio fondati su costi standard e scenari di

mercato) o al quadro normativo inadeguato (si pensi al continuo rinvio degli interventi

organici nel settore dei trasporti pubblici o della riscossione).

L’analisi svolta ha evidenziato come i criteri utilizzati nel piano operativo di

razionalizzazione per conseguire le finalità poste dal legislatore statale siano in parte

differenti rispetto a quelli previsti dalla legge (cfr. capitolo 3.2.1 e tabella 3).

In particolare la strategicità ex lege della partecipazione rappresenta il principale

criterio di riferimento, o quanto meno quello dirimente, nella stesura del Piano e

rispetto alla scelta primaria di mantenimento/dismissione della società. Esso appare

condizionante sia rispetto alle analisi che accompagnano il Piano medesimo, sia

rispetto alle soluzioni in esso contenute: quasi mai si perviene a un giudizio di

dismissione, piuttosto le scelte effettive vengono rinviate al futuro.

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174 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

L’unico caso in cui la Regione adotta una valutazione di (effettiva) “non

indispensabilità” è quella della società Sicilia Patrimonio Immobiliare che viene

dismessa nonostante la “strategicità”.

In generale, si può rilevare come il processo decisionale (rinviato al piano legislativo)

e quello motivazionale e valutativo che lo dovrebbe assistere non sono, di fatto,

coordinati. In altri termini, il criterio della strategicità ex lege, nonostante il suo limite

intrinseco già messo in luce dalla Sezione nella precedente indagine, ha, di fatto,

fornito il soccorso motivazionale al piano operativo di razionalizzazione,

depotenziandone la portata innovativa.

Nonostante la consapevolezza della necessità di una priorità di razionalizzazione

“alta” dichiarata per quasi tutte le società partecipate nel piano, le soluzioni alle

annose problematiche che persistono da tempo (già messe in luce dalla Sezione nelle

precedenti indagini), continuano ad essere rinviate a futuri interventi strutturali che,

peraltro, corrispondono a basilari principi di governo e programmazione delle attività.

Si fa, infatti, rinvio ora a “piani industriali” ancora da definire, ora alla definizione di

“nuovi modelli di business” cui il piano operativo di razionalizzazione rimette

l’implementazione di azioni di “valorizzazione dei ricavi” o di “esternalizzazione di

servizi non strategici” (o anche attivazione di nuovi servizi, vedi IRFIS Finsicilia

S.p.A.) che dovrebbero ripristinare condizioni di profittabilità o di equilibrio

economico finanziario e sostenibilità plausibili per giustificarne l’esistenza (cfr.

l’analisi delle c.d. macro-opzioni e degli scenari alternativi).

La valutazione di tali piani industriali e la rimodulazione dei modelli di business

appare, invece, il necessario antecedente logico motivazionale alla cui stregua

effettuare la decisione fondamentale in ordine alla indispensabilità, alla sostenibilità

ed alla vantaggiosità del ricorso allo strumento societario alla stregua di criteri di

razionalità economica.

Non è ammissibile che siano mantenute società pubbliche se il mercato può rispondere

in maniera adeguata ed efficiente alla domanda di beni e servizi proveniente dalla

pubblica amministrazione; né è pensabile che i contratti di servizio siano stipulati

senza avere valutato se il corrispettivo previsto per l’erogazione delle commesse

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175 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

pubbliche sia corrispondente o meno a quelli di mercato; allo stesso modo non risulta

che, nel settore dei servizi a rilevanza economica (come il trasporto pubblico locale),

sia stata effettuata un’analisi attenta in ordine alla compatibilità dei contributi

erogati dalla Regione, ammissibili solo in termini di compensazioni per gli obblighi di

servizio pubblico. A conferma delle perplessità emerse (cfr. par. 3.2.4.), la Ragioneria

generale, proprio in occasione dell’adunanza pubblica, ha riferito che è stato

sollecitato al competente ramo dell’amministrazione (nota n. 43418 del 20.9.2016) la

compiuta ed urgente definizione di un sistema di compensazioni per obblighi di

servizio pubblico, considerato che la Commissione Europea, con nota del 20 luglio

2016, ha sollevato la problematica della compatibilità con la vigente disciplina degli

aiuti di Stato del trasferimento in favore di AST (“contributo di gestione”) in atto

previsto nel bilancio regionale sul capitolo 478102.

Al contempo, mentre si programmano piani industriali di sostenibilità e si paventano

scenari alternativi di dismissione, permangono – fuori dalle righe della

programmazione e delle previsioni dello strumento operativo di razionalizzazione -

logiche di “soccorso finanziario” sganciate da serie valutazioni di comprovate

prospettive di risanamento e di ripristino degli equilibri strutturali e delle condizioni

di piena compatibilità con l’assetto ordinamentale.

In taluni casi, tale “soccorso” sembra ormai strutturato (o comunque tale da non

potere essere adeguatamente individuato) attraverso il mero rinvio delle decisioni tese

ad individuare il giusto corrispettivo di mercato per le commesse affidate in house (si

pensi che solo recentemente si è pervenuto a una valutazione di congruità per i

contratti di S.A.S. S.c.p.a. e S.E.U.S. S.c.p.a.) ovvero prevedendo in via normativa,

accanto ai corrispettivi, contributi trasferiti a vario titolo ed incidenti in notevole

misura sui ricavi (cfr. AST S.p.A.), laddove invece dovrebbero puntualmente

quantificarsi se mai le compensazioni per oneri di servizio pubblico in modo da

consentire di valutare l’efficienza della società. In altri casi, il soccorso deriva da

disposizioni legislative una tantum sotto forma di provviste finalizzate alla

ricapitalizzazione della società pubblica (cfr. l’esempio di Riscossione Sicilia S.p.A.), o

ancora tramite sottoscrizione di aumenti di capitale a favore di compagini da

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176 | Relazione inaugurazione anno giudiziario 2018

dismettere (Airgest S.p.A.), di affidamenti ex lege di commesse pubbliche a soggetti di

cui il piano medesimo prevede già la liquidazione (Società degli Interporti S.p.A.) o

addirittura di mutui (Sviluppo Italia Sicilia S.p.A.) in favore di società in prossimità

della messa in liquidazione.

Con delibera n. 225/2017/GEST del 20 dicembre 2017 è stato approvato il referto

relativo ad un’indagine sul “grave movimento franoso verificatosi nel Comune di

Calatabiano il giorno 24 ottobre 2015” e al conseguente “danneggiamento

dell’acquedotto Fiumefreddo, principale fonte idrica del Comune di Messina”

(Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione civile n. 295 del 7 novembre

2015) che ha evidenziato, in sintesi, quanto segue:

• la mancanza degli atti con cui la competente Prefettura ha disposto i

primissimi interventi volti a fronteggiare la grave situazione verificatasi nel Comune

di Calatabiano;

• la genericità di informazioni circa le risorse umane effettivamente impegnate

ed i relativi costi nell’Ufficio commissariale;

• la eccessiva sinteticità del piano degli interventi;

• la carenza del corredo motivazionale e di specifica delle disposizioni normative

derogate nei provvedimenti commissariali;

• un caso di duplicazione “provvedimentale”;

• la carenza di raccordo organizzativo tra il Dipartimento nazionale e quello

regionale della Protezione civile;

• la mancata conoscenza da parte del DRPC delle effettive unità di personale

interessate, che dovevano mantenersi entro il limite delle 20 unità, del Dipartimento

della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri direttamente

impiegate nella sede dipartimentale nazionale;

• la mancanza di alcune relazioni semestrali.

Il Dipartimento regionale della Protezione Civile, nelle proprie controdeduzioni, ha

riscontrato tutti i profili di criticità, confermando quelle riscontrate, fornendo

(parziali) chiarimenti e documentazione integrativa. L’Amministrazione ha pure

tenuto a comunicare che, proprio alla luce delle specifiche criticità sopra elencate,

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nonché a seguito dei rilievi aventi per oggetto quelle di carattere più “generale”,

intende definire, tramite apposite linee-guida, un quadro unitario di misure e di

accorgimenti di carattere organizzativo, procedurale e giuridico in materia di gestione

degli uffici commissariali in modo da accrescere la trasparenza e l’intellegibilità dei

provvedimenti emergenziali e da evitare il ripetersi in futuro di errori o omissioni

seriali.

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