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1 Federica Ciocca Relazione Finale MASTER IDIFO6

Relazione Finale MASTER IDIFO6 - Uniud

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Federica Ciocca

Relazione Finale

MASTER IDIFO6

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Introduzione: La meccanica quantistica nelle scuole superiori L’insegnamento della fisica moderna nelle scuole superiori è tuttora oggetto di dibattito. Fino a pochi decenni fa, lo studio della fisica nelle scuole secondarie italiane si fermava alla fisica del XIX secolo, con le consolidate acquisizioni della meccanica classica, della termodinamica, dell’ottica e dell’elettromagnetismo. Le nuove Indicazioni nazionali del 2010 introducono esplicitamente la fisica del XX secolo come parte del programma da svolgere nell’ultimo anno del liceo. Il cambiamento dei programmi ministeriali è riconducibile alla necessità di aggiornare gli argomenti scolastici affinché questi possano toccare temi e domande socialmente rilevanti. In particolare, per i licei scientifici: “Il percorso didattico comprenderà le conoscenze sviluppate nel XX secolo relative al microcosmo e al macrocosmo, accostando le problematiche che storicamente hanno portato ai nuovi concetti di spazio e tempo, massa e energia. L’insegnate dovrà prestare attenzione a utilizzare un formalismo matematicamente accessibile agli studenti, ponendo sempre in evidenza i concetti fondanti. … L’affermarsi del modello del quanto di luce potrà essere introdotto attraverso lo studio della radiazione termica e dell’ipotesi di Planck e sarà sviluppato da un lato con lo studio dell’effetto fotoelettrico e della sua interpretazione da parte di Einstein, e dall’altro con la discussione delle teorie e dei risultati sperimentali che evidenziano la presenza di livelli energetici discreti dell’atomo. L’evidenza sperimentale della natura ondulatoria della materia, postulata da De Broglie, e il principio di indeterminazione potrebbero concludere il percorso in modo significativo…”. Inoltre, per quanto riguarda il profilo culturale, educativo e professionale dei licei viene sottolineato che: “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capacità e le scelte personali” (art. 2 comma 2 del regolamento “Revisione dall’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei). La fisica quantistica è certamente un argomento difficile da trattare, in quanto presenta ostacoli concettuali e formali notevoli e impone un cambiamento di modi di pensare, immaginare e ragionare. Alcune delle difficoltà più comuni degli studenti sono legate al fatto che molti aspetti tipici della meccanica quantistica sono in contrato con le idee e i metodi acquisiti nello studio della fisica classica: la mancanza di riferimenti macroscopici che consentano di “visualizzare i fenomeni”; le descrizioni in termini di probabilità; il concetto di quantizzazione di alcune grandezze fisiche; il concetto di sovrapposizione degli stati… Inoltre, un’ulteriore fonte di difficoltà sono la complessità e l’astrattezza della formalizzazione. Il quadro che emerge dalla letteratura in merito alle scelte di approccio e metodologie didattiche adottate nelle proposte di insegnamento/apprendimento della meccanica quantistica è estremamente diversificato nei modi di procedere, nei piani di analisi adottati e nei contenuti considerati. Tra i possibili approcci all’insegnamento della meccanica quantistica se ne sottolineano tre: storico, logico-formale e concettuale (Stefanel 2008). L’impostazione storica, che è alla base delle Indicazioni Nazionali, è quella più tradizionale e diffusa nei libri di testo (ad esempio: “L’Amaldi per i licei scientifici”, “Quantum”). Il punto di

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partenza è l’analisi di esperimenti non inquadrabili in un riferimento concettuale classico (ad esempio l’emissione di un corpo nero). Si analizzano il problema della radiazione di corpo nero, l’effetto fotoelettrico, l’effetto Compton e l’atomo di Bohr per arrivare al principio di indeterminazione di Heisenberg e all’equazione di Scrondingher. Una delle critiche principali mosse a tale approccio è esso mostra un “terreno” concettualmente sconnesso, formato da frammenti di informazioni, spesso legati fra loro solo dall’ordine cronologico delle loro scoperte. Si è, infatti, osservato che una conseguenza di questa frammentazione concettuale è che gli studenti, cercando di colmare le lacune tra i frammenti di informazione, tendono ad assegnare proprietà classiche ai sistemi quantistici, ottenendo in questo modo risposte confuse e non soddisfacenti (Giliberti & Marinoni 1997, Tarozzi 2005). Il secondo approccio si basa sul riconoscimento dell’importanza del formalismo nella meccanica quantistica e alla necessità di un approccio alla teoria più diretto di quanto ne consenta la teoria classica. Questo è l’approccio più vicino al mondo universitario, basato sulla convinzione che: “è impossibile capire la meccanica quantistica senza possederne le struttura matematiche” (Pospiech, 1999). Pospiech sostiene che, sebbene a livello di scuola superiore non sia possibile sviluppare completamente l’apparato matematico alla base della meccanica quantistica, le idee principali possono essere introdotte ad esempio attraverso lo spin, trattandolo formalmente con le matrici di Pauli, che sono matrici 2 x 2 e, quindi, oggetto di studio nei licei. Attraverso l’uso di queste matrici è possibile dare una base formale a molti concetti fondamentali della meccanica quantistica. Nei suoi lavori Pospiech (2010) argomenta che tale approccio è adatto per trattare gli aspetti fondamentali della meccanica quantistica: principio di sovrapposizione/ non determinismo, entanglement/non separabilità processo di misura. Il terzo approccio, di natura “sperimentale”, introduce i concetti principali della meccanica quantistica a partire dall’analisi fenomenologica di situazioni sperimentali. Un esempio di approccio concettuale è quello della proposta sviluppata dall’Unità di Ricerca in Didattica della Fisica dell’Università di Udine, che parte dall’esplorazione della fenomenologia della polarizzazione della luce (Stefanel 2007, 2008). La legge di Malus, costruita come legge fenomenologica che descrive l’interazione di fotoni con polaroid e cristalli birifrangenti, viene direttamente interpretata come legge probabilistica, senza darne una preliminare descrizione classica, ma arrivando a descrivendo il principio di sovrapposizione e l’impossibilità di attribuire una traiettoria precisa ai corpi quantistici. Gli esiti di tale sperimentazione riportano che sul piano concettuale buona parte degli studenti è riuscita a comprendere tra stato quantistico e stato classico. Tuttavia, una delle difficoltà registrate è il dover accettare il principio di indeterminazione, rinunciando al determinismo classico (Stefanel 2007). Nell’articolo viene inoltre sottolineato che il nuovo formalismo introdotto ha favorito l’apprendimento degli studenti. Alcune proposte didattiche sulla meccanica quantistica adottano sia un approccio concettuale sia un’impostazione analogica. Un esempio è la proposta di Feynamm. La costruzione delle idee quantistiche viene direttamente fondata a partire dall’analisi dei processi di interazione con uno schermo con doppia fenditura di fascio di palline classiche, onde sulla superficie dell’acqua e fascio di elettroni a bassa intensità. La matematica delle onde suggerisce di associare un’ampiezza complessa a ciascuno dei possibili modi con cui si può realizzare un evento. Tale ampiezza è una descrizione astratta dello stato del sistema e non del sistema in quanto tale. Tale approccio è stato un punto di riferimento per alcune proposte didattiche di insegnamento della meccanica quantistica nelle scuole superiori. Tra queste, ricordiamo il percorso didattico sviluppato dall’Università di Berlino, la cui proposta si basa sulla diffrazione elettronica. L’obiettivo è quello di condurre gli studenti in modo diretto ai concetti che costituiscono la base della meccanica quantistica, affrontando sin da subito la fenomenologia degli elettroni, utilizzando un’interpretazione statistica dei fenomeni e introducendo il principio di indeterminazione. Un

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pregio di questo percorso è la costruzione diretta dei concetti base della meccanica quantistica attraverso l’analisi della fenomenologia degli elettroni. Tuttavia, un aspetto critico è il fatto che si debba ricorre a un’analogia tra i fenomeni di diffrazione degli elettroni e quelli che si hanno con la luce interpretata con un modello ondulatorio, dal momento che gli effetti quantistici nel caso degli elettroni sono poco evidenti. Inoltre, un altro aspetto critico è il fondare il principio di indeterminazione su un’interpretazione statistica, utilizzandolo per riconoscere l’esistenza dello stato fondamentale di un singolo atomo. Nel panorama italiano delle sperimentazione nell’ambito dell’insegnamento/apprendimento della meccanica quantistica nelle scuole secondarie ricordiamo, oltre altra proposta sviluppata dall’Università di Udine, anche quella dell’Università di Bologna. Sono stati sviluppati due progetti: il primo è descritto in Tarozzi (2005) e in Levrini & Fantini (2013) e nasce per rendere l’apprendimento della meccanica quantistica ricco e complesso; il secondo è stato elaborato da un gruppo di ricercatori del dipartimento di fisica e astronomia in collaborazione con il CNR-IMM di Bologna al fine di offrire a studenti volontari, nell’ambito delle attività del Piano Lauree Specialistiche, l’opportunità di cogliere gli elementi essenziali della visione quantistica del mondo, a partire dall’Esperimento più bello della fisica (Lulli, 2013, Levrini, Lulli, Bertozzi, Ercolessi, Matteucci, Monzoni & Pecori, 2014a, Stefanini 2013). Il primo dei due percorsi è stato sperimentato della docente Paola Fantini in una quinta Liceo Scientifico – Indirizzo PNI nell’anno scolastico 2004-2005. I criteri guida alla base del progetto sono stati: “la multi-prospettiva (gli stessi contenuti fisici sono analizzati da diverse prospettive in modo da incoraggiare lo sviluppo di connessioni multiple tra contenuti e strade concettuali), la multi-dimensionalità (le differenti prospettive e connessioni multiple sono analizzate e confrontate anche per le loro peculiarità filosofiche ed epistemologiche, così come per le loro relazioni con esperimenti e formalismo) e longitudinalità (l’apprendimento della fisica è un continuo processo di ampliamento, rifinitura e rivisitazione di conoscenze già acquisite. Il “gioco” della modellizzazione dei fenomeni quantistici è sistematicamente analizzato e confrontato con i modelli già incontrati dagli studenti durante lo studio di altri argomenti della fisica (meccanica classica, relatività ristretta, termodinamica))” (Levrini & Fantini, 2013). Gli autori sottolineano che, sebbene la sperimentazione abbia dato esiti positivi, vi sono alcuni problemi a utilizzare questo percorso in una quinta di Liceo Scientifico. Ad esempio, tale percorso è stato sperimentato in una quanta Liceo Scientifico – Indirizzo PNI, dove erano previste quattro ore di fisica alla settimana contro le tre previste nei Licei Scientifici tradizionali. Questo ha permesso di poter trattare più argomenti e di soffermarsi maggiormente su ciascuno di essi, favorendo le connessioni tra gli argomenti e i confronti collettivi tra studenti. Il secondo percorso, avviato nel 2009, si intitola “L’esperimento più bello”, poiché è incentrato sull’esperimento di interferenza di elettroni singoli, esperimento in grado di rivelare il cuore della fisica quantistica secondo Feynman. Tale Corso-Laboratorio è un corso extrascolastico, che si compone di 6 lezioni pomeridiane di circa tre ore ciascuna, frequentato da 10 – 15 studenti volontari provenienti dall’ultimo anno del Liceo Scientifico. “Nel corso si ricorre a un approccio didattico in cui si intrecciano diversi piani descritti in letteratura: sperimentale, logico-concettuale, applicativo, storico-filosofico. Il percorso, in particolare, è stato costruito per introdurre concetti genuinamente quantistici necessari a costruire le “nuove lenti” con cui guardare al mondo e interpretare gli esiti degli esperimenti. Si tratta dei concetti di stato, sovrapposizione quantistica, ampiezza di probabilità, entanglement, introdotti e discussi con un linguaggio formale specifico e strumenti matematici di base (Stefanini 2013). Per quanto riguarda gli esiti della sperimentazione, è emerso che il formalismo matematico è stato riconosciuto come uno strumento utile per l’interpretazione e la comprensione degli esperimenti trattati. Inoltre, dall’analisi dei questionari di feedback sottoposti agli studenti sui vari aspetti del percorso, si è notata una varietà di interessi tra

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gli studenti ad indicare che il Corso è stato in grado di stimolare diverse tipologie di curiosità e di valorizzare diversi tipi di approcci alla conoscenza scientifica (Stefanini 2013). La mia sperimentazione Motivo della scelta Come discusso in dettaglio nell’elaborato finale del corso MQ-N del Master, alla base della scelta del mio percorso sull’insegnamento della meccanica quantistica vi è la convinzione che per gli studenti dei licei scientifici sia fondamentale conoscere e capire come si è evoluta la fisica classica nell’ultimo secolo e, in particolare, come sono stati rivoluzionati alcuni dei suoi pilastri fondamentali (per esempio, com’è cambiato il concetto di misura, la crisi del determinismo scientifico, la trasformazione della fisica aristotelica e galileiana). Credo che sia, inoltre, importante non concentrarsi unicamente sugli aspetti concettuali e sul nuovo formalismo matematico, ma soffermarsi anche sul contesto storico in cui si è sviluppata la meccanica quantistica, per fornire un quadro più completo del panorama storico-filosofico-letterario della prima metà del Ventesimo secolo. Mi trovo perfettamente d’accordo con quanto scritto dal Professor Alberto Stefanel (Stefanel, 2008): “Avere esperienza del modo di pensare quantistico, dei caratteri metodologici ed epistematici peculiari della MQ, come costruisce conoscenza sul mondo, interpreta i fenomeni, indirizza alla modellizzazione dei sistemi è un obiettivo rilevante per la formazione al pensiero teoretico di un cittadino di media cultura e può fornire, come ricaduta, gli strumenti concettuali: da un lato per affrontare specifiche esemplificazioni in termini quantistici, come la descrizione dell’atomo o il principio di funzionamento del laser; dall’altro per analizzare i contesti problematici in cui si è sviluppata la MQ e il profondo dibattito che ha portato ad essa.” Mentre, inizialmente, la meccanica quantistica sembrava una scienza che si occupava di fenomeni “lontani” dalla nostra vita quotidiana, ormai molte delle innovazioni tecnologiche che utilizziamo si basano su fenomeni quantistici. I principali campi di applicazione sono sicuramente la fisica dei materiali, la fisica atomica e la fisica delle particelle. Un’ulteriore importante applicazione si ha in ambito informatico, per esempio con lo sviluppo della criptografia quantistica. Credo, pertanto, che inserire l’insegnamento della meccanica quantistica rappresenti per gli studenti un utile strumento di comprensione della realtà che li circonda. Per quanto riguarda gli argomenti da trattare, uno dei concetti base, secondo me irrinunciabile, è quello di quantizzazione, partendo dalla teoria proposta di Plack per spiegare l’emissione di corpo nero (quantizzazione dell’energia) per arrivare al concetto di quantizzazione in generale delle grandezze fisiche (raggio, momento angolare,…). Questo rappresenta un primo punto di rottura con la fisica classica, in cui non venivano posti “vincoli” alla variazione di tali grandezze. Un altro aspetto importante è il concetto di stato quantistico e il principio di sovrapposizione, che sono legati al concetto di misura. Ciò consente di confrontare il concetto di misura in fisica classica (metodo galileiano) e in meccanica quantistica (metodo probabilistico). Infine, non si può non discutere del principio di indeterminazione e delle sue implicazioni. Tali argomenti sono irrinunciabili non solo perché costituiscono le basi della meccanica quantistica, ma anche perché consentono un confronto profondo con la fisica classica e offrono spunti di riflessione interessanti anche in altre discipline (per esempio, il concetto di determinismo in filosofia). Ciò è stato anche utile per preparare i ragazzi al nuovo colloquio orale dell’Esame di Stato, dove è richiesto ai ragazzi di trovare, partendo dal sorteggio di una busta, un collegamento logico tra quante più discipline possibili.

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Mi sono avvicinata ai temi di “Fisica Moderna”, riuscendo ad apprezzare a pieno il loro valore culturale, nel corso dei miei studi di Fisica (Laurea triennale), Astrofisica (Laurea magistrale) e Dottorato di Ricerca in Fisica e Astrofisica. Con il lavoro proposto ho voluto condividere le mie conoscenze e competenze con la classe anche con l’obiettivo di incuriosire e sollecitare nei ragazzi l’ interesse per la Fisica. Approccio utilizzato Il primo approccio utilizzato è stato quello storico, analizzando per prima cosa gli esperimenti che hanno portato alla crisi della fisica classica e alla nascita della fisica dei quanti. In particolare, come proposto da quasi tutti i libri di fisica per i licei scientifici, il concetto di quantizzazione dell’energia viene introdotto discutendo dell’effetto fotoelettrico e del modello atomico di Bohr, mentre l’effetto Compton costituisce la prova sperimentale della natura corpuscolare della luce. Si estende, poi, il concetto di doppia natura della luce anche alla materia, introducendo l’ipotesi di de Broglie. Tale visione dualistica viene esplicitata nel principio di indeterminazione di Heisenberg, il quale afferma che “nell’Universo l’azione minima osservabile oggettivamente è dell’ordine della constante di Planck” e nell’equazione di Schrödinger, che porta a una concezione probabilistica della misura. Inoltre, credo che sia opportuno non solo ripercorrere le tappe che hanno portato alla nascita della meccanica quantistica, ma discutere in modo approfondito anche del contesto storico e geografico in cui si essa è sviluppata, per poter creare dei collegamenti anche con altre discipline (per esempio filosofia). Una volta discusse quali sono state le cause che hanno portato alla nascita della meccanica quantistica, si può passare a un approccio concettuale. Molta importanza è stata data al concetto di stato quantistico, al principio di sovrapposizione e al concetto di misura. Ho provato anche a introdurre alcuni cenni al formalismo matematico corretto per descrivere tali concetti. Tuttavia, l’utilizzo dei vettori ket per descrivere gli autostati di un sistema quantistico, gli spazi hermitiani, autovalori e autovettori è risultato troppo complesso da comprendere anche per gli studenti migliori. Un prezioso aiuto per la comprensione dei fenomeni quantistici è fornito da alcuni software di simulazione. Uno dei questi PhET, un programma di simulazioni interattive in ambito matematico e scientifico creato dall’Università del Colorado. Per esempio, la simulazione dell’effetto fotoelettrico ha come scopi: visualizzare e descrivere l’effetto fotoelettrico, predire correttamente i risultati dell’esperimento (ad es. come, cambiando di volta in volta la lunghezza d’onda, l’intensità,… della luce e il materiale del bersaglio, si modificherà la corrente prodotta e l’energia degli elettroni) e descrivere come questi risultati portino al modello corretto del comportamento della luce. Il sito fornisce molto materiale sia sugli aspetti teorici dell’effetto fotoelettrico (principalmente in lingua inglese) sia tutorial su come eseguire la simulazione. La maggior parte del materiale che ho letto presenta i concetti chiave dell’effetto fotoelettrico in modo chiaro e corretto, ricorrendo a molti esempi e grafici. Ritengo che l’applicazione possa essere uno strumento molto utile per l’apprendimento, dal momento che essa consente di “osservare” in modo diretto le caratteristiche dell’effetto fotoelettrico. Inoltre, gli studenti, potendo modificare liberamente i parametri richiesti, possono consolidare, sotto la guida dell’insegnante, le loro conoscenze sull’argomento. Le classi Le classi in cui ho effettuato la sperimentazione sono due quinte (5 AS e 5 BS) di un Liceo Scientifico delle Scienze Applicate. La classe 5 AS era composta da 17 alunni (9 maschi e 8 femmine), mentre la classe 5 BS era composta da 15 alunni (8 maschi e 7 femmine), come mostrato in figura 1.

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Figura 1: Grafico relativo alla distribuzione degli alunni nelle due classi.

Va sottolineato che entrambe le classi non hanno beneficiato di continuità didattica nell’insegnamento della materia (Fisica). In particolare, la sottoscritta è stata docente di Fisica solo per l’anno scolastico 2018-2019. Le due classi, inoltre, presentavano notevoli differenze sia per quanto riguardava la partecipazione sia il rendimento. Nel complesso, la classe 5 AS ha seguito con interesse e curiosità le lezioni, partecipando attivamente alle discussioni e all’analisi degli argomenti trattati, mentre nella 5 BS, salvo alcune eccezioni, si è registrato un interesse e una partecipazione più scarsi. Per quanto riguarda il rendimento scolastico, la maggior parte della classe 5 AS ha raggiunto durante l’anno scolastico buoni o ottimi risultati, frutto anche di uno studio individuale costante e approfondito; tuttavia, un numero ristretto di alunni ha avuto una valutazione gravemente insufficiente durante tutto l’anno scolastico. Nella 5 BS, invece, solo pochi alunni hanno raggiunto livelli discreti o buoni, mentre un numero consistente di alunni ha avuto una valutazione gravemente insufficiente per tutto l’anno e mostrava grandi lacune pregresse. Il percorso Il percorso didattico è stato sviluppato nell’ultima parte (da metà Aprile a fine Maggio) dell’anno scolastico 2018-2019, in accordo con quanto descritto dai vincoli ministeriali, che prevedono lo studio della meccanica quantistica dopo l’elettromagnetismo e la relatività ristretta. La scansione temporale per classe è mostrata nella tabella 1.

Argomento N. Ore

Colloquio introduttivo

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Lezioni frontali

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Esercitazioni guidate

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Visione filmati divulgativi e utilizzo di

simulatori

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Discussione finale

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Verifica finale scritta

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Colloquio introduttivo Per prima cosa, è stata dedicata un’ora per classe per un colloquio orale con gli studenti durante il quale è stato chiesto che cosa fosse per loro la meccanica quantistica e di cosa si occupasse. La maggior parte degli alunni di entrambe le classi ha risposto di non saper spiegare di cosa si occupa la meccanica quantistica, mentre solo una piccola parte (4 alunni nella classe 5 AS e 2 alunni nella 5 BS) hanno risposto che la meccanica quantistica si occupa di fenomeni che si verificano su scala microscopica. Alla mia successiva domanda: “Gli effetti quantistici, allora, non sono osservabili anche nella vita quotidiana?”, è stata data all’unanimità la risposta: No. Dal colloquio è emerso, quindi, che le idee riguardanti la meccanica quantistica sono molto confuse e superficiali; tuttavia, tutti gli alunni concordano che vi sia una distinzione netta tra il campo di azione della fisica classica e il campo d’azione della meccanica quantistica. Crisi della fisica classica Dopo il colloquio introduttivo si sono affrontati i temi principali della meccanica quantistica presenti nelle indicazioni ministeriali. Il primo approccio è stato di tipo storico. Sono stati presi in considerazione i principali esperimenti che hanno messo in crisi la fisica classica: la radiazione di corpo nero, l’effetto fotoelettrico, l’esistenza dei livelli energetici degli atomi e delle molecole, la stabilità degli atomi. Lo studio del problema del corpo nero mi ha portato a introdurre il concetto di quantizzazione: “l’energia, di qualunque tipo, non viene emessa (e si propaga) con continuità, ma solamente per “granuli”, per quantità discrete, dette “quanti”, di grandezza pari a E = h ν”, dove h è una costante universale (detta costante di Planck, del valore ≈ 6,62 x 10-34 J s) e ν è la frequenza della radiazione associata all’emissione energetica. Mi sono, quindi, soffermata sul fatto che, se si applicano le leggi delle fisica classica per descrivere l’emissione di corpo nero, si giunge al paradosso della catastrofe ultravioletta. Partendo dall’ipotesi di Planck sulla quantizzazione dell’energia abbiamo ricostruito la legge che descrive l’emissione di corpo nero. Per rendere più chiaro il concetto di come varia il picco di emissione del corpo nero in funzione della temperatura, si è utilizzato una simulazione fornita da PhET (https://phet.colorado.edu/sims/html/blackbody-spectrum/latest/blackbody-spectrum_it.html), che consente di osservare come, all’aumentare della temperatura, il picco di emissione si sposti verso lunghezze d’onde più corte (ultravioletto). L’utilizzo della simulazione è stato molto apprezzato dai ragazzi ed è servito anche per mostrare come l’emissione delle stelle possa essere modellizzata come l’emissione di corpo nero. Lo studio dell’effetto fotoelettrico e dell’effetto Compton è stato, invece, più “tradizionale”. L’effetto fotoelettrico riguarda l’emissione di elettroni da parte di una lamina di metallo colpita da radiazione. Mi sono soffermata sul fatto che i dati sperimentali, non spiegabili con i modelli classici di interazione radiazione-materia, rivelano che vi è la presenza di una frequenza di soglia al di sotto

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della quale, qualunque sia l’energia della radiazione incidente, non si ha emissione di elettroni e che tale fenomeno è indipendente dal tempo di esposizione alla radiazione. Questo ha portato Einstein a modellizzare la radiazione come composta da un numero discreto e finito di fotoni, ciascuno di energia hν, che interagiscono per pacchetti interni. Solo se l’energia dei fotoni è maggiore dell’energia di estrazione è possibile osservare il fenomeno dell’effetto fotoelettrico. Come approfondimento è stata utilizzata un’altra simulazione di PhET (https://phet.colorado.edu/it/simulation/legacy/photoelectric), che consente di riprodurre il celebre esperimento: una volta scelto il bersaglio, è possibile far variare l’energia della radiazione incidente e osservare in questo modo quando effettivamente si verifica l’effetto fotoelettrico. Sono, quindi, passata all’analisi dell’effetto Compton. Una delle differenze principali con l’effetto fotoelettrico è che l’interazione non avviene tra un fotone e un elettrone legato alla struttura cristallina dell’atomo, ma tra un fotone e un elettrone libero. Il processo di interazione viene modellizzato come urto elastico tra due corpi liberi isolati. Ciò rende possibile descrivere l’urto ricorrendo alla conservazione della quantità di moto e dell’energia. Con questi due esperimenti, partendo dal concetto di quanto di luce di Planck, si giunge alla formulazione completa del concetto di fotone. L’ultimo argomento affrontato inerente alla crisi della fisica classica è lo studio delle righe di emissione dell’atomo di idrogeno. Si è effettuato un ripasso sui vari modelli atomici studiati in Scienze: il modello a “panettone” di Thomson e il modello planetario di Rutherford. Anche per la spiegazione di tali argomenti sono ricorsa all’utilizzo di PhET Colorado. Ho utilizzato, in particolare, la simulazione “Diffusione di Rutherford” (https://phet.colorado.edu/sims/html/rutherford-scattering/latest/rutherford-scattering_it.html) che simula il famoso esperimento in cui è stato smentito il modello a panettone dell'atomo osservando le particelle alfa rimbalzare sugli atomi e concludendo che questi ultimi devono avere un piccolo nucleo carico positivamente. Tale modello, tuttavia, non è in grado di spiegare né la stabilità degli atomi né la presenza di righe di emissione o assorbimento. In particolare, se applichiamo le leggi dell’elettromagnetismo classico al modello planetario di Thomson per l’atomo di idrogeno (che è il più semplice da studiare in quanto possiede un solo protone e un solo elettrone), si nota che l’atomo non può essere stabile, ma l’elettrone, perdendo energia durante il moto, cadrebbe spiraleggiando sul nucleo. Sono state, quindi, spiegate le nuove ipotesi introdotte da Bohr che hanno portato alla nuova modellizzazione della struttura atomica. Mi sono soffermata, in particolare, sull’estensione del concetto di quantizzazione ad altre grandezze fisiche oltre che all’energia: raggio dell’orbita e velocità dell’elettrone. La presenza di righe di emissione o di assorbimento è direttamente legata alla quantizzazione dell’energia: solo quando l’elettrone assorbe un fotone di energia pari al dislivello tra due orbite può “saltare” da un’orbita all’altra emettendo energia e producendo una riga di emissione nello spettro atomico. Mi sono, quindi, soffermata su quale sia la natura della luce. Alla fine dell’Ottocento era, inoltre, ancora aperto il dibattito riguardo la natura della luce e delle onde elettromagnetiche in generale. Le esperienze compiute da Newton e Huyghens sui fenomeni luminosi avevano condotto i due fisici a formulare due ipotesi contrastanti sulla natura della luce: l’ipotesi ondulatoria e l’ipotesi corpuscolare. L’ipotesi ondulatoria spiegava i fenomeni dell’interferenza e della diffrazione delle onde luminose, così come il loro propagarsi in linea retta, ed era suffragata dalla teoria del campo elettromagnetico di Maxwell. Tuttavia, alcuni fenomeni quali l’effetto fotoelettrico e l’effetto Compton accertarono che gli elettroni, colpiti da radiazioni luminose, si comportavano come se fossero stati colpiti da particelle materiali aventi una ben determinata energia e quantità di moto, ubbidendo così alle leggi degli urti meccanici.

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Meccanica quantistica Il punto di partenza di quest’ultimo modulo è stata la discussione della scoperta, ad opera di de Broglie, che non solo la radiazione elettromagnetica presentava indiscutibili effetti corpuscolari, ma anche la materia si comportava, talvolta, in modo ondulatorio: esperienze condotte su fasci di elettroni, e successivamente su fasci di atomi e di molecole interagenti con cristalli o tra di loro, davano luogo agli stessi fenomeni di diffrazione e interferenza tipici delle radiazioni elettromagnetiche, quasi che la materia si propagasse per onde. Tale moto ondulatorio ha una lunghezza d’onda λ definita dalla relazione: λ = h/(mv). In conclusione, si giunse ad affermare che sia la materia sia le radiazioni elettromagnetiche hanno in sé la duplice natura di onda-particella. La difficoltà di comprendere questo fatto è legata alla nostra stessa struttura mentale, che vorrebbe applicare al mondo microscopico i concetti di onda e particella acquisiti separatamente nella comune esperienza quotidiana. L’osservazione finale di un fenomeno è, da parte dell’uomo, sempre a livello macroscopico e le sue percezioni sono tali da distinguere nettamente e distintamente gli effetti di tipo corpuscolare da quelli di tipo ondulatori; tuttavia, ciò non può autorizzarci ad estendere tale distinzione alla causa primaria dei fenomeni che, essendo su scala microscopica, non è direttamente osservabile con i nostri sensi. Anche per la spiegazione di tale argomento ho utilizzato un simulatore di PhET Colorado (https://phet.colorado.edu/it/simulation/legacy/quantum-wave-interference) sull’interferenze delle onde. Tale simulatore riproduce l’esperimento della doppia fenditura e permette di indagare il comportamento ondulatorio e corpuscolare delle particelle. Consente di “guardare” le onde fuoriuscire e interferire passando attraverso una doppia fenditura e poi venire rilevate su uno schermo come piccoli punti. Si è quindi discusso di una delle principali conseguenze principali della natura dualistica della materia: il principio di indeterminazione proposto da Heisenberg nel 1927. Si è prestata particolare attenzione al confronto con la fisica classica. In meccanica classica, per un corpuscolo in moto è sempre possibile determinare in ogni istante la sua quantità di moto e la posizione occupata nello spazio. In meccanica quantistica, invece, il fatto che la propagazione di luce e particelle sia descrivibile in termini onde di probabilità significa che i concetti di posizione, traiettoria e velocità vanno radicalmente modificati: “È impossibile determinare con esattezza la quantità di moto e la posizione di una particella”. Heisemberg espresse quantitativamente il principio di indeterminazione affermando che “nell’Universo l’azione minima osservabile oggettivamente è dell’ordine della constante di Planck”. Consideriamo una particella in moto lungo la direzione x, detta x la sua coordinata e qx la sua quantità di moto in un certo istante, per il principio di indeterminazione dobbiamo attribuire un’incertezza Δx alla misura della coordinata e un’incertezza Δqx alla quantità di moto tali che

∆𝑥∆𝑞! ≥ℎ4𝜋

dalla quale si vede chiaramente che tanto più è precisa la misura della posizione tanto più è incerta la velocità con cui si muove la particella. Nel caso limite in cui la posizione della particella è conosciuta con esattezza (Δx = 0), non si può avere alcuna conoscenza sul suo stato di moto (∆𝑞! → ∞). Il principio di indeterminazione riguarda anche altre coppie di grandezze fisiche come l’indeterminazione del tempo, Δt, e quella dell’energia, ΔE:

∆𝑡∆𝐸 ≥ℎ4𝜋

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la quale stabilisce che, quando si misura l’energia di un sistema, la minima indeterminazione intrinseca ΔE con la quale è possibile ottenere il risultato è legata alla durata Δt della misurazione. Più lunga è la misurazione, più preciso è il valore che si trova per l’energia: è dunque possibile arrivare a conoscere l’energia, ma rinunciando a sapere esattamente in quale istante il sistema abbia l’energia misurata. Viceversa, se si vuole osservare ciò che accade durante un intervallo di tempo molto piccolo, il comportamento quantistico del sistema impone che si producano variazioni di energia molto grandi. Così, se l’istante di tempo è rilevato con precisione, il valore dell’energia resta molto incerto. Per ultimo ho analizzato come è cambiato il concetto di misura in meccanica quantistica. Questa parte è risultata la più ostica da comprendere da parte degli alunni. L’introduzione e l’utilizzo di un minimo di formalismo matematico hanno creato difficoltà soprattutto agli alunni più fragili. Il punto di partenza è stata la discussione del primo tentativo di spiegare la doppia natura della materia in movimento fatto da Schrödinger, che trattò gli elettroni come un pacchetto d’onda stretto attorno a un’onda guida. Indichiamo con Ψ(x,y,z,t) la funzione delle tre coordinata spaziali x,y e z e della coordinata temporale t che rappresenta un’onda di de Boroglie di lunghezza d’onda λ. Per una particella di massa m in moto che si muove lungo la direzione x con energia potenziale V ed energia totale E, l’equazione di Schrödinger assume la forma

−ℏ!

2𝑚∇!Ψ + 𝑉𝜓 = 𝐸𝜓

Le funzioni d’onda Ψ(x,y,z,t) costituiscono le soluzioni stazionarie dell’equazione di Schrödinger. Tale equazione, applicata per esempio all’atomo di idrogeno, ammette come soluzione tutte le espressioni dei livelli energetici dell’atomo di Bohr. Quando si parla di onde si fa sempre riferimento all’oscillazione di “qualcosa” (per esempio il campo elettromagnetico per le onde elettromagnetiche). Che cosa oscilla nel caso delle funzioni d’onda? Che cosa rappresenta fisicamente la funzione d’onda? La risposta non è univoca. Nel 1926 il fisico Max Born propose un’interpretazione probabilistica, seconda la quale la funzione d’onda Ψ(x,y,z,t) è un’ampiezza di probabilità. Ciò significa che, fissato un istante t, il modulo quadro della funzione d’onda è una densità di probabilità, ossia una probabilità per unità di volume. Immaginiamo di studiare il comportamento di un elettrone. Se ΔV è un volume centrato in (x,y,z) e abbastanza piccolo da far sì che Ψ(x,y,z,t) non vari in modo apprezzabile al suo interno, la probabilità P(t) che l’elettrone si trovi in ΔV all’istante t fissato è espressa da:

𝑃 𝑡 = Ψ(𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡) ! Δ𝑉 La funzione d’onda cambia radicalmente il modo di descrivere la realtà fisica. Risolvendo l’equazione di Schrödinger possiamo avere informazioni sulla probabilità di trovare l’elettrone nell’istante t in una certa regione di spazio ΔV, ma non abbiamo la possibilità di sapere esattamente dove si trovi. Mi sono, quindi, soffermata su come cambia il concetto di probabilità in meccanica quantistica, dove le probabilità calcolate a partire dalla funzione d’onda Ψ(x,y,z,t) sono le informazioni più dettagliate che per ragioni di principio è possibile avere sul sistema in esame. Fino a oggi tutti i risultati sperimentali sono in accordo con questa visione probabilistica. Occorre, perciò, rinunciare al determinismo che è tipico della fisica classica. Secondo il modello corpuscolare classico la particella è un punto materiale localizzato in una posizione ben precisa che si muove con una data quantità di moto lungo una determinata direzione. Nel modello quantistico, invece, la particella può trovarsi un punto qualunque di una zona più ampia e la sua funzione d’onda individua la probabilità di trovarla in una posizione piuttosto che in un’altra. Al di fuori dello spazio in cui si estende la funzione d’onda, la probabilità di trovare la particella è nulla.

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Questo significa che la particella è delocalizzata all’interno di una zona di oscillazioni, detto pacchetto d’onda. Risultati e discussioni Per motivi di tempo (gli ultimi argomenti di meccanica quantistica sono stati spiegati a fine Maggio), non sono riuscita a somministrare una prova di verifica scritta mirata a valutare la conoscenza dei concetti “teorici” alla base della meccanica quantistica. Visto la nuova modalità dell’Esame di Stato, che prevede la presenza di tre quesiti di fisica (di cui uno di fisica moderna: relatività ristretta o fisica quantistica), ho preferito far fare una verifica composta da esercizi. Le due prove (una per classe) sono allegate alla fine della relazione. I risultati sono riportati nella figura 2.

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Figura 2: Numero di studenti in funzione del voto ottenuto nella verifica per le due classi.

In entrambe le classi ci sono stati alunni che hanno raggiunto risultati ottimi. Vi è, comunque, anche un certo numero di alunni per i quali la valutazione è stata gravemente insufficiente. I risultati, tuttavia, sono in linea con gli andamenti registrati in entrambe le classi durante l’intero anno scolastico. Non vi sono, quindi, particolari anomalie tali da richiedere un’indagine più approfondita. Tali risultati negativi possono, in parte, essere dovuti a uno studio non sempre costante e accurato e una partecipazione e un’attenzione in classe a volte scarse. Al termine del percorso è stata dedicata un’ora al dibattito finale. Da esso è emerso che gli alunni hanno apprezzato molto l’utilizzo dei software di simulazione, che sono stati di grande aiuto per comprendere alcuni dei concetti base della meccanica quantistica. La maggior parte dei ragazzi ha partecipato attivamente e con interesse alle varie lezioni, intervenendo vivacemente alle varie discussioni. L’introduzione del formalismo matematico è risultato però di difficile comprensione, anche per gli alunni migliori.

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Bibliografia

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- Besson,U., Malgieri, M., Insegnare la fisica moderna. Proposte e percorsi didattici, 2018, Carocci editore

- Fabbri S., Masini M., Baccaglini E., “Quantum – Vol. 3”, Sei - Giliberti, M., Marioni, C. (1997). Introduzione di alcuni elementi di Fisica dei quanti nella

scuola secondaria superiore. La Fisica Nella Scuola, XXX, 3 supplemento. Q, 7, pp. 23– 45. - Indicazioni Nazionali per i Licei, D.M. 7 ottobre 2010, n. 211 - Schema di regolamento

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pensiero teoretico, in Il mondo dei quanti, Enciclopedia Italiana Treccani - Stefanel, A., Impostazioni per l’insegnamento della MQ, G.d.F. 49(1), 2008, pp. 15-33. - Stefanini, L. (2013). Corso-laboratorio PLS “l’esperimento più bello”: analisi di

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(ottobre 2005). pp. 22-29.

Simulazioni

- https://phet.colorado.edu/sims/html/blackbody-spectrum/latest/blackbody-spectrum_it.html - https://phet.colorado.edu/sims/html/rutherford-scattering/latest/rutherford-scattering_it.html - https://phet.colorado.edu/it/simulation/legacy/photoelectric - https://phet.colorado.edu/it/simulation/legacy/quantum-wave-interference

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Verifica di Fisica 5 AS.

Cognome: ............................... 30/5/2019

Nome: ....................................

1. Una palla ha una massa di 200 g ed una energia cinetica di 100 J. Quanto vale la lunghezzad’onda di de Broglie della palla?

2. Il litio, il ferro e il mercurio hanno rispettivamente lavoro di estrazione WLi = 2,3 eV, WFe = 3,9eV e WHg = 4,5 eV. Se su ciascuno di questi metalli arriva luce di lunghezza d’onda λ = 0, 4µm,determinare: a) per quali metalli avviene l’effetto fotoelettrico e b) l’energia cinetica massima ela velocita con cui vengono emessi gli elettroni in tal caso (me = 9, 11 · 10−31 kg).

3. In un urto fotone-elettrone, l’elettrone viene diffuso con un’energia cinetica K = 100 keV. Ifotoni incidenti hanno un’energia E = 500 keV. Calcola la lunghezza d’onda del fotone diffuso el’angolo di diffusione.

4. Un elettrone percorre la terza orbita di Bohr in un atomo di idrogeno. Calcola la sua velocita.Calcola il numero di giri che compie ogni secondo.

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Verifica di Fisica 5 BS.

Cognome: ............................... 30/5/2019

Nome: ....................................

1. Un modellino di automobile, la cui massa e 230 g, si muove in linea retta e percorre una distanzadi 1,8 m in un intervallo di tempo di 4,5 s. Quanto vale la sua lunghezza d’onda di de Broglie? Daquesto risultato, puoi dedurre se e possibile osservare le proprieta ondulatorie per tale oggetto?

2. Un fascio di raggi X con λ = 250 pm colpisce un bersaglio e la radiazione diffusa viene rilevata a45◦ rispetto alla direzione della radiazione incidente. Calcola la lunghezza d’onda della radiazionediffusa, l’energia (in eV) di un fotone della radiazione incidente e l’energia cinetica (in eV) di unelettrone dopo l’urto (nei calcoli tenere quattro cifre decimali).

3. Un telecomando invia un fascio di radiazioni ultraviolette di lunghezza d’onda pari a 200 nmverso il disco metallico della cella fotoelettrica di un cancello automatico provocando l’emissionedi elettroni con energia cinetica K = 5 · 10−19 J. Calcolare:

a) la frequenza del fotone

b) la velocita dell’elettrone sapendo che la massa dell’elettrone e di 9, 1 · 10−31 kg

c) il lavoro di estrazione in Joule e in eV

d) la frequenza di soglia

e) il potenziale di arresto.

4. Un elettrone percorre la seconda orbita di Bohr in un atomo di idrogeno. Calcola la sua velocita.Calcola il numero di giri che compie ogni secondo.