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RESPONSABILITÀ PER COLPA PROFESSIONALE Responsabilità morale Sorge ogni qualvolta il medico violi i doveri di umanità insiti nella sua missione, venendo meno agli imperativi categorici imposti dall’etica ufficiale e dalla sua coscienza, che sono inviolabili. In generale, la responsabilità morale di un medico non è un aspetto isolato e, spesso, sconfina nelle responsabilità deontologiche e legali. Molti comportamenti sono affidati alle sole regole di correttezza, prudenza, discrezione, riserbo ed onestà professionale. In nessun modo la responsabilità morale può essere ridotta al soddisfacimento delle richieste del paziente , visto che non poche sono le situazioni in cui il medico può decidere secondo coscienza (obiezione di coscienza in caso di interruzione volontaria di gravidanza). Il giuramento contenuto nel codice deontologico al punto 5 rappresenta il riferimento principale della responsabilità morale del professionista sanitario.

Responsabilita per colpa professionale

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Page 1: Responsabilita per colpa  professionale

RESPONSABILITÀ PER COLPA PROFESSIONALE

Responsabilità morale

Sorge ogni qualvolta il medico violi i doveri di umanità insiti nella sua missione, venendo meno agli imperativi categorici imposti dall’etica ufficiale e dalla sua coscienza, che sono inviolabili.

In generale, la responsabilità morale di un medico non è un aspetto isolato e, spesso, sconfina nelle responsabilità deontologiche e legali.

Molti comportamenti sono affidati alle sole regole di correttezza, prudenza, discrezione, riserbo ed onestà professionale. In nessun modo la responsabilità morale può essere ridotta al soddisfacimento delle richieste del paziente, visto che non poche sono le situazioni in cui il medico può decidere secondo coscienza (obiezione di coscienza in caso di interruzione volontaria di gravidanza).

Il giuramento contenuto nel codice deontologico al punto 5 rappresenta il riferimento principale della responsabilità morale del professionista sanitario.

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Il moderno giuramento recita:

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro:

• di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento rifuggendo da ogni indebito condizionamento;

• di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell'uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale;

• di curare ogni paziente con eguale scrupolo e impegno, prescindendo da etnia, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica e promuovendo l'eliminazione di ogni forma di discriminazione in campo sanitario;

• di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di una persona;

• di astenermi da ogni accanimento diagnostico e terapeutico;

• di promuovere l'alleanza terapeutica con il paziente fondata sulla fiducia e sulla reciproca informazione, nel rispetto e condivisione dei principi a cui si ispira l'arte medica;

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Responsabilità penale

Sorge ogni qualvolta l’operato del medico costituisce reato per il Codice penale o sia previsto da altre leggi dello Stato, a seguito di inosservanza dei divieti od inadempienza di obblighi inerenti l’esercizio della professione.

L’errata esecuzione del trattamento medico-chirurgico in fase diagnostica o terapeutica è la principale fonte di responsabilità penali, se ne derivi morte o lesioni personali al paziente.

La responsabilità sarà: dolosa o colposa a seconda che vi sia o meno intenzionalità;

commissiva od omissiva

azioni vietate dalla leggesi trascuri di eseguire un preciso obbligo di

legge

Si configurerà un reato comune (si procurino lesioni personali od omicidio colposo) oppure uno proprio della professione medica (mancato eferto, falsità ideologica in certificato medico).

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Responsabilità penale dolosa

Si configura a seguito di trasgressioni volontarie e coscienti, tali da presupporre dolo, collegate all’esercizio della professione medica.

Riguarda fatti delittuosi, di natura commissiva od omissiva e contravvenzioni di vario genere, tra cui:

• interventi eseguiti senza il consenso, indipendentemente dall’esito, purchè non giustificati dallo stato di necessità;

• rivelazione del segreto d’ufficio;

• omissione del rapporto;

• omissione del soccorso;

• violenza privata;

• uso illegittimo del cadavere;

• prescrizione irregolare di sostanze stupefacenti;

• comparaggio (accettare denaro o altri benefici da case farmaceutiche in cambio di prescrizioni di loro prodotti o medicamenti);

• ispezione o perquisizione corporale arbitraria, incapacità psichica procurata mediante violenza;

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• falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificazioni od autorizzazioni;

• falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Responsabilità penale colposa

Tale responsabilità è connessa con l’esito infausto o dannoso per il paziente di un trattamento medico-chirurgico. Si registra quando il medico cagioni, senza volerlo, morte o lesioni personali al paziente in seguito a comportamenti dettati da imperizia, negligenza o imprudenza.

negligenza: per disattenzione, dimenticanza, svogliatezza, disaccortezza, superficialità il sanitario trascura le comuni regole di diligenza richieste nell’esercizio della professione.

imprudenza: si configura allorquando il sanitario operi con avventatezza, eccessiva precipitazione o ingiustificata fretta. Azioni, queste, che non consentono un’accurata valutazione delle conseguenze e dei rischi derivanti dalla pratiche medico-chirurgiche messe in atto.

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imperizia: è legata a conoscenze tecniche e deriva dalla mancanza di nozioni scientifiche e pratiche o da insufficiente esperienza professionale. Incappa in tale responsabilità colposa il sanitario che non sa o non sa fare quello che un altro professionista di pari livello avrebbe correttamente eseguito nella situazione in esame. Nel valutare tale responsabilità vanno, però, tenute in debita considerazione le difficoltà tecniche incontrate nella soluzione del caso.

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Nesso di causalità o rapporto di causalità

La definizione di una responsabilità professionale deve in ogni caso basarsi su un criterio metodologico, che stabilisca un nesso di causalità tra operato del sanitario e danno al paziente

Mediante parametri di giudizio validi e correttamente applicati è possibile ravvisare una colpa professionale per:

• errore che si poteva evitare e che non si può scusare;

• errore dovuto a grossolana trascuratezza delle norme elementari che ogni medico non può mai dimenticare;

•errore causato da macroscopica carenza di conoscenze scientifiche o di qualifiche tecniche indispensabili.

I criteri da seguire per delineare un nesso di causalità tra operato del sanitario e danno arrecato al paziente sono:

1. criterio della regola violata 2. criterio della media preparazione

3. criterio delle condizioni soggettive 4. criterio delle circostanze oggettive

5. criterio della probabilità

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1. Criterio della regola violata

Si accerta l’operato del medico analizzando quanto questi abbia deviato da pratiche consolidate della scienza e da direttive tecniche.

L’evidenza dell’importanze della “regola violata” è palese, visto che tale criterio consente di accertare se c’è stato errore, in cosa è consistito e da quale entità sia caratterizzato.

Per le responsabilità penali, la colpa sussiste in quanto tale, indipendentemente dall’entità del danno arrecato (es. errore in un intervento chirurgico ordinario, che nessun chirurgo di media preparazione avrebbe mai commesso).

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2. Criterio della media preparazione

L’operato del medico è giudicato rispetto alla preparazione media dei medici.

Per “medio” si intende il bagaglio di nozioni tecniche e scientifiche patrimonio comune di tutti i medici, quindi conoscenze basilari, consolidate in campo dottrinale e teorico, che si ritiene indispensabili per l’esercizio dell’attività sanitaria.

É giudicato errato l’operato non conforme alle regole dell’arte, sulla base dei comportamenti che avrebbero attuato la maggior parte dei colleghi nello stesso caso clinico, basandosi sui requisiti minimi di abilità, perizia tecnica e diligenza.

Sarà considerato imperito (colpevole di imperizia) il sanitario che avrebbe dovuto sapere ciò che un comune medico sa, non sulla base di quello che ignora in senso astratto.

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Sarà considerato imprudente colui che attui pratiche mediche innovative senza la dovuta cautela o senza soppesarne a fondo i rischi connessi.

Sarà considerato negligente chi omette norme che altri medici avrebbero osservato, con conseguenti danni al paziente (senza i quali la colpa per negligenza non si può configurare).

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3. Criterio delle condizioni soggettive

Le responsabilità del sanitario non vanno giudicate in astratto, ma riferite alla situazione personale, quindi in relazione alla persona.

In particolare, vanno considerate:

• professionalità professionale

• grado di intelligenza

• preparazione culturale

• stato psico-emotivo del momento

In pratica, esistendo delle gerarchie professionali basate sulle capacità intellettive, ma anche sull’esperienza, competenza, grado di specializzazione, la responsabilità di fronte ad un insuccesso pesa in modo diverso a seconda che si tratti di un neo-laureato, un medico-generico, uno specialista, un grande clinico o un chirurgo di fama.

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Ad esempio, le responsabilità per imprudenza cadranno più gravemente sul medico generico che decida, senza avere le giuste competenze, di intraprendere una terapia o un esame diagnostico complicato o rischioso. Al contrario, la responsabilità per negligenza si ripartisce equamente su ogni medico, visto che tutti i sanitari, di ogni ordine di specializzazione, debbono porre la massima sollecitudine, accortezza ed attenzione nell’esercizio della professione medica.

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4. Criterio delle circostanze oggettive

Le circostanze di tempo e di luogo in cui il sanitario opera debbono essere prese in considerazione nel giudicare un errore.

Non si può prescindere dal considerare le particolari condizioni in cui il sanitario ha maturato l’insieme delle decisioni prese. Ad esempio, un medico che abbia operato in un centro ben attrezzato, con un numero sufficiente di assistenti, non può essere giudicato alla stessa stregua di un sanitario che operi in condizioni ambientali avverse.

La linea di demarcazione tra condotta esemplare e comportamento colpevole né tutt’altro che netta, esistendo molteplici sfumature ed una casistica quanto mai difforme tra errori scusabili ed inescusabili, evitabili od inevitabili, gravi o lievi.

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5. Criterio della probabilità

La ricerca del nesso di causalità tra condotta professionale ed evento dannoso si risolve nella giurisprudenza moderna ricorrendo a criteri probabilistici.

Pertanto, il singolo caso non viene esaminato in modo individuale, ma si assume il modello della sussistenza, includendo il caso in categorie più ampie sulla base di leggi scientifiche statistiche. Quindi, basandosi sul concetto della probabilità, l’esistenza di un antecedente può essere una condizione necessaria affinché si annoveri il fatto tra quelli che, secondo una successione regolare e conforme ad una legge, legge generale di copertura, porti ad eventi simili (sentenza Corte Cassazione, 24 aprile 1991).

Le leggi generali di copertura sono: universali - proprie delle scienze esatte

probabilistiche

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Esaminando i fatti in un’ottica probabilistica, è sanzionabile una condotta con una percentuale di responsabilità del 30%.

Si tratta sempre di causalità per imperizia grave, basandosi sul concetto del “se una condotta esatta del medico o del chirurgo avrebbe sortito un successo o, almeno, fondate probabilità di successo”.

Trattandosi di vita umana, infatti, ci si basa sul principio che intervenire in modo immediato e sollecito, anche quando ci siano poche possibilità di successo, sia comunque auspicabile.

Il limite di tale approccio sta, però, nel fatto che la medicina non è scienza esatta, dal momento che le risposte dell’organismo al medesimo trattamento non sono generalizzabili, ma variano da soggetto a soggetto e, nell’ambito della stessa persona, variano in relazione al particolare stato (variabilità inter- ed intra-personale).

Inoltre, altro limite cruciale dell’approccio basato sul criterio della probabilità è proprio nell’aver stabilito una soglia (il 30%), in base a cui è riconosciuto colpevole un comportamento con riconoscimento di colpa superiore a tale valore soglia.

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Responsabilità collettiva

Il lavoro di equipe su cui si basa la maggior parte degli interventi sanitari moderni apre problematiche complesse circa l’attribuzione delle responsabilità ai singoli componenti, in caso di danno al paziente.

In generale, la responsabilità è del singolo (anestesista che non controlli il contenuto di un flacone).

La responsabilità collettiva non deve indurre a confondere il lavoro di gruppo con l’errore di gruppo: quando le attività di più soggetti siano intimamente collegate può aprirsi uno scenario di errori inscindibilmente concatenati tra loro, per cui più figure professionali saranno chiamate a rispondere dell’errore/i e dei danni al paziente.

Vige, in definitiva, il principio che nel lavoro di equipe ciascuno debba vigilare sul proprio e sull’altrui operato, al fine di ottimizzare le prestazioni e, in caso di bisogno, sostituirsi o porre rimedio ad un errore/negligenza causata da un altro membro del gruppo.

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RESPONSABILITÀ CIVILE

In campo civilistico, la responsabilità professionale deriva dal rapporto di diritto privato che il medico esercente una data prestazione contrae col paziente, che tale prestazione riceve.

La colpa, per il diritto civile, può intendersi come mancanza per dovuta diligenza, quindi, i comportamenti che non si attengono a ciò che l’uomo medio, nella stessa circostanza, avrebbe tenuto (media accortezza, scrupolosità, diligenza, sollecitudine, prudenza).

Inoltre, va sottolineato che l’operato del medico richiede conoscenze superiori all’uomo medio, quindi, nel prestare la sua opera il medico deve porre maggiore attenzione.

L’obbligo del medico non è la guarigione dalla malattia, se non in specifici casi, ma la prestazione di cure adeguate.

Si tratta, quindi, di un obbligo di mezzi non di risultato (fanno eccezione la chirurgia estetica e l’odontoiatria). Il risarcimento del danno può essere richiesto quando il paziente non sia soddisfatto del risultato, ma non vi è responsabilità senza colpa.

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Nel giudicare l’adempimento degli obblighi inerenti un’attività, la diligenza deve essere valutata rispetto al livello professionale, per cui:

• la responsabilità civile è rapportata alla “diligenza media” del buon professionista (con un corredo tecnico, cioè, adeguato a quello che la sua qualifica lascia presupporre);

• la diligenza media di uno specialista è valutata con maggiore severità che per un medico generico (allo specialista devono corrispondere maggiori competenze);

• il grado di diligenza va adeguato al singolo caso clinico (il medico dovrà porre maggiore attenzione, diligenza, impegno nelle situazioni più impegnative).

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Dal momento che il grado di difficoltà del singolo caso è di cruciale importanza, esso influirà anche in larga misura sulla responsabilità:

• il medico è responsabile dei danni causati da colpa lieve, se in un caso ordinario abbia contravvenuto alle regole della diligenza e prudenza proprie della sua normale preparazione;

• il medico risponde del dolo o colpa grave solo i casi di particolari difficoltà tecniche o di campi professionali in cui la conoscenza scientifica non sia consolidata. In tali circostanze, il discarico dalla colpa è applicabile solo se si dimostra la sussistenza di insormontabili difficoltà tecniche. Non sono, invece, scusabili negligenze o imprudenze in casi che richiedono il massimo impegno e la dovuta cautela, visti i rischi in gioco.

Per il diritto civile esistono tre gradi di colpa:

culpa lata, errore grave, che non commetterebbe nessun medico di scarse doti professionali;

culpa levis, errore lieve, in cui non incorrerebbe nessun medico con medie capacità tecniche e media diligenza;

culpa levissima, errore lievissimo o di poco conto, che può sfuggire al medico di solito molto attento, scrupoloso e ben preparato.

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La giurisprudenza si muove in due opposte tendenze: l’una che tende ad una certa indulgenza (per non mortificare l’iniziativa del medico, magari inibendolo per timore di rappresaglie), l’altra improntata ad una maggiore severità.

Di conseguenza, il sanitario risponde per colpa lieve nei casi con scarsa difficoltà tecnica diagnostica o terapeutica.

Nei casi difficili risponde solo per colpa grave, se le imperfezioni sono dovute all’esecuzione degli esami/interventi straordinari (imperfezioni tecniche) od eccezionali.

Non ci sono, invece, scusanti per gli errori dettati da imprudenza, negligenza o imperizia.

In più sentenze, infine, la giurisprudenza ha sottolineato l’importanza, nel giudicare casi di colpa derivante apparentemente da imperizia, di considerare il ruolo giocato dalla risposta dell’organismo al trattamento medico-clinico praticato al paziente.

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Visto che il rapporto medico-paziente si traduce per il diritto civile nell’instaurazione di un contratto privato, esisteranno per il medico responsabilità contrattuali ed extracontrattuali.

Responsabilità contrattuali

Nel momento in cui il medico accetta di prendere in carico un paziente, viene posto in essere un contratto di prestazione di opera intellettuale, in base al quale l’obbligo del medico non è di raggiungere il risultato (es. la guarigione dalla malattia), ma è un’obbligazione di mezzi.

Il sanitario deve porre in essere tutti gli strumenti, fornire la competenza, l’impegno, la correttezza e le capacità occorrenti al raggiungimento dello scopo prefissato. Nel fare ciò, può avvalersi di collaboratori ed ausiliari, che operano sotto la sua responsabilità, ovvero sotto la sua direzione, a meno che non sia impedito dal contratto, ovvero dall’oggetto della prestazione.

Unica eccezione alla regola dell’obbligo di mezzi è rappresentata dalla chirurgia plastica ed odontoiatrica, in cui si prevede l’esito felice dell’operazione, o quelle situazioni in cui il medico si impegna a realizzare un risultato materiale (protesi, anestesia, trasfusione di sangue, biopsia diagnostica).

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Responsabilità extracontrattuali

Nella pratica medica tali responsabilità sono limitate a poche circostanze, prestazioni occasionali non regolate da precedenti accordi tra medico e paziente (es. un medico che presti soccorso urgente ad un traumatizzato, ad una donna colta da doglie). Le responsabilità extracontrattuali sorgono allorquando il medico che operi in tali circostanze impreviste e di emergenza non osservi la regola generale di buona condotta o diligenza. In tali casi, cioè, vige la regola del neminem laedere.

Mentre le responsabilità penali sono sempre personali, il risarcimento di danno per colpe civili può essere assunto da terzi (il libero professionista può stipulare un’assicurazione privata contro i danni causati alla clientela; per i medici dipendenti di enti ospedalieri sono le ASL a stipulare tali assicurazioni).

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Consenso al trattamento sanitario

Il Codice di deontologia medica afferma che non è consentito alcun trattamento medico contro la volontà del paziente, il medico non può intraprendere nessuna attività diagnostico-terapeutica senza il consenso informato del paziente. Consenso che deve essere esplicito in quelle prestazioni che comportino rischio o diminuzione permanente dell’integrità fisica del paziente.

L’obbligo di acquisire il consenso equivale alla libera e cosciente volontà da parte del paziente di sottoporsi all’atto medico-chirurgico. Tale norma è di carattere universale ed è presente nei Codici deontologici di tutti i paesi.

Nella Guida europea di etica medica, all’articolo 4, si precisa che il medico, salvo i casi di urgenza, acquisirà il consenso del paziente, illustrando al malato gli effetti e le conseguenze della terapia, soprattutto quando siano implicati gravi rischi.

Il consenso al trattamento è sancito a livello costituzionale, articolo 32, “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge”, ma nemmeno la legge può violare in nessun caso i limiti imposti dal rispetto della eprsona.

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Anche nella norma istitutiva del Servizio Sanitario nazionale, all’articolo 33, si ricorda che gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari e, anche nel caso di quelli obbligatori, si deve ottenere il consenso e la partecipazione del soggetto. Nei diritti del malato è più volte affermato che questi deve richiedere e ricevere un’adeguata informazione sul trattamento sanitario, rispetto alle conseguenze e ai rischi che ne potrebbero derivare, dando, quindi, il proprio consenso.

Il consenso al trattamento medico-diagnostico è di “dichiarazione” e di “dichiarazione”, ovvero il medico ed il paziente debbono essere d’accordo sulla modalità delle cure (consenso sul trattamento) in previsione dei risultati con esse ottenibili (consenso sull’evento).