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REVISTË GJASHTËMUJORE KULTURORE ARBËRESHE E THEMELLUAR NË 1980 RIVISTA SEMESTRALE DI CULTURA ITALO-GRECO-ALBANESE FONDATA NEL 1980 VITI / ANNO XXVI - N. 55 55 30 GUSHT / AGOSTO 2006 I - 87010 FRASCINETO - FRASNITA(Cosenza) - Via Pollino, 84 - Tel./Fax: 0981.32048 E-Mail: [email protected] - www.bibliotecabellusci.com P.I. - Sped. in A.P. - Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 - Aut. n. DCO/DC - CS/99/2003 del 6/03/03 - TAXE PERÇUE

REVISTË GJASHTËMUJORE KULTURORE ARBËRESHE E …€¦ · 1853 Antonio Bellusci- Martesa në Shën Kostandin Arbëresh (1965-1973) 1856 Antonio Bellusci- Jeta bujqësore në Purçìll

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REVISTË GJASHTËMUJORE KULTURORE ARBËRESHE E THEMELLUAR NË 1980RIVISTA SEMESTRALE DI CULTURA ITALO-GRECO-ALBANESE FONDATA NEL 1980

VITI / ANNO XXVI - N. 5555 30 GUSHT / AGOSTO 2006

I - 87010 FRASCINETO - FRASNITA (Cosenza) - Via Pollino, 84 - Tel./Fax: 0981.32048E-Mail: [email protected] - www.bibliotecabellusci.com

P.I. - Sped. in A.P. - Art. 2 Comma 20/C Legge 662/96 - Aut. n. DCO/DC - CS/99/2003 del 6/03/03 - TAXE PERÇUE

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1850 Lidhja n. 55/2006

Sommario / Përmbledhjen. 55 - 30 gusht / agosto 2006

Direttore Responsabile:Papàs Antonio Bellusci

Condirettore:Avv. Daniele Bellusci

Redazione:Avv. Tommaso Bellusci

Periodico semestralein albanese e italiano

fondato nel 1980

Aut. del Tribunale di Castrovillari,n. 59/1982

Registro Nazionale Stampa,n. 02217/1987

Registro Regionale Associazionin. 9898 del 2-08-2002

[email protected]

Collaborazione gratuitasu invito del Direttore.

Fotografie: Archivio di Lidhja

© Tutti i diritti riservatiAll rights reserved

© Riproduzione parzialeo totale vietata

Editore:Associazione

Centro Ricerche Socio-CulturaliGiorgio KastriotaVia Pollino, 84

87010 FRASCINETO (Cosenza)Telefax: 0981.32048

Quote Associative

Ordinario € 25,00

Sostenitore € 30,00

Benemerito € 50,00

Enti Min. Ass. € 100,00

Estero € 50,00

Un numero arretrato € 25,00

Versamenti:sul c.c.p. n. 15194871, intestato aCentro Ricerche “G. Kastriota”

Via Pollino, 84 - 87010 FRASCINETO (Cs)

Impaginazione e Stampa:Print Design

Via del Pino Loricato, 27 A/27 B - Castrovillari (Cs)Tel. 0981.491785

Il logo della testata di “Lidhja” del 1980 è operadell’artista Antonio Grobi di Frascineto

In copertina:Frascineto - 25/30 giugno 2006. Festa dei SantiPietro e Paolo. Straordinaria partecipazione deigruppi folkloristici provenienti dalla Kosova edalla Bulgaria con enorme partecipazione popo-lare. Grande merito al Comitato presieduto dalprof. Pasquale Bruno.

Caro lettore,

nel 1966 con Vatra Jonë è iniziata la nostra attività giornalistica ed è proseguita nel1980 con Lidhja -oggi al suo XXVI anno di vita-, che si mostra davanti a lei conuna nuova veste grafica e con nuovi contenuti d’indagine e ricerca albanologica.Questo nostro impegno nella promozione della rivista richiede anche la sua collabo-razione e il suo sostegno, rinnovando subito l’abbonamento in modo che possariceverla regolarmente anche nel futuro. Verrà, infatti, sospeso l’invio a chi non inregola con l’abbonamento a Lidhja, rivista che si presenta anche questa volta constudi, ricerche ed analisi di prima mano. Per questo essa è dovunque apprezzatta, sti-mata e benvoluta. Sempre dignitosa nel suo programma e in amicizia con tutti, pro-movendo cultura autentica ed invitando alla collaborazione giornalisti esperti, vali-di e maturi. Scrittori e poeti che trovano in Lidhja da anni una vetrina ed uno spaziospecifico. Per questo Lidhja n.55, ch’è tra le sue mani, è sempre propositiva, inno-vativa e competitiva. Ci scriva e ci manifesti il suo pensiero anche tramite e-mail.Grazie per il sostegno, l’incitamento ed i sentimenti di amicizia e di stima nei nostriconfronti.Me shëndet e me hare për shumë vjet, t’fala ka zëmra ime.

Papàs Antonio BellusciE-mail: [email protected]

1980 2006

LIDHJA / Eparchia di Lungro-Eparchia di Piana degli Albanesi1851 Antonio Bellusci - XXV di ordinazione episcopale di mons.E.Lupinacci, vescovo di Lungro1852 Benedictus PP XVI - Messaggio augurale a mons.E.Lupinacci, vescovo di Lungro1852 Gloria Pattackal - Sinassi Generale delle Suore Basiliane di “S.Macrina”di Mezzojuso

LIDHJA / Tekste në të folmet arbëresheProgetto didattico-culturale Lidhja 2004 - Testi nelle parlate italo-albanesi

1853 Antonio Bellusci - Martesa në Shën Kostandin Arbëresh (1965-1973)1856 Antonio Bellusci - Jeta bujqësore në Purçìll dhe Frasnitë (1970-1980)1859 Gennaro Tavolaro - Jeta dhe zakone arbëreshe në Shën Benedhit Ullano1861 Mario G. Miracco - Sofia Miracco - Një shpi arbëreshe Shën Sofì t’Epiros1862 K. Armentano-M.Blaiotta-R.Grisolia-Dilla Pisarri - Festa e sa Lluçìs Frasnit1863 L. Caprino-L. De Paola-D. Donato-A. La Rocca-L. La Rocca - Purçìll ditën e Shën Vasilit1864 A. Gullo - M. Bellizzi - G. Lacamera - O. Ponti - M. Papasso - E. Di Lione

A. Torzullo, T. Miraglia - Si bëhej kreshma1865 Vincenzo Cilluffo - Zakone e tradita në Kundìsë Entellina1866 Antonio Bellusci - Gjëegjëza

LIDHJA / Insediamenti arbëreshë1868 Daniele Bellusci - La minoranza albanofona in Italia e le emigrazioni del secolo XV

LIDHJA / Convegno XXV della rivista “Lidhja” (1980-2005)1871 Vincenzo Napolillo - L’attività culturale della rivista “Lidhja” nella città di Cosenza1874 Giorgio Vincenzo Sammarra - L’attività culturale della rivista “Lidhja” nella Diaspora Albanese1877 Gennaro De Cicco - L’attività culturale della rivista “Lidhja” nell’Arberia in Italia

LIDHJA / Biblioteca Internazionale “A.Bellusci”- Testimonianze1876 Dritero Agolli - Me veprën tënde ke ndërtuar një kështjellë - Frasnitë më 2/05/20041876 Alfred Uçi - Jam i lumtur te kjo Bibliotekë Arbëreshe, Frasnitë më 20/01/2004

[email protected]

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Girolamo De Rada , rivivendo nel1838 l’opera e la figura di mons.

Domenico Bellusci di Frascineto, vesco-vo di Sinope in “S.Adriano” a S.Demetriodeceduto nel 1833, scriveva: “IlVescovado, ch’è come la Corona al popo-lo di Scanderbech, tornò a rilucere inmezzo a quello ed a spandere il divino spi-rito su i Parrochi e Sacerdoti… Sublimemissione del Vescovo! In questa luce ster-minata scompare e si profonda al miosguardo la Tiara inaurata, splendore dicento villaggi…In questo bujo, in cuirimasto è il popolo nostro per la scompar-sa del suo Patriarca” (1).

Mons.G.Mele di Acquaformosa,primo vescovo di Lungro, nel 1959, ricor-dando il quarantesimo dell’eparchia, scri-veva: “E la gratitudine verso la SedeApostolica è unanime e profonda, sia perla istituzione della diocesi, sia per la fon-dazione del capitolo e di una parrocchia,sia per le ingenti somme elargite per lacattedrale e la casa vescovile e alcune caseparrocchiali e alcuni asili ed altro”(2).

Mons.G.Stamati di Plataci, secondovescovo di Lungro, nel 1967 così si rivol-geva al Santo Padre: “Santità, l’eparchiadi Lungro, esigua per numero di fedeli egeograficamente sparsa sulle colline e suimonti della Calabria e della Lucania,costituisce di per se stessa un esempiovivente di alto valore ecumenico, asso-ciando alla fede cattolica la sua fisionomiaspirituale bizantina”(3). Le foto documen-tano questa prospettiva ecumenica.

Queste riflessioni scorrevano davantialla nostra memoria, mentre mons.ErcoleLupinacci di S.Giorgio Albanese, terzovescovo di Lungro, presiedeva la DivinaLiturgia nella cattedrale di “S. Nicola diMira” a Lungro con la concelebrazione

quasi dell’intero presbiterio diocesano,attualmente costituito da sacerdoti e dia-coni arbëreshë, rumeni ed ucraini, el’unanime ed entuasiastica partecipazionedi fedeli, provenienti da tutte le parrocchieitalo-albanesi.

Con la loro veneranda presenza in cat-tedrale hanno onorato la nostra eparchia,per la prima volta, il cardinale LubomirHusar, arcivescovo maggiore degliUcraini; il vescovo di Mukacevo, mons.Milan Sasik, ed alcuni vescovi delle dio-cesi latine limitrofe.

Il protosincello dell’eparchia, archi-mandrita Donato Oliverio, a nome delclero e dei fedeli, ha tenuto il discorso

augurale ed ha letto il messaggio del papaBenedetto XVI. Il nostro vescovo Ercole,dopo il santo Vangelo, ha spiegato il signi-ficato della celebrazione ed ha ringraziatocommosso tutti i partecipanti. Altre perso-nalità religiose hanno preso la parola altermine della Liturgia, porgendo fervidiauguri al festeggiato. La corale, magistral-mente diretta dall’esimio maestro e scrit-tore Giovanbattista Rennis, ha eseguito ingreco i canti della Divina Liturgia.Centinaia di fedeli si sono accostati allasanta comunione. Mentre si cantava il“Polikrònion” tutti i presenti si sono avvi-cinati al vescovo Ercole, padre e pastore,per baciare la sacra destra e ricevendo“l’antìdoron”.

Senza dubbio il 6 agosto 2006 è daricordare come una data storica per l’epar-chia di Lungro. E’ un avvenimeto di ecce-zionale significato sotto molteplici aspetti.Per molti di noi, clero e popolo, è stato unvigoroso impulso ed un salutare esame dicoscienza per risvegliare maggiore consa-

pevolezza nella nostra secolare apparte-nenza ecclesiale orientale. L’eparchia, conla saggezza, prudenza ed acutezza delvescovo Ercole, ha saputo recepire ed ana-lizzare con spirito profetico “i segni deitempi”. L’eparchia tutta ha pienamentepercepito nella celebrazione del 6 agostoche aleggia un nuovo alito vivificante eduna novella stagione. Anzichè una cernie-ra annebbiata e nociva per l’esistenza del-l’eparchia, il vescovo Ercole, “secondo lasapienza che gli è stata data” (2 Pietro 3,15)sostenuto ed incoraggiato con fedeltà, dedi-zione e costanza dall’ArchimandritaDonato Oliverio, Vicario generale, dalclero più impegnato ed assennato e dal lai-cato, ha operato da alcuni anni coraggiosescelte operative di grande lungimiranza,oragiunte a maturazione. Egli ha innestato iltassello della nostra eparchia lungrese nelcontesto del mosaico di tutte le chiese cat-toliche orietali in Europa, donando e rice-vendo così linfa umana, spirituale epastorale per nuove vocazioni, nuovoseminario diocesano a Cosenza, nuoveparrocchie e nuovi sacerdoti, oggi valida-menete impegnati in tutte le comunitàarbëreshe, ed una nuova casa diocesana diaccoglienza per sacerdoti anziani.

Ecco come noi interpretiamo questoevento eparchiale del XXV anniversariodel nostro amatissimo e veneratissimovescovo Ercole, “Patriarca e Corona alPopolo di Skanderbeg, Tiara e Splendoredi cento villaggi”. Dalle pagine di“Lidhja” auguriamo di cuore al nostro“Patriarca” di vivere “in pace, incolume,onorato, sano e longevo in modo chepossa dispensare rettamente la sua paroladi verità alla Chiesa di Dio”, ch’è inLungro.

Antonio Bellusci_______________(1) Girolamo De Rada, In memoria dimons.Domenico Bellusci vescovo di Sinope inS.Adriano, Napoli 1838.(2) Il Bollettino Ecclesiastico della Diocesio diLungro, n. 140, 1959.(3) Il Bollettino Ecclesiastsico dell’Eparchia diLungro, n.1,1967.

1851 Lidhja n. 55/2006

Editoriale

Leontarion (Tebe) 20.07.1985. Mons. ErcoleLupinacci con il gruppo di Piana degli Albanesiin visita agli Arvaniti di Kaçkaveli mentre canta-no l’inno “Oj e bukura More”.

Istambul, 28 novembre 1999. Il vescovo Ercole diLungro accolto dal Patriarca Bartolomeo nellasua sede con grande rispetto e venerazione. Èpresente anche Papàs A. Bellusci.

Cattedrale di Corinto 23 luglio 1985. Il vescovoErcole tiene il discorso nella cattedrale diCorinto davanti al metropolita Pantelleimon diCorinto. Al suo fianco Papàs A. Bellusci.

Importanza storica dell’eparchiagreca di Lungro degli italo-albanesi

Mons. Ercole Lupinacci, III vescovo, festeggia il XXVdella sua ordinazione episcopale a Lungro il 6 agosto 2006

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1852 Lidhja n. 55/2006

Messaggio del Papa al vescovo di Lungro, Mons. Ercole Lupinacci, per il XXV di Episcopato

Comunicazione XIVSinassi Generale

delle Suore Basiliane

Le Suore Basiliane «Figlie di S. Macrina», di ritobizantino, hanno celebrato la XIV Sinassi Generale

nei giorni 6-14 agosto 2006, nella Casa Generalizia aMezzojuso (PA).

La Sinassi è stata preceduta dagli esercizi spirituali, gui-dati da Nello dell’Agli, teologo e pscico-terapeuta, che hadato spunti di riflessione sulla Parola di Dio e sulla purifica-zione del cuore. La fase illuminativa della Sinassi, una tregiorni di riflessione, è stata animata da Michelina Tenace,teologa e membro del Centro Aletti di Roma, che ha svilup-pato il tema della Sinassi, Ravviva il dono di Dio in te, conprofonde riflessioni, precedute dalla lectio divina sul raccon-to della Samaritana, secondo la lettura delle Beatitudini diGregorio di Nissa.

L’apertura della Sinassi, con la partecipazione dell’arch.P. Antonino Paratore, vicario generale, è proseguita con lafase informativa, arricchita dalle interessanti relazioni dellecomunità in missione (Kosova, Albania, India).

Nei giorni successivi si è continuato con l’analisi e lostudio della realtà della Congregazione e la verifica dell’apo-stolato svolto dal 2000 al 2006.

L’11 agosto 2006, alla presenza del Delegato dellaCongregazione per le Chiese Orientali, Sua Ecc. Mons. SotirFerrara, vescovo di Piana degli Albanesi (PA), è stata ricon-fermata per la terza volta Superiora Generale dellaCongregazione, Sr. Aurelia Minneci. Di seguito sono stateelette consigliere del nuovo governo: Sr. Rosalia Pecoraro,vicaria, Sr. Teresa Chennattumattom, Sr. Elena Lulashi e Sr.Stefanina Dorsa, economa.

Per i prossimi sei anni è stato approvato il seguenteProgetto di Congregazione: Approfondire e vivere la fedeattraverso il discernimento spirituale e comunitario nellostile del discepolato che caratterizza la comunità evangeli-ca, luogo d’ incontro e di divinizzazione, al cui centro èCristo, nostra salvezz.

La XIV Sinassi si è chiusa il giorno 14 agosto con laLiturgia di ringraziamento, celebrata da Papàs PietroLascari.

Sr. M Gloria Pattackal

Al Venerabile FratelloErcole Lupinacci

Vescovo di Lungrodegli Italo-Albanesi

dell’Italia Continentale

Con piacere abbia-mo ricevuto la

notizia che, tu, VenerabileFratello, il giorno 6 delmese di agosto nella festadella Trasfigurazione delSignore, compirai felice-mente il 25° anniversariodella consacrazione epi-scopale.

Desiderando di esserein qualche modo parteci-pare di tale evento, ti man-diamo questa lettera, peresprimerti i migliori augu-ri e manifestarti parimentil’affetto che ci unisce a te nell’Episcopato.

Nell’anno 1981 Giovanni Paolo II, Nostro Predecessoredi piissima memoria, conoscendo i tuoi meriti e la tua peri-zia nelle realtà ecclesiali ti concesse la pienezza dell’ordinee ti proclamò Vescovo dell’Eparchia di Piana degli Albanesi.In seguito fosti trasferito nell’Eparchia di Lungro, che erastata sapientemente fondata dal nostro predessore BenedettoXV, di felice memoria, e la rese immediatamente soggetta aquesta Sede Apostolica.

Nello svolgimento del gravissimo ufficio di Pastore, conprontezza ti sei adoperato per governare, istruire e santifica-re i fedeli a te affidati e mostrar loro la fulgidissima luce e laperenne e assoluta novità del Vangelo di Cristo (cfr. S.Basilio, Omelia sul battesimo 1,2), sollecito inoltre di favo-rire i legami di amicizia con i fedeli di rito bizantino deiBalcani e, principalmente, dell’Albania.

Pertanto in questo così fausto evento della tua vita, haiabbondantissimo motivo, Venerabile Fratello, di godere deifruttuosi lavori compiuti e innalzare al Padre celeste, da Cuiprocedono i beni più grandi, di esaltare con inni doverosi:“Ti loderò, Signore, con tutto il cuore…Gioisco in te edesulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo” (Ps 9,2-3).

Gesù, Pastore buono delle anime, auspice la VergineMaria “letizia di tutte le generazioni” (Inno Akathistos,9), Ticustodisca quale successore degli Apostoli e ministro dellasua grazia e della sua misericordia, con la sua provvidenza eclemenza e ti arricchisca ancora di ogni abbondanza di cele-sti doni.

In segno della benevolenza e inclinazione del Nostroanimo impartiamo affettuosamente da questa Sede del BeatoPietro, la nostra Apostolica Benedizione a te, VenerabileFratello, e per tuo tramite al Protosincello, al clero e ai fede-li di codesta carissima comunità di Lungro.

BENEDICTUS PP XVIDal Vaticano 4 luglio 2006

Secondo del Nostro Pontificato

Suor Aurelia Minneci, superiora generale della Congregazione dellesuore basiliane “Figlie di S.Macrina” di Mezzojuso, con le altre con-sigliere elette nella Sinassi. Tanti auguri anche da “Lidhja”.

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1853 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Matrimonio

Zbulime etnografike në vitrat 1965-1973 në një katund arbëresh në Bazilikata

MARTESANË SHËN KOSTANDIN ARBËRESH

Antonio Bellusci

Në vitrat 1965-1973 kam qënë prift në Shën Kostandin Arbëresh, në krahihen e Basilikates, i dërguar ka episkopi iUngrës Jani Stamati. Këtu themellova revisten arbëreshe“Vatra jonë”(1966-1970). Këtu në “Lidhja” botoj, për herë të

parë, këto të mbledhura çë lidhen me zakonet dhe kënget e marteses, ashtu si bëhej në ato vitra. Scaldaferri Lorenzo, Brescia Antonietta in Trupo, Chiaradia Vincenzo, Janibelli Pasquale, Camodeca Rosa, Brescia Maria mëkanë rrëfiejtur gjithë këto shurbise t’bukura, ashtu si kanë dal ka zëmrra tire.Te shpia dhëndrrit bëhshin taral dhe kuleçra. Tek triesa s’ish nusja. Famulit, kumbaret, më përpara se të vëhshin t’hajen te shpiadhëndrrit venjen e gjënjen nusen, çë rrij fshehura te shpia prindvet. Gjirit e nuses venjen te shpia dhëndrrit e nëng hanjen.“Më përpara se t’hinjen mb’klish, kumbari më i vogli ka t’i zbirrthenj këpuct nuses dhe dhëndrrit. E kur dalen ka kisha ka t’jalidhenj. Dhëndrri vej e gjënej nusen e bënej shkulqin.Pëstana te jetra mbrëma, dhëndrri venej e gjënej nusen e qellnej nj’kucur e e lëj te dera, se ai hihej tek ajo shpi e nëk iknej më.Kucuri rrinij te dera nuses njera çë e dij gjith fëmila. E pra nxirej. Nusja rrij tet dit e vluar. Sa bandjoj Zoti mb’klish, tek e hënaajo vlohej. E t’diellen menat kur martohej, jëma dhëndrrit i këndonej t’birit par se t’venej t’mirr nusen”.Të gjitha këto të dhëna këtu janë një pasuri e madhe për të kuptojmë sa më mirë se si qe e mundur se u kanë mbajtur t’gjallapër shekuj e shekuj gjuha dhe zakonet. Qëllimi I këtij botimi është një nderim për gjithë banoret të Shën Kostandinit Arbëresh,të cilet jetojnë me dashuri në zëmren time edhe në këto ditë në Frasnitë. Në këtu s’shtojmë asgjë, sepse njeriu I urtë arbëreshdhe studjuesi I kuptojnë tekstet popullore me ndihmen e fjalorëve. Po ësht edhe mirë të shkojnë sot në Shën Kostandin të veri-

fikojnë cilet janë kënget dhe zakonet e martesore sot atje.

Përmbledhjae tekstëve populloreka Shën Kostandini

Arbëresh të mbledhuranë vitrat 1966-1970

dhe të botuaranë “Lidhja”:

I. KËNDOHEN KUR VESHET NUSJA.

II. VAJTIMI NUSES KUR IKEN KA SHPIA.

III. KËNDOHEN KUR NUSJA IKEN KA

SHPIA SAJ.

IV. I JATI NUSES DIL TE DERA.

V. I JATI NUSES I THOT DHËNDRRIT.

VI. KUMBARI I DHËNDRRIT I THOT NUSES.

VII. NUSJA I THOT KUMBARIT.

VIII. KËNDOHEN KUR VENJEN E NGRËN-

JEN NUSEN.

IX. FAMULIT KUR NDRRONJEN UNAZAT.

X. FAMULIT KUR NDRRONJEN KURORET

TE KLISHA.

XI. KËNDOHEN TE QACA KUR NUSJA ËSHT

MB’KLISH

XII. KËNDOHEN KUR NUSJA DEL KA KLI-

SHA.

XIII. KËNDOHEN TE DASMA.

XIV. KËNDOHEN KUR LEHET NJ’VASHEZ.

I. KËNDOHEN KUR VESHET NUSJA

1. Moj nuse e lumja nuse,erdh dita ç’vete nuse;ngreu ti, llac i art,kall doren te kushalli,mirr kliçezit e terzorit,ec e hap bagulin e arit,e merr skëmandilin e ja jep djalit.

2. Më u nis illi natse vate gjet illin e dits,e m’e çajti gjimsen e jets,e muar fjùrin e xhuventuts.

3. Moj liuljà mdë shtat llunar,je e bukur si gjimsa hën,je e kuqe dreq si thana,je e bardhez dreq si bora,je e bukur dreq si molla.

4. Moj ljuljà mb’shtrat rromans,je e bukur si gjimsa hëns,me kullur i gjet rrexhins,ti t’bardhet ja more molls,ti t’kuqt ja more thans.

5. Ka vinjen kuralazittë m’i djellen marrçarezit,të m’i marren ato kupile,të m’nisen ato nuse,nuse nuse e lumja nuse,erdh dita ç’vete nuse.

6.Ti pse m’tratinovemua m’tratinoj mëma,

njera t’bënja këshet,njera t’mirrnja urat,ti pse m’tratinove,mua m’tratinoj mëma,njera të m’vënja kpuct,mori tij t’rriti mëma,m’rriti bilez hajdhjare,pra u pruar e m’shiti,për nj’biqerith me ver,mëma veren e piu,dhe t’bilen e divinoj,mori ti m’rriti mëmadhe m’bëri bilez hadhjare,e u pruar e m’shitipër nj’parith kuleçe,mëma kuleçezit i hëngerdhe t’bilen e dishiroj,mori ti m’rriti mëmadhe m’bëri bilez hadhjare,e u pruar e m’shitipër nj’pariz pllumba,mëma pllumbëzit i hëngerdhe t’bilen e dishiroj,ti pse m’tratinovemua m’tratinoj mëma,njera t’mirrnja uratnjera t’mbathnja kallcjet,njera t’vënja këpuctnjera të m’vënja spingullat,njera të mìvënja kamizollen,njera të m’vënja cohen,njera të mìvënj stjepin,oj mirr uraten e sat’ëm,puthi doren e sat’ëm,puthi këmbet e t’itet.

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1854 Lidhja n. 55/2006

II. VAJTIMI I NUSES KUR IKEN

KA SHPIA

(Vajza i puthen këmben e jatit,

e puthen doren e jëmes).

1. Se ti, mëm e mëma ime,çë kleva ftesurithe m’nxore ka vatra jote,edhe ka gjirthi it,se ti, mëm e mëma ime,çë kleva ftesurith,e m’ndajte ka gjiri it,gjiri e vatres sate;

2.Oj mëm e mëma ime,t’parkales të m’japsh urat,se ësht e lurtmëza menat,e m’purdunar kur t’thoshnja gjë.

III.KËNDOHEN KUR NUSJA IKEN

KA SHPIA SAJ

1. Se dhënderr e dhënderrith,ish për m’e nisurithme shkupet ngrëhurith;ti s’vete t’me ftoshpo vete t’me rrëmbeshati krie spingullëz;ti s’vete t’me ftoshpo vete t’me blejshat mes baketzen;ti s’vete t’me ftoshpo vete t’me rrëmbeshat krie mollezesh.

2. Hapu, mal, e bënu udhtë më shkonj ki Zot i madh;më zbarkoj nj’marinarmë zbarkoj me çofa shum,po me vëth e me kurale,po me stjepe e me vandile,m’u kallarta ndë jardin,më shpervesh vandilezën,të m’mbledh garofullin,të ja shprishenj krushqevet.

IV.I JATI NUSES DIL TE DERA

I jati nuses dil te dera e pienej dhën-drrin:”C’doni ju”. “Na dominusen””Nusja nëk ësht këtu”. E nxirjenver perjashta e pijen gjith. Pra i jatinuses pienej njeter her dhëndrrin:“Do më nusen e skemandilin?”..”Jo, sedua nus e skëmandil –ç’ish i kuq me fiti-le.

V. I JATI NUSES I THOT DHËNDRRIT

Nunga doje mir time bil, mos t’harrosh të m’thuash tat,të m’e priersh t’hënen menat,se ndë m’e vë nd’argaliajo mb’sizat m’i di;ndë m’e vë e bën kallcjetditen bën shtat o tet;ndë m’e vë e rrigamarajo diallthin m’e pitar;kur t’e marrsh ti time bilmos t’i bjersh ka nj’il;po prire dhe ka jetra il.(Puthshin, e i vënej skëmandilin te bur-xheta, e gjirit e nuses kur hinij mbrënda i vëjenedhe samarin)”.

VI. KUMBARI I DHËNDRRIT

I THOT NUSES

Ngreu ti llac irgjënd,e ngreu se ësht e t’pret një markënd.

VII. NUSJA I THOT KUMBARIT

Priru prap si kaudharar,ec nd’malt e mirr borpëstana vem mb’klish e vëm kuror.

VIII.KËNDOHEN KUR VENJEN

E NGRËJEN NUSEN

1. Ngreu ti, çofez petrusin,mua m’dergoj ai kushriri imtë t’marr tij, figurin.

2. Ngreu, nuse, e nga me nese me ne ke t’na vishvem e vëmi kuror mb’klish.

3. Kurorzit çë t’vën mb’krietë ndiht shër Mëria,unazat çë t’vën te glishtika t’ju ndiht edhe Krishti.

4. Somenat u ngreca kur u dimua më dergoj ish kushri,për të t’e marr tij, mulënza gershi,erdh e t’ra tek gjiri ittek gjirthi it të ka hje;ngreu, nuse, e nga me ne.

5. Ulu, nuse, ngreu, nuse,e ki paq e nga me ne,se na t’presmi me haree te shpia jon pafsh hje.

6. Moj ti, çofza petrusin,na për tij bëmi festìn,bëmi festìn me harème at vëllathin tim ti ke hje,zitu fitu se s’kemi nge.

7.Oj ti, çofza vasilikua,le t’tat e nga me mua;se na t’presmi me hare,te mushku im ti ke hje.

IX.FAMULIT KUR NDRRONJEN

UNAZAT TE KLISHA

1. Ktë unaz,çë t’vë te ki glisht,

t’e bekoft Zoti Krisht!

X.FAMULIT KUR NDRRONJEN

KURORAT TE KLISHA

1. Rrofshi,lulzofshi,më mos u martofshi!

2. Rrofshi,gëzofshi,di her mos u martofshi!

3. Rrofshi ,gëzofshi,u shëndofshi!

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Matrimonio

Matrimonio a S.Costantino Albanese nel1966. Gli sposi si dirigono in chiesa, accom-pagnati da donne che indossano l’antico costu-me albanese.

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1855 Lidhja n. 55/2006

XI. KËNDOHEN TE QACA KUR

NUSJA ËSHT MB’KLISH

Ësht e martohet e bukura,ësht ni e na vë kuror:vë kuror me nj’djal si drita,çë bën m’e tërriret gjith jeta.

XII.KËNDOHEN KUR NUSJA

DEL KA KISHA

1. Hapu, mal, e bënu udh,të më shkonj ki Zot i madh!

2. Hapu, mal, e bënu i gjertë më shkonj kjo faqe sfer!

3. Ësht e shkon një thëllëzse m’muar një pagua,se mua mb’zëmer m’dhëmbse ai i zi ë pa mëm,po ti nuse di e mbese ësht nj’lis çë t’mban hje.

4. Dil, jëma e dhëndërrith,dil e prit at birthin tëndse t’suall një thëllëz.

5. U nis im bir e erdh me uratpse fluturoj se petrit,erdh e t’ra te mushku iterdh e t’ra me t’vertet,eja me ne me shëndet.

6.Prire prapa një thëllëzat krie spingullëz,at mes baketzen,dil ti, jëm, e dhëndërrithdil e prit at birin tënd,se t’suall një thëllëz.

7. Mir se vjen ti, ime re,me at birthin tim ti ke hhje;hir si cukari ndë kafe.(E i vë cukaramen te grika nuses).

8. Mir se vjen ti, figurìn,ti je e vogel e im bir t’rrin.

9. Mir se vjen ti, ime re,graxje kishe e graxje ke,hish si cukari te kafe.

10.Mir se vjen ti, ime re,te shpia ime pafsh hjesi e veshurez e re.

11. Lë zakonet e shpis tënde,e mirr zakonet e shpis re.(E vjehrra i ngrën stjepin nuses,e ja vë siper mbi kezen).

12.Mir se vjen ti, figurin,ti je e voglez e im bir t’rrin;xhoja jon ti na je,mir se vjen ti, ime re,te mushku tim biri ti m’ke hje

13. Mir se vjen ti ime rese graxje kishe e graxje kete mushku tim biri ti ke hjee hin si cukari te kafe.

XIII.KËNDOHEN TE DASMA

1. Mir se t’gjem tij, Zot,si t’gjem na me shëndet.

2. Rrofshi dit e rrofshi vjetrrofshi sa m’dafshi vet!3.Ashtu bëft shër Mëria,ju vaft mbar gjith shpia!

3. Më mangon nj’glisht ka nj’dorime bil sot vu kuror;vu kuror me nj’djal si dritasa bënu m’u trrir gjith jeta.

XIV.KËNDOHEN KUR

LEHET NJ’VASHEZ

1. Sëmenat na u leu nj’thllëzëmrin asaj ja vëni Roz,e jëma sembri e mban prrëze i puthen buzen çë e ka si rrëz.

2. Dil e tundem at mesbënem graxjen mua t’vdes.

3. Lule lule, trëndafile,më ndjet keq se je kopile.

4. Buz e hollez si llanxhelez,je e dredhurez si unaz.

5. Të ka hje sit e zezje e dredhurez si uvri,vjen ardur mollvazi.

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S.Costantino Albanese 1968. Salerno MariaMele, ”Cje Maria Zotit”, vestita di nero per-ché vedova, dotata di una straordinaria memo-ria, ha cantato molte canzoni in albanese.

S. Costantino Albanese, 23 agosto 1967,donne in costume albanese che hanno rac-contato il rito del matrimonio.

S.Paolo Albanese 1969. Il Portabandiera“Flamurari” precede il corteo nuziale. Ledonne indossano l’antico costume albanese ecantano antiche rapsodie nuziali. PapàsA.Bellusci è in mezzo al gruppo.

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1856 Lidhja n. 55/2006

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1. Nj’pend qe“U marr nj’pend qe, marr trikuzen e i

zepsënj; pra i vë mursetat o veshin, marrziguen me pajrat e ja vë mbi mushkun ,prana marr pramenden e ja lidhenj pas evete e shurbenj. Nd’ësht moti t’bënjargom bënj argòm, nd’ësht moti ç’kammbiell mbiell, nd’ësht moti ç’kam kuermikuermi, ndë moti ç’kam kam karrjarmidhomatet karrjarmi dhomat me qerren, ond’ësht moti ç’kem shtipmi e pra karrjar-mi ndi shpit gruret e kashten.

Guallani kur bën argoma me qe prapakur ka t’i mbiell shllon sporèt se t’njihetdheu si ka t’shllonj faren. Dhopu ç’imbiell e xarrisen me xarren (erpice).Avlaqi, singa, sporès ësht si nj’binar enjihet dheu si shllon faren”.

2. Asteni Tek pramenda ësht asteni, ç’ ësht qin-

driu me nj’gozhd te malza ç’minaren qet.Dhivolea; dhivolisenj ; kiçi ç’mbanziguan, pjuari ç’punon, sporea, stavari,terkuza ç’lidhet te bishti pramendes t’qel-njesh qet ka i do; veshazit e pramenes jandi; zepsenj qet.

3. Than se nj’her ishe mbill nj’burr

Than se nj’her ish e mbill nj’burr, evate nj’burr e i tha: “Shi se ai këtje ësht et’merr mandjelin”. Ai la qet me pramen-den tek ish e bënej, e vate t’mirr mandje-lin ç’ish e ja kallonej burri. Jatri burr imuar qet. Tha: “Nji, ti erdhe të m’marrshmandjelin, tha, nji ru se ai t’muar qet eiku”. Ata t’di ishen shok.

Pramenden guallani nëng e lë majnd’mest t’mbjeles ma ja vë gajdhures o

mushks e e qellen ndi shpi, e ja lidhnejqevet e e qellbnej tek palerja, tek rrijenqet jasht. Menatet e mirr njater her pra-menden e vej e mbill. Pramenden nëng elën maj tek dheu ç’je mbiell”.

4. Pramendja Kur nj’pramend druri o zgua u vjetrua

e vën ka nj’jir e nëng e ngasen se ë mbë-kat t’e çajen o t’e djegen. Pramenda ështe bekuar se e xarrisjen qet, ç’jan t’bekuar.Qet jan si prigatoret. Kur një ëndrren qetë mir. Pramenda ësht ajo druri, e ajohekuri me di pjore, e ajo hekuri menj’pjuar.

Kazellatura pramendes ku vëhet sta-vari; kazellatura pramendes ku vëhenveshazit”.

5. Na mbjellmiNa mbjellmi bjav, dhiminèa dhe me atë

bëhen tumact, se mbillet nd’mars; elp,kapelli, kanishka grurit, karuza e bardh ekaruza e kuqe; krikomelt e bardh, kriko-melt e kuq dhe krikomelt dhëmb-kallì çëka koqen më t’madhe; majorka me kreshte pa kresht, majorka e kuqe e majorka ebardh, quadherren, ruzea, rrieta, zhganguniësht si një karuz me nj’kalli shum t’math,san-marçalle, san-pastore, thekra”.

6. Qerrja“Qerrja ka di rrota me asin, dhe mbi

këta vjen e vën një koritë e mbi koritenvijen di shanga qerrje. Pirpara te buzaqerres vjen i vën zigoj. Prana zepsen qete vëhen një kanjan e një kanjeter, e vetee shurbenj. Tek sdangat e qerres mbi rro-tat vijen t’vëna gjasht drunje: tri kanjan etri kanjeter. Ata biznjojen pir t’vësh di

Jeta bujqësore në Purçill e në Frasnitë si ish më përpara njera tridhjet vjet më përpara me qe, me qerre, me gajdhuren, memushken, me kuel sot s’ësht më. Kush vete sot më te Kroj Kravarit, te Kroj Këmallit, te Kroj Math? Ku ësht forxhari çë mba-

thnej qet e gajdhuren? Kush vete kuaren më me draprin? Ku ësht zigoj, pramenda, guallani, adsteni, qindriu, zigoj? Me këtë jetëbujqësore çë u humb e s’ësht më na kemi humbur edhe të gjitha fjalet dhe zakonet dhe besimet çë lidhëshin me këto shurbise.

Në vitrat më përpara kam mbjedhur dhe kam botuar në libra jeten e argalisë “Il Telaio a Frascineto”dhe jeten e pekurarit “LaPastorizia a Frascineto”. Sot në “Lidhja” botoj për herë t’parë një mbledhje mbi jeten bujqësore, “L’Agricoltura a Frascineto”, kudisa burra e gra ka Purçilli e ka Frasnita, në vitrat 1970-1980, më kan rrëfiejtur mbi t’korrat, mbi lëmin, mbi qet, mbi pramenden embi të tjera.

Këtu në “Lidhja” sot i botoj pastaj çë i kam gjegjur ka manjetofoni disa her e pastaj i kam shkruajtur ashtu si i kan thën. Mua m’duket mir t’i shkruaj në “Lidhja” këto rrëfime sepse na buthëtoin sa fjal t’bukura nëng thuhet më sot e çë më përpara

kan qën jeta e përditshme e atravet tanë këtu te ki katund.Këta tekste jan një deshmi e madhe për të folmen purçilote dhe frasnjote.

JETA BUJQËSOREPURCILL DHE FRASNITË NË VITIN 1970

Antonio Bellusci

Frascineto 2006. Oggetti casalinghi nelMuseo Etnografico Arbëresh di Frascinetoall’ingresso alla Biblioteca Internazionale“A.Bellusci”.

Frascineto 2006. Busto in gesso diSkanderbeg, portato da Krujë, al MuseoEtnografico Arbëresh di Frascineto.

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drrasa e t’biznjon çoke ngarkon pirsipermos t’bien mb’truall. Qerrja qellen aprie-su një tirkuz t’trash çë t’biznjon t’ngar-kosh gjë t’e lidhnjesh. Tek drrasa më pir-para qerres ësht nj’vër ku vëhet qindriu,ç’ësht nj’dru i gjat me nj’gozhd te malza”.

Tek qerrja jan: pajirat, qerruni mebastunet ç’vën dhomatet, rrotat e qerres,sdangat ç’mbajen qerren, torqja ç’lidhenziguan me sdangat e qerres, zigoj , buza eqerres.

7. Zigoj“Zigoj, thon, se kur një djeg ziguan

bën mbëkat, e kur e mbjeth zoti Krishtnëng i del shpirti për t’vdes, e kan t’ibëjen ziguan t’ja vën ka xerku për t’i dalshpirti.

Shangat e qerres; boshti qerres (asse),korita, drrasat, drunjet, rrethet, gavilat,bastunet, mjualli, martellina, vëra qin-driut, gozhda e drurit e qindriut”.

Kur një ësht e vdes, e nëng i del shpir-ti, bëjen nj’pramendez druri t’vikrrez menj’çikez dru e ja vën nën kushinit e asajç’ë e vdes, se thon se ata qet jan t’bekuare kan virtuten t’vdes ajo”.

Një nëse djeg zguan e qevet ë mbëkat,e kur ësht e vdes dhopu nëng i del shpirti,e ato dhopu bëjen pramenden e ja vën nënkushinin e bin e vdes e kështu nëng liti-kon më”.

8. Zekthi qevet“Kau kur ka tre o dimbëdhjet vjet i zë

zekthi. Ajo ësht nj’miz e lig ç’i vetengrah aq fort, ç’nguret sa ven e gramisen.Miza vete i zbatiren ngrah e i gelmon. Jandi miza një e bardh e një e zez”.

9. Lopa“Sisa lops ka kater kapiqe; mushtjer-

rja femer vete ka nj’vit njere tri vjet; terika nj’vit njera tri vjet, dhe viçi ka nj’vit”.Hundarolla vëhet te hunda kaut o lopes eë si nj’fren s’e t’e mbajen. Panarelet jansi di shportez si tiravol ç’ja vën nd’buzett’mos t’han, e lidhet me nj’tel te hundapër t’e mbanj”.

10. Vjersh mbë graxètkur kuarjen tek arat

a. Oj ngreu, nerënx, e mbjith dhomatOj qetu, trim, se mua m’bën vapOj se kur fëtohet më nj’çik heraOj pra t’i lidhenj më karrera.

b.Bie bor bie ndër maleRrugullismu portigaleRrugullismu qet qetLule fshehura t’it’etRrugullismu holl holl

Lule fshehura sat’ëm.

c. Allegru shok se vate heraE kët patrunin e zë vreraPo dielli vate SullarënxE ti patrun mos mbaj më sprënxDielli vate e nëng ë mëLlaudharmi Krishtin për sotSe aren e bëjmi menat.

11. Kroqi”Kroqi ka di dhëmb hekuri (30 cm), e

nd’kriet ka vëren ç’kllitet mruri druri, igjat metra 1, 25, ësht i shtipur 5 cm, jorrotond; kroqi ësht për t’çanej pankat eshkoqen boten. Thuhet dhe:

”Ec e bën e rmo me kroqin! ; Mirr

kroqin e ec e bën shipin t’qandojen vre-shten; U lodhe sot foka bëre ship me kro-qin?

12. Capilli, capuli, rrongaBellusci Pietro: Pra kemi dhe capillin

ç’ësht i bën hekuri dhe ka vëren per mru-rin e serviren për t’rrmosh batht e përt’majosh e për t’presh baret; kemi dhecapulin ç’ ësht i gjat 15 cm, vete mir tekara, kur shkon aren; kemi edhe rrongen ç’pret ferrat, kemi macen ç’ çan gur çë nëngmund e shkulien për t’mbjelat, dhe kemirrastjelin ç’nxjeren gruret”.

13. Veshazit e pramendes,trijupi, spathi, vrokat

Veshazit jan di një kanjan e një kanje-ter, e biznjojen t’hapnjesh boten e alvla-qit; pjuari hin n’bot; spathi me brokenbiznjon për t’guidharenj pramenden o mëthell o më lart sikundu ësht dheu; trijupiësht nj’zigua ku vëhshin di o tri pend qe;vrokat te bishti pramendes ç’vëhet tirkuzaqevet; kavela, osteni, gozhda e ostenitkanjan e kanjeter, ksala per t’qirosh pra-menden; ka, lop, viç, mushtjerre

14. Fimonèa te lëmi”Me nj’barr gajdhurje me shifrat ka

t’dal nj’menx grur e ka t’jet krapist t’mir;dhihalli ka di dhëmb o druri o hekuri, ebiznjon kur hllon dhomatet mb’lëm; dhi-kerjani ë gjith druri e ka tri dhëmb, e biz-njon kur një hjeth, kur llagron kashtennjera kur fernon. Lopata ë druri e mbji-dhet gruri sarua të lëmi për t’hjidhet. Njëmbjeth e njeter shtin gruret me nj’shiesbaravashkje. Sìmulla.

Kur ish e hjidhjen nd’lëm ai ç’vinejthonej: “Qavarti Shën Martiri, bendhi-ka?”. “Mir se erdhe”, i përgjegjshim.Nëse ai thoj më gjë, mirr gruret sish.

Fimonea bëhet nd’lëm. Kur nd’lëmbën fimonen marrmi nj’çik kallmer ebëmi si nj’kriqez e e vëm persiper, e ksajkriqe i thomi “Shën Martiri”, e nëse s’javëmi dhomatvet i marren sish.

Hjiravoli. Kalliu, bishti kalliut, halat ekalliut. Kollomea. Kopari, me koparinshtipjem kallzit çë qindrojen. Në t’korratatje gjënj gjëmba, krieartaz, skalliera,çipulline, talabreze, modulla, lulkuq,rrshjel, ferra, krunde, lëmi, guri lëmit,bishti lëmit.

Tek lëmi këndojem:1. Frin nj’ajer levandin - me nj’dit

hjeth e shtin; 2. Frin nj’ajerith punend - merr grur e

kasht;3. Puka, pula - Kavaluni bëhet nd’-

copt.Gruret dhe batht i masmi kështu:

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Frascineto 2006. Museo Etnografico Arbëreshdi Frascineto annesso alla BibliotecaInternazionale “A. Bellusci”. Alcuni oggetti della vita contadina frascinete-se: museruola del bue per la trebbiatura,falce, gjishtla ditale di canna, roncola, vucëzabarilotto, cozza recipiente che contiene circa2 chili di aridi.In questo articolo sono descritti in albanese ilavori della semina, mietitura, aia, arnesiagricoli, nomi degli animali, lavorazione delpane, nomenclatura varia, e canti di lavoro.

Avviso importante ai lettori“Lidhja” viene speditasoltanto agli abbonati,pertanto sollecitiamo

quanti non sono in regolaa versare subito

la quota di abbonamento!

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1858 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Agricoltura

Nj’tumen ësht 32 koc; Nj’menx ësht 16koc; Nj’kart ësht 8 koc; një stupel ësht 4koc; 2 koc jan 2 kile; 1 koc ësht nj’kill.Kshtu gjillihej më par.

15. Drapri” Drapri gjer ë nj’dru i gjat nj’meter e

30 e biznjon për kuaren fienat, për finie-rin e modhullen me bjadh; drapri mathësht drapri t’korravet; drapri vogel ështdrapri t’korravet ç’kuermi t’mbjelat; gji-shtlat i bëmi kallmri. Falljàt, me koqen evogel e s’bën fare, vet gerdhù.

16. Rroga“Nd’vej a 8 , kish nj’tumen guallani;

nd’vej a 9, kish di tùmane. Paraspùalli ishgrur ç’ja jipjen si vej masaria. Nj’pariqatish nj’dit me qet e patruni”.

17.ValtBellusci Pietro: Valt e masmi kshtu.

42 pinjate val ish një quindàll; Një kandàrval ishen 90 kile val;

Një pinjat val ishen 2 kile e 400grami; nj’gjims pinjatje isj nj’kill e 200grame; di poçe val ishen 600 grami; 1poçe val ish 300 grami val

18. BukaBuka; nj’cop buk; nj’thel buk; nj’tulez

buk; Buka grinj; buka krikomeli; bukapërfuli simullje

kothra buks; kravela; shùalli buks(scorza inferiore del pane); ujit te butiljameringohet; bot e kuqe; bot me gur; ot meshur; bot varì; ai ka a nj’çirivjel si çakzja(zog shum i vogel);

Gajdhuri: samari; drrasat e samarit;grupere, brezi mbi vithzen; kaluar vithez ,o ka vithza; kapistra; k atinat e nën-bishtles; kriqazit e samarit; munxha; nën-barkla; nën-bishtla; Pan’jeli; Peturalli;terkuza; vërat e drunjavet; vithez

19. DerkuDerku: ashti purkarit; bishti; brinjezit;

buza; Cëfrima (fegato); delrat; Felli (cisti-felia); fucka; gjisht e mbdhenj-di; jisht evigjel-di; kali; katina xerkut; karramunxa;cërçza; kollorini; kthiza; kungulli; man-guri; mullshi; mullza; muridhe; peturina;porsi; pullmuni; pinalli; sqepza; shpretka;shtrati (ovaia); thikatalli; thundra; zëmra;zorrt e trash; zorrt e holl; veshlat; vukul-lari.

20. Ëmrat e animelveta. Kulluri: Dele e bardh; dele e zez;

dele e picjartur (me maqe t’zeza e meçeren e bardh); dele me këmben cingrina-te (me maqe t’bardha e t’zeza); dele mur-

xine (me pika t’kuqe); dele piklore memaqe t’bardha e t’zeza; dele pinde (mellëkuren me kullure); dele rraxhate (mefaqen e kuqe); dele rajàte (variopinta); dhimusdhkardine (me maqe t’bardha e t’ku-qe)); dhi bushke (me faqen e kuqe); dhipinde (maculata); dhi me arrne (variopin-ta); dhi pellate;

b.Vitrat: Dhi dhaster (di vjet); dhi ter-cine (tri vjet); Shjterr bifar (di muaj);shtjerr kurdashk (tardivo), shtjerr i lesht(lehet në vjesht-shen Miter); shtjerr sha-ban (di vjet); Shtjerr vallanj (tri vjet); delendallane (pjake); Dele tercine –tri vjet;dele qumshtare; dele shterpe; dele kurda-shke (parto tardivo); Dashi çavarr –divjet; dele kurrnute.

c.Brit: Dash me bri; dash pa bri; dashgul –pa bri; dash korrovìn – me brit

gjims; dash kurrùt –t’vigjel; dash zbarrier– me brit t’hapt; dash me bri si marroci;dash sbarràt –me brit t’hap e t’gjer; dashkarpjul –t’vigjel;

d.Lesht ngrah: Dele kallfanje (soffinee lunga); dele merine (ricciuta e folta);dele mistrice (soffice e ondulata); delellardare – lunga; dele fuxhane –brizzola-ta; dele llindille - più corta; dele razice -molto corta; dhi pillishk - poca lana; dashgrastàt –castrato; dash i dredhur -castrato;cjap malàt;

21.Këmbora dhenshKaman’jeli; Kmbor zgulòt –mezzano;

kmbor lluçiz –lucente; kmbor rrutulliz-rotondo; kmbor brunxi: bronzeo; kmborpitruz: col battaglio di pietra

22.Ëmrat e djathitDjath i that; djath i njom; jath dhi

kuala: bacato djat çirùt: quasi stagionato;djath i fiqur: di due o tre giorni

23. Ëmrat e qenvetQeni mashkull; qeni femer; kulishi.

Ëmrat e qenvet: Barun, Lliun, Bosk,Fido, Argand, Specaferr, Marreshall,Serxhend, Kapitan, Mallaçer, Mallandrin,Marrxhask, Fric, Rrinigat

Pekurel, Sendinel, Stell, Spanjoll,Gravin, Tramondan

24. Si bëhet buka?“Bruanj kur shtergonj miellit me duar

për t’hinj ujit e kripa;Bëmi brumi: bën buk e pra lë nj’çik te

nj’talur e t’rritet brum , e pra bën bukennjeter her.

Buka mulhaset kur nget miellit t’pa-ren e majit. Gjëndet nj’minut çë s’ke t’engash fare miellit at dit, mos nga tri okater dit bukt mbulhasen e bëhet gjithmufull mufull. Buka helbi po vet se nëngmund hahet. Buka krikomeli mbishkat metheker mos nëng mban. Buka perfuli: embjon e e shoshen me nj’sit t’holl e delata t’bardhet , pra e shoshen papa e delsimulla, e me kta bëhen vrazilat e bukaperfuli, e ësht t’mir për t’smurmit.

Ksistra, magjia, tumac, gacacra, rra-shkatjel, fillatjel. Ngjeshenj brumit errëmben me duart e e shtergon. Prambjedh drudhezit mir mir e i shllon ujit.Kur nëng do ngjeshur më brumit shkelqene ahirna vëhemi e i hollomi e bëmi rra-shkatjelt. Drudhezit ësht miellit pa shur-bier mir.

Shkanonj: kur pres brumit me ksistrene bënj kravelet. Lienj: kur çanj nj’ve e eshkonj me duar persiper.

Segnaletica di Porcile, oggi Ejanina, fra-zione di Frascineto. La Piazza principalecon l’orologio. I testi sono nella parlataarbëreshe di Porcile, dove sono stati da meregistrati negli anni 1970-1980. Oggi ibuoi sono scomparsi e nemmeno questilavori agricoli vengono più eseguiti.

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1859 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Tradizioni

Kur arrvojn festat e NatallvetMbanj mend se kur arrvojn Festat e

Natallvet gjith na të vogela i pritim meshum dëshir. Pse, jo vetëm se i ndiejmdit njetër shorshie po më shum se naveshin me gjë të re e se triesa kish ndonjtë ngrën më shum e më të mir. Po na ,ditmë përpara, vejm pë dru e shkarpa përte ndreqjim ndë mest sheshit e katunditnjë zjarr i madhe , e ja thojm“Fungarena”, e pra e dhezim për urimetë Lindies e Krishtit . Edhe u këta ditë ipritnja më se përndet se Nana diganisijtë ëmblat e Natalleve: Petulla , turdile,skallile, kokuj, kasatele, skuadhatjele,si edhe mburnaj.

Bukët tre rrolje shorshje ç’ë i jipijëmrin: nataliz, kapudhan, befan.

E kur hera , i ruanja si gjieshinmìallt ndë magjie dhe kur diganisej ,e simë i ndihnja t’i vënja mìallt mbi lopatsa t’ mburnarin, e pra ngë shinja herent’i përvonja gjith këta shurbise , se pseishënja i pari ç’ë ngjatënja dorën.

E si bashk me to nana sa t’ më mbajmë i ndietur m’ thoj shurbise ç’ë vërtet

kishin qënë ndë ditat e Natalleve epë këte ke t’ mbashin mend për të e përgjith të mirat e tierve. Më rrëfiej ashtuse vijllien e Natalleve kush ndë vit kishbër gjë jo kaq mir për jetën mund shëroj gjellën ture bër nje lipi-si me Inzot Bombiniel.

Jurajnat e BombinitJurajna e Bombinit ish se kush mirrij lipisin ke t‘ vej shpi pë

shpi e mbeluar me një pajac të most njihej, e ture thënur: Vinj peJurajnat e Bombinit, e me nj‘ shosh ndë dor mbidhij ëmbelisit,

ç’ë pra vej e ja sillijnjeriut kishij urie eashtu haj gje. Pram‘thoj edhe se ndëditën e fundit të vititgjith ato ç’ë kishin ani-maj mbrëmten ke t‘ ijipin shum të ngrën etë mir, në mos ato kun-dër t‘ fiasin e t‘ ligji-rojn.

E qe ashtu se njënjeri ç’ë ngë vate memot sa t’jipij të ngrë-nët, si ndë der gjiegji

se animaj ishin e fitin për të. Ai si gjiegji ëmrin e tij u trëmb kaq,ç’ë i zuri freva e pash t‘ e vëjn të sëmurm mbi shtrat. Edhem‘thoj se vijilljen e Befanies ndë mest nates përndet të bekuarite Zotit Krisht , pë gjith njerëzeve ç’ë meritojn kronjet sillin jome ujë po vaj e ver si gjith kopshtrat ishin t‘ piota me gjith t’ëmirat. Ashtu se kush e ndiej ndë mest nates vej e mbioj e mirrijatë ç’ë dej. Po më thoj se nj‘ her qe vërtet se nj‘ nat nga këta nj‘grua u nis e kur tek kroi si hapu sit, se pse vate ture u ëndërr, ngëpati mot sa t‘ qasej me boce tek ujët se u trëmb e shpeit u pruare vate u shtrua mbi shtrat me tëtim e një frev e fort.

I vogël si ishnja si gjiegjenja këta të thënura, trëmbëshnja e

i qasenja më ndan ture i piejtur më gjiëjetër sa t‘ çanja trëmbësine time. Ponana ç‘ë ndioj timen situat shpejt mërringjialloj e ture më dhënur një ëmbel-sir më thoj : „Dil një cik, ec bridh meshokët, po njize mbjidhu , më par satbënj nat“.

Magarat tek muaji fjovaritE ashtu se kur pameta donj mbrem-

je dimri rrijim gjith ndë vater, u e pien-ja ndë se dij gjë jeter ç’ë u ke t‘ mbson-ja e ke t‘ e mbanja mend, e ajo ç’e ndiojtimen nderesi zej ture më thenur: „Overtet, nani ç’ë ësht e qjaset muaji i fjo-varit ke t‘ dish se po mbaje mend se kimuaj ësht i shurtur e shum i lig, po ket‘dish me edhe se pe gjith muajin ngambrema , si nata arrvon, magarat, ecinpe rugat e katundit e s‘i gjiegjin ndonj ivogel çë qan o bën t‘ ligun me prindet ,ata shpejt nga vëra e deres hijn e venture rrëmbier t‘voglin ,e pra ng‘e dim teku e siallin. Po na sa t‘ mos t‘ bin‘ehijin e t‘ marrin bijet , e di çë bëm ?Prapa deres , afer vëres ku hijn macia epulat, i vum nj‘ sit o nj‘ qen, se pseashtu magarat sa t‘ mund hijin , më parsa t‘ bënj dit, ke t‘ dhimerojn virgat e

sites o qimet e qenit , nëmos njize ke t‘ikin . E ashtu perndet se ng‘ mundin sa t‘ dhimeroj gjith fijet ,me par sa t‘ arrevonj dita, mbrenda ngë mund hijin e birin ng‘mund e marrin , po ai ke t‘ premtonj se në ardhje ke t‘ qellet mirme gjithve, në mos ndonj nat ndec ng’e mundet e gjith harrohem, ata hijin e t‘ligun e marrin. Nani u te thom , se sa t’ rrim ndë teqjetesi , ësht mir ndë se ti pe t’ tër muajit vete i le o siten o qenin,po mbaje mend si t’e theva . Ngë fernoj t’e thoj se shpejt si eravenja e patakesenja ndë vër atë çë n’dor m’ par m’ vij.

KandelloraArrevoj kandellora e si shtroj dielli shtroj bora, pse ashtu na

thoj tradita, po na mendojm se me një rej dielli çë dil kish arre-vuar pranvera e nxirim ndonj mbroj po njize e vejim pse ndihejedhe tetimi.

Po ket muaj , na t’vogala, e pritim me shum nderesi , psedijim se me të arrovojn dit me hare per gjithve ne si per t’ tërkatundin. Ishin ditet e Rregjit Kalevar, e me të ,s i përndet atij,na këndojim , gëzojim, hajim pijm gjë, e pra të kutindme përpa-ra vejim. Po tradhita arbëreshe, si do edhe riti grek-bixantin ,thot se tek java më par ket‘ mbashin mend të deku-rat.

E ashtu , t‘ prëmtenmë par se Kalevari,mbami mend t‘ vdekurattë Lluftes -1915/18- epas meshes çë zoti, priftii katundit, i thot gjithnjerezve nisen bashk even ndë varresi, ture ikënduar për udh nj‘ këng vangjielli.

E kur përpara Monumendit e tirëve gjith i lën nj‘ degez dha-fen pe nderin e tirve.Të shtunen pas meshes çë Pritheti thot tek

JJEETTAA DDHHEEZZAAKKOONNEE

AARRBBËËRREESSHHEENNËË SSHHËËNN

BBEENNEEDDHHIITTUULLLLAANNOOGennaro Tavolaro *

Në Konkursin që kemi shpallur

“Premio Lidhja 2005” në “Lidhja

n.54/2005, faqe 1846, me e-mail

arbëreshi nga Shën Benedhiti

Ullano na ka derguar këte shkrim në

të folmen katundare dhe me shumë

foto, që botojmë këtu, si deshmi

nderi.

Pupilli i kreshmes

Petulla, Turdile, Skallile

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1860 Lidhja n. 55/2006

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qisha e vogel te varrit, ture bekuar eshtrat i shëngon me kriqe sat‘ mund jer një të perpiekur me to.

Java e të dekuravetPas gjith prindet e dekuravet ven tek varret e tirëve ture hën-

gur gjë, bashk me to si bashk me ndonjeri çë shkon nga ato an.Edhe tek këjo dit vete bën nder zonjave e zotrave ture i bekuarPanagjie, çìësht triesa me ver, buk, grur t‘ ziejtur me nd‘ mestnjë qjiri i dhezur.

Ki ësht një shëng të ringjialluarit e gjelles e te sajs vdekuri.Pas zoti, prifti, i ndan ghithtve atirve çë gjiënden përpara njëthel buk me pe mbia grur të ziejtur.

Atë çë qëndron nga kpllìvet i ndahet ndë shpit gjitonisë.Thuhet se ndë këta dit të dekuri, tradhita dej se njerëzet përshpirtin e dekuravet ke t‘ lipin e ke t‘ bejin limòzin.

Po nana m‘ thoj edhe se ndeç ndonjeri do t‘ shihij t‘tirinPrind i dekur mundij vet të prëmten e të paren e muajit, po ngaher ndë mest nates.

E dreitimi ish se njeriu çë lutij ke t‘ gjëndej prapa dritorjetek udha çë shkojin ato , e vet ture ngrëjtur samandalin prindi itij i pergjegjej, si edhe ai me një të shkundur samandil, ng‘ munde serritij , ndë se thoj ëmrin ai ng’i pergjigjej po njeriut intere-suar shpejt i zëj tëtim e frev t‘ fort.

Java KajevaritE ashtu se pas hij java e kalevarit, po nj’ par dit më përpara

ndreqim një pupull ç’e thojim se ish rregj kalevari, dhe na e ser-ritim « Pjetrandon ». E vëjim ngra mbi nje pullar e rrethojimgjitha rugat e katundit ture i kënduar pas kshtu ;

«Kalevari, ku vete rri ? Mbrënda nj’poçë me pith’. Kalevari,ku vete ngule ? Mbrënda nj’poçë me fasule : Kalevar ti des ivrar me tre pordha nd’gangullàr », e ashtu njera nat ture piturver e hëngur ndonj thel qengji çë zonjat e zotrat e gjitonisë nae virin ndë hell.

Pupa-kreshemPo festa ng’ formpj ktu pse pes dit pas , çë hij Kreshma, na

gjith si dej tradita ke t’ vejm për udhat e katundit si shpi per shpike t’ mbin e dijn se kishim hitur ndë kreshem e pë katerdhjet dit,njera diten e Pashkes, ke t’ dihej se ngë ke t’ hajim mish.

Ndreqshim me faqen ezez e të peshtruara me njëstoll e bardh vejm për shpie t’i mbajim mend edhe sat’ virin ndën endin e derespupen -kreshem , pse këjoish një pup e vogel eveshur arbëreshe e ndëdora mbaj një furk me leshçë ture e tiertur e mbidhijndë një bosht, si ndë kemb

të vjerrur një patàn me të goxhdhjatur ca penda pulje , pe sa tëdiela ishin njera ndë Pashk, çë ture i skallosur diel pe te dielmbahej mend diten çë Inzot kish u ngjalltur.

“Ikni mi, ikni xhapì”Po nd‘ fund të fiovarit njeter tradhit kish të mbahej , e pritej

kaq çë vërtet mbin e ndishenje me shpirt xha pe mbrenda. E kejotradhit do t‘ na thoj se moti i keq, dimri, ish e shkoj e se njize naarrëvoj Pranvera me ditet të mira.

E ashu se mbremeten të fundit e fjovarit gjith na te voglatrima vejim pe gjitonit e gjitoni, e ture trungullisur kumbora etamburre, thojm me zërin e lart: “Ikni, mi; ikni, xhapì, se ësht e

vjen marsi me hajdhì”.Pra hijm shpi për shpi, e ture tundur kumbora e thënut: “Inki,

mi e ikni xhapì!”, llok për llok, pse ashtu jasht dergoj gjith ataanimaj çë nde dimer ndë fole fiëjin.

Festa e shën BenedhititEsht e arrëvon pranvera e me ato dita e pritur e festes të

shejtit krietar i katundit „ ç’ësht Shën Benedhiti, e ket her gjithe presin me shum hare.

E kur hera siallin shëjtin per udhat e par të katundit e ndëshesh të gjitonisë e prëjin të ashtu bekonj vendin e njerzet .

Po nana m‘ thoj se trimat e kopilet kur shkonj shejti për udhato vëshin për gjunj, e ture e lutur thojn: “Shën Bendhit koko-rosh, pënxo ti sa t’na martosh”.

Java e madhePranvera hiri me aj er të grohtë, me adurin e luleve ,me kën-

dime e me të fijuturuarit të ndallanisheve, çë ven e gjejin vërentë bëjin folen . Java e madhe ësht ndan e gjith e presim me shumgjellesi, pse ke t’ mbahen mend ditat e keq t’ Zotit Krisht. E sihij java Dhafnes , po e kam edhe përpara, shum njerez me nj’deg dhafen nd’ dor vejin shpi për shpi, ture i uruar një paqe emiresit më të madhe përto e për gjith bijet .Veshinpër rreth nd’ mest shpi, e ikëndojin viershet te kali-meret e Llazarit si për uri-met e shpis.

Zonja e shpisë ifalemdoj shum për urimetçë i bejin e i jipij nj’ parkoqe ve. T’dielen e kali-meres shum njerez vejinndë qish me taqje ulliri edhafen te sa t’ e kishin të bekuar nga Zoti, prifti, për shëndetjene shpis.

Nana mua më dërgoj ndë qish me një panarele me një ve,ç’ish brum t’ dredhur ndë një shkarp ulliri e pe ndë mest një koqeve , t’ vij i bekuar miresit .

E mbanj mend edhe se kur dilim nga qisha dilnja i kutien-dem, ture hëngur një thel kullaçi të bekuara. Java e madhe kishhijtur e ajiri t’e thoj; për udh nëng gjegje kumbor po vet këndi-me pë Zotin Krisht t’vrar,

E ënjtja si e prëmtia ishin vërtet dit të ndietura ; një kallvar,çë vet t’ringjialloshim kur nd’ mest ditës te e shtunë e madhegjiegjim kumboret çë bijin, e Zoti shtron qishen me kaq shorshiljulje , vet t’na thoj se Inzot u kish ngjallur vertet. E na ndishimshum të kutiendeme për këto , e gjith me hare pas mesditesvejim e bridhim për ruga, ture pritur noven se vërtet Inzot kishu ngjitur ndë qiall.

E kur ndë mest nates gjegjim këndimin “Kristos Anesti”, çëtrimat udh per udh ven e thon se Krishti vërtet u ngjall , shpejtvejim përpara deres e qishes, sa t’ gjegjim e shihim si prifti lluf-toj jasht te dera qishes me djallin, çë gjiendej pe mbrënda teqisha. E trëmbëshim si gjegjim zërin e tij, po mbjoshim me harekur shihim se dera hapej, e te kutiendema hijm pameta ndë qish.

Të bredhurat ndë PashkëIsh dita e Pashkes , e ashtu të kutiendeme urojim gjithëve njëdit e mir, e pra jipim fial shokëve se pas mesdites ndë gjito-

ni mbashin të bredhurat e Pashkes. E si ndë her gjitonia mbiohejme trima e kopile, se pse këta ishin ditët çë trimat e kopilet mundgjëndëshin një cik bashk bashk vet të mund thuhej një fial e të

Natallizi

Kulaçi

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1861 Lidhja n. 55/2006

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bridhej ndë joke tradhitie si „pixhat“: tokeshin shkopet e krice-ku çë ke t‘ futeshin tek nj‘ vër ndë truall, e ke t‘ vëhej prapa epërpara njera çë kriceku ngë hij ndë vër o mbaroj joku .Ca herkur dilij gjë çë ngë vej, thuej se ke t‘ vëhej “cirr”.

E ashtu së bashkia me kricek vejin prapa një mur, e ndreqinshurbesin, po kejo ng‘ ish më se një të gjietur sa mund t‘rrijin nj‘cik bashk. E pas bridej ndë unaz: mirrej nje unaz e i vëhej ndëdor ndonjeriu të shoqerisë e pra i ruhej vashezes o trimit çëkishin pëstruar sit sa t‘ vej e gjëj se kush e kish, ndë se e gjëjputhij vashen e dilij nga pengjimi, në mos ke t’ mirrij ndë dorka t’ shopata t’ holla o t’ rënda, sa thoj shoku i gar.

Shum her,sa t’ dijin kushk mund kish unazen, i ngjitin veshinpse thuhej se ndëç ndiej se e kish të ngrohet mund ish se e kish ai.

Ndë ljuljeE si më edhe ndë ljulje, vëshin rreth gjith të ujiura mbi një

karriqe , ture u dhënur një ëmer ljuljeje, e pra lëjin një e mbra-zet, e ai çë e gjëj ashtu mbi te diatheten shpejjt thoj: “Nga ljuljettë mbjedhura ngë kam ! Namustaqa. Aj çë serritej Namustaqe

shpejt ke t’ vej e ujej në mos ke t’ lerej një gjie, çë sa t’ mund ekish ndë fund e të bredhurit ke t’ zgjidij gjë çë bashkia i thoj sat’ bej, një, mundi ish se ke t’ vej e puthij zonjen Tireze , nanenpjak e me gjie tjeter.

VëllamjaE ashtu edhe me kaq të bredhura çë diten pas i mbajin pe tra-

dhiten e “Vëllamjes” . Këjo dit ish shum e pritur nga rrinia psetë kutiendema hajin , pijin e bridhin bashk, ture kënduar viershee lozur Vallen , trima me trima, kopile me kopile ture u lidhur eu sërritur Moter dhe Vëlla. Pra gjith bashk, gjitoni për gjitoni,dorka-dorka, vejm valle valle ture zgjuar katundin gjith.

Të bredhurat e Pashkes rrojin njera diten e Shën Mërisë eBokonxijit, e kejio dit ish e ësht edhe e pritur si e lutur ngaShenbenedhitiotet, pse ish e ësht shëjtja e gjithëve Arbëreshëveçë për to u nisur nga Arbëria sa t’ mund i ndihij ndë shpirt.

E lutin shum e pe një muaj i tër vej e ven edhe te i vëhen mbigjunj.

E ketu mbaron e para cop tek imja jet, çë “Ish nj’her…”.E dijta vjen pas, po m’ thot mendia se nga te dia, si nga gjith

të tjert tradhitat Arbëreshe,ngë shkon shum mot e ngë qëndron më fare gjë. Nga të reat

mos kish shpresë, pse jan e varrezojn edhe gjuhen. Jemi ndëfund ! Qendrojm vet një repert arkeolloxhik!

* Nato a S. Benedetto Ullano il 14 aprile 1945 ed ivi residente in ViaA.Milano, 3. Associazione Culturale “Ullania”. Tel.0984-935158.

E-mail: [email protected]

Jemi tek një mot fu filellet ven tue u bjer: shum filellenëng kan mo sinjifikatin fjalevet çë kishin një herë.

Këtë penxìer, për ne çë jemi arbëreshë, ka një sinjifikàt çës’ka të harroghet. Me motin çë shkoj vjuem gjuhën dhe usan-xet tonë, qëndruem të lidhur kulturës tonë.

Filellet motit çë ka qënë, i xuëm tue fjar, sikur të kishim tegjaku se bilët tonë kish t’i mbajin mend. Ma penxìeri jonë vetemo thellët: te gjuha lëtirve kur thomi “era”, penxomi motin çëshkon, te gjuha jonë “hera” vjen m’e thonë “ardùr”.

Këta di fjallë jan motra. Arbëreshët çë duen të shkënjenkulturen e të tireve, kërkonjen e vjonjen copa e motit par sa tëja vjonjen atire çë vinjen, da t’gjegjen puru ata eren e motit çëshkoj. Duami sa të ndìemi at her çë gjegjet nga her çë tek njëshpi, tek një gjitoni, tek një qac gjegjemi një vjersh, një nina-

nana, një përrallez me gjuhen tan.Këta të rrëfìtura i gjasen atire përrallez e t’ëndrra çë kan

eren e tradicjonavet tan. Ka ki pënxìer leghet malli sa t’kërko-mi rronjet tona, kemi pesëmbidhjet vjet çë kerkomi e me kotkonkurs do të rrëfìami gjindjave. Tek këta vjet, tue kërkuarmbjothtim e vum bashk shum filelle çë uzarshin një herë tekatundet arbëreshë. Këta filelle na ndihtin sa t’ndrevenirim sirrihej tek katundet tan një qind vjet prapa. Si tek një ënderr,duami të himi tek një shpi arbëreshe sa t’shomi si rrihej njëherë. Ahiena tek një shpi rrij gjith fëmilja: jëma, jati, të bilët,motra e vëllezer, nàna dhe tatmadhi. Kjo fëmille e madhe shummot e shkonij te kuçina.

Kuçina ish lloku mo i madh të shpis. Ktu mbjidhej fëmilja.Te gjith kuçìnet llokun mo të mir e kish çiminerja, e çdo kishintë stisur afer puru furrin. Afer furrit çomi përprushin, panicen eljopaten edhe madhjen. Zjarri rrij sempre dhezur sa t’zihëshine pjekçin shurbiset çë hagshin nga dita.

Te çiminerja rrigh sempre e vjer kamastra sa t’mbani buzu-netin me minestren sempre të ngroht. Tek ana murit ishin vuertriptat, lart te muri ish vier halkòma, digàni, tijella, edhe kasa-

Si ishim një herëNjë shpi arbëreshe

Shën Sofi

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1862 Lidhja n. 55/2006

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FESTA E SA’FESTA E SA’LLUÇISËLLUÇISËFrasnitëFrasnitë

Parkalesët Sa’ Lluçia kur i krështeri ka bëzonj për sitëedhe kur një krietur nëng mund mbanj sitë hapët për gju-

min thuhet se “ju kallar Sa’ Lluçiza”.Të bukur janë kaminët çë çelën për të mbrëmanet e vijilljës,

më 12 e shëndreut, tek ‘ca gjitoni të Frasnitës: ka Kriqëza, kaudha e Pulinit, ka Mbikatundi, ka sheshi i Dhon Mikellit etj.

Drutë edhe fascinat çë kanë të digjën mbjidhën o ndë malt otek dherat.

Rreth kaminevet, çë dritsojën aq sa ndë katund dukët ditë,këndohet kalimera e Sa’ Lluçisë, luhët, mburrllohët, hahënlëkëngë, supersata, djathë, petulla, skalleta edhe pihet një qelqme verë të mirë çë bëhet tek vreshtat tona.

Më parë të ngrënët ish pak. Hahëshin vet arra, fiq të thetë,mindulla, kështënja, llupine.

Kamini nëng shuhet, rri çelet gjithë natën, për harenë e të gji-thëve, të vashazvet e të guanjunëvet çë xhirarjen ndër gjithëkaminët e katundit e divertirën njera llurtmu (ndë fund) nd’atënatë pjotë me dritë, me vohën e kaminit, pjotë me kënga çëshprishën tek ajri.

Më parë gjithë gjindjat mbjojën një vrazhere me prushë e eqelljën mbi shpitë për të ngrohëshin më parë se të vejën e fjëjën.

Ditën e Sa’ Lluçisë, më 13 e shëndreut, në herën 8:00, thuhetmesha ka qisha e vikërr,qisha e Sa’ Lluçisë, çë gjëndet ka qaca,ndë mest katundit.

Në herën 17:00 ka qisha madhe, çë është qisha e ShënMërisë, thuhet funxjuna e pra bëhet preqsjuna çë shkon ndëpërkatund e gjindjat këndojën kalimerën e sa’ Lluçisë.

Kur shkon preqsjuna, tek ‘ca gjitoni çeljen kaminin, Sa’Lluçinë e vënë mbi një autar e zoti e bekon.

Shurbesi më i bukur është kur zoti pundarën Sa’ Lluçinë eShën Mërinë ka qaca e shqipërisë tek bëhet artfixi.

Kur fërnon artfixi priremi mbë qishë për të puthmi shëjtjën epra me një funxjun të shkurtër fërnon festa e Sa’ Lluçisë.

ISTITUTO COMPRENSIVO “ERNEST KOLIQI” – FRASCINETOClasse III B Scuola Secondaria di 1^ gradoGruppo di lavoro: Armentano Katia - Blaiotta Mariele - GrisoliaRosita - Pisarri DillaDocente: Cataldi Angela

rolet. Ka jetra an, mbal çimineres t’vier te muri, çomi shurbni-set çë beznjarnjen nga dita: gratakazi, poça fusàllëve, poòadekòtit, stipatùri, spitìli, mulliri kafèut, luget e drurit, hèkuri çëstiràr e linàri I but.

Kundrela ish stìpi të mbajin vjuer taluret, bvaxhilët, grepet,thikt, lugat, qelqet, tasat, e ndonjë butile e mir. Afer ish qangù-ni me gurin e tumàcave e hekuri fililjave. Shurbìset për tëngron: val, fusalja, ngandarat, kunsèerva, pepra t’thet, telja, fiqfurri e gjith t’mirat ishin të vjuara te sënduqi e kashùni. Vìer tektravet, ishin kanòja kravellëvet e huri caucìcave. Fëmiljat çëishin nj’çiç mo tyë bëgata kishin edhe atrgalìn, çë ish një rrë-kìc për shpien.

Me këto bojin palàc leshi, palàc rruçuli, llunxolet li, nën-kriet edhe stolì për fëmilje, për gjitònin edhe për gjirìt. Ftìga eargalìs ish shum e precàrtur e kopìlat vejin te gararesha të xoinarten sa t’argalìsin palacen më të bukur. Tek jetra an e shpis ishkamra e shtratit ku fjëjin e shoqja e I shoqi me t’bilët të vikrae ata mo të mbëdhenj fjëjen te njeter shtrat gjith bashk. Shtratinj’her ish e bën me baangjetat, drrasat e sakuni I mbjuer mekasht o me fodhra trokomeli.

Sakùni kish kater vora sa t’hinin dhokaniqja sa t’shkrifnjinkashten o sfodhrat. Përsiper llunxolet ish palaca, nënkrìa embutìta n’dimrit. Tek ana shtratit ku fjëj nusja ish edhe kollo-nèta. Vier te kriet e shtratit ishin kuròrat çë zoti kish bekùerditen çë u kishinn martue, e kuàdhra shënjtrash. Nëng ish njëshpi pa djep. Te djepi mbanin e tundin kriaturat. Te kamerashtratit ishin edhe baulet e kurredhit; kta sa t’njighòin ka atà tëkuçines kishin kuperqen e bufartur.

Tek një an ish këmba vaxhillit e faqës e tuvàlet e ndë fundkumòj me stolìt. Cdo shpi kishin edhe katòqin ku mbajin gra-nàrin, xharra me val, xirre me ver.

Fernòn ktu kjo ftig çë do t’thor një shurbes I madh për ataçë leghen tek një katund arbëresh. Për kta gjinde çë ndjenjengjuhën e tire e kulturen e tire me mallin çë na lirien prindetmbrënda një par dueq: kur arbëreshët llargohen ka katundet etire për ftig o për mall, bùsulla çë nganjë ka te zëmra tija e çëruen sempre il Nord për ne çë jemi arbëreshë ruen sempre tekkta katunde, te nj’rug, te nj’shesh, tek nj’gjitonì.

Mario Miracco-Sofia Miracco

Mario Giuseppe Miracco, nato il 22 novembre 1954, aSanta Sofia D’Epiro, ed ivi residente in via Ascensione, n. 8.

Sofia Miracco, nata a Cosenza il 1 settembre 1978, residentea Bari, alla via Addis Abeba, 11.

Indirizzo E-Mail: [email protected]

Il materiale fotografico contenuto nel presente articolo appartienealla Famiglia Miracco, ed è tratto dalla collezione privata della stessa.

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1863 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Tradizioni

Nga vit, tek e para e Janarit, Purçill bëhet festa e ShënVasilit, çë është i thërritur “I madhi” e është Shëjti

Patrun i katundit.Ish një burrë çë vinej ka Natollia, e kish një motër, çë thër-

ritej Shën Makrinë, çë i ndihu shumë tek studhet.Ishë një burrë i hollë e i vikërr, ma kish një zëmër të

madhe e per këtë qëllim purçulotët e zgjothëtin si Shëjtipatrun i katundit.

Si më parë, edhe sot, i kemi shumë divucjunë edhe pse,avukat si ish, thomi se na ruan e na qellën te udha e mirë.

Për nderën e tij, këndomi një himn e thomi: “Parkaleset’Ynzon për ne si avukati ynë çë jë.

Një herë , dhopu ngrënet e vijilljes, bëhëshin ca joke sijoku cakulës, të helqurit e tërkuzës, “gara” me biçiklletat,“tiro al bersaglio” e pra puru druri e “cuccagna”.

Kush e mundnej të ngji-tej najru bushkonëj një për-sut kështu gjindjat bëjën dhitutu për të ngjitëshin. Njëherë ishën shumë poverjel ekush vinxhonej, mund tëthuhej furtunat, pse kish çëtë hanej për një çik mot.

Një ditë një guanjun ishe pripararej për garën, evat’e ra mbë truall.

E jëma: “Moj biri im ,mos u ngjit pse ki nëng ështëkundi tëndë, pse atje janëedhe gozhdat e mund tëcënohesh”.

I biri: “Mos u llaf fare, se u e di atë çë bënj. Përsuti ka tëjetë sikuru joni.”

E jëma: “U e ndienj, ndëse ti ngjite atje, vet’e bie e viti zëbrut.”

Nemenu fërnoji fjalen se i biri u gjënd me buzën mbëtruall.

I biri: “Ohji mëma ime! Gozhda nëng mandinoji, e shka-va. Për të mbahësha shqora edhe tirqit –ture qajtur-. Kur gji-thë një herë gjegja gjë çë më hiri ka tirqit e mbjatu TRAK!!”

Atjie afër ish edhe nusja, e kur pa ashtu tha: “u kam turp,nëng të njoh; mos thuaj se je dhëndrri im.”

E jëma, edhe ajò me turp ndë çerët, tha: “ nga ndë shpitë,se kam të t’bënj një korromat hunjë e bithën të kuqe si për-sut.” Ki është kundi çë i ngau Mikucit e Ndonetës.

Tek i llurthmi vit ç’u bë “tiro al bersaglio”, afër ka pondi,suçëdhirti një kund kurjuzu e çë bën e qeshësh.

E kishen organixartur kater burra e mbrëmanet ndë mest’garës arrivuan karabinieret.

Pipini, ture thërritur tha: “Jan’e vijen kakabiqeret!!”. Egjindjat: “Kush?”. E ai ture tartalartur: “Kakabiqeret, ata,ç’ju trëmbjën!”.

Dopu një çik, arrivuan karabinieret. E ai tha: “Këta janëkakabiqeret.”

Kur gjegjëtin këtë kund karabinieret i piejtin Pipinit: “Je

ti patruni?”. “U nëng jam proprju faregjë; e allura kam pro-prju të ju ë thom: u ish’e difënxoja ata katër gajdhur, çë janëatje përsiper e jan’e qeshjën e mburrllojën. Mirrni e ec eraxhunarni tek kazerma, inveçi t’rrini e tandoni, e mos çanikryet”.

Ata, kur panë gjithsej, vluanë shkupetat, u trëmbëtin eqëndruan si fisra të frikartur.

Karabinieret thanë: “Ngini tek kazerma”. Një mik aferatij, tha: “Vërteta jam edhe u një organixator ndëse proprju dot’e dini”. “E allura nga edhe ti me ne”.

Datu se u trëmbëtin i thanë karabinierëvet: “Mund t’nakumbanjarni më parë ndë shpitë pse kam të bëmi më parëvalixhën, e pra vemi ndë kazermët?”.

Karabinieret: “Be, proprju e kapirtim se jini gajdhur!Ecni ndë shiptë, mos ju nismi një çambat tek bitha githëve si

jini”.Puru këtë herë Shën

Vasili i difënxoj e i prote-xhirti.

Dopu gjithë këtë diverti-ment, arrivon dita festës.

Nga vit, dhopu matutinit,vjen banda ka njeri katundmë afer (Murana-Kasana) edopu çë bëri xhirin e katun-dit, mbjidhet.

Ditën e festës, ngaherë,moti minaçarën, ma kur delshëjti, ndërron e del dielli;Shiu e ajëri pundarjën.

Më parë të bëhet preqsju-na, përpara qishës bëhëshin e ankora nani bëhen, ngandet,nganjë mund të mare një shurbesë për devucjunë e shëjtit përt’ë qelljen me’ta pas preqsjunës. Shurbiset çë mirrën janë:bastuni, libri, rrellikuja dhe patërnostri (lindor).

Një herë, vet burrat kumbanjarjën shëjtin ka preqsjuna, egratë rrijën mbë shpitë e ziejën psë kish të mbitarjën kombo-nendet e bandës.

Këtë ditë ka gjithë shpitë nëng mund mangojën rrashkat-jeltë me lëng kaciqi, e thojën “Shën Vasili ture shkuar, rra-shkatjeltë ture mburuar”.

Hajën djathë, ullinj me korqullë portigalje, val e rigan,bathë, përvojen verën e re, ruajën edhe supersatën e vjetër përt’e hajën ditën e Shën Vasilit.

Dhopu ngrënët, fëmilet qelljën mbë qishë gjë shpie (porti-gale, verë, kruxheta, arra e një pak me mbrënda një rigall. Mekëta shurbise bëhëshin ngandet.

Llurtmu bëhej estracjuna e biletëvet ku vinxhohej një kati-në ari.

Kështu Shën Vasili mbullinej festexhamendet të hapur kaShën Mëria Makullatës Frasnitë.

Alunni dell’Istituto Comprensivo “Ernest Koliqui” di FrascinetoCaprino Lucrezia, De Paola Lidia, Donato Daniela,

La Rocca Antonella, La Rocca LoredanaDocente Professoressa Anna Maria Solano

Purçill ditën e Shën VasilitDje e sot

Porcile, oggi Eianina di Frascineto, è tra i paesi più rappresentatividella cultura arbëreshe e della spiritualità bizantina.

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Tek shumë fëmila Kreshma zëj ture bënë një nusezpetku, e thërritur edhe ajo kreshma; kësaj i këllitë-

shin shtatë o dyzet penda pule o penda gjeli, aq sa ishinjavët o ditët e Kreshmes.

Kjo nusez ish si një kalendar i Kreshmes, çë nëmëronejditët e kësaj periudhë, ma ishe edhesi një promemorie sa tëmbahej mend agjirimi.

Andaj kreshma virej me një llac tek dera e shpisë, tekdritësorja o tek kristallerja e kuçinës, gjithë lloqe ku shihejmirë, kështu agjirimi nëng mund të harrohej.

Kreshma ish e lart pesëdhjetë centimetra, ish e veshurme veshjen arbëreshe për nga dita çë vëj gruaja mbë lip: njësutaniel i zi, një xhipun i zi e një kamiçet. Tek dora e majtëmbanej një tupull shtupje, tek dora e djathtë mbanejboshtin, ka shpatullat virëshin duaqit, të mbjuara me fiq tëthetë, një çik bukë e një mollë. Tek këmbit vëhej një nerën-xë o një patatë ku këllitëshin pendat pule o gjeli çë, nga javëo nga dita, shkulëshin. Nganjë i fëmiles mund të shkulnejpendat.

Ca gjind lidhëjin tek nusëza një llac i gjatë një meter, tekfundi i llacit lidhej patata o nerënxa ku këllitëshin pendat.Tek llaci pra lidhëshin edhe gjithë shurbiset çë mund tëhahëshin nd’atë periudhë: fasule, kangarjele të thetë, pum-badhore të thata, kungull. Kështu kreshma kish edhe rolin tëmësonej gjë: i mbanej mend gjithve se ish hera e agjirimit.

E lurtmja pendë nxirej të ënjten e madhe e thuhej kjopoezi:

Korojisma, capa storta,tu chi stai nand’a sta porta,che mo vjene Pascaredae ti piglia cu na frasceda.Nusëza pra vjohej pë jetri vit o njëmos digjej mbrënda

tek furri ku bëhëshin kuleçeÇë duhet: një bosht, penda pule o penda gjeli, copa

petku të vjetra, një nerënxë o një papatë, një fill pe kërpi, lirio shtupje, një gëlpërë, një parë gërshërë.

Pas çë u bë modjeli i nusëzes, ky mbjohet me ata copapetku të vjetra o çë kishin qëndruar, çë gratë kishin vjuarmirë për të bëjin arna o më gjë. Copat petku të ndrequramirë për të i bëhej kurmi i nusëzes, pra qepëshin me penjshtupje - kanavjel, o me penj liri. Faqa dhizinjarej me copafingji. Nusëza ish e veshur me mbrola të qepura me njeterca copa petku.

Ato gra çë nëng dijnë të qepjnë o nëng dijnë të bëjnënusëza të bukura, ma çë dojnë të mbajnë këtë traditë e çëdojnë t’i mësojnë bilvet vlerat e kultures tonë, bëjnë canusëza shumë të thjeshta. Mbahen mend ca kreshma çëkishin strukturen të bënë me një degë arvuri të thatë çë kishformen e një nuseze, e mbuluar me copa petku e me pendatpule të këllara tek mesi.

Gli alunni che hanno effetuato il lavoro sono:Gullo Angela, Bellizzi Mariagrazia, La Camera Giusi,

Ponti Orsola, Papasso Marianna, Di Lione Elisa, TorzulloAntonella, Miraglia Tiziana

Cordiali salutiProf.ssa Orsolina Cerchiara

Istituto Comprensivo “Ernest Koliqui” di Frascineto

Si bëhej kreshma

1864 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Tradizioni

Festa dei Ss. Pietro e PaoloFrascineto 24 giugno – luglio 2006

Il Comitato parrocchiale, composto da 44persone e presieduto dal prof.PasqualeBruno, ha organizzato a Frascineto unConvegno e “Calabria Festival – I FestivalInternazionale del Folklore” con la parteci-pazione di Gruppi Folk dalla Kosova e dallaBulgaria. Il Gruppo frascinetese “Të Biltë eShqiponjes”/I Figli dell’Aquila” ha fatto glionori di casa e si è esibito, assieme agli altri,con canti, danze e coreografie ad altissimolivello, riscuotendo enorme successo.Straordinaria partecipazione popolare conl’affettuosa accoglienza dei Gruppi stranierie calabri nei vari rioni “gjitonie” diFrascineto ed Ejanina. Un evento storico perFrascineto, soprattutto per la presenza dei

kosovari, i quali ci hanno fatto rivivere momenti epici antichi con iloro strumenti musicali, costumi e tipo di danza.

Fiera dei Comuni ArbëreshëFrascineto 15-17 settembre 2006L’Amministrazione Comunale di Frascineto, presiedutadall’Ing.Domenico Braile, per il II anno consecutivo ha promossola “Fiera dei Comuni Arbëreshë”. Per tregiorni Frascineto ha vissuto momenti digioia e di festa con i numerosi fratelli italo-albanesi, giunti qui anche dalla Sicilia, dalMolise, dalla Puglia. Esposizione di libri,ricami, prodotti tipici locali, ecc. e tantaaffettuosa accoglienza. Questo nuovomodello di interscambio culturale e di pro-duzione economica tra le comunità italo-albanesi proietta l’avvenire dell’Arberiaverso nuovi orizzonti innotavivi e proposi-tivi. Un plauso, quindi, agli organizzatoriper aver saggiamente individuato un nuovovarco vitale e produttivo a favore dellecomunità arbëreshe. Rilevanti, inoltre,alcuni Convegni-Studi su varie tematichepromossi quest’anno dall’Amministrazione di Frascineto.

Antonio GrobiAntonio Grobi, il più apprezzato Artista vivente nell’Arberia, natoa Frascineto il 13 luglio 1934, continua a raccogliere brillanti suc-

cessi di critica ed a consegui-re eminenti riconoscimenti eautorevoli Premi nazionalied internazionali. La sua recente Mostra pitto-rica a Frascineto, in occasio-ne della Fiera dei ComuniArbëreshë, esprime ognora il

suo rilevante talento artistico el’elevatezza della sua maestria

pittorica. Auguri e felicitazioni anche dalle pagine di Lidhja, la cuitestata è stata realizzata nel 1980 dall’artista e maestro A.Grobi,di chiara fama internazionale, e meritatamente onore e vanto delpopolo di Frascineto.

Kosovo: “sognando la pace”(1999, acrilico, cm 50x70)

Frascineto, giugno 2006

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1865 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Tradizioni

Zakone e tradita në KuntisëVincenzo Cilluffo

Kuntisa, një nga horët e para tëbëra nga Arbëreshët në Siçili,

edhe sot ka të dyja ritet, grek-bizantin(arbëresh) dhe latin-roman (litì), çë, veçtë jenë një pasuri e përheshme kulturore,te qëroi i shkuar për Kuntisiotët, ndanjë-herë kanë klënë motivim diskutimi mbiproblemet e klishës lokale.

Riti grek-bizantin vjen thënë te klishaarbëreshe, te Sën Rroku e te Larmisanti,përkundra riti latin-roman (litì) te ShënMëria e Favarës.

Te të parët qëronje në Kuntisë,Komitisa kur erdhën Arbëreshët ( 1450 ),ishin vetëm priftërinj arbëreshë, pas vitit1624, kute ardhur litinjtë nga të tjerathorë, kle thërritur një prift i ritit latin-roman nga një horë ndanë Kuntisës,Quza Sklafani, për t’i dhënëSakramentet.

Ashtu te klisha arbëreshe ishin ruar tëdyja piksidet, njira me bukën e ngridhur etjetra me bukën e pathartë.

Te viti 1698, peshkopit të Girxhentit,sot Agrixhento, imzot FrançeskoRamirez, në rast të një vizitë, ngë iu duke drejtë kjo gjëndjë, domëthënë t’i mbaj-tur te e njëjta klishë dy pikside, e deshë seprifti litì, për pak qëro, mund të e thoshëmeshën te Shën Mëria, kute e qëndruarkjo gjithmonë pronë të klerit grek (arbë-resh).

Pas me dekretin e ditës 9-12-1688,nga peskopi i lartëpërmendur, bëhejëfamullia litire. Shkuan aq priftërinj e për

shumë vjet u respektua atë çë dekretoiimzot Ramirez.

Por te viti 1750, prifti MikelanxheloMuzaka zëri fill të dejë të drejtat çë ngë ingjitin, natyrisht, ky shërbes ngë i pëlqeuklerit grek (arbëresh), çë u pruar mepeshkopin imzot Xhjoeni dhe i lypi tëpërkufizonjë hollësisht e me të shkruarkompetencat çë i ngjitin klishëvet të dyja.

Peshkopi atëherë tha se ish mirë tëbëhejë një konkordat dhe te dita gjashtështator 1754, përpara notarit SalvatoreSkirò, u nënshkrua “Tranzacjona”, njëmarrëveshjë pajtuese, teku ishin të njohu-ra të drejtat e klishës arbëreshe dhe edrejta e pronës absolute të priftit dhe tëklerit arbëresh mbi klishën litire.

Bëhejë të qartë edhe se: festa e ShënMërisë së Favarës, çdo vit, kish të ishbërë nga kleri arbëresh; kish të këndohe-jë kumbjeta për pësëmbëdhjetë ditë, 1-15gusht, Shën Mërisë dhe parkalesitë embrëmjes, për tri ditë, te Pashkët.

Në bazë të kësaj “ Tranzacjonë “, nëtë shkuarit të shekujvet, u ka kërkuar gji-thmonë të mbahëshin lidhur të dyja kleretdhe të mos dilin jashtë keqkuptime ezënie të pavlerë, kute shërbyer për gjithëtë mirat e komunitetit të Kuntisë.

Sot, në të zënë fill i treti mijëvjeçar,respektohet akoma gjithë atë çë u tha teviti 1754, të perforcuar pas, në datë 5gusht 1845, nga rregji Ferdinando II e tëvërtetuar edhe, në datë 10 nëntori 1900,për pjesën e festës së Shën Mërisë, nga

peshkopi i Munrialit, kute e ruar e tërë nëaspektin e traditës: festa e Shën Mërisë sëFavarës, e çila statujë ndodhet te klishalitire ( ndanë kroit “ Favara “, ku te eshkuamja kish klënë gjetur guri me faqene Shën Mërisë), vjen bërë edhe sot, ngakleri arbëresh, me dëtyrën të hynjë proçe-sjona brënda mesnatës, nëse ngë duhen tëzbiren të drejtat kishtare.

(Nga të shkruarit, të gjetur në arkivate klisës, lëngohet se festa e Shën Mërisëbëhejë më parë sa të ish skulptura e statu-jës se Shën Mërisë (sh XVII); bëhejë, përkëtë, me kuadrin e “ Shën Mërisë sëMurit”, ky kuadër ahierna ish te kishalitire, pastaj, te të parët vite të shekujtXIX, u zbuar; sot ndanjeri thotë se kykuadër do të jetë mozaiku e Odihijitrjesse Kalatamaurit, çë ruhet në galerinëkombëtare të Palermo, Palati Abatellis ).

Kremtimi i kumbjetës gjatë kreshmë-vet të Shë Mërisë, (01-15 gusht) te klishalitire me këndimin “ Paraklisis “, himnlutje Shën Mërisë, çë përdoret te jeta lin-dore.

“Stosanesi”, Christos anesti, domë-thënë besimtarët e ritit grek-bizantin nëproçesjonë venë te klisha e ritit latin-roman (litire) per të thënë se Krishti ungjall, kute kënduar një melodi tipike tëhorës, nga të së çiles shkruanj përposhfjalët, dhe gjatë udhës vashazit, veshurme kustumin arbëresh, shpërndajën vezëte kuqe gjindeve çë janë të pranishme.

Krishti u ngjallDua të shkruanj edhe të tjera lajme, çëngë lidhen me “Tranzacjonën”.Më rrëfyejën se deri vitet pesëdhjetë, nërast të kumbjetës, 01-15 gusht, vajzatmblidheshin për gjitoni e bënin utaret(theroret) të dedikuara Shën Mërisë, dheashtu shkonin gjithë mesditenatën kuteparkalesur, kënduar e kute bërë sikur njëproçesjonë.Gjitonitë me më shumë fëmijë ishin:te Favara, ku ish dhe ishtë kapeluça eShën Mërisë (nga këtu Shën Mëria eFavarës); te Trolja, teku ishtë një kapelëe ku deri sot besimtarët e ritit grek (arbë-resh) kanë zakon të mbyllën kumbjetën tedita 14 gusht.U shpresonj se këto tradita do të ruhengjithmonë, përçë janë një pjesë e historisësonë, janë karateristikat tona arbëreshe,janë rrenjat tona.

Tri ditë InZot Rrijti nën dhe; Na u ngjall si sot, Me shumë hare

Të vrart Iudhenj,Kur Krishtin vranë,Rruajtin varrin Me luftarë nga anë.

U zdrip një Engjëll, Gjithë i shkëlkjiem:Drasën zbëlon,Krishti fluturon.

Luftarët u llavtin,jiktin e vanë,

Gjithëvë i thanë:Gjella fluturoi.

Me shumë menatë,Jerdhën gratë,Engjëllin panë:Ku ishtë Krishti? I thanë

Engjëlli i thotë:Mos kini dre,Mos kërkoni,Nga varri U ngre.

U nisën gratë,Jerdhën në dhe,Tue kënduar:Kemi hare.

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1866 Lidhja n. 55/2006

Progetto didattico-culturale 2004/2006 - Legge 482/99 • Testi di cultura orale arbëreshe - Indovinelli

GJËEGJËZA/INDOVINELLIAntonio Bellusci

Gli indovinelli registrati su nastro inalcune comunità italo-albanesi sonouna fonte di saggezza e d’intelligenzapedagogica. Nel mio libro “AntologiaArbëreshe”, edito nel 2003 dal CentroRicerche G.Kastriota di Frascineto, gliindovinelli occupano l’intero capitoloIX. I testi qui riportati sono presi daquesta “Antologia”, unica nel suogenere, che dovrebbe stare bene invista nella Biblioteca di ogni casaarbëreshe, trattandosi di ninna nanne,giochi, strambotti, filastrocche, bene-dizioni, ecc. altamente educativi. Unmateriale di cultura attuale, sempreattuale e propositivo, raccolto dallatradizione orale durante quarant’annidi attività pastorale e di indagini sulcampo nelle nostre comunità.

Katundet arbëreshë ku mbjodha gjëeg-jëzat janë këta:

1.Kastërnexh/Castroregio: 122.2. Farkunara Arbëreshe/FalconaraAlbanese: 1,15, 17, 18, 29, 38, 40.53,106.3. Farnet/Farneta: 99.4. Fermë/Firmo:123,124,125,126,127.5. Frasnita/Frascineto:34,128,129,130.6. Pllatani/Plataci: 37, 43, 49, 55,65,93,94.7. Shën Kostandin Arbëresh/S.Costantino Albanese: 2, 3,4, 5,8,9,10,11,12,13,14,16, 19, 20,21,23,25, 26, 27,28, 31, 32, 35, 36, 39, 41,42, 44, 45, 46, 50, 51, 52, 54, 56, 58,59, 60, 61, 62, 63, 64, 66,67,68, 69,70, 71,72,73,74,75,78, 79, 80, 81, 82,83, 84, 85, 89,90. 91,95,96,97,98,100,101,102,103,104,107,114.8. Shën Pal Arbëresh/S. PaoloAlbanese: 33, 86,87,88,105.9. Shën Sofi t’Epirit/S. Sofia d’Epiro:6,7,22, 24, 30, 47, 48, 57;76,77,92,108,109,110,111,112,113,115,116,117,118,119,120,121.

Continuazione da “Lidhja” -n. 53/2005 e “Lidhja”, n.54/2005,p.1837.

60. Mir se vjen ti, zonja madhe,siell kurmin pa fare krie.Benvenuta, grande signora,porti il corpo senza testa.(Linja/La sottoveste).

61.Te vera vishet te dimri xhishet.D’estate si veste d’inverno si sveste.(Fjetat e lisit/Le fogliedella quercia).

62. Më i bie e më t’paguan.Più la bastoni e più ti paga.(Lisi/La quercia).

63. Një tirkuz e glat e glatçë nëk sosen në dit në nat.Una fune lunga lungache non finisce né giornonà notte.(Lumi/Il fiume).

64. Jan di vëllezere fukarjen nj’moter.Sono due fratelli ed affogano una sorella.(Llanxhelja/L’orciuolo).

65. Breg kanjan breg kanjeter,e nd’mest bie bor.Collina da una parte collina dall’altra parte,e in mezzo cade la neve.(Magja/La madia).

66. Esht e lart sa nj’dhibën frushen nd’argali.E’ alta quanto una caprafa il fruscio del telaio.(Makna ç’qepen/La mac-chian da cucire).

67. Ecen e qellen shpin kalosh.Cammina e porta la casa addosso.(Marroci/La lumaca).

68. Esht e kuqe si nj’kuralkur e do e vë ndë përshal.

E’ rosso come una coralloquando vuoi lo poni tra legambe.(Matuni/Il mattone)

69. S’ka si e ka vesh.Non ha occhi ed ha orec-chie.(Mënka/La manica).

70. Cdo gjë ha e s’ndëndet maj.Mangia ogni cosa e mai si sazia.(Mulliri/Il mulimo).

71. Sa pena lule u bëajo iku e nëk ë më.Appena fiore divennese ne andò e non c’è più.(Murriza/Il lazzaruolo).

72. Esht e kuqe si gjirshidhe nd’dimrit ajo rri.E’ rossa come una ciliegiaanche d’inverno se ne sta.(Murriza/Il lazzaruolo).

73. Kamizollen me kullur,e mishit ka sapur.La veste colorata

e la carne saporita.(Nerënxa/L’arancia).

74. Tek nj’kokull jan nënd vëllezer.In un teschio sono nove fratelli.(Nerënxa/L’arancia).

75. Zëmren e vlon e faqen e buthton.Il cuore lo velae il volto lo palesa.(Njeriu/La persona).

76. Prapa njëj guri ë nj’-krieturpa e ngar vëhet e qan.Dietro un sasso c’è unacreaturasenza toccarla si mette apiangere(Orolloxhi/L’orologio).

77. E e lart si nj’pllëmb,bën pedhaten si nj’kastjel.E’ alta quanto un palmo,fa la pedata come uncastello.(Poçja/La pignatta).

Continua - 3

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1867 Lidhja n. 55/2006

Centro Ricerche Socio-Culturale “G. Kastriota” - Frascineto, Via Pollino, 84 - Tel. 0981.32048

Museo Etnografico Arbëresh a FrascinetoArgalia - Il telaio

Un museo come scuola di vita tra passato e presente in una continui-

tà storica dove è presente la vita secolare del popolo arbëresh. Il

museo fa da ornamento alla Biblioteca Internazionale A. Bellusci, in

Via Pollino, 84, a Frascineto.

Antichi telai arbëreshë con il pettine della cassa battente dota-to di denti lavorati con lamelle di canna. Rina Bellusci, anzia-na maestra tessitruice, esegue antichi canti di lavoro sulla tes-situra mentre la navetta scorre veloce entro la bocca d’ordito.Un quadro mitologico interiormente vissuto da tanti visitato-ri e studiosi, ricordando la tela di Penelope. La tela si allunga nascendo fra i 1500 fili d’ordito! Un mondoarcaico ed attuale con mille piccoli e semplici arnesi di con-torno. Una tessitura attuale che produce stoffe policrome eresistenti.

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1868 Lidhja n. 55/2006

Il Brandileone, storico del dirittobizantino, diritto di capitale impor-

tanza nello sviluppo del pensiero storicogiuridico - italiano, mette in risalto l’im-portanza del ruolo della Calabria bizan-tina nell’accoglimento e nella elaborazio-ne della legislazione post-giustiniana,soprattutto l’isaurica e la macedone.

1

Questo sistema di relazioni nonvenne meno neanche quando i Normannia metà dell’XI sec. misero fine alla signo-ria dei Bizantini nell’Italia meridionale ea quella degli Arabi in Sicilia, perché:

• “i Normanni non distruggono…madei vinti prendono la loro circoscrizioneamministrativa ed il loro modo di gover-no.”

2

Dopo lo strappo tra la chiesad’Oriente e quella d’Occidente , Romariprende i legami interrotti con le chiesedel Meridione riportandole a poco a pocoall’obbedienza.

Di conseguenza anche l’Albania subìuna notevole influenza da parte diVenezia e del Papato considerando chel’Impero d’Oriente si stava progressiva-mente snervando con una perdita gra-duale dell’ importanza ed influenza. Irapporti con le sponde balcaniche siintensificarono durante l’epoca delle cro-ciate (1095 - 1270), che sul piano milita-re rappresentarono una sconfìtta per l’oc-cidente, ma che, sul piano economico die-dero un importante impulso agli scambieconomici in particolare all’Italia mari-nara e Mercantile.

3

In questo quadro di riferimento gene-rale, favorevole per il particolare humusambientale e per i consistenti residui diatmosfera bizantina, è documentato checolonie di albanesi sono immigrati inItalia Meridionale fin dal basso MedioEvo.

4Probabilmente, in mancanza di que-

sti scenari, interrelazioni tra governi ecircostanze storiche, gli Albanesi, non si

sarebbero dapprima stabiliti in Italia 5,nei feudi loro concessi per atti militaridegni di encomio, e, in avanti, cercato edottenuto asilo, in modo così massiccio,nel Mezzogiorno d’Italia dopo l’invasio-ne dell’Albania da parte di Turchi.

2. 3 Le migrazioni di rilievodi arbëreshë tra il sec. XV e XVIII

Le prime notizie documentate sullemigrazioni consistenti o apprezzabili inItalia, quindi, non riguardano profughi oesuli ma soldati.

E difatti, nel XV secolo, Alfonso Id’Aragona re di Napoli, reclutò drappel-li di mercenari dall’Albania per contra-stare inizialmente le rivolte dei baronilocali, fomentate dagli Angioini, ma inavanti chiese ed ottenne l’intervento deiprincipi Albanesi per sconfiggere defini-tivamente le pretese al trono di Renatod’Angiò nella guerra di successione diNapoli (1458-1462).

• La prima ondata migratoria; l’ac-quisto del diritto di insediamento e digoverno nella Calabria (1442-1448 ).

Fin dagli gli inizi del 1400 sia laCalabria che la Sicilia, , erano traversa-te e sconvolte da rivolte intraprese daifeudatari contro il governo Aragonese diNapoli e gli Albanesi reclutati si interpo-sero per fornire i loro servizi militari.Sotto il dominio Aragonese aiutaronofedelmente il Re di Napoli contribuendo adomare la supremazia dei Baroni meri-

dionali.6

In un secondo momento,Alfonso I° d’Aragona, (Re di Napoli nel1442) per l’appunto, questa volta in lottaper la successione nel Regno di Napolicontro Roberto III d’Angiò sostenuto daifeudatari Calabresi, ricorse ai servizi diDemetrio Reres, nobile condottiero alba-nese. Il Reres portò con se tre “podero-se squadre”

7guidate, oltre che da lui, dai

suoi due figli Giorgio e Basilio.

L’intervento arbëresh fu decisivo tantoche lo stesso Reres fu nominato

Governatore8 della provincia di Reggio emolti suoi uomini, terminato il conflitto,

si stanziarono nella Calabria centrale9 ,nella provincia di Catanzaro dove rice-vettero, come ricompensa, alcuni territoriin donazione che ripolarono fondandosedici (16) paesi tra cui:

Andali, Amato, Arietta (scomparso),Casalnuovo d’ Africo, Vena di Maida,Marcedusa, Pallagorio, San Nicoladell’Alto, Carfizzi, Curinga, Gizeria,Zagarise, Zangarona di Nicastro.

In seguito, intorno al 1446-1448, idue figli del Reres si spostarono inSicilia, in aiuto di Ferrante I° d’Aragonaper domare una rivolta dei feudatari sici-liani e ricevettero, come ricompensa peri servigi resi, alcuni territori in donazio-ne, in maggior parte nell’odierna provin-cia di Palermo e vi crearono nuovi inse-diamenti con nuove residenze albanesi,

prima nella Sicilia Orientale10 nell’odier-na provincia di Agrigento:

(Bronte, Biancavilla, San Michele diGonzaria nell’attuale Provincia diCatania) e S. Angelo Muxaro. E ulterior-mente nella Sicilia Occidentale, nell’at-tuale provincia di Palermo:

Piana dei Greci, detta Piana degliAlbanesi, S. Cristina di Gela, ContessaEntellina, Palazzo Adriano, Mezzoiuso,San Cipirello.

Infine nuclei delle truppe si stabiliro-no a Taormina nella parte della cittadinadenominata “ il quartiere degli albane-si”.

In conclusione, il dato storico è: ilsostegno delle milizie Albanesi adAlfonso d’Aragona detto il Magnanimoconsentì di mantenere i Regni di Napoli edi Sicilia e propiziò i primi insediamentidegli stessi, in posizioni militari strategi-che, nel Meridione d’Italia, per controlla-

Emigrazioni dalla penisola Balcanica nel sec. XV

LA MINORANZA ALBANOFONAIL QUADRO STORICO DEGLI INSEDIAMENTI

Il sistema di relazioni e la situazione sociolinguistica attuale

Daniele Bellusci

Pubblichiamo il capitolo secondo della tesi di laurea di Daniele Bellusci, condirettore di “Lidhja”, sul tema:“La tutela della Minoranza Linguistica Italo-Albanese nel quadro della protezione nazionale e nel sistema regio-nale, Facoltà di Giurisprudenza, Bologna, Anno accademico 2002-2003, Relatore il Prof. A. Morrone. L’articolo èmolto interessante per l’analisi e per la documentazione storica che pone sotto nuova luce le emigrazioni albane-si in Italia. - Continua da “Lidhja” n. 54/2005 – pag. 1844-1845

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re e sedare eventuali rivolte fomentatedagli Angioni.

• La seconda ondata migratoria;l’acquisto diritti feudali ed acquisto diulteriori privilegi nei territori pugliesi(1461-1463).

Gli eventi storici successivi continua-rono a favorire insediamenti nelMeridione degli Albanesi.Qualche annopiù tardi, nel 1461, fu Giorgio CastriotaSkanderbeg, principe di Croia, l’eroenazionale albanese che era riuscito adarrestare l’avanzata dei Turchi diMaometto II verso nord, ad impegnarsinell’organizzazione di una spedizionemilitare a sostegno di Ferrante Id’Aragona, re di Napoli, succeduto adAlfonso I° morto nel 1458.

Il regime fiscale, voluto da Ferrante,aveva aumentato l’insofferenza deiBaroni pugliesi, che complottarono con-tro il nuovo sovrano.

Il principe Giovanni Antonio Orsini diTaranto, si mise alla testa dei Baroniribelli per organizzare il ritorno diRenato Angiò, che desiderava ridare allasua famiglia la corona del RegnoNapoletano.

Contro la sempre più pressante minac-cia dell’esercito filo-Angioino, che nel1461 era riuscito ad occupare Bari,Ferrante d’Aragona che era assediato aMolfetta chiese ed ottenne l’aiuto delletruppe del principe Skanderbeg il quale

sbarcò a Barletta con circa 4.000 soldati 11.Ai confini tra Campania e Puglia

nella località compresa tra Greci, Orsaradi Puglia e Troja avvenne, il 18 agosto1462, un duro scontro fra i due eserciti,dove la vittoria arrise agli alleatiAragonesi liberando Ferrante I° assedia-to dal Duca d’Angiò.

La riconoscenza di Ferrante fu tale daassegnare a Skanderbeg i feudi perpetui di:

Monte S. Angelo, Trani, MonteGargano, S. Giovanni Rotondo mentre aisuoi soldati ed alle loro famiglie fu con-cesso di stabilirsi in quei territori e daallora in avanti i Re di Napoli ebberosempre nel loro esercito un reggimento difedelissimi Albanesi, detto il Real

Macedone12.Cessata la rivolta molti Arberesh

rimasero nei feudi e si distribuirono tra laPuglia ed il Molise; fondando e ripopo-lando ventisette centri tra cui:

in provincia di Foggia: Chiesti, Castelluccio di Sauri,

Casalvecchio di Puglia, CasalnuovoMonterotaro, Panni, Monteleone diPuglia, Faeto;

in provincia di Campobasso: Campomarino, Ururi, Portocannone,

Montecilfone, Santa Croce di Magliano,S.Martino in Pensilis, Sant’Elena Sannita;

In provincia di Taranto: Montemesola, Monteiasi, Civitella,

Carotino, S. Giorgio ionico, Belvedere,Monteparano, Mennano, S. Martino,Rocca forzata, Faggiano, S. Marzano diSan Giuseppe, S. Crispeieri in provinciadi Avellino: Greci

Entrambe queste spedizioni a cuiseguirono gli insediamenti, furono fruttodi relazioni economiche, politiche milita-ri , e la loro azione incise sugli assettiistituzionali del Regno di Napoli a cuierano interessati: Francia, Spagna,Granducato di Toscana , Repubblica diVenezia, Stato Pontificio.

Sollecitate dagli Aragonesi, prima daAlfonso I° e poi da Ferrante I° in un qua-dro di reciproca solidarietà e di assisten-za militare territoriale- regionale,

13le due

spedizioni militari in Italia produsserol’effetto, assieme agli indiscussi meritiacquisiti in campo militare, di far con-seguire ai soldati Albanesi:

• il diritto al Governo amministrativodella Calabria Ultra, terreni in donazionein Sicilia, diritti feudali perpetui nellePuglie;

• il diritto di insediarsi con le lorofamiglie su tutto il territorio meridiona-le: Puglia, Campania, Molise, Calabria e

Sicilia 14.• La terza ondata migratoria: gli

albanesi si insediano nelle Puglie,(1464- 1478), esercitando i diritti feu-dali. L’approdo in Calabria nelCosentino.

Finita la missione in soccorso diFerrante I° nel 1464 Skanderberg è dinuovo impegnato a Cruja, allora capitaledell’Albania, assediata dai Turchi.

Dal 1444 era stato designato coman-

dante generale dell’esercito unitarioalbanese dalla Lega di Lezha a cui ade-rivano i maggiori principati albanesi.

Skanderberg in quegli anni cercò diottenere aiuti militari, nell’impari lottacon l’impero turco, tessendo una rete dialleanze internazionali sia con i Re diNapoli Alfonso e Ferdinando d’Aragonae la Repubblica di Venezia e sia con ipapi Callisto III e Pio II .Ma il diciasset-te gennaio del 1468 lo stratega albanesedetto “”Leone dell’Albania” e “ Atleta diCristo” improvvisamente morì.

Nel 1478 dopo quattordici anni diassedio la capitale albanese si arrese aiturchi seguita l’anno dopo da Scutari esuccessivamente da tutte le rimanenti cit-tadelle; l’Albania venne così invasadopo aver resistito per più di quarantaanni all’esercito turco.

Al decennio 1468-1478 ( morte diSkanderbeg – conquista di Cruja ) vienecircoscritta la terza ondata migratoriaper dimensione la più significativa.

Il figlio di Skanderbeg, Giovanni, incambio dei feudi perpetui di Monte S.Angelo rilevò i feudi di Galatina e Soletonella penisola Salentina ed ivi si stanzia-rono le popolazioni profughe che inseguito, ed in parte, gradualmente, si tra-sferirono anche in Calabria ove già esi-stevano delle Comunità Albanesi.

Da questo periodo in avanti e fino aiprimi anni del 1500, (nel 1506 tuttal’Albania cadeva in mano ai turchi), altri

gruppi di migliaia profughi 15 provenien-ti da tutte le regioni dell’Albania parten-do dai porti di Scutari, Ragusa, Alessiosbarcarono in Calabria nei porti dellapianura di Sibari.

Si distribuirono nelle zone internefondando le comunità in provincia diCosenza di:

S. Giorgio Albanese, VaccarizzoAlbanese, S. Cosmo Albanese, MacchiaAlbanese, Spezzano Albanese, S.Caterina Albanese, S. Demetrio Corone,S.Sofia d’Epiro, Acquaformosa, Lungo,Firmo, S. Basile,Frascineto, Porcile oraEianina, Civita, Plataci, S.BenedettoUllano, Marri , S.Martino di Finita, S.Giacomo, Cerreto, Cavallerizzo,Mongrassano, Cervicati, FalconaraAlbanese, Serra di Aiello.

Questa ondata distribuita in questipaesi raccoglieva profughi da tutte leregioni albanesi come testimonianol’idioma, le tradizioni,

16la diversa topo-

nomastica.17

Racconto tradizionale vuole che lamigrazione nel Cosentino sia stata deter-minata da legami affettivi e sentimentaliavendo il Principe di S.Severino sposato

1869 Lidhja n. 55/2006

Emigrazioni dalla penisola Balcanica nel sec. XV

Università di Bologna, novembre 2003.Tommaso e Daniele Bellusci, padre e figlio,si rallegrano nel festoso giorno della laureain giurisprudenza di Daniele a Bologna.

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1870 Lidhja n. 55/2006

Irene Castriota nipote di Skanderbeg.In realtà, non risulta documentato che

Irene abbia destinato alcun lascito afavore degli esuli; invece dai Capitolati,stipulati tra le comunità allogene e i pic-coli possidenti o notabili locali, risultache non tutte le proprietà rientravano neidomini dei Sanseverino.

• La quarta ondata migratoria; nel1534 dopo l’espuganzione di Corone iprofughi albanesi sbarcati a Napoli siinsediano nelle Provincie diAvellino,Potenza, Cosenza.

Nel 1534, caduta in mano turca lacittà greo/albanese di Corone nellaMorea molte nobili famiglie coronee, pervolontà di Carlo V°, furono messe insalvo con una flotta imperiale guidatadall’ammiraglio Andrea Doria e sbarcatea Napoli allora governata dal ViceréD.Pietro di Toledo.

Distribuiti nel territorio del RegnoNapoletano si stabilirono:

in provincia di Avellino : Greci;in provincia di Potenza :Barile,

Brindisi di montagna e Maschito, S.Costantino Albanese, S. Paolo Albanese;

in provincia di Cosenza : S, BenedettoUllano;

alcuni migrarono nelle isole Lipari ein Sicilia.

I Capitolati 18

che disciplinavano i

rapporti tra queste Comunità, Vescovi efeudatari furono particolarmente vantag-giosi;

19esse ebbero privilegi particolari

duraturi, come quello di non pagare idazi fiscali, di portare le armi in qualun-que luogo, di andare a cavallo, di stabi-lirsi nelle regioni meridionali d’Italia aloro scelta.

20

• La quinta ondata migratoria; nel1646 i ribelli albanesi della Morea sistabiliscono in Provincia di Potenzapresso le Comunità già esistenti ed inprovincia di Piacenza.

L’ ondata migratoria si verifica sottol’impero di Filippo IV di Spagna. ed èpiu ridotta. La violenta repressione otto-mana, a seguito di una rivolta, induce lepopolazioni della Morea e di Maida amigrare nelle località del Meridione giàoccupate dagli albanesi e distribuendosiper omogeneità di provenienza si stabili-scono in maggioranza nelle comunitàAlbanesi già situate in Basilicata dal1534 mentre altri nuclei si insediano piùa Nord in provincia di Piacenza.

• La sesta ondata migratoria;avviene intorno al 1680

Provenienti dall’Albania settentriona-le migrarono soprattutto per motivi reli-giosi; furono guidati dal monaco GiorgioSavasto si distribuirono nel Gargano,Molise e Chianti.

• La settima ondata migratoria ; siverifica nel 1744. Le successive migra-zioni di piccoli nuclei.

Riguarda gli abitanti di una zonadell’Albania Meridionale detta“Chimara” e l’esodo è determinato dasentimenti religiosi. La popolazione deivillaggi di questi monti, insediata sullealture di un promontorio, per anni riuscìresistere alle scorribande ed aggressioniturche.

21In Abruzzo, guidati dai loro “

Papas” approdarono nell’Italia centrale.A loro Carlo III di Borbone assegnò

l’antico feudo di “Abbadessa” (ora VillaBadessa) di proprietà dei Farnese in pro-vincia di Pescara che venne esentatodalla giurisdizione dei Vescovi latini;vennero anche assegnati dei vitalizi per il

sostentamento del clero22. Gli altri spo-stamenti migratori avvennero dal 1759al 1825 tra cui quella del 1774 guidatada Pangiota Cadamano che si fermò nelpaese di Brindisi di montagna.

Colonie di albanesi 23 si stabilirono aBrindisi , a Venezia, in Calabria nellezone del Pollino, Piana di lamezia, ed inProvincia di Reggio Calabria nei paesi diPolistena, Seminara, Terranova,Casalnuovo d’africo, Stilo, S. GiorgioMorgeto.

Continua / 3

Emigrazioni dalla penisola Balcanica nel sec. XV

1F. BRANDILEONE, L’Italia bizantina e la sua importanza nella storia del

diritto italiano, in Studi in onore di Pietro Bonfante, Pavia,1929, vol.2°,pp.219-2332G.GAY, L’Italia meridionale e L’Impero bizantino. Dall’avvento di Basilio

I° alla resa di Bari ai Normanni. (867-1071) Parigi, 1904. Trad. ne Italiana,Firenze, 1917,p.9173

F. BRAUNDEL, Storia d’Italia - Due secoli e tre Italie - Ed. Einaudi,Torino 1974, vol.Vpag.2105.4

Cfr. F. ALTIMARI , in un saggio pubblicato nel volume “ Albanci”,Edizioni Cankarjeva Zalobza, Ljubiljana, 19835

Cfr.T.MORELLI, Delle ragioni principali della venuta degli Albanesi nelregno delle Due Sicilie., 18416

C. BRUNETTI, op. cit. pag. 126.7

F. TAJANI, “Albanesi in Italia”, (ristampa anastatica de “Le istorieAlbanesi”, (1886), Ed. Brenner, Cosenza 1969, Cap. 1 pag. 6.D. CASSIANO, op. cit. pag. 14.8

Cfr. M. BELLIZZI, op. cit.,p.809

Per una esauriente descrizione storica degli insediamenti albanesi inCalabria vedi:D. ZANGARI, Le colonie italo- albanesi in Calabria, Storia e demografia:secolo XV e XIX, Casella , Napoli, 194010

Sugli insediamenti in Sicilia e le cd Capitolazioni con i feudatari delluogo vedi :G. LA MANTIA, I Capitoli delle Colonie Greco- Albanesi di Sicilia neiSecoli XV e XVI , Palermo, 190411

D . CASSIANO, op. cit. pag. 24.12

A. SCURA, “Gli albanesi in Italia e i loro canti tradizionali”. Ed. Tocci,New York,1912, p. 2813

Anche gli albanesi erano assistiti con equipaggiamenti e combattevanoaccanto alle guarnigioni veneziane nella logorante guerra di opposizioneall’impero turco considerato che i porti lungo le coste Albanesi: Vallona,Durazzo, Antivari, Dulcigno ecc., costituivano punti di appoggio strategi-

co mercantile sia per il regno di Napoli che per Venezia.14

V. ELMO, La minoranza di origine albanese, in Ori e costumi degli alba-nesi, vol.1, pg.51.15

A. MASCI, Sull’origine, i costumi e loro stato attuale, degli albanesi nelRegno di Napoli, Napoli, 1847, p.16 e seg.16

A. BELLUSCI, Ricerca etnografica tra gli Albanesi di Calabria, Basilicatae Grecia- Il telaio nei testi originali Arbereshe- Materiali e documenti diculture analfabete, Cosenza , 197717A.BELLUSCI, La Pastorizia, Ricerca etnografica tra gli albanesi di

Frascineto e Calabria, Cosenza ,199118Cfr, D. CASSIANI, Le Comunità Arbereshe della Calabria del XV e XVI,

Ed. Brenner, Cosenza,1977 19

Con le capitolazioni gli Albanesi accettavano le regole feudali ma conuna particolarità: accettavano l’obbligo del “rispetto dei patti” ma si inse-rivano nelle terre come persone libere per cui rifiutavano la protezione delfeudatario ed atti di servilismo nei confronti di Duchi, Baroni,Principi edaltri signori.Sull’argomento vedi Frà Gerolamo Marafioti di Polistena, dell’Ordine deiMin. Oss., Delle Croniche ed Antichità di Calabria, Napoli, 1595 (…) inquesti con vicini paesi abitano molti buoni uomini da noi chiamati Albanesi(…) e se per sorte nel territorio nel quale abitano, il Signore del luogovolesse alquanto maltrattarli loro pongono fuoco alli tuguri e vanno adabitare nel territorio di altro signore.20

A. SCURA, op. cit. pag. 56.21

L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli,X, Ed. Forni, Bologna, 1805,p.180522

G.S.LA VITOLA, Gli Albanesi nella diocesi dei due mari, Ed. Schena,Fasano,1971, p.24 23

Sull’argomento vedi:G. FARACO, Gli Albanesi d’Italia, in U. Bardi Le mille culture, Ed. Coines, Roma, 1976,p.194 V. ELMO, “Gli status dell’arcipelago minoritario”, edito a cura del comu-

ne di Vaccarizzo Albanese 1990, pag. 162.

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1871 Lidhja n. 55/2006

“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

Nella Pasqua del 1980 papàs Antonio Bellusci diFrascineto dava vita a Lidhja col sottotitolo «Rassegna

d’informazione italo-albanese». Questo il programma: «Unionemedita, opera e desidera unire, coll’aiuto del Signore e collabuona volontà delle persone, le menti e i cuori degli Italo-alba-nesi credenti, che abitano in Cosenza; unire gli Arbëreshe diCosenza col popolo cosentino, mostrando i valori autentici dellanostra cultura bizantina ed etnica soprattutto con opportune ini-ziative culturali promosse dal Comitato Arbereh, presiedutoall’Ing. Giulio Scura,” in modo che «giammai venga a spegner-si la fiamma dell’albanesità, alimentata dal grande Girolamo DeRada».

Entusiasta degli obiettivi pro-grammatici, mons. Giovanni Stamati,vescovo di Lungro, si dichiarava con-vinto che Lidhja aveva enorme possi-bilità di far rivivere i valori socio-cul-turali ed etnici della gente arbereh edaugurava, perciò, vita «lunga e fio-rente» al periodico. Nello stessotempo papàs Bellusci si dedicava allasua parrocchia del SS. Salvatore eall’insegnamento scolastico.

Il taglio religioso di Lidhja siavverte nella pubblicazione di alcune«Kalimere», unitamente all’intenzio-ne del suo fondatore di rileggere erivalutare le opere di illustri perso-naggi. Egli indirizza, quindi, adAntonio Grobi il suo «più caloroso»plauso, perché il pittore di Frascinetocostituisce, soprattutto per gli italo-albanesi, un «fulgido esempio».

Leopoldo Conforti, docente digreco nel liceo Telesio di Cosenza, sisofferma sulle «Vallje», le danze diorigine guerresca, e sul rito liturgicogreco-bizantino, di cui mette a fuoconon solo il valore spirituale, ma anche «la primaria importanzaper la sopravvivenza e il progresso delle comunità italo-albane-si», a cui egli appartiene.

Lo studio etnografico sulle strutture architettoniche ed urba-nistiche degli arbereshe è svolto, con rigore e passione, dall’ing.Giulio Scura. Vincenzo Gradilone tratta della figura di San Nilo,fondatore del monastero basiliano di S. Adriano e diGrottaferrata. Ai lettori di Lidhja Angelo Palazzo presenta duepersonaggi Gjegji: Girolamo De Rada e Guglielmo Tocci. Sullariforma sanitaria esprime puntuali considerazioni Franco

Pichierri. Il prof. Giuseppe Frega, rettore magnificodell’Università della Calabria, chiarisce i vantaggi che essa arre-ca agli studenti dei paesi albanesi.

Nel terzo anno di Lidhja (nov. 1982), Vincenzo Sammarradescrive le impressioni dei viaggiatori stranieri nell’Arberia e ilsottoscritto puntualizza i debiti di riconoscenza e d’ispirazioneche Vincenzo Padula di Acri contrasse, nel componimento poe-tico Il telaio, nei riguardi dell’italo-albanese F. Antonio Santoro.

Lungimirante lo sguardo sulla pedagogia arberehe dell’ispet-tore scolastico Ercole Postararo, che sostiene la necessità d’unaprogrammazione didattica ed educativa «sempre più calata nellarealtà ambientale e storicamente puntualizzata». Salvatore

Santoro lancia una vibrata protesta,dalle colonne di Lidhja, contro la dia-bolica trilogia della società dei con-sumi: potenza, ricchezza, gloria.Lidhja accoglie anche il contributo dialcune studentesse liceali, che auspi-cano la presenza viva e fruttuosadelle donne italo-albanesi nella vitaaffettiva e in quella sociale e lavorati-va. Suggestiva la libera rielaborazio-ne di leggende orientali, fatta dallaprof. Angela Maria Merolla.

Rapporti emozionanti, documen-tati fotograficamente, intesse, conl’università di Tirana; però il diretto-re di Lidhja non dimentica i suoiimpegni sacerdotali: visita gli arbere-she di Cosenza nelle loro abitazioni,per conoscerli di persona, per coin-volgerli in un discorso culturale, perspronarli a parlare ai loro figli nellalingua albanese, perché «ciò puòessere molto utile anche in chiaveoccupazionale».

Nel 1987, il Centro ricerchesocio-culturali “G. Castriota

Scanderbeg” pubblica uno studio sugli eredi di Scanderbergnell’Eubea. È l’anno di morte di mons. Giovanni Stamati: unafigura, scrive papàs Bellusci, religiosa, ma anche storica; un«punto di riferimento per l’eparchia di Lungro».

Stando a Cosenza, papàs Bellusci si affaccia sovente dal bal-cone per guardare la confluenza del Busento e del Crati, ma ilsuo pensiero non va solo ad Alarico, che i Goti piangono, comesi legge nella ballata di August von Platen, ma più volentieriall’eroe Scanderbeg, raffigurato nel bronzo del monumento diCorso Plebiscito, che promosse la rivolta dell’Albania contro il

L’attività culturaledella rivista “Lidhja” nella città di Cosenza

A Frascineto, domenica 17 dicembre 2005, si è svolto un Convegno culturale per sintetizzare il percorso dei primiventicinque anni di vita della rivista italo-greco-albanese “Lidhja/L’Unione”, fondata a Cosenza nell’aprile del 1980, eche ogni sei mesi, senza interruzione, si pubblica fino al presente. L’intera collana dei 53 numeri pubblicati sono oggidisponibili anche per gli Enti e per gli studiosi in tre volumi rilegati, che racchiudono complessivamente 1850 pagine.Una miniera di dati sull’Arberia in Italia e sugli albanesi nel mondo su cui attingere a piene mani per approfondire styu-di e ricerche su vari settori scientifici. Pubblichiamo le tre relazioni tenute al Convegno da eminenti studiosi, che da annici onorano con la loro collaborazione in “Lidhja” e che ne hanno assimilitato le tematiche e le finalità.

Vincenzo Napolillo*

Il primo numero di Vatra Jonë fondata a S. CostantinoAlbanese nel 1966 dal papàs A. Bellusci

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dominio turco e, finalmente, l’indipendenza albanese. Consapevole che l’uomo «tanto può, quanto sa», Antonio

Bellusci (parlare di Lidhja è parlare di lui) compila il Dizionariofraseologico degli albenesi d’Italia e di Grecia.

Il 30 aprile 1988, Pietro Ardizzoni denuncia la tendenzaall’omologazione e chiarisce, a scanso di equivoci, che rinvigo-rire l’autocoscienza, il senso del sé, o parlare d’identità, nonsignifica estraneità, né opposizione preconcetta della minoranzaetnica rispetto alla restante comunitànazionale, perché ciò potrebbe indur-re «a separatismi sterili sul pianoumano e culturale, oltre che irrealiz-zabili su quello politico: tendenzapericolosa a tutti, e prima che perogni altro per i suoi stessi portatori».Lidia Capparelli mette in luce, assie-me alla struggente malinconia deicanti, la bellezza della lingua albane-se, il fascino dei riti sacri, l’eleganzadei costumi, la dedizione di Lidhjaalla diffusione della cultura arbere-she.

Nel 1991 Lidhja passò a setacciole vicende che divisero la Iugoslaviae scatenarono l’opposizione dellaSerbia e una feroce guerra, che duròquattro anni. In questa terribile occa-sione, il direttore di Lidhja lancia ungrido d’allarme, purtroppo inascolta-to: i diritti fondamentali del Kosovosono sotto i talloni della poliziaserba, specialmente quelli delledonne; emigrazione, torture, carceri,uccisioni sono i soli diritti ammessidai Serbi.

Il direttore di Lidhja continua acondannare aspramente i crimini diguerra, la pulizia etnica attuata daiSerbi; segue, con attenzione e trepi-dazione, la situazione dei profughi infuga, a molti dei quali apre non solole porte del cuore, ma soprattuttoquelle di casa sua, immaginando esperando nella creazione di nuoviequilibri e nel compimento dellapacificazione. Tira, quindi, un respi-ro di sollievo quando l’Albania,ridotta da quasi 50 anni di dittaturacomunista, rigida e miope, a uno deipaesi più poveri d’Europa, si dà unregime democratico e si associaall’Unione Europea.

Il 13 marzo 1991, si recaall’ospedale di Brindisi per fare visi-ta al prof. Etem Helmesi, col qualediscute e affaccia la preoccupazione di vedere molti profughiassoldati dalle organizzazioni criminali e mafiose. Il prof.Francesco Altimari, docente nell’università della Calabria, pro-testa, invece, contro il settarismo ideologico e il tentativo di can-cellare dalla cultura albanese le opere di Schirò, Konica, Fishta,Koliqi, Pipa.

La posizione di Lidhja è ferma e inequivocabile; gli articolidi fondo si possono definire piuttosto relazioni o rapporti scritti,tanto più che il direttore ha fatto molti viaggi all’estero. Ma

un’importante testimonianza dell’abnegazione di papàs Bellusciè nella lettera di Nicola Mazzuca, sindaco di Caraffa, che sirivolge, il 7 luglio 1992, a lui affinché si occupi della situazionelavorativa d’una profuga diplomata all’Accademia di Tirana inviolino e viola.

L’intricata matassa della politica delle grandi Potenze nonconvince papàs Bellusci, che lascia Cosenza, diventata, permerito di Lidhja, la capitale culturale della minoranza albanese

d’Italia.Non c’è dubbio che Lidhja s’era

inserita di getto nella cultura cosenti-na, che vanta tradizioni illustri sianella cultura umanistica, sostenutadall’Accademia Cosentina, nata adopera di Aulo Giano Parrasio nel1511, sia in quella scientifica, pro-dotta da Bernardino Telesio, chenella sua opera maggiore De rerumnatura iuxta propria principia, inclu-sa nell’Indice dei libri proibiti a par-tire dal 1596, liberò la scienza daogni apriorismo metafisico e da ognisottomissione all’ipse dixit diAristotele. Non meno importante fuil contributo offerto alla cultura stori-ca da Sertorio Quattromani. Eglidifese dai detrattori il buon nomedella sua città, nel manoscritto intito-lato Istoria della città di Cosenza,utilizzando fonti, documenti e testi infunzione di ricostruzione storiografi-ca non compromessa da manipola-zioni e interpretazioni nociva.Questa metodologia, che si richiamaalle fonti non inquinate da preconcet-ti, né da valutazioni soggettive, miriporta alla mente il giudizio espressodal filologo e scienziato GerardRholfs, che annoverava Lidhja fra lesignificative «fonti» nelle pubblica-zioni sui greci di Calabria.

Lidhja mantiene fede tuttora allasua principale finalità culturale ecivile: l’unione dei popoli, attraversogli strumenti della cultura, della lin-gua e della civilizzazione, senzacadere nella rete della globalizzazio-ne utilitaristica e indistinta, ma rico-noscendo l’universalità dei dirittiumani, da cui si genera la pace, esenza trascurare i grandi temi dellosviluppo economico, dell’identità,della difesa della famiglia, del lavo-ro, dell’ambiente, della religione,della qualità della vita.

Noi siamo grati ad Antonio Bellusci, fondatore e direttore diLidhja, per avere raccolto intorno alla rassegna italo-albaneseintellettuali di prestigio e per averci donato l’intelligente suoimpegno giornalistico e culturale e persino di editore, libero daedulcorazioni retoriche e apertamente proteso a costruire unponte fra i popoli dell’Oriente e dell’Occidente.

* Noto scrittore e critico letterario dell’Irpinia che vive a Cosenza. Hapubblicato in “Lidhja” alcuni articoli su Vincenzo Dorsa e sul Padula.

La Biblioteca Internazionale “A.Bellusci”di Frascineto riconosciuta d’interesse regionalecon Decreto n. 26 del 26/02/2004 (L.R.17/85),

è specializzata in Cultura arbëreshe eSpiritualità bizantina, e contiene in particolare:

1. la produzione letteraria di scrittori e poeti dellecomunità italo-albanesi in Sicilia, Calabria,Basilicata, Puglia, Molise, Campania edAbruzzo;2. la produzione letteraria di scrittori e poeti dellecomunità albanesi in Albania, Grecia, Kosova,Macedonia, Montenegro, Romania, Russia,Turchia;3. la produzione letteraria, storica, liturgica erituale ecc.delle diocesi di Lungro e di Pianadegli Albanesi, e del Monastero della BadiaGreca di Grottaferrata.

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Centro Ricerche Socio-Culturale “G. Kastriota” - Frascineto, Via Pollino, 84 - Tel. 0981.32048

Biblioteca Internazionale “A. Bellusci” - FrascinetoRiconosciuta di interesse regionale col Decreto n. 26 - del 26.02.2004

La Biblioteca è frequentata e visitata da molti studiosi. Studentiuniversitari raccolgono materiale bibliografiche per le loro tesidi laurea. Alunni delle scuole dell’obbligo si recano per svolgerericerche e studi sulla storia e letteratura delle comunità italo-albanesi, nonché sull’origine storiche dell’Eparchia di Lungro,di Piana degli Albanesi, e del Monastero Esarchico diGrottaferrata. A sinistra il Registro delle presenze in Biblioteca.

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Lidhja n. 55/2006

La venticiquennale azione culturale di Lidhja nella diaspo-ra la possiamo, volendo, interpretare in tanti modi alter-

nativi, ma sempre in relazione e corrispondentemente alla diver-sificazione dell’azione stessa. Un dato è certo : la non semplici-tà di circoscriverla e di definirla, perché le milleottocento paginecomplessive, gli innumerevoli luoghi d’approdo con delle pecu-liarità distinte e, parafrasando il Direttore Papàs AntonioBellusci, con “la sua poliedrica manifestazioni di linguaggio econtenuto” , rendono difficoltosa la generale procedura d’estra-polazione che si presenti nel contempo sintetica e chiara maanche alquanto globale e giusta.

Quindi mi accingo a svolgere la tematica soltanto da un’an-golatura: mettendo in luce documenti e fatti che riguardanouomini e società che intervengono in prima persona, facendorisaltare l’eccezionalità comunicativa della rivista nellaDiaspora; ma in piena consapevolezza della percezione confa-cente ad una posizione di privilegio, innegabilmente di chi l’havista crescere numero dopo numero, di chi, ora per un motivo edora per un altro, ha più voltegirato e rigirato tra le manitutti i fascicoli; di chi moltevolte si è commosso dietro unaqualche testimonianza o uncomponimento.

La rubrica “Lettere aLidhja”inizia con il n 7 . Ladichiarazione d’intenti pro-grammatica dice: “Questarubrica, redatta dai nostri letto-ri sparsi un pò dovunque,costituisce l’asse portante delnostro discorso culturale, pro-iettato nel retroterra arbëreshitalo-greco-albanese …….”

Ma nel numero successivoessa si articola maggiormentee riferendosi ai valori spiritua-li dell’Arberia dice che essirappresentano “…il cordoneombelicale attraverso cuirimangono inalterati gli affettilegati alla propria terra, alla propria cultura, alle proprie tradizio-ni, malgrado le lontananze. Le lettere in italiano e in albanese let-terario e popolare, sono la testimonianza più confortante chel’Arberia è tanto viva, pur nelle sue poliedriche manifestazioni dilinguaggio e contenuto. …”.

In questo stesso numero una lettera ci aiuta ad interpretarequesta dichiarazione e a permetterci di intendere gli itinerarisempre più ramificati e lontani.

Da Torino una giovane ragazza per una lontananza forzata danecessità di lavoro dei propri genitori e di studio per lei ( è que-sta in genere una situazione da meridionali del sud del mondo,in cerca della dignità del lavoro e dell’ opportunità della cono-scenza), così scrive: “ Zotila, si e shkon ? U mirë ….. Ti shurbensembri shumë ? Gjënde sembri mirë Kosenx ?...” – traduco :zioZoti come stai? io bene … tu lavori sempre molto ? ti trovi

sempre bene a Cosenza ? “-Ed in una riga di post-scriptum aggiunge :” ca fjalë i shkruej-

ta herë një maner, herë njeter. Më pilqeni shumët të dinja tëshkruenja mirë arbërishtin.” – traduco: alcune parole le ho scrit-te una volta di un modo, una volta di un altro modo. Mi piacemoltissimo saper scrivere bene l’arbëreshe.

Quindi questa lettera esprime un grande desiderio di potersaper scrivere nella lingua che sente più profondamente sua; maugualmente grande è la risposta del direttore papàs AntonioBellusci, che dice dopo i rituali scambi di convenevoli : “…Ti embësova gjuhen ka mëmira, ka tatëmadhi, ka mëma, ka tata edheka zotilal. … ditë për ditë, zure e e shkruajte vet, me zëmer e medjers. Ashtu si bëre e si je bënë…, …. Mos u lodh, po me hare,shkruajmë arbërisht, ashtu si di ti. E kështu na arbëreshë, bashkëme tij, vemi gjithë më shumë perpara…” - traduco: “.. tu haiimparato la lingua dalla nonna, dal nonno, dalla mamma, dalpapà e anche da zotilal … giorno per giorno, hai imparato a scri-vere da sola, con il cuore e con il sudore. Così come hai fatto e

stai facendo…. non ti stancare,con gioia, scrivimi in arbëre-she, nel modo come sai tu. Ecosì noi arbëreshë, insieme ate, andiamo tutti più avanti.

Quanta scienza da com-piersi traspare da questo desi-derio profondo e quanta allostesso modo se ne realizza dauna risposta spontanea maugualmente profonda . Cioèquel “continua a scrivere nelmodo che sai tu”; è un enormesprono a riflettere introspetti-vamente sulla propria valenzaculturale, usando il linguaggiodel proprio paese, della pro-pria famiglia, con i proprisignificati, ma anche con ilproprio alfabeto conosciuto.La grande lezione che se netrae è che qualsiasi linguaggioparlato, anche se confinato

nella sfera delle proprie mura domestiche è degno di essere scrit-to; le tante espressioni che ci portiamo dentro inconsapevolmen-te assorbite dai nonni, dai genitori e dalla socialità che viviamonei nostri paesi, solo scrivendole avranno modo di esserecomunque conservate, riprese, osservate e studiate anche insecondo momento da noi stessi o da altri.

A questo punto mi viene spontanea l’associazione con leparole di un grande statista che più o meno suonano così : “abbia-mo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”; allora siamo nel1861; ma ancora , ben 100 anni dopo, è tutto un pullulare di studie ricerche dei saperi del popolo che spaziano dal linguaggio aicomportamenti, dalla ritualità religiosa alla ritualità agricola, atestimonianza di tante culture locali approssimativamente diver-se o approssimativamente simili, che continuano ad esistere; cheil popolo comunemente vive per la soluzione o risoluzione dei

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“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

L’attività culturale della rivista “Lidhja”nella Diaspora Albanese

di Giorgio Vincenzo Sammarra *

Frasnita, 6 maj 2006 – Bibliotekë Ndërkombëtare “A.Bellusci” –Profesorë dhe Student prej Universitetit i Evropës Juglindore –Tetovë -Maqedoni : prof. Zeqir Kadriu, prof.Xhamit Xhaferi, prof. Luleta Isaku,prof.Agim Poshka, prof.V.Marleku.“Te Biblioteka impresionet më të thella: Vend ku shpirti ngrihet lart përnjë moment dhe ndjen qetësinë e vërtet vend ku ndjehem krenare se jamshqiptare”.

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bisogni del proprio quotidiano; siamo nel 1961 e quegli italianiancora non si è riusciti a farli.

In seguito sono bastati solo qualche decennio di congiunturetra la necessità economica di abbandonare temporaneamente ipropri luoghi, una specie dimordi e fuggi dell’emigrazio-ne, ed inoltre la presenza diffu-sa di un mezzo in apparenzaesclusivamente tecnico comela televisione, che quegliauspicati italiani si sono tangi-bilmente auto formulati conaspettative sociali comunidalle Alpi all’Aspromonte.

Il nonno e la nonna nonhanno più nulla da trasmettereai nipoti, ma questi al pariinnalzano una sorta di steccatoinvalicabile verso tutto ciò chenon è cultura di massa per lamassa.

Apparentemente è così, omeglio è così nei modi più tur-bolenti dell’esprimersi sociale.

Altri invece, e Lidhja è ungrandissimo esempio, prose-guono lungo le proprie diretti-ve con tanta riservatezza e determinazione, pur nell’incertezzedel divenire.

Nel numero undici sempre nella rubrica “Lettere a Lidhja” silegge :”… Lidhja significa etimologicamente il legame. … vienespedita , letta e capita in varie parti del mondo. Le tante lettere-documento che ci arrivano lo attestano; attestano che non siamosoli, attestano che siamo diffusi, attestano che ci capiamo fra dinoi, quantunque vi sono alcuni vocaboli che hanno subito influs-si locali. Però la struttura del linguaggio è dappertutto uguale.Noi incitiamo i diversi lettori delle diverse parti del mondo cheabbiano una qualsiasi matrice arbëreshe, arberore, arnauta, koso-vara della diaspora, a superare le difficoltà iniziali della lettura,provando qualche volta in più del normale e vedranno che tuttoun mondo nuovo di comprensioni gli si chiarirà. Il linguaggioalbanese così diverrà una fonte, un mezzo potente di comunica-zione, di comprensione, a livello mondiale. Gli albanesi sonodovunque. … Lidhja si trova impegnata con tutte le sue energiein questo programma ambizioso : partire dall’humus di questaArberia e porsi come satellite che capta le diverse situazioniumane di un popolo arbëreshe che ha subito la diaspora ed è tut-tora in cammino …”

Una risposta a queste linee di tendenza la troviamo sempre suLidhja, nel numero tredici e sempre nella rubrica “Lettere aLidhja” : “… gli studi-ricerche, riguardanti gli arberori di Grecia… hanno suscitato tra gli albanologi notevole interesse. Ciò èattestato da lettere-documenti … inviati da studiosi, che nonconosco di persona. Il discorso quindi si allarga e, nello stessotempo, si approfondisce. … Esse pongono in risalto sopratuttoche Lidhja è fortemente impegnata a portare avanti un discorsoculturale nuovo … Non esistono, nella diaspora dei figli diSkanderbeg, soltanto gli arbëreshë d’Italia con i loro circa 80paesi … ma sono una realtà inconfutabile anche gli arberore diGrecia con i loro 600 paesi … da sottolineare che l’albanesità …ieri come oggi non conosce barriere né nelle ideologie né nelcredo religioso dei singoli. Le lettere dall’Albania provengonoda persone < atee >, quelle dagli USA da personaggi di credomulsumano, quelle dalla Grecia da amici di fede ortodossa, quel-

le dall’Italia e dalla Francia da arbëreshë praticanti il rito bizan-tino oppure latino. Lidhja, che significa: il legame-l’unione, vivequindi nella dimensione di una arberia cosmica… Davvero com-movente mi è parsa la lettera del Prof. Brasacchio, che spero di

conoscere quanto prima. Dopocinque secoli ….. coltivarenell’animo sentimenti cosìelevati e poderosi, sottol’aspetto etnico arbëresh, èdavvero qualcosa di straordi-nario. ……”. Ciò è quantoscrive Antonio Bellusci a pro-posito della vasta eco suscita-ta dai dossier sui paesi albano-foni della Grecia.

In questo stesso numero diLidhja ho letto la lettera delProf. Brasacchio ; davverocommovente e per certi versianche pre-annunciatrice “deinuovi viaggi per altre terre”che la rivista qualche lustrodopo intraprende; ne riportoqualche ampio stralcio : “ …Trovo interessantissima ecommovente la tua relazionesui fratelli albanesi di Grecia.

Il tuo viaggio, le tue parole, il tuo servizio sono encomiabili. Ti esprimo la mia ammirazione e la mia gratitudine per il

bene che fai a noi, a loro, alla storia,… quanti ricordi affiorano equante voci riecheggiano nelle tue pagine, che sanno di antico, eche il futuro accoglierà riconoscente e lieto.

La tua è una missione non solo culturale, ma soprattuttoumana, non solo il passato tu cerchi e rievochi, ma abbracci eporti a noi il presente, vivo e fresco. Sei l’ambasciatore degliarbëreshë…”

Nel numero venti Androkli Kostallari , presidentedell’Istituto di Lingua e Letteratura Albanese dell’Accademiadelle Scienze di Tirana, scrive : “… Le ricerche scientifiche chevoi, caro Antonio, fate con tanta dedizione tra le emigrazionialbanesi in Grecia, paese per paese – in Attica, Beozia, Argolide,Eubea ed altrove – portano in luce un materiale sconosciuto,molto copioso e differenziato non solo per gli studi sulla lingui-stica e sulla onomastica ma anche sulla storia, sulla etnografia,sul folklore, sulla sociologia, sul diritto tradizionale e sulla psi-cologia popolare.

Questo materiale, raccolto con criteri direttamente ‘in situ’ ein ‘vivo’………Da questo intrecciarsi creativo dell’elemento tra-dizionale e moderno degli arbëreshë d’Italia con quelli di Greciadiventano più doviziosi più vividi non solo gli studi albanologi-ci ma anche quelli balcanici. ……”.

Quanto riportato non è che una minima parte di ciò che pos-siamo leggere in Lidhja per capirne diversi aspetti dello statodelle cose della Diaspora nel mondo; ogni citazione, dalla pro-pria angolatura culturale, ci fa capire molto bene per schematiz-zazioni, la portata dell’azione scientifica e sociale della Rivista edi Papàs Antonio Bellusci, dove il sorprendente emerge dall’in-terconfronto fra le manifestazioni culturali di popoli il cui intrec-cio storico è vecchio di cinquecento ed anche mille anni.

Tutti i reportage che Lidhja pubblica hanno il medesimo finema sempre più articolato, segno di una dinamicità che si auto-alimenta, adattandosi plasticamente alle varie situazioni socio-culturali e linguistiche indagate.

Nello stesso numero venti c’è una lettera aperta di papàs

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“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

Frascineto, 6 maggio 2006 - Biblioteca Internazionale “A.Bellusci” - SotShkolla e Mesme e Falkunares është këtu në Frasnitë te Biblioteka. Jemishumë kutjend se Arbëria ka një Bibliotekë kështu e madhe dhe intere-sante. Aurora Stracan, Giuseppe Pettinato, Rosaria Lecadito, AngelioMatrangolo, Marco Frangella, Francesco Civitelli, Giuseppe Tiribindo.

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Antonio Bellusci in inglese, albanese e traduzione interlineare initaliano, con taglio di apertura agli albanesi sparsi del passato edel recente nei cinque continenti.

- I dashur mik dhe vëlla shqiptar !- Nuk të njoh. Po ti për mua je si vëlla- Jam prej rrënjes arbëreshe. Ka pesë skekuj !

- Lidhja është si dora e djathtë mbi zemrën- Për burrin … arbëresh në Itali, - Për burrin … kosovar në Jugoslavi,- Për burrin … shqitar në Shqipëri,- Për burrin … arbëror në Greqi, - Për burrin … arnaùt në Azi,- Për burrin … mërgimtar në tòka të largët, - Ti, mik i dashur dhe i pa-njohur, je një ndër këta njerez

- Caro Amico e fratello albanese !- Non ti conosco. Però tu per me sei come fratello.- Sono dalla radice arbëreshe. Da cinque secoli !

- Lidhja è come la mano destra posata sul cuore.- per l’uomo arbëresh in italia,- per l’uomo kosovaro in Jugoslavia,- per l’uomo albanese in albania,- per l’uomo arbëror in Grecia- per l’uomo arnauta in Asia- per l’uomo emigrato in terre lontane- tu, amico amato e sconosciuto, sei uno tra questi uomini.

Dopo aver letto quanto sopra non ci sorprende più ascoltare,come in coro, una risposta unanime ma a più voci che si innalza-no per dire “ Unë jam “ e da soliste poi effettuare una descrizio-ne della loro vita, tanto sinteticamente quanto il tempo che riu-sciamo ad intravedere una stella sfolgorare nel cielo.

Nel numero trentanove il Prof. Norberto Stenmayrdell’Università di Melbourne in Australia scrive: “Caro Antonio… il periodo che hai trascorso qui è stato particolarmente profi-cuo, soprattutto per le ricerche etnografiche sulla diaspora alba-nese che si è estesa fin qui, dall’altra parte del mondo…

…. È stato necessario sollevare nel convegno il discorso delleMinoranze in Italia qui a Melbourne, sia al convegno internazio-nale che all’istituto di cultura italiana. Sono contento quindi diaverti dato uno spunto per venire….”.

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“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

Frasnita, 28 qershor 2006 - Ansambli “Emin Duraku”-Zhur/Kosovënë Biblioteken Ndërkombëtare “A.Bellusci” gëzohen duke shikuar mesy sa shkrimtarë dhe poetë kosovarë janë të pranishëm me veprat etyre letrare.

La risposta di papàs Bellusci : “ Ti ringrazio ancora per l’in-vito a partecipare al convegno, dandomi così anche la possibilitàdi realizzare un mio antico sogno: dare voce, tramite la rivistaLidhja anche agli albanesi emigrati in Australia. …. Le loroschegge di vita ‘Unë jam- io sono’ sono davvero una documenta-zione eccezionale e di prima mano sotto l’angolature etnica, lin-guistica, migratoria, filosofica, sociale e religiosa…”.

Io non riporto alcuna di queste ‘ schegge di vita ‘ sia per nonmanifestare preferenze e sia perché qualsiasi riporto ne compor-ta comunque una riduzione, con una conseguente e plausibilestroncatura; esse sono nel numero trentanove di Lidhja.

Ha ragione da vendere papàs Antonio nel porre in risalto la multi-problematicità della dinamica della integrazione sociale ed econo-mica, per se e i propri figli, nelle più disparate necessità che possonosvilupparsi in terre straniere e lontane e chissà quante scostanti.

Io, in questo scritto, non ho detto nulla di straordinario o dinuovo ma ho semplicemente riportato degli ampi stralci di ciòche è scritto su Lidhja, che mi ha permesso nel contempo di ren-dere congiuntamente al proprio direttore e fondatore papàsAntonio Bellusci, quell’onore dovuto alla propria grandezza,quale astro che vive di luce propria e manifestare così la miapiena ammirazione.

Lidhja , Rrofshi sà buka e vèra – Lidhja, possa vivere quan-to il pane ed il vino.

* Scrittore originario di S.Cosmo Albanese e vive a Rende.Ha pubblicato molti articoli sui viaggiatori stranieri in Calabriain “Lidhja”.

Frasnita, 30 janar 2004. Shkrimtari akademik shqiptar, prof. dr. AlfredUçi, vizitoj Bibliotekën Ndërkombëtare “A.Bellusci” dhe shkruajtikëta mendime.

Frasnita, 2 maj 2004. Shkrimtari akademik shqiptar, prof. dr. DritëroAgolli, vizitoj Bibliotekën Ndërkombëtare “A.Bellusci” dhe shkruajtikëta mendime.

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“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

L’attività culturaledella rivista “Lidhja”nell’Arberia in Italia

Gennaro De Cicco *

Diretta emanazione di Vatra Jonë –prima rivista italo-albanese

apparsa nel 1965 in Basilicata e secondain Calabria dopo Zgjimi – la rivista dicultura e informazione italo-albaneseLidhja nasce a Cosenza nell’aprile 1980.Nel suo primo editoriale il fondatore dellarivista Papàs Antonio Bellusci spiega lefinalità dell’iniziativa. “Stimolare - dice -gli arbëreshë cosentini ad essere fieridelle loro radici, esortandoli anche a stu-diare storia, rito, letteratura e tradizioniper essere propositivi e dialo-ganti con la cultura egemo-ne”.

La rivista prosegue neglianni il suo camino trattandonuove tematiche e nuove areegeografiche fino a coinvolge-re nella sua avventura cultu-rale tutti gli albanesi delladiaspora e creandoun’Arbëria ideale.Oltrepassando i limiti geo-grafici nazionali arriva inAustralia, in Albania, inKosova, in Grecia, inAmerica. Raggiunge gli emi-grati arbëreshë ed albanesi inogni parte del mondo.Riprendendo e concretizzan-do i concetti espressi nell’editoriale del-l’aprile del 1981 “Le tre Patrie”, apre gliorizzonti culturali dell’Arbëria ad altrearee come la Grecia, l’Albania e laKosova. Tre patrie per gli italo-albanesi:quella albanese e kosovara per la lingua,quella greca per la religione e quella ita-liana per la cittadinanza.

Rientra nel 2000 a Frascineto edopera un’altra svolta. Con una sere di arti-coli e con un’intensa attività convegnisti-ca promuove un’interessante attività cul-turale finalizzata alla difesa e alla valo-rizzazione di una vasta area territoriale –il Pollino – in cui hanno sede parecchiecomunità arbëreshe. Spazio, soprattutto, aricerche sulla cultura orale e alla pubbli-cazione di documenti d’archivio.

Mantiene, comunque, una finestra apertaal mondo con il concorso Internet e gior-nalismo arbëresh on-line – Concorso“Premio Lidhja 2002”, che riscuote note-voli consensi nell’Arbëria. Un’iniziativache mette in luce la vitalità arbëreshe e laproietta nel campo della multimedialità.

Espressione culturale e punto di riferi-mento per studiosi, intellettuali e novegenerazioni, Lidhja gioca un ruolo diprimo piano nella rinascita culturale arbë-reshe. Una rivista al servizio delle popo-lazioni del territorio che spazia ed abbrac-cia – come sostiene ancora il suo ideato-re- Gjaku yne i spërndare në botë, e cioèi nostri fratelli arberori di Grecia, albane-si della Kosova, arnauti di Turchia,Skanderboit di Siria, shipetari d’Albaniae della diaspora. Lidhja rappresental’anello di congiunzione culturale di tuttala diaspora arbëreshe sparsa nel mondo,dall’Europa all’Oriente e dall’Americaall’Australia.

La rivista dà voce alla cultura albane-se della Terra delle Aquile, delle areelimitrofe della Kosova, dell’Ellade,dell’America e dell’Australia. E lo fa

sempre meglio raccogliendoanche le sfide della nuovatecnologia, consapevole cheil processo di globalizzazionepuò aiutare una minoranza avivere in maniera dinamicanel rispetto della diversità.

Nel corso degli anni mol-tissime sono le tematicheaffrontate dalla rivista. Gliarticoli illustrano le caratteri-stiche distintive della mino-ranza arbëreshe che riesce amantenere l’orgoglio di grup-po e la propria identità cultu-rale e religiosa. Non si allon-tana dagli usi e costumi edalle tradizioni, supera le dif-ficoltà di integrazione, le dif-

fidenze e i pregiudizi, senza mai porredomande di tutela e protezione. E se intempi moderni è apprezzata ed accredita-ta dalla cosiddetta cultura dominantecome una risorsa ed un patrimonio cultu-rale, la sua valorizzazione passa ancheattraverso il contributo e la vitalità di rivi-ste specialistiche come Lidhja che hannotenuto accesso la fiammella dell’albanesi-tà. Gli stessi provvedimenti legislativi ditutela delle minoranze linguistiche sonouna diretta conseguenza.

Già dai primi numeri della rivista isimboli dell’identità arbëreshe sono postial centro dell’attenzione dei lettori e tra-smessi a tutta l’Arbëria. Uno di questi - ilcostume tradizionale - è analizzato piùvolte con vari e approfonditi articoli. In

Frascineto, 11 maggio 2006 - BibliotecaInternazionale “A.Bellusci”- E’ venuta avisitare la Biblioteca la Scuola Elementaredi Falconara Albanese, accompagnata dalprof. Angelo Matrangolo, il quale ha scrit-to così nel Registro:”Sot Shkolla Fillore e Fallkunarës ështëkëtu me zotin A.Bellusci-n çë katundittonë i solli shumë dritë e i dha shpirtin eatëravet tanë me ritin bizantin çë moti ikish humbur. Zoti Bellusci bëri shumë

shurbisë të mbëdhenj për katundin tonë epër gjithë jeten arbëreshe. Na sot çë jemikëtu tek folea e kultures patim shumëharè, e do t’e mbami te zëmrat tona njerakur t’rromi”.Prof.Angelo Matrangolo, AdrianaBarbarossa, Annunziata Albanese, RosariaMaiorano, Francesca Orefice, Emanuelamatrangolo, Arianna de Bartolo, SaraNaccarato, Silvia Senise,Andrea Rizzo,Francesco De Luca, Aldo Arcuri, FabianaEsposito, Alessandro chiarello, Valeria DeLuca, Alessio Sacco, Melania Frangella,Omor Pellegrini, Jessica Chiappetta,Carmela tiribinto, Silvia Candreva, IleniaNaccarato, Miriana Chiappetta, DanielaNaccarato.

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Lidhja n. 55/2006

più di una occasione, in particolare, larivista si sofferma sul costume di gala,sul llambadhor, sui costumi di VillaBadessa, di Chieuti e sullo spirito regalenel vestiario arbëresh, scritto in occasio-ne dell’inaugurazione del museo etnogra-fico di Frascineto.

Sulla base della documentazione etno-grafica sono raccolti con estrema preci-sione tutti i dati utili ad individuare lecaratteristiche della civiltà arbëreshe. Unavasta documentazione etnografica pone alcentro dell’attenzione dei let-tori una serie di notizie e

curiosità. Di particolare inte-resse gli studi sul culto deiserpenti, sul ruolo degli uccelli nella poe-sia popolare, sulla funzione del gallo edella gallina nei detti popolari, sull’amo-re in rapporto agli astri ed ai fenomenimeteorologici, sull’importanza dell’ac-qua e dei Santi nei detti popolari.

Spazio notevole è dedicato anche ailuoghi di culto, ai riti e alle tradizionipopolari direttamente connesse al riccopatrimonio religioso greco-bizantino chela maggior parte delle comunità arbëre-she custodisce gelosamente. Fra i tantiarticoli da ricordare: Calabria bizantina -Significato di un’iconostasi - L’iconostasinella chiesa del SS. Salvatore - Le chiesein Calabria e l’emigrazione - La fede cri-stiana e la resurrezione della cultura - Unangolo di Oriente cattolico nel cuore diCosenza - La parrocchia arbëreshe trapassato e futuro - Il dialogo ecumenicotra cattolici ed ortodossi nell’Enciclica,valutazioni e prospettive - Origine e svi-luppo dell’Eparchia di Lungro degliitalo-albanesi dell’Italia continentale -Gli italo-albanesi nell’Eparchia diLungro - Il sinodo interparchiale delle trecircoscrizioni ecclesiastiche cattolichebizantine in Italia - Intervista con ilPresidente della Commissione CentraleArchimandrita Eleuterio F. Fortinodell’Eparchia di Lungro

Tradizioni e rito nella comunità arbë-reshe di Cosenza - Avvenimento storico a

Chieuti: celebrazione nel rito bizantinodel matrimonio - Le “Antesterie”: festadei fiori - La morte e i lamenti funebri inalbanese - La ninna nanna del Natale neipaesi arbëreshë.

Da sempre sostenitrice dell’importan-za dell’insegnamento della lingua e dellacultura arbëreshe nella scuola, la rivistaLidhja con la pubblicazione di una seriedi articoli specifici copre il vuoto deriva-to dalla mancanza di tutela da parte delloStato. Le istituzioni in generale e la scuo-

la in particolare fino a poco tempo fa,infatti, risultavano estranee se non addi-rittura ostili all’ambiente sociale deglialunni di origine albanese. Le unicheistanze di carattere linguistico, pedagogi-co e culturale finalizzate all’alfabetizza-zione di massa in albanese e alla consa-pevolezza dell’importanza dei valori cul-turali arbëreshë arrivavano dalle riviste.Sfogliando Lidhja ci si accorge di questoimpegno. Ecco alcuni articoli che metto-no in primo piano l’importanza dell’edu-cazione linguistica: Bilinguismo ed edu-cazione linguistica - L’insegnamentodella lingua albanese - La scuola si aprealla cultura arbëreshe - L’insegnamentodella lingua albanese nei paesi arbëreshë- Il problema più urgente oggi per gliarbëreshë: L’insegnamento della linguaalbanese nelle scuole - La scuola lavoraper la salvaguardia della lingua albane-se.

La rivista ha anche il merito di farconoscere i tanti personaggi legati allastoria e alla letteratura arbëreshe:Girolamo De Rada, G. Serembe, AntonioBellizzi, Domenico Mauro, Nicola Basta,Francesco Bellusci, la famiglia Dorsa diFrascineto, le famiglie Franzese ePetrassi di Cerzeto, Vincenzo Pesce…

Nel momento in cui la tutela delle lin-gue minoritarie diventa un problemamolto sentito, ed in Europa occidentale è

percepito come esigenza politica collega-ta ai temi di tolleranza, rispetto delle etniee delle culture cosiddette diverse, la rivi-sta Lidhja informa i lettori con la solitapuntualità e precisione. Uno sguardo pro-iettato al futuro con attenti analisi miratealla conoscenza dei provvedimenti legi-slativi emanati a difesa delle minoranzelinguistiche storiche. Ne sono testimo-nianza i seguenti articoli: Tutela delleminoranze - Le minoranze etniche inCalabria - Per una tutela dei diritti speci-

fici - Il Parlamento europeoriafferma il suo appoggioalle lingue meno diffuse -Riconoscimento e tutela giu-ridica della minoranza lin-guistica albanese - La tuteladelle minoranze linguistichenel sistema dell’UnioneEuropea.

Fra le tante altre iniziativedi Lidhja da ricordare ancorale pagine autogestite daicomuni, i servizi sulle visitedel Papa in Calabria, delPresidente Alfred Moisiu inArbëria, del Patriarca IgnazioMoussa I nell’Eparchia diLungro, le informazionisullo svolgimento dei lavori

del Sinodo intereparchiale, la pubblica-zione di articoli di musica moderna(Festival della Canzone Arbëreshe) e anti-ca (ricerche di etnomusicologia) e le tantepoesie in lingua arbëreshe, arberore earvanite. In qualche occasione, la rivistapubblica i risultati elettorali nei paesiarbëreshë di Camera e Senato. Di notevo-le spessore scientifico, inoltre, gli studi-dossier sugli albanesi di Grecia e i repor-tages sulle esperienze avute nei numerosiviaggi in Albania, in Kosova, in Grecia enelle lontane Americhe dal suo emeritofondatore: Papàs Antonio Bellusci. Afutura memoria, invece, le inchieste sul-l’arrivo dei profughi albanesi In Italiadopo la caduta del regime e sulla deporta-zione e gli stermini nella Kosova.

* Gazetar dhe shkrimtar në Shën MiterKorone.

1878 Lidhja n. 55/2006

“Lidhja” celebra il suo primo XXV anno di vita (Cosenza 1980 - Frascineto 2005)

Frasnita, 28 qershor 2006 -Ansambli “Emin Duraku”-Zhur/Kosovë në BibliotekenNdërkombëtare “A.Bellusci”, merastin e pjesëmarrjes në Festivaline Frasnites, shkruajnë përshtypjete tyre në librin e Bibliotekës:Hasan Ademi, Naim Cahani, Ilir

Ademaj, Dardana Ademej, RizanNasufaj,Valon Nasufaj, MirimanHohaj, Elmedina Gavazaj,Florida Hoxhaj, Fatlinbda Vezaj,Hava Sheholli, Mertika Hoxhaj,Miran Susuki, Sabit Haleziqi,Liridon Haxhaj.

Per ricevere “Lidhja”è necessario rinnovaresubito l’abbonamento.

“Lidhja” si riceve soltantoper corrispondenza.“Lidhja” si pubblica

da 26 anni ed èuna presenza insostituibile

nell’Arbëria.

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Lidhja n. 55/20061879 Lidhja n. 55/2006

Libri e Riviste in BibliotecaRingraziamo tutti coloro che inviano libri e riviste in dono alla nostra Biblioteca.

Sarà nostra cura presentarne una scheda orientativa secondo lo spazio disponibile. I vostri libri e le rivistevengono consultati in Biblioteca da numerosi studiosi, giovani universitari ed alunni della scuola dell’obbligo.

Il nostro indirizzo postale per inviare libri e riviste:Biblioteca Internazionale “A. Bellusci – Via Pollino, 84 – 87010 Frascineto (Cosenza)

(a cura di A. Bellusci)

Pasquale Bruno, in questo attraente, variegato ed esaurienteopuscolo presenta il programma del Festival, commentato dapiacevoli ed eruditi interventi di persone impegnate nella cul-

tura, nella politica e nelsociale: Papàs A.Bellusci,parroco di Frascineto;R.Console, assessore pro-vinciale sport, cultura eturismo; P.Armentano,assessore cultura e turi-smo comunità montanadi Castrovillari; D.Braile,sindaco di Frascineto;A.P.Ferrari, assessore cul-tura comune diF r a s c i n e t o ;L.D’Agostino, direttoreFestival; L.Stabile, presi-dente provinciale F.I.T.P.

Antonio Bellusci, libro indi-spensabile in tutte leBiblioteche degli studiosi,che vogliono capire qualco-sa sulle comunità greco-albanesi sparse da moltisecoli nelle regionidell’Ellade, punto di parten-za di numerose emigrazioniitalo-albanesi dal secolo XVin poi. E’ una ricerca sulcampo dal 1965 al 2000 connumerosi testi orali originalie traduzione italiana.

Cosmo Rocco, grazie adA.Montera, sindaco, ed aV.Belmonte, noto poeta escrittore, continua a cantare isuoi vjershë tra noi con que-sta raccolta integrale. Il libroripercorre la vita artistica delpoeta, il quale “ha ancora unruolo positivo da svolgerenell’evoluzione futura ditutta l’Arberia”.

Emanuele Giordano, parro-co di Ejanina e noto scritto-re, propone a quanti voglio-no imparare e perfezionarela lingua materna albanesequesta accurata ed utilissimaGrammatica. Un lavoro chesi presenta facile nella lettu-ra e dell’apprendimento,grazie al metodo sintetico.

Mario Bellizzi, poeta e studioso di etnologia delle comunitàalbanofone e balcaniche, fa parte del movimento Poeti

senza frontiere e collabo-ra con il dipartimento diFilologia Unical. In que-sto libro presenta ed ana-lizza con dotti riferimential mondo mitologico bal-canico realtà di cronacaquotidiana vissute dasecoli a Plataci. Un sag-gio straordinario di raraacutezza e di illuminantiinterpretazioni in un rian-nodare attuale tra sacro eprofano. Proprio come unballo circolare col piededestro cadenzato edambiguo.

Demetrio Emanuele,direttore del noto periodi-co arbëresh Katundi Ynëdi Civita, in questo prege-vole ed agile testo offreagli studiosi una dovizio-sa miniera di notizie sto-riche, religiose, folclori-che ed ambientali con unadocumentanzione essen-ziale e ben documentata.E’ un modo davvero ori-ginale e pedagogico dipresentazione seria dellanostra identità storica.

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Magia - Canti - Musica - Pastorizia - Telaio - Antologia - Dizionario - CredenzeLegge Nazionale sulle Minoranze Linguistiche Storiche n. 482/1999 - Legge Regionale n° 15 del 30 del 30.10.2003

Ordinare i volumi a: Centro Ricerche G. Kastriota - Via Pollino, 84 - Fax: [email protected] - www.bibliotecabellusci.com

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(Atene)- Presentazione di Gj.Shkurtaj (Tirana)

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