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1 PROCEDURA PENALE Il codice vigente si rifà al sistema accusatorio e distingue nettamente tra procedimento e processo penale, nella prima fase “delle INDAGINI PRELIMINARI” il pubblico ministero NON acquisisce prove ma ELEMENTI DI PROVA volti ad accertare se si debba procedere o meno all’esercizio dell’azione penale, il giudice (terzo ed imparziale) nel sistema attuale non conosce le indagini preliminari ed assiste al formarsi della prova IN SEDE DIBATTIMENTALE nel CONTRADDITTORIO delle parti LA MODIFICA DELL’ART. 111 COST. L’articolo 111 Cost. e stato modificato nel 1999 e attualmente indica i principi generali di GIUSTO PROCESSO. Soprattutto dalla garanzia costituzionale della formazione della prova solo nel contraddittorio delle parti in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Inoltre la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. I SOGGETTI IL GIUDICE Si deve distinguere innanzitutto tra giudici ordinari (giudice di pace, tribunale, corte d’assise) e giudici speciali (giudici militari) e tra giudici collegiali e giudici monocratici (giud. Di pace, trib.monocratico, giud.per l’ud. Preliminare, etc.) INCOMPATIBILITÁ DEL GIUDICE PENALE (art. 34-35-36-37 c.p.p.) ART. 34 c.p.p. stabilisce i casi in cui il giudice non può prendere parte al processo penale perché la sua imparzialità è intaccata da precedenti attività da lui compiute, quando cioè ha emesso la sentenza di un grado precedente, ha svolto le funzioni di GIP o GUP o PM salvo i casi in cui (indicati nel medesimo articolo) gli atti posti in essere non determinino una conoscenza degli elementi di prova o determinino il venir meno dell’imparzialità (ad es. emettere un autorizzazione sanitaria non rende il giudice incompatibile) ART. 35 c.p.p indica l’incompatibilità del giudice per ragioni di parentela. (fino al secondo grado) ART. 36-37 c.p.p. ulteriori casi di incompatibilità derivanti dall’interesse del giudice nei confronti dell’oggetto del processo o delle parti (debitori o creditori) o (art. 37) nel caso in cui abbia indebitamente espresso il proprio parere sui fatti oggetto dell’imputazione) ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE. Sono rimedi con cui si può far valere una situazione di incompatibilità del giudice. ASTENSIONE ART. 36 c.p.p. è la RINUNCIA all’esercizio della funzione a cui il giudice è obbligato se si trova in una delle situazione TASSATIVAMENTE indicate dall’art.36 (Interesse, parentela, ha svolto funzioni precedenti) RICUSAZIONE ART. 37 c.p.p. è la dichiarazione mediante la quale una parte chiede la sostituzione del giudice perché ritiene che ricorra una delle situazioni indicate nell’art. precedente o perché questi ha indebitamente espresso la propria opinione sui fatti, esiste un termine PERENTORIO 1 (art. 38) per la richiesta che va fatta o durante l’udienza preliminare(art. 1 Non si ritiene che l’esistenza di una causa di incompatibilità determini una causa di nullità rilevabile quindi in ogni stato e grado del procedimento perché questo sarebbe incompatibile con la presenza di un termine perentorio.

Riassunto Di Procedura Penale, Prof. Gilberto Lozzi

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Page 1: Riassunto Di Procedura Penale, Prof. Gilberto Lozzi

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PROCEDURA PENALE

Il codice vigente si rifà al sistema accusatorio e distingue nettamente tra procedimento e processo penale, nella prima fase “delle INDAGINI PRELIMINARI” il pubblico ministero NON acquisisce prove ma ELEMENTI DI PROVA volti ad accertare se si debba procedere o meno all’esercizio dell’azione penale, il giudice (terzo ed imparziale) nel sistema attuale non conosce le indagini preliminari ed assiste al formarsi della prova IN SEDE DIBATTIMENTALE nel CONTRADDITTORIO delle parti LA MODIFICA DELL’ART. 111 COST. L’articolo 111 Cost. e stato modificato nel 1999 e attualmente indica i principi generali di GIUSTO PROCESSO. Soprattutto dalla garanzia costituzionale della formazione della prova solo nel contraddittorio delle parti in condizioni di parità davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Inoltre la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.

I SOGGETTI IL GIUDICE Si deve distinguere innanzitutto tra giudici ordinari (giudice di pace, tribunale, corte d’assise) e giudici speciali (giudici militari) e tra giudici collegiali e giudici monocratici (giud. Di pace, trib.monocratico, giud.per l’ud. Preliminare, etc.) INCOMPATIBILITÁ DEL GIUDICE PENALE (art. 34-35-36-37 c.p.p.) ART. 34 c.p.p. stabilisce i casi in cui il giudice non può prendere parte al processo penale perché la sua imparzialità è intaccata da precedenti attività da lui compiute, quando cioè ha emesso la sentenza di un grado precedente, ha svolto le funzioni di GIP o GUP o PM salvo i casi in cui (indicati nel medesimo articolo) gli atti posti in essere non determinino una conoscenza degli elementi di prova o determinino il venir meno dell’imparzialità (ad es. emettere un autorizzazione sanitaria non rende il giudice incompatibile) ART. 35 c.p.p indica l’incompatibilità del giudice per ragioni di parentela. (fino al secondo grado) ART. 36-37 c.p.p. ulteriori casi di incompatibilità derivanti dall’interesse del giudice nei confronti dell’oggetto del processo o delle parti (debitori o creditori) o (art. 37) nel caso in cui abbia indebitamente espresso il proprio parere sui fatti oggetto dell’imputazione) ASTENSIONE E RICUSAZIONE DEL GIUDICE. Sono rimedi con cui si può far valere una situazione di incompatibilità del giudice. ASTENSIONE ART. 36 c.p.p. è la RINUNCIA all’esercizio della funzione a cui il giudice è obbligato se si trova in una delle situazione TASSATIVAMENTE indicate dall’art.36 (Interesse, parentela, ha svolto funzioni precedenti) RICUSAZIONE ART. 37 c.p.p. è la dichiarazione mediante la quale una parte chiede la sostituzione del giudice perché ritiene che ricorra una delle situazioni indicate nell’art. precedente o perché questi ha indebitamente espresso la propria opinione sui fatti, esiste un termine PERENTORIO1 (art. 38) per la richiesta che va fatta o durante l’udienza preliminare(art.

1 Non si ritiene che l’esistenza di una causa di incompatibilità determini una causa di nullità rilevabile quindi in ogni stato e grado del procedimento perché questo sarebbe incompatibile con la presenza di un termine perentorio.

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491) o (se manca) prime dell’accertamento della costituzione delle parti. Sulla richiesta decide la Corte d’appello, se la richiesta viene accolta il giudice che la accoglie indica anche se gli atti precedentemente compiuti conservano efficacia. LA COMPETENZA

La competenza di un giudice si determina in base a tre criteri 1. COMPETENZA FUNZIONALE inerente i vari stati e gradi del procedimento 2. COMPETENZA PER MATERIA individuata dall’art 5-6 c.p.p. (sostanzialmente per tipo di

reati) la corte d’assise è competente per i reati più gravi puniti con l’ergastolo o con pene superiori a 24 anni di reclusioni e per i reati indicati espressamente dall’art. 5 c.p.p. il giudice di pace decide invece per i reati di microconflittualità tra privati (reati meno gravi) la competenza del tribunale è individuate in via residuale dall’art. 6 “il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte d’assise o del giudice di pace”

3. COMPETENZA TERRITORIALE individuata in base al luogo in cui è stato commesso il reato o, nel caso di reato tentato, in base al luogo in cui è stato commesso l’ultimo atto2

LA CONNESSIONE Istituto con cui si deroga ai principi generali di competenza in casi espressamente previsti dall’ art. 12 c.p.p. ossia per i reati commessi da più persone in concorso, da un unico soggetto con un'unica azione o se i reati sono stati commessi per occultare gli altri. Nel caso si proceda a connessione è competente per tutti i procedimenti il giudice superiore. RIUNIONE E SEPARAZIONE DEI PROCESSI La riunione dei processi che appartengono alla competenza del MEDESIMO giudice o per i normali metodi di determinazione della competenza o per connessione è possibile a condizioni stabilite dalla legge e precisamente dall’art, 17 c.p.p.

� Processi pendenti nello stesso stato e grado � La riunione non determini un ritardo nella definizione � Devono essere uniti dal vincolo della connessione o dal vincolo investigativo

L’art. 18 c.p.p. determina i casi in cui i procedimenti devono essere separati salvo che come dice il 1° comma “il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti”, i casi in cui si deve provvedere alla separazione sono ricollegabili sostanzialmente alla posizione personale degli imputati ad es. nel caso in cui nell’udienza preliminare risulti che si può arrivare prontamente alla decisione nei confronti di uno o più di essi, oppure nel caso in cui il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo ma in questo caso ci deve essere l’accordo delle parti. LA RIMESSIONE Deroga alla competenza PER TERRITORIO prevista dall’art. 45 c.p.p. nel caso in cui gravi situazioni locali determinino un pregiudizio alla libera determinazione dell’organo giudicante o la sicurezza e l’incolumità, competente a decidere sulla domanda è la CORTE DI CASSAZIONE e la richiesta può essere presentata dal procuratore generale presso la corte d’appello, dal pubblico ministero o dall’imputato. Nel caso in cui la domanda venga accolta il giudice viene determinato sulla base dell’art. 11 c.p.p. LE DECISIONI RELATIVE AL DIFETTO DI GIURISDIZIONE A L DIFETTO DI COMPETENZAE AL DIFETTO DI ATTRIBUZIONE

2 Attenzione nel caso in cui non si riesca ad individuare il luogo è competente il giudice del luogo in cui è stata iscritta per prima la notizia di reato

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1. DIFETTO DI GIURISDIZIONE sussiste quando venga attribuito ad un giudice speciale un reato di competenza del giudice ordinario o viceversa. Ai sensi dell’art. 20 c.p.p. il difetto di giurisdizione deve essere rilevato anche d’ufficio in ogne stato e grado del procedimento.

2. DIFETTO DI COMPETENZA PER MATERIA anche in questo caso l’incompetenza può essere eccepita o dichiarata anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo ma con due eccezioni, quando è competente un giudice di grado superiore quando l’incompetenza deriva da connessione in entrambi i casi l’incompetenza deve essere dichiarata o eccepita durante l’udienza preliminare o se questa manca subito dopo compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.

3. DIFETTO DI COMPETENZA TERRITORIALE meno rigorosa delle prime DEVE SEMPRE essere eccepita durante l’udienza preliminare o se questa manca subito dopo compiuti per la prima volta gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti.

IL PUBBLICO MINISTERO

La magistratura requirente è organizzata in modo gerarchico ed è costituita da : 1. PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE E LA CORTE D’ASSISE 2. PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO 3. PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE

Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale, obbligo sancito dall’art. 50 c.p.p. e dall’art. 112 COST., nonostante gli uffici della procura siano organizzati in modo gerarchico il magistrato svolge le proprie funzioni con piena autonomia e può essere sostituito solo nei casi espressamente stabiliti dalla legge. L’ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE E LA RICHIESTA DI AR CHIVIAZIONE. Il P.M. a conclusione delle indagini può richiedere l’archiviazione o esercitare l’azione penale formulando l’imputazione ex art. 405 c.p.p. il processo penale inizia appunto con la formulazione dell’imputazione. Il P.M. NON Può decidere autonomamente sulla richiesta di archiviazione che deve essere accolta dal GIP che se non l’accoglie fissa la data dell’udienza in camere di consiglio, e se ritiene necessarie ulteriori indagini le indica al PM potendo arrivare anche a intimare al PM di procedere alla formulazione dell’imputazione. Questo deroga al principio di terzietà e di imparzialità del giudice. Il pubblico ministero è comunque una parte pubblica e con questo si giustifica il fatto che ha il dovere di compiere anche accertamenti sui fatti a favore dell’imputato, chiederne l’assoluzione o impugnare la sentenza nel suo interesse.

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NOTIZIA DI REATO

QUERELA D’UFFICIO ISTANZA P.M. ARCHIVIAZIONE RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO G.I.P. ACCOGLIE NON ACCOGLIE G.U.P. (art. 416 c.p.p.) Fissa la data per L’udienza Inica al PM Le ulteriori Indagini Impone al PM Di formulare l’imputazione Entro 10 gg.

LE PARTI PRIVATE. L’IMPUTATO La qualità di imputato si acquista quando il PM esercita l’azione penale (formula l’imputazione) momento che segna il passaggio dal procedimento al processo penale. L’imputato ha ovviamente il diritto di difendersi, un fondamentale diritto dell’imputato è quello in base al quale NESSUNO PUO’ ESSERE OBBLIGATO A RENDERE DICHIARAZIONI AUTOINCRIMINANTI, l’imputato deve essere avvertito prima dell’inizio dell’interrogatorio che quanto dirà potrà essere usato contro di lui e che ha la facoltà di non rispondere, se non viene avvertito le dichiarazioni rese sono inutilizzabili. Il diritto alla difesa viene inoltre garantito dalla nomina di un difensore d’ufficio nel caso in cui l’imputato non ne nomini uno di fiducia. LA PARTE CIVILE Parte privata solo eventuale è colui che esercita nel processo penale l’azione civile per il risarcimento del danno. Possono costituirsi parte civile sia persone fisiche sia associazioni o comitati ma il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta del fatto di reato. LA PERSONA OFFESA Non sempre coincide con la persona danneggiata dal reato. Alla persona offesa competono numerosi diritti quali l’indicazione di elementi di prova, può opporsi alla richiesta di archiviazione, richiedere un incidente probatorio ed assistervi, ricevere copia dell’informazione di garanzia, la possibilità di opporsi al emissione del decreto penale di condanna.

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IL RESPONSABILE CIVILE E LA PERSONA CIVILMENTE OBBL IGATA PER LA PENA PECUNIARIA. Parti solo eventuali del processo penale sono indicate dalle leggi civili (responsabilità oggettiva) per il pagamento del risarcimento del danno o per quanto riguarda la multa o l’ammenda sono responsabili (art. 196 c.p.p.) i soggetti che erano tenuti alla sorveglianza del colpevole.

I RAPPORTI TRA GIUDIZIO PENALE E GIUDIZIO CIVILE Le pregiudiziali sono questioni dalla cui risoluzione dipende la definizione del procedimento, la regola generale è quella secondo cui quando esiste una questione pregiudiziale civile o amministrativa il giudice penale deve risolverla senza sospendere il procedimento, a questa regola ci sono delle eccezioni prima tra tutte quella indicata dall’art. 3 c.p.p. secondo cui il giudice PUO’ sospendere il processo quando la decisione dipende dalla soluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza che deve essere SERIA, E L’AZIONE CIVILE DEVE ESSERE IN CORSO, in questo caso ed a queste condizioni il giudice può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza, altra eccezione è determinata dall’art. 479 c.p.p. che rende possibile la sospensione se la controversia civile è di particolare complessità. Per quanto riguarda l’efficacia della sentenza penale irrevocabile nel giudizio civile l’art. 651 dispone che questa abbia efficacia di giudicato per quanto riguarda la sussistenza del fatto e la sua rilevanza penale e che l’imputato lo ha commesso, questo per il risarcimento del danno.

I PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE

L’ART 125 C.P.P. dispone la forma che il provvedimento del giudice deve avere e distingue tra tre tipi di atto: la sentenza, l’ordinanza e il decreto e la legge stabilisce volta per volta la forma che deve essere adottata 1. LA SENTENZA Chiudono una fase processuale e possono essere di merito o meramente

processuali a seconda che decidano sull’imputazione o si limitino a decidere su una singola questione processuale senza pronunziarsi sulla pretesa punitiva. DEVE ESSERE SEMPRE MOTIVATA.

2. LA ORDINANZA è l’atto con cui il giudice risolve una fase interlocutoria del processo anche questa deve essere motivata.

3. IL DECRETO atto di impulso alla prosecuzione del processo (ad es. il decreto che dispone il giudizio emesso dal GUP) non deve essere motivato se non nei casi espressamente previsti.

IL PROCEDIMENTO IN CAMERA DI CONSIGLIO

Sempre con riferimento ai provvedimenti del giudice l’art. 127 disciplina il procedimento in camera di consiglio stabilendo che quando questo sia previsto il giudice fissa la data dell’udienza, fa notificare la stessa alle parti che possono fino a 5 giorni prima presentare memorie e qualora compaiano le parti possono essere sentite, l’udienza si svolge senza la presenza del pubblico e

il giudice dispone con ordinanza .

ART. 127 c.p.p. quando si deve procedere in camera di consiglio il giudice fissa la data dell’udienza e ne fa dare avviso alle parti 3) il PM e gli altri destinatari dell’avviso sono sentiti se compaiono 4)l’udinza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato 5)le disp. 1-3-4 sono previste a pena di nullità.

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OBBLIGO DELLA IMMEDIATA DECLARATORIA DI DETERMINATE CAUSE DI NON PUNIBILITÁ L’ART.129 stabilisce al 1° comma che determinati provvedimenti del giudice debbano essere presi immediatamente disponendo che IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCESSO il giudice il quale riconosce che IL FATTO NON SUSSISTE, CHE L’IMPUTATO NON LO HA COMMESSO, O CHE IL FATTO NON COSTITUISCE REATO, CHE IL REATO Ė ESTINTO O CHE MANCA UNA CONDIZIONE DI PROCEDIBILITÁ LO DICHIARA D’UFFICIO CON SENTENZA. Il 2° comma invece applica il principio del favor innocentiae e dispone che, nel caso in cui ricorra una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso etc., il giudice pronunci sentenza di assoluzione con le formule prescritte, con la formula cioè più favorevole (ad es. non che il reato è estinto, ma che il fatto non sussiste). I TERMINI I termini si suddividono in tre categorie: perentori, ordinatori e dilatori. 1. TERMINE PERENTORIO – termine ENTRO il cui un atto deve essere compiuto a pena di

decadenza, l’inutile decorso del termine comporta la perdita della facoltà di compiere l’atto stesso. I TERMINI SI CONSIDERANO A PENA DI DECADENZA SOLTANTO NEI CASI STABILITI DALLA LEGGE .

2. TERMINE ORDINATORIO – anche in questo caso il termine indica il limite entro il quale l’atto deve essere compiuto ma il decorso del termine NON COMPORTA LA DECADENZA DALLA FACOLTÁ di compierlo ma può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari.

3. IL TERMINE DILATORIO – sono quelli per cui un atto non può essere compiuto PRIMA del decorso del termine stesso.

Il termine può essere restituito a norma dell’art. 175 c.p.p. quando le parti se provano di non aver potuto osservarlo per caso fortuito o forza maggiore. LE FORME DI INVALIDITÁ DELL’ATTO PROCESSUALE PENALE Le forme di invalidità dell’atto processuale sono : l’inesistenza in senso giuridico, le nullità assolute, le nullità relative, le nullità di ordine generale, l’inammissibilità e l’inutilizzabilità. a) INESISTENZA IN SENSO GIURIDICO non è prevista dal legislatore ma costituisce una

elaborazione della dottrina, elaborazione resa necessaria dalla tassatività delle nullità, tale principio lascerebbe insoluto il problema di abnormi, gravi violazioni che, proprio in conseguenza della loro abnormità non sono previste dal legislatore, in questi casi si deve fare ricorso all’inesistenza che oltretutto non è mai suscettibile di sanatoria.

b) LE NULLITÁ sono tassativamente previste dal legislatore e si dividono in assolute, relative e di tertium genus

I) Nullità ASSOLUTE sono disciplinate agli articoli 177 – 178 – 179 (capacità del giudice, iniziativa del Pm, presenza dell’imputato e del difensore, o in altri casi stabiliti dalla legge e da questa definite insanabili) SONO INSANABILI E SONO RILEVABILI D’UFFICIO IN OGNI STATO E GRADO DEL PROCEDIMENTO

II) Nullità ORDINE GENERAE (ART. 180) sono quelle per le quali il legislatore prevede LA RILEVABILITÁ D’UFFICIO MA ANCHE LA SANABILITÁ e non possono essere eccepite dopo la sentenza di 1° grado.

III) Nullità RELATIVE (art.181) sono RILEVABILI SOLO DALLE PARTI e SONO SANABILI non possono essere eccepite dalla parte di chi vi ha dato o ha concorso a

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darvi corso e non possono altresì essere eccepite da chi non ha interesse all’osservanza della disposizione violata.

IV) LE SANATORIE DELLE NULLITÁ si realizza una sanatoria dell’atto nullo allorquando si combina con un altro atto giuridico sostitutivo del requisito mancante. Anche per le nullità assolute c’è una sanatoria che è data dal giudicato penale mentre per le nullità relative o di ordine generale sono previste dall’art. 183 l’acquiescenza “la parte ha rinunciato ad eccepire o ha accettato gli effetti dell’atto” oppure “se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l’atto omesso o nullo è preordinato”

c) INUTILIZZABILITÁ concerne unicamente le prove (art.191 c.p.p. le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge sono inutilizzabili) l’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

d) INAMMISSIBILITÁ Può derivare dal compimento di un atto dopo la decorrenza del termine perentorio oppure dalla mancanza di un requisito di forma dell’atto stesso

e) L’INVALIDITÁ DERIVATA ART. 185 la nullità di un atto rende invalidi quelli consecutivi che derivano da quello dichiarato nullo, la dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o grado in cui è stato compiuto l’atto nullo (non si applica alle nullità concernenti le prove).

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Le prove, i mezzi di ricerca delle prove,

le misure cautelari

Il processo penale tende a provare il fatto ipotizzato e le prove sono appunto gli strumenti impiegati per verificare l’esistenza di tale fatto. Il codice del 1988 ha introdotto una distinzione molto importante e significativa tra i mezzi di prova e i mezzi di ricerca della prova; l’esame dei testimoni e delle parti, i confronti, le ricognizione gli esperimenti giudiziali, la perizia e i documenti sono mezzi di prova che si caratterizzano per l’attitudine ad offrire al giudice risultanze probatorie direttamente utilizzabili in sede di decisione. I mezzi di ricerca della prova (ispezione, perquisizione, sequestro, intercettazione) non sono di per sé fonte di convincimento, ma rendono possibile acquisire cose o dichiarazioni dotate di attitudine probatoria. Fatta eccezione per le prove non ripetibili in sede dibattimentale nel sistema processuale del codice del 1988 la prova è UNICAMENTE QUELLA ASSUNTA NEL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI, nel corso dell’ISTRUZIONE DIBATTIMENTALE o nell’INCIDENTE PROBATORIO. Nelle indagini preliminari non si assumono prove ma solamente ELEMENTI DI PROVA che diverranno prove solamente se assunti nel corso dell’istruzione dibattimentale. L’art. 189 del c.p.p. disciplina l’assunzione della prova che può avvenire quando questa sia idonea all’accertamento dei fatti e che non pregiudichi la libertà morale della persona. In tema di valutazione della prova il principio fondamentale è quello del LIBERO CONVINCIMENTO, in virtù del quale non è prevista una valutazione vincolata di determinate prove pur dovendo motivare la valutazione – art. 192 il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”. Esistono alcune eccezioni al principio del libero convincimento del giudice due di queste, richiamate dallo stesso art. 192 c.p.p. sono la PROVA INDIZIARIA e la chiamata in CORREITÁ. Prova indiziaria – ha per oggetto un fatto diverso mediante il quale usando regole logiche o di esperienza si può risalire al fatto di reato per essere ammessa gli indizi devono essere GRAVI – PRECISI E CONCORDANTI Chiamata in correità – la chiamata in correità deve essere valutata unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità, il giudice deve valutare prima l’attendibilità delle dichiarazioni e, se queste sono attendibili, dovrà verificare se esistano ulteriori elementi di prova per verificare la partecipazione dell’imputato al fatto di reato. IL PRINCIPIO DISPOSITIVO (= la prova non è in mano al giudice e c’è parità tra accusa e difesa in ordine all’assunzione delle stesse) Art. 190 c.p.p. “LE PROVE SONO AMMESSE A RICHIESTA DI PARTE. IL GIUDICE PROVVEDE SENZA RITARDO CON ORDINANZA ESCLUDENDO LE PROVE VIETATE DALLA LEGGE E QUELLE CHE SONO MANIFESTAMENTE SUPERFLUE O IRRILEVANTI”. Il giudice ha poteri estremamente limitati in ordine all’assunzione della prova potendo escludere solo le prove MANIFESTANENTE superflue o irrilevanti o ovviamente quelle vietate dalla legge. Il principio dispositivo comporta che le parti le quali intendano chiedere l’esame di testimoni, periti, consulenti tecnici o altri soggetti indicati dall’art. 210 debbano a pena di inammissibilità depositare sette giorni prima la lista con l’indicazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame e che nelle richieste di prova effettuate ai sensi dell’art. 493 dopo l’apertura del dibattimento, non è più consentito fare riferimento a prove non indicate nella lista predetta a meno che la parte non dimostri di essersi trovata nella impossibilità di indicarle tempestivamente.

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I MEZZI DI PROVA 1. La testimonianza

la testimonianza è la prova più frequente ma anche la più pericolosa, ha per oggetto tutti i fatti oggetto di prova ex art. 187 c.p.p. purchè non si tratti di fatti concernenti la personalità dell’imputato o della persona offesa. La capacità di testimoniare spetta (art. 196) ad ogni persona, ne segue che tale capacità prescinde dalle qualità psico-fisiche del soggetto chiamato a testimoniare, a tal fine l’art. 196 2° comma consente al giudice di ordinare anche d’ufficio gli accertamenti opportuni e consentiti dalla legge. La testimonianza può essere diretta, se il fatto è stato direttamente percepito, mentre indiretta se il fatto è oggetto di narrazione altrui percepita dal teste, la testimonianza indiretta non è consentita su fatti appresi da persone vincolate dal segreto professionale o dal segreto d’ufficio e non può essere utilizzata se il teste si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui appreso la notizia dei fatti oggetto dell’esame. L’obbligo di testimoniare stabilito dall’art. 198 subisce numerose deroghe, non è consentita la deposizione su fatti da cui potrebbe emergere una responsabilità penale del testimone, le dichiarazioni rese non possono formare oggetto di testimonianza, l’art. 197 prevede alcune situazioni soggettive di incompatibilità a testimoniare (resp.civile, giudice, Pm), i pubblici ufficiali. Il testimone HA L’OBBLIGO DI PRESENTARSI al giudice e di rispondere secondo VERITÁ alle domande che gli vengono poste.

2. L’esame delle parti l’art.208 c.p.p. stabilisce che nel dibattimento, l’imputato, La parte civile che non debba essere esaminata come testimone, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono esaminati se ne fatto richiesta o vi consentono. Pertanto di INTERROGATORIO si può parlare soltanto nelle indagini preliminari e nel corso della udienza preliminare ove l’interrogatorio avviene su richiesta dell’imputato.

3. Il confronto Il confronto è un mezzo di prova consentito ex art. 211 c.p.p. esclusivamente fra persone già esaminate o interrogate allorquando vi sia disaccordo fra le stesse su fatti o circostanze importanti

4. Le ricognizioni si tratta di un mezzo di prova mediante il quale un soggetto viene chiamato ad identificare una persona ,cosa, voce suono, o qualunque altro oggetto di percezione sensoriale.

5. L’esperimento giudiziale è un mezzo di prova destinato ad accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo

6. La perizia è ammessa ai sensi dell’art.220 quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono una particolare competenza tecnica o scientifica, in deroga al principio dispositivo l’art. 224 stabilisce che il giudice può disporre l’acquisizione della perizia anche d’ufficio con ordinanza motivata, le parti hanno però la facoltà di nominare consulenti tecnici.

7. La prova documentale La prova documentale è SOLTANTO quella che si forma al di fuori del procedimento penale (art. 234 c.p.p.) i verbali di dichiarazioni rese dall’imputato possono essere utilizzati soltanto se il suo difensore ha partecipato all’assunzione della prova nel procedimento in cui il verbale è stato formato.

I MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA

1. L’ISPEZIONE

è un mezzo di ricerca della prova diretto ad accertare le tracce e gli altri effetti materiali del

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reato ed è disposta con DECRETO MOTIVATO dell’autorità giudiziaria (Pm o giudice del dibattimento)

2. LA PERQUISIZIONE mezzo di ricerca della prova delineato dall’art. 247 il quale prevede la perquisizione personale o locale, il presupposto è dato dall’esistenza di FONDATI MOTIVI di ritenere che le le cose (corpo del reato o cose pertinenti al reato) si trovino in un luogo o su una persona. Necessario anche qui il decreto motivato, il soggetto può farsi assistere da una persona di fiducia semprechè questa sia prontamente reperibile.

3. IL SEQUESTRO Vincolo posto dal magistrato alla libera disponibilità di cose pertinenti il reato, può essere probatorio, preventivo, conservativo.

4. L’INTERCETTAZIONE Per procedere a intercettazioni è necessario l’atto motivato dell’autorità giudiziaria (perché si viola una libertà costituzionalmente garantita) devono esistere gravi indizi di reato e tali intercettazioni devono essere assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini, può inoltre essere disposta solo per determinati reati. L’INTERCETTAZIONE E’ DISPOSTA CON DECRETO MOTIVATO DEL PM IN SEGUITO AD AUTORIZZAZIONE CONCESSA DAL GIP IL QUALE DOVRA’ ACCERTARE L’ESISTENZA DEI PRESUPPOSTI DI AMMISSIBILITA’, l’utilizzazione delle intercettazioni è vietata nei procedimenti diversi da quelli nei quali l’intercettazione è stata disposta.

LE MISURE PRECAUTELARI E LE MISURE CAUTELARI Per quanto concerne le misure cautelari, fondamentali garanzie sono previste dalla Costituzione, in primo luogo viene in considerazione l’art. 27 comma 2 cost. (l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva) che implica un divieto di qualunque forma di restrizione della libertà personale che possa apparire come anticipazione della pena. L’art. 13 cost. prevede l’inviolabilità della libertà personale ma lo stesso art. 13 al 3° comma stabilisce che in casi eccezionali di necessità ed urgenza l’autorità di PS può adottare provvedimenti provvisori che devono essere comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria per la convalida il 2° comma dell’art. 13 consente limitazioni alla libertà personale nei soli modi e casi stabiliti dalla legge. LE MISURE PRECAUTELARI ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO DI INDIZIATI DI DELITT O. L’ART. 382 c.p.p. prevede lo STATO DI FLAGRANZA in tre distinte situazioni; una persona viene colta nell’atto di commettere un reato o (quasi flagranza) quando subito dopo il reato un soggetto è inseguito dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che abbia commesso il reato immediatamente prima, l’arresto può essere obbligatorio o facoltativo in base al reato commesso. La seconda misura precautelare è costituita dal FERMO DI INDIZIATO DI DELITTO (art. 384) in base al quale quando sussistono elementi che rendano fondato il pericolo di fuga di una persona gravemente indiziata di un reato per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a 2 anni e superiore nel massimo a 6. Nell’ipostesi di applicazione di una delle due misure precautelari incombono dei doveri alla PG (art. 386) questi devono darne immediata notizia al PM e avvertire l’arrestato dalle facoltà di nominare un difensore di fiducia e quindi devono informare il difensore, debbono porre l’arrestato a

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disposizione del PM al più presto e non oltre 24 ore. Il PM può procedere all’interrogatorio dell’arrestato e deve darne notizia al difensore, il PM deve informare l’arrestato dei fatti per cui si procede, il PM entro 48 ore deve chiedere la convalida della misure precautelare al GIP, l’udienza di convalida si svolge in camere di consiglio con la partecipazione NECESSARIA del difensore mentre quella del PM è solo facoltativa, il GIP deve emanare un ordinanza con la quale dispone la mancata convalida e la liberazione del fermato ovvero, se le condizioni per l’attuazione dell’arresto sono state rispettate emana un ordinanza di convalida, in questo caso ove il PM NE ABBIA FATTO ESPLICITAMENTE RICHIESTA il GIP può disporre una misura cautelare. L’arrestato o fermato può proporre ricorso per cassazione contro l’ordinanza di convalida. LE MISURE CAUTELARI PERSONALI: l’applicazione delle misure cautelari personali è subordinata all’esistenza di condizioni generali di applicabilità. In primo luogo è richiesta l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, le misure cautelari personali possono essere applicate ex artt. 280 e 287 c.p.p. solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni ad eccezione per la custodia cautelare in carcere che può essere disposta solo per i DELITTI per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. L’esistenza di queste condizioni generali di applicabilità non basta ma è necessario l’esistenza di almeno una delle esigenze cautelari dell’art 274 c.p.p. ossia PERICOLO DI INQUINAMENTO DELLA PROVA, PERICOLO DI FUGA O NELLA PERICOLOSITÁ SOCIALE DELLA PERSONA SOTTOPOSTA ALLE INDAGINI. Il giudice deve scegliere tra le varie misure adottabili ispirandosi al criterio della proporzionalità e della adeguatezza (art. 275 c.p.p) Le misure cautelari personali si distinguono in misure coercitive e misure interdittive Le misure coercitive sono : 1. Il divieto di espatrio 2. L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria 3. L’allontanamento dalla casa familiare 4. Il divieto e l’obbligo di dimora 5. Gli arresti domiciliari 6. La custodia cautelare in carcere o in luogo di cura La più importante è sicuramente la custodia cautelare in carcere che non può essere disposta per alcuni soggetti (malati gravi, donne incinte, uomini con più di 70 anni) e inoltre il giudice non la può disporre se ritiene che la sentenza possa concedere la sospensione condizionale della pena. Le misure interdittive sono: 1. Sospensione dell’esercizio della potestà di genitori 2. Sospensione dell’esercizio di un pubblico ufficio o servizio 3. Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali APPLICAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI Le misure cautelari sono disposte si richiesta del PM il quale deve presentare gli elementi su cui la richiesta si fonda nonché tutti gli elementi a favore dell’imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate. Sulla richiesta del PM provvede il GIP, per assicurare l’esercizio del diritto alla difesa l’art.294 dispone che fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento il giudice che non vi abbia provveduto in sede di convalida del fermo o dell’arresto provvede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare immediatamente o comunque non oltre 5 gg dall’applicazione. La custodia cautelare ha dei termini tassativi che vanno da 2 a 4 e fino a 6 anni per i reati più gravi la scadenza di tali termini importa la rimessione in libertà imputato.

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MEZZI DI IMPUGNAZIONE I mezzi di impugnazione previsti nei casi dei provvedimenti applicativi di misure cautelari sono il riesame, l’appello e il ricorso per cassazione. Il riesame è previsto per i provvedimenti che dispongono misure coercitive e può essere proposto dall’imputato entro 10 gg. Dalla esecuzione o notificazione del provvedimento. Nei confronti della altre ordinanze (che non dispongono l’applicazione di una misura coercitiva) le parti (imputato, difensore, PM) possono proporre appello enunciandone contestualmente i motivi. Le decisioni emesse dal tribunale delle libertà in seguito a richiesta di riesame o ad appello sono suscettibili di ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento. Le misure cautelari reali (sequestro preventivo e conservativo) Limitano la disponibilità del patrimonio vengono richieste quando esistono fondati motivi che i beni si disperdano e che quindi manchino le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria (seq.conservativo) o quando la libera disponibilità di una cosa possa aggravare le conseguenze di un reato o permettere la commissione di altri reati(seq. Preventivo)

IL PROCEDIMENTO, I RITI SPECIALI, IL GIUDIZIO ORDINARIO

LE INDAGINI PRELIMINARI Art. 362 c.p.p. Con le indagini preliminari il PM acquisisce ELEMENTI DI PROVA al fine di decidere se esercitare o meno l’azione penale. Gli atti dell’indagine preliminare sono coperti dal segreto (art. 329 c.p.p.) fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari, il PM può comunque, con decreto motivato, disporre il segreto per singoli atti. CONDIZIONI DI PROCEDIBILITA’ Art. 330 c.p.p. “il PM e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti” Art. 331 c.p.p. “DENUNCIA DA PARTE DI PUBBLICI UFFICIALI E INCARICATI DI UN PUBBLICO SERVIZIO” Art. 332 c.p.p. “DENUNCIA DA PARTE DI PRIVATI” Art. 333 c.p.p. “REFERTO” Si intende per notizia di reato qualunque informazione scritta od orale effettuata all’autorità giudiziaria o ad un’altra autorità che abbia l’obbligo di riferire alla prima avente ad oggetto un fatto nel quale siano ravvisabili estremi di reato, una volta pervenuta la notizia di reato il PM ha il dovere (art. 335 c.p.p.) di iscriverla immediatamente nell’apposito registro custodito presso l’ufficio nonché il dovere di iscrivere il nome della persona alla quale il reato è attribuito. I reati di regola sono perseguibili d’ufficio (non serve manifestazione di volontà da parte della persona offesa) ma in determinati casi tale manifestazione di volontà appare necessaria e deve

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provenire dalla persona offesa (denuncia o istanza) oppure dalla pubblica autorità (richiesta, autorizzazione a procedere). ART. 336 QUERELA ART. 341 ISTANZA DI PROCEDIMENTO (proposta dalla persona offesa con le forme della querela) ART. 342 RICHIESTA DI PROCEDIMENTO (atto scritto dell’autorità competente) ART. 343 AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE (richiesta a norma dell’art. 344 dal PM) Le indagini preliminari della polizia giudiziari A norma dell’art. 347 la polizia giudiziaria riferisce senza ritardo al pubblico ministero gli elementi essenziali del fatto, la comunicazione della notizia di reato va effettuata entro 48 ore dal compimento dell’atto quando siano stati compiuti atti investigativi per i quali è prevista l’assistenza del difensore, la PG può compiere anche autonomamente atti investigativi.

Le indagini preliminari del PM Costituiscono la parte essenziale della fase del procedimento penale e sono finalizzate all’esercizio dell’azione penale, la riforma ha inteso ridurre al minimo il valore probatorio delle indagini preliminari per dare piena attuazione al contraddittorio nel momento di formazione della prova. Il PM può nominare o avvalersi di consulenti per singoli atti per i quali sia necessaria una particolare conoscenza tecnica. Le indagini preliminari sono funzionali alle scelte del PM in ordine all’esecuzione o meno dell’azione penale e non dovrebbero acquisire valore probatorio al di fuori della fase investigativa. Esistono tuttavia casi in cui il legislatore riconosce alla indagini preliminari valore probatorio, ma, essendo una prova formatasi in assenza di contraddittorio il legislatore è vincolato ad attribuire ad essi valore di prova solo nei casi eccezionali previsti dall’art. 111 cost. : ACCERTATA IMPOSSIBILITA’ DI NATURA OGGETTIVA PROVATA CONDOTTA ILLECITA CONSENSO DELL’IMPUTATO In accordo con tale disposizione costituzionale alle indagini preliminari viene attribuito valore probatorio nei seguenti casi: a) Nel caso di atti di indagine originariamente irripetibili b) irripetibilità sopravvenuta e non prevedibile c) lettura delle dichiarazioni rese dall’imputato nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza

preliminare se l’imputato è contumace, assente o rifiuta di sottoporsi all’esame. d) Nei casi di contestazione dell’esame testimoniale o dell’esame delle parti. e) Nelle ipotesi in cui l’imputato consente all’impiego probatorio degli atti di indagine preliminare. IL DIRITTO ALLA DIFESA NEL CORSO DELLE INDAGINI PRE LIMINARI Perché la persona sottoposta alle indagini possa esercitare il diritto alla difesa è essenziale che venga a conoscenza delle indagini a suo carico L’art 335 c.p.p. dispone che il Pm iscrive immediatamente la notizia di reato e (3° comma) salvo alcuni reati, ne da immediata comunicazione alla persona indagata alla persona offesa e ai rispettivi difensori ove ne facciano richiesta. Il PM però può disporre il segreto per un periodo massimo di 3 mesi.

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L’indagato può venire a conoscenza delle indagini a suo carico anche con l’informazione di garanzia (art. 369 c.p.p.)che il PM invia solo nel caso in cui debba compiere (per la prima volta) un atto per il quale il difensore ha diritto di assistere. Il PM ha quindi l’obbligo (art. 415 bis) di avvisare l’indagato della conclusione delle indagini preliminari, il PM il quale intenda esercitare l’azione penale, deve darne avviso all’indagato affinchè questi possa predisporre le sue difese e addurre le proprie ragioni al fine di convincere il PM a desistere dal suo proposito e richiedere l’archiviazione. Molto importante che la richiesta o il decreto di citazione a giudizio sono nulli se non sono preceduti dall’avviso previsto dall’art. 415 bis c.p.p. Oltre al diritto di difesa inteso tradizionalmente, nel senso di partecipazione critica della difesa agli atti istruttori dell’indagante esiste la possibilità di ricercare le prove a favore dell’indagato (art. 327 bis c.p.p.) proprio per il principio dispositivo in materia di prove e per il principio di parità delle armi tra accusa e difesa. Gli elementi di prova raccolti del difensore possono essere presentati al PM e circa il valore che a queste può attribuirsi in dibattimento l’art.391 dispone che delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi per contestazioni nel corso dell’esame testimoniale, nel caso di atti investigativi irripetibili per impossibilità sopravvenuta imprevedibile, lettura delle dichiarazioni dell’imputato. Inoltre è previsto che gli atti originariamente irripetibili compiuti dal difensore siano inseriti nel fascicolo del dibattimento. Infine le parti possono concordare l’inserimento di atti riguardanti l’attività investigativa nel fascicolo del dibattimento. L’INCIDENTE PROBATORIO Necessario quando nel corso delle indagini preliminari si deve assumere prove non rinviabili al dibattimento, può essere disposto soltanto nei casi tassativamente indicati dall’art. 392 c.p.p. su richiesta al GIP dal PM o della persona sottoposta alle indagini. Caratteristica più importante

Art. 335 3° comma per alcuni reati il PM da notizia con l’iscrizione nel registro all’indagato e alla persone offesa ed eventualmente ai difensori

Art. 415 bis avviso di conclusione delle indagini preliminari sempre necessario se il PM intende esercitare l’azione penale

Art. 360 informazione di garanzia se il PM deve compiere un atto per il quale è richiesta la presenza del difensore

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dell’incidente probatorio è la sua eccezionalità e la tassatività dei casi in cui si può richiedere indicate dall’art. 392 c.p.p.; le ipotesi più importanti sono 1. Testimonianza di persona quando esiste fondato motivo che questa non potrà essere esaminata

nel dibattimento 2. Testimonianza di persona quando questa potrebbe essere sottoposta a minaccia o intimidazione 3. Perizia o esperimento su un luogo o cosa soggetta a modificazioni 4. Perizia quando potrebbe determinare una sospensione del processo superiore a 60 giorni Come si è detto solo il PM o la persona sottoposta alle indagini possono richiedere l’incidente probatorio, la persona offesa può unicamente chiedere al PM che lo richieda e se questi non lo riterrà necessario dovrà pronunciare decreto motivato e farlo notificare alla persona offesa, l’udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del PM e del difensore della persona sottoposta alle indagini ha diritto di parteciparvi anche il difensore della persona offesa, la persona offesa e l’indagato. L’assunzione della prova con incidente probatorio rispetta le forme stabilite per il dibattimento ed è pienamente utilizzabile in sede dibattimentale ma solo nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato all’assunzione della prova. DURATA E CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI La durata delle indagini preliminari è di 6 mesi dall’iscrizione e registro delle notizie di reato o di un anno per i reati indicati dall’art. 407 (2° COMMA) (indagini particolarmente complesse) Ai sensi dell’art. 406 il PM può chiedere al giudice una proroga delle indagini per giusta causa, la proroga può venire concessa per un termine non superiore a 6 mesi e le indagini preliminari non possono superare i 18 mesi o 2 anni nei casi previsti dal art. 407 (2° COMMA) Scaduto tale termine gli atti di indagine preliminare non possono essere utilizzati. Le indagini preliminari si chiudono con la RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE o con la RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO. Se il GIP accoglie la richiesta di archiviazione pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al PM, l’avviso della richiesta di archiviazione è notificato all’indagato e alla persona offesa la quale può opporsi entro 10 gg. e con richiesta motivata chiedere la prosecuzione delle indagini. Se a seguito di questa opposizione o per altri motivi il GIP ritiene di non accogliere la richiesta, fissa la data dell’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti, dopodichè il GIP se ritiene siano necessarie ulteriori indagini le indica al PM , se non le ritiene necessarie dispone con ordinanza che il PM formuli entro 10 gg l’imputazione. In tal modo vi è un controllo giurisdizionale sull’operato del PM. Se non vi è richiesta di archiviazione l’atto conclusivo delle indagini preliminari è la richiesta di rinvio a giudizio formulata ai sensi dell’art, 417 c.p.p., la richiesta e nulla se non è preceduta dall’avviso di cui all’art. 415 bis nonché dell’invito a presentarsi per rendere interrogatorio qualora l’indagato ne abbia fatto richiesta.

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NO SI SI NO

L’UDIENZA PRELIMINARE

La richiesta di rinvio a giudizio è disposta ex art. 416 c.p.p. nella cancelleria del giudice dell’udienza preliminare e con essa è trasmesso anche il fascicolo delle indagini preliminari , l’avviso del giorno dell’udienza è notificato alla persona offesa e all’imputato con l’avviso che non comparendo sarà giudicato in contumacia, viene notificato anche al PM e al difensore con l’avvertimento che possono prendere visione degli atti e produrre documenti. L’udienza preliminare si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del PM e del DIFENSORE dell’imputato, il giudice in primo luogo procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi etc. inoltre può dichiarare la contumacia dell’imputato salvo il caso in cui l’assenza sia dovuta a causa di forza maggiore o legittimo impedimento (circostanze liberamente valutate dal giudice), terminati gli accertamenti il giudice dichiara aperta la discussione: il PM parla per primo e espone sinteticamente i risultati delle indagini, a questo punto l’imputato può rendere dichiarazioni o chiedere di essere sottoposto a interrogatorio (se il giudice lo chiede l’interrogatorio si svolge nelle forme dell’esame dibattimentale e in questo caso le dichiarazioni rese assumono i connotati di PROVA assunta eccezionalmente nell’udienza preliminare). Terminata la discussione vi sono due possibilità: 1. Il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti. 2. NON ritiene di poter decidere allo stato degli atti. Nel primo caso il giudice dichiara chiusa la discussine ed emana il decreto con cui dispone il giudizio accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio o pronunzia sentenza di non luogo a procedere(ex art. 425 c.p.p.) Nel secondo caso il GUP ex art. 421 e 422 c.p.p. Può indicare al PM le ulteriori indagini da compiere o disporre ANCHE D’UFFICIO l’assunzione delle prove delle quali appare evidente

PM

GIP

RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE

ARCHIVIAZIONE

UDIENZA IN CAMERADI CONSIGLIO

CON ORDINANZA IMPONE DI FORMULARE L’IMPUZATIONE ENTRO 10 GG

ULTERIORI INDAGINI

INDICA LE UNTERIORI INDAGINI

Restituisce il fascicolo al PM

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la decisività AI FINI DELL’EMANAZIONE DELLE SENTENZ A DI NON LUOGO A PROCEDERE. Nel corso dell’udienza preliminare è possibile la modifica dell’imputazione che viene comunicata dal PM all’imputato presente oppure, in caso di assenza, al suo difensore. Immediatamente dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio il giudice provvede nel contraddittorio tra le parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento (art. 431 c.p.p. “le parti possono concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del PM, nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva”). Il fascicolo per il dibattimento assieme al decreto che dispone il giudizio è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio, alla fine dell’udienza preliminare, oltre al fascicolo per il dibattimento, è formato anche il fascicolo del PM nel quale sono contenuti tutti gli atti delle indagini preliminari nonché degli atti acquisiti all’udienza preliminare unitamente al verbale della stessa. Le funzioni dell’udienza preliminare: l’udienza preliminare ha essenzialmente 3 funzioni � Fare da filtro ad imputazioni azzardate � Garantire l’attuazione del diritto alla prova � Rendere possibile la scelta di riti differenziati deflattivi del dibattimento

Per la prima funzione si richiama l’art. 425 c.p.p. “il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio” La seconda funzione dell’Udienza preliminare è la concreta attuazione del diritto alla prova che, successivamente ad interventi legislativi e della corte costituzionale è stata ampliata consentendo di colmare nell’udienza preliminare le lacune delle indagini preliminari, potendo richiedere l’incidente probatorio, potendo il giudice indicare al PM le ulteriori indagini da compiere e di disporre anche d’ufficio l’assunzione delle prove dalle quali appare evidente la decisività per l’emanazione della sentenza di non luogo a procedere. La sentenza di non luogo a procedere è appellabile ai sensi dell’art. 428 c.p.p. dal procuratore della repubblica, dal procuratore generale della corte d’appello e dall’imputato, la senteza è altresì soggetta a revoca nel caso in cui emergano successivamente nuove fonti di prova che giustifichino il rinvio a giudizio

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ACCOGLIE NON ACCOGLIE FA DA FILTRO PER LE IMPUTAZIONI AZZARDATE SI SVOLGE IN CAMERA DI INDICA LE IMPONE AL CONSIGLIO CON LA ULTERIORI PM DI PARTECIPAZIONE DEL PM E INDAGINI AL FORMULARE DEL DIFENSORE PM L’IMPUTAZIONE GIUDICA ALLO STATO IMPONE NUOVE ASSUME LE DEGLI ATTI INDAGINI AL PM PROVE CHE RITIENE NECESSARIE PER LA SENT. DI NON DISPONE IL GIUDIZIO NON LUOGO LUOGO A PROC. A PROCEDERE NEL CONTRADDITTORIO TRA LE PARTI PROVVEDE ALLA FORMAZIONE DEL FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO

NOTIZIA DI REATO QUERELA – D’UFFICIO, ISTANZA

PUBBLICO MINISTERE

ARCHIVIAZIONE RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO

GIP GUP (ART. 416 C.P.P.)

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I RITI (O PROCEDIMENTI) SPECIALI I procedimenti speciali si possono distinguere in due categorie, quelli diretti a deflazionare il dibattimento, e cioè l’applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudizio abbreviato e il procedimento per decreto penale (nel quale l’instaurazione del dibattimento è eventuale e consegue all’opposizione dell’imputato) e quelli che escludono l’udienza preliminare anticipando il dibattimento stesso, e cioè, il giudizio direttissimo e il giudizio immediato. Il giudizio abbreviato: Il giudizio abbreviato è un rito speciale in virtù del quale il processo viene definito nell’udienza preliminare, può essere richiesto soltanto dall’imputato al quale viene applicata una riduzione della pena (diminuzione di un terzo). La richiesta va presentata dall’imputato NEL CORSO DELL’UDIENZA PRELIMINARE fino a che non siano state formulate le conclusioni. Sulla richiesta il giudice deve provvedere con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato, in altre parole la semplice richiesta impone al giudice l’obbligo di disporre il giudizio abbreviato, obbligo che cade solo se l’imputato subordini il giudizio abbreviato ad un integrazione probatoria, in questo caso il giudice dispone il giudizio abbreviato solo nel caso in cui valuti l’integrazione effettivamente necessaria. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio, si osservano le disposizioni previste per l’udienza preliminare tranne l’art. 422 e 423 rispettivamente inerenti l’integrazione probatorio d’ufficio o su richiesta di parte e la modifica dell’imputazione. Il giudizio abbreviato comporta una metamorfosi dell’udienza preliminare, la quale da udienza filtro diventa un udienza in cui si accerta al responsabilità dell’imputato Se l’imputato richiede incondizionatamente il giudizio abbreviato il giudice dell’udienza preliminare ha il dovere di disporlo anche se ritenga il processo non decidibile allo stato degli atti. In tal caso, il giudice avrà il dovere, previsto dall’art. 441 comma 5 c.p.p. di ordinare anche d’ufficio l’assunzione degli elementi di prova necessari alla decisione. La reiezione della richiesta è consentita solo se sia lo stesso imputato a renderla possibile condizionando la richiesta stessa ad una integrazione probatoria ritenuta dall’imputato necessaria ai fini della decisione. L’adozione del giudizio abbreviato pone dei limiti all’appellabilità della sentenza ex art. 443 c.p.p. L’applicazione della pena su richiesta delle parti Il rito dell’applicazione della pena su richiesta delle parti consente di risparmiare tutto il dibattimento e di eliminare un grado di impugnazione vista l’inappellabilità della sentenza emessa su accordo delle parti. L’art. 444 c.p.p. stabilisce che l’imputato e il PM possono chiedere al giudice l’applicazione di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria ovvero di una pena detentiva quando questa non supera i 5 anni. Il giudice dispone con sentenza la pena patteggiata solo ove ritenga congrua la pena indicata. La richiesta di patteggiamento può essere effettuata nel corso delle indagini preliminari, in udienza preliminare fino alla presentazione delle conclusioni e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio direttissimo. La volontà dell’imputato deve essere espressa direttamente o a mezzo di procuratore speciale, la sentenza emessa ex art. 444 c.p.p. è inappellabile a meno che non vi sia stato il dissenso del PM che potrà in tal caso proporre appello. Oltre alla diminuzione di pena l’applicazione della pena su richiesta comporta molti altri benefici all’imputato quali la non iscrizione nel certificato spedito a richiesta di parte e nel caso di applicazione di pena pecuniaria la stessa non è di ostacolo ad una successiva applicazione della sospensione condizionale della pena.

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Il procedimento per decreto penale. L’art. 459 dispone che nei procedimenti per reati perseguibili d’ufficio ed in quelli perseguibili a querela (se il querelante non vi si è opposto) il PM se ritiene sia applicabile soltanto una pena pecuniaria può presentare al GIP una richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna indicando la misura della pena. Nello specificare la richiesta della pena il PM può chiedere l’applicazione di una pena diminuita fino alla metà rispetto al minimo edittale. Il giudice può accoglierla oppure no, se la accoglie il giudice applica la pena, ha notevoli connotazioni di premialità quali la non condanna al pagamento delle spese processuali e la non applicazione delle spese accessorie. A pena di inammissibilità entro 15 gg. l’imputato o la persona civilmente obbligata possono proporre opposizione. Il giudizio direttissimo Il giudizio direttissimo ed il giudizio immediato sono riti diretti ad anticipare il dibattimento e nei quali difetta l’udienza preliminare. Tale giudizio è previsto in 3 ipotesi. La prima ipotesi (art. 449 c.p.p.) quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato il PM può presentare direttamente l’imputato in stato di arresto davanti al giudice per il dibattimento, per la convalida e il contestuale giudizio, entro 48 ore dall’arresto. La seconda ipotesi è prevista nel caso in cui il PM chieda la convalida dell’arresto al GIP, in tal caso si procederà al giudizio direttissimo se successivamente alla convalida il PM presenti l’imputato in udienza non oltre il 15 giorno dall’arresto. La terza ipotesi si ha nei confronti della persona la quale nel corso dell’interrogatorio abbia reso confessione che deve però avere per oggetto il reato completo di tutti i suoi elementi e non deve rendere necessarie quindi ulteriori indagini per acquisire elementi probatori. Il giudizio immediato A differenza del giudizio direttissimo in esso non difetta la fase delle indagini preliminari al dibattimento. Il giudizio immediato può essere richiesto dal PM o dall’imputato. Nel caso di richiesta del PM i presupposti per il giudizio immediato sono 3: 1. Evidenza della prova 2. La persona sottoposta alle indagini deve previamente essere interrogata sui fatti dai quali

emerge l’evidenza della prova o deve avere omesso di presentarsi. 3. La richiesta deve essere presentata entro 90 gg. dalla data di iscrizione della notizia di

reato. Il giudizio immediato può essere richiesto dall’imputato allorquando quest’ultimo rinunci all’udienza preliminare e richieda il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, non è richiesta altra condizione perché il giudice accolga tale richiesta.

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PROCEDIMENTI SPECIALI

Deflattivi del dibattimento

GIUDIZIO ABBREVIATO

APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA

PROCEDIMENTO PER DECRETO PENALE

Manca il dibattimento Manca il dibattimento Manca il dibattimento

Il processo viene definito in udienza preliminare

Si ha durante le indagini preliminari o prima della conclusione dell’udienza preliminare

Solo se deve essere applicata una pena pecuniaria

Richiesto dall’imputato Richiesto dal PM e dall’imputato

Si svolge in camera di consiglio Il giudice deve ritenere la pena congrua Diminuzione di pena La pena può essere diminuita fina

alla metà del minimo edittale Limiti alla possibilità di appello La sentenza è inappellabile (a meno che

il PM si sia opposto L’imputato può proporre appello

PROCEDIMENTI SPECIALI DEFLATTIVI DELL’UDIENZA PRELIMINARE

ARRESTO IN il Pm chiede la se la persona nel FLAGRANZA convalida al GIP corso dell’interrogatorio Entro 48 ore il PM il PM e successivamente rende confessione Richiede la convalida ma non oltre 15 gg dall’ Dell’arresto e il giudizio arresto chiede il giudizio

GIUDIZIO DIRETTISSIMO

Visto che manca l’udienza preliminare i testimoni possono essere citati oralmente L’imputato e il suo difensore possono chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a 10 gg.

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GIUDIZIO IMMEDIATO

Non mancano completamente le indagini preliminari Puo essere richiesto

Dal PM DALL’IMPUTATO - evidenza della prova se rinuncia all’udienza preliminare - interrogatorio della parte o mancata comparizione - richiesta effettuata entro 90 gg

dall’iscrizione

LA RICHIESTA VA PRESENTATA AL G.I.P. CHE PUO’ ACCETTARLA ED EMETTERE IL

DECRETO CHE DISPONE IL GIUDIZIO O RIGETTARLA REINVIANDO IL FASCICOLO

AL P.M. (SALVO RICORRA UN CASO DI PROSCIOGLIMENTO EX. ART. 129 C.P.P.

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IL GIUDIZIO ORDINARIO

Il giudizio consta di 3 fasi, la fase degli atti preliminari al dibattimento, il dibattimento, la fase postibattimentale. La fase predibattimentale ha una funzione preparatoria, in questa fase il presidente del tribunale o della corta d’assise, una volta ricevuto il decreto che dispone il giudizio, può, ove sussistano giustificati motivi anticipare l’udienza o differirla per non più di una volta. Tra la data del decreto che dispone il giudizio e la data dell’udienza deve trascorrere un termine non inferiore a 20 giorni. La funzione preparatoria delle prove è delineata dall’art. 468 c.p.p. che indica il termine di 7 giorni prima dell’udienza per presentare la lista dei testimoni e consulenti con l’indicazione delle circostanze oggetto dell’esame, sarà il giudice ad escludere le testimonianze vietate dalla legge o quelle manifestamente sovrabbondanti. Nella fase predibattimentale non si assumono prove se non in via eccezionale (con incidente probatorio). Nella fase predibattimentale è consentita l’emanazione di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 469 c.p.p. L’inizio del dibattimento avviene ex art. 492 c.p.p. con la dichiarazione di apertura del dibattimento, in udienza prima di tale apertura il presidente controlla la regolare costituzione delle parti, se non è presente il difensore il giudice designa un sostituto, per quanto riguarda la contumacia, l’impedimento, l’assenza etc. si applicano in quanto compatibili le disposizioni dell’art. 420 bis – ter - quater – quinquies c.p.p. , nella parte predibattimentale che si svolge in udienza è importante la trattazione delle questioni preliminari, le quali ex art. 491 c.p.p. sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti. Tali questioni riguardano la competenza e le nullità ex art. 181 c.p.p. (NULLITA’ RELATIVE) dette questioni sono decise dal giudice con ordinanza. I principi fondamentali del dibattimento sono la pubblicità, la concentrazione, il principio dispositivo in tema di assunzione della prova, l’oralità, l’immediatezza, il contraddittorio nel momento di formazione della prova, la correlazione tra accusa e sentenza, la non regressione ad una fase antecedente allorquanto si sia giunti validamente alla fase del giudizio. Il principio fondamentale in ordine all’acquisizione delle prove è quello dispositivo posto dall’art. 190 c.p.p. secondo il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte, il secondo comma dell’articolo sottolinea l’eccezionalità dell’assunzione di prove non richieste dalle parti. Il principio dispositivo dell’art.190 c.p.p. riserva alle parti l’iniziativa in tema di assunzione della prova escludendo o prevedendo come eccezionali i poteri di autonoma iniziativa dell’organo giurisdizionale in tema di assunzione della prova. Esistono alcune deroghe al principio dispositivo e queste sono :

Art. 469 c.p.p. salvo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p. se l’azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita ovvero se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, sentiti il PM e l’imputato e se questi non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo.

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A. al principio secondo il quale il giudice deve giudicare unicamente sui fatti enunciati dalle parti ai sensi dell’art. 493 c.p.p. (indicazione della parti sui fatti che intendono provare) il giudice deve quindi attenersi al thema probandum indicato dalle parti; a questo principio si deroga con l’art. 506 1 comma c.p.p. in base al quale il presidente può in ordine all’esame dei testimoni, può indicare alle parti nuovi temi di prova più ampi, utili alla completezza dell’esame. Il giudice può fare ciò solo “in base ai risultati delle prove assunte nel dibattimento a iniziativa di parte o a seguito delle letture disposte” quindi dovrà attenersi ai temi di prova che emergono dalle prove assunte a richiesta di parte.

B. Al principio secondo il quale il giudice deve assumere solo le prove richieste dalle parti, la possibilità di una deroga emerge dall’articolo 190 secondo comma secondo il quale la legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse d’ufficio, l’eccezione più vistosa è quella dell’art. 507 c.p.p. per cui il giudice se risulta assolutamente necessario può disporre anche d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova.

L’art. 514 c.p.p. vieta la lettura dei verbali a meno che non sia espressamente consentita, tale lettura è prevista per i verbali degli atti assunti nell’incidente probatorio, ma ciò non deroga al principio di oralità e contraddittorio nel momento di formazione della prova perché entrambi questi requisiti hanno trovato attuazione nell’incidente probatorio Reali deroghe a questi principi si hanno:

� Per gli atti originariamente irripetibili � Per gli atti non originariamente irripetibili ma divenuti irripetibili per fatti

sopravvenuti � Nella contestazione nel corso dell’esame testimoniale (contraddizione tra

quanto dichiarato) valido ai fini della credibilità del teste � Nel caso di atti di altro procedimento o nell’incidente probatorio soltanto però

se il difensore dell’imputato vi ha partecipato � Nel caso in cui l’imputato presti il proprio consenso � Atti del difensore in caso di sopravvenuta ed imprevedibile impossibilità di

ripetizione. Strettamente collegato al contraddittorio appare il principio di correlazione tra accusa e sentenza dal momento che risulterebbe inutile l’esercizio del diritto alla difesa se fosse consentita la condanna per fatto diverso da quello contestato o per fatti nuovi esiste però la possibilità di modificare l’imputazione (art. 516 c.p.p.) semprechè il reato non appartenga alla competenza di un giudice superiore. Il PM può contestare (art. 518 c.p.p.) all’imputato un fatto nuovo, per cui debba procedersi d’ufficio e non enunciato nel decreto che dispone il giudizio ma questa contestazione richiede l’autorizzazione del giudice e il consenso dell’imputato. L’imputato che ne faccia richiesta ha diritto ad una sospensione del dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire ma comunque non superiore a 40 giorni. Subito dopo l’apertura del dibattimento si ha ai sensi dell’art. 493 c.p.p. l’esercizio del diritto alla prova, infatti le parti indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissione delle prove, non è ammissibile la richiesta dell’esame di prove non comprese nella lista provista dall’art. 468 c.p.p. a meno che la parte richiedente non dimostri di non averle potuto indicare tempestivamente nella lista. L’art. 493 comma 3° prevede una sorta di patteggiamento sulla prova del tutto analogo a quello che le parti possono effettuare all’atto della formazione del fascicolo per il dibattimento.

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Una volta disposta con ordinanza l’assunzione delle prove inizia l’istruzione dibattimentale con l’assunzione delle prove richieste dal PM e dalle altre parti, l’assunzione della prova orale è affidata essenzialmente all’attività delle parti, il presidente nel corso dell’esame dei testimoni ha un potere di intervento la cui finalità è quella di integrare l’attività delle parti La discussione e la deliberazione della sentenza Esaurita l’assunzione delle prove il PM (art. 523 c.p.p.) e successivamente i difensori di parte civile, resp.civile, ed imputato formulano le rispettive conclusioni, la parte civile deve presentare conclusioni scritte indicando, ove sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione dell’ammontare dei danni stessi. In ogni caso l’imputato e il difensore devono avere, A PENA DI NULLITÁ, la parola per ultimi se la domandano. Una volta esaurita la discussione il presidente dichiara chiuso il dibattimento e si passa alla deliberazione della sentenza, a cui devono concorrere gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. A norma dell’art. 526 comma 1° il giudice non può utilizzare ai fini della decisione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento, l’art. 526 comma 1° bis riproduce il dettato dell’art. 111 cost. secondo cui la colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da par te dell’imputato o del suo difensore. Alla deliberazione collegiale si provvede secondo le regole indicate dall’art. 527 c.p.p., tutti i giudici votano ed esprimono la loro opinione, nel caso di parità di voti prevale la soluzione più favorevole all’imputato. Su richiesta di un componente il collegio che non abbia espresso parere conforme alla decisione è compilato sommario verbale contenente l’indicazione del dissenziente e della questione e motivi del dissenso. Le formule di proscioglimento. Il legislatore ha previsto numerose formule di proscioglimento; se manca una condizione di procedibilità il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere, mentre le sentenze sul merito che pronuncia hanno le seguenti formule: 1. IL FATTO NON SUSSISTE se difetta uno degli elementi obbiettivi della fattispecie 2. L’IMPUTATO NON HA COMMESSO IL FATTO se non gli è attribuibile la realizzazione 3. IL FATTO NON COSTITUISCE REATO se difetta l’elemento soggettivo o c’è una causa di

giustificazione 4. IL FATTO NON E’ PREVISTO DALLA LEGGE COME REATO 5. L’IMPUTATO NON E’ IMPUTABILE O NON E’ PUNIBILE PER ALTRA RAGIONE L’art. 530 impone che il giudice pronunci sentenza di assoluzione anche quando manchi o sia incompleta o contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso ecc. l’art. 530 secondo comma c.p.p. ha previsto una esplicita regola di giudizio imponendo il proscioglimento con formula piena sia quando sussista la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa di personale di non punibilità sia quando vi è il dubbio sull’esistenza delle stesse. Per quanto riguarda la sentenza di condanna il giudice se ritiene che l’imputato sia responsabile nel pronunciare la condanna determina la pena applicando l’eventuale misura di sicurezza ecc.

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IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE

MONOCRATICA La norma di partenza per individuare la disciplina inerente il procedimento davanti al tribunale monocratico è l’articolo 549 c.p.p. per cui “nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto dal presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili”. In questo tipo di procedimento il codice dispone una distinzione tra procedimenti che prevedono la citazione diretta a giudizio (art. 550 c.p.p. quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore al massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva) e i procedimenti che vengono instaurati mediante un ordinaria richiesta di rinvio a giudizio, cui segue la celebrazione dell’udienza preliminare. Particolarmente semplificato appare il procedimento con citazione diretta a giudizio che richiama alcuni punti del vecchio procedimento pretorile. Il principale elemento distintivo è la mancanza dell’udienza preliminare infatti il PM una volta concluse le indagini preliminari esercita l’azione penale mediante l’emanazione del decreto di citazione diretta (ai sensi dell’art. 552 c.p.p.). Il PM forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette con il decreto di citazione al giudice. La prima udienza è la c.d. “UDIENZA DI COMPARIZIONE” che supplisce almeno in parte alla mancanza dell’udienza preliminare. Le richieste di prova avvengono analogamente a quanto previsto per il procedimento ordinario, il giudice verifica (nel caso di reato perseguibile a querela) se il querelante è disposto a rimettere la querela. Il dibattimento si svolge secondo le norme stabilite per il procedimento ordinario tuttavia è previsto che, su accordo delle parti, possa derogarsi al all’esame diretto delle parti, l’esame dei testimoni dei periti etc. che può essere condotto direttamente dal giudice sulla base delle domande e contestazioni proposte dal PM e dai difensori.

IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE

Il giudice di pace dal 2000 si è visto assegnare una limitata competenza in materie penale in situazioni di microconflittualità tra privati e che si caratterizzano per la non particolare complessità delle decisioni e per la circostanza di prestarsi a soluzioni conciliative e risarcitorie che il giudice di pace ha lo specifico obbligo di promuovere. Nel procedimento davanti al giudice di pace non esiste il giudice per le indagini preliminari, competente per gli atti da compiere nella fase investigativa è il giudice di pace mentre le funzioni di PM sono svolte dal procuratore della repubblica presso il tribunale nel cui circondario ha sede il giudice di pace oltretutto le funzioni di PM sono delegabili in maniera molto ampia ad altri soggetti. L’attività di indagine è affidata (art. 11 comma 1° d.lgs. n. 274/2000) alla polizia giudiziaria che di propria iniziativa, acquisita la notizia di reato, compie gli atti di indagine necessari e per alcuni atti (interrogatori, accertamenti tecnici) può richiedere al PM l’autorizzazione a compiere l’atto, autorizzazione che può essere concessa o negata o può indurre il PM a decidere di svolgere personalmente l’indagine. Concluse le indagini la PG riferisce al PM con relazione scritta circa il fatto e le norme che si assumono violate e chiede la comparizione davanti al giudice di pace.

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Oltre alle normali ipotesi di richiesta di archiviazione una peculiare del procedimento davanti al giudice di pace e quella di particolare tenuità del fatto, purchè, in quest’ultima evenienza, non risulti un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. La vocatio in iudicium dell’imputato avviene con atto di citazione emanato dalla polizia giudiziaria sulla base dell’imputazione formulata dal PM. Altro aspetto peculiare del procedimento davanti al giudice di pace e quello della citazione a giudizio su ricorso della persona offesa (per i reati procedibili a querela) il ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela e deve essere presentato al giudice e depositato presso il PM che deve, entro 10 gg., il PM decide se ritenere il ricorso ammissibile o meno, se lo ritiene ammissibile formula l’imputazione confermando o modificando il contenuto del ricorso (è sempre il PM che formula l’imputazione). Se l’udienza si celebra a seguito di ricorso al giudice da parte della persona offesa la mancata comparizione del querelante determina l’improcedibilità del ricorso salvo che l’imputato chieda che si proceda al giudizio. Un ulteriore forma alternativa di definizione del procedimento si ha quando l’imputato prima dell’udienza dimostra di aver provveduto alla riparazione del danno eliminando le conseguenze del reato (spetta al giudice di pace valutare l’idoneità delle attività risarcitorie o riparatorie.

LE IMPUGNAZIONI Le impugnazioni sono strumenti processuali mediante i quali le parti enunciano doglianze nei confronti di un provvedimento giurisdizionale al fine di provocare su di esso un controllo del giudice, controllo che può essere di merito o di mera legittimità. Si distingue tra: mezzi ordinari di impugnazione aventi per oggetto provvedimenti NON irrevocabili Mezzi straordinari aventi Per oggetto provvedimenti IRREVOCABILI Un principio fondamentale delle impugnazioni è quello della TASSATIVITA’ ART. 568 C.P.P. per cui la “legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati”, quindi un provvedimento giurisdizionale è impugnabile unicamente se la legge espressamente prevede tale impugnabilità ed unicamente con il mezzo di impugnazione espressamente indicato. Unica deroga al principio di tassatività è dato dall’art. 568 comma 2° per il quale sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali si decide sulla libertà personale e le sentenze, inoltre l’ultimo comma dell’art.568 stabilisce che l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad essa data dalla parte che l’ha proposta, quindi ed es. se una parte propone appello contro una sentenza inappellabile questo si converte nel mezzo di impugnazione previsto (ricorso per cassazione) .

APPELLO RICORSO PER CASSAZIONE

LA REVISIONE

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Possono proporre impugnazione secondo l’art. 568 c.p.p. soltanto le parti alle quali la legge espressamente conferisce questo diritto, se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse. IL PUBBLICO MINISTERO ART. 570 il procuratore della repubblica presso il tribunale ed il Procuratore generale presso la corte d’appello possono Proporre impugnazione quali che siano state le Conclusioni del rappresentante del PM, tale norma Costituisce espressione del principio di impersonalità Del PM ed è diretta ad avviare ad eventuale inerzia del PM di grado inferiore L’IMPUTATO ART. 571 Può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di Procuratore speciale. IL RESPONSABILE CIVILE ART. 575 con il mezzo che la legge stabilisce per l’imputato, la Domanda può avere per oggetto le disposizioni della Sentenza riguardanti il risarcimento LA PARTE CIVILE – OFFESA ART. 576 può proporre appello con i mezzi disposti per il PM contro I capi della sentenza riguardanti la responsabilità ma non Riguardanti i capi penali della sentenza Il codice consente alla parte civile e alla persona offesa Di presentare richiesta motivata al PM per proporre Impugnazione contro i capi penali della sentenza La forma dell’impugnazione è disciplinata dall’art, 581 c.p.p. per cui deve essere proposta con atto scritto e deve contenere i dati riguardanti il provvedimento impugnato, la data, il giudice che lo ha emesso ed i capi a cui l’impugnazione si riferisce. Gli effetti dell’impugnazione sono 3 : EFFETTO DEVOLUTIVO comporta che la cognizione è devoluta ad un giudice di grado superiore e quindi mezzi di impugnazione tipicamente devolutivi sono l’appello e il ricorso per cassazione. EFFETTO SOSPENSIVO l’impugnazione cioè sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato l’art. 588 c.p.p. disporne che “dal momento della pronuncia, durante i termini per impugnare e fino all’esito del giudizio di impugnazione, l’esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa salvo la deroga dell’art. 588 comma 2° secondo cui le impugnazioni contro provvedimenti in materia di libertà personale NON HANNO IN ALCUN CASO EFFETTO SOSPENSIVO. EFFETTO ESTENSIVO art. 587 c.p.p. prevede l’estensione dell’impugnazione per sottolineare che non si tratta di un effetto vero e proprio ma di un evenianza relativa a reati plurisoggettivi; l’impugnazione proposta da uno degli imputati giova anche agli altri purché l’impugnazione non si fondi su motivi personali (ad. Es. incapacità di intendere e volere), giova anche al responsabile civile e al civilmente obbligato e viceversa. L’impugnazione deve ovviamente essere ammissibile e tale ammissibilità va verificata, cause di inammissibilità dell’impugnazione sono: 1. Impugnazione proposta da chi non è legittimato o non ha interesse. 2. Provvedimento non impugnabile. 3. Non sono osservate le disposizione degli art. 581-582-583-585-586 c.p.p. (forma-presentazione-

spedizione-termini)

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La competenza a valutare l’ammissibilità spetta al giudice per l’impugnazione. L’ordinanza dichiarativa di inammissibilità è ricorribile per cassazione. L’APPELLO È un mezzo di impugnazione ordinario mediante il quale si chiede al giudice dell’impugnazione un secondo giudizio di merito sull’oggetto del giudizio di primo grado totalmente o parzialmente considerato. L’appello è consentito solo nei casi tassativamente previsti, l’art. 593 c.p.p. prevede come regola generale che il PM e l’imputato possano appellare contro le sentenze di condanna e di proscioglimento con alcune eccezioni: a) È inappellabile dall’imputato la sentenza di proscioglimento con la formula “il fatto non sussiste

o l’imputato non lo ha commesso” b) Sono inappellabile le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena

dell’ammenda c) Nel giudizio abbreviato il PM e l’imputato non possono appellare le sentenze di

proscioglimento per ottenere una diversa formula d) Nel caso di “patteggiamento” la sentenza è inappellabile salvo il caso in cui il PM non abbia

dato espresso il suo dissenso e) Inappellabile la sentenza predibattimentale emanata ai sensi dell’art. 469 c.p.p. L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, i motivi di appello hanno la funzione di tracciare i confini della cognizione del giudice di appello ma entro questi confini il giudice ha gli stessi poteri del giudice di primo grado fatta eccezione, quando appellante sia il solo imputato, per il divieto della riforma in peggio (art. 597 3°comma) divieto che invece non c’è quando appellante è il PM. L’art. 595 c,p,p, prevede l’appello incidentale cioè la possibilità di proporre appello entro un nuovo termine una volta scaduti i termini per presentare l’appello in via principale in conseguenza dell’appello regolarmente presentato da altra parte del processo. La parte che non ha proposto impugnazione può proporre appello entro 15 gg. da quello in cui ha ricevuto la comunicazione o l anotificazione previste dall’art. 584, l’appello incidentale perde efficacia in caso di inammissibilità dell’appello principale o di rinuncia dello stesso. L’art. 598 c.p.p. dispone che in grado di appello si osservano le disposizioni relative al giudizio di primo grado, il pubblico dibattimento però può essere sostituito dalla camera di consiglio la quale è prevista per alcune processi di appello (contro sentenze di non luogo a procedere, contro sentenze emesse nel giudizio abbreviato ecc.). Dopo il controllo sulla regolare costituzione delle parti il presidente o un consigliere effettua la relazione della causa o solo in casi eccezionali, ipotesi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale perché, al fine di valutare la fondatezza delle doglianze potrebbe in primo luogo la lettura del relatore che ha studiato gli atti del processo (art. 602) o la lettura degli atti del processo stesso, solo quindi in caso ciò non sia sufficiente si rinnova l’istruzione dibattimentale che può essere richiesta dalle parti o disposta d’ufficio, nel primo caso però questa deve (art. 603 c.p.p.) essere richiesta nell’atto di appello, la rinnovazione dell’istruttoria può avvenire anche se le prove che si intendono assumere siano sopravvenute o scoperte dopo il giudizio o quando il giudice la ritiene assolutamente necessaria, l’ultima ipotesi è quella dell’imputato contumace che dimostri ci non essere potuto comparire per caso fortuito o per forza maggiore. La sentenza può limitarsi a risolvere questioni di nullità ex art. 604 c.p.p.e ci saranno le conseguenze indicate per la nullità in tutto o in parte delle sentenze o entrare nel merito ex. Art. 605 c.p.p. in questo caso il giudice se riforma la sentenza di primo grado e se l’appellante non ricorre per cassazione il giudice di secondo grado trasmette “senza ritardo” la sentenza al giudice di primo grado se questi è competente per l’esecuzione.

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IL RICORSO PER CASSAZIONE Il ricorso per cassazione è un mezzo di impugnazione ordinario mediante il quale l’impugnante denuncia un errore di diritto compiuto dal giudice del merito nell’applicazione delle norme processuali o nell’applicazione delle norme di diritto sostanziale chiedendo alla corte di cassazione di annullare con rinvio o senza rinvio il provvedimento impugnato. Con il ricorso in cassazione di possono proporre unicamente i motivi tassativamente indicati nell’art. 606 c.p.p. ossia : a) Esercizio da parte del giudice di poteri riservati agli organi legislativi b) Inosservanza o erronea applicazione della legge c) Inosservanza delle norme procedurali d) Mancata assunzione di una prova decisiva richiesta e) Mancanza o manifesta illogicità dei motivi se risulta dal testo impugnato Il ricorso per cassazione può essere presentato dalla parte personalmente o dai difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione, le sentenze di corte di cassazione possono essere: a) Sentenze di inammissibilità se la causa di inammissibilità non è stata in precedenza dichiarata

neppure nella fase degli atti preliminari al dibattimento di cassazione la corte provvede a dichiararla con sentenza . rigetto e impone alla parte pricorrente il pagamento delle spese processuali.

b) Sentenza di rigetto se la corte non accoglie nessuno dei motivi di ricorso pronuncia sentenza di rigetto e impone alla parte pricorrente il pagamento delle spese processuali.

c) Sentenza di rettificazione nel caso di errori di diritto nella motivazione o di erronee indicazione di testi di legge in tal caso la corte si limita a rettificare la parte della sentenza errata senza annullarla.

d) Sentenza di annullamento se la corte accoglie i motivi del ricorso pronuncia sentenza di annullamento che può essere con rinvio (art. 623 c.p.p.)3 nel caso si renda necessario l’intervento di un altro giudice di merito o senza rinvio (art. 620)4 nel caso questo intervento non sia necessario.

LA REVISIONE Mezzo straordinario di impugnazione (che riguarda cioè provvedimenti inoppugnabili) avente ad oggetto la sentenza di condanna, i decreti penali di condanna e le sentenze di patteggiamento (art. 629) non sono però soggette a revisione le sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere. La revisione non è un mezzo di impugnazione devolutivo in quanto non devolve la cognizione del procedimento ad un giudice di grado superiore. La revisione non ha neppure efficacia sospensiva, l’art. 631 c.p.p. dispone che “gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare se accertati che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529 (con sentenza di non doversi procedere) 530 (con sentenza di assoluzione) 531 (con sentenza dichiarativa di estinzione del reato). I casi di revisione sono tassativamente previsti dalla legge nell’art. 630 c.p.p. e sono quattro: 1. Se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza non possono conciliarsi con quelli stabiliti in

un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario (inconciliabilità logica tra sentenze irrevocabili )

3 da vedere !!!! 4 da pagina 345 a pagina 366 del “Lozzi”

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2. Se la sentenza ha ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo successivamente revocata.

3. Se dopo la condanna sono sopravvenute nuove prove che dimostrano che il condannato deve essere prosciolto

4. Se è dimostrato che la condanna venne pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.

Se la richiesta di revisione è ammissibile si procede seguendo le norme per il predibattimento e il dibattimento di primo grado se invece la richiesta di revisione viene respinta la corte condanna la parte al pagamento delle spese processuali La sentenza di revisione è ricorribile per cassazione (art. 640 c.p.p.)

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L’ESECUZIONE L’articolo 649 c.p.p. stabilisce che “l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale di condanna divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze” il ne bis in idem mira ad assicurare la certezza soggettiva del giudicato penale, a sottrarre cioè il singolo da una “teoricamente illimitata” possibilità di persecuzione dell’organo punitivo. L’irrevocabilità delle sentenze si realizza dal momento della pronuncia nel caso di sentenze contro cui non è ammessa impugnazione (diversa dalla revisione) o dal momento della scadenza del termine perentorio ove l’impugnazione sia ammessa ma risulti scaduto il termine perentorio per proporla. Il principio del ne bis in idem è derogato in alcuni casi (l’art. 649 espressamente indica l’art. 65 comma 2° e l’articolo 345 c.p.p.), vale a dire le sentenze di proscioglimento per morte dell’imputato e per mancanza di una condizione di procedibilità; nel primo caso la sentenza di proscioglimento non costituisce giudicato penale se la morte dell’imputato è stata erroneamente dichiarata nel secondo la sentenza di proscioglimento non preclude l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto contro la medesima persona quando sia venuta ad esistenza la condizione di procedibilità mancante (querela, istanza, richiesta, autorizzazione a procedere) o è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l’autorizzazione. Esiste nel principio del ne bis in idem un limite soggettivo (non si può procedere contro la medesima persona) anche se la dottrina cerca, in alcuni casi, di estendere tale principio anche ad altre persone nel caso di medesima condotta ad esempio nel caso di proscioglimento “perché il fatto non sussiste”, ed esiste un limite oggettivo in quanto il principio espresso opera se il procedimento ha per oggetto il “medesimo fatto” inteso come medesima condotta oggetto della decisione irrevocabile.

I provvedimenti giurisdizionali soggetti Ad esecuzione e gli organi

Competenti L’art. 655 c.p.p. individua nel Pubblico Ministero l’organo deputato a curare l’esecuzione dei provvedimenti, PM individuato secondo i criteri del combinato disposto degli art. 655 e 665 (ossia il PM presso il giudice di 1° grado per i provvedimenti emessi dal giudice di primo grado e non appellati o con impugnazione dichiarata inammissibile, dal PM presso il giudice di appello ove questi abbia riformato la sentenza ecc.) L’attività del pubblico ministero si esplicano mediante l’emissione di provvedimenti come l’ordine di esecuzione, il decreto di computo della custodia cautelare ecc., e il compimento di meri atti materiali con i quali il PM attiva la procedura esecutiva mediante la trasmissione degli atti ad altre autorità. L’art. 655 impone al PM di notificare al difensore dell’interessato i provvedimenti entro 30 gg. dalla loro emissione a pena di NULLITA’ I PRINCIPALI PROVVEDIMENTI CHE IL PM E’ TENUTO AD ADOTTARE NELLA FASE ESECUTIVA SONO: 1. Emanazione dell’ordine di esecuzione in taluni casi però dopo averlo emesso deve

immediatamente sospenderne l’esecuzione (vedi art. 656 5° comma) 2. Riduzione della pena in considerazione del “presofferto” secondo l’art. 657 il PM deve

stabilire se e in quale misura la pena deve essere ridotta in considerazione dei periodi di custodia cautelare che il condannato abbia espiato.

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3. Determinare la pena da eseguirsi in considerazione delle norme sul concorso di pene (art. 633 c.p.p.) in considerazione degli da 72 a 79 c.p. per il concorso di reati.

Il GIUDICE DELL’ESECUZIONE Nel corso dell’esecuzione può verificarsi un fatto giuridico che incide “sull’efficacia giuridica del provvedimento” e conseguentemente idoneo ad impedire il regolare svolgimento delle attività ad essa riconducibili, dato che l’esecuzione incide su diritto di fondamentale importanza è necessario l’intervento di un giudice per dirimere le controversie che si possono determinare. Il giudice dell’esecuzione è chiamato a “conoscere dell’esecuzione” del provvedimento da eseguire, gli è quindi assegnata una competenze funzionale in ordine alla fase esecutiva; tale giudice può quindi effettuare in ogni momento un controllo sui provvedimenti emanati dal PM ed anche emanare direttamente il decreto di cumulo delle condanne o il provvedimento di computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo. Il giudice per l’esecuzione è in primo luogo il giudice che ha emesso il provvedimento (art. 665 c.p.p.) successivamente lo stesso articolo dispone criteri più specifici identici a quelli per l’individuazione del PM. Al giudice per l’esecuzione compete l’emanazione dei seguenti provvedimenti: A. Risolvere il conflitto pratico di giudicati (incompatibilità tra i comandi contenuti nelle sentenze

irrevocabili) art. 669 c.p.p. (deve sempre risolvere applicando il favor rei) B. Accertare che il provvedimento da eseguire manchi o sia ancora suscettibile di impugnazione

(deve dichiararlo con ordinanza) art. 670 c.p.p. C. Applicare la disciplina del concorso formale o del reato continuato nel caso di più sentenze o

decreti penali irrevocabili pronunciati da distinti procedimenti nei confronti della medesima persona a meno che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. Art. 671 c.p.p.

D. Applicazione dell’amnistia e dell’indulto art. 672, revoca della condanna se c’è abrogazione della norma penale art. 673

Il procedimento di esecuzione Il procedimento di esecuzione è un classico procedimento in camera di consiglio ispirato allo schema generale dell’art. 127 c.p.p., ma si contraddistingue essenzialmente per la presenza necessaria del pubblico ministero e del difensore e per la previsione di una possibile attività probatoria sempre nel rispetto del contraddittorio Art. 666 c.p.p. La magistratura di sorveglianza. Le attività di natura giurisdizionale espletabili in sede di esecuzione non competono unicamente al giudice dell’esecuzione dal momento che attività di tale natura sono compiute dalla magistratura di sorveglianza alla quale competono “quelle materie, facenti parte del diritto penale sostanziale e non di quello processuale, in cui prevalente appare il giudizio sulla funzionalità ed efficienza della pena in relazione al fine specifico della rieducazione del condannato”. Gli organi della magistratura di sorveglianza sono IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA E IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA. Il magistrato si sorveglianza, organo monocratico, provvede a funzioni di vigilanza sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e pena, sovraintende all’esecuzione delle misure di sicurezza personali e provvede al riesame della pericolosità Il tribunale di sorveglianza , è un organo collegiale, competente in materia di affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà, ecc. inoltre è tribunale di appello per le decisioni del magistrato di sorveglianza (artt. 677 e ss. C.p.p.).

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