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Riassunto Solomon (1)

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CAPITOLO 1

UNO SGUARDO SULLA VITA

DOMANDA: ILLUSTRARE LE GENERALITA’ SULLE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI

DELLA MATERIA

VIVENTE

Gli esseri viventi che abitano il nostro pianeta condividono una serie di caratteristiche che li

distinguono dalle cose non viventi. Queste caratteristiche comprendono l’organizzazione,

crescita e sviluppo, metabolismo capace di autoregolarsi, movimento, capacità di rispondere

agli stimoli, riproduzione e adattamenti ambientali. Organizzazione: possiamo identificare

una gerarchia dell’organizzazione biologica. Tutti gli organismi viventi sono altamente

organizzati, e sono costituiti da cellule. Alcune forme di vita più semplici come i batteri, sono

unicellulari, costituite da una sola cellula, altre forme più complesse sono formate da miliardi di

cellule. In questi organismi pluricellulari, i processi vitali dipendono dalle funzioni coordinate

delle cellule che possono essere organizzate per formare tessuti, organi e apparati organici.

Crescita e sviluppo: per crescita biologica si intende sia l’aumentare delle dimensione delle

singole cellule sia del loro numero o entrambi.

La crescita di un organismo può essere uniforme, oppure maggiore in alcune parti, cosicché le

proporzioni del corpo cambiano. Uno degli aspetti significativi del processo di crescita è che

ogni parte dell’organismo continua a funzionare mentre cresce. Gli organismi viventi con la

crescita si sviluppano. Metabolismo capace di autoregolarsi: in tutti gli organismi viventi

avvengono reazioni chimiche e trasformazioni energetiche essenziali per il nutrimento. Il

metabolismo è l’insieme delle attività chimiche dell’organismo che devono essere

accuratamente regolate per mantenere l’omeostasi, un stato di equilibrio interno. Esempio:

quando la sostanza prodotta da alcune cellule è sufficiente, la sua produzione deve cessare o

diminuire, al contrario quando è in carenza deve attivarsi per produrla. Questi meccanismi

omeostatici sono sistemi di controllo che si autoregolano. Movimento: gli organismi si

muovono interagendo con l’ambiente, allo stesso modo il materiale vivente che si trova

all’interno della cellula è in continuo movimento.

In alcuni animali come le spugne, coralli e ostriche detti sessili, hanno stadi larvali durante i

quali possono nuotare liberamente, ma divenuti adulti perdono la capacità di muoversi da un

luogo all’altro. Pur rimanendo attaccati ad una superficie, utilizzano estroflessioni della cellula

chiamate ciglia e flagelli per muovere l’acqua avvicinandosi così il nutrimento necessario per il

loro organismo.

I vegetali non si muovono come gli animali, ma sono dotati ugualmente di movimento. Ad

esempio orientano le foglie in direzione della luce.

Capacità di rispondere agli stimoli: tutte le forme di vita rispondono agli stimoli

cambiamenti fisici o chimici che avvengono nel loro ambiente interno o esterno. Esempio:

l’occhio umano le cui cellule rispondono alla luce. Oppure nelle piante come la Venere

acchiappamosche, capace di catturare gli insetti. Le foglie si piegano lungo l’asse mediano,

emettono un profumo che attira gli insetti. La presenza dell’insetto sulla foglia, rivelata dalla

peluria che la riveste, stimola la foglia a chiudersi. Non appena i bordi si toccano i peli si

intrecciano e impediscono la fuga dell’insetto. Particolari enzimi lo uccidono e lo digeriscono.

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Questa pianta cresce di solito in terreni poveri di azoto, gli insetti che mangia, le permettono di

assimilare parte dell’azoto necessario per la crescita.

Riproduzione e adattamenti ambientali: asessuata (la prole è identica al genitore) senza la

fusione dell’uovo e dello sperma per formare un uovo fecondato, esempio l’ameba, un

organismo unicellulare, che raggiunta una certa dimensione, si riproduce dividendosi in due

parti uguali che vanno a formare due amebe nuove. Prima di dividersi l’ameba fa una copia del

suo materiale ereditario (geni) e lo divide equamente tra le due cellule. Ciascuna nuova ameba

è identica alla precedente tranne le dimensioni. La Riproduzione Sessuata avviene nella

maggior parte dei vegetali e animali con la produzione di cellule specializzate, uova e cellule

spermatiche, si uniscono per formare l’uovo fecondato dal quale sì svilupperà il nuovo

organismo. La prole prodotta è il prodotto dell’interazione tra i geni forniti dal padre e madre.

Tali variazioni genetiche sono alla base dei processi vitali dell’evoluzione e dell’adattamento il

quale migliora la capacità di un organismo di sopravvivere in un particolare ambiente, e può

essere di tipo strutturale, fisiologico, comportamentale oppure una combinazione di

questi.

Esempio di adattamento: le zebre, assumono una particolare posizione che permette loro di

individuare i leoni e altri predatori. Le strisce servono per mimetizzarsi o per proteggersi

visivamente dai predatori quando sono puntate a distanza.

Il loro stomaco si è adattato a cibarsi d’Erba, un adattamento che aiuta a sopravvivere in caso

di cibo scarso. Un essere vivente per crescere, svilupparsi, muoversi, riprodursi, deve ricevere

delle informazioni codificate sotto forma di sostanze chimiche o impulsi elettrici.

Nel 1953 James Watson e Francis Crick scoprirono la struttura dell’acido

desossiribonucleico (DNA). Questa sostanza chimica costituisce i geni, le unità di base

dell’ereditarietà. Essi sono responsabile del controllo, dello sviluppo e del funzionamento di

ciascun organo.

Il DNA contiene la ricetta per creare tutte le proteine (grosse molecole) necessarie

all’organismo per determinare la struttura e la funzione delle cellule e dei tessuti.

Logicamente le cellule nervose sono diverse da quelle muscolari perché hanno proteine

diverse.

I meccanismi coinvolti nella segnalazione cellulare sono molto complessi, capire come le cellule

comunicano tra di loro permette di scoprire nuovi metodi utilizzabili per liberare farmaci

all’interno delle cellule per curare nuove patologie.

Gli ormoni sono messaggeri chimici in grado di trasmettere informazioni da una parte all’altra

di un organismo. Possono indurre una cellula a secernere o produrre una particolare proteina.

Gli animali hanno un sistema nervoso in grado di trasmettere informazioni sia attraverso

impulsi elettrici, sia con molecole chiamate neurotrasmettitori. Il nostro sistema nervoso

trasmette i segnali dai recettori sensoriali come gli occhi, le orecchie, al cervello informando

dei cambiamenti che avvengono nell’ambiente esterno. La teoria dell’evoluzione, ci spiega

come le popolazioni di organismi sono cambiate nel tempo. Ciascun organismo è il prodotto di

complesse interazioni tra geni dei suoi antenati e le condizioni ambientali. L’adattamento

ambientale è il risultato di processi evolutivi che avvengono in lunghi periodi e coinvolgono

molte generazioni. Charles Darwin e Alfred Wallace furono i primi a portare all’attenzione

generale la teoria dell’evoluzione basata sulla selezione naturale.

Darwin sintetizzò che le forme di vita sulla terra discendono attraverso varie modifiche, da

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forme preesistenti. Egli basò la sua teoria sulle seguenti osservazioni:

Ogni membro di una specie (cioè un gruppo di organismi con struttura, funzioni e

comportamenti simili, che in natura si accoppiano solo tra loro) è diverso dagli altri;

Nascono molti più organismi di quelli che sono in grado di sopravvivere fino alla

riproduzione;

Gli individui competono per sopravvivere, coloro che hanno più caratteristiche

vantaggiose potranno sopravvivere più facilmente rispetto agli altri;

Gli organismi che sopravvivono si riproducono e trasmettono le caratteristiche

vantaggiose alle loro proli e alle generazioni future.

Mentre Darwin non conosceva l’esistenza del DNA, e non poteva comprendere il meccanismo

dell’ereditarietà, noi sappiamo che le diversità tra gli organismi viventi, sono il risultato di geni

differenti che codificano ciascuna caratteristica.

Alla base di queste variazioni, ci sono mutazioni casuali, cioè cambiamenti di natura chimica

nel DNA e possono essere ereditati.

Un altro aspetto fondamentale è quello dell’organizzazione biologica. I biologi possono

studiare la cellula partendo dall’atomo e dalla molecola questo studio si chiama riduzionismo.

Ogni livello di organizzazione ha proprietà emergenti, cioè caratteristiche non presenti nei

livelli inferiori.

Esempio: le popolazioni hanno proprietà emergenti, come la densità, l’età media, i tassi di

vita e di morte, mentre gli individui che formano una popolazione non possiedono queste

caratteristiche.

Il livello chimico è il più piccolo livello di organizzazione e comprende gli atomi e le molecole.

Esempio: due atomi di idrogeno si combinano con un atomo di ossigeno per formare una

molecola di acqua. Sebbene formata da due tipi di atomi che sono gas, l’acqua è un liquido,

ecco un esempio di proprietà emergente.

Diversi tipi di atomi possono associarsi tra loro per formare le cellule. Le sue proprietà

emergenti la rendono la struttura di base e l’unità funzionale della vita. Ogni cellula è

circondata da una membrana plasmatica che regola il passaggio dei materiali tra la cellula e

l’ambiente circostante.

Tutte le cellule hanno al loro interno molecole che contengono il materiale genetico e delle

strutture chiamate organuli capaci di svolgere funzioni altamente specializzate.

Conosciamo due differenti tipi di cellule: procariotiche come i batteri, tutti gli altri organismi

sono formati da cellule eucariotiche che contengono una grande varietà di organuli rivestiti

da una membrana incluso un nucleo che contiene il DNA.

Durante l’evoluzione gli organismi pluricellulari, si sono associati per formare i tessuti, (negli

animali c’è’ quello muscolare e nervoso, mentre nei vegetali c’è l’epidermide), i quali si

associano e formano organi (come il cuore e lo stomaco negli animali, radici e foglie nelle

piante), che coordinati tra loro formano i sistemi come il sistema circolatorio e digerente. Gli

organismi interagiscono fra loro formando popolazioni, che interagendo a loro volta formano le

comunità, le quali possono essere composte da centinaia di tipi diversi di forme viventi.

Una comunità insieme all’ambiente nel quale si trova è detta ecosistema, che può essere

piccolo come una stagno o grande. L’insieme di tutti gli ecosistemi esistenti sulla terra formano

la biosfera.

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La biosfera comprende tutto ciò che è abitato dagli organismi viventi – l’atmosfera, l’idrosfera

(l’acqua in ogni sua forma) e la litosfera (la crosta terrestre).

Lo studio di come gli organismi di una comunità sono in relazione tra loro e con il loro

l’ambiente è chiamato ecologia (dal greco oikos=casa).

La tassonomia è la scienza che studia la nomenclatura, e la classificazione di tutti gli

organismi viventi. I biologi si chiamano tassonomisti. Il sistema per classificare è stato

inventato dal botanico svedese Carlo Linneo nel XVIII secolo. L’unità di base per la

classificazione è la specie. Quelle più strettamente correlate fra loro vengono riunite in un

livello superiore di classificazione il genere.

Questo sistema ancora oggi valido se pur con qualche modifica, viene chiamato binomiale,

perché a ciascuna specie assegna un nome doppio. La prima parte del nome indica il genere

con la prima lettera maiuscola, la seconda parte il nome specifico con la prima lettera in

minuscolo.

Il nome specifico della nostra specie è Homo sapiens (uomo saggio).

PROTISTI appartengono i protozoi le alghe e le muffe. Alcuni protisti si sono adattati a

svolgere la fotosintesi, il processo nel quale l’energia luminosa è convertita in energia chimica

di molecole di cibo.

FUNGHI composta da lieviti muffe e funghi e non sono fotosintetici, essi traggono nutrienti

mediante la secrezione di enzimi digestivi e l’assorbimento di cibo predigerito.

VEGETALI sono organismi pluricellulari in grado di svolgere attività fotosintetica.

Comprendono sia le piante non vascolarizzate cioè i muschi, che quelle vascolarizzate cioè

felci, conifere, piante da fiori.

Alcune caratteristiche dei vegetali sono: la cuticola, una copertura cerosa che ricopre le

parti esposte all’aria, riducendo la perdita di acqua; gli stomi, piccole aperture presenti nel

fusto e nella foglia che permettono lo scambio gassoso; i gametangi, organi che proteggono le

cellule riproduttive in via di sviluppo.

ANIMALI organismi pluricellulari che devono mangiare altri organismi per trarne nutrimento.

Ogni organismo per crescere e rimanere in vita necessita di energia, quindi ogni organismo

assume costantemente nutrimento. Parte di questo viene utilizzato come carburante per la

respirazione cellulare processo durante il quale l’energia immagazzinata nelle molecole

viene rilasciata per essere utilizzata dalle cellule. Così come per gli individui anche gli

ecosistemi dipendono da un continuo apporto di energia. L’ecosistema autosufficiente è

costituito da tre tipi di organismi: produttori o autotrofi, consumatori o eterotrofi, e

decompositori, e da un ambiente appropriato per la loro sopravvivenza.

Produttori o autotrofi sono piante, alghe e batteri che possono produrre il loro cibo da

materiale grezzo, utilizzando la luce solare come fonte d’energia ed attuano la fotosintesi dove

molecole complesse sono sintetizzate partendo da anidride carbonica e acqua. L’energia

luminosa viene trasformata in energia chimica, e l’ossigeno è un sottoprodotto finale della

fotosintesi.

Anidride carbonica + Acqua + Energia Zuccheri (cibo) + Ossigeno.

Consumatori o eterotrofi sono animali che dipendono dai produttori. Essi ricavano energia

degradando le molecole di cibo prodotte durante la fotosintesi.

Zuccheri (e altre molecole di combustibile) + Ossigeno Anidride carbonica + Acqua +

Energia.

I consumatori contribuiscono all’equilibrio dell’ecosistema, perché producono l’anidride

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carbonica necessaria ai produttori. Quindi sia produttori che consumatori contribuiscono a

mantenere costante la miscela di gas atmosferici indispensabile per la vita.

Decompositori sono funghi e batteri cioè organismi eterotrofi che ottengono il nutrimento

dalla degradazione delle sostanze di rifiuto o degli organismi morti rendendoli riutilizzabili.

Se non esistessero i decompositori, le sostanze nutritive rimarrebbero intrappolate negli

organismi morti e gli elementi necessari ai sistemi viventi si esaurirebbero presto.

Diciamo che il mondo scientifico utilizza per le sue ricerche alcuni sistemi tra cui:

il metodo scientifico che comporta una serie di passaggi ordinati, riconoscere i problemi

sviluppare ipotesi (affermazioni verificabili) elaborare esperimenti.

il processo scientifico è investigativo, è influenzato da fattori culturali storici e personali

dello scienziato stesso.

ragionamenti sistematici di tipo deduttivo e induttivo.

L’approccio ipotetico deduttivo inizia con delle informazioni chiamate premesse, utilizza il

ragionamento deduttivo per verificare delle ipotesi.

Al contrario il ragionamento ipotetico induttivo parte da osservazioni specifiche dalle quali si

cerca di estrarre delle conclusioni. Esempio: se sappiamo che i passerotti hanno le ali, e sono

uccelli, e sappiamo che i pettirossi e le aquile hanno le ali e sono uccelli, potremmo dedurre

che tutti gli uccelli hanno le ali. Purtroppo questo sistema è un po’ debole, perché contiene più

informazioni rispetto ai fatti sui quali queste si basano.

Comunque qualsiasi ipotesi deve essere avvalorata da esperimenti controllati divisi in gruppi

sperimentali e di controllo. Un gruppo sperimentale differisce da quello di controllo solo per la

variabile che si sta studiando. Esempio: un esperimento condotto in modo controllato

dimostra che il nucleo è essenziale per il corretto funzionamento della cellula. Quando il

nucleo di un’ameba viene rimosso, l’ameba muore, l’ameba di controllo sottoposta ad una

manipolazione simile (inserzione del microfago), ma senza rimozione del nucleo, vive. Un

ipotesi diventa teoria quando è suffragata da molte osservazioni ed esperimenti. Una teoria

ben fondata e verificata nel tempo diventa un principio. Il termine legge e’ talvolta usato per

un principio ritenuto di importanza basilare, come la legge di gravità.

CAPITOLO 2

ATOMI E MOLECOLE: BASE DELLA CHIMICA DELLA VITA

DOMANDA: Saper descrivere la composizione chimica della materia vivente

La materia chimica e i processi metabolici di tutti gli esseri viventi sono molto simili tra loro. Le

leggi della fisica e della chimica valide per le cose non viventi sono valide anche per i sistemi

viventi.

Gli organismi sono costituiti da sostanze semplici e di piccole dimensioni detti composti

inorganici come l’acqua, gli acidi, le basi ed i sali, e da composti organici generalmente più

complessi e di grandi dimensione contenenti atomi di carbonio.

Si definisce materia un qualche cosa che occupa uno spazio e ha una massa. Attraverso la

chimica possiamo studiare la materia e gli elementi in essa contenuti. Gli elementi sono gli

ingredienti necessari per formare la materia, sono sostanze che non possono essere scisse in

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sostanze più semplici mediante reazioni chimiche. Si classificano secondo un simbolo chimico,

di solito la prima o le prime due lettere del suo nome inglese o latino. Ossigeno O, carbonio C.

Circa 25 dei 92 elementi naturali sono essenziali per la vita, ma quattro di questi costituiscono

il 96% della materia vivente: carbonio (C), ossigeno (O), idrogeno (H), azoto (N).

Il rimanente 4% è costituito principalmente da fosforo (P), zolfo (S), calcio (Ca), potassio (K) e

da altri elementi come iodio e rame sono detti elementi traccia in quanto presenti in quantità

ridotta, ma altrettanto importanti per il buono stato di salute, esempio ne è lo iodio, che nei

vertebrati è presente in un ormone prodotto dalla ghiandola della tiroide. Un apporto di 0.15

mg è sufficiente per una normale attività della tiroide, ma la carenza comporta una crescita

abnorme della ghiandola producendo una deformità nota come gozzo.

L’atomo è la più piccola unità dell’elemento che possiede le stesse caratteristiche chimico-

fisiche dell’elemento stesso. I fisici hanno suddiviso l’atomo in più di un centinaio di particelle,

dette subatomiche, ma solo tre sono di vero interesse: protoni, neutroni ed elettroni. L’insieme

di protoni e neutroni formano il nucleo al centro dell’atomo. Gli elettroni si muovono intorno al

nucleo con una velocità vicina a quella della luce.

Il protone è una particella che possiede carica positiva, il neutrone è neutro e l’elettrone

possiede carica elettrica negativa. Nell’atomo neutro il numero di elettroni e protoni è uguale.

Mentre per la presenza dei protoni il nucleo risulta essere di carica positiva ed è per questo che

gli elettroni di carica opposta di sentono attratti.

Il numero atomico è il numero dei protoni contenuti in un atomo ed è indicato con un

numero posto in basso a sinistra del simbolo dell’elemento. L’abbreviazione 1H indica che in

qualsiasi atomo dell’elemento idrogeno c’è un solo protone nel nucleo. Quando non è indicato il

numero degli elettroni di un atomo è equivalente al numero dei protoni, quindi l’atomo è

elettricamente neutro. La tavola periodica riporta alcuni atomi biologicamente importanti in

ordine di numero atomico, rappresentato secondo il modello di Bohr.

La massa è la quantità di materia contenuta nell’oggetto, il peso è la misura di quanta massa

di quell’oggetto è soggetta alla forza di gravità, cioè, un’astronauta in un veicolo spaziale è

senza peso, ma la sua massa è uguale a quella che avrebbe sulla terra. La massa di una

particella subatomica è estremamente piccola per essere espressa in grammi o microgrammi,

perciò le masse vengono espresse in uma (atomic mas unit) detta anche Dalton, in onore del

suo inventore John Dalton nel 1800. In fatti un’uma è circa uguale alla massa di un neutrone

che pesa 1.007 Dalton, o di un protone 1.009, mentre l’elettrone pesa 1/1800 rispetto agli altri

due.

La massa atomica di un elemento è un numero che indica quanto pesa quell’atomo. Si ricava

sommando il n° dei protoni e neutroni presenti nel nucleo dell’atomo esprimendolo in Dalton. Il

numero di massa atomica viene indicato in alto a sinistra del simbolo chimico. Esempio:

scrivendo 1123 Na, si deduce che il sodio contiene 11 protoni, 12 neutroni e 11 elettroni.

Scrivendo 816 O si deduce che l’ossigeno ha nel suo nucleo 8 protoni e 8 neutroni, ha numero

atomico 8 e massa 16.

L’atomo più semplice è quello dell’idrogeno 1H che possiede 1 protone, 1 elettrone e nessun

neutrone.

Il peso atomico è il peso totale dell’atomo. Il peso totale dell’ NA e’ 23 Dalton.

La maggior parte degli elementi è costituita da atomi aventi diverso numero di neutroni, perciò

massa diversa. Tali atomi si chiamano Isotipi. Gli isotopi di uno stesso elemento hanno lo

stesso numero di protoni ed elettroni, mentre varia il numero di neutroni. Consideriamo: i tre

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isotipi (dell’idrogeno comune 11 H), (deuterio 21 H), (trizio31 H), contengono rispettivamente

0, 1 e 2 neutroni. La sua massa viene espressa come media delle masse dei suoi isotopi. Ad

esempio, la massa dell’idrogeno non corrisponde a 1,0 uma, ma a 1.0079 uma, perchè in

natura sono presenti piccole quantità di deuterio e trizio.

Oppure gli isotopi del carbonio con numero atomico 6, il più comune è il 126 C con 6 neutroni,

il 146 C con 8 neutroni, il 136 C che possiede 7 neutroni, e il 146 C, che ne ha 8. Tutti gli

isotopi di un dato elemento hanno le stesse caratteristiche chimiche tranne alcuni con un

eccessivo numero di neutroni sono instabili e tendono a rompersi o decadere verso un isotopo

più stabile divenendo solitamente un elemento diverso. Sia 12 C, sia il 13C sono isotopi stabili,

quindi il loro nucleo non tende a perdere particelle, al contrario il 14C e’ instabile e il suo

decadimento radioattivo produce la forma comune dell’azoto 714 N. Tali isotopi vengono

definiti radioisotopi, in quanto decadendo emettono radiazioni (ciò comporta la

decomposizione di un neutrone e la formazione di un protone e di un elettrone veloce emesso

dall’atomo sotto forma di radiazione e noto come particella B). Il decadimento radioattivo può

essere rilevato attraverso la auto radiografia, in cui la radiazione provoca la comparsa di

granuli di argento di colore scuro in una particolare lastra per raggi X.

Gli isotopi radioattivi hanno molteplici utilizzi; ad esempio gli scienziati lo utilizzano per datare i

fossili, mentre nella medicina sono utilizzati sia per la diagnostica che per la terapia.

Gli elettroni si muovono rapidamente in spazi tridimensionali detti orbitali ciascuno può

ospitare max due elettroni. L’energia di un elettrone dipende dall’orbitale che esso occupa.

Elettroni posti in orbitali con energie simili si dice che hanno lo stesso livello energetico e

costituiscono un guscio elettronico. Elettroni che occupano gusci elettronici distanti dal nucleo

hanno maggior energia di quelli che occupano i gusci vicino al nucleo, perché è necessaria

energia per allontanare un elettrone carico negativamente dal nucleo che è carico

positivamente.

Gli elettroni più energetici noti come elettroni di valenza, occupano il guscio di valenza più

esterno del modello di Bohr.

Un elettrone se riceve energia si può spostare verso un orbitale più esterno, viceversa se cede

energia può scendere a un livello energetico più basso, più vicino al nucleo. Nella fotosintesi,

ad esempio l’energia luminosa assorbita dalle molecole di clorofilla sposta gli elettroni ad un

livello più alto.

Si parla quindi di livelli d’energia, e sono tre.

Il primo livello energetico presenta un solo orbitale che possiede forma sferica e può

accogliere due elettroni.

Il secondo livello presenta quattro orbitali, uno sferico più grande del precedente, e tre

orbitali a forma di otto e può ospitare al massimo otto elettroni, cioè due per ogni orbitale.

Il terzo livello può contenere orbitali di forme più complesse.

Quindi le proprietà chimiche dell’atomo dipendono dal numero di elettroni presenti nello strato

più esterno. Quando il guscio di valenza non è completo cioè non ha 8 elettroni l’atomo tende a

cedere, acquistare o condividere elettroni per completare il guscio esterno.

Nella tavola periodica sono indicati i primi 18 elementi dall’idrogeno all’argon. Sono disposti in

tre file orizzontali, o periodi disposti in modo sequenziale a seconda del loro numero atomico.

Un atomo che possiede uno strato di valenza completo non è reattivo, quindi non reagirà con

altri atomi con i quali verrà a contatto. L’elio, il neon e l’argon sono gli unici elementi dei 18

mostrati nella tavola che possiedono il guscio di valenza completo e sono detti inerti, poiché

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sono chimicamente stabili (non reattivi). Il cloro e il bromo che fanno parte degli alogeni sono

molto reattivi, poiché i loro gusci di valenza possiedono 7 elettroni, e nelle reazioni chimiche

tenderanno ad accettare un elettrone. Al contrario l’idrogeno, il sodio e il potassio hanno un

unico elettrone di valenza che tenderanno a cedere, o a condividere con un altro atomo. Tutti

gli altri atomi rappresentati nella tavola possiedono strati di valenza incompleti per cui sono

chimicamente reattivi e attraverso il legame chimico formeranno molecole. Tutti gli elettroni

hanno uguale massa e carica, ma si differenziano per la quantità di energia. L’energia è la

capacità di compiere un lavoro.

Quando si combinano due atomi di ossigeno si forma una molecola di ossigeno, mentre la

combinazione di atomi diversi forma un composto chimico. Ad esempio l’acqua è un composto

chimico fatto da molecole che si formano quando due atomi di idrogeno reagiscono con un

atomo di ossigeno. Le proprietà di un composto chimico possono essere diverse rispetto alle

proprietà dei vari elementi che lo compongono: l’acqua a temperatura ambiente è

generalmente un liquido, mentre l’idrogeno ed ossigeno sono gas.

La formula chimica è il modo più semplice per descrivere la composizione chimica di un

composto:

In una formula molecolare il numero a pedice specifica il numero reale di ogni atomo in una

molecola. O2 indica che questa molecola è costituita da due atomi di ossigeno. Un altro tipo di

formula è quella di struttura, che mostra in quale modo i due atomi di idrogeno si legano

all’atomo dell’ossigeno H – O – H .

La massa di un composto è la somma delle masse atomiche (somma dei protoni e neutroni)

degli atomi che compongono ogni molecola; quindi la massa molecolare dell’acqua, H2O,

corrisponde a (2x1 uma) + (16 uma) =18 uma. La massa molecolare del glucosio ( C6H12O6)

corrisponde a (6x12 uma) + (12 x1 uma) + (6 x 16 uma) = 180 uma. La mole è la quantità di

composto la cui massa in grammi è equivalente alla sua massa molecolare. Una mole di

glucosio, ad esempio, ha una massa di 180 grammi. Il concetto di mole è utile perché ci

permette di paragonare tra loro atomi e molecole di massa molto diversa. Questo perché una

mole di ciascuna sostanza contiene sempre esattamente lo stesso numero di unità sia che si

tratti di piccolo atomi che di grandi molecole. Il numero di unità in una mole, pari a 6,02 x

1023, è noto come numero di Avogadro, dal nome del fisico italiano Amedeo Avogadro.

Così una mole (180 grammi) di glucosio contiene 6,02 x 1023 molecole esattamente come una

mole ( 2 grammi) di idrogeno molecolare (H2).

Il concetto di mole permette di paragonare tra loro le soluzioni. Una soluzione 1 molare,

indicata come 1M, contiene 1 mole di una data sostanza sciolta in 1 litro di soluzione. Possiamo

quindi confrontare un litro di una soluzione 1M di glucosio con 1 litro di una soluzione 1M di

saccarosio (zucchero da tavola). Queste soluzioni differiscono per la massa dello zucchero

disciolto (rispettivamente 180 e 340 grammi), ma entrambe contengono 6.02 x 1023 molecole

di zucchero.

Le equazioni chimiche descrivono le reazione chimiche, dove i reagenti (sostanze che

partecipano alla reazione) vengono scritti a sinistra dell’equazione, mentre i prodotti ( sostanze

che si formano nella reazione) vengono scritti a destra. La freccia significa “produce” ed indica

la direzione nella quale la reazione tende a procedere.

Ad esempio 1 mole di glucosio, quando viene bruciata o metabolizzata, reagisce con 6 moli di

ossigeno per dare 6 moli di anidride carbonica e 6 moli di acqua.

Esempio: C6H12O6 + 6O2 6CO2 + 6H2O + Energia. Le reazioni possono procedere anche in

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direzione inversa (verso sinistra). All’equilibrio le velocità di reazione nei due sensi sono uguali,

quindi il sistema non può svolgere il lavoro, perché la differenza tra energia liberata tra i

reagenti e i prodotti e zero. Le reazioni che possono andare in tutte e due i sensi sono indicate

con una doppia freccia: CO2 + H2O H2CO3 anidride carbonica + acqua = acido carbonico. In

questo esempio le frecce hanno lunghezze diverse perché all’equilibrio ci sono più reagenti

(CO2 a H2O ) che prodotto (H2CO3).

Gli atomi di una molecola sono tenuti insieme da legami chimici. Ciascun legame chimico

rappresenta un certa quantità di energia chimica potenziale. che e’ la quantità di energia

posseduta dalla materia in funzione della sua altezza.

Esempio: l’energia potenziale contenuta in un bacino d’acqua può essere impiegata per

alimentare un generatore posizionato a valle aprendo semplicemente i cancelli della diga in

modo che l’acqua scorra a valle, ma l’acqua che si trova a valle possiede un contenuto

energetico minore rispetto alla stessa in collina. Per ripristinare l’energia potenziale è

necessario compiere un lavoro: riportare l’acqua nella diga contro la forza di gravità.

L’energia di legame è l’energia necessaria per rompere quel legame. I due principali tipi di

legame chimico sono quello covalente e quello ionico.

LEGAMI COVALENTI

Sono forti e stabili e si formano quando gli atomi condividono gli elettroni di valenza formando

le molecole. Il legame covalente può essere semplice H - H, doppio O = O o triplo N º N

apolare e polare.

Semplice Esempio: l’idrogeno: ogni atomo ha un solo elettrone, ma per completare il suo

guscio di valenza ne sono necessari due. Gli atomi d’idrogeno hanno la stessa capacità di

attrarre elettroni, quindi nessuno dei due dona un elettrone all’altro, ma li condividono ruotano

intorno ad entrambe i nuclei tenendo uniti i due atomi. Così si è prodotta una molecola di

idrogeno formata da due atomi di idrogeno tenuti insieme da un legame covalente,

rappresentata come H - H, dove la – rappresenta il legame covalente, cioè una coppia di

elettroni in compartecipazione, ed è detta formula di struttura, cioè mostra la disposizione

degli atomi. Si può abbreviare scrivendo H2 cioè una formula molecolare che indica che la

molecola è formata da due atomi di idrogeno.

Altro esempio è l’atomo di carbonio che ha 4 elettroni disponibili per legami covalenti, e li

condivide con gli elettroni di 4 atomi di idrogeno, formando una molecola di metano CH4

H

|

H - C - H formula di struttura

|

H

Oppure un atomo di azoto con 5 elettroni nel suo guscio esterno, quindi con valenza 3,

condivide i suoi elettroni con tre atomi di idrogeno e forma l’ammoniaca NH3

H - N - H formula di struttura

|

H

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Le funzioni di una molecola dipendono dalla sua forma geometrica. Questa fa si che

all’interno di una molecola si abbia tra gli atomi la distanza ottimale per controbilanciare la

repulsione dei doppietti elettronici. Quando 4 atomi di idrogeno si combinano con 1 atomo di

carbonio per formare una molecola di metano CH4, gli orbitali del guscio di valenza del

carbonio vengono riarrangiati dando origine ad una struttura geometrica a tetraedro con un

atomo di idrogeno ad ognuno dei 4 angoli.

Doppio: si ottiene quando due atomi mettono in partecipazione due coppie di elettroni di

valenza.

Esempio: l’ossigeno che possiede 6 elettroni nel suo secondo strato di valenza e necessita di 2

elettroni per completare lo strato di valenza, può formare una molecola mettendo in

compartecipazione due coppie di elettroni di valenza con un legame doppio.

Struttura di questamolecola O = O formula molecolare O2

Triplo: quando tre coppie di elettroni di valenza come nell’azoto 7N che possiede cinque

elettroni di valenza, quindi due atomi di azoto si legheranno mettendo in compartecipazione tre

coppie di elettroni di valenza formando una molecola di N2 con una struttura di N º N

La capacità legante di un atomo è detta valenza dell’atomo. La valenza dell’idrogeno è 1, quella

dell’ossigeno 8O è 2, quella dell’azoto 7N è 3. L’atomo di carbonio 6C possiede quattro elettroni

di valenza, per cui la sua capacità di legame o valenza è 4.L’elettronegatività, è la misura

dell’attrazione esercitata da un atomo sugli elettroni all’interno dei legami chimici. Quanto più è

elettronegativo un atomo tanto più attira verso di sé gli elettroni di legame.

APOLARE: si stabilisce tra due atomi dello stesso elemento dove gli elettroni di legame sono

condivisi in modo simmetrico e hanno uguale valore di elettronegatività come la molecola

dell’ossigeno O2 formata da due atomi uguali, entrambe i nuclei attraggono gli elettroni con la

stessa intensità. Anche il legame covalente presente nell’idrogeno è apolare. Anche i legami del

metano sono apolari sebbene le coppie di atomi legati sono diversi, carbonio e idrogeno non

differiscono sostanzialmente per la loro elettronegatività.

POLARE: si stabilisce tra atomi di elementi differenti, dove causa il loro differente valore di

elettronegatività si ha un ineguale distribuzione di elettroni condivisi, quindi gli elettroni di

legame sono più attratti dall’atomo più elettronegativo che presenterà polo negativo mentre

l’atomo meno elettronegativo acquista carica positiva. Esempio: l’acqua, H2O dove gli

elettroni condivisi, trascorrono molto più tempo vicino all’atomo dell’ossigeno perché molto più

elettronegativo rispetto all’idrogeno e quindi l’atomo dell’ossigeno costituirà il polo negativo

della molecola d’acqua, mentre i due nuclei di idrogeno formeranno il polo positivo.

Legame ionico si forma tra gli atomi di due elementi differenti tra i quali e’ avvenuto uno

scambio di elettroni.

Esempio: di come si formano i legami ionici è l’attrazione degli ioni sodio e cloro: un atomo di

sodio (11Na) possiede 11 elettroni con 1 elettrone di valenza; esso non può quindi completare

il suo guscio più esterno acquistandone 7 perché avrebbe una carica negativa troppo

sbilanciata.

Quindi cede l’unico elettrone di valenza ad un atomo molto elettronegativo come il cloro (17

Cl) che agisce da accettatore di elettroni, che possiede 17 elettroni di cui 7 di valenza, che a

sua volta non li può cedere in quanto risulterebbe troppo positivo. Quando si incontrano,

l’elettrone solitario del sodio viene trasferito all’atomo del cloro in modo tale che entrambe gli

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atomi posseggono gli strati di valenza completi. L’elettrone che si è trasferito tra i due atomi

trasporta carica negativa. Il sodio che ora si trova con 11 protoni e 10 elettroni, possiede

carica netta positiva +1 NA+ L’atomo di cloro invece ha acquistato un elettrone e quindi ha 17

protoni e 18 elettroni ha una carica netta negativa –1 CL.

Un atomo che possiede una carica viene detto ione. Se la carica è positiva si chiama catione,

se negativa anione. Questi ioni si attraggono l’un l’altro grazie alle loro cariche opposte e sono

tenuti insieme da questa attrazione elettrica propria dei legami ionici. Si uniscono formando un

composto ionico, (come il cloruro di sodio, tipico composto binario cioè fatto da due elementi,

dove quello più elettronegativo viene nominato per secondo con la desinenza uro),

Gli ioni hanno proprietà diverse da quelle dell’atomo. Ad esempio pur essendo il cloro un

veleno, gli ioni cloruro sono essenziali nella conduzione dell’impulso nervoso insieme agli ioni

sodio, potassio; così come gli ioni calcio nella contrazione muscolare.

I composti ionici vengono detti sali come il cloruro di sodio. Spesso si trovano in natura sotto

forma di cristalli di varie forme e dimensioni. Un cristallo non è formato da molecole nello

stesso senso di un composto covalente, quindi con dimensioni e atomi definiti, la formula di un

composto ionico tipo NaCl indica il rapporto degli elementi in un cristallo. Non tutti i sali

presentano un numero uguale di anioni e cationi, il composto ionico cloruro di magnesio

(MgCl2 ) presenta due ioni di cloruro per ogni ione di magnesio. Il magnesio (12Mg) deve

infatti perdere due elettroni esterni se vuole completare il suo strato di valenza. Un atomo di

magnesio può così fornire due elettroni di valenza per due atomi di cloro.

Dopo aver perduto i due elettroni, il magnesio diventa un catione che possiede una carica di

+2 (Mg2+).

In questo modo possiede 12 protoni e 10 elettroni diventa un catione che possiede una carica

di +2 (Mg2+).

Non esiste una netta differenza tra legami covalenti e ionici. Diciamo che un legame covalente

apolare (elettroni in compartecipazione e = elettronegatività), e un legame ionico ( scambio di

elettroni con cambio di polarità), sono i due opposti di un vasto arco di situazioni, in cui gli

atomi condividono elettroni, e al centro di queste possibilità, possiamo collocare il legame

covalente polare in cui gli elettroni sono condivisi non in modo uguale ( diverso valore di

elettronegatività). Il composto ionico nella sua forma solida ha legame ionico molto forte.

Tuttavia se posto in acqua si scioglie grazie all’elevato potere solvente dell’acqua e alla sua

polarità.

Quando NaCl viene messo in acqua, le cariche parziali negative della molecola di acqua

(presenti nella porzione dell’ossigeno), sono attratte dallo ione positivo del sodio e tenderanno

a strapparlo al legame con lo ione cloruro. Mentre le cariche positive parziali dell’acqua

(presenti nella porzione dell’idrogeno), sono attratte dagli ioni negativi CL- e tenderanno a

separarli dal sodio: Quando NaCl si sarà sciolto, ciascun Na+ e Cl- sarà circondato da molecole

di acqua da esso elettricamente attratto.

NaCl in H2O Na+ + CL

Una sostanza disciolta è detta soluto. Questo processo è noto come idratazione.

I legami a idrogeno si formano quando un atomo di idrogeno legato covalentemente ad un

atomo molto elettronegativo viene attratto anche da un secondo atomo, anch’esso

elettronegativo, come l’azoto o l’ossigeno.

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Abbiamo già analizzato come l’acqua (molecola polare) legata covalentemente con l’idrogeno,

porti alla distribuzione di una parziale carica negativa sull’ossigeno, e di una parziale

sull’idrogeno.

Così succede nell’ammoniaca NH3 cioè l’atomo di azoto con parziale carica negativa per la

presenza dell’idrogeno, si lega all’atomo dell’idrogeno dell’acqua che possiede carica parziale

positiva. Il legame che si forma è a idrogeno, e si indica con una linea tratteggiata.

Atomi elettronegativi. I legami a idrogeno sono di circa 20 volte più deboli rispetto a quelli

covalenti, si rompono cioè più facilmente. I legami covalenti legano insieme atomi nelle cellule,

ma è altrettanto importante il legame tra cellule dove possono aderire l’una all’altra

temporaneamente attraverso legami deboli, compreso i legami a idrogeno. Cioè le molecole si

associano rispondono e si separano. Esempio: una cellula nervosa del cervello stimola una

cellula vicina liberando sostanze le cui molecole si legano a specifici recettori alla superficie

della cellula ricevente. Se la molecola segnale si legasse con legami più forti tipo covalenti, la

cellula ricevente continuerebbe a rispondere per molto tempo dopo che la cellula trasmettitrice

ha cessato di inviare messaggi. Cioè il nostro cervello continuerebbe a percepire il suono del

campanello per ore dopo la cessazione dell’informazione da parte delle cellule nervose

sensoriali. La reazione redox o l’ossido- riduzione, si ottiene quando un elettrone e la sua

energia, si trasferiscono da una sostanza all’altra. Fotosintesi e respirazione cellulare sono

reazioni redox.

Esempio classico di ossido-riduzione è la ruggine. Nell’ossidazione un atomo, ione, o molecola

perde elettroni, nella riduzione li acquista. In una reazione redox l’agente ossidante accetta

uno o più elettroni riducendosi, l’agente riducente, cede uno o più elettroni ossidandosi.

Nelle cellule viventi l’ossidazione comporta la perdita di un atomo di idrogeno, il contrario

avviene per la riduzione.

L’ACQUA

Nei tessuti umani la sua percentuale è 20% ossa, 85% tessuti celebrali.

Le molecole d’acqua sono polari, hanno cioè cariche parziali positive e cariche parziali negative.

Sono tenute insieme da legami a idrogeno. L’atomo di idrogeno di ogni singola molecola

d’acqua con la sua carica parziale positiva, viene attratto dall’atomo di ossigeno con parziale

carica negativa, della molecola vicina: si viene a formare così il legame a idrogeno. Ciascuna

molecola d’acqua può legarsi a 4 molecole circostanti.

Le sostanze che interagiscono con l’acqua sono dette idrofile, quelle che interagiscono con i

grassi idrofobe.

Le molecole d’acqua sono coesive, cioè hanno la tendenza ad attaccarsi le une con le altre. Ciò

spiega come l’acqua possa bagnare le superfici.

Ha azione capillare, cioè la tendenza a risalire all’interno di tubi molto stretti anche contro la

forza di gravità.

Tensione superficiale, grazie alla coesività delle molecole in superficie si stringono formando

uno strato piuttosto resistente.

La caloria è l’unità di misura dell’energia termica (corrispondente a 4.184 joule) ed è definita

come la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado Celsius la temperatura di un

grammo di acqua. L’acqua ha un grado di evaporazione alto. Sono necessari 540 calorie per

trasformare un grammo di acqua in un grammo di vapore d’acqua. Quando un campione di

acqua viene riscaldato, alcune molecole si muovono più velocemente rispetto alle altre e

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tendono ad abbandonare la fase liquida per entrare in quella di vapore, portando con se anche

la loro energia termica, abbassando così la temperatura del campione. Così facciamo noi

quando con il sudore dissipiamo l’eccesso di calore tramite la pelle.

L’acqua non si dissocia facilmente per dare ioni idrogeno (H+) e ioni idrossido (OH-). La

concentrazione di ioni idrogeno e idrossido nell’acqua pura è uguale cioè 0,0000001 o 10-7

cioè neutra (ne acida, ne basica).

Un acido è una sostanza che in una soluzione si dissocia cedendo ioni H+ ed un anione quindi

è un donatore di protoni.

Una base è una sostanza che in una soluzione si dissocia cedendo un ione OH- ed un catione.

E’ un accettatore si protoni.

Il grado di acidità di una soluzione viene espresso in pH definito come il logaritmo negativo (in

base 10) della concentrazione degli ioni idrogeno (espressa in moli/litro) pH = -log 10 H +

La parentesi quadra indica la concentrazione di ioni idrogeno espressa in moli/litro.

Le soluzioni acide con eccesso di ioni idrogeno hanno valori di pH inferiori a 7. Tanto più è

acida una soluzione tanto è più basso è il valore si pH.

Le soluzioni basiche con eccesso di ioni idrossido hanno valori di pH maggiori di 7.

Il pH del sangue umano è circa 7,4 e deve essere mantenuto tale. Un aumento di acidità causa

una disfunzione respiratoria, porterebbe ad uno stato di coma o persino la morte, mentre una

alcalinità eccessiva porterebbe ad una estrema eccitabilità del sistema nervoso e come

conseguenza le convulsioni.

Il tampone è una sostanza che ha il compito di opporsi alle variazioni di pH. E’ costituito da

una base debole e dal suo sale o un acido debole e il suo sale.

Un sale è un composto nel quale l’atomo di idrogeno dell’acido è stato rimpiazzato da un altro

catione. Il cloruro di sodio, NaCl, è un composto nel quale lo ione idrogeno dell’HCl è stato

sostituito dal catione Na+. Quando un sale, un acido, una base, vengono sciolti in acqua, le

loro particelle cariche dissociate possono condurre corrente elettrica e si chiamano elettroliti.

I principali cationi sono: sodio, potassio, calcio e magnesio, gli anioni sono: cloruro, carbonato,

solfato e fosfato.

CAPITOLO 3

LA CHIMICA DELLA VITA: I COMPOSTI ORGANICI

DOMANDA: SAPER DESCRIVERE LE PROPRIETA’ CHIMICO-FISICHE E BIOLOGICHE

DEI CARBOIDRATI, LIPIDI, PROTEINE E ACIDI NUCLEICI

Carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici (DNA RNA), fanno parte dei composti organici

(costituiti da scheletri di atomi di carbonio) fondamentali per la vita degli organismi.

Il carbonio è il componenti principale dei composti organici, poiché avendo 4 elettroni di

valenza può completare il suo guscio formando 4 legami covalenti.

I composti che hanno uguale formula molecolare, ma strutture e proprietà differenti si

chiamano isomeri.

Ci sono quelli strutturali che differiscono per la disposizione covalente dei loro atomi; quelli

geometrici differiscono per la disposizione spaziale dei loro atomi; gli enantiometri che sono

speculari.

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Gli idrocarburi sono composti organici costituiti da carbonio e idrogeno e sono apolari e

idrofobi.

La loro caratteristica è quella di poter cambiare uno o più atomi di idrogeno legati allo

scheletro carbonioso con altri gruppi detti gruppi funzionali. Conoscendo il gruppo presente nel

composto si può prevedere il comportamento chimico.

I gruppi sono: alcolico o ossidrilico – carbonilico – carbossilico – aminico – fosfato – solfidrilico

– metilico (alcolico o ossidrilico R— OH ).

Esempio di cambiamento è l’etano un idrocarburo che alla temperatura ambiente è allo stato

gassoso, ma sostituendo un idrogeno con un gruppo alcolico ne risulta l’alcol etilico o etanolo

che si trova nelle bevande alcoliche.

carbonilico R—C=O costituito da un atomo di carbonio legato con doppio legame covalente

all’ossigeno. Se il gruppo carbonilico è alla fine dello scheletro carbonioso si ha un aldeide, se è

all’interno si forma un chetone.

Sia l’ossidrilico che il carbonilico sono entrambe polari perchè l’ossigeno elettronegativo attrae

gli elettroni covalentemente.

carbossilico R—COOH costituito da un atomo di carbonio legato mediante un doppio legame

covalente ad un atomo di ossigeno e da un legame covalente singolo ad un altro atomo di

ossigeno che a sua volta lega un atomo di idrogeno.

I due atomi di ossigeno così vicini stabiliscono una condizione di polarità tanto da strappare

all’atomo dell’idrogeno un elettrone ed essere rilasciato come ione idrogeno (H+). Tale gruppo

può esistere nei due stati idrofili (ionico o polare). Sono debolmente acidi in quanto solamente

una parte della molecola si ionizza.

Sono costituenti essenziali degli aminoacidi aminico R—NH2 costituito da un atomo di azoto

legato covalentemente a due atomi di idrogeno.

E ‘debolmente basico e diventa carico positivamente quando accetta un ione idrogeno

(protone).

Il gruppo amminico è presente negli aminoacidi e acidi nucleici fosfato R—PO4H2 è debolmente

acido e può rilasciare uno o due ioni idrogeno. Sono presenti negli acidi nucleici e in alcuni

lipidi.

Solfidrilico R—SH è costituito da un atomo di zolfo legato covalentemente ad un atomo di

idrogeno e lo si trova in molecole dette tioli.

metilico R—CH3 è apolare

I polimeri formati da composti organici di più monomeri, formano le macromolecole.

I 20 aminoacidi più comuni, sono monomeri che si legano per formare polimeri noti come

proteine.

I polimeri possono essere degradati nei monomeri che li compongono mediante idrolisi. Il

processo di sintesi mediante il quale questi monomeri vengono legati covalentemente si

chiama condensazione.

Questo perché durante il processo viene eliminata una molecola d’acqua e si usa il termine di

sintesi per disidratazione.

CARBOIDRATI

Gli zuccheri, amidi e cellulosa sono carboidrati.

I carboidrati contengono C, H ed O in un rapporto di un atomo di carbonio per due di idrogeno

e uno di ossigeno, e sono idrofili.

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Gli zuccheri possono contenere: uno zucchero (monosaccaride), due zuccheri (disaccaride) o

molti zuccheri (polisaccaridi).

Monosaccaride contengono da tre a sette atomi di carbonio. A ciascun atomo di carbonio è

legato un gruppo alcolico tranne uno il quale a sua volta è legato mediante doppio legame ad

un atomo di ossigeno per formare un gruppo carbonilico. Il ribosio e il desossiribosio sono

pentosi, contengono cioè 5 atomi di carbonio e sono i componenti degli acidi nucleici (DNA e

RNA). Il glucosio, il fruttosio il galattosio contengono 6 atomi di carbonio sono detti esosi.

Il glucosio C 6H 12 O6 è il monosaccaride più importante nei processi vitali. Durante la

respirazione cellulare le cellule rompono i legami della molecola di glucosio, rilasciando

l’energia immagazzinata che può essere usata per il lavoro cellulare.

Disaccaride è costituito da due monosaccaridi legati l’uno all’altro mediante un legame

glicosidico, che consiste di un ossigeno centrale legato covalentemente a due atomi di

carbonio uno per anello.

Il saccarosio lo zucchero usato per dolcificare i cibi, è costituito da una unità di glucosio ed

una di fruttosio. Il disaccaride può essere idrolizzato cioè rotto in due unità monosaccaride per

aggiunta di una molecola d’acqua.

Polisaccaridi sono i carboidrati più abbondanti a cui appartengono: amidi, glicogeno, e la

cellulosa.

Amidi sono la riserva dei vegetali che si accumulano sotto forma di granuli entro organuli che

si chiamano plastidi. Quando serve energia la pianta può idrolizzare l’amido rilasciando

glucosio.

Il glicogeno è la forma sotto la quale si accumula il glucosio negli animali, si trova nel fegato

e nelle cellule muscolari.

La cellulosa è il componente principale delle pareti cellulari dei vegetali. E’ un carboidrato

strutturale.

Il 50% del legno è costituito da cellulosa. Le pareti cellulari dei vegetali sono circondate da uno

strato spesso di cellulosa. La cellulosa aiuta nella dieta l’intestino a funzionare adeguatamente.

I carboidrati combinati con le proteine formano le glicoproteine (presenti sulla superficie di

molte cellule), con i lipidi formano i glicolipidi che rivestono un ruolo importante nelle

interazioni tra cellule.

I LIPIDI

I lipidi non sono definiti in base alla loro struttura, ma dal fatto che sono solubili nei solventi

apolari (etere cloroformio) sono composti da C, H e O contengono meno ossigeno rispetto al

carbonio e all’idrogeno e sono idrofobi (poco solubili in acqua). Sono importanti carburanti

biologici e fungono da componenti strutturali delle membrane cellulari. I più importanti sono: i

grassi neutri, i fosfolipidi, gli steroidi, i carotenoidi (pigmenti vegetali rossi e gialli), e le cere.

Grassi neutri sono i più abbondanti negli essere viventi. Forniscono più del doppio di energia

dei carboidrati. E’ costituito da glicerolo unito a 1,2 o 3 acidi grassi. Il glicerolo è un alcol a tre atomi di carbonio contenente tre gruppi ─OH. Un acido grasso è costituito da una lunga

catena idrocarburica non ramificata alla cui estremità si trova un gruppo carbossilico (─COOH).

Si dividono in saturi e insaturi.

I saturi contengono il maggior numero possibile di atomi di idrogeno.

Quelli insaturi possiedono una o più coppie di atomi di carbonio, quindi non sono

completamente saturati con l’idrogeno. Quando una molecola di glicerolo si combina con un

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acido grasso si forma un monogliceride, se gli acidi sono due digliceride, se sono tre

trigliceride.

FOSFOLIPIDI

Rappresentano una importante classe dei lipidi, quella dei lipidi anfipatici, le cui molecole sono

caratterizzate dall’avere una estremità idrofila ed una idrofoba.

E’ composto da una molecola di glicerolo attaccata da un lato a due acidi grassi e dall’altro a

un gruppo fosfato legato ad un composto organico come la colina. La parte della molecola che

contiene acido grasso (coda) è idrofoba e insolubile in acqua, la parte costituita dal glicerolo,

fosfato e dalla base organica (testa della molecola), invece è idrosolubile. Queste proprietà

rendono queste molecole adatte a formare quelle strutture note come membrane cellulari.

STEROIDI

Uno steroide è formato da atomi di carbonio disposti in 4 anelli uniti tra loro. Tre anelli sono a

6 atomi di carbonio e il quarto è a cinque. Tra i più importanti steroidi ricordiamo: il

colesterolo componente strutturale delle membrane cellulari animali, i sali biliari emulsionano

i grassi presenti nell’intestino in modo tale da favorirne l’idrolisi per via enzimatica, gli ormoni

sessuali e gli ormoni secreti dalla corteccia surrenale esempio il progesterone ormone prodotto

dalla corteccia surrenale è un ormone sessuale femminile.

Carotenoidi (pigmenti vegetali rossi e gialli).

I pigmenti vegetali rossi e gialli detti carotenoidi, vengono classificati tra i lipidi in quanto non

solubili in acqua e si trovano nelle cellule di tutte le piante.

PROTEINE

Le proteine sono sequenze polimeriche formate dall’unione di aminoacidi uniti tra loro da

legame peptidico legame covalente che si stabilisce tra una porzione amminica e quella

carbossilica di un altro aminoacido liberando acqua. Quando si combinano due aminoacidi si

forma un dipeptide, una catena di aminoacidi formano un polipeptide.

Si definisce polipeptide una sequenza fino a 49 aminoacidi, oltre si definisce proteina. Possono

essere assemblate fungendo così da componenti strutturali delle cellule e dei tessuti. Sono la

struttura molecolare attraverso cui viene espresso il codice genetico sulla base della

trasmissione del DNA.

Molti enzimi (molecole che accelerano di migliaia di volte le reazioni chimiche che avvengono in

un organismo) sono proteine. Una cellula muscolare differisce dalle altre cellule perché

contiene più proteine contrattili come l’actina e la miosina responsabile della sua capacità di

contrarsi. La proteina emoglobina, che si trova nei globuli rossi, è specializzata nel trasporto

dell’ossigeno.

Nelle proteine si trovano 20 tipi di aminoacidi. Quelli essenziali per l’uomo sono: arginina,

fenilanina, istidina, leucina, lisina, metionina, treonina, triptofano, valina.

Nella molecola proteica si distinguono 4 livelli di organizzazione: struttura primaria,

secondaria, terziaria, quaternaria.

Struttura primaria rappresenta la sequenza degli aminoacidi che costituiscono la catena.

L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas ed impiegato nella cura del diabete. E’ stata la

prima proteina di cui si è stata identificata l’esatta sequenza amminoacidica, ed è composta da

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51 aminoacidi disposti su due catene ognuna con la sua struttura.

Struttura secondaria può essere a α-elica come le proteine fibrose della pelle, unghie, capelli

che sono elastiche grazie ai legami a idrogeno che possono rompersi e rifarsi, o β- planare a

foglietto ripiegato flessibile piuttosto che elastico.

Struttura terziaria è la forma complessiva assunta. E’ determinata da quattro fattori che

implicano interazioni tra i gruppi: legami a idrogeno che si formano tra i gruppi, attrazioni ioniche, interazioni idrofobiche, legami covalenti noti come ponti disolfuro (─S─S─), che legano

gli atomi di zolfo di due unità di cisteina.

Struttura quaternaria deriva dalla disposizione tridimensionale delle catene polipeptidiche.

L’emoglobina la proteina dei globuli rossi responsabile del trasporto dell’ossigeno, è un

esempio di proteina con struttura quaternaria è costituita da 574 aminoacidi organizzati in 4

catene polipeptidiche, due catene a α-elica e due a β planare identiche.

ACIDI NUCLEICI

Gli acidi nucleici sono polimeri di nucleotidi costituiti da: uno zucchero a 5 atomi di carbonio

(ribosio o desossiribosio), un gruppo fosfato e una base azotata. La base azotata può essere a

doppio anello come le purine o ad anello semplice come le pirimidiniche.

Gli acidi nucleici trasmettono l’informazione ereditaria e determinano quali proteine debbano

essere sintetizzate dalla cellula. Ci sono due tipi di acidi nucleici: l’acido ribonucleico (RNA)

e l’acido desossiribonucleico (DNA).

Sono così denominati per il pentoso (Riboso Desossiriboso).

Il DNA contiene le purine adenina e guanina (AG) e le pirimidiniche citosina e timina (C T),

oltre allo zucchero desossiribosio ed al fosfato.

L’RNA contiene le purine adenina e guanina e le pirimidiniche citosina e uracile (C U), oltre

allo zucchero ribosio ed al fosfato.

Le molecole degli acidi nucleici sono costituite da catene lineari di nucleotidi uniti tra loro da un

legame fosfodiesterico costituito da un gruppo fosfato attaccato allo zucchero che si lega

covalentemente allo zucchero del nucleotide adiacente.

Mentre l’RNA è generalmente composto da una catena nucleotidica, il DNA è composto da due

catene nucleotidiche unite da legami a idrogeno ed avvolte l’una sull’altra a formare una

doppia elica.

Alcuni nucleotidi svolgono un ruolo importante nei trasferimenti di energia. L’adenosina tri

fosfato (ATP) costituita da adenina, ribosio e tre fosfati è la più importante molecola

energetica della cellula.

L’ATP può trasferire un gruppo fosfato ad un’altra molecola, cedendo parte della sua energia

chimica.

L’ATP può essere convertito in adenosina monofosfato ciclico (AMPc) grazie all’enzima

adenilato ciclasi.

La nicotinamide adenindinucleotide (NAD+) svolge un ruolo importante nelle ossido-

riduzioni che avvengono all’interno delle cellule. Può esistere in forma ossidata (NAD+) che si

trasforma nella forma ridotta in (NADH) quando accetta idrogeno.

Ogni base azotata andrà ad accoppiarsi in modo specifico: ADENINA-TIMINA GUANINA-

CITOSINA.

Questo perché deve essere garantita l’informazione trasmessa dal DNA in modo corretto.

La funzione duplice del DNA: trasmettere l’informazione genetica e farla recepire attraverso

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la sintesi delle proteine, trasmettere l’informazione genetica alle cellule figlie motivo per cui è

costituito da un doppio filamento che srotolandosi da un lato viene copiato dal mRNA quando

vuole fare le proteine, dall’altro viene trasmesso alle cellule figlie sulla scorta

dell’accoppiamento delle basi azotate a garanzia che le cellule figlie conterranno le stesse

caratteristiche genetiche della cellula madre.

Le differenze tra DNA e RNA sono:

molecolarmente nello zucchero: desossiribosio DNA, e ribosio RNA

strutturalmente: 2 filamenti nel DNA 1 filamento nel RNA

CAPITOLO 5

LE MEMBRANE BIOLOGICHE

DOMANDA: Descrivere l’organizzazione delle cellule

La parte della biologia che studia la cellula è la citologia.

La cellula è l’unità strutturale e funzionale degli organismi viventi o in altri termini il più

piccolo insieme di materia dotato di vita.

La scoperta delle cellule risale al XVІІ secolo con l’osservazione di un filamento di sughero

con all’interno delle celle vuote che sono state chiamate cellule.

Dopo 200 anni si scoprì che tutte le piante e tutti gli animali si compongono di cellule. Da qui si

formulò la teoria cellulare secondo cui:

tutti gli organismi viventi sono costituiti da cellule;

la cellula è l’unità strutturale e funzionale dei viventi;

ogni cellula deriva da altre cellule.

All’interno della cellula si verificano mutamenti continui come la concentrazione salina, il pH, e

la temperatura. Attraverso l’omeostasi, (la tendenza a mantenere relativamente costante

l’ambiente interno) e i suoi meccanismi omeostatici, cioè i processi che permettono di

assolvere questo compito, deve lavorare continuamente per ripristinare le condizioni

opportune.

Esistono due tipi di cellule: procariotiche ed eucariotiche.

Procariotiche

(prima del nucleo) sono tipiche dei batteri, e il DNA non è racchiuso all’interno del nucleo, è

localizzato in una zona detta area nucleare o nucleoide che non è circondata da membrana.

Sono cellule più piccole delle eucariotiche, sono circondate da membrana plasmatica che

delimita il contenuto della cellula, e non ha tutti gli organuli della cellula eucariotica. Il denso

materiale interno contiene ribosomi piccoli complessi di RNA e proteine in grado di sintetizzare

polipeptidi, e granuli di deposito contenenti glicogeno, lipidi.

Eucariotiche

(vero nucleo) contengono almeno tre componenti fondamentali: il nucleo che contiene il

materiale genetico (acido desossiribonucleico DNA), il citoplasma, e il tutto racchiuso da una

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membrana plasmatica, un sottile involucro che la separa dall’esterno.

Il nucleo

è l’organulo più importante della cellula. Contiene il DNA le cui molecole costituiscono i geni

che contengono in forma chimica le informazioni codificate per la produzione di tutte le

proteine necessarie per la cellula.

Ha forma sferica o ovoidale. E’ formato da tre componenti: la membrana nucleare, la

cromatina, e uno o più nucleoli.

La membrana nucleare separa il nucleo dal citoplasma ed è formata da una doppia membrana

a doppio strato lipidico che ad intervalli di 20-40 nm (10-9 metri) si fonde formando i pori

nucleari che permettono il passaggio di materiali dal citoplasma al nucleo e viceversa solo di

molecole specifiche.

La materia liquida interna al nucleo è il plasma nucleare composta da una soluzione acquosa

contenente ioni, enzimi, ribosomi.

La cromatina è una sostanza dall’aspetto granulare composta da lunghe molecole di DNA

associate a proteine: Durante la divisione cellulare la cromatina si spiralizza e forma strutture a

forma di bastoncelli i cromosomi.

I nucleoli piccoli nuclei di forma tondeggiante. Qui avviene la sintesi dei diversi tipi di RNA che

costituiscono i ribosomi. Le proteine necessarie per allestire i ribosomi sono sintetizzate nel

citoplasma e sono poi importate nel nucleolo. Quindi l’RNA ribosomiale e le proteine vengono

assemblate in subunità ribosomiali che escono dal nucleo attraverso i pori nucleari.

Il citoplasma

è una porzione della cellula contenuta entro la membrana plasmatica e che circonda il nucleo.

E’ composto dal citosol e numerose strutture citoplasmatiche detti organuli, per mezzo dei

quali la cellula respira, digerisce e sintetizza molecole ed esercita tutte le attività metaboliche

in modo mirato. Gli organuli sono: apparato di golgi, ciglia e flagelli, citoscheletro,

lisosomi, mitocondri, perossisomi, reticolo, endoplasmatico, ribosomi, centrioli,

cloroplasti (fanno parte della cellula vegetale) vacuoli (fanno parte della cellula vegetale)

APPARATO DI GOLGI

è un organulo citoplasmatico e ha tre funzioni:

prima funzione: contenimento ed evacuazione di vescicole proteiche garantendo alla cellula la

massima efficacia nell’eliminazione di prodotti con il minimo sforzo, perché da una micro

vescicola riesce ad espellere macrovescicole. E’ costituito da pile di sacche membranose

appiattite. Ogni sacca ha uno spazio interno detto LUME. Ciascuna pila di vescicole possiede 3

aree denominate superfici CIS e TRANS tra i quali si trova la regione MEDIALE. La superficie

CIS è collocata vicino al nucleo e ha funzione di ricevere i materiali contenuti nelle vescicole di

trasporto provenienti dal RE. La TRANS è vicina alla membrana plasmatica, impacchetta le

molecole in vescicole che sono trasportate al di fuori del Golgi

seconda funzione: garantire la glicosilazione delle proteine ( cioè aggiungere zuccheri alle

proteine), che significa costituire delle glicoproteine che hanno due funzioni:

andare a fare parte della membrana costituendo i pori;

rendere la cellula antigenica cioè quella glicoproteina caratterizza quella cellula e solo

quella, quindi la rende riconoscibile e specifica nell’ambito dell’organismo.

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Esempio: l’organismo riconosce ciò che è SELF (proprio) da ciò che è NON SELF che va

distrutto, come un battere o un organo trapiantato. Questo viene fatto sulla scorta del

riconoscimento glicoproteico. In base alla struttura molecolare che si palesa al di fuori della

cellula indipendentemente dalla membrana plasmatica la glicoproteina conferisce una

specificità di struttura a quella cellula.

terza funzione: ha il compito di allestire i lisosomi.

CITOSCHELETRO

è un organulo citoplasmatico costituito da tre tipi di fibre: microtubuli, microfilamenti,

filamenti intermedi. Fornisce il supporto strutturale e serve per il trasporto di materiali

all’interno della cellula e nella divisione cellulare.

I microtubuli

sono i filamenti più spessi del citoscheletro, hanno un Ø di circa 25 nm. Sono coinvolti nel

movimento dei cromosomi durante la divisione cellulare. Sono costituiti da due proteine la ά β

tubulina. Queste si combinano tra loro formando un dimero (si forma in seguito

all’associazione di due unità simili detti monomeri). Il microtubulo si allunga per addizione di

dimeri di tubulina. Possiede una polarità e l’estremità si chiamano più e meno. L’estremità più

si allunga più rapidamente.

Per espletare la funzione strutturale si devono ancorare ad altre parti della cellula. Nelle cellule

che NON si stanno dividendo i microtubuli appaiano stendersi dalla regione detta (MTOC),

centro di organizzazione dei microtubuli, di cui il principale è il centrosoma, contenente due

strutture dette centrioli costituiti da 9 triplette di microtubuli disposte a formare un cilindro

cavo.

Sono state individuate diverse proteine associate ai microtubuli (MAP), e raggruppate in due

gruppi:

le MAP fibrose legano i microtubuli in modo da formare dei fasci che aiutano a conferire

forma alla cellula, le proteine motore utilizzano l’energia contenuta nell’ATP per generare

movimento. La proteina CHINESINA muove gli organuli verso l’estremità positiva dei

microtubuli, la DENEINA trasporta gli organuli nella direzione opposta. Questo è detto

trasporto retrogrado.

I microtubuli costituiscono i principali componenti strutturali delle ciglia e flagelli (strutture

specializzate ed utilizzate per i movimenti cellulari). Se la cellula possiede poche appendici e

lunghe, vengono chiamate flagelli, se ne ha molte e corte, vengono chiamate ciglia. Esempio:

negli animali, i flagelli sono presenti come code negli spermatozoi, e si muovono come una

frusta esercitando una forza perpendicolare alla superficie della cellula. Le ciglia sono presenti

sulla superficie delle cellule che rivestono i dotti interni dell’organismo (vie aeree), e si

muovono come remi alternando il movimento ed esercitando una forza parallela alla superficie

della cellula. Esempio ne sono le ciglia presenti nelle pareti delle tuba uterina che con il loro

movimento asincrono trasportano l’ovulo in utero. Infatti la sindrome delle ciglia immobili

si correla ad una infertilità.

Sia ciglia che flagelli hanno strutture simili, sono costituiti da steli di forma cilindrica coperti da

membrana plasmatica. La parte interna dello stelo è costituita da un gruppo di 9 paia di

microtubuli disposti lungo la circonferenza e due microtubuli non appaiati al centro. Questa

disposizione 9+2 è tipica di tutte le ciglia e flagelli degli eucarioti. Inoltre ciascun ciglia e

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flagelli sono ancorati alla cellula mediante un corpo basale che ha 9 serie di 3 microtubuli

disposte in centro.

I microfilamenti

chiamati anche filamenti di actina sono fibre flessibili e solide del Ø di 7 nm. Ciascun

microfilamento è costituito da due molecole intrecciate di actina simile a perle. Queste

molecole si legano l’una all’altra ed a altre proteine per formare fasci di fibre che conferiscono

il supporto meccanico a diverse strutture cellulari. Nelle cellule muscolari l’actina si associa

alla miosina per formare fibre in grado di permettere la contrazione. La contrazione di un

anello di actina associata con miosina causa la costrizione della cellula per dare origine a due

cellule figlie.

I filamenti intermedi

hanno un Ø di 8/10 nm. Sono costituiti da fibre polipeptidiche. Si pensa che rendono più forte

il citoscheletro stabilizzando così la forma della cellula.

LISOSOMI

sono organuli citoplasmatici composti da piccole sacche piene di enzimi (molecole che

accelerano le reazioni chimiche) digestivi disperse nel citoplasma. Gli enzimi degradano le

molecole complesse e possono essere proteolitici, lipolitici o glicolitici. All’interni dei lisosomi

sono stati identificati più di 40 enzimi diversi, la maggior parte è attiva in condizioni di pH 5. I

lisosomi PRIMARI si formano per gemmazione dal complesso di Golgi. I loro enzimi sono

sintetizzati nel RER, quando attraversano il LUME del RE, gli zuccheri si attaccano alle molecole

identificandole. I lisosomi degradano i batteri o frammenti ingeriti dalle cellule spazzino. Il

materiale è racchiuso in una vescicola che si genera dalla membrana plasmatica.

Uno o più lisosomi primari si fondono con queste vescicole contenenti il materiale estraneo

formando una vescicola più grande detta lisosoma SECONDARIO. Infine potenti enzimi

intervengono degradando le molecole estranee.

L’apoptosi cioè la morte programmata della cellula, costituisce una parte normale dello

sviluppo e del mantenimento della cellula. In alcune malattie genetiche umane, note come

accumulo lisosomiale, mancano alcuni enzimi idrolitici che degradano i lipidi provocando ad

esempio nelle cellule cerebrali il ritardo mentale e la morte.

Quando il lisosoma deve digerire una vecchia proteina, una aggressione esterna, intervengono

i MACROFAGI strutture piene di granuli lisosomiali che incontra l’agente estraneo si apre e

libera questi granuli di lisosomi, che si attivano quando vengono liberati che contengono enzimi

forniti dall’ergastoplasma sulla base del DNA. Quindi i lisosomi sono pronti per spandere

questo contenuto enzimatico atto ad aggredire e distruggere. I lisosomi sono quindi organuli

che contengono enzimi litici che se sono all’interno della cellula sono inattivati, la cui

attivazione non risiede nel loro interno altrimenti si autodistruggerebbero, ma è una

conseguenza al rilascio degli enzimi stessi che richiede un pH acido.

MITOCONDRI

Sono organuli citoplasmatici nei quali avviene la respirazione cellulare, che consiste in una

serie di reazioni che trasformano l’energia chimica presente nel cibo in ATP. E’ necessario

l’ossigeno e ha come prodotti finali anidride carbonica e acqua. (E’ la centrale elettrica della

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cellula). I mitocondri sono più numerosi nelle cellule molto attive che richiedono grandi

quantità di energia. Nella cellula epatica se ne possono trovare più di 1000. Cambiano forma

molto rapidamente e si replicano per divisione.

Sono circondati da una doppia membrana (Il Mitocondrio deriva da una cellula procariote che

è entrato nella cellula eucariote).

La membrana esterna è liscia e permette il passaggio di molecole di piccole dimensioni.

La membrana interna è selettivamente permeabile, è ripiegata a formare estroflessioni

chiamate creste che si ripiegano aumentando l’area superficiale dove avvengono le reazioni

chimiche che trasformano l’energia chimica in ATP. La membrana contiene gli enzimi e le

proteine necessarie per queste reazioni.

PEROSSISOMI

Sono organuli rivestiti da membrana. Contengono enzimi in grado di catalizzare le reazioni

chimiche (cioè influenzano la reazione chimica senza essere consumati dalla reazione stessa)

dove l’idrogeno è trasferito verso l’ossigeno formando un prodotto secondario il PEROSSIDO

D’IDROGENO H2 O 2 che è tossico per la cellula. I perossisomi contengono l’enzima catalasi

che è in grado di degradare il perossido d’idrogeno rendendolo innocuo. I perossisomi si

trovano in tutte le cellule che immagazzinano o degradano lipidi. Nelle cellule renali ed

epatiche detossificano l’etanolo che è l’alcol contenuto nelle bevande alcoliche.

RETICOLO ENDOPLASMATICO

Organulo citoplasmatico costituito da un insieme di cavità tubulari o vescicolari riccamente

ramificate nel citoplasma e delimitata da membrana. Lo spazio interno che si viene a creare è

chiamato LUME e nella maggioranza delle cellule da origine ad un unico compartimento

interno. Il RE è in relazione in superficie con la membrana plasmatica, in profondità con quelle

nucleari. Perché dal nucleo uscirà mRNA andrà sul ribosoma che determinerà la catena

aminoacidica e formata la proteina uscirà fuori o resterà dentro.

E’ distinto in RE RUVIDO detto ergastoplasma (plasma elaboratore) e LISCIO.

Il RER appare tale per la presenza dei ribosomi sulla sua superficie.

Il RER ha il compito di elaborare proteine che gli arrivano dai ribosomi adesi alle sue

membrane e indirizzare il loro destino. Potrebbe essere una proteina che deve uscire dalla

cellula in modo esocrino, oppure andare a rimpiazzare proteine vecchie o denaturate della

membrana plasmatica, oppure proteine che debbono rimanere nel citoplasma. Nello specifico

rimanendo all’interno della cellula vanno all’interno dei lisosomi quindi saranno enzimi.

Una struttura ricca di ergastoplasma è l’acino pancreatico; struttura base della ghiandola

pancreatica. Il pancreas è una ghiandola che ha bisogno di secernere gli ormoni che regolano

l’assunzione o la liberazione di glucosio (insulina e glucagone) e poi non poco determinare la

produzione di elettroliti che riescono a tamponare l’acidità gastrica.

Un’altra zona dove si trova l’ergastoplasma sono le plasma cellule che elaboreranno gli

anticorpi che avranno bisogno di un organulo che lavori a ritmo incessante perché in caso di

infezione in atto un aggressione esterna deve essere pronto a buttare fuori quanto più

possibile risposte anticorpali.

Il REL liscio è privo di ribosomi, ha due funzioni: sintetizzare ormoni steroidei (come il

testosterone e lo troveremo nel testicolo), e la detossificazione cioè l’eliminazione di tossine.

Lo troviamo nella cellula epatica si riempie di REL e non di RER perché non ha bisogno di

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produrre proteine, ma bensì operare una detossificazione perché attraverso il fegato passano

una serie di fasi del metabolismo e una serie di farmaci che vengono captati e metabolizzati

dal fegato. Gli enzimi del REL delle ghiandole epatiche sono in grado di degradare sostanze

chimiche tossiche come quelli cancerogene che vengono trasformati in composti idrosolubili

che possono essere così escreti.

RIBOSOMI

Sono piccoli granuli costituiti da RNA e proteine alcuni attaccati alle membrane del RE altri

liberi nel citoplasma. Contengono gli enzimi necessari per formare il legame peptidico, sono

strutture per l’assemblaggio delle proteine.

Possiamo avere ribosomi adesi al RE deputati a produrre proteine che costituiscono la

membrana stessa oppure dare proteine che arriveranno alla membrana plasmatica oppure dare

proteine che andranno fuori dalla cellula.

Quelli liberi hanno una funzione più strutturale perché sono liberi di produrre proteine e quindi

fare differenziare la cellula. Esempio di una cellula ricca di ribosomi liberi è l’eritroblasto cioè

la cellula giovane del globulo rosso. Blasto si usa per indicare la giovinezza della cellula,

clasto vecchio.

Quindi il ribosoma libero nell’eritroblasto ha la funzione di produrre proteina che rimanga

all’interno della cellula. L’eritroblasto sarà ricchissimo di ribosomi liberi e non di ergastoplasma,

perché non ha bisogno l’eritroblasto che deve maturare di fare proteine per la sua membrana o

di buttarle fuori (questo giustificherebbe la presenza dell’ergastoplasma), ha bisogno invece di

ribosomi che producono proteine che rimangano all’interno della cellula nella fattispecie di

emoglobina il cui incremento di concentrazione equivale ad un incremento maturativo.

L’eritroblasto prende la proteina si accumula si differenzia e diventa globulo rosso.

La cellula vegetale possiede alcune strutture esclusive tra cui una parete cellulare e organuli

quali i vacuoli e i plastidi. La maggior parte delle cellule vegetali è priva di centrioli.

LA PARETE CELLULARE

è una struttura esterna alla membrana plasmatica ed è costituita da polisaccaridi soprattutto

cellulosa.

Conferisce sostegno e forma alla cellula.

IL VACUOLO

è una cavità presente nelle piante e nei funghi nel quale si accumulano acqua, prodotti di

rifiuto e sostanze nutritive. Sono paragonabili ai lisosomi della cellula animale. La membrana

del vacuolo è detta TONOPLASTO. Il vacuolo svolge un ruolo importante nella crescita e nello

sviluppo delle piante. La cellula vegetale cresce di dimensione soprattutto attraverso l’aggiunta

d’acqua al vacuolo centrale formatosi dalla fusione di altri vacuoli. Nei protozoi (dal latino primi

animali, organismi non pluricellulari simili agli animali, perché utilizzano come modalità di

alimentazione l’ingestione del cibo), ci sono:

vacuoli nutritivi ripieni di cibo che si fondono con i lisosomi, per digerirlo;

vacuoli contrattili che permettono alla cellula di eliminare l’acqua in eccesso.

I PLASTIDI

Sono organuli avvolti da una doppia membrana, si sono formati partendo dai PROPLASTIDI,

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organuli precursori che si trovano nelle cellule vegetali.

I plastidi sono distinti in: CLOROPLASTI – CROMOPLASTI – LEUCOPLASTI in base al loro

colore.

I CLOROPLASTI trasformano l’energia luminosa in energia chimica mediante il processo

fotosintetico, operato da un pigmento verde, la clorofilla a e b che si trova nelle membrane

tilacoidali.

Sono strutture a forma di disco e come i mitocondri hanno un sistema di membrane ripiegate.

Il liquido interno si chiama STROMA, che contiene gli enzimi necessari per la produzione di

carboidrati da anidride carbonica e acqua, utilizzando l’energia solare. La membrana interna si

può ripiegare all’interno per formare un insieme di membrane (sacche appiattite a forma di

disco) dette TILACOIDI che si dispongono in pile dette GRANA.

Come i mitocondri anche i cloroplasti contengono ribosomi e un proprio DNA.

Contengono anche i CAROTENOIDI pigmenti giallo ed arancio in grado di assorbire la luce.

I CROMOPLASTI contengono i pigmenti rosso-arancione che conferiscono a frutta e fiori i loro

colori, attrattiva per gli animali impollinatori o dispersori di semi.

I LEUCOPLASTI sono privi di pigmento e quindi sono bianchi. Possiamo citare gli

AMILOPLASTI che immagazzinano amido nelle cellule esempio le patate.

La membrana plasmatica

è un involucro che separa fisicamente l’interno di una cellula dall’ambiente esterno, regola

l’entrata e l’uscita di materiali. E’ una barriera dimensionale perché non fa passare molecole

dal peso molecolare superiore ai 60.000 dalton e ionica perché all’interno e all’esterno della

barriera si stabiliscono delle cariche negative. E ‘garanzia di tenuta cellulare di forma non deve

riempirsi di schifezze, è una sorta di isolamento.

I principali costituenti sono: lipidi e proteine.

I lipidi sono di tre tipi: fosfolipdi, colesterolo e glicolipidi.

Un fosfolipide consiste in una molecola di glicerolo attaccata da un lato a due acidi grassi

(coda idrofoba), e dall’altro lato un gruppo fosfato legato a un composto organico come la

colina (testa idrofila). Le molecole con regioni idrofobe e idrofile distinte si chiamano

molecole anfipatiche. Poiché una delle estremità di ciascun fosfolipide si combina liberamente

con l’acqua, mentre quella opposta non lo fa, l’orientamento più favorevole assunto da queste

molecole in acqua risulta essere una struttura a doppio strato. La parte idrofila di ogni

molecola di fosfolipidi (la testa) si rivolge verso il citoplasma, e la parte idrofoba (la coda) si

dispone verso l’interno del doppio strato. Gli acidi grassi costituiscono le code dei fosfolipidi e

rendono la membrana fluida. Secondo il modello a mosaico fluido le membrane sono costituite

da un doppio strato fosfolipidico fluido, nel quale sono incastrate varie proteine. Non è un

modello statico perché le proteine cambiano continuamente posizione.

Affinché possa funzionare adeguatamente è necessario che i suoi lipidi siano in uno stato di

fluidità ottimale. Se i lipidi sono troppo fluidi la membrana ne risulta indebolita. Se lo strato

lipidico è troppo rigido risultano inibite alcune funzioni di membrana. A temperature normali le

membrane cellulari sono fluide, mentre a basse temperature i movimenti delle catene di acidi

grassi sono rallentati.

Il colesterolo ha la capacità di stabilizzare la fluidità della membrana. E ‘immerso nella

membrana e conferisce al doppio strato stabilità e resistenza.

I glicolipidi si trovano immersi nello strato esterno della membrana e regolano le comunicazioni

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tra le cellule.

Le proteine (proteine di membrana) sono: o immerse nel doppio strato o sono attaccate alla

sua superficie (alcune sono legate ai carboidrati e prendono il nome di glicoproteine.

Ci sono le proteine estrinseche (o periferiche) inserite solo in uno dei due strati, e quelle

intrinseche (o integrali) che sono completamente immerse nel doppio strato, le regioni idrofile

si estendono fuori dalla cellula o nel citoplasma, mentre le regioni idrofobe interagiscono con le

code dei fosfolipidi di membrana.

Le proteine di membrana sono suddivise in base alle funzioni svolte:

formare giunzioni tra cellule adiacenti;

attaccarsi agli elementi del citoscheletro (le interine sono in grado di legarsi ai

microfilamenti che si trovano all’interno della cellula;

formare canali che permettono il passaggio selettivo di ioni o molecole;

formare pompe che richiede l’ATP per trasportare attivamente i soluti;

alcune proteine sono enzimi in grado di catalizzare reazioni che avvengono in prossimità

della superficie cellulare;

recettori che agiscono nel riconoscimento cellulare.

Nella traduzione del segnale i recettori trasformano un segnale extracellualare in intracellulare.

La molecola segnale si lega a un recettore sulla membrana plasmatici, questo complesso

segnale-recettore attiva la proteina G che attiva a sua volta un enzima che catalizza la

produzione di un secondo messaggero il AMP ciclico che attiva uno o più enzimi come le

proteina-chinasi. Gli enzimi possono fosforilare le proteine che alterano le attività della

cellula.

Le membrane cellulari sono selettivamente permeabili, cioè permettono il passaggio solo di

alcune sostanze.

Il suo doppio strato lipidico costituisce una barriera invalicabile per le molecole grosse, polari e

idrosolubili e degli ioni. Per le sue caratteristiche selettive riguardo il passaggio di materiali, la

membrana plasmatica viene detta semipermeabile.

Il passaggio attraverso la membrana può avvenire attraverso il meccanismo della

DIFFUSIONE, che può essere: PASSIVA O FACILITATA.

PASSIVA è il movimento di sostanze in soluzione attraverso la membrana che non richiede

dispendio d’energia per la cellula, sulla base del gradiente di concentrazione. Cioè il flusso che

si determina da un compartimento all’altro intra e extra cellula, sulla base della concentrazione

di quel composto da un compartimento all’altro. Il composto senza carica può diffondere da un

compartimento ad alta concentrazione verso il compartimento a bassa concentrazione

sfruttando l’energia potenziale dovuta alla presenza del gradiente di concentrazione. Mentre

per le molecole cariche elettricamente si osserva anche il gradiente elettrochimico, cioè la

distribuzione delle cariche.

FACILITATA, perché esistono dei carriers (proteine vettrici), che prendono la molecola la

portano sulla membrana, interagiscono con dei recettori che si aprono e la fanno entrare.

Logicamente avendo una proteina vettrice per quella molecola è indice di specificità d’ingresso.

Entra solo quella molecola. Un altro modo di diffusione facilitata è il canale: Il bilayer viene

interrotto e passano le molecole ed è meno specifico.

L’osmosi è la diffusione dell’acqua attraverso la membrana. Il passaggio è consentito per la

presenza di pori formati dall’assemblaggio di un certo numero di proteine intrinseche. L’osmosi

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termina quando viene raggiunto l’equilibrio osmotico, cioè quando il flusso d’acqua è uguale e

non vi è più un passaggio netto di molecole da un lato all’altro. Esempio di un tubo ad U diviso

in due parti da una membrana attraverso la quale possono passare le molecole di solvente, ma

non quelle di soluto. Nel lato sinistro viene posta una soluzione di acqua/soluto, e a destra

acqua distillata.

A causa della differenza reale di concentrazione di acqua si verifica un movimento netto di

molecole di acqua pura verso quella contenente acqua/soluto. Ne risulta che il livello del fluido

dalla parte dell’acqua cala e cresce quello dell’acqua/soluto.

La pressione osmotica di una soluzione è la tendenza dell’acqua pura a muoversi verso la

soluzione per osmosi. E’ possibile misurarla inserendo un pistone nel lato contenente

acqua/soluto, e misurando quanta pressione si deve applicare per arrestare la risalita del

liquido.

Una soluzione con un’alta concentrazione di soluto ha una bassa concentrazione di acqua e

un’alta pressione osmotica, al contrario, una bassa concentrazione di soluto ha un’alta

concentrazione di acqua e una bassa pressione osmotica.

Se una cellula viene immersa in un fluido avente la stessa pressione osmotica non c’è nessun

movimento di molecole d’acqua in nessuna direzione; la cellula non si raggrinzisce ne si gonfia.

Si dice che il fluido è isotonico.

Ipertonici, quando la concentrazione di soluto è maggiore nei liquidi circostanti rispetto alla

concentrazione cellulare, e hanno una pressione osmotica più alta rispetto alle cellule.

Ipotonici, quando la concentrazione di soluto è minore nei liquidi circostanti rispetto alla

concentrazione cellulare e hanno una pressione osmotica più bassa rispetto alle cellule.

TRASPORTO ATTIVO

Contro gradiente di concentrazione. Alla cellula serve quello che sta fuori, che non passa

attraverso i pori, non ho la proteina vettrice, la vado a prendere spendendo energia. L’energia

è data dalla molecola di ATP. La rottura del legame fosforico è pari a 7.3/kcal. Rompo l’ATP e

produco ADP + P libero fosfato e faccio energia.

Il trasporto attivo è regolato da proteine di membrana chiamate pompe ATPasiche,

(pompa sodio potassio presente in tutte le cellule animali), che utilizzano l’idrolisi

(scissione) dell’ATP per scambiare ioni sodio endocellulari con ioni potassio extracellulari. Lo

scambio è sbilanciato: due ioni potassio entrano, e tre ioni sodio escono. Le pompe servono a

mantenere una separazione di carica attraverso la membrana.

Ecco come funziona la pompa:

1) Tre ioni sodio si legano alla proteina di trasporto;

2) Un gruppo fosfato si trasferisce dall’ATP alla proteina di trasporto;

3) La proteina di trasporto subisce un cambiamento conformazionale e rilascia tre ioni sodio

all’esterno della cellula.

4) Due ioni potassio si legano alla proteina di trasporto;

5) Il fosfato viene rilasciato;

6) La proteina di trasporto assume la sua forma originaria e i due ioni potassio vengono

rilasciati all’interno della cellula.

Un’altra funzione delle pompe ioniche è quella di equilibrare la pressione osmotica del

citoplasma a seconda dell’ambiente esterno. Se una cellula non è in grado di controllare la

propria pressione osmotica interna, il suo contenuto diventerà ipertonico (concentrazione di

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soluto maggiore rispetto all’esterno), e quindi entrerà acqua per osmosi causandone il

rigonfiamento ed una possibile lisi.

Quindi controllando la distribuzione ionica attraverso la membrana, la cellula può

indirettamente controllare il movimento d’acqua, perché quando gli ioni vengono pompati fuori

dalla cellula si perde acqua per osmosi.

Altre forme di trasporto utilizzate dalla cellula per introdurre o eliminare sostanze come interi

batteri o macromolecole sono: l’endocitosi e l’esocitosi.

L’endocitosi è il trasporto di materiali all’interno della cellula per mezzo di vescicole. Possiamo

avere diversi processi tra cui: la fagocitosi, pinocitosi e endocitosi mediata da recettori.

Nella fagocitosi le cellule ingeriscono grandi particelle come i batteri o cibo. La membrana

plasmatica circonda la particella che deve essere ingerita, formando intorno ad essa un piccolo

vacuolo, che verrà strozzato e inglobato all’interno della cellula. I globuli bianchi del sangue

usano questo sistema.

Nella pinocitosi la cellula introduce materiale liquido, che viene intrappolato da vescicole o

pieghe della membrana plasmatica che si strozzano si staccano e si riversano nel citoplasma. Il

liquido viene trasferito lentamente al citosol e le vescicole diventano sempre più piccole fino a

scomparire.

Nell’endocitosi mediata da recettori molecole specifiche si combinano con le proteine

recettoriali inglobate nella membrana plasmatica della cellula. Questa molecola che si lega in

modo specifico al recettore si chiama ligando. I recettori sono concentrati in fossette sulla

membrana plasmatica.

Queste fossette sono ricoperte da proteine le “clatrine” che si trovano appena sotto la

membrana plasmatica. Dopo che il ligando si è legato al recettore la fossetta dà origine per

endocitosi ad una vescicola ricoperta. Pochi secondi dopo il rivestimento si stacca lasciando

libere nel citoplasma delle vescicole non ricoperte dette endosomi, che generalmente forma

due vescicole, una contenente i recettori che vengono riportati sulla membrana per essere

riciclati, e l’altra si fonde con il lisosoma e il loro contenuto una volta digerito viene rilasciato

nel citosol. Ne è esempio il colesterolo.

L’esocitosi è il trasporto di materiali all’esterno della cellula. In pratica è l’opposto

dell’endocitosi. Le sostanze che devono essere rimosse vengono racchiuse in una vescicola che

si sposta fino alla periferia della cellula in modo da fondersi con la membrana plasmatica e

rilasciare il proprio contenuto all’esterno.

Le cellule che sono a stretto contatto tra loro possono avere legami molto forti e sono di tre

tipi:

Desmosomi, giunzioni serrate, giunzioni comunicanti.

Desmosomi: legame presente nelle cellule epiteliali come la pelle. Essi tengono insieme le

cellule in un solo tratto come un punto di saldatura. Sono ancorati sulla parte interna della

cellula ad un sistema di filamenti intermedi. Hanno funzione anti stress prettamente meccanica

e le sostanze possono passare liberamente attraverso gli spazi tra le membrane plasmatiche.

Giunzioni serrate: sono aree di connessione tra le membrane di cellule adiacenti. Può essere

impedito il passaggio di alcune sostanze. Le cellule sono tenute insieme da connessioni

proteiche.

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Giunzioni comunicanti: assomigliano al desmosoma perché non è continua, ma è più stretta.

Queste giunzioni mettono in comunicazione il citoplasma di due cellule adiacenti attraverso

delle proteine che formano dei pori dove si crea un passaggio. Le cellule del pancreas sono

tenute insieme mediante giunzioni comunicanti in modo tale che se un gruppo di cellule viene

stimolato a secernere l’insulina il segnale passa attraverso le giunzioni assicurando così una

risposta coordinata.

Così come le cellule muscolari cardiache, in modo tale da garantire l’accoppiamento del

segnale elettrico con la contrazione sincronizzata delle cellule.

Nella cellula vegetale invece, ci sono i plasmodesmi ,canali che attraversano le pareti di

cellule adiacenti connettendone il citoplasma.

L’osservazione al microscopio (lettura)

Il microscopio ha due proprietà, l’ingrandimento e il potere risolutivo.

L’ingrandimento corrisponde al rapporto tra la dimensione dell’immagine vista al microscopio e

le dimensioni effettive dell’oggetto.

Il potere risolutivo è la capacità di distinguere i più piccoli dettagli di una immagine. E’ definita

come la distanza minima tra due punti alla quale questi possono essere distinti l’uno dall’altro.

Il potere risolutivo dipende dalla qualità delle lenti e dalla lunghezza d’onda. Quando la

lunghezza d’onda diminuisce la risoluzione aumenta.

Il microscopio può essere ottico o elettronico

Nell’ottico, la luce passa sia attraverso il campione che deve essere osservato, sia attraverso

le lenti; così la luce rifratta dalle lenti ingrandisce l’immagine 1000 volte.

Il potere risolutivo è 500 volte.

La lunghezza d’onda va da 400 nm a 700 nm. Questo limita la risoluzione del microscopio

ottico a dettagli non più piccoli di un Ø di una cellula batterica 1nm.

Il microscopio elettronico ME ha consentito di studiare l’ultra struttura cellulare.

L’immagine si ingrandisce 250000 volte.

Ha potere risolutivo di 10.000 volte, perché utilizza radiazioni con lunghezze d’onda di 0.1

0.2nm prodotte da un fascio di elettroni focalizzati da un elettromagnete.

Nel MET (microscopio elettronico a trasmissione) si devono preparare sezioni ultrasottili

da 50 100 nm tagliando con una lama di vetro o di diamante le cellule. Il preparato viene posto

su una piccola griglia metallica ed il fascio di elettroni dopo aver attraversato il campione, cade

sulla lastra fotografica o sullo schermo fluorescente.

Nel MES (microscopio elettronico a scansione) il fascio di elettroni non passa attraverso il

campione perché rivestito da un sottile strato d’oro. Quando il fascio elettronico collide su vari

punti del campione, vengono emessi elettroni secondari che forniscono un immagine

tridimensionale del campione trasmessa su uno schermo televisivo. Diciamo che le lenti dei ME

sono dei magneti che piegano il fascio elettronico.

I metodi usati per preparare la cellula alla microscopia elettronica, possono alterare la loro

struttura.

Per poter conoscere la funzione effettiva degli organuli, è necessario purificare le diverse parti

di cui è composta la cellula procedendo con il frazionamento cellulare.

Così facendo le cellule vengono rotte, e la miscela detta estratto cellulare viene sottoposta alla

forza centrifuga utilizzando un apparecchio chiamato centrifuga. La forza centrifuga separa

l’estratto in due frazioni: il pellet ed il supernatante.

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Il pellet contiene il materiale più pesante come il nucleo, il supernatante invece, che si

stratifica sopra il pellet contiene le particelle più leggere. Il supernatante può essere ancora

centrifugato a velocità più alte per ottenere un pellet che contiene i componenti più pesanti

come i mitocondri e così via. I componenti cellulari presenti nei pellet se risospesi possono

essere ulteriormente purificati per centrifugazione su gradiente di densità. In questa procedura

il pellet risospeso è caricato su una soluzione di saccarosio e acqua. La concentrazione del

saccarosio è più alta sul fondo della provetta e diminuisce gradualmente così da essere più

bassa nella parte alta della provetta. Quindi a causa della diversa densità degli organuli,

durante la centrifuga, ciascuno di essi migrerà e formerà una banda in una posizione del

gradiente, dove la propria densità corrisponde a quella della soluzione di saccarosio. Gli

organuli purificati vengono esaminati per determinare quali molecole possano contenere.

CAPITOLO 6

ENERGIA E METABOLISMO

DOMANDA: SAPER ILLUSTRARE I PRINCIPI DELLA TERMODINAMICA APPLICATA AI

SISTEMI BIOLOGICI, DESCRIVENDO LE GENERALITA’ SULLA STRUTTURA E LE

FUNZIONI DEGLI ENZIMI

La termodinamica è la scienza che stabilisce i concetti fondamentali per lo studio dei

trasferimenti energetici tra sistemi chimici o fisici sotto forma di scambio di calore o lavoro. Il

sistema è un termine che fa riferimento all’oggetto studiato.

Il sistema chiuso non scambia ne energia ne materia con l’ambiente esterno; quello aperto

scambia sia energia che materia con l’esterno.

Il primo principio della termodinamica afferma che l’energia non può essere né creata né

distrutta, ma può essere trasferita o trasformata.

Il secondo principio della termodinamica afferma che quando l’energia viene convertita da

una forma all’altra un po’ d’energia utilizzabile per compiere un lavoro viene degradata in una

forma meno utilizzabile cioè il calore che si disperde nell’ambiente. Quindi la quantità d’energia

dell’universo non diminuisce nel tempo, ma viene degradata in una forma meno utilizzabile.

Questa energia meno utilizzabile è maggiormente diffusa e disorganizzata. La misura di questo

disordine viene detto entropia (S). Le nostre cellule utilizzano il 40% dell’energia, il 60%

viene ceduto all’ambiente come calore.

L’entalpia (H), è invece l’energia potenziale totale del sistema. O meglio: nel corso delle

reazioni chimiche, alcuni legami si rompono e se ne formano di nuovi. Ciascun legame ha una

quantità di energia di legame, definita come la quantità d’energia necessaria per romperlo. La

somma di tutte le energie di legame di un sistema è equivalente alla sua energia potenziale

nota come entalpia.

Entropia ed entalpia sono connesse tra loro da una terza forma di energia detta energia libera

di GIBS (G) che rappresenta la quantità di energia di un sistema disponibile a compiere un

lavoro.

Anche se l’energia totale di un sistema (G) non può essere misurata, tutti i cambiamenti sono

indicati con l’equazione G = H – TS, in cui H è l’entalpia, T la temperatura assoluta in gradi

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Kelvin (K = 0C + 273) e S l’entropia. Occorre ricordare che se la temperatura sale si ha un

aumento del movimento casuale delle molecole e ciò contribuisce al disordine moltiplicando

l’effetto dell’entropia. E’ utilizzata per prevedere se una reazione chimica rilascerà o assorbirà

energia. L’equazione diventa: DG = DH – TDS (D lettera greca = delta).

L’entropia e l’energia libera sono inversamente correlate tra loro: quando l’entropia aumenta,

l’energia libera diminuisce.

Le reazioni chimiche che permettono ad un organismo di svolgere le sue attività come:

crescita, movimento, riproduzione, costituiscono tutte insieme il suo metabolismo.

Distinguiamo: l’anabolismo e il catabolismo.

Nell’anabolismo vengono sintetizzate molecole complesse partendo da sostanze più semplici

esempio le proteine a partire dagli aminoacidi.

Nel catabolismo molecole grandi vengono scisse in molecole più piccole esempio la

degradazione dell’amido per formare il monosaccaride.

Le reazioni chimiche sono rappresentate da equazioni. A sx i reagenti, a dx i prodotti.

Qualsiasi reazione chimica comporta una variazione di energia.

L’energia è definita la capacità di un corpo o di un sistema di compiere un lavoro, cioè

produrre una variazione di stato o di moto della materia (tutto ciò che ha una massa ed occupa

uno spazio).

L’energia può essere: energia cinetica associata al movimento, o energia potenziale cioè

accumulata nei corpi in virtù della loro posizione in un campo di forze.

Si può esprimere l’energia in unità di lavoro (chilojoule kJ), oppure in unità calorica

(chilocaloria (kcal). Una chilocaloria corrisponde a 4.184 chilojoule.

Possiamo distinguere le reazioni in esoergoniche e endoergoniche.

Nelle esoergoniche l’energia libera diminuisce (- DG) Avvengono spontaneamente. I reagenti

possiedono più energia dei prodotti, quindi le reazioni avvengono spontaneamente e l’energia

in eccesso viene liberata come calore.

Nelle endoergoniche l’energia libera aumenta (+ DG) I prodotti possiedono più energia dei

reagenti, per cui le reazioni avvengono solo se si fornisce energia dall’esterno.

Le cellule spingono le reazioni endoergoniche accoppiandole a reazioni esoergoniche formando

le reazioni accoppiate. Queste reazioni possono avvenire in siti diversi, quindi occorrono

molecole specializzate nel trasporto di energia da una reazione esoergonica a una

endoergonica.

La cellula compie 3 tipi di lavoro: meccanico (contrazione muscolare), trasporto (spinte di

sostanze attraverso la membrana contro la normale direzione), chimico (spinta di reazioni

endoergoniche che spontaneamente non potrebbero avvenire come la sintesi di polimeri

partendo da monomeri).

Ciò è affidato all’ATP l’adenosina tri fosfato, che viene immagazzinato all’interno delle cellule.

L’ATP è un nucleotide formato da tre parti: una base azotata (adenina), uno zucchero a

cinque atomi di carbonio (ribosio), e tre gruppi fosfati, che possono essere attaccati e staccati

dando origine a molecole diverse.

Il gruppo fosfato può essere rotto per idrolisi (cioè rottura mediante acqua). E’ una reazione

esoergonica e causa la liberazione di 7,3 Kcal di energia per mole di ATP idrolizzato.

ATP +H2O → ADP +P ΔG= -7,3 Kcal

Page 31: Riassunto Solomon (1)

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L’ATP può essere rigenerato partendo da ADP + P → ATP ΔG= +7,3 Kcal processo

endoergonico.

Ai gruppi fosfati è associata una quantità di energia elevata che viene liberata quando questi

vengono scissi. Se perde due gruppi si trasforma in (AMP) adenosina monofosfato, se ne perde

uno diventa (ADP) adenosina di fosfato e cede energia.

Le molecole di ADP e AMP possono essere trasformate in ATP ricevendo l’energia necessaria

tramite la respirazione cellulare (cioè la combustione degli alimenti) e la fotosintesi (cioè la

conversione di energia solare in energia chimica). Il trasporto dell’energia da parte dell’ATP alle

molecole che devono reagire mediante il trasferimento di un residuo fosforico dell’ATP si dice

fosforilazione.

L’energia può essere trasferita anche mediante la cessione di elettroni attraverso l’ossido-

riduzione.

L’ossidazione è la perdita di uno o più elettroni e quindi energia.

La riduzione è l’acquisto di uno o più elettroni ed energia. Anche se il termine inganna, si

riduce perché con l’aggiunta di elettroni con carica negativa riduce la carica positiva.

L’ossidazione e la riduzione avvengono simultaneamente e sono dette Redox.

Uno degli accettatori di elettroni più frequente è il NAD+ una molecola con carica netta + 1.

Quando si riduce acquista elettroni e diventa NADH + H+

Il NADP+ (nicotinammide adenina dinucleotide fosfato) è un accettatore di idrogeno ma con un

gruppo fosfato in più. Quando il NADH cede elettroni, a qualche altra molecola cede anche

l’energia.

GLI ENZIMI

Gli enzimi sono proteine funzionali (sono catalizzatori), che l’organismo utilizza per

accelerare una reazione, senza essere consumati dalla reazione stessa. Una molecola può

subire 20 o 30 trasformazioni prima di raggiungere la sua forma finale. La temperatura

ottimale di lavoro è di circa 35-40o C. A basse temperature le reazioni sono lente, alle alte

temperature le molecole aumentano la collisione, perché la conformazione viene alterata a

causa della rottura dei legami a idrogeno responsabili della stabilità. Questo tipo di

inattivazione è generalmente irreversibile, anche se l’enzima viene riportato a basse

temperature. Il pH ottimale va da 6 a 8.

Tutte le reazioni necessitano di una energia di attivazione (EA ), che serve ad innescare la

reazione, ed è la quantità di energia necessaria per rompere i legami chimici e dare il via alla

reazione.

L’enzima abbassa l’energia di attivazione necessaria per avviare una reazione chimica, quindi

un numero maggiore di molecole reagirà nell’unità di tempo e la reazione procederà più

velocemente.

L’enzima è specifico, ha sistemi allosterici, cioè ha caratteristiche conformazionali che gli

permettono di interagire con quel sito e solo quello detto substrato. Cioè il substrato si inserirà

nel sito di legame dell’enzima chiamato sito attivo in modo identico a quello della chiave nella

serratura ed è una garanzia per quella reazione.

I cofattori detti coenzimi, facilitano l’attività enzimatica.

Il lavoro dell’enzima deve poter essere inibito. L’inibizione può essere: irreversibile o

reversibile.

L’inibizione reversibile può essere competitiva o non competitiva.

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Nella competitiva, l’inibitore compete con il substrato per il legame con il sito attivo

dell’enzima. Ha struttura simile a quella del substrato, si incastra bene e può interagire e non

danneggia.

Nella non competitiva l’inibitore si lega all’enzima in un sito diverso da quello attivo,

alterando la forma impedendo al sito attivo di legarsi al substrato.

Nell’inibizione irreversibile l’inibitore inattiva in modo permanente un enzima. Molti veleni e

metalli sono irreversibili. Alcuni tipi di gas nervino ad esempio inattivano l’enzima

Acetilcolinesterasi che è fondamentale per il funzionamento di nervi e muscoli.

CAPITOLO 7

VIE METABOLICHE DI RILASCIO DELL’ENERGIA E SINTESI DELL’ATP

DOMANDA: DESCRIVERE LE BASI ENERGETICHE DELLA CONSERVAZIONE

DELL’ORGANIZZAZIONE CELLULARE ED IN PARTICOLARE MODO IL RUOLO E I

MECCANISMI DI SINTESI DELL’ATP IN CONDIZIONI DI AEROBIOSI ED

ANAEROBIOSI.

Attraverso il metabolismo (tutte le reazioni chimiche che permettono ad un organismo di

svolgere le sue attività come: crescita, movimento, riproduzione), la cellula ricava le sue basi

energetiche. La fonte primaria di energia per la cellula è quella accumulata come energia

chimica nei legami del glucosio, che attraverso la respirazione cellulare sarà utilizzata dalla

cellula. La respirazione cellulare è un processo redox, (di ossido riduzione) nel quale gli

elettroni del glucosio (zucchero) che viene ossidato sono trasferiti all’ossigeno che viene ridotto

e ha come prodotti di scarto anidride carbonica e acqua. Per ogni molecola di glucosio ne sono

prodotte 36/38 di ATP. Questa modalità di sintesi dell’ATP viene chiamata fosforilazione

ossidativa perché alimentata da trasferimento esorgonici di elettroni dalle sostanze nutritive

all’ossigeno.

La respirazione può essere aerobica, o anaerobica.

AEROBIOSI

In questa forma di respirazione si utilizza ossigeno. Avviene in 4 fasi partendo da una molecola

di glucosio si arriva all’accettatore finale che è l’ossigeno.

SISTEMA DI TRASPORTO DEGLI ELETTRONI E CHEMIOSMOSI

La Glicolisi avviene nel citoplasma, il resto all’interno dei mitocondri.

GLICOLISI: rottura dello zucchero. Avviene nel citoplasma in assenza di ossigeno. Una

molecola di glucosio a 6 atomi di carbonio è trasformata in due molecole di piruvato a 3 atomi

di carbonio con formazione di due molecole di ATP e due molecole di NADH.

Il glucosio è una molecola relativamente stabile, quindi non facile da rompere.

Si può suddividere la glicolisi in due step:

Nella prima fase c’è la fosforilazione di 2 gruppi fosfato che sono trasferiti dall’ATP allo

zucchero che essendo ora meno stabile può essere scisso in due molecole di gliceraldeide-3-

fosfato quindi c’è un investimento.

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GLUCOSIO + 2 ATP → 2 G3P + 2 ADP

Nella seconda fase il G3P viene trasformato in piruvato. Il G3P viene ossidato per rimozione di

2 elettroni catturati dalla molecola trasportatrice NAD+ che si riduce e accetta gli elettroni e

diventa NADH + H+

Visto che le molecole di gliceraldeide sono due avremo 2 NADH + H+ NAD+ + 2 H → NADH + H+

In due reazione che portano alla formazione di Piruvato si formano due molecole di ATP tramite

fosforilazione a livello del substrato, con produzione di 4 ATP totali

2 G3P + 2 NAD+ + 4ADP → 2 piruvato + 2NADH + 4 ATP

Nella prima fase se si consumano 2 molecole di ATP (per rendere il glucosio meno stabile),

nella seconda fase ne vengono prodotte 4. Quindi si ha un profitto energetico netto di 2

molecole di ATP per ogni molecola di glucosio e 2 NADH.

FORMAZIONE DELL’ACETIL COENZIMA-A

Ciascuna molecole di piruvato nel mitocondrio si ossida e da luogo a una molecola di acetato

che reagisce con il coenzima A per formare l’Acetil coenzima-A.

Per ciascuna molecola di piruvato convertita in acetil CoA si produce una molecola di NADH.

Visto che le molecole di piruvato sono due avremo 2NADH.

CICLO DELL’ACIDO CITRICO O (CICLO DI CREBS)

Due gruppi di acetil CoA entrano nel ciclo per ogni molecola di glucosio.

Ciascun gruppo si combina con l’ossalacetato composto a 4 atomi di carbonio, per formare il

citrato molecola a sei atomi di carbonio. Due molecole di anidride carbonica (CO2) sono

rimosse dal citrato per rigenerare l’ossalacetato e permettere al ciclo di ricominciare.

In questo processo l’energia è catturata in forma di 1 ATP, 3 NADH ed 1 FADH per ciascun

gruppo.

Quindi 2ATP, 6 NADH, 2 FADH per ogni molecola di glucosio.

SISTEMA DI TRASPORTI DEGLI ELETTRONI E CHEMIOSMOSI

Tutti gli elettroni rimossi dalla molecola di glucosio durante la fase della glicolisi, dalla

formazione dell’acetil CoA e dal ciclo dell’acido citrico, sono stati trasferiti (come parte di atomi

di idrogeno) agli accettori primari NAD e FAD con formazione di NADH e FADH ridotti. Questi

composti ridotti entrano ora nella catena di trasporto degli elettroni dove gli elettroni e i loro

atomi di idrogeno vengono trasferiti da un accettore all’altro, con una serie di reazioni redox

esoergoniche.

La catena di trasporto consiste in quattro gruppi di accettori il flavin mononucleotide,

l’ubichinone e i citocromi di cui l’ultimo l’a3 passa 2 elettroni all’ossigeno che è l’accettatore

finale riceve due elettroni riducendosi, e si combina con i protoni (ioni idrogeno) per formare

acqua.

L’ossigeno molecolare è quindi l’accettatore finale della catena di trasporti degli elettroni e ciò

spiega come mai un organismo che respira aerobicamente ha bisogno di ossigeno.

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Che cosa succede quando alle cellule aerobiche viene privato l’ossigeno? Se non c’è

ossigeno che accetta gli elettroni, l’ultimo citocromo resta bloccato con i suoi elettroni. Il

blocco è trasferito in forma retrograda per tutto il sistema fino al NADH. Poiché la fosforilazione

è accoppiata al trasporto degli elettroni, non viene più prodotto l’ATP attraverso questa via.

Anche alcuni veleni tra cui il cianuro inibiscono la normale attività dei citocromi.

Secondo il modello chemiosmotico parte dell’energia rilasciata quando gli elettroni

attraversano la catena di trasporto è infatti utilizzata per pompare i protoni (H+) dalla matrice

mitocondriale interna (matrice) alla camera mitocondriale esterna (lo spazio compreso

tra le due membrane mitocondriali) utilizzando 3 pompe protoniche localizzate in tre dei 4

complessi di trasporto. L’accumulo di protoni determina un gradiente di concentrazione che

diffonderà all’interno della matrice grazie a un canale ATP SINTASI una proteina

transmembrana. Il flusso di protoni attraverso i complessi dell’ATP sintasi determina la

fosforilazione dell’ADP con produzione di ATP.

Il rendimento energetico complessivo della respirazione cellulare a partire da 1 molecola di

glucosio è di 38 molecole di ATP e precisamente:

2 ATP sono prodotti dalla glicolisi + 2 NADH

2 piruvirati producono 2 NADH nel ciclo di Crebs

2 molecole di Acetil producono 6 NADH + 2FADH + 2ATP

Quindi: 1 NADH (nicotinamide adenina dinucleotide) = 3 ATP

1 FADH (flavina adenina dinucleotide) = 2 ATP

L’efficienza complessiva della respirazione aerobica può essere calcolata rapportando l’energia

libera sotto forma di ATP all’energia libera della molecola di glucosio.

Una mole di glucosio bruciata rilascia calore pari a 686 Kcal (2879,2 kJ). L’energia dell’ATP è ÷

7,6 Kcal (31,8 kJ) e poiché si formano 36/38 molecole di ATP nella respirazione aerobica,7,6 x

36=274 Kcal (1146,4 kJ). Quindi 274/686 = 40%. L’energia rimanente del glucosio è rilasciata

come calore.

ANAEROBIOSI

Come nella respirazione aerobica gli elettroni sono trasferiti dal glucosio al NADH e da qui

passano lungo la catena di trasporto degli elettroni che è accoppiata con la sintesi di ATP.

L’accettatore finale

non è l’ossigeno molecolare, ma il NITRATO o il SOLFATO.

Alcuni batteri e funghi usano la fermentazione, un processo anaerobico che non comprende

una catena di trasporto degli elettroni e perciò permette di produrre ATP solamente mediante

fosforilazione a livello del substrato durante la glicolisi.

Le cellule di lievito sono anaerobi facoltativi, cioè svolgono la respirazione aerobica quando è

disponibile l’ossigeno e passano alla fermentazione alcolica quando non c’è. Il NADH prodotto

durante la glicolisi trasferisce gli atomi di idrogeno all’aceteldeide riducendola ad alcol etilico.

Alcuni funghi e animali svolgono la fermentazione lattica nella quale gli atomi di idrogeno del

NADH legandosi al piruvato danno origine come prodotto finale al lattato. L’80% del lattato è

trasportato dalle cellule muscolari al fegato ed è utilizzato per sintetizzare glucosio che può

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tornare alle cellule muscolari. Il restante 20% è metabolizzato dalle stesse cellule quando

l’ossigeno sarà presente. Ed è per questo che dopo uno sforzo il respiro continua ad essere

affannoso, perché l’ossigeno serve per ossidare il lattato.

Sia nella fermentazione alcolica che lattica si ha una resa di solo due molecole di ATP.

CAPITOLO 9

DOMANDA: DESCRIVERE I PROCESSI DELLA MITOSI DELLA MEIOSI, DELLA DURATA

DELLE FASI E DELLA REGOLAZIONE DEL CICLO CELLULARE

MITOSI

La mitosi è un processo complesso che interessa il nucleo e assicura che ogni nuovo nucleo

riceva lo stesso numero e gli stessi tipi di cromosomi che erano presenti nel nucleo di origine.

Perché nell’ambito del DNA risiede la capacità di trasmettere l’informazione genetica. Laddove

ci saranno delle interruzioni su questa linea ci saranno delle anomalie. I portatori

dell’informazione genetica negli eucarioti sono i cromosomi contenuti nel nucleo cellulare. Sono

costituiti da cromatina, di cui circa il 60% sono proteine e il 35% acido desossiribonucleico

(DNA). Quando una cellula non è in divisione, la cromatina si trova sotto forma di lunghi e

sottili filamenti parzialmente srotolati che aggregandosi le conferiscono un aspetto granulare.

Al momento della divisione cellulare le fibre di cromatina si condensano e si rendono visibili

come strutture distinte. Ogni cromosoma può contenere centinaia o anche migliaia di geni

(unità di base del materiale genetico). Si pensa che nell’uomo ci siano 70.000/100.000 geni.

Nell’uomo la maggior parte delle cellule ha 46 cromosomi e non è il numero di cromosomi che

rende ogni specie unica, ma piuttosto l’informazione specificata dai singoli geni nei cromosomi.

Se una cellula dovesse ricevere un numero di cromosomi inferiore o superiore, a causa di errori

nel processo di divisione cellulare, è possibile che la cellula figlia presenti marcate anomalie e

sia incapace di sopravvivere. Quando le cellule raggiungono una certa dimensione cioè si crea

una sproporzione tra superficie e volume, devono arrestare l’accrescimento o dividersi.

Queste fasi possono essere descritte in termini di ciclo vitale della cellula o ciclo cellulare che

è il periodo che va dall’inizio di una divisione all’inizio di quella successiva. Il tempo necessario

per completare un ciclo cellulare è il tempo di generazione compreso fra le 8 e le 20 ore.

Il ciclo cellulare si caratterizza da 4 fasi di cui una rappresenta la finalità della divisione che è la

fase M e per fare questo ci sono tre fasi di preparazione: G1 G2 S

La sequenza degli eventi nell’interfase è: fase G1 fase S fase G2. Le cellule che non si

dividono, si arrestano prima dell’inizio della fase S in uno stadio chiamato G0 che non fa parte

del ciclo cellulare.

Nella fase G1 il compito della cellula è quella di duplicare i componenti citoplasmatici e il

raddoppiamento del volume citoplasmatico. Non c’è produzione di DNA.

FASE S di sintesi, abbiamo la duplicazione del DNA nucleare e altre proteine della cromatina.

(Da una molecola di DNA si ottengono due molecole di DNA seguendo un modello semi

conservativo cioè non del tutto conservativo perché una conserva quella della madre l’altra

deriva dall’accoppiamento delle basi azotate e viene copiato) Dando a ogni filamento il termine

x avremo xx nella duplicazione xx xx e nelle divisione xx xx quindi da un corredo diploide si

ritorna a un corredo diploide.

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Questa è la divisione mitotica.

Nella fase G2 vengono prodotte le strutture come il centriolo, il nucleo scheletro, il centrosoma

che serviranno a fungere da corda per richiamare ai poli della cellula il corredo cromosomico.

FASE G1 G2 sono intervalli. La G1 è posta tra la (M S) G2 è posta tra la S e la M. Sono

caratterizzate dalla presenza del nucleo. Perché dovendosi formare la cellula se io rompo il

nucleo in fase di duplicazione del citoplasma non si è ancora formata la struttura tubulare, i

cromosomi non si sono ancora attaccati al fuso mitotico i miei cromosomi se ne vanno in giro,

e la cellula non è ancora pronta per dare origine a due cellule figlie. Una volta avvenuto il

raddoppiamento del citoplasma, degli organuli del DNA delle proteine, siamo in fase fine G2, la

cellula è pronta a fare la fase M, quindi rompe il nucleo, si disgrega questa struttura, il fuso

mitotico tiene ancorati i cromosomi, e a questo punto si romperà il nucleo perché solo a

questo punto avremmo la garanzia che dalla rottura del nucleo usciranno fuori le informazioni

genetica duplicata in forma corretta e le due cellule otterranno lo stesso corredo.

Nella FASE M c’è la dissoluzione del nucleo.

Le quattro fasi della mitosi (PRO ME AN TE)

PROFASE: si rompono i nucleoli e la cromatina si spiralizza dando origine ai cromosomi

costituiti da filamenti paralleli i cromatidi uniti dal centromero, che a sua volta contiene una

struttura chiamata cinetocore alla quale possono legarsi i microtubuli. Nel citoplasma si forma

il fuso mitotico. I due centrioli si allontanano.

PROMETAFASE: l’involucro nucleare si frammenta.

METAFASE: i cromosomi sono allineati lungo il piano equatoriale della cellula. Le fibre del

fuso mitotico si attaccano ai cinetocori dei cromosomi. In questa fase i cromosomi vengono

fotografati e studiati perché sono ben ispessiti.

ANAFASE: i cromatidi si separano in corrispondenza del centromero e ciascuno migra al

rispettivo polo. La divisione del citoplasma non è ancora avvenuta.

TELOFASE: c’è lo strozzamento della cellula e quindi la divisione. Si ricostituiscono i nuclei e la

Citodieresi o citocinesi completa la divisione cellulare producendo due cellule figlie identiche a

quelle parentali eccetto per le dimensioni. I cromosomi si decondensano srotolandosi. I

microtubuli del fuso scompaiono e vengono visibili i nucleoli.

La citocinesi o citodieresi che inizia prima che la mitosi sia completata, consiste nella divisione

del citoplasma della cellula per formare due cellule figlie.

MEIOSI

Processo in cui si realizzano la ricombinazione genetica e la divisione riduzionale di una cellula

germinale immatura diploide a formare quattro gameti immaturi aploidi.

Quindi avremmo un processo riduzionale dove da una cellula diploide con 46 cromosomi si

formeranno 2 cellule aploidi con 23 cromosomi, e una seconda fase equazionale, dove da

due cellule aploidi si formeranno 4 cellule aploidi

La meiosi si realizza nei testicoli e nelle ovaie.

Mentre la mitosi mantiene invariato il numero dei cromosomi, la meiosi lo riduce alla metà.

Come risultato gli spermatozoi e le uova umane hanno serie aploidi di 23 cromosomi. La

fecondazione ricostituisce la condizione diploide. La formazione di gameti e detta

gametogenesi.

Quella maschile (spermatogenesi) porta alla formazione di 4 spermi aploidi per ciascuna

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cellula che va incontro a meiosi, quella femminile (ovogenesi) forma una singola cellula uovo

per ogni cellula che entra in meiosi. Questo è determinato da un processo che indirizza tutto il

citoplasma a solo uno dei 2 nuclei in ciascuna divisione meiotica. Alla fine della prima divisione

meiotica un nucleo viene mantenuto, mentre l’altro detto il primo globulo polare è espulso

dalla cellula che poi degenera. Alla fine della seconda divisione un nucleo diventa il secondo

globulo polare mentre l’altro sopravvive.

In sintesi la meiosi

La meiosi comporta due divisioni nucleari e citoplasmatiche con produzione di quattro cellule.

Nonostante le due divisioni il DNA e gli altri componenti dei cromosomi subiscono una sola

Duplicazione.

Ognuna delle quattro cellule apolidi prodotte contiene 23 cromosomi cioè un esemplare per

ogni coppia di omologhi.

L’informazione genetica viene mescolata e ogni cellula apolide contiene una combinazione di

geni potenzialmente unica.

Le due divisioni sono: I II

Ognuna include: PROFASE METAFASE ANAFASE TELOFASE

Nella meiosi I i membri di ogni coppia di cromosomi omologhi prima si uniscono e poi si

separano in due nuclei distinti.

Nella meiosi II i cromatidi di ciascun cromosoma omologo si separano e vengono distribuiti ai

nuclei delle cellule figlie.

La Meiosi si conclude con la formazione di quattro cellule apolidi geneticamente differenti.

PROFASE 1: i cromosomi omologhi formano le tetradi, delle giunzioni dove il materiale

genetico può essere scambiato (crossing-over) mediante enzimi specifici che permettono la

rottura e la ricongiunzione, producendo nuove combinazioni genetiche. Processo noto come

ricombinazione genetica. L’involucro nucleare si frammenta.

METAFASE 1: le tetradi si allineano sul piano equatoriale e rimangono uniti nei chiasmi (siti

dove è avvenuto il crossing-over)

ANAFASE 1: i cromosomi omologhi migrano ai poli opposti che ricevono sia quelli materni che

paterni. I cromatidi fratelli rimangono uniti tramite il loro centromero.

TELOFASE 1: un solo cromosoma per ciascun paio di omologhi raggiunge ciascun polo.

Durante lo stadio simile all’interfase chiamato intercinesi (cioè quella che segue la telofase I),

non c’è una fase S perché non c’è una ulteriore duplicazione cromosomica.

PROFASE II: è simile alla mitotica non c’è accoppiamento di cromosomi omologhi e nessun

crossing-over.

METAFASE II: i cromosomi si allineano sul piano equatoriale in gruppi di due.

ANAFASE II: i cromatidi attaccati alle fibre del fuso mitotico tramite il loro cinetocore si

separano e migrano ai poli opposti.

TELOFASE II: c’è un componente di ciascuna coppia di omologhi ad ogni polo e ogni omologo

è un cromosoma monocromatico. L’involucro nucleare si ricostituisce.

La mitosi è una singola divisione durante la quale i cromatidi fratelli si separano l’uno dall’altro

dando luogo alla fine a due cellule figlie diploidi identiche tra loro e alla cellula madre.

La meiosi consiste di due divisioni Meiosi I riduzionale da una cellula diploide a due cellule

aploide e Meiosi II: equazionale da due cellule aploide a 4 cellule aploide. Durante la Meiosi I

si distinguono i cromosomi omologhi, mentre nella Meiosi II si distinguono i cromatidi

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fratelli.

CAPITOLO 11

DNA: IL DEPOSITARIO DELL’INFORMAZIONE GENICA

DOMANDA: NELL’AMBITO DELLA STRUTTURA DEGLI ACIDI NUCLEICI ILLUSTRARE LE

CARATTERISTICHE GENERALI DEL DNA.

DESCRIVERE IL FLUSSO DELL’INFORMAZIONE GENETICA DA UNA GENERAZIONE

CELLULARE ALL’ALTRA E DESCRIVERE LA DUPLICAZIONE DEL DNA.

DESCRIVERE I VARI LIVELLI DI ORGANIZZAZIONE DEL DNA NELLA CELLULA.

Il DNA è un acido nucleico composto da nucleotidi formati da: uno zucchero a 5 atomi di

carbonio (desossiribosio), un gruppo fosfato e una base azotata. La base azotata può essere

a doppio anello come le purine adenina e guanina (AG) o ad anello semplice come le

pirimidiniche citosina e timina (C T).

Il DNA è composto da due catene nucleotidiche unite da legami a idrogeno ed avvolte l’una

sull’altra a formare una doppia elica paragonabile ad una scala, dove l’impalcatura esterna è

data dall’alternanza dello zucchero e del gruppo fosfato legati da legame fosfodiesterico e i

gradini interni dalle coppie di basi azotate unite da legami a idrogeno.

La struttura elicoidale presenta tre misure fondamentali: 0.34 nm è la distanza tra le coppie

di basi, 3.4 nm è un giro dell’elica e comprende dieci basi, e 2 nm è la larghezza dell’elica.

Poiché le due emieliche hanno andamento opposto, vengono definite antiparallele. A ciascuna

estremità della molecola di DNA una emielica presenta un carbonio 5’ libero e l’altra presenta

un carbonio 3’ libero.

Ogni base azotata andrà ad accoppiarsi in modo specifico: ADENINA-TIMINA formano due

legami a idrogeno, la GUANINA-CITOSINA formano tre legami a idrogeno. L’accoppiamento

è specifico perché deve essere garantita l’informazione trasmessa dal DNA in modo corretto. La

funzione duplice del DNA: trasmettere l’informazione genetica e farla recepire attraverso la

sintesi delle proteine, trasmettere l’informazione genetica alle cellule figlie motivo per cui è

costituito da un doppio filamento che srotolandosi viene copiato dal mRNA quando vuole fare

le proteine, oppure il filamento si duplica sulla scorta dell’accoppiamento delle basi azotate a

garanzia che le cellule figlie conterranno le stesse caratteristiche genetiche della cellula madre

seguendo un modello semi conservativo cioè costituite da un filamento parentale e uno

completamente di nuova sintesi.

L’organizzazione del DNA è fondamentale per garantire che i filamenti non si danneggino o si

aggroviglino.

Il DNA contenuto in una cellula aploide è pari a circa 3 x 109 paia di basi e se venisse disteso

completamente raggiungerebbe la lunghezza di circa 1 metro.

E’ organizzato in strutture chiamate nucleosomi che fanno parte della cromatina e formato da

proteine istoniche che sono basiche e cariche positivamente. Ogni nucleosoma contiene otto

molecole di istoni attorno al quale si avvolgono 146 coppie di basi di nucleotidi.

Un altro segmento di DNA di circa 60 paia di nucleotidi (DNA linker o di connessione) unisce

i grani nucleosomici.

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Queste fibre di 30 nm sono tenute insieme da un impalcatura di proteine non istoniche

chiamata scaffold proteico.

LA REPLICAZIONE o DUPLICAZIONE

E’ un processo con cui le informazioni contenute nel DNA vengono fedelmente copiate.

Lo svolgimento avviene grazie a enzimi chiamati DNA elicasi che camminando lungo l’elica

separano i filamenti. Le proteine destabilizzatrici dell’elica si legano al DNA di ogni singolo

filamento finché non è avvenuta la copiatura per evitare che si ricostituisca la doppia elica.

Gli enzimi che catalizzano il legame fra i vari nucleotidi sono chiamati DNA polimerasi, e sono

in grado di aggiungere nucleotidi solamente al terminale 3’ dove è presente un gruppo

ossidrilico.

Vengono utilizzati nucleotidi o meglio nucleosidi trifosfato che sono simili all’ATP. Quando i

nucleotidi vengono legati insieme due gruppi fosfato vengono eliminati.

Dopo che i filamenti sono separati viene sintetizzato un piccolo tratto di RNA chiamato RNA

primer da un aggregato di proteine (primosoma) che include un enzima in grado di iniziare

un nuovo filamento di RNA davanti ad un filamento di DNA.

Abbiamo detto che la sintesi del DNA può procedere solamente in direzione 5’ 3’ il filamento

che viene copiato deve procedere in direzione 3’ 5’.

La duplicazione inizia in punto preciso della molecola del DNA chiamato origine della

replicazione ed entrambe i filamenti vengono replicati contemporaneamente all’interno di una

figura a Y chiamata

forca di replicazione. L’estremità 3’ di uno dei nuovi filamenti si allunga sempre verso la

forca di replicazione e la sua sintesi procede in maniera continua e senza interruzioni per cui

viene chiamato

filamento guida (leading strand).

Il terminale 3’ dell’altro filamento di nuova sintesi che viene chiamato filamento in ritardo (

lagging strand) si allunga sempre nella direzione opposta all’avanzamento della forca di

replicazione per cui deve necessariamente essere sintetizzato sotto forma di corti frammenti di

DNA (circa 100 – 1000 nucleotidi) chiamati frammenti di Okazaki preceduto da RNA primer.

Iniziato l’allungamento l’RNA primer viene degradato, i vuoti vengono riempiti con nuovo DNA

ed i frammenti vengono assemblati dalla DNA ligasi.

Quando le due emieliche del DNA si separano, si formano due strutture a forcella per cui la

molecola dal punto di origine viene replicata in entrambe le direzioni.

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CAPITOLO 12

RNA E SINTESI PROTEICA: L’ESPRESSIONE DELL’INFORMAZIONE GENICA

DOMANDA: ILLUSTRARE LE CARATTERISTICHE GENERALI DELL’RNA SAPENDO

DESCRIVERE IL FLUSSO DELL’INFORMAZIONE ALL’INTERNO DELLA CELLULA,

DIMOSTRANDO DI AVER COMPRESO I MECCANISMI DELLA TRASCRIZIONE DEL

CODICE GENETICO, DELLA SINTESI PROTEICA E DELLA REGOLAZIONE

DELL’ESPRESSIONE GENETICA.

L’RNA è un acido nucleico che funge da intermediario nel flusso dell’informazione genetica tra

il DNA e le proteine. E’ composto da un singolo filamento, lo zucchero è il ribosio che è simile

al desossiribosio, ma con un gruppo idrossilico in più. La base uracile sostituisce la timina.

L’uracile come la timina è una pirimidina e può formare due legami a idrogeno con l’adenina,

quindi uracile e adenina sono una coppia di basi complementari.

Una sequenza di tre basi consecutive chiamata codone specifica per un aminoacido ed è

chiamato codice a triplette.

La sintesi delle proteine è composta da due step: TRASCRIZIONE E TRADUZIONE

TRASCRIZIONE

Quando un gene si esprime e codifica una proteina, l’informazione contenuta nel DNA viene

copiata in un mRNA (messaggero) che trascrive la sequenza dei codoni.

I tipi più importanti di RNA che vengono trascritti dal DNA sono tre: l’RNA ribosomiale

(rRNA), l’RNA di trasferimento (tRNA), e l’RNA messaggero (mRNA). La maggior parte

degli RNA è sintetizzata da RNA polimerasi DNA-dipendenti, enzimi presenti in quasi tutte

le cellule.

L’RNA polimerasi inizia la trascrizione dopo essersi legata ad una sequenza di DNA detta

promotore.

La terminazione della trascrizione come il suo inizio è controllata da una sequenza di basi

specifiche.

Queste sequenze agiscono come segnali di stop per la RNA polimerasi.

L'RNA messaggero possiede alla sua estremità 5’ una sequenza leader non codificante che

contiene segnali di riconoscimento per il legame con il ribosoma. La sequenza leader è seguita

da sequenze codificanti che contengono gli effettivi messaggi per le proteine. Alla fine di ogni

sequenza codificante vi è uno speciale codone di stop o di terminazione. I codoni di stop UAA,

UGA, e UAG, non codificano per aminoacidi ma indicano invece la fine della proteina.

Gli mRNA eucariotici vanno incontro ad una specifica modificazione post-trascrizionale cioè a

un processo di maturazione prima che acquisisca la possibilità di essere trasportato fuori dal

nucleo e di essere tradotto. Innanzitutto enzimi specifici aggiungono un cappuccio (cap)

all’estremità 5’ della catena di mRNA. Si ritiene che l’aggiunta del cap protegga l’mRNA dalla

degradazione da parte di alcuni enzimi. Una seconda modifica al messaggero si verifica

all’estremità 3’ della molecola dove vicino all’estremità tre del RNA messaggero completo si

trova una sequenza di basi che serve da segnale per l’aggiunta di una coda di molte adenine,

nota col termine di coda poliadenilata o poli-A.

Entro un minuto dalla sintesi del trascritto, enzimi specifici nel nucleo riconoscono questo

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segnale per la poliadenilazione e tagliano la molecola di mRNA nel sito corrispondente.

La maggior parte dei geni eucariotici ha sequenze non continue. Dai geni vengono trascritte

sequenze non codificanti (introni) e sequenze codificanti (esoni). Cioè troviamo lunghe

sequenze di basi all’interno delle regioni codificanti del gene che non codificano per aminoacidi

della proteina finale. Quando un gene contenente introni è trascritto, l’intero gene viene

copiato in una lunga molecola di mRNA precursore o pre-mRNA che contiene sia esoni che

introni. Per diventare un mRNA funzionale, è necessario che venga munito di cappuccio e

coda poli-A, ma anche che siano rimossi gli introni e che siano uniti insieme gli esoni, per

formare un messaggio continuo che codifica la proteina. Esempio di codone sull’mRNA per

l’aminoacido metionina è 5’ – AUG – 3’ esso è trascritto dalla sequenza di basi del DNA 3’ –TAC

– 5’ e l’anticodone corrispondente sul tRNA è 3’ – UAC –5’

TRADUZIONE

La traduzione rappresenta il processo di trasferimento dell’informazione genetica perché

comporta la conversione di un codice a quattro basi azotate dell’acido nucleico ad un alfabeto a

20 aminoacidi delle proteine. Questo compito è affidato agli RNA di trasferimento o tRNA che

deve possedere:

Una regione che funga da sito di attacco per l’aminoacido;

Legarsi con l’aminoacido specifico tramite l’enzima aminoacil-tRNA sintetasi;

Legarsi al codone dell’mRNA con il proprio anticodone con il meccanismo della

complementarietà delle basi deve essere riconosciuto dai ribosomi.

La traduzione richiede l’intervento dei ribosomi costituiti da due subunità contenenti proteine e

RNA Ribosomiale, rRNA, che mettono in contatto tra loro tutti i componenti dell’apparato di

traduzione. I ribosomi si attaccano ad una estremità dell’mRNA e scorrendo lungo il

messaggero permettono ai tRNA di decifrare il messaggio. Uno dei ruoli del ribosoma è di

mantenere nel corretto orientamento l’mRNA in modo che il codice genetico possa essere letto

e possa formarsi il legame peptidico.

All’interno del ribosoma si trovano due siti di legame: A e P per le molecole di tRNA.

Il sito A è quello di legame per l’aminoacil-tRNA, mentre il tRNA che porta la catena

polipeptidica occupa il sito P.

La traduzione comporta una fase d’inizio, di allungamento e di terminazione.

FASE D’INIZIO

Il processo d’inizio richiede l’intervento di numerose proteine chiamate fattori d’inizio, e

comincia con il posizionamento del primo complesso aminoacil-tRNA sul sito P della subunità

inferiore del ribosoma. L’energia per il legame tra codone mRNA e anticodone del tRNA è

fornita dal GTP (guanosin trifosfato un donatore di energia simile all’ATP). Il codone per l’inizio

della sintesi proteica è AUG che codifica l’aminoacido metionina (anticodone UAC). La

subunità maggiore si unisce poi al complesso e si viene a costituire il ribosoma completo.

Il sito A può essere occupato dall’aminoacil-tRNA corrispondente al codone successivo.

ALLUNGAMENTO

L’aggiunta di altri aminoacidi alla catena polipeptidica in formazione si chiama fase di

allungamento.

L’aminoacido sul sito P viene rilasciato dal suo tRNA e viene legato all’aminoacil-tRNA posto sul

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sito A. Questa reazione è spontanea. Richiede però un enzima chiamato peptidil transferasi.

Questo catalizzatore è detto ribozima. Dopo che si è formato il legame peptidico la molecola

di tRNA lascia il sito P. La catena polipeptidica sul sito A, viene traslocata sul sito P, lasciando il

sito A libero per il prossimo complesso aminoacil-tRNA. Questo processo di traslocazione

richiede energia che di nuovo è fornita dal GTP.

TERMINAZIONE

La sintesi termina quando fattori di rilascio riconoscono codoni di terminazione o di stop alla

fine della sequenza codificante, che causa la dissociazione del ribosoma in due subunità.

Una proteina di lunghezza media di circa 360 aminoacidi è sintetizzata in 18 secondi.

IL DESTINO DELLE PROTEINE

Legato ai ribosomi. Le proteine di secrezione hanno nella catena crescente una sequenza

segnale che consente al ribosoma di attaccarsi a un sito recettoriale sulla membrana del RE.

Quando il polipeptide crescente si inserisce attraverso la membrana del RE la sequenza segnale

viene rimossa enzimaticamente. Al contrario se la molecola di mRNA non ha la sequenza

segnale il ribosoma traduce una proteina che rimarrà nel citosol.

IL CODICE GENETICO

Il codice genetico è un sistema di corrispondenza tra le sequenze di nucleotidi del DNA e le

sequenze di aminoacidi nelle proteine. Ciascuna combinazione di 3 nucleotidi del DNA e mRNA

costituiscono un Codone o tripletta e codifica per un determinato aminoacido.

Essendo il DNA e l’mRNA costituiti da 4 differenti nucleotidi sono possibili 43 64 codoni diversi.

61 codoni specificano aminoacidi, e tre codoni servono come segnali di stop. Uno stesso

aminoacido può essere perciò codificato da triplette diverse (degenerazione del codice o

ridondanza. Il segnale d’inizio per la sintesi di tutte le proteine è il codone AUG che specifica

l’aminoacido metionina.

Il codice genetico viene riferito alla molecola di mRNA.

La caratteristica più sorprendente del codice genetico è praticamente l’universalità. Cioè sia

nella rosa che nell’uomo è uguale. Ciò suggerisce che tutti gli organismi discendano da un

comune progenitore ancestrale. Le uniche eccezioni al codice standard sono variazioni minime.

Un gene può essere definito come una sequenza di nucleotidi che porta l’informazione

necessaria per produrre una specifica proteina od RNA, comprende sia sequenze codificanti che

non possono andare incontro a cambiamenti dette mutazioni, che possono portare alla

completa distruzione della struttura di un cromosoma, o al cambiamento di una singola coppia

di basi. Possono essere: mutazioni puntiforme come le mutazione missenso che

determineranno una proteina con una lunghezza normale, ma con la sostituzione di un

aminoacido, oppure mutazione non senso, che determina la conversione di un codone che

codifica per un aminoacido in un codone di termine, e si ha una proteina tronca che di solito

non è funzionale.

Mutazioni frameshift, dove l’inserzione o la delezione cioè l’aggiunta o la perdita di una o

due coppie di basi inserite all’interno della molecola di DNA causa un’alterazione della cornice

di lettura ed invariabilmente distrugge la funzione della proteina codificata da quel gene poiché

cambia tutta la sequenza dei codoni a valle della mutazione.

Le mutazioni possono essere causate da errori nella replicazione del DNA, da agenti fisici, quali

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i raggi x o gli ultravioletti oppure da mutageni chimici. Oppure causa elementi genetici mobili

(Trasposoni) chiamati anche geni saltellanti che si spostano da una parte all’altra del

cromosoma che non solo alterano le funzioni di alcuni geni, ma in alcune condizioni possono

anche attivare geni normalmente inattivi. Alcuni danni possono essere riparati da speciali

sistemi enzimatici.

Le mutazioni che avvengono nelle cellule somatiche non vengono trasmesse ai discendenti.

Molti mutageni sono anche carcinogeni cioè agenti responsabili dell’insorgenza del cancro.

CAPITOLO 13

REGOLAZIONE GENICA: IL CONTROLLO DELL’ESPRESSIONE DEI GENI

DOMANDA: REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENETICA

Un gene può essere definito come una sequenza di nucleotidi che porta l’informazione

necessaria per produrre una specifica proteina od RNA. Esso è completamente espresso solo

quando è trascritto in mRNA , l’mRNA è tradotto in una proteina e la proteina catalizza una

specifica reazione.

Il controllo dell’espressione genica è un processo essenziale di ogni organismo che

permette alla cellula di conservare energia producendo proteine solo quando e dove richieste.

Nella cellula batterica questo meccanismo è affidato agli operoni.

L’operone è costituito da: geni strutturali, un promotore, un operatore, e un gene

regolatore.

I geni strutturali codificano gli enzimi batterici.

Il promotore è il sito in cui la RNA-polimerasi si lega al DNA prima di iniziare la trascrizione.

L’operatore è situato tra il promotore e il primo gene strutturale e serve da sito di legame per

una proteina regolatrice detta repressore.

Il gene regolatore che sta al di fuori dell’operone codifica la proteina costituente il repressore e

determina se i geni strutturali vengono espressi o no.

Troviamo gli operoni inducibili come l’operone lattosio e reprimibili come l’operone

triptofano.

OPERONE LATTOSIO ( Operone LAC ) INDUCIBILE

Il metabolismo del lattosio necessita di due enzimi: la β-galattosidasi che scinde il

disaccaride lattosio in glucosio e galattosio, e la permeasi che interviene nel trasporto del

lattosio all’interno della cellula batterica. La β-galattosidasi e la permeasi sono codificati da due

geni strutturali contigui, Z e Y. Un terzo gene strutturale denominato A codifica per l’enzima

transacetilasi che però non è richiesto per il metabolismo del lattosio.

I tre geni strutturali (Z,Y,A) sono trascritti in un’unica molecola di mRNA policistronico,

quindi attraverso la regolazione della produzione di questo mRNA può essere coordinata la

sintesi di tutti e tre gli enzimi dell’operone.

La chiave per l’espressione dell’operone sta nel repressore codificato dal gene I.

In assenza di lattosio i geni dell’operatore LAC sono inattivati dalla proteina repressore che

legandosi all’operatore impedisce la trascrizione dei geni strutturali. In presenza di lattosio la

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proteina repressore interagendo con esso cambia conformazione risultando non più in grado di

legarsi all’operatore. La RNA polimerasi non incontra ostacoli e i geni LAC possono essere

espressi.

Diciamo che i meccanismi di regolazione negativi reprimono la trascrizione quelli positivi la

attivano.

L’operone LAC ha un ulteriore livello di controllo che agisce in modo che l’operone rimanga

inattivo anche in presenza di lattosio, se è contemporaneamente presente il glucosio. Ha come

protagonisti l’AMPc e una proteina denominata (CAP) attivatrice del catabolita. Quando è il

glucosio è presente ad elevata concentrazione, il livello di AMPc è basso; man mano che la

concentrazione del glucosio diminuisce si innalza quella di AMPc. L’AMPc forma un complesso

con la proteina CAP che va a legarsi al promotore attivando i geni strutturali.

L’unione tra il complesso AMPc – CAP e il promotore fa in modo che quest’ultimo assuma una

conformazione più favorevole all’interazione con la RNA polimerasi con una conseguente

trascrizione più efficiente.

La proteina CAP differisce dai repressori lattosio e triptofano, in quanto può controllare la

trascrizione di operoni i cui prodotti sono enzimi coinvolti in diverse via metaboliche. Un gruppo

di operoni controllati da un solo gene regolatore di questo tipo viene considerato un regulone.

REPRIMIBILE

In un operone reprimibile normalmente attivo il repressore è incapace di legarsi all’operatore

e i geni strutturali che codificano gli enzimi sono attivi. Nel caso dell’operone del triptofano le

cellule sono capaci di produrre questo aminoacido quando non è disponibile nell’ambiente.

Quando c’è abbondante triptofano le molecole di triptofano agiscono come un corepressore

legandosi con il repressore inattivo e variandone la forma in modo che possa attaccarsi

all’operatore, impedendo la trascrizione dei geni strutturali. Perciò quando la concentrazione

del triptofano è alta l’operone è represso impedendo la sovrapproduzione di triptofano. Quando

la concentrazione è bassa la maggior parte del repressore rimane non-legata dal corepressore

e perciò non riesce ad attaccarsi all’operatore. La trascrizione procede i geni vengono trascritti

gli enzimi vengono sintetizzati e il prodotto finale necessario (triptofano) viene fabbricato.

Mentre la biosintesi procede, il triptofano si accumula raggiungendo una concentrazione alta

quanto basta per reprimere di nuovo l’operone.

La regolazione dell’espressione dei geni negli eucarioti non è regolata in sistemi come gli

operoni.

Per il controllo della trascrizione sono importanti alcuni segmenti posti sul DNA fra cui:

gli elementi posti a monte del promotore (UPE) e sembra che l’efficienza del promotore

dipenda dal numero e tipo di UPE.

gli intensificatori (enhancer) che aumentano la velocità di sintesi. Velocità

influenzata da proteine regolatrici note come fattori di trascrizione e dal modo in cui

il DNA è organizzato nei cromosomi.

I SITI D’INIZIO DELLA TRASCRIZIONE

Le cellule eucarioti contengono molto più DNA rispetto alle cellule procarioti e molto di

questo DNA non si esprime mai. La maggior parte del DNA inespresso risiede tra i geni, ma

parte di esso (sotto forma di introni) risiede all’interno delle regioni codificanti dei geni. Gli

introni creano difficoltà durante il processing (maturazione) dei geni perché devono essere

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rimossi, mentre i segmenti restanti cioè gli esoni vengono giuntati insieme processo noto

come splicing=giuntura. Si ritiene che la presenza degli introni abbia aumentato la velocità

di evoluzione facilitando la formazione di nuovi geni per mescolamento degli esoni.

L’espressione dei geni eucariotici è regolata principalmente a tre livelli:

A livello della trascrizione si determina se un gene verrà trascritto o no e con che

frequenza;

Le proteine regolatrici dei geni, come il complesso recettore-testosterone, sono

capaci di legarsi a siti specifici del DNA e di regolare la velocità di trascrizione di geni

vicini.

Come fa un eritrocito in sviluppo a sapere di dover trascrivere i geni per la

formazione dell’emoglobina e altre cellule ignorano questi geni?

Dipende dalla presenza di specifiche proteine regolatrici di quei geni.

Ogni cellula ha le proprie combinazioni esclusive di proteine regolatrici che permette a quella

cellula di trascrivere un insieme esclusivo di geni.

Le cellule che rispondono al testosterone contengono una proteina detta recettore per il

testosterone.

Normalmente il recettore risiede nel citoplasma di cellule bersaglio specifiche comprendenti le

cellule dell’apparato riproduttore maschile. Quando la concentrazione ematica di testosterone

aumenta molecole di ormoni diffondono penetrando nelle cellule, ma soltanto le cellule sensibili

al testosterone contengono il recettore appropriato, e quindi soltanto queste cellule sono

capaci di rispondere. Come il lattosio varia la forma del repressore LAC quando si lega alla

proteina, una molecola di testosterone varia la forma del recettore per il testosterone quando

si lega ad esso. Non più un recettore semplice, il complesso recettore-testosterone diventa un

regolatore genico e si trasferisce dal citoplasma al nucleo dove si lega a siti specifici sul DNA

attivando l’espressione dei geni vicini.

2 A livello della maturazione dell’RNA.

Quando un gene viene trascritto il trascritto di RNA si associa a particelle contenenti sia RNA

che proteina.

Queste particelle hanno il compito di rimuovere le sequenze di introni e giuntare le sequenze di

esoni “splicing nel senso di riunione di estremità tagliate“ per formare un mRNA maturo

(maturazione o processing dell’RNA).

Per le proprietà catalitiche di questi RNA sono detti Ribozimi.

3 A livello della traduzione.

Si determina se un mRNA viene tradotto o no e per quanto tempo l’mRNA sopravvivrà.

In alcune situazioni gli mRNA vengono mascherati temporaneamente da proteine che

impediscono la traduzione.

Le cellule regolano anche la durata della vita degli mRNA proteggendoli dalla degradazione

enzimatica, e quindi aumentando il numero di volte che può essere copiato.

La prolattina stabilizza gli mRNA che portano il messaggio per le proteine del latte,

aumentando così la loro traduzione. La sospensione della produzione di prolattina fa diminuire

la stabilità dell’mRNA che si deteriora rapidamente arrestando la produzione di proteine del

latte.

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CAPITOLO 17

INTRODUZIONE AL CONCETTO DARWINIANO DI EVOLUZIONE

DOMANDA: DESCRIVERE LE GENERALITA’ DEI MECCANISMI DELL’EVOLUZIONE E LE

PROVE CHE LA SOSTENGONO.

L’evoluzione può essere definita come l’accumulo nel corso del tempo di cambiamenti

ereditabili all’interno di popolazioni. I tratti ereditabili sono quelli che possono essere

trasmessi alla prole, e la popolazione è un gruppo di individui di una stessa specie che vive

nella stessa area geografica nello stesso tempo.

Darwin 1809-1882 aveva elaborato un formidabile meccanismo dell’evoluzione, quello della

selezione naturale che consiste in 4 osservazioni sulla natura:

Sovrapproduzione, variabilità, limiti alla crescita della popolazione o lotta per l’esistenza,

Successo riproduttivo differenziale.

Sosteneva che gli individui trasmettevano i propri caratteri alla generazione successiva, ma

non fu in grado di spiegare come. Durante gli anni 30/40 i biologi unirono i principi della

genetica con la sua teoria così da sviluppare la teoria sintetica dell’evoluzione, cioè le

mutazioni o cambiamenti nel DNA forniscono la variabilità genetica su cui la selezione naturale

nel corso del tempo agisce.

Prove di evidenza scientifica a supporto dell’evoluzione sono i reperti fossili, che testimoniano

l’esistenza di organismi passati. Possono essere datati attraverso gli isotopi radioattivi detti

radioisotopi presenti in una roccia.

Prove molecolari a favore dell’evoluzione includono l’universalità del codice genetico, la

conservazione di sequenze di aminoacidi nelle proteine, la sequenza di nucleotidi nel

DNA.

Il codice genetico specifica una tripletta di tre nucleotidi per un particolare codone che

codifica per un aminoacido in una catena polipeptidica.

L’universalità del codice genetico è una prova convincente che gli organismi sono derivati da un

comune ancestrale. Quindi diciamo che l’essere vivente filogeneticamente più prossimo agli

esseri umani è lo scimpanzé poiché il suo DNA ha la più bassa percentuale di divergenza nella

sequenza esaminata.

CAPITOLO 19

SPECIAZIONE E MACROEVOLUZIONE

DOMANDA: ILLUSTRARE LA SPECIAZIONE E I CONCETTI DI MICRO E

MACROEVOLUZIONE

Una specie consiste di un gruppo di popolazioni i cui membri sono, in natura in grado di

produrre prole fertile.

La speciazione è un fenomeno che si verifica quando una popolazione diventa

riproduttivamente isolata dagli altri membri della stessa specie. Si può verificare in due modi:

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attraverso la speciazione allopatrica o simpatrica.

ALLOPATRICA: si verifica quando una popolazione diventa geograficamente separata dal

resto della specie.

SIMPATRICA: quando una nuova specie può svilupparsi occupando la stessa regione

geografica della specie progenitrice.

La microevoluzione si occupa di cambiamenti che avvengono in tempi brevi nell’ambito di

una specie.

La macroevoluzione si occupa di cambiamenti drammatici che avvengono in tempi lunghi nel

corso dell’evoluzione. Questi cambiamenti fenotipici sono di così grande portata che le

nuove specie che li presentano vengono assegnate a generi differenti o a categorie

tassonomiche superiori, come la differenziazione dei vertebrati dagli invertebrati o

mammiferi dai rettili.

L’estinzione cioè la fine di una linea evolutiva, si verifica quando muore l’ultimo

rappresentante di una specie ed è permanente.

L’estinzione di massa più recente, verificatasi 65 milioni di anni fa, ha comportato la

scomparsa dei Dinosauri.

CAPITOLO 23

VIRUS E BATTERI

DOMANDA: Conoscere le principali generalità su virus e batteri

VIRUS

Un virus è un’agente infettivo, che determina al suo ingresso nell’organismo un’azione

patogena.

Cioè disequilibra la normale omeostasi (equilibrio dinamico) dell’organismo.

Il virione identifica l’entità virale matura, la forma attiva del virus.

Le caratteristiche che lo accomunano agli organismi viventi sono: replicazione e materiale

genetico.

La differenza sta nell’incapacità di vita autonoma, infatti si parla di parassitismo

intracellulare obbligato. Non avendo struttura cellulare, non hanno i meccanismi enzimatici

ed energetici e quindi sono costretti ad albergare all’interno di una cellula ospite.

Sono composti dal genoma (il DNA totale di una cellula) a DNA o RNA quindi un acido nucleico

(che ha il compito di determinare i caratteri morfologici e funzionali della cellula che viene

ospitato) ed è rivestito dal capside, un rivestimento proteico. L’insieme del genoma e del

capside determina il nucleo capside. A volte si può trovare anche l’envelope (pericapside),

una membrana che viene acquisita dal virus.

Questa membrana sarà quella responsabile delle interazioni tra cellula virale e le membrane

cellulari dell’ospite.

I fagi sono i virus che infettano i batteri e si chiamano batteriofagi.

I viroidi sono agenti infettivi ancora più piccoli dei virus. Sono formati da un filamento molto

corto di RNA ( 250-400 nucleotidi) senza copertura protettiva.

Il prione sembra essere costituito solo da una proteina e non hanno acidi nucleici. Viene

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associato ad un gruppo di malattie degenerative del cervello ad esito letale. Sono dette

encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE). Sembra che il cervello produca zone vuote

simili a spugne.

La dimensione dei virus variano da 10 a 400 nm (10-9) e si osservano al microscopio

elettronico dove il potere risolutivo è nell’ambito dei nanometri.

CLASSIFICAZIONE

I virus vengono classificati sulla base del corredo genomico e possono contenere o DNA o RNA,

mai entrambi.

In quelli a DNA, la sintesi del DNA e delle proteine virali è simile a quella che la cellula ospite

normalmente attua per il suo proprio DNA e la propria sintesi proteica. In alcuni virus a RNA,

chiamati retrovirus, la trascrizione avviene con l’aiuto di una DNA polimerasi RNA-dipendente.

Questi virus a RNA, utilizzano un enzima chiamato trascrittasi inversa per trascrivere il

genoma a RNA su un DNA complementare. Questo DNA viene integrato nel DNA dell’ospite da

un enzima fornito dal virus. Le copie dell’RNA virale vengono sintetizzate quando il tratto di

DNA virale incorporato viene trascritto. Il virus umano dell’immunodeficienza (HIV), causa

dell’AIDS, è un retrovirus. Dopo che i geni virali sono stati trascritti, vengono sintetizzate le

proteine strutturali virali. I virus possono infettare le cellule vegetali attraverso insetti come

afidi e cavallette che si nutrono dei loro tessuti. Oppure possono essere trasmessi anche da

semi infetti. Il virus può diffondersi passando attraverso i plasmodesmi (connessioni

citoplasmatiche). I sintomi di un infezione virale includono la comparsa di punteggiature sulle

foglie, sui fiori e sui frutti. Per molte di queste malattie non si conoscono rimedi per cui è prassi

bruciarle.

Il ciclo riproduttivo virale può essere litico o temperato.

Nel ciclo litico il virus lisa la cellula ospite. I virus caratterizzati da un ciclo litico sono detti

virulenti (letali).

Le fasi della replicazione sono cinque:

Aggancio: Il virus aderisce ai recettori posti sulla parete cellulare ospite;

Penetrazione: L’acido nucleico del virus viene introdotto attraverso la membrana

plasmatica nel citoplasma della cellula ospite;

Replicazione: Il genoma virale contiene tutte le informazioni necessarie per produrre

nuovi virus. Il virus induce la cellula a sintetizzare gli elementi necessari alla sua

replicazione;

Assemblaggio: I componenti virali neosintetizzati vengono assemblati per formare

nuovi virus;

Rilascio: I virus assemblati vengono liberati all’esterno. Generalmente gli enzimi litici

degradano la cellula ospite.

Il tempo richiesto per la replicazione virale dalla adesione alla liberazione è di 30-35 minuti.

I virus temperati non sempre distruggono il loro ospite.

In un ciclo lisogenico il genoma virale si integra e viene replicato con il DNA stesso dell’ospite.

Nel caso di alcuni virus batterici il DNA fagico viene integrato nel DNA del batterio ospite. In

questo caso il virus viene definito profago. Quando il DNA batterico si replica, anche il profago

si replica. Le cellule batteriche che contengono profagi vengono definite cellule lisogeniche.

Le cellule batteriche contenenti alcuni tipi di virus temperati possono manifestare nuove

proprietà.

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Evento definito: conversione lisogenica. Esempio: il batterio che provoca la difterite.

Esistono due ceppi di questa specie, uno che produce la tossina che provoca la difterite, l’altro

non la produce. Il batterio che produce la tossina contiene uno specifico fago temperato.

Il tipo di proteine d’aggancio presenti sulla superficie di un virus determina quale tipo di cellula

il virus può infettare. Gli adenovirus (sono circa 40 e provocano il mal di gola), hanno fibre

che fuoriescono dal capside, si pensa per aiutare il virus ad aderire ai siti recettoriali

complementari sulla superficie della cellula ospite. Altri virus, come quelli che causano

l’herpes, l’influenza e la rabbia, sono circondati da un involucro lipoproteico con delle

spine glicoproteiche proiettate all’esterno, che facilitano l’aggancio alla cellula ospite. Il virus

del morbillo e i poxvirus possono infettare molti tipi di tessuti poiché le loro proteine d’attacco

si combinano con i siti recettoriali di numerosi tipi cellulari.

Al contrario, i poliovirus possono aderire solo a certi tipi di cellule, per esempio quelle

dell’apparato digerente.

BATTERI

I batteri sono tipici delle cellule procariote. Hanno vita autonoma perché hanno DNA, RNA nelle

forme m e t, Enzimi e Ribosomi.

Non hanno ne organi citoplasmatici circondati da membrana, ne nucleo. Hanno invece la parete

cellulare esterna alla membrana plasmatica detta peptidoglicano, che fornisce una struttura

rigida che sostiene la cellula, ne mantiene la forma, previene la sua esplosione per pressione

osmotica, ed ha in sede dei determinanti antigenici. La membrana plasmatica ha tre funzioni:

da delimitazione cellulare al batterio garantendone gli scambi, produce energia

attraverso i mesosomi addetti alla respirazione, e regola il processo di divisione

cellulare. Il materiale genetico del batterio si trova nel citoplasma e non è circondato da un

involucro nucleare. E’ costituito da una singola molecola di DNA circolare.

In aggiunta al DNA possiamo trovare i Plasmidi, piccole molecole circolari di DNA a doppia

elica con il compito di dare maggior adesività al battere.

I batteri si riproducono asessualmente, in genere per scissione binaria, (un processo

mediante il quale una cellula si divide in due cellule figlie simili) oppure per gemmazione o

per frammentazione. Gemmazione: la cellula produce una protuberanza detta gemma che

cresce matura e si separa dalla cellula madre. Frammentazione: le pareti cellulari si

accrescono all’interno della cellula, che viene scissa in numerose cellule di nuova costituzione.

Lo scambio di materiali genetici avviene con tre meccanismi: trasformazione –

trasduzione – coniugazione.

Trasformazione: i frammenti di DNA rilasciati da una cellula sono assunti da un’altra cellula.

Trasduzione: i geni sono trasportati da una cellula batterica ad un’altra tramite un

Batteriofago.

Coniugazione: due cellule con polarità di accoppiamento diversa si uniscono e il materiale

genetico si trasferisce da una all’altra.

Alcuni batteri hanno una capsula (che circonda la parete proteggendola ulteriormente contro

la fagocitosi), che presenta il glicocalice, un rivestimento glicoproteico a cui si devono le

caratteristiche di adesività e quindi di maggior potere patogeno.

Alcuni batteri posseggono centinaia di appendici pilifere note come pili, che aiutano i batteri

ad aderire tra loro o alle cellule che infettano.

La maggior parte dei batteri si muove grazie alla presenza di flagelli rotanti. Il loro numero e la

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loro posizione rappresentano un dato importante per la classificazione di alcune specie

batteriche. Il flagello batterico non è costituito da microtubuli, ed è formato da tre parti: il

corpo basale, l’uncino e un filamento singolo. Il corpo basale ancora il flagello alla parete

cellulare tramite dei dischi appiattiti.

L’uncino unisce il corpo basale al lungo filamento.

Il corpo basale è il motore. Il batterio utilizza ATP per pompare protoni fuori dalla cellula. La

diffusioni di questi protoni nella cellula dà energia al motore sostenendo il movimento rotatorio

propulsivo del flagello. Così il flagello produce un movimento rotatorio che spinge la cellula

come un’elica spinge una barca sull’acqua. Quando l’ambiente di un batterio diventa

sfavorevole, esempio secco, molte specie diventano dormienti, e formano cellule dormienti,

estremamente durevoli chiamate endospore. Esse possono sopravvivere in ambienti molto

secchi, caldi o ghiacciati o quando c’è scarsità di cibo. Possono sopravvivere un’ora o più alla

bollitura o secoli al congelamento. Quando le condizioni ambientali saranno nuovamente adatte

per la crescita, l’endospora germina diventando una cellula batterica attiva.

Il numero dei batteri presenti nel corpo umano è 700.000 miliardi, mentre il numero di cellule

umane è 70.000 miliardi

Alcuni batteri producono esotossine, potenti veleni secreti dalla cellula quando viene

distrutta. La tossina e non il battere è la responsabile della malattia.

Le endotossine non sono secrete dai patogeni, ma sono componenti della parete cellulare dei

batteri gram-negativi. Colpiscono l’ospite solo quando vengono liberati, si legano ai

macrofagi e li stimolano a liberare sostanze che causano la febbre.

Le case farmaceutiche ottengono la maggior parte degli antibiotici da tre gruppi di

microrganismi: gli attinomiceti, i gram-positivi e le muffe.

Il loro asse maggiore è compreso tra 0.5 e 20 micrometri (10-6), e si osservano al microscopio

ottico dove il potere risolutivo è nell’ambito dei micrometri.

Sulla base delle caratteristiche di permeabilità della parete cellulare si possono fare delle

colorazioni differenziali per lo studio dei batteri. Tale colorazione è detta Gram. A seconda della

loro colorazione i batteri si classificano in gram-positivi e gram-negativi.

Come si fa la colorazione di Gram?

Attraverso l’impiego di una soluzione colorante solubile in acqua che è la cristal-violetto con

aggiunta di soluzione di Lugol che colora di violetto il citoplasma di tutti i batteri e si pone

dell’alcol che solubilizza (scioglie) il colorante. Se riesce ad entrare il batterio sarà Gram-

negativo, se non riesce a passare il citoplasma rimane violetto e il batterio è detto Gram-

positivo.

Successivamente si aggiunge una contro colorazione di fucsina che viene assunta solo dai

Gram-negativi.

I batteri che assorbono e mantengono la colorazione al violetto di genziana sono gram-positivi,

quelli che la perdono sono detti gram-negativi. La differenza tra i gram-positivi e negativi

sta nel trattamento di alcune malattie.

CLASSIFICAZIONE

Secondo la forma sono tre: sferica, bastoncellare e spiralata.

Sferica: conosciuti come cocchi le cui cellule possono essere raggruppate a: coppie=

diplococchi in lunghe catena =streptococchi a grappoli d’uva = stafilococchi.

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Bastoncelli: conosciuti come bacilli.

Spirale: sono i vibrioni, batteri corti a elica, gli spirilli più lunghi e rigidi e le spirochete più

lunghe ma flessibili.

Secondo la classe: Archeobatteri ed Eubatteri.

Gli archeobatteri

Comprendono un gruppo di procarioti che produce gas metano a partire da semplici forme

carboniose, non c’è peptidoglicano nella parete cellulare (una polimero complesso formato da

due zuccheri (aminozuccheri)) legati a corti polipeptidi.

Si dividono in:

Metanogeni, che vivono in ambiente privo di ossigeno, negli acquitrini e sono presenti

nel tubo digerente dell’uomo;

Alofili estremi, vivono in soluzioni sature di sali come le saline;

Termofili estremi, che crescono in ambienti caldi.

Gli eubatteri, anche detti batteri, comprendono tutti gli altri procarioti. La parete cellulare

degli eubatteri è costituita da peptidoglicano.

I batteri sono autotrofi o eterotrofi.

Gli autotrofi sono sia fotosintetici che chemiosintetici, e sono capaci di produrre le proprie

molecole organiche. Quelli fotosintetici traggono il loro nutrimento dalla luce, quelli chemio

sintetici dall’ossidazione di composti inorganici.

Gli eterotrofi devono procurarsi i composti organici da altri organismi. La maggior parte degli

eterotrofi sono saprofita, cioè traggono il nutrimento dalla materia prima morta. Altri

traggono il nutrimento da organismi viventi danneggiandoli causando malattie.

La maggior parte dei batteri sia eterotrofi che autotrofi è aerobica, richiede ossigeno per la

respirazione cellulare.

Alcuni batteri sono anaerobi facoltativi, cioè possono usare l’ossigeno per la respirazione

cellulare se disponibile, ma conducono il metabolismo anaerobicamente.

Altri sono anaerobi obbligati e possono sostenere il metabolismo solo anaerobicamente.

EUBATTERI CON PARETI GRAM- NEGATIVO

Il gruppo degli Enterobatteri include i decompositori, che vivono sui detriti vegetali, e molte

specie nell’uomo come l’Escherichia coli che vive nel tratto digerente.

I vibrioni sono generalmente marini.

Gli azotobatteri vivono nel terreno.

Le Clamidie dipendono completamente dal loro ospite per l’ATP. Il tracoma, la principale

causa della cecità nel mondo è causato da un ceppo di Clamidia.

Le Clamidie trasmesse per via sessuale sono la causa dell’infiammazione pelvica nelle donne.

I Cianobatteri vivono negli stagni nelle piscine.

EUBATTERI CON PARETI GRAM- POSITIVO

Gli Attinomiceti numerosi antibiotici, derivano da loro.

Gli streptococchi si trovano nella bocca e nel tratto intestinale dell’uomo. Provocano il mal di

gola, la carie dentale e una forma di polmonite.

Gli stafilococchi vivono normalmente nel naso e sulla pelle. Essi sono opportunisti, cioè

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causano malattie solo se il sistema immunitario è depresso.

I Clostridi sono anaerobi. Provocano il botulismo, una forma di avvelenamento alimentare

spesso letale, causata da cibi in scatola mal sterilizzati.

Le endospore resistenti al calore crescono e producono la tossina tra le più potenti

conosciute.

CAPITOLO 39

CONTROLLO NERVOSO: I NEURONI

DOMANDA: DESCRIVERE LA STRUTTURA DELLE CELLULE DEL TESSUTO NERVOSO E LE

MODALITA’ DEL TRASPORTO DELL’INFORMAZIONE TRAMITE GLI IMPULSI ELETTRICI

Un tessuto consiste in un gruppo di cellule con caratteristiche simili che si associano per

assolvere una o più funzioni. I tessuti sono classificati in: epiteliale, connettivo, muscolare

e nervoso che è composto da neuroni e cellule gliali.

I neuroni sono cellule specializzate nella conduzione elettrochimica dell’impulso nervoso o

potenziale d’azione.

Le cellule gliali sono di tre tipi: microgliali, astrociti, ed oligodendrociti, che nutrono i

neuroni e lo isolano per aumentare la velocità di trasmissione.

Le cellule microgliali sono fagocitarie rimuovono i detriti cellulari.

Gli astrociti sono a forma di stella, alcune sono fagocitarie altre partecipano alla regolazione

della concentrazione degli ioni potassio nei fluidi extracellulari dei tessuti nervosi.

Gli oligodendrociti circondano i neuroni del SNC formando una guaina isolante intorno ad

essi, costituita da mielina una sostanza lipidica e biancastra molto isolante elettricamente che

permette una maggior velocità di trasmissione degli impulsi nervosi. Nella sclerosi multipla, la

mielina si deteriora ad intervalli irregolari lungo gli assoni ed è rimpiazzata da tessuto

cicatriziale. Tale deterioramento influisce sulla conduzione dell’impulso nervoso, e chi ne è

vittima accusa perdita di coordinazione, tremori ed una paralisi completa o parziale di alcune

parti del corpo.

Il neurone è l’unità funzionale del sistema nervoso. E’ composto da un corpo cellulare, i

dendriti ed un assone.

Dal corpo cellulare o pirenoforo contenente il nucleo originano due prolungamenti

citoplasmatici i dendriti da un lato e un singolo assone dal lato opposto.

I dendriti sono corti e specializzati nella ricezione di stimoli e nell’invio di messaggi al corpo

cellulare sotto forma di segnali elettrici.

L’assone può essere più lungo di un metro. Si può ramificare in diramazioni chiamati assoni

collaterali. La sua funzione è quella di condurre l’impulso nervoso verso un altro neurone o a

organi effettori come ghiandole o muscoli, attraverso giunzioni specializzate dette sinapsi. Alla

sua terminazione distale l’assone si divide in un certo numero di rami terminali ciascuno dei

quali si conclude con una terminazione sinaptica dalle quali vengono rilasciati i

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neurotrasmettitori, molecole che trasmettono il segnale, sono messaggeri chimici.

In genere l’assone è rivestito da mielina, prodotta dalle cellule di Schwann (un tipo di cellula

gliali).

Queste cellule avvolgono l’assone in più strati formando una guaina mielinica che non è

continua, ma regolarmente interrotta da punti scoperti i nodi di Ranvier. Migliaia di assoni

tenuti insieme da tessuto connettivo formano il nervo. All’interno del SNC gli assoni vengono

definiti tratti o vie al di fuori del SNC i corpi cellulari dei neuroni sono raggruppati in ammassi

chiamati gangli.

Agli stimoli, cioè i cambiamenti interni/esterni percepiti dall’organismo i neuroni forniscono le

risposte strutturate in quattro fasi: ricezione, trasmissione, integrazione ed azione.

La ricezione, è il processo di rilevamento di uno stimolo svolto dai neuroni e dagli organi di

senso specializzati come occhi e orecchie.

La trasmissione è il processo d’invio del messaggio all’interno di un neurone, trasmesso da

un recettore al sistema nervoso centrale (SNC) che è costituito dall’encefalo e dal midollo

spinale.

I neuroni che trasmettono l’informazione sono chiamati afferenti.

L’integrazione comprende lo smistamento e l’interpretazione delle informazioni sensoriali che

arrivano e la determinazione delle risposte appropriate. I messaggi nervosi sono trasmessi dal

(SNC) attraverso i neuroni efferenti agli effettori (muscoli o ghiandole). I recettori sensoriali,

i neuroni afferenti ed efferenti sono parte del sistema nervoso periferico (SNP).

I neuroni trasmettono informazioni utilizzando segnali elettrici. La maggior parte delle cellule

animali ha un differente potenziale elettrico ai due lati della membrana plasmatica. Si dice che

la membrana plasmatica è polarizzata elettricamente intendendo che un lato o polo, ha una

carica differente rispetto all’altro. Questa differenza di carica elettrica ai due lati della

membrana è chiamato potenziale di membrana o potenziale a riposo, che si misura in

millivolt (mV). 1mV equivale a un millesimo di volt. Il voltaggio è quella forza che permette il

movimento di particelle cariche tra due punti.

I neuroni hanno un potenziale a riposo di circa 70 mV che viene espresso come –70 mV, dato

che la superficie interna della membrana plasmatica è elettronegativa rispetto ai fluidi

interstiziali.

Qual è la genesi del potenziale di membrana?

In un neurone a riposo c’è un leggero eccesso di ioni positivi all’esterno e un eccesso di ioni

negativi all’interno.

La concentrazione degli ioni K+ dentro è circa dieci volte maggiore rispetto a quella al di fuori

della cellula. Quella degli ioni Na+ è circa dieci volte maggiore fuori piuttosto che all’interno

della cellula.

Questa distribuzione degli ioni ai due lati della membrana è possibile grazie: all’azione di

pompe ioniche, sodio-potassio che ad ogni ciclo trasportano 3 ioni sodio all’esterno

e 2 ioni potassio all’interno contro il loro gradiente di concentrazione.

Quindi spendendo energia alla diffusione passiva attraverso proteine di membrana che formano

canali ionici selettivi cioè permettono il passaggio solo di un tipo di ione.

Le proteine costituenti il canale possono avere alcune regioni caricate elettricamente che

funzionano come porte. Quando sono aperte il canale è attivo, quando sono chiuse , gli ioni

non possono attraversare la membrana.

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I neuroni hanno tre tipi di canali ionici: canali ionici passivi, voltaggio-dipendenti,

chemio-dipendenti.

I Canali ionici passivi permettono il passaggio di un tipo specifico di ione come il Na+ K+ Cl-

. In genere questi canali sono sempre aperti fluiscono seguendo il loro gradiente di

concentrazione.

I Voltaggio-dipendenti sono mantenuti chiusi da una porta che si apre in risposta ad un

cambiamento di voltaggio.

I Chemio-dipendenti si trovano principalmente sui dendriti e corpi cellulari.

Il canale ionico passivo più diffuso nelle membrane plasmatiche è quello per il potassio, ed i

neuroni sono più permeabili al potassio che agli altri ioni. Gli ioni sodio sono trasportati

attivamente fuori dal neurone, ma non possono rientrare facilmente; gli ioni potassio

trasportati all’interno diffondono più facilmente all’esterno. La pompa sodio-potassio

mantiene una concentrazione di ioni potassio maggiore all’interno della cellula rispetto

all’esterno.

Gli ioni potassio diffondono all’esterno attraverso i canali passivi seguendo il loro gradiente di

concentrazione. Grazie a questo efflusso di cariche positive verso l’esterno, la cellula diviene

relativamente elettronegativa. Il potenziale di equilibrio si ottiene quando la concentrazione

degli ioni potassio K+ che entrano nella cellula eguaglia quelli che da essa escono. A questo

punto si è formato un potenziale a riposo di circa –70mV tra i due lati della membrana.

Se uno stimolo elettrico, chimico o meccanico è forte, può alterare il potenziale a riposo

aumentando la permeabilità al sodio dando vita al potenziale d’azione che viaggia in modo

molto rapido lungo l’assone verso il terminale sinaptico. Quando il voltaggio raggiunge il livello

di soglia a –55mV e lo supera le porte dei canali voltaggio-dipendenti del sodio si aprono e gli

ioni sodio diffondono all’interno della cellula muovendosi da un distretto ad alta concentrazione

ad uno a bassa concentrazione. Quando il potenziale d’azione viene innescato la membrana del

neurone rapidamente raggiunge il valore di zero e lo supera fino a +35mV o più raggiungendo

il picco. La depolarizzazione di membrana in un area induce l’apertura di canali ionici

voltaggio-dipendenti adiacenti determinando un’onda di depolarizzazione che viaggia lungo

tutta la lunghezza dell’assone. Quando il potenziale d’azione si è spostato di alcuni mm lungo

l’assone, il punto della membrana sopra il quale è appena passato si ri-polarizza.

Successivamente le porte del sodio si chiudono e la membrana ridiventa impermeabile al sodio.

Nei canali del potassio si apre la porta che permette agli ioni potassio di uscire dal neurone.

Questa riduzione di ioni potassio riporta il lato interno della membrana al suo valore

relativamente negativo, per cui la membrana risulta ri-polarizzata. Il meccanismo di

depolarizzazione e ri-polarizzazione può avvenire in meno di un millisecondo. La

ridistribuzione del sodio e del potassio verso i livelli normali di concentrazione richiede tempi

più lunghi. Le condizioni di riposo vengono ripristinate solo quando la pompa sodio-potassio ha

attivamente trasportato all’esterno della cellula l’eccesso di sodio.

Durante il periodo di depolarizzazione la membrana è in uno stato di refrattarietà assoluta non

può trasmettere nessun altro potenziale d’azione dovuto al fatto che i canali del sodio

voltaggio-dipendenti sono inattivati. Quando un numero sufficiente di canali del sodio sono

stati riportati allo stato iniziale, il neurone entra in uno stato di refrattarietà relativa.

Durante questo periodo l’assone può trasmettere impulsi. La velocità varia a seconda del tipo

di conduzione. Nella conduzione continua che avviene nei neuroni non mielinizzati, la velocita’

è proporzionale al loro Ø, più è grosso maggiore sarà la velocità perché presentano una

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resistenza minore al flusso di ioni che li attraversa.

Nella conduzione saltatoria, la mielina isola elettricamente l’assone in maniera totale in tutti i

suoi punti tranne nei nodi di Ranvier, che infatti non sono mielinizzati. I canali ionici voltaggio-

dipendenti per il sodio e potassio, sono concentrati in questi punti. Il movimento degli ioni da e

per la cellula avviene solo in corrispondenza dei nodi. Il potenziale d’azione salta da un nodo

all’altro. La sua velocità aumenta di 50 volte rispetto all’assone non mielinizzato, in più richiede

meno energia perché la corrente fluisce solo a livello dei nodi e quindi minor spostamento degli

ioni sodio-potassio, ciò significa che la pompa deve consumare meno ATP per ristabilire le

condizioni di riposo dopo che l’impulso è passato.

I neuroni seguono la legge del tutto o nulla, perché o trasmettono un potenziale d’azione

oppure non lo fanno. Le differenze nel livello di intensità delle sensazioni percepite, dipende dal

numero di neuroni stimolati e dalla loro frequenza di scarica. Nel caso di una bruciatura,

maggiore è il numero di recettori dolorifici stimolati, maggiore sarà il numero di neuroni che

vengono depolarizzati.

L’aumento o la diminuzione di eccitabilità dei neuroni è influenzata da alcune sostanze che

rendono la membrana più o meno permeabile al sodio. Esempio: gli ioni calcio si legano alle

proteine di membrana che costituiscono i canali del sodio e grazie alla loro carica positiva

influenzano il funzionamento dei canali aumentando il voltaggio necessario per l’apertura delle

porte. Quando nella cellula c’è un eccesso di ioni calcio, i neuroni diventano meno eccitabili e

più difficilmente generano potenziali d’azione, quando c’è una carenza le porte dei canali ionici

per il sodio non si chiudono mai completamente dopo il passaggio del potenziale d’azione. Il

risultato è che gli ioni sodio penetrano nella cellula rendendo meno negativo il suo potenziale e

portando il neurone vicino alla soglia. Nei muscoli innervati da questi neuroni, si generano degli

spasmi detti contrazioni tetaniche. Molti narcotici ed anestetici bloccano la conduzione nervosa

come la cocaina, novocaina e lidocaina che influenzano l’attività dei canali voltaggio-

dipendente per il sodio diminuendo la permeabilità della membrana a questo ione. L’eccitabilità

può essere depressa non facendo trasmettere impulsi ai neuroni nella zona anestetizzata.

Abbiamo detto che i neuroni comunicano con le altre cellule attraverso sinapsi. La sinapsi tra

un neurone ed una cellula muscolare è detta giunzione neuromuscolare o placca motrice. I

segnali che attraversano una sinapsi possono essere elettrici o chimici. Nelle sinapsi

elettriche i neuroni pre e post-sinaptici sono molto vicini tra loro (entro 2 nm (nanometri 10¯9

metri) e tra le loro membrane si formano le giunzioni comunicanti collegate tramite una

proteina canale. Inoltre le sinapsi elettriche permettono il passaggio diretto di ioni da una

cellula all’altra così l’impulso viene trasmesso molto più rapidamente.

La maggior parte delle sinapsi sono chimiche, dove le cellule pre e post-sinaptico sono

separate da uno spazio sinaptico largo più di 20 nm. Quando il potenziale d’azione raggiunge

un terminale assonico, non riesce a superare lo spazio, per cui il segnale elettrico deve essere

trasformato in segnale chimico attraverso i neurotrasmettitori, cioè sostanze chimiche che

possono portare al di là dello spazio sinaptico il segnale nervoso. Le sostanze che si pensa

possano funzionare da neurotrasmettitori sono più di 40. Tra cui: l’Acetilcolina rilasciata dai

neuroni motori attiva la contrazione muscolare. Le cellule che rilasciano questo

neurotrasmettitore sono detti neuroni colinergici.

Le amine biogene o catecolamine, di cui fanno parte la noradrenalina (rilasciata dai

neuroni adrenergici), serotonina, dopamina, influenzano lo stato d’animo, una loro

alterazione può legarsi a gravi disturbi mentali tra cui la depressione, il deficit di attenzione, e

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la schizofrenia. I farmaci antidepressivi che influenzano lo stato d’animo, agiscono alterando il

livello di amino biogene nel cervello.

L’acido gamma-aminobutirrico (GABA) è un aminoacido che ha funzione inibitoria nel

cervello. La sua azione è amplificata da alcuni farmaci come i barbiturici utilizzati nel

trattamento dell’ansia.

Gli oppioidi come encefalina e beta-endorfina bloccano la trasmissione del dolore.

L’Acetilcolina, le amine biogene, l’acido gamma-aminobutirrico (GABA) sono neurotrasmettitori

dal basso peso molecolare e sono prodotti nei terminali sinaptici. I mitocondri forniscono l’ATP

necessario per questa sintesi. Gli enzimi richiesti per la loro biosintesi sono sintetizzati nel

corpo cellulare e trasportati lungo l’assone verso i terminali sinaptici.

I neurotrasmettitori con maggiore peso molecolare come gli oppioidi sono sintetizzati

direttamente nel corpo cellulare e trasportati poi ai terminali sinaptici.

I neurotrasmettitori sono accumulati nei terminali sinaptici in piccole vescicole circondate da

membrana dette vescicole sinaptiche. Ogni volta che un potenziale d’azione raggiunge il

terminale sinaptico, il cambiamento di potenziale che ne risulta attiva dei canali ionici per il

calcio e questi entrano nel terminale sinaptico promuovendo la fusione tra le vescicole

sinaptiche e la membrana e tramite esocitosi il neurotrasmettitore viene rilasciato nello spazio

sinaptico.

I neurotrasmettitori diffondono attraverso lo spazio sinaptico e si combinano con specifici

recettori posizionati sul corpo cellulare o sui dendriti del neurone postsinaptico. Questi recettori

sono dei canali ionici chemio-dipendenti chiamati canali ionici attivati da ligando. Quando il

neurotrasmettitore, cioè il ligando si combina con il recettore, avviene l’apertura del canale

ionico.

Ad esempio il recettore per l’acetilcolina è un canale permeabile sia al Na+ che al K+

La serotonina opera attraverso un meccanismo differente induce la formazione di un secondo

messaggero, che attiva una proteina G, che attiva un enzima l’adenilato ciclasi, la cui

funzione è quella di convertire l’ATP in AMP ciclico (cAMP) che agisce da secondo messaggero.

La funzione dell’AMP ciclico è quella di attivare una protein chinasi che a sua volta fosforila una

proteina che induce la chiusura dei canali K+

Le amine biogene vengono attivamente trasportate all’interno dei terminali pre-sinaptici

mediante un processo dal nome ricaptazione (reuptake). Molti farmaci agiscono

selettivamente inibendo il reuptake di un neurotrasmettitore. Molti antidepressivi agiscono

inibendo il reuptake della serotonina, inducendo un aumento della sua concentrazione nello

spazio sinaptico.

I recettori dei neurotrasmettitori inviano segnali eccitatori o inibitori. L’acetilcolina eccita le

cellule muscolari scheletriche inducendo l’apertura di canali ionici per il sodio. Ne consegue una

maggiore permeabilità delle fibre muscolari al sodio che porta alla contrazione muscolare. Al

contrario l’acetilcolina ha un effetto inibitorio sul muscolo cardiaco ed induce una riduzione

della frequenza cardiaca.

Quando i neurotrasmettitori si combinano con i recettori direttamente o indirettamente

influenzano lo stato dei canali ionici e il potenziale di membrana può depolarizzare o

iperpolarizzare.

Quando il cambiamento del potenziale di membrana è tale da portare il neurone vicino al livello

di soglia è detto potenziale post-sinaptico eccitatorio (EPSP).

Il potenziale post-sinaptico inibitorio (IPSP) si ha quando avviene una

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iperpolarizzazione della membrana post-sinaptica. Questo processo allontana il neurone dal

potenziale di soglia. (-80mV)

Ogni EPSP e IPSP è una risposta locale nella membrana di un neurone. Tali risposte sono

chiamate potenziali graduali, a causa della loro variazione in ampiezza che dipende dalla

forza dello stimolo applicato. Un EPSP in genere è troppo piccolo per generare da solo un

potenziale d’azione. Il suo effetto è detto subliminale cioè sotto il livello di soglia. Il

meccanismo di integrazione neurale è detto sommazione, cioè il fenomeno di addizione e

sottrazione dei segnali che raggiungono la cellula.

La sommazione temporale avviene quando degli stimoli ripetuti inducono lo sviluppo di

nuovi EPSP prima che i precedenti EPSP si siano esauriti. Attraverso la sommazione di molti

EPSP il neurone può essere portato al livello di soglia.

Ciascun neurone può creare sinapsi con centinaia di altri neuroni. Nei vertebrati più del 90%

dei neuroni è localizzato nel SNC e come risultato la maggior parte dei fenomeni di

integrazione avviene all’interno del cervello e del midollo spinale.

Il SNC contiene milioni di neuroni organizzati in reti neurali separate, e all’interno di ciascuna

rete i neuroni sono disposti a formare specifici circuiti neurali come la convergenza e la

divergenza.

Nella convergenza l’attività di un singolo neurone è controllata dai segnali che convergono su

esso inviati da due o più neuroni pre-sinaptici. La convergenza è un importante meccanismo

mediante il quale il SNC può integrare tutte le informazioni, di diversa provenienza, che lo

raggiungono.

Nella divergenza un singolo neurone pre-sinaptico è in grado di stimolare molti neuroni

postsinaptici.

Ciascun neurone pre-sinaptico può ramificare e fare sinapsi con più di 25000 neuroni

postsinaptici diversi. Un singolo neurone che trasmette un impulso dall’area motoria del

cervello può fare sinapsi con centinaia di interneuroni del midollo spinale e ognuno di questi

può a sua volta divergere così che centinaia di fibre muscolari possano essere stimolate.

Il circuito riverberante molto importante nel mantenimento del ritmo respiratorio, è

costituito da un assone collaterale del secondo neurone che torna a prendere contatto con i

propri dendriti, e questo permette una autostimolazione da parte del neurone stesso.

CAPITOLO 40

REGOLAZIONE NERVOSA: IL SISTEMA NERVOSO

Il sistema nervoso è composto da milioni di neuroni che lavorano in modo coordinato per

produrre delle risposte adeguate agli stimoli provenienti dal mondo esterno. Il sistema nervoso

dell’uomo si compone di due parti: il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema nervoso

periferico (SNP).

Il sistema nervoso centrale comprende l’encefalo (racchiuso nella scatola cranica) che

prosegue con il midollo spinale (racchiuso nel canale vertebrale all’interno della colonna

vertebrale) ed è formato principalmente da neuroni associativi. Ricordiamo che il sistema

nervoso è composto da neuroni sensoriali o afferenti che ricevono gli stimoli dai recettori, da

neuroni associativi che elaborano il segnale proveniente da più neuroni sensoriali per attivare

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una risposta, e neuroni motori o efferenti che ricevono la risposta e la trasmettono agli

effettori.

I tre strati di tessuto connettivo, che proteggono sia l’encefalo che il midollo sono le meningi.

Lo strato più esterno e resistente è detto dura madre, quello intermedio è detto aracnoide,

mentre adesso al tessuto cerebrale e del midollo spinale si trova la pia madre. La meningite

è una malattia nella quale questi tre strati vengono infettati e risultano infiammati.

Il compito del SNC è quello di identificare, interpretare e integrare gli impulsi che arrivano dai

neuroni sensoriali, generare una risposta adeguata e trasmetterla ai neuroni efferenti.

Nelle fasi precoci dell’embriogenesi, l’encefalo e il midollo spinale si originano da un singolo

tubo di tessuto, il tubo neurale. Nella parte anteriore il tubo si sviluppa nell’encefalo.

Posteriormente da luogo al midollo spinale. Quando l’encefalo inizia a differenziarsi divengono

evidenti tre rigonfiamenti: il prosencefalo, il mesencefalo e il rombencefalo.

Il rombencefalo si suddivide per formare il metencefalo e il mielencefalo.

Il metencefalo darà luogo al cervelletto e al ponte. Il cervelletto coordina l’attività

muscolare ed è responsabile del tono muscolare della postura e dell’equilibrio. Una lesione o la

rimozione del cervelletto comportano una insufficiente coordinazione motoria. Il ponte collega

varie parti dell’encefalo.

Il mielencefalo darà luogo al midollo che contiene i centri vitali per l’organismo, che regolano

la respirazione il battito cardiaco e la pressione sanguigna, e anche altri centri che controllano i

riflessi e coordinano la deglutizione il tossire e vomitare. Il midollo il ponte e il mesencefalo

costituiscono il tronco encefalico.

Il mesencefalo è formato dai collicoli superiori, centri implicati nella genesi di riflessi visivi

come ad esempio la contrazione delle pupille, e dai collicoli inferiori nei quali si formano

alcuni riflessi uditivi.

Il prosencefalo si suddivide per formare il telencefalo e il diencefalo.

Il telencefalo si sviluppa nel cervello, e da luogo ai bulbi olfattivi, strutture importanti per il

senso chimico dell’olfatto, il senso più sviluppato dei vertebrati.

Il diencefalo si sviluppa nel talamo e nell’ipotalamo.

L’encefalo è formato dal cervello, che avvolge al centro il corpo calloso, il talamo e l’ipotalamo

che si prolunga nell’ipofisi.

Il cervello è diviso in due emisferi cerebrali il destro e il sinistro fisicamente collegati tra

loro dal corpo calloso. Un solco centrale attraversa trasversalmente ogni emisfero. Questo

solco separa il lobo frontale da quello parietale. Le aree motorie primarie nel lobo frontale

controllano i muscoli scheletrici. Le aree sensoriali primarie nel lobo parietale ricevono

informazioni riguardanti il caldo, il freddo, il tatto e la pressione degli organi di senso nella

pelle.

Il cervello è composto da materia bianca costituita da assoni mielinizzati, la materia grigia

è presente nella corteccia cerebrale che costituisce lo strato superficiale del cervello.

La sostanza grigia è composta dai corpi cellulari e dai dendriti dei neuroni. In tutti i

mammiferi è presente il neopallio, un tipo di corteccia cerebrale nella quale si integrano

funzioni sensoriali e motorie ed è responsabile di funzioni cognitive superiori come ad esempio

l’apprendimento.

Nell’uomo il 90% della corteccia cerebrale è costituito da neopallio suddiviso in sei strati

cellulari sovrapposti. La maggior parte dei fenomeni di integrazione che avvengono nel sistema

nervoso ha luogo nella corteccia cerebrale. Esempio: sonno e veglia, emozioni e elaborazioni

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delle informazioni.

La corteccia cerebrale umana è divisibile funzionalmente in tre aree: le aree sensoriali che

ricevono i segnali che provengono dagli organi si senso, le aree motorie che controllano i

movimenti volontari, le aree associative che mettono in connessione le aree sensoriali e

motorie e che sono responsabili delle attività cognitive superiori come il pensiero,

l’apprendimento, il linguaggio, la memoria, il giudizio, e la personalità. Inoltre aree come i lobi

occipitali sono la sede dei centri della vita, quelli acustici sono nel temporale, l’olfattiva e

gustativa nell’ippocampo.

Il talamo è il centro di smistamento dei messaggi motori e sensoriali. Tutti i messaggi

sensoriali (tranne quelli olfattivi), passano attraverso il talamo prima di essere smistati alle

aree sensoriali del cervello.

L’ipotalamo contiene i centri olfattivi, controlla le funzioni autonome collegando il sistema

nervoso con quello endocrino. Controlla la temperatura, l’appetito e l’equilibrio dei fluidi. E’

coinvolto in alcune risposte emozionali e sessuali.

Il midollo spinale è una via di transito per gli impulsi sensoriali, dalla periferia verso

l’encefalo e per gli impulsi motori dall’encefalo verso la periferia. Dal midollo spinale emergono

31 paia di nervi spinali ognuno provvisto di due radici. Il midollo spinale tubulare si estende

dalla base dell’encefalo fino a livello della seconda vertebra lombare. E’ composto da un canale

centrale circondato da un’area composta da materia grigia a forma di H. La materia grigia è

composta da grandi ammassi di corpi cellulari, dendriti, assoni non mielinizzati, cellule gliali e

vasi sanguigni ed è suddivisa in sezioni dette corna. La materia bianca che si trova

all’esterno della materia grigia, è costituita da assoni mielinizzati raccolti in fasci detti tratti o

vie. Il midollo spinale controlla molte attività riflesse.

Un’azione riflessa è una risposta motoria piuttosto fissa nella sua esecuzione che viene

prodotta in risposta ad un semplice stimolo. La risposta è prevedibile ed automatica, non

necessitando di pensiero cosciente. Molte attività corporee, come ad esempio il respiro, sono

regolate da azioni riflesse.

Nel riflesso di evitamento per ottenere una risposta ad uno stimolo serve un circuito

composto da tre soli neuroni. Supponiamo di toccare con una mano una superficie calda: in

modo istantaneo e prima ancora di renderci conto in modo cosciente la mano si ritrae. Qui il

messaggio è trasferito dal neurone sensoriale ad un neurone associativo ed infine ad un

neurone motorio che convoglia l’informazione al gruppo di muscoli che rispondono

contraendosi e allontanando la mano dalla fonte di calore. Il midollo spinale è plastico ed è

possibile modulare le sue risposte.

L’attività cerebrale può essere studiata misurando e registrando i potenziali elettrici, anche

detti onde cerebrali generati da migliaia di neuroni. Questa attività si misura attraverso un

Elettroencefalogramma (EEG). Le onde alfa si presentano con frequenza di circa 10 al

secondo e si presentano in condizioni di quiete e con gli occhi chiusi, le onde beta compaiono

con gli occhi aperti sono più rapide e irregolari. Durante il sonno il cervello emette onde con

minor frequenza e ampiezza maggiore e sono le onde delta. Pazienti epilettici mostrano un

profilo anormale di onde. La localizzazione di un tumore cerebrale oppure la sede di un danno

causata da un colpo alla testa a volte possono essere identificati rilevando onde anomale.

Il sistema reticolare attivante (SRA) è definito come il sistema che induce il risveglio,

riceve i messaggi dai neuroni del midollo spinale e di molte altre parti del sistema nervoso e

comunica con la corteccia cerebrale tramite circuiti neurali. L’SRA sopporta la coscienza un

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sistema cognitivo che produce consapevolezza delle sensazioni provate e delle memorie

immagazzinate. Quando l’SRA bombarda la corteccia cerebrale con una grande quantità di

stimoli ci si sente vigili e capaci di focalizzare l’attenzione su pensieri specifici. Quando l’SRA

viene danneggiato il paziente passa in uno stato di coma profondo permanente.

Il sonno è una alterazione dello stato cosciente durante il quale si manifesta una ridotta

attività elettrica della corteccia cerebrale e dal quale una persona può essere risvegliata.

Vengono identificati due stadi all’interno del sonno: quello NON REM e quello REM. REM

significa movimenti rapidi degli occhi. Durante il sonno NON REM anche detto sonno normale il

tasso metabolico diminuisce, il respiro rallenta e la pressione corporea diminuisce. Le onde in

questa fase sono le Delta. Una persona che sta dormendo entra in fase REM circa ogni 90’.

In questo stadio che occupa circa un quarto del tempo totale speso per dormire, gli occhi si

muovono piuttosto rapidamente sotto le palpebre che sono chiuse, ma che oscillano. Le onde

cerebrali in questa fase sono le beta. Tutte le persone sognano specialmente nella fase

REM.

Il sistema libico è un sistema attuativo dell’encefalo.

Il sistema libico influenza la componente emotiva dell’apprendimento, valuta le ricompense ed

è importante nella motivazione. La stimolazione comporta un aumento dell’attività generale,

cosa che può indurre un comportamento aggressivo o livelli estremi di rabbia.

L’apprendimento è una modificazione duratura del comportamento che si verifica a seguito

dell’esperienza. Affinché l’apprendimento possa avvenire si devono ricordare le esperienze

fatte. La memoria è la capacità di archiviare informazioni e recuperarle all’occorrenza. Sono

distinguibili due tipi di memoria: quella a breve e a lungo termine. Quella a breve ci

permette di riportare alla mente l’informazione solo per alcuni minuti, ad esempio un numero

di telefono memorizzato velocemente; affinché venga consolidata come memoria a lungo

termine sono necessari alcuni minuti. Se una persona subisce una commozione cerebrale, la

memoria di ciò che è avvenuto immediatamente prima andrebbe persa. Questo fenomeno è

noto come amnesia retrograda. Quando ci si dimentica qualcosa, non significa che la

memoria è stata persa, ma bensì che la si è cercata in modo inefficace.

Un metodo è quello di formare associazioni tra le informazioni. L’immagazzinamento della

memoria a lungo termine può richiedere l’attivazione di un gene e la formazione di nuovi

collegamenti sinaptici funzionali a lungo termine noti come potenziamento a lungo termine

(PLT).

La sensibilizzazione è un fenomeno che si manifesta con un aumento della risposta a seguito

della presentazione di uno stimolo non piacevole.

Il condizionamento classico è la forma di apprendimento nella quale viene formata una

associazione tra alcune risposte comportamentali normalmente espresse in presenza di uno

stimolo normale, detto stimolo incondizionato (SI), e un nuovo stimolo detto condizionato

(SC). L’animale impara l’associazione ed in seguito la presentazione dello stimolo condizionato

(SC) induce l’esecuzione della risposta comportamentale che adesso viene detta condizionata

(RC).

L’effetto dell’esperienza cioè l’abilità di cambiare in risposta a stimoli ambientali dimostra

l’esistenza della plasticità neuronale. La stimolazione precoce è un fattore importante per lo

sviluppo sensoriale, motorio ed intellettivo dei bambini, ed è importante anche in età avanzata

una continua stimolazione ambientale per mantenere lo status della corteccia cerebrale.

Il sistema nervoso periferico è costituito dai recettori sensoriali (ad esempio tattocettori,

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recettori visivi e acustici), e dai nervi afferenti ed efferenti tra cui quelli craniali e spinali. Le

sue funzioni sono quelle di conduzione dei segnali. Questi sono trasportati dal midollo spinale

verso gli organi periferici e viceversa. Il SNP si può dividere in: somatico e autonomo.

Il somatico comprende i recettori che reagiscono ai cambiamenti esterni e agisce sulla

muscolatura volontaria. Dal cervello emergono 12 paia di nervi craniali che trasmettono

informazioni che riguardano i sensi dell’olfatto, vista, udito e gusto a partire da specifici

recettori sensoriali. Emergono inoltre dalla corda spinale 31 paia di nervi spinali: 8 paia

cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali e 1 paio coccigei.

L’autonomo, aiuta a mantenere l’omeostasi nell’ambiente interno e agisce sulla muscolatura

involontaria e sulle ghiandole. I neuroni afferenti e efferenti del sistema autonomo sono

localizzati nei nervi craniali o spinali. La porzione efferente del sistema autonomo si suddivide

nei sistemi simpatico e parasimpatico, entrambi innervano gli stessi organi, ma producono

effetti opposti.

Il simpatico prepara il corpo a situazioni d’emergenza come accelerare il battito cardiaco e la

frequenza respiratoria, provoca la vasocostrizione, mobilita le riserve di glicogeno nel fegato.

Il parasimpatico rallenta il battito cardiaco, induce la vasodilatazione e stimola l’attività

dell’apparato digerente. Molti farmaci hanno effetti sul sistema nervoso. Il 25% di tutti i

farmaci prescritti è assunto al fine di alterare le condizioni psicologiche e nella maggior parte

dei casi tutti i farmaci di cui si abusa hanno effetti sull’umore. L’assunzione abituale può dar

luogo alla dipendenza psicologica, inducono alla tolleranza (assuefazione) dopo numerosi

giorni o settimane. Ciò significa che la risposta al farmaco diminuisce e sono necessarie

maggiori quantità per ottenere l’effetto desiderato.

La dipendenza da farmaco è un problema sociale. I meccanismi neurofisiologici per la

dipendenza da farmaci coinvolgono una rete di neuroni che rilasciano dopamina

(neurotrasmettitori appartenenti alla classe delle amine-biogene che influenzano lo stato

d’animo).

EFFETTI DI ALCUNI FARMACI USATI COMUNEMENTE

Ansiolitici

EFFETTO SULL’UMORE: sedativo inducono al sonno.

AZIONE SUL CORPO: si legano al complesso del Recettore GABA i canali del cloro si aprono

causando la iperpolarizzazione.

EFFETTO COLLATERALE: sonnolenza.

Antipsicotici

EFFETTO SULL’UMORE: alleviano la schizofrenia, riducono i comportamenti aggressivi.

AZIONE SUL CORPO: bloccano i recettori della dopamina.

EFFETTO COLLATERALE: spasmi muscolari, andatura strascicata.

Anfetamine

EFFETTO SULL’UMORE: euforia.

AZIONE SUL CORPO: stimolano i rilascio di dopamina, dilatano le pupille, e aumentano il

ritmo cardiaco e la pressione sanguigna.

Page 62: Riassunto Solomon (1)

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EFFETTO COLLATERALE: tolleranza, possibile dipendenza.

Analgesici narcotici

EFFETTO SULL’UMORE: euforia, effetto sedativo, alleviano il dolore.

AZIONE SUL CORPO: imitano le azioni delle endorfine, si legano ai recettori dei narcotici.

EFFETTO COLLATERALE: reprimono la respirazione, restringono le pupille, alterano la

coordinazione, tolleranza dipendenza psicologica, assuefazione, convulsioni, morte per

sovradosaggi.

Alcool

EFFETTO SULL’UMORE: euforia, rilassamento, libera dalle inibizioni.

AZIONE SUL CORPO: deprime il SNC, altera la vista, la capacità di giudizio, allunga il tempo

di reazione.

EFFETTO COLLATERALE: dipendenza fisica, danni al pancreas, cirrosi epatica e danni

cerebrali.

CAPITOLO 41

RECETTORI SENSORIALI

I recettori sensoriali sono strutture che percepiscono informazioni circa i cambiamenti

dell’ambiente interno o esterno. Sono formati da terminazioni nervose o da cellule

specializzate, in stretto contatto con i neuroni. Questi recettori trasducono (convertono)

l’energia degli stimoli in segnali elettrici, che rappresentano il valore informativo del sistema

nervoso.

I recettori sensoriali insieme con altri tipi di cellule costituiscono la complessa famiglia degli

organi di senso: vista, udito, olfatto, gusto e tatto, in aggiunta ai 5 sensi, i neurobiologi

riconoscono l’equilibrio come un vero senso.

PRIMA CLASSIFICAZIONE

Gli esterocettori ricevono stimoli dell’ambiente esterno.

I propriocettori sono presenti nelle fibre muscolari, nei tendini, e nelle articolazioni e

permettono di percepire la posizione spaziale degli arti, della testa.

Gli intercettori sono posti all’interno degli organi e sono sensibili alle variazioni di pH,

temperatura corporea e composizione chimica del sangue. Avvertiamo la loro azione quando

percepiamo sensazioni quali sete, fame, nausea, dolore ed orgasmo.

SECONDA CLASSIFICAZIONE

A seconda degli stimoli ai quali rispondono i meccanorecettori rispondono ad una

stimolazione meccanica, tocco, pressione, gravità, stiramento e movimento.

I chemiocettori rispondono a particolari composti chimici.

I fotocettori sono sensibili all’energia luminosa.

I termocettori rispondono al caldo e al freddo.

I recettori sensoriali assorbono diversi tipi di energia e la trasformano (conversione) in

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energia elettrica che serve ad instaurare un potenziale recettoriale, una depolarizzazione o

iperpolarizzazione della membrana.

Ha tre funzioni:

Identifica uno stimolo proveniente dall’ambiente tramite assorbimento di energia;

Converte l’energia dello stimolo in energia elettrica, processo conosciuto come

trasduzione;

Produce un potenziale recettoriale che può essere in grado di trasmettere l’informazione

al SNC tramite un potenziale d’azione.

La nostra abilità a distinguere gli stimoli dipende sia dagli stessi recettori sensoriali, sia dal

cervello, perché le cellule di ogni recettore sono connesse con specifici neuroni posti in

particolari aree cerebrali. Quando il recettore viene stimolato, origina un messaggio

“codificato” composto da potenziali d’azione trasmessi lungo le fibre nervose. Tale messaggio

sarà decodificato dal cervello.

Esempio: la differenza d’intensità sonora, dipende sia dal numero di neuroni che trasmettono i

potenziali d’azione, sia dalla frequenza dei potenziali d’azione trasmessi da ogni singolo

neurone.

Molti recettori non mantengono la stessa frequenza della risposta iniziale alla stimolazione,

anche se quest’ultima rimane della stessa intensità. Con il passare del tempo la frequenza dei

potenziali d’azione dei neuroni sensoriali diminuisce. Viene definita come adattamento

sensoriale. Alcuni recettori come quelli del dolore e del freddo, si adattano così lentamente

che continuano a generare potenziali d’azione per tutta la durata della stimolazione e sono

chiamati recettori tonici.

Altri chiamati recettori fasici, si adattano più rapidamente permettendo di ignorare uno

stimolo ripetitivo spiacevole o poco importante. Quando si indossano dei jeans attillati, i

recettori di pressione avvertono una spiacevole sensazione, presto però gli stessi recettori si

adattano e la sensazione di scomodità sparisce. In modo analogo noi ci adattiamo velocemente

ad odori pungenti che aggrediscono i nostri sensi.

I meccanorecettori sono attivati quando la loro forma viene alterata da una forza che li

comprime o li distende esempio ci avvertono della presenza di cibo nello stomaco, di feci nel

retto, di urina nella vescica e del feto nell’utero. I meccanocettori più semplici sono costituiti da

terminazioni nervose libere nella pelle, sensibili al tocco, alla pressione, ed al dolore. Tre tipi di

meccanocettori hanno terminazioni che sono incapsulate: i corpuscoli di Meissner, di

Ruffini, di Pacini.

I corpuscoli di Meissner sono sensibili al tocco leggero ed alla pressione e si adattano

rapidamente.

I corpuscoli di Ruffini sono sensibili al tocco intenso e continuo e si adattano molto

lentamente.

I corpuscoli di Pacini sono sensibili alla pressione profonda che causa un rapido movimento

nel tessuto. Questo recettore è fasico (dinamico) cioè viene stimolato solo quando si verifica

un movimento del tessuto.

I propriocettori sono meccanocettori che rispondono continuamente alla tensione ed al

movimento dei muscoli e delle articolazioni.

I vertebrati hanno tre tipi di propriocettori: i fusi muscolari, che identificano il movimento

muscolare; gli organi tendinei di Golgi, che identificano lo stiramento dei tendini che legano

i muscoli alle ossa; i recettori articolari che identificano il movimento dei legamenti.

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Sono tutti recettori sensoriali tonici (statici). Il potenziale recettoriale è mantenuto fino al

termine della stimolazione e perciò i potenziali d’azione sono continui. Gli impulsi provenienti

dai propriocettori sono importanti nell’assicurare le contrazioni coordinate di muscoli diversi

che compiono un singolo movimento. Questo organi sono importanti anche nel mantenimento

dell’equilibrio.

L’apparato vestibolare dell’orecchio dei vertebrati è responsabile del mantenimento

dell’equilibrio.

Quando pensiamo all’orecchio, ci riferiamo essenzialmente all’udito. In realtà la sua funzione

nei vertebrati è quella di assicurare l’equilibrio. L’orecchio interno è formato da un complicato

gruppo di sacche e canali, interconnessi, il cosiddetto labirinto, a sua volta composto da un

labirinto membranoso circondato da un labirinto osseo. Il labirinto membranoso consiste di

due camere a forma di sacco, il sacculo e l’otricolo, e di tre canali semicircolari il tutto forma

l’apparato vestibolare. La distruzione di questi organi porta ad una perdita considerevole

dell’equilibrio.

Nell’uomo l’equilibrio dipende, non solo dalle stimolazioni provenienti dagli organi dell’orecchio

interno, ma anche dalla vista e da stimolazioni delle cellule sensibili alla pressione che si

trovano nella pianta del piede.

Il sacculo e l’otricolo sono provvisti di indicatori gravitazionali che sono presenti sotto forma

di piccoli sassolini di carbonato di calcio chiamati otoliti le cui cellule sensoriali sono formate da

un gruppo di cellule pilifere circondate alle loro estremità da una cupola gelatinosa. La

superficie presenta un unico lungo ciglio e diverse stereo ciglia più corte. La forza di gravità

spinge gli otoliti a premere contro le stereo ciglia stimolandole a generare impulsi che sono

trasmessi al cervello. Quando la testa viene fatta oscillare oppure è soggetta ad

un’accelerazione lineare gli otoliti esercitano una pressione sulle stereo ciglia di differenti

cellule, deflettendogli. La deflessione delle ciglia verso il ciglio più lungo depolarizza la

cellula pilifera. La deflessione nella direzione opposta iperpolarizza la cellula. Quindi a seconda

della direzione del movimento le cellule pilifere rilasciano più o meno neurotrasmettitore. Il

cervello interpreta questi messaggi e percepiamo la propria posizione relativa al terreno

indipendentemente dalla posizione della propria testa. L’informazione riguardante i movimenti

rotatori è generata dai tre canali semicircolari. Ogni canale ha al suo interno un fluido che

scorre chiamato endolinfa. In ogni canale si trova un piccolo slargo a forma di bulbo detto

ampolla dentro cui giace un raggruppamento di cellule pilifere chiamato cresta. Dato che i tre

canali giacciono su tre piani differenti, il movimento rotatorio del capo in qualsiasi direzione

causa la stimolazione di almeno uno dei canali. Gli esseri umani sono abituati a spostamenti

orizzontali ma non verticali. Il movimento di una nave in un mare agitato o di un ascensore,

stimola i canali semicircolari in maniera anomala e può causare la sensazione nota come mal di

mare.

I recettori uditivi collocati nella coclea dell’orecchio interno contengono cellule pilifere

meccanocettori che sono sensibili alle onde di pressione.

La coclea è un tubo a forma di spirale che rassomiglia alla conchiglia delle lumache. E’ formata

da tre canali separati tra loro da sottili membrane, il canale vestibolare, il canale timpanico

connessi tra loro all’apice della coclea e sono pieni di un fluido particolare detto perilinfa. Il

canale cocleare è invece riempito con un fluido l’endolinfa e contiene l’organo uditivo vero e

proprio cioè l’organo di Corti.

Le onde sonore presenti nell’aria, sono trasformate in onde di pressione nel fluido cocleare.

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Nell’orecchio umano, le onde sonore passano attraverso il canale uditivo esterno e stimolano la

membrana timpanica o timpano (la membrana che separa l’orecchio esterno dall’orecchio

medio) a vibrare. Le vibrazioni sono trasmesse attraverso l’orecchio medio da tre ossicini, il

martello, l’incudine, e la staffa così chiamati a causa del loro aspetto. Il martello è in contatto

con il timpano e la staffa con la membrana che ricopre l’apertura dell’orecchio interno,

chiamata finestra ovale.

Martello, incudine e staffa agiscono come tre leve con la funzione di amplificare le vibrazioni,

che passano attraverso la finestra ovale e sono trasmesse al fluido del canale vestibolare.

Dato che i liquidi non sono incomprimibili la finestra ovale non è in grado di provocare un

movimento del fluido nel canale vestibolare in assenza di una valvola di scarico. Tale valvola è

detta finestra circolare. L’onda trasmessa esercita una pressione sulle membrane che

separano i tre dotti, si propaga nel canale timpanico e provoca un rigonfiamento della finestra

circolare. I movimenti della membrana basale prodotti dalle vibrazioni provocano lo strofinio

delle stereo ciglia dell’organo di Corti sulla membrana tettoia e questa stimolazione genera un

impulso che giunge al nervo cocleare che trasmette gli impulsi al cervello.

I suoni differiscono in tonalità intensità e qualità. Il tono dipende dalla frequenza delle onde

sonore espresse in hertz. Le alte frequenze sono rilevate dalle cellule pilifere localizzate vicino

alla base della membrana basale, mentre le basse frequenze sono rilevate dalle cellule pilifere

vicino all’apice della membrana basale. Il cervello riconosce una particolare tonalità sonora in

base al gruppo di cellule pilifere che viene stimolato. L’orecchio umano riesce ad interpretare

frequenze sonore tra i 20 e i 20.000 Hz, e suoni compresi tra i 1000 e 4000 Hz, ed inoltre

confrontando l’energia delle onde sonore udibili con quella delle onde luminose visibili, risulta

che il nostro orecchio è dieci volte più sensibile dell’occhio.

I chemiocettori sono associati con i sensi del gusto e dell’olfatto. Ci permettono di rilevare le

sostanze chimiche contenute nel cibo, acqua e aria. Gli organi del gusto nei mammiferi sono

costituiti dalle papille gustative collocate nella bocca e soprattutto sulla superficie della lingua.

Normalmente si riconoscono quattro fondamentali tipi di gusto: dolce, amaro, salato ed

aspro. Il sapore è il risultato della combinazione dei quattro tipi di gusti fondamentali con

l’aggiunta di ulteriori stimoli quali l’odore, l’aspetto e la temperatura del cibo. L’olfatto è una

componente del sapore perché gli odori passano facilmente dalla bocca alla cavità nasale

attraverso le narici interne. Quando si ha il naso congestionato da un raffreddore il cibo sembra

avere poco sapore. Le papille gustative non sono influenzate dal raffreddore, ma il blocco del

canale nasale riduce notevolmente la recezione olfattiva.

Gli odori vengono recepiti a livello dell’epitelio nasale. Negli essere umani l’epitelio olfattivo si

trova nella parete superiore della cavità nasale. Esso contiene circa 100 milioni di cellule

olfattive. L’uomo può rilevare almeno 7 principali gruppi di odori: canfora, muschio, floreale,

menta, etereo, pungente e putrido. Circa 1000 geni codificano per 1000 tipi di recettori

olfattivi. Il 50% dei recettori olfattivi subisce l’adattamento in circa 1 secondo dall’inizio della

stimolazione, quindi anche gli odori più pungenti e sgradevoli possono scomparire dopo solo

pochi minuti.

I termocettori sono sensibili al calore. Negli esseri umani i cambiamenti della temperatura

vengono avvertiti da almeno tre tipi di recettori: i recettori per il freddo, per il caldo e per il

dolore. I termocettori presenti nell’ipotalamo individuano le variazioni interne di temperatura e

ricevono ed integrano le informazioni provenienti dalla superficie corporea. L’ipotalamo,

quindi attiva i meccanismi omeostatici che assicurano il mantenimento di una temperatura

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corporea costante.

I fotocettori utilizzano dei pigmenti (rodopsine) per assorbire la luce. L’energia luminosa, che

stimola una cellula recettoriale fotosensibile contenente questi pigmenti, genera un

cambiamento chimico nelle molecole del pigmento stesso. Come conseguenza, la cellula

recettoriale trasmette un impulso nervoso.

L’OCCHIO

Nell’occhio umano la luce entra attraverso la cornea, viene messa a fuoco dalla lente e

produce un’immagine sulla retina. L’iride regola la quantità di luce che può entrare. Un anello

muscolare liscio che appare blu, verde, grigio o marrone a seconda della quantità e del tipo di

pigmento presente, è composta da due fasci di fibre muscolari antagonisti. Ogni occhio

possiede sei muscoli che permettono il movimento nella sua globalità. I nervi cranici innervano

i muscoli in modo tale da muovere entrambe gli occhi e farli focalizzare sullo stesso punto.

La retina contiene le cellule fotocettrici (bastoncelli e coni): i bastoncelli 125 milioni che

funzionano alla luce debole e formano immagini in bianco e nero, ed i coni 6.5 milioni che

funzionano alla luce intensa e permettono la visione dei colori. La distinzione dei colori dipende

da tre tipi di coni: rossi, verdi e blu. Ognuno contiene un foto pigmento. L’assenza di uno o

più coni porta alla cecità ai colori.

Coni e bastoncelli si trovano nella Fovea. All’esterno della retina si trova lo strato coroide

cellule riempite da un pigmento nero che assorbe la luce eccessiva e previene la formazione di

un riflesso interno che potrebbe distorcere l’immagine. Il rivestimento esterno del bulbo

oculare, chiamato sclera è uno strato spesso che protegge le strutture interne ed aiuta a

mantenere la rigidità del bulbo stesso. Sulla superficie frontale dell’occhio questo strato diventa

più sottile e viene chiamato cornea attraverso la quale la luce penetra. La lente oculare è

una palla elastica e trasparente collocata subito dietro all’iride. Essa devia i raggi luminosi

incidenti e li mette a fuoco sulla retina, aiutata dalla superficie curva della cornea e dalle

proprietà rifrattive dei liquidi all’interno del bulbo oculare. La cavità anteriore tra la cornea e la

lente è riempita da un liquido acquoso, l’umor acqueo.

La cavità posteriore tra la lente e la retina è riempita da un liquido più viscoso, l’umor vitreo.

Entrambi i fluidi sono importanti nel mantenere la forma del bulbo oculare fornendo una

pressione liquida interna. A livello del suo margine anteriore, il coroide è spesso e forma il

corpo ciliare che consiste nei processi ciliari e del muscolo ciliare.

I processi ciliari sono ripiegamenti ghiandolari che secernono l’umor vitreo.

Il muscolo ciliare fornisce all’occhio la possibilità di correggere il fuoco per la visione a breve

ed a lunga distanza cambiando la curvatura della lente. Per focalizzare oggetti vicini, il muscolo

ciliare si contrae e la lente elastica assume una forma rotonda. Per oggetti lontani il muscolo si

rilassa e la lente assume una forma appiattita (ovoidale). I più comuni disturbi della visione

sono la miopia, l’astigmatismo e il presbitismo.

Nella miopia (scarsa visione alle lunghe distanze), il bulbo oculare è allungato, i raggi luminosi

convergono in un punto davanti alla retina e divergono nuovamente quando giungono su di

essa, determinando un’immagine non definita. Lenti concave correggono la miopia spostando

la radiazione luminosa artificialmente a fuoco sulla retina.

Nel presbitismo (scarsa visione alle brevi distanze) il bulbo oculare è troppo corto e la retina

troppo vicina alla lente. I raggi luminosi colpiscono la retina prima di avere raggiunto la

convergenza formando nuovamente un’immagine distorta. Lenti convesse correggono il

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presbitismo facendo convergere i raggi luminosi un po’ più avanti a fuoco sulla retina.

Nell’astigmatismo la cornea è incurvata in modo non simmetrico per cui i raggi luminosi si

focalizzano su diversi piani. Una parte di raggi di luce passano sulla lente e vengono messi a

fuoco sulla retina, altri passano in altre zone della lente e non vengono messi a fuoco sulla

retina. Una lente cilindrica corregge piegando i raggi e li converge.

La retina possiede 5 tipi di neuroni: i fotorecettori (coni e bastoncelli), quelle gangliari e le

amacrine.

Gli assoni delle cellule gangliari si uniscono formando il nervo ottico che trasmette gli impulsi

nervosi al talamo che coinvolgerà l’area visiva delle corteccia cerebrale. I nervi ottici sono

localizzati nella base dell’ipotalamo formando una struttura a forma di X, il chiasma ottico.

CAPITOLO 42

TRASPORTO INTERNO

I sistemi circolatori sono specializzati nel trasporto di ossigeno, nutrienti, ormoni, aiutano a

mantenere l’equilibrio idrico, a distribuire il calore metabolico all’interno del corpo, a

mantenere costante la temperatura e il pH, rimuovendo i prodotti metabolici di scarto. Il

sistema circolatorio umano è chiamato sistema cardiovascolare. Un grosso fattore di rischio

per le malattie cardiovascolari è l’elevato livello di colesterolo e lipoproteine a bassa densità

(LDL) nel sangue. Le lipoproteine ad alta densità (HDL) sembrano avere un ruolo protettivo

rimuovendo l’eccesso di colesterolo dal sangue e dai tessuti. Il sistema circolatorio chiuso

dei vertebrati comprende: il cuore, i vasi sanguigni, il sangue, la linfa, i vasi linfatici ed

organi associati come il timo, la milza ed il fegato. I più piccoli vasi sanguigni, i capillari,

hanno delle pareti molto sottili che permettono un rapido scambio di materiali tra il sangue ed

il fluido interstiziale (fluido presente tra le cellule).

Nei vertebrati il sangue è costituito da un fluido giallastro detto plasma, composto di acqua

per il 92%, proteine circa 7% ( fibrogeno, alfa, beta, gamma globulina, albumina) e Sali in cui

sono sospese le cellule rosse del sangue, le bianche e le piastrine. Nell’uomo il volume totale

di sangue circolatorio è circa l’8% del peso corporeo, circa 5,6 litri in una persona che pesa 70

kg. Circa il 55% del sangue è rappresentato dal plasma, il rimanente 45% è costituito dalle

cellule del sangue e dalle piastrine.

Gli eritrociti o globuli rossi sono cellule altamente specializzate per il trasporto dell’ossigeno.

Nel sangue umano circolano circa 30 trilioni di eritrociti circa 5 milioni per μL (microlitri 10-6).

Sono prodotti nel midollo osseo di certe ossa. Durante il loro sviluppo producono grandi

quantità di emoglobina, il pigmento che trasporta ossigeno e che conferisce al sangue dei

vertebrati il suo colore rosso. La sua vita media è 120 giorni. La produzione è regolata

dall’eritropoietina che è liberata dai reni in risposta ad una diminuzione dell’ossigeno.

L’anemia è un deficit di emoglobina (accompagnato spesso da una diminuzione del numero

dei globuli rossi). Una persona anemica si lamenta spesso di un senso di stanchezza e si

affatica facilmente.

Le cause possibili di anemia sono tre: perdita di sangue dovuta ad emorragia esterna o

interna, diminuzione della produzione di emoglobina o di globuli rossi come l’anemia

sideropenica, aumento del tasso di distribuzione degli eritrociti anemie emolitiche come

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l’anemia a cellule falciformi.

I leucociti o globuli bianchi, sono cellule specializzate nella difesa dell’organismo da batteri o

da altri microrganismi dannosi. Il sangue umano contiene 5 tipi di leucociti: neutrofili,

eosinofili, basofili fanno parte dei leucociti granulari, linfociti e monociti fanno parte dei

leucociti agranulari.

I neutrofili, che rappresentano la principale cellula fagocitaria del sangue, sono specializzati

nell’ingestione dei batteri.

Gli eosinofili aumentano il numero durante le reazioni allergiche e durante le infezioni

parassitarie.

I basofili contengono istamina, una sostanza che dilata i vasi sanguigni.

I linfociti sono specializzati nella produzione di anticorpi.

I monociti sono cellule più grandi tra i leucociti raggiungono 20 micrometri di diametro. Dopo

aver circolato nel sangue per circa 24 ore, un monocita lascia il torrente circolatorio e completa

il suo sviluppo nei tessuti dove aumenta di volume e diventa un macrofago, una grossa

cellula spazzino. La leucemia è una forma di cancro in cui uno dei leucociti si moltiplica

rapidamente all’interno del midollo osseo. Molte di queste cellule non maturano e il loro

sovraffollamento impedisce lo sviluppo dei globuli rossi e delle piastrine, determinando quindi

anemia e compromissione della coagulazione.

Una comune causa di morte nelle leucemie è l’emorragia interna, specialmente nel cervello,

oppure le infezioni. Le leucemie acute hanno uno sviluppo rapido e sono caratterizzate da un

grande numero di leucociti immaturi, mentre le leucemie croniche hanno uno sviluppo più

graduale e sono caratterizzate da un grande numero di leucociti maturi.

Le piastrine composte dai trombociti, (piccoli frammenti di citoplasma) agiscono nella

coagulazione del sangue. Sono circa 300.000 μL. Le piastrine non sono cellule intere, ma

frammenti di citoplasma racchiusi da una membrana.

Quando un vaso sanguigno viene tagliato si contrae, riducendo quindi la perdita di sangue.

Durante il processo di coagulazione la protrombina una proteina del plasma viene trasformata

in trombina, che catalizza la trasformazione del fibrogeno, una proteina solubile del plasma

nel sua forma insolubile la fibrina che producendo lunghi fili appiccicosi che aderiscono alla

superficie danneggiata dei vasi sanguigni formano il tessuto del coagulo.

Il sistema circolatorio comprende tre tipi di vasi sanguigni: le arterie, i capillari e le

vene.

Un’arteria trasporta il sangue lontano dal cuore verso gli altri tessuti. Quando entra in un

organo si divide in ramificazioni chiamate arteriole che a loro volta conducono il sangue in

piccolissimi capillari.

Dopo che il sangue ha attraversato tutto un organo, i capillari si fondono per formare una

vena che trasporta indietro il sangue verso il cuore.

Le pareti dei vasi sanguigni sono composte di tre strati: il più interno chiamato

endotelio, quello di mezzo è costituito da tessuto connettivo e da cellule muscolari lisce, e

l’esterno è costituito da un tessuto connettivo ricco di collagene e di fibre elastiche.

Il considerevole spessore delle pareti delle arterie e delle vene impedisce il passaggio

attraverso esso di gas e di metaboliti. Gli scambi di materiale avvengono tra il sangue ed il

fluido interstiziale attraverso le pareti dei capillari. La rete dei capillari è molto estesa tanto

che ad ogni cellula arriva un capillare.

La lunghezza totale di tutti i capillari è circa 60.000 miglia. Il muscolo liscio delle pareti delle

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arteriole è in grado di contrarsi (vasocostrizione) o di rilassarsi (vasodilatazione)

cambiando così il diametro delle arteriole. Durante gli sforzi muscolari le arteriole all’interno

dei muscoli si dilatano facendo aumentare così la quantità di sangue che fluisce all’interno delle

cellule muscolari.

Normalmente il fegato i reni e il cervello ricevono un’aliquota maggiore di sangue rispetto agli

altri organi.

IL CUORE

Il cuore non è molto più grosso di un pugno e di peso inferiore a mezzo kg, è un organo che

batte circa 2,5 miliardi di volte in una vita media pompando 300 milioni di litri di sangue. È un

organo muscolare cavo, localizzato nella cavità toracica direttamente sotto lo sterno avvolto

da una membrana di tessuto connettivo resistente: il pericardio. Tra la superficie interna del

pericardio e quella esterna del cuore c’è una piccola cavità pericardica ripiena di liquido che

riduce al minimo l’attrito ad ogni battito cardiaco. L’atrio e il ventricolo destro sono separati

dall’atrio e dal ventricolo sinistro da una parete o setto. Per prevenire il flusso a ritroso del

sangue, il cuore è provvisto di valvole che si chiudono automaticamente. La valvola tra l’atrio

destro ed il ventricolo destro è chiamata valvola atrioventricolare (AV) destra, conosciuta

come valvola tricuspide.

La valvola AV sinistra è detta anche valvola mitrale (o valvola bicuspide). Queste valvole

sono come porte oscillanti che possono aprirsi solo in una direzione.

Le valvole semilunari, chiamate così per la loro forma a mezzaluna, controllano le uscite del

cuore. La valvola semilunare tra il ventricolo sinistro e l’aorta è la valvola aortica, quella tra il

ventricolo destro e l’arteria polmonare è la valvola polmonare. Ogni battito è iniziato da un

pacemaker chiamato nodo senoatriale (SA), che è una piccola massa di muscolo cardiaco

localizzato nella parete posteriore dell’atrio destro, vicino all’apertura di una larga vena, la

vena cava superiore.

Il cuore batte circa 70 volte al minuto. Un battito completo impiega circa 0.8 secondi e viene

definito ciclo cardiaco. La sistole è la contrazione, la diastole è il periodo di rilassamento. Si

può misurare il ritmo cardiaco ponendo un dito sopra l’arteria radiale del polso o dell’arteria

carotidea del collo e contando le pulsazioni. Ogni volta che il ventricolo sinistro pompa il

sangue nell’aorta, le pareti elastiche di questa si espandono per ricevere il sangue. Questa

espansione mette in moto un’onda lungo l’aorta. Quando l’onda passa le pareti elastiche della

arteria tornano alla loro forma normale.

Quando ascoltiamo il battito del cuore con uno stetoscopio si possono udire due suoni prodotti

dalla chiusura delle valvole cardiache. Il primo suono cardiaco è causato dalla chiusura delle

valvole AV (mitrale e tricuspide) e segna l’inizio della sistole ventricolare. E’ seguito da un

suono acuto forte e corto che segna la chiusura delle valvole semilunari e l’inizio della diastole

ventricolare. La qualità di questi suoni è indice di stato di buona salute. Quando le valvole

semilunari sono danneggiate si sente un rumore debole e sibilante. Tale disturbo è conosciuto

come soffio cardiaco e può essere causato da qualsiasi condizione che impedisca alle valvole

di chiudersi completamente permettendo così al sangue di refluire durante la diastole.

Piazzando degli elettrodi sulla superficie corporea l’attività può essere registrata attraverso

l’elettrocardiogramma (ECG).

La gittata cardiaca (CO) è il volume di sangue pompato dal ventricolo sinistro nell’aorta in un

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minuto.

La gittata varia con i cambiamenti del volume sistolico e del ritmo cardiaco. Il volume

sistolico dipende principalmente dal ritorno venoso cioè la quantità di sangue che torna al

cuore dalle vene. In accordo con la legge del cuore di Starling, maggiore è la quantità di

sangue che arriva al cuore dalle vene e maggiore è la quantità di sangue pompato dal cuore.

Sebbene sia capace di battere in modo indipendente il suo ritmo in effetti è attentamente

regolato dal sistema nervoso e dal sistema endocrino. I recettori sensoriali sono sensibili ai

cambiamenti di pressione del sangue. Quando stimolati, mandano messaggi ai centri cardiaci

nel midollo cerebrale. Questi centri mantengono il controllo su due serie di nervi autonomi: i

nervi simpatici e parasimpatici che hanno effetti opposti sul ritmo cardiaco. I nervi

parasimpatici rilasciano acetilcolina che rallenta il cuore, i nervi simpatici rilasciano

noradrenalina che aumenta la velocità del ritmo cardiaco e la forza della contrazione.

Durante lo stress le ghiandole surrenali liberano adrenalina e noradrenalina che aumentano il

ritmo, come anche un’elevata temperatura corporea può aumentare di molto il ritmo cardiaco.

Il ritmo diminuisce quando la temperatura si abbassa. Questo è il motivo per cui la

temperatura dei pazienti viene abbassata durante gli interventi chirurgici al cuore.

La pressione sanguigna dipende dal flusso del sangue e dalla resistenza che esso incontra.

La pressione sanguigna è la forza esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi.

La resistenza è la resistenza al flusso causata dalla viscosità del sangue e dai fenomeni di

attrito tra il sangue e le pareti dei vasi sanguigni. La pressione nelle arterie aumenta durante la

sistole e diminuisce durante la diastole. Normalmente deve essere 120/80 millilitri di

mercurio (mm Hg).

Il paziente può soffrire di pressione alta, ipertensione, dove c’è una resistenza vascolare

specialmente nelle arteriose e nelle piccole arterie. La quantità di lavoro del cuore aumenta

perché deve pompare contro questa maggiore resistenza. Come risultato il ventricolo sinistro si

allarga e la sua funzione può incominciare a deteriorarsi. Fattori ereditari, obesità ed

invecchiamento sono molto importanti nello sviluppo dell’ipertensione. Come si può intuire la

pressione sanguigna è maggiore nelle grandi arterie, e diminuisce man mano che il sangue si

allontana dal cuore. Quando il sangue entra nelle vene è veramente bassa quasi vicina allo

zero. La velocità del flusso può essere mantenuta anche nelle vene a bassa pressione perché

esse offrono bassa resistenza vasale. Il loro diametro è maggiore di quello delle arterie e nelle

loro pareti c’è poca muscolatura liscia. Ogni volta che ci si alza da una posizione orizzontale

avvengono dei cambiamenti di pressione. Quando la pressione diminuisce i nervi simpatici

delle pareti vasali stimolano una vasocostrizione in modo che la pressione aumenti. I

barorecettori presenti nelle pareti di alcune arterie e nella parete del cuore, sono sensibili ai

cambiamenti della pressione sanguigna. Quando un aumento della pressione provoca lo

stiramento dei barorecettori vengono spediti degli impulsi ai centri cardiaci che stimolano i

nervi parasimpatici che rallentano il cuore abbassando la pressione sanguigna.

Anche gli ormoni sono coinvolti nella regolazione della pressione del sangue. In risposta alla

bassa i reni rilasciano renina. Questo enzima stimola la formazione di angiotensine che sono

un gruppo di ormoni che agiscono come potenti vasocostrittori. Le angiotensine aumentano

la sintesi e il rilascio di aldosterone, un ormone che aumenta la ritenzione di ioni sodio da

parte dei reni il che si traduce in una maggior ritenzione di fluidi ed un incremento nel volume

del sangue.

Una delle principali funzioni della circolazione è di portare ossigeno a tutte le cellule del corpo.

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Il sangue viene caricato di ossigeno nei polmoni. I mammiferi hanno un doppio circuito di vasi

sanguigni: la circolazione polmonare che collega cuore e polmoni e la circolazione sistemica

che collega il cuore a tutti i tessuti del corpo.

La circolazione polmonare ossigena il sangue. Il sangue ritorna dai tessuti all’atrio destro

del cuore parzialmente privato del suo contenuto di ossigeno. Questo sangue povero di

ossigeno, ma ricco di anidride carbonica è pompato dal ventricolo destro nella circolazione

polmonare. Appena esce dal cuore il largo tronco si ramifica per formare le due arterie

polmonari una per ogni polmone. Queste sono le uniche arterie del corpo che trasportano

sangue povero di ossigeno. Nei polmoni le arterie polmonari si ramificano in capillari

polmonari che fanno pervenire il sangue a tutti gli alveoli dei polmoni. Quando il sangue passa

attraverso i capillari polmonari l’anidride carbonica diffonde fuori il sangue negli alveoli.

L’ossigeno diffonde dagli alveoli ai vasi sanguigni in modo che quando il sangue entra nelle

vene polmonari per ritornare all’atrio sinistro al cuore, è carico di ossigeno. Le vene polmonari

sono le uniche vene che trasportano sangue ricco di ossigeno. Riassumendo il flusso del

sangue attraverso la circolazione polmonare: atrio dx, ventricolo dx, arterie polmonari, capillari

polmonari (nei polmoni), vene polmonari, atrio sx.

La circolazione sistematica conduce il sangue ai tessuti. Il sangue che entra nella

circolazione sistematica è pompato dal ventricolo sinistro nell’aorta la più grande delle arterie

del corpo. Le arterie si diramano dall’aorta portano il sangue in tutte le regioni del corpo.

Alcune delle ramificazioni principali comprendono le arterie coronarie che portano il sangue

alle pareti del cuore stesso, le arterie carotidi che portano il sangue al cervello, le arterie

succlavie nella regione delle spalle, le arterie mesenteriche nell’intestino, le arterie iliache

nelle gambe. Ognuna di queste arterie da luogo a vasi di volta in volta più piccoli. Il flusso del

sangue arriva con il reticolo dei capillari all’interno di ogni tessuto od organo. Il sangue

tornando da reticolo di capillari del cervello, passa attraverso le vene giugulari. Il sangue

dalle spalle e dalle braccia è drenato nelle vene succlavie. Queste ed altre vene si riuniscono a

formare una grossa vena che porta il sangue nell’atrio destro. Nell’uomo questa vena è

chiamata vena cava superiore. Le vene renali dei reni, le iliache degli arti inferiori, le

epatiche del fegato, confluiscono nella vena cava inferiore che porta il sangue nell’atrio destro.

Esempio della circolazione del sangue attraverso il circuito sistematico: Atrio sx, ventricolo sx,

aorta, arteria iliaca, piccole arterie della gamba, capillari della gamba, piccole vene della

gamba, vena iliaca, vena cava inferiore, atrio dx.

Quattro arterie conducono il sangue al cervello: due arterie carotidi interne e due

arterie vertebrali.

Alla base del cervello ramificazioni di queste arterie formano un circuito arterioso chiamato

circolo di Willis. Il sangue dal cervello ritorna alla vena cava superiore attraverso le vene

giugulari interne situate ad entrambi i lati del collo.

Il sangue generalmente fluisce dalle arterie ai capillari alle vene al cuore. Un’eccezione a

questa sequenza avviene nel sistema portale epatico, che porta il sangue ricco di nutrienti al

fegato. Il sangue è portato al piccolo intestino con l’arteria mesenterica superiore. Mentre

fluisce il sangue preleva glucosio, aminoacidi ed altri nutrienti. Passa quindi nella vene

mesenterica e poi nella vena portale epatica. Invece di portare il sangue direttamente al cuore

(come fa la maggior parte delle vene), la vena portale epatica conduce il sangue ricco di

nutrienti al fegato. Da luogo quindi ad un esteso reticolo di sottili sinusoidi epatici, le cellule

de fegato prelevano i nutrienti e li immagazzinano.

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Il sistema linfatico svolge tre importanti funzioni: raccogliere e rimandare il fluido

interstiziale al sangue, difendere il corpo da organismi patogeni mediante i meccanismi

immunitari, assorbire i lipidi dall’apparato digestivo. Il sistema linfatico consiste di: vasi

linfatici che trasportano la linfa, un liquido acquoso chiaro formato da fluido interstiziale, un

tessuto linfatico con grande numero di linfociti. Il tessuto linfatico è organizzato in piccole

masse di tessuto chiamate linfonodi e linfonodali. Le tonsille, il timo e la milza che sono

costituiti da tessuto linfatico fanno parte del sistema linfatico.

Le tonsille sono masse di tessuto linfatico situate sotto il rivestimento della cavità orale e della

gola.

(Le tonsille faringee situate nella parte posteriore del naso, quando si ingrossano vengono

definite adenoidi). Le tonsille servono a proteggere il sistema respiratorio da infezioni da

parte di batteri che entrano attraverso la bocca o il naso. Sfortunatamente le tonsille a volte

diventano esse stesse infette e devono essere rimosse chirurgicamente.

CAPITOLO 43

DIFESA INTERNA

DOMANDA: CONOSCERE I PRINCIPALI CONCETTI ALLA BASE DELLA DIFESA

IMMUNITARIA

La difesa immunitaria è quel meccanismo che l’organismo mette in atto per proteggersi da

sostanze estranee, cioè non facenti parte dell’organismo.

Patogeno: crea malattia è tutto ciò che reca un alterazione della stabilità e dell’equilibrio

organico.

I microrganismi come virus e batteri vengono definiti patogeni.

Antigene, è una molecola, una qualsiasi sostanza in grado di evocare una risposta anticorpale.

Proteine, RNA, DNA sono antigeni. Esistono sostanze self (proprie) che l’organismo è

stato abituato e predisposto a riconoscere e non attaccare e non self (non proprie) che sono

le truppe nemiche verso le quali l’organismo mette in atto una serie di eserciti che si

contraddistinguono per un diverso approccio nell’aggressione, ma con l’unica finalità comune di

determinare l’allontanamento del patogeno.

L’immunologia è lo studio dei meccanismi specifici di difesa.

La risposta immune coinvolge il riconoscimento di molecole estranee ed una risposta mirata

alla loro eliminazione.

Le cellule bianche (LINFOCITI) sono specializzati per attivare le risposte immuni.

Il sistema immunitario si determina perché a livello del midollo osseo c’è una cellula

totipotente che potenzialmente può diventare qualsiasi cosa che ha il compito di dare origine

a cellule del sistema immunocompetente.

Da questa cellula totipotente originano due linee:

Un precursore eritroide (si chiama precursore perché è un passaggio per arrivare a

una cellula) che darà origine agli eritrociti (globuli rossi) che sono 5.000.000;

Una linea bianca che darà origine ai leucociti (globuli bianchi) che sono 5.000/6.000

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che si dirama ancora in mieloide e linfoide dalla linea mieloide si origineranno le

cellule che presiederanno l’immunità naturale, che sono i granulociti e monociti.

I granulociti (chiamati così perché composti da granuli che contengono lisosomi dovranno

avere tanto ergastoplasma e Golgi perché dovranno fare le glicoproteine. Vengono distinti

in: neutrofili – eusinofili – basofili.

I monociti macrofagi (sono le stesse cellule). Per monociti si intendono cellule della linea

mieloide che circolano nel sangue. Quando c’è un’infiammazione, un batterio, il monocita

circolante nel sangue periferico viene attratto in base alla secrezione di sostanze chimiche nel

sito dell’infiammazione e diventa macrofago.

Le cellule sono diverse ma la funzione è unica cioè distruggere tutto ciò che è riconosciuto

come estraneo, che significa distruzione anche dell’ambiente dove questo estraneo si è

posizionato ed è tipico dell’immunità innata aspecifica.

Dalla linea linfoide si originano i linfociti distinti in T B e natural killer che presiederanno

l’immunità acquisita, daranno una risposta immune specifica perché risponderanno alla

presenza di un antigene e solo a quel tipo di antigene perché ogni linfocita viene costruito

sulla base di uno ed un solo antigene.

Questa è garanzia di avere una potente risposta mirata senza che vi sia distruzione del

contesto attorno all’infiammazione o all’infezione.

La rispettiva quota di globuli bianchi (conta leucocitaria) presente nell’organismo è: granulociti

(neutrofili 45-75% eusinofili 1-5% basofili 0.5-1% ), linfociti 25-45%, monociti macrofagi (2-

10%).

Le cellule del sistema immunitario secernono proteine regolatori dette CITOCHINE. Si

dividono in tre gruppi: INTERFERONI, INTERLEUCHINE ed i FATTORI DI NECROSI

TUMORALE.

INTERFERONI: prodotti dai macrofagi e fibroblasti, inibiscono la replicazione virale ed

attivano le cellule chiamate natural killer che hanno azione antivirale. Si usano per il

trattamento di parecchie malattie come l’epatite B e C, le verruche genitali, un tipo di leucemia

un tipo di sclerosi multipla e si sta cominciando ad usarlo contro le infezioni da HIV e in alcuni

tipi di cancro.

INTERLEUCHINE: prodotte dai macrofagi e dai linfociti. Sono numerate secondo l’ordine in

cui sono state scoperte. Durante l’infezione l’Interleuchina -1 (IL1), può regolare il termostato

del corpo nell’ipotalamo dando luogo a febbre.

FATTORI DI NECROSI TUMORALE (TNF): secreti dai macrofagi e dai linfociti chiamati

cellule T.

Il TNF può uccidere le cellule tumorali facendo ben promettere in termini di immunoterapia per

i pazienti malati di cancro. A volte le infezioni come la salmonella comportano il rilascio di

quantità di TNF e di altre citochine che può portare a uno shock settico con febbre altissima e

disfunzione del sistema circolatorio.

Il COMPLEMENTO, chiamato così perché completa l’azione di altri meccanismi di difesa, è una

serie di proteine che si attivano a cascata fini a produrre molecole in grado di lisare il

patogeno. Le proteine del complemento agiscono contro qualsiasi antigene.

Esse hanno quattro principali azioni:

Lisano la parete cellulare del patogeno;

Rivestono i patogeni rendendoli meno scivolosi in modo che i fagociti possano fagocitarli

più facilmente;

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Attraggono le cellule bianche del sangue nel luogo d’infezione;

Aumentano l’infiammazione stimolando il rilascio di istamina e di altri composti che

dilatano i vasi sanguigni ed incrementano la permeabilità capillare.

LA RISPOSTA IMMUNITARIA (infiammazione) è la reazione del corpo all’invasione di

patogeni o ad una lesione. L’infiammazione è regolata da proteine plasmatiche, da citochine,

da sostanze rilasciate dalle piastrine, da determinate cellule bianche del sangue (basofili) e

dalle MASTCELLULE, grandi cellule del tessuto connettivo ricche di granuli.

Le piastrine, i basofili e le mastcellule rilasciano istamina, che dilata i vasi sanguigni nell’area

colpita ed aumentano la permeabilità capillare. Nella regione interessata aumenta il flusso

ed arriva un gran numero di cellule fagocitarie come i neutrofili. L’aumento del flusso rende la

pelle calda al tatto e si arrossa. I fagociti migrano fuori dai capillari e penetrano nei tessuti

infetti. L’aumentata permeabilità permette agli anticorpi di uscire dal torrente circolatorio ed

entrare nei tessuti. Quando il volume dei liquidi tissutali aumenta si forma un edema (

gonfiore) che assieme ad alcune sostanze liberate dalle cellule danneggiate causa il dolore.

Quindi le caratteristiche cliniche dell’infiammazione sono: calore, edema, dolore ed

eventualmente arrossamento.

LA FEBBRE è un sintomo clinico della risposta infiammatoria. I macrofagi rilasciano

l’interleuchina-1 che regola il termostato del corpo nell’ipotalamo, dando come risultato la

febbre.

Le prostaglandine (molecole che derivano dagli acidi grassi), sono coinvolte in questo

meccanismo di regolazione. La febbre può uccidere alcuni patogeni, causa anche la rottura dei

lisosomi distruggendo le cellule infettate dai virus. Promuove l’attività di alcuni linfociti T e la

produzione di anticorpi e può aumentare la fagocitosi. Come risultato a breve termine una

febbre non troppo elevata può aiutare a ripristinare le condizioni normali.

FUNZIONE DELL’INFIAMMAZIONE: è l’aumento della fagocitosi (processo utilizzato dai

globuli bianchi per ingerire). Un neutrofilo può fagocitare 20 o più batteri prima di diventare

inattivo, un macrofago 1000.

I due tipi di risposta immune sono: specifiche e non specifiche.

NON SPECIFICHE

I meccanismi di difesa non specifici detti anche risposte innate, forniscono una protezione

generale contro i patogeni. Impediscono l’entrata della maggior parte dei patogeni nel corpo e

distruggono quelli che sono riusciti ad eludere le difese esterne. Ad esempio la pelle

rappresenta una barriera per i patogeni che vengono a contatto con il corpo. Il sudore e il sebo

contengono sostanze che distruggono alcuni tipi di batteri. Il lisozima un enzima che si trova

anche nelle lacrime e in molti tessuti, attacca la parete di molti batteri gram-positivi. I

microrganismi che entrano attraverso il cibo sono generalmente distrutti dalla secrezione acida

ed enzimatica dello stomaco. I patogeni che entrano nell’organismo attraverso l’aria inalata

possono essere trasportati all’esterno dai peli del naso o intrappolati nel muco che riveste i

condotti respiratori e successivamente distrutti dai fagociti (cellule che ingeriscono).

SPECIFICHE

I meccanismi di difesa specifici dette anche acquisite sono strutturati in modo tale da

combattere macromolecole specifiche associate ad ogni patogeno. Uno dei principali

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meccanismi di difesa specifici è la produzione di anticorpi, proteine altamente specifiche che

riconoscono e si legano con specifici antigeni. I meccanismi specifici comprendono anche la

memoria immunitaria, cioè la capacità di rispondere efficacemente ad una seconda invasione

di molecole estranee.

Appartengono ai meccanismi di difesa specifici: Immunità umorale o anticorpo-mediata,

Immunità cellulo-mediata.

Nell’immunità umorale o anticorpo-mediata è quella risposta che l’organismo da contro un

agente estraneo attraverso la produzione di anticorpi formando immunocomplessi attivando

l’infiammazione.

Le cellule B o linfociti B sono responsabili.

Le cellule B maturano nel fegato fetale e nel midollo osseo adulto. Sono geneticamente

programmate per codificare un recettore glicoproteico che si lega con uno specifico tipo di

antigene. Quando la cellula B entra in contatto con l’antigene che si lega al suo recettore, essa

diventa attiva e si divide rapidamente creando un clone di cellule identiche, che si

differenziano in plasmacellule che sono specializzate nella produzione di anticorpi. Una

plasmacellula può produrre più di 10 milioni di molecole di anticorpi all’ora.

Alcune cellule B attivate diventano cellule della memoria che continuano a produrre piccole

quantità di anticorpi anche dopo che l’infezione si è risolta.

Nelle cellule della memoria viene attivato un gene della sopravvivenza che permette loro di

prevenire la morte programmata che è nel destino delle cellule B.

COME SI ATTIVA LA CELLULA B

L’ attivazione delle cellule B coinvolge i macrofagi o le cellule dendritiche. I macrofagi e

neutrofili fanno parte dei fagociti. Quando un macrofago (cellula spazzino) ingerisce un

batterio, digerisce la maggior parte, ma non tutti degli antigeni batterici. I frammenti degli

antigeni estranei associati con un certo tipo di molecole proprie (MHC, classe II) vengono

esposti sulla superficie del macrofago,

che può essere descritto come una cellula che presenta l’antigene (APC) che espone cioè gli

antigeni batterici sulla sua superficie. Quando un APC entra in contatto con la cellula T Helper,

che possiede i recettori complementari, si mettono in moto meccanismi chimici come la

secrezione di citochine. La cellula T Helper interagisce con la cellula B che espone lo stesso

complesso. La cellula B si ingrossa e si divide formando cloni di cellule. Alcune si

differenziano in plasmacellule formando gli anticorpi che lasceranno la cellula e attraverso la

linfa e il sangue arriveranno all’area dell’infiammazione. Gli anticorpi formeranno dei complessi

con il patogeno, che scateneranno un processo che porterà alla distruzione del patogeno, altre

diventeranno cellule B della memoria.

L’MHC è il complesso maggiore di istocompatibilità cioè un gruppo di proteine di membrana,

conosciute come antigeni, capaci di distinguere il self dal non self. Questi antigeni sono

codificati da un gruppo di geni che hanno all’interno molteplici alleli per ogni locus (qualche

volta più di 40 alleli per uno stesso gene). Come risultato le proteine di superficie sono in

genere differenti per ogni individuo, a parte i gemelli. Per cui l’MHC da un impronta digitale

biochimica.

L’MHC è diviso in tre gruppi di geni che codificano differenti gruppi di proteine che differiscono

per la loro distribuzione nei tessuti e per la loro struttura chimica:

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MHC classe I: sono antigeni presenti nelle cellule nucleate. Si combinano con gli

antigeni estranei prodotti all’interno delle cellule (virus) formando un complesso

molecolare che viene esposto sulla superficie cellulare. Questo complesso antigene

MHC-antigene estraneo, viene riconosciuto dalle cellule T citotossiche.

MHC classe II: sono antigeni presenti sulla superficie delle cellule B, dei macrofagi e le

cellule dendritiche (cellule presenti nella milza e nei linfonodi). Si combinano con i

frammenti di proteine che sono penetrate nella cellula tramite fonti estranee come i

batteri e sono state degradate. Questo complesso antigene MHC-antigene estraneo,

viene riconosciuto dalle cellule T helper.

MHC classe III: le proteine di questa classe comprendono i componenti del sistema

del complemento.

CHE COS’E’ UN ANTICORPO

Gli anticorpi sono proteine altamente specifiche chiamate immunoglobuline (Ig), che sono

prodotte in risposta ad un preciso antigene.

Hanno due funzioni: si combinano con l’antigene con l’obiettivo di formare degli immuno-

complessi cioè l’unione tra un antigene e un anticorpo e attivano i processi che distruggono

l’antigene che lega.

L’anticorpo non distrugge direttamente l’antigene che lega. Un anticorpo è una molecola che

presenta in genere una struttura formata da quattro catene, due pesanti identiche e due

leggere identiche, in ognuna delle quali vi è una parte costante che si impianta nei tessuti e si

chiama Fc e una variabile che si chiama Fab che ha una specifica sequenza amminoacidica per

ogni tipo di antigene che lega che si chiama epitopo o determinante antigenico.

Normalmente un antigene ha molti determinanti antigenici sulla sua superficie e possono

differire l’uno dall’altro in modo tale che diversi anticorpi possano combinarsi con un singolo

antigene.

Questa forma permette all’anticorpo di legarsi con due molecole antigeniche e formare il

complesso antigene-anticorpo.

Gli anticorpi o immunoglobuline sono raggruppati in cinque classi: IgG, IgM, IgA, IgD, IgE.

Nell’uomo il 75% degli anticorpi appartiene alla classe IgG.

Le IgG e le IgM agiscono nella difesa verso patogeni trasportati dal sangue, inclusi virus e

batteri, stimolando i macrofagi a attivano il complemento. Le IgM hanno una struttura

pentamerica a 5 braccia sono la prima linea di difesa dell’organismo, in grado di legare

massimamente gli antigeni e quindi garantire soprattutto nella fase iniziale della malattia, una

grossa risposta.

Le IgA sono presenti nel muco, nelle lacrime, nella saliva nel latte sono secrete nel tubo

digerente, nelle vie respiratorie, urinarie e riproduttive. Combattono virus e batteri che

possono ledere la superficie epiteliale. Agiscono contro i patogeni inalati o ingeriti. Hanno una

struttura dimerica a due braccia.

Le IgD sono presenti sulla superficie delle cellule B e le aiutano ad attivarsi.

Le IgE si combinano con le mastcellule, cellule del tessuto connettivo che contengono

istamina responsabile di molti sintomi allergici.

Immunità cellulo-mediata definita così perché mediata dai linfociti T.

Le cellule T e i macrofagi sono responsabili dell’immunità cellulo-mediata.

Le cellule T derivano dalle cellule staminali del midollo osseo, migrano verso i tessuti linfatici,

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e si fermano nel timo per completare il loro differenziamento. Solo le cellule che possiedono

recettori specifici sono selezionate per dividersi, le altre che reagiscono con antigeni self, vanno

incontro ad apoptosi. Solo il 10% di cellule T lasceranno il timo per arrivare ai tessuti linfatici o

per dare una risposta immunitaria nei tessuti infetti. Le cellule T si dividono in T citotossiche

(agiscono direttamente lisando l’estraneo), che con il loro marcatore CD8 riconoscono e

distruggono cellule che hanno antigeni estranei sulla loro superficie tipo virus e cellule

cancerogene, e T helper (hanno il compito di produrre molecole che si chiamano linfochine

che potenzieranno macrofagi e granulociti), conosciute come cellule CD4 che producono

sostanze che amplificano la risposta immunitaria.

COME SI ATTIVA LA CELLULA T

Quando un macrofago (cellula spazzino) ingerisce un virus, digerisce la maggior parte, ma non

tutti degli antigeni batterici. I frammenti degli antigeni estranei associati con un certo tipo di

molecole proprie (MHC, classe I) vengono esposti sulla superficie del macrofago, che può

essere descritto come una cellula che presenta l’antigene (APC) che espone cioè gli antigeni

virali sulla sua superficie.

Quando un APC entra in contatto con la cellula T Helper che possiede i recettori

complementari si mettono in moto meccanismi chimici come la secrezione di citochine. La

cellula T Helper interagisce con la cellula T che espone lo stesso complesso. La cellula T

attivata aumenta di volume e origina un clone di cellule helper, citotossiche, e memoria. Le

cellule T citotossiche lasciano quindi i linfonodi si recano verso l’area infetta, rilasciano

proteine in grado di degradare la cellula infetta. Mentre le T Helper e i macrofagi secernono

interleuchine che attirano un gran numero di macrofagi nell’area infetta.

Immunità attiva può essere indotta artificialmente o naturalmente. Naturalmente con il

contagio esempio varicella, morbillo, e artificialmente con il vaccino cioè tramite

immunizzazione.

Il vaccino è una sostanza che viene ingerita o iniettata contenente i responsabili della malattia

infettiva, però in forma meno virulenta.

Immunità passiva è una condizione temporanea, dove gli anticorpi sono stati forniti da un

altro organismo. Esempio: le donne in gravidanza trasmettono una naturale immunità passiva

al feto in via di sviluppo producendo anticorpi IgG per esso, che passano attraverso la

placenta. Oppure i bimbi che vengono allattati al seno ricevono le IgA con il latte materno.

In una risposta allergica, un allergene può stimolare la produzione di IgE, che si legano con i

recettori dei mastociti che liberano istamina ed altre sostanze che causano i sintomi

dell’allergia, come l’infiammazione.

Le cellule NK e le T citotossiche sembrano quelle più impegnate contro le cellule tumorali.

Il mal funzionamento del sistema immunitario può portare a malattie autoimmuni (dove i

linfociti sono autoreattivi cioè in grado di agire contro tessuti propri) o immunodeficienze

(condizione che aumenta la suscettibilità alle infezioni).

La sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), è causata da un retrovirus noto

come virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Esso danneggia il sistema immunitario

distruggendo le cellule T Helper. La capacità di resistere alle infezioni è gravemente

compromessa.

CARATTERISTICHE

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Le caratteristiche della risposta immunitaria qualora sia immunitaria acquisita sono:

Specificità perché è solo per quel tipo di antigene;

Diversità ogni linfocita è specifico per un antigene e solo per quello;

Memoria si ricorda di quel tipo di antigene per cui è stato costruito;

Autolimitazione perché nel momento in cui sono stati eliminati i patogeni non deve più

funzionare;

Discriminare self da non self.

Gli invertebrati hanno la capacità di riconoscere tra sé e non sé. Danno risposte immunitarie

non specifiche come la fagocitosi e la risposta infiammatoria.

Nelle malattie autoimmuni l’organismo reagisce contro se stesso perché non riconosce il self

dal non self.

CAPITOLO 47

REGOLAZIONE ENDOCRINA

DOMANDA: ILLUSTRARE LE GENERALITA’ SULLA CLASSIFICAZIONE, SULLA

SECREZIONE E SULLA FUNZIONE DEGLI ORMONI NELL’AMBITO DEL PIU’ AMPIO

CONCETTO DI RECEZIONE E TRASDUZIONE DEI SEGNALI INTERCELLULARI.

Il sistema endocrino consiste in ghiandole endocrine (non hanno dotti), cellule e tessuti che

secernono ormoni definiti messaggeri chimici in grado si trasmettere informazioni da una parte

all’altra di uno stesso organismo. Vengono secreti nel fluido interstiziale o nel sangue e

trasportati dal sangue. Si legano a recettori su o all’interno di tessuti bersaglio.

Possono distinguersi 4 categorie:

derivati degli acidi grassi ( prostaglandine sintetizzate partendo dall’acido

arachidonico);

steroidi (la corteccia surrenale i testicoli le ovaie la placenta secernono ormoni steroidei

partendo dal colesterolo;

derivati degli aminoacidi (ormoni tiroidei e l’epinefrina sono sintetizzati partendo

dall’aminoacido tirosina e iodio);

peptidi o proteine (sono idrosolubili come l’ormone antidiuretico ADH e glucagone e

insulina).

La maggior parte degli ormoni è idrofila e non entra nelle cellule bersaglio. Utilizzano la

trasduzione del segnale cioè si legano a recettori ( che sono dei trasduttori) sulla membrana

plasmatica ed il segnale extracellulare viene convertito in segnale intracellulare che influenza la

cellula bersaglio.

ORMONE PANCREATICO GLUCAGONE

Quando il glucagone si lega a un recettore per il glucagone situato sulla superficie della

membrana plasmatica, l’ormone modifica la forma del recettore. Questo evento di legame

attiva una proteina G visto che si lega al GTP (guanosin 3fosfato) un trasportatore d’energia,

che attiva un enzima situato sulla superficie interna della membrana detto adenilato ciclasi

(nello specifico la proteina Gs attiva, mentre la G1 inibisce l’adenilato ciclasi), che converte

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l’ATP in AMP ciclico (cAPM) un secondo messaggero (l’energia per fare questo è fornita dal GTP

che viene idrolizzato (cioè la scissione di una molecola causa addizione di acqua) in GDP. Il

cAMP diffonde nel citoplasma dove attiva le proteinchinasi enzimi in grado di fosforilare

(aggiungere fosfati) ad una proteina che cambia la sua funzione e scatena una serie di

reazioni.

Quando il glucagone si lega ad un epatocito (cellula del fegato) determinando la sintesi di

cAMP la protein-chinasi attivata attiva un enzima che scinde il glicogeno in glucosio. Di

conseguenza la secrezione di glucosio fa aumentare la glicemia. L’intervento di due

messaggeri (un ormone e il cAMP) amplificano il segnale iniziale. Il legame di una molecola di

glucagone a livello della superficie cellulare promuove la sintesi di migliaia di molecole di cAMP

all’interno della cellula. Quindi una piccola concentrazione ematica di ormone è capace di

produrre una risposta rapida e massiva all’interno di una cellula bersaglio. L’incremento di

cAMP è temporaneo, ed è inattivato da enzimi conosciuti come fosfodiesterasi che lo

convertono in AMP.

ORMONE STEROIDEO

Questo ormone agisce in modo diverso. E’ idrofobo e diffonde attraverso la membrana dove si

lega a una specifica molecola recettrice citoplasmatica. Poi il complesso recettore-ormone entra

nel nucleo e si attacca a un sito specifico sul cromosoma. L’attaccamento attiva quei geni che

sono responsabili della modificazione indotta dall’ormone come i geni necessari per la

costruzione del fusto di un pelo per opera di un follicolo pilifero precedentemente dormiente

sulla guancia di un adolescente.

CAPITOLO 48

LA RIPRODUZIONE

DOMANDA: DESCRIVERE I MECCANISMI DELLA RIPRODUZIONE

La riproduzione è il processo con cui vengono generati nuovi discendenti e può essere

asessuale e sessuale.

Nella asessuale, un singolo individuo produce tramite un processo di scissione,

frammentazione, o gemmazione due o più individui figli che mostrano le sue stesse

caratteristiche.

La riproduzione sessuale si ottiene con l’unione di uno spermatozoo e di una cellula uovo.

Molti animali acquatici effettuano la fecondazione esterna nella quale i gameti si incontrano

all’esterno del corpo. I due partner di regola emettono simultaneamente uova e spermatozoi

direttamente nell’ambiente acquatico.

Nella fecondazione interna il maschio generalmente rilascia gli spermatozoi direttamente

all’interno delle vie genitali.

L’ermafroditismo è una forma di riproduzione sessuale nella quale un singolo individuo

produce sia uova che spermatozoi.

RIPRODUZIONE UMANA

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IL MASCHIO PRODUCE SPERMATOZOI, LA DONNA CELLULE UOVO E PROVVEDE ALLO

SVILUPPO DELL’EMBRIONE.

UOMO

Nell’uomo il processo di formazione degli spermatozoi ovvero la spermatogenesi avviene in

due organi definiti gonadi o testicoli e più precisamente all’interno di una complessa rete di

strutture tubulari definite tubuli seminiferi presenti in ciascun testicolo. La spermatogenesi

ha inizio da cellule indifferenziate, gli spermatogoni, cellula ancora diploidi che si dividono

ripetutamente per mitosi e aumentano di numero. Un certo numero di spermatogoni aumenta

di dimensioni e si trasforma in spermatociti primari che iniziano il processo di meiosi e sono

sempre diploidi.

Ogni spermatocita primario va incontro a una prima divisione meiotica e produce due

spermatociti secondari aploidi. Alla seconda divisione meiotica da ogni spermatocita secondario

derivano due spermatidi. In definitiva da ogni spermatocita primario si originano quattro

spermatidi aploidi e attraverso una serie di modifiche morfologiche si trasformano in

spermatozoi maturi.

Lo spermatozoo maturo consiste di una testa, un tratto intermedio e un flagello. La testa è

formata dal nucleo e da una porzione detta acrosoma che produce enzimi che consentono allo

spermatozoo di penetrare all’interno della cellula uovo. I mitocondri forniscono l’energia

necessaria al movimento del flagello.

Gli spermatozoi umani non possono svilupparsi alla normale temperatura corporea, infatti due

mesi prima della nascita discendono nello scroto, che serve come struttura di raffreddamento e

mantiene gli spermatozoi a circa 20 C di temperatura al sotto di quella corporea.

Dopo aver completato la maturazione gli spermatozoi vengono immagazzinati nell’epididimo

e nei vasi deferenti. Durante l’eiaculazione, gli spermatozoi passano dai vasi deferenti nel

corto dotto eiaculatore e confluiscono nell’uretra, (condotto impari che a seconda delle

circostanze può trasportare urina o sperma e si prolunga attraverso il pene fino all’esterno del

corpo).

Oltre ai testicoli ci sono tre strutture ghiandolari che aggiungono il loro secreto al seme e sono:

le vescichette seminali contribuiscono per il 60% del volume totale del seme che contiene

fruttosio fonte d’energia per gli spermatozoi, la prostata il cui secreto è di pH alcalino che

riesce a bilanciare l’acidità dei residui di urina presenti nell’uretra e le ghiandole bulbo

uretrali. E’ accertato che il loro secreto contiene spermatozoi rilasciati in anticipo rispetto

all’eiaculazione massiva e sembra rappresentare uno dei fattori della mediocre affidabilità del

metodo di controllo delle nascite tramite la retrazione del pene dalla vagina prima

dell’orgasmo.

Nella fase di eiaculazione vengono emessi circa 3.5 ml di sperma o liquido seminale,

contenente circa 200 milioni di spermatozoi. Con meno di 35 milioni/ml le possibilità di

fecondare sono scarse, sotto i 20 milioni/ml si considera sterile.

LA REGOLAZIONE ORMONALE DELL’ATTIVITA’ RIPRODUTTIVA MASCHILE

Coinvolge: ipotalamo, ipofisi e testicoli. L’ipotalamo comincia a produrre uno specifico

ormone definito fattore di rilascio delle gonadotropine (GnRH) che stimola l’ipofisi

anteriore a produrre l’ormone follicolo-stimolante (FSH) e l’ormone lutienizzante (LH).

Questi due ormoni inducono i testicoli a produrre testosterone e stimolano la

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spermatogenesi. Il testosterone rappresenta il principale ormone androgeno (qualsiasi

ormone in grado di stimolare e mantenere i caratteri sessuali maschili).

DONNA

Al pari delle gonadi maschile, le ovaie producono sia gameti che ormoni sessuali.

Il processo di maturazione della cellula uovo viene definito ovogenesi. Nelle ovaie le cellule

sessuali immature sono definite ovogoni. Nel corso dello sviluppo embrionale aumentano di

dimensioni e si trasformano in ovociti primari che sono ancora diploidi. Un ovocita primario

circondato di cellule follicolari costituisce il follicolo ovarico.

Con l’inizio della pubertà di regola ogni mese un follicolo riprende la maturazione in risposta

allo stimolo dell’FSH secreto dall’ipofisi anteriore. Quando il follicolo cresce, l’ovocita primario

va incontro alla prima divisione meiotica e forma due cellule di differente grandezza cioè

l’ovocita secondario e un globulo polare che potrà a sua volta dividersi e produrre due globuli

polari destinati a degenerare.

Al momento dell’ovulazione, l’uovo (in fase di ovocita secondario) viene espulso attraverso la

parete dell’ovaia e cade nella cavità pelvica. La parte di follicolo che rimane nell’ovaia si

trasforma in corpo luteo, una struttura ghiandolare transitoria che produce estrogeni

(qualsiasi sostanza in grado di influire sullo sviluppo e il mantenimento dei caratteri sessuali) e

progesterone (ormone steroideo responsabile della preparazione alla gravidanza degli organi

riproduttivi femminili e nel mantenimento dell’utero in condizioni necessarie per lo sviluppo

dell’embrione.

Dopo l’ovulazione, l’ovocita secondario entra nell’ovidotto dove può essere fecondato e va

incontro alla seconda divisione meiotica, ma si blocca in metafase fino al momento in cui

eventualmente si verificherà la fecondazione. Se ciò accade la meiosi procede e da luogo a una

cellula uovo e un secondo globulo polare, che serve unicamente a realizzare il dimezzamento

del corredo cromosomico.

Successivamente le contrazioni peristaltiche della parete muscolare della tuba e il movimento

cigliare favoriscono il movimento dell’ovocita verso l’utero. L’utero è un organo dalle

dimensioni di un pugno è provvisto di muscolatura liscia e di una mucosa, l’endometrio, che

si ispessisce mensilmente in preparazione a una possibile gravidanza. Se l’ovocita viene

fecondato, l’embrione appena formatosi viene trasportato nell’utero e si annida

nell’endometrio. Qui esso cresce e si sviluppa, nutrito e ossigenato da vasi sanguigni materni.

Se la fecondazione non si realizza, l’endometrio degenera e viene eliminato nel corso di un

processo definito mestruazione.

LA REGOLAZIONE ORMONALE DELL’ATTIVITA’ RIPRODUTTIVA FEMMINILE

La regolazione ormonale dell’attività riproduttiva femminile coinvolge: ipotalamo, ipofisi e

ovaie. Il primo giorno del ciclo mestruale corrisponde al primo giorno delle mestruazioni.

L’ovulazione si verifica al 14° gg di un tipico ciclo di 28 gg. Durante la fase preovulatoria

del ciclo l’ormone GnRH prodotto dall’ipotalamo induce l’ipofisi a secernere FSH che stimola

lo sviluppo del follicolo ovarico.

Quest’ultimo rilascia estrogeni che stimolano l’accrescimento dell’endometrio e segnalano

all’ipofisi di produrre LH che a sua volta stimola l’ovulazione.

Durante la fase post ovulatoria, l’LH stimola lo sviluppo del corpo luteo che secerne

estrogeni e progesterone che determinano la preparazione finale dell’utero a una eventuale

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gravidanza. Durante la fase post ovulatoria, gli estrogeni inibiscono il rilascio di GnRH, FSH,

LH.

Se l’ovocita secondario viene fecondato inizia lo sviluppo e il giovane embrione si annida nella

parete dell’utero; le membrane che si formano attorno all’embrione producono

gonadotropina corionica umana (hCG), un ormone che mantiene in attività il corpo luteo.

Se la fecondazione non avviene il corpo luteo degenera, la concentrazione di estrogeni e

progesterone nel sangue si abbassa e si verifica la mestruazione.

Mestruazioni: fenomeno fisiologico ciclico consistente in un versamento dell’endometrio

uterino e caratterizzato da sanguinamento vaginale della durata di 3/7 gg che si ripete

regolarmente ogni 28gg. Parte dalla pubertà con il menarca (le prime mestruazioni), si

interrompe con la gravidanza e termina con la menopausa.

Per confronto: nel maschio ogni spermatocita primario produce quattro spermatozoi, nella

femmina da ogni ovocita primario si ottiene soltanto una cellula uovo matura e tre globuli

polari.

L’ormone steroideo è qualsiasi composto organico prodotto e secreto da una ghiandola

endocrina e trasportato in circolo sanguigno ad un organo bersaglio su cui agisce

modificandone la funzione e generalmente stimolandone l’attività.

I principali ormoni steroidei maschili sono gli androgeni il più importante è il testosterone.

Sono prodotti nel testicolo e determinano lo sviluppo delle caratteristiche primarie (apparato

riproduttore i dotti i genitali esterni e la produzione di spermatozoi) e secondarie che sono

collegate alla mascolinità (la profondità della voce, i peli facciali e ascellari e la notevole

massa muscolare).

Il testosterone ha attività anabolizzante nei confronti delle proteine.

Sia la produzione di androgeni sia la maturazione degli spermi rappresentano processi

controllati dall’ipotalamo e dagli ormoni dell’adenoipofisi.