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Veranu è un progetto che dal 2012 si propone l’obiettivo di creare un nuovo prodotto

da impiegare come fonte di energia alternativa, diventando a tutti gli effetti una realtà

aziendale nel 2016.

La nostra idea ha il fine di creare una tecnologia innovativa, da installare in qualsiasi

tipologia di pavimento, in grado di generare energia elettrica pulita camminandoci

sopra, utilizzando materiali plastici reperibili sul mercato e totalmente riciclabili.

Con questo Ebook vogliamo mostrarvi come sia possibile concepire Veranu non solo

come una mattonella intelligente, ma come una vera e propria filosofia che aiuta le

persone a essere più consapevoli del proprio modo di vivere e di come si potrebbe

rispettare l’ambiente. I 4 pilastri che meglio rappresentano il nostro stile di vita e il

pavimento che abbiamo realizzato sono: essere Smart, essere Sostenibili, essere

Innovativi ed essere Enviromental-friendly.

Per capire meglio cosa intendiamo con questi 4 pilastri potete leggere il nostro

Ebook che raccoglie tutti gli articoli creati da noi e che abbracciano le tematiche

portanti della nostra filosofia.

Buona lettura

Il team Veranu

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Come riconoscere l’arredamento ecosostenibile ........................................................... 1

Tutte le caratteristiche eco-ristorante ............................................................................. 2

La gestione dei rifiuti in 6 passaggi ................................................................................. 3

Agricoltura innovativa e il piacere di mangiar sano....................................................... 4

Le città smart da educare ............................................................................................ 5 - 6

Lo stadio più verde al mondo ............................................................................................ 7

Quando il giaccio diventa fatato ....................................................................................... 8

Lo snowfarming per non rinunciare mai alla neve .........................................................9

Harvard e i batteri mangia CO2 ...................................................................................... 10

Ti02 come mangia smong ................................................................................................ 11

La natura diventa casa .............................................................................................. 12 - 13

La plastica protagonista dell’arte contemporanea ............................................... 14 - 15

La luce benefica delle lampade di sale .......................................................................... 16

La birra e il suo utilizzo in aiuto del terreno .................................................................. 17

10 materiali edili a cui non avete pensato .............................................................. 18 - 19

Feste natalizie ecosostenibili ......................................................................................... 20

L’Elisir di lunga vita delle capsule Nespresso ............................................................... 21

Adidas stringe la mano al riciclo .................................................................................... 22

La rinascita del pallet ...................................................................................................... 23

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Batteria ricaricabile con la paglia .................................................................................. 24

Perché le email inquinano l’ambiente .......................................................................... 25

Piccole idee per un grande riciclo di acqua potabile .................................................. 26

Bambini e rispetto per l’ambiente .......................................................................... 27 - 28

Viaggi ecosostenibili ............................................................................................... 29 - 30

Quando il sughero diventa moda ................................................................................... 31

Il riciclo dell’acqua piovana per le vostre case ............................................................ 32

Architettura ecosostenibile ..................................................................................... 33 - 34

Anche la moda diventa ecosostenibile ................................................................. 35 - 36

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Avere una casa ecosostenibile è possibile, ma talvolta ci si chiede come sia possibile riconoscere gli arredi green da quelli che non lo sono minimamente ma sembrano realizzati da Madre Natura in persona. In aiuto arrivano le certificazioni dei mobili e dei complementi d’arredo rilasciate da ANAB, che fornisce gli standard di prodotto, e ICEA, che è l’istituto che effettua attività di autenticazione e verifiche sui materiali d’arredo e sui processi produttivi.

Questa partnership è improntata sui principi di indipendenza, imparzialità e competenza, offrendo agli utenti e alle aziende la massima trasparenza e agevolando la valorizzazione dei prodotti ecologici per costruzione e arredo.

Gli studi effettuati da ICEA hanno diverse fasi che mirano a:

verificare che il prodotto risponda funzionalmente all’impiego dichiarato; accertare che non siano contenute sostanze pericolose per l’uomo e per

l’ambiente; appurare che sia stato ottenuto prevalentemente da materie prime facilmente

rinnovabili, o da materie seconde; constatare se sia stato ottimizzato, dal punto di vista ambientale, lungo tutto il

ciclo di vita.

La valutazione del ciclo di vita ha lo scopo di:

definire il profilo ambientale del prodotto; identificare possibili potenziali di miglioramento, come la riduzione del

consumo di risorse, delle emissioni in aria e acqua, e della produzione di rifiuti; fornire un benchmarking con prodotti analoghi e alternativi.

In questo modo viene accertata la corretta gestione dei processi di fabbricazione, la valutazione dell’efficienza dei processi che possono avere un impatto sull’ambiente o sulla salute, e sicurezza dei lavoratori e degli utenti.

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Perché rinunciare a uno dei principali piaceri della vita come mangiare, legato a una bella uscita con gli amici nel centro della città, quando esistono tantissimi ristoranti green?

Se conduci una vita ecosostenibile sappi che, soprattutto nel nord Italia, alcuni ristoratori si stanno muovendo per rispettare sempre più le regole ecogreen che puntano sia a salvaguardare l’ambiente, sia a essere la prima scelta di chi ama mangiare ma allo stesso tempo ama di più l’ecosistema in cui vive.

Quali sono le caratteristiche di un eco-ristorante?

È importantissimo, prima di tutto, l’attenzione sui consumi energetici puntando a ridurli il più possibili stabilendo obiettivi a breve termine con i quali coinvolgere sia il personale sia i clienti. Inoltre, gli eco-ristoratori puntano a utilizzare stampanti con la modalità di risparmio inchiostro, utilizzare carta riciclata e lampadine led anche in ufficio.

Si passa poi al cibo che dovrà essere acquistato rispettando la filosofia del “chilometro zero”, e, preferibilmente, provenire anche da agricoltura biologica o biodinamica.

Infine, oltre all’organizzazione e al cibo, sono importanti anche i rifiuti che non solo dovranno essere suddivisi in base alle regole della differenziata, ma si dovrà avere cura anche di utilizzare prodotti per l’igiene del locale e della persona principalmente ecologici.

In Italia sono già nati diversi progetti che puntano a rispettare l’ambiente senza trascurare il servizio offerto al cliente, come in Trentino dove è stato prodotto un marchio di sostenibilità ambientale dedicato alla ristorazione, che potrà essere assegnato ai ristoratori che rispetteranno 26 diverse regole di sostenibilità ambientale.

Oppure in Lombardia, Legambiente premia con una etichetta ecologica, e la relativa segnalazione in un elenco dedicato al turismo sostenibile, le attività che svolgono il proprio lavoro nel rispetto dell’ambiente.

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È possibile ridurre notevolmente i rifiuti più di quanto facciamo già? Ebbene sì, e per farlo occorre costanza, dedizione, impegno e tanto rispetto verso l’ambiente in cui viviamo.

Probabilmente se non cambiassimo le nostre abitudini rischieremmo di essere schiacciati da uno valanga di plastica e imballaggi, visto che con la crescita demografica è previsto che i rifiuti solidi urbani aumenteranno notevolmente (e con loro anche i costi di gestione).

Cambiando le proprie abitudini però sarà possibile modificare lo scenario attuale, passando dal 35,5% al 65% di raccolta differenziata che è già stato raggiunto e superato da altri Paesi europei.

In Europa occupiamo il 20° posto, su 27 Stati membri, nella classifica dei Paesi che hanno basse performance di gestione dei rifiuti a causa della scarsa prevenzione e informazione.

Occorre quindi produrre meno rifiuti e riciclare di più facendo tesoro di alcuni di questi consigli che vi elenchiamo di seguito:

sostituire e utilizzare solo imballaggi riciclabili;

ottimizzare l’impiego dei materiali e del design ai fini di un riciclo efficiente;

utilizzare, dove possibile, materiale riciclato invece delle materie prime;

ridurre il consumo di sacchetti monouso per l’ortofrutta utilizzando soluzioni riutilizzabili;

incentivare un vero e proprio cambio di abitudini dei cittadini, incoraggiandoli al riutilizzo di contenitori portati da casa per ridurre il consumo usa e getta;

prediligere i prodotti sfusi e alla spina, evitando, soprattutto, le mono-porzioni e i prodotti già preconfezionati e tagliati.

La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico ma organizzativo, quindi si può partire da questi sei semplici consigli per cambiare l’abitudine della comunità, passo dopo passo per vivere in un mondo più pulito.

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In questi ultimi anni l’allarmismo in campo alimentare si sta facendo strada tra l’opinione pubblica, portando la popolazione mondiale ad andare alla ricerca di prodotti genuini che nuocciano il meno possibile la salute.

A tal proposito, l’agricoltura biodinamica e biologica sta ridando il piacere di mangiare sano a tutti coloro che sono preoccupati di ingerire qualsiasi cosa che sia modificata geneticamente (per esempio gli OGM) o nella quale sia interferita l’innovazione tecnologica.

Scopriamo meglio cosa s’intende con questi due metodi di coltivazione.

L’agricoltura biologica è un procedimento sostenibile che utilizza solamente sostanze naturali, escludendo qualsiasi tipo di prodotti di sintesi chimica come concimi, diserbanti e insetticidi.

I principi fondamentali dell’agricoltura biologica si fondano sulla fertilizzazione organica, in cui si utilizzano solamente concimi organici e minerali naturali, cercando di non intaccare l’equilibrio del suolo; la rotazione delle scorte che consiste nell’alternanza delle coltivazioni, stando attenti a non rendere sterile il suolo; la disinfestazione con sostanze naturali o utilizzo di insetti che si nutrono dei parassiti delle piante.

L’agricoltura biodinamica considera l’azienda agricola un vero e proprio “organismo vivente autosufficiente” nella quale i ritmi cosmici influenzano i calendari di semina, coltivazione e raccolta. Le tecniche più utilizzate sono le rotazioni agricole, per aumentare la fertilità e l’humus, i preparati biodinamici e il compostaggio.

Gli obiettivi di questa agricoltura puntano a eliminare gli impatti ambientali, migliorare la qualità degli alimenti e migliorare la salute umana con un controllo periodico del 100% delle aziende che coltivano con questo metodo. Queste due tipologie di coltivazione sono strettamente correlate tra loro e hanno dato uno spiraglio di luce a tutti gli scettici che ormai avevano perso la fiducia su tutti gli alimenti che quotidianamente si trovavano in tavola.

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Si parla tanto di ecosostenibilità, filosofia green, e chi più ne ha più ne metta, ma forse le città in cui viviamo non sono ancora del tutto sostenibili come vogliono farci credere. Il contributo che noi cittadini possiamo dare nel nostro piccolo aiutano sicuramente a migliorare l’ambiente, ma forse si potrebbe migliorare anche l’organizzazione delle città in modo tale che il concetto di rispetto dell’ambiente non sia solo un’utopia, ma una realtà tangibile.

Secondo Bloomerg (multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York) le città del mondo potrebbero ridurre ulteriormente le emissioni di CO2 entro il 2030 purché diventino intelligenti, quindi, ufficialmente, Smart City.

Per essere considerata tale una città deve avere i seguenti requisiti:

mettere a disposizione della popolazione il Wi-fi su tutto il territorio, come già accade a Roma e Milano, per esempio;

realizzare spazi di coworking;

sviluppare sistemi adatti per la domotica;

incentivare gli spazi verdi con i tetti delle proprie case e orti urbani;

favorire il telelavoro;

sostituire i documenti cartacei in digitali;

incentivare la collaborazione tra tutti i cittadini tramite i social;

preferire soluzioni architettoniche e tecnologie rinnovabili “mini”;

puntare sull’innovazione e la raccolta differenziata smart;

sfruttare maggiormente i pagamenti delle carte di credito anziché con i contanti;

preferire veicoli a basso impatto ambientale (partendo dai taxi fino agli autobus);

creare tessere di trasporto uniche (da poter utilizzare sia in tram sia in bus, in metro, ecc.).

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Le altre idee alternative per rendere Smart una città provengono direttamente da altri Paesi internazionali. Tra quelle più applicabili troviamo:

creazione di parchi “Pop-up” in vecchi parcheggi non più utilizzabili (realizzato per la prima volta a San Francisco);

realizzare parcheggi sotterranei anche per le biciclette (creato a Tokyo);

utilizzare sistemi condensatori e filtri nei cartelloni e pubblicitari (studiati all’Università di Lima);

adoperare vernici spray, non tossiche, di color verde per coprire l’ingiallimento degli edifici (sperimentato in Cina).

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In Inghilterra c’è chi ha inserito il concetto di architettura ecosostenibile anche nello sport come la Forrest Green Rovers, la prima squadra di calcio interamente vegana.

E da chi poteva nascere l’idea di realizzare uno stadio in legno, se non dai vegani? A spalleggiarli è stato l’Architetto Zaha Hadid che ha progettato un vero e proprio tempio del calcio di ben 100 acri: più di 400.000 m² di verde, campi da gioco e strutture multidisciplinari accessibili a tutti i curiosi e tifosi.

Questa progettazione è stato fortemente voluta dal presidente del team inglese, Dale Vince, per ridurre il più possibile le emissioni di CO2 e rendere sostenibile lo stadio. Ma questa non è l’unica idea green che l’uomo ha avuto durante la sua carriera, infatti già da qualche anno è conosciuto anche per essere il fondatore di Ecotricity, una compagnia principale fornitrice di energia verde della Gran Bretagna.

Ma perché proprio il legno? La scelta è ricaduta proprio su questa materia prima perché, oltre a essere una sostanza naturale, il suo utilizzo ha un ridotto contenuto di carbonio, il più basso tra i materiali da costruzione.

L’intero complesso, inoltre, sarà costituito da una membrana trasparente in grado di minimizzare l’impatto del nuovo stadio con il paesaggio circostante; dal punto di vista funzionale, questa membrana eviterà sia che gli spettatori e i giocatori siano colpiti da un’ombra troppo marcata, sia che l’erba del campo non cresca omogeneamente.

Lo stadio progettato dal genio Zaha Hadid è inoltre un piacere da guardare: le sue linee sono talmente morbide e fluide che quasi sembra che sia una collina, diventando un tutt’uno con il paesaggio circostante.

L’eco parco di Stroud, un vero e proprio tempio green dove poter tifare la Forrest Green Rovers senza sentirsi in colpa verso l’ambiente che ci circonda.

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Ad Harbin (in Cina), fin dal 1984, si svolge il Festival Internazionale cinese del ghiaccio e neve dove ogni anno si realizzano sculture di ghiaccio che tendono a riprodurre intere città, con l’unica differenza che le caratterizza: un’atmosfera fiabesca.

Ufficialmente il festival inizia a gennaio e si conclude dopo circa un mese, ma in realtà l’esposizione potrebbe durare più a lungo se le condizioni meteo lo permettessero; durante la manifestazione, infatti, centinaia di artisti da tutto il mondo giungono in loco per realizzare sculture di ghiaccio che in primavera inoltrata cominciano a sciogliersi.

L’incanto che si trova ad Harbin è suddiviso in due aree espositive: Sun Island, ricca di sculture di neve, e Ice Snow World, luogo caratteristico per gli edifici di ghiaccio e ideale per gli amanti degli sport invernali.

Se volete provare l’ebbrezza di trovarvi circondati da edifici imponenti e sculture illuminate da fasci di luce, sappiate che esistono altre città che organizzano altri festival del Ghiaccio e della neve come Balikun (che si trova sempre in Cina); oppure a Buffalo (negli USA) potreste trovare il labirinto di ghiaccio più grande del mondo; infine a Detroit (negli USA) sono state realizzate delle case-sculture davvero suggestive.

L’architettura continua a innovarsi per farci vivere esperienze senza precedenti immersi nel ghiaccio di alcune città “da brivido”.

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L’ecosostenibilità trova spazio anche nella fredda e gelida neve che, se c’è, è ecologica (benché gli impianti lo sono un po’ meno), ma se manca viene prodotta artificialmente e in questo caso, diciamocelo, l’ambiente non viene rispettato al 100%.

Ma per chi è appassionato di sci e fa di tutto per svolgere una vita il più possibile green anche quando la neve deve essere prodotta dall’uomo, la nuova frontiera è lo snowfarming un metodo innovativo, avanzato e soprattutto ecologico che non impiega alcun agente chimico.

Con questa nuova procedura, tutta la neve avanzata a fine stagione viene immagazzinata con lo scopo di riutilizzarla indipendentemente dalle condizioni metereologiche.

Tutta la neve viene accumulata e coperta con un telo stagno e trucioli di legno per isolarla con il fine di conservarne le caratteristiche naturali; questa viene adeguatamente lavorata, per eliminare eventuali blocchi di ghiaccio, e posata dai mezzi battipista sull’asfalto dando così la possibilità ai fondisti di avere a disposizione le piste, anche in assenza di nevicate, sin dai primi di novembre.

Nel nord Europa lo snowfarming è diffuso e conosciuto già da qualche anno, come in Svezia, Finlandia e in Svizzera, ma recentemente si sta cercando di inserirlo a tutti gli effetti anche in Italia per incentivare sia il turismo e gli sport invernali, sia l’ecosostenibilità.

Nella nostra Penisola l’iniziativa è stata promossa a Livigno, dove per il secondo anno consecutivo a partire da marzo è stata messa da parte una consistente quantità di neve, in Tirolo, regione conosciuta per essere la regina dello sci di fondo nell’Europa centrale, e infine in Val Martello, dove sono riusciti, grazie allo snowfarming, a riaprire il centro di Biathlon con largo anticipo nonostante il clima non proprio favorevole.

Snowfarming, la nuova frontiera che permette di usufruire dei beni offerti dalla natura senza danneggiarla.

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La CO2 non è più un problema per Harvard che è riuscita a realizzare un carburante

a base di monossido di carbonio. Come? Prendendo un comune batterio e

regalandogli qualche gene.

La ricetta non è nata nel “Laboratorio di Dexter”, ma è opera dell’ingegnere

chimico Daniel Nocera, famoso soprattutto per il suo lungo lavoro sulla fotosintesi

artificiale, che ha deciso di dedicarsi all’ingegneria genetica finalizzata ad applicazioni

nel settore energetico.

L’obiettivo di Nocera, lavorando con i biologi della Harvard Medical School, è stato

quello di dare al batterio chiamato Ralstonia Eutropha la capacità di consumare

idrogeno e CO2 e convertirli successivamente in molecole ritrovabili in tutti gli

organismi viventi e che sono la principale forma di accumulo di energia (ATP).

Una volta che i batteri saranno in grado di riprodursi, potranno poi essere capaci di

catturare 500 litri di anidride carbonica atmosferica ogni giorno. Secondo alcuni

questo contribuirà a ridurre il riscaldamento globale, ma per Nocera, invece, una

delle applicazioni più probabili potrebbe riguardare la produzione di alcool e

biomasse da bruciare come fonte di energia.

Questo tipo di risorsa prende CO2 dall’aria, ma allo stesso tempo la restituisce

all’atmosfera una volta che il carburante alcolico che produce viene bruciato.

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Forse crederete di non conoscere il biossido di titanio (TiO2), ma in realtà inconsapevolmente lo avete trovato nelle vernici per pitturare la vostra casa, nelle materie plastiche che avrete acquistato in questi anni, negli opacizzanti dei saponi, cosmetici e dentifrici, e nel cemento da costruzione.

Il TiO2 quindi è un materiale ampiamente diffuso e i suoi molteplici utilizzi fanno parte della nostra vita quotidiana, ma c’è chi ha scoperto che si può utilizzare in un altro modo ancora più utile.

All’Università di Alicante, nei laboratori di Nanotecnologia Molecolare, un gruppo di scienziati ha scoperto che questo materiale ha la capacità di rivelarsi un’efficace arma contro gli inquinanti marini solamente cambiandogli colore, da bianco a nero, rendendolo così capace di “mangiare lo smog”.

Già da tempo si parlava della capacità del TiO2 di assorbire gli ultravioletti (UV), ma solo grazie alla ricerca svolta dall’Università di Alicante è stato scoperto che trasformando il biossido di titanio da bianco in nero sarebbe stato possibile assorbire una gamma molto più ampia dello spettro solare, avendo così una attività fotocatalitica più efficiente.

Per questa trasformazione (da bianco a nero) basta aggiungere un composto presente nelle tinture per capelli durante la preparazione del biossido di titanio e, in seguito, utilizzarlo negli impianti di trattamento delle acque, abbattendo così gli inquinanti organici e purificando l’acqua.

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La casa sull’albero forse, per molti di voi lettori, è sempre stato un sogno da quando eravate bambini. Oggi potrebbe diventare realtà grazie a tantissime strutture ricettive che hanno deciso di far vivere ai turisti un’esperienza unica a stretto contatto con la natura.

Si tratta di turismo sostenibile e gli hotel che abbracciano questa filosofia vengono definiti biodegradabili, in quanto realizzano costruzioni temporanee realizzate con materiali essenziali e risorse già presenti in natura per garantire la massima integrazione con l’ambiente circostante.

Per vivere questa esperienza unica che vi farà fare un tuffo nel passato e nei sogni che hanno caratterizzato la vostra infanzia, potreste recarvi nelle seguenti località:

in Trentino, nel piccolo comune di Sagron Mis. La località non possiede impianti di risalita e piste da sci, ma come un luogo interamente sostenibilità per apprezzare ancor più boschi e natura incontaminata;

a Viterbo, vicino Roma, trovate l’agriturismo la Piantana. Dormire immersi nella natura delle campagne dell’Italia centrale, a breve distanza sia dal mare che dalle montagne a 8 metri di altezza da terra (non adatto a chi soffre di vertigini);

Ecolodge de Cabaneros, in Spagna. Dormire circondato da 15.000m2 di foresta mediterranea che offre uno scenario mozzafiato di catene montuose e boschi, dove è possibile vedere i cervi e la migrazione invernale delle gru;

Normandia, a 115 km da Parigi. Immersi in una foresta di querce e carpini, un parco, questa casa sull’albero è del tutto ecosostenibile, dalla struttura sino alle lenzuola e gli asciugamani di bambù ed eucalipto interamente biodegradabili, e infine anche i prodotti per la pulizia bio;

nelle Alpi Marittime francesi, queste case sugli alberi sono un vero e proprio rifugio per gli amanti delle avventure, immerse nel bosco e lontane dal caos della città sospese nel vuoto;

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Chalkey Treehouse in Sudafrica. Chi non sogna di dormire sotto le stelle, o cenare e trascorrere una notte in compagnia dei richiami delle iene e del ruggito dei leoni?

Cedar Creek Treehouse, negli Stati Uniti. Costruita tra i rami di un grande albero che ha ormai 200 anni, l’alloggio sostenibile risulta proprio davanti a una magnifica vista sul Mount Rainer;

Trehouses Eco Resort, in Portogallo. A forma di serpente, le case sull’albero di questo resort vengono raggiunte grazie ad un ponte ed offrono una vista mozzafiato sugli spazi verdi circostanti. Interamente costruite con legname del luogo e fornite di pannelli fotovoltaici e di sistemi di recupero per l’acqua piovana.

Manca solo lo zaino, tanta voglia di stare in contatto con la natura e partire per vivere un’esperienza senza precedenti.

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Spesso ammirando l’arte contemporanea ci si chiede per quale motivo alcune realizzazioni vengano considerate opere d’arte. Cosa non riusciamo a cogliere?

Forse siamo ancora troppo legati ai canoni della nostra tradizione e non vogliamo renderci conto che in un mondo che cambia, cambiano anche i linguaggi utilizzati per descriverlo.

Dunque ci viene difficile apprezzare un’opera astratta, perché forse l’arte deve “rappresentare cose belle” e che si avvicinano il più possibile alla realtà, dimenticandoci talvolta che dietro ogni realizzazione artistica si nascondono valori storici, filosofici ed etici di una determinata epoca, riconosciuti e accettati da una collettività che ha decretato l’artisticità di un oggetto.

Inoltre, spesso capita di dire “questo potevo farlo anche io”. Sì, forse tecnicamente ci sono tante opere che avremmo potuto realizzare noi, ma non lo abbiamo fatto e alla fine l’idea l’ha avuta qualcun altro.

Tutto questo preambolo è stato fatto per spiegarvi in breve perché spesso siamo restii davanti all’arte contemporanea, e a tal proposito vogliamo proporvi delle opere d’arte realizzate interamente con il riciclo della plastica. Ebbene sì, l’arte non è più solo sculture di pietra o marmo, pennelli, tempere, olio e tela.

Il prima artista è Claude Cormier che realizzò un’installazione formata da 90000 palline di plastica, chiamata PERGOLA, per rendere omaggio al pittore e padre dell’impressionismo Claude Monet. Le palline formate da 5 tonalità vanno a rappresentare il glicine, famosa pianta rampicante presente in moltissime opere dell’artista, regalando allo spettatore uno straordinario gioco di luci, ombre e colori, oltre che un suggestivo impatto visivo.

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La seconda è Sayaka Ganz, un’artista giapponese che utilizza giocattoli, accessori e utensili di plastica per creare dinamiche e splendide sculture animalesche. Dopo aver raccolto il materiale in negozi di vendita benefica, o direttamente nei contenitori per la raccolta differenziata l’artista suddivide tutti i pezzi di plastica in 20 gruppi di colore, dopodiché inizia a creare.

La terza è Rachel Whiteread che con la sua opera Embankment ha utilizzato 14.000 scatole di plastica, ispirandosi al ricordo di una scatola che conteneva le decorazioni natalizie di quando era bambina, per realizzare tante candide montagne di altezze diverse in mezzo alle quali lo spettatore si muove liberamente, con l’illusione di essere in un paese fantastico.

Tanti artisti contemporanei stanno riscoprendo la bellezza della plastica riciclata come materiale perfetto per nuove forme d’arte. Il motivo? Da lontano ricordano il vetro, ma da vicino sono scarti della nostra civiltà.

Riciclo e arte, un connubio perfetto anche per chi l’arte contemporanea ancora non la capisce.

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Un ottimo rimedio naturale per liberarvi di polveri, fumo, ioni e elettromagnetismo è la lampada di sale, un ottimo elemento di design che fa sempre la sua bellissima figura e, soprattutto è utilissima.

Inoltre, il combo sale-luce-calore svolge, oltre a un ottimo lavoro cromoterapico rilassando e aumentando la concentrazione, un’ottima funzione da deumidificatore naturale eliminando l’umidità in eccesso in modo efficace; ionizza l’aria facendo sì che polvere, fumo, pollini, batteri, ecc. si attacchino alle pareti o al pavimento (anziché svolazzare liberamente per la casa ed essere respirati dai nostri polmoni).

Le lampade di sale hanno inoltre la capacità di combattere malumore, malessere generale, stress e mal di testa dovuti dagli ioni positivi prodotti dai nostri elettrodomestici casalinghi. Poste di fianco a loro, dunque, riescono a riequilibrare questi scompensi elettromagnetici.

Queste lampade hanno questi importanti benefici poiché l’unione del sale sulla superficie che entra in contatto con le micro molecole di acqua presenti nell’ambiente e il calore della lampadina permette il rilascio di ioni cloruro e ioni sodio carichi negativamente, rendendo neutra una stanza che prima era carica di ioni positivi.

Ovviamente queste azioni benefiche sono proporzionali alla grandezza della stanza stessa e la funzione cromoterapica, invece, dipende dalla colorazione della lampada, ma in genere ogni gamma di colore che si può trovare in giro è associata a un benefico effetto sulla persona.

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Per l’80% della popolazione sarda, la bionda migliore del mondo, la più bella, la più affascinante, la più adatta ad ogni occasione è… la birra Ichnusa.

Questo non è un articolo dedicato all’azienda sarda, produttrice del nettare migliore del mondo, ma si tratta di un articolo informativo sull’utilizzo della birra come biocombustibile e fertilizzante.

Come saprete questa bevanda generalmente si ottiene dalla fermentazione del mosto a base di malto d’orzo, aromatizzata da luppolo, ma molti scarti durante la sua produzione talvolta vengono buttati.

C’è un modo del tutto innovativo ed ecosostenibile, ideato dal Consiglio per la Ricerca in Agricoltura, che ha come obiettivo quello di recuperare le acque di processo, trebbie e altri scarti per produrre pellet e carbone vegetale.

Grazie a questa soluzione è stato possibile recuperare fino al 90% delle materie prime utilizzate nel processo produttivo della birra per la produzione di biocombustibili per via dell’alto contenuto di carbonio e idrogeno e quindi un elevato potere calorifico.

Questa tecnica ha un bassissimo impatto ambientale perché genera una quantità di rifiuti, tenetevi forte… prossima allo zero! Infatti, il carbone vegetale può essere utilizzato come ammendante agricolo per ridurre il fabbisogno di acqua e di fertilizzanti dei terreni e di svolgere un notevole stoccaggio della CO2.

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Come ben sapete la nostra filosofia aziendale è caratterizzata dall’ecosostenibilità e nel nostro blog ci teniamo ad aggiornarvi di tutto ciò che, forse, non sapevate su questo “stile di vita”.

Oggi vogliamo parlarvi di ben 10 materiali edili che rispettano la salute della popolazione, sono riciclabili, risparmiano notevoli risorse idriche, ma allo stesso tempo assolvono i loro doveri nel settore delle costruzioni.

Partiamo subito con l’elenco.

Isolamento a base del micelio dei funghi, permette all’isolamento di svilupparsi e crescere direttamente all’interno della parete muraria, facendola diventare perfettamente ermetica, termicamente resistente, ecologia al 100%, priva di VOC ed ignifuga.

Isolamento a base di lana di pecora, sicuro per l’ambiente e per le persone, la lana di pecora assorbe le sostanze inquinanti presenti nell’aria interna, è ignifuga ed facilmente riciclabile post-demolizione.

Pietra riciclata, e con precisione, pietra calcarea unita a bottiglie di plastica, confezioni e sacchetti alimentari per coperture e rivestimenti.

Isolamento a base di nanocellulosa, oltre alle sue innumerevoli applicazioni, per esempio nella produzione della carta e del cartone, può essere utilizzata come materiale da protezione contro l’ossigeno, il vapore acqueo, il grasso e l’olio.

Pannelli in paglia, realizzati attraverso l’essicazione di questo materiale sono una soluzione costruttiva economica, ecologica, super isolante e modulare. Inoltre, sono composti da materiali riciclati come paglia e legno.

Pannelli in fibra di cellulosa, non richiedono notevoli quantitativi di acqua e risorse per la loro realizzazione.

Vernici minerali per pareti, completamente naturali, lavabili, a prova di sostanze chimiche tossiche, ipoallergeniche e permeabili, capaci di assorbire le emissioni di CO2.

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Mattoni riciclabili, realizzati interamente dal riciclo delle macerie dei terremoti.

Canapa, biomateriale usato nei pannelli isolanti, ricavato sintetizzando la biomassa in canapa e il legante pappa reale.

Bambù, più resistente, in trazione e compressione, rispetto al legno, all’acciaio e al cemento.

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Come trascorrere il Natale in modo ecosostenibile, senza sprecare cibo, energia elettrica e soldi?

Per prima cosa si potrebbe partire dalla scelta dell’albero e se in questo momento siete indecisi se comprare un abete vero o artificiale, sappiate che ci sono pro e contro in ognuno dei due casi.

Se decidete di scegliere un abete vero, potreste recarvi da un produttore locale (per ridurre l’impronta ambientale del trasporto) che coltiva gli abeti secondo i principi dell’agricoltura biologica.

La provenienza da una piantagione allestita ad hoc eliminerà il rischio che il vostro acquisto possa contribuire alla distruzione di una foresta. Alla fine delle feste natalizie piantatelo in giardino.

Se invece optate per gli alberi artificiali, realizzati in materiali non biodegradabili (PVC e metallo), sappiate che probabilmente provengono da paesi asiatici e che per arrivare fino a noi percorrono migliaia di chilometri, con relative emissioni di anidride carbonica. Dunque se ricorrerete a un abete finto, fatelo durare il più a lungo possibile.

Un altro aspetto da tenere in considerazione sono le luci natalizie. Secondo le stime di Greenpeace con l’energia dell’illuminazione natalizia si potrebbe coprire il consumo elettrico di una città di 1 milione di abitanti. Dunque, per risparmiare si potrebbe optare per le luci al LED.

Sono un po’ meno economiche, ma durano più a lungo (quindi potrete riutilizzarle negli anni successivi), richiedono poca manutenzione e consentono di risparmiare fino all’80% di energia rispetto alle normali lampadine.

Invece, per quanto riguarda i regali, se optate di concedervi un bel viaggetto fate in modo che la vostra sia una vacanza responsabile che aiuti la biodiversità, contribuendo a diminuire così l’emissione in atmosfera di CO2.

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Noi italiani impazziamo per il caffè e lo beviamo sempre, ad esempio per colazione, in pausa al lavoro (chiamata proprio “pausa caffè”), dopo pranzo (per combattere il cosiddetto abbiocco), metà sera e, per chi non soffre d’insonnia, anche dopo cena.

Ma che fine fanno le migliaia di capsule che giorno dopo giorno sfruttiamo affinché questo particolare nettare nero ci permetta di portare a termine la nostra giornata lavorativa?

Alcune, purtroppo, vengono buttate senza essere poi recuperate, altre, come quelle della Nespresso, vengono recuperate a dimostrazione che il riciclo è l’Elisir di lunga vita per tutti quegli oggetti facilmente riutilizzabili se ci si impegna un po’.

Grazie al progetto lanciato da Nespresso nel 2011, al momento sono state raccolte circa 1.593 tonnellate di capsule, ben 50 città in tutta Italia si sono impegnate per organizzare ben 88 punti di raccolta.

Così facendo l’azienda, in collaborazione con CIAL (Consorzio Nazionale Riciclo Alluminio), Federambiente e CIC (Consorzio italiano Compostatori), ha permesso di salvare dalla raccolta indifferenziata le capsule da caffè in alluminio, che molti italiani usano quotidianamente nelle loro macchinette, e gli scarti del caffè.

Per far sì che questo diventasse possibile, i residui organici sono stati separati dall’alluminio e i due materiali hanno così potuto subire due processi di riciclo e di valorizzazione: l’alluminio viene riutilizzato attraverso un sistema di riciclo all’avanguardia e, una volta fuso, conserva tutte le sue proprietà consentendo un notevole risparmio di energia; il caffè residuo, invece, viene trasformato in compost e utilizzato come fertilizzante per un appezzamento di terreno scelto insieme a Unione Agricoltori di Pavia e destinato a risaia.

Infine, i frutti della terra vengono poi acquistati da Nespresso che, con l’aiuto del Banco Alimentare della Lombardia, li destina alle persone in difficoltà del territorio.

Una bella iniziativa da parte di una grande azienda che quotidianamente pensa ai nostri bisogni di caffè dipendenti.

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Nel mondo che vorremmo probabilmente non esistono i rifiuti gettati qua e là nel territorio che ci ospita, anzi quasi sicuramente ognuno di noi sogna di vivere in un mondo più pulito in cui la popolazione si impegna a rispettare l’ambiente, buttando i rifiuti negli appositi bidoni della raccolta differenziata.

Non tutti però onorano il mondo il cui viviamo e talvolta quando ci rechiamo al mare i rifiuti fanno capolino tra le onde, rovinando quanto di più bello e di naturale i nostri occhi possono ammirare.

C’è chi però è riuscito a trovare un rimedio a questo scempio. L’azienda conosciuta a livello internazionale Adidas, per esempio.

Da qualche tempo, infatti, Plarley For The Oceans (un’organizzazione dedicata a ridurre la quantità di rifiuti di plastica nell’oceano) ha trovato supporto da parte di Adidas, realizzando una scarpa composta interamente da materiali di plastica raccolti, e successivamente riciclati, dall’oceano.

Nel 2015 è stato presentato il prototipo di questa scarpa green, in dimostrazione di come la realizzazione del progetto fosse possibile e rendendo concreto il sogno di liberare l’oceano dall’inquinamento della plastica.

Durante il 2016, l’organizzazione e il brand hanno portato avanti la loro partnership uscendo ufficialmente con le Adidas UltraBoost Uncaged Parley in edizione limitata.

Le sneaker da corsa, composte da materiali creati dai rifiuti recuperati dalle acque, sono perfettamente alla moda, belle da guardare e comode da indossare e, al momento, l’intenzione è quella di produrne circa 7000 paia.

Migliorare il mondo essendo ecosostenibili senza rinunciare allo stile è possibile e Adidas l’ha dimostrato, dedicando del tempo utile all’ecosostenibilità e alla salvaguardia dell’ambiente.

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Utilizzato generalmente come appoggio di diversi materiali da immagazzinare nelle industrie e da trasportare con specifiche attrezzature (come i carrelli elevatori), il pallet rinasce in questi ultimi anni come elemento d’arredo totalmente ecosostenibile.

Con l’avvento del riciclo creativo, questo materiale riesce a dare un tocco personale ed elegante sia agli interni che al giardino della propria abitazione. Dunque, se amate lo stile rustico e gli arredi artigianali, sappiate che se a casa avete qualche pedana di legno potreste rimboccarvi le maniche e dare sfogo alla vostra fantasia.

Ne esistono di diversi tipi (sia di legno sia di plastica), dimensione, forme e colori, quindi spesso e volentieri si ha l’imbarazzo della scelta in base alle esigenze e gusti personali.

I vantaggi provenienti dal riciclo del pallet sono tanti e variegati, ma i principali riguardano l’ecosostenibilità, il risparmio economico, l’elevata reperibilità e resistenza e i modi in cui potreste utilizzarlo sono così classificabili:

tavoli e tavolini per ambienti interni ed esterni;

letti e cassetti per la camera da letto;

divani per il giardino;

angoli e muri della casa;

oggetti decorativi e di arredo;

porta oggetti per il garage;

dondoli e altalene;

cucce e porta ciotole per gli amici a quattro zampe.

Ovviamente questi sono solo alcuni dei modi in cui si potrebbe usufruire del pallet, ma principalmente spetta a voi decidere come dare nuova vita a queste pedane di legno, dando il via libera alla vostra creatività e immaginazione.

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Arriva direttamente dalla Germania una bio batteria che si alimenta con semplici materiali prime, quali paglia, frammenti di legname, fanghi industriali o residui in fermentazione degli impianti a biogas.

A realizzarla ci hanno pensato alcuni scienziati del Fraunhofer Institute che si sono posti l’obiettivo di realizzare un’innovativa bio batteria capace di produrre energia elettrica, calore e prodotti di alta qualità, come gas, olio e carbone vegetale.

Inoltre, la bio batteria può essere integrata a impianti eolici o fotovoltaici poiché in grado di elaborare e riconvertire in energia elettrica circa 30 kg di biomassa per ora, con un’efficienza pari a circa il 75%.

Il lavoro dei ricercatori tedeschi permette di fornire non solo energia elettrica e termica, ma anche gas, olio e carbone vegetale da utilizzare come biocarburanti per navi e aerei, fertilizzanti o, dopo altri e specifici procedimenti, sostanze di base per l’industria chimica.

Il funzionamento è molto semplice: le materie prime passano prima in un ambiente sottovuoto, dove poi vengono mescolate di continuo e sminuzzate. Successivamente si procede con il surriscaldamento per ottenere carbone vegetale e gas volatili, che vengono poi ulteriormente riscaldati e raffreddati. Nel corso del processo si compattano in un liquido che contiene acqua e olio vegetale. I ricercatori infine separano l’olio di alta qualità per riutilizzarlo, mentre il gas che ne risulta viene purificato e stoccato.

I vari impieghi che si possono ottenere da questo procedimento sono molteplici, tra cui

l’olio può essere utilizzato come biocarburante per aerei o navi;

il gas per gli impianti per la produzione di energia elettrica e termica;

l’acqua per aumentare la produzione di metano;

il carbone vegetale funge, infine, da ottimo fertilizzante per il terreno.

Un piccolo passo per la propria comodità, un grande passo verso l’innovazione.

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Lo sapevate che anche delle semplici email che inviate quotidianamente dalla vostra posta elettronica producono emissioni di CO2? Forse non ci avevate mai pensato, ma in realtà queste semplici operazioni che sfruttano la connessione internet e che vi permettono di mantenere le relazioni con i vostri contatti, sono inquinanti quanto un’automobile.

Capire come avviene questo processo che emette anidride carbonica non è difficile, infatti basta pensare che spedendo un email si consuma energia elettrica, e l’energia, quasi sempre, viene prodotta bruciando petrolio o gas, dunque inquinando l’aria.

A tal proposito, l’Ademe, un istituto francese che si occupa di ambiente ed energia, ha calcolato quanto inquina un messaggio di posta elettronica e i risultati diciamo che… non sono proprio incoraggianti!

Infatti, dalle loro ricerche pare che con un solo Megabyte (per raggiungere questo valore basta allegare una foto fatta col cellulare) si producono circa 19 grammi di CO2, dati dalla somma del consumo di energia elettrica del computer da cui si scrive il messaggio e quello di tutti i computer coinvolti nella spedizione e nella consegna, che di solito sono almeno 10.

Anche usando WhatsApp il risultato è lo stesso: bastano 8 messaggi per produrre tanta anidride carbonica quanta quella di un’auto che percorre 1 km di strada.

Ora pensiamo a un ufficio e alle email che potrebbero inviare quotidianamente tutti i dipendenti: se al giorno venissero inviate 100 email da un Megabyte ciascuna, all’anno verrebbe prodotta più di mezza tonnellata di CO2. Chi l’avrebbe mai detto?

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Sappiamo tutti che sarebbe cosa buona e giusta risparmiare gran parte dell’acqua pulita e potabile, ma delle volte potrebbe capitare senza nemmeno accorgersene, come per esempio mentre si fa la doccia.

A differenza del lavandino in cui si utilizza l’acqua subito dopo aver girato le manopole, in doccia accade che prima di ottenere la temperatura desiderata l’acqua scorre per diversi secondi o minuti.

In Turchia e in Brasile hanno pensato bene di risolvere questa problematica realizzando un raccoglitore che abbatte gli sprechi d’acqua durante la doccia salvaguardando l’ambiente e diminuendo gli importi delle bollette.

Questi contenitori, in grado di recuperare fino a sei litri di acqua, devono essere posizionati sopra il piatto della doccia. Dopo essersi riempiti si possono spostare al lato del box mentre si fa la doccia (in modo tale da non far entrare la schiuma del sapone utilizzato) e così l’acqua recuperata può essere poi riutilizzata per innaffiare le piante, irrigare il prato, lavare i piatti ecc.

Le taniche pensate in questi Paesi potrebbero essere molto utili soprattutto nei luoghi in via di sviluppo dove l’acqua è ancora un bene prezioso, oppure nei territori in cui vi è il problema della siccità.

Queste taniche possono essere realizzate in maniera “fai da te” in modo tale da poterle utilizzare non solo sotto la doccia, ma anche per recuperare l’acqua dei climatizzatori, per esempio.

Così facendo non solo si renderebbe più ecologica la propria abitazione, ma i costi si ridurrebbero quasi del 30%. Perché non provare?

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Rimediare al problema dell’inquinamento ambientale è possibile educando fin dalla tenera età i bambini a rispettare l’ambiente, in modo tale che in età adulta si portino dietro questi insegnamenti per mantenere uno stile di vita ecosostenibile.

Per fare ciò è necessario spiegare ai bambini cosa sia l’ambiente (questo compito spetta sia ai genitori che all’istituzione scolastica), mettendoli in contatto diretto con tutto ciò che rappresenta per la nostra sopravvivenza la natura e soprattutto tutto quello che l’uomo acquisisce da essa.

Una delle prime cose da fare sarebbe quella di spiegare l’importanza dell’aria, essenziale per la nostra sopravvivenza e che in nessun caso deve essere inquinata, in quanto ciò comprometterebbe la vita degli esseri viventi.

In secondo luogo bisognerebbe spiegare ai piccoli cosa vuol dire inquinare con esempi pratici, ad esempio sottolineando quanto tempo impiega per essere smaltita una semplice carta di caramella buttata a terra, oppure una gomma da masticare e così via.

Una volta spiegate queste nozioni, potrete fargli fare delle attività per insegnargli in che modo rendere migliore il nostro pianeta seguendo questi semplici esempi:

dare il buon esempio, visto che i bambini tendono a imitare i gesti dei propri genitori sarebbe un buon punto di partenza essere edificanti;

incentivare le passeggiate nei luoghi verdi, per fargli conoscere in prima persona la natura e tutto ciò che ci offre;

evitare gli sprechi d’acqua, insegnandogli a chiudere i rubinetti quando non è necessario tenerli aperti (mentre ci si lava i denti o ci si insapona in doccia), o preferire una doccia a un bagno;

preferire il pedibus all’autobus per andare a scuola, mostrandogli l’importanza di inquinare il meno possibile l’ambiente;

non dimenticare la luce accesa, facendogli presente che anche solo una piccola lampadina riesce ad emettere numerose emissioni di CO2.

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Far diventare i vostri figli eco consapevoli e insegnargli l’importanza di uno stile di vita eco sostenibile non sembra così complicato, che dite?

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È possibile viaggiare rispettando l’ambiente? Certo che sì! I modi sono diversi e già da parecchi anni tour operator e agenzie di viaggio si dilettano nella programmazione di itinerari ecosostenibili utilizzando come unico mezzo di trasporto la propria forza fisica.

A piedi o in bicicletta per ammirare e apprezzare ciò che di più bello abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, ma spesso non siamo in grado di guardare perché ci limitiamo solo a vedere cosa la natura offre sotto ogni aspetto e forma.

Fermarsi per qualche giorno, prendere lo zaino e partire per godersi il meritato riposo, recuperando le energie, riducendo lo stress accumulato e riscoprendo il piacere del fare le cose liberando la mente dimenticando i problemi quotidiani. In quest’ottica, la bicicletta (e per chi trova le scarpe comode, viaggiare e spostarsi a piedi) rappresenta un compagno di viaggio ideale per assaporare paesaggi, cultura e conoscere nuove persone.

Quali sono le mete che facilitano il cicloturismo? Ecco di seguito qualche località tutta da scoprire.

Partiamo dall’Italia e dai suoi magnifici paesaggi. I luoghi più gettonati per viaggiare in bici sono il Cilento, ideale per chi ama stare in mezzo alla natura e al mare; le Dolomiti, Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco caratteristico per le sue cime maestose; la Via Francigena, ideale anche per i pellegrinaggi, è conosciuta perché parte da Canterbury fino ad arrivare a Roma; la Maremma, particolare per il susseguirsi dei colli e dei profumi dei vitigni.

Ci spostiamo nel resto d’Europa e vi consigliamo la Grecia, tra le numerose località naturali e il suo patrimonio storico e culturale; la Danimarca, per godersi appieno la natura incontaminata; la Norvegia, per immergersi totalmente nei meravigliosi fiordi; la Finlandia, caratteristica per i suoi magici boschi e laghi; la Svizzera, con i suoi laghi turchesi, magiche cittadine e il lunghissimo fiume Aar; infine non poteva mancare il famosissimo Cammino di Santiago di Compostela, quasi 30 km al giorno in compagnia della natura e della sua bellezza incomparabile.

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“È andando in bicicletta che impari meglio i contorni di un paese, perché devi sudare

sulle colline e andare giù a ruota libera nelle discese. In questo modo te le ricordi

come sono veramente, mentre in automobile ti restano impresse solo le colline più

alte, e non hai un ricordo tanto accurato del paese che hai attraversato in macchina

come ce l’hai passandoci in bicicletta.” – Ernest Hemingway

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Qual è la prima cosa che vi viene in mente se citiamo la parola “sughero”? Forse l’ 80% di voi avrà pensato ai tappi delle bottiglie di vino e il restante 20% alla quercia dalla quale viene estratto questo materiale.

A dir la verità, in questi ultimi anni il sughero è stato utilizzato anche in altri modi e soprattutto nel mondo della moda dato che è un materiale:

naturale biocompatibile;

ecologico;

biodegradabile che può essere riciclato senza inquinare l’ambiente;

leggero e compatto;

anallergico;

elastico e facile da lavorare;

traspirante e quindi non attaccabile da muffe.

Tantissime case di moda dal 1998 a oggi realizzano scarpe, borse e accessori con questo tessuto vegetale, come Anna Grindi, Salvatore Ferragamo, Prada, Nike, Bistrusso e tanti altri ancora.

Dunque questo materiale permette di modificare ciò che Madre Natura ha creato per realizzare qualcosa di ancora più grandioso, pratico, leggero e vellutato, indossabile nel quotidiano senza inquinare e danneggiare l’ambiente che grazie alle sue molteplici caratteristiche sorpassa la famosa e riciclabile plastica.

Questo pregiato tessuto, leggero come la seta e morbido come il suede, antimacchia, antigraffio, impermeabile e praticamente indistruttibile, che rende unici e preziosi gli oggetti su cui viene utilizzato, è diventato in breve tempo l’essenza principale della nuova moda.

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Oggigiorno sfruttare l’energia solare, idroelettrica ed eolica risulta molto semplice e comodo per ridurre le emissioni di CO2 e rispettare l’ambiente.

Ma non avete mai pensato a come poter sfruttare l’acqua piovana all’interno delle vostre abitazioni? Soprattutto in alcuni Stati estremamente piovosi una soluzione del genere sarebbe molto utile (oltre che ecologica).

Un impianto di questo tipo potrebbe portare, soprattutto nelle abitazioni private o alberghi turistici, numerosi vantaggi in quanto si riuscirebbe a soddisfare gran parte del fabbisogno idrico domestico, diminuendo, inoltre, i costi di smaltimento e di depurazione delle acque e avendo un risparmio economico notevole.

L’acqua piovana riciclata può essere utilizzata per:

l’irrigazione del giardino di un’abitazione o una struttura ricettiva;

l’igiene domestica (pulizia dei sanitari);

la lavatrice e la lavastoviglie (l’acqua, essendo meno calcarea, renderebbe il ciclo di vita di questi elettrodomestici più lungo).

Questi impianti sfruttano la pendenza del tetto della casa: l’acqua piovana, dopo aver confluito in un apposito serbatoio di raccolta attraverso la grondaia, verrebbe filtrata e poi fatta convogliare in un secondo serbatoio per poi essere purificata (tutti i batteri e le sostanze nocive vengono eliminati del tutto).

Dopo questi brevi passaggi l’acqua può essere inserita all’interno del sistema delle tubature in base all’utilizzo scelto (irrigazione, l’igiene domestica, ecc.).

Il costo di un impianto completo (cisterna, tubi e filtri) può costare intorno agli 800 euro, ma a lungo andare si potrebbe avere un risparmio economico notevole sui costi di smaltimento e di depurazione delle acque che riguardano l’acquedotto. Se invece pensate che potreste riutilizzare l’acqua piovana solo per irrigare i vostri giardini potreste pensare ad alcune soluzioni fai da te che potreste trovare con facilità anche su YouTube.

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Le novità sull’ecosostenibile non sono mai abbastanza e infatti proprio quando credi di conoscere tutto ciò che c’è da sapere sull’argomento, ecco che spunta fuori qualcosa di innovativo. La novità che vi vogliamo segnalare oggi riguarda la costruzione degli edifici ecosostenibili; i protocolli che riguardano il corretto utilizzo di questi materiali cambiano da nazione a nazione, ma i principi fondamentali sono uguali per tutti.

I materiali utilizzati per questo genere di costruzioni possono essere rinnovabili o non rinnovabili, ma ciò che importa davvero è che il concetto di sostenibilità venga rispettato e che la loro costruzione non abbia un impatto negativo sull’ambiente.

Tali materiali, dunque, vengono scelti e valutati accuratamente durante il loro processo produttivo che porta alla loro realizzazione. Gli stessi produttori hanno come obiettivo quello di ottenere una certificazione che attesti come il loro prodotto non danneggi l’ambiente e sia ecosostenibile. Questi materiali quindi non devono essere tossici, bensì riciclabili e preferibilmente di provenienza locale. Dopo aver costruito l’edificio, i produttori dovranno assicurare che i materiali non producano emissioni tossiche, che siano resistenti all’umidità e che possano essere lavabili con sostanze non tossiche.

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Pare ovvio quindi che per parlare di edifici ecosostenibili sia importante tenere in considerazione sia i produttori che i materiali al fine di poter sfruttare in seguito anche le risorse energetici naturali e integrare i pannelli fotovoltaici e le tecnologie green-oriented.

Di seguito ecco qualche esempio di strutture edilizie ecosostenibili.

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Asya Kozina, Kelly Murray, Gary Harvey e Caterina Crepax, quattro nomi di importanti stiliste che realizzano abiti con la carta.

Il prodotto finale è molto suggestivo proprio perché sembrano delle sculture, ma in realtà si tratta di veri e propri vestiti cuciti e ricamati perfettamente utilizzando solamente la carta, rispettando così l’ambiente senza rinunciare allo stile.

Il lavoro di queste quattro stiliste è un miscuglio tra découpage e scultura, con il fine di realizzare abiti e accessori eleganti, magici, lussuosi e allo stesso tempo fragili.

Asya Kozina ha realizzato delle vesti da sposa per promuovere il marchio Wild Orchil rivisitando abiti etnici, come quelli della tradizione mongola, che hanno come caratteristica la stravaganza e di cui l’artista ha esasperato le forme e i dettagli.

Oltre gli abiti da sposa, Asya ha realizzato gigantesche parrucche ispirandosi alla Francia del XVIII secolo creando delle sculture di quasi un metro; ogni colore caratteristico di questi secoli è stato messo da parte per adottare solamente il bianco della carta.

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Tante, tantissime cose possono essere realizzate con la carta, come il tutù firmato dall’artista francese Kelly Murray che con dei semplicissimi elenchi telefonici, con forbici e colla, ha creato un abito con una spirale di carta plissettata formando delle morbide balze e una grande fascia che mette in risalto il punto vita. Artigianalità, ecosostenibilità e stile in un unico prodotto.

Anche le creazioni di Gary Harvey, realizzate con i ritagli di giornali, richiamano un’epoca ben precisa che è quella degli anni 50 aggiungendo eleganza, ricercatezza e tantissimi dettagli per renderli unici.

Carta ripiegata, arricciata e plissettata per Caterina Crepax architetto e scenografa con l’abilità di realizzare con dei semplici fogli di carta abiti morbidi ed eleganti. Per esaltare la bellezza femminile Caterina ha utilizzato scontrini, etichette e carte da forno sistemandoli tra loro come se fossero cuciti con ago e filo.

Chi avrebbe mai detto che con la carta che usiamo per cucinare, per scrivere o per

disegnare, si potessero realizzare dei magnifici abiti rispettando l’ambiente?