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ERATO Cultura… Costume… Sindacato… Attualità III QUADRIMESTRE 2012 Emanazione del Gruppo Culturale Ricreativo ERATO CIDA-INPS, costituito in seno al SINDACATO NAZIONALE DEI DIRIGENTI E DELLE ALTE PROFESSIONALITÀ DELL’INPS ADERENTE ALLA CIDA Via Ciro il Grande n.21- 00144 ROMA -Tel. 06 59057488 -89 Fax 06 5915686 email: [email protected] - sito web: www.cidainps.it (in allestimento)

RIVISTA ERATO TERZO 2012 - eratocidainps.it - RIVISTA ERATO - IIIQ.pdf · 11 alimentazione e salute 12 spiritualità 13 i grandi di ogni tempo 14 un racconto breve 15 a tavola con

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ERATO

Cultura… Costume… Sindacato… Attualità

III QUADRIMESTRE 2012

Emanazione del Gruppo Culturale Ricreativo ERATO CIDA-INPS, costituito in seno al SINDACATO NAZIONALE DEI DIRIGENTI E DELLE ALTE

PROFESSIONALITÀ DELL’INPS ADERENTE ALLA CIDA Via Ciro il Grande n.21- 00144 ROMA -Tel. 06 59057488 -89 Fax 06 5915686

email: [email protected] - sito web: www.cidainps.it (in allestimento)

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ERATOERATOERATOERATO

CULTURA… COSTUME… SINDACATO… ATTUALITÀ A DIFFUSIONE INTERNA ONLINE

Tutti i diritti sono riservati In caso di riproduzione totale o parziale citare la fonte

SOMMARIO 3 in punta di penna 4 zig-zagando tra le arti 5 poeti in vetrina 6 sono passati cent’anni e più 8 problemi del nostro tempo 10 cinema.. cinema: impegno e disimpegno 11 alimentazione e salute 12 spiritualità 13 i grandi di ogni tempo 14 un racconto breve 15 a tavola con lo chef 16 romavagando 17 tradizioni popolari 18 mostre e concerti 20 in libreria 21 blok notes 22 per strappare un sorriso 23 sindacato… sindacale…sindacato

29 il nostro organigramma

Il progetto grafico e la foto in copertina - (parte della Locandina della mostra presentata al Forte Sangallo di Nettuno nel dicembre 2009 intitolata NATALE in … COCCI ) sono di Silvana Costa in arte Silco. Sito: www.silvanacosta.it – e mail: [email protected] Blog: ceramicando blog spot silco

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IN PUNTIN PUNTIN PUNTIN PUNT A DI A DI A DI A DI PENNAPENNAPENNAPENNA

LE MADRI DELLE TIRANNIDI di Carmelo Pelle* (L'oligarchia e la corruzione) “Quando la città, retta a democrazia, si ubriaca, con l'aiuto di cattivi coppieri, confondendola con la licenza, salvo a darne poi la colpa ai capi, accusandoli di essere loro i responsabili degli abusi e costringendoli a comprarsi l'impunità con dosi sempre più massicce di indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango, accettando di farsi serva di uomini di fango per poter continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio, quando il figlio si mette dalla parte del padre e, lungi dal rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, da dovunque venga, chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l'ha costruita e c'è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine, c'è da meravigliarsi che l'arbitrio si estenda a tutto, e che dappertutto nasca l'anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle? In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun modo i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi, in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolari soltanto dalle reciproche compiacenze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell'uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione ed anzi costringe tutti a misurare il passo sulle gambe di chi le ha più corte, in cui l'unico rimedio contro il favoritismo consiste nella reciprocità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell'anarchia, e nessuno è più sicuro di nulla, e nessuno è più padrone di qualcosa, perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia, a parità di diritti con lui, e i rifiuti si ammonticchiano nelle strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe in armi a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell'autoritarismo? Ecco, secondo me, come nascono e donde nascono le tirannidi. Esse hanno due madri. Una è l'oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L'altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l'inettitudine dei capi, precipita nella corruzione e nella paralisi. Allora la gente si separa da coloro cui fa colpa di averla condotta a tanto disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza, che della tirannide è pronuba e levatrice. Così muore la democrazia: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo”. Il brano è tratto da Platone, La Repubblica - Cap. VIII, traduzione libera, che preferisco tra le tante, di Indro Montanelli, dal titolo “Atene 370 a.C.”. Il tempo non sembra essere trascorso. Nei vari Paesi la crisi della democrazia si ripropone, di volta in volta, con i sintomi acutamente indicati da Platone. Il sistema democratico sembra allora vacillare, e non di rado crolla, per far posto ad altri di tipo autoritario. Spesso però, fortunatamente, la democrazia, liberatasi dai ladri, dagli approfittatori e dagli imbecilli, riacquista nuovo vigore e si consolida. In Italia la democrazia è solida, basata su principi sanciti dalla Costituzione, ispirati ai valori della libertà, uguaglianza e solidarietà. Spesso in questi ultimi venti anni è stata messa a dura prova, ma ha resistito. Ancora attuale, visti i recenti accadimenti, quanto scrive Cicerone (De Repubblica, 134, 51-52) a proposito degli optimi (i governanti) e degli imbecilliores (i governati). Governanti non sempre optimi, perché di norma abusano del loro potere per arricchire se stessi e i loro clan; e governati, imbecilliores, perché hanno creduto che quelle persone, già ricche di per sé, si sarebbero contentate delle ricchezze accumulate, spesso con atti illeciti, o ereditate, governino, governassero nell'interesse generale (bene comune). In teoria ciò non si può escludere, ma accade raramente. Ma dove c'è scritto che un uomo ricco, titolare di molte aziende produttive, abilissimo negli affari, sia anche un buon politico? L'esperienza insegna - e l'assunto vale per tutti i Paesi - l'esatto contrario….Purtroppo!

[email protected] blog: pelleilcalabro.blogspot.com

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ZIGZIGZIGZIG----ZAGANDOZAGANDOZAGANDOZAGANDO TRA LE ARTITRA LE ARTITRA LE ARTITRA LE ARTI

ARTI “MAGGIORI” ED ARTI “MINORI” di Silvana Costa Zigzagando tra le arti non vorrei, in questa sede, parlare delle Arti cosiddette “Maggiori o Nobili” che sono, da secoli, la pittura, la scultura e l’architettura, ma di quelle “Minori” dette anche arti applicate e cioè quel tipo di produzione che comprende manufatti ed articoli esclusivamente artigianali come oreficeria, ebanisteria, tessitura (tappeti ed arazzi), porcellane e maioliche, vetri, cristalli, ecc. e cioè tutti quegli oggetti dotati di una effettiva qualità artistica e creativa. Il concetto dell'arte è uno dei più difficile da esprimere; la parola arte deriva dal latino ars, letteralmente “tecnica”, unita ad una connotazione legata alla bellezza dei prodotti elaborati e significa la capacità dell'uomo di fare un qualsiasi oggetto. Difficile stabilire quali e quante siano realmente le arti minori, in quanto con l'evoluzione del tempo alcune arti sono state dimenticate e altre sono nate, ma non è mai diminuito l'interesse dell'uomo per l'arte, in tutte le sue forme e sfumature. Nel medioevo esisteva già la parola artista, anche se il suo significato si avvicinava più a quello che oggi definiamo artefice, mentre era sconosciuta la parola artigiano: l'artista era ed è ancora oggi, colui che nel suo mestiere sapeva e sa fare qualcosa meglio degli altri. Quindi è l'eccellenza, non l'attività a decretare il concetto di arte. L’oreficeria artistica era praticata già nel mondo antico; dalla Mesopotamia e dall'Antico Egitto, ce lo dimostrano gli splendidi esemplari rinvenuti nelle necropoli egizie e nei corredi funebri delle tombe reali, come quella famosa di Tutankhamon, i gioielli etruschi elaborati con il metodo della granulazione, e quelli romani, dell’età imperiale. A seguire la preziosità bizantina, come la Pala d'oro di Venezia o la Crux Vaticana o Croce di Giustino II nel Museo del Tesoro della Basilica di San Pietro in Vaticano e via via fino ad arrivare alla scuola senese del medioevo e al Rinascimento con valenti orafi come Donatello e Benvenuto Cellini. In Italia, l'oreficeria e la gioielleria ebbero un momento di eccellenza nella produzione della Melchiorre e C., fondata nel 1873 a Valenza da Vincenzo Melchiorre. Di rilievo fu anche l'attività di Vincenzo Giura, orafo lucano che si affermò a Napoli e venne privilegiato dai reali d'Italia, tanto da ricevere il Brevetto della Real Casa dal re Umberto I nel 1889. Oggi i gioielli moderni hanno nomi famosi, Cartier, Tiffany, Bulgari, Damiani, Pianegonda, e sono bellissimi. Anche la ceramica ha una storia molto antica: quasi tutti i popoli hanno lasciato in eredità oggetti in ceramica, dai primi manufatti del neolitico a quelli meglio lavorati e più artistici dell'undicesimo secolo avanti Cristo ottenuti con l'uso del tornio. Ma è la scoperta della porcellana da parte dei cinesi che dal seicento al novecento invade i principali palazzi reali dell'oriente e poi anche dell'occidente con Marco Polo. In epoca romana ecco la ceramica aretina con le sue lavorazioni a rilievo, detta anche terra sigillata. Nel tardo medio evo, si inizia ad usare tornio e forno di cottura, colori e decorazioni sofisticate. Prime fra tutte la ceramica policroma invetriata, inventata da Luca della Robbia che preferisce lavorare con due sole tinte, il bianco delle figure e l'azzurro dei fondi. Dall'accostamento di questi due colori elementari l'artista ottiene il pieno risalto delle figure bianche o talvolta color avorio, dal fondo azzurro e al tempo stesso un'atmosfera pacata, equilibrata e solenne, che diventa l’incontestabile caratteristica del suo stile. Questo costituirà un importante marchio di fabbrica ed un sicuro parametro di riconoscimento delle opere dei Della Robbia. Il nipote Andrea sviluppa ulteriormente la tecnica e introduce alcune innovazioni che portano la produzione delle terrecotte ad un livello quasi industriale. Lo sviluppo policromo fu perfezionato molti anni più tardi da Giovanni, figlio di Andrea, ma la potenzialità espressiva e la bellezza dei manufatti, restano artisticamente un gradino sotto alla produzione di Luca ed Andrea. L'arte dei Della Robbia ha subito nei secoli vari tentativi d'imitazione, ma tutti con scarso successo. Nell'800 la produzione della ceramica assunse caratteristiche di tipo industriale e, in particolare in Italia, la corsa non ebbe più fine sino ai tempi attuali: le zone di produzione sono attualmente sparse un pò in tutta la penisola e la qualità artistica della ceramica italiana è oramai rinomata in tutto il mondo. Attualmente l'Italia è leader mondiale nella produzione di ceramica con la sua quota del 40 per cento e l’interesse per la validità artistica degli oggetti, anche ad uso quotidiano, è oggi ancora particolarmente vivo e ricercato.

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POETI IN VETRINAPOETI IN VETRINAPOETI IN VETRINAPOETI IN VETRINA

Daniela Ferraro è nata a Locri dove vive, si è laureata brillantemente all’Università degli Studi di Messina in lettere e filosofia, insegna materie letterarie presso l’Istituto Professionale Statale Industria e Artigianato (IPSIA) della sua città. Ha il dono della poesia e della narrativa, che coltiva sin da bambina: le sue poesie e la sua prosa sgorgano improvvise come acqua di sorgente. I suoi versi, ispirati dai canoni del neoclassicismo dove la sensibilità classica e quella romantica convivono in modo inscindibile, hanno sempre un “altrove” a suggellare un animo passionale ed una inquieta malinconia. Ardite, ma essenziali le sue metafore… Ha partecipato ad alcuni concorsi letterari sia di narrativa, XXIV edizione del gran Premio di Pompei, ottenendo il terzo posto, che di poesia: Riviera dei Cedri, Calabria 79, conseguendo la menzione d'onore; il Premio Vivarium (Catanzaro) nel 2011, ottenendo il sesto posto; Premio Vivarium nel 2012 e Il Federiciano 2011 ottenendo la menzione d'onore. Ha al suo attivo la pubblicazione di alcune poesie, oltre che su riviste letterarie di vario genere, su alcune antologie come La donna, forza della Calabria e dell'Europa (Istar editrice), sull'antologia Poesie sotto l'albero (associazione culturale ed artistica LA NUOVA MUSA); su Poesie del Nuovo Millennio, Tra un fiore colto e l'altro donato, Il Federiciano, Parole in fuga (Aletti editore), su Poesia Moderna, Se sbaglio, mi corrigerete…, Parole di vita (Ursini ediz. Catanzaro). Nel 2011, ha pubblicato il primo libro di liriche, Icaro, edito da Rupe Mutevole edizioni.

Carmelo Pelle

FERVENTI ATTIMI

Penetrare il mistero di labbra cesellate che tacciono.

-Ferventi attimi-

E mordo il labbro, irrora la saliva l'asciutto desiderio. Gemmano gli occhi nel vago pullulìo di universi in attesa.

Baciami... PAROLE CONSUNTE Tu mi chiedi parole... -Consumano le stelle schegge di farfalle, laceri i petali alle maglie del cielo.-

Flette lo sguardo, indecifrabile posa.

Che dovrei dirti?

La tristezza è muta.

SMERIGLIATI RICORDI Più non saranno smerigliati ricordi pupille a fantasie scivolate nel buio, né rose crocifisse sui cancelli vestali a larve di sfiatati fuochi. Di questo amore, ormai, gli ultimi strappi reseca il tempo tra sudore di stelle e insania irride.

SOLO UN ATTIMO

Schiude nivea l'aurora di carezze il suo boccio e già ruba la notte lo stupore del giorno resecando le vene all'acerbo tramonto. Suggeranno i fantasmi sol vuoto guscio del mio sogno di vita.

Ha un sito su face-book (Daniela Ferraro Profiles profiles) ed è consultabile, per questioni connesse alla sua arte e alla sua professione all’e mail [email protected]

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SSSSONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙ di Silvana Costa*

Centenario di MICHELANGELO ANTONIONI regista, sceneggiatore, montatore, scrittore e pittore, considerato uno dei più grandi registi della storia del cinema, nasce a Ferrara il 29 settembre 1912. Nel 1935 si laurea in Economia e Commercio presso l'Università di Bologna. Con un gruppo di amici, crea una compagnia studentesca che mette in scena alcuni testi di Pirandello, Ibsen, Cechov; diventa titolare della rubrica cinematografica del quotidiano di Ferrara, il “Corriere Padano”, ed inizia a girare un cortometraggio sulla pazzia al manicomio di Ferrara, ma gestire i pazienti è difficile e il lavoro non viene terminato. Nel 1940 si trasferisce a Roma, dove diventa il redattore della rivista “Cinema”, subito lasciata per divergenze politiche, quindi si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia, che frequenta solo un semestre perché chiamato alle armi. Durante il servizio militare partecipa alla stesura di “Un pilota ritorna” di Roberto Rossellini, e nel 1942 ottiene un contratto con la Scalera Film, che lo ingaggia come sceneggiatore e aiuto regista di Enrico Fulchignoni nel film “I due Foscari”. Nonostante le grosse difficoltà del Paese in guerra, Antonioni riesce a girare il suo primo cortometraggio Gente del Po nell’ambiente che conosce meglio e che ama, e la sua attenzione più che su luoghi e cose si accentra sugli uomini, la loro vita ed i loro sentimenti, ma la guerra lo costringe a lasciare incompiute le riprese, e ad abbandonare le pellicole girate, parte delle quali si deteriora; solo nel ‘47 il materiale rimasto verrà montato. Ne seguiranno altri: nel 1948 N.U. (Nettezza urbana) che vince il Nastro d'Argento, ed ancora tre nel '49. Nel 1950, con il suo primo lungometraggio Cronaca di un amore in tempi in cui il cinema neorealista è interessato prevalentemente a temi come dopoguerra e povertà, Antonioni ha il coraggio di uscire dagli schemi e dalle tendenze ricorrenti: il suo film è un dramma d'amore nell'ambiente dell'alta borghesia, e mostra la profonda trasformazione che l'Italia subisce in quegli anni segnando la fine del neorealismo e la nascita di una nuova stagione del cinema italiano. Nel 1955 con Le amiche tratto da un racconto di Cesare Pavese, che ha per tema le donne e l'introspezione, ottiene un buon successo commerciale. Ma è con Il grido, del 1957, che il successo ottenuto prima in Francia, raggiunge finalmente anche l'Italia. Al festival di Cannes nel ‘60 L'avventura, è il primo di quella “trilogia dell'incomunicabilità", composta dai tre film in bianco e nero, L'avventura, La notte e L'eclisse (con protagonista la giovane Monica Vitti, al tempo sua compagna anche nella vita), considerati a buon diritto le prime opere cinematografiche che affrontano i moderni temi dell'incomunicabilità, dell'alienazione e del disagio esistenziale, che però viene fischiato dal pubblico; ma la critica lo difende a spada tratta, e non tardano ad arrivare i premi ed il successo. Il successivo Il deserto rosso, suo primo film a colori, (1964, Leone d'oro al miglior film al Festival di Venezia) tratteggia ancora un personaggio femminile che non riesce a trovare un equilibrio interiore, e lo consacra tra i dieci registi più importanti del mondo, e gli fa ottenere un contratto per due film con la Metro Goldwin Mayer. Blow-Up (1966, Palma d'oro al Festival di Cannes del 1967) il primo film straniero, girato a Londra, e il successo commerciale più grande, con il quale si legittima definitivamente all'attenzione internazionale. E poi Zabriskie Point, che viene invece considerato un film contro l'America, e come tale boicottato, pur contenendo alcune tra le sequenze più belle e particolari girate dal regista; solo anni dopo se ne apprezzerà la poesia. Ma questo non distoglie Antonioni dal continuare ad inserire i suoi personaggi nella realtà contemporanea, osservata il più possibile in contesti differenti. Con queste intenzioni fu concepito Chung kuo Cina (1972), un taccuino di viaggio attraverso la Cina di Mao, osteggiato dal governo cinese per il quale Antonioni diventa un nemico, e Professione: reporter (1974), acuta riflessione sui rapporti tra Occidente e Terzo Mondo, famoso per la spettacolare sequenza finale girata con una macchina da presa particolare. IL mistero di Oberwald può essere considerato il primo esempio di cinema elettronico della storia: grazie ad uno strumento chiamato correttore di colori che consente al regista di dipingere i fotogrammi, cambiando o togliendo i colori in base all'effetto psicologico che vuole ottenere. Nel 1985 viene colpito da un ictus. La malattia lo priva della parola e lo costringe sulla sedia a rotelle. Dopo un periodo di inattività forzata nel 1989 torna al lavoro, grazie all'aiuto, anche professionale, della moglie Enrica, con alcuni documentari. A dieci anni dall'ictus, nel '94 finalmente Antonioni torna al lungometraggio con Al di là delle nuvole dove traduce in immagini alcuni racconti del suo libro Quel bowling sul Tevere, il film è composto da quattro storie d'amore ambientate in città differenti e realizzato con la collaborazione di Wim Wenders. Nel '95 riceve il Premio Oscar alla carriera. Nel 2004, dirige l’ultimo documentario Lo sguardo di Michelangelo, film sul restauro della Tomba di Giulio II e del Mosè di Michelangelo nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. Negli ultimi anni si dedica alla pittura, esponendo in diverse mostre. Muore il 30 luglio 2007 nella sua casa romana, assistito dalla moglie. È sepolto, per sua volontà, nel Cimitero della Certosa di Ferrara.

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Bicentenario ALEARDO ALEARDI, poeta e politico, il cui vero nome di battesimo è Gaetano Maria, nasce a Verona il 4 novembre 1812. Di nobile famiglia, studia legge a Padova, mentre collabora al periodico “Il Caffè Pedrocchi” e partecipa alle manifestazioni antiaustriache organizzate dagli studenti. È amico e compagno di Giovanni Prati, col quale inizia a dedicarsi alla poesia e agli ideali del Risorgimento e nel 1844 esordisce, come poeta, con Arnalda di Roca, un poema di argomento storico dove narra l'eroismo di una fanciulla che sacrifica la vita all'onore e all'amore; in seguito pubblica varie raccolte e i poemetti: Prime storie, e Lettere a Maria (1846) suo primo successo in versi sciolti, in cui propone un platonico amore, in nome delle comuni sofferenze, a una cara amicizia, e parla, del destino umano, dell'immortalità dell'anima e dei motivi per cui crede in essa. Entrato in contatto con Niccolò Tommaseo e Daniele Manin, nel 1848 è inviato a Parigi per sollecitare aiuti a Venezia; nello stesso anno partecipa attivamente ai moti rinascimentali a causa dei quali viene incarcerato due volte, nel 1852 a Mantova e nel 1859 a Josephstadt, in Boemia. Liberato dopo una dura prigionia, ritorna a Verona, ove affronta altre dolorose esperienze: delusioni amorose, malattie, l'impressione di aver fallito nella propria vita e nella propria arte. Tra le poche liriche di questo periodo ricordiamo una novella in versi, Francesca da Rimini, e poesie composte per il tradimento di una donna, ma si tratta di ben povera cosa. E così come velocemente crebbe la sua popolarità che raggiunse l’apice con la pubblicazione dei Canti del 1864, altrettanto rapidamente avvenne il suo declino determinato dalla reazione di fine 800 al tipo di romanticismo con cui si esprime la poesia dell’Aleardi, definito poeta dell'ultima e più languida fase del sentimentalismo italiano, di vena facile, di temperamento malinconico e musicale che scade nel manierismo. Ma poco dopo la sua vena poetica riacquista improvvisamente vigore, e sono questi gli anni in cui l'A. compone le poesie più belle. Riprende e rielabora alcuni canti già composti, e pubblica due liriche tra le più toccanti, e ne trae occasione per quadri dolorosi, come i mietitori condannati alla malaria del Il Monte Circello, in cui immagina di scorgere dall'alto, la campagna delle paludi pontine, o per delicate e insieme colorite rievocazioni storiche, come quella della poesia in endecasillabi sciolti Corradino di Svevia. Chi non la ricorda? Commovente la storia: Corradino figlio sedicenne di Corrado IV, “Un giovinetto pallido, e bello, con la chioma d'oro, con la pupilla del color del mare, con un viso gentil da sventurato” scende in Italia chiamato dai ghibellini avversari di Carlo d’Angiò, signore di Napoli e Sicilia. Ma viene sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo (1268). Inseguito dai suoi nemici, affranto dalla fame e dalla stanchezza, cerca rifugio nel castello d’Astura, sul mar Tirreno, presso Nettuno. E’ bello, veramente sventurato, abbandonato dai suoi. Porta sul mantello le insegne imperiali, ma tradito da coloro che l’hanno ospitato viene consegnato a Carlo che lo fa decapitare a Napoli sulla piazza del Mercato. Una leggenda narra che prima di morire scagliò il suo guanto tra la folla. E quello stesso guanto, dice il poeta, ghermì la fune della campana che a Palermo suonò la rivolta contro gli Angioini, rivolta che prese il nome di “Vespri Siciliani”. Poi l’aquila, vessillo della casa Sveva, si recò verso il Reno per dare la ferale notizia. Fantastici e indimenticabili i suoi versi: … E vide un guanto trasvolar dal palco Sulla livida folla; e non fu scorto Chi 'l raccogliesse. Ma nel dì segnato Che da le torri sicule tonâro Come Arcangeli i Vespri; ei fu veduto Allor quel guanto, quasi mano viva, Ghermir la fune che sonò l'appello Dei beffardi Angioíni innanzi a Dio.

… Ma sul Reno natío era un castello E sul freddo verone era una madre, Che lagrimava nell'attesa amara: “Nobile augello che volando vai, Se vieni da la dolce itala terra, Dimmi, ài veduto il figlio mio?”- “Lo vidi; Era biondo, era bianco, era bëato, - Sotto l'arco d'un tempio era sepolto.”

Una vicenda molto triste, interpretata variamente dagli storici, cui però il poeta ha saputo dare un alone di leggenda e di poesia che si imprime indelebile nella nostra immaginazione e segna quel momento del romanticismo che si apre ormai su prospettive nuove. Deputato al parlamento italico e poi senatore nel 1873 l'Italia unita lo celebra come uno dei suoi poeti risorgimentali, oltre che come interprete dei suoi valori estetici espressi in forma lirica ed è onorato nel 1882 con la pubblicazione di un volume postumo, Canti, che riunisce le sue raccolte di versi. Muore a Verona il 17 luglio 1878. [email protected]

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Problemi del nostro tempo:Problemi del nostro tempo:Problemi del nostro tempo:Problemi del nostro tempo: psicologia e quotidianopsicologia e quotidianopsicologia e quotidianopsicologia e quotidiano

IL TRAINING AUTOGENO di Annalisa Barbier* e Francesca Grimaldi* I ritmi di vita ai quali il nostro organismo è sottoposto, a volte sono davvero estenuanti; chi di noi non ha mai sperimentato quella stanchezza mentale e fisica che ci fa sentire fuori gioco, indeboliti e privi di energie? Una buona regola certo sarebbe quella di modificare le nostre abitudini di vita: alimentazione corretta, ritmi meno frenetici, più tempo libero per prenderci cura di noi. Purtroppo però non sempre questi cambiamenti sono possibili o per lo meno, non lo sono nell’immediato, e richiedono tempo per essere messi in pratica ed acquisiti come routine quotidiana. Allora cosa fare per recuperare quel benessere, quell’equilibrio e quella tranquillità che sono in grado di fare la differenza nelle nostre vite? Certamente ci sono diversi metodi che possono essere utilizzati con successo, e tra questi il Training Autogeno (TA) presenta sicuramente il miglior rapporto “costi-benefici” in termini di tempo necessario e risultati ottenuti. Il TA è una tecnica completa, veloce, semplice da apprendere e praticabile ovunque, che rappresenta molto più di un semplice rilassamento. Infatti insegna a ricaricare l’energia vitale quando e dove si vuole: a comando, a rilassare sia il corpo sia la mente, a percepire e godere delle sensazioni piacevoli che il corpo sa regalare, contrastando le reazioni fisiologiche negative derivanti dal distress, ed evitando che se ne accumulino gli effetti dannosi; addestra a recuperare l’equilibrio energetico e funzionale, per ripartire con maggiore energia e consapevolezza; insegna, altresì, ad essere presente “nel momento”, acquisendo consapevolezza, equilibrio e serenita’ Il TA è costituito da una sequenza di esercizi che, al termine di un apprendimento graduale, permetteranno di raggiungere velocemente ed autonomamente una condizione di profondo e riequilibrante rilassamento, salutare per il corpo e per la mente. Tutto questo si rende possibile quando impariamo a posare lo sguardo all’interno di noi invece che all’esterno: ascoltando il nostro corpo, i suoi movimenti, i suoi suoni. Questa attitudine all’osservazione silenziosa e non giudicante viene anche definita ATTENZIONE PASSIVA, laddove per passiva si intende una condizione di non-forzatura e di attenzione diffusa e rilassata, come se dovessimo lasciare che sia al calma a venire a noi e non noi a cercarla affannosamente. L’attenzione passiva è la base di partenza per apprendere tutti quelli che vengono definiti “Esercizi Inferiori” del TA, quelli cioè che vengono comunemente insegnati al fine di raggiungere gli obiettivi di rilassamento, equilibrio energetico e funzionale, recupero di energie e concentrazione: questi esercizi devono essere appresi in modo graduale, consecutivo ed attraverso un allenamento costante. Ecco elencati brevemente i 6 principali esercizi detti “esercizi somatici o inferiori”, perché l'attenzione mentale viene rivolta a particolari sensazioni corporee e che producono effetti in prima istanza sul corpo (muscoli, vasi sanguigni, cuore, respirazione, organi addominali e capo): 1) esercizio della PESANTEZZA, che agisce sul rilassamento dei muscoli 2) esercizio del CALORE, che agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici 3) esercizio del CUORE, che agisce sulla funzionalità cardiaca 4) esercizio del RESPIRO, che agisce sull'apparato respiratorio 5) esercizio del PLESSO SOLARE, che agisce sugli organi dell'addome 6) esercizio della FRONTE FRESCA, che agisce a livello cerebrale Ci è stato insegnato ad essere sempre presenti, attivi, attenti ed a reagire prontamente ad ogni stimolo esterno; tuttavia questa iperattività, nel lungo termine, può indurre una condizione di squilibrio nel funzionamento del nostro sistema nervoso, squilibrio che si può manifestare con l’insorgere di disturbi psicosomatici quali difficoltà digestive, bruciore gastrico, ansia, tachicardia, problemi della pelle e molte altre condizioni di disagio. Il TA ci permette di modificare completamente questo schema e di capovolgerlo e quindi di esercitare il benefico effetto di ristabilire l’equilibrio energetico e psico-somatico. Chi può praticare il TA? Potenzialmente chiunque può accedere a questa tecnica, con alcune eccezioni: nel caso di diabete avanzato e di sindromi psichiatriche gravi e nel caso si soffra di patologie cardiache gravi e in corso (soggetti che hanno subito da pochi mesi interventi cardiaci o infarti), a meno che non abbiano seguito un valido ed efficace programma di riabilitazione. Il TA è particolarmente indicato per riacquistare le energie quando ci si sente stanchi, per recuperare la concentrazione, e per aiutare a risolvere alcune disfunzioni psicosomatiche (cefalea, bruxismo, psoriasi, disturbi gastro-intestinali ecc…) *[email protected] * www.annalisabarbier.com

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DEGENERAZIONE COGNITIVA E AMBIENTE DOMESTICO: INTRODUZIONE Il morbo di Alzheimer: Fenomenologia, sintomi, rimedi. di Caterina Zucaro*

Questo è il primo di una serie di articoli illustrativi degli aspetti, delle cure e dei trattamenti, del morbo di Alzheimer. Gli argomenti trattati hanno il pregio della divulgazione giornalistica, ma anche il difetto di non essere esaustivi. La degenerazione cognitiva tipica della malattia di Alzheimer, ma presente anche in altre forme di demenza, può mettere profondamente in crisi non solo l’identità della persona, ma anche il rapporto che questa ha con l’ambiente in cui vive. La difficoltà nell’interpretazione, nel controllo e nella fruizione dell’ambiente ha a sua volta delle ricadute sui disturbi correlati alla patologia. In particolare, insorgono e si aggravano gradualmente disturbi cognitivi, percettivi e sensoriali, prassici (difficoltà o incapacità nell’eseguire in maniera corretta movimenti volontari aventi significato) e psico-comportamentali (allucinazioni, aggressività, vagabondaggio, disturbi del sonno). Ad essi purtroppo spesso si aggiungono ulteriori deficit dovuti al normale processo di invecchiamento o a patologie concomitanti (diabete, ipertensione, disturbi della vista, patologie ortopediche ecc.). Anche e soprattutto nell’ambito domestico, le residue capacità della persona devono essere valorizzate favorendo il mantenimento - attraverso il controllo e la facilitazione di utilizzo dell’ambiente stesso (sanitari, cucina, accessibilità) - l’identità personale e familiare; in questo senso l’adattamento dell’ambiente domestico si configura come il primo passo in una strategia d’intervento socio-assistenziale lungimirante. E’ necessario quindi favorire l’orientamento spaziale, mantenendo quanto più possibile l’autonomia residuale della persona, attraverso: una disposizione degli arredi il più possibile stabile, duratura e funzionale all’orientamento (eliminazione dei possibili ostacoli nei percorsi quotidiani; pochi cambiamenti; collocazione del letto vicino al bagno); ausili visivi (disegni indicanti le funzioni delle diverse stanze, corretta illuminazione, distinzione di colore tra i diversi ambienti e fra piani orizzontali e verticali); percorsi con mobili e nastri atti a facilitare la fruizione delle stanze; evidenza degli oggetti ancora riconosciuti ed utilizzati attraverso la distinzione con colori diversi di oggetti aventi diversa funzione ma forma simile (ad esempio wc e bidet) o il mascheramento degli oggetti che potrebbero risultare ambigui (in questo caso il bidet potrebbe essere nascosto da un apposito rivestimento). Collocare sempre nello stesso posto gli oggetti riconosciuti è il modo più semplice per garantirne la fruibilità. Al contempo è necessario garantire la sicurezza degli ambienti, per ridurre al minimo i rischi di fuga, caduta, ferimento, ustione e folgorazione accidentali, avvelenamento. Eliminare, chiudere a chiave o nascondere in luoghi non accessibili coltelli e materiale tagliente, come anche detersivi e altri materiali tossici. Utilizzare gli indispensabili ausili, non solo sanitari (maniglioni in bagno; letto con sponde; sistemi di chiusura per sportelli, armadi, frigorifero, freezer); Mascherare gli oggetti che potrebbero indurre nella persona fenomeni illusori o allucinazioni (principalmente televisione e superfici riflettenti o trasparenti).

*Responsabile Teleserenità Roma EUR romaeur@teleserenità.com

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CINEMA CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNOCINEMA CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNOCINEMA CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNOCINEMA CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNO

di Giuliana Costantini*

Vi presentiamo quattro pellicole che vale la pena di vedere, sia per commuoversi che per sorridere. Per l'impegno vi proponiamo: AMOUR - regia di Michael Haneke con Jean Louis Trintignant e Isabel Huppert. Les films du Losange, 2012. Palma d'oro a Cannes, il film affronta un tema scomodo, la vecchiaia, argomento solitamente evitato dal grande schermo, tranne poche eccezioni come "A spasso con Desy". In questo caso il regista ci presenta due coniugi legati dall'amore, quello con la A maiuscola, che il tempo e la malattia non riescono a cancellare. Molto bravi gli interpreti, soprattutto Trintignant indimenticabile protagonista di "Un uomo e una donna" e "Il sorpasso". Commosso e commovente, questo spettacolo ci ricorda che, anche nei momenti più difficili, i sentimenti prevalgono e l'amore ci permette di viverli con dignità. IO E TE - regia di Bernardo Bertolucci con Jacopo Olmo Antinori eTea Falco. Medusa Film, 2012. Il quattordicenne Lorenzo non integrato né in famiglia né a scuola, finge di partire per una settimana bianca, rifugiandosi in cantina. Il suo programma è di passare sette giorni leggendo libri horror e bevendo coca-cola. Arriverà, invece, la sorellastra Olivia con tutti i suoi problemi e la dipendenza dalla droga. Da questo incontro, deriverà al ragazzo una diversa presa di coscienza. Due solitudini che per un po' si fondono nella disperata ricerca di un "non vivere", due giovanissimi che gli adulti non hanno saputo comprendere: con questi protagonisti, Bertolucci torna ancora da maestro alla regia, dopo anni di assenza. Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Nicolò Ammaniti. Per il disimpegno vi proponiamo: TRE UOMINI E UNA PECORA - regia di Stephan Eliott con Xavier Samuel e Kris Marshall. Lucky Red, 2012. Disimpegno totale, ma abbastanza piacevole. David e Mia, si innamorano e decidono di sposarsi: lui è inglese e lei australiana. Il matrimonio avverrà in Australia, nella lussuosa villa del padre di Mia. David porta con sé da Londra i suoi tre amici più cari, scapestrati e stralunati, che sono tutta la sua famiglia. Due ambienti diversi si scontrano: da un lato la non convenzionalità, fin troppo accentuata, dei ragazzi inglesi e dall’altra la concretezza del politico locale. Equivoci, molta ironia, e la paura del matrimonio, decisamente radicata nei giovani d’oggi, sono gli elementi di base del film. Il piccolo ruolo interpretato con convinzione da Olivia Newton John (ricordate “La febbre del sabato sera”?) rende alcune scene particolarmente divertenti, infatti, è una madre della sposa fuori dal comune, forse il personaggio più indovinato di tutta la pellicola diretta dal giovane regista australiano Stephan Eliott. SKYFALL - regia di Sam Mendes con Daniel Craig, Judi Dench, Savier Bardem. Metro-Goldwyn-Mayer, 2012 La saga di 007 è al ventitreesimo capitolo: nuovo episodio con più effetti speciali e Daniel Craig che torna a interpretare l’agente segreto più famoso del mondo. James Bond si evolve, beve birra, perde un po’ della sua classe, ma salva ancora il pianeta. Molti muscoli e lo smoking al solito, ben portato. Il cervello si riposa e, anche se immaginiamo già il finale, il film si fa guardare piacevolmente; torna in pista la classica Aston Martin, storica auto di Bond, e, anche se il capo dell’MI6, leggendario servizio segreto inglese, mostra questa volta tutta la sua fragilità, 007 vince contro il cattivissimo di turno. Molto bella la canzone di Adele, tema musicale del film, inaspettatamente soffusa di malinconia. Craig non è Sean Connery, ma il suo Bond convinto e convincente, si fa seguire con piacere.

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AAAALIMENTAZIONE E SALUTELIMENTAZIONE E SALUTELIMENTAZIONE E SALUTELIMENTAZIONE E SALUTE L’IMPORTANZA DEL PESO CORPOREO di Antonella Bailetti* Prevenire è meglio che curare! E’quello che raccomandano differenti esperti, che operano in ambito sanitario. Questa frase viene ripetuta molto spesso, affinché possa persuadere lo scetticismo dei più sordi o dei malcurati e possa diventare una buona abitudine per gran parte della popolazione. La prevenzione in ambito sanitario (o scientifico) può riguardare (o interessare) diversi campi. Oggi affrontiamo un argomento estremamente importante nella nostra società, parliamo dell’importanza del controllo del peso corporeo, di alcuni consigli di educazione alimentare e quindi della prevenzione di alcune malattie che insorgono a causa di cattive abitudini. Il nostro peso corporeo è strettamente legato al bilancio energetico. Questa energia viene prodotta attraverso complessi meccanismi metabolici, che differenziano in ciascun individuo attraverso l’introduzione ed eliminazione di cibo, che viene consumato giornalmente. L’energia viene introdotta con gli alimenti ed utilizzata dal corpo, sia per le funzioni vitali (temperatura corporea, mantenimento delle funzioni di vari organi, respiro, frequenza cardiaca ecc.) sia per quelle durante un’ attività fisica (funzionamento dei muscoli). Se viene introdotta più energia rispetto ad un consumo minimo, l’eccesso si accumula nei vari distretti del nostro corpo sotto forma di grasso e di tessuto adiposo, determinando un aumento di peso che supera la norma sia nell’adulto che nel bambino (che ha buoni presupposti per diventare un obeso da adulto). Una buona educazione e prevenzione in questo caso ci suggerisce di fare attenzione all’alimentazione e di svolgere almeno un’attività fisica, con frequenza costante e regolare, evitando uno stile di vita sedentario, per non incorrere a rischi abbastanza seri per il nostro organismo. Si tratta del rischio di insorgenza di alcune malattie (es. cardiopatia coronaria, diabete, ipertensione arteriosa) di disturbi respiratori (apnee notturne) e di sovraccarico sulle articolazioni (colonna vertebrale, ginocchia ecc.). L’eccesso di grasso viene classificato in base al grado di interessamento. Il grado più lieve viene detto “sovrappeso”, seguono l’obesità moderata e l’obesità grave. Chiaramente le ultime due sono quelle che più ci interessano perché riguardano i rischi per la nostra salute. Diversamente se viene introdotta meno energia di quanto ne serva, il nostro organismo tende ad utilizzare le sue riserve di grasso, per rispondere alle varie richieste energetiche. In questo caso parliamo di magrezza, problema anch’esso abbastanza diffuso nella nostra società, soprattutto negli adolescenti e nei giovani, spesso incitati da modelli estetici per mezzo dei massmedia, che suggeriscono riduzioni di peso e valori così bassi da non essere più compatibili con un buono stato di salute. Riducendo le riserve di grasso attraverso l’introduzione di insufficiente apporto calorico con il cibo, il corpo per richiedere energia è obbligato ad intaccare i propri muscoli e organi interni, compromettendo inoltre funzioni metaboliche ed endocrine immunodepressione, indebolimento delle ossa, ciclo mestruale alterato. Anche le facoltà mentali vengono compromesse, quali l’umore e la capacità di interagire con gli altri. Esistono vere e proprie patologie in questo ambito, quali l’anoressia, la bulimia e il Bed o disturbo da alimentazione incontrollata che, a differenza della bulimia, non ha come obiettivo quello di diventare magri, ma in questo caso più ci si ingrassa e più si perde il controllo di fronte al cibo, che viene consumato in modo confuso (passando dal dolce al salato) molto rapidamente e in grande quantità. In questo caso si smette solo quando si avverte una sensazione di pienezza “sgradevole”. La magrezza patologica va quindi prevenuta e combattuta. Per questo è fondamentale rieducare alla disciplina, cercando di consumare i pasti solo a colazione, pranzo e cena, rispettando gli stessi orari. Spesso alcune di queste patologie vengono trattate con l’agopuntura, medicine omeopatiche, oppure attraverso l’assunzione di farmaci (di medicine ufficiali) a seconda delle scelte e indicazioni di ciascun individuo. Secondo l’OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità), la salute è uno stato di completo benessere mentale, fisico e sociale e non solo lo stato di assenza di malattia. La soluzione per prevenire tutte queste patologie, di cui abbiamo parlato, è quella di promuovere una sana alimentazione che include tutti gli alimenti in maniera quanto più possibile varia ed equilibrata, introducendo proteine, carboidrati, vitamine, sali minerali e lipidi (preferendo i grassi di origine vegetale in quantità moderata) e includendo ovviamente un corretto stile di vita, sommato ad un’attività fisica, eseguita correttamente.

*Infermiera Professionale

Ospedale Fatebenefratelli-Isola Tiberina Roma [email protected]

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SPIRITUALITÀSPIRITUALITÀSPIRITUALITÀSPIRITUALITÀ

nei sentieri del vissuto quotidiano ACCENDIAMO LA LAMPADA (Diamo corpo alla Luce con la nostra vita). di Claudia Pelle*

Ho assistito più volte alla cerimonia dell’accensione della lampada che arde giorno e notte sulla tomba di San Francesco ad Assisi. E’ un rito solenne, celebrato in occasione della festa del Santo (4 ottobre) e organizzato ogni anno da una regione diversa d’Italia. La celebrazione si svolge nella Basilica Superiore di San Francesco, ma seguita dai fedeli in tutta Assisi grazie ad un maxi-schermo che viene predisposto nella Piazza principale della cittadina e trasmessa in diretta dalla Rai (il Santo è patrono d’Italia). Ricordo che qualche anno fa, proprio sul più bello, il collegamento si interruppe e ci perdemmo proprio il momento fatidico e cruciale dell’accensione. Quando la linea fu ripristinata la lampada era già stata accesa. Pensai: non ho visto la mano che ha acceso la lampada, ma comunque ero certa che avrei visto quella luce brillare. Ho aspettato fiduciosa, certa, anche se eravamo al buio: ho atteso senza il minimo dubbio che ciò sarebbe accaduto. Non ho avuto paura. Potesse la nostra fede essere sempre così “certa”! Il Tempo Forte dell’Avvento che stiamo vivendo è iniziato con un brano del Vangelo che dice: “… angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.” Le parole che seguono, però, sono rassicuranti - “Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. (Luca 21,25-28.34-36) Nel corso dell’Avvento dall’attesa nella paura si passa alla gioia. Nella terza domenica infatti le parole che sgorgano dalle Scritture e il messaggio che ci trasmette la veste rosa indossata dal Celebrante (il rosa è un colore che si usa nelle celebrazioni solo due volte all’anno: una volta in Quaresima e una volta in Avvento) ci parlano di un cambiamento di rotta, ci indicano una Luce che brilla e ci dicono che ci porterà gioia. Ma di che gioia parliamo? Di quale cambiamento di rotta? In questi tempi bui in cui assistiamo a stragi di piccoli innocenti, in questi lunghissimi mesi in cui il nostro paese versa in una crisi economica, in cui il futuro politico ma anche di molte famiglie è incerto, chi può dire di non avere paura? Chi può dire di avere la certezza che, riaperti gli occhi, usciti dal tunnel, vedremo una luce brillare? Noi cristiani siamo spesso messi in crisi da una realtà che schiaccia, che spaventa, che ci rende incerti riguardo al futuro. Spesso siamo “divisi” tra la nostra storia concreta, il punto di vista che chiamiamo "umano" e quello che la Chiesa ci incoraggia ad abbracciare. Dio sembra lontano, lontanissimo dalla nostra vita di ogni giorno. Spesso perdiamo la speranza davanti ad eventi che ci sembrano più grandi di noi e ci sentiamo smarriti. Poi arriva Natale. E questa attesa della festa per il cristiano comune è spesso arida e spenta, senza speranza. Il cristiano dimentica che la Parola di Dio ha bisogno di noi per farsi carne. Ognuno di noi è chiamato a dare corpo alla Luce. L'Avvento diventa così non solo una strada da percorrere verso una festa, ma soprattutto un'attesa feconda, una risposta ad una chiamata. Sta a noi rispondere, fare un passo verso Dio ed entrare in relazione con Lui. Proprio quando ci sentiamo smarriti, quando le cose non vanno proprio come vorremmo, quando ci capita di dire: “Ehi, Signore, guarda un po’ da questa parte!” dimentichiamo che è attraverso di noi che Dio entra nel mondo, attraverso le nostre parole, i nostri gesti, le nostre scelte. Facciamo splendere questa certezza dentro di noi, facciamo la nostra parte. Accendiamo la lampada della speranza, diamo corpo e voce con la nostra storia alla Luce che viene.

* * * Il mio “presepe” di quest’anno è fatto in casa ed è molto semplice, come i tempi di crisi suggeriscono: è una tavoletta di legno su cui ho inciso con il pirografo un versetto del Vangelo di Giovanni (1,14) “Et verbum caro factum est” (E il verbo si è fatto carne). Il mio augurio affettuoso e sincero è che questo LOGOS, la Parola di Dio, si faccia carne e trasformi la vostra vita!

*Ordine Francescano Secolare

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I GRANDI DI OGNI TEMPOI GRANDI DI OGNI TEMPOI GRANDI DI OGNI TEMPOI GRANDI DI OGNI TEMPO nella letteratura, nelle arti, nella filosofia

di Mario Colica* MARIE-HENRI BEYLE noto come STENDHAL È uno dei più grandi scrittori francesi. Nasce a Grenoble nel 1783 e muore a Parigi nel 1842. È stato il primo a descrivere il disturbo neurologico che colpisce alcune persone, dotate di grande sensibilità, al cospetto di opere d’arte di incommensurabile bellezza, quando nel 1817 durante il suo Gran Tour, mentre visitava la chiesa di Santa Croce a Firenze fu colto da strane sensazioni: polso accelerato, difficoltà respiratoria e perdita di equilibrio, fastidi transitori che non indicano assolutamente uno stato mentale patologico. Da qui il nome di Sindrome di Stendhal o Sindrome di Firenze. È autore soprattutto di due grandi romanzi: “Il Rosso e il Nero”, dato alle stampe nell'anno 1830, e “La Certosa di Parma”, pubblicato nel 1839. Si tratta di opere scritte nella piena maturità: la prima all'età di 47 anni e la seconda a 56 anni. Libri ponderosi perché ciascuno supera largamente le 500 pagine, il che consente all'autore la descrizione piena del quadro storico, dominato dalla personalità di Napoleone, nel quale si muovono le figure principali ed anche secondarie dei protagonisti. Il vero nome dello scrittore é Marie-Henri Beyle: Stendhal è uno pseudonimo, secondo un vezzo, non encomiabile, comune a molti artisti; gli unici nomi d'arte da comprendere e giustificare sono quelli che hanno una motivazione seria come, ad esempio, nel caso della scrittrice George Sand, pseudonimo di Amandine Lucie Aurore Dupin (1804-1876) che si attribuì un nome maschile per poter superare i pregiudizi contro il mondo femminile dilaganti anche nel campo letterario. Entrambi i romanzi sono molto belli e coinvolgenti, e conservano tuttora una freschezza, soprattutto per lo stile sempre chiaro. Julien Sorel è il principale personaggio de “Il Rosso e il Nero”. Un giovane di modeste origini sociali ma dotato di una bella presenza, di una intelligenza notevole sostenuta da una memoria straordinaria. Diventa precettore dei figli del Sig. de Renal, sindaco benestante di Verrieres, piccola città della franca Contea. Nasce una storia d'amore con la signora de Renal, ma Julien, molto ambizioso (il suo ideale è la figura di Napoleone che in pochi anni è stato capace di assurgere alla sommità dei poteri), non si lascia coinvolgere del tutto dalla passione, e si trasferisce prima in un seminario di Besanson e poi a Parigi come segretario del Marchese de la Mole. Si innamora della figlia Mathilde che rimane incinta, il possibile matrimonio viene però vanificato da un intervento vendicativo della signora de Renal. Julien torna a Verrieres e tenta di ucciderla. Viene condannato a morte e, tre giorni dopo l'esecuzione, muore di dolore anche la signora. Fabrizio del Dongo è invece la figura centrale dell'altro romanzo “La Certosa di Parma”. A differenza di Julien è un giovane non particolarmente dotato e di origini aristocratiche. Molteplici sono le sue vicissitudini. Per accennare alle essenziali, ricordiamo anzitutto il suo entusiasmo per Napoleone che lo porta a fuggire dall'Italia per la Francia dove partecipa, quasi senza saperlo, alla battaglia di Waterloo (che segnò, com'è noto, la fine di Napoleone: siamo nel 1815); causa, per punizione, dello allontanamento forzato dalla sua famiglia ed il suo “riparo” presso una sua zia a Parla, la duchessa di Sanseverina. Questa signora, giovane, bella e affascinante, sarà per Fabrizio, di cui è segretamente innamorata, la protettrice e lo aiuterà a trarlo di impaccio in varie circostanze utilizzando le sue conoscenze “politiche”. In un duello a Parma, uccide un commediante girovago e viene recluso presso la Torre Farnese. Ma è qui la svolta della sua vita: qui ha modo di frequentare una giovane e bella fanciulla, Clelia Conti, figlia del governatore della prigione di cui si innamora perdutamente. Riesce a fuggire dal carcere in modo rocambolesco, si allontana da Parma e quando vi ritorna trova che Clelia è stata costretta a sposare un benestante del luogo. Ciò non impedisce che la passione si rinnovi e nasca un figlio dalla loro relazione. Ambedue, però, madre e figlio muoiono e Fabrizio per il dolore si ritira in un convento, la Certosa di Parma.Rispetto ai due personaggi maschili sopra ricordati, a volte cinici a volte ingenui, spiccano nei romanzi le figure femminili principali, diverse nel carattere ma tutte piene di passione e descritte sapientemente nella loro altalena di sensazioni contraddittorie, che vanno dalla esaltazione amorosa alla disperazione, alla paura che la relazione, spesse volte proibita (perché adulterina, per la differenza sociale, etc...), venga scoperta. Sono queste le pagine più belle perché evidenziano la profonda conoscenza dell'animo umano e la grande capacità di descriverlo da parte dello scrittore. Il lettore ne rimane così coinvolto che quasi si dispiace della conclusione un po' affrettata di ambedue i romanzi dove gli ultimi avvenimenti (il ritiro in convento di Fabrizio del Dongo e la morte della signora de Renal) sono solo accennati senza adeguato approfondimento.

*ricercatore critico letterario [email protected]

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UN RACCONTO BREVEUN RACCONTO BREVEUN RACCONTO BREVEUN RACCONTO BREVE

I GEMELLI di Silvana Costa

I gemelli erano nati all’alba di una brutta giornata, brutta per via del tempo e per l’assenza di zio Arturo-fratello-del-nonno che si era trasferito all’estero per lavoro. Già nella notte, la pioggia era caduta abbondante, ma proprio durante il travaglio era scoppiato un forte temporale con tuoni e fulmini da mettere paura. Comunque tutto era andato per il meglio e i gemelli, venuti alla luce il 5 maggio 2005 alle ore 5 nella casa dei nonni, erano belli e sani. Furono accolti con immensa gioia da tutta la famiglia, vennero anche i vicini per conoscerli, facendo gli auguri e portando regali. La madre, stremata, dopo averli guardati teneramente, li affidò alle cure parentali e, tranquilla, si addormentò. Per i nomi ci fu gran fermento ciascuno diceva la sua e non ci si metteva d’accordo, allora si pensò di affidare l’esito alla sorte: ognuno dei tanti presenti, vecchi e bambini, fu invitato a scrivere i nomi dei due gemelli su un foglietto che poi, arrotolato ben bene, fu messo in una brocca di vetro e il più piccolo della compagnia, tra la curiosità di tutti, ne estrasse uno. L’attesa fu lunga, il bambino, che faceva la prima elementare stentò a leggerlo, ma poi con voce squillante declamò: i gemelli si chiameranno Tuono e Fulmine. Lo stupore ammutolì la vociante compagnia, si guardarono l’un l’altro e si scoprì, dal volto sorridente e gongolante del nonno, che era stato lui l’autore del biglietto e che, per nessun motivo avrebbe cambiato la sua idea. I gemelli erano nati durante un temporale?, niente di più appropriato dei nomi che lui aveva scelto e scritto per loro. Ci furono contestazioni infinite fin quando, a sostenere tale denominazione, arrivò un telegramma dello zio Arturo-fratello-del-nonno che diceva: “felice per nascita gemelli et scelta nomi stop. Impedito venire mandatemi foto stop”. Il nonno non perse tempo, scattò varie fotografie poi andò al comune a fare la denuncia di una nascita di due gemelli di nome Tuono e Fulmine. L’Ufficiale di Stato Civile che prese la dichiarazione non fece una piega e li registrò così come volevano il nonno e lo zio Arturo-fratello-del-nonno. I gemelli crescevano bene; ad un anno erano già molto vivaci e non stavamo mai fermi, ad un anno e mezzo, per loro, la casa non aveva più segreti, andavano dappertutto, salivano sui letti, tiravano giù coperte e tovaglie, facevano danni piccoli e grandi, ma erano amati e coccolati da tutti. Il nonno dedicava tutto se stesso alla loro educazione, li portava fuori ogni giorno, li accompagnava al parco dove potevano correre a piacimento, giocare con la palla, fare amicizie, respirare aria buona. In un giorno tiepido di primavera profumato dalle aiuole fiorite, un altro telegramma dello zio Artuto-fratello-del-nonno annunciava la sua venuta per conoscere i gemelli. Si mobilitò la famiglia, nel giorno dell’arrivo qualcuno andò all’aeroporto ad accoglierlo, fu preparato il pranzo con le specialità locali e si andò incontro allo zio Arturo-fratello-del-nonno con tanto affetto e con i gemelli lavati e pettinati per l’occasione. Appena li vide lo zio Arturo-fratello-del-nonno esclamò: ma sono bellissimi, si sa che buon sangue non mente, è veramente una splendida coppia di alani arlecchini di razza purissima!

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A TAVOLA CON LO CHEFA TAVOLA CON LO CHEFA TAVOLA CON LO CHEFA TAVOLA CON LO CHEF

GLIA di ... TARTE TATIN di Gina Baldazzi*

Lo chef del giorno è, anzi sono, le sorelle Stéphanie e Caroline Tatin. La leggenda narra che le brave sorelle Tatin, alla fine del XIX secolo, conducevano un Hotel-ristorante a Lamotte-Beuvron, a Sologne in Francia, proprio nei pressi della stazione e perciò era molto frequentato. Caroline, la più grande, riceveva la clientela, mentre Stéphanie si affaccendava in cucina per soddisfare i viaggiatori, soprattutto cacciatori ed amanti della cucina tradizionale solognota. La loro specialità era la torta alle mele o alle pere che servivano caramellosa e fondente. Un giorno per la fretta, Stéphanie, dopo aver imburrato e cosparso di zucchero una tortiera, mise dentro le mele e infornò la torta dimenticandosi di foderare la base con la pasta brisée. Una volta accortasi dello sbaglio rimediò posando la pasta sopra lo strato di mele e decidendo poi di rovesciarla nel piatto di portata e servirla così una volta cotta. Ovviamente la torta fu un successo e così, si dice, sia nata la torta Tatin. Dunque la famosa torta nacque da un errore? Così la leggenda. La realtà è meno pittoresca. La “tarte renversée” è un’antica specialità della Sologne che si trova in tutto l’Orléans e che fu resa celebre dalle sorelle Tatin. Venne diffusa a Parigi e presso tutti i pasticcieri e i buongustai dal critico Maurice-Edmond Sailland, detto Curnosky, ritenuto il principe dell’arte culinaria, riconosciuto tale nel 1927, che uomo di spirito oltre che eccellente gastronomo, la divulgò con il nome di “Tarte des demoiselles Tatin”, inventandosi la storia per fare di una semplice torta, una specialità culinaria. Fu servita per la prima volta a Parigi al famoso ristorante Maxim’s. Ora la Torta Tatin è un classico della cucina francese. Ecco la ricetta originale per 6 persone: TORTE TATIN alle mele, la classica (30 minuti di preparazione - 30 minuti di cottura) 250 g di pasta brisèe, 1 kg di mele renette, 200 g di zucchero, 80 g di burro Lavare e sbucciare le mele, eliminare il torsolo e tagliarle in 4 parti. Nello stampo in cui andrete a cuocere il dolce, mettere 150 g di zucchero e 50 g di burro e cuocere per 10 minuti o fino ad ottenere un caramello che abbia un bel colore ambrato. Togliere dal fuoco e adattare nello stampo le mele con il dorso rivolto verso il basso affiancandole le une alle altre senza lasciare spazi liberi. Versarvi sopra i restanti 50 g di zucchero e 30 g di burro. Ricoprire la tarte tatin con pasta brisée, calcare bene i bordi tutt’intorno e praticare un piccolo foro al centro per l’eliminazione del vapore di cottura. Infornare la tarte tatin a 180 gradi e cuocere per 30 minuti. Una volta tolta la torta dal forno, rovesciare subito su un piatto da portata. Lasciare appena intiepidire quindi tagliare a fette e servire. Può essere accompagnata con panna liquida, crema Chantilly o gelato, quest’ultimo alla vaniglia o profumato al Calvados.

TORTE TANTIN alle banane e cioccolato, per i più golosi (20 minuti di preparazione – 25 di cottura) 250g di pasta brisèe, 4 banane, il succo di un limone, 80g di burro, 2 bustine di zucchero vanigliato, una confezione di pastiglie di cioccolato per pasticceria Preriscaldare il forno a 180° - sbucciare le banane, tagliarle a rondelle e irrorarle di succo di limone per non farle annerire. In una grande padella, sciogliere il burro e lo zucchero vanigliato. Con molta cura, dorare le rondelle di banana ponendo attenzione a non frantumarle. Ripartire sul fondo dello stampo le pastiglie di cioccolato, posarvi sopra le rondelle di banana formando due strati. Posarvi poi la pasta. Infornare per 25 minuti.

Ma la Torte Tatin si può fare anche con le verdure o con il formaggio

TORTE TATIN alle pere e gorgonzola per chi non ama i dolci (20 min. di preparazione - 30 di cottura) 250g di pasta sabbiata, 3 pere verdi, 200g di gorgonzola, 3 uova, 4 cucchiai di panna liquida Sbucciare le pere e grattugiarle. Preriscaldare il forno a 100°. Schiacciare il gorgonzola con la forchetta. Sbattere le uova e la panna, aggiungere il gorgonzola e le pere grattugiate. Salare con moderazione (il gorgonzola è molto saporito) e pepare. Versare il preparato nello stampo e ricoprire con la pasta. Infornare per 30 minuti, inizialmente a 100° per 10 minuti e poi a 180° per i restanti 20 minuti,

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ROMAVAGANDOROMAVAGANDOROMAVAGANDOROMAVAGANDO

SPUNTI E APPUNTI NELLE PIEGHE DELLA CITTÀ

di Giuliano Cibati Mi è stato sufficiente attraversare ponte Garibaldi per provare sensazioni in sè contrastanti e non scevre da chiara emozione. Reso il dovuto omaggio a G. G. Belli nell’omonima piazza, sono entrato a San Crisogono, a destra sull’inizio di Viale Trastevere, per visitare la basilica paleocristiana costruita intorno al V secolo d.C. Un’opera di scavo accompagnata da un’attività di ricerca storica ed archeologica di notevole importanza da colpire il visitatore suggestionato anche dai silenzi che hanno caratterizzato la visita. Niente folle di turisti, niente guide o “ciceroni” a raccontare aneddoti suggestivi o inventati, come d’uso: solo silenzio che aiuta a misurare la sacralità del posto e a registrare la potenza di una fede destinata a caratterizzare i secoli. Già soldato romano in Illiria, Crisogono convertitosi al cristianesimo, viene martirizzato e decollato sotto Diocleziano prima che l’editto di Costantino fosse emanato e producesse i suoi effetti. Un editto che nei nostri libri di storia popolare viene presentato più come una visione miracolosa e funzionale ai giochi di potere: “In hoc signo vinces” come passaggio per conseguire un vittoria piuttosto che come atto di grande chiaroveggente politica. Costantino ha anticipato di secoli la consapevolezza del valore della libertà di culto già avvertita in un impero multirazziale. Quel che conta, come dicevo, è la suggestione che si prova nel visitare in assoluto silenzio (il custode riscossi i tre euro per l’ingresso è rimasto nella basilica superiore) i luoghi delle conversioni, il fonte battesimale con relativa vasca per l’immersione, gli affreschi (i resti) a ricordare i santi. Dopo tutto ciò non può non provarsi qualche disagio, nel risalire nella basilica superiore ove architetti ed artisti di grande valore hanno lasciato un segno forte della sensibilità che caratterizza il seicento romano. Le stupende colonne che marcano le tre navate della basilica, lo splendido pavimento musivo cosmatesco e poi, qualcosa che ti fa girare la testa, sì, verso l’alto, dove artigiani di alta scuola hanno innalzato un soffitto ligneo dorato che non può che lasciarti a bocca aperta. Un soffitto però che con il pretesto di glorificare san Crisogono (ha al centro un dipinto con san Crisogono in gloria) esalta i simboli di potere più prosaico: gli stemmi della famiglia Borghese. E a proposito dei Borghese va notata anche la spocchia con cui i cardinali di famiglia, prima Camillo, poi suo nipote Scipione, finanziatori dell’opera seicentesca, hanno riempito la basilica con i simboli di famiglia, il drago e l’aquila, e lo stesso Scipione, forse nel dubbio che il popolo non fosse in grado di interpretare i simboli, ha segnato ogni architrave con il suo nome: SCIPIO S.R.E. CARDINALIS BURGHESIUS” compresa la facciata della chiesa. D’altra parte non si può non notare che Camillo, divenuto Papa nel 1605, dopo più di un secolo di lavori sostenuti da altri Papi per l’edificazione della Basilica di San Pietro ha marcato col suo nome la facciata “PAULUS V BURGHESIUS”

-per contatti scrivere in redazione: [email protected]

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TRADIZIONI POPOLARITRADIZIONI POPOLARITRADIZIONI POPOLARITRADIZIONI POPOLARI canti, detti e proverbi di Maria Meli

Sono nata a Mistretta, provincia di Messina e residente a Vibo Valentia, mi sono impegnata, con grande passione, attraverso il metodo della ricerca antropologica, a salvare parte del patrimonio culturale della zona in cui vivo con l’intento di dare una tangibile e preziosa testimonianza alle nuove generazioni della storia e delle origini in tutto il loro valore spirituale. Recandomi nei comuni della Provincia di Vibo Valentia per interrogare gli anziani, depositari della memoria storica, attraverso alcune interviste ai contadini, gli operai, i pastori, ma anche ai sacerdoti, ai professionisti, ai pensionati e agli anziani dei centri sociali, tutte persone pazienti e disponibili desiderose di far conoscere le tracce di un passato sepolto religiosamente nei loro cuori, ho raccolto, canti popolari religiosi, d'amore e di sdegno, detti, proverbi, indovinelli e filastrocche della tradizione popolare calabrese e siciliana in cinque libri Canti e feste popolari del Vibonese.(1992) Pigghiàti carta e pinna e scrivìti (2000); Viaggio tra due culture (2002); Vinni mu te la cantu a vucca china (2006); Miegghiu picca ca nenti (2010) IL NATALE è una nenia popolare calabrese, recitata e cantatami dalla Sig.ra Francesca Lico di San Costantino Calabro. CANTO D’AMORE appartiene alla raccolta Canti d’amore del 2010. (Per contatti scrivere in redazione: [email protected]) NATALI E' la notti di natali è la notti principali e scindiru li pasturi p'adurari a nostru Signuri. Picciriju bellu assai, eu 'na nuci ti portai ti la schiacci e ti la mangi e p'ò friddu chiù non ciangi. Picciriju bellu assai, na ricotta ti portai ti la mangi 'n cumpagnia cu Giuseppi e cu Maria. Picciriju bellu assai eu lu latti ti portai fu mungiutu friscu friscu di li pecuri di Franciscu. Picciriju bellu assai eu 'n arangu ti portai ti lu mangi 'n cumpagnia cu Giuseppi e cu Maria. Picciriju bellu assai eu nenti ti portai ma ti dugnu lu me' cori: vali chù di li trisori. CANTU D’AMURI Bedda, p’amar a ttia sugnu pirdutu sugnu nna ‘stu paisi cunnannatu tu sula, bedda, mi po’ rari aiutu ri farimi patruni r’u tò statu. Riepricu e parlu cu u cori avviluto pirchì ri picciridda t’haju amatu, parlari ti vurria ogni minutu vurria sempri ristari a lu tò latu. Tannu, brdda, ‘sti sienzi mi cujétu Quannu ruormu cu ttia, sciatu cu sciatu.

IL NATALE E' la notte di Natale è la notte principale e son scesi i pastori per adorare nostro Signore. Piccolino bello assai, una noce ti portai te la schiacci e te la mangi per il freddo più non piangi. Piccolino bello assai la ricotta ti portai te la mangi in compagnia di Giuseppe e di Maria. Piccolino bello assai, io il latte ti portai munto appena, fresco fresco dalle pecore di Francesco. Piccolino bello assai, un'arancia ti portai te la mangi in compagnia di Giuseppe e di Maria. Piccolino bello assai, io niente ti portai ma ti do questo mio cuore: vale più di ogni tesoro. CANTO D’AMORE Bella, per amar te io son perduto sono in questo paese condannato tu sola, bella, mi puoi dare aiuto facendomi padrone del tuo stato. Replico e parlo col cuore avvilito perché da piccolina io t’ho amato, parlare ti vorrei ogni minuto vorrei sempre restare al tuo lato. Allora, bella, i miei sensi avran pace Se dormirò con te fiato con fiato.

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MOSTRE E CONCERTIMOSTRE E CONCERTIMOSTRE E CONCERTIMOSTRE E CONCERTI di Rocco Ferri*

VERMEER. Il secolo d'oro dell'arte olandese Scuderie del Quirinale - ROMA fino al 20.1.2013 – Orario dom-gio 10-20; ven sab 10-22.30 – tel 06-39967500, www.scuderiedelquirinale.it Mostra epocale. Otto opere di

Johannes Vermeer (“La stradina”, “S. Prassede”, “Giovane donna con bicchiere di vino”, “Ragazza con cappello rosso”, “Suonatrice di liuto”, “Giovane seduta al virginale”, “Giovane in piedi davanti al virginale”, “Allegoria della fede”) sono esposte alle Scuderie del Quirinale, insieme a lavori di artisti a lui contemporanei, sempre di altissimo livello. PAUL KLEE e l'Italia Galleria Nazionale arte moderna - Roma fino al 27.1.2013 – orario mar-dom 8.30-19.30 – tel 06-322881 www.arti.beniculturali.it La mostra è dedicata ad uno dei maestri dell'astrazione pittorica che con Kandiskij partecipò all'avventura del gruppo del “Cavaliere azzurro”, pur affermando di essere “un astratto con qualche ricordo”. Tema della mostra è il rapporto di Klee con il nostro Paese, meta di numerosi suoi soggiorni. Sappiamo però che egli, più che dai musei, era affascinato dalla natura e dal nostro cibo: dall'incanto della campagna romana e dal mare di Taormina; stravedeva per la “coratella con i carciofi” e per i limoni siciliani. Accanto alle opere di Klee, sono esposte anche tele di pittori italiani e stranieri a lui contemporanei AKBAR. Il grande imperatore dell'India Palazzo Sciarra. Fondazione Roma Museo - Roma fino al 3.2.2013 – orari mar-dom 10.20 –Aperture straordinarie: 24 dic.10.00 -15.00// 25 dic.15.00 - 20.00// 26 dic.10.00 -20.00// 31 dic. 10.00 -15.00// 1 gen. 15.00- 20.00// 6 gen. 10.00 > 20.00 tel 06-39967888 – www.fondazioneromamuseo Akbar (cioè il Grande) fu imperatore dell'India nel XVI° secolo. Una selezione di 150 opere, tra dipinti, gioielli, libri, tappeti, armi, descrive lo sviluppo delle arti sotto il suo dominio e nelle epoche successive. Musulmano di nascita, diede vita ad un clima di tolleranza religiosa del tutto inconsueto in quei tempi, combattendo ogni fondamentalismo e ispirando, nel campo delle arti, le meraviglie che tutt'oggi rappresentano l'India nell'immaginario collettivo. GUTTUSO 1912-2012 Complesso del Vittoriano - Roma fino al 10.2.2013 orario lun-gio 9.30-19.30 ven-sab 9.30-23.30 dom 9.30-20.30 tel 06-3225380 – www.comunicareorganizzando.it Cento dipinti celebrano il centenario della nascita di Renato Guttuso, protagonista dell'arte, della cultura e anche della politica italiana del ventesimo secolo, insieme a personaggi del calibro di Moravia, Pasolini, Montale. La mostra si avvale di prestiti dei più grandi musei italiani e di grandi musei francesi, inglesi e spagnoli. Da ammirare soprattutto le tele di grande formato che rappresentano uno spaccato di storia italica, quali la “Vucciria”, “Fuga dall'Etna”, “I funerali di Togliatti”, “Il Caffè Greco”, la “Crocifissione”, ecc... ROMA CAPUT MUNDI. Una città tra dominio e integrazione. Colosseo e Foro Romano, fino al 10.3.2013 – orario lun-dom 8.30-19 – tel 06-39967700 – www.coopculture.it Sculture, rilievi, mosaici, affreschi, monete, raccontano la storia di Roma, contrassegnata da potenza bellica, conquiste, integrazioni, influssi culturali, schiavitù, eventi religiosi. Sei le sezioni della mostra nei prestigiosi siti del Colosseo e Foro romano (Curia Julia e Tempio del Divo Romolo). I GIORNI DI ROMA. L'età dell'equilibrio. Musei Capitolini fino al 5.5.2013 – orario mar-dom 9-20 – tel 060608 – www.museicapitolini.org L'esposizione, curata da Eugenio la Rocca, racconta gli eventi verificatisi nell'impero romano negli anni che vanno dal 100 circa al 180 d.C., durante i quali governarono gli imperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio: un periodo di stabilità politica che vide nell'Urbe una produzione artistica di altissimo livello, favorita dall'equilibrio raggiunto tra i poteri imperiali senatorio e militare. Tutto ciò è testimoniato dai preziosissimi reperti presenti in mostra, provenienti da musei nazionali e stranieri.

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SULLA VIA DELLA SETA. Antichi sentieri tra Oriente e Occidente. Palazzo delle Esposizioni - Roma, fino al 24.3.2013, orario dom-gio 10-20 ven-sab 10-22.30 – www.palazzoesposizioni.it Nei secoli dal VII al XIV, la cosiddetta Via della seta consentiva a mercanti e viaggiatori di scambiare beni di pregio come appunto, la seta e le spezie. La mostra, di notevole interesse, ricostruisce, mediante manoscritti, reperti, miniature, la storia e l'arte di alcune capitali simbolo quali, ad es., Samarcanda e Baghdad. Viene anche documentata la questione degli itinerari marittimi dalla Cina, al Golfo Arabico e al mediterraneo. Si conclude con la sezione che illustra i rapporti intensi fra l' Italia e l'Oriente e le ambascerie tra i Khan mongoli e il papato. L'ITALIA DI LE CORBOUSIER MAXXI - Roma, Via G. Reni, fino al 17.2.2013, orario mar-mer-ven-dom 11-19, gio-sab 11-22 tel 06-39967350 – www.fondazionemaxxi.it L'esposizione analizza il rapporto di Le Corbousier con il nostro Paese: dai viaggi di formazione sino ai progetti mai realizzati come quello per l'ospedale di Venezia. Sono esposte foto, disegni, acquarelli e dipinti del celebre architetto, insieme a opere di artisti italiani a lui vicini. GIULIO TURCATO. Stellare MACRO - Roma, Via Nizza, fino al 13.1.2013. Orario mar-dom 11-22, tel 06-671070400 – www.macro.roma.museum L’esposizione dal titolo “Stellare” presenta un ventennio di produzione dell'artista, uno dei protagonisti più prestigiosi dell'arte astratta italiana del secondo Novecento, dagli anni '50 agli anni '70, attraverso una selezione di lavori tra i più importanti di quella stagione. Le opere sono allestite nella Project Room 1, spazio del Museo riservato agli "Omaggi", programma che indaga le radici storiche dell’arte contemporanea. PABLO PICASSO. Capolavori dal Museo Nazionale Picasso di Parigi. Palazzo Reale - MILANO, Piazza Duomo, fino al 6 gennaio 2013. Il grande maestro spagnolo 'ritorna' in città. Orario: lun-mar-mer 8.30-19.30 – gio-ven-sab-dom 9.30-22.30 - Orari festività natalizie: 24 e 31 dicembre: 8.30-14.30 - 25 dicembre: 14.30-18.30 (il servizio Informazioni tel. 02.54.911- il servizio di biglietteria termina un'ora prima della chiusura). Una grande mostra antologica che rappresenta un vero e proprio excursus cronologico sulla produzione di Picasso, mettendo a confronto le tecniche e i mezzi espressivi con i quali l’autore si è cimentato nella sua lunga carriera, con oltre 200 opere tra dipinti, disegni, sculture e fotografie, molte delle quali mai uscite dal museo parigino. DA FATTORI AL NOVECENTO Villa Bardini - FIRENZE, Costa San Giorgio 2, fino al 6 gennaio 2013. Orario dal mar a dom 10-19 Visite guidate gratuite: sabato e domenica ore 10.30 e 11.30; 15.30 e 16.30 con il biglietto della mostra acquistato in giornata. Un’esposizione di opere inedite con oltre 100 dipinti di autori celebri fra cui Fattori, Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Eugenio Cecconi, Vito D'Ancona, Oscar Ghiglia, Ulvi Liegi, Llewelyn Lloyd, dalla prima pittura degli esponenti Macchiaioli fino a quella tarda della prima metà del Novecento,appartenenti alle collezioni Del Greco, Olschki, Rapisardi e Roster, quattro famiglie fiorentine imparentate tra loro. CONCERTI DELL'ACCADEMIA NAZIONALE DI S. CECILIA Viale Pietro de Coubertin - Roma WAGNER: “L'oro del Reno” (prologo dell'Anello del Nibelungo) (in forma di concerto) 23-25 e 27 febbraio 2013, dirige Antonio Pappàno BACH: “Passione secondo Matteo” 23-25-26 marzo 2013, dirige Antonio Pappàno VERDI: “Un ballo in maschera” (in forma di concerto) 8-10-12 giugno 2013, dirige Antonio Pappàno

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IN LIBRERIAIN LIBRERIAIN LIBRERIAIN LIBRERIA di Carmelo Pelle

“AMA IL PROSSIMO TUO” di Enzo Bianchi e Massimo Cacciari, Collana I Comandamenti, ed. Il Mulino, pag. 141, euro 12,00

È il comandamento che umanizza e da significato universale a tutti gli altri, i quali, se assunti nella loro pienezza, convergono verso questo appello unitario. Esso esprime la rottura più importante compiuta da Gesù, rispetto al giudaismo: la logica della religione dei Padri si apre ad una dimensione “altra”, separando il passaggio dalla legge mosaica alla legge dell'Amore come presenza di Dio nella storia. E' possibile oltrepassare la solitudine del singolo (l'io) e aprirsi all'altro? Sì, osservando un comandamento difficile, quasi sempre smentito…: Si può non praticarlo, ma non si può negarlo e non riconoscere che ha cambiato alla radice la storia dell'uomo. Ma chi è il mio prossimo? È il vicino, il lontano, l'amico, il nemico, il povero e il ricco, l’essere ripugnante e la persona gradevole: “prossimo” significa “approssimarsi”, farsi prossimo. È un’ossessione, ma è anche una grazia; un'ossessione che ti cambia la vita, una grazia perché ti offre l'occasione di misurarti, metterti in discussione, migliorare, amare senza riserve “ogni fratello” Un input al sentimento del perdono, un no deciso al sentimento antitetico della vendetta. Il libro è scritto a due mani – da un sacerdote, Enzo Bianchi, e da un laico, Massimo Cacciari – e quindi da due diverse angolazioni. L'uno ha come epicentro la parabola del buon samaritano, l'altro i valori del laicismo, che discendono dal “ragionare con curiosità” (philo-sophia). Il buon samaritano soccorre lo sconosciuto, ferito, trovato sul ciglio della strada, perché ama Dio, e la sua azione è la conseguenza di questo amore. Se ama Dio ama il suo prossimo. I valori del laicismo e il loro pregnante umanesimo sociale, sottolineati da Cacciari, prescindono da Dio, ma sono catartici e arricchenti, come se Dio ci fosse. Un libro difficile da leggere, soprattutto la parte di Cacciari, ma scritto in maniera piana, utile senza alcun dubbio, per approfondire il nostro “io-me-l’altro” ostacolando il “remoto” che ancora ci pervade. Enzo Bianchi: priore della comunità monastica di Bose, ha insegnato Teologia Biblica nell'Università San Raffaele di Milano. Collabora con “La Stampa”, “La Repubblica”, “Avvenire” e la rivista “Jesus”. I suoi libri più recenti: Il pane di ieri (2008); Ogni cosa alla sua stagione (2010); L'altro siamo noi (2010) ed. Einaudi; Una lotta per la vita (2011), ed. San Paolo. Massimo Cacciari: insegna Estetica nella facoltà di Filosofia dell'Università San Raffaele di Milano. Sono da segnalare questi suoi libri: Krisis (1976, ed. Feltrinelli); Icone della legge (1985); Dall'inizio (1990); Della cosa umana (2004); Hamletica (2009) tutti ed. Adelphi. Io sono il Signore Dio tuo (2010) ed. Il Mulino).

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BLOCK NOTESBLOCK NOTESBLOCK NOTESBLOCK NOTES a cura della Redazione*

INAUGURATO PATRONATO al Collatino-Prenestino - Il 3 ottobre 2012 è stata inaugurata la Sede Territoriale del Patronato Caf- FENALCA in Via degli Armenti, 85/a in Roma, fortemente voluta dal nostro Sindacato, nel quadro della Convenzione da tempo stipulata con il predetto Patronato. Dopo una breve introduzione del dr. Marco Macera, responsabile della nuova struttura, ha preso la parola il nostro Coordinatore, che ha sottolineato l’importanza del Patronato Caf in un quartiere così popoloso della periferia romana e ha dichiarato che il Sindacato metterà a disposizione del dr. Macera la Sala Riunioni per consulenze o acquisizione di documenti necessari per la trattazione di pratiche di iscritti o familiari al Sindacato stesso o al Gruppo Erato, previo appuntamento. Presenti all’incontro i nostri: dr.Rosario Procopio, dr.Antonio Pillucci, avv.Federico Luciano Ferri, l’avv.Alessandra Valletti, l’avv.Chiara Scigliano, dr.Paola Papalini associata Cida. Roberto Sacchi, Angela Izzo, familiari ed amici del dr. Macera. L'incontro è stato rallegrato da un ricco rinfresco. SOLIDARIETÀ - Il 15 dicembre si è conclusa la raccolta dei fondi ai fini benefici, sessione 2012, programmata dal Gruppo Erato-Cida Inps. Sono state diffuse 300 copie del libro Caleidoscopo due, ed. Anicia. Hanno acquistato copie: la Confederazione CIDA, la Federazione Cida, l’Andip Cida, la Cida Regionale del Lazio, il Sindacato Nazionale CISL, il Sindacato Nazionale UIL, il Sindacato Nazionale Autonomo, il Gruppo Amici dell’ACI, il Sindacato CIDA Ex INPDAP, Il Sindacato Nazionale CIDA-INPS, e molti iscritti al nostro Sindacato e inoltre aderenti e simpatizzanti. A tutti il più sentito ringraziamento. Il 2 novembre u.s. sono stati erogati € 500,00 cadauno all’Hospice di Nepi e all’Hospice di Roma (Anthea), specializzati per l’assistenza e il conforto degli ammalati terminali al momento del trapasso. Nei giorni precedenti il Natale, appena completata la raccolta delle offerte, incassando il corrispettivo delle copie prenotate, analogo ammontare (€ 500,00) cadauno, sarà erogato all’Unicef, quale contributo alla lotta contro la denutrizione infantile, e alla ricostruzione delle zone terremotate dell’Emilia. RASSEGNA PITTORI DEL LAURENTINO E TEATRO - Nell’ambito di questa meritevole iniziativa, il 4 dicembre u s è stato di scena, presso il Centro Culturale Elsa Morante, in nostro associato Erato, Giorgio Lofermo. Siciliano di nascita, trasferitosi giovanissimo a Roma, nei momenti liberi ha coltivato l'interesse pittorico, inseguendo, tematiche e tecniche innovative, ricercando forme geometriche, composte da tessere cromatiche multiforme e disomogenee. Ma Lo fermo è anche un ottimo attore, soggettista e regista. Dalle 21 alle 22,30 ha recitato, come protagonista, “L'uomo dal fiore in bocca”, di Luigi Pirandello, da lui rivisitato e “Calogero Cifalà”, suo il soggetto, catalizzando l’attenzione della platea. Presenti ad entrambe le manifestazioni il nostro Coordinatore, accompagnato dal dr.Antonio Pillucci e dal dr. Imo Palmerini associato Erato. “IL TRIGAMO”al TEATRO VIGNA MURATA - L'8 dicembre il nostro Coordinatore ed il dr. Antonio Pillucci, su invito delle nostre associate ed applaudite protagoniste Lucilla Muciaccia e Mimma Magurno, hanno assistito alla recita della commedia brillante, “Il trigamo” tratta dal romanzo di Piero Chiara “La spartizione” adattamento e regia di Gianfranco Maria Guerra. Un vero successo. CONVIVIO DI NATALE - Il 13 dicembre ha avuto luogo il tradizionale incontro conviviale per lo scambio degli auguri per le Festività Natalizie di fine 2012 ed inizio 2013, presso il Ristorane Cecilia Metella, via Appia Antica 125-127-129 Durante il pranzo ha funzionato a sprazzi un simpatico piano autogestito condotto dal nostro Coordinatore che si aggirava instancabile tra i tavoli coinvolgendo i presenti. Notevole la performance di Fernando Capitelli, associato Erato, sul quale si è aperto un metaforico sipario mentre si accompagnava con la chitarra cantando canzoni romanesche. Si sono alternati con recite di poesie: Maria Meli, associata Erato, e ricercatrice che ha declamato a memoria, in dialetto calabrese La notte di Natale (cfr.pag.16 ) e I Briganti; la poetessa Rossana Mezzabarba-Nicolai, ass.Erato con 1 sua composizione inedita in italiano; l’ass. Adriano Longhi, con sue poesie in vernacolo romanesco e Cesare Fucci, associato Cida, anch’esso con due suoi sonetti in romanesco tratti dal suo libro “Pensieri”. Rossana Mezzabarba ha recitato con grande partecipazione due poesie in italiano del nostro Coordinatore, tratte dal libro “Nella volta più alta del cielo”. Applausi per tutti. Prima del dessert, sono stati estratti a sorte tre premi: il primo, La Mescitrice, dipinta su tegola antica, con tecnica medioevale-rinascimentale, dalla nostra Silvana Costa, in arte Silco, è stato vinto dal dr. Luigi Oppido, ass. Erato; il secondo, un buono per pranzo o cena per due presso il ristorante Cecilia Metella, è stato vinto dal nostro dr.Francesco Sparagna, il terzo, consistente in 5 litri di vino rosso calabrese della Casa Vinicola Valdineto, dall’ass. Erato dr. Pierpaolo Cerrone. Ai convenuti è stata offerta una bottiglia di vino rosso calabrese Valdineto e depliant illustrativi dei nostri fornitori di fiducia, molti dei quali presenti al Convivio.

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PPPPER STRAPPARE UN SORRISOER STRAPPARE UN SORRISOER STRAPPARE UN SORRISOER STRAPPARE UN SORRISO

a cura di Giuseppe Spinelli*

Arriva il Natale … ☺ Babbo Natale va in Africa e arriva in un villaggio con molti bambini, dove c'è anche un missionario, che gli chiede: "Che cosa sei venuto a fare Babbo Natale?" e lui risponde: "Porto i regali ai bambini." Il missionario: "Regali? ma sai che qui i bambini non mangiano?!" Babbo Natale: "Non mangiano? Allora niente regali!!" ☺ In Vaticano stop ai festeggiamenti di Natale per l'assenza del Card. Martini. Il papa ha dichiarato: "NO MARTINI NO PARTY" ☺ Poco prima di Natale nell'ufficio postale di un paesino gli impiegati trovano nella cassetta una lettera

con la scritta "Per Babbo Natale". Decidono di aprirla e di leggerla: "Caro Babbo Natale, sono un bimbo di 7 anni di nome Marco e vorrei chiederti un regalo. La mia famiglia è povera, perciò invece dei giocattoli, ti chiedo di inviarmi 1000 euro, così anche noi potremo passare le Feste con gioia". Gli impiegati della posta, commossi, decidono di fare una colletta e, raggiunta la cifra di 500 euro, la spediscono all'indirizzo del povero bambino. L'anno successivo, nello stesso periodo, nello stesso ufficio postale, gli impiegati trovano un'altra busta "Per Babbo Natale". La aprono e leggono: "Caro Babbo Natale, sono Marco, il bimbo che ti ha scritto l'anno scorso. Vorrei chiederti lo stesso regalo, 1000 euro. Grazie per aver esaudito il mio desiderio lo scorso anno, ma quest'anno mandami un assegno non trasferibile, perchè l'altra volta quei ladri delle poste m'hanno fregato 500 euro".

☺ Un ottimista è una persona che inizia una dieta nel giorno di Natale. ☺ Ricordati che non s'ingrassa da Natale a Capodanno, ma da Capodanno a Natale! ☺ A Natale due barboni s'incontrano e uno dei due chiede: "Ciao cosa hai mangiato oggi?" "Un tacchino!" - risponde l'altro. "Coooosa? Un tacchino? E dove l'hai trovato?" E con un sospiro l'altro risponde: "Sotto una piccola scarpina!" ☺ E come dicono i cannibali... a Natale tutti gli uomini sono più buoni!

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SINDACATO… SINDACALE…SINDACATO… SINDACALE…SINDACATO… SINDACALE…SINDACATO… SINDACALE… SINDACATOSINDACATOSINDACATOSINDACATO MONTI AGLI STATI GENERALI CIDA: i manager risorsa per il paese

di Teresa Lavanga* Lo scorso 26 novembre si sono tenuti a Milano gli Stati Generali della CIDA - Manager e Alte Professionalità per l’Italia. All’evento sono intervenuti 5.000 manager che hanno applaudito le proposte per il Paese avanzate dal Presidente Silvestre Bertolini e l’intervento del Presidente del Consiglio Mario Monti. Condivido tutte o quasi tutte le vostre proposte e proprio per il loro valore per il Paese, e ritengo che il dialogo di CIDA con Governo e Parlamento può e deve costituire una risorsa oggi e soprattutto per il futuro>>. Così sì è espresso il Presidente del Consiglio Mario Monti intervenendo agli Stati Generali CIDA Manager e Alte Professionalità per l’Italia. In un mondo sempre più interdipendente – ha detto Monti nel suo discorso – la resistenza passiva è destinata a soccombere, perché altri altrove decideranno e agiranno al posto nostro. È dunque importante, come fate oggi voi, farsi parte attiva, partecipare, proporre idee e soluzioni affinché diventino opportunità>>. In precedenza i 5.000 manager presenti e lo stesso Monti avevano assistito al discorso del presidente CIDA Silvestre Bertolini <<La presenza del Presidente del Consiglio Mario Monti agli Stati Generali CIDA – ha detto Bertolini – è per noi manager un grande riconoscimento e lo sono anche le migliaia di presenti>>. Tra le proposte per il Paese avanzate da CIDA, tutte molto applaudite dalla platea, citiamo: <<Il rinnovo dell’amministrazione pubblica deve passare per un dimagrimento strutturale di uffici e apparati statali, economie di spesa e semplificazione. Ma soprattutto serve una dirigenza pubblica svincolata dalla politica, che deve fissare obiettivi e controllare, ma non gestire, e scelta e valutata sulla base delle competenze e dei risultati raggiunti. Il rilancio dell’Europa, che è indissolubile da quello del nostro Paese. La rivoluzione fiscale: ridurre tasse su lavoro dipendente e imprese e aumentarle su rendite. Dichiarare guerra all’evasione con la prospettiva di ridurre, per gli evasori, i benefici pubblici, a cominciare dai servizi sanitari e assistenziali, il diritto di eleggibilità a cariche pubbliche e il diritto alla privacy, fino al punto di pubblicare i loro nomi>>. Una delle proposte più apprezzate e caratterizzante è stata: <<Un nuovo mondo del lavoro per avere più produttività e occupazione. È necessario cambiare profondamente regole, cultura e comportamenti del mondo del lavoro. Per andare verso più produttività e benessere bisogna dare alle aziende un’organizzazione del lavoro meno gerarchizzata e più aperta alla collaborazione, gestire le persone per obiettivi, valutando e premiando merito e risultati. Insomma, un profondo cambiamento di un mondo del lavoro ingessato e legato a normative e comportamenti da ferriera. E in tutto questo i manager hanno tanto da dare e da fare>>. Estratto del discorso del Presidente Bertolini agli Stati Generali Signor Presidente, Cari Amici, abbiamo pensato questi Stati Generali come una grande assemblea di colleghi. La nostra Confederazione dei Dirigenti, dei quadri e delle Alte Professionalità, che rappresenta 800 mila manager, è la Casa delle Competenze. In tutti i settori economici e sociali: dall’industria al terziario, dall’agricoltura alla sanità, dalle banche alla pubblica amministrazione, alla scuola. A noi spetta la responsabilità di organizzare le risorse – uomini, capitali, know how – per raggiungere risultati di sviluppo e di crescita e nei momenti di crisi almeno di tenuta a vantaggio dell’intera comunità nazionale. Purtroppo, il nostro ruolo è rimasto per molto tempo confinato nelle nostre aziende, nei nostri uffici, nelle nostre corsie d’ospedale, nei nostri istituti scolastici. Così, mentre noi ci concentravamo solo all’interno dei nostri ambienti di lavoro, il Paese, ma soprattutto la classe politica, perdeva la bussola ed entrava in una fase di caos in cui si sono mescolate incompetenza, improvvisazione, trionfo del clientelismo, mortificazione del merito, irresponsabilità, illegalità.

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Dietro i ritardi della politica c’è tutta l’arretratezza, anche culturale, di un Paese che non ha saputo scegliere e che ha già perso più di un’occasione, per uscire dalla spirale del declino. Tutto questo ci ha portato sull’orlo del fallimento, schiacciati da un debito pubblico che è stato definito “la somma dei vizi nazionali”. Siamo consci della nostra parte di responsabilità, facciamo autocritica. Ma vogliamo reagire come singoli e come organizzazione. Questi difficili cinque anni di crisi hanno colpito duramente le categorie da noi rappresentate e soprattutto la dirigenza dell’industria. Dal 2008 ad oggi ha perso il lavoro circa il 20% del management. Si sta consolidando l’erroneo concetto che i ruoli manageriali siano più un costo che una risorsa. Nel sistema produttivo italiano – rispetto a quello europeo – si profila un allontanamento progressivo della presenza manageriale. In altre parole, se il numero dei manager in Italia era già basso rispetto ai principali paesi europei, questo gap nei prossimi anni sarà destinato a crescere ulteriormente. Non possiamo permetterci il lusso di disperdere e impoverire un patrimonio di conoscenza e competenza più che mai indispensabili per avviare un deciso e coraggioso progetto di crescita. Recenti analisi dimostrano che nelle imprese il modello di governance manageriale produce effetti positivi su tutti gli indicatori economici. Ci sono esempi illuminanti di imprenditori che hanno compreso questo concetto e colto l’opportunità di coniugare alla capacità imprenditoriale la conoscenza e la competenza manageriale. Aziende che sono diventate campioni nel loro settore, non solo in Italia ma anche nel mondo: solo per citare alcuni esempi, Luxottica, Technogym, Eataly, Diesel. E’ importante anche che le organizzazioni e gli uomini delle imprese recuperino il rapporto con la società e le istituzioni, per dare visibilità al valore sociale di fare impresa, con forte managerialità, ed essere così il motore trainante dello sviluppo. Purtroppo i segnali che ci arrivano, non sono buoni: la dirigenza continua a essere bersaglio, ai limiti della sostenibilità, di tutti gli interventi di solidarietà collettiva. Per trovare le risorse si colpisce sempre e solo chi, nell’immaginario comune, viene fatto passare per “privilegiato” e invece, dipendente o pensionato che sia, ha la sola colpa di percepire retribuzioni commisurate alle responsabilità e ai rischi, e pensioni correlate ai contributi effettivamente versati. E tutto ciò senza aver evaso un euro di tasse. Abbiamo sempre detto che la vicenda degli esodati è stato il frutto di una riforma necessaria ma gestita molto male: se ci fosse stata disponibilità ad ascoltare chi ogni giorno opera in azienda e conosce i casi specifici, questo problema sarebbe stato evidenziato meglio e forse risolto prima. Gli ultimi provvedimenti introducono una clausola di salvaguardia di finanziamento che, però, prevede il ricorso ad un ulteriore blocco della perequazione delle pensioni di 3000 euro lorde al mese. Tutto ciò ci pare una soluzione ingiusta e insopportabile. I titolari di queste pensioni le meritano! Dal ‘98 ad oggi questi pensionati sono stati destinatari di ben 5 interventi simili: e se mi consentite, hanno già dato, ed anche troppo. E’ inaccettabile che la meritocrazia, valore su cui si basa la managerialità, venga penalizzata in quiescenza. Stiamo già predisponendo emendamenti e sensibilizzando Deputati e Senatori facendo loro capire l'assurdità di questa misura. Il problema degli esodati lo si finanzi con una maggiorazione delle sanzioni a carico degli evasori fiscali o con un taglio vero alla spesa pubblica improduttiva che è ancora enorme. Sappiamo che la decisione spetta ora al Parlamento, ma chiediamo che il Suo Governo si adoperi in ogni modo per favorire una soluzione diversa da quella varata alla Camera. Chiediamo di rispettare quanto dichiarato nel 2010 dalla Corte Costituzionale in merito alla non ripetibilità di blocchi perequativi o contributi di solidarietà. E’ un fatto di principio e sui principi non si può derogare o negoziare. E se sarà necessario ricorreremo alla giustizia. Ma l’emergenza esodati è un’emergenza di sistema che si ripeterà nel tempo, in funzione dello allungamento della vita lavorativa previsto nella nuova riforma della previdenza. Abbiamo avanzato a suo tempo proposte che miravano a correggere le disfunzioni di questa riforma. Una di queste riguarda l’estensione, anche agli uomini, dell’applicazione del sistema del calcolo contributivo sull’intera anzianità maturata, come già avviene in forma sperimentale per le donne che hanno raggiunto i 57 anni di età e hanno un’anzianità contributiva di 35 anni.

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La consideriamo una soluzione praticabile, equa, in grado di dare una risposta credibile e immediata agli esodati. E ancora, perché non chiedere a queste persone, in cambio del doveroso sostegno loro assicurato, di mettersi in qualche modo a disposizione di enti pubblici per aumentarne l’efficienza? Più in generale, per risolvere i problemi del sistema pensionistico occorrerebbe dare maggiore flessibilità alla riforma e consentire ai lavoratori di uscire dal lavoro all’interno di una fascia di età (per esempio tra i 62 e i 70 anni) anziché, come accade oggi, a partire da un’età predefinita uguale per tutti. Con incentivi e penalizzazioni, certo, ma privilegiando la libertà individuale di scegliere! Ben venga il rigore se è necessario. Ricordiamoci però che questo Governo aveva fatto anche della crescita e dell’equità le proprie bandiere. Auspichiamo che i condizionamenti della campagna elettorale in corso non facciano deviare la rotta e chiediamo che l’impegno venga mantenuto da coloro che saranno chiamati nel prossimo futuro a gestire il bene comune. La crisi dei modelli di rappresentanza, dal sistema dei partiti ai sindacati, sta spingendo tutti a ripensarne le regole. Anche la classe manageriale, pubblica e privata, è stata relegata in uno spazio dove finora la sua partecipazione è stata troppo blanda. Mi riferisco allo spazio della complessità politica e sociale dove un modello di governance inadeguata è alla radice di molti problemi che sembrano irrisolvibili. Da qui nasce il disagio del mondo del lavoro, il continuo impoverimento delle famiglie, la rabbia dei pensionati e degli esodati, il calo dei consumi, il disorientamento dei giovani. Anche noi vogliamo dunque impegnarci per incidere sulle scelte politiche che dovranno essere prese nel prossimo futuro, con la forte volontà di trasformarci da semplice categoria professionale in un vero soggetto sociale. Meritocrazia, valorizzazione del talento, cultura della responsabilità, sono i valori su cui si basa la nostra professionalità e adesso vogliamo metterli al servizio del Paese. Il nostro compito nelle imprese è di farne crescere l’efficienza ed il valore. E’ giunto il momento di far crescere anche il nostro Paese. Vogliamo contribuire ad affermare, nell’intera società, la cultura della competenza, della conoscenza e del merito. Vogliamo avviare una “rivoluzione manageriale” per rilanciare la produttività e la crescita del Paese. Vogliamo innovare il nostro modello di rappresentanza sviluppando una nuova dimensione sociale convinti di poter coniugare i nostri pur legittimi interessi con quelli più ampi dell’intera collettività. Vogliamo un Paese migliore, non solo per noi ma anche per i nostri figli e ci impegneremo per ottenerlo. Per questo le Federazioni dei manager pubblici e privati hanno dato vita a una nuova Confederazione la CIDA – Manager e Alte Professionalità per l’Italia a cui è stato affidato il compito di dialogare con le Istituzioni. Per questo la CIDA ha creato PriorItalia, un movimento che ha lo scopo di offrire alle Istituzioni proposte e progetti per modernizzare il Paese. Dal 2 al 5 agosto scorso abbiamo radunato a Roma centinaia di manager che hanno lavorato per elaborare le prime duecento proposte che offriremo ai Comuni, alle Regioni, al Governo. Ed è per questo, Signor Presidente, che siamo qui oggi, per offrire a Lei, al Governo e alle altre Istituzioni nazionali e locali il contributo delle nostre idee, della nostra esperienza, della nostra passione civile.

*[email protected]

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CIDA-MAPI: la nuova confederazione unitaria della dirigenza.

di Aurelio Guerra* Nell’estate appena conclusasi il panorama sindacale del nostro paese ha visto la nascita di una nuova grande confederazione che riunisce la maggior parte della dirigenza e delle alte professionalità sia del settore privato che di quello pubblico. Al vecchio ceppo della CIDA sono tornate a riunirsi infatti la componente del terziario (Manageritalia), quella degli assicurativi (Fidia) e, per il settore pubblico si sono aggiunti un sindacato dei medici ospedalieri (Cimo) e uno dei ricercatori universitari (Saur). Si tratta in sostanza di un’aggregazione di oltre 130.000 iscritti che intende presentarsi unitariamente ai prossimi importanti momenti di confronto con il Governo e con le altre parti sociali. L’assemblea costitutiva svoltasi a Roma lo scorso 11 luglio, ha visto l’elezione del Presidente nella persona di Silvestre Bertolini, di quattro Vice Presidenti (Calabrese Fabrizio,Quici Guido,Vezzani Marco e per la Funzione Pubblica Giorgio Germani) di un Consiglio dei Presidenti composto dai Presidenti delle 9 federazioni aderenti ( tra cui Rembado per la FP-CIDA) di un Collegio dei probiviri (tra cui Aurelio Guerra per la FP-Cida) e del collegio dei revisori. I propositi della nuova organizzazione hanno visto una prima manifestazione nel convegno tenutosi nei giorni 2-5 agosto sotto il titolo PRIORITALIA. Per quattro giorni alcune centinaia di iscritti hanno dibattuto intorno ad un ambizioso programma che si propone di porre al servizio del paese le capacità dei manager italiani. L’obiettivo è anche fare politica nel senso di interessarsi della “res publica”.Un movimento non partisan, apartitico che vuole aggregare tutti i soggetti della società della conoscenza per lavorare a favore del paese, offrendo competenze, progetti chiavi in mano e uomini esperti per aiutare la politica a fare bene le cose. Infatti se compito della buona politica è dare indirizzi e realizzarli, perché questo accada c’è bisogno anche in Italia dell’apporto della cultura e del modello manageriale di chi, professionalmente, si occupa di far accadere le cose nei tempi e costi prestabiliti. Si tratta, dice il Presidente Bertolini, di inventare un nuovo modo di fare rappresentanza, nell’interesse delle categorie che rappresentiamo ma anche nell’interesse del paese, perché siamo convinti di essere portatori di una visione alta della società,.di una visione che crea solidarietà e inclusione sociale.

*Segretario Generale ANDIP-CIDA [email protected]

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I PROBLEMI ORGANIZZATIVI E FUNZIONALI DELLA NUOVA INPS

di Giuseppe Beato* La presenza dell’INPS sul territorio italiano, soprattutto a seguito della riorganizzazione della sua tecnostruttura territoriale a seguito della la determinazione n. 140 del 2008 del Presidente Mastrapasqua, è diventata una realtà percepita dai cittadini come benefica consuetudine. In tutti i Comuni di una certa dimensione si è certi di trovare la Casa del Sindaco, la Parrocchia, la caserma dei Carabinieri, l’ufficio postale e una Sede dell’INPS. L’Istituto arriva nei luoghi più lontani e la sua articolazione in Agenzie consente oggi di trovare un riferimento INPS in qualunque zona dove siano residenti 28.000 cittadini, con una distanza dalla sede più vicina non superiore ai 10 chilometri. Un grande esempio di Amministrazione vicina al cittadino! Queste annotazioni in premessa intendono solo evidenziare l’importanza e la popolarità della organizzazione dell’Istituto sul territorio e come questa sia un “elemento sensibile” nella vita dei cittadini italiani. Essi trovano un riferimento all’INPS in tutti gli aspetti previdenziali legati alla propria vita lavorativa, in molti interventi sociali e assistenziali per chi ha subito menomazioni fisiche e nella copertura della cassa integrazione e dell’indennità di disoccupazione. Non solo quindi la materia previdenziale, ma molto altro lega i cittadini ai servizi che eroga l’INPS. A questo “mondo”, già ricco e variegato, si viene ora ad aggiungere il “mondo” della previdenza e della mutualità creditizia dei dipendenti pubblici e dei lavoratori dello spettacolo e dello sport, che incrementerà, in termini di lavoratori occupati e iscritti all’INPS e in termini di pensionati, una percentuale ulteriore di circa il 20% di cittadini amministrati dalle Sedi dell’Istituto. Questo incremento e arricchimento delle competenze pone una nuova sfida agli Organi di vertice dell’Istituto, ai suoi dipendenti e alle Rappresentanze dei lavoratori, i quali, ciascuno nel proprio ruolo, sono chiamati a contribuire ad un’operazione complessa e delicata. Il primo e principale obiettivo da raggiungere è quello di unificare in un’unica architettura i tre modelli organizzativi preesistenti. L’INPDAP e l’ENPALS non avevano la stessa capillarità organizzativa dell’Istituto e le loro “ambasciate sul territorio” si fermavano al livello dei Capoluoghi di provincia, senza espandersi più in là e più vicino ai propri amministrati. In questo senso la prossima fusione delle strutture territoriali dei tre enti costituirà senz’altro un vantaggio per l’utenza e giustifica abbondantemente l’impegno e lo sforzo che si sta cominciando a produrre per condurre ad unità uffici territoriali fino ad oggi separati. Nel giro di uno o due anni anche il dipendente /pensionato pubblico potrà avere la comodità di trovare il suo ufficio previdenziale più vicino al suo domicilio. Ciò che, tuttavia, da “interni” all’operazione di unificazione delle Sedi territoriali, va evidenziato è che sarà necessario porre la massima cura, attenzione e disponibilità reciproca nella costruzione della nuova realtà unificata. Si devono, infatti, fondere non oggetti inanimati, ma lavoratori professionalizzati, i quali dovranno integrare, in varie misure e proporzioni, al bagaglio di conoscenze fino ad oggi detenuto altre conoscenze e tecnicalità. Soprattutto, dovranno fondersi in uno “storie” amministrative diverse, prassi, abitudini e modalità di lavorare difformi. E’chiaro e giusto che siano i dipendenti ex INPDAP ed ex ENPALS a confluire in un contesto operativo più vasto e più articolato, tuttavia chi “accoglie” dovrà dimostrare, a sua volta, grande capacità di ricevere e ben adattare al contesto di arrivo le risorse provenienti dai due Enti soppressi. Per uscire dal generico dei buoni propositi fin qui espressi, è necessario per tutti un forte “bagno” di formazione, perché i circa 7.000 colleghi provenienti dagli enti accorpati siano presto in condizione di comprendere le modalità gestionali dell’INPS. Reciprocamente, sono necessari anche interventi formativi, specialmente a livello dei dirigenti e delle alte professionalità, finalizzati a fornire ai colleghi dell’INPS “nativi” quel di più di competenze e di problematiche che a loro oggi manca e che, con evidenza, dovrà (anzi deve già adesso) far parte del loro bagaglio professionale. Il mondo della previdenza dei impiegati pubblici è molto complesso, basato com’è su istituti giuridici particolari e variegati, e non può essere avvicinato con un’idea di semplificazione forzata delle problematiche. Questa sarebbe una carta perdente per coloro i quali si volessero cimentare in ciò. Gli enti datori di lavoro, per dirne una, non sono le piccole e medie aziende con le quali, in parte prevalente, è abituato a trattare l’operatore INPS, ma forti e tetragoni uffici pubblici, sempre pronti ad “affermare” i propri interessi specifici. Comprendere le giuste modalità di “movimento” nei confronti di questi soggetti, che a tutt’oggi sono in grado di condizionare - positivamente o negativamente - sia i processi delle entrate che quelli di erogazione delle prestazioni, non è e non sarà facile.

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La complessità del “mondo pubblico” deve avere un adeguato riflesso nella nuova organizzazione delle Sedi INPS anche dal punto di vista dei posti funzione, dirigenziali e non. Non è possibile arricchire un sistema di gestione senza valorizzare i soggetti che portano con sé le relative conoscenze e professionalità specifiche. Ciò non significa che qualcuno debba “scalzare” qualcun altro, ma che, più semplicemente e più saggiamente, soprattutto nei primi due o tre anni dall’incorporazione, devono essere preservati - nei limiti di quanto dettato dalle norme della spending review - i posti e le posizioni di responsabilità esistenti, limitando i tagli di personale allo stretto necessario. E’ stato così in tutti i processi di fusione precedenti: in un periodo iniziale si salvaguardano le conoscenze e le professionalità esistenti con una organizzazione il più possibile inclusiva ed estesa; in un momento successivo, quando la fusione delle professionalità e delle conoscenze è conclusa, si procede alle conseguenti possibili razionalizzazioni e snellimenti. Quello sopra ipotizzato è, last but not least, il modo migliore per “far sentire tutti a casa propria”, evitando inutili drammi, frustrazioni e animosità. L’INPS ha condotto con successo nella sua storia parecchie operazioni di accorpamento. Questa circostanza è di buon auspicio per sperare che anche questa volta siano comprese ed attuate le migliori modalità e caratteristiche specifiche necessarie per attuare la fusione degli uffici oggi esistenti.

*Incaricato per le Problematiche Cida

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Sono lieto di constatare che il dr Beato, Segretario Generale della Cida Inpdap al momento del trasferimento dello stesso Inpdap all’Inps, converga sulle posizioni del Sindacato Cida Inps, al quale egli e i suoi colleghi, oggi appartengono. In quanto “profugo” Inam posso testimoniare che troverà nell’Inps, per lui e per le persone che ha rappresentato e rappresenta, una casa accogliente.

Carmelo Pelle Consigliere Nazionale Cida-Inps

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IL NOSTRO ORGANIGRAMMAIL NOSTRO ORGANIGRAMMAIL NOSTRO ORGANIGRAMMAIL NOSTRO ORGANIGRAMMA COMITATO ESECUTIVO Coordinatore: Carmelo PELLE Vice: Rocco FERRI Giuseppe SPINELLI Amministrazione: Rosario PROCOPIO Organizzazione: Silvana COSTA Relazioni Pubbliche: Scipione GIOFFRE’ Segretario: Alberto CECI

COMITATO DI REDAZIONE

Coordinatore: Carmelo PELLE Redattore Capo: Silvana COSTA Redattori: Antonio PILLUCCI Mario ANTONINI Giuliana COSTANTINI

RESPONSABILI DI SETTORE:

Giuseppe BEATO problematiche CIDA Antonio DE CHIARO cinema e musica classica Adriano LONGHI poesia in vernacolo Ezio NURZIA turismo Claudia PELLE spiritualità Iole SEVERO solidarietà Giulio SORDINI teatro in romanesco e pittura Rosario ZIINO escursioni e sport Caterina ZUCARO assistenza socio sanitaria

RAPPRESENTANTI PERIFERICI:

Attilio AGHEMO (Torino) - Gaetano BARTOLI (Palermo) - Rosario BONTEMPI (Regione Piemonte) - Lillo BRUCCOLERI (Genova) - Bruno DE BIASI (Oristano) - Paola DURANTI (Livorno) - Marino FABBRI (Reggio Emilia) -Giuseppe GIGLIOTTI (Cosenza) - Massimo IANNICELLI (Lametia Terme) - Mario LOMONACO (Campobasso) - Armando LO PUMO (Genova) - Mario MIRABELLO (Catanzaro) - Elio PELAGGI (Catanzaro) - Salvatore PINTUS (Genova) - Gesuino SCANO (Sassari) - Mario SCOCCHIERI (Locri) - Nicla SPINELLA (Livorno)) - Enrico VIGNES (Latina) - Vincenzo VITRANO (Trapani) - Pietro ZAPPIA (Reggio Calabria).

L’adesione è libera. L’auspicio è di garantire la presenza di rappresentanti del Gruppo in ogni provincia d’Italia.

Associati: a) di diritto gli iscritti al Sindacato; b) per libera scelta il personale dell’INPS in servizio o in pensione e le persone appartenenti ad altri ambienti di lavoro su presentazione di un associato.

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