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Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco! Anno I I - Numero 1 Magis ut Valeat Anno Scolastico 2011/2012 ∙izèmata ∙izèmata WWW.SCUOLAEMP DOCLE.IT Liceo Scientifico Empedocle la Scuola con un’anima

Rizomata - Numero 1 - 2011/2012

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Il Giornale della Scuola Empedocle

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Educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco! Anno I I - Numero 1 Magis ut Valeat Anno Scolastico 2011/2012

∙izèmata

∙izèmata

W W W . S C U O L A E M P

DO

CL

E.

IT

Liceo Scientifico Empedocle

… la Scuola con un’anima

SO

MM

AR

IO

Interpretiamo il presente

Uno sguardo alla realtà che ci circonda

La voce dei nostri inviati speciali dall’Italia

Occupy Sicily (Ferdinando Valente)

Lo spread, parolone vagante di un'economia difficile da capire (Dario Scapellato)

Amici per una notte (Ferdinando Valente)

Dalla Scuola

All'I.N.G.V. di Catania con la mia classe (RobertoDe Francesco)

L'onore di essere rappresentante di classe (Laura Lo Giudice)

Scienza e dintorni

Moderne tecnologie e nuove generazioni a confronto

OGM:dannosi o salutari per la Nostra salute? (Davide Curcio)

Riverberi culturali

Incursioni estravaganti sull’Arte, la Letteratura e la Filosofia

Il “Veltro” siamo noi (Salvatore Bertino)

Scienza e Fede oggi: integrazione o conflitto? (Carmelo Antonuccio)

Le nostre recensioni

L’avventura di due sposi (Paola Di Bella)

Storia di Iqbal (Carmelo Antonuccio)

Prospettive Giovani

Il mondo visto con Sguardo Adolescente

Sulle punte (Selenia93)

L'amicizia... inutile cercarla nel vocabolario! (Maria Fernanda Ferlazzo)

Gli ignavi nel mondo attuale (Davide Curcio)

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SOMMARIO

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S O M M A R I O

Penne Estroverse

La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole

E se Ettore non fosse morto? (Ferdinando Valente)

Una Coppia un po’ particolare (Giulia Pensabene)

Tutta un’altra Storia

I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane

La pulzella francese (Giulia Pensabene)

L’angolo della Poesia

Pensieri & parole (Gaia Foti)

La Scuola Risponde

Intervista al Prof. Giuseppe Carpentiere

Trova l’errore

A rigor di logica

Suggerimenti di lettura

A cura della Prof.ssa Agata Grasso

Un viaggio lungo un libro

Le menzogne della notte, ovvero la Vita come labirintica ragnatela

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SOMMARIO

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Uno sguardo alla realtà che ci circonda

Interpretiamo il presente

.Avete visto cosa sta succedendo

dalle nostri parti? Da oltre 5 gior-

ni il movimento dei forconi, detto

anche forza d’urto, alimentato

dagli autotrasportatori, dai conta-

dini e dai pescatori, sta paraliz-

zando la

vita di

un’inte-

ra re-

gione.

Non mi

ero reso

conto a

che

punto

fossimo

arrivati

fino a

quando,

stama-

ne, sono entrato in un supermer-

cato per comprare dell’acqua. Ho

visto la desolazione. Interi corri-

doi di scaffali completamente

vuoti e la gente che si affrettava a

comprare quel poco che era rima-

sto. La stessa cosa è avvenuta da-

vanti alle pompe di benzina, or-

mai utilizzate come parcheggi.

Che scene squallide! Sembrava di

essere in “1984″ di Orwell, quan-

do la penuria dei beni di prima

necessità imperversava, causando

un generale malcontento, camuf-

fato dalla devozione verso

il Grande Fratello. Questa

protesta, dagli ultimi co-

municati, andrà avanti fino

a giorno 27 gennaio. I ma-

nifestanti non mollano:

chiedono il rimborso delle

accise sul carburante, l’ab-

battimento dei pedaggi e

dei costi di traghettamen-

to, garanzie sulle produzioni lo-

cali, letteralmente “aggredite”

dai prezzi più competitivi dei

beni provenienti dai paesi extra-

comunitari. Essi protestano, più

in generale, contro il governo

regiona-

le, che

non at-

tua, se-

condo il

loro

punto di

vista, le

giuste

politi-

che di

prote-

zione

verso

l’econo-

ma siciliana. Nonostante il disa-

gio, io sono a favore delle loro

rivendicazioni, perché mi sembra

giusto, in una fase di crisi econo-

mica, proteggere gli imprenditori

locali, ma penso che i loro meto-

di siano eccessivi, in quanto, in

tal modo, attireranno i dissensi

della gente messa in ginocchio

dai disservizi. Occupy Sicily but

take care of Sicilians!

Ferdinando Valente

Sito internet:

www.scuolaempedocle.it

____________________________

Presidente del C.d.A. e del

Comitato Scientifico:

Dr. Sergio Pedullà

Direttore Generale

Avv. Giuseppe Pedullà

Direttore Responsabile

Prof. Maurizio Scarmozzino

Caporedattori:

Prof.ssa Grasso Agata Camilla

Prof.ssa Amata Donatella

Prof.ssa Biancamaria Rotondo

Prof.ssa Emanuela Famulari

Redazione e Amministrazione

Ufficio di corrispondenza di Messina

Responsabile:

Dott.ssa Maria Cinconze

Via R. Ansalone n. 2

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Via M. Cilestri 109

95128 Catania

Tel. 095449710

Fax 0908967872

____________________________

email:

[email protected]

Occupy Sicily

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È una tranquilla serata a bordo

della Costa Concordia. I saloni

delle feste sono illuminati a gior-

no e gremiti di gente che conver-

sa e ride spensieratamente.

All’improvviso un boato, le luci

vanno via e quello che era un mo-

mento di allegria, in un attimo si

trasforma in tragedia. Le urla, i

pianti, la gente che corre da una

parte all’altra impazzita e poi tra

mille difficoltà si ritrova nel mare

buio: in una scialuppa o diretta-

mente nelle acque gelide. Per for-

tuna è una notte serena, il mare è

tranquillo e le persone si ritrova-

no sulle rive di una piccola isola a

molti sconosciuta: l’isola del Gi-

glio. La piccola comunità di iso-

lani, dopo aver intuito il consu-

marsi di una tragedia ed aver vi-

sto la sagoma di una gigantesca

nave riversa su un fianco, non

esita e si precipita ad accogliere

ed a soccorrere i naufraghi. C’è

chi apre la propria casa e offre un

pasto caldo. E soprattutto una

spalla su cui piangere. Importanti

valori accomunano gente di

mondi diversi e che parlano lin-

gue diverse: l’affetto, la generosi-

tà e l’altruismo.

Queste persone sono rimaste uni-

te per una notte e hanno condivi-

so il dolore di questa tragedia.

Poi sono arrivati i soccorsi veri

(118, Protezione Civile), che

hanno organizzato il rientro a

casa dei sopravvissuti. Ecco, è

arrivato il momento di lasciare

l’isola: tra i riflettori e la folla di

giornalisti ci si saluta, ci si ab-

braccia, ripetendo in lacrime

“grazie, ancora grazie, ti sono

obbligato per la vita! Non ti di-

menticherò mai”. Anche questa è

amicizia.

Ferdinando Valente

Cos’è lo

spread? Molti

di noi leggono

sui giornali

questa strana

parola che og-

gi, in questo

periodo di crisi finanziaria, è

sempre più utilizzata. Penserete

che questo articolo sia basato sui

soliti fattori economici e sarete

indotti a non leggere con atten-

zione. Quindi, evitando lunghe

frasi complesse da recepire, dire-

mo semplicemente che lo Spread

è la differenza di rendimento tra i

titoli di Stato italiani (titolo di

Stato=prestito), chiamati Btp, e

quelli tedeschi, chiamati Bund.

Lo Spread può aumentare o di-

minuire in base alla situazione

politica ed ovviamente economi-

ca di un Paese. Se lo Spread au-

menta vuol dire che il nostro

Paese è in pericolo. Un pericolo

che si traduce in inglese con un

altro parolone, “default”, ossia

impossibilità di pagare il proprio

debito. Il debito dell’Italia attual-

mente ammonta a circa 1900 mi-

liardi di Euro, certo non una pic-

cola cifra. Quindi vi sono delle

agenzie che, in un certo senso,

“commentano”

questo debito,

affermando so-

stanzialmente se

è rischioso o no

investire in un

Paese. Queste

sono dette agen-

zie di rating e le

principali sono

Standard &

Poor’s, Moody’s,

Fitch Ratings. Il

commento si ba-

sa sul declassa-

mento o sull’in-

nalzamento di una nazione che

in termini scolastici si potrebbe

tradurre in “calo o aumento del

voto”. Il voto che è stato dato

all’Italia è A.

La scala dei voti è così struttura-

ta:

1)AAA(Germania,Olanda, Sviz-

zera…);

2)AA+ (Stati Uniti d’America,

Belgio…);

3)AA (Spagna, Irlanda…);

4)AA- (Giappone, Taiwan…);

5)A+(Cina,Cile…);

6)A(Italia,Polonia…);

7)A-(Thailandiaecc…).

La situa-

zione è

facilmen-

te intuibi-

le quindi,

per au-

mentare

questo

voto una qualsiasi economia de-

ve crescere e risanare i suoi de-

biti. Il debito non è solo ed

esclusivamente dello Stato, fa

parte della vita quotidiana di

ognuno di noi. È un’impresa dif-

ficile ma l’Italia è forte e riuscirà

ad uscire da questa bufera finan-

ziaria. Dario Scapellato

Lo spread, parolone vagante di un'economia difficile da capire Amici per una notte

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All'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania con la mia classe

DALLA SCUOLA

Lunedi 21 Novembre io e i miei

compagni frequentanti il Liceo

Scientifico “Empedocle” abbiamo

visitato l’Istituto di Geofisica e

Vulcanologia di Catania. La mat-

tina ci siamo riuniti con i profes-

sori nel piazzale davanti alla

scuola e, ancora un po’ assonnati,

siamo saliti sul pullmann. Nono-

stante il sonno, il viaggio è stato

molto allegro. Arrivati a Catania

ci siamo subito diretti alla sede

locale del nostro

Liceo e, dopo

esserci accomo-

dati in Audito-

rium, il professo-

re Carpentiere e

la professoressa

Toscano hanno

tenuto una lezio-

ne riguardante i

vulcani e i terre-

moti, lezione che

è stata anche

supportata e valorizzata dalla vi-

sione di un documentario scienti-

fico. Successivamente ci siamo

recati al Centro dell’INGV, che è

situato in uno splendido edificio

prospiciente una grande piazza.

Appena entrati ci ha accolto uno

scienziato che ci ha dato il benve-

nuto. I corridoi di questo edificio

sono adornati con teche che con-

tengono strani strumenti per fare

ricerche sui vulcani. Noi alunni ci

siamo accomodati in una sala de-

stinata ai convegni e lo scienzia-

to, dopo essersi presentato, ci ha

raccontato la sua storia. Egli ci ha

detto di essere di origine tedesca

e che, dopo aver conseguito una

laurea in Geologia, si è trasferito

in Italia per condurre degli studi

sui vulcani. Dopo aver parlato

della sua vita lo scienziato ci ha

presentato un video, realizzato in

collaborazione con la RAI e rela-

tivo all’Etna, il più grande vulca-

no attivo d’Europa. Questo docu-

mentario spiegava come si è for-

mata l’Etna e quali pericoli può

causare.

Ma il pezzo forte della visita do-

veva ancora arrivare. Infatti ab-

biamo anche avuto l’opportunità

di recarci nel cuore di questo edi-

ficio, la sala di controllo, in cui si

monitorizzano tutti i vulcani nel-

la zona, ma

soprattutto

l’Etna. Una

parete di que-

sta sala era

rivestita da

monitor nei

quali venivano

presentati dati

e informazioni

su fenomeni

geologici co-

me i terremoti.

Si trasmettevano anche le imma-

gini riprese da alcune telecamere

poste sulla cima e sulle pendici

dell’Etna. In un’altra parete era-

no invece presenti dei vecchi si-

smografi non più in funzione. Io

sono rimasto impressionato dalla

quantità di informazioni presenti

in quella stanza. Dopo aver salu-

tato e ringraziato lo scienziato

siamo usciti dall’edificio, abbia-

mo pranzato al McDonald e sia-

mo ripartiti per ritornare a Messi-

na. Essendo un po’stanchi, il

viaggio di ritorno è stato tran-

quillo. Per me questa è stata

un’esperienza magnifica e spero

di ripeterla, perché non capita

spesso nella vita di andare a visi-

tare la centrale operativa di un

istituto geofisico e vulcanologico

così importante.

De Francesco Roberto

Gli studenti

credono che

nella scuola

di oggi essere

rappresentanti

di classe non

conti poi molto. Inizialmente an-

che io la pensavo così e con tale

spirito di sufficienza mi candidai

alle elezioni. Giravo per i banchi

ridendo e chiedevo di votarmi per

questo”importante” ruolo; durante

le elezioni fingevo anche che la

questione mi stesse veramente a

cuore. Anche se non mi interessa-

va più di tanto, il desiderio e la

curiosità di conoscere il verdetto

mi rendevano, però (ora devo am-

metterlo), un po’ ansiosa. Alla

fine rimanemmo in gioco io ed un

mio compagno, con cui abbiamo

iniziato a tenerci per mano, inco-

raggiandoci l’un l’altro. Quando

sentii pronunciare il mio nome

rimasi sorpresa, non credevo di

farcela!

Nei giorni successivi alla mia ele-

zione mi accorsi che stava cam-

biando qualcosa. Tutti mi cerca-

vano e si rivolgevano a me per

qualsiasi chiarimento e natural-

mente lo fanno tuttora. Sono or-

mai giunta alla consapevolezza

che il ruolo che ricopro è impor-

tante e per riuscire a esserne vera-

mente degna devo saper rispettare

tutti gli impegni presi ed essere in

grado di venire incontro alle ne-

cessità dei miei compagni in qual-

siasi occasione.

Ora che sono passati diversi mesi

dall’inizio dell’anno scolastico,

devo ammettere che questo com-

pito è più pesante di quanto pen-

sassi. E posso dire di sentirmi

onorata per essere diventata rap-

presentante di classe.

Laura Lo Giudice

L’onore di essere Rappresentante di Classe

Pagina 7

OGM: dannosi o salutari per la Nostra salute?

Scienza e dintorni

Un orga-

n i s m o

genetica-

m e n t e

modifica-

to (OGM)

è un esse-

re vivente

che possiede un patrimonio geneti-

co modificato tramite tecniche di

ingegneria genetica, che consento-

no l’aggiunta, l’eliminazione o la

modifica di elementi genici. Ad

oggi, la tecnica del DNA ricombi-

nante è stata utilizzata non solo per

la produzione di nuovi farmaci, ma

anche di enzimi per ridurre l’im-

patto ambientale dell’industria e di

piante e animali con caratteristiche

migliorative in termini di resisten-

za alle malattie. La commercializ-

zazione degli OGM sta conquistan-

do anche altri tipologie di mercati:

nel 2003 a Taiwan furono venduti i

primi animali OGM a scopo dome-

stico: Si trattò di un centinaio di

pesci d’acquario resi fluorescenti

tramite l’inserimento di geni di me-

dusa. Nel dicembre 2003, la vendi-

ta di pesci fluorescenti è stata per-

messa anche negli Stati Uniti, men-

tre è tuttora vietata la loro introdu-

zione in Europa. Le tecniche per

ottenere gli OGM sono relativa-

mente recenti. Oggi sono presenti

sul mercato unicamente OGM che

presentano modifiche circoscritte a

caratteri di natura mendeliana, os-

sia caratteri facilmente controllabili

tramite l’inserimento di uno o po-

chi geni che servono a fornire di-

rettamente una data caratteristica

(es. resistenza a una malattia). Gli

OGM vengono ottenuti attraverso

l’uso di tecniche di ingegneria ge-

netica che permettono di inserire,

all’interno del genoma di un orga-

nismo, frammenti di DNA prove-

nienti anche da altri organismi. Il

DNA così ottenuto è definito DNA

ricombinante. I frammenti di DNA

da inserire vengono estratti dal

genoma di origine attraverso l’uso

di enzimi di restrizione, che fun-

zionano come vere e proprie forbi-

ci molecolari, e inseriti in un vet-

tore ricevente grazie ad un altro

enzima: la DNA ligasi. I vettori

possono essere sia piccole moleco-

le circolari di DNA, sia alcune

strutture derivate da virus, in gra-

do di contenere quantità maggiori

di materiale genetico (fino a circa

70.000). Gli OGM vengono impie-

gati in diversi settori, che spaziano

dall’agricoltura alla medicina,

all’alimentazione, all’industria. La

polemica oggi nasce intorno ai cibi

geneticamente modificati. Quando

vediamo sulle nostre tavole mele

tutte uguali o fragole di dimensio-

ne sproporzionate, è il caso di

chiedersi se non siano OGM. Per

quanto riguarda la salute, è stata

evidenziata sia teoricamente che

con alcuni esperimenti la possibili-

tà che gli OGM presentino tossici-

tà e causano allergie. Sono passati

molti anni da quando, nel 1988,

negli USA 37 persone morirono

dopo aver consumato un integrato-

re alimentare ottenuto da micror-

ganismi modificati. In tempi più

recenti si sono avuti casi di intos-

sicazione, alcune persone, negli

USA, sono finite al pronto soccor-

so per aver consumato un alimento

prodotto con un mais genetica-

mente modificato originariamente

approvato solo per consumo ani-

male. Sono stati registrati casi di

shock anafilattico e numerosi pro-

blemi, meno gravi, dovuti all’inge-

stione del mais StarLink finito

“per errore” negli alimenti destina-

ti agli umani. I casi di allergie e

intolleranze alimentari sono in au-

mento tra la popolazione. Un’inda-

gine condotta da 15 Centri della

Società Italiana di gastroenterolo-

gia ed epatologia pediatrica, su 17

mila studenti delle scuole medie

inferiori, ha dimostrato la presenza

di celiachia, cioè l’intolleranza al

glutine, in un caso su 150. Qualche

anno fa la frequenza era di un caso

su 1000-2000. Sembra logico avan-

zare l’ipotesi che la causa sia da

ricercare nel tipo di frumento che si

sta attualmente consumando e gli

OGM potrebbero aggravare questa

situazione. Oggi la scienza non di-

spone degli strumenti per capire

cosa accade esattamente con una

manipolazione genetica, tanto me-

no per prevedere i risultati a medio

e lungo termine. Si è capito che

nessun gene funziona isolatamente,

e poco si sa delle interazioni che

possono avvenire tra i geni e con

l’ambiente. Recentemente alcuni

noti scienziati, apertamente favore-

voli agli OGM , hanno dichiarato

che i prodotti biologici, che non

usano fungicidi, sono più contami-

nati da aflatossine rispetto ai pro-

dotti convenzionali e a quelli gene-

ticamente modificati, dando ad in-

tendere al pubblico che gli OGM

potrebbero essere la soluzione an-

che per questo problema. Il proble-

ma degli OGM non investe solo il

campo agroalimentare, ma anche il

settore forestale. Il WWF Interna-

zionale, in un rapporto pubblicato a

Londra nel 1999 dal titolo “La tec-

nologia delle modificazioni geneti-

che nel settore forestale”, ha infatti

rivelato che un numero rapidamen-

te crescente di piante OGM sono

immesse senza opportuni controlli

in varie parti del mondo.

Un altro settore di applicazione è

quello farmaceutico. Grazie agli

OGM, l’uomo è stato capace di

creare in laboratorio medicinali

capaci di curare diverse malattie, o

anche hanno reso possibile la for-

mazione di sostanze utili all’uomo.

Davide Curcio

Pagina 8

Incursioni estravaganti sull’Arte, la Letteratura e la Filosofia

Riverberi culturali

Non bisogna pensare che tutto ciò

che è scritto nella “Divina Com-

media” sia riconducibile solo al

contesto medievale. Credo, infat-

ti, che tra le righe dell’opera del

poeta “vate” vi sia molto di veri-

tiero e, soprattutto, molto di at-

tuale. Dante riesce con maestria a

veicolare tutti i suoi pensieri e le

sue opinioni che hanno attinenza

con la sfera morale e politica, ma-

gari tramite allegorie. Le fiere, ad

esempio, rappresentano Lussuria,

Superbia e Cupidigia, che erano

considerate da Dante i peggiori

dei mali sociali. Io credo che le

“fiere” possano essere facilmente

contestualizzate nel mondo di og-

gi. Oggi Lussuria, Superbia e Cu-

pidigia sono presenti in una misu-

ra ancora più larga che nel Me-

dioevo, sia in Italia che nel resto

del mondo. Il pianeta, nel corso

dei secoli, è stato il soggetto di

una vertiginosa evoluzione e l’uo-

mo al giorno d’oggi si trova sem-

pre di più alle prese con gli obbli-

ghi di abbattere i propri limiti,

costruirsene degli altri e ricomin-

ciare a lavorare per buttarli giù. Il

mondo attuale è completamente

diverso rispetto al mondo me-

dioevale - questo è sicuro - e pos-

siamo dire per certo che tutto è

cambiato, ma certe cose sono ri-

maste. Mentre i moderni caterpil-

lar hanno rimpiazzato i primitivi

aratri medioevali, la lussuria, la

cupidigia e la superbia hanno

continuato a farsi strada nell’ani-

mo umano. L’uomo, per quanto

possa cambiare, rimane sempre

tale e porta con sè sia i lati positi-

vi che i lati negativi; non esiste

l’uomo perfetto come il Virgilio

della Divina Commedia: siamo

tutti un po’ egoisti, pressapochi-

sti, avidi, lussuriosi, e credo che

la differenza principale che di-

stingue gli uomini di oggi da

quelli del passato sia rappresen-

tata dai mezzi. Con le nuove tec-

nologie e le nuove invenzioni,

l’uomo ha trovato nuovi mezzi

ben più sofisticati ed efficienti

per raggiungere i propri fini, in-

frangendo ogni barriera morale

attraverso mezzucci ed escamo-

tage; basti pensare alle guerre

scoppiate per via del petrolio. La

nostra situazione è critica solo

perché chi è al potere pensa più

alla soddisfazione personale che

al bene collettivo, tranne quei

pochi che amano veramente ciò

che fanno e sacrificherebbero se

stessi per gli altri. Per secoli le

tre fiere hanno avuto il libero ar-

bitrio e non importa quanto ci

siamo evoluti o quanti razzi sia-

mo riusciti a inviare nello spazio;

l’uomo nel corso del tempo non è

diventato “migliore”, ma è sem-

plicemente rimasto uomo ade-

guandosi alle nuove opportunità.

Se non muoviamo un dito in atte-

sa del “re saggio”, del “papa

buono” o del “presidente bravo”,

non avremo mai nessuna garan-

zia di quello che saremo. Come

Dante, abbiamo davvero bisogno

di un Veltro che migliori le cose,

ma a questo punto cosa può esse-

re il nostro “Veltro”? Non dobbia-

mo arrenderci all’idea che sia tut-

to un bluff e che esista solo la

truffa e l’imbroglio, perché l’uo-

mo ha conservato anche il buono

in sè; del resto non c’è buio senza

luce. Un uomo solo non potrà sal-

vare tutti e non possiamo restare

in attesa che questa utopia accada;

sono secoli che ci dicono da quale

mano mangiare e sono secoli che

siamo costretti ad accontentarci

delle briciole per aderire agli sco-

pi di chi è amico “delle tre fiere”.

È arrivato il momento di mettersi

gli occhiali e di capire che l’unico

"veltro" esistente siamo noi, le

persone più comuni: dal bambino

all’anziano. E qualcosa cambierà

se solo noi lo vogliamo.

E' difficile non rassegnarsi quan-

do ci hanno tolto talmente tanto

sangue, eppure siamo in piedi e

non possiamo rimanere nella stes-

sa situazione dei nostri padri e dei

nostri nonni. C’è qualcosa di più

importante del processore più ve-

loce al mondo e della fusione nu-

cleare; è qualcosa che riguarda

noi come uomini, che nella nostra

imperfezione dobbiamo capire

che abbiamo il potere di cambiare

le cose. La nostra rivalsa non ha

bisogno della violenza, ma deve

essere sudata nel tempo, perché

non esiste che si accetti tutto e

che ci guidino con tutta questa

pantomima. Il veltro siamo noi e,

se ci muoviamo, il mondo si muo-

ve con noi. Quando saremo tutti a

capirlo, allora arriverà il giorno in

cui i buoni vinceranno.

Salvatore Bertino

Il “Veltro” siamo noi

Pagina 9

Scienza o fede? E’ questa una

delle domande più ricorrenti di

tutti i tempi e sulla quale anco-

ra oggi si dibatte continuamen-

te. E’ giusto credere in un Dio

creatore di tutto l’universo o

affidarsi unicamente alla spie-

gazione scientifica dei vari fe-

nomeni? Nel mondo antico l’a-

teismo era un fenomeno scono-

sciuto. Infatti, l’uomo trovava

la forza di andare avanti nel

suo cammino pensando di es-

sere protetto dalle divinità e di

poter spiegare, grazie ad esse,

tutti i fenomeni a lui ignoti.

Con il passare del tempo, però,

le persone cercarono di dare

una motivazione scientifica ai

vari perché, accantonando l’i-

dea di un essere superiore. In-

fatti, in seguito alle continue

scoperte, sembrarono suffi-

cienti l’intelletto e la scienza

per raggiungere traguardi am-

biziosi e sconfiggere le malat-

tie. I confini della ragione sem-

brarono infiniti. Per alcuni

pensatori la religione non solo

era inutile, ma anche dannosa

per l’umanità, in quanto Dio si

sostituirebbe all’uomo.

Per Marx la religione era

“oppio del popolo, il sospiro

della creatura oppressa, l’ani-

ma di un mondo senza cuore".

La critica della religione ap-

prodava alla teoria che “l'uomo

è per l'uomo l'essere supremo”.

Personalmente credo che reli-

gione e scienza non siano così

lontane e antitetiche ma, al

contrario, ritengo che possano

coesistere ed essere supporto

l’una per l’altra. A questo pro-

posito cito le parole di Albert

Einstein: "La scienza, contra-

riamente ad un'opinione diffu-

sa, non elimina Dio. La fisica

deve addirittura perseguire fi-

nalità teologiche, poiché deve

proporsi non solo di sapere

com'è la natura, ma anche di

sapere perché la natura è così e

non in un'altra maniera, con

l'intento di arrivare a capire se

Dio avesse davanti a sé altre

scelte quando creò il mondo".

Credere è vantaggioso. L’idea

della morte e dell’inesistenza

di un mondo ultraterreno ci

provoca angoscia e paura. Chi

ha il dono della fede, invece,

vive in modo più sereno, aven-

do la certezza che la morte sia

solo un passaggio a miglior

vita.

Scienza e Fede oggi: integrazione o conflitto?

Indro Montanelli, in un artico-

lo sul Corriere della sera,

scrisse: "Io ho sempre sentito

la mancanza di fede, e la sen-

to, come una profonda ingiu-

stizia che toglie alla mia vita

ogni senso. Se è per chiudere

gli occhi senza aver saputo da

dove vengo, dove vado e cosa

sono venuto a fare qui, tanto

valeva non aprirli. La mia è

soltanto una dichiarazione di

fallimento." Penso che la

scienza possa darci solo la ve-

rità sulle innumerevoli realtà

che ci circondano, ma mai la

felicità. Quest’ultima è un do-

no che appartiene solo a pochi,

a coloro che credono nell’esi-

stenza di Dio.

Carmelo Antonuccio

Pagina 10

L’avventura di due sposi

Le nostre recensioni

Uno spaccato dell’amore che si

nutre delle briciole, ecco cos’è la

storia di Arturo ed Elide, protago-

nisti del racconto di Calvino L'av-

ventura di due sposi. Quell'amore

non si può nutrire regolarmente,

sebbene la fame del

cuore si faccia ogni

giorno più struggente.

E, per questo, vive dei

momenti che la frenesia

dei giorni, della vita,

del lavoro gli regala.

Elide ed Arturo lavora-

no in orari diversi,

quindi non hanno mai

molto tempo per rima-

nere da soli, ma, nono-

stante ciò, nei gesti di

ogni giorno trovano la

conferma positiva dei

loro sentimenti: il calo-

re del letto solo dalla

parte di Elide, scaldato

da Arturo che trova nel

calore lasciato dalla

moglie le tenerezze

dell’intimità; Arturo

che prepara il caffè; lei

che lo aiuta a lavarsi la

schiena. Sono tutti se-

gni inequivocabili di

una dolcezza che essi

covano nel cuore e che

non aspetta che di esplodere. Og-

gi i giovani vivono un po’ una

situazione simile, presi dallo stu-

dio ed incapaci di comprendere

quanto sia importante creare nel

presente i dolci momenti da ricor-

dare nel futuro. La loro ansia è

generata dalla vita e chi non rie-

sce a sopportarne il ritmo ne vie-

ne sopraffatto. Non è così che

deve andare, perché non sarà pos-

sibile recuperare il tempo che si

perde nel presente. Quella di Eli-

de ed Arturo è una delle tante

dimensioni della vita. Entrambi

presi dal lavoro che, trasforman-

dosi, trasforma loro stessi. Con la

modifica delle leggi di produzio-

ne, con la catena di montaggio e

la produzione di massa, i ritmi si

fanno più frenetici e allo stesso

tempo più monotoni, ed il tempo

che passa diventa semplicemente

un inesorabile conto alla rovescia

verso quello che poi si rivela una

noia ineludibile. Certo, come

suggerisce il titolo del breve rac-

conto di Calvino, questa è un’av-

ventura, come quella del Cava-

liere inesistente Agilulfo, o come

le disavventure delle due metà del

Visconte Dimezzato, ma, se que-

ste sono trasfigurate dalla fanta-

sia, quella di Arturo ed Elide è

un’avventura reale, popolare,

adatta a tutti, dallo spazzino al

direttore di banca. Si

tratta di una storia in cui

è presente la dimensio-

ne vera della vita

dell’uomo nei suoi ritmi

di ogni giorno, in cui

non vi sono lieti fine

forzati, ma solo quelli

creati dalla coppia e

dall'amore; insomma,

una storia fondata sulla

fiducia e sulla voglia di

vivere, senza che si ab-

dichi alle necessità ed ai

doveri cui la vita impo-

ne di ottemperare. Men-

tre le due vicende della

celebre trilogia calvi-

niana si proiettano in-

dietro, nelle epoche dei

"nostri antenati", la vi-

cenda dei due sposi si

svolge in un contesto

che potremmo definire

contemporaneo e che

evita al lettore l’aliena-

zione dal testo. Una co-

sa è certa: la vita odier-

na, piena di frenesia, fa presto a

tirarci per il colletto e a metterci

in sella ad una bici per andare in

fretta e furia al lavoro, privandoci,

momentaneamente e per un tem-

po impossibile da determinare, di

quei momenti di cui il cuore ha

bisogno e che non possono esser-

gli negati.

Paola Di Bella

Pagina 11

Questo

romanzo

di Fran-

cesco

D’Ada-

mo rac-

conta la

storia

vera di

un ra-

gazzo divenuto il simbolo

della lotta contro lo sfrutta-

mento minorile. Iqbal, anco-

ra in giovane età, viene ven-

duto dai suoi genitori ad un

mercante per onorare un

grosso debito. Inizia così a

lavorare in una fabbrica di

tappeti dall’alba al tramonto,

incatenato al telaio, con una

pausa solo per mangiare a

dormire. Qui conosce altri

ragazzi: Fatima, Maria, Alì,

Salman e Fuscello. Iqbal

però è diverso da tutti: è te-

stardo, tenace , intrapren-

dente e coraggioso. Molte

volte si ostina a non eseguire

gli ordini del padrone, Hus-

sian Khan, vuole fuggire

dalla fabbrica, portare con sé

i suoi amici, che al contrario

credono che manchi ormai

poco alla loro liberazione.

Un giorno riesce a scappare,

cerca i suoi genitori e tenta

di tornare a casa, ma il Paki-

stan è un paese troppo gran-

de e sconosciuto per un ra-

gazzino! Si rivolge a due

poliziotti, raccontandogli la sua

storia e li conduce alla fabbrica di

tappeti dove il padrone riesce a

corromperli con un’ingente som-

ma di denaro. Questa è la realtà

del Pakistan! Non ci si può fidare

di nessuno! Centinaia di persone

sfruttano e maltrattano i bambini

facendoli lavorare ininterrotta-

mente per arricchirsi. Iqbal però

non sopporta questa situazione.

Cerca continuamente di trovare

un modo per fuggire ed essere

finalmente un ragazzo come tutti

gli altri. Sogna una vita nuova,

una vita felice dove esistano valo-

ri quali la correttezza, la legalità,

l’altruismo, sconosciuti nel paese

in cui viveva. Un giorno riesce a

scappare dalla fabbrica e si reca

in piazza dove incontra dei mem-

bri del Fronte Per La Liberazione

Dal Lavoro Minorile che gli of-

frono dei volantini. Il ragazzo

non sa leggere e dunque è co-

stretto a tornare nella fabbrica per

chiedere spiegazioni all’amica

Maria, la più colta e istruita del

gruppo. In seguito riesce a libera-

re tutti i suoi compagni che tor-

nano nelle loro case e riprendono

la loro vita quotidiana. Iqbal de-

cide invece di

unirsi al fronte e

lottare per la sal-

vezza di tutti colo-

ro che vengono

ogni giorno schia-

vizzati nelle forna-

ci o nelle fabbri-

che tessili. “Storia

di Iqbal” è un ro-

manzo-denuncia

contro le condizio-

ni disumane in cui

versano milioni di

bambini nei paesi

poveri del mondo.

E’ un libro sul va-

lore della libertà

che, a tutti i costi,

va salvaguardata,

perché senza liber-

tà non c’è speran-

za nel futuro. Il

ricordo di Iqbal

deve rimanere in-

delebile nel nostro

cuore affinché lo

sfruttamento mi-

norile resti solo un

triste ricordo della

storia dell’uomo. Come dice la

ragazza Maria "Di una cosa sola

ti prego: non dimenticare niente".

Carmelo Antonuccio

Storia di Iqbal

Pagina 12

Prospettive Giovani

Riaprire quella grande scatola, ac-

carezzare quei veli, quei nastri e

poi prendere tra le mani quelle

scarpette di raso rosa, l’unico rosa

che abbia mai amato indossare in

tutta la mia vita… Mia madre mi

ha iscritto alla scuola di danza

classica all’età di sei anni. “A me è

stato negato, non per mancanza di

amore, ma per necessità. I nonni

non potevano affrontare quella

spesa. Mi sono dovuta rassegnare.

Tu vuoi avere questa possibi-

lità? Vuoi provarci?”, mi

disse. Si leggeva nei suoi

occhi una grande malinconia

e nello stesso tempo il desi-

derio di vedere lei bambina

in me. Non ero così sicura di

volerlo e non lo nascosi alla

mamma. “Non preoccuparti,

io non ti impongo niente.

Farai ciò che il tuo cuore de-

sidera.” Mi accompagnò quel

primo giorno munita di body

rosa, calze rosa, mezze punte e

rigorosamente chignon. Ero emo-

zionata dinnanzi alla maestra, una

donna esile e dai modi gentili, che

non sembrava camminare, ma vo-

lare sul pavimento. Mi affascinaro-

no incredibilmente la sua figura, i

suoi movimenti, la sua voce. Tutto

in lei era grazia e armonia e io mi

lasciavo trascinare dai suoi ordini

e li eseguivo senza fatica e senza

disappunto, anche quando mi cor-

reggeva. Aveva ragione la mam-

ma, era bello, straordinariamente

divertente ed entusiasmante, nono-

stante il rigore, il sacrificio, le re-

gole, la disciplina. Mi sentivo tra-

sformata. Non più la bambinetta

esile, timida, impacciata, ma una

persona diversa, che si muoveva e

si rapportava col mondo in modo

armonioso. Alla scuola elementare

la mia maestra elogiava il mio por-

tamento, la mia grazia e io amavo

andare a danza ed esibirmi nei sag-

gi di fine corso. Li ricordo ancora

tutti, storie, personaggi, musiche,

costumi… Ho tra le mani i tutù, le

scarpette e il mio sogno infranto.

Sento un’amarezza che sale dal

fondo del mio cuore. Istintivamen-

te mi tocco la caviglia che lo ha

spezzato, che mi ha impedito di

continuare a ballare. Sognavo l’Ac-

cademia a Roma e invece ho dovu-

to riporre le mie scarpette in una

scatola messa in fondo a un arma-

dio. Ho pianto, disperata, ho cerca-

to di curare quell’infiammazione ai

tendini, ma niente! appena rico-

minciavo a ballare, il dolore torna-

va e io dovevo smettere. Ho conti-

nuato così per due anni, poi la deci-

sione di mollare tutto, con il cuore

a pezzi e il mio progetto di vita ri-

masto incompiuto, irrealizzato. Ho

dovuto guardare oltre, cercare altri

sogni. Non è stato semplice cercare

dentro di me ciò che poteva sosti-

tuire un grande sogno, mettere da

parte le punte, non volteggiare più

con la musica dentro che si trasfor-

mava in movimento. Non ho più le

ali, non ho più il tutù, non salto,

non piroetto, non mi trovo più tra

le braccia del vento a interpretare

personaggi, a raccontare storie e a

dare e provare emozioni. Sono di-

ventata una ragazza qualsiasi, che

con i piedi per terra deve decidere

del suo futuro. La vita mi ha fatto

soffrire. Stavo per perdere la mam-

ma, che si è ammalata di cancro, e

io ho patito e lottato con lei e per

lei. Ho conosciuto il dolore più pro-

fondo, mi sono sentita impazzire

perché non potevo fare nulla per lei

se non starle accanto, ma ho cono-

sciuto anche un altro universo,

quello della dedizione, dell’ab-

negazione per l’altro. L’ho co-

nosciuto nel reparto di oncolo-

gia, dove medici e infermieri

ogni santo giorno si occupano di

persone disperate. Sono cresciu-

ta di colpo, all’improvviso e ho

abbracciato l’idea che forse an-

ch’io sarei potuta diventare uno

di quegli angeli che vegliano

sulla sofferenza altrui. Uno di

loro, il mio gigante buono, come

lo definisco io, mi ha detto: “Vedi,

quando diventerai un medico, do-

vrai avere la forza di mantenere tut-

ta la tua umanità dinnanzi a un ma-

lato, perché se perdi quella sofferen-

za che provi per lui, non sarai mai

un buon medico”. Rimetto i tutù,

che finora avevo tenuto sulle mie

gambe, nella scatola, li osservo an-

cora un attimo, li accarezzo; poi

richiudo delicatamente la confezio-

ne, la ripongo sul ripiano dell’arma-

dio e dico addio al mio vecchio so-

gno. Ritorno al mio libro di anato-

mia, ricomincio a leggere. Sollevo

lo sguardo sulla foto della mamma

che mi guarda sorridente. “Mamma

ti voglio bene. Sulle punte volavo

come un angelo, da medico sarò un

angelo speciale, sarò l’angelo di

tanti come te”.

Selenia 93

Il mondo visto con Sguardo Adolescente

Sulle punte

Pagina 13

E’ da

circa

30 mi-

nuti

che fis-

so que-

sta pa-

gina

bianca

cercan-

do di

iniziare questo articolo con la definizione di

amicizia… ma in realtà non è affatto facile spie-

gare cos’è e cosa si prova a viverne una vera.

Neanche i più grandi filosofi, letterati e intellet-

tuali sono riusciti a dare una definizione concre-

ta e semplice, neanche chi un amicizia l’ha vis-

suta veramente riesce a spiegarla. Alla fine, pe-

rò, sono arrivata a una conclusione: la vera ami-

cizia non può essere definita con le sole parole.

Chi la sente nel proprio cuore e chi ci crede ve-

ramente sa che essa non finirà mai e sarà la cosa

più importante che rimarrà per sempre!

Quanta gente abbiamo visto, quanta conosciuta,

ma un amico è l’unico di cui ci ricorderemo, di

cui parleremo ai giovani quando saremo diventa-

ti vecchi e noiosi, e soprattutto con cui ancora

discorreremo, ricordandoci del passato:

“ehi, Martina, a proposito di avventura, ti ricordi

l’estate in cui mi sono slogata la caviglia tuffan-

domi dal faro del molo di Lipari di notte? Che

risate, ma anche che dolore !!! Lo sbaglio più

grande, perché mi sono giocata tutto agosto a

letto, ma anche uno sbaglio che rifarei mille vol-

te, perché è stata un’ avventura passata come al

solito insieme!!!”.

Credo che l’amicizia sia come un fantasma: tutti

ne parlano, ma solo in pochi riescono a vederla e

viverla veramente! Io ancora devo trovare l’ami-

co/a per la vita e della vita… magari tra un po’,

però ho già trovato una persona che mi ha inse-

gnato cosa significa volere bene!!!

Maria Fernanda Ferlazzo

Se in passato l’ignavo era il monaco negligen-

te e poco propenso all’ora et labora o l’uomo

che, scansando la fatica di prendere decisioni

o di assumersi qualsivoglia responasbilità, vi-

veva una vita “tranquilla” e non diveniva me-

ritevole nè del Paradiso nè dell’Inferno, oggi

l’ignavo è colui che passa attraverso la vita

facendosi trasportare, piuttosto che prender in

mano le redini del proprio destino; per questo

motivo è difficile individuare le sfumature fra

negligenza, accidia e noncuranza.

Nella maggior parte dei casi gli ignavi oggi si

presentano sotto forma di individui superficia-

li, per i quali la colpa è sempre di qualcun al-

tro, per i quali è meglio non intervenire perché

non si sa cosa succederà, salvo poi vantarsi

della propria scelta se l’evolversi della situa-

zione è positiva. Questo disinteresse diffuso si

riscontra in molti campi, dallo scarso interesse

per l’attività politica alla indifferenza con cui

passiamo davanti a un bisognoso o assistiamo

impassibili a un atto di sopruso.

I valori civili dell’impegno, dell’intervento,

della militanza suonano ostici e ardui, al pun-

to che è meglio non votare, non fare volonta-

riato, non esporsi troppo. Forse non riflettia-

mo abbastanza sul fatto che questo nostro

scansare l’intervento diretto nelle questioni

“nazionali” dà spazio a chi invece, con il pro-

prio singolo voto o pensiero, lascia intendere

che tutti i silenziosi la pensino come lui.

Davide Curcio

L'amicizia... inutile cercarla nel vocabolario! Gli ignavi nel mondo attuale

Pagina 14

Penne Estroverse

La singolare e irripetibile creatività delle nostre parole

E se Ettore non fosse morto?

Siamo alla fine

dell’Iliade…

Ettore ormai

sfinito viene

ucciso dal fu-

rioso Achille e trascinato senza

pietà attorno alle mura di Troia.

E’ una scena drammatica e

cruenta in cui l’ira di Achille rag-

giunge l’acme. Si può immagina-

re un finale diverso? Ebbene sì! e

se Ettore non fosse morto? E se

entrambi cadessero sotto i reci-

proci colpi?

Proviamo a ricostruire le due sce-

ne. Patroclo, seguendo i consigli

di Achille non si reca in battaglia.

Ciò non comporta lo scatenarsi

del menos in Achille, che non

tornerebbe sul campo di battaglia

per uccidere Ettore. Il poema

quindi si concluderebbe con la

vittoria dei Troiani, che riuscireb-

bero ad avere la meglio sui Greci,

privi dell’aiuto di Achille.

Immaginiamo ora che tutto av-

venga secondo la trama ma che

stavolta lo scontro tra i due eroi

si concluda con la morte di

Achille, che viene colpito al tal-

lone da Ettore nel suo estremo

sforzo, prima di esalare il suo

ultimo respiro. La guerra si con-

cluderebbe così senza né vincito-

ri né vinti, con la negoziazione

della pace e il ritorno di Elena a

Sparta dal marito Menelao, il cui

onore sarebbe così salvo.

Certo, potrebbero essere dei pos-

sibili epiloghi, ma sicuramente

non avrebbero le stesse ripercus-

sioni mitologiche e letterarie del

racconto omerico della distruzio-

ne di Troia.

Ferdinando Valente

Nei dintorni di Los Angeles, in

una piccola villetta circondata da

un giardino fiorito, viveva una

coppia di sposini un po’ particola-

re: Lara e Tom. Come ogni sera

stavano distesi sul grande tappeto

del loro salottino e la luce del ca-

minetto illuminava i loro volti

mentre iniziavano a raccontarsi

com’era trascorsa la loro giornata.

A dire il vero, i loro racconti sera-

li non erano quelli di una normale

coppia di coniugi, poiché oltre

alla loro giornata lavorativa di-

scutevano delle esperienze

“particolari” vissute. Lara, infatti,

possedeva il dono delle visioni,

riusciva a vedere quello che sa-

rebbe accaduto ad una persona

soltanto entrando in contatto con

questa; Tom, come la moglie, di-

sponeva anche lui di un dono, ve-

niva proiettato nel passato per

vivere una situazione che avrebbe

potuto influire sul futuro modifi-

candone il corso.

- Com’é andata oggi? - chiese

Lara, - Come al solito tutto bene,

e tu? - rispose Tom. - Io ho incon-

trato una signora in biblioteca ed

ho percepito, ma non le ho detto,

che presto incontrerà, dopo tanto

tempo, suo fi-

glio!

- Bene, allora!- affermò Tom -

Macché! L’incontrerà in ospedale,

in fin di vita!! -esclamò Lara - Co-

sa? - rispose stupito il marito, - Sì,

è proprio così, non ho però avuto

il coraggio di avvisarla per aiutarla

a proteggerlo.. Chissà cosa vorrà

dire tutto ciò? I due coniugi anda-

rono a dormire, ma dopo qualche

ora Tom si svegliò tutto sudato, si

alzò e andò in cucina per bere un

bicchiere d’acqua, ma subito dopo

si sentì diverso; stava per essere

proiettato nel passato. Si ritrovò in

una strada buia, di notte, scorse

due fari in lontananza che stavano

per avvicinarsi sempre più; la

macchina sbandò, fece un testa

coda e dopo sbattè violentemente

contro un muro. Tom corse verso

la macchina, guardò all’interno e

vide un ragazzo privo di sensi con

il viso insanguinato. Avrebbe vo-

luto tirarlo fuori, ma sapeva che

era meglio non toccarlo; chiamò

subito la polizia, il 118 e...puff... si

ritrovò nel suo letto a casa, accan-

to alla moglie che dormiva tran-

quillamente e non si era accorta di

nulla. L’indomani sera Tom era a

casa ad aspettare Lara, così da po-

ter cenare insieme. - Tesoro, sono

qui. Ho una splendida notizia. -

gridava sorridente Lara- Avevo

ragione, ti ricordi quella signora di

cui ti ho parlato ieri sera? L’ho

rincontrata oggi, ma quando l’ho

toccata non ho più avuto quella

strana sensazione, anzi dopo mi

sono accorta che era accanto a suo

figlio, ma lui era vivo! Tom silen-

zioso si girò verso la moglie e le

sorrise; forse era arrivato il mo-

mento di raccontarle la sua espe-

rienza.

Giulia Pensabene

Una coppia un po’ particolare

Pagina 15

La vicenda umana dell’eroina

francese Giovanna d’Arco si col-

loca nel periodo storico della

Guerra dei Cent’anni (1337-

1453), conflitto destinato a pro-

trarsi per molto tempo per via del

perdurare dei contrasti tra Fran-

cia ed Inghilterra. Le cause di

questa guerra riguardarono ini-

zialmente la conquista delle Fian-

dre, un territorio economicamen-

te e commercialmente molto im-

portante, e successivamente il

conflitto dinastico tra i due regni,

poiché alcuni territori francesi

erano stati ereditati dalla corona

inglese. La situazione fu inasprita

dall’arrivo dell’epidemia della

peste nera, dalle varie rivolte po-

polari, dalle conseguenze della

cattività avignonese e dallo sci-

sma d’Occidente. Giovanna, già

all’età di dieci anni, aveva rice-

vuto un’educazione religiosa dal-

la madre Isabella che aveva cer-

cato di infonderle i valori sociali

e morali della società del tempo;

nel 1425 la “pulzella” iniziò ad

avere delle visioni ed a sentire

delle voci, queste la incitarono a

lottare contro le ingiustizie e

spingere al di fuori dei confini gli

inglesi. Infatti la ragazza decise

di andare a Vaucouleurs per in-

contrare il comandante d’Orleans

e farsi affidare una parte dell’e-

sercito; in questo contesto l’eroi-

na viene raffigurata come un sol-

dato, con una spada in una mano

e nell’altra una bandiera raffigu-

rante Dio benedicente, il fiordali-

so francese e i due arcangeli Ga-

briele e Michele. Intorno a lei si

aggregarono molte truppe che

volevano sconfiggere gli invaso-

ri, nel frattempo questi stavano

arrivando a conquistare i territori

d’Orleans, ma la caduta della città

avrebbe determinato il passaggio

di tutto il territorio della Loira

Meridionale nelle mani degli in-

glesi; fortunatamente gli assediati

riuscirono a tenere libera la Porta

della Borgogna per facilitare l’in-

gresso di Giovanna con le milizie

e i rifornimenti. Giovanna arrivò

ad Orleans, il primo incontro fu

quello con il capitano, con il qua-

le ebbe un burrascoso collo-

quio per via del fatto che la ra-

gazza avrebbe preferito scendere

direttamente in battaglia, tuttavia

le condizioni climatiche non era-

no del tutto favorevoli, finché il

vento diminuì e cambiò direzione,

così da permettere a Giovanna e

le truppe di portare i rifornimenti

e di conseguenza di schierarsi in

battaglia. Qualche giorno dopo

riuscì a rompere l’accerchiamen-

to, determinando così la messa a

cielo aperto degli inglesi che si

ritirarono definitivamente lascian-

do la Francia. Giovanna impedì ai

francesi di seguire i nemici sia

perché era domenica, e per i cri-

stiani era considerato un giorno di

riposo, sia perché gli inglesi si era-

no spostati volontariamente. Quasi

alla fine della guerra, precisamen-

te nel 1430, la pulzella fu cattura-

ta, deportata per sei mesi in varie

prigioni e alla fine venduta agli

inglesi che cercarono con tutti i

mezzi a loro disposizione di far

risultare eretica Giovanna così da

poterla processare come strega e

farle patire il rogo. La leggenda

vuole che le fosse concesso come

ultimo desiderio di poter tenere

con sè fino alla morte un piccolo

crocifisso, vista la sua grande fe-

de; invocò urlando più volte il

nome di Gesù e si spense tra le

fiamme. Cessato il fuoco, della

povera Giovanna rimasero solo le

ceneri, eccetto il suo cuore che

rimase intatto e fu gettato nella

Senna così da evitare che fosse

rubato

e consi-

derato

una

reli-

quia.

La gio-

vane

diede la

vita per

i suoi

ideali e

per la

sua pa-

tria, dimostrando di essere una fi-

gura di forte personalità e corag-

gio.

Giulia Pensabene

Tutta un’altra Storia

I Corsi e i Ricorsi delle vicende umane

La pulzella francese

Pagina 16

Pensieri & parole

E quell’angolo di paradiso ancor vivo è, in me, più nella stagione del sole,

del caldo e della gioia, quando il limpido cielo accoglie lo scintillante sole,

illuminando la ghiaia umida e fresca, che torna a vivere e sperare dopo la lunga

notte. Ed il mio sguardo si perde, nell’immenso mare, nella cristallina acqua, e nell’infinito

orizzonte, e mi ritrovo solo anch’io, nell’immensità dei miei pensieri. E la montagna, che nonostante

le intemperie è sempre lì, immobile e compatta. E così vorrei essere pur’io, dopo le tempeste che

affliggono l’animo e lo sgretolano. Un urlo, un urlo di gabbiano squarcia il silenzio e mi riporta alla realtà, sorridendo ammirando il nuovo sole che ormai rosseggia all’orizzonte, e che fedele si getta

nelle braccia del mare. Ed anch’io, come lui, mi acquieto, nel mare dei

miei infiniti pensieri. Gaia Foti

L’angolo della Poesia

Pagina 17

La Scuola Risponde Intervista al Prof. Giuseppe Carpentiere

Cosa è la Crittografia?

Negli anni di Facebook, il social network nel quale esporre in pubblico gli affari propri è diventato ormai

routine, ci si dimentica che uno dei giochi più diffusi nel cortile di qualunque scuola era un tempo quello di

inventare un alfabeto segreto con cui inviare e ricevere messaggi riservati.

Nel mondo degli adulti, tuttavia, questo interesse è sempre esistito e continua ad esistere, e la riservatezza

delle comunicazioni costituisce un tema di ordinaria importanza.

L’interesse a trasmettere un messaggio in modo tale che il suo

significato rimanga occulto agli occhi di tutti i lettori, eccetto il

destinatario o i destinatari è, probabilmente, così antico come la

scrittura.

Quando è nata questa esigenza di segretezza?

Si hanno prove di serie di geroglifici “non standard” risalenti a

più di 4.500 anni fa, sebbene non si sappia con certezza se obbedissero ad un vero tentativo di occultamento

d’informazioni o se, invece, rispondessero a qualche tipo di rituale misterico. Maggiore certezza si ha al

riguardo di una tavoletta babilonese del 2.500 a.C. In essa appaiono termini ai quali è stata tolta la prima

consonante, o si utilizzano caratteri in varianti poco abituali. Successive ricerche hanno rivelato che contie-

ne la descrizione di un metodo per l’elaborazione della ceramica vetrificata, per cui si pensa che essa fosse

stata incisa da un commerciante o forse da un vasaio preoccupato che i rivali scoprissero i segreti del suo

mestiere.

Anche se gli Egiziani ed i Mesopotamici facevano già uso di metodi di cifratura, i primi a sfruttarli appieno

furono i Greci ed i Romani, popoli per i quali comunicare in segreto durante le guerre era un elemento fon-

damentale per il successo militare.

Greci e Romani inaugurarono un conflitto del tutto nuovo fra coloro che si dichiarano guardiani del segreto,

i crittografi, e quelli che vogliono scoprirlo, i crittanalisti.

Nell’VIII secolo, per esempio, il saggio arabo al-Kindi inventò un metodo di decifrazione, l’analisi delle

frequenze, che sembrava dovesse far perdere le speranze ai codificatori.

Già a quell’epoca l’arma principale impiegata dagli uni e dagli altri era la matematica, dalla statistica all’a-

ritmetica modulare, passando per la teoria dei numeri.

Qual è un esempio di metodo di codifica e decodifica delle informazioni?

Intorno al I secolo a.C., divenne di assiduo utilizzo il “codice Cesare”, ancora oggi uno dei codici più stu-

diati nell’ambito della crittografia, nonché uno dei più importanti ai fini della comprensione dei principi

dell’aritmetica modulare, uno dei pilastri della scrittura codificata.

Il cifrario di Cesare consiste nel riassegnare ad ogni lettera dell’alfabeto una nuova ottenuta spostandola di

un determinato numero di posizioni. Esaminiamo il processo con maggior dettaglio. Nella seguente tabella

Pagina 18

si mostra l’alfabeto di partenza e la trasformazione che realizza un cifrario “Cesare” di tre posizioni più

avanti per l’alfabeto italiano di 26 lettere.

Nella riga superiore c’è l’alfabeto originale ed in quella inferiore l’alfabeto cifrato. La chiave del cifrario è

il carattere che corrisponde al valore criptato della prima lettera dell’al-

fabeto: in questo caso la lettera D, visto che è quella che corrisponde

alla lettera A.

La classica espressione “Lupus in fabula” sarebbe cifrata come “oxsxv

lq idexod”. Al contrario, la parola “doehur” verrebbe decodificata con

la parola “albero”.

Il funzionamento di un codice Cesare può concretizzarsi grazie ad uno

strumento molto comune in matematica e ancora di più in crittografia,

l’aritmetica modulare, detta anche “aritmetica dell’orologio”. Questa

tecnica ha le sue origini nell’opera del matematico greco Euclide ed è una delle basi fondamentali dei mo-

derni sistemi di sicurezza dell’informazione.

Cosa è l’aritmetica modulare?

Introduciamo i principali concetti matematici che entrano in gioco in questa branca dell’aritmetica.

Consideriamo un normale orologio analogico e confrontiamolo con uno digitale. La distribuzione oraria

analogica divide la circonferenza in dodici parti che scriveremo come 0,1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11. L’equiva-

lenza oraria fra un orologio analogico ed uno digitale è mostrata nella seguente tabella :

Quando si dice, per esempio, che sono le “ore 16”, si sta dicendo che sono le “4 del pomeriggio”. Si adotta

lo stesso principio nel caso della misurazione degli angoli: un angolo di 370° equivale ad uno di 10°, perché

si deve detrarre dal primo valore un giro completo di 360°. Quanti gradi equivalgono a 750°? Detratti i giri

completi pertinenti, si ottiene che un angolo di 750° è equivalente ad un altro di 30°. Si osserva che

750=2*360+30 e che 30 è il resto della divisione di 750 per 360. Usando una notazione scientifica questa

relazione si scrive : 750≡30 (mod. 360).

E si dice che “750 è congruo a 30 modulo 360”. Nel caso dell’orologio scriveremo 14≡2(mod.12).

Generalizzando, si dice che a≡b(mod. m) se il resto della divisione (o divisione euclidea) fra a e m è b, es-

sendo a, b e m numeri interi. Il numero b equivale al resto della divisione di a per m.

Che relazione ha l’aritmetica modulare con il cifrario di Cesare?

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z A B C

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23

Pagina 19

Per rispondere alla domanda supponiamo di disporre di un alfabeto convenzionale alle quali si aggiunge,

sopra, una corrispondenza numerica per tutti i 26 caratteri.

Supponiamo di volere che la versione cifrata di un carattere di numero x (nell’alfabeto in chiaro) sia il ca-

rattere che occupa la posizione x+15 (anche questo dell’alfabeto in chiaro), ovvero di voler spostare il ca-

rattere x di 15 posizioni. Quindi, bisogna trovare una trasformazione tale che ad ogni valore numerico ven-

ga assegnato lo stesso valore slittato di quindici unità e prenda il risultato in modulo 26. Si noti che 15 è la

chiave del cifrario. Si definisce così una funzione C(x)=x+15 (mod. 26), dove x è il valore senza codifica e

C(x) il valore codificato. Basta sostituire la lettera con la sua equivalenza numerica ed applicare la trasfor-

mazione. Prendiamo come esempio il messaggio “VIVA” e cifriamolo.

La V sarebbe il carattere 21, quindi C(21)=21+15=10(mod. 26), che corrisponde alla lettera K;

la I sarebbe il carattere 8, quindi C(8)=8+15=23 (mod.26), che corrisponde alla lettera X;

la V si ripete e quindi, secondo quanto detto prima, corrisponde alla lettera K;

la A sarebbe il carattere 0, quindi C(0)=0+15=15(mod. 26), che corrisponde alla lettera P.

Il messaggio diventa allora “KXKP”.

Per voler decifrare il messaggio cifrato “KXKP” con chiave 15, bisognerà introdurre una funzione C-1(x)=x

-3(mod. 26), ovvero la funzione inversa di quella di codifica.

Procedendo con la nuova funzione si ottiene :

La K sarebbe il carattere 10, quindi C-1(10)=10-15=-5=21(mod.26), che corrisponde alla lettera V;

la X sarebbe il carattere 23, quindi C-1(23)=23-15=8(mod.26), che corrisponde alla lettera I;

la K con procedimento analogo ridiventa V;

la P sarebbe il carattere 15, quindi C-1(15)=15-15=0(mod.26), che corrisponde alla lettera A.

Il messaggio decodificato diventa allora “VIVA”.

Quali sono stati gli sviluppi dei metodi crittografici ?

Con lo sviluppo dell’informatica, i codici hanno acquisito un ruolo primario nella trasmissione dell’infor-

mazione, oltre alle normali considerazioni relative al segreto o alla riservatezza.

L’autentico linguaggio universale della società moderna non impiega lettere né ideogrammi, ma 0 e 1, ed è

un codice: quello binario.

Continua ad essere possibile la sicurezza in questa epoca di Hac-

ker e supercomputer?

La risposta a questa domanda dipende dall’abilità dei due schiera-

menti in perenne competizione: quello dei crittografi e quello dei

crittanalisti. Solo chi sarà in possesso degli strumenti matematici

più potenti, avrà la meglio sull’altro schieramento. Studiate!!!

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1

0

1

1

1

2

1

3

1

4

1

5

1

6

1

7

1

8

1

9

2

0

2

1

2

2

2

3

2

4

2

5

A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z

Pagina 20

Se Alessandra andrà all’appuntamento, allora

la verità verrà a galla.

Se questa affermazione è vera, quale tra le se-

guenti è sicuramente vera?

a) Alessandra non è andata all’appuntamento,

dunque la verità non è venuta a galla;

b) La verità è venuta a galla, dunque Alessan-

dra è andata all’appuntamento;

c) La verità è venuta a galla, dunque

Alessandra non è andata all’appunta

mento;

d) Alessandra è andata all’appunta-

mento ma la verità non è venuta a galla;

e) La verità non è venuta a galla,

quindi Alessandra non è andata

all’appuntamento

1. Non ti preoccupare. Esci le chiavi e ti sposto io il motorino!

Crede che è meglio essere leali e dire loro la verità, anche se risulte-

rebbe impopolare.

2. Lo scorso weekend siamo stati a Firenze; in poche ore siamo riu-

sciti a visitare: gli Uffizi, S. Maria Novella e la Galleria dell’Accade-

mia.

Proverbio Latino

Nisi exerceas memoriam, minueris

Trova l’errore

Speciale Rubriche di Rizomata

A rigor di logica

Pagina 21

Viaggiare è sempre stata la mia

passione più grande. Alla base di

ciò c’è il mio essere profonda-

mente curioso, eclettico, strava-

gante. Mi attira la novità. Ciò che

non conosco sprigiona e infonde

su di me tutto il suo fascino vela-

to di mistero. E un posto è affa-

scinante proprio perché ancora

non lo conosco (o lo conosco po-

co) e mi stuzzica, mi provoca, mi

pungola proprio il

suo alone di segreto.

I viaggi migliori che

ho fatto nella mia

vita? Non sono quel-

li compiuti in luoghi

reali, ma sono le ma-

gnifiche escursioni

che mi hanno vista

impegnata nel mon-

do dei libri.

Un libro è un viag-

gio. Un viaggio divi-

so in tappe, i capito-

li, in cui l’ultima fra-

se di uno già fa pre-

sagire o immaginare l’incipit

dell’altro. Un viaggio di carta nel

mondo della parola di cui, pur-

troppo, solo pochi riescono a car-

pire e afferrare l’odore, il gusto,

il tatto, la vista. Ogni libro letto,

dalla prima all’ultima pagina, mi

imprigiona in una girandola infi-

nita e sensuale di emozioni.

Emozioni che spesso si vestono

di odori, gli odori dei luoghi in

cui il libro è stato letto o conser-

vato, per esempio.

Alcuni dei miei libri profumano

di mare, di alghe, di crema solare

e un brivido che attraversa la mia

schiena mi ricorda quanto possa

essere infinitamente dolce una

buona lettura sulla spiaggia; altri,

i libri ancora neonati, profumano

di carta e di colla: un mix di odori

irresistibile, che spesso si spande

in un mese particolare dell’anno,

Settembre, quando i volumi nuo-

vi, appena acquistati, fanno bella

mostra di sé sugli scaffali della

mia stanza. Mi sembra quasi di

vedere in loro un pizzico di orgo-

glio per la copertina ancora nuo-

va, fiammante, e per la magica

fragranza che sprigionano rispetto

ai compagni vicini (già usati e

spesso, ahimè, anche abusati).

Altri ancora, quelli più vecchi,

quelli aperti più volte da mani

sempre diverse, sanno di polvere

e di passato. Ma sono questi, i

maiores, quelli che irretiscono

maggiormente la mia curiosità e

mi catturano nel profondo, perché

sento palpitare il loro cuore grazie

al crepitio delle pagine che si sfo-

gliano, pagine che, nonostante il

frastuono assordante del mondo

contemporaneo, sono ancora desi-

derose di far sentire la loro voce

e, soprattutto, di dialogare con

me.

Viaggio di suoni e di odori dun-

que, di parole che evocano profu-

mi e che profumano da se stesse e

per se stesse.

I libri possono essere anche un

viaggio di sapori? Naturalmente

sì. Per questo li assaggio, li masti-

co, li sminuzzo a brandelli e li ri-

compongo. Alcuni, troppo succu-

lenti e accattivanti, li divoro. Tutti

di un fiato. Dall’inizio alla fine.

Una piacevole vertigine in quei

momenti domina le

mie facoltà mentali,

vertigine che solo il

luogo figurato che

evoca il libro può su-

scitare, e nessun altro

reale.

Per questo amo i libri.

Per tutte queste sensa-

zioni che mi suscitano.

Sensazioni esclusive.

Solo mie e di nessun

altro. Per questo amo

la pagina scritta: dice

spesso cose sensate.

Spesso, non sempre.

Ma ci sta pure questo. Ci sono al

mondo delle persone che riescono

ad avvincermi come questi miei

straordinari oggetti di desiderio?

Che riescono allo stesso modo a

farmi girare la testa come un vorti-

ce? Forse no. E comunque NON

allo stesso modo. Qualcuno ha mai

guardato, scrutato nel profondo il

mio essere come fa un libro? Sicu-

ramente NO. Perché nel momento

in cui mi illudo che sia il libro a

scandagliare la mia intimità, sono

io stessa che guardo dentro di me,

auscultando i battiti del mio cuore

e avvertendo l’eco delle pulsazioni

delle mie vene.

Prof.ssa Agata Grasso

Suggerimenti di lettura

Un viaggio lungo un libro

Pagina 22

Volete tentare

anche voi di

compiere uno

straordinario

viaggio fatto di

inchiostro e di carta? Questo

mese consiglio vivamente la

lettura de Le menzogne della

notte (1988), una tra le più im-

portanti opere dello scrittore

siciliano Gesualdo Bufalino.

Qui fantasia storica e giallo

metafisico si intrecciano nelle

vicende di quattro congiurati,

rei di aver attentato alla vita

del re. Isolati dal resto del

mondo, essi vivono reclusi

nella fortezza possente e deso-

lata di una fantomatica isola

del Regno delle due Sicilie, al

tempo di Ferdinando II di Bor-

bone (ma le coordinate storico

-geografiche rimangono inde-

terminate, se non arbitrarie),

attendendo di salire sul patibo-

lo. Il governatore, alla vigilia

dell’esecuzione, propone ai

quattro, in cambio della sal-

vezza, di svelare l’identità del

Padreterno, il capo della con-

giura, scrivendone il nome su

di un cartiglio. Il patto era

chiaro: anche se uno solo aves-

se rivelato la verità, tutti e

quattro sarebbero stati graziati.

Inizia così la terribile veglia

della

poten-

ziale

ultima

notte

della

loro

vita. I

quat-

tro vengono condotti tutti in

una stanza, dove incontrano un

famigerato brigante, Frate Ci-

rillo. Questi propone loro di

raccontare a turno un evento

cruciale della loro vita, il più

felice o il più memorabile,

quello che avranno domani da-

vanti agli occhi nel momento

tremendo dell’incontro con la

morte, quando esaleranno l’ul-

timo respiro. Inizia così una

sorta di Decamerone notturno,

in cui, a turno, ogni condannato

racconta la propria storia. Pro-

prio come ne Le Mille e una

notte e nella famosa raccolta di

novelle di Boccaccio, anche qui

la volontà di raccontare nasce

da una situazione di pericolo e

di lutto. Ad ogni storia seguono

le riflessioni collettive dei nar-

ratori-ascoltatori, che ne appro-

fondiscono e ne arricchiscono il

senso. Emerge dai singoli rac-

conti e, in definitiva dall’intera

opera, la concezione della vita

come ragnatela labirintica, in

cui si intrecciano, in modo in-

dissolubile, verità e menzogna,

luce e ombra.

È l’alba: il tempo della paro-

la, e forse anche della vita, è

inesorabilmente scaduto, anzi

è la vita stessa che ora dipen-

de da una singola parola: il

nome del Padreterno. I quat-

tro ne riveleranno l’identità?

Prof. ssa Agata Grasso

Suggerimenti di lettura

Le menzogne della notte, ovvero la Vita come labirintica ragnatela

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