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RODOLFO VIOLO · poeti del movimento moderno, Frank Lloyd Wright, Mies van der Rohe e Walter Gropius, Le Corbusier, Adolph Loos, Konrad Wachsmann, Moshe Safdie, Louis Khan. Molte

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RODOLFO VIOLO

LA PROGETTAZIONE DELL’ARCHITETTURA

NELLA CITTA’ E NEL PAESAGGIO

Roma 2005

Ringraziamenti

Per l’amicizia e l’opera di incoraggiamento che ha svolto nell’offrirmiconsigli e indirizzi per la redazione di questo testo, devo ringraziarePiergiorgio Badaloni.Infatti per tanti anni, a partire dal 1971, ho tratto profitto dall’attività,nei suoi corsi di “composizione” e di “progettazione” tenuti nellastorica Facoltà di Architettura di Valle Giulia dell’Università di Roma“La Sapienza”. Non posso non ricordare, anche altri prestigiosi personaggi che sonostati veri maestri dell’architettura, per me, come per tanti altristudenti: Ludovico Quaroni, Giuseppe Perugini, Maurizio Sacripanti,Giorgio Santoro, Giulio Roisecco, Ciro Cicconcelli, PasqualeCarbonara, Saul Greco, Vincenzo Bacigalupi, Paolo Portoghesi,Bruno Zevi, Furio e Orseolo Fasolo, Gaspare De Fiore, Guglielmo DeAngelis d’Ossat.Da ognuno di costoro ho appreso una parte del mio sapere. Da tutti gliarchitetti del mondo, che non sono stati miei insegnanti, ho appreso,attraverso l’analisi e lo studio dei loro progetti, ulteriori conoscenze.Tra i tanti indubbiamente hanno avuto un ruolo importante i cosiddettipoeti del movimento moderno, Frank Lloyd Wright, Mies van derRohe e Walter Gropius, Le Corbusier, Adolph Loos, KonradWachsmann, Moshe Safdie, Louis Khan. Molte altre esperienze sonoapparse importanti anche nel versante della ricerca tecnologicaapplicata alla progettazione. Ritengo in particolare l’insegnamento diquesto ultimo maestro fondamentale, per comprendere come si possatrovare un equilibrio tra forma e contenuto. In questo percorso homaturato sempre più la convinzione che l’architettura sia un’arte, bendistinta dalla comune attività edilizia che ha come fine la costruzionedella città. Allo stesso modo sono convinto che non debba esisterealcuna separazione tra l’urbanistica e l’architettura. A mio avviso èproprio questa separazione che ha prodotto il fallimento e la crisi dientrambe le discipline nella costruzione della città moderna. Talefallimento coincide con la caduta dei valori estetici.

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Come ultima convinzione ho quella che, per insegnare la materia,dell’architettura, bisogna esercitare quello che L. Quaroni e G.Samonà chiamavano “il mestiere dell’architetto”.

INDICE

ARCHITETTURE E PAESAGGIO NELLE CITTA’....................................8Introduzione...............................................................................................8La caduta della bellezza...........................................................................14L’estetica..................................................................................................17Il valore dei nostri centri storici...............................................................19Attuali orientamenti dell’urbanistica........................................................26Il Paesaggio attraverso l’esperienza dei sensi..........................................29La riscoperta del “Genius Loci”...............................................................34La città come opera d’arte........................................................................37Il concetto di Paesaggio............................................................................39Tipologie di paesaggio.............................................................................42Il paesaggio in Italia.................................................................................44La rappresentazione del paesaggio nella pittura......................................46Il paesaggio nella descrizione degli scultori e dei poeti...........................48Il paesaggio e l’architettura......................................................................49Il paesaggio urbano. La città contemporanea e il desiderio di uno sviluppo sostenibile..................................................................................51

LA PROGETTAZIONE................................................................................55Rappresentazione del sito e del contesto..................................................55Indifferenza al luogo e all’ambiente del movimento moderno................56L’insegnamento di Wright nella casa sulla cascata..................................57Cenni sulle tendenze attuali......................................................................59Oltraggio ai luoghi o semplice disinibizione?..........................................60Relazioni tra l’uomo e l’architettura........................................................62Le proporzioni e il rapporto tra le parti di una figura geometrica............63Fluidità dello spazio.................................................................................64Materiali e nuove tecnologie....................................................................65Strumenti di controllo dello spazio..........................................................66Progettare in un contesto storico..............................................................67Evoluzione della città...............................................................................68Il Post-Modern..........................................................................................70Questioni e conoscenze propedeutiche al progetto..................................71Forma e funzione......................................................................................73

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La definizione di cosa è un Metodo.........................................................73Avvicinarsi alla Filosofia.........................................................................74Il metodo nella filosofia antica e moderna...............................................76Il metodo sistematico induttivo come strumento di progettazione..........77Momenti analitici e sintetici nel metodo sistematico induttivo della progettazione............................................................................................79I concetti di sensazione, sensibilità, intuizione, forma.............................80Una formazione fondata su una tensione etica: la ricerca paziente del vero..................................................................................................................81Qualità della vita......................................................................................82Comprendere la realtà..............................................................................83Avvicinarsi alla progettazione attraverso l'acquisizione di conoscenze e distrumenti...................................................................................................85La progettazione come successione di scelte...........................................86Strumenti..................................................................................................86L'abitudine a collaborare con altri (Team work)......................................88Superamento dei risultati acquisiti...........................................................89Le conoscenze scientifiche: condizione propedeutica al progettare........89Funzionalità dell'architettura. Il funzionalismo organico.........................91L’illuminismo influì sull’architettura e sull’arte neoclassica...................91Contro la mitizzazione della figura dell’architetto..................................94Razionalismo Architettonico....................................................................94L'intuizione creatrice................................................................................94Townscape................................................................................................96Ostilità del Movimento Moderno alla decorazione..................................97Rapporto forma-contenuto nella progettazione.......................................97Strutturalismo linguistico. I segni............................................................98Architettura come linguaggio.................................................................100Concetto di Luogo..................................................................................102Concetto di forma...................................................................................102Architettura, gergo e chiarezza...............................................................104Caratteri distributivi degli edifici ed evoluzione della funzione............104Tipologia................................................................................................106Superamento della tipologia...................................................................108La composizione....................................................................................109Un metodo per progettare.......................................................................110Relazioni tra l’uomo e l’architettura......................................................111Struttura e identità del luogo. Verifica planovolumetrica.....................112Le qualità spaziali del sito......................................................................112

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Collocare il progetto nello spazio e nel tempo.......................................115Lo studio del sito....................................................................................116Studio del "campo".................................................................................118Il luogo del progetto: la nuova architettura in rapporto a quella preesistente.............................................................................................119La circolazione.......................................................................................121Gli itinerari di avvicinamento................................................................121Componenti sociologiche e normative nella precisazione e nel dimensionamento del tema della progettazione.....................................122Indagine di natura sociologica rivolta a stabilire la dimensione ovvero il numero di utenti per i quali è costruita la struttura................................122I contenuti del progetto..........................................................................123

ELEMENTI GRAMMATICALI E SINTATTICI DELLA COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA...................................................125

Analisi: i contenuti del progetto.............................................................125La formazione dell'elenco dei contenuti come metodologia progettuale................................................................................................................127Spazi della distribuzione........................................................................129

Spazi dell'edificio. Diagramma dei percorsi...............................................130Categorie di percorsi..............................................................................130Il concetto di organismo.........................................................................131Altri sistemi facenti parti dell'organismo...............................................132Struttura e leggi di crescita dell'edificio.................................................133Distinzione delle funzioni......................................................................134Organigramma delle funzioni.................................................................135Relatività dell'assunto funzionalista.......................................................137Prima verifica delle dimensioni degli spazi...........................................137Coordinazione modulare e metrica. Relazioni geometriche..................138Il modulo (o piccola misura)..................................................................139Il modulo della tecnologia......................................................................140Il modulo della composizione o modulo della forma.............................141Il reticolo come controllo.......................................................................141Il linguaggio e i riferimenti culturali......................................................141La composizione....................................................................................142Le forme geometriche di controllo della composizione.........................143La geometria...........................................................................................144Metodi di misura e di costruzione geometrica.......................................145Figure geometriche semplici e figure complesse...................................147La geometria...........................................................................................148

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Elementi geometrici e loro simpatia simbolista.....................................150L'identificazione degli elementi strutturali.............................................151Le Operazioni geometriche nella composizione....................................151Direzioni prevalenti in una figura geometrica........................................152Relazioni tra più figure geometriche......................................................152Leggi d’aggregazione e di crescita.........................................................153Operazioni geometriche.........................................................................153Traslazione.............................................................................................154Rotazione................................................................................................154Ribaltamento..........................................................................................155

LA PSICOLOGIA DELLA FORMA.........................................................156Costruzioni geometriche........................................................................157Matematica e geometria.........................................................................158Numeri ed armonia.................................................................................159

TEORIE E TENDENZE DELL’ARCHITETTURA MODERNA.............161Segni e psicologia nell'arte moderna......................................................161La percezione visiva degli spazi urbani.................................................162Lo studio dell’immagine della città........................................................164Il monumentalismo, la retorica della grande dimensione e la dimensione amisura d’uomo........................................................................................164Il valore della storia oggi........................................................................166Il condizionamento dei mass media e del cinema. L’incultura americana................................................................................................................167La tecnica nelle discipline artistiche......................................................169

IL LINGUAGGIO IN ARCHITETTURA..................................................171Imitare un modello non è plagio............................................................171Dalle teorie dell’architettura agli “ismi” figurativi................................172

TEORIE.......................................................................................................175Marco Vitruvio Pollione (sec. I d.C.).....................................................175Il medioevo.............................................................................................177La tradizione vitruviana nel Quattrocento..............................................177Il Filarete................................................................................................179Il Colonna...............................................................................................180Leon Battista Alberti..............................................................................180I teorici di Michelangelo........................................................................181Michelangelo..........................................................................................182Manierismo.............................................................................................183Serlio e Palladio.....................................................................................183Il Barocco...............................................................................................184

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L'Illuminismo.........................................................................................185Gli architetti della rivoluzione................................................................186Le Enciclopedie......................................................................................189La rivoluzione industriale. Le "Arts and Crafts”....................................191L'era del grattacielo e la scuola di Chicago............................................192Il Werkbund ed il movimento moderno.................................................193Gropius e il Bauhaus..............................................................................195L’architettura organica...........................................................................199Il Razionalismo......................................................................................200L’assenza di teorie nell’architettura contemporanea..............................201Architettura e domanda della società in evoluzione...............................202La battaglia ormai dissolta a favore e contro il Movimento Moderno...203Gli insegnamenti: metodo e funzione.....................................................207

PERSONAGGI ED OPERE DEL MOVIMENTO MODERNO.............209Personaggi - i grandi maestri del Movimento Moderno........................210

STORICI DELL’ARCHITETTURA..........................................................215APPENDICE...............................................................................................218

La tutela del paesaggio...........................................................................218Integrazione degli elenchi......................................................................221Piani paesaggistici..................................................................................222

BIBLIOGRAFIA.........................................................................................226Architettura.............................................................................................226Arte dei Giardini.....................................................................................230Cartografia Antica..................................................................................232Critica.....................................................................................................232Design.....................................................................................................232Dizionari e Manuali................................................................................233Filosofia..................................................................................................234Linguistica:.............................................................................................234Paesaggio................................................................................................235Paesaggio urbano....................................................................................237Psicologia della forma e percezione visiva............................................237Roma – Lazio.........................................................................................238Storia dei Giardini..................................................................................240Storia dell'Arte........................................................................................241Urbanistica.............................................................................................241

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ARCHITETTURE E PAESAGGIO NELLE CITTA’

Introduzione

Il presente studio nasce dalla convinzione che lo scenario in cui sisvolge la vita contemporanea è quello in cui si svolgono prevalentementepaesaggi urbani nei quali si alternano spazi costruiti e spazi aperti checonservano raramente qualche carattere di naturalità. La scoperta di spettacolisconosciuti si può fare anche nella nostra stessa città. Bisogna comunque averelo spirito dei viaggiatori e quindi non assumere un atteggiamento pigro rispettoa ciò che non conosciamo, a ciò che non abbiamo mai visto.

Vedere un luogo per la prima volta è sempre un’esperienzaaffascinante. Nel progettare un luogo, uno spazio dobbiamo immaginare noistessi le emozioni che proverà chi li avrà davanti agli occhi per la prima volta.Dobbiamo far sì che questo fruitore si innamori di quel luogo e che desideriabitarlo.

Nell’attraversare una città o un territorio, nel percorrere itinerari, ciscorrono davanti agli occhi, o ci vengono incontro, spettacoli inaspettati; ci sirivelano spazi, si aprono nuove prospettive, ci si offrono immagini, sidistinguono particolari prima non notati. Si combinano, in un illimitatosusseguirsi di scenari diversi, un’infinità di situazioni morfologiche e dicondizioni ambientali, di elementi che difficilmente possono essere ricondottiad una casistica ricorrente. Ciò che percepiamo con la vista, anche se colpisce eprovoca in noi sensazioni, non fa parte di un linguaggio decodificabile ovveroriconducibile ad un sistema di segni che si possano connettere secondo unalogica ad un codice convenzionale. È possibile forse fare un elenco di uncatalogo di segni o di messaggi, ma non è possibile raggrupparli secondo unordine sistematico e quindi decifrabile.

Volendo interpretare il paesaggio come “sistema di segni” e tentando discoprirne il significato, data la gran varietà di segni e le infinite permutazioni incui queste si combinano, non si può pervenire, ad alcun risultato. Nel conato difondare una “disciplina del paesaggio”, viene naturale iniziare conl’osservazione della terra, nelle sue varie conformazioni, al fine di cogliereaspetti che si possono abbracciare con lo sguardo. Ne deriva la più vasta eirreale delle geografie, se vogliamo la meno scientifica delle geologie. Ora va

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pensato che la geografia è la scienza che ha per oggetto la descrizione dellaterra nei suoi vari aspetti e che la geologia è la scienza che studia l’origine, lacostituzione e la struttura della terra e degli organismi che la popolano.

Il paesaggio si può studiare, si può rappresentare, si può conoscere, sipuò amare, si può difendere, ma non esiste, nello studio del paesaggio ladiversità che vi è tra l’indagine e la scienza, che invece sussiste nelle altrediscipline.Osservare è di fatto conoscere un paesaggio. Le impressioni che esso provocain noi possono essere raccontate, ma non è la stessa esperienza del vederlo, delviverlo. L’infinità dei casi osservabili, porta chiunque si accinge a svolgere una ricercasul paesaggio a formulare, quasi istintivamente, un elenco di tipologie dellostesso. Questo procedimento, che tende a sistematizzare, può risultare opinabileperché estremamente semplificativo rispetto alla complessità. Ciò nonostante,in Italia tale metodo di analisi, forse suggerito dai geografi, ha introdotto untipo di lettura che ha avuto notevoli conseguenze sul piano legislativo. Si sonocompiuti, a partire della legge Galasso, notevoli sforzi per individuare elenchidi beni diffusi, riconosciuti come fondamentali componenti del paesaggio.

L’estensione del valore paesaggistico ad un più complesso valoreambientale, a cui aveva portato la legge 431/851, segnava comunque unnotevole passo avanti rispetto alla precedente L.1497/39.

Ciò è stato evidentemente conseguenza del fatto che si sono considerati,come elementi fondamentali del paesaggio, beni quali: i corsi d’acqua (fiumi,1 IMPOSTAZIONI DI VINCOLI DI TUTELA AMBIENTALE DA PARTE DELLA GIUNTA REGIONALE

L’art. 1 della Legge dell’8 agosto 1985 n. 431 prevede che le regioni entro centoventigiorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Legislativo del 27 giugno 1982 n. 312, possono (e non debbono) individuare nell’ambito delle zone elencate all’5° comma dell’art. 82 del D.P.R. 616 integrato con le lettere:

a) Territori costierib) Territori contermini ai laghic) Fiumi, torrenti, corsi d’acquad) Montagnee) Ghiacciaif) Parchi e riserve nazionalig) Foreste e boschih) Aree universitarie agrarie (centri di ricerca)i) Zone umidej) Vulcanik) Zone archeologiche,dell’art. 1, nonché nelle altre comprese negli elenchi redatti ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497.”

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fossi, torrenti, canali), le zone boscose, le sponde dei laghi e dei fiumi, e delmare, e le aree naturali protette (parchi e riserve) categorie di beni, cheappartengono alla categoria dei beni presenti nella natura. Si sono aggiunti aquesti, beni d’altra natura tra i quali, ad esempio, quelli archeologici e quellidemaniali, le ville e i giardini, che sono chiaramente segni di formed’organizzazione secolari dell’antropizzazione.

Paradossalmente da questo elenco di beni sono stati esclusi i centristorici, ovvero le principali testimonianze dei modi di insediarsi delle comunitànel territorio. La commistione di beni di tipo diverso, ovvero di beni naturali edi beni artificialmente costruiti dall’uomo ha visto nelle leggi di tutela delpaesaggio un’assimilazione dei beni paesaggistici a quelli ambientali. Laprassi, seguita dal legislatore è stata quella dello scomporre il paesaggiosecondo un’analisi geografico-territoriale alla quale si affianca un’analisi deibeni storico – monumentali. Se ne è dedotto un elenco di beni da tutelare,inserito nell’art.1 della legge 431/85 (Galasso) con la quale lo Stato italiano,“ope legis”, ha integrato le aree già presenti nelle declaratorie allegate alle“dichiarazioni di notevole interesse” individuate per la loro particolarebellezza. A partire dalla suddetta legge Galasso, oltre ai vincoli imposti conspecifici Decreti Ministeriali nelle zone che avessero un particolare interesseambientale, sono stati imposti vincoli corrispondenti a beni diffusi in tutto ilterritorio nazionale. Vale a dire che il riconoscimento del pregio di unterritorio, dovuto alla sua bellezza, è stato sostituito dalla valutazione di uninteresse più vasto, quello territoriale e ambientale, di cui il paesaggio èconsiderato la manifestazione visibile.

In conseguenza di tali vincoli, nel successivo articolo 1 quater della L.431/85 si imponeva alle regioni, attraverso misure di salvaguardia e diinedificabilità temporanea, l’obbligo di redigere i piani territoriali paesistici. Il merito di questa pianificazione paesistica è stato quello di aver datoattuazione ad una vera riforma sociale e costituzionale. Questo passo in avantidi natura giuridico – legislativa ha costretto anche gli urbanisti a prendere inconsiderazione aspetti paesaggistici e ambientali prima ignorati. Purtroppotutto questo non ha fermato l’illegalità e gli scempi. Ci sono voluti altri duedecenni per vedere, con il Codice per i beni e le attività culturali, posto dinuovo il problema di riaffermare il primato del piano paesistico rispetto aqualsiasi altro strumento di pianificazione. Anche nel dibattito che anima gliurbanisti sembra crescente l’interesse verso la morfologia della città fisica everso gli aspetti formali del territorio.

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Nonostante ciò ancora oggi gli studiosi del paesaggio non sono riuscitia dedurre una logica che possa condurre ad una metodologia oggettivamentecondivisibile.

Questo non è dovuto al fatto che non siano stati eseguiti tentativi e chenon si siano sperimentate diverse strade, ma piuttosto alla motivazione che lanatura della materia ha una complessità che non è riconducibile a delleschematizzazioni. Nell’effettuare molte sperimentazioni di pianificazionepaesaggistica spesso si sono confusi strumenti e regole idonee a tutelare,conservare e riqualificare il paesaggio con norme riguardanti l’urbanistica,l’ambiente, l’inquinamento, il traffico. Di conseguenza è accaduto che in alcunidi questi piani paesaggistici, sono state inserite le norme di attuazione chetrattavano argomenti che esulano dagli aspetti paesaggistici o che riguardanofinalità connesse ad altri aspetti (ambientali - urbanistici – territoriali), cheappaiono disomogenei tra loro. La conseguenza è che la normativa nel suocomplesso è risultata confusa e inadeguata alla specifica tutela della formavisibile del territorio, cioè dei valori e dei beni che costituiscono il paesaggio.

Progettare il paesaggio è forse una velleità utopica, vuol dire occuparsiappunto dell’aspetto visibile del territorio e di ciò che vi si costruisce. Impresaardua. Per gli urbanisti, pianificare “aree vaste” significa disegnare pianistrategici, che assumono varie denominazioni: piani di struttura, schemidirettori, piani di assetto. Con questi piani, nel tentativo di organizzare,programmare, governare la vita e lo sviluppo della città, ci si occupa di variaspetti: la disposizione e la dimensione degli insediamenti, le retiinfrastrutturali, le zone di protezione e di tutela, i corridoi ambientali, laclassificazione e il dimensionamento, la distribuzione dei servizi di variolivello.

Quando la dimensione della città e dei territori pianificati è didimensioni tali che non si riesce a controllare i fenomeni di trasformazione, siperde anche il controllo dell’immagine urbana. Diviene allora impresa difficiledelineare il modo di restituire un’immagine e un carattere ad una realtà urbana,che si è trasformata in forme complesse, e che continua a crescere con modalitàche sfuggono a qualsiasi logica intelligibile.

È palese che, nel paesaggio naturale, la cui forma è determinata soltantodagli agenti atmosferici, non si possa individuare un linguaggio costruito dasegni. Questi sono resti che testimoniano attività che è possibile individuare nelpaesaggio antropizzato e trasformato dall’uomo. Nell’architettura i segnitrovano un significato più preciso e vanno, se rispondenti ad una logica, acostruire un linguaggio. La lingua è una convenzione per costruire la quale è

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necessario trovare un’accordo sul significato di ciascun segno, la natura delsegno sul quale si conviene è indifferente. Vale a dire che si può comunicare intanti modi. E per questo, che nell’architettura si parlano tanti linguaggi,composti da, segni si adottano tanti codici, si fugge volutamente qualsiasiconvenzione. I segni linguistici, pur essendo essenzialmente psichici, non sonodelle astrazioni. Le osservazioni, realizzate dal consenso collettivo, nel loroinsieme, costruiscono la lingua.

I segni della lingua sono tangibili, si fissano nella scrittura di immaginiconvenzionali. Queste considerazioni ci fanno pensare che il paesaggio ci puòtrasmettere dei messaggi, nella misura in cui questi sono riconoscibili nelsentire comune, nel consenso collettivo. Decifrare i modi con cui questoavviene è il compito di noi ricercatori.

La complessità di una moderna realtà metropolitana, la cui formazioneè determinata dalle spinte più diverse, travolge ogni previsione; in tale realtà èdifficile distinguere valori e disvalori (inurbamento, melting pot,comunicazioni, relazioni, caos, disordine, lavoro, disoccupazione, commercio,contrabbando, informazione, consumismo, socializzazione, specializzazione,monumentalità, memoria storica).Lewis Mumford2, uno dei più importanti sociologi americani, circa trenta annifa, nel disegnare l’evoluzione della città, compiva una delle più affascinanti ecomplesse ricerche servendosi a tal fine della sociologia, della storiografia,dell’urbanistica, della storia dell’arte, della filosofia. Da Mumford sicuramenteabbiamo appreso nozioni sulla città antica e sulla sua evoluzione, dalla cittàsantuario, villaggio e fortezza del Paleolitico, alla Megalopoli moderna.Seppure la storia ci offre molte indicazioni, gli architetti moderni hanno cercatodi mettere a punto codici e manuali dell’urbanistica, ovvero della costruzionedella città.Bernardo Secchi3, nel suo libro “Un progetto per l’urbanistica”, riguardo alleanalisi contenute nei manuali di urbanistica, sosteneva: tali analisi di parti di

2 Lewis Mumford (1895-1990), sociologo e urbanista statunitense, ha insegnantonelleUniversità di Harvard e Yale e in quelle di Princeton e del North Carolina. Nel 1923,insieme a B. MacKaye, fondò la Regional Planning Association of America e, nel 1933, con H.Wright e A. Meyer, lo Housing Study Guild. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo“Architettura e cultura in America dalla guerra civile all'ultima frontiera” (Marsilio 1977), “Lacondizione dell'uomo” (Bompiani 1977), “La città nella storia” (Bompiani 1981).3 Bernardo Secchi – 1934, insegna urbanistica all’Istituto Universitario di Venezia, ha direttoper sei anni la rivista “Urbanistica” e ha collaborato con “Casabella”, ha scritto tra l’altro “Unprogetto per l’urbanistica”, Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino, 1989 e “Prima lezione diUrbanistica”, Laterza, Bari, 2000.

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città e di territori si limitano “al racconto della storia del loro costituirsi e deiprocessi dei quali sono esito”. Bisogna invece “distinguere e normare le partiin relazione ai soli caratteri visibili morfologicamente”.

Spesso vediamo testimonianze e tracce di un passato che non sappiamoesattamente ricollocare nel tempo. Questi segni sono dati, come dice Secchi,nel suo testo “Prima lezione di urbanistica”, da “città, villaggi, case e capanneisolate, strade e sentieri, canali, gallerie, divisioni di campi e loro destinazionia specifiche culture, filari d’alberi e piantagioni”. Ora, analizzando tuttol’armamentario degli strumenti urbanistici prodotti, riscontriamo come si siasempre ridotta l’azione di piano a meccanismi passivi, costituiti da cartografiee da norme limitanti, piuttosto che ad una azione strategica che fosseaccompagnanta da incentivi verso la valorizzazione, quasi mai riuscendo adaffrontare alla scala adeguata un progetto di riqualificazione. Oggi, in granparte dei casi, il progetto di urbanistica deve configurarsi come un insieme diazioni volte al recupero di situazioni positive e all’eliminazione di situazioniincompatibili o compromesse. Nonostante il fatto che un gran numero di pianipaesistici sia stato redatto nelle venti regioni d’Italia, siamo ancora lontani daun’organica, solida, incontrovertibile disciplina del paesaggio che non potràessere separato dalle discipline dell’architettura e dell’urbanistica. Soltantoattraverso un più approfondito studio delle vicende storiche che hannointeressato i diversi luoghi, molti segni apparentemente insignificanti, una voltadecifrati, ci riveleranno scenari e realtà inimmaginate. Vicende di cui si ha unasfocata memoria assumeranno la loro giusta collocazione nel tempo. Il saperporre in relazione le vestigia di antiche strutture con la loro storia, costituisce ilprimo passo per la loro comprensione. Per chi non sa ricollocarli nelladimensione temporale della loro epoca i monumenti che stanno ancora in piedi,in grado di testimoniare eventi, vicende, segmenti di storia, sono muti emalinconici resti. “È la storia, ovvero il riccordo degli eventi avvenuti in unsito, che dà voce alle pietre”!

Un punto fermo, che ha motivato e motiva la vocazione per il paesaggio

(e quindi tutte le azioni rivolte a rappresentarlo, a celebrarlo, a valorizzarlo e adifenderlo) è stato l’interesse per la “bellezza” della natura, che può esseresicuramente esaltata dall’opera dell’uomo, ma anche irreparabilmentedegradata. La storia dell’architettura ci mostra una continua tensione per laricerca estetica, che si è protratta almeno fin che è esistita una “idea” del bello,generalmente condivisa, che consentiva di esprimere un giudizio estetico,riguardo a ciò che era visibile nelle architetture e nel paesaggio.

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Oggi l’idea universale del bello, che sopravviveva ancoranell’Ottocento, si è dissolta con l’apparire delle avanguardie artistiche.

Tutto il Novecento è stato segnato dai tentativi delle avanguardie difondare nuove teorie estetiche, soprattutto nelle arti figurative.

Esiste comunque, nel mondo, un patrimonio storico culturale che èriconosciuto degno di tutela. Al fine di salvaguardare questo patrimonioculturale dell’umanità è nato l’UNESCO (United Nations EducationalScientific and Cultural Organization), Organizzazione delle Nazioni Unite perl’educazione scientifica e culturale. È un istituto creato con la convenzione diLondra, il 16 Novembre 1945. Contava nel 2003, 189 stati membri e seiassociati. Dal 1972 ad oggi è stato stilato un elenco di circa settecento siticomprendenti ambienti naturali antropizzati, aree archeologiche, centri di culto,piccoli e grandi insediamenti urbani, complessi monumentali e singolimonumenti d’arte, aree naturali incontaminate. I complessi monumentalicompresi nell’elenco sono 156. Gran parte di questi siti e di questi complessi sitrova in Italia.

La caduta della bellezza

Nel guardare il paesaggio delle moderne periferie, dobbiamo constatareche, salvo rare eccezioni, difficilmente ne possiamo restare favorevolmenteimpressionati; al contrario ciò che ci si presenta alla vista è l’immagine di unacittà frammentaria, eterogenea, dispersa, discontinua, in genere brutta, che ciprovoca una sensazione di malinconia, accentuata dal senso di disordine, didegrado, di marginalità.

Le nuove zone urbane, come dice Mitscherlich4, sono inospitali; questainospitalità è opprimente. Negli ultimi decenni molte esperienze urbanisticheattuate, sono risultate incerti tentativi di costruzione della città, fortementecondizionati dagli interessi della speculazione fondiaria, operati su larga scaladai grandi gruppi finanziari.

Ad una logica liberal–capitalistica anche amministrazioni ispirate dauna diversa concezione politica hanno saputo opporre soltanto la banalità delcalcolo degli standards per i servizi minimi. Tutto questo, insieme allaseparazione del piano urbanistico dalla progettazione degli edifici, si è rilevatofallimentare. Di fatto ha provocato la caduta della bellezza e del decoro, di cuiera invece pervasa la città storica, che ricomprende tutta l’architettura4 Alexander Mitscherlich (1908-1982)

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dell’antichità classica fino alla prima metà del XX secolo. Ci dobbiamochiedere perciò se sia stata invece bella la città edificata durante l’epoca in cuicomuni medioevali erano liberi; o se sono belle le parti di città ristrutturateattraverso le realizzazioni di papi umanisti come Pio II Piccolomini e comeSisto V; oppure se è bella quella il cui disegno fu commissionato a grandiarchitetti dai principi mecenati del Rinascimento a Firenze o ad Urbino.

Possiamo considerare belli anche gli spazi della città barocca, epossiamo chiederci come sarebbero stati quelli della città ipotizzata dagliarchitetti della rivoluzione francese, compresa l’esperienza ottocentesca diHausmann, da cui è derivata tutta l’urbanistica del Novecento, sino alrazionalismo. Risultano ancora interessanti, dal punto di vista dell’estetica, leesperienze delle New Towns, le città satelliti costruite dopo la seconda guerramondiale nella complessa operazione di ricostruzione e di decentramento dellagrande Londra. Positiva appare oggi, nonostante il fatto che l’abbia realizzata ilregime fascista, l’esperienza dei piccoli centri costruiti in concomitanza dellabonifica delle paludi Pontine.

Improvvisamente, a partire dalla ricostruzione post bellica, proprio neipaesi democratici dell’occidente, inizia la caduta della bellezza. Dobbiamoanche interrogarci sul perché la città edificata in tutte le epoche e fino acinquanta anni fa, risulti bella e comunque decorosa. Viene spontaneochiederci perché pari bellezza non alberghi o sopravviva in quelle parti dellecittà che sono state costruite negli ultimi decenni.

Nello svolgere queste considerazioni, alla fine può venire un dubbio; ilfatto che la città moderna appaia spesso priva di valori estetici dipende da unnostro limite culturale. Non siamo capaci di comprendere ed accettare la realtà.

Non sappiamo proiettarci nel futuro e siamo troppo ancorati al passato.Io non credo tuttavia che sia questo il problema, ciò che non è accettabile e chein nome di un’organica naturale evoluzione (della città e dei modi d’insediarsi,che però hanno subito vertiginosi cambiamenti) si possa tollerare la totaleimprovvisazione .

Dobbiamo, come dice Lucio Altarelli5 “rivedere il ruolo stessodell’architettura e le forme del progetto, ricollocandole in un diverso sguardodell’esistenza”.

Questo è sicuramente conseguenza del caos e del disordine, indotti dallefrenetiche trasformazioni di questo secolo e dalla crescita abnorme delle città.

Dobbiamo convincerci che molte responsabilità sono dovuteall’incapacità di prevedere e prevenire tali trasformazioni da parte di coloroche, essendo responsabili della pianificazione della città, sono stati preposti a

5 Lucio Altarelli - “Paesaggi dell’Architettura”, Dagem Editore, Roma, 1998.

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guidarla (amministratori, urbanisti, progettisti, ecc.). I quartieri periferici, checostituiscono le grandi espansioni della città contemporanea, il più delle voltesono il risultato di una crescita non programmata, o di piani i cui presuppostirisultano influenzati dai criteri e dagli indirizzi formatisi prima con il Bauhausdi Walter Gropius e in seguito con la ricerca di Ludwig Hilbersheimer eLudwig Mies van der Rohe.

Il difetto principale dell’urbanistica moderna è che esiste tutto unarmamentario, costituito dai piani di diverso livello (piani regolatori, pianiattuativi, piani di edilizia economica e popolare, piani di riqualificazioneurbana, piani per lo sviluppo sostenibile, programmi integrati), che non fanno iconti con l’aspetto estetico, che non immaginano i risultati tridimensionalidelle previsioni formulate su una planimetria bidimensionale, nella quale gliesiti, che riguardano l’articolazione dei volumi architettonici e la spazialità,sono demandati riduttivamente a indici (mc/mq), ad altezze, a distacchi, arapporti tra superficie coperta e superficie libera del lotto.

Tra l’altro, le regole che ancora oggi sono applicate nei regolamentiedilizi sono stantie, mortificano l’architettura. Si pongono limiti per l’altezzadegli edifici, per gli aggetti, per le pendenze, per gli interpiani, per laprofondità di cornici e balconi, per i bow-window, per cavedi, cortili e portici,per le inclinate. Più regole si fissano e più le vediamo infrante per la mania dilucrare qualche metro in più; per realizzare locali sottotetto che vengonotrasformati in mansarde con abbaini.

Celebrati urbanisti si sono cimentati con le loro formule e le loro teoriesu ogni aspetto di sperimentazione alchemica, dimenticandosi della forma,ovvero del disegno della città. Ci si è preoccupati prevalentemente dellefunzioni e delle relazioni urbane, della dotazione di infrastrutture e di servizi,ma ci si è dimenticati dell’aspetto visibile degli spazi aperti e degli edifici dellecittà. Ci si dimentica che gli edifici sono le quinte sceniche degli spazi urbaniin cui vivono gli uomini. Ci si preoccupa del disegno e dell’arredo delle paretidi una stanza. Ma non si dedica la stessa cura ai prospetti delle architetture chedelimitano una piazza. Le piazze sono i luoghi più importanti del tessuto di unacittà, in quanto offrono qualità spaziali che non sono date dalle strade e dal lororeticolo. Sono i luoghi in cui si svolge realmente la vita urbana, o almeno vi sisvolgeva, nelle varie forme che ha assunto, passando da “agorà” a luogo che,come dice L.Mumford, accumula tante importanti funzioni urbane: legge,governo, commercio, religione, industria, mondanità.

L’errore d’impostazione, nel pianificare le nostre città moderne, stanella rigidità delle leggi urbanistiche, nella sistematica adozione della tecnicadello “zoning”, oppure, al contrario, nel tentativo da parte di molti di liberarsi

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dai lacci di regole e di norme ritenute stantie, senza preoccuparsi di metterne apunto delle nuove. In tutti i casi gli urbanisti non pensano mai a quale potràessere il risultato formale della città, da loro rappresentata sempre incartografie e in dimensioni ridotte.

Nell’architettura, un aspetto, di cui erano stati fortemente consapevoli ilBrunelleschi, Bernardo Rossellino, l’Alberti, Michelangelo, il Borromini, ilBernini, il Raguzzini, il Salvi e lo Specchi, il De Sanctis, il Valadier, è lo studiodel contesto. Roma, al riguardo, con i suoi sorprendenti spazi (piazza S.Ignazio, Piazza S. Pietro, piazza della Chiesa Nuova, fontana di Trevi, incrociodi via Quattro Fontane con via XX Settembre, Piazza Navona, Piazza delCampidoglio, Piazza del Popolo, Piazza di Spagna e scalinata di Trinità deiMonti) offre una grande incomparabile lezione.

L’estetica

Oggi, nell’epoca in cui ad una società rigida, corrispondente aun’estetica fondata principalmente sulla percezione visiva, si sostituisce lasensibilità tattile, di una società elettronica, l’arte contemporanea èassolutamente eclettica e imprevedibile.

Abbiamo assistito alle più diverse sperimentazioni. Anche le forme e letecniche di espressione artistica sono le più diverse. Di conseguenza, i giudiziestetici in generale sono molto eterogenei.Evidentemente il sostenere che vi sia una bellezza da difendere presuppone chesussista una concezione universale del bello. Dovremo per questo scomodaremolti personaggi. Tra il 1750 e il 1758, in un clima dialettico tra le teorie delgusto e il neoclassicismo, nasce una scienza nuova, l’“estetica”. Fondamentalein quegli anni, l’opera di A. G. Baumgarten6, per il quale l’intuizione estetica èautonoma conoscenza del sensibile globalmente inteso. Ma la fondazione dellastoria dell’arte come disciplina autonoma si deve a Johann Winckelmann. Aquesto sviluppo dell’arte come territorio del bello e della forma, seguì ilcontributo più largamente estetico del Lessing che pose l’accento più sullaforma che sul contenuto.

6 Alexander Gottlieb Baumgarten (Berlino 1714 – Francoforte 1762), allievo di Wolff, nellasua “Aesthetica della teoria della conoscenza sensibile”, ha definito l’estetica (dal grecoaisthesis – sensazione), che è anche teoria del bello e delle arti liberali; influenzò Kant eHerder.

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Secondo la “critica del giudizio” di Immanuel Kant non esiste unascienza del bello, ma nella sua critica viene posto in primo piano il sentimentodel soggetto. L’arte bella secondo questa angolazione è opera del “genio”.

Cercano di riportare l’arte al suo aspetto storico, filosofi come Herder7,Hölderlin8, Schelling, fino a Hegel9, che precisa una estetica idealista.

Hanno dato un contributo alla definizione di quella cultura estetica cheappartiene al mondo occidentale Immanuel Kant, Gotthold Ephraim Lessing10,Johann Joachim Winckelmann11, Gyorgy Lukacs12, Benedetto Croce13 e con lui

7 Johann Gottfried von Herder (Mohrungen-Prussia Orientale 1744-Weimar 1803), scrittore,teologo e filosofo tedesco. I suoi studi storici e teorici e la sua opera di raccolta e diorganizzazione di materiale originale, “Canti popolari”, ebbero un influsso fondamentale sulloSturm und Drang. Ha scritto tra l’altro: “Idee sulla filosofia della storia dell’umanità”, “Lettereper il progresso dell’umanità”.8 Friedrich Hölderlin (Lauffen sul Neckar 1770 – Tubinga 1843), scrittore tedesco9 Hegel Georg Wilhelm Friedrich (Stoccardo 1770 – Berlino 1831); dopo la sua morte furonopubblicate le sue “Lezioni sull’estetica”, nelle quali l’arte è definita come la “manifestazionesensibile dell’idea”.Sullo scia di Kant, Hegel rifiuta tanto la tesi dell’arte come imitazione, quanto la tesi di unoscopo didattico o morale dell’arte. L’arte è opera del “genio” che non è surrogabile con precettie norme.10 Gotthold Ephrain Lessing (Kamenz Sassonia 1729- Brunswick 1781), fu il più grande poetadell’illuminismo, tra gli scritti di filosofia dell’arte sono da menzionare la Drammaturgia diAmburgo (1767-1769) in cui esalta la poetica di Aristotele e difende certi principi dellageometria di Euclide. Ha scritto inoltre il “Laocoonte” ossia i confini per distinguere le regoledella pittura e della poesia (1766). 11 Johann Joachim Winckelmann – Dissertazione sulla capacità del sentimento del bellonell’arte e nell’insegnamento della capacità stessa. In Winckelmann: Il bello nell’arte – scrittisull’arte antica.Geschichte der Kunst des Altertum – Dresda, 1764.12 Gyorgy Lukacs ( Budapest 1885 – 1956 ) fu un esponente del marxismo occidentale. La suaestetica pose il realismo al centro della teoria dell’arte. Tale realismo era contrario sia alnaturalismo sia al formalismo. Dall’opera d’arte autentica affiora la realtà nelle suecontraddizioni , nelle sue tendenze profonde, nelle sue passioni “grandezza artistica, realismoautentico e umanesimo sono indissolubilmente uniti”.13 Benedetto Croce ( Pescasseroli 1866 – 1952 ), è stato il più grande filosofo italiano delNovecento. Tra i suoi scritti riguardanti l’estetica come scienza dell’espressione e comelinguaggio in generale ricordiamo: “Problemi di estetica”, “Aestetica in nuce”, “Nuovi saggi diestetica” in cui è ricompreso il “ Breviario d’estetica ”In questa opera egli sostanzialmente esprime la teoria “dell’arte per l’ arte”, vi si legge: «E alla domanda che ne sarà dell’arte, si potrebbe rispondere celiando (ma non sarebbe unacosa seria) : che l’arte è ciò che tutti sanno che sia. E veramente, se in qualche mondo non sisapesse che cosa è, non si potrebbe neppure muovere quella domanda, perché alla domandaimporta un certo indizio della cosa di cui si sta domandando, designato nella domanda e perciòqualificato e conosciuto.

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Giovanni Gentile14, ed inoltre Martin Heidegger15, Herbert Marcuse16,Francesco Milizia17, Gianni Vattimo18 e, perché no, anche architetti come AdolfLoos19, con le loro teorie contro l’ornamento e Mies van der Rohe conl’atteggiamento riecheggiante il suo slogan “less is more”. Ma l’entrare in unadiscussione di carattere filosofico ci potrebbe portare a interpretazioni astratte.Più semplicemente, l’uomo della strada ritiene che la bellezza alberghi nelpaesaggio, lì ove l’originaria perfezione della natura non sia stata deturpata dadissennati interventi dell’uomo. C’è, in questo credere, la scontata convinzioneche la natura sia madre del bello. Ne consegue che un paesaggio urbano,costruito dall’uomo, nel quale tutto è artificiale, e nel quale non sopravvivealcuna traccia dell’originario paesaggio naturale, difficilmente può essereritenuto di particolare bellezza.

Il valore dei nostri centri storici

Nel breviario specifica che “l’arte è una vera sintesi o pura estetica di sentimento ed immaginenella costruzione, perché non esiste bellezza fisica, bellezza della natura delle cose, perché ilbello appartiene solo all’altezza dello Spirito. Le cose naturali che chiamano “belle” solo nelcrogiolo della natura artistica possono ricevere la vera impronta della bellezza.” 14 Giovanni Gentile (Castelvetrano 1875 – Firenze 1944), fu Ministro della Pubblica Istruzionee diresse la grande enciclopedia Italiana Treccani. Scrisse nel 1931 la “Filosofia dell’Arte”:l’arte, la religione e la filosofia sone le forme spirituali primarie. Arte e religione si inveranonella filosofia. Per Gentile l’arte esprime il momento della soggettività; per suo mezzo infatti,il soggetto espande la sua vita interiore, creando un mondo in cui liberamente si muove, perchéappunto quel mondo non è che lo stesso artista. 15 Martin Heidegger (Masskirch 1889-Friburgo 1976), filosofo, rettore dell’università diFriburgo, suo scopo fu costruire un’ontologia o scienza dell’essere. 16 Herbert Marcuse (Berlino 1898 – Los Angeles 1979) emigrato nel 1934 e dal 1965professore di filosofia nell’Università di S. Diego in California.17 Francesco Milizia (Oria-Brindisi 1725 – Roma 1798), architetto e teorico dell’architettura incontatto a Roma con Winckelmann e A. Mengs, divulgò il neoclassicismo di natura illuminista.18 Gianni Vattimo (Torino 1936), filosofo, ha compiuto indagini derivandole da Luigi Pareyson(1918 – 1991) nel campo dell’arte e sull’interpretazione del bello ha avuto un’attenzione perl’estetica romantica e per la storia dell’ermeneutica, ha studiato Heidegger e Nietzsche.19 Adolfh Loos (Vienna 1870-1933), architetto. Del suo famoso saggio “Ornamento e delitto”Le Corbusier dice, “Loos è passato con la scopa sotto i nostri piedi e ha fatto una puliziaomerica, esatta, sia filosofica che lirica”. Loos affermò tranquillamente “. È noto che nonannovero gli architetti tra gli esseri umani”. Ha scritto tra l’altro “Parole nel vuoto”-AdelphiEdizioni s.p.a., Milano, 1972.

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I nostri “centri storici” costituiscono testimonianza delle diverse formed’insediamenti formatisi e consolidatisi nelle varie epoche storiche dalneolitico all’era moderna. Non solo sono contenitori di valori estetici e di tesoriartistici, ma anche di testimonianze del passato, sono essi stessi da considerarecome opere d’arte. Le trasformazioni sociali ed economiche del XX secolo, nehanno prodotto per la gran parte l’abbandono e il degrado. Il problema del lororiuso non è di facile soluzione. Infatti non appare semplice cambiare ledestinazioni d’uso degli edifici storici senza alterare le loro caratteristichetipologiche. È difficile comunque pensare a strategie di rivitalizzazione dei lorotessuti senza correre il rischio di alterare il carattere e l’immagine. Tuttavia nonfacciamo nulla di ciò che si dovrebbe per difenderli. Si può invece ipotizzareuna serie di azioni che aiuterebbero a conseguire il risultato dellavalorizzazione e della corretta conservazione. Isolare le strutture creando lorointorno fasce verdi, parcheggi, corridoi, visuali libere, facilitare il riuso deglispazi interni agli edifici e degli ambienti, non consentendo opere compatibilicon caratteristiche di particolare pregio del contesto. Dare incentivi per irestauri e consentire sgravi fiscali. Normare meglio le modalità di restauro, diristrutturazione e di riqualificazione.

La ragione della necessità di conservarne e di difenderne l’immagine el’identità, sta principalmente nel fatto che essi stessi sono irripetibili formed’arte. Non abbiamo difficoltà, a tutti livelli, nel dichiararli degni di protezione.Va detto però che a tutt’oggi non abbiamo compreso, oltre ad un insieme didivieti, quali possano essere le efficaci strategie per la loro conservazione.

Una prima difficoltà è quella di convincere gli abitanti di tali centri e iproprietari degli immobili, della necessità di tutelare le caratteristichestrutturali e le tipologie degli edifici. Difficile far anche capire agliamministrati la necessità e opportunità di conservare nella ristrutturazione lecaratteristiche dei materiali e degli elementi di arredo negli spazi pubblicinonché la necessità di conservare le pavimentazioni e i colori delle facciate.Un'altra difficoltà nasce spesso dalla rigidità delle norme riguardanti ledestinazioni d’uso, soprattutto perché di fatto c’è da parte di tutti una grandeostilità verso la conservazione.

Gli ostacoli maggiori sono di ordine economico-finanziario, infatti sitrovano nella mancanza delle risorse economiche da parte degli Enti pubblici,adeguate ad affrontare gli alti costi necessari, le difficoltà dei privati asopportare gli oneri necessari ad affrontare lavori di restauro e diristrutturazione di edifici a carattere monumentale, per i quali i costi sonosenz’altro più elevati di quelli necessari per ristrutturare o mantenere unmoderno edificio. Ora, tra l’altro, le possibilità di modificare le destinazioni

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d’uso e d’impiegare nuove tecnologie, sono in genere inibite da rigide normeche hanno come finalità la conservazione. Bisogna sfatare il tabù che tutto ciòche è storico non sia trasformabile. Questo tipo di rigidità, nasce dal fatto chenon si sono mai approfonditi i criteri per intervenire sui centri storici e che nonsi sia mai investito più di tanto in cosiddetti programmi di recupero, purprevisti da leggi come la 457/78.

L’eccessivo rispetto dei centri storici, nei tipi edilizi e nei tessuti storici,oltre che nei monumenti, era stato avvertito in Italia da molti architetti, comeun forte limite.Sono nate diverse opinioni anche riguardo al problema della conservazione edella difesa dei centri storici.Vale la pena di ricordare come eminenti autori hanno scritto e analizzato leproblematiche legate alla tipologia edilizia. Tra questi Saverio Muratori eGianfranco Caniggia.

Anche se i centri storici costituiscono nel loro insieme un qualcosa disuperlativo, è necessario poterli rendere vivibili secondo le esigenze della vitaattuale. Questo è necessario soprattutto al fine di evitarne l’abbandono e ildegrado. Per sfatare questo mito dell’intangibilità dei centri storici si può direche al bello si può aggiungere qualcosa di più bello. Soltanto al sublime o alperfetto no. Quindi soltanto ciò che si avvicina al sublime o al perfetto, cioè aldivino, può essere considerato intangibile, ma questa condizione in genere nonappartiene alle cose terrene.

Questa scelta praticata negli ambienti più conservatori delleSoprintendenze di Stato, nasce dal fatto che a tutt’oggi non si sianoapprofonditi criteri di discernimento tra ciò che deve essere musealizzato e ciòche può essere ragionevolmente conservato anche attraverso trasformazionidelle originarie destinazioni d’uso. Conservare e restaurare ciò che è anticorisulta molto oneroso. Mancano d’altro conto reali incentivi e agevolazionifiscali che invitino gli imprenditori e i proprietari d’immobili storici adinvestire nel recupero.

Intanto va chiarito che queste strutture, con i loro tessuti, con i loromonumenti, con gli spazi aperti ci appaiono comunque belle, perché nel loronascere e nel loro crescere hanno seguito leggi di sviluppo “organiche”20; unaltro motivo di bellezza è che la loro forma urbana è strettamente legata alla

20 Il termine “Organico” fu usato per la prima volta da L. Sullivan in una conferenza tenutaall’Istituto d’arte di Chicago nel 1915. Come ricorda Zevi, organico è la parola che F. L.Wright usa per descrivere le proprie architetture.(Giulio Carlo Argan – Maurizio Fagiolo –Guida alla storia dell’arte – Sansoni - Firenze 1974 pag. 95 – 96).

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morfologia dei luoghi, ovvero all’andamento orografico di una collina, o di unapendice, o di un crinale di un monte, o di una valle.

Ancora un motivo che li rende accoglienti è che gli spazi di relazionesono a dimensione d’uomo e che gli edifici, se non quelli più importanti, nonsono eccessivamente alti, e sono in un corretto rapporto con la dimensionedella strada spesso piuttosto stretta. Altro aspetto positivo è dato dal senso diomogeneità, che deriva dal fatto che, nei tessuti urbani, le tipologie degliedifici sono matrici ricorrenti e conformi alle consuetudini e alle tradizioni.

Qualche difficoltà nasce invece nel dichiarare belle gran parte dellemoderne realizzazioni, non solo perché i giudizi estetici sono controversi, maanche perché l’architettura moderna non d’autore appare, in generale, brutta. Ildichiarare che vi sia nel paesaggio naturale o antropizzato una bellezza dadifendere, comporta l’avere una precisa nozione del bello, per la quale cidovremmo rifare all’estetica dei filosofi, dei moderni critici d’arte, o comunquedi coloro ai quali è riconosciuta un’autorità capace di esprimere unindiscutibile giudizio estetico.

Per costruire oggi un bel paesaggio, oltre ad un’astratta concezioneestetica del bello, oltre al compiacimento per la bellezza della natura,dobbiamo mettere in campo molte altre cognizioni, che ci vengono da unacultura formatasi attraverso millenni di storia: nell’evoluzione storica dallacittà, alla moderna megalopoli troviamo molte idee che affondano le radici ininnumerevoli teorie.

Queste si sono succedute attraverso le diverse epoche, ed hanno iniziatoa svilupparsi dall’età di Pericle, per poi perfezionarsi durante la colonizzazionegreca nella costruzione delle città nello Ionio, in Sicilia, nell’era della culturaellenistica e in quella romana. In Sicilia furono fondate Siracusa, Sibari,Ragusa, Segesta. In Calabria, Locri, Epizephiri, Crotone. In Puglia Taranto eGallipoli. Dopo la distruzione dell’Impero Persiano da parte di Alessandro ilMacedone furono fondate Mileto, Efeso e poi Pergamo, Rodi, Alessandria. L’impianto urbano di Roma si è trasformato dalla dimensione del piccolo “vicus”sul Palatino, a quella di una grande città, ciò è avvenuto attraverso il sinecismodi “pagi” o villaggi.

Espandendosi il potere di Roma, l’urbs si avvia a divenire megalopoli.In seguito, quando Roma avrà ormai il dominio assoluto sull’Italia, sui popoli

Comunque il termine è molto più antico perché è stato usato dalla filosofia romantica dellanatura (Schelling). Per Hegel l’universo intero con il suo finalismo è organico.

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del Mediterraneo e sui paesi raggiunti e sottomessi dai suoi eserciti, lasicurezza e la pace saranno garantite dalla solidità, dalla potenza dellaRepubblica e dall’immensa forza ed estensione del dominio dell’impero.21

L’urbs, che aveva assunto le caratteristiche di una metropoli multietnica, si aprìestendendosi oltre le mura nel territorio che la circondava; basti pensare allegrandi ville suburbane, di Massenzio e dei Quintili, alla grande città portuale diOstia e alla Villa di Adriano a Tivoli.

In epoca cristiana e in epoca medioevale, la città regredisce, i modelliinsediativi sono dati principalmente dalle domus culate, dagli eremi, daiCenobi, dalle grandi abbazie cistercensi dell’Europa Occidentale e da formed’incastellamento.

Si pensava più, con S.Agostino, alla “civitas Dei”, alla città celeste,mentre la “civitas hominum” decadeva sotto le scorrerie dei barbari: Vandali,Ostrogoti, Unni, Visigoti. A seconda dell’epoca di fondazione, dei tempi disviluppo e di crescita e della collocazione in un ambito geografico, le cittàmanifestavano un carattere che le rendeva diverse le une dalle altre.

Pensatori, filosofi, architetti hanno portato un’ infinità di contributi nelproporre i più diversi disegni di città ideale.

Sino alle grandi trasformazioni dell’epoca post-rinascimentale questeteorie hanno dato luogo a modelli di città diversamente conformate, ma sempremurate, incastellate, o circoscritte da fortificazioni.

In seguito i modelli si sono fortemente evoluti in epoca rinascimentale ebarocca.

Di fatto, sino al XVI secolo, la città è rimasta distinta dal contado, e isuoi tessuti edilizi erano tutti racchiusi entro la cinta di mura con le sue porte;tali sono state, ad esempio, le città fondate da Federico II Hohenstaufen,nell’Italia meridionale.

Poi la città, in conseguenza di una maggiore stabilità politica e delprosperare delle attività e dei commerci, si è aperta ed ha continuato a crescere;di conseguenza è andata perdendosi la distinzione tra città e campagna.

Con la rivoluzione industriale le città sono diventate centri diproduzione e si sono definitivamente aperte ai commerci; le possibilitàoccupazionali nelle nascenti industrie che utilizzavano per la prima voltal’energia termodinamica nelle filande e negli opifici, hanno richiamato gentedalle campagne, sono nate le grandi metropoli in cui il continuo inurbamentoha prodotto una crescita incontrollabile. I territori hanno iniziato adinfrastrutturarsi. La vita che sino allora per millenni si era svolta più o menoallo stesso modo, assume nella città e nei paesi più evoluti forme del tutto

21 Vedi L. Mumford, “La città nella storia”, Tascabili Bompiani, Milano, 1977.

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innovative. Queste vicende sono archiviate perché descritte in tutti i testi distoria dell’architettura e dell’urbanistica moderna.Sono state costruite industrie, ferrovie, ponti, metropolitane, nuove strade,porti. La qualità della vita per molti versi è profondamente cambiata. In questogrande esodo, che ha visto milioni di presenze abbandonare le campagne e icentri storici per trasferirsi nelle grandi città, sono sorti tanti problemi rispettoalla risoluzione dei quali le preoccupazioni igieniche, funzionali logistichesono state prevalenti. L’aspetto estetico della città è stato ritenuto, forse, unproblema superfluo. Le grandi città, con la loro crescita quantitativa, hannoiniziato ad omologarsi e a perdere progressivamente la loro identità. NelNovecento tutte le grandi metropoli si sono espanse, superando di venti, trentavolte, la dimensione del loro originario nucleo storico.

È avvenuta così una vera e propria dissoluzione delle periferie. Nonsono stati efficaci i provvedimenti presi dalle pubbliche autorità, soprattutto inInghilterra, che in un primo momento hanno riguardato prevalentemente lasalute pubblica e l’igiene.

Con la questione delle abitazioni agitata da Engels e da Marx sono natele teorie dei filantropi e le utopie. Solo molto più tardi, l’urbanistica ha tentatodi autodichiararsi scienza, ma se tale fosse stata, sarebbe riuscita a prevedere,prevenire e curare i mali della città.

Le teorie degli urbanisti non hanno potuto e saputo far altro cheregistrare questa crescita non controllata che ancora oggi ci comporta moltidisagi.

Proprio l’osservazione della bellezza, espressa da quanto resta neimonumenti, negli edifici, nelle opere d’arte visibili nei circa ottomila centristorici d’Italia22, e soprattutto in quelli minori, ci deve indirizzare verso modiconsapevoli di comportamento, riguardanti la tutela dei beni e delle risorse.23

22 I comuini d’Italia sono oltre 8000, posseggono nella maggior parte un centro storico, checoincide con il suo nucleo originario. In Regioni come il Lazio, l’Umbria e l’Abruzzo circal’80% degli insediamenti hanno origini antiche. Di conseguenza ad esempio nel Lazio dove icomuni sono 378, se escludiamo le città di recente fondazione, edificate nelle zone bonificatedelle Paludi Pontine e in altre zone costiere, pur aggiungendo il gran numero di frazioni e dipiccoli borghi, (presenti soprattutto nelle zone montane dell’alto Lazio), il numero diinsediamenti definibili “centri storici” aumenta di molto. In ognuno di questi si trova almenoun edificio per il culto (Chiesa o pieve), se non un castello, un palazzo signorile o di presidio.23 Ma a guardare bene i centri storici più belli delle nostre regioni, molti sono nelle grandi cittàd’arte: Verona, Vicenza, Trieste, Mantova, Ferrara, Bologna, Parma, Siena, Lucca, Arezzo,Venezia, Genova, Urbino, Como, Pavia, Ravenna, L’Aquila, Chieti, Orvieto, Benevento,Matera, Lecce, Palermo. Troviamo oltre a queste in ogni Regione, una infinità di centri minori

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Uno sguardo attento a quei centri che tutto il mondo ci invidia per laloro bellezza universalmente riconosciuta: Pienza, Assisi, Ostuni, Palmanova,S. Gimignano, Portofino, Martina Franca, Capri, Matera, Noto, Modica, Erice,e tanti altri, ci può far cogliere anche preziosi insegnamenti sul modo dicostruire la città.Il rispetto dei centri storici, nei tipi edilizi e nei tessuti storici, oltre che neimonumenti, era stato avvertito in Italia anche da molti architetti, come un fortelimite da superare, altri ne rivendicano la non trasformabilità anche nelledestinazioni d’uso.

Al riguardo, un’opera di grande rilevanza è “L’atlante di storiadell’urbanistica” del Morini24.

d’ineguagliabile bellezza e carattere.In Toscana: S. Gimignano, Pienza, Monteriggioni, Vinci, Certaldo, Montepulciano, Chiusi, S.Sepolcro; Nelle Marche: Iesi, S. Marino, Senigallia; Nell’Abruzzo: Celano, S. Stefano di Sessanio, Tagliacozzo, Pescocostanzo, Ovindoli, Rocca diMezzo; Nella Puglia: Ostuni, Martina Franca, Alberobello, Otranto, Gallipoli, Monopoli, Taranto,Monte S. Angelo; Nella Calabria: Gerace, Scilla, Tropea; Nella Sicilia: Noto, Erice, Ragusa-Iblea, Modica, Ipsica, Agrigento, Taormina, PiazzaArmerina, Cefalù, Randazzo; Nell’Umbria: Assisi, Spello, Spoleto, Todi, Gubbio, Norcia,Cascia; Nel Veneto: Monselice, Chioggia, Torcello, Burano, Murano, Dolo, Feltre, Bassano delGrappa, Cittadella; Nella Lombardia: Bellagio, la città alta di Bergamo, Lecco, Padenghe del Garda; Nell’Emilia Romagna: Castel Franco, Rubiera, San’Ilario, Reggilo, Correggio, Russi, Rivalta; Nella Basilicata: Pisticci, Ferrandina, Montalbano Ionico, Palinuro, Bernarda, Tricarico; Nel Lazio: Amatrice, Leonessa, Greccio, Arsoli, Subiaco, Fiuggi Alta, Fumone, Veroli,Anagni, Alatri, Segni, Carpineto, Sermoneta, Terracina, S. Felice Circeo, Sperlonga, Gaeta,Sora, Isola Liri, Castel Gandolfo, Monte Compatri, Tivoli, Palombara, Mentana, CivitaCastellana, Bracciano, Calcata, Nettuno, Nemi; Nella Campania: Sorrento, Ischia – porto, S. Angelo d’Ischia, Monte di Procida, S. Leucio,Amalfi, Positano, Capri, Ravello, Acropoli; Nella Sardegna: Carlo Forte, Castel Sardo, Iglesias, Arbatax; Nel Piemonte: Asti, Ivrea, Chiasso, Bra, Pinerolo, Acqui, Ovada, Susa; Nella Liguria: Portofino, Nervi, Chiavari, Sestri, Vernazza;Nel Friuli Venezia Giulia: Tenzone, Palmanova, Aquileia. Possiamo coglierci dall’analisi e dallo studio di questi organismi anche preziosi insegnamenti sul modo di costruire la città fisica come dimora dell’uomo.24 M. Morini, “Atlante di storia dell’urbanistica-dalla preistoria all’inizio del secolo XX”, Urlico Hoepli editore, Milano, 1963.

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Rosario Assunto25, nel suo testo “Il paesaggio e l’estetica” ci ricordavache il termine paesaggio non è soltanto indicativo di un area geografica, ma delcompendio storico; il paesaggio è “luogo della memoria”. Assunto trasfigura ilpaesaggio - museo in “paesaggio come luogo della memoria e del tempo”.

Nel pensare la città del futuro, le lezioni, tratte dalle esperienze che lastoria ci offre, costituiscono i migliori insegnamenti.

Le testimonianze che l’uomo attraverso le sue vicende ha lasciato,diffuse nel paesaggio extraurbano e nella città, restano meravigliosisuggerimenti per la qualità dell’architettura e del paesaggio. Nell’affermare questo dovremo convincerci che l’attività dell’uomo può essereconsiderata il più importante agente, capace di modificare la natura e diconseguenza l’ambiente e il paesaggio. Le potenzialità che ha offerto all’uomola tecnologia sono enormi e spesso maggiori di quelle di qualsiasi agente fisico.Dobbiamo tuttavia essere coscienti che non si può sfidare la natura, la qualecontinua a dettarci le sue leggi e a punirci quando non le osserviamo: disastrigeologici, frane, buco nell’ozono, desertificazione, sono effetti di varie formed’incuria o d’inquinamento che alterano gli equilibri esistenti. Inoltre, le attività dell’uomo, i suoi commerci, le sue relazionisembrano naturalmente rivolte alla costruzione di una comunità, di unaecclesia, di una ecumene, di cui è espressione la città.

Attuali orientamenti dell’urbanistica

Tuttavia vi sono anche tra gli architetti molti che credono chel’architettura moderna debba essere espressione di una creatività soggettiva edindividualistica e che debba essere decontestualizzata dal tempo, dallo spazio equindi dalla storia. Si mette l’accento su tanti luoghi comuni, nel tentativo dielevare a valori realtà disvalenti. Alcuni avanzano l’ipotesi di una nuovaestetica che accetta l’idea della “città non città” di cui parla Krier odell’opposto concetto di “città come antroposistema”, ovvero come risultantedi una forma organica di crescita antropica. A queste definizionicorrisponderebbero nuove concezioni estetiche che vedono la conservazione edil rispetto della natura, della tradizione, della storia e delle testimonianze del

25 Rosario Assunto, “Il paesaggio e l’estetica”, Gianni Napoli, 1973; (antologia dellaletteratura che si è ispirata al paesaggio).

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passato, come un freno, come una mortificazione delle capacità creative degliarchitetti e degli ingegneri, o di ogni altro tipo di progettista e di costruttore.

Peraltro, come è stato sostenuto da Bernardo Secchi e da molti altriormai, almeno in Italia, dopo i piani regolatori del dopoguerra, fondati sullascelta di rendere monofunzionali i quartieri, formati attraverso le particonsolidate della zonizzazione, che tendeva a separare i vari tipi diinsediamenti residenziali dalle attività produttive e dalle zone agricole, e dopo ipiani della “seconda generazione” redatti a partire dalla “legge ponte”, il cuiobiettivo principale è stato la dotazione della città e del territorio di adeguateattrezzature e di servizi sociali, si sono avuti piani urbanistici definiti della“terza generazione” che, a partire dalla fine degli anni Ottanta in poi, hannorivolto le proprie attenzioni alla morfologia, ai caratteri fisici della città, airapporti tra progetto urbanistico e progetto architettonico.

I piani della prima generazione avviati dopo la seconda guerra mondialetentavano di governare la crescita urbana con i metodi e le tecniche messi apunto nella “Carta di Atene”, a seguito dei dibattiti avvenuti nei CIAM (iCongressi Internazionali di Architettura Moderna). In particolare i temi dellaurbanistica furono dibattuti in quello celebratosi su una nave da crociera traMarsiglia e Atene, dal 29 luglio al 13 agosto 1933, ove i partecipanti del IVcongresso discussero della città funzionale.

La “Carta di Atene”, che fu poi rivista e ripubblicata nell’aprile del1943 da Le Corbusier26, sembra essere il manifesto dell’urbanistica del secondoNovecento, ma è diventata anche un mito. Ha posto i problemi della città comeproblemi prevalentemente funzionali (l’abitazione, il lavoro, il divertimento, lacircolazione, il patrimonio storico della città), e si è preoccupataprincipalmente di quantificazione delle dotazioni minime di aree verdi e diparcheggi e di aree per servizi dell’istruzione. I piani che ne sono derivati,secondo Secchi, hanno dato luogo a una gran distorsione nella sfera delladistribuzione dei redditi con l’adozione di tecniche volte a creare il plus valoredelle aree e con indicazioni riguardanti la proprietà del suolo el’amministrazione (privata e comunale) di origine razionalista, che poi hannoprevalso e ispirato la prassi urbanistica per molto tempo (standards, zoning esuddivisione della città in quartieri monofunzionali, calcolo dei fabbisogni,obiettivi e criteri per il dimensionamento delle previsioni di piano).27

26 Charles Eduard Jeanneret (Le Corbusier) – nato a Chaux Les Fonds il 6 ottobre 1887; nel1943 pubblicò la “Carta di Atene“; dal 1945 al 1950 costruisce a Marsiglia il prototipo dellasua unità di abitazione (la “Cité radieuse”).27 Paola Di Biagi, “La Carta di Atene. Manifesto e frammento dell’urbanistica moderna”,Officina Edizioni, Roma, 1998.

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I piani della seconda generazione distribuivano virtuosamente suolo,servizi e redditi, ma non riuscivano a governare le trasformazioni fisiche esociali; si può constatare però come l’evoluzione di questi piani, attraversosuccessive e molteplici esperienze, abbia preparato la genesi di quelli dellaterza generazione, nei quali l’urbanista è portato a pensare in termini dimodificazioni di situazioni esistenti.

Finalmente nella terza generazione il programma di ricercadell’urbanistica sembra modificarsi, in modo tale che i temi dello sguardosembrano assumere maggiore rilevanza rispetto a quelli del discorso per cuil’urbanistica si rivolge all’analisi morfologica dei tessuti urbani e del territorioper ridefinire le condizioni del proprio progetto.

Si ritorna in pratica allo studio della “città fisica” di cui parlavaLudovico Quaroni. Si affronta in maniera più consapevole il tema checostituisce sempre, a detta di Secchi, il principale “problema scientifico” postoall’urbanistica di oggi e che la separa dall’urbanistica del passato.

Più precisamente, esaurita, nell’urbanistica dell’espansionepostindustriale, la fase di soddisfazione delle esigenze primarie, ma anchevenuta meno l’idea della pianificazione totale, propugnata da una visioneefficientista propria degli economisti, si darà particolare importanza, nellaricerca della qualità, allo studio della percezione visiva degli spazi urbani. Siapprofondiranno maggiormente gli studi sull’aspetto visibile della città, maanche quelli riguardanti il riuso delle periferie costruite negli ultimi settantaanni, che sono in tanti casi da demolire.Finalmente l’urbanistica dovrebbe avvicinarsi ai temi del paesaggio di modoche i piani regolatori, della “quarta generazione”, o comunque quelli delprossimo futuro, dovrebbero sempre più rassomigliare, o diventare, dei pianipaesaggistici estesi a parti di città, espressi con il disegno di planovolumetriciin cui appaia chiaro sia l’impianto urbanistico, sia l’aspetto degli edifici, comesi sta tentando di fare con i programmi di riqualificazione urbana.Altri piani a carattere strategico e strutturale riguarderanno il territoriocomunale e sovracomunale.

Il Paesaggio attraverso l’esperienza dei sensi

Per ricostituire un rapporto corretto dell’aspetto visibile della città e delterritorio con le capacità percettive dei sensi, di cui l’uomo dispone, vale lapena, dopo tanto tempo, andare di nuovo a scomodare le teorie dimenticate di

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K. Lynch28 e di G. Cullen29, i cui testi sono stati tradotti in Italianorispettivamente nel 1964 e nel 1976. Kevin Linch, analizzando alcune cittàamericane: Los Angeles, Boston e Jersey City, formula il criterio della“figurabilità”, ponendolo a base della costruzione della città. Egli si serve deglistudi della psicologia, per dedurre ciò che il cittadino qualunque provanell’attraversare quotidianamente le strade delle città in cui vive. Questo al finedi mettere in linea gli elementi riconoscibili (assi, nodi, margini, emergenze,ecc.) di un paesaggio urbano monotono e anonimo. Altri architetti hannocercato di ritrovare il bello ricostruendo un rapporto corretto dell’architetturacon l’uomo, fondato sulle capacità percettive dei sensi. Gordon Cullen, uno degli architetti che hanno partecipato al decentramentodella Grande Londra e della costruzione delle New Towns, oltre la Green Belt,è stato un analista dei contesti mediterranei e un teorico del Townscape30. Eglidistingueva cinque categorie di paesaggio: wild, terra selvaggia, country,campagna colt ivata, a r c a d i a , campagna residenziale, town, c i t t àprevalentemente residenziale, metropolis, città prevalentemente commerciale edirezionale. Egli si pone anche la domanda del perché certi ambienti e certi spazi risultinocosì attraenti e rassicuranti.

Mi vengono anche in mente le analisi tipologiche e formali di RobertKrier31 sui tessuti e sugli spazi urbani. Ma mi va anche la memoria ad un testopiuttosto interessante di Bernard Rudofsky32, intitolato “Architecture withoutarchitects”, nel quale l’autore si sofferma ad osservare l’architettura comunenon prodotta da specialisti, ma le spontanee e continue attività di un intero

28 Kevin Linch è stato insegnante negli anni Sessanta al Massachusetts Institute of Technology.Ha scritto tra l’altro “L’immagine della città”, Marsilio, Padova 1964 e “Progettare la città, laqualità della forma urbana”, Etas Libri, Milano, 1990 – titolo originale “A theory of good cityform”, Massachusetts Institute of Technology Press, Cambrige, Massachusetts, 1961.29 Gordon Cullen, “The new concise Landscape” tradotto con il titolo “Il paesaggio urbano”,Coldeni, Bologna, 1976. La città configurata secondo Mitscherlich, Linch Appleyard, e Lynch Myer, “The View fromthe road”, edito dalla M.I.T. Press nel 1964, uno studio dell’esperienza visiva del percorsoautomobilistico lungo le strade urbane. 30 Gordon Cullen31 Robert Krier (Gravenmacher 1938), architetto lussemburghese. Da lui, in parte, derivanol’interesse per il fenomeno urbano e la concezione dell’architettura come costruzione sintattica,fondata sugli strumenti della variazione e della combinazione. Dal 1975 vive e lavora a Viennacome docente della Technische Universität. I suoi progetti sono stati pubblicati nei due volumi:“Note a margine” (1975) e “Spazio urbano” (1975). Ha scritto “Urban Space”, AcademyEditions, London 1979.32 Bernard Rudofsky, “Architecture without architects”, Academy Editions, London, 1973.

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popolo. Questi suggerimenti, presi insieme e ordinati, ci possono portare versoun nuovo tipo di ricerca sistemica sui rapporti tra architettura e spazi apertidella città.

Si scoprirà, ad esempio, che la strada da intraprendere va verso lapiccola dimensione, procede verso la reinvenzione della “città nella città”,passa attraverso il disegno di spazi a misura d’uomo. Si può così rendere piùumana la metropoli inospitale. La ricerca della coerenza e della continuitàformale si ritrova invece nell’uso di materiali omogenei, nella volutaripetitività di tipologie semplici nei tessuti residenziali, nella ricchezza disituazioni morfologiche che si adattano all’andamento orografico dei siti. Intutto questo insieme di condizioni sta il segreto dell’affabulazione di alcuniambiti urbani. Il fascino di alcuni contesti della città storica nasce dal fatto cherileviamo nei suoi manufatti il lavoro e l’operosa attività di uomini chesapevano il fatto loro, ovvero che erano confortati da una lunga tradizione,consapevoli artefici di ciò che costruivano. Il più delle volte le città ci offrono irisultati di processi e di complesse trasformazioni, spesso protratti nel tempo,ma che non sono dovuti nè alla volontà espressa in un piano, nè all’opera di undemiurgo. Tali processi evolutivi sono il prodotto di processi di sviluppoorganici, in cui la crescità è condizionata dai fattori più diversi, tra i qualiprevalgono soprattutto le spinte economiche. È evidente comunque una fratturatra la città contemporanea e la città storica. Nel passatto la crescita della cittàera dettata dalle necessità dei singoli cittadini, la costruzione degli edificirispettava precise regole, allineamenti, altezze, caratteristiche tipologiche. Lacittà, sia nell’edilizia privata, sia negli edifici e negli spazi pubblici ci mostra lalaboriosa e silenziosa attività di generazioni di uomini che hanno avuto vivo ilsentimento e l’orgoglio di appartenere ad una comunità. È la collettività,animata da questo sentirsi partecipe della costruzione del borgo, del paese,della città, che si mostra protagonista ed interprete di una cultura, di unatradizione, di una identità, di una storia che appartengono a tutti i suoi membri.

Il campanile, la cattedrale, le torri, le mura, sono il simbolo della dignitàe dell’orgoglio dei cittadini, nonché della forza della comunità. La necessità didifendere l’identità, oggi non nasce soltanto dal desiderio di conservare lamemoria del proprio passato, ma anche dalla necessità di costruire forme didifesa di quelli che si ritengono i propri valori rispetto al fatto che in tutto ilmondo si sta registrando una generale tendenza all’omologazione. La facilità dicomunicazione, attraverso il diffondersi della televisione, dei fax, di Internet,degli SMS e la velocità dei trasporti, fa sì che, in ogni parte del mondo,circolino immediatamente le stesse immagini, le stesse notizie. Nello stessomodo, dai luoghi ove si concentra la produzione, si diffondono ovunque le

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stesse merci, gli stessi prodotti: si è formato in tal modo il cosiddetto “villaggioglobale”.

Nel contempo grandi esodi in atto, fanno sì che la vecchia Europa stiasubendo una vera e propria invasione, anche se pacifica.

Questa mondiale evoluzione, che è ai primordi e che sicuramenteporterà a risultati positivi nei riguardi dell’eliminazione della emarginazione edella povertà dei paesi più arretrati e nella possibilità di soddisfacimento diesigenze alimentari di miliardi di persone che vivono in condizioni disottosviluppo e di assoluta povertà, con meno di un dollaro al giorno perpersona, sembra portare i popoli alla rinuncia di qualsiasi identità nazionale ead un appiattimento verso il basso.

Nei testi di storia si legge di città che facevano una volta a gara tra loro,per avere le cattedrali più belle, le torri più alte, i palazzi più importanti, lepiazze, gli spazi più imponenti.

Questa storia è finita, così come quel tipo di città è finita. Bisognariscoprire oggi dei valori comuni, rifondando nuove comunità, in cui tutti sipossono riconoscere. Questo se vogliamo è già avvenuto anche nel passato,basti pensare alla presenza di innumerevoli etnie nella Roma dei Cesari.Esisteva però allora un primato e una serie di diritti riconosciuti soltanto alcivis romanus. Era il diritto romano a mettere ordine su tutti. Oggi si emulanodovunque, anche in Cina, in Giappone, in Thailandia, i modelli importati, chesono stati quelli di una cultura dominante negli ultimi decenni, introdotta anchedalla facilità di comunicazione attraverso i media. Questi modelli sonoamericani (o meglio Yankees) più che occidentali. Tutti, per dirla con RobertVenturi33, hanno imparato da Las Vegas. Il baricentro economico del mondo èormai spostato sul Pacifico, tra Seattle, S. Francisco, Los Angeles. Bill Gates, ilmagnate dei computers e dei microchips, sorto dal nulla, attraverso ladiffusione a livello mondiale di hardware e di software, è divenuto uno degliuomini più ricchi e potenti del mondo. Il computer, il cellulare e il video-telefono, sono alla portata di tutti. Ciò causa una omologazione mediata diidee, di modi di pensare, di costumi, di abitudini.

Un’identità sopravvive soltanto in alcuni ambiti ancora primitivi, noncontaminati dalle telecomunicazioni e dal consumismo capitalista; bisognaandare forse tra i popoli nomadi della Siberia e quelli della Lapponia pertrovare forme di vita non contaminate da quella che chiamiamo “civiltà”. Conquesto non si vuole dire affatto che non si voglia e non si debba accettare il

33 Robert Venturi, Denis Scott Brown and Steven Izenour, “Learning from Las Vegas: the forgotten symbolism of architectural form”, Cambridge, MAMIT Press, 1977.

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progresso, ma si deve salvare ciò che resta della identità dei popoli e delle lorocittà.

Eppure una forte identità esiste ancora nel Mediterraneo, ove tutti, sidice, siamo figli di Omero, ove le leggende di Ulisse, o di Enea, introdotte conl’Iliade e l’Odissea, hanno accompagnato reali fenomeni di colonizzazione che,sovrapponendosi a culture indigene, non ne hanno cancellato le tradizioni e lespecificità. Questa identità, sicuramente individuabile nei grandi centri d’artedivenuti musei: Venezia, Firenze, Siena, resiste più saldamente nelle piccolecittà di provincia italiane, ovvero in tutti i centri urbani che non hanno subitograndi trasformazioni e nei quali la gente ancora coltiva le tradizioni e lerelazioni.

Il modello ideale è quello della piccola città, ove la vita scorrelentamente e non assume i ritmi frenetici e stressanti delle grandi metropoli.

Vale la pena, ove sopravvivono, difendere i valori oggettivi che sonoquelli espressi dall’arte, dall’architettura, dalla cultura, dal folclore, dallacucina, dalle abitudini e dai costumi locali.

Oggi, ciò che percepiamo della città è il senso di disordine, di caos,dovuto alla opprimente congestione del traffico, al rumore, ai gas maleodorantiche inquinano l’aria, ai ritmi stressanti, alle obiettive difficoltà di movimento edi accesso ai servizi. Tutte queste condizioni peculiari della città fanno sì che,gran parte del tempo quotidiano che resta oltre a quello destinato al lavoro,venga impiegato dai suoi abitanti negli spostamenti. La mancanza di tempolibero costringe tutti a correre con la conseguente impossibilità di dedicarsi a sestessi, o alla cura dei rapporti familiari. È veramente un privilegio di pochiavere del tempo da dedicare allo spirito, attraverso lo studio, la riflessione,l’“otium” nel senso con cui lo intendevano i romani.

Su questi mali della città sono stati scritti fiumi di inchiostro da parte diantropologi, sociologi, urbanisti, studiosi della città, storici d’arte,ambientalisti, diversamente orientati, sia dal punto di vista ideologico, sia daquello disciplinare.

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Basterà ricordare, Christopher Alexander, Alexander Mitscherlich34,Brian Richards35, Peter Hall36, Kevin Lynch, oppure Italo Insolera, DarioPaccino37, Antonio Cederna, Folco Quilici, Bruno Zevi, Leonardo Benevolo,per arrivare a Vittorio Sgarbi38 che mette insieme tante osservazioni, ormai giàampiamente estrinsecate da tanti studiosi dell’architettura, dell’urbanistica, edell’ambiente.

Forse l’interpretazione che ognuno dà della realtà è mediata dalla suasensibilità, che è in parte genetica, ma che è soprattutto frutto di una cultura edi una educazione formatasi attraverso le esperienze dei sensi. Proviamo perciòuna sensazione di piacere o di fastidio a seconda che i nostri sensi percepiscanoqualcosa che ci piace o ci disturba, che ci attrae o ci respinge.

Le città, da questo punto di vista, sono, per dirla con Mitscherlich, deglipsicotropi, ovvero punti in cui l’anima s’acquieta. Sì, il paesaggio comunica dei messaggi che tuttavia ognuno interpreta a modosuo, a seconda dei suoi stati d’animo, del suo modo d’essere, del suo livelloculturale. Scopriremo anche che molta gente è assolutamente indifferente ad unpaesaggio, così come è disinteressata alla lettura di un libro.

Gran parte delle persone, ad esempio, amano la confusione, la folla deigrandi eventi, gli ipermercati, gli stadi, il disordine, ma non guarda mai i giochiche fanno le nuvole in cielo, la struttura di un albero che oscilla al vento, ilmovimento dell’onda in un mare in tempesta, la bellezza struggente di untramonto, in cui il sole è una palla infuocata, la cui luce accecante alimentatutto di rosso. Le persone seguono il branco, vogliono essere immerse in unacittà viva. Possiamo dedurre, da quanto detto, che molti amano i luoghi pieni digente, illuminati da insegne pubblicitarie, che prediligono il traffico, i rumori,

34 Alexander Mitscherlich, nato nel 1908 ha vissuto in pieno i disastri della guerra e ha assistitoalla ricostruzione in Germania. È stato ordinario di psicologia sociale all’Università diFrancoforte si è occupato anche di psicologia psicosomatica e di problemi della societàcontemporanea, ha scritto tra l’altro: “Il feticcio urbano” titolo originale “Die Unwirt LichkeitUnserer Stadte Antiftung zum Unfried”, Frankfurt – Ahmain, 1965.35 Brian Richards, “Città futura e traffico urbano”, collana Polis-Marsilio editore, Padova,1963.36 Peter Hall, “Le città mondiali”, Ed. Il Saggiatore, Verona, 1966, titolo originale: “WorldCities”37 Dario Paccino, “L’imbroglio ecologico”, Einaudi, Torino, 1972. L’ideologo della natura,rivela il contenuto ideologico dell’ecologo nello stesso tempo in cui rileva la qualità dello statonaturale rispetto a quello umano, non solo come artefatto dato una volta per tutte, ma comerealtà perenne.38 Vittori Sgarbi, “Un paese sfigurato – Viaggio attraverso gli scempi d’Italia”, Rizzoli editore,Milano, 2003.

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la nevrosi; allontanati da tutto questo, le persone si deprimono, affiora la loroaridità d’animo, vengono atterriti dalla solitudine.

Altri, capaci di pensare, di sentire, di osservare, di dedicarsi agli studi,preferiscono la meditazione, la tranquillità, che dà loro la possibilità diraccogliersi nei propri pensieri.

Nella solitudine tuttavia ognuno di noi potrebbe piacevolmente ritrovarese stesso, soltanto se non avesse paura di guardarsi allo specchio. A volteguardare il paesaggio è come rispecchiarsi in esso, è come riscoprire la nostraanima, la nostra natura, i nostri sentimenti, la nostra identità. Attraverso questaosservazione si possono interpretare le forme visibili del cosmo. Vi scopriremocose meravigliose, tra le altre, i segreti dei caratteri e dell’identità di un luogo.

La riscoperta del “Genius Loci”

Il nostro Paese, tolte le grandi aree metropolitane, è il paese delle centocittà “d’arte”, dei mille e mille centri storici, dei territori attraversati da unastoria millenaria che ci ha lasciato disseminati in ogni dove castelli, palazzi,torri, casali, monasteri, pievi. Come si può, nell’osservarli, non riporreattenzione alle vicende che hanno condotto alla loro costruzione e che li hannovisti trasformarsi, evolversi e in molti casi morire?

Di conseguenza, per riqualificare l’immagine delle nostre città, e percostruire le città del futuro, dobbiamo partire dalla consapevolezza delle radiciculturali che costituiscono la nostra identità. Si deve avere un tipo diatteggiamento deciso, forse non rinunciatario, determinato a difendere i valoridella storia che ritroviamo non solo nei monumenti, ma in ogni traccia etestimonianza del nostro passato (insediamenti, infrastrutture, itinerari,suddivisioni agrarie e amministrative, ecc.).

Per difendere la nostra identità dobbiamo avere memoria econsapevolezza di chi siamo, e di quali eventi si sono susseguiti nellaevoluzione naturale del nostro essere e come ci hanno portato a vivere in undeterminato modo. Sapremo così anche dove andare, verso quali prospettive divita tenderà il futuro. Perché probabilmente, nonostante tutte le scopertescientifiche e le innovazioni tecnologiche, dovremo ritornare a rispettare leleggi della natura.

Come si possono dunque analizzare i territori, i paesaggi, nonriponendo attenzione alla storia che ha visto, in questo paese, intrecciarsi

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un’infinità di culture indoeuropee, etrusche, fenicie, greche, italiche, latine,romane, bizantine, longobarde, tedesche, spagnole, austriache e nel quale ognicultura ha portato un suo contributo.

Il fatto che un’identità nazionale si sia iniziata a costruire soltanto aseguito dell’unità d’Italia, proclamata da Re Vittorio Emanuele II di Savoia nel1861, dopo le scorrerie di Garibaldi con la sua spedizione dei Mille e lo storicoincontro di Teano, ha fatto sì che ancora oggi sopravvivano nelle varie regioni,culture ed identità molto diverse tra loro. Basta confrontare il Veneto con laToscana o la Val d’Aosta con il Friuli. Soltanto nel mezzogiorno d’Italia apartire da Federico II di Svevia Hohenstaufen si è costituito uno stato, il regnodelle due Sicilie, o di Napoli, che è rimasto dal mille e cento, con travagliatevicende, sempre unitario. Tuttavia questo non è servito ad omologare gli usi e icostumi dei Campani con quelli dei Siciliani, degli Abruzzesi, dei Calabresi,dei Lucani, dei Pugliesi.

Il controllo pianificato dei fenomeni urbani nelle città, che sonocresciute sino a diventare grandi megalopoli, è praticamente impossibile:necessiterebbe di grandi poteri, che consentissero di realizzare il decentramentodelle attività, di organizzare il lavoro ed i servizi, di realizzare la distribuzionedelle infrastrutture nel territorio.

Le società democratiche sono state costrette a dotarsi, al fine digovernare le grandi aree metropolitane, di potenti Authorities; le quali perògovernano gli aspetti logistici delle città e non gli aspetti estetici. Questi, difatto, dipendono da una infinità di variabili, che danno ad ogni città una forteidentità e che fanno di San Francisco una città diversa da Los Angeles, diPhiladelphia una città diversa da New York, di Firenze una città diversa daRoma e da Napoli, di Friburgo nel Baden-Baden una città diversa da Monacodi Baviera, di Vilnius in Lituania, una città diversa da Riga in Lettonia, diBangkok in Thailandia una città diversa da Singapore, di Guangzou, neldistretto di Canton, una città diversa da Shanghai, di Hong Kong, una cittàdiversa da Taipei in Taiwan.

Gli urbanisti, che negli anni ottanta, ancora speravano nella possibilitàdi programmare, di pianificare, di controllare i processi economici, si sono oggiresi conto che l’unica strada praticabile è quella di indirizzare l’attenzione e laricerca verso la piccola dimensione e tornare a studiare il disegno della città. Siè abbastanza convinti della necessità di rendere contestuale il piano urbanisticoe il progetto edilizio. Questa è stata, tra l’altro, un’idea avanzata da BrunoZevi, da Ludovico Quaroni e, in tante occasioni, dibattuta. La vera sfida, cheoggi ci si pone davanti in Italia, è quella di riuscire a salvaguardare i centristorici. Ciò sarà possibile soltanto costringendo e convincendo la gente a

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tornarci a vivere, limitandone la terziarizzazione. Questa necessità si sente nontanto nelle grandi città, dove i quartieri storici sono ampiamente trasformati daicambi di destinazione d’uso, ma piuttosto nei centri storici minori, nei territoridi provincia.

Si pensi all’altopiano delle Rocche, o alla piana di Navelli in Abruzzo,alla Valle del Biferno in Molise, alle colline intorno ad Urbino nelle Marche,all’Aspromonte e alle Serre in Calabria, all’area Iblea e alle Madonie in Sicilia,ai Campi Flegrei e alla penisola Sorrentina in Campania, alla Valle del Teverepresso Anghiari e Città di Castello, alla laguna veneta presso Torcello eBurano, ma anche a territori marginali del Lazio, dell’Umbria, del Veneto,della Campania, della Toscana e delle altre regioni: un patrimonio immenso diopere d’arte.

Ciò che abbiamo davanti agli occhi, nelle moderne periferie, è statoprodotto dalle tecniche, praticate sino ad oggi dagli urbanisti, che sonoconsistite nel disegno delle reti viarie e delle infrastrutture, nella suddivisionedel territorio in zone, e nel calcolo degli “standards” e dei fabbisogni. Bisogna tentare delle strade diverse, ritornando al disegno, ad unaprogettazione che sia capace di coniugare il piano con il progetto. I programmidi riqualificazione urbana sperimentati a partire dagli anni novanta sono statiun ottimo esercizio, ma solo un esercizio.

Il concetto di “Genius Loci”, di cui parlavano gli antichi, appare oggicome qualcosa di evanescente o di improbabile. La presenza di alcuni caratteripeculiari può essere ritenuta molto importante al fine del riconoscimentodell’identità di un luogo, ma non ci fa oggi certo pensare ad un nume tutelare. Per i romani, il Genio era uno spirito che, secondo le antiche credenze,accompagnava gli uomini dalla nascita alla morte, o proteggeva una città, ocerti luoghi, ritenuti, se non sacri, abitati da numi e da divinità.

Questo concetto si ritrova anche nella cultura Zen, e nella pratica cinesedel “Fen Shui”, che presuppone la presenza nel cosmo di due entità: unapositiva e una negativa.

L’allocuzione “Genius Loci” sintetizza l’impressione che un luogoesercita sull'osservatore, un tipo d’emozione che attrae, o che respinge, e chequindi esercita fascino, terrore, serenità.

Queste espressioni dipendono però non solo dalla conformazione delluogo e dagli elementi in esso presenti: acqua, vegetazione, rocce, gole,cascate, e così via, ma dai modi in cui il singolo soggetto filtra, attraverso isensi, le suggestioni del luogo. Siamo di fronte a un insieme di elementi che,nel loro complesso, formano qualcosa d’imponderabile e di unico, chesicuramente non può essere riprodotto artificialmente.

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Affrontare questo discorso non è facile; sto cercando di asserire che ilpaesaggio è un’opera d’arte, che esprime il milieu culturale, che riflette unbackground, che porta dietro di sè una cultura. Guardando un’opera d’arte essaci comunica anche qualcosa di più, un valore aggiunto costituito da significati eda sensazioni che dipendono da quanto noi, con il nostro livello di sensibilità edi cultura, siamo capaci di osservare e di percepire.

La città come opera d’arte

La città contemporanea che noi abbiamo davanti agli occhi è il risultatodi progressive trasformazioni, di continui apporti, di complesse sinergie, diaspre conflittualità. Nella costruzione della città, la creatività dell’uomo siesprime nelle forme più diverse, spesso in disprezzo a qualsiasi regola, talvoltacon grande rigidità. La città è un grande racconto e in quanto tale è il risultatodi trasformazioni sempre in atto; comunque opera della creatività, può apparirecome una forma di espressione umana e di conseguenza artistica collettiva cheinterpreta le metamorfosi dei nostri tempi.

Vista come espressione di attività e di comportamenti e di costumiumani, la città esprime il suo tempo. La città contemporanea sta alla cittàmedioevale come i tagli di Burri stanno agli affreschi di Giotto nella Cappelladegli Scrovegni. Città antica e città moderna sono realtà molto diverse.

Credo si tratti di entità incommensurabili. Non so quale paragone sipossa fare tra l’insediamento di Monteriggioni, centro fortificato costruito daiSenesi su una collina, e il quartiere Zen di Palermo, progettato da VittorioGregotti in un fondovalle sotto il Monte Pellegrino.

Avventurarsi nelle periferie delle grandi metropoli è come fare unviaggio nell’ignoto. Si stagliano davanti agli occhi scenari e situazioniinaspettate. Il disordine, la caotica complessità delle relazioni, l’eterogeneitàdelle immagini e dei messaggi, ma anche delle visioni imposte da unaidealizzazione prepotente dell’architettura come nel caso dell’insediamento diCorviale, sui colli Portuensi nella periferia occidentale di Roma.

A proposito, va sottolineata l’osservazione di E. Panofski39 nel suo libro“Il significato delle arti visive”, “I segni e le opere umane sono delletestimonianze perché, o piuttosto nella misura in cui, esprimono idee distinte

39 Erwin E. Panofski, “Il significato nelle arti visive, contributo allo Studio dell’estetica”,Firenze, 1952.

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dai processi del far segni, o del costruire, anche se si realizzano propriomediante questi processi”.

Ritroviamo evidentemente nella città le contraddizioni della vita e dellasocietà di oggi. Vi ritroviamo tutte le manifestazioni estetiche dell’artecontemporanea40: l’astrazione geometrica di Peter Mondrian, l’ascetismo diVassilij Kandinskij, il Dadaismo di Max Ernst, o di Tristan Tzara, laMetafisica, il Futurismo di Carrà e di Boccioni, di Marinetti, di Balla, diArdengo Soffici, di Gino Severini e di Antonio Sant’Elia, l’immagineallegorica di P. Klee, le periferie di Sironi, i volumi cromatici di Paul Cezanne,il Cubismo di George Braque, di Pablo Picasso, le lacerazioni di Burri, leimmagini della Pop Art di Andy Warhol. Se poi passiamo alle rappresentazioniche ne hanno fatto il cinema, troviamo che la città è la scena principale nellaquale si svolgono le trame dei films nei quali si esprime la incomunicabilità diAntonioni, il verismo di Ettore Scola, di Pasolini, di Pier Paolo Monicelli, diVittorio De Sica, la fantasia di Federico Fellini, di Roberto Rossellini, diFerdinando Olmi, la complessità di Luchino Visconti.

Dalle immagini statiche della rappresentazione pittorica della città a duedimensioni si è passati a vederla rappresentata nella terza e nella quartadimensione. Siamo ormai arrivati da tempo a ipotizzare una “città cibernetica”.La ricerca di nuovi modelli avviene in una grande confusione mentale. Ildisorientamento deriva dal dissolvimento di molte certezze, dalla perdita disignificato di molte categorie mentali, di molti modelli, prima ritenuti stabili.Siamo incerti anche rispetto alla città che vorremmo.

La nostra percezione del paesaggio è legata ai nostri desideri;giudichiamo inconsciamente belli, o brutti, un ambito, un quartiere, una partedi città, mettendoli in relazione a ciò che noi vorremmo che fossero, ovvero,all’idea di bello o di brutto che noi abbiamo.

Ma, purtroppo, al bello si deve essere educati, altrimenti accade ciò cheè molto frequente, che si trovi bello e decoroso ciò che non lo è. Il problema èquindi ristabilire, o consolidare, i luoghi, le istituzioni, l’autorità di chidovrebbe sovrintendere ed educare al bello nella scuola, nei luoghi di ricerca edi cultura, nelle istituzioni (nelle soprintendenze, nelle pubblicheamministrazioni, regioni, province, comuni; nelle università, nei musei).Bisogna comunque ridiscutere di estetica, e ritrovare una concezione del bellocondivisa. È necessario quindi elevare il livello culturale generale, cosa chenon è, a mio avviso, riuscita a fare la nostra scuola di massa, che ha disabituatoagli studi della storia, della filosofia, delle arti.

40 Mario de Michele, “Le avanguardie artistiche del novecento”, Feltrinelli editore, Milano,1975.

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D’altra parte nell’architettura, come in altre forme di arte moderna, leavanguardie, nel tentativo di rompere con la tradizione e di cercare nuove edinedite strade, hanno lanciato messaggi inquietanti. In pari modo gli architetti,attraverso le loro opere, hanno trasmesso messaggi provocatori, entro i quali èsotteso il loro modo soggettivo di vedere e di interpretare la realtà. Da questo anelito, di volere una realtà diversa da quella che ci circonda, nascel’utopia, come qualcosa che “non è in nessun luogo” (ύ. τόπos).

Alcune forme di utopia le troviamo in tante sperimentazioni. Qui, miviene in mente l’opera di uno scultore come Henry Moore, di un artistaChristo, e tanti altri architetti dell’immaginario, che aspirerebbero ad essere deimoderni Piranesi.

Come dice A. Cederna41 “…in questa cultura dimezzata spiccano quelliche per mestiere operano sul territorio, la legione di architetti, ingegneri egeometri, al soldo dei costruttori e delle immobiliari, vittime di unaeducazione sbagliata e di una scuola retrograda. Costoro credono ancora chescopo del costruire sia l’affermazione della loro personalità, che architetturamoderna sia produzione di capolavori da pubblicare sulle riviste”.

Il concetto di Paesaggio

“Paesaggio” è uno di quei sostantivi che sembra a tutti scontato nel suosignificato, eppure il termine assume diverse accezioni, le quali non conduconoad un significato univoco.42 Una definizione scientifica di ciò che si intendecome termine “paesaggio” non si può dare; è stato tentato da molti cheavevano diverse competenze e quindi eterogenei punti di vista e forse oggi èancora impossibile darla dall’ottica particolare del pittore, del geologo, delgeografo, dell’architetto, ma vale la pena discuterne.

L. Altarelli, nell’introduzione al suo testo “Paesaggi dell’architettura”sostiene “la nozione di paesaggio, nella sua trasversale incisività, è il termine

41 Antonio Cederna “la distruzione della natura in Italia”, Giulio Enaudi editore, Torino. 1975.42 Per un orientamento sulla formazione di una conoscenza paesaggistica si rinvia a C. De Seta,“L’Italia nello specchio del Gran Tour” in “Storia d’Italia”, Annali 5, Einaudi, Torino, pag.127-264; e sulla evoluzione degli aspetti geografici, riferimento fondamentale sono Piccardi S.,“Il paesaggio culturale”, Patron, Bologna, 1986 e Quartini M., “Il paesaggio tra fattualità efunzione”, Cacucci, Bari, 1994; Zerbi M., “Paesaggio della geografia”, Giappichelli, Torino,1993.Sul piano della descrizione e della classificazione, riferimento d’obbligo è Sestini A., “Ilpaesaggio”, TCI, Milano, 1963.

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che, più di altri, sembra idoneo a descrivere i luoghi, i temi, le suggestioni e leattese entro uno specifico orizzonte del progetto contemporaneo, alle sogliedel nuovo millennio”.

È necessario capire meglio cosa significa il termine paesaggio, il qualein genere esprime un luogo comune, o un qualcosa di scontato, di cui tuttihanno consapevolezza. Vale la pena ricordare che il termine discende da quellodi “paese”, con il quale s’indica una grande estensione di territorio, in genereabitato e coltivato, ma anche una regione, una nazione o uno stato. “Paese” sitraduce in inglese con i sostantivi “country” e/o “nation”. In genere il terminepaesaggio sta ad indicare un insieme di bellezze naturali e, in questosignificato, si lega al concetto di bello.

Viene spontanea la tendenza ad osservare le diverse condizioni, equindi i diversi modi, in cui il paesaggio può essere percepito.

Il paesaggio, come qualsiasi oggetto, è percepibile da ognuno attraversola propria esperienza sensoriale.

Questo collegare le interpretazioni della realtà ai sensi nasce daconstatazioni di tipo empirico pratico, che ritroviamo anche in una parte dellafilosofia antica, per esempio in Democrito, e tra gli atomisti (460 a. C.), masoprattutto in Aristotele.

Gli inglesi denominano il paesaggio con i termini “View”, “Panorama”,o anche solo “scape”, col significato di panorama, veduta, vista, ma in genereusano legare tale termine all’oggetto, ovvero a ciò che si guarda, da qui l’usopiù comune dei termini “Landscape” e “Townscape”. Vista panoramica si diceanche “Bird’s eye, View”, mentre vista si traduce con “Sight”. Questi terminisignificano a loro volta panorama e, quindi, disegno della città.

Per i francesi le parole “paysage” e “vue” hanno significati omologhi apaesaggio e vista, mentre in tedesco queste si traducono con Landschaft(paesaggio) e Augenblick (vista).

Possiamo, in aggiunta, osservare che, in quanto “forma visibile” dellospazio in cui siamo immersi, il paesaggio è costituito da un insieme dielementi: volumi, linee, colori, sparsi nello spazio, le cui relazioni, oconnessioni, sono in continuo mutamento al variare dei punti di vista. Per unacomprensione del paesaggio non è sufficiente una veduta determinata, ma unasequenza di immagini associate, in ciascuna delle quali pur riponendosi glistessi elementi, si ha una contrapposizione diversa di questi.

La composizione, se così vogliamo chiamarla, di linee, di colori, diforme, in diverse combinazioni e proporzioni tra loro, è resa variabile dal

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diverso modo di manifestarsi, nelle varie ore del giorno e nelle diverse stagioni,di oggetti reali, che occupano la superficie terrestre, quale il modellamento delsuolo e i rilievi, le vegetazioni spontanee, le culture, le costruzioni dell’uomo.

Il termine paesaggio può indicare anche quanto percepito e, quindi,mediato attraverso la vista, il più importante dei nostri sensi. Quando nei nostriviaggi si ci rivela un paesaggio e ci soffermiamo ad osservarlo, lo facciamonon per analizzarlo fedelmente, ma perché ne riceviamo una impressioneemotiva. In ogni forma di rappresentazione del paesaggio, come nelle vedutefotografiche o pittoriche, sono di uguale importanza i fondali e i primi piani.

Le impressioni che si ricevono alla vista del paesaggio sono soggettive,in quanto filtrate attraverso la sensibilità di ognuno.

Il termine “Landscape planning” ha fatto la sua apparizione ufficialenel 1949 a “Lake Success”, North Hampstead, Nassan County, N.Y., inoccasione di una conferenza dell’Unione Internazionale per la Protezione dellaNatura. Il termine cominciò a circolare a seguito della diffusione della rivista“Land Use e Landscape Planning”.

Questa rivista nel 1986 si fuse con l’altra denominata “Urban Design”.Questa unione conferma il fatto che, da tempo, gli osservatori del paesaggiohanno capito che non è possibile distinguere tra paesaggio urbano e paesaggionaturale. In relazione al diverso disporsi degli elementi che ne condizionano laprospettiva (punti di vista, quadro orizzontale, fuochi), ci si offrono spettacolidiversi. È evidente che la nostra percezione del paesaggio è condizionata dallaprofondità e dall’ampiezza del cono visuale che ci si apre davanti. Infatti, ingenere, per ammirare il paesaggio, ci si reca in punti panoramici, ubicati, sepossibile, in alto, di modo che non si abbiano ostacoli davanti agli occhi e diconseguenza la vista possa liberamente spaziare.

Comunque in una valle contornata di rilievi montuosi la vista puòspaziare, anche se il punto di vista della prospettiva è molto basso rispetto a ciòche ci circonda, anzi, in tale condizione ci sembra più elevata l’altezza dellemontagne che si intravedono svettanti al di sopra dei tetti delle case, oltre glialberi e gli altri ostacoli che abbiamo intorno.

G.C. Argan ci ricorda che, nel Rinascimento, la prospettiva eraconsiderata come principio ottico della visione; veniva teorizzata daBrunelleschi, dall’Alberti, da Piero della Francesca, come struttura ideale dellospazio, e fondamento delle relazioni tra le cose singole e il tutto.

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“Vedere” sosteneva Rudolf Arnheim43 in “Arte e percezione visiva”, “èun atto creativo; e il giudizio visivo non è un contributo dell’intellettosuccessivo alla percezione, ma ingrediente essenziale dell’atto stesso delvedere”. Quanti tuttavia sanno prendere coscienza del giudizio visivo, etradurlo, e formularlo?Sapere quali sono i principi psicologici del giudizio visivo, che partecipa allacreazione come alla contemplazione dell’opera, significa sapere che cosa inrealtà vediamo.

Tipologie di paesaggio

Si può distinguere il paesaggio a seconda che lo si voglia riferire ad uncontesto naturale, oppure ad un contesto trasformato dalla secolare presenzadell’uomo.I paesaggi della terra sono molto variabili: si passa dai convulsi paesaggiperiurbani a quelli semidesertici, a paesaggi immobili di pianura in cui ciò chesi muove è solo l’acqua di un fiume.Quale diversità si può constatare tra questi scenari naturali e quelli urbani, ovetutto è in movimento, come in Time Square a New York, o in Piccadilly Circusa Londra. Quali contrasti tra i paesaggi dei monti e delle foreste dello YosemitePark (Nevada) o del Grand Canyon Park (Colorado), e quelli assolutamenteartificiali degli Universal Studios di Los Angeles dei parchi Theme Parks diOrlando, del Giappone, o di Spagna? Quali diverse sensazioni desta l’immobile solitudine di paesaggio della DeathValley, selvaggio e inospitale come quello di tutti i deserti, rispetto a quelloincredibilmente consumistico e kitsch e assolutamente artificiale di Las Vegas.Diversamente emozionante per l’immensità dei fenomeni erosivi e degli effettiscenici è quello del già citato Grand Canyon Park del Colorado.

Dice Valerio Romani44: “Sovente, qualcuno identifica il paesaggio conl’ambiente, con la natura; altre volte, si confonde paesaggio e panorama,paesaggio e vista, paesaggio e apparenza, paesaggio e costruzionepsicologica, o paesaggio come semplice composizione di forme naturali e

43 Rudolf Arnheim, “Arte e percezione visiva” Feltrinelli Milano 1961, titolo originale “Art andVisual Perception: a Psychology of the Creative Eye”, 1954, Copyright by the Regent ofUniversity of Californie.44 Valerio Romani, “Il paesaggio, teoria e pianificazione”, Franco Angeli editore, Milano,1994.

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umane, o ancora paesaggio e insieme di segni, come uno sterminato palinsestoredatto con i misteriosi caratteri della natura”.

“Di una cosa possiamo essere certi: il paesaggio, qualunque cosa essosia, ci appare come un insieme straordinariamente complesso di più elementifra loro collegati, composto di alberi, di case, di rocce e di campi, di acque edi economie, di uomini, di culture, di azioni, di cause ed effetti, di relazioni,eventi e processi storici.”Il paesaggio può assumere tante altre qualificazioni. Christian Norberg Schulz45,passando in rassegna ogni tipo di paesaggio in Italia, nel Mediterraneo, inOriente, descrive il paesaggio cosmico, il paesaggio classico e altri.

Solo in teoria, potremo distinguere il paesaggio naturale dal paesaggioantropizzato, in relazione alla presenza o meno dell’uomo. Tale distinzione,nelle nostre latitudini, diviene sempre più improbabile. Nelle nostre regioni, ilpaesaggio è dovunque fortemente antropizzato, oltre ad una elevata densitàabitativa, vi si notano infatti, ovunque, le tracce di una presenza anchemillenaria dell’uomo. Diviene anche difficile nelle grandi aree urbanedistinguere un paesaggio agrario da quello urbano.

Il paesaggio naturale è formato soltanto dagli agenti naturali: il vento, lepiogge, le escursioni termiche, i ghiacciai, il mare, i terremoti, le eruzionivulcaniche, i bradisismi. Questi fattori agiscono su di esso e lo modificano. Ilpaesaggio antropizzato, o umanizzato è quello abitato dall’uomo (in greco,antropòs-αvθροπos); è il risultato della laboriosità dei popoli e delle genti chehanno abitato i diversi luoghi, che hanno segnato i grandi corridoi delletransumanze, che hanno coltivato le campagne, che hanno bonificato le paludi,che hanno costruito borghi, paesi, città, castelli e fortificazioni, infrastrutture ereti di comunicazione e di distribuzione dell’acqua. Queste opere segnano ilterritorio nel quale osserviamo a distanza le antiche strutture dei porti, di ponti,di acquedotti, di anfiteatri. Il paesaggio, in cui sono intervenute, in vari tempi,le collettività che hanno abitato i diversi luoghi, è, perciò, costituito da duecomponenti: quella naturale, o ambientale, e quella storica, ovvero legata allevicende dell’uomo che vi è stato presente.

Nelle aree fortemente urbanizzate, la nozione di paesaggio naturale siperde perchè ci si riferisce a contesti fortemente trasformati dalla presenzadell’uomo.

In conseguenza al diverso carattere della antropizzazione, il paesaggioassume la specificazione di urbano, metropolitano, infrastrutturato, industriale,

45 Christian Norberg Schultz, “Genius Loci, Paesaggio Ambiente Architettura”, Electa,Milano, 1974; riedizione 1992.

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agrario. Sono elementi antropici: le colture, le opere di disboscamento erimboscamento, le opere di irrigazione, di drenaggio e di contenimento delleacque, di bonifica; l’opera dell’uomo che edifica gli insediamenti produttivi, icentri abitati, gli edifici, le infrastrutture di trasporto e di contenimento delleacque.

Il paesaggio in Italia

Il paesaggio italiano, prima delle recenti trasformazioni, erauniversalmente ritenuto particolarmente bello, così da meritare all’Italial’appellativo di “Bel Paese” per antonomasia. I paesaggi alpini, padani,appenninici, collinari, e quelli più particolari delle zone vallive, delle zonelacuali, delle paludi, dei grandi alvei dei fiumi e delle pianure sono descrittisoprattutto dai geografi. Della necessità di tutelare la bellezza del nostropaesaggio, ne è stato consapevole lo Stato, che ha assoggettato a vincoli,imposti in conseguenza di varie leggi, una buona parte del territorio nazionale.Di conseguenza circa il 47% (139.000 kmq), del territorio italiano, (che èesteso per 300.000 kmq), appare soggetto a vincoli di vario tipo: paesaggistici,archeologici, idrogeologici.

Nel 1999, tutte le leggi riguardanti i beni culturali ed il paesaggio sonostate riassunte e riproposte in un Testo Unico con il DLgs 490 del 1999. Conalcune innovazioni è stato infine proposto dal ministro Urbani un altro decretolegislativo il quale ha il titolo impegnativo di “Codice dei Beni e delle AttivitàCulturali”, pubblicato nella G.U. 24/02/2004.

Come si è già detto, in Italia, il paesaggio è elemento costituentel’identità delle regioni.46 46 Nonostante le trasformazioni urbanistiche, ancora persistente l’incidenza nel paesaggiodovuta ai rilevanti fenomeni di inurbamento nelle Regioni della penisola, da quelle Alpine alleisole; l’identità degli antichi popoli italici sembra essersi conservata (Celti, Etruschi, Umbri,Vestini, Frentani, Iapigi, Apuli, Sanniti, Latini, Campani, Volsci, Equi, Sabini Ernici, Marsihanno lasciato la loro identità). Su queste culture originarie se ne sono sovvraposte altre inconseguenza delle colonizzazioni o dominazioni Greche – Romane – Longobarde – Tedesche –Austriache - Spagnole – Francesi senza contare quella sempre presente della Chiesa e dei Papi.Tuttavia v’è da dire che queste molteplici influenze non hanno cancellato la loro identità, anzihanno contribuito a rafforzarla.Basta percorrere poche centinaia di chilometri per vedere il paesaggio presentare lecaratteristiche diversificate ben riconoscibili: orografia, tipi d’insediamento, vegetazione,clima. Nel contempo, ad ogni area paesaggistica corrisponde un gruppo etnico, una cultura, unidioma, un folklore e una cucina locale.

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Ovunque si notano tracce di modificazioni operate dall'uomo, volte acreare un assetto per la vita: colture agricole, disposizioni arboree, strutture disostegno, strade, insediamenti abitativi e produttivi, in altre parole tutti queglielementi rappresentativi di una cultura e di un’organizzazione sociale, che durada più di duemila anni.

Questi elementi si sono tradotti in messaggi di natura estetica,denunciando una profonda unità tra cultura artistica e tradizione, che purtropposi è persa soltanto negli ultimi decenni.

E come se, qui nel Mediterraneo, si fosse creato un microcosmo, unpaese delle favole e dei miti, ove la vita nonostante tutto, almeno per lecondizioni naturali, è più piacevole che altrove.

Uno dei principali caratteri del paesaggio italiano, come osserva J.Ruskin47, forse osservando il paesaggio toscano, nella sua “Poetry ofArchitecture”, è la perfezione delle curve prodotte dall’ondulazione dellecolline e dal loro graduale smorzarsi nella natura. Da questo egli deduceva cheil profilo delle costruzioni, che entrano più direttamente nella composizione delnostro paesaggio, doveva essere raccordato ad uno schematismo curvilineo.

Il saggio di Giovanni Romano48, storico dell’arte presso l’Università diTorino, intitolato “Studi sul paesaggio”, mette a confronto l’evidenza fisica delpaesaggio con l’immagine ideale che hanno fornito in ogni tempo i pittori.

Tale ricchezza di varietà e di identità è specifica, ed è dovuta alle particolari condizioni storico– etnologiche e geografiche del nostro Paese. La Francia, la Spagna, la Germania, hannominore ricchezza di paesaggio così come gli altri paesi dell’Europa continentale ove le pianuresono sterminate e i rilievi modesti.Il clima in Italia favorisce una grande varietà di combinazioni geomorfologiche e orografiche euna grande varietà di specie vegetali favorite dalla mitezza delle temperature.Lo sviluppo di 7450 km di coste è variamente conformato. Sono basse e sabbiose le spiaggeAdriatiche, del Tirreno Centrale, dello Jonio, della Sicilia Sud Orientale, e della Sardegna SudOccidentale intorno a Cagliari e Oristano. Sono orlate quelle dell’alto Adriatico e dellaToscana. Sono a tratti alte e rocciose quelle del Mar Ligure e del Tirreno Meridionale alte efrastagliate le coste della Sardegna Nord Orientale.Le catene Alpine percorrono l’arco del confine settentrionale, mentre gli Appennini percorronola nostra penisola in tutta la sua lunghezza sino all’Aspromonte.Sono presenti diversi vulcani, alcuni spenti, soprattutto nel Lazio, e altri attivi (Etna, Vesuvio,Stromboli) e ancora fiumi e laghi di straordinaria bellezza, come quelli alpini di origine glacialee quelli di origine vulcanica del centro Italia: Maggiore, Como, Iseo, Garda, Trasimeno,Bolsena, Vico, Bracciano, Albano, Nemi, Averno.47 John Ruskin (Londra 1819-Brantwood Lancaster 1900), professore a Oxford, scrittore eviaggiatore, scrisse tra l’altro “The Seven Lamps of Architecture” nel 1849 e “The Stones ofVenice” (1851-1855). 48 Giovanni Romano, “Studi sul paesaggio”, piccola biblioteca Giulio Enaudi, Enaudi Editore,Torino, 1978.

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Il fatto che in un breve spazio si passi da paesaggi costieri a paesaggivulcanici e collinari, da sistemi vallivi coltivati con vigneti, piante da frutta,compresi campi fertili e irrigui, a catene montuose, o preappeniniche, ove leattività sono prevalentemente di tipo silvopastorale, fa sì che quei paesaggi sipresentino come uno spettacolo molto mutevole.

La rappresentazione del paesaggio nella pittura

Molti artisti osservando e riproducendo ambienti naturali nelle loroopere, disegnate o dipinte, hanno svolto un incessante lavoro di ricerca e didecodificazione ed hanno lasciato, attraverso una lettura di ciò che vedevano,opere in cui la struttura del paesaggio fa da sfondo alle diverse vicende umane. La rappresentazione della natura ha avuto nei secoli diverso valore, (in realtàla nascita della pittura paesaggistica risale alle civiltà orientali e a tempi assaipiù remoti). I cinesi, i giapponesi e i popoli indocinesi li avevano scopertimigliaia di anni fa.

Nel Medioevo cristiano la natura non era quasi mai rappresentata, oquando appariva era semplicemente come sfondo alla rappresentazione sacra oprofana di vicende umane e religiose. La natura appariva schematizzata comesimbolo del paradiso terrestre. Una vera rappresentazione del paesaggio e delletrasformazioni operate dall’uomo si ha nell’opera di Ambrogio Lorenzetti (e disuo fratello Pietro), negli affreschi della Sala dei Nove del Palazzo Pubblico diSiena.

Nonostante l’atteggiamento scientifico di Federico II Hohenstaufen, inaturisti di corte palermitani della fine del XII secolo restavano troppo legatiagli schemi iconografici medievali e delle moschee orientali, rappresentandoappena schematicamente linee ondulate che simboleggiano l’acqua o il mare,rocce, qualche pianta simile ai cactus e alle piante grasse.Nei dipinti di Simone Martini il paesaggio è assente. Nell’affresco della Saladel Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena (1328), che raffigura GuidoRiccio da Fogliano all’assedio di Montemassi, la rappresentazione dei castelli èmolto sommaria, così quella delle colline e dei monti, e manca ogni forma divegetazione. Gli elementi del paesaggio toscano appaiono anche quali protagonistinella pittura senese o fiorentina del trecento; il Rinascimento italiano, conLeon Battista Alberti, teorizza l’aspetto piacevole del paesaggio; il paesaggio

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moderno nasce nel quattrocento con il microcosmo fiammingo dei Van Eick.L’inventore del grande paesaggio veneto è Giovanni Bellini.

Siamo ormai al 1500 quando i pittori cominciano a dedicarsi anchealla rappresentazione del paesaggio urbano come Vittore Carpaccio e ilPerugino.Basta pensare a Giotto, a Simone Martini, a Pietro Cavallini, ad Ambrogio ePietro Lorenzetti, a Gentile da Fabriano. Ma è nel quattrocento con Francescodel Cossa, Gentile Bellini, Andrea Verrocchio, Andrea Mantegna, Antonelloda Messina, Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Piero della Francesca,Paolo Uccello, che il paesaggio va assumendo importanza. Leonardo da Vinci è l’unico, sino al Settecento, che abbia messo a punto unarappresentazione scientifica del paesaggio (la sua ricerca scientifica ècontemporaneamente fantastica, rappresentando le rocce geologiche, imovimenti delle acque, i diluvi).L’interpretazione estetico-percettiva del paesaggio si collega alla tradizionedella pittura europea del ‘600, la quale privilegia la rappresentazione dellanatura. Nella “tempesta” di Giorgione il paesaggio è il protagonistaindiscusso dalla scena.Il metodo vedutista è messo a punto alla fine del Seicento dal Vanvitelli.Nel Settecento, il paesaggio più aderente alla natura è ancora quello deipittori oltremontani: olandesi, fiamminghi, tedeschi. Tra questi i piùimportanti sono: Paul Brill, Cornelius van Polenburgh, BartolomeusBreenbergh, Hermann van Swanevelt, Jan Both, Jacob Pynas. I Carracci rappresentano un paesaggio naturale composto e costruito, cosìanche Nicola Poussin. Domenichino lega elementi mitologici con paesaggireali della campagna romana, così pure fa Claude Lorrain che ripropone,nello studio e nella rappresentazione del paesaggio, il suo oggetto di indaginee di ricerca assoluta.

Il paesaggio nella descrizione degli scultori e dei poeti49

49 Jacob Burchardt, “La civiltà del Rinascimento in Italia”, I classici “per tutti”, Avanzini eTorraca editori, Roma, 1967, cap. II: (Titolo originario “Die Kultur der Renaissance in Italien”,la scoperta del bello nel paesaggio, parte quarta, e scoperta del mondo esterno e dell’uomo pag.287 – 296). Egli scrive “l’attitudine a gustare il paesaggio è sempre il risultato di un lungo ecomplesso svolgimento della cultura”.

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Anche molti scrittori hanno descritto con aderenza alla realtà glielementi e i caratteri specifici dei vari paesaggi regionali50: Virgilio,nell’Eneide, parlando della sua navigazione da Gaeta alla foce del Tevere,descrive la costa Laziale dal Circeo a Tor Paterno; di Orazio sono famose ledescrizioni del paesaggio della Sabina di cui godeva dalla sua villa di Licenzasui Monti Lucretili. Lo stessa poeta descriva la vista della campagna romanache egli amava ammirare da Tivoli. In una delle satire poi descrivedettagliamene il viaggio da Roma verso Brindisi in cui percorre la “reginaViarum” sino a “Forum Appii”, per poi attraversare su una zattera trainata daibuoi le paludi Pontine.

Francesco Petrarca descrive la sua salita al Monte Ventoux pressoAvignone. Enea Silvio Piccolomini, grande umanista divenuto Papa Pio II,descriveva i paesaggi della Val D’Orcia e del Monte Amiata, ma anche deiColli Albani e del Monte Cavo, il lago di Bolsena presso Capodimonte, laValle del Tevere presso Todi, e il lago di Nemi. Alessandro Manzoni descrivequel ramo del lago di Como, che volge a Mezzogiorno e che ha per sfondo ilResegone. Pascoli esalta il paesaggo Toscano presso Bolgheri e San Egido.Leopardi, nei suoi Racconti, nell’”Infinito”, o nel ”La quiete dopo la tempesta”descrive il paesaggo marchigiano della costa adriatica presso Recanati. Ipaesaggi della Sicilia emergono negli scritti di Salvatore Quasimodo e diGiovanni Verga; Salvatore di Giacomo ha descritto il paesaggio di Napoli. Ipaesaggi della Lucania rivivono nelle descrizioni di "Cristo si e' fermato aEboli", di Carlo Levi; i paesaggi delle balze di Volterra sono descritti da CarloCassola, nei romanzi “La ragazza di Bube” e in “Cuore arido”. Molti sono ipaesaggi abruzzesi intorno alla Maiella descritti da Gabriele D’Annunzio.Eugenio Montale, nelle sue raccolte di poesie: “La bufera e altro” e “Ossi diseppia”, descrive il delta del Po e le spiagge della Versilia.

Guido Piovene51, nel suo “Viaggio in Italia”, compiuto in tre anni dal1953 al 1956, descrive tutte le regioni italiane. Nel mettere in risalto letrasformazioni di una Italia che, da una economia agricola, si avviava ad essereun paese industriale, descriveva un paese meraviglioso che a stento oggipossiamo riconoscere.

Di fatto negli ultimi anni sono venute meno anche queste descrizioni,invece possiamo constatare molte documentazioni riguardo alla rovina delpaesaggio italiano. Basta ricordare i tanti scritti di Antonio Cederna o di FolcoQuilici e il recente testo di Vittorio Sgarbi: “Un paese sfigurato, viaggio

50 Federico Zeri, “La percezione visiva dell’Italia e degli Italiani”, Giulio Einaudi editore,Torino, 1989.51 Guido Piovene “Viaggio in Italia”, Baldini&Castaldi, 1999.

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attraverso gli scempi d’Italia”52, nel quale sulla scia delle denunce fatte damolti, ci mostra l’epilogo di una tragedia consumata.

Il paesaggio e l’architettura

Spesso, in maniera determinata, l’opera dell’uomo si è integratafondendosi con gli elementi naturali ed ambientali, dando luogo a tipologiediverse di insediamenti, integrate, seppur in modo flessibile, in unità organicacon gli alberi, le rocce, i corsi d'acqua, le valli, la collina, i monti. Lamorfologia dei luoghi contribuisce a determinare scenari ove l'orizzonte è piùvicino (e lo spazio ricompreso tra noi e questa linea è più ristretto) o piùlontano (quando questo linea di separazione tra il cielo e la terra divieneinfinitamente lontana).

Quando l'architettura si è sviluppata in forme spontanee, l’unica formadi razionalità è stata quella di adeguarsi alle necessità. Queste necessità eranoquelle di far fronte ai bisogni primari elementari, di ripararsi dagli agentiatmosferici, di difendersi dagli altri uomini e dagli animali, di nutrirsi. Lerisposte a questi bisogni venivano dettate da un istinto di sopravvivenza. Inseguito, il senso pratico e la ragione hanno spinto l’uomo primitivo a passaredai primi ripari, costituiti da caverne, dalle palafitte, ai nuraghi, ai trulli, aidolmen, ai dammusi, alle prime forme di difesa e di incastellamento e ad altreforme spontanee in cui una collettività minimamente evoluta tentava diorganizzarsi come poteva.

L’aggregazione di queste forme spontanee ha dato luogo, a poco apoco, a forme più complesse di insediamenti organici. I problemi che ne sonosorti hanno richiesto una rifondazione di una città ordinata, dotata di servizi edi infrastrutture.

Sempre per motivi di difesa, si sono scelti luoghi impervi normalmentefortificati ove accesso poteva avvenire soltanto attraverso varchi o portedifendibili.

Quando si è tentato di costruire insediamenti ex novo, la razionalità èstata riposta in un piano ordinatore che seguiva una generale logica dellegeometrie degli accampamenti militari. Questo è avvenuto nella grandeespansione della cultura ellenistica promossa attraverso le conquiste, dopo avervinto i Persiani di tutto il mondo allora civilizzato, da parte di Alessandro

52 Vittori Sgarbi, “Un paese sfigurato – Viaggio attraverso gli scempi d’Italia”, Rizzoli editore,Milano, 2003.

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Magno il Macedone, e prima nella colonizzazione greca in Italia Meridionale enell’Asia Minore, (Mileto, Efeso). In seguito, nella dominazione ecolonizzazione romana, che, nell’arco di alcuni secoli, dopo l’assoggettamentodi tutti i popoli italici, si estese a tutte le nazioni che si affacciavano sulMediterraneo e a tutta l’Europa. Le città sono state costruite con lo stessosistema cardo-decumanico, che aveva le sue radici nel castrum. In epocarinascimentale si sono ricalcati i modelli dell’epoca ellenistica e greco-romana.

Nel Medioevo le città sono borghi fortificati intorno alle dimore delsignore o del vescovo, presso le quali la gente si raccoglie per difendersi dainemici, dai pirati e dai briganti. Anche le abbazie costituiscono grandi centridi cultura e di potere che organizzano il territorio e lo governano.In epoca rinascimentale ciò che è stato costruito, ha rispecchiato le idee degliumanisti che ponevano l’uomo in un rapporto di prevalenza e d’astrazionerispetto alla natura. Si sono disegnati anche modelli di città ideali.Talora si sono fondate delle città volute dal principe, quasi a dimostrare ilprimato dell’uomo, della sua ragione e la sua capacità di condizionare glieventi della storia.

In epoca post-rinascimentale ciò che è stato costruito è stato posto in unrapporto di prevalenza e d’astrazione rispetto alla natura, ricorrendo anche amodelli ideali. Le città volute dal principe rispondevano a un disegno fondatosull’idea di un architetto secondo principi geometrici. Le città nuovetestimoniano la potenza del principe, o nel caso di Venezia, della repubblicache si afferma attraverso il predominio dei mari.

Le architetture rinascimentali sono fondate sulla geometria e sullaprospettiva centrale, quasi a sottolineare il primato dell’opera dell’uomorispetto alla semplicità comunemente diffusa del paesaggio naturale e quindi ilprimato della città sulla campagna, dell’artificio sulla natura.

Ciò che appariva urbano era considerato evoluto rispetto al mondonaturale. Bisognerà arrivare a Jean Jacques Rousseau, ovvero alla fine delSettecento, per riconsiderare questo primato della natura sulla città, qualestruttura condizionata da interessi economici e da fenomeni sociali spessodeformata da ideologie errate. Secondo J.J. Rousseau la naturalità era unacondizione felice che però veniva minata dalle strutture e dai condizionamentidella società, che nel frattempo si preparava alle grandi trasformazioni, chehanno accompagnato la prima rivoluzione industriale.

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Il paesaggio urbano. La città contemporanea e il desiderio di uno sviluppo

sostenibile

Oggi la città contemporanea continua a crescere a dismisura e senzaregole. Appare impossibile controllarne lo sviluppo, seguire i processi dicrescita organici. Qualcuno paragona i fenomeni di crescita urbana a quellidelle colonie di coralli, che vanno a formare gli atolli.

Ludovico Quaroni ha paragonato questo crescere della città alla torre diBabele, in cui tutti parlano linguaggi diversi.

Alcuni sostengono che, in questa crescita caotica e casuale, la città nonsia totalmente priva di valori estetici, ma che vi si parlino un’infinità dilinguaggi i quali, quando decodificati, possono esprimere anche qualche valoreinedito.

I paesaggi urbani sono prevalentemente quelli che si godono inautomobile sulle nostre strade, ove si vedono prevalentemente spartitraffico,guarde-rails, cartelli segnaletici e barriere antirumore, oppure paesaggi che sigodono dai treni delle ferrovie metropolitane; la fruizione di ciò che si vede èspesso dinamica, cinetica.

Guardando le nostre grigie e anonime periferie non si può nonsognare di ritornare al naturale, riscoprire la bellezza di paesaggiincontaminati, la dimensione accattivante dei centri storici minori,l’amichevole simpatia delle architetture a dimensione umana.

Ormai la frattura tra l’antico e il nuovo è insormontabile, perché c’èstato in mezzo almeno un secolo di trasformazioni dissennate, anche seineluttabili, ma che hanno dissolto qualsiasi continuità, modificandoradicalmente le modalità di insediamento nel territorio.

Chi vive nei piccoli centri trova maggiore possibilità di socializzare,perché in essi i rapporti sono meno superficiali di quelli che la città con le suepiù facili opportunità ci offre. Nei territori extra-urbani si trova più facilmenteil contatto con la natura. In campagna basta affacciarsi dalla finestra pervedere un animale, un cavallo, un asino, una pecora. Basta uscire di casa epercorrere poche centinaia di metri per trovarsi immerso nelle coltivazioni,nei boschi, nei prati.

Molti cominciano a pensare che ormai non rimane che accettare ladissoluzione dell’immagine della città contemporanea. Bisogna accettarequesta città dei non luoghi, percorsa da reti metropolitane e da autostrade, daferrovie, da viadotti, da gasdotti, disseminata di fabbriche, di depositi, di

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ipermercati, di impianti di smaltimento, depuratori, inceneritori, silos. Tuttaviala vera sfida per gli uomini di cultura è quella di salvare la memoria storica pergli architetti, ammesso che siano uomini di cultura, e quella del riuso di unenorme patrimonio edilizio-storico che vale la pena di conservare, essendostato costruito con le tecniche del cemento armato, ormai da più di settantaanni, e che va verso un inesorabile degrado53.

La sostituzione del patrimonio edilizio degradato costringerà ad avviaregrandi piani di riqualificazione urbana, dotati di maggiori spazi verdi e diservizi più efficienti.

Le persone che vivono nelle grandi concentrazioni urbane non hanno unquotidiano rapporto con gli elementi della natura. Un bambino in una grandecittà può non aver mai visto una gallina o un pesce, se non al supermercato. Ilpaesaggio urbano di cui egli gode è un paesaggio artificiale. Anche il parcoattrezzato in cui egli va a giocare è assolutamente artificiale. Sta emergendo laconcomitanza di due atteggiamenti: da una parte la preoccupazione per i rischiambientali legati all’inquinamento della città; dall’altra, l’attenzione per labellezza degli ambiti naturali e la riscoperta dei valori dei centri storici.

Per questo motivo, si sta sviluppando una voglia di fuggire, quando èpossibile, verso ambienti e paesaggi non corrotti dal cosiddetto progresso.Progresso mal interpretato e civiltà dei consumi ci hanno condotto lontanodalla natura. È necessario invece una riscoperta dei valori della natura, versouno sviluppo sostenibile.

Il “paesaggio urbano” e il “paesaggio agrario” periurbano sonoprevalenti ormai sul paesaggio naturale, il quale continua ad esistere soltanto inquelle limitate parti del territorio ove siano assenti insediamenti residenziali eproduttivi. E’ per questo che la pianificazione paesaggistica devemaggiormente integrarsi con la pianificazione territoriale urbanistica. Essesono ormai inscindibili.

Il “paesaggio agrario” è quella forma che l’uomo, nel corso dei secoli,coscientemente e sistematicamente, impone al paesaggio naturale ai fini dellasua attività produttiva agricola.

Tale paesaggio è stato particolarmente studiato da Emilio Sereni54, lacui opera “La storia del paesaggio agrario in Italia”, è divenuta ormai unclassico.Sereni ci insegna a individuare le tracce della presenza e delle attivitàdell’uomo che ha in vario modo, attraverso le sue opere, modificato il

53 Leonardo Benevolo, “Le origini dell’urbanistica moderna”, Editori Laterza, Bari, 1968.54 Emilio Sereni, “Storia del paesaggio agrario in Italia”, Editore Laterza, Bari, 1984; (primaedizione 1961)

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paesaggio naturale, a partire dal momento in cui ha imparato a coltivare laterra. I paesaggi agrari e quel poco che resta dei paesaggi naturali sono stati aggreditioggi da una edilizia disordinata e priva di valori estetici. Intorno alle grandicittà55 soprattutto, nella seconda metà del Novecento, si sono localizzate leindustrie. La crescita della popolazione è stata repentina ed incontrollabile.

Oltre a quelli destinati alle attività produttive, sono stati costruiti nuoviinsediamenti, residenziali e terziari, si sono realizzate infrastrutture dicollegamento, si è pensato prevalentemente a far fronte alle necessità e aibisogni. La carenza di qualità nei tessuti urbani più recenti deve convincercisempre più della necessità di operare in modo da raggiungere un minimocontrollo della crescita urbana, che oggi non esiste affatto.

Ciò non significa che si debba e si possa perseguire il falso, costruendola città contemporanea ad imitazione della città antica. Tuttavia è dalla cittàantica che bisogna imparare la lezione.

Si prospetta un’epoca in cui si dovranno riconsiderare molte previsioniassunte dalla cultura urbanistica e architettonica del nostro Paese. Né si puòpensare che del paesaggio si occupino gli ingegneri, o gli avvocati esperti didiritto amministrativo.

Il problema investe anche il complesso dei modelli insediativi, la piùgenerale organizzazione della città e del territorio e quindi i nostri modelli divita.

Il paesaggio naturale, oltre che dagli agenti fisici, viene modificatomediante le opere realizzate dall’uomo. La realizzazione di opere e manufatti

55 Forme di selvaggia aggressione sono riscontrabili purtroppo in tutta la penisola, in Veneto

(nel triangolo Venezia, Padova, Treviso), in Sicilia (intorno a Catania, a Palermo, a Agrigento,a Milazzo, a Siracusa); in Sardegna (intorno a Olbia, a Cagliari, a Oristano, a Iglesias, aSassari); in Liguria (intorno a Genova, a Sestri); in Campania (intorno a Napoli, a Salerno, aAvellino, a Caserta). Non servono a elevare la sensibilità e l’educazione degli italiani verso l’arte e il bel paesaggio,gli esempi di una storia gloriosa, che ci ha lasciato città, una volta centri di potere, capitali diregni e d’imperi, sedi di principati, repubbliche marinare, i cui centri storici sono vere e proprieopere d’arte: Venezia, Verona, Perugia, Firenze, Pavia, Palermo, Genova, Napoli, Roma. Conlo sviluppo economico tutto il territorio, una volta agricolo, intorno a questi centri è statooccupato da insediamenti produttivi prevalentemente industriali. Il rapporto città campagna èmutato anche nelle città capoluoghi di provincia ove il grande fenomeno dell’inurbamento èstato contenuto. Tuttavia anche qui addizioni moderne hanno assediato e di conseguenzastravolto i centri storici, Perugia, Urbino, Lecce, Pavia, Siena, Ferrara, Verona, Trento,Vicenza, Treviso.

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di qualsiasi specie produce sempre delle trasformazioni nello spazio fisico incui si va a collocare.

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LA PROGETTAZIONE

Rappresentazione del sito e del contesto

Una progettazione che si preoccupi di prevedere gli effettisull’ambiente e sul paesaggio deve confrontarsi innanzitutto con laconfigurazione fisica del sito, ma anche con le condizioni ambientali eclimatiche che vi si riscontrano. Ne consegue che lo sviluppo di un progetto, diun’architettura, come di uno spazio aperto, si costruisce innanzi tutto attraversola conoscenza e, di conseguenza, attraverso un attento processo dirappresentazione della situazione ambientale preesistente, ovvero, un sistemamolto più complesso ed esteso di quello che con termine a volte abusato, mapertinente, si chiama “contesto”. Si dovrà procedere quindi al disegno di tuttigli elementi visibili, presenti nei luoghi che circondano lo spazio destinato adospitare un progetto.

Tale rappresentazione sarà anche estesa all’ambito territoriale in cuiquesti luoghi ricadono. I diversi tipi di relazione spaziale tra oggetto daprogettare e ambiente fisico e territorio vanno rappresentate con idoneistrumenti alle diverse scale. Questa rappresentazione va anche completata sottol’aspetto dell’analisi descrittiva dei beni di tipo geomorfologico evegetazionale e dello studio dei beni storici e archeologici.

Va contestualmente compiuta una verifica della compatibilità delprogetto con eventuali vincoli: ambientali, paesaggistici, urbanistici,idrogeologici, economici. Sarà anche importante conoscere se il sito ricade inun ambito soggetto ad un piano paesistico, o se è compreso in un’area naturaleprotetta.

Tale verifica, qualora abbia come obiettivo l’accertamento delleincompatibilità di quanto si pensasse di progettare con i vincoli esistenti, puòportare anche a modificare le scelte dell’ubicazione del progetto.

In ogni modo, la rappresentazione e le analisi del sito, el’individuazione dei beni di carattere storico ed ambientale presenti in esso,sono preliminari ad ogni ipotesi di trasformazione dei luoghi.

Il progetto preliminare ha, tra l’altro, la finalità di compiere le suddetteverifiche, fornendo così un vero e proprio programma della fattibilità, o megliouna verifica, della sostenibilità del progetto stesso.

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Indifferenza al luogo e all’ambiente del movimento moderno

Gli architetti appartenenti alla variegata tradizione del MovimentoModerno, o che si sentono eredi di questa tradizione, nel momento in cuiricercano la affermazione di un linguaggio riconoscibile, espressione di unatteggiamento, di un modo di fare che vuole essere risultato o traduzione di unanuova teoria estetica, si dimenticano spesso di confrontarsi con il luogo.

Numerose le tendenze del Movimento Moderno in architettura. Ecco un brevecenno sulle principali. Il funzionalismo si fondava sul prevalere delle funzioni rispetto allaforma. Il razionalismo trovava le sue motivazioni in costruzioni teoriche,geometriche, basate su canoni estetici56. Altre correnti, come l’espressionismo,avevano il loro riferimento nell’affermazione di una forma che si compiacevadi un processo creativo istintivo. Il neoplasticismo portava nell’architetturaalcune esperienze attuate nelle arti figurative.

Tutte queste tendenze, che si perdono nella ricerca di un linguaggio dimaniera, sono da considerarsi “atopiche"; sfuggono in altre parole, spesso, aldifficile compito del confronto con il contesto, con lo “spazio” in cui sono natee si sono sviluppate.

Questo dell’indifferenza alla situazione ambientale e dell’atteggiamentodi rifiuto rispetto al preesistente, è l’attitudine in genere seguita dalleavanguardie moderne e contemporanee. Lo scarso interesse per il contesto, maanche per la configurazione della città e degli spazi urbani, e di conseguenzaper la storia, hanno costituito limiti e condizionamenti nello sviluppo dellacreatività degli artisti appartenenti al Movimento Moderno di architettura.

Tra gli architetti del Novecento, ha prevalso la componenterivoluzionaria. Essi hanno fondato movimenti che, volendo essered’avanguardia, portavano avanti dottrine esasperate, con il principale obiettivodi rompere con la tradizione estetica borghese. Per fare questo si sonocomunemente aggregati in gruppi di avanguardie, primi tra i fondatori di questigruppi: Walter Gropius con il Bauhaus e Le Corbusier.

Ognuno di questi gruppi, che Tom Wolfe57, acuto giornalista americanod’opinione, definisce “conventicole”, porta avanti una nuova teoria. Sono nati

56 Canoni estetici, simili alla sezione aurea o al rettangolo di Mnesicle (Il modulor di LeCorbusier, i rapporti geometrici tra la forma quadrata della pianta e quella dei rettangoli dellefacciate nella “casa del Fascio” di Terragni).

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così gli “ismi” figurativi, il funzionalismo, il razionalismo, il movimento DeStijl, l’espressionismo, il futurismo, il postmoderno, l’ipermoderno, l’HighTech. Tutte queste teorie, in genere, non hanno dato sufficiente importanza alrapporto del progetto con lo spazio circostante; hanno anzi portatoall’International Style, che ispirò la costruzione di palazzi di vetro, cemento eferro, privi colore e di linee curve.

L’oggetto architettonico è stato considerato astratto dalla situazioneambientale preesistente.

La ricerca formale era piuttosto rivolta all’oggetto in sé e alleespressioni di un linguaggio che aveva riferimento, o analogia, con quello deimovimenti delle arti figurative.

L’insegnamento di Wright nella casa sulla cascata

Non si può affermare che gli edifici più famosi della poeticarazionalista dialoghino con il contesto in cui sono inseriti, anzi, risultanoassolutamente indifferenti, o tendono ad affermare un atteggiamento di fortedistacco dalla tradizione borghese e reazionaria.

La "Ville Savoye", di Le Corbusier, del 1929; il "Padiglione tedesco", diMies Van der Rohe, all’Esposizione Universale di Barcellona del 1929 sonooggetti pensati per sé stessi, con il fine di costituire l'attuazione visibile,materializzata, di teorizzazioni estetiche che volevano essere fortementeinnovative.

La stessa cosa può dirsi per l’edificio del Bauhaus costruito da WalterGropius nel 1926 a Dessau, o per la Casa del Fascio a Como, del 1932-36, diGiuseppe Terragni, che interpretano l’uno, il manifesto delle teoriefunzionaliste, l’altra quello delle teorie razionaliste.

Il progetto del Guggenheim Museum, considerato una delle più belleopere costruite da F.Ll. Wright, insieme alla già ricordata Falling Water,appare attento al rapporto con il contesto in cui si colloca, un lotto della QuintaAvenue di New York, antistante il Central Park, circondato da alti edificiintensivi. Wright, con questa opera, rompe la monotonia dei tipi edilizi

57 Tom Wolfe, (Richmond – Virginia,1931). Giornalista e saggista, è uno degli interpreti piùoriginali della realtà americana, ha scritto tra l’altro: “Maledetti Architetti” (dal Bauhaus acasa nostra). Bompiani, Saggi Tascabili, Milano, 1996; titolo originale: “From Bauhaus to OurHouse”, 1981.

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circostanti e tende a portare la strada all’interno del museo, che da strutturachiusa, destinata ad una cultura elitaria, si apre all’uomo della strada.

Le eccezioni sono naturalmente costituite dalle concezioni urbanistichein cui è direttamente riscontrabile il distacco delle idee sulla città degliarchitetti, da situazioni ambientali urbane concrete. Si pensi ai modelli per lacittà industriale, di Toni Garnier, a Broadacre City di Wright, alla VilleRadieuse di Le Corbusier.

Nelle ricerche del Bauhaus, la famosa scuola di arti e mestieri diWeimar, si avverte la tendenza ad avvicinare le esperienze architettoniche allearti figurative, quelle di artisti come Braque, Leger, Picasso, al divisionismo diMondrian. Questa strada era già stata percorsa da Ozenfant e Jeanneret, ossiaLe Corbusier con il “purismo”, sostenuto dalla loro rivista “L’Esprit Nouveau”che, a cominciare dal 1919, aveva avuto il compito di purificare il cubismo daogni sfruttamento. I manifesti della rivista “De Stijl”, tra il 1917 e il 1921,tendono a creare una nuova estetica dell’arte pura. L’edificio della scuola diDessau interpreta in pieno le tesi del funzionalismo. “In un mondocompletamente degradato”, sottolinea Zevi, “l’arte diventa l’unica àncora disalvezza; anche il minimo dettaglio acquista un significato polemico, quasiuna svolta contro l’imperante volgarità del monumentalismo ufficiale: unatestimonianza di sdegno”.

Una notevole e famosa eccezione ai metodi di progettazione cheignorano il contesto e la situazione ambientale preesistente, rimane larealizzazione di “Falling Water”58, la “casa sulla cascata”. Questa dimora èstata disegnata da F.Ll. Wright nel 1936, per un ricco editore, E. Kaufman, inun bosco della Pennsylvania, a Bear Run. Questa dimora, di una modernitàsconvolgente per l’epoca, ma anche per l’attualità, sembra, con i suoi profondiaggetti, volersi sospendere in aria, sfidarne la forza di gravità. Sembra volerrimanere sospesa per non oltraggiare una natura bellissima. Il sito è costituitoda una foresta di abeti, attraversata dal corso di un precipitoso torrente, chescende vorticoso, formando rapide e piccole cascate tra le rocce.

L’attenzione con cui Wright ha disegnato la conformazione del sito“ante operam” è impressionante. Egli ha rilevato con precisione, oltre alle58 Frank Lloyd Wright, (Richland Center, Wiscconsis,1869 – Phoenix, Arizona, 1959),architetto statunitense. Collaboratore di L. Sullivan. Legato all’ideologia individualistica delpionierismo americano, si volse all’approfondimento del rapporto fra l’individuo e lo spazioarchitettonico e fra questo e la natura assunta come fondamentale riferimento esterno. Nel 1938realizzò una delle oper più emozionanti della sua arte, il complesso di Taliesin West aPhoenix. Quest’opera è stata la sintesi di tutti gli elementi concettuali e formali fino ad allorasperimentati.

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curve di livello, ogni roccia, il letto del corso d’acqua, i salti di quota, lavegetazione. L’edificio ancorché costruito facendo uso dell’innovativa tecnica del cementoarmato, avveniristica per l’epoca (1936), vede anche l’impiego dei materialinaturali. Il risultato è magnifico. “Falling Water” resterà sempre uno degliedifici più belli che l’uomo abbia mai costruito.

Un edificio posto nelle stesse condizioni ambientali della casa sullacascata di Wright, sulle rocce che delimitano il letto di un fiume, in una zonaboscosa, oggi, secondo le leggi vigenti in Italia, non solo non potrebbe esserecostruito, ma sarebbe considerato contro legge.

Ciò nonostante, proprio la Casa sulla Cascata può essere portata comeesempio di un modo molto attento di confrontarsi con il luogo. Tale attenzioneè dimostrata dai disegni di Wright, dalla precisione con cui sono rilevate erappresentate le rocce.Falling Water resta una creazione che dialoga magnificamente con gli elementinaturali: il fiume, gli alberi, le rocce, in un’affascinante sintesi compositiva diforma e funzione.

Cenni sulle tendenze attuali

“Falling Water” è un’opera architettonica integrata magnificamente neglielementi naturali. La struttura della casa sembra quella di un albero i cui ramisi librano nel vuoto in un’affascinante sintesi compositiva di forme, chesoddisfano magnificamente le esigenze funzionali. L’edificio è, per la suaepoca, 1936, di una modernità emozionante, un caposaldo dell’architettura delXX secolo.

Nell’opera di un altro maestro, Louis Khan59, è superata, come vedremomeglio in seguito, questa dicotomia forma-funzione. I due termini appaiono inperfetto equilibrio, come edifici che hanno le geometrie e le simmetrie delcristallo. Gli edifici di Khan sono come monadi, al centro delle quali c’èl’organizzazione gerarchica degli spazi. Lo spazio principale, dominante, è alcentro, gli spazi complementari, che ruotano attorno a questo, in una perfettaunione di forme servite e di servizio.

59 “Da Perspecta” 3,1955. “Ordine è progettare, è comporre forme in ordine”, Louis Khan acura di Romualdo Giurgola, Zanichelli, Bologna, 1991.

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Nell'intento di attribuire maggiori qualità alla sua opera, l'architettomoderno tenta di introdurre nel progetto fattori e metodi innovativi estranei allelogiche canoniche precedenti. Uno di questi atteggiamenti comportamentali, ilfunzionalismo, esaltava le funzioni, subordinandovi ogni forma.

Oggi, con l’eclettismo, il decostruttivismo e l’High Tech si fannoprevalere altri contenuti formali, o tecnologici, sui contenuti funzionali.Prevalgono, nel progetto, motivazioni formali, come era già avvenuto per ilmovimento De Stijl. Molte esperienze sono sviluppate, volutamente, quasi adaffermare il primato dell’architettura sulla natura, ignorando i rapporti con illuogo e l'ambiente.

Curare i rapporti con ciò che esiste significa confrontarsi con la storia,in altre parole, con ciò che è preesistito, con un passato a cui ci si è dichiaratiostili. Le tradizioni costruttive, le tipologie edilizie, i tessuti della città storicanon interessano agli architetti ipermoderni, i quali, tanto meno, hannosensibilità per l’interpretazione e il rispetto del “Genius Loci”.

Le opere di questi architetti tendono a produrre effetti particolari,usando tecnologie avanzate. Si esalta la ricerca di immagini nuove, inedite,segnalatrici di un’era nuova, l’era dei computers. Quella che nei messaggi deifuturisti era utopia, ora diventa realtà, nel totale disprezzo di ciò che preesiste.Per questo le nuove architetture appaiono spesso perfino irritanti, anche sepervase dal fascino della avanzata tecnologia.

È il caso delle architetture di F. Gehry, che intende l’edificio come unascultura, di Steven Holl, o di Eric Owen Moss, o di quel movimento nato inCalifornia, dall’uso del “Ballon Frame” e di strutture precarie che affondano leradici nella tradizione del nomadismo della conquista del West. Los Angeles èun’immensa distesa di bidonvilles. E’ questa architettura, che ha origini nellaprecarietà di un’architettura nata lì ove la terra trema di continuo, che puòriscattarci dal declino dell’immagine in cui versa la città contemporanea.

Oltraggio ai luoghi o semplice disinibizione?

Sono molti gli architetti che, nella volontà di affermare il proprio segno,disprezzano i luoghi. Di questa scarsa sensibilità degli architetti, o della loromania di mettere in risalto la propria creatività, ha accennato Antonio Cedernanel suo testo: “La distruzione della natura in Italia”. In Italia la necessità didifendere l’enorme patrimonio storico da saccheggi d’ogni genere, ha creatouna forte inibizione alle intenzioni e alle proposte degli architetti, soprattutto

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negli ambiti in cui, insieme alla storia, esiste una riconosciuta bellezza dadifendere.

Sono sempre rimasto perplesso, sin dagli anni ’70, nel vedereall’ingresso del centro storico di un antico Comune della Valle Latina, Paliano(FR), un edificio progettato negli anni ’70 da Massimiliano Fuksas. Questoedificio ha una facciata obliqua, inclinata tutta da un lato, quasi stesse percadere.

Lo scopo di Fuksas era quello di richiamare, in qualche modo,attraverso una provocazione, l'attenzione su un oggetto che sarebbe altrimentirisultato anonimo e invisibile.

Tutto ciò con la finalità di affermare la sua genialità di architetto, maanche di qualificare la sua opera come diversa, non borghese, d’avanguardia.Fuksas ha fatto ciò che “i maledetti architetti” descritti da Tom Wolfe hannosempre cercato di fare.

Tuttavia ho dovuto costatare che lo scopo è stato raggiunto. Di fatto,Fuksas, attraverso il suo intraprendente disprezzo delle consuetudini costruttivee delle scontate tipologie di un piccolo centro semi agricolo, ha cominciato cosìad esistere quale personaggio di rilievo nel piatto panorama architettonicoitaliano. Egli è stato sempre su posizioni politiche estreme, prima da una partee poi dall’altra; dimostrando questo suo essere non borghese eanticonvenzionale, è diventato uno dei pochi architetti italiani di successointernazionale. Di recente, è stato proclamato vincitore del concorso ad invitiper il progetto del nuovo centro fieristico di Roma all’EUR, per il quale hadisegnato una nuvola sospesa che non sembra semplice poter realizzare.Ma che cosa si può dire della recente esperienza di Renzo Pianonell’Auditorium di Roma. Molti hanno osannato la presunta qualità di questa“grande opera”. Nella realtà Piano ha disposto, in uno spazio infelice, tregrandi scarabei o scarafaggi che dir si voglia, creando un’opera che non sipone affatto il problema del rapporto con il sito di Villa Glori, tra il MonteParioli e il Villaggio Olimpico. Queste tre costruzioni, con il tetto del coloresgradevole dell’ossido di zinco, sembrano dei “masi” della Val Badia.Contribuisce a dare questa idea il grande impiego di legno lamellare. Iparamenti esterni in cortina di mattoni contrastano con le alte tecnologie epoco ha a che fare il “genius loci” della città eterna, dove si incontrano leopere di Bramante, di Pirro Ligorio, di Antonio da S. Gallo, di Michelangelo,di Pietro da Cortona, di Borromini, di Bernini, del De Sanctis , del Salvi, delloSpecchi del Raguzzini, ma anche di Coppedè, di Koch, di Piacentini, diQuaroni, di Libera, di Moretti, di Piccimato, di Del Debbio. Peraltro, il fattoche, a causa dei controsoffitti in legno, non vi sia corrispondenza tra la

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conformazione spaziale interna “a scatola” e la conformazione corrispondenteche appare all’esterno dei volumi degli edifici, è fortemente in contraddizionecon quel modo di intendere l’architettura che ci hanno insegnato tutti imovimenti che dall’Ottocento in poi hanno combattuto il falso. Molte dellefunzioni che assolvono all’accessibilità, scale di sicurezza, rampe dicollegamento con i parcheggi, sono mal progettate, così molti particolariarchitettonici, quali recinzioni, finestre. Il tutto sembra un’occasione mancata,rispetto all’eccessivo costo dell’opera.

Ben diverso, appare il progetto di Mario Botta per l’ampliamento delTeatro della Scala a Milano.

Altrove, in Europa, l’architettura è molto più spregiudicata che in Italia,basti pensare a Parigi, che oggi si pavoneggia con le opere di Jean Nouvel,Tschumi, Pei, e di Rogers.

Questa forte propensione all’innovazione è stata connaturata alle grandicittà europee, da sempre centri della cultura del vecchio continente. A Parigi, sivedono edifici fortemente innovativi: “La Grand Arche” della Defense,progettata da Sprechelsen; Jean Nouvel ha costruito l’“Istituto du MondeArabe”; Bernard Tschumi ha ristrutturato i vecchi insediamenti della Villetteper creare “La cité de la science e de la tecnique”, ovvero un parco scientifico -tecnologico.

Pei ha costruito una piramide di cristallo nel cortile del Louvre qualeaccesso riconoscibile di servizi del museo.

Renzo Piano e Rogers nel Centre Pompidou hanno realizzato una granmacchina tecnologica nel cuore di un quartiere ottocentesco. La costruzione delBeaubourg ha comportato la demolizione senza rimpianti delle vecchie“Halles”, i mercati generali di Parigi.

Relazioni tra l’uomo e l’architettura

Le relazioni intercorrenti ed apprezzabili tra l'architettura e l'uomo sonodi diverso tipo e sono legate alla capacità dell’uomo di muoversi nello spazio,di orientarsi, di avvicinarsi ad un oggetto, di provare tutte le sensazioniregistrabili attraverso i propri sensi: vista, udito, tatto, olfatto, gusto al qualeaggiungerci il “sesto senso”. È evidente che la sensazione principale che ciconsente di godere dell’architettura, dei suoi spazi, delle sue forme, dei suoicolori, dei suoi giochi d’intersezione dei volumi, del chiaro scuro tra parti inluce e parti in ombra è la vista. È prevalentemente attraverso la vista che

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possiamo anche comprendere le condizioni d’accessibilità e di fruibilità. Esisteanche un sesto senso che è la capacità di attivare delle considerazioni personalisulle informazioni che ci pervengono attraverso i sensi.

È la profondità data dalle dimensioni degli spazi aperti, circostantiun’architettura, che determina la possibilità di godere di prospettive, ovverodella sua più ampia comprensione visiva.

Questi spazi dovrebbero essere tanto ampi da consentire alla vista dipercepire sempre e tutto insieme l’intero edificio.

Sono anche importanti, ai fini degli effetti che si desiderano ottenere, lediverse angolazioni delle visuali che si hanno da diversi punti di vista esterni e,ancora di più, le prospettive lungo gli itinerari di avvicinamento. Nei centristorici di origine medioevale, ove le strade sono strette e non sono né piane, nédiritte, i fuochi delle prospettive cambiano continuamente creando unasensazione di movimento. Le piazze di forma irregolare non sempresufficientemente ampie, creano tagli prospettici inaspettati e inconsueti. Sipossono intravedere, attraverso angusti scorci prospettici, soltanto parti di unedificio. Soltanto quando una piazza è molto grande, si può percepire in tutta lasua ampiezza un edificio, come avviene nelle piazze rinascimentali, Farnese aRoma, Strozzi a Firenze.

Le proporzioni e il rapporto tra le parti di una figura geometrica

Qualsiasi spazio è percepibile dall’occhio umano se le superfici, o imargini che lo delimitano, sono compresi all’interno dell’angolo di circa 100gradi, poco più di un angolo retto. Tale angolo è quello entro cui spazia la vistadi un uomo immobile.

Tuttavia egli deve fare una qualche fatica per mettere a fuoco gli oggettiche si trovano ai bordi esterni di questo angolo. Si può considerare che la vistapercepisce senza fatica tutto ciò che sta all’interno di un angolo di 60-70 gradi.

I rapporti geometrici di proporzione sono rapporti intercorrenti tra ledimensioni delle parti che compongono una forma o un sistema spaziale.

Un tempo, prima della determinazione del metro quale moderna unità dimisura, per avere idea della dimensione di una superficie o di un volume, sifaceva riferimento alle misure di parti del corpo umano, il piede, il palmo, ilbraccio.

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Veniva perciò naturale rapportare ogni cosa attraverso l’ergonomia,ovvero lo studio dei rapporti tra le esigenze filosofiche dell’uomo e l’ambientee le cose da lui costruite.

Il progettista deve stabilire i rapporti intercorrenti tra le dimensionidell’edificio e le dimensioni degli spazi che lo circondano oppure, nel caso sistia progettando uno spazio urbano, i rapporti tra le superfici libere e le quinteche delimitano tali superfici. Tali quinte possono essere costituite daarchitetture, o da margini, da rilievi naturali, da masse arboree, ecc.

Nella singola facciata dell’edificio, hanno rilevanza i rapporti tra i vari,elementi che segnano le superfici, determinandone le spartizioni, l’alternanzadei pieni e dei vuoti, i marcapiani. Gli edifici sono le quinte architettonichedello spazio urbano, fanno parte dello scenario ove si svolge la vita urbana(piazza, strade, aree pubbliche scoperte).Nella città moderna, tra un edificio e quelli circostanti, oppure tra un edificio egli spazi aperti, non si stabiliscono relazioni immediate, ma piuttosto diassoluta dissonanza, poiché quasi mai esiste un disegno unitario, ma soltantouna cartografia ove è individuato uno zoning. Diversamente, nel passato, ilprogetto di uno spazio urbano cercava, attraverso una verifica tridimensionale eprospettica, una coerenza formale degli edifici che ne facevano parteintegrante.

Fluidità dello spazio

È importante anche ciò che si può vedere guardando dall’interno di unedificio verso l’esterno. Si crea una continuità tra gli ambienti interni e ilmondo esterno. Questa possibilità di introspezione e di circospezione ha moltaimportanza dal punto di vista psicologico.

Infatti, un ambiente che non ha vista verso l’esterno è soffocante.Mentre la vista verso l’esterno non ci fa sentire costretti, ci rende, al contrario,partecipi del mondo che ci circonda.

Materiali e nuove tecnologie

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Negli edifici moderni s’impiegano, soprattutto per ragioni diconvenienza, di compatibilità e di competività economica, tecnologie avanzate.I materiali che la produzione industriale offre al mercato, costituiscono unagamma oggi molto vasta. Non si fa soltanto uso di materiali ormai ampiamentecollaudati come il cemento armato, il vetro, l’acciaio, il rame, l’alluminio e lematerie plastiche, come il PVC e il fiber glass, ma anche di materialifortemente innovativi i polimetamilati, le resine epossidiche, il titanio, ilcarbonio. Questa grande disponibilità di materiali, se usata senza criteri, creaforti contrasti con i caratteri storici della nostra realtà ambientale. Infatti imateriali innovativi prodotti dall’industria, e le tecnologie che ne derivano, seusate nei nostri centri storici, contrastano fortemente con l’architettura delpassato, costruita con i materiali tradizionali, pietra, calce, mattoni, legno, usatiper lo più in modi codificati.

Tali dissonanze, soltanto in alcuni casi hanno dato luogo a felicisoluzioni, ma il più delle volte oltraggiano i contesti.

Spesso la tecnologia è usata per finalità ambientalistiche: ilcontenimento energetico, la bioarchitettura, l’impiego di energie alternative.

Nell’architettura appartenente alla tradizione si aveva attenzioneall’esposizione rispetto al sole e alle modalità di aerazione dei diversi ambienti.

Questa architettura con le sue profonde murature, è molto più vicina aicriteri di bioarchitettura dei moderni edifici di acciaio, ove gli spessori miniminon garantiscono l’isolamento termico e acustico, di modo che gli ambientisono artificialmente climatizzati con impianti di aria condizionata.

Diversamente, nei centri storici, la coerenza è data dalla natura deimateriali, dei colori, dai passi dimensionali che individuano le parti, oppuredagli intervalli tra pieni e vuoti, o comunque da un insieme di elementi che sisono definiti attraverso l’esplicitazione di esigenze concrete, reali, in unprocesso di crescita lento, ma organico. Nei tessuti storici antichi i singoliedifici costituivano elementi di un tessuto in cui i tipi edilizi erano ricorrenti;ogni edificio residenziale era molto simile agli altri. Le tipologie edilizie siequivalevano nei materiali, nei colori, nella struttura ed anche negli elementi difinitura. Nelle moderne periferie, al contrario, gli edifici si oppongono l’unoall’altro.

Strumenti di controllo dello spazio

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I rapporti geometrici tra le dimensioni di un edificio e la profondità el’ampiezza degli spazi circostanti determinano il contesto in cui l’edificiostesso si inserisce. La planimetria è una rappresentazione a due dimensioni, checorrisponde ad un punto di osservazione zenitale mai paragonabile ad unasituazione reale. Tale rappresentazione ci indica le disposizioni sul terrenodegli edifici e degli spazi circostanti, ma non consente la possibilità diconfronto diretto con la realtà fisica, come ci apparirebbe alla vista da unnormale punto di osservazione, né ci mostra la concavità e la convessità dellospazio nel quale il progetto si inserisce.

Tali proporzioni devono essere verificate attraverso altri tipi dirappresentazione (sezioni, prospetti, profili, assonometrie). È ovvio cheun’immagine a tre dimensioni: larghezza, profondità, altezza, proiettata nelladirezione dei tre assi cartesiani, xyz, costituisce la rappresentazione piùesauriente.

Tali rapporti si possono controllare attraverso il disegno di unaprospettiva, oppure attraverso la restituzione fotografica, ed anche attraverso lacostruzione di un modello fisico, effettuata con le tecniche automatiche deldisegno 3D.

Gli elementi attraverso i quali si costituisce una prospettiva sono laposizione dell’osservatore, il quadro, la linea di terra, l'orizzonte, i punti difuga, i punti di misura e le intersezioni di piani e di volumi.

Come si è detto, lo spazio che si può comprendere con lo sguardo èquello che rientra entro il limitato cono ottico dell'occhio del fruitore.

La misurazione dello spazio, che l'angolo visivo può contenere, avvieneper comparazione, ovvero rapportando ogni linea, lunghezza, superficie, ovolume, ad un’unità di misura nota, (un metro, un piede, ...), facendoriferimento ad oggetti di dimensioni conosciute (un uomo, un albero, unapanchina, una porta, un gradino, etc.).

Le proporzioni di una figura geometrica sono date dal rapporto dellesue dimensioni: il rapporto tra base e altezza nel caso di una figura piana:semplice quadrato, rettangolo, triangolo o, comunque, tra due lati nel caso diun parallelogramma. Le proporzioni in un solido sono date dal rapporto dellesue dimensioni nello spazio, ovvero delle misure proiettate e restituite sui treassi cartesiani.

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I metodi di controllo delle proporzioni sono i più diversi, dal canone diFidia alla sezione aurea, al rettangolo R di Mnesicle, al Modulor di LeCorbusier60.

Progettare in un contesto storico

L’uomo ha vissuto per milioni di anni in stretta dipendenzadall’ambiente naturale cercando rifugio dalle intemperie; nomade si spostavanel territorio come fanno gli animali, che emigrano nelle diverse stagioni, allaricerca di cibo e di condizioni climatiche migliori.

Soltanto quando ha scoperto l’agricoltura l’uomo è divenuto stanziale eha iniziato ad organizzarsi in comunità. In conseguenza di ciò, sono nate varieforme di insediamento, per lo più condizionate da ragioni difensive e dallanecessità di disporre di acqua e di terre da coltivare. È importante, quando sivuole intervenire in un contesto storico, capire le modalità con le quali questosi è costituito.

In un contesto storico medioevale, l’impronta urbanistica denuncia le sueorigini organiche, le strade si adattano alla morfologia dei luoghi, seguendo lecurve di livello del sito, dato in genere da un ripiano posto sulla cima di unmonte, o di un rilievo, altre volte sulle pendici, comunque in una posizionefacilmente difendibile.

In un quartiere rinascimentale e ottocentesco, costituito in genere aseguito di un piano urbanistico, un qualche interesse può avere l’indagine suitessuti e sui tipi edilizi, che individuano, per mezzo di un reticolo, dei passidimensionali costanti, che ordinano l’edificato.

Questo reticolo permette dei riscontri tra la modularità geometrica deipassi dimensionali degli edifici preesistenti, e le dimensioni dei tipi edilizi. È facile individuare le differenze tra un reticolo costituito da passidimensionali costanti, e quanto è stato edificato in precedenza nel sito con altrelogiche.

E' stata pratica sperimentata da alcuni studiosi (Caniggia61) quella didare particolare rilievo allo studio delle tipologie preesistenti. Si osserva che letipologie nascono da una sedimentazione storica di usi praticati ad

60 Il tema è esaurientemente trattato nel testo di Marcello Petrignani, “Disegno eprogettazione”, Dedalo, Bari, 1967.61 Gianfranco Caniggia, “Strutture dello spazio antropico”. Biblioteca Uniedit – saggi edocumenti, Linea editrice, Firenze, 1981.

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assolvimento di funzioni analoghe, in una determinata area culturale, e non sipuò riproporle come fatto formale prescindendo dalle mutate funzioni. La casaa corte, ad esempio, è presente in Italia, a Como, a Caserta, nel Salento, e inmolte altre aree.

Da qui può nascere l'interesse per lo studio delle tipologie e per itessuti; tuttavia questo tipo di ricerca non ha dato particolari risultati ai finidella progettazione della città.

Nessun rapporto di coerenza tipologica può esistere tra un’architetturapreesistente e la nuova: questo perché i presupposti esigenziali con cui learchitetture del passato sono nate rispondevano ad una diversa logica.

Evoluzione della città

I primi insediamenti si svilupparono intorno ad un punto di attrazione,per lo più centro di localizzazione di un potere politico e religioso.

Un centro storico antico si sviluppava rispettando la morfologia deiluoghi; le sue leggi di crescita seguivano una logica organica corrispondentealle reali necessità: difesa, commercio, governo del territorio, per addizione oper reiterazione dei tipi edilizi e dei conseguenti tessuti. La difficoltà dicostruzione e il grande impiego di risorse necessarie faceva si che lacostruzione della città si dovesse confrontare soltanto con esigenze reali.L’architettura rispondeva alla necessità dell’abitare, del difendersi, dellavorare, del trovare le risorse per il sostentamento.

Il nucleo urbano nasceva sempre in luoghi difendibili, intorno adun’area fortificata, in genere preesistente. I tessuti urbani si sviluppano intornoa un castello oppure intorno ad una cattedrale, o ad una abbazia a seconda cheil territorio appartenesse a un feudatario o a un vescovo, ad un abate. Il duomoe il palazzo della Signoria, o del libero Comune, diventano nel tardo medioevoi principali poli urbani.

Il mercato, la piazza delle Erbe, il Broletto, diventano gli altriimportanti luoghi, ove si svolge la vita cittadina.

Un impianto rinascimentale trova in genere le sue ragioni in modelliastratti che hanno una matrice idealistica e forse utopica62.

62 “Utopia” è il titolo dell’opera che dette fama a Tommaso Moro – filosofo. L’utopia è larappresentazione, più o meno immaginaria, di ciò che non è, e dovrebbe essere; di comel’uomo vorrebbe che la realtà fosse.

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La logica della ragione non nasce da una spontanea crescita organica,ma da un modello ideale di una città voluta da un principe o da chi detiene ilpotere economico.

Soltanto con l’inurbamento, che ha seguìto la rivoluzione industriale, siè esasperata la logica della speculazione sulle aree e della rendita parassitaria diposizione dei terreni in relazione alla loro allocazione nel contesto urbano. Learee centrali inutilizzate valevano più di quelle periferiche. Con la crescitaenorme della città la richiesta di alloggi comincia ad essere superioreall’offerta. In queste condizioni i grandi gruppi finanziari hanno scoperto che laspeculazione maggiore era attuabile ottenendo il “plus valore”, ovverol’incremento del valore che il terreno veniva ad avere attraverso il cambio didestinazione d’uso o la successiva autorizzazione a edificare; vale a dire che lostrumento del piano regolatore veniva usato prevalentemente per far passareun’area da una destinazione agricola ad una diversa, con un elevato indice diedificazione. I vantaggi economici ottenuti da questa operazione erano di granlunga maggiori di quelli ottenuti guadagnando sugli utili dell’impresa dicostruzione. La speculazione nasce così nel controllo delle aree, piuttosto chenella semplice costruzione dell’edificio.Purtroppo si riscontra che in gran parte delle città contemporanee ha prevalsola logica delle leggi di mercato.

La sempre crescente richiesta di alloggi e di spazi da destinare alle variefunzioni, direzionali, commerciali, terziarie, ha fatto sì che le aree che avevanouna potenzialità di essere edificate, stabilita nei piani urbanistici, assumesseroun rilevante valore economico. E’ soprattutto su questo maggiore valoreassunto da un’area, quando diventa edificabile, che si crea una fortespeculazione. I forti interessi sottesi e la corruzione fanno sì che spesso lepubbliche amministrazioni siano i committenti. E’ quindi il plus valore deisuoli urbani che determina le logiche di sviluppo della città. L’impianto a griglia delle espansioni di fine Ottocento, ma anche delle cittàamericane, è mutuato prevalentemente da questa logica.

Nelle città è sempre stata pressante la domanda di alloggi, di uffici, disuperfici commerciali. I criteri dettati dalla speculazione economica hannoprodotto tipologie edilizie calate su griglie di suddivisione degli spazi lottizzati,che prevedono tipi stereotipati, ripetuti all'ossessione, senza concedere nullaall’estetica e alla qualità del vivere.

Questo tipo di configurazione non presenta alcun legame logico con lacrescita organica di una città moderna, programmata come entità organizzata emultifunzionale, ove tipologie residenziali, servizi ed attività primarie esecondarie devono integrarsi tra di loro. La logica speculativa ha fatto crescere

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nelle aree periferiche quartieri residenziali che hanno la peculiarità diqualificarsi soprattutto come dormitori, caratterizzati da una forte densità edall’essere privi di attività produttive e terziarie; essi sono in genere ubicatilontano dai luoghi di lavoro e dalle zone centrali della città.

Il Post-Modern

La storia dei Maestri del Movimento Moderno è quella di uomini delsecolo XX, che sono stati travolti dalla drammaticità degli stravolgimenti, chehanno vissuto, a volte traumaticamente e altre volte eroicamente, lesconvolgenti metamorfosi sociali, economiche, tecnologiche, ambientali a cuihanno assistito. Anche gli insediamenti delle civiltà più avanzate nel XX secolosono andate trasformandosi: è sorta la grande metropoli e si è perso negliambiti urbani il contatto diretto con la natura.

Alla fine dell’Ottocento questo dramma, che si era consumato nellegrandi città europee all’inizio del secolo, è esploso anche nelle città americane,New York, Detroit, Chicago.

Fra i noti architetti che dopo l'incendio di Chicago si riunirono perricostruire la città, alcuni, come H. H. Richardson (1838-1886) e L. H. Sullivan(1856-1924), erano veramente geniali: essi poterono giovarsi delle conquistedegli ingegneri nel campo delle tecniche della costruzione.63

Essi modificarono strutturalmente il campo costruttivo: sorse il palazzoper uffici sorretto da uno scheletro di acciaio e conforme al perentoriocomandamento: "la forma si adegua alla funzione".

Da quella scuola e da quegli orientamenti, nacquero, oltre allesperimentazioni di F. Ll. Wright64 (1869-1959), i passi successivi di architettieuropei, che ne furono influenzati, attraverso pubblicazioni, o attraversoesperienze dirette.

Otto Wagner (1841-1918) ha dato inizio ad una nuova corrente dipensiero e la sua opera è paragonabile a quella di Sullivan per la comprensionedella funzione.63 Un esempio è costituito dall’invenzione dell’ascensore, o anche da quella della lampada adincandescenza, che permise l’illuminazione artificiale. Vedi di N. Pevsner, “Storia e caratteridegli edifici, Edifici per uffici e depositi“, pag 259 e seguenti, Fratelli Palombi Ed., Roma,1986.64 Per un’introduzione al pensiero e all’opera di Wright, e sull’influenza che ha avuto sugliarchitetti europei, vedi di AA.VV., “Frank Lloyd Wright architetto 1869-1959“, Electa Milano,1995.

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A. Loos65 (1870-1933), che aveva studiato a Chicago, proclamò, neisuoi scritti, la suggestione estetica dei materiali privi di ornamento, che siesprime di per sé attraverso le proporzioni e la natura dei materiali usati.Sulla scena internazionale, negli ultimi anni, vi sono stati indirizzi che nonhanno condotto ad un vero e proprio "movimento", ma che hanno avutonotevole risonanza.

Una grande tendenza si è distinta fra tutte, il Post-Modern, che,importato in Europa, ha preso le mosse nella stessa metropoli, Chicago, che giàun secolo addietro si era mostrata centro di propulsione di idee di avanguardia. Un significato particolare, rispetto alla rivoluzione del pensieroarchitettonico, assume la presenza in questa città di Philip Johnson, lo stessoche nel 1932 promuove una grandiosa mostra sul Razionalismo a New York,con la quale, facendo affluire architetti da tutto il mondo, decretòl'affermazione del Movimento Moderno, definendolo con il termine"International Style".

Questioni e conoscenze propedeutiche al progetto

Dibattiti e diatribe ruotano da sempre intorno alla figura dell'architetto ea ciò che questa figura rappresenta nella società civile.

C’è stata una grande evoluzione dall’epoca in cui questi apparteneva aduna consorteria di “masons”, alle moderne società di ingegneria.

Gli ambiti, ai quali si può estendere l’attività del progettare, sono moltovasti ed è innegabile che, in questa vastità, siano proposti modi moltoeterogenei nell’affrontare campi progettuali che spaziano, come sostenevaLudovico Quaroni “dal cucchiaio alla città”, dall’oggetto d’uso al territorio.Nella contrapposizione delle diverse tendenze linguistiche ora si è anteposta laforma, talora ha prevalso la funzione.

Soprattutto per la parte che riguarda la progettazione non esistonometodologie e tecniche univoche. L’architettura contemporanea, con il suoeclettismo, percorre molto spesso strade del tutto diverse, se non antitetiche,che spaziano dall’ High Tech al decostruttivismo.

Si può constatare che la progettazione utilizza metodologie di analisi edi sintesi molto simili a quelle d’altre scienze.

65 Adolf Loos: “Parole nel vuoto”, raccolta dei suoi scritti editi tra il 1897 e il 1900, AdelphiEd., Milano 1972, e successive ristampe.

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Ripercorrendo la storia dell’architettura del XX secolo possiamo verificarecome siano ricorrenti delle prassi consolidate. Gli insegnamenti delfunzionalismo e della cosiddetta architettura organica ci hanno assuefatto,dandola per scontata, all’idea che prima di effettuare un progetto si debbanodefinire i contenuti funzionali. Tuttavia, a guardare bene, questo modocomportamentale, definito da Bruno Zevi66 come “imperativo etico”, era statogià negato nel neoplastico padiglione fieristico a Barcellona di Mies van derRohe, nella Villa Savoje, ove Le Corbusier dettava i 5 punti dell’architettura,nella casa del Fascio a Como di Terragni, che interpretava i canoni delrazionalismo. B. Zevi poneva l’elenco dei contenuti al primo posto tra le sette invarianti dellinguaggio anticlassico dell’architettura moderna.

Molti aspetti della tecnologia riguardano i metodi costruttivi,l’impiantistica, l’energia alternativa, la bioarchitettura. In tutto ciò appare menoimmediato un metodo finalizzato alla definizione della forma.

Nell’insegnamento di Louis Sullivan, “form follows function”,predominava la funzione. Questa ha continuato a prevalere nell’architettura delsuo discepolo F. Ll. Wright.

Il messaggio funzionalista è stato, nonostante tutto, abbandonato presto,perché nelle teorie razionaliste di Le Corbusier, quelle dei “cinque puntidell’architettura” e del “Modulor”, prevale l’aspetto formale.

Nell’insegnamento di Mies van der Rohe, “less is more”, è ricorrente ilconcetto della bellezza nell’essenzialità, ma nel padiglione all’Esposizione diBarcellona egli compie un’operazione prevalentemente formale, ispirandosialle sperimentazioni neoplastiche degli architetti del Bauhaus, come Rietveld ePeter Mondrian o al movimento di De Stijl.

Per capire alcune tendenze dell’architettura decostruttivista bisognarisalire alle tecniche del Balloon Frame, usato nell’edilizia Californiana.

Al contrario di questi atteggiamenti oggi, nella poetica decostruttivistadi Frank Owen Gehry, predomina l’idea che l’architettura sia una scultura agrande scala; quindi la forma arriva a dei veri e propri scontri con la funzione,o, tuttalpiù, ne è assolutamente indifferente.

66 Si ricorda che B. Zevi, nella sua guida al codice anticlassico dell’architettura stabilisce setteinvarianti, di cui la prima e la più importante è l’elenco delle funzioni.

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Forma e funzione

Chiarificatrice, ma anche emblematica, è l’esperienza di un granmaestro, che si rivela come un filosofo esistenzialista dell’architettura: LouisKahn67. Egli ci mostra come si possa, in un'opera architettonica, raggiungere unsapiente equilibrio tra le due componenti fondamentali dell’architettura chesono forma e funzione.

Attraverso l'opera di L. Kahn può essere appresa, e quindi insegnata, lasperimentazione di una strada, di un "metodo" della progettazione. Per capiredi che natura è questo metodo, può essere utile riflettere sulle sue opere, nellequali c’è una forte unione tra l’idea di spazio e i modi di attuarlo. Kahn, in primo luogo, analizza i contenuti del progetto e quindi classifica lefunzioni, distinguendo lo spazio principale (servito) da quelli secondari ecomplementari (serventi), i quali ruotano intorno al primo come satelliti. I suoiedifici sono, quasi sempre, destinati ad ospitare grandi servizi pubblici, unparlamento, la biblioteca. I suoi modelli sono i grandi spazi dell’architetturaromana. Egli mette insieme forma e funzione in un’architettura costruita perl’eternità, le sue architetture restano attuali a distanza di tempo.

La definizione di cosa è un Metodo

Per comprendere che cosa significhi questa parola, tanto usata, e di cui moltevolte si abusa, è necessario risalire al significato dell’originaria parola greca“méthodos”; questa risulta composta dalla preposizione “μέτα“ (attraverso) cheinclude l'idea del perseguire, del tener dietro, e dal sostantivo “oδós” chesignifica “strada”, “via”.

Si tratta quindi di una perifrasi, che letteralmente sta a significarel'andar dietro, oppure "la via per giungere ad un determinato scopo".

In generale, dal punto di vista etimologico, significa il modo, ladirezione verso un termine, una meta, quindi un procedimento da seguirsi nelfare qualche cosa. Agire con metodo significa svolgere una qualsiasi attività,secondo un ordine ed un piano prestabilito, in vista del fine che s’intenderaggiungere.

67 Louis Kahn è stato definito da B. Zevi un rabbino nelle vesti di Palladio.

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Con significato più particolare, "metodo" significa la forma, la regola,la particolare struttura logica e mentale con cui una determinata ricerca ècondotta; il modo di procedere razionale, per raggiungere determinati risultati.

Questa parola è anche comune alla cultura francese ed inglese. Intedesco è sostituita con la parola “Art”. Per causa della sua stessa definizione, un metodo non può essereassunto come un dato immutabile, ma come un processo che vive e si modificain funzione della finalità che ci si prefigge. Per quello che ci riguarda, la ricercadi un metodo progettuale significa la ricerca di una strada, di una lineacomportamentale per giungere al progetto.

Più che assumere regole fisse, nella progettazione sarà opportunoacquisire un’abitudine, una forma mentis, che continui ad esistere in noi, che cifarà porre in discussione e sottoporre a verifica ogni nostra idea.

Per far questo è necessario un anelito costante alla ricerca dellacoerenza, credendo in alcuni principi, mai certi di possedere la verità. Perché ilnostro lavoro sia proficuo, è necessario aspirare sempre al perfezionamento e alsuperamento di quanto già sperimentato e recepito nelle precedenti esperienze.

Questa disponibilità ad assimilare nuove conoscenze ci conduce a queltipo di attenzione all’apprendere, che Le Corbusier chiamava la “ricercapaziente”. Se un simile atteggiamento esiste in noi, saremo costretti, ogni volta,a sperimentare strade diverse, così che, al termine di ogni esperienza e all'iniziodella successiva, rimetteremo in discussione molti argomenti, molteconvinzioni.

Lavorare con metodo significa anche lavorare con ordine, conregolarità.

Avvicinarsi alla Filosofia

L’architettura è destinata agli uomini; conoscere il destino dell’architettura edella città, significa prevedere il destino dell’umanità. Chi è oggi in grado difare previsioni? La velocità delle trasformazioni in cui si modica la realtàsupera qualsiasi previsione. Io mi sento, pertanto, in forza di quanto premesso, di suggerire aglistudenti e ai giovani architetti di avere un atteggiamento simile a quello cheavevano gli scettici, in altre parole di essere dubbiosi, rispetto alle prese diposizione di chi crede di essere depositario di certezze o di chissà quale veritàriguardante il modo di fare architettura.

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Lo scetticismo era una corrente di pensiero di cui faceva parte“Carneade”, filosofo greco vissuto due secoli prima di Cristo, il quale avevavari principi tra i quali i seguenti:a) la rappresentazione rispetto all'oggetto è “vera o falsa"; vivere, rispettoall'oggetto, "appare: o vero o falso", “Tertium non datur”; b) poiché le rappresentazioni sono sempre tra loro congiunte, o collegate, unpiù elevato grado di credibilità offre quella rappresentazione che siaccompagna alle altre che le sono connesse, in maniera tale da non esserecontraddette da nessuna di queste. Allora si ha la rappresentazione "persuasiva e non contraddetta, che possiedeovviamente un grado maggiore di probabilità";c) infine si ha la rappresentazione "persuasiva non contraddetta ed esaminatada ogni parte", guida alle caratteristiche delle due precedenti. Si raggiunge conquesta la garanzia di un metodico esame completo di tutte le rappresentazioniconnesse.

L’atteggiamento degli scettici è quello che, molto più tardi, ci haproposto Cartesio68, il fondatore della filosofia moderna, che volle scrivere le“regola” e “ad directionem ingeni” e che ha influenzato l'Illuminismo e ilPositivismo69, con il suo “dubbio metodico”.

Egli parte dalla considerazione che il sapere trae origini dai sensi, ealcune volte questi ci ingannano. Il filosofo ci invita ad un atteggiamento di ricerca, secondo il metododelle scienze naturali, delle leggi causali, e pure del controllo delleconseguenze di queste sui fatti. Questo metodo non è stato applicato daipositivisti soltanto allo studio della natura, ma anche allo studio della società.Nell’architettura, a mio avviso, si può anche avere un atteggiamento simile.

Del resto Antonio Gramsci, sostenendo che filosofi lo siamo un po'tutti, si esprimeva così nel suo "Arte e folklore"70: "occorre distruggere ilpregiudizio diffuso che la filosofia sia alcunché di molto difficile, giacché essaè l'attività intellettuale propria di una categoria di scienziati e di filosofiprofessionali e sistematici.

68 Renè Descartes nacque a Lottaye nello Turenna nel 1596, l’anno della pubblicazione del“Misterium cosmographicum” di Keplero (1571 – 1630), e morto a Stoccolma nel 1650, oveera ospite della Regina Cristina di Svezia.69 Dopo di lui, anche Blaise Pascal dirà: “Sia lode al dubbio!”.70A. Gramsci, "Arte e Folklore", Edit. Newton Compton 1976, Una teoria delle sovrastrutture,Cap. I°, Questioni di metodo, pag. 7.

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Occorre pertanto dimostrare preliminarmente che tutti gli uomini sono‘filosofi’, definendo i limiti ed i caratteri di questa filosofia spontanea propriadi tutto il mondo...".

Mi sono chiesto, pertanto, se proprio da alcune riflessioni sulla filosofiasi potesse trovare aiuto per capire meglio molte forme di attività e diespressione dell’uomo. Esiste, secondo l’atteggiamento dei positivisti Auguste Comte (1798-1857),Herbert Spencer (1820-1903), Roberto Ardigò (1828-1920), un’unità delmetodo scientifico e un primato di questo metodo come strumento conoscitivo,esaltato come unico mezzo in grado di risolvere i problemi umani e sociali.

La sociologia è intesa dai positivisti come scienza di quei "fatti naturali"che sono i rapporti umani e sociali.

Si riscontrano sempre analogie tra la costruzione del pensiero e lacostruzione di un progetto.

Da queste riflessioni sul pensiero e sulle attività che ne conseguono,emerge in primo luogo il contrasto tra il mondo idealista e il mondo empirico-positivista.

Il metodo nella filosofia antica e moderna

Con l'idea implicita nell'etimo attuale si passa ad indicare un insiemesequenziale di atti, di cui l'uomo dispone per conseguire un suo fine: onde,secondo i fini, si usa parlare di metodi logici e di metodi pratici.

Il metodo scientifico e riflesso, volto a raggiungere o dimostrare ilvero, applica le forme logiche ai fini speciali della scienza e della filosofia.

L'accezione etimologica della parola ”metodo” assume valenze e significati piùcomplessi nell'uso che ne hanno fatto i filosofi. Per Platone essa significava"speculazione e cognizione". Nella logica di Aristotele stava per "indagine, investigazione".

Gli antichi ignoravano il significato medioevale e moderno di"metodologia", come arte della ricerca della verità, e la confondevano con lalogica.

Tuttavia Platone e i suoi seguaci, sulla scorta di molte conoscenze,egizie e orientali, inserirono le conoscenze scientifiche in un sistema che, con

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precise distinzioni tra contingenze e universalità, da un ristretto numero diverità, giunse alla formulazione di leggi sintetiche generali, applicabili a tutti iproblemi tra loro analoghi. Aristotele esprime il termine "metodologia" con la perifrasi "il mododella ricerca". "Metodo" è dunque un itinerario che il pensiero traccia a se stessopensando, e che si perfeziona attraverso reiterate esperienze.

La distinzione fondamentale, rispetto ai vari tipi di metodo, porta adefinirlo, secondo il modo di procedere la sua finalità, in:

- sistematico;- inquisitivo;- dimostrativo;- pedagogico.

Il metodo sistematico induttivo come strumento di progettazione

Rispetto alla forma logica di deduzione della verità, il metodosistematico può presentarsi in due forme; in altre parole come metododeduttivo o induttivo.

Il metodo deduttivo è quello nel quale si deducono, da verità universali,verità particolari. Questo metodo procede da un “a priori”; è sintetico,formale, soggettivo.

Il metodo induttivo è quello nel quale dalla silloge, o comparazione dimolte nozioni particolari, si giunge all'osservazione di una verità generale.Questo metodo procede quindi a posteriori, è empirico, sperimentale,oggettivo.

Nel Seicento, fu elaborato un metodo d'indagine della scienza esatta daiteorici dell'Empirismo. Fu un secolo di affermazioni scientifiche che andaronoa contrastare fortemente con le posizioni tradizionali della Chiesa, inopposizione alla Controriforma, che difendeva le antiche teorie di Tolomeo.Copernico sosteneva, sfidando le sacre scritture, che la terra non era al centrodell’universo ma che girava intorno al sole. Le scoperte di Copernico furonosostenute dalle teorie di Keplero e di Galilei.I Luterani, i Calvinisti ed anche la Controriforma cattolica non potevanoammettere che fosse un credente qualsiasi, anche se uno scienziato come

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Galileo, a sconvolgere i principi teologici d’interpretazione della Bibbia, chenella sua versione letterale non poteva errare.

Nel “metodo sperimentale” di Galileo Galilei, (Pisa 1564-Firenze1642), l'analisi e la sintesi sono mutuamente integrate.

Egli affermò una nuova scienza basata sull'osservazione esull'esperimento, guidata dalla ragione, e, in nome dell'originalità dello spirito,dichiarò guerra all'Aristotelismo imperante per tanti secoli.

Affermò inoltre che il sapere non è nei libri, ma nel pensiero cheosserva e costruisce. Nel disporre i suoi esperimenti applicati alla fisica e all’astronomia enell’interpretarne i risultati, egli valutava attentamente gli errori sperimentali ele approssimazioni teoriche. Per Galileo, gli esperimenti consistevano soprattutto nel misurare, e nella suasperimentazione considerò adeguati soggetti scientifici solo quelli che eranosuscettibili di misura.

Il pensiero più assillante di Galileo fu la ricerca della verità. Il metodo èdi ricavare da determinate esperienze un principio e dimostrare deduttivamenteche esso concorda con altre esperienze. Consiste nel fare contemporaneamentela sintesi della deduzione e della induzione che si completano a vicenda.

La sua migliore opera è costituita dai “Dialoghi sopra i massimisistemi: tolemaico e copernicano". Nel “Dialogo della Musica antica emoderna” faceva dire ad uno dei suoi interlocutori: “Mi sembra che coloro cheper paura di una qualsiasi affermazione si basano semplicemente sul pesodell’autorità, senza addurre alcun argomento a suo sostegno, agiscono inmaniera molto assurda. Io, al contrario, voglio liberamente interrogarmi,senza alcun tipo di pregiudizio, come ben fanno coloro che ricercano laverità”. La novità delle “due Nuove Scienze” di Galileo consistette nellamaniera scientifica di trattare lo studio di argomenti antichi.

La società moderna si è sviluppata sulla base della grande innovazioneconcernente un nuovo modo di guardare il mondo che ci circonda. L’indaginescientifica fa, ormai, parte della nostra cultura, e, anche se non ce ne rendiamoconto, ne applichiamo quotidianamente i risultati.

Questo tipo di indagine scientifica, applicata nelle forme di produzionee in qualsiasi tipo di ricerca, è detta “metodo sperimentale”. Di questo metodoGalileo fu un pioniere, non condiviso dai suoi contemporanei Cartesio eKepléro. Cartesio è da considerare il padre della filosofia moderna.

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L’eredità culturale e scientifica della tradizione fece emergere processid’analisi e di sintesi anche nel gioco di particolari metodi logici e li pose afondamento d’ogni scienza e filosofia.

Cartesio era prevalentemente un matematico; egli riteneva che lascienza dovesse essere universale e che il suo vero metodo non potesse essereche uno. Riuscì a determinarlo partendo dal dubbio metodico, in altre parole,dalla convinzione che non si potesse prestare fede a ciò che i sensi mostrano,poiché le apparenze sensibili sono soggettive.

Partendo dal dubbio metodico, per mezzo dell'analisi e dell’induzione,egli procede dagli effetti alle cause, e con la sintesi e la deduzione scende dallecause agli effetti, giungendo, per l'indiscutibile valore dimostrativo di taliprocessi, alla scoperta di verità evidenti con l'aiuto di altre esperienze.Comunque Cartesio71 criticava il metodo empirico di Galileo, che si fondavasull’osservazione, e quindi sull’esperienza (l’esperienza scientifica è fatta diteorie che istituiscono fatti e da fatti che controllano le teorie), non avendocompreso che la teoria di Galileo era valida, come ha validità ogni altra teoriafisica, se fondata sull’esperienza. Nel Settecento il pensiero illuministico cheaveva preso “le mosse dal metodo d'indagine elaborato nel secolo precedente,esaltò l'indagine positiva, collegiale, centrata su fatti concreti, verificabileattraverso esperimenti e dimostrazioni”, che aveva dato mirabili fruttinell'analisi del mondo fisico. Questo metodo doveva estendersi a tutte lescienze ed attività umane.72

Momenti analitici e sintetici nel metodo sistematico induttivo della

progettazione

Quello che appare più utilizzabile, e applicabile ai fini dellaprogettazione architettonica, sembra essere il metodo sistematico induttivo, cheopera attraverso la coordinazione e la subordinazione, che analizza ilparticolare; in altre parole non tutto l'insieme dei problemi, ma separatamenteogni problema, uno per uno, sino a sintetizzarli a posteriori in una forma

71 Cartesio a proposito della geometria e dell’algebra fa presente che si riferiscono a materie“astrattissime e apparentemente di nessun utile”. La prima, la geometria, perché legata allaconsiderazione delle figure, la seconda, l’aritmetica, perché confusa e oscura al punto che“imbarazza lo spirito”.72 Vedi D'Alambert e Diderot "La filosofia dell'Enciclopedie" a cura di Paolo Casini - Laterza 1968.

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obiettiva, in quanto logica. E' un metodo che si fonda soprattuttosull'esperienza e quindi è empirico. Tale metodo sistematico induttivo si compone, quindi, di alcune fasianalitiche, cui seguono altri momenti di carattere sintetico.

La fase analitica scompone l'oggetto della ricerca nei suoi molteplicielementi, per riconoscerli nella loro natura. Il momento sintetico tenta di cogliere il nesso sistematico delle varierealtà che costituisce l'oggetto dell'indagine.

Stimando che la conoscenza del complesso derivi anche dalla miglioreconoscenza dei singoli suoi elementi, quello che dovremmo applicare allaprogettazione è, per quanto riguarda la fase meta progettuale, ossia quella faseche precede l'iter progettuale, un metodo analitico. La sintesi si avrà soltanto inun secondo momento, quando, essendo ormai note tutte le parti dell'oggetto, sene potrà definire la “forma” logica. Il metodo non deve condurre ad unamaniera, ma può costituire un corretto modo di porsi davanti ad un problema edi darvi una risposta oggettiva in quanto logica (nella progettazione questarisposta è la sintesi dei contenuti in una forma). L'acquisizione diquest’oggettività del metodo, come processo logico nella definizione di unaforma, fa sì che si possa affermare che un architetto abbia acquisito un“metodo” quando sappia percorrere con logica un processo progettuale. Questometodo, una volta acquisito, sarà valido in altre esperienze e a tutte le scale diprogettazione.

I concetti di sensazione, sensibilità, intuizione, forma

Alcuni concetti fondamentali per l’architettura compaiono nel pensierodei filosofi. Come si ricorderà Immanuel Kant (Königsberg, Prussia orientale,1724-1804) chiamava estetica la dottrina del senso e della sensibilità. Il termineestetico per Kant non aveva il valore che assume usualmente oggi, ma unsignificato vicino a quello etimologico “aisthesis”, che in greco significava“sensazione” e “percezione sensoriale”.

Kant scrive “chiamo estetica trascendentale la scienza di tutti i principicollegati alla sensibilità”. In questa definizione egli racchiude il significato chel’uso comune del linguaggio attribuisce alla bellezza. Il giudizio esteticoriguarda il bello, proprio perché è estetico, in altre parole, schietta sensazione.

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Kant richiama l’attenzione sul significato dei termini sensazione,sensibilità, intuizione, fenomeno o manifestazione, intuizione empirica,intuizione pura.

La “sensazione” è una pura modificazione o affezione che il soggettoriceve positivamente per opera dell’oggetto (sentire caldo o freddo, vedererosso o verde).

La “sensibilità” è la facoltà che noi abbiamo di ricevere le sensazionivere; la facoltà per cui tali sensazioni potranno essere influenzate e, dunque,modificate, ad opera degli oggetti sottoposti alla nostra attenzione.

L’“intuizione” è la conoscenza indotta degli oggetti; il “fenomeno” èl’oggetto dell’intuizione sensibile, dal greco “phainόmenon”, apparizione omanifestazione nel quale si distinguono materia e forma.La “materia” è data dalle singole sensazioni o modificazioni prodottedall’oggetto. La “forma” non nasce dalle sensazioni e dall’esperienza, manasce dal soggetto, ed è ciò per cui i molteplici dati sensoriali sono ordinati indeterminati rapporti.

La forma è il modo di funzionare della nostra sensibilità che accoglie esintetizza i dati, come tale è “a priori” in noi.L’intuizione empirica è la conoscenza sensibile in cui sono concretamentepresenti le sensazioni.Le forme della sensibilità sono due: lo spazio ed il tempo.Lo spazio è la forma del senso esterno, il tempo è la forma del senso interno.Lo spazio abbraccia tutte le cose che possono apparire esternamente, il tempoabbraccia tutte le cose che possono sentirsi internamente.

Una formazione fondata su una tensione etica: la ricerca paziente del vero

L'architettura non è soltanto un'attività legata a fatti concreti: le leggidella statica, i metodi costruttivi, le caratteristiche dei materiali, i problemieconomici, ma è anche, nella concezione di molti, un’arte, ovvero un’attivitàche esige una continua ricerca estetica. In quanto arte esige varie virtù tra cui lasincerità e la spontaneità, qualità rare e difficili da conservare oggi. In unasocietà che sembra avere allentato ogni forma di tensione morale in un mondodominato dal conformismo, gli atteggiamenti dei più sono superficiali edipocriti, ovvero indifferenti ad un’ etica che spinge a ricercare la semplicità, lasincerità, il vero.

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Il valore della sincerità è stato più volte esaltato da Wright, ad iniziaredal suo “Testamento”, e da Le Corbusier, e anche da Kahn e da Loos, nei loroinnumerevoli scritti. Tali virtù corrispondono a conoscenza di se stessi, asicurezza, a coraggio, ad amore del vero e della vita in generale. Non è per niente facile essere sinceri, soprattutto con noi stessi, edavere la modestia di non porre limiti all’evoluzione del proprio io.La maggior parte della gente pensa che tutti noi abbiamo prima timore,insicurezza nell’esprimere ciò che sentiamo, o proviamo, quando questocontrasta con ciò che sappiamo.

Qualità della vita

Molti oggi si interrogano in che cosa consiste la qualità della vita ecome si possa vivere in maniera migliore. Non si tratta soltanto di avere uncospicuo conto in banca, ma di essere in una buona salute mentale e fisica.Qualità del vivere vuol dire passare le proprie giornate in un ambiente fisicosano e evitare quanto più possibile le cause di stress; disporre di comodità ecomfort che la vita moderna nelle società evolute può offrire a molti; lavorarecon le giuste gratificazioni e con proventi tali da soddisfare almeno tutte leesigenze primarie, ma anche alcune esigenze dello spirito e della vita sociale.

Questa qualità complessiva dipende sempre meno dalle risorseindividuali, ed è necessariamente legata, nella moderna società, alle formecollettive di organizzazione del vivere. Le abitudini ed i comportamenti deicittadini, nei paesi più avanzati, rivelano anche modi di governare le città, chesi fondano su esperienze consolidate e sul fatto di aver risolto prima di noimolti problemi (l’igiene e la salute pubblica, il traffico, l’accertamentoamministrativo, lo smaltimento dei rifiuti, la distribuzione logistica dellemerci).

Viaggiando, s’imparano molte cose: si comprende, nella scala deivalori, quali di questi siano ritenuti prioritari da parte di ogni popolo. Siconstata come il denaro, il cibo, la salute, la sessualità, siano cose essenzialiper tutti, come sia diverso il senso dello Stato e della cosa pubblica nellenazioni che hanno una storia e una cultura e radicate tradizioni comel’Inghilterra, la Francia, la Spagna, la Germania, ove uno avverte sempre vivonella gente il senso di appartenenza alla collettività nazionale.

Chi vive in città congestionate e degradate come Roma o Napoli,viaggiando potrà rendersi conto come tale situazione di degrado non sia una

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fatale condanna imposta dal cielo. Se ne renderà conto osservando come sivive meglio nelle città che sono ben progettate e razionalmente organizzate.Questa “qualità della vita”, che ad esempio si trova nelle città di provincia chenon abbiano più di centomila abitanti, non dipende soltanto dalla bassa densitàdi abitanti per mq, né dalla generale condizione economica, dipende piuttostodalla razionale distribuzione dei servizi, dall’efficienza dei trasporti pubblici,dalla dotazione di attrezzature, da un’agevole viabilità, dalla dotazione diparcheggi e di spazi verdi, ovvero da una molteplicità di fattori che agevolanolo svolgimento delle molteplici attività.

Comprendere la realtà

Pur dando importanza ad un modo di operare razionale, dobbiamoricordare che nel nostro mestiere non esiste alcuna priorità dogmatica, alcunadottrina precostituita; unico imperativo categorico è l'obbligo di interpretare ecomprendere il reale e rispondere alle interrogazioni che esso ci pone secondocoscienza.Non è sufficiente essere giovani ed entusiasti, armati di vigore e di unagenerica passione per l'arte, per dire di essere dei buoni architetti. E' necessario,per imparare a progettare, spersonalizzare in parte noi stessi, ridimensionare ilproprio io, non illudendoci di essere dei geni. Ci sarà pure qualche ragione percui abbiamo scelto di divenire architetti.

Chi di noi, tra quelli che hanno scelto liberamente di essere architetto,non lo ha fatto perché attratto da un amore o almeno da una curiosità perl'arte? Chi non ha sentito un richiamo nel momento più bello della vita, quellodella giovinezza, che lo ha spinto ad amarla ed inseguirla? Il bello? Forse,quando sceglievamo di divenire architetti eravamo ancora troppo giovani equindi non pienamente coscienti, eravamo ancora, per usare terminologie cheappartengono alla psicoanalisi, nella fase del trapasso dallo stato di "paranoia"a quello di "ecnoia", prima forma di conoscenza.

Con il passare degli anni, ci rendiamo conto che quando eravamotroppo giovani non poteva essere maturata ancora in noi una vera coscienzaesistenziale del vivere. Allo stesso modo, forse, non riuscivamo ad intuire cosaavrebbe comportato l’esercizio di una professione, quella di architetto, che èdifficile e richiede fermezza d’animo, dinanzi alle molteplici difficoltà.

Non è richiesta soltanto iniziativa e creatività, ma soprattutto una grandedizione, una continua costanza nell’acquisizione di cognizioni e di

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esperienze, un enorme sacrificio. Non dobbiamo perderci di coraggio, anzi:deve permanere continuamente in noi l’entusiasmo di uno spirito sempregiovane che cerca assiduamente nuove forme di ricerca, di sperimentazione edi conoscenza.

La longevità di F.Ll. Wright (1869-1959) e quella di Le Corbusier(1887-1966) sono state anche la condizione che ha reso possibileun’evoluzione continua del loro pensiero. Entrambi hanno attraversato, con leloro esperienze, le vicende che hanno accompagnato le grandi trasformazionidel cosiddetto “secolo breve”. Nel caso del primo, egli ha seguito la nascita el’evoluzione delle grandi metropoli americane che si sono susseguite per circasettanta anni, dal 1890 sino al 1960, dall'epoca dei primi ascensori, e dei primigrattacieli che vide progettare a Chicago nello studio di L. Sullivan al 1960,all’era delle astronavi, dei missili e dei satelliti, sino all'atterraggio dell’uomosulla luna. Nel caso del secondo, per oltre cinquanta anni dal 1908, quando adiciotto anni, dopo l’esperienza di decoratore nel laboratorio del padre,orologiaio svizzero, si trasferì a Parigi ed ebbe la fortuna di incontrarsi con ipadri dei movimenti d’avanguardia dell’età moderna. A Parigi, ove nacquero ilfuturismo, il cubismo, l’espressionismo, iniziò a lavorare nello studio diAugusto Perret, all’avanguardia nell’impiego delle nuove tecnologie delcemento armato. La presenza di Le Corbusier è stata viva in tutti i laboratoriinternazionali sull’urbanistica e sull’architettura sino alla sua morte, avvenuta,mentre prendeva un bagno nelle acque della Costa Azzurra, a Cap Martin, nel1966.

Wright e Le Corbusier, poterono vivere in una lunga vita una "fecondastagione senile, la più impegnata e attiva nel fare".Per certi aspetti, come quei maestri, anche noi, giovani e meno giovaniarchitetti, non dovremo sentirci mai sufficientemente saggi, maisufficientemente esperti, anzi non desisteremo dall'illuderci d’essere ancoragiovani; solo così non avrà termine, nella coscienza di ognuno, lo sforzo versoil superamento di noi stessi, per la comprensione di ciò che ci circonda e che ècosì mutevole.

Dobbiamo sempre essere pronti ad imparare. La letteratura è piena di regole e di consigli. Gli stessi grandi maestrihanno scritto molto e hanno lasciato tanti insegnamenti: basta leggere il"Testamento" di F.Ll. Wright73, il quaderno di viaggio di Le Corbusier74, o

73 F.L. Wright Testamento - anno 1963 - Edit. G. Einaudi, Torino.74 Le Corbusier "Quando le cattedrali erano bianche" (Viaggio nel paese dei timidi. Anche oggiil mondo comincia). Titolo originale "Quand le cathedrales ètaient blanches (1936), edition

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anche il suo "Quando le cattedrali erano bianche", o i numerosi scritti deimaestri del Bauhaus, oppure quelli di Loos, di Kahn.

Alcuni di questi consigli possono essere raccolti e suggeriti, non comeespressione di un metodo, ma come risultato dell'esperienza.

B.Zevi rilevava che Kahn ha ottenuto fama mondiale, quando eraultrasessantacinquenne, ovvero quando iniziò a riassumere ed essenzializzareun’esperienza volta più all'insegnamento che ai cantieri.

Avvicinarsi alla progettazione attraverso l'acquisizione di conoscenze e di

strumenti

E' naturale che la prima volta che un giovane architetto si avvicina allaprogettazione architettonica sia impaziente di mettere alla prova la sua capacitàcreativa e la sua libera intuizione. Tenterà di tradurre in segni le idee lumeggiate, mentre immagina, sognando aocchi aperti, di diventare un grande architetto. Le sue prime vaghe intuizioniappena tenterà di disegnarle su un foglio di carta (o oggi sul monitor del suoCAD), risulteranno forse banali, forse inattuabili. Quella che vedeva una facileavventura, gli apparirà piena di problemi. Alle prime verifiche, le idee chesembravano possedere una certa forza, si riveleranno invece ingenue, sostenutepiù dall'entusiasmo che dalla reale conoscenza dei problemi che il temaprogettuale gli pone.

Un certo disagio nasce dallo scoprire infinite direzioni, verso cuimuoversi, per realizzare un’idea, che rimane inchiodata al punto di partenza,avendo constatato che esistono innumerevoli possibilità di scelta. Si sforza difar corrispondere a vaghe idee altrettanto incerti segni sul foglio di carta, che èlì davanti a lui, bianco e respingente. Questo però non capita solo ai giovaniarchitetti. Ogni volta, anche dopo anni di esperienza, si prova l’inquietudine diun’iniziazione.

La libertà infinita che c’è innanzi al progetto, di proporre innumerevoliidee e infinite soluzioni, da un lato ci appassiona, e dall'altro c’inibisce. Questa specie di difficoltà è tanto più insormontabile quanto più si èprivi di strumenti metodologici e critici che ci aiutino a fissare le primeinvarianti rispetto a ciò che dobbiamo affrontare.

Plon Paris 1937. Traduzione di Mario Sangiorgio, Faenza editrice, Spa, 1975 - Faenza nellacollana “Fondamenti e rifondazione del movimento moderno" Le Corbusier "Il viaggiod'oriente", 1911.

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Come in ogni esperienza che la vita ci offre, così anche nell'affrontarel’avventura di una progettazione architettonica, abbiamo necessità diconvincersi di stare nella strada giusta. Certo, il possedere strumenti critici ciaiuta, ma ci fa anche capire il rischio di ripetere sempre le stesse esperienze.

Le sicurezze comportamentali assimilate, tuttavia, non dovranno mairappresentare dei vincoli inamovibili, degli "a priori" universali. Soprattuttoperché sempre e ovunque dovremo operare in una realtà dinamica, che èintorno a noi, che è quella della società di oggi e di un mondo, in continua erapidissima trasformazione.

La progettazione come successione di scelte

La progettazione, come processo concettuale, immagina e descrive ciòche dovrà poi essere realizzato, costruito ed organizzato; essa si presenta anchecome una successione di scelte consequenziali, tra una gamma di possibilità. All'inizio le possibilità che abbiamo davanti nello sviluppo di un progetto sonomolteplici; diverse sono anche le problematiche che vanno affrontate inproposito.

Strumenti

La capacità di progettare di un individuo dipende da un’infinità difattori variabili, tra cui la predisposizione all'immaginazione, l’attitudine aldisegno o, in ogni caso, la capacità di saper rappresentare ciò che s’immagina,la passione per le arti figurative, ma anche la cultura generale, l’educazione alprogetto e quindi all’espressione.Sono anche importanti la conoscenza delle tecniche e delle metodologiecostruttive, dei materiali e dei sistemi di produzione.

La formazione di un progettista deve consistere nell'acquisizione deiseguenti strumenti metodologici: - le nozioni di sito, di luogo, di ambiente, di paesaggio, di territorio; questeposizioni sono legate ad alcune problematiche, quali ad esempio, il rapportocon il sito, le modalità di accesso, e l’organizzazione dei percorsi, i problemi diimpatto ambientale, e paesaggistico, la morfologia dell'area, i fondamenti

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storico-critici che ci permettono di esercitare una selezione e scegliere unindirizzo linguistico;- la percezione visiva;- i requisiti funzionali, che andranno a definire le tipologie di quanto si deveedificare, l’organizzazione funzionale; - le leggi della geometria;- gli strumenti di controllo e di coordinamento delle parti;- le tecnologie dei materiali e le modalità costruttive; - le leggi della statica e quindi una conoscenza del funzionamento statico dellestrutture;- le tecniche del disegno e della rappresentazione;- le regole e le leggi che sono alla base dell’edificazione (norme antisismiche,norme antincendio, norme per l’isolamento dal rumore, norme per ilcontenimento energetico, norme per l’abbattimento delle barrierearchitettoniche).

Probabilmente all’inizio del progetto non disponiamo di tutte leinformazioni e le conoscenze necessarie per affrontare i problemi. Dovremo noi stessi responsabilmente acquisire tutte le conoscenze colmando,attraverso un’attività di ricerca, tutte le lacune del nostro sapere. Ciaccorgeremo allora quanto sia vero quel detto “scientia incipit ab ignorantia”,cioè che la scienza comincia dalla consapevolezza di non sapere. Non saràpossibile prendere carta e matita prima di aver chiarito i contenuti progettuali ele conoscenze necessarie a dar loro una risposta. Le incognite saranno sempretante, e sempre vi sarà in ogni scelta una parte di rischio, che diminuirà se ledecisioni saranno consequenziali, coerenti. Già oggi, per rappresentare e riprodurre i disegni non si utilizzano più carta ematita, ma si disegna prevalentemente attraverso sistemi grafici computerizzati,con programmi che consentono tecniche di rappresentazione molto sofisticate,che riescono a ricostruire virtualmente, con estrema facilità, ogni tipo di spazioe di prospettiva. Tuttavia, nel momento in cui bisogna formulare un’idea,esprimere un’intenzione, sintetizzare un programma di lavoro, la matita restaun valido strumento. È necessario pertanto sapersi esprimere anche attraverso itradizionali strumenti del disegno, che rimangono, appunto, la carta e la matita.

La prospettiva di un uso sempre più diffuso di tali mezzi non spostaperò quelli che sono i problemi concettuali e di metodo, che si devonoaffrontare nella progettazione. La soluzione più probabile o giusta, quella più rispondente alla realtà,sarà quella di cui avremo la certezza logica, il risultato del ragionamento; saràquella a cui arriveremo dopo un’approfondita discussione e verifica; la

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soluzione finale, se può considerarsi come tale, sarà quella che non ci appariràpiù modificabile.

L'abitudine a collaborare con altri (Team work)

Il nuovo architetto, con l’avanzare del progresso, si è dovuto abituare alavorare con altri soggetti, i quali possono essere in primo luogo i propricolleghi, oppure altri professionisti esperti nelle più diverse discipline. Quando l’architetto avrà responsabilità dirette nel coordinare un progetto,dovrà saper dialogare con i suoi collaboratori al fine di coordinarne il lavoro. Nelle occasioni di lavoro, i soggetti con i quali collaborare non sarannonecessariamente architetti, ma esperti in altre discipline speciali (geologo,calcolatore strutturale, impiantista, ingegnere idraulico, ma anche altreprofessioni meno tecniche: botanico, avvocato, economista, ecologo,sociologo, psicologo …).

Bisogna essere consapevoli che con il contributo di più persone, concompetenze specifiche, ma diverse, si può operare un salto qualitativo, unarricchimento reciproco, un incremento del rendimento e della produttività.Sarà quindi necessario, e avverrà sempre più di frequente, che persone diformazione diversa si riuniscano per progettare.

Bisogna avvicinarsi a tali forme di collaborazione con la volontà diessere aperti al dialogo e scevri da atteggiamenti rigidi. A seconda dei casi, nonsi tratta di comportarsi come degli arrendevoli remissivi, o puntigliosi testardi,ma di impegnarsi a raggiungere lo scopo primario che ci si è prefisso, ovvero ilraggiungimento degli obiettivi programmati e della verità progettuale, qualecorrispondenza delle forme progettate a tali obiettivi.

A tal fine, nei corsi d'insegnamento e nei laboratori didattici, vannoincoraggiati i seminari composti da più studenti, tre o quattro al massimo, iquali devono saper discutere e confrontarsi gli uni con gli altri, senzarinunciare alle proprie idee.

Quando si lavora insieme è necessario saper apportare, di fronte alleargomentazioni degli altri, le proprie idee. Ma, anche quando si lavora da soli,si deve imparare a supportare sempre le proprie intuizioni con motivazionilogiche.

Superamento dei risultati acquisiti

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Al termine di un progetto si possono fare dei bilanci, saranno statiraggiunti dei risultati, che potranno essere valutati, si è portato a termineun'esperienza che non deve essere considerata definitiva. Ci si potrà ancheaccorgere, allora, della sua imperfezione. Nell'impostazione iniziale di unnuovo progetto queste imperfezioni potranno essere superate, ormai, soltantoad una successiva esperienza, sulla scorta di quanto la precedente avrà lasciatoin noi.

Le conoscenze scientifiche: condizione propedeutica al progettare

Le scuole di architettura devono educare i giovani alla progettazione,

attraverso la conoscenza di un bagaglio formativo che deve essere il più vastopossibile, che apra spazi “a tutto campo” nelle discipline che afferiscono aigrandi filoni che compongono le scienze dell’architettura e della città: latecnologia, la storia e il disegno, la composizione urbanistica. Questa visioneunitaria non è soltanto coerente con un principio astratto dell’unità disciplinaredella progettazione edilizia e dell’urbanistica. Ma è anche necessaria al fine difar sì che si aprano, per i giovani, il maggior numero di strade verso un mercatodel lavoro professionale che richiede molta flessibilità, ma anche moltacapacità di sintesi, al fine di risolvere i più disperati problemi. Si tende invece,con le nuove riforme dell’università, a stringere il campo, limitando gliinsegnamenti ad alcuni ambiti specialistici. Questo avviene per una visionetecnicistica che distrugge di fatto la visione di una formazione umanisticadell’architetto, il quale deve avere la capacità metodologica di saper affrontareil progetto di qualsiasi cosa, dal cucchiaio alla città.

La definizione dei compiti in una scuola di architettura e, diconseguenza, del suo ordinamento degli studi, deve risultare legata almercato del lavoro. In conseguenza di ciò il dibattito sul ruolo dell'architettonella società, e sul futuro e sulla evoluzione della società stessa, è ancoraaperto.

Non si può prescindere, nell’immaginare di che cosa dovràoccuparsi l’architetto, e quindi nel programmare la sua formazione, dal fareipotesi su come sarà costruita la nostra città in un futuro prossimo. È infattialla costruzione della città che deve tendere l’architetto. Siamo ormai tutticonsapevoli di come tutto si evolve intorno a noi e forse, un po’ sgomenti,nel constatare la velocità con cui avvengono le trasformazioni. Ci rendiamoconto che è ormai mutata anche l’organizzazione sociale, la struttura della

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famiglia, l’etica comune, la concezione dello stato, il comune senso civico,il gusto, la concezione civica.

Mai, come in questo secolo, i concetti di comunità, di società maanche di patria e di paese sono diventati elastici, se non addirittura labili;tutto è in continua trasformazione.

La società moderna postindustriale è una società, aperta,complessa, globalizzata, multietnica, in cui il senso della comunità è statosostituito da una vaga idea di collettività.

Si è anche modificata la concezione patriarcale della famiglia,tuttavia resta ben saldo il concetto di casa, tetto, focolare ove rifuggiarsi conla nostra vita privata, dove abitare con le persone a cui siamo legatiaffettuosamente o con le quali abbiamo insieme, se non un legamesentimentale, un patto sociale.

Il fatto è che, di fronte a tali trasformazioni dell'idea politica efilosofica, delle relazioni sociali, dei ruoli, delle teorie filosofiche, etiche,estetiche, anche gli insegnamenti tendono a svuotarsi di contenuti. Si parla sempre di concetti generali, di sistemi, di metodo, in modoindeterminato.

All'architettura, in quanto attività del progettare e costruire, siriconoscono ormai specificità più vaste che nel passato, molte delle qualituttavia divengono comuni ad altre discipline scientifiche.

Evidentemente la progettazione di un nuovo modello urbano èl'espressione più alta dell’attività dell'architetto. Vi sono molti ambiti di ricercaconnessi al processo del progettare la città del futuro e un suo svilupposostenibile, tra questi vi sono:

- la ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, di carattere strutturale,impiantistico, igienico-sanitario;

- la ricerca di nuove soluzioni tipologiche, che rispondano alle mutatenecessità e all’evoluzione socio-economica, quali l’assenza di rischi edi pericoli, il contenimento delle dispersioni energetiche, l’eliminazionedelle barriere architettoniche, la biocompatibilità, l’economia e lafunzionalità;

- la ricerca di nuove forme nell'assemblare, organizzare insieme piùelementi, che a loro volta fanno parte e strutturano insiemi funzionalid’elevata complessità;

- l'adeguare le modalità progettuali a situazioni diverse di luogo, dispazio, di tempo, di dimensione.

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Per compiere queste, ed altre operazioni, si ha necessariamente bisogno di uncomplesso di conoscenze vaste ed interdisciplinari.

Come si può vedere esistono, rispetto all’architettura, dueatteggiamenti contrapposti, quello razionalista e quello funzionalista edorganico.

Il primo affonda le sue radici nel mondo classico, greco-romano ed èquindi più vicino alle idee ed al pensiero dei popoli mediterranei. Il secondoappartiene alla cultura dei popoli nordici e della mitteleuropa.

Funzionalità dell'architettura. Il funzionalismo organico

Il concetto di bellezza muta e si trasforma nei secoli XVIII e XIX.Nel Rinascimento, le teorie ci riportano a Filippo Brunelleschi, al “De ReAedificatoria” di Leon Battista Alberti, agli studi di Giuliano da Sangallo, aBramante. Per l’Alberti, regolarità, simmetria, proporzionalità e, soprattutto,l’immagine composta delle singole parti, la loro integrazione e consonanza, laloro unione col tutto, diventano i canoni compositivi fondamentali.

“L’impressione generale dev’essere piacevole e ricca di sfumature,quindi bisogna pensare agli occhi e non solo alla funzionalità”. Sono ipresupposti dell’architettura ad effetto “pittorico” dell’arte prospettica barocca.Dall’integrazione dei due motivi sopraesposti, (l’immagine figurativa conclusae la differenziazione sociale) nasce una forma complessiva, sviluppatasidurante il Rinascimento e giunta alla piena maturità durante l’età barocca.

Questo tipo di concezione dell’architettura parte da Andrea Palladioche, nei “Quattro Libri dell’Architettura”, afferma che “la bellezza deriva dallabella forma e dalla corrispondenza del tutto alle parti, delle parti tra loro e diquelle al tutto: [in modo tale] che gli edifici abbiano …. un intero e ben fornitocorpo”.

L’illuminismo influì sull’architettura e sull’arte neoclassica

Il binomio illuminismo-neoclassicismo ebbe una interessante e precoceespressione in Italia, nella cosiddetta teoria della ”architettura in funzione” .Algarotti, nel suo “Saggio sopra l’architettura”, scrive “un dotto è valente

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uomo (allude al francescano Carlo Lodoli) per amore dell’architettura hasvolto ai giorni nostri una impresa simile a quella che già svolse Socrate peramore della filosofia.

Mentre si debba mettere in rappresentazione ciò che non sia infunzione, e che, con proprio vocabolo, abbia a chiamarsi abuso, e che è tuttoquello che, tanto o quanto, si allontana da questo principio”.

Secondo Lodoli e l’Algarotti “l’architettura deve essere funzionale”.Lodoli fu fermo nel principio, secondo cui “la buona architettura ha daformare ornare e mostrare e che in essa la funzione e la rappresentazionedebbano essere una cosa medesima”75.Nasce così la condanna del barocco e del rococcò, la ragione evita ogni ornatoe intende armonizzare bellezza e verità.

Questo tipo d’insegnamento è anche richiamato da Blondel, il maestrodi Claude Nicolas Ledoux76.

Si è raggiunto solo di recente una comprensione dell’arte neoclassicacon l’opera di E. Kaufmann.

L’architetto più valente dell’età neoclassica fu Giuseppe Piermarini(1734 – 1808), con i progetti del Teatro della Scala, il Palazzo reale di Milano,la Villa reale di Monza. L’atteggiamento “scientifico” e “razionale” delPiermarini è diretto alla “funzionale distribuzione degli ambienti e allacorrispondenza delle forme con la destinazione dell’edificio”.

L’arte di Piermarini rappresenta la tendenza, negli spazi urbanistici e inarchitettura, delle riforme di Maria Luisa D’Austria, che volle razionalizzarenel milanese, la scuola, il catasto, le finanze, l’agricoltura e l’intera burocrazia.

Architetti neoclassici furono in Francia Ledoux e Boullée e in IngilterraR. Adam.

Si rivendicò con loro la legittimità teorica delle arti applicate e delletecniche artistiche.

Si è diffusa in questo secolo la convinzione che gli spazi di qualsiasiedificio dovessero, in primo luogo, rispondere ad esigenze di caratterefunzionale.

L'architettura moderna, razionalista ed organica, ha ceduto allanecessità di questa rispondenza, ed ha perciò posto, a ragione di sé stessa, lafunzione. Questo atteggiamento esiste già alla fine dell’Ottocento nel grande

75 Manfredo Tafuri – “Teorie e storia dell’architettura”, Laterza, Bari 1968.76 Vedi “Von Ledoux Bis Le Corbusier. Ursprung und Entwiklung der autonomenArchitektur”, Verlag, Dr Rolf Passe, Wien 1933.

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teorico dell'architettura che fu Viollet-le-Duc, profondo conoscitoredell'architettura medioevale.Siegfried Giedion sosteneva: “attraverso la storia vi sono due distintetendenze, una verso il razionale e il geometrico, l’altra verso l’irrazionale el’organico”, due diverse vie di avvicinarsi e di dominare ciò che ci circonda.77

La famosa frase di Louis Sullivan "Form follows function" hainfluenzato l'estetica architettonica del XX secolo, rendendola innovativa erivoluzionaria, rispetto alle codificate tipologie dell'accademia ottocentesca delmodello "Beaux arts".

A questo sono seguiti altri slogan, che corrispondono in parte adaltrettante idee sui modi di fare architettura.

Mies van der Rohe ha predicato è applicato il concetto "Less is more", ilmeno è il più, invitando alla semplicità, o meglio all’essenzialità cheritroviamo nel suo padiglione di Barcellona. Robert Venturi78 a questa tesicontrobatte: "More is not less, less is a bore", “Il più non è il meno, il meno ènoia”. Egli sostiene di preferire le cose che non si ripetono, e di considerarebelli i contrasti.

Come sosteneva G. Dorfles, nel suo libro intitolato "L'architetturamoderna", il termine "funzionale" costituisce uno dei cardini delle discussioniintorno alle nuove architetture, ed è diventato per un certo tempo addiritturasinonimo di moderno.79

L'architettura funzionale si è sviluppata principalmente in Danimarca ein Inghilterra. Il termine funzionale fu usato nel 1950 da Kay Fisker nellarivista "Arkitekten".

In tale rivista, egli mostrava come "le idee del Funzionalismotrionfarono negli anni trenta", quando ancora si era lontani dal pensare ad unacapitolazione generale verso una nuova forma di linguaggio e nuovi materiali.L'ideale funzionalista di una completa amalgama, tra forma, sistema costruttivoe contenuto, rispondeva pienamente a quei valori caratteristici della tradizionecostruttiva danese, che erano presenti in quegli anni nelle opere delle

77 Bruno Zevi “Storia dell’architettura moderna dall’origine al 1950” Giulio Einaudi Editore1961 pag.331.78 Robert Venturi, (Philadelphia 1925), architetto statunitense. La sua esperienza parte dallaproblematica aperta da L. Kahn, come reazione al purismo razionalista e si accosta allesperimentazioni pop. Ha scritto tra l’altro: “Complessità e contraddizione in Architettura”,“Imparando da Las Vegas” e “Veduta dal Campidoglio”, dove sintetizza il suo pensiero, ilquale costituisce la base teorica del postmoderno.79 G. Dorfles, "L'architettura moderna". Il Bauhaus e Gropius, pag. 49; Edit. Garzanti, Milano,1972.

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personalità che guardavano con attenzione alle novità, senza però voler gettarvia la tradizione.

Contro la mitizzazione della figura dell’architetto

L'architettura non nasce esclusivamente dall'intuizione creatrice; anzi,tecnica ed esperienze sono in lei più importanti di quanto lo siano in altre arti.Presuppone anche punti di riferimento politici e sociali.

Se l’architettura mancasse di tutte queste componenti e fosse solo fruttodelle particolari doti inventive del singolo, non sarebbe possibile teorizzare unsuo insegnamento e si dovrebbe di conseguenza escludere anche l'esigenza diun qualsiasi metodo oggettivo per progettare. Ci si dovrebbe, al più, limitareagli insegnamenti tecnici ed alle nozioni del mestiere (disegno,rappresentazione, nozioni tecnologiche), e non occuparsi per nulla delproblema del linguaggio, demandato alle capacità intuitive ed espressive delsingolo "genio".

Razionalismo Architettonico

Liliana Grassi sosteneva che il particolare atteggiamento filosofico peril quale i rapporti logico-causali, di cui è formata la ragione, costituisconoanche l’ordine del mondo, si designa, appunto, con il termine Razionalismo.

In ambito architettonico, tali rapporti (logico-casuali) si riconoscononell’analogo legame di casualità tra forma e funzione.80

L'intuizione creatrice

Molti hanno parlato dell’intuizione e, in particolar modo, il filosofofrancese Henry Bergson (Parigi 1859-1941), il quale sostenne che l’intelligenzanon si esprime solo nel costruire le “forme vuote”. L’estremo raffinamento diquesta attitudine astrattiva è rappresentato dalla scienza, il cui procedimento

80 Liliana Grassi, “Razionalismo Architettonico, dal Lodoli a G. Pagano”, Edizioni Bignami,Milano, 1968.

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tipico è l’analisi. Ma l’intelligenza non si esprime sempre e solo nell’intelletto,essa conserva il legame con l’istinto dal quale deriva, ed è perciò in grado diritornarvi. Bergson definisce questo ritorno disinteressato e consapevole diintuizione: “L’intuizione è quella simpatia mediante la quale ci si inserisced’un oggetto per conoscere, con ciò, che c’è in esso di unico”.

L’intuizione diviene così origine di una reale conoscenza partecipativa,che si esprime nell’arte se diretta all’individuale.81

Io credo, tuttavia, che anche la fantasia e l'intuizione, come molte altredoti dell'uomo, si sviluppino e si accentuino con l'educazione e l'esercizio diun’attività creativa; quindi sostengo, al contrario, che l'arte del progettare e delcostruire necessita di abitudine alla logica e che può esistere un metodoobiettivo. Infatti chi possiede doti eccezionali le avrebbe per sua natura, e a coloro a cuimancano non resterebbe che imitare i modelli degli altri.

Le discussioni centrali sul linguaggio architettonico e sulle tendenze dimetodo convergono nell'individuare principalmente due ambiti di riflessione:da un lato il rapporto edificio-città, dall'altro la dicotomia forma-funzione.

Le teorie progettuali non possono esplorare soltanto una delle dueproblematiche tralasciando l'altra, devono affrontarle entrambe. Non si puòguardare soltanto all'interno dell'oggetto da progettare e ai contenuti funzionali,trascurando il rapporto con l'intorno. Né, d'altra parte, si può guardare soloall'esterno, ritenendo l'edificio parte di un modello di città precostituito che, inquanto tale, diviene un contenitore indifferente alla funzione.

Nel metodo scientifico, teoricamente, si procede: sia dal generale versoil particolare; sia viceversa: dal particolare al generale, in modo separato. Nellaprogettazione architettonica queste fasi devono essere simultanee, sinottiche,poiché servono di verifica l'una dell'altra. Dunque, simultaneità delleoperazioni del guardare all'interno dell’edificio (vale a dire alle funzioni) eall'esterno di questo (in altre parole allo spazio urbano). Pertanto non puòesistere architettura funzionale senza riferimento alla forma del tutto che, inquesto caso, è un contesto urbano delimitabile; né può esistere formadell'edificio, che è parte della città, senza riferimento alla funzione.

Come abbiamo già notato, il rimprovero che si fa all’impostazione dinatura funzionalistica, è quello di condurre all'eclettismo linguistico. Nel

81 N. Bergson, “Introduzione alla metafisica”, Universale Laterza, Bari, 1997.

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contempo, proprio da parte di chi sostiene che se ci si prefigge l'obiettivo diuna buona forma della città, si determina anche la migliore forma degli edifici,si afferma un modo di procedere il quale tende ad essere parimenti dogmatico.Nel momento in cui si sostiene che questa forma possa essere assuntaprescindendo da ogni sorta di verifica funzionale, ma semplicementeconsiderando gli edifici come quinte di uno spazio urbano, si cade in uneccesso di formalismo superficiale. Una forma che è indifferente all'utilizzazione e all'uso a cui è destinata,fa mostra di sé con il significato principale di esibire sé stessa.

Qualunque atteggiamento si volesse prendere a favore, o contro laposizione funzionalistica, in questa disputa non è lecito dimenticare comel'architettura non sia solo un'arte, ma un'arte applicata ai mezzi di produzione erivolta ad agevolare la vita. In quanto tale, anche se il risultato visibile di talearte è la forma, essa non può essere separata dalle implicazioni di naturatecnica e funzionale, quindi nella valutazione dei bisogni, dalla conoscenzadelle caratteristiche dei materiali, dalle tecniche costruttive, dall'organizzazionedegli spazi, da problemi di accessibilità, dalle esigenze di climatizzazione,d'insonorizzazione, di contenimento energetico, dalle norme antincendio,antisismiche, anti inquinamento.

Negare la funzione interna degli edifici, per sostenere soltanto unafinalizzazione alla forma delle loro facciate e alle qualità formali estetiche diuna città costituita da quinte monumentali, appare oggi un'utopia reazionaria.

Tale negazione dei requisiti funzionali di un edificio equivale al volerfar tornare indietro la storia. E' un atteggiamento ben più pernicioso di quelloche in nome della funzione operava una condanna assoluta del valore degliattributi formali o decorativi.

Townscape

La rivista “Architectural Review”, nella cui redazione, nel 1950, erano,tra gli altri, Nikolaus Pevsner, J.M. Richards e Kay Fisker, così scriveva: "Infuturo, le immagini del paese e della città saranno condizionate non più dallesingole residenze, ma dalla pianificazione urbana, dal traffico, dalle industriee dagli effetti del consumo quotidiano. La segnaletica stradale, le insegne, inegozi e tutte le altre componenti del genere, sapranno sopraffare le singolepresenze edilizie nell'immagine cittadina".

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In un altro numero della stessa rivista, si riconosceva che: "una tradizionefunzionale applicata con continuità è la base del Town Scape Design".

Nella città, secondo i redattori di "AR", il paesaggio s’identifica conl'urbanesimo e diviene "Townscape".

Nascono i concetti di controllo dell'immagine urbana che porteranno,nel 1959, al saggio di Gordon Cullen intitolato "Townscape”.

Ostilità del Movimento Moderno alla decorazione

Il Movimento Moderno, con i precetti predicati da Le Corbusier,da Loos e da Mies, aveva senz'altro penalizzato la decorazione, nel senso incui l’avevano intesa gli architetti del passato, ed in cui ancora intendevanomolti architetti vicini a loro, che avevano dato vita all’Arts and CrafsMovement e all’art Nouveau, allo Jugendstil, al modernismo.

Ora io non credo che la loro sia stata incapacità di comprendere lagrandezza di artisti come William Morris, Victor Horta, Antonio Gaudi,Joseph Maria Olbrich, Hector Guimard, ma purtroppo una reazione ad unmondo accademico che si era formato all’interno dell’Accademies desBeaux Arts. Molto probabilmente, tale ostilità nasceva al fine di difendere lavita stessa delle proposte razionaliste, nel momento in cui l'accademismoancora dominante tendeva ad affossare il dibattito.

Non va dimenticato che, nel frattempo, nelle arti figurative sierano affermati movimenti rivoluzionari quali il Cubismo, la cui primamostra in America è del 1910 e, quasi contemporaneamente, il Futurismo, ilcui Manifesto, pubblicato a Parigi, è del 1909.

Rapporto forma-contenuto nella progettazione

Mentre l’architettura organica era fondata prevalentemente sullafunzione, ovvero sulla definizione dei contenuti del progetto, l’architetturarazionalista trova, quasi in contraddizione con la definizione “razionale”, la suamotivazione, che sta nella costruzione geometrica di una regola e quindi incostruzioni formali. Tale diatriba, continuata sino a che funzionalismo e razionalismo costituivanole due anime contrapposte del Movimento Moderno.

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Il punto chiave della questione resta il rapporto forma-contenuto, che haanalogia nella contrapposizione dialettica che in filosofia è sempre esistita traforma e sostanza.

Il termine “forma” è solitamente opposto a quello di materia nellaconcezione della metafisica di Aristotele. Si deve a Platone il merito di aversollevato per primo il problema della forma come aspetto visibile della realtà.

In greco il concetto è espresso da , o anche da ox(schema). La parola forma indica l'apparenza, il modo con cui qualcosa appare. Intedesco “forma” si traduce con la parola “gestalt”, e di conseguenza si ha“psicologia della forma” con “gestalt psychologie”, ulteriore sviluppo delconcetto si avrà col termine di struttura.

Nella critica della ragione pura Kant distingue nel fenomeno la materia(ciò che corrisponde alla sensazione) e la forma (ciò per cui il molteplice delfenomeno può essere ordinato secondo lo spazio e il tempo). Motivazioni storiche hanno, in alcuni momenti, portato ad esasperareuno dei due termini, innescando per contrasto un movimento di reazione alprevalere di uno di loro.

Il risultato è che si sono venuti a formare movimenti, tendenze di"maniera", rigide adesioni ad un "manifesto": Futurismo, Cubismo, De Stijl,Razionalismo, Decostruttivismo.

Tali fenomeni, alle loro origini, sono sempre interessanti, le opere deimaestri fondatori sono precorritrici dei tempi. L’entusiasmo comunicato dailoro progetti ha sempre un effetto trascinante. Con il tempo, l’effetto delleopere degli imitatori diviene minore, hanno sempre condotto alla decadenzadella qualità insita nelle opere e nei messaggi dei grandi, ove era espresso nonsoltanto il genio individuale, ma la sintesi di una cultura formatasi esviluppatasi nella tradizione precedente.

Strutturalismo linguistico. I segni

L'architettura è anche linguaggio. Riguardo a quest’aspetto, sarànecessario introdurre una breve digressione.

Nello studio delle arti, lo strutturalismo linguistico, come direttivametodologica, ha sviluppato, soprattutto nel campo dell'architettura, l'unitàminima costruttiva del fatto artistico, quali che siano stati il luogo, il tempo, la

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cultura in cui tale fatto si è prodotto. Argan82, riguardo all'argomento, scrive leseguenti parole: "Perciò appunto si assegna allo studioso dell'arte il compitospecifico della decodificazione dei messaggi segnici". I segni sono significanti,il problema dell'arte è incluso in quello della comunicazione; ed è più che maiaperto il dibattito circa la possibilità, o la legittimità, di distinguere ilmessaggio estetico dal messaggio puramente informativo. Non basta, infatti,identificare il valore con la non ridondanza, vale a dire, con la novitàdell'informazione: un'opera d'arte non cessa di essere esteticamente fruibile peril fatto di essere antica, veduta infinite volte, arcinota. E' chiaro che non èpossibile istituire categorie di comunicazioni estetiche e di comunicazioni nonestetiche. Un edificio comunica indubbiamente informazioni circa la propriafunzione (chiesa, palazzo, fortezza, villa, ospedale, biblioteca, fabbrica,mattatoio, scuola, caserma, etc), ma quest’informazione non è necessariamenteestetica, tanto è vero che, tra più edifici, aventi la stessa funzione e la stessaconfigurazione, distinguiamo quelli che hanno valore estetico, da quelli chenon lo hanno. In quelli che lo hanno, e che dunque trasmettonoun'informazione estetica, le due funzioni coesistono; e la loro dualità non sirisolve certamente con il separare la funzione dalla forma visibile. Se lo stessosistema segnico funziona a livello estetico e a livello non estetico, il problemasi sposta ancora una volta su quel piano sociologico che lo strutturalismoesclude: bisognerà in altre parole concludere che lo stesso oggetto vale solo perla sua funzione pratica per chi non possiede il codice che gli permette didecifrarne il messaggio estetico, e vale anche (o solo), come messaggio esteticoper chi possiede questo codice.

Il problema, però, non si presenta soltanto nell'ambito degli studi dimassa. Ci si chiede, se nell'ambito della cultura di massa, è possibile laproduzione estetica, come produzione superiore, o di élite? E' possibileun'estetica, o una teoria dell'arte che non rientrino in una teoria dei valori? E'possibile una scienza estetica che non sia storia dell'arte? Al limite, è possibilela storia, come pensiero e come ricerca, in un sistema culturale in cui i fattiumani siano comunicati, e dunque conosciuti, solo attraverso predisposticircuiti d'informazione, ma senza che sia possibile formarsi un autonomo epersonale giudizio di essi?

82 G.C.Argan, "Guida alla storia dell'arte", Sansoni, Firenze 1974, pp. 38-39.

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Architettura come linguaggio

Argan precisa che al di là del concetto di forma e di immagine: "Ilconcetto di segno appare oggi come il solo che valga indistintamente per tutti ifenomeni artistici, e consenta così una precisa delimitazione dell'areafenomenica dell'arte. Lo studio del segno (semiologia) sembra tendere asottrarre lo studio dell'arte alle metodologie storiche, per fondarlo comescienza assoluta, sostituendo, alla mutabilità dell'interpretazione, la rigorosadecifrazione dei segni mediante la determinazione dei giusti codici".

La discussione centrale sull'architettura è quella che riguarda ilproblema: se il costruire possa essere considerato un’arte figurativa e quindiuna forma d’espressione artistica che assommi un insieme di segni.

In tale ottica, interpretando l’architettura come l’arte di mettere insiemesegni costituiti da forme, da natura, da combinazioni di pieni e di vuoti, si puòconsiderare l’architettura come linguaggio.

Ne discende, quindi, un interesse per la decodificazione dei messaggisegnici. La decodificazione di ciò che i segni, in quanto significanti,comunicano. In tal senso, se un’opera di architettura è anche un'opera d'arte, non cessa diessere esteticamente fruibile, anche quando non lo sia funzionalmente.Viceversa, quando l'edificio sia rispondente alle funzioni a cui è preposto, edabbia anche la capacità di esprimere un messaggio di natura estetica, si ha ilmassimo risultato.

Nell’affrontare un progetto, si deve seguire un metodo di lavoro chedeve essere contemporaneamente analitico e sintetico. Il momento analiticoappartiene alla fase della presa d'atto dei contenuti, dello studio delle relazionifunzionali e all’esame delle problematiche tecnologiche (struttura, impianti); lafase della sintesi è quella della definizione della forma. Tale operazione diintuire la forma contemporaneamente alla fase d’analisi è favoritadall’esperienza.

Gli interrogativi a cui bisogna dare risposta nei vari momenti d’analisisono molteplici; pertanto appare evidente il fatto che non è opportunocompromettere sin dall'inizio, con un modello precostituito, la configurazionedel progetto. Bisogna lasciare spazio al dubbio metodico, alla ricerca paziente,nella quale cerchiamo di dare sempre molteplici soluzioni ai vari problemi, inmodo da scegliere quella che, rapportandosi alla sapienza degli altri, ci appare

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più logica, più confacente; quella, in altre parole, che si avvale prevalentementedella geometria.

Ritornando invece al rapporto forma-funzione, ci si deve chiedere se unatteggiamento a cui ci richiamava Sullivan, quello in pratica di subordinare laforma alla funzione, non appartenga a un mondo prevalentemente etico,estraneo alla creatività. È chiaro che anteponendo in un progetto un'ideaformale ai contenuti, si esclude, sin dall'inizio, o dalla fase di approccio, lapotenziale evoluzione funzionale di un progetto. Ma ormai molti architettimoderni prescindono del tutto dall’insegnamento funzionalista. Per FrankGehry, ad esempio, l’architettura è soltanto invenzione formale, è simile allascultura. Diversamente, nella metodologia dei nostri razionalisti, il progettocresce attraverso la verifica di variabili all'inizio incognite. Nel corso dell'iterprogettuale la configurazione provvisoria che assume il progetto "in nuce" vaprogressivamente migliorando. La progettazione assume un carattereprocessuale di successione di scelte.

L'insegnamento, che trova i suoi migliori maestri in Viollet-Le-Duc eLe Corbusier, è quello della ricerca paziente, dell’analisi tesa a realizzare ilquesito, anche di natura spaziale, che il sito propone. Se così non fosse, lefacciate di San Carlino alle Quattro Fontane e quelle di Sant'Agnese a PiazzaNavona, entrambe opere di Francesco Borromini, sarebbero identiche. Diinvariabile in esse è espresso soltanto quanto faceva parte del metodo diFrancesco Borromini; egli, dando una particolare importanza al rapporto con ilsito, riteneva fosse meno rilevante il fatto che si trattasse di edifici con la stessadestinazione d'uso, rispetto al fatto che fossero ubicati in contesti diversi, nelprimo caso all'incrocio di quattro strade anguste, e nell’altro su un lato lungo,al centro, di una piazza ampia di forma ovale.

La collocazione di queste facciate costringeva ad una visioneprospettica obliqua rispetto all’asse di simmetria della facciata. Le prospettiveprivilegiate sono oblique, ed è per questo che Francesco Borromini modula lefacciate dando loro un movimento sinusoidale, che meglio si offre a questo tipodi percezione.

Quanto è teoricamente possibile nelle altre scienze è poco praticabile inArchitettura. Vale a dire che appare in questa disciplina poco corretta la stradametodologica valida in altre attività, del procedere dal generale (da unaqualsiasi idea di forma definita a priori), verso il particolare; ovvero quella diidentificare a priori una forma, per attribuire in un secondo momento, a taleforma, quei requisiti che la rendono effettivamente fruibile. Una forma, una

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figura geometrica, un volume devono essere non solo delle entità astratte, ma ilrisultato di un’idea, di un’organizzazione dello spazio.

Nel fare architettura, a mio avviso, è più preciso ed onesto procederedal particolare al generale, ossia dalla preliminare disamina di ogni tipo diproblema, che l’edificazione, e quindi, la progettazione di un determinatoedificio comportano, per arrivare, dopo varie verifiche, alla definizione ultimaformale.

Si deve quindi partire dalla definizione dei contenuti, a meno che non sivoglia precostituire un'entità a priori, dogmatica e indiscutibile; ovvero unaforma definita, eludendo ogni sorta di verifica funzionale. Si avrà cosìun'immagine materializzata in una costruzione che farà mostra di sé e avrà,come primario scopo e motivazione, l'esibizione di sé stessa. Sarà questa unacostruzione utile, funzionale e organicamente inserita nel contesto? Si puòobiettare che questi requisiti non siano le condizioni senza le quali non possaesserci un’affascinante architettura.

Anche nel caso particolare di alcuni monumenti funerari, ocommemorativi, come stele, archi di trionfo (manufatti edilizi nei quali èassente la motivazione funzionale), sussiste tuttavia una finalità, pur se limitataal semplice fatto di costituire un segno celebrativo, a memoria di qualcheavvenimento.

Concetto di Luogo

Il luogo è ciò che contiene l’oggetto, e che non è indifferenteall’oggetto medesimo che esso contiene. Il luogo è il limite del corpocontenuto, in quanto esso è contiguo al contenuto: “Terminus continentismobilis primis”. Il luogo è il piano immobile limite del contenente.

Concetto di forma

Il termine “forma” comincia ad avere un valore tecnico in Aristotele.Nella sostanza umana, Aristotele distingue la materia e la forma, la

materia non determinata in atto, ma solo in potenza, è indubbiamente un

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principio costitutivo della realtà sensibile perché è il substrato della forma. Laforma è “ciò che essendo qualcosa di determinato si può separare con ilpensiero”.

La forma è perciò quella che ci fa concepire le differenze nella realtànaturale.

Essa è una sintesi di determinazione, avente un valore differente dallesingole determinazioni che la compongono.

La forma è l'essere in atto delle cose; questo si identifica con quello cheSocrate chiama "fine".

La forma, considerata in sé stessa, non ammette un più o un meno: è, onon è.

Questo ragionamento è valido anche per i numeri, se essi si consideranocome forme.

Infatti un numero non ammette un più o un meno dell'essere suo, poichéaccresciuto o diminuito diventerebbe un altro numero, con un'altra sintesi.

Questo appare evidente nelle forme elementari: il quadrato, il triangolo,il cerchio, figure concettualmente note, di cui si potrà determinarne ladimensione da un solo loro elemento, dal lato, o dalla diagonale, o daldiametro.

Con questo Aristotele insiste nel concetto che la forma non è somma,ma sintesi, e che la sua definizione non è una pura collezione di elementi. "Dall'arte invece sono prodotte quelle cose la cui specie è nell'anima dichi le fa".

Diverse accezioni ottiene il termine in Cicerone, S. Tommaso eCartesio.

Per Kant, la forma è l'attività per la quale il soggetto sintetizza ilcontenuto (o la materia) della conoscenza, l'organizza in un oggetto, gli dàuniversalità e necessità.

Così il principio unificatore, presente secondo Aristotele in ogni forma,si chiarisce con l'attività pensante.

Hegel approfondisce il rapporto tra forma e contenuto, affermando che"il contenuto non è altro che il convertirsi della forma in contenuto, e la formanient’altro che il convertirsi del contenuto in forma". Nell’estetica la pura forma è un'esemplificazione di questa conversione delcontenuto nella forma e viceversa. Secondo L. Quaroni, "forma urbana" vuol dire ogni aspetto della realtà cheè in qualche modo correlato al disegno, cioè alle linee, ai volumi, agli spazi,

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alle geometrie, alle visualità, alle espressioni, alle emozioni, alla figurabilità,agli usi ed ai condizionamenti costituenti l'architettura della città.83

Architettura, gergo e chiarezza

Nell’ambito storico, che abbiamo definito come contemporaneo, lacultura di noi architetti ha in ogni caso individuato una serie di punti a cui(costantemente, anche se confusamente) si fa riferimento quando si opera: sonomodelli formali, processi operativi, tipi edilizi, concetti critici, principi poetici:oggi noi parliamo di metodo, di funzione, di razionalità, d’impegno, diavanguardia, di tecnica, di arte attribuendo a loro un senso, sia purgenericamente, moderno. Tuttavia va notato, che spesso le parole vengonousate con significati se non diversi, alterati rispetto a quello etimologico.

Caratteri distributivi degli edifici ed evoluzione della funzione

Le codificazioni tipologiche hanno raggiunto una loro importanzascientifica nella manualistica che è stata molto in uso sino a qualche decennioindietro. Tale manualistica si è sviluppata a partire dall'illuminismo e dallapubblicazione in Francia della Enciclopedia, chiamata anche: Dizionarioragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri. Nacque con un’idea del libraioparigino Le-Bretan, il quale progettò la traduzione in francese del “Dizionariointernazionale delle Arti e delle Scienze” dell'inglese Ephraim Chambers.Furono così pubblicati gli undici volumi con le tavole delle arti e dei mestieri,un monumento in omaggio agli artigiani e alle arti meccaniche.

Jean d'Alembert scriveva intorno al 1750:"Lo scopo di un’Enciclopedia è di unificare le conoscenze sparse sulla facciadella terra, di esporre il sistema e di trasmetterlo a quelli che verranno dopodi noi, affinché le opere dei secoli passati non risultino inutili per i secolisuccessivi, affinché i nostri nipoti, divenendo più istruiti possano essere allostesso tempo più virtuosi e più felici, e affinché noi non scompariamo senzaaver ben meritato dal genere umano..."

83 L.Quaroni, "La torre di Babele", Edit. Marsilio, Padova, 1967, pag. 29.

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"Non c'è nulla di più indiscutibile dell'esistenza delle nostre sensazioni, perprovare che sono il principio di tutte le conoscenze. È sufficiente dimostrareche possono esserlo. Infatti, in una buona filosofia, ogni deduzione che parteda fatti avvenuti, o pensati, è preferibile a un discorso che si fonda su mereipotesi, anche se geniali".

Fu a partire da questo principio che gli enciclopedisti rivalutarono learti meccaniche.

Con il legame dell'architettura alla funzione, ed evolvendosi la funzionestessa, il tipo ha perso oggi gran parte della sua importanza.

La concezione di esemplificazioni tipologiche corrispondeva ad unavisione della società e della città costruita su categorie di esigenze ritenutestabili, o più precisamente intorno ad un'idea di funzionalità legata a modi divivere, di produrre e di abitare, da considerare piuttosto stabili.

Di fatto, sino alle generazioni che ci hanno preceduto, le funzioniurbane erano piuttosto stabili e gli edifici religiosi, quelli pubblici, quellicommerciali, gli ospedali, erano caratterizzati da tipologie piuttostoriconoscibili.

Come possiamo osservare, i manuali succedutisi a partire dalla citataEnciclopedia e diffusi sino a metà del secolo appena trascorso, ovvero sino al“Manuale dell'Architetto”, sono innumerevoli. Ce ne offre una rassegna C.Guerri nel volume “L'arte di edificare. Manuali in Italia, 1750 – 1950”84.

Il complesso diesigenze, fabbisogni, necessità e quindi di requisitirichiesti agli edifici è da tempo divenuto mutevole, e si è trasformato incomplicati assetti funzionali di parti urbane richiesti agli edifici. In molti casi latecnologia ha radicalmente modificato le esigenze, una volta determinanti,nella scelta della forma e della dimensione degli edifici. E' ormai moltovariabile anche il concetto di funzionalità.

L'evoluzione appare evidente se si osservano le trasformazioni chehanno subito i luoghi per lo spettacolo, nel tempo intercorrente tra l'epoca incui fu progettata da Charles Garnier l'Operà di Parigi e quella in cui WaltherGropius concepì il Total Theatre.

Basti anche pensare a come si è evoluta l'edilizia speciale, destinata alleindustrie, alle scuole, agli ospedali, al commercio, allo spettacolo, al terziarioavanzato, ai servizi di ogni tipo. Oggi abbiamo la possibilità di creare spazi edillusioni virtuali.

84 Carlo Guerri, "L'arte di edificare - Manuali in Italia, 1750-1950”, BE-MA editore, Milano, 1981.Giovanni Reale-Dario Antiseri, “Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi”, Editrice La Scuola, Brescia, 1983, Vol. II, pag. 524.

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Necessità sempre nuove e mutevoli fanno sì che, sovente, fin dalla faseiniziale del progetto, si debba svolgere un vero e proprio lavoro di ricerca perstabilire tutti i termini del problema funzionale. Di qui nasce anche l'esigenzadi un’ampia flessibilità nella possibilità di utilizzazione degli ambienti.

Questo problema era stato già sentito da Le Corbusier con la propostadella pianta libera adottata poi ovunque, soprattutto negli edifici per uffici. Delresto la consapevolezza che la società non fosse più statica, gerarchica, e che alei non dovesse più corrispondere un analogo ordine anche negli edifici, si eraincominciata ad intravedere già nelle teorie del Lodoli e di Claude NicolasLedoux.85

In particolare Ledoux applicò teorie rivoluzionarie alla progettazione diinnumerevoli edifici, tra i quali apparvero significativi, oltre a case ed edificipubblici, i caselli daziari (le barriéres di Parigi), e la città ideale di Chaux.

Gli stessi edifici costruiti da Gropius e da Mies negli Stati Uniti sonodiventati contenitori indifferenti rispetto al tipo di funzioni in essi ospitate.

Il processo di analisi e di conoscenza dei requisiti funzionali delprogetto può connotarsi in varie procedure, consistenti in progetti di fattibilità,in analisi di mercato, in valutazioni d'impatto ambientale, in indagini socio-economiche nel Project Financing. Quando questi progetti investono la grandescala, assumono altre denominazioni (programmi integrati, programmi diriqualificazione urbana, ecc.).

Tipologia

Un modello tipologico precostituito raramente corrisponde alle realinecessità di una società in continua trasformazione, soprattutto quando ladestinazione sia particolare o innovativa, o complessa, o comporti particolari especifiche esigenze funzionali. Ma anche nei casi in cui le funzioni siano note ecerte, non è pensabile che restino così determinate nel tempo.

Di fronte a tale evoluzione ha preso piede l'atteggiamento di svincolare,ovvero di considerare indifferente, il contenitore edilizio rispetto alla funzione.

E' abbastanza naturale che si metta in discussione e si sottopongano ariesame i modelli tipologici, così com’è anche comprensibile che in un’epoca

85 Emil Kaufmann - Tre Architetti rivoluzionari- Boullèe, Ledoux, Lequeu - Introduzione di George Teyssot - Franco Angeli Editore - Milano 1979.

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d’opulenza e di consumismo si guardi all'architettura con un atteggiamentomeno utilitaristico. Ciò perché è sempre più raro il caso di tipologie edilizie che, di fatto,dopo lungo tempo, conservino la loro rispondenza alle funzioni per le qualisono state originariamente pensate e non siano divenute obsolete. Anzi, sembrache il concetto stesso di tipologia possa essere considerato superato dallamolteplicità di funzioni mutevoli. Nella società moderna è impressionante l'evoluzione con cui, in untempo brevissimo, mutano i comportamenti, i modi di produzione, le forme dicomunicazione, le abitudini di vita. Basta pensare alle automobili e al lorosistema di sicurezza (air-bag, servosterzo, cambio automatico e sequenziale,abs) e all’intercambiabilità delle carrozzerie come nella “Smart”. Avreidifficoltà ad elencare in quale caso gli edifici non abbiano dovuto subire, peradeguarsi ai tempi, innovazioni tipologiche.Negli edifici in cui la finalità utilitaristica è secondaria, prevalgono altrefinalità; la tipologia è in ogni caso libera, proprio in conseguenza della labilità,o dell'inesistenza, delle esigenze funzionali. Questo è evidente nel caso dialcuni elementi monumentali od ornamentali, per esempio le tombe, gli archi,gli obelischi, le steli, i cippi.

Le chiese da decenni hanno dovuto modificarsi, a propositodell’adeguamento della liturgia, a forme di maggiore partecipazione, che hannoconsentito una maggiore semplificazione e comprensione degli atti con cui sirende a Dio il culto dovuto. L'Enciclica "Pacem in Terris" negli anni sessantaha fatto evolvere il modo di pregare, avvicinando i fedeli al celebrante, efacendo in modo che l'altare non fosse in fondo, ma al centro dello spazioecclesiale. Durante la S. Messa il celebrante non rivolge più le spalle ai fedeli,ma guarda verso di loro. In conseguenza di ciò, alla tradizionale piantabasilicale si è andata sostituendo, nelle nuove chiese, una pianta centrale. Sisono trasformati i luoghi ove si celebrano i grandi processi della giustizia. Sononate le aule-bunkers, munite di diversi dispositivi di sicurezza. Ragioni disicurezza hanno modificato la struttura delle agenzie bancarie. Ovunque sonosempre più diffusi i servizi automatizzati (distributori di tickets, di bevande, disigarette, bancomat).

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Superamento della tipologia

Soprattutto nei casi in cui i requisiti funzionali sono di tipo innovativo,

la funzione non è nota. Pertanto, al fine di conoscere meglio le esigenze allequali l’edificio, o l’ambiente di lavoro, deve rispondere, è necessario rivolgersiad esperti, o specialisti, con l’aiuto dei quali è necessario svolgere un'ordinataanalisi, finalizzata ad individuare, nella loro totalità, i parametri inerenti alprogetto. L'analisi da svolgersi consiste in una completa elencazione ecatalogazione di tutti gli aspetti insiti nel compito. Tale operazione, anteprojectum, consiste in un preliminare studio di fattibilità, rivolto tra l'altro aconsiderare il complessivo oggetto progettuale costituito da un insieme disistemi.

Come nota Cesare Brandi86, il termine struttura, riferito ad unorganismo architettonico, assume più propriamente l'accezione di sistema, inaltre parole, di complesso di elementi tra loro interdipendenti, oppure diorganizzazione, di disposizione ordinata delle parti. Naturale conseguenza della mutevolezza delle esigenze funzionali inrapporto al rapido evolversi dei tempi e alle mutate istanze sociali, è chel'aforisma funzionalista di Sullivan “form follows function” non può essere piùritenuto categorico.

In una condizione in cui la funzione si presenta come dato certo pertroppo breve tempo, la funzione stessa non può essere eletta come parametroche indirizzi linguisticamente la forma architettonica e che riesca a definire latipologia com’era avvenuto nel secolo scorso, o agli inizi di questo. Essa, oggi,ha perso anche quel valore di categoria che costituiva per l'architettura ciò chel'iconografia (ovvero lo studio dei modi in cui i soggetti sono rappresentati),costituiva per la pittura o per la scultura.

Paradossalmente, pensando oggi ad una funzione veramente mutevole,l'architettura ha perso molto della sua finalità utilitaristica, arrivando così aconfigurarsi come “architettura dell'effimero”.

La tecnologia ha trasformato, non solo le consuetudini ed i costumi deisingoli individui nella loro sfera privata, ma pure quelle della collettività,modificando le abitudini ed i modi di procedere anche nelle istituzioni piùsalde: il Senato, il Parlamento, la Corte di Giustizia, i Tribunali, la Borsa, lebanche, gli ospedali, i mercati, i luoghi deputati allo spettacolo. Diconseguenza anche le nuove architetture risentono di queste metamorfosi. E'esemplificativo osservare come, negli ultimi anni, sia mutata la concezione del

86 Cesare Brandi, "Struttura ed architettura", G. Einaudi Editore, Torino 1955.

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teatro tradizionale come lo erano: "La Scala", "Il Verdi", il "San Carlo", il"Teatro dell'Opera", il "Petruzzelli", "La Fenice". Dal punto di vista tecnico-funzionale queste strutture, costruite rispettando le leggi dell’acustica, ritenuteimportanti quando non esistevano i mezzi di amplificazione, hanno perso oggila loro ragione di essere, conformate come sono secondo il modello del teatrogreco-romano; oggi possono avere qualsiasi forma.

Come aveva intuito Gropius, con il suo "Total Theater", gli spettacolinecessitano di spazi concepiti come grandi macchine, nelle quali non è ormaipiù distinguibile, come lo era stato nei tempi antichi, la scena dallo spazio per ilpubblico.

Grandi modifiche si hanno grazie all'elettronica e alla telematica. E'impressionante, da questo punto di vista, vedere come funziona oggi una"borsa-merci" in Giappone, in America, o nei paesi più avanzati, o comefunzionano le vendite nei grandi mercati all'ingrosso per prodotti ortofrutticolie ittici. Nella contrapposizione forma-funzione, è il secondo termine chenaturalmente tende ad imporsi, ma soltanto quando esso è univocamentedeterminabile. Di fronte ad una molteplicità di funzioni mutevoli, le stradepossibili sono due: o scegliere l'indifferenza della forma rispetto ai contenuti equindi considerare l'edificio un semplice contenitore, eludendo così ogniriferimento logico della forma alla funzione, o indagare di volta in volta suiprocessi innovativi, con un’attenta e profonda analisi delle funzioni, deiprocessi operativi a questa legati, non riconoscendo più un tipo stereotipato.

La composizione

È questo un termine che molti vorrebbero vedere desueto e consumato.Di fatto è un termine coniato al tempo delle "Beaux Arts".

Nelle prime esperienze didattiche l'obiettivo progettuale, diversamenteda ciò a cui l'allievo anela, non è quello di condurre a termine in tempi brevi unprogetto, ma piuttosto quello che lo studente acquisisca, attraverso un pazientelavoro, un metodo d'indagine e di sviluppo logico del progetto, estensibile aqualsiasi altro tema progettuale. Per metodo, come si evince dall'etimo dellaperifrasi, si deve intendere la strada attraverso la quale si giunge al fine.

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Nella progettazione, come nelle altre discipline che confluiscononell'architettura, questa strada, che ognuno deve scoprire e fare sua, è segnatada parti molteplici, di cui molte oggettive e altre soggettive.

Oggi rifiutiamo le codificazioni che, come abbiamo visto, da sempre siè tentato di applicare all'architettura, attraverso teorizzazioni e metodicompositivi precostituiti e consolidati.

Questi esistevano già nella Grecia antica; furono tramandati e diffusiattraverso Vitruvio, che predicava la firmitas, la venustas e la utilitas in epocaromana, nel medioevo, e in epoca moderna, sino a Viollet-le-Duc.

L'architettura moderna ha cercato nuovi codici, che in parte attingono alpassato: basti pensare ai 5 punti della Tecnique liberatrice di Le Corbusier, aiprincìpi del Testamento di F.Ll. Wright, agli insegnamenti di W. Gropius e diL. Mies van der Rohe, al fondamentalismo di L. Kahn, alle 7 invarianti delcodice anticlassico di B. Zevi.

Nelle esperienze didattiche s'impone l'obbligo di far comprenderealcune regole elementari del progettare, o meglio del comporre. Latrasmissione di una complessità di conoscenze da parte di chi insegna esige unmetodo che consente di ordinare e di meglio trasmettere le modalità diprocedere, le motivazioni di tali modalità, gli strumenti e le tecniche di cui ci sipuò servire.

Questo metodo e questi criteri applicati alle esercitazioni possonoprodurre progetti imputabili di scarsa originalità, in quanto un sistema di regolesuggerite e imposte potrebbe risultare frenante la creatività e l’immaginazione. Un metodo di lavoro razionale non deve tendere a costituire un modelloda imitare, ma deve seguire un processo logico, che instradi verso l'esercizioprogettuale.

Questo deve compiersi secondo la consueta prassi del metodoscientifico: l'analisi conoscitiva e la sintesi intuitiva.

Un metodo per progettare

Il metodo da me proposto in questo studio e perseguito nelle esperienze

didattiche non ha la pretesa di indicare un’univoca strada verso il progetto, nédi essere un ricettario costituito da formule; recupera in parte quello che c'è dibuono nella tradizione razionalista, funzionalista, organica e quanto si puòapprendere anche dai modi di procedere ormai ampiamente diffusi anche negli

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ambienti professionali, nei quali tali insegnamenti si sono sedimentati. Certo, leinnovazioni di ogni genere, che si sono succedute negli ultimi decenni hannomodificato molto il modo di lavorare. Tuttavia io credo che alcune costanti,appartengano ai processi logici e che quindi sia bene che, rimangano di guidaal modo di operare dei progettisti. S’inizierà prendendo atto di tutti gli aspetti e di tutte le problematicheche il tema progettuale costringe ad affrontare. In ogni caso se la progettazionesi riferisce ad una forma che appare complessa, è bene dividere il temacomplessivo in diversi momenti di analisi. Questo modo di dividere ecircoscrivere le diverse problematiche corrisponde ad un iter sperimentato inprocedimenti logici ampiamente diffusi in molte discipline: quello di procederesimultaneamente dal generale al particolare e dal particolare al generale,dall’analisi alla sintesi e, per verifica, viceversa.

Relazioni tra l’uomo e l’architettura

Tra un edificio e quelli circostanti, oppure tra un edificio e gli spaziaperti, si stabiliscono relazioni immediate di assoluta dissonanza, o di volutacoerenza formale, date dalla natura dei materiali, dei colori, dai passidimensionali che individuano le parti, oppure dagli intervalli tra pieni e vuoti. In un contesto storico, un qualche interesse può avere un’indagine suipassi dimensionali di quanto è stato edificato in precedenza nel sito, al fine dicreare una relazione tra la modularità geometrica del nuovo progetto e i passidimensionali degli edifici preesistenti. Da qui può nascere l'interesse per lo studio delle tipologie esistentinell'area del progetto.

I rapporti geometrico-dimensionali sono spaziali e quindi devono essereverificati nelle tre dimensioni e non soltanto nelle due dimensioni dellaplanimetria, poiché attraverso questa limitata rappresentazione, checorrisponde ad un punto di osservazione zenitale, non v'è possibilità diconfronto diretto con la realtà fisica (concavità e convessità) dello spazio diintervento. Ciò vale a dire che gli edifici della città antica trasmettono significati chevanno al di là della semplice percezione dei sensi e in particolare dellapercezione visiva. Non valgono per la città storica le considerazioni sulla cittàmoderna americana.

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Struttura e identità del luogo. Verifica planovolumetrica

Le emergenze, gli assi viari, i monumenti conservano nella città pre-modernaun valore semantico che trascende il valore semplicemente fisico nelle teorie enelle analisi di K. Lynch. Al fine di operare correttamente nel trasformare la città esistente, èimportante capire i processi di formazione della città, riconoscere le traccedegli avvenimenti storici che si sono susseguiti, capirne le motivazionipolitiche e sociologiche, rispettarne la cultura e le tradizioni migliori. Il rilevamento e le sovrapposizioni, o scomposizioni di diversi momentidi sviluppo del tessuto urbano, ci faranno comprendere la struttura e l'identità.Queste conoscenze sulla formazione dei luoghi fanno parte integrante dellaconoscenza puntuale del sito e degli elementi naturali e architettonici in essopresenti. Gli elementi derivati da quest’analisi saranno molteplici e tanto piùcomplessi quanto l'area d’intervento sarà interessata da sovrapposizionisuccedutesi in varie epoche storiche.

Come generalmente si riscontra in città molto antiche, questesovrapposizioni possono appartenere ad epoche lontane tra di loro.

In questo caso le presenze possono interessare anche il sottosuolo e illoro studio rientra nell'ambito dell'Archeologia.

In Italia i beni archeologici sono tutelati dalla legge 1089 del 29 giugno1939.

Le qualità spaziali del sito

Tra le prime operazioni della progettazione, prescindendo da qualsiasi

metodologia progettuale, vi è la definizione della relazione dell'oggetto daprogettare con il luogo, o sito.

Il contesto non è riconoscibile dalle semplici coordinate planimetriche;è necessario visitare il luogo, osservarlo, rilevare fatti che la sola planimetrianon è capace di rappresentare. Se questo è parzialmente edificato e vi insistonoedifici preesistenti, si formeranno invasi spaziali che hanno per quinte questiedifici.

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I dati di partenza del problema progettuale devono essere completi equindi non limitati ad una rappresentazione ortogonale, data da una planimetriacatastale, o da un rilievo aereofotogrammetrico.

Dobbiamo cercare subito di rappresentare lo spazio nella terzadimensione, attraverso varie prospettive, o attraverso una rappresentazionespaziale, o meglio in un modello tridimensionale. Qualora, nel successivoprosieguo dell'opera, la rappresentazione bidimensionale in pianta (quella piùimmediata) non si trasformasse in una rappresentazione spaziale, si avrebbeuna prima configurazione errata del progetto, la quale difficilmente potrebbeessere corretta attraverso altre verifiche volumetriche e tridimensionali senzadover stravolgere il progetto stesso. La pianta, quale proiezione ortogonale,consente la sintesi immediata di un organigramma funzionale, ma non la piùesauriente forma di rappresentazione, in quanto l'architettura è fruibile in unapercezione prospettica e da vari punti di vista posti all'altezza dell'occhiodell'osservatore, ma non è quasi mai fruibile, o percepibile, visivamente da unpunto di osservazione zenitale.

Tale errore di impostazione procedurale, piuttosto generalizzato, dàcome risultato una organizzazione della pianta di un edificio, che prescindedalla reale percezione di un organismo architettonico, poiché non è mai unapercezione della spazialità aerea della creazione artistica.

Prima della rivoluzione cubista, l'architettura di facciata teneva contodella prospettiva improntata in funzione di un preciso punto di vista; cioè infunzione di quello della reale fruibilità del manufatto architettonico e deirapporti di percezione visiva intercorrenti tra le opere (oggetti, cornici,particolari decorativi) e l'occhio del fruitore. Questo rapporto è stato fortemente tenuto in considerazione dalBorromini nel progetto della facciata di S.Carlino alle Quattro Fontane, cosìcome nell'inserimento di S.Ivo, nel cortile della Sapienza. Infatti, per questiarchitetti, le facciate sono concepite più in maniera urbanistica chearchitettonica, le pareti degli edifici sono quinte dello spazio esterno più cheinvolucri proiettanti ciò che è all'interno.

L'immagine urbana era molto definita nell'architettura rinascimentale edel Cinquecento, a causa di una maggiore attenzione alla prospettiva, definitada quinte architettoniche concepite e disegnate contestualmente allaplanimetria.

Basti ricordare gli accorgimenti prospettici adottati in varie piazzecostruite tra il Quattrocento e il Cinquecento: la Piazza di Pienza, disegnata daBernardo Rossellino, fatta costruire dal papa Pio II, Piccolomini, nel piccoloborgo di Corsignano, ove era nato, oppure la Piazza dell'Annunziata, progettata

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da Filippo Brunelleschi a Firenze, o la Piazza87 del Campidoglio, diMichelangelo.

Contribuiva a renderle belle ed attrenti anche l'omogeneità dellefacciate, derivante dal continuo impiego di tradizioni tecnico-costruttiveabituali, dall’adozione di scelte tipologiche uniformi, che limitavano il lessico,la grammatica e la sintassi del linguaggio architettonico. I tessuti residenziali vedevano la costante reiterazione di tipi edilizi, che siripetevano secondo un modello consolidato, l’insula, la casa a schiera e la casaa torre.

Le eccezioni tipologiche e le volumetrie, disseminate per dimensione eper tipo, erano costituite dagli edifici destinati all’esercizio del potere civile edell’autorità religiosa; i tessuti edilizi residenziali erano monumenti emergenti:il duomo, la cattedrale, il palazzo comunale, i grandi edifici pubblici.

Si ritorna pertanto alla considerazione che le innovazioni tecnologichedell'era postindustriale, la maggiore disponibilità dei materiali, dovutaall'impiego di nuove tecnologie e di mezzi meccanizzati e alla facilità ditrasporto, la conseguente libertà di azione nell'organizzazione spaziale degliedifici; tutti questi fattori hanno aumentato i gradi di libertà e il numero dellevariabili, ma non hanno migliorato il risultato estetico complessivo della città.Nell'architettura moderna, disgregatosi ciò che era causa prima d’omogeneità,in altre parole la dimensione degli insediamenti a scala umana, rimanendofrazionata la proprietà, essendo elastiche, o carenti, le normative, e carenti glistrumenti di pianificazione, il singolo edificio non si erige più come facenteparte di un insieme complesso e continuo, ma è concepito come oggettosingolo, compiuto in sé stesso, entità tridimensionale a sé stante,interpretazione architettonica e spaziale d’indirizzi figurativi che, se purmanieristici, non hanno nulla a che fare con il contesto.

In questo secolo la cultura architettonica ha esaltato le nuove invenzioniformali, promovendo le sperimentazioni più diverse, producendo monumentiche, seppur compresi in un contesto urbano, se ne distaccano per fortecontrasto, alla ricerca di una configurazione tutta interna all'oggetto. Unesempio del genere è dato dal Guggenheim Museum di Wright. Molti edificicostruiti dai maestri del cosiddetto Movimento Moderno, in un determinatocontesto, sono diventati modelli imitati in contesti storico-culturali moltodiversi, ove quelle architetture risultavano estranee, e quindi non riproponibili,anche se contenevano notevoli qualità intrinseche.

87 Vedi Paolo Portoghesi – La Piazza come “Luogo degli sguardi” a cura di Mario Pisani – Gangemi Editore.

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Il modo di porsi di queste opere architettoniche era senz'altro motivatoda diversi fattori, che però nulla avevano a che fare con il problema delrapporto con il sito, per la particolare destinazione d'uso. Avevanoprevalentemente la necessità semantica di sottolineare la funzione culturale,oppure di mostrare la facilità delle possibilità fruitive, grazie alla lorofunzionalità.In altri casi, vi è la possibilità di interpretazione di canoni estetici, come nelladottrina dei cinque punti dell'architettura di Le Corbusier.

Quasi tutte le opere dei maestri del Movimento Moderno si collocavanoin contesti che non necessitavano di continuità storiche rispetto al resto.Spesso, molte di esse erano prototipi in esposizione, come il Padiglione diBarcellona di Mies, oppure come gli edifici per abitazione al Weissenhoff diStoccarda. Se la nuova architettura si confronta con quella del passato, sicomprende che possono esistere abissi incolmabili, ma anche solidi punti incomune.

La configurazione del nuovo non può trovare forse oggi validi modellidi sussidio nelle opere moderne dei maestri. Probabilmente possono essere dimigliore ausilio i riferimenti alle opere di Francesco Borromini (S. Carlino alleQuattro Fontane, l'Oratorio dei Filippini, S.Ivo alla Sapienza), o all'interventodel Raguzzini a Piazza S. Ignazio in Roma.

Collocare il progetto nello spazio e nel tempo

Le prime analisi che dovranno precedere il progetto tenderanno, tral'altro, alla comprensione dei modi in cui il progetto si colloca, in un ambitospaziale, temporale e culturale. Si definiranno quindi i rapporti di quanto siprogetta con l'intorno territoriale e l'ambiente culturale e sociale. Saràattentamente osservato il sito sia dal punto di vista morfologico che geologico epaesaggistico.

Procedendo nel lavoro, si analizzeranno più attentamente anche gli altriparametri meta-progettuali, che sicuramente potranno condizionare lesuccessive scelte. Queste analisi avranno, in un primo momento, una formaastratta, in un secondo momento si evolveranno in elaborazione sotto forma dischemi grafici, o diagrammi. Si definiranno pertanto i seguenti elaborati:

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- L'elenco dei contenuti del progetto e quindi delle funzioni e ildimensionamento degli spazi necessari ad accoglierle;

- L'organigramma delle funzioni e quindi lo studio della loroimportanza e della loro gerarchia;

- Il diagramma dei percorsi e quindi il grado delle relazioni tra i diversispazi.

A queste prime operazioni, segue un secondo momento in cui ci siavvicina ai primi schemi di progetto. In queste successive definizioni èpossibile già leggere:

- L'individuazione dei diversi spazi nella loro dimensione e l'ipotesi diuna possibile configurazione geometrica;

- Le forme aggregative e organizzative di un insieme di funzioni,secondo criteri logistici;

- La definizione degli spazi di interconnessione. A lato, o contemporaneamente a queste operazioni, è necessario

avviarne subito altre: - La coordinazione modulare e metrica delle parti;- Lo studio delle leggi di sviluppo e di crescita. Le verifiche successive riguarderanno l'approfondimento, alle diverse

scale di progettazione, di quanto è rappresentabile nelle piante, nelle sezioni,nei prospetti, pervenendo così alla verifica in dettaglio delle attuabilità delprogetto di massima.

- I parametri ergonomici nel disegno delle attrezzature e degli arredi;- La luce naturale in relazione all'utilizzazione interna, le aperture;- La rappresentazione grafica.

Lo studio del sito

Nella città le interrelazioni riguardanti lo spazio e il tempo sono serrate.Nelle città storiche si trovano segni di eventi storici avvenuti in epoche ancheremote. Strutture ed organismi architettonici di più recente costruzione sivanno a collocare in un ambito fisico non più naturale, ma in cui, anche ai finidell'individuazione di spazi verdi e attrezzati e di aree per i servizi, la disciplinaurbanistica divide la città in zone del centro storico, e della città consolidata, inzone di completamento, interne, o ricomprese in altre parti già urbanizzate ededificate, e in settori d’espansione disposti in genere ai margini dell'edificato.

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Questo ambito fisico circostante è identificabile in una nozione, chechiameremo: campo. È necessario comprendere questa nozione nella suainterezza e nella sua complessità, soprattutto quando include presenze storichee tracce di trasformazioni precedenti.

A volte, soprattutto se si interviene su un tessuto urbano preesistente, ènecessario operare delle trasformazioni che possono essere di diverso tipo epossono comportare anche demolizioni, oppure vere e proprie ristrutturazioniviarie ed edilizie.

Questo tipo di interventi si presenta sempre pieno di difficoltà e dirischi. Di fatto tutti gli interventi che hanno comportato demolizioni esventramenti, o sostituzioni, sono stati sempre molto discussi, con l'eccezionedi quelli operati a Parigi dal prefetto Haussmann, nel secolo scorso, cheprobabilmente furono anch'essi accompagnati da non poche polemiche.

Molte opere sono state quelle che hanno seguito le distruzioni,compiute dal fascismo, d’intere parti di città: la cosiddetta spina di Borgo, aSan Pietro; Piazza Augusto Imperatore; Via dei Fori Imperiali.

Negli ultimi anni, a seguito di un’accresciuta sensibilità verso iproblemi ambientali, si è diffusa la prassi procedurale della valutazioned'impatto ambientale, V.I.A., che, a seguito di una direttiva della UE, èdiventata obbligatoria per le grandi opere infrastrutturali, ma anche per tutte leopere e gli insediamenti che comportano importanti trasformazionidell’equilibrio ambientale di un territorio.

Questa procedura dovrebbe consistere in un bilancio tra i vari vantaggie svantaggi, o costi e benefici, prodotti dall’opera, accompagnata da vari tipi dirapporti preliminari, fondati su diversi insiemi di informazioni. Tale rapporto deve essere formulato a priori, e deve analizzare leinterazioni del progetto con l'ambiente. Purtroppo spesso si usa la V.I.A. comegiustificazione a posteriori di una cattiva progettazione.Tale procedura è normata dai diversi decreti emanati dal Ministerodell’Ambiente, per quanto riguarda un elenco di opere d’interesse statale. Alivello regionale esistono varie normative delle leggi, che ogni regione emana.

Studio del "campo"

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Il concetto di campo non è mai stato esplicitato in architettura. Si trattadi un concetto mutuato dalla teoria fisica delle masse. Lo troviamo anche nellostudio dei modi di propagazione delle onde elettromagnetiche e delle onde ingenerale. Abbiamo un esempio pratico e visibile di questo fenomeno, lanciandoun sasso in uno stagno.

Un simile concetto è tuttavia diffuso nelle discipline architettoniche edè stato riscoperto da tempo da Paolo Portoghesi, che lo ha riproposto nella casaAndreis a Scandriglia, come ambito di gravitazione intorno a centri, che sonopunti di localizzazione di funzioni88. Il campo ha una estensione variabile, a seconda della natura deifenomeni e delle relazioni che si vogliono analizzare. Esso coincidepressappoco con l'intorno delle aree in cui l'edificio si colloca, per quantoriguarda le relazioni visive; diviene più complesso quando è riferito ad altri tipidi relazioni funzionali: raggio di influenza, capacità di attrazione.

K. Lynch89 nel descrivere l'immagine visibile della città, ne dà unadefinizione legata principalmente al fatto che essa è luogo di comunicazione dipercezioni visive. La sua descrizione dell'ambiente urbano, e delle sensazioniintrise di memoria e di significati, mostra che v'è un legame tra lo spaziourbano e l'uomo, che trascende la semplice percezione sensoriale. Per chiarireil concetto egli usa queste parole: "ad ogni istante, (nella città), vi è più di quanto l'occhio possa vedere, più diquanto l'orecchio possa sentire; qualche area e qualche veduta rimangonoinesplorate. Niente è sperimentato singolarmente, ma sempre in relazione allesue adiacenze, alle sequenze di eventi che portano ad esso, alla memoria delleprecedenti esperienze... ogni cittadino ha avuto lunghe associazioni conqualche parte della sua città, e la sua immagine è imbevuta di memorie e disignificati".

Lo studio del campo visivo è riferibile ad uno spazio percepibile inquanto libero da ostacoli fisici. Il concetto di campo può essere esteso a quellodi bacino di utenza, quando si pensa all'analisi del raggio di influenza di unservizio nel contesto territoriale o comunque in uno spazio vasto.

Consiste quindi nell'esame del sito, attraverso l'identificazione deglielementi che costituiscono i limiti, i margini di questo spazio, la rilevazionedelle barriere e degli ostacoli che si incontrano guardandosi intorno, da un

88 Paolo Portoghesi, "Le inibizioni dell'Architettura moderna", Saggi tascabili, Laterza -Bari,1979.89 Vedi Documento I° K. LYNCH.

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certo punto di osservazione. L'analisi si limita allo spazio in cui si operaprogettualmente.

Se l'ambito del progetto comprende preesistenze di origine storica,bisognerà anche analizzare i modi della crescita, ovvero le forme in cui èavvenuto lo sviluppo e l'evoluzione delle presenze storico-monumentali nelluogo.

Bisognerà quindi comprendere il significato e il ruolo di ciò che si va aprogettare, riguardo al contesto della città, o del territorio. Bisogneràidentificare i monumenti, o le emergenze architettoniche; si cercherà diindividuare se vi sono le tipologie ripetute in matrici seriali.

Tale indagine consiste in una ricostruzione puntuale, e in alcuni casicritica, dei successivi interventi, con i quali l'uomo ha modificato l'assettonaturale dei luoghi. Nella formazione di un tessuto urbanizzato la ricostruzionedegli eventi storici ci permette di decodificare le diverse successivetrasformazioni, che ne sono state conseguenza.

Ovunque, nei paesaggi agrari, e non solo nelle città, un'attentaosservazione dei luoghi denuncia i successivi interventi dell'uomo, rivolti aorganizzare la vita economica o, più semplicemente, a edificare le proprieabitazioni. In molti casi, all'interno del complessivo sviluppo del tessutourbano, e anche nel più vasto assetto del territorio, si potranno determinare,distinguere e catalogare gli elementi strutturali ancora leggibili, chemostreranno diverse valenze; si potrà così, di conseguenza, interpretarel'immagine più vera della città, del territorio, delle campagne.

Il luogo del progetto: la nuova architettura in rapporto a quella

preesistente

È importante verificare quali debbano essere i caratteri della struttura inrapporto a quelli del sito.90

La forma delle architetture rappresenta l'obiettivo della progettazione.Questa può anche essere ricercata come entità a sè stante; in tal caso nonriesce però ad esprimere un rapporto con il contesto, una relazione tra ilnuovo ed il preesistente, tra la natura e l'artificio. Non è d'altro canto sostenibile, soprattutto in relazione ad interventi intessuti urbani preesistenti, che il nuovo possa essere calato, o aggiunto, comesemplice estrapolazione e riproposizione del processo, che è stato caratteristico90 La nuova architettura in rapporto a quella preesistente, il rapporto con il sito.

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per lo sviluppo e la formazione di quanto già preesisteva, perché in questo casoavremmo un falso, come nelle architetture dei revivals. E' stato esemplare uncaso di progettazione che si è perfettamente inserito nel contesto, quello diCarlo Scarpa nel medioevale Castel Vecchio a Verona. Ma anche laRinascente, progettata a Roma in piazza Fiume da Franco Albini e Franca Helgrappresenta un ottimo esempio di inserimento in una situazione bendeterminata, quella di un quartiere caratterizzato dalla presenza delle muraAureliane e dei palazzi dei primi del Novecento.

La stessa cosa, ad esempio, non si può dire per l'Auditorium, costruitoda Pier Luigi Nervi presso porta Cavalleggeri in Vaticano.

Ogni architettura è rivolta al futuro, e perciò anche tesa a modificare larealtà esistente; tende quindi a istituire valori e situazioni funzionali diversi daiquelli preesistenti, in un rapporto che modifica lo stato delle cose e che quindinon è indifferente rispetto al contesto.Tende ad apparire troppo rigida una tutela che, in maniera acritica, prende iconnotati di una sorta di rispetto sacro di tutto ciò che è antico, che arrivi adimpedire ogni tipo di riutilizzo e di trasformazione, nonchè di valorizzazionedelle presenze storiche.

E' necessario cogliere l'identità dell'immagine ambientale, e quindicomprendere l'influenza esercitata dal progetto sulla struttura urbana, osull'ambito circostante l'area di intervento. Certo, un’inibizione di questo tipo non l’hanno avuta, ad esempio, i grandiarchitetti che hanno operato a Roma, né Michelangelo con il suo intervento cheha trasformato il Frigidarium delle terme di Diocleziano nella Chiesa di S.Maria degli Angeli, né Pietro da Cortona, che in Santa Maria della Pace èintervenuto sulla precedente opera a fianco del Bramante che ne avevadisegnato il chiostro. Né, inibizioni ha avuto Baldassarre Peruzzi che hacostruito il palazzo Massimo alle Colonne, la cui facciata è modellata sullacurva dell’antica cavea del Teatro di Domiziano, né Domenico Fontana, chetrasformò i resti dell’Adrianeum, un tempio eretto da Antonino Pio in onore delpadre Adriano.

La circolazione

Dal punto di vista delle relazioni dell’edificio con il suo intorno,dobbiamo preoccuparci del nuovo l'assetto urbanistico, che l’opera viene adeterminare. Sarà necessario peraltro razionalizzare la circolazione e

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migliorare l'accessibilità. Pertanto si dovrà analizzare il sistema viario, lapresenza di assi e direttrici aventi diversa importanza.

Si dovrà anche classificare l'origine e la destinazione dei percorsipedonali e veicolari. E' questa una tematica sviluppata più volte da LeCorbusier, che tendeva a specializzare e ad escludere i veicoli degli spazicircostanti l’abitazione.

Al fine di ipotizzare una nuova circolazione dei veicoli, sarà necessariorilevare anche la velocità e i volumi di traffico, le direttrici di provenienza deiveicoli privati, nonché quelle dei mezzi pubblici, per valutare se la situazioneesistente sia soddisfacente e razionale o se si debbano diversamenteorganizzare le direzioni di marcia, gli svincoli, i parcheggi, le stazioni di mezzipubblici, i percorsi pedonali e ciclabili. Una particolare attenzione va ripostaall’abbattimento delle barriere architettoniche.

Gli itinerari di avvicinamento

Si individueranno tutti i possibili elementi relazionabili al progetto, peresempio i punti strategici, da cui si possa percepire l'oggetto architettonico, gliitinerari di avvicinamento, i fuochi prospettici importanti dal punto di vistavisivo, i punti verso e da cui l'osservatore si muoverà, e si avvicineràall'oggetto da progettare. Si cercherà di rilevare elementi che formino barriere oquinte visive. Si osserverà la morfologia del sito, la dimensione, la forma,l'orientamento, la natura geologica, la clivometria, la pedologia e l'andamentoorografico del terreno.

Si rileveranno le curve di livello, le linee di massima pendenza, imargini, o i confini, le emergenze di quello spazio che si è definito non sololimitatamente alle immediate adiacenze dell'area d’intervento, ma che ècompreso entro i margini identificati di un ambito più esteso.

S'individueranno poi i beni presenti nell'area in modo da stabilire qualisono da tutelare, il tipo di vegetazione ivi presente, in modo da definire tutti glielementi riconoscibili nella loro identità e nel loro valore all'interno della città.

Componenti sociologiche e normative nella precisazione e nel

dimensionamento del tema della progettazione

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Nella maggior parte dei casi, la definizione degli aspetti e delleproblematiche di tipo dimensionale, ossia quantitativo, legate ad un progetto daavviare, è condizionata dal rispetto di alcune regole e normative, che sonodefinite nei regolamenti edilizi vigenti e nella relativa disciplina urbanistica.

Si dovranno anche rispettare le dotazioni di alcuni standards rivolti astabilire un rapporto ottimale minimo tra abitanti insediati e quantità di verde,di parcheggi, di spazi di servizio, scuole, asili nido, spazi per il commercio.

Non si tratta in genere di rapporti ottimi, ma d’indicazioni di caratteresia dimensionale, sia funzionale, che tendono a stabilire un rapporto tra lasuperficie utile dell'edificio e un bacino d’utenza espresso in numero di abitantiserviti. Quando le strutture architettoniche da progettare hanno un carattereinnovativo, o speciale, si constata che in generale non esistono norme eindicazioni precise e codificate. Sarà, in tal caso, necessario valutare lesuperfici, il numero di unità funzionali, in rapporto al numero di addetti allesingole funzioni. Ogni tipo di servizio andrà dimensionato in rapporto al tipo difrequentazione e al numero di utenti. Tale rapporto dimensionale è tanto piùimportante nel caso che l'oggetto della progettazione sia un servizio socialedella città, o comunque una funzione civile ad uso pubblico.

Indagine di natura sociologica rivolta a stabilire la dimensione ovvero il

numero di utenti per i quali è costruita la struttura

Quando si progetta un edificio adibito a servizi senza che siano definitiil tipo di servizio e il tipo di utente, sarà allora necessario avvalersi diun’indagine che, estendendosi al contesto, identifichi il cosiddetto bacinod'utenza e dia lumi sulle necessità. Si dovrà quindi determinare il numero diabitanti complessivi presente nel bacino e descrivere le caratteristiche dellapopolazione che fruisce del servizio (numero di individui, classi di età, sesso,occupazione, redditi ed attitudini). Altri dati e indicazioni riguarderanno ilmodo di accedere degli utenti al servizio: lunghezza dei percorsi, mezzi ditrasporto, tempi di percorrenza.

Questi elementi consentiranno di stabilire le varie modalità di accesso edi parcheggio, e di quantificare il rapporto tra mezzi pubblici e mezzi privati. Sarà anche importante avere dati circa la distribuzione territoriale dialtri servizi analoghi, presenti nel territorio, al fine di valutare la rispondenzadella dotazione di servizi offerti alla domanda di servizi di tale livello. Sarà,

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anche in questo caso, indicativo il numero di abitanti che costituiscono ilbacino d’utenza di un singolo servizio. Indicazioni di questo genere non sono sempre disponibili. Alcuniriferimenti, ma non sempre esaurienti, sono forniti da circolari ministeriali, dadecreti e da disposizioni di leggi statali e regionali fino a direttive dell’UnioneEuropea, non sempre coerenti tra loro, in quanto mosse spesso dagliorientamenti politici e, in genere, arretrate rispetto al grado d’evoluzione delPaese. Verso questi parametri il progettista deve porre attenzione e conservareun atteggiamento diffidente e critico, al fine di non limitarsi a bene interpretarele norme vigenti, ma a migliorare, se possibile, quanto, pur essendo previstodalle norme, appare non corrispondente o adeguato alle esigenze reali.

Circa la disponibilità di dati provenienti da fonti diverse, e circa lanecessità di coordinare e migliorare i sistemi d’informazione, si è parlato inaltra parte del testo, a proposito della programmazione e della ricercascientifica.

I contenuti del progetto

Non sempre i contenuti del progetto sono definiti ed evidenti, inparticolar modo quando si tratta di opere pubbliche. Può accadere, ad esempio,che pubbliche amministrazioni avviino la costruzione di edifici, senza averscelto una preliminare indagine sulle funzioni che vi debbono essere ospitate eciò a causa della mancanza di una programmazione, che regoli i vari settoridella vita urbana.

In tali condizioni di indeterminatezza, l’interpretazione del temaprogettuale appare demandata alla sensibilità culturale, sociologica, o politicache il progettista ha rispetto alle problematiche delle relazioni che leganol’opera da edificare al contesto urbano. L’interpretazione di tali esigenze puòessere condizionata dalla concezione che il progettista ha del vivere, chedipende da situazioni soggettive, ma anche dal “milieu” culturale in cui questisi è formato.

Personalmente ritengo che si debba stare in guardia rispetto aconcezioni dell’architettura, e della città, soggettive o particolarmenteideologizzate, che si riferiscono a disegni ipotetici, o a volte utopici, dellaorganizzazione sociale. Pertanto concluderei questo argomento affermandoche, nella società moderna, tutto è in trasformazione e che, di conseguenza, icontenuti del progetto sono diversamente interpretabili, anche in presenza di

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parametri meta-progettuali noti o presumibili. I nuovi modelli tipologicidevono interpretare una realtà in continua evoluzione, realtà sociale ed urbanache è difficile osservare e comprendere.

I modelli tipologici e funzionali del passato sono praticamenteinservibili. Volendo ricercarne dei nuovi si dovrà ricorrere all'ausilio di unaspecifica e aggiornata ricerca, che tenga conto delle innovazioni scientifiche etecnologiche che avvengono nella dimensione del pianeta terra, divenuto ormaiun villaggio globale, e che si diffondono alla velocità della luce.

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ELEMENTI GRAMMATICALI E SINTATTICI DELLA

COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA

Analisi: i contenuti del progetto

Nel passato, in genere un edificio veniva costruito con precise finalità,

ovvero per assolvere a determinate funzioni legate all’abitare, alla produzione,a specifiche funzioni pubbliche, direzionali, terziarie, ecc…

Secondo una logica razionale anche per evitare diseconomie edisfunzioni, prima di iniziare qualsiasi progetto, dovremmo disporre di unelenco ben definito di funzioni, alle quali l’oggetto che si progetta deveassolvere.

Questa prassi va seguita, non tanto per ossequio al principio che debbaessere la funzione a condizionare la forma della struttura architettonica, quantoper capire a chi, e a quali attività, questa sia destinata (form follows function,di Sullivan) e per soddisfare le esigenze legate a tali attività.

Nelle esercitazioni didattiche di qualsiasi corso di progettazione, icontenuti del progetto sono, in genere, predefiniti in maniera esplicita in unprogramma.

Nella prassi professionale avviene che il tema progettuale enunciato(edificio, complesso d’edifici, parco, piazza, strada) ci offre, per sé stesso, delleindicazioni in forma implicita. Altre indicazioni possono essere esplicitate dalcommittente o dal soggetto fruitore. Tuttavia, poiché oggi viviamo in unasocietà in continua trasformazione, è sempre più difficile applicare i principi diuna corretta programmazione di qualsiasi forma di sviluppo e di pianificazionedella città. Esigenze funzionali sentite un decennio addietro oggi divengonosuperate dalla tecnologia e dall’evolvere dei tempi. Ciò porta a considerare gliedifici che non abbiano una specifica destinazione residenziale, dei contenitori,che abbiano la caratteristica della flessibilità nelle loro parti, di ospitare un mixdi funzioni o diverse funzioni mutanti. Se l’individuazione dei requisiti delprogetto è affidata al progettista, questi potrà, di conseguenza, fatte le dovuteindagini, meglio precisare il funzionamento dell’edificio. Se le funzioni che visi devono svolgere non sono note, si dovrà avviare una specifica ricerca rivoltaa definire le funzioni contenute nell'edificio o nel complesso architettonico. Sequeste non sono univocamente determinate nel progetto, si dovrà ricorrere atecniche che garantiscano la flessibilità e la diversa utilizzazione degli spazi.

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Talvolta si dà il caso che il progetto possa riguardare un complessoarchitettonico che comprenderà più funzioni e, di conseguenza, anche piùedifici. È questo il caso di edifici plurifunzionali, o di progettazioni complessedi riqualificazione urbana, nelle quali si presenta anche il problema delriutilizzo di strutture preesistenti.

Preso atto delle destinazione d'uso a cui deve essere destinato l'edificio,o il complesso da costruire (residenza, scuola, biblioteca, teatro, ufficio,mercato, struttura commerciale, ospedale, o struttura sanitaria, casa di cura,carcere, museo, edificio per il culto, servizi terziari di qualsiasi genere, e allimite complessi capaci di contenere le più diverse e molteplici funzioni), ilprogettista si dovrà rendere conto di quale possa essere l'organizzazione, ladimensione e la gerarchia degli spazi che le diverse attività previstenell’edificio esigono.

Si può notare che nel passato, come si può constatare in uno deimanuali compilati nell’Ottocento, ad esempio nel “Le precis” del Durand o nel“L’architettura pratica” del Cavaliere Giuseppe Valadier, alle diversedestinazioni corrispondevano altrettante precise tipologie di edifici. Nel passatosoltanto in alcuni casi il tema progettuale è stato slegato da particolari esigenzefunzionali. È il caso di alcuni monumenti: stele commemorative, archi,obelischi, sacrari, tempietti, che servono soltanto a celebrare o a ricordarepersonaggi e avvenimenti, ma anche a tenere in vita simboli ideali. La funzionediviene un fattore importante e decisivo nell’organizzazione degli spazi internidi un edificio urbano che ne condiziona il carattere e le qualità specifiche.

In sostanza, nel concludere è consigliabile nella maggior parte dei casi,farsi un'idea della forma e delle dimensioni che gli spazi di un edificiodovranno avere per essere idonei ad un efficiente funzionamento. Ovvero ènecessario prefigurare e descrivere esattamente, il tipo di funzione e diutilizzazione che si avrà dell’edificio o del complesso o dello spazio urbano perdare un’esauriente risposta alle esigenze di coloro che ne saranno i fruitori.

La disciplina che tratta delle diverse tipologie corrispondenti allediverse finalità si chiama, ancor oggi “Caratteri distributivi degli edifici”. Inrealtà, in conseguenza di quanto abbiamo affermato, i presupposti sui quali si èfondata tale disciplina sono divenuti meno categorici, tali presupposti sifondano sul criterio che a determinate funzioni urbane, corrispondono edificiorganizzati in un determinato modo. Nella città e nella società moderna,l’evoluzione degli usi, dei costumi, dei mezzi tecnologici, delle condizionieconomiche ha fatto venir meno ogni forma di certezza. Le continueinnovazioni dovute al progresso fanno sì che tutto diventi presto superato,

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desueto. Ciò fa venir meno la rigidità delle funzioni. Gli edifici moderni sonosempre più concepiti come contenitori duttili, capaci di accogliere più funzioni;anche le funzioni divengono sempre più labili e, di conseguenza, le tipologieedilizie meno definite e più flessibili.

Nell’architettura contemporanea, una struttura edilizia vuole avere, ingenere, un carattere innovativo, sia dal punto di vista tecnologico chefunzionale. Le tecniche costruttive si sono molto evolute. Ciò amplia lepossibilità di utilizzazione dello spazio.

Ciò fa si che il programma di utilizzazione possa configurare moltiscenari. Ciò non vuol dire che non debba essere distrutto, ma che debba esserepreventivamente data dimostrazione delle diverse possibilità di utilizzazioneproprio perché il tipo di fruizione degli spazi è flessibile, o perché l’uso che sene fa e se ne farà, è sempre diverso. La struttura dell’edificio come avviene peril Beaubourg (detto anche Centro Pompidou) ha un’utilizzazione del tuttovariabile. La stessa cosa si può dire per il centro della scienza e della tecnicadel Parc de la Villette, che vede i progetti di Tschumi. Forse lo stesso si puòdire per gli spazi del museo di Bilbao costruito da F. Gehry. In simili casi,allora, il dimensionamento complessivo della struttura può essere determinatoin via empirica, attraverso formule che utilizzano parametri riferiti alladimensione del bacino di utenza e al numero di fruitori, alle modalità digestione e all'apparato logistico. A questo punto diviene noto, quasi sempre,che l'elenco delle funzioni, stabilisce l'insieme di quelle variabili che risultanoindicazioni indispensabili a comprendere, insieme alla natura delle diversefunzioni, anche le relazioni di vario tipo che intercorrono tra loro.

È il caso, questo, di progetti con finalità diverse dallo svolgimento diattività pratiche, nei quali la funzione appare labile o indefinita: nei monumenticommemorativi, nelle piazze e negli spazi aperti.

La formazione dell'elenco dei contenuti come metodologia progettuale

All'elenco delle funzioni, seguirà una loro classificazione che leraccoglie in categorie, o gruppi, secondo criteri di omogeneità, di compatibilitàe di funzionalità. Questa classificazione faciliterà la definizione di un ideogramma, cioè di undisegno che simboleggia il concetto di organizzazione delle funzioni.

Ogni azienda, ufficio, o qualunque attività produttiva, avrà la propriaorganizzazione. Si può mettere in relazione la gerarchia del personale di una

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azienda con la gerarchia delle funzioni degli spazi a queste corrispondenti e,quindi, chiamare tale rappresentazione della gerarchia delle funzioni con iltermine, che sembra più appropriato, di organigramma.

L'organigramma è lo schema grafico che rappresenta la gerarchia dellepersone, ovvero l'ordine, o il rapporto tra soggetti superiori o inferiori.

Le funzioni, in una struttura architettonica, sono corrispondentiall'organizzazione gerarchica in cui si distribuiscono sia gli spazi piùimportanti, ove si lavora o si svolge un’attività, che quelli secondari ove sisvolgono altri servizi.

Bruno Zevi91 ha sottolineato l'importanza della funzionalità mettendo inrisalto l'assioma "form follows function" degli insegnamenti di Louis Sullivan,maestro di Frank Lloyd Wright. Egli non ha smesso mai di ricordare come suquesto assioma si sia fondata gran parte dell’architettura moderna, soprattuttoquella organica e razionalista. Zevi sosteneva: "l'elenco delle funzioni assumevalore etico e comportamentale nell'adozione di un linguaggio modernodell'architettura, che prescinde da tipologie precostituite e da organismiformalmente bloccati".

In sostanza, Zevi legava l'architettura moderna all'immenso patrimonioclassico del passato, e sosteneva che entrambi potevano essere consideraticome linguaggi alternativi di piena, autonoma validità.

Egli, per confutare i preconcetti classicisti e per intendere i messaggicontemporanei, analizzava le componenti del codice anticlassicodell'architettura moderna. Identificava così sette invarianti: 1) L'elenco:per gli architetti e per i progettisti in genere, l'osservare questa prima invariantesi impone, secondo Zevi, come fatto etico e comportamentale, che nega iprecetti e coinvolge, attraverso i contenuti, etica e socialità. Zevi, per spiegarela rispondenza dell'architettura alla funzione, analizza l'elemento finestra,elemento di tramite tra l’esterno e l’interno, la cui forma dovrebbe rivelare lefunzioni interne. 2) Asimmetria e discordanze: sono questi i caratteri corrispondenti alla reale diversità e complessità dellefunzioni e che, evidentemente, si contrappongono alla simmetria e allaomogeneità delle assonanze, che sono, invece, risultanze di artificiconvenzionali. 3) Tridimensionalità antiprospettica:

91 Bruno Zevi, "Il linguaggio moderno dell'architettura", in "Guida al codice anticlassico",Piccola biblioteca. G. Enaudi editore, Torino 1973 - II edizione.

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la simmetria (costruita su un asse che è luogo dei punti equidistanti) è un erroreportato dalla prospettiva centrale. Da nessun punto si deve vedere l'insiemedell'edificio, come avviene ad esempio nelle architetture medievali.

4) Sintassi della scomposizione quadri-dimensionale. 5) Strutture in aggetto, gusci e membrane:

Wright anticipò il "De Stijl" nella scoperta della libertà, offerta dallenuove tecnologie, di superare i vincoli dalla gravità. 6) Temporalità dello spazio:ricorda le esperienze di L. Kahn, ove l'architettura dei percorsi è distinta daglispazi di arrivo; ricorda la "Promenade architecturale" di Ville Savoye, quelladel Padiglione svizzero all'Università di Parigi di Le Corbusier, e il percorsodel Guggenheim Museum di Wright. 7) Reintegrazione edificio-città-territorio:mostra, con il termine "urbatettura", quale debba essere la vera unitaria figuradell'architetto, la cui opera è influenzata perfino dalla psicanalisi edall'antropologia.

Questa posizione di Zevi, che appariva una sorta di manifestodell'architettura organica, è stata fortemente battuta dalle tendenze che si sonosviluppate un pò dovunque, allontanandosi da questa posizione e recuperandoanche i valori della simmetria e della prospettiva centrale. Tuttavia appareimportante l’intuizione che l’architettura e l’urbanistica debbano recuperare unmomento unitario nella loro concezione.

Spazi della distribuzione

Oggi nella città si è complicata la vita soprattutto a causa deglispostamenti. Uno dei problemi più evidenti è quello dell’accessibilità agli spazipubblici e privati. Quindi il come si acceda ad un edificio e come ci si muovain esso risulta importantissimo, al fine di garantire che gli utenti possano fruireagevolmente dei suoi spazi.

Non solo di conseguenza gli spazi della distribuzione vanno inclusinell'elenco delle funzioni, ma vanno razionalizzati sin dall’uso proprio perchèessi hanno determinanti riflessi sull'organizzazione dell’intero complessoarchitettonico e sul funzionamento dell'edificio, o del complesso di edifici. Essinon sono soltanto spazi di percorrenza o connessioni risultantidall'assemblaggio di funzioni, ma caratterizzano l’intero organismo,

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determinano le modalità di avvicinamento e di accesso e di spostamentoall’interno; condizionano le modalità di fruizione e di percezione visiva: sonoessi stessi spazi funzionali.

Di conseguenza, sono da considerare come elementi primari dellastruttura architettonica.

Vanno organizzati a priori sin dall’inizio, ovvero dalla prima intuizionedel modo in cui si configura il progetto. Vanno, pertanto, ordinaticontestualmente all’analisi funzionale degli spazi contenuti nell'elenco dellefunzioni. Non possono quindi essere lasciati in secondo piano quegli spazi dirisulta derivanti dall’aggregazione di funzioni.

Citando sempre Zevi: “I percorsi rilevano la temporalità dello spazio,segnano le sequenze dei punti di percezione visiva delle architetture.Determinano la modalità d'accesso e d'avvicinamento ad un prospetto, o aduno spazio architettonico, segnano il cammino progressivo, verso un luogoinesplorato”.

Spazi dell'edificio. Diagramma dei percorsi

Percorsi e spazi connettivi mettono in comunicazione ambiti diversi di

un complesso edilizio. Un modo di distinguere i percorsi può essere quello diclassificarli a seconda della loro origine e destinazione: possono trovarsiall'esterno o all'interno della struttura edilizia.

Un altro criterio è quello di distinguerli secondo il tipo di utenza:pubblico, frequentatori saltuari, utenti abituali, addetti e personale di servizio,handicappati.92

Categorie di percorsi

Rispetto alla loro origine e destinazione, i percorsi si distinguono nelle

tre categorie: esterno-esterno; esterno-interno; interno-interno.In generale, la progettazione di un complesso edilizio viene estesa al

suo intorno; sarà necessario, quindi, ipotizzare anche quei percorsi checollegano punti e nodi esterni agli edifici. I percorsi, che compiono la

92 B. Zevi op. cit.

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traiettoria esterno-esterno, circoscriveranno gli edifici, ricollegando tra lorospazi limitrofi all'organismo architettonico (parcheggi, luoghi di sostaveicolare, stazioni delle linee di trasporto pubbliche, itinerari pedonali ociclabili di attraversamento dell'area). E' anche possibile che questi percorsi,mantenendo la loro origine e destinazione, penetrino per poi riusciredall’edificio. Dal punto di vista funzionale, simili percorsi di attraversamentodovranno offrire un’immediata visibilità all'interno dell'organismo,(attraversamenti sopraelevati e sottopassaggi, gallerie, portici, chiostri).

Le connessioni esterno-interno sono, più che percorsi di spazi moltoimportanti, punti di osmosi attraverso i quali dall'esterno ci si introduceall'interno dell'organismo architettonico. Non necessariamente, questeconnessioni debbono configurarsi come itinerari, ma possono risultare comemomenti di accesso e di sosta (atrio, portico, patio, piazza interna, galleria) lì,ove convergono sia i percorsi esterni, sia quelli interni. Gli spazi relativi aquesti movimenti vanno messi bene in evidenza, al fine di renderli facilmenteindividuabili.

I percorsi interno-interno sono i percorsi della distribuzione, checonnettono funzioni interne all'organismo: il loro studio deve esserestrettamente integrato con quello dei problemi logistici, oltrechè funzionali.Vanno definiti tenendo pure presenti le possibili sistemazioni delle attrezzaturee degli arredi, e le compatibilità tra i vari tipi di spostamenti (flussi di persone,di merci, di personale addetto, ecc.). Tutti i percorsi contribuiscono adeterminare la buona funzionalità dell'impianto. Una particolare attenzione vaposta al problema delle barriere architettoniche secondo le norme vigenti.

Il concetto di organismo

In genere, per organismo s'intende l'insieme degli organi, dei tessuti edelle funzioni di un corpo vivente. Il termine, però, indica anche un complessoformato e articolato in più parti.

Altri sistemi facenti parti dell'organismo

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Diversi sistemi, apparati ed insiemi di organi costituiscono unorganismo vivente; analogamente, un organismo architettonico è costituito daun insieme di diversi sistemi funzionali compresenti: quello dei percorsi è unsistema che regola l'accesso e la distribuzione delle persone e delle merciall'interno dei vari spazi.

Diversi possono essere, in un edificio, le reti e, quindi, i sistemi o icircuiti di natura tecnologica (idrico, elettrico, fonico, di illuminazione,telematico, televisivo di sicurezza, antincendio, di elevazione meccanica, diproduzione di energia).

Il sistema della struttura statica e quello dell’impiantistica costituisconoun insieme espressivo di elementi complessi che vanno a formare una dellecaratteristiche fondamentali dell’organismo architettonico, indistinguibile dalsistema morfologico.

Sovrapponendo un diagramma dei percorsi agli schemi diorganizzazione delle funzioni avremo un’idea più chiara di come debbafunzionare ed essere organizzata la struttura dell’organismo che stiamoprogettando. Potremo azzardare solo allora, le prime ipotesi, di soluzioniformali. Queste potranno essere configurate da molteplici schemi nei quali lastruttura dell'organismo comincia ad assumere una fisionomia architettonica.Non ci dobbiamo dimenticare che un edificio è simile ad un organismo viventeche, in quanto tale, come un corpo umano, è analizzabile nell'insieme dei suoivari sistemi: nervoso, linfatico, cardiocircolatorio, muscolare, ecc.

I diversi organi, principali e secondari, sono collegati attraversorelazioni che appartengono al singolo sistema. Ogni sistema ha un suo grado diindipendenza che, però, è ricollegabile poi all'intero organismo.

L'architettura, in quanto legata alla vita dell'uomo, è essa stessaun’organica trasformazione della natura.

Anche l'architettura razionalista è organica.93

Il termine organico compare negli scritti di William Lascaze,l'architetto americano che ha introdotto fra i primi, negli Stati Uniti, gli apportidella scuola razionalista europea.

Organico è la parola che F.Ll. Wright adopera per descrivere la suaarchitettura (e notiamo incidentalmente che egli non ha mai ammesso che illavoro di qualcun altro fosse organico, oppure costituisse architettura).

L'aggettivo fu applicato per la prima volta all'architettura di LouisSullivan, nel cui studio Wright fu impegnato. Secondo quanto spiega Claude

93 Il termine "organico" sta a significare: derivato da organismi viventi, ma anche equilibrato, ordinato nelle sue parti - “Enciclopedia Zanichelli”, La Repubblica, 1995 .

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Bragdon, devoto amico di Sullivan ed editore del suo Kindergarten Chats, inuna conferenza tenuta all'Istituto d'Arte di Chicago, nel 1915, e intitolataArchitettura Organica, egli afferma: “L'architettura mondiale presenta nellasua storia un evitabile dualismo, perché è stata organica (cioè ha seguito lalegge degli organismi naturali), o predisposta secondo qualche ideale euclideoinventato dall'uomo.”

Struttura e leggi di crescita dell'edificio

Il termine struttura è usato nelle diverse discipline con moltepliciaccezioni nel definire le caratteristiche di un edificio, di un complesso di edificie delle sue parti, per indicare la complessa organizzazione del tutto determinatosecondo criteri di distribuzione delle funzioni e secondo schemi organizzati chene razionalizzano le relazioni e i percorsi.

L'iter pre-progettuale che a questo punto è stato avviato, dopo aver giàesaminato il rapporto con il sito e l'aspetto dell'organizzazione funzionale,proseguirà delineando un’idea di aggregazione e di organizzazione spazialedelle varie parti dell'edificio.

Pertanto una volta definiti gli elementi che caratterizzano la struttura nelsenso organizzativo si potrà passare a prendere in esame le componenti o glielementi che vanno a configurare il linguaggio. La struttura (in sensolinguistico) dell'organismo architettonico, è costituita da un insieme di elementieterogenei: assialità, nodi o connessioni, giglie di misurazione, leggi disviluppo e di crescita. Molti altri schemi si vanno così a sovrapporre all'inizialeorganigramma delle funzioni e ai diagrammi dei percorsi.

Il concetto di struttura in senso linguistico si avvicina a quellodi formaed è usato, quindi, con un significato più estensivo, o generale, di come è usatanella statica, ove indica l'insieme degli elementi di sostegno di una costruzione.L a struttura, in architettura, è un sistema linguistico compiuto, che indical'insieme degli elementi costanti che reggono, contrapponendoli tra di loro, glielementi fonetici, morfologici (morfemi), sintattici (sintagmi), lessicali(glossemi), nonché le possibili scelte stilistiche (stilemi).

Distinzione delle funzioni

Nella città moderna, gli organismi architettonici tendono in genere adessere complessi per molteplicità ed eterogeneità delle funzioni.

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Una scuola, un ospedale, un auditorium, un centro commerciale, un centro diservizi polifunzionale, possono assumere dimensioni vaste e presentarediversità e complessità strutturali.

Di conseguenza, non è cosa facile, né immediata, l'aver chiaro comedebbano configurarsi sia l'organizzazione che il funzionamento del quadrodelle esigenze.

Le diverse destinazioni d'uso degli ambienti vanno classificate e distintein categorie, tenendo conto dell'importanza del loro livello di influenza, e delladimensione del bacino di utenza su cui esercitano attrazione.

In relazione all'ambito entro cui un centro di servizi esercita la suainfluenza, potremmo classificarlo diversamente, ovvero in virtù del livelloterritoriale, di settore urbano, o di quartiere.

Potranno anche essere definiti, in relazione al campo di influenza e allaloro dimensione, di livello raro, o meno raro.Alla considerazione degli aspetti funzionali è stata data molta importanza davari movimenti di pensiero; per esempio dalle Arts and Crafts, dall'Architetturaorganica, dal Razionalismo, dal Fondamentalismo di Louis Kahn, che distinguegli spazi serventi da quelli serviti.

All'interno di una struttura complessa, come può essere un plessoscolastico, od ospedaliero, o turistico ricettivo, sono individuabili unitàfunzionali primarie e unità di servizio complementari.

Oltre a queste funzioni, ve ne possono essere altre, non strettamenteconnesse, il cui raggio d'influenza può essere proiettato anche all'esterno dellastruttura funzionale.

Nonostante la molteplicità e la multiformità dei tipi di insediamento, sipossono riconoscere, in generale, alcune categorie di elementi funzionali, checompongono le strutture insediative complesse. Queste sono così identificabili: a ) Unità funzionali elementari o primarie, aventi destinazioni d'usospecifiche, che caratterizzano i vari tipi d'insediamento (residenziali, produttivi,direzionali, per servizi). I tipi edilizi corrispondenti assolvono a specifichediverse destinazioni (cellula abitativa, ufficio, aula scolastica, laboratorio,officina, ecc.) sono, oggi, nell'organizzazione della città, sempre piùraggruppate o relazionate ad altre similari o identiche, per ovvi motivi dipianificazione razionale, improntata su criteri di standardizzazione, diunificazione e di economia (aggregazioni di unità abitative, gruppi di aule,gruppi di unità di lavoro, di servizio).

b ) Funzioni complementari: corrispondono, in generale, ai serviziannessi che hanno stretta connessione con le unità funzionali primarie e sono

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ritenuti di primaria necessità (per esempio nel caso di aggregazioni abitative,spazi per il tempo libero, per lo sport, per servizi collettivi. Nel caso di plessiscolastici, servizi di gestione ed amministrazione della scuola, palestre, mense,spazi per conferenze ecc.). Tali servizi sono dimensionati e distribuiti in modotale da essere strettamente integrati alle unità funzionali primarie. c ) Funzioni connesse, ma non essenziali: al funzionamento dellastruttura: possono essere prolungamenti dello stesso, verso il territorio, e talifunzioni sono servizi di livello superiore, aventi relazioni con il territorio, noncostituenti funzioni primarie, né complementari del plesso, dimensionate inriferimento ad un bacino di utenza sufficientemente più ampio di quelle deifruitori del plesso, in modo che sia garantita la possibilità di una gestioneeconomica. E' il caso di strutture e spazi per lo sport, lo spettacolo, per lacultura, aggregazioni polifunzionali di attività amministrative, di assistenzasociale, commerciali, ed altri servizi di livello superiore (quartiere, settoreurbano, città). Tali funzioni di livello territoriale dovrebbero essere programmate inuna concezione complessiva e polifunzionale dell'organizzazione dei servizinella città, attraverso una pianificazione programmata dell'armatura urbana,come pensava Le Corbusier nell'organizzazione della Ville Radieuse e delleUnità di abitazione.

Organigramma delle funzioni

Al fine di ipotizzare un embrionale modello tipologico le funzionivanno, dunque, organizzate e raccolte in relazione alla loro affinità ecompatibilità.Questa valutazione e classificazione delle funzioni è utile per comprenderecome, ad esse, possono corrispondere delle conformazioni spaziali corrette. Laforma degli spazi e, quindi, le caratteristiche geometriche e dimensionali,vanno configurate ed organizzate in relazione a diverse valutazioni, che qui siriassumono:

a) quelle inerenti il tipo di attrezzature, di arredo, di suppellettili che sidovranno collocare in tali spazi in conformità del tipo di destinazione d'uso, diservizio, o di attività che vi si dovrà svolgere;

b) quelle inerenti i rapporti e le interrelazioni di ogni spazio e di ognifunzione ad esso corrispondenti, con l'insieme degli spazi e con la destinazionedell'intero organismo;

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c) quelle inerenti le caratteristiche ambientali e la provenienza degliutenti.La definizione ideografica dell'organizzazione funzionale consente anche dicapire l'origine e la destinazione dei percorsi e quindi di disegnare undiagramma che rappresenti i fenomeni di movimento delle persone, dellemerci, dei veicoli, ecc.

A queste valutazioni, se ne aggiungono altre che rientrano, seppure nonimmediatamente, tra gli aspetti funzionali:

e) esigenze climatiche di insolazione e di aereazione;f) esigenze di generale continuità, o fluidità di percezione visiva dello

spazio;g) criteri di buon senso, di ergonomia, di ergotecnica.In una struttura architettonica complessa, spesso molte funzioni

equivalenti, ovvero aventi la stessa importanza funzionale, sono reiterate. In altri casi, si presenta un’organizzazione gerarchica, in cui le funzioni

assumono ruoli ed importanza diversi. Se le funzioni sono tante, e di diversa importanza, sono, tuttavia,

ordinabili per analogia o per compatibilità, in modo da essere, nell'uno enell'altro caso, raggruppabili in grandi moduli geometrici; le meno importantiavranno una relazione di subordine con una di quelle più importanti.

Nell'uno e nell'altro caso, si potrà formare un sistema geometrico,all'interno del quale esisteranno figure eguali, corrispondenti a spazi confunzioni equivalenti, oppure insieme di figure geometriche subalterne e figuredominanti.

Relatività dell'assunto funzionalista

La materia che studia le tipologie architettoniche, in relazione alla lorodestinazione d’uso, e quindi, in conseguenza di una analisi funzionaledell'edificio, si chiama: Caratteri distributivi degli edifici94.

94 Da ricordare l’opera di Pasquale Carbonara , “Architettura Pratica”, UTET, Torino.

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Premesso quanto sopra, a proposito delle mutate esigenze di una societàin cui tutto si evolve e muta rapidamente e, quindi, anche le esigenze cui glispazi devono rispondere, l'aforisma funzionalista “la forma segue la funzione”,diventa meno certo. Proprio perché spesso, nel momento di affrontare un temaprogettuale, viene meno un modello tipologico precostituito, essendo mutati icriteri funzionali e, di conseguenza, anche la configurazione tipologica,bisognerebbe pensare ad un’architettura in continua evoluzione.

Se queste attività non sono sufficientemente note, è necessario, perdefinirle, un lavoro di indagine, da svolgersi unitamente a esperti neglispecifici campi disciplinari. Questo è indispensabile tanto più quando il temaprogettuale è ampio, e quando ci s’interessa di edifici che devono ospitareattività ad alta specializzazione, a contenuto tecnologico avanzato e quando sitratta non di funzioni singole, ma di plessi plurifunzionali.

Prima verifica delle dimensioni degli spazi

Definito un programma di lavoro se ne può trarre l'elenco dellefunzioni. Partendo da questo, si può predisporre un abaco, nel quale sianovisualizzati tutti gli spazi del complesso insieme di funzioni, cui devonoassolvere le varie parti dell'edificio, o dell'organismo architettonico daprogettare. Si compirà, contestualmente, l'operazione di attribuire una formageometrica provvisoria che visualizza la dimensione di ogni spazio compresonel programma.

Si potrà così, una volta rappresentate in scala, su un unico grafico, levarie entità, avere una verifica generale di quali siano le grandezze d’ognispazio e quali i rapporti dimensionali tra di essi, in termini di superficie e,attribuendo poi alle singole aree le varie altezze, avremo anche un’idea dellacubatura che il progetto sviluppa.

Dopo aver preso conoscenza di ogni funzione e delle sue relazioni conl’insieme del complesso, si potrà estrapolarle dall'elenco, e approfondire icontenuti separatamente, consultando le indicazioni di un manuale, o di esperti.Si verificherà la dimensione degli spazi analizzando più dettagliatamente tuttele problematiche legate alle singole necessità (elevazione, accessibilità,circolazione e movimentazione di persone e merci, sintesi ergonomiche).

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Bisognerà procedere, ragionando, all'esame delle corrispondentiinterazioni della singola funzione con le altre.

Se le funzioni sono tante e diverse, saremo anche obbligati adistinguerle secondo la loro importanza. Come abbiamo già visto, L. Kahn, adesempio, distingueva gli spazi loro corrispondenti in spazi serviti (con funzioniprimarie) e spazi serventi (complementari ai primi). Una catalogazione inclassi, definite secondo il tipo di servizio o di utenza, non sempre è possibile.Quando si tratta di servizi urbani la loro tipologia può essere definita anche inrelazione al bacino di influenza (locale, di settore, di quartiere urbano), al tipodi interesse, (pubblico o privato), alle modalità temporali del servizio (continuoo discontinuo).

Le funzioni vanno distribuite e raccolte in ragione della diversaclassificazione, in ragione del tipo di relazione che hanno con le altre, maanche secondo criteri di economia di spazio, e di brevità delle percorrenzenecessarie a trasferirsi da una all'altra.

Coordinazione modulare e metrica. Relazioni geometriche

La coordinazione delle parti permette il corretto sviluppo del processoprogettuale alle varie, successive scale della progettazione.

Le scale di rappresentazione del contesto in cui si inserisce il progetto,in genere sono quelle proprie delle analisi territoriali e dell'urbanistica, sono:1:10.000, 1:5000, 1:2.000, 1:1000.

La progettazione edilizia vera e propria si disegna alle scale: 1:500,1:200, 1:100, e in rapporti cosiddetti minori, che possono arrivare per quantoriguarda particolari e dettagli sino alla rappresentazione alla dimensione delvero, cioè alla scala 1:1.

Avendo preordinato un organigramma corrispondente ad un’ipotesid’organizzazione e di relazione delle distinte parti, si dovrà confrontarlo con lelinee di forza nella struttura gerarchica dei percorsi.

Si riscontrerà che i percorsi principali sono coincidenti, in genere, congli assi di sviluppo e di crescita, a cui si legano le varie parti dell'organismo.

Si propone allora uno o più schemi funzionali, sforzando di trovare leconnessioni, cioè di rendere coerente il più convincente di questi schemi con ildiagramma dei percorsi. Nei punti nodali saranno ricondotti i percorsiorizzontali e verticali, sia i percorsi esterni che quelli interni. Tali punti nodaliassumeranno diversa importanza, a seconda dell'importanza dei percorsi stessi.

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L'elenco delle funzioni e lo studio della loro organizzazione, nonché lostudio dei percorsi, come ho detto, ci permette di individuare la strutturadell'organismo architettonico. A queste operazioni, deve seguire quella dianalizzare i singoli spazi e le funzioni che questi devono contenere. Molti spazisono simili e hanno dimensioni ricorrenti e ordinabili di entità geometrichecommisurabili attraverso un modulo.

Queste operazioni di dimensionamento consistono nell'estrapolare da unprogramma l'elenco delle funzioni, nell'attribuire ad ogni funzione le superficie i volumi loro corrispondenti. Tali operazioni devono essere compiuteanalizzando le singole parti, astenendosi da ogni tentativo di configurazionedella forma dell'insieme architettonico. Ciò al fine di non porre a priori vincolidi natura formale. Si definirà semplicemente un abaco delle superfici attribuiteai vari spazi esaminati, disegnando le forme che ci sembra possano meglio lorocorrispondere, mettendo così a confronto tali dimensioni su un foglio di carta.Ciò anche al fine di costituire gerarchie dimensionali. Avremo, a tal punto, unaserie di indicazioni che ci aiuteranno a porre in relazione geometrica le varieforme tra di loro.

Il modulo (o piccola misura)

Qualsiasi siano le dimensioni richieste nell'elenco-programma, o nelleprescrizioni normative, le superfici possono sempre essere ridotte o ricondottea multipli di un’unità di dimensioni minime, assunta come elemento formale dicommisurazione geometrica.

Tale ricerca di una piccola misura, identificata come minimo comunemultiplo, non dev’essere finalizzata alla definizione della forma, ma èstrumentale al fine di coordinare e mettere insieme le parti e le componentitecnologiche.

La modularità è presupposto strumentale indispensabile per il correttoproseguimento della progettazione alle successive scale di intervento, affinchétutte le parti dell'edificio (strutture, giunti, serramenti, finestre, pannelli ditamponatura, ecc.) trovino riscontro geometrico in una griglia di riferimentocomplessiva.

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Il modulo della tecnologia

Da un’indagine sulla dimensione con la quale i vari materiali sonoprodotti dall'industria, si desume che esistono una serie di vincoli dimensionali,dovuti ai sistemi di produzione (calandri, stampi, squadratrici, trancatrici,presse, piegatrici). Questo determina le misure minime e massime di moltisemilavorati. A questi vincoli dimensionali gli architetti devono attenersi nelprogetto. Se ne può, quindi, ricavare un’unità elementare standardizzata,definibile anche con l’espressione “modulo tecnologico”. Tale piccola misurasarà corrispondente a parti, in altre parole alla dimensione degli elementicostruttivi più ricorrenti: la misura di una finestra, la dimensione di un pannellodi gesso, o di una porta, di un gradino, e così via. Questa misura minima èanche un multiplo delle misure UNI che tendono ad uniformarsi a livellointernazionale. Il modulo più usato nella progettazione è un modulo 30x30 cm.

Questa misura ben si accorda con le dimensioni con cui vengonoprodotti dall’industria molti semilavorati: laminati plastici, lastre di vetro,d’acciaio, di marmo, i compensati lignei; prodotti che vengono, in genere,estrusi da calandrature nelle quali la larghezza dei cilindri e di 120-180 cm.Gran parte degli elementi di arredo, ma anche degli elettrodomestici familiari,viene prodotta con dimensioni 60x60 proprio per evitare problemi nell’impiegodei semilavorati utilizzati per rivestire un frigorifero o una lavatrice. Sfuggonoalla necessità di essere coordinati con detto modulo soltanto alcuni materialitradizionali, quali i mattoni, i forati, la pietra da taglio, il cemento armatogettato in opera. Tale modulo è un’entità di misura che non assume alcunavalenza o significato di carattere compositivo o formale, ma tende soltantoall'unificazione e alla possibilità di sostituire parti e componenti, prodottedall'industria, all'interno di un sistema unificato di misurazione ed’assemblaggio.

Il modulo della composizione o modulo della forma

Particolare interesse nella misurazione, e conseguente articolazionedelle parti, avrà, invece, un modulo spaziale, o tridimensionale, che è didimensioni più ampie, e che avrà per lato un multiplo dell'altro moduloelementare o "tecnologico", che corrisponderà ad articolazioni funzionali dello

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spazio, quali ambienti, parti di ambienti, o aggregazioni di aree capaci dicontenere funzioni.

Questo modulo più grande, che potrà chiamarsi modulo della forma, omodulo della composizione, sarà capace di misurare spazi e funzionicorrispondenti, diventare elemento visibile, materico, che potrà essere assuntoper cominciare a costruire le geometrie della composizione architettonica.

Il reticolo come controllo

Sommariamente dimensionate e definite le forme corrispondenti aglispazi interni ed esterni, di cui ormai si conosce un primo schema organizzativo,si può procedere alla loro disposizione ordinata, servendosi di un sistemageometrico di misurazione e di controllo.

Questo sarà dato da uno o più reticoli sovrapposti, sfalsati o ruotati traloro, che andranno a misurare sia gli spazi interni che quelli esterni all'edificio.Quindi, tali reticoli saranno estesi ad uno spazio più ampio di quello occupatodall’area di sedime.

Quando si sarà precisato un modulo tecnologico, capace di misurare icomponenti del sistema edilizio, il campo, o ambito di intervento, potrà esseremisurato dal reticolo a maglie ancora più ampie, multiple del reticolotecnologico e del modulo compositivo.

Il linguaggio e i riferimenti culturali

Sembra importante, a questo punto, introdurre un altro discorso che èquello riguardante il vero problema che ha l'architetto rispetto all’arte delcomporre: quello di parlare una lingua e, insieme, di possedere un sistema dicomunicazione dei messaggi e, quindi, quello di scegliere un modellolinguistico all'interno di questa grande Torre di Babele che è oggi il mondodell'architettura.

A riguardo invito gli studenti a dotarsi di una Storia dell'architetturamoderna. Le più note sono: quella di Bruno Zevi, quella di LeonardoBenevolo, quella di Siegfried Giedion, intitolata “Spazio, Tempo eArchitettura”, quella di Charles Jencks e quella di Kenneth Frampton, intitolate“Modern Architecture” e “A critical History of Architecture”.

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La composizione

Tra le discipline insegnate nelle facoltà di architettura, fondamentale èsempre stata, sino agli anni Ottanta la Composizione architettonica. Così si èchiamata, con una definizione non immediatamente intelligibile, in uso nelleBeaux Arts, per decenni, la materia in cui l'esercitazione progettuale avevaprevalentemente una finalità estetica.

L’idea del comporre, ovvero del mettere insieme, non sottendesemplicemente quella di progettare edifici, ma di comporre edifici belli,decorosi, armoniosi, così come si compone, creando, nelle altre arti: nellamusica, nella poesia, nella pittura. Alla lettera, “comporre” vuol dire “porreinsieme”.

Quello della valenza artistica della progettazione architettonica, è undiscorso complesso e che, come abbiamo visto, ci porta in un ginepraio diquestioni estetiche, storiche, filosofiche, che investono le tematiche della città edel vivere, che fomentano le diatribe sulla forma e sul contenutodell'espressione artistica.

La composizione, quell'arte che gli inglesi chiamano design, checorrisponde a disegnare, progettare, fare modelli, assai diversa dal drawing,che significa tirare linee, non consiste soltanto nella commisurazione (ininglese proportion), o nella giustapposizione di forme indipendenti, ma nellacostruzione, attraverso più elementi, di un disegno complesso in cui giocanoun ruolo importante i nessi e le relazioni tra le figure geometriche.

Le forme geometriche di controllo della composizione

Le Corbusier ricerca nelle antiche proporzioni greche i valori autenticidella bellezza. Nelle sue architetture predica: "Un volume est enveloppé parune surface qui est divisée suivant les directrices et les génératrices de cevolume. Les architectes ont aujourd'hui peur des constituantes géometriques

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de la surface. Les grands problèmes de la construction moderne serontrealiser sur la géometrie".

Le forme geometriche, piane, elementari, che siamo abituati ariconoscere con immediatezza sin dall'infanzia, sono il quadrato, il cerchio, iltriangolo ed i poligoni. Parti elementari di tali figure sono le rette, i segmenti.

Marcello Petrignani ha dedicato il capitolo terzo del suo saggio“Disegno e progettazione “ALLA CONFIGURAZIONE E STRUTTURAZIONEGEOMETRICA””.

La geometria, secondo Albert Einstein "allorché viene applicataall'indagine dello spazio fisico, cessa di essere una scienza assiomatico-deduttiva e diviene una tra le scienze naturali, la più vecchia in verità".

Sappiamo, dalla geometria analitica, che le rette sono circonferenze chesi congiungono all'infinito, quindi anche le circonferenze sono riconducibili adun insieme di infinitesimi segmenti rettilinei o a poligoni con un numeroinfinito di lati. I volumi elementari, quelli che più piacevano a Le Corbusier, esui quali egli tentò di fondare un codice linguistico, sono il cubo, la sfera, ilcono, il parallelepipedo.

Sono questi gli stessi volumi che s'individuano nelle incisionipiranesiane, che rappresentano la “forma urbis”. Tutti questi volumi possono essere visti come generati dallo slittamentolungo una direzione, o dalla rotazione, intorno ad un asse, delle formegeometriche elementari (quadrato, rettangolo, cerchio, triangolo, poligono). I poliedri, pur essendo costruiti da forme più complesse, sonoscomponibili in volumi elementari.Tuttavia, nonostante si cerchi spesso di costringere le forme entro la geometria,nell'architettura, e in generale nelle opere figurative, possono trovare vitaforme molto complesse ed organiche, con una ricchezza estrema di causegeneranti e di situazioni venutesi a costituire spontaneamente, così comeavviene del resto in natura, ove leggi geometriche sono determinate soltantonelle microdimensioni che regolano, per esempio, la struttura dei cristalli.

È dimostrato che alcune forme o aggregazioni di forme semplici, seripetute all’infinito, danno luogo a forme molto complesse.

Le figure poligonali regolari, e principalmente il quadrato e il cerchio,considerato perfetto, erano, secondo i rinascimentali, le forme da preferire per idiversi tipi di edifici.

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Secondo Andrea Palladio, solo il cerchio, tra tutte le figure, è“semplice, uniforme, eguale, forte e capace”, e quindi “adatto soprattutto peredificare templi”.95

La geometria

Marco Vitruvio Pollione descrive così la simmetria: “essa è ilcollegamento anonimo dei singoli membri dell'edificio e la corrispondenzaproporzionale, computata, in moduli (o frazione di modulo), delle singole particostituite a sé, rispetto alla figura complessiva dell'opera”.

Il Greco Euclide (330 - 277 circa A.C.), con i suoi “Elementi”, dette unaforma sistematica al sapere geometrico; egli mise insieme proposizioni edimostrazioni prese dalle varie fonti, e le presentò in una versione in cui fissòventitrè definizioni, cinque postulati, e alcune nozioni comuni o assiomi.

Successivamente passò alla dimostrazione, (o deduzione) delleproposizioni (o teoremi).

In sostanza Euclide, come già Aristotele, e come avrebbero fatto circaduemila anni dopo Pascal e Newton, espresse l'idea di organizzazioneassiomatica di una disciplina ideale, riducibile, grosso modo, nella scelta di unpiccolo numero di preposizioni evidenti, di quell'ambito di sapere, e allasuccessiva deduzione, da queste, di tutte le altre proposizioni vere di taleambito.Fu Cartesio, nel suo discorso sul metodo, a creare la geometria analitica. Egliinventò i famosi assi cartesiani, aventi origine da uno stesso punto che divide ilpiano in quattro quadranti e consente di associare ad ogni quadrante dueinsiemi (coordinate); l’ascissa e l’ordinata con le quali si individua qualsiasipunto.Cartesio diede il colpo di grazia all’immagine che i Greci avevano offerto dellageometria. Questo l’ha detronizzata definitivamente dal rango di regno dellamatematica e al posto della matematica geometrizzata è subentrata lamatematica algebrizzata.

Nel secolo XIX, Karl Friedrich Gauss (1777-1855) vide, con moltachiarezza, la non dimostrabilità del V postulato di Euclide e la possibilità dicostruire sistemi geometrici diversi da quello euclideo. L'apparizione appunto,delle geometrie non euclidee di Lobacewskyj, Riemann e altri, assestò un colpo

95 A. Palladio "I quattro libri dell'architettura", il Polifilo, Milano, 1966.

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decisivo alla fiducia ingenua nell’intuizione, con la sua pretesa di fondareassiomi e postulati e, quindi, giustificare l'intero edificio della geometria.Keplero, nella sua opera “Mjsterjum Cosmographicum”, riprende l’indagine diPlatone intorno al significato dei poliedri regolari nella struttura del mondo. Isolidi, o poliedri regolari convessi, detti platonici, sono cinque: il tetraedro,l’esaedro o cubo, l’ottaedro, il dodecaedro e l’icosaedro.Sono cinque perché la composizione dei loro elementi nello spazio deriva datre figure geometriche piane: il triangolo equilatero, il quadrato e il pentagonoregolare (cioè con lati e, ovviamente, angoli uguali). La condizione per avereuna figura spaziale poliedrica regolare è che in un vertice convergano almeno 3facce che non debbono stare sullo stesso piano, in altre parole la somma degliangoli al vertice deve essere minore di 360°. Tale condizione è soddisfattadall’incontro in un vertice di tre facce di un triangolo equilatero (tre angoli di60° = 180°): si ottiene un tetraedro; con 4 facce, 240°, si ottiene un ottaedro;con 5 facce, 300°, si ottiene un icosaedro; un cubo si ottiene facendo incontrarein un vertice 3 quadrati (3 x 90° = 270°); un dodecaedro si ottiene facendoincontrare 3 facce di un pentagono regolare (3 x 108° = 324°).

Platone, nel “Timeo”, associa un elemento ad ognuno dei cinque solidi:al tetraedro il fuoco, al cubo la terra, all’ottaedro l’aria, all’iconosaedro l’acquamentre al dodecaedro associa la forma dell’universo.

Nello spazio bidimensionale i poligoni regolari sono infiniti; nelle tredimensioni i poliedri regolari sono cinque; nello spazio “topologico” a 4dimensioni, i politopi regolari sono 6, mentre da cinque dimensioni in suesistono solo tre politopi regolari (gli omologhi del cubo, del tetraedro regolaree dell’ottaedro regolare).

Metodi di misura e di costruzione geometrica

La ricerca della definizione di un metodo di misurazione razionale,nella composizione architettonica, parte da molto lontano. In Grecia, architetti dell’età classica, che ebbero come esempio l’operadi Mnesicle, di Policleto, di Callicrate, usarono diffusamente costruzionigeometriche, o meglio, metodi geometrici di determinazione delle misure,applicati con varianti personali nei singoli casi.

Spesso tali costruzioni geometriche appaiono più complesse dellasemplice costruzione modulare.

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Sono regole tese a stabilire rapporti canonici e costanti tra gli elementidell'ordine, tra l'intercolumnio ripetuto e l'altezza delle colonne, o fraquest'altezza e quella delle parti della trabeazione, o tra determinatecorrispondenze vincolate delle zone orizzontali.

Tali schemi, che trovarono la loro origine nell'età classica, furonoripresi nel trattato di Vitruvio. Il tempo in cui questi lo scrisse era così lontanodall'età di Policleto, di Mnesicle, quanto noi, nel nostro tempo, lo siamo daMichelangelo e dal Rinascimento.

Al fine di documentare e rendersi conto dell’acutezza di taluni metodidi controllo, usati dagli architetti greci, si riportano alcune pagine del saggio diClaudio Tiberi, “Mnesicle, architetto dei Propilei”: sulle costruzionigeometriche poste in essere da Mnesicle.

“Gli stessi edifici classici, che esprimono, con inequivocabili segni,esatte corrispondenze di misure e, insieme, sembrano rifiutare qualunquedefinizione di rigoroso proporzionamento razionale, indirizzano la critica e lascelta. Essi mostrano la povertà degli schemi tradizionali, i pregi del metododei rettangoli R, o di metodi affini. In armonia con la classicità, secondo come noi l'intendiamo e lavediamo vivere nelle opere: equilibrio delle facoltà interiori dell'uomo per ilpossesso della realtà totale, il metodo nuovo offre, insieme con il fascino di ununico semplice principio geometrico, possibilità pressoché illimitate di liberascelta (... specialmente i rettangoli più grandi delle serie offrono un insiemelimitato di valori ben distinti), di varietà di rapporti di forme; permette di fardipendere, da quell'unico principio, non soltanto le linee generali dellefabbriche, ma i più minuti particolari; ha già in sé, sul piano puramentematematico, come mostrano le relazioni fra i segmenti caratteristici,accostamenti suggestivi di numeri razionali e irrazionali, identificazione divalori praticamente uguali, ma teoricamente distinti, residui insoluti. L'esamecritico delle fabbriche classiche, rivelando senza equivoci che il principiogeometrico, qualunque fosse stato, non dominò gli architetti, ma fu dominato;mi fa ritenere che Mnesicle lo piegasse al proprio gusto con mano sicura,vivificandolo con interventi non grossolanamente rivoluzionari, masostanziali.”

“A giudicare dalle osservazioni che abbiamo fatto, possiamo notare neiPropilei una diffusa tendenza a comporre figure l'una accanto all'altra, agenerare direzioni lievemente spostate, o inclinate rispetto alle fondamentali,a spezzare rapidamente gli equilibri di misure ripetute in un gioco incessantedi variazioni; un costante rifiuto di scelte ovvie, alla ricerca di esiti asperrimi,

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impazienti, da contrapporre al principio esatto, alla cura meticolosa deiparticolari, al paziente amoroso trattamento dei materiali. Così, la personalitàdell'architetto si conferma originale e coerente, la formazione classica, liberae articolata.”

Il rettangolo R è una figura geometrica piana definita dal II° teorema diEuclide.

Il rettangolo R si costruisce con i lati che sono le proiezioni dei duecateti di un triangolo rettangolo sull’ipotenusa dello stesso.

Il rettangolo R così definito è equivalente al quadrato che ha per latol’altezza relativa all’ipotenusa. I rettangoli R sono ordinati in varie serie di valori, ognuno nel rapporto8 : 9 col precedente e, fra loro; le serie sono legate da rapporti uguali a quellefra i vari segmenti caratteristici del rettangolo.

Figure geometriche semplici e figure complesse

La geometria è governata da leggi che sono comuni anche allamatematica.

La geometria applicata alla matematica si differenzia dalla geometriafisica: la prima sviluppa i suoi teoremi a partire da premesse, in cui il rapportocon gli oggetti del mondo diviene irrilevante; la seconda si configura comeuna branca della fisica.

Equazioni lineari, sistemi, equazioni differenziali, servono a identificarepunti, linee, figure, nel piano e nello spazio, in riferimento al punto d'incontrodegli assi cartesiani, che costituiscono il nostro sistema di rappresentazione.

La matematica risulta astratta e vicina alla filosofia; la geometria,quando non sia analitica, descrittiva, è una scienza semplice, la quale governala composizione architettonica.

Quando disegnamo sul piano una figura qualsiasi, complessa,scopriamo che essa si può scomporre o suddividere in una sommatoria di parti,assimilabili per difetto o per eccesso a forme elementari: il quadrato, ilrettangolo, il cerchio, il semicerchio, il triangolo, l'ellisse. Tutte le altre forme,complicate che siano, trapezoidali o ameboidali, sono suddivisibili in tanteparti, che alla fine risulteranno inscrivibili in figure elementari.

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La geometria di queste forme elementari rende evidente le mediane e lediagonali. Questi elementi direzionali corrispondono agli assi di simmetria,intesi come luoghi dei punti costituenti le figure equidistanti tra loro. Quando nelle figure sono presenti soltanto direzioni equivalenti, si haun effetto di “staticità” della forma stessa, come avviene nel cerchio, nelquadrato, nel triangolo equilatero, nel poligono regolare. Queste formemantengono il loro baricentro centrale e risultano isometriche.

In generale si definisce isometria, in uno spazio misurabile, latrasformazione per la quale in uno stesso piano una coppia di punti A e B siaassociabile ad un’altra coppia di punti A’ e B’ in modo che la distanza A-B siauguale alla distanza A’-B’. Le isometrie sono trasformazioni lineari. Nellageometria classica, le isometrie sono combinazioni di traslazioni e rotazioni. Letraslazioni sono rotazioni che hanno il centro all’infinito.

L’isometria di una forma si altera con facilità. Tale fenomeno èevidente in ognuna delle figure suddette in cui non prevale alcuna direzione traquelle in essa presenti; essa è accostata ad un'altra, oppure si sottrae edaggiunge ad un lato un’entità che faccia distinguere tale lato dagli altri,spostando il baricentro nella figura. Quando tale operazione si compie su due lati contigui del quadrato, simette subito in evidenza la diagonale come asse di simmetria, ovvero comeluogo dei punti equidistanti.

La geometria

La conoscenza della geometria ci dà la possibilità di sperimentare laricerca architettonica, di ordinare gli elementi, di inventare forme che, con laloro struttura, emulano quanto avviene in natura, nei cristalli, nella struttura deifiori e delle piante. R. Buckminster-Fuller, nel 1944, parlò di geometria energetica, nella qualela strutturazione di vettori in equilibrio consente un sistema di principiuniversalmente validi per il calcolo d’ogni equilibrio, mostrandoci elementisemplici, da cui derivarono le composizioni in scala edilizia e urbanistica.

Del resto, superato il sistema trilitico elementare, appena si è trattato diorganizzare strutture architettoniche più complesse e di aggregare più elementi,il problema è stato quello di riscontri geometrici nelle connessioni tra le parti.

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Evidentemente tale necessità di servirsi delle leggi della geometria edelle proprietà di alcune costruzioni geometriche, diventa maggiore via via chesi affrontano temi progettuali più ampi e complessi.

La geometria è entrata sin dai tempi remoti nella costruzione diarchetipi e di architetture, anche quelle senza architetti, in altre parolespontanee; è il caso dei trulli, nei quali si traduce, in invenzione architettonica,il rapporto geometrico di tangenza del cerchio inscritto nella cupola al quadratodel perimetro di base.

La geometria si unisce a tante altre scienze nelle costruzioni degliegiziani.

Come abbiamo già detto parlando dei rettangoli R, esiste nel tempiogreco un complesso sistema codificato di controllo e d’organizzazione delleparti. La geometria assume ruoli sempre più importanti, non solo nella forma,ma nella statica delle architetture dei romani, dei bizantini, dell'Islam edell'Estremo Oriente, nel Gotico come nel Rinascimento e nell'architetturabarocca. Del resto la geometria non è che un ramo della matematica, che studialo spazio e le figure spaziali, le proporzioni, le sovrapposizioni, le tangenze, leintersezioni, le proiezioni.

Esiste senza dubbio un legame tra relazioni geometrico-matematiche ele leggi dell'astronomia, della fisica, della geografia.

I rapporti e le leggi dell'universo sono anche leggi geometriche. Lageometria applicata all'architettura interessa molti aspetti, ma soprattutto due diquesti ci sembrano fondamentali:

1) la misurazione delle figure geometriche e dei rapporti dimensionaliall'interno della singola figura;

2) le relazioni tra più figure geometriche.

Secondo Felix Klein (1849-1925), la geometria elementare si presentacon i seguenti due caratteri legati alla percezione visiva:

1) idealizzazione dello spazio fisico, dell'ambiente, soprattutto dei corpisolidi;

2) studio delle proprietà delle figure, concepite come oggetti ideali, chepossono essere spostate, ma non deformate.

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Elementi geometrici e loro simpatia simbolista

La storia dell'architettura e la critica storica analizzano le operearchitettoniche come effetti e ne studiano le cause.

Bruno Zevi pone in luce i limiti dei vari tipi di interpretazioni, più omeno legittime ed utili, dell'architettura, e le considera, alla fine, tuttelimitative e riconducibili all'interpretazione spaziale (Zevi Bruno, “Sapervedere l'architettura”, op. cit.).

Le principali interpretazioni correnti sono riconducibili a tre grandicategorie: contenutistica, fisiopsicologica, antropomorfica:

- interpretazione contenutistica: parte da considerazioni di naturapolitica, filosofico-religiosa, scientifica, economico-sociale, materialistica,tecnica;

- interpretazione fisio-psicologica: ricerca motivazioni nella filosofiadella simpatia - la quale ha sostituito le precedenti interpretazioni estetichedelle proporzioni - che contengono il concetto del bello di per sé, e quellageometrico-matematica (Viollet-le-Duc, Friedrich von Thiersch, Adolf Zeising,Matila Ghika);

- interpretazione antropomorfica: si fonda sull’analogia con le formeumane, espresse da Aristotele a Vitruvio, e fino ad oggi. Di queste categorie, considerabili riduttive quanto si vuole, quella sullaquale vale la pena approfondire il discorso è l'interpretazione fisio-psicologicadella teoria dell'Einfuehlung, secondo la quale l'emozione artistica consistenell'immedesimazione dello spettatore nelle forme. Vale ad affermare chel'architettura è capace di trasmettere all’uomo diversi stati d'animo attraverso leforme del costruire e attraverso le dimensioni degli spazi, al pari di altre formedi arte figurativa e non: la poesia, la musica, il teatro, la pittura, ecc.

L'identificazione degli elementi strutturali

In un progetto, si compiono un’infinità di operazioni legate allageometria, che sono possibili proprio grazie alle cognizioni di questa scienza.Alcune di queste operazioni riguardano più che altro il disegno, la tecnica delprogettare, che può essere conosciuta da qualsiasi ingegnere, o geometra, operito in discipline similari.

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Va, pertanto, precisato che si addicono alla composizione architettonicanon proprio tutte le operazioni del progetto, ma, in particolare, quelle cheappartengono ad un codice metodologico: è necessario anteporre a qualsiasidescrizione in merito la definizione di alcuni concetti e, quindi, la precisazionedi alcuni termini che li sottintendono.

Tra i concetti che vanno definiti e sono da ritenersi come fondamentali,in quanto utili, sia nella progettazione urbanistica, che in quella architettonica,sono rilevabili quello di asse, quello di nodo, quello di maglia, di reticolo, dimodulo, d i margine. E', forse, utile a tale scopo esaminare dapprima ilsignificato etimologico di questi termini, per poi estendere tale significatooriginario all'uso che in genere se ne fa nel linguaggio degli architetti:Asse di rotazione: asse dal latino “axis”, la linea intorno a cui un corpo ruota.Nodo: punto difficile di una questione; legamento che si fa intrecciando duecapi all'estremità di una fune; intersezione tra due assi.Maglia: ciascuno di quei corpi che, concatenati, formano un tessuto.Reticolo: la struttura così formata di vari organi del corpo. Modulo: piccola misura, che può ripetersi.

Tra gli studi che aiutano a definire questi elementi, v'è quello di K.Lynch.

Le Operazioni geometriche nella composizione

Le relazioni tra un asse ed uno spazio aperto o chiuso sono analoghe, edassimilabili, a quelle che intercorrono tra una retta e una circonferenza (allacirconferenza è possibile inscrivere o circoscrivere un qualsiasi poligonoregolare).

La casistica prevede questi tre possibili casi: - la retta è un diametro della circonferenza: l'asse passerà per il centro

geometrico dello spazio in questione;- la retta è una secante qualsiasi della circonferenza: l'asse non interseca

lo spazio in una posizione centrale;- la retta è una tangente alla circonferenza: l'asse è anch'esso tangente

allo spazio. Allo stesso modo, due figure geometriche uguali, poste in relazione traloro, possono essere disposte in maniera:

a) da essere sovrapposte in parte l'una all'altra;

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b) in maniera tale da essere tangenti e, quindi, avere un solo punto incomune;

c) essere esterne l'una all'altra: in questo caso non avranno alcun puntoin comune.

Direzioni prevalenti in una figura geometrica

Una figura geometrica presenta sempre una direzionalità, che è espressadalle sue mediane e dalle sue diagonali, sottolineando perciò altrettantedirezioni:

- il triangolo equilatero esprime tre direzioni equivalenti, quello isosceleuna direzione;

- il quadrato esprime quattro direzioni equivalenti;- così gli altri poligoni regolari esprimono direzioni pari al numero dei

lati, secondo le perpendicolari ai lati stessi, o secondo le linee congiungenti ilcentro con gli spigoli;

- il cerchio assume infinite, o nessuna direzione.

Relazioni tra più figure geometriche

Alla circonferenza è possibile inscrivere o circoscrivere un qualsiasipoligono regolare.

Le figure geometriche uguali, giacenti nel piano, possono esseredisposte in maniera da avere una parte che si sovrappone all'altra, oppuredisposte in modo da essere tangenti per un sol punto, o avere un lato incomune, oppure essere separate l'una dall'altra, senza avere alcun punto dicontatto.

Leggi d’aggregazione e di crescita

Queste osservazioni servono a far leggere criticamente la configurazionedella pianta dell'edificio, che deve sottendere sempre un sistema geometrico euna legge di crescita.

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Le leggi di crescita sono scelte anche con riferimento al programma deicontenuti e, quindi, alle scelte tipologiche che si vengono a compiere. Esempio tipico di sviluppo lineare è quello di una tipologia a schiera,mentre esempio tipico di sviluppo polare, o di rotazione, è quello di un edificioa torre.

Operazioni geometriche

Alcune operazioni sono frequenti nel processo di ricerca delladefinizione formale del progetto, che consiste nel giustapporre o comporre leparti dell'insieme. Normalmente i ruoli del procedere del progettista sonoempirici: egli, provando e riprovando una serie di disposizioni differenti, tentadi trovare una configurazione a una proposta formale che gli appare la piùconvincente, senza per questo seguire necessariamente una logica. E' evidente che, nella maggior parte dei casi, le figure, da comporreinsieme in un progetto sono molteplici e diverse. Ogni figura può esseresostituita con un'altra, spostata in posizione diversa, moltiplicata o suddivisa. Alcuni sostengono che tutto questo può essere fatto nella massima libertà. Unteorico di questo tipo di comportamento è ad esempio Frank Gehry, la cuiarchitettura risponde a criteri molto soggettivi, fondati sul presupposto chel’architettura è un’arte simile alla scultura. Le modificazioni, che avvengono man mano che si raggiunge unamaggiore perfezione alla gestazione dell'oggetto progettuale, ci farebberotrovare in difficoltà, se non avessimo posto dei riscontri geometrici fissi aguida delle nostre operazioni.

Ci troveremmo sempre senza certezze rispetto a questi punti, o a questelinee, scelti come cardini della nostra geometria (assi e nodi della grigliacompositiva). Si compiono allora precise operazioni che permettono di farassumere ad una figura geometrica un'altra posizione diversa da quellaoriginaria. Queste operazioni sono:

a) la traslazione; b) il ribaltamento;

c) la rotazione; Queste operazioni sono tipiche del disegno di alcune tipologiearchitettoniche.

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Traslazione

Presupposto per la traslazione è l'esistenza di un asse, ovvero di unadirezione lungo la quale spostare una figura da una posizione ad un’altra.

La traslazione consiste in un movimento che farà assumere alla figurauna diversa posizione nello stesso piano, lungo una direzione, facendocompiere a tutti i suoi punti traiettorie rettilinee e parallele.

La traslazione può essere continua fino all'infinito, a meno che nonintervenga sull'asse di traslazione un elemento di blocco, che la fermi in unadeterminata posizione. La tipologia edilizia più diffusa, nella quale si ricorre ad operazioni ditraslazione, è la casa a schiera, costituita da più cellule uguali, che derivanodalla ripetizione della matrice iniziale, che passa dalla posizione originaria allaposizione contigua.

Rotazione

Presupposto per la rotazione è che esista un centro.

La rotazione è il movimento dei punti di una figura che ruota intorno adun centro, oppure di un solido intorno ad una retta. Tale retta è asse dirotazione, rispetto alla quale tutti i punti della figura geometrica che ruota, nelmovimento restano equidistanti da detto asse, descrivendo archi dicirconferenza su piani perpendicolari all'asse di rotazione. Stessa rotazione diuna figura nel piano è il movimento di una figura geometrica piana intorno adun punto che rimane fisso. Tutti i punti della figura descrivono tracciaticircolari, circonferenze aventi come centro il punto intorno al quale la figuraruota. Il centro di rotazione può essere interno, oppure esterno alla figura.

La rotazione può compiere un angolo di 360°, dopo di che l'oggettotraslato tornerà alla posizione originaria.La tipologia edilizia più diffusa, nella quale si ricorre all’operazione dellarotazione è quella della casa torre.

Ribaltamento

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Anche per il ribaltamento è necessario un asse, determinato comeintersezione di due piani.

I l ribaltamento è la rotazione di 180° o di altro angolo, rispetto ad unasse, luogo dei centri delle circonferenze descritte da tutti i punti delle figurenello spostamento. In questo caso, l'asse di ribaltamento è anche asse disimmetria rispetto alle figure e ai punti ribaltati.

Tali operazioni possono essere ripetute più volte e combinate tra loro.Esse sono, comunque, necessarie a costituire una guida nell'ordinare le parti,quando la struttura è complessa. (Esempi tipici di queste operazioni appaiononella Price Tower di F.Ll. Wright, oppure nella Tour Blanche di F. X. Sàenz deOiza a Barcellona).

Il modo in cui più forme geometriche si ripetono, può mettere inevidenza un sistema di relazioni, che coincide con la legge di crescita delleparti a costituire il tutto: esse danno luogo ad una reiterazione, che si sviluppalinearmente per mezzo di traslazioni in una direzione, oppure radialmenteintorno ad un centro.

La ripetizione lineare può tendere all'infinito; quella intorno ad uncentro dà luogo ad una configurazione che si chiude e trova il limite di crescitaquando si sia compiuto un movimento di 360 gradi.

LA PSICOLOGIA DELLA FORMA

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Tratto da: Marcello Petrignani - Renata Bizzotto - Giuseppe Caporicci - CarloMezzetti: “Disegno e progettazione”; cap. 3, “Configurazione e strutturazionegeometrica”:

- Il cerchio.“Il cerchio ha relazioni divine: un cerchio semplice ha rappresentato

fin dai tempi antichi, e rappresenta ancora oggi, l'eternità, non avendo néprincipio né fine. Un antico testo dice che Dio è un cerchio il cui centro èdappertutto ma la cui circonferenza è in nessun luogo. Il cerchio è una figuraessenziale, instabile, dinamica; dal cerchio nascono tutte le possibili rotazioni,tutte le inutili ricerche del moto perpetuo. Pur essendo la più semplice delle curve, è considerato dai matematicicome un poligono avente un numero infinito di lati. Se poi ad un cerchio sitoglie un invisibile punto della sua circonferenza questo non è più un cerchioma un Patocircolo e presenta complicati problemi. Un punto segnato sulla suacirconferenza toglie l'idea di eternità segnando un principio e quindi una finealla circonferenza stessa.... In natura il cerchio lo troviamo facilmente, basta gettare un sassonell'acqua calma.... Gli alberi crescono secondo un andamento circolare, concentrico: unasezione ne dimostra gli anelli.... La gente si dispone spontaneamente in cerchio quando deve osservarequalcosa da vicino, provocando la nascita dell'arena, del circo, dei recinti diborsa.” (....)

- Il quadrato. "Alto e largo quanto un uomo con le braccia aperte, il quadrato sta,nelle più antiche scritture e nelle incisioni rupestri dei primi uomini, asignificare l'idea di recinto, di casa, di paese. Enigmatico nella sua semplicità,nella monotona ripetizione di quattro lati uguali, di quattro angoli uguali,genera una serie di interessanti figure: tutto un gruppo di rettangoli armonici,dall'Hemidiagon al Sixton, genera la sezione aurea e la spirale logaritmica,che si ritrova in natura, nella crescita organica dei vegetali, e di particolarianimali. Con le sue possibilità strutturali ha aiutato artisti ed architetti di ogniepoca e di ogni stile a dare uno scheletro armonico, ove fissare la costruzioneartistica. E' quindi presente in ogni stile di ogni epoca, sia come elemento

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strutturale, che come superficie portante e determinante una particolaredecorazione. E' statico se poggia su di un lato, è dinamico se poggia su di unospigolo. E' magico se pieno di numeri, e può essere anche diabolico esatanico, quando questi numeri sono in rapporto tra loro, anche al quadrato oal cubo.Si trova in natura in molti minerali. E' una curva secondo Peano. Può esseretrasformato in triangoli, o in rettangoli, solo mediante opportuni tagli espostamenti. In antico aveva il potere di scacciare la peste. Ha dato forma afamose città antiche e ad edifici anche moderni, Babilonia, Tell el Amarna, ilPartenone, l'Arco di Settimio Severo, il Duomo di Pisa, Palazzo Farnese, ilMuseo a crescita illimitata di Le Corbusier, ecc. Le campate del Porticodell'Ospedale degli Innocenti di Brunelleschi sono quadrate. Nelle piante dimolte chiese, gli spazi quadrati, sottostanti alle cupole semisferiche,corrispondono alla forma più logica, come il formato quadrato dellafotografia corrisponde all'obiettivo rotondo, senza sprechi o distorsioni. Fidiausò un modulo quadrato per i suoi lacunari. Nell'Acropoli di Olimpia, lapalestra, il theecoleon, il leonidaum ed altri edifici avevano pianta quadrata"...

Costruzioni geometriche

(Da: "Disegno e progettazione", op. cit.)

“In realtà l'antica scienza euclidea, pur superata dalle nuoveconcezioni di scienziati e filosofi, non rimane confinata in uno dei tanti modipossibili di concepire il cosmo, anche se i rappresentanti delle varie arti, nonsolo figurative, hanno tentato per diverse vie, in relazione ai nuovi principiscientifici, di rompere lo spazio tridimensionale classico, nel comune intento ditrovare una nuova sintesi espressiva, che liberasse l'uomo dai vincoliparametrici della rappresentazione tradizionale. Ma tali tentativi non hannoraggiunto completamente lo scopo prefisso poiché, infatti, la realtà, come sirivela ai sensi umani, rimane sempre fondata sulle stesse basi sperimentali,indiscutibilmente tridimensionali ed euclidee, con le stesse regole, una voltavalide per l'uomo greco e, adesso, ancora le sole riscontrabili negli usualicampi di applicazione dell'uomo moderno. Come la tendenza all'astrazione eall'inorganico, che può sembrare peculiare dell'oggi, fonda le sue radici neiprimordi dell'arte greca e rimane sempre fedele ad una idea, così la

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geometrizzazione del reale che, dai tempi antichi ad ora, risulta sempreespresso in termini euclidei.

Come il tempio greco, così la costruzione moderna, si basa su unsistema geometrico fondato dai greci, ormai connaturato al pensiero umano,filtrato attraverso i secoli e, quindi, non più greco, ma patrimonio dell'uomooccidentale. E' così che Le Corbusier può ricercare nelle antiche proporzionigreche i valori autentici della bellezza delle sue architetture e può predicare intermini di pura geometria euclidea: “Un volume est enveloppé par unesurface, une surface qui est divisée suivant les directrices du volume, accusantl'individualité de ce volume. Les architects ont aujourd'hui peur desconstituantes gèometriques des surfaces. Les grands problèmes de laconstruction moderne seront realisés sur la geometrie” .

E' merito dei pitagorici se le conoscenze scientifiche di allora siinserirono in un sistema che, con precisa distinzione tra contingenza euniversalità, da un ristretto numero di verità, giunse alla formulazione di leggisintetiche generali, applicabili a tutti i problemi tra loro analoghi”.

Matematica e geometria

“Matematica significa, tra l'altro, insegnamento, e la scuola diPitagora usò il termine con particolare riferimento ai numeri, cioèall'esercizio intellettuale che, da una reale figura geometrica, permettel'astrazione di qualità universali. Invarianti che, indipendentementedall'esperienza sensibile, possono correlare il complesso mondo formale dove,al valore immutabile della realtà qualitativa della forma, è applicabile lalegge generale. Così una figura geometrica, di qualsiasi materiale, avrà, perl'intelletto, sempre le stesse qualità formali e ad essa saranno sempreapplicabili le stesse leggi geometrico-matematiche. Il metodo pitagorico nonrimase a livello di programma, e le scoperte e le cognizioni, con cui ampliò ilcampo scientifico, dimostrarono quanto fosse produttivo. Il concetto che laforma geometrica, o il numero rivelino una realtà immutabile ed eterna,atemporale, al di fuori della realtà eterogenea, condusse più tardi Platone adefinire forma e numero come memorie di realtà ideali, conoscibili solo con laragione, determinando una profonda crisi della scienza protrattasi fino alMedio Evo. Il metodo pitagorico venne poi ritenuto tanto perfetto che da essoprese l'avvio la moderna matematizzazione del fenomeno fisico.

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Queste due tendenze erano già in atto nel processo della scuolapitagorica. La prima trova riscontro nella particolare prospettiva in cui i grecivollero confinare il sapere, cioè fuori dal contatto impuro con la pratica, percui anche la scienza dei numeri ripudia il calcolo (logistico) proprio degliegizi e dei babilonesi, e sistema la geometria fuori dal suo significato originaledi misurazione della terra, per innalzarlo sul piano intellettivo a descriverel'universo in termini numerici. Livello ideale, trascendentale e contemplativo,dove le leggi matematiche prendono il posto dei processi fisici della filosofianaturalistica precedente, e che diviene una sorta di misticismo religioso-matematico”.

Numeri ed armonia

“La seconda tendenza, accogliendo il retaggio della pseudo scienzaorientale e della tradizione ionica, che non postulava sostanziali differenze traprocessi naturali e tecnici e considerava le arti pratiche in complementaritàcon la natura, si manifesta agli inizi della teoria pitagorica e inserisce nellavisione cosmologica il numero a rappresentare e a spiegare immutabilmentequalsiasi aspetto dell'universo e quindi anche le arti pratiche. Da quest'ultimaconsiderazione, per mezzo dell'applicazione matematica ai fenomeni fisici, conil constatare che i rapporti musicali potevano essere espressi in numeri, ipitagorici ritennero di poter esprimere con numeri interi l'armoniadell'universo e si addentrarono in uno studio sulle armonie geometriche(proporzionalità) per determinare, in maniera consona alla mentalità greca,quelle forze strutturali di collegamento tra gli elementi mutevoli della realtà.

Col ponte gettato tra concreto ed astratto, che spiega la natura dellecose in virtù del numero, col collocare la forma così in alto da organizzarecon essa l'intero universo attraverso il giusto discorso (logos) dei numeri, conun linguaggio espressivo che favoriva concezioni in cui il numero strutturato èforma (eidos), si determina lo sviluppo della teoria greca. Teoria che,inseritasi non per misurare e calcolare, ma con lo scopo di accordare inrapporti semplici le relazioni tra gli elementi geometrici delle arti pratiche,torna a concretizzarsi tangibilmente in un fare supremo, che è formulazionegeometrico-matematica della realtà, costruzioni di superfici e di volumiarmoniosamente accordati. Il numero si presenta così come realtà formale,figurata, che trova la sua corrispondenza nella notazione stessa delle cifreespresse in forma e nella sostanza dell'universo, e mentre i greci usarono dal

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V secolo A.C. una notazione matematica che indicava in numeri le letteredell'alfabeto, i numeri pitagorici vennero identificati l'uno con un punto, il duecon due punti, il tre con tre punti. Più punti formavamo una linea, più lineeuna superficie, più superfici un solido; in una sorta di fisica-matematica, ipitagorici concepirono configurazioni diverse per determinare classi dinumeri”.

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TEORIE E TENDENZE DELL’ARCHITETTURA MODERNA

Segni e psicologia nell'arte moderna

In particolare, oltre a quanto può esprimere dal punto di vistaiconografico o didascalico, un'opera può irradiare altri messaggi derivanti dallacombinazione di molti elementi: materia, colori, forme, linee. Questi elementicostituiscono segni e contengono messaggi che possono suscitare reazioni dellapsiche, in forme non controllabili, né prevedibili, né tanto meno facilmentedecodificabili. Tali messaggi arrivano alla nostra sensibile mente, che rievoca,attraverso elaborazione, ricordi perduti nella memoria dell'osservatore. Leemozioni che suscitano sono dovute non necessariamente a legami palesi traimmagini, e avvenimenti ed eventi vissuti, ma sono piuttosto conseguenti asemplici e immediate sensazioni, che questi segni rievocano.

Talvolta, la compresenza di segni significativi può avere un risultatosemantico formato da messaggi più complessi contenenti significati legati allapolitica, alla filosofia alla sociologia e ad altri campi del pensiero edell’indagine moderna.

Solo in questa chiave di comunicazione mediata, si può comprenderegran parte dell'arte moderna, soprattutto quella non strettamente figurativa, chealla rappresentazione del reale sostituisce l'uso del segno e del colore, o anchedel materiale, impiegandoli con il criterio di trasmettere, attraverso ilpotenziale espressivo che questi possiedono, messaggi che non hanno tanto lafinalità di rappresentare, quanto di dare l'idea di fenomeni e di situazioni. Quindi, le opere di artisti come Max Ernst (1891-1976), JacksonPollock (1912-1956), Alberto Burri (1915-1995) e di tutta la corrente astrattavanno lette soltanto entro codici precisi, che scoprono possibilità dicomunicazione nascoste nella psiche dell'uomo.

Lo storico e critico d’arte tedesco Erwin Panofsky (1892-1968) hastudiato i cambiamenti nella definizione e nella concezione del termine idea,avvenuta a partire da Platone, sino al XVII secolo, quando è emersa la modernadefinizione. Egli così si esprime: “Vogliamo spiegare perché una cosa è bella? Ebbene perspiegare tale perchè, il naturalista si richiamerebbe ad elementi puramentefisici, quali sono il colore, la figura e altri elementi.

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Ma queste non sono "vere cause", bensì mezzi, oppure non cause.Occorre, dunque, postulare l'esistenza di un'ulteriore causa, che dovrà essere,per essere vera causa, qualcosa non di sensibile, ma di intelligibile”.96

Essa è l'idea, o forma pura del bello in sé, che con la sua partecipazioneo presenza, o in ogni caso con un certo rapporto decisivo, fa sì che le coseempiriche siano belle, in altre parole si realizzino mediante forma, colore eproporzione.

Georg Philipp Friedrich von Hardenberg (1772-1801), detto Novalis,sosteneva che non vi fosse distinzione tra natura ed arte. Per Novalis lafilosofia è magia, ma ancor di più lo è l'arte: “la poesia è il reale, il realeveramente assoluto. Questo è il nocciolo della mia filosofia”.

F. Hölderlin (1770-1843) teorizzava la divinizzazione della natura comeorigine di tutto, della deità e dell'umanità, concezione poi rivalutata dal filosofoMartin Heidegger97.L’intuizione intellettuale per Hölderlin ha carattere estetico. La riflessione sullarivoluzione in Francia si accompagna nella sua opera “L’empedocle” a quellosulla perdita con l’unità della natura e l’essere dopo la fine dell’antica Grecia.

Un’evoluzione di questo pensiero si avrà con Schiller e Goethe.

La percezione visiva degli spazi urbani

Le relazioni intercorrenti ed apprezzabili tra l'uomo e ciò che locirconda dipendono dalle sue capacità sensoriali. Vale a dire che le sensazioniprovate nello stare all’interno di uno spazio diversamente delimitato,conformato e dimensionato, dipendono anche dal modo in cui le recepiscono i

96 Erwin Panofsky, nel suo “Idea, contributo alla storia dell’estetica”, del 1924, affermava chela ricerca dello storico dell’arte è anzitutto interpretazione e analisi di una totalità culturale incui l’opera si inserisce e da cui trae senso. Titolo dell’originale pubblicato in Germania: “Idea:Ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der alteren Kunst Theorie”, Studien der Bibliothek,Warbung.97 Martin Heidegger (Messkirch Baden- Wurttemberg 1889-1976) insegno filosofia a Friburgo ,ove fu rettore nel 1933. La sua opera fondamentale è “Essere e Tempo”. Egli si è chiesto qualesia il vero essere dell’Ente riprendendo interrogativi sui quali si erano agitati Aristotele ePlatone.L’uomo non è un che cosa, ma un chi, un’esistenza (existenz): il suo modo di essere costituitoè di “essere nel mondo” (In der Weltsein), come parte del tutto ma come apertura ad esso, ciòin quanto egli abita nel mondo e ne ha cura, in quanto è famigliare con esso.

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singoli soggetti. Tuttavia, anche le sensibilità di individui normali non sidiscostano le une dalle altre. Perciò ogni forma rientra all’interno di unacasistica, che la geometria ci aiuta a descrivere.98 Ogni spazio suscita in noi unanuova emozione già provata, oppure ci evoca una emozione, o la sorpresa divederlo per la prima volta: strade, piazze, grandi spazi, terrazze panoramiche,luoghi centrali nelle città. Gli spazi che ci affascinano di più sono le piazze.Come diceva Robert Venturi, in “Imparando da Las Vegas”, “gli architettisono sempre stati stregati da un solo elemento del paesaggio italiano: laPiazza” Nelle relazioni intercorrenti tra un edificio e gli altri giocanoprevalentemente le condizioni di percezione visiva che cambiano a secondadella posizione dell’osservatore, se ci si pone all'interno, o all'esterno del sito.

Le prospettive che si godono da un punto di osservazione verso lospazio circostante sono le più diverse a 360°.

Sono le visuali che si hanno da vari punti di vista che hanno rilevanzamodificando e diversificando il modo con cui può essere progettato un edificio.È logico che le visuali più importanti si godano dalle vie di accesso, e quindi dapunti esterni ubicati lungo gli itinerari di avvicinamento.

Ai fini della percezione visiva nella città, v'è necessità di costituirel'unità tra l'idea con cui è concepita la struttura urbana e quella con cui è vistol'edificio singolo.

Questa esigenza estetica degli spazi urbani rilancia e riqualifica il ruoloculturale e la figura del progettista unico (architetto-urbanista), nel senso in cuilo erano stati Domenico Fontana, Lorenzo Bernini, Bernardo Rossellino,Mansart, Vanvitelli, Le Corbusier, Louis Kahn.

Per questo motivo, dunque, è importante che i progettisti venganoeducati alla percezione visiva, prestando particolare attenzione allo studiodell’aspetto visibile dello spazio urbano.

98 Le forme più note sono quelle dette “pure”, il quadrato, il cerchio, il triangolo, i poligoniregolari. Anche nelle tre dimensioni, i volumi puri sono ottenuti da alcune operazioni semplici:la traslazione, la rotazione. Questi volumi puri ottenuti attraverso una di queste operazioni, daforme semplici ( il quadrato, il triangolo, il cerchio, il rettangolo) sono il cubo, la sfera, il cono,la piramide ecc… Ogni forma è riconducibile nella nostra memoria ad altre forme note; così irapporti tra forme geometriche, tra volumi nello spazio tra forme e volumi sono riconducibili asituazioni già viste.

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Lo studio dell’immagine della città

Troppo spesso, nelle nostre scuole di architettura, si trascurano gli studidi psicologia della forma (o Gestaltpsycologie). Queste problematiche, infatti,non trovano un’adeguata collocazione nei piani di studio, anche se da tempofanno parte di un aspetto culturale noto.

Gli studi di Rudolph Arnheim99, sulla psicologia della visione e sullapercezione, hanno influenzato le arti visive, in particolare la grafica e la pittura,e hanno rappresentato soltanto una chiave di lettura secondaria, pocosistematica e quindi poco scientifica dell'architettura: nel suo insegnamentohanno per lungo tempo prevalso i temi funzionalistici e razionalisti.

Personalmente sono convinto che le componenti psicologiche debbanoassumere quell’importanza che non hanno mai avuto, nella ricerca e nellostudio dell'architettura e dell’immagine dell'ambiente urbano.

Una certa confusione è stata determinata dalla circolazione di nuovesollecitazioni e di spinte propositive, che hanno visto l’idea di città balzaredalla dimensione reale, se pur ideale, ad una dimensione irreale. Dallaconcretezza di Pienza, nella concezione e nella realizzazione di BernardoRossellino, che interpretava la cultura umanistica di Pio II, si è passati alladimensione onirica carica di presagi di una caotica città del futuro, di cui idisegni di Antonio Sant’Elia e dei futuristi rimangono testimonianza.

Questi disegni annunciavano e denunciavano il dramma della città chesi trasforma in metropoli, dramma che noi stiamo vivendo ormai a distanza diun secolo. Purtroppo la città contemporanea, che vediamo espendersi adismisura, non ha né forma, né identità.

Il monumentalismo, la retorica della grande dimensione e la dimensione a

misura d’uomo

Il monumentalismo con i suoi accenti retorici e ridondanti èimperversato nell'architettura di tutti i tempi, proliferando nelle nazioni ovegovernavano regimi assolutistici. Questo è dovuto al fatto che ai potentidominatori di qualsiasi specie, fossero faraoni, re, imperatori, pontefici, tiranni,

99 Rudolph Arnheim, “Arte e percezione visiva“, Feltrinelli, Milano, 1971 (1954) e “Verso unapsicologia dell’arte”, Enaudi, Torino, 1969.

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dittatori è sempre stato ben chiaro che, mentre la loro vita sarebbe finita nelmondo dell’oblio con il trapasso, diversamente, i monumenti da loro erettisarebbero rimasti come testimonianze durature, sopravviventi alla loro effimeraesistenza terrena; per questo hanno affidato a grandi costruzioni di pietra lamemoria della loro grandezza.

La costruzione di “grandi opere” ha, nella gran parte dei casi, finalitàdemagogiche: si costruiva per la gloria di colui che inpersonifica l’autorità, maanche per la gloria di tutto il popolo. La vista di costruzioni imponenti, didimensioni fuori dell’ordinario, in qualche modo lascia stupiti, diverte, ocolpisce favorevolmente la psiche delle masse, prescindendo dal loro valoreestetico. Pertanto queste grandi opere potevano essere usate come strumento dipersuasione al consenso, efficaci al pari di quanto lo sia oggi l'uso dei massmedia.

Tuttora, in ogni modo, enormi folle sono attratte negli stadi, per glisport agonistici popolari, negli autodromi, ma ancor più nei grandi spazi, ove lestars della musica, o dello spettacolo, danno i loro concerti; ora anche lapolitica celebra eventi, organizza i raduni di massa, effettua la suaperformance. Gli spettacoli di massa affascinano soprattutto i giovani edesaltano l'immaginazione collettiva. Persone che sanno giocare a football,cantare, danzare, correre in automobile, fare giochi illusionistici, dare qualsiasiforma di spettacolo, ed esibire performance fuori dell'ordinario, divengonostars, idoli delle folle. Purtroppo, divengono stars anche le persone che nonsanno fare niente, ma che hanno avuto la ventura di apparire nei talk-show, onei cosiddetti realities della televisione spazzatura. Di conseguenza questipersonaggi vengono super pagati, ammirati, sono oggetto di prioritariointeresse da parte delle cronache dei mezzi d'informazione, e degli operatoricommerciali.

Purtroppo oggi, attraverso i media, divengono personaggi anche moltisoggetti che, oltre a non sapere far niente, sono portatori di valori negativi.

Spesso anche i luoghi ove queste persone usano esibirsi, o doveaccorrono grandi masse scomposte, divengono nuovi templi dell'happening; inquesti luoghi la coreografia fa parte dello spettacolo.

In particolare, la grande dimensione stupisce, dà l'idea dell'immutabile.La quantità fa presa su coloro che non hanno particolare educazione del gusto eche quindi non hanno strumenti critici in fatto d'estetica. Ciò che ha dimensionieccezionali colpisce, quindi, soprattutto le persone semplici, che costituisconole masse incolte in tutte le nazioni.

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Ogni edificio monumentale rischia di cadere in una grottesca retoricaquando, avendo dimensioni gigantesche, esibisce un rapporto proporzionalealterato tra le sue dimensioni e l'altezza e i passi dell'uomo. Tale grande dimensione tende a incutere soggezione nel fruitore, come accadea chi guarda le piramidi di Giza o i templi egizi di El-Karnak, di Abu Simbel, achi visita il Colosseo, o le grandi Terme di Tito, di Diocleziano e di Caracalla.Ma anche monumenti di epoche più recenti, come San Pietro a Roma, o ilCampidoglio a Washington, il Louvre a Parigi, la reggia a Versailles, il Palazzodei Soviet a Mosca, le città proibite di Pecchino, le grandi moschee a Istanbul,le grandi cattedrali gotiche sparse in tutta Europa, suscitano le stessesensazioni.

Sono invece in rapporto con l'uomo quelle dimensioni che siconfrontano con le sue misure ergonomiche, ovvero con le misure che sirelazionano con i movimenti e le dimensioni dei suoi arti e quindi con leesigenze fisiologiche. Su questi rapporti, ha indagato la ricerca del MovimentoModerno, attraverso gli studi del Bauhaus, del funzionalismo, dell'architetturaorganica.

Il valore della storia oggi

Lo Storicismo è una corrente del Verismo che valuta ognimanifestazione della cultura umana rapportandola all'ambiente storico in cui siè formata e in cui ha avuto sviluppo.

Questo particolare interesse per la storia si è sviluppato durante il XIXsecolo, soprattutto in Germania; basta ricordare L. von Ranke (1795-1886) conla sua “Storia dei Papi nei secoli XVI e XVII”; B. Niebuhr (1776-1831) con lasua “Storia Romana”; T. Mommsen (1817-1903) che scrisse, tra inumerosissimi studi di storia antica: “Römische Geschichte”, i cui primi trevolumi furono pubblicati tra il 1854 e il 1056.

E inoltre: lo svizzero J. Burckhardt (1818-1897), autore del famoso “Laciviltà del Rinascimento in Italia”; il tedesco K. J. Beloch (1854-1929) con la“Storia Greca”.

Questo interesse per la storia da parte dei tedeschi riflette l'influsso delRomanticismo, nel senso della sua tradizione, nel suo culto per la coscienzacollettiva dei popoli, nel suo intento di riportare il passato nella propriacollocazione storica.

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Il condizionamento dei mass media e del cinema. L’incultura americana

Questo amore per la storia antica non è parimenti sentito nel resto delmondo.L’approssimativa conoscenza dell'arte e della storia greca, romana, egizia daparte, per esempio, degli americani, si riflette in curiose manifestazioniarchitettoniche, che imitano con grande libertà gli esempi del passato.

La rispondenza filologica ai modelli originali è di gran lunga inferiore aquella dei colossals cinematografici prodotti a Hollywood.

Nei nuovi continenti, ove è avvenuto il melting pot, come negli StatiUniti, ma anche nei paesi del Sud America, dell'Africa, in Australia, è ancoravivo lo spirito intraprendente e dinamico dei pionieri. Questi sono stati in granparte europei che, confluiti dall'Inghilterra, dalla Francia, dalla Spagna,dall'Italia, dalla Germania, hanno costituito una nuova cultura.Ineluttabilmente, in questi paesi giovani si sente la determinante mancanza diuna conoscenza storica, mancano tradizioni consolidate nei secoli. Ne derivauna certa superficialità che fa ricercare nuove curiose forme di monumentalità:quelle che possiamo osservare nei parchi di divertimenti, nei grandi centricommerciali, o nei grandi alberghi.

Fuori dall’Europa è abbastanza generalizzato il fatto che la maggiorparte della gente confonda tra loro le culture mediterranee, o comunque nondistingua la cultura greca da quella romana. Allo stesso modo, succede che nonsi riesca a distinguere lo stile Romanico, dal Gotico, e il Rinascimento dalBarocco. Troviamo conferma di questa conoscenza molto approssimativa nellericostruzioni di tipo scenografico, che si usano negli studios a Hollywood, mache ormai infestano le architetture dei grandi alberghi a Las Vegas, nel Nevada,come a New Orleans, in Louisiana, come a Chicago, nell’Illinois. Non meraviglia, allora, che l’architetto statunitense Robert Venturi abbiascritto il libro: “Learning from Las Vegas” nel quale si dà particolareimportanza all’architettura come simbolo100, e che Charles Moore, nella sua“Piazza d'Italia”, a New Orleans, dovendo mettere in scena un’immagine diquesto Paese, abbia disegnato delle architetture fantasiose che tuttocomprendono, che traslano nel classicismo post-moderno i materiali piùavanzati: neon, acciaio inossidabile, messi insieme in strisce modernistebianche e nere, formanti mezze forme, in una architettura immaginaria, fatta

100 Robert Venturi – Denise Scott Brown – Steven Izenour, “Learning from Las Vegas: The Forgotten Symbolism of Architectural Form, Cambridge, MA: MIT Press, 1977.

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con i cinque ordini, fontane e policromie, che solo vagamente riproduconol'atmosfera di una piazza italiana101.

I casinò di Las Vegas e di Atlantic City, Disneyland, gli UniversalStudios, il Paul Getty Center sulle colline di Hollywood, il Sony Center e ilMOMA a S. Francisco, luoghi che sembrano, per la loro capacità attrattiva e distimolo della fantasia, esser diventati sostitutivi delle antiche mete dipellegrinaggio: Gerusalemme, La Mecca, Roma, Santiago de Compostela,Lourdes, Czestochowa, Mont Saint Michel. Lì era la fede religiosa ad attrarreorde di pellegrini. Qui è la mania del gioco d'azzardo, la rincorsa aldivertimento e all’evasione nel mondo delle favole e del fantastico e dellerealtà virtuali.

Nella dinamica America la conoscenza dell'Europa è filtrata da unacultura storica superficiale e senza memoria che è frutto del melting pot. E' ilrisultato di una sorta di "contaminatio" di tante culture: anglosassone,mitteleuropea, latina, orientale, autoctona, che però ignora la storia.

La città che ha più storia negli Stati Uniti è Philadelphia (inPennsylvania, presso l’estuario del fiume Delaware, a 150 Km dalla costaatlantica). Ha trecento anni, essendo stata fondata nel 1682, dall'ingleseWilliam Penn e vi è stata scritta la costituzione americana.

Di conseguenza, tutte le altre città in America sono più giovani diquesta, che nei confronti delle nostre città europee, è da considerarsirecentissima.

In America, la storia è soltanto la storia della nuova nazione, mentrequella della popolazione indigena non conta; in altri paesi il legame con lastoria è stato volutamente reciso per motivi politici. E’ il caso della Cina, e permotivi diversi, anche del Giappone.

Per questa mancanza di storia e di storicismo, non ci meravigliamo divedere ogni giorno in piazza Venezia a Roma, qualche turista in ammirazionedel monumento a Vittorio Emanuele II. Costui, come del resto qualsiasi altroturista texano, australiano, o giapponese che sia, sarà convinto di starecontemplando un'opera originale come l'ara di Pergamo, e non l'edificioprogettato dal Sacconi all'inizio del secolo scorso.

Del resto, gli americani, pur invidiando all'Europa il modo di vestire, divivere, di mangiare, avendo potere e danaro, pensano di vivere egregiamenteanche senza una conoscenza approfondita della storia greca, latina, egiziana,

101 Charles Moore e Perez Associates, "Piazza d'Italia" a New Orleans, USA, 1976-1979.

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etrusca, ecc. Hanno la presunzione che tutto ciò, che è fatto di cultura, dipolitica, di arte, di tecnologia, nasca e si diffonda da Los Angeles e da NewYork.

Questa non considerazione della storia è fatto ormai diffuso anche inItalia, ed è motivata soprattutto dalla continuazione del contrasto verso unacultura che appartiene alle classi che hanno dominato nel passato, le classiaristocratiche e borghesi. Inoltre, a causa della sempre minore importanza chenella scuola si è data allo studio della storia, i giovani hanno perso l’abitudine amettere in relazione i fenomeni attuali con i processi storici. Allo stesso modosi è avversato lo studio delle lettere antiche latine e greche, che sono comunqueespressione delle cultura da cui noi, popolo italico, abbiamo avuto origine.

Si può, tuttavia, oggi supplire a tali carenze scolastiche, ma non inmaniera sistematica, attraverso la televisione e il cinema. Questi media cipermettono di conoscere agevolmente, attraverso film e documentari, gli eventidella storia e i luoghi nel mondo che ne sono stati teatro.

Recuperare il valore della storia significa, anche per noi architetti,riaffermare una nostra specificità professionale, quella di cultori delle arti equindi anche di tutori del patrimonio archeologico, monumentale,architettonico e figurativo.

Per riconoscere il valore di tale patrimonio così diffuso nel nostro Paeseè necessario almeno saper distinguere le varie epoche che nella storia si sonosuccedute, a cui corrispondono culture diverse che hanno prodotto varie formedi arte.

Il Presidente americano Bill Clinton, in visita al Foro Romano nelmaggio 1994, guardando i resti di vestigia così antiche ha esclamato:”astonishing!”. Egli trovava "incredibile, sorprendente" che, in epoca per luicosì remota, una città come Roma avesse raggiunto un tale grado di civiltà e diorganizzazione ormai sparite, che negli USA ancora si sognano, di cui quellepietre costituiscono testimonianza immediatamente visibile, e quindi nonappartenente soltanto alla leggenda.

La tecnica nelle discipline artistiche

In realtà la tecnica entra in tutte le discipline artistiche come

conoscenza degli strumenti operativi alla base di tutte le discipline artistiche;nell'architettura, la tecnica entra soltanto come mestiere, e mezzo sistematico didisporre gli elementi e le parti costruttive che la compongono, così nelle altre

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arti entra, come mestiere, la capacità di disporre colore, parole, suoni, segni oaltri elementi.

La tecnologia è la scienza che studia la tecnica, ovvero il complessodelle norme da seguire nel praticare un'arte o un mestiere. Il possesso di questielementi da parte di colui che opera rappresenta la “conditio sine qua non”dell'operare, così come la comprensione del significato delle lettere alfabetichee dei vocaboli rappresenta il primo passo indispensabile per poi inoltrarsi nellagrammatica e nella sintassi. Le regole in architettura non sono astrazioni, marappresentano sistemi scientifici dell'arte della significazione, che insiemepossono costituire una grammatica e una sintassi.

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IL LINGUAGGIO IN ARCHITETTURA

Imitare un modello non è plagio

La scelta di indirizzare il progetto, e di esprimersi, secondo unatendenza figurativa riconoscibile, corrisponde all’atteggiamento di chi cerca dimotivare le proprie scelte con processi logici, riferendosi ad una teoria diqualcuno che abbia autorità, ponendo tale teoria come fondamento del fare. Inin altre parole, l’imitare l’opera di un maestro costituisce un inizio di certezzaper quanto si va a compiere, soprattutto per chi non ha ancora una solidapreparazione. Di fronte al gran numero di possibilità espressive e al gran numero dimodelli ed esperienze da imitare, un invito che volentieri faccio agli studenti diarchitettura è quello di operare delle scelte, rispetto alle tendenze e ai linguaggipossibili; in altre parole di scegliersi un modello da emulare.

Questa scelta può essere fatta semplicemente per simpatia, perché ci sisente istintivamente attratti da un maestro, di cui ci affascina l'opera più dellealtre. Nell'arte, e specialmente in architettura, come sosteneva nelle suelezioni Bruno Zevi, il plagio, ovvero il reato di falsa attribuzione a sé stessi diopere letterarie, o artistiche, fatte da altri, non esiste. Al contrario, poiché in architettura, nel mondo è stato sperimentato ditutto, si può capire che quasi nulla ci sia ancora da inventare.

Appare più giusto selezionare modelli da copiare, attuando forme di“contaminatio”, copiando da esempi.

Si impara molto anche sul piano linguistico. Ci si obbliga alla scelta diun modello da imitare, si è costretti a compiere anche un lavoro di indagine.L'indagine, unita ad uno sforzo immaginativo, costituisce un corretto modo diimparare a muovere i primi passi in architettura.

Ma si può scegliere un modello non avendo una conoscenza della storiadell’architettura? La scelta sarebbe sterile perché limitata ad un campo moltoristretto, al primo modello che ci capita davanti.

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Dalle teorie dell’architettura agli “ismi” figurativi

Guardando indietro nella storia, possiamo constatare come l’arte trovi lasua genesi, e di conseguenza sia influenzata sempre, dagli eventi e dalle ideedegli uomini. Le teorie estetiche hanno sempre subito l'influenza più o menodiretta delle concezioni filosofiche dominanti.

Nei vari periodi storici, sintetizzabili nella tradizionale distinzione fraantico, medioevo e moderno, tali idee sono in qualche modo riflesse nelsistema politico ed economico, instauratosi nella nazione e nel popolo che leaveva fatte proprie.

Tuttavia, non è azzardato affermare che nel mondo occidentale si sonodistinte sostanzialmente due anime, due grandi atteggiamenti culturali: da unlato quello illuminista, o razionalista, che poneva al centro della speculazioneteorica l'uomo con la fiducia in una organizzazione razionale e permanentedell'universo; dall'altro quello idealista, o che contrapponeva a quelle teorie,per lo più pragmatiche, altre concezioni nelle quali erano prevalenti valoriidealistici. Tale contrapposizione cominciò a formarsi con l’idea di Platone e ilpragmatismo di Aristotele.

In queste due grandi categorie, Razionalismo ed Idealismo, possiamocollocare da un lato il mondo classico, il Rinascimento, l'Illuminismo, ilPositivismo, dall'altro il pensiero medioevale, il Barocco, il Romanticismo.

Alcuni ritengono il razionalismo appartenere al mondo ed alla culturamediterranea ed il funzionalismo alla cultura anglosassone.

Non è forse il caso, oggi, di riunificare, o ricomporre, queste culturecontrapposte?

Difficile dire quali possano essere le teorie filosofiche dominanti nelmondo contemporaneo dell’inizio del terzo millennio. I principi del capitalismoliberale, quelli residui del marxismo e del socialismo, il classismo ol’interclassismo; e ancora quelli del consumismo materialista, l'ateismo, ilrazzismo, le multietnie, le religioni orientali, il messaggio cristiano. Tutto si staappiattendo nel villaggio globale.

La solidarietà tra gli uomini sembra far parte di un mondo nuovo, leguerre dovrebbero appartenere al mondo che ci lasciamo alle spalle. Ciproiettiamo verso l'avventura del terzo millennio. Il muro della vergogna chedivideva il mondo nel periodo della guerra fredda è stato abbattuto. Le religionihanno adottato un decalogo che regola i rapporti tra di loro, l’epoca delleguerre sante ce la siamo, ormai, lasciata alle spalle.Le reti telematiche, il facileviaggiare delle informazioni, e di conseguenza delle idee, una nuova creatività

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e soprattutto l’assumere, da parte delle giovani generazioni, atteggiamentimolto mutevoli, tutto questo sta cambiando la società. Stanno venendo menoantiche certezze, per cui è necessario, oggi, fissare nuove regole.

Nella storia, l'arte in generale ritorna a contrapporre motivi razionali adaltri irrazionali, così che appare quasi impossibile trovare una definizionedell’arte come fece notare Benedetto Croce.Abbiamo visto che il Croce, volendo precisare che cosa l'arte fosse, ha trattatola questione non esplicitando la risposta.

Egli piuttosto analizza tutte le scienze e le fonti di emozioni e disentimenti da cui l'arte può derivare, in sostanza non tenta di definire ciò chel’arte è, ma piuttosto ciò che non è102.

Sempre all’inizio del Novecento, lo sforzo di teorizzazione dell'arteprobabilmente nasce dal fatto che la libertà di espressione, come notava E.Panofski, lascia gli uomini, o meglio gli artisti, “in uno stato di insicurezza chesi è esplicato in ricerche di istituzionalizzazione e canonizzazione di quellalibertà”.103

Ai tentativi di teorizzare e racchiudere l'arte entro canoni, che a priori nepotessero stabilire le leggi oggettive, si è sempre poi contrapposta la forzainnovatrice di coloro che hanno superato i vincoli dati da un codice prefissato,mostrando un carattere del tutto originale. Comunque è interessante scoprire come esistano delle costanti, giàfissate dalla letteratura trattatistica, e riscontrabili all'interno dell'opera dellamaggior parte degli innovatori. Questo avviene poiché esiste sempre unacontinuità storica che lega le istituzioni conservatrici alle idee rivoluzionarie. “Canone” letteralmente vuol dire regola, legge formale, sistema diprogettazione e di rapporti dinamici tra le parti e delle parti con il tutto. Valeinoltre come misura in un’opera d'arte. Per la scultura greca, ne fissò le normeper primo Policleto. In architettura, il canone si riferisce alle regole metrichetra le parti e, tra queste, e l'intera opera.

102 Benedetto Croce, "Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale", e“Breviario di Estetica” e altri suoi scritti.103 Da E. Panofski, "Idea, ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der alteren Kunsttheorie" (Idea,contributo alla storia dell’estetica), Leipzig, 1924. Erwin Panofsky (Hannover 1892-Princeton 1968): storico e critico d’arte tedesco.

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Il “modulo” di misura era stabilito, convenzionalmente, secondo criteritecnico-costruttivi, estetici, matematici, come rapporto costante tra le varieparti di un organismo architettonico. Per i Greci, il modulo era rappresentato dal raggio di base inferioredella colonna (imoscapo). L'ordine è il sistema di regole relative alla forma e alle proporzionidelle colonne. Nell'esame di questa trattatistica, l'opera di Vitruvio appare centrale esembra aver influenzato pressoché tutta la cultura architettonica, sino alSeicento.

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TEORIE

Nelle pagine seguenti, cercheremo di delineare il cammino el’evoluzione delle teorie dell’architettura antica nelle più recenti tendenzearchitettoniche.

Marco Vitruvio Pollione (sec. I d.C.)

Il trattato di Marco Vitruvio Pollione "De Architectura"104, furiscoperto probabilmente da Poggio Bracciolini nell’abbazia di Montecassinonel 1414. Fu tra le prime opere pubblicate dopo l’introduzione della stampanell’altra abbazia benedettina di Santa Scolastica di a Subiaco105, stampautilizzata per la prima volta a Magonza dal monaco Johann Gutenberg (1455).

Fino a quell'epoca, e anche nei periodi successivi, è stato l'unico trattatoche si ponesse come compendio sistematico della disciplina e delle ideeestetiche dell'antichità.

E' stato anche l'unico modello propositivo di canoni estetici, a cui anchei trattati successivi hanno fatto riferimento. Nella teoria estetica vitruviana dominano il concetto della “triade”,quello della “decade” e il razionalismo aritmetico della scuola pitagorica. Sonoanche fortemente radicati i concetti di simmetria, quello di proporzione(ricavato anch'esso dalle armonie pitagoriche) e di commodulazione, concettiignoti ai Greci.

104 Vitruvio scrisse il trattato “De Architectura” nel primo quarto del I secolo dopo Cristo. Eglifu l’unico scrittore di architettura le cui opere non andarono perdute e poterono essere copiate ericopiate durante il Medioevo. Il più antico manoscritto esistente si trova nel British Museumdi Londra, risale all’VIII secolo, e fu probabilmente redatto a Jarrow. Altri 16 manoscrittimedievali posteriori a quest’ultimo sono sparsi in varie biblioteche d’Europa.105 San Benedetto da Norcia (Norcia – Montecassino 547 d.C.) si insediò nel luogo ove Neroneaveva costruito la sua villa sull’Aniene.Nel 529 fondò il monastero di Montecassino e dette vita all’ordine benedettino, caratterizzatoda un assetto moderato e accompagnato dallo studio e dall’attività pratica.Nel 1464 viene fondata nel monastero benedettino di Subiaco la prima stamperia Italiana permerito di Conrad Sweynheim e Arnold Pannartz della Scuola di Gutenberg a Magonza da cuierano fuggiti a causa della guerra civile.

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Altri trattati erano stati scritti, in Grecia e a Roma, ad esempio: "LeLeggi della prospettiva" di Agatarco, "Le opere" di Anassagora e di Panacrito,la “Naturalis historia” di Plinio il Vecchio.106

Vitruvio intendeva l'architettura come "aedificatio", ovvero arteedificatoria, riguardante i soli edifici pubblici e privati, escludendo altre operecivili, strade e ponti.

Egli aveva classificato gli edifici rispetto alle tre possibili categorie didestinazioni d'uso, (Libro I cap. III): - "defensio"; - "religio"; - "opportunitas".

Si ritiene opportuno fare cenno al contenuto dei dieci libri del "DeArchitectura", che sono organizzati in modo da trattare, nei primi cinque libri,dell’architettura in funzione dei suoi principi, negli altri cinque libri, dellecaratteristiche degli edifici e delle opere divisi per tipologia: templi, edificipubblici, edifici privati, idraulica, macchinari:Libro I: tratta dell'architettura in generale, delineando le qualità necessarieall'architetto e i compiti che deve assolvere, definendo la natura, i limiti ed ilfondamento dell'architettura come arte e come scienza.Libro II: tratta, dalle sue origini, della "fabrica" e della "ratiocinatio", delleparti di cui essa si compone, delle norme che la reggono.Libro III: tratta di Paleontologia.Libro IV: è dedicato alle fabbriche, “de eorum symmetriis et proportionibus”.E' il libro più oscuro e che interessa, più degli altri, filosofi ed accademici.Libro V: Templi.Libro VI: Edifici pubblici. I capitoli sul teatro sono molto importanti: impostala complessa questione dell'evoluzione del teatro antico, negli ultimi decenni,riguardo alla scena ed al pubblico.Libro VII: Edifici privati. “Venustatem et firmitatem” (finiture, pavimenti,stucchi, mosaici, pitture, colore).Libro VIII: Idraulica.Libro IX-X: Macchinari e gnomonica (misura del tempo).

106 Agatarco: pittore greco, attivo ad Atene tra il 460 e il 420 a.C. Anassagora di Clazomene(morto verso il 430 a.C.): filosofo e fisico greco. Gaio Plinio Secondo detto il Vecchio (Como24 ca.-Stabia 79 d.C.): erudito latino. La superstite, amplissima “Naturalis historia”, in 37 libri,abbraccia tutti gli aspetti del regno della natura: cosmologia, astronomia, geografia, etnografia,antropologia, fisiologia, zoologia, botanica, farmacologia e medicina, mineralogia, fino alle artifigurative.

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Il medioevo

Durante il Medioevo, il trattato di Vitruvio era citato da Eginardo, nellaFrancia carolingia. Nel secolo XII, Paolo Diacono lo copiò a Montecassino; loconobbero Sant'Alberto Magno e San Tommaso d'Aquino. Tuttavia si può direche il trattato era rimasto sconosciuto, tant’è vero che le architetture medioevaliavevano del tutto abbandonato i principi classici, rispetto ai quali v'era statauna evoluzione già nel periodo tardo imperiale.

È il periodo medievale quello in cui si costruirono le cattedrali. Gliarchitetti gotici tenevano nascoste le loro conoscenze tecniche, che eranopiuttosto elevate, e venivano tramandate di padre in figlio.

La concezione formale del tardo Medioevo si contrappose allaconcezione formale classica e denuncia due tendenze complesse: il goticoperpendicolare e il gotico frontale.

I materiali sono trattati nella misura più piccola o con il massimo dipotenzialità che la tecnica del loro uso consente.Coloro che conservano e trasmettono l’arte del costruire sono anche i monacicistercensi, che dal nord Europa hanno esportato dovunque le tecniche dicostruzione delle abbazie.Sicuramente proseguì e si consolidò la forma di organizzazione corporativa dellavoro, spesso costruito da intere famiglie, che per generazioni si dedicavanoall’arte del costruire, famose quelle dei Cosmati e dei maestri Comacini.

La tradizione vitruviana nel Quattrocento.

A seguito della sua diffusione, le teorie espresse nel trattato divennerooggetto d’interpretazione in tutto il Quattrocento con il sostegno di una fittaschiera di studiosi, in parte favorevoli allo scrittore latino.

G.K. Loukomski, nel suo elenco del 1933, ci indica tra gli studiosi107 diVitruvio, nel 1400 e dopo, G. B. Alberti, il Filarete, L. Pacioli, F. Colonna, ilTaccola, il Valturio, il Bellori, Francesco Di Giorgio Martini e altri.

Tra le edizioni maggiori si ricordano, oltre a quella già citata di G.Sulpicio da Veroli, quella di Frà Giocondo da Verona: "M. Vitruvius per

107 Numerose furono le edizioni e le traduzioni ed i commenti del “De Architectura” di cui unelenco è in G.K. Loukomski, "I maestri dell'architettura classica", Hoepli, Milano, 1933, pagg.65-78.

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Jocundum solito castigatior factus cum figuris et tabula ut iam legi et intellegipossit", del 1511. Quella di C. Cesariano (1483-1543): "Dei Lucio Vitruvio Pollione DeArchitectura Libri Decem, traducti de latino in vulgare raffigurati:Commentati: et con mirando ordine insigniti: per il quale facilmente potraitrarre la moltitudine de li astrusi et reconditi vocabuli a li soi loci et in epsatabula con summo studio expositi et enucleati ad immensa utilitate de ciascunostudioso et benivolo di epsa opera", Como, 1521.

Ed inoltre si ricordano: - il commento: "et figura Vetruvio in volgar lingua raportato per M. G.Caporali di Perugia", del 1536; - il commento: "G. Philandri Castilionii Galli civis Ro, in DecemLibros M. Vitruvii Pollionis de Architectura Annotationes" del 1543; - "I dieci libri dell'architettura di M. Vitruvio, tradotti e commentati daMonsignor Daniele Barbaro eletto Patriarca d'Aquilegia", editi a Venezia, nel1556.

Francesco di Giorgio Martini (1439-1502) si contrappose alle ideefilosofiche dell'Alberti per il tono pratico e ingegneresco (i suoi studi furonoconosciuti da Leonardo). Fu incaricato ad Urbino della traduzione di Vitruvio,che lo porta a scrivere, sulla fine del XV secolo, il "Trattato d'architettura,ingegneria e arte militare". Si occupò di urbanistica, meccanica, idraulica,tecnica delle costruzioni, macchine, oltre che di architettura civile e militare.

Inventò bastioni conformati a cuneo (Codice Magliabechiano). Daultimo fu architetto del Duomo di Siena.

Egli seguì consapevolmente il metodo di Aristotele: procedeva dalgenerale al particolare. Come sosteneva il Giedion108 nei suoi disegni noncompare mai una strada che abbia una sua unità architettonica, non esistonomai due case adiacenti, uguali. Persino i portici, che pure richiederebbero unatrattazione unitaria, non sono continui, ogni casa ha i suoi.

L'attività degli studiosi di Vitruvio, in epoca manieristica, come affermaM. Tafuri109 fu intenta a "vagliare minuziosamente il testo dello scrittoreromano, alla ricerca di un codice linguistico di valore universale, da irrigidire

108 Siegfried Giedion (storico dell’architettura svizzero, 1888-1968), "Spazio, Tempo,Architettura" Hoepli Edit., Milano, 1987; titolo originario "Space, Time and Architecture", Ia

edizione, marzo 1941, Harward University Press, Cambridge-Massachusetts, USA.109 M. Tafuri, "L'architettura del Manierismo nel Cinquecento Europeo", Officina Edizioni,Roma, 1966, pag. 105.

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come seconda natura, ed offrire in tutta la sua carica di convenzionalità altavolo di lavoro dell'architetto, come rassicurante palliativo alle tentazionieretiche continuamente insorgenti". Sembra, quello della tentazione eretica, un atteggiamento molto simile aquello degli architetti del Movimento Moderno.

E' noto come Vitruvio abbia influenzato, per tutto il Rinascimento eanche nei periodi successivi, molte personalità, tra cui il Bramante, il Palladio,il Serlio, il Vignola, lo Scamozzi.

Il Filarete

Sulla scia degli insegnamenti di Vitruvio, l'architetto scultore AntonioAverlino, detto il Filarete (1400-1469), fu tra i primi a comporre (1466) unlibro di teoria architettonica, "Il trattato di architettura", nel quale descrivevaesempi di architettura pubblica nel più ampio contesto di una città ideale, laSforzinda, in cui era adombrata la Milano Sforzesca. La pianta proposta dalFilarete, basata sul quadrato, aveva chiari riferimenti simbolico-religiosi. In questa opera, oltre alla delineazione delle sopravvivenze medievali, cidescrive l'essenza della dottrina del Rinascimento: l'importanza delleproporzioni, la relazione tra il tutto e le parti; l'analogia tra il corpo umano e larealizzazione architettonica; tale concezione era mutuata solo in parte daVitruvio.110

Il tracciato geometrico di Sforzinda è collocato in una dolce vallata,circondata da colline, attraverso le quali scorre il fiume "Inda".

Il suo tracciato consiste in una regolare stella ottagona, progettata intutti i dettagli. Sedici strade principali partono dalla piazza centrale della cittàverso le otto parti della città stessa, costruite sui lati dell'ottagono e verso letorri angolari.

A metà del percorso, ogni via attraversa una piazza, otto di questestrade hanno una chiesa adiacente.

110 N. Pevsner, "Storia dell'Architettura Europea: Rinascimento e Manierismo", pag. 105 e seg.,Laterza Ed., Roma-Bari, 1984, II edizione.

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Il Colonna

Sullo scorcio del XV secolo, il domenicano Francesco Colonna (1433-1527) scrive un romanzo fantastico, denominato “HypnerotomachiaPoliphili”-“Battaglia d’amore in sogno di Polifilo”, (1499), ovvero ladescrizione dei sogni di Polifilo, in cui rivela vari principi: tra cui quellodell'integrazione armoniosa degli elementi entro l'insieme; quello chenell'armonia (con l'universo stesso) risieda l'idea preconcetta dello edificio, equello che la decorazione sia puramente accessoria. In tale concezione, vi è la denuncia delle contraddizioni che vedranno, nelsistema barocco, l'edificio completo in sé stesso. Sottolinea, inoltre, le panaceedell'epoca: proporzionalità, simmetria, corrispondenza tra spazio urbano estrutture esterne, secondo quanto sperimentato dal Brunelleschi, in Piazzadell'Annunziata e nella Cappella dei Pazzi a Firenze. Molto illuminante, quale indicazione di metodo, il suggerimento chel’architetto offre, dopo aver concepito la forma generale della sua opera, didividere l'edificio in elementi minori, per poi tornare alla ricomposizione:"Poscia lucentemente quello (solido corpo) inuento, lo Architecto perminutediluisione et reduce ... dopo "la diluisione" la principale regula peculiare alArchitecto "la quadratura". Dal racconto del Colonna apprendiamo che il Rinascimento aveva giàarricchito l'antico ideale delle perfette relazioni numeriche con i concetti dellapreminenza di una delle parti, della riduzione del tutto all'unità, edell'integrazione delle parti al tutto.

Leon Battista Alberti

I miti circa il valore universale della cultura architettonica vitruvianasono ridimensionati da Leon Battista Alberti (1406-1472) che nei suoi scrittiteorici, precisa l'essenza della Bellezza: "L'armonia e la concordia di tutte leparti realizzate in tal modo che nulla può essere aggiunto, o tolto, o cambiato,eccetto che per il peggio".

C o n i l "De Re Aedificatoria" (1452) l'Alberti, non compiesemplicemente un aggiornamento delle antiche teorie, ma fonde la nuovaspeculazione basata, da un lato, sulla prassi frequente di norme tecniche,dall'altro, anche sulla teoria che deve portare l'architetto ad essere cosciente che

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svolge un lavoro artistico. Alcuni hanno individuato nel trattato dell'Alberti lapremessa per la scissione tra la figura del professionista e quelladell'intellettuale.

I teorici di Michelangelo

Ai commentatori di Vitruvio si aggiunsero quelli, pure numerosi, diMichelangelo, fra i molti: il Dolci, lo Zuccari, lo Scamozzi e soprattutto ilVarchi e il Danti che scrissero specificatamente sull'architettura. E. Panofski ciricorda, nella sua Teoria dell’idea, come questi teorici presentino fra loro molteanalogie. Di Benedetto Varchi (1503-1565), la cui vita si svolse tutta nellostudio e nell’insegnamento della letteratura, possono essere citate queste opere: - due “lezioni”, nella prima delle quali si richiama un sonetto di M.Buonarroti, edito presso Lorenzo Tormentino, a Firenze nel 1549;

- e il "Libro della Beltà e della Grazia", di B.Varchi conservato nelCod. misc. Magl. XV, 40, 8 della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.

Di Vincenzo Danti (1530-1576), che si formò nel culto dell’opera diMichelangelo, va citato "Il primo libro del trattato delle perfette proporzioni intutte le cose che imitare e ritrarre si possono con l'arte del disegno", Firenze,1567. Interessante estrarre da quest'opera il concetto di ordine: "L'ordine,adunque intendo che sia come una causa o vero mezzo, da cui dependano tuttele perfette proporzioni, e che non possa aver luogo in alcuna cosa la quale nonsia composta di più parti, nelle quali sia il primo e il poi, o veramente il più etil meno, e che egli faccia un composto di una commisurazione di parti con iltutto e del tutto con le parti: il che è proprio dell'ordine".

Michelangelo

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Michelangelo Buonarroti (1475-1564) realizza la forma libera e comeha scritto l’Argan111: "realizza nella tensione e nel peso delle parti queicontrasti di forze, che le altre arti rappresentano nei moti della figura umana;ma appunto perché quelle forze in contrasto sono e rimangono in atto,l'architettura si libera da quel limite del finito, che è in definitiva non altro cheil limite stesso della forma".

Michelangelo, come tutti gli architetti che hanno avuto una produzionefeconda, non ha lasciato teorie, ma opere.

Tra queste, significativa dal punto di vista dell'interpretazione che se nepuò ricavare, la Piazza del Campidoglio a Roma. Qui si ritrova l'uso delleterrazze, proposto dal Bramante nel cortile del Belvedere dei Palazzi Vaticani,che si trasforma in un elemento significativo dello spazio urbano.

La composizione complessa: la piazza, la scalinata, la città, è tenuta,insieme dal grande asse che parte dal Palazzo Senatorio e scende verso campoMarzio.

Nasce qui la veduta assiale che sarà studiata dai francesi, quel “culte del'axe” che diventerà costante dell'architettura del Settecento.

Come afferma Giedion: "Il Campidoglio è simbolo della libertà deicomuni medievali ed è, nello stesso tempo, un monumento in memoria deltragico segno del suo creatore". Questo consisteva nell'esigenza di definire idiritti umani dell'individuo, pur salvaguardando quelli della collettività.

Tra le altre opere di Michelangelo vanno ricordate: la Sagrestia nuovadi S. Lorenzo, la Cupola di S. Pietro ultimata poi da Jacopo della Porta, laPorta Pia, la ristrutturazione di parte delle Terme di Diocleziano, trasformatanella Basilica di S. Maria degli Angeli, gli affreschi della Capella Sistina, latomba di Giulio II, S. Giovanni dei Fiorentini, la Sacrestia nuova di S. Lorenzo,S. Giovanni in Laterano, l’attico di Palazzo Farnese

Manierismo

111 G.C. Argan, "La tomba di Giulio II” in "Michelangelo Architetto", a cura di PaoloPortoghesi e Bruno Zevi, Einaudi, Torino, pag. 174.

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Il termine Manierismo, come nozione mutuata da maniera, fu introdottodal Vasari112, il quale, come fanno oggi i critici d’arte, sosteneva fortementel’opera del suo contemporaneo, affermando che l'apice dell'arte era statoraggiunto da Michelangelo, che aveva contrapposto alle precedenti teorie unasoggettiva rinnovata volontà di conoscenza ed una nuova concezione del sensoe dello scopo di questa.

Superando i canoni estetici che si era cercato di precostituire con itrattati precedenti, il Manierismo ha puntato sulla ricerca e sullasperimentazione, attività che sconvolgono le concezioni vitruviane erinascimentali. Tafuri puntualizza quali sono tali esperienze: "ricerca sulladissoluzione della forma, sulla prospetticità dell'immagine, sulla policentricitàdello spazio, sulle intersezioni dimensionali, sul colloquio tra narrativitàfigurativa e afiguratività spaziale”113.

Di Vincenzo Scamozzi (1552-1616) si ricorda "L'idea dell'architetturaUniversale" (Venezia, 1615), che vive anche nel pensiero del Vasari, espressaaltresì nella produzione letteraria di Michelangelo, nel sonetto "Non ha l'ottimoartista in alcun concetto".

Di Federico Zuccari (1540-1609) va ricordato "L'idea de’scultori,pittori, architetti", dato alle stampe a Torino, nel 1607.

Serlio e Palladio

Il Manierismo anticlassico trova il suo momento teorico negli studi diSebastiano Serlio (1475-1554), il quale scrisse il "Trattato di Architettura",costituito da sette libri, Il IV libro, con la prefazione, fu edito a Venezia nel1537; il III libro, a Venezia nel 1540; il I libro, a Parigi nel 1545-47; il VI libro,scritto a Lione, è stato scoperto di recente; il VII libro è del 1575. Anche unaltro libro, è stato scoperto recentemente.

Si tratta di un'opera monumentale che riassume e conclude la teoriaumanistica. Mostrando di parlare dell'architettura antica, il Serlio è il migliore

112 Giorgio Vasari (1511-1574): pittore, architetto e scrittore d’arte.113 M.Tafuri, op. cit., pag. 120, pag. 141- N. Pevsner.

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interprete del suo tempo: il suo trattato risulta fondamentale anche perl'architettura europea.

Andrea Palladio114 scrisse “I quattro libri della Architettura”,pubblicato a Venezia nel 1570. Gli effetti del suo celebre trattato sisvilupparono in Francia, in Germania, in Olanda. Inigo Jones (1573-1652)importerà il Palladianesimo in Inghilterra.115

I trattati del Serlio e del Palladio e più tardi quello dello Scamozzi sono,a detta di Tafuri, “gli unici prodotti notevoli della cultura architettonicamanierista sotto un angolo di visuale teorica”. Leonardo Benevolo sostiene che in essi, e in quello del Vignola116

(1562), si trovano scarse divagazioni dottrinali, ma indicazioni geometricheassai precise, pronte per essere applicate.Anche per il Serlio e per Palladio, similmente o quanto si può dire perMichelangelo, il più esplicito insegnamento è dato dalle loro opere.

Il Barocco

A partire da questo momento ogni tesi sull'architettura può essereinterpretata in modo dualistico e ambivalente; il contrasto tra tradizione einnovazione, fa muovere la cultura architettonica europea in due direzioni:quella di definire un nucleo di norme generali, che serve come minimo terrenod'intesa, e quella di evadere sistematicamente le regole stesse.

Nell'architettura barocca non troveremo più codificazioni. Sembra,questo periodo, un momento del fare, in cui i canoni e le teorizzazioni servonoa poco, superate dalla forte carica polemica e innovativa insita nelle opere diBorromini, o di Pietro da Cortona, che pongono definitivamente in discussionei confini della tradizione classica.

114Andrea di Pietro della Gondola detto il Palladio (1508-1580).115Adolf K. Placzek: "Andrea Palladio the four books of architecture", Dover Publications Inc.New York 1965.116 Iacopo Barozzi detto il Vignola (1507-1573): architetto e trattatista, scrisse il “Regola dellicinque ordini d’architettura” (1562). Si tratta di una fissazione canonica e astorica degli ordiniarchitettonici, un modello accademico di enorme diffusione.

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Nelle opere di Francesco Borromini (1599-1667) e di GianLorenzo Bernini (1598-1680), la pratica e le sperimentazioni diventano i mezzinecessari per giungere alla teoria, in sintonia con l'atteggiamento che le scienzemostrano nello stesso periodo (Galilei, Cartesio, Leibniz, Newton).

Pertanto, per un lungo periodo, vedremo gli architetti dedicarsi più allerealizzazioni che alle teorie. Tra questi, ricordiamo Ferdinando Fuga (1699-1781) e Filippo Raguzzini (1680-1771).

Secondo Giedion, la riscoperta di Francesco Borromini incomincia conil libro “Geschichte der Barockstils in Italien” di Cornelius Gurlitt (Stuttgart1886), il quale affermava: “Tutti coloro che non hanno perduto il coraggio diinventare nuovi mezzi espressivi per andare incontro a nuovi compiti, nellacostruzione, riconosceranno in Borromini uno spirito congeniale”.

L'Illuminismo

Nel XVIII secolo si contrapposero il Neoclassicismo, e quindi le regoleconformi alle fonti antiche, e le nuove istanze romantiche di rivolta alle regoletradizionali, che privilegiavano l'eccezione e l'emozione.

Nel 1755 Winckelmann117, fondandosi sullo studio delle esperienzecompiute dagli archeologi tra il 1711 e il 1746 ad Ercolano e Pompei e aTivoli, ne sistematizza i risultati, fondando la teoria dell'arte su basiscientifiche.

E' vivo tuttavia ancora il culto del bello ideale, che mantiene in vigorele regole classiche, come pretesero David e gli artisti maturati nel clima dellarivoluzione francese.

Francesco Milizia (1725-1798), nei "Principi di Architettura Civile",sviluppa le idee esposte da Vasari nelle "Vite dei più celebri architetti".Svolgendo la teoria già diffusa in Italia e in Francia, sostenne che ogni parte di

117Johann Joachim Winckelmann (1717-1768): storico dell’arte e archeologo tedesco,riconosciuto come fondatore dell’archeologia moderna. Naque a Stendhal in Prussica nel 1755;intraprese un viaggio di studio a Roma; convertitosi al cattolicesimo nel 1763, divenneispettore generale delle antichità nella città di Roma e di Lazio.Scrisse tra l’altro “Trattato sulla forza del sentimento del bello e sul suo insegnamento”, 1764.

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un edificio dovesse avere motivazioni razionali. Difese nello stesso tempol'eleganza greca e la sveltezza gotica, il Rinascimento e Vitruvio.

Nel suo trattato, con chiaro riferimento a Vitruvio, operò una primasommaria suddivisione degli edifici rispetto al loro uso, differenziandoli inprivati e pubblici, ed una classificazione per destinazione, come sotto indicato:

- edifici di sicurezza pubblici;- " di ragione pubblica;- " di abbondanza pubblica;- " per la salute e i bisogni;- " per gli spettacoli;- " per la maggiore sublimità.Troviamo in essi un certo tipo di classificazione corrispondente al

carattere della finalità degli edifici, che si avvicinava al pensiero deglienciclopedisti e che rimarrà nella manualistica a venire.

Dal Romanticismo ai nostri giorni si sono succedute molte scuole di pensiero:- l'idealismo di Hegel;- il socialismo utopistico di Karl Marx e Friedrich Engels;- il positivismo di Auguste Comte, di Herbert Spencer, di Roberto Ardigò;- la teoria del superuomo di Friedrich W. Nietzsche;- lo scientismo storico-sociale di Max Weber;- il dogmatismo di Charles S. Pierce;- il neoidealismo di Croce e Gentile;- la fenomenologia di Edmund Husserl;- l'esistenzialismo di Martin Heidegger e di Jean Paul Sartre.

Gli architetti della rivoluzione

Alla fine del secolo dei Lumi in Francia, la dottrina funzionalistica, cheapparve decenni dopo gli scritti di Winckelman e Milizia, spingeva alla ricerca,da parte degli architetti, di schemi nuovi.

Con gli architetti illuministi nasce il tipo edilizio orientato, per la suarispondenza, ad esigenze funzionali. Ma, riguardo a problemi di relazione conil suo intorno urbano, il modello rimane indifferente al luogo.

La necessità di un’architettura fondata su principi logici e diprogettazione, basata sullo sviluppo di una serie di proposizioni, viene

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affermata con forza da E. L. Boullée118, la cui personalità è stata riscoperta dastudi recenti.119

Questi contesta, naturalmente, in modo esplicito, la trattatisticaprecedente a partire da Vitruvio, nel suo "Architecture. Essai sur l'Art",dedicato agli uomini che coltivano le arti.

In risposta all'osservazione di Perrault120, che paragonava l'architetturaalla musica, egli stesso compie l'esame dei principi che possono darci dellecertezze sui criteri costitutivi dell'arte e particolarmente dell'architettura.

“Le proporzioni armoniche costituiscono i principi dell'arte musicale.Le proporzioni, per quanto siano una delle prime bellezze in architettura, nonsono la legge predominante, da cui emanano i principi costitutivi di questaarte.

Uno dei principi, di conseguenza è lo scartare in quest’arte lasimmetria sconveniente, come nell'arte musicale non seguire la legge delleproporzioni armoniche.

Tutte le disparità sono rivoltanti in un arte fondata sui principi, idisegni risultanti dalla simmetria devono mostrarci immagini corrette e pure.L'ordine deve annunciarsi e regnare in tutte le combinazioni che scaturisconodalla simmetria”.

In una parola, il conforto della ragione non deve mai abbandonarel'architetto, che deve sempre prendere per regola questa bella massima: "Riende beau si tout n'est sage." (Niente è bello se non è anche saggio).

Boullée, dopo aver dato dei precetti morali, che mettono in guardia gliarchitetti circa la limitazione che gli interessi economici pongono alle loro

118 Étienne-Louis Boullée nacque a Parigi il 12 febbraio 1729 e vi morì nel 1778; fu insegnantedi architettura fin dall'età di 18 anni presso l'École des Ponts et Chaussées. Il trattato "Architecture: essai sur l'art" forma parte degli scritti di Boullée. Questi sono raccoltiin un solo volume, preceduto da un indice. Vi si trovano notizie sull'architettura e sull'arte e visi riportano le discussioni in manoscritti e stampe; vi sono anche raccolti disegni, lettere emolte note di mano di Boullée stesso.119 Vedi E. Kaufmann, "Tre Architetti rivoluzionari, Boullée, Ledoux, Lequeu”, introduzione diGeorges Teyssot, Franco Angeli Ed., Milano 1979. Vedi anche “Étienne-Louis Boullée”, "Architettura, Saggio sull'arte” introduzione di AldoRossi, Marsilio Ed., Padova, 1967. Vedi H. Rosenau, “Boullée’s treatise on Architecture”, Alec Tiranti LTD, London, 1953. 120 Claude Perrault (Parigi 1613-1688): architetto e teorico.

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opere, e che li fa rassomigliare piuttosto ad uomini d'affari, che ad artisti,sottolinea la necessità, per le accademie, di avere, nel proprio corpo insegnante,persone degne e capaci di contribuire alla ricchezza culturale. Egli concludecon una ricapitolazione, in cui ribadisce la sua polemica con Perrault, autoredel peristilio del Louvre, di cui comunque ammira l'opera pur esacrandone leteorie, come quelle di altri accademici, oltre che per la mancanza di disegnioriginali e l'uso di esempi tratti dagli antichi, per la scarsa osservazione dellanatura. A dire di Aldo Rossi: "il suo insegnamento sta ai rigoristi del suotempo, come quelli di Le Corbusier e di Loos stanno al razionalismo europeodel movimento moderno", nel senso che, mentre il razionalismo convenzionalepretende di derivare tutto il processo dell'architettura dai principi, ilrazionalismo esaltato di Boullée presuppone una fede che illumina il sistema,ma ne è al di fuori. In C.N. Ledoux121 altro esponente del nuovo corso dell’architettura inFrancia, gli elementi fantastici dell'architettura parlante si scontrano con latematica sociale estranea. Boullée pone il problema del carattere e del temadella progettazione come questione decisiva; pone cioè una scelta che sta primadel progetto architettonico e, nel fare questo, mette in primo pianonecessariamente l'aspetto tipologico dell'architettura. Boullée sostiene ancheche la più bella occupazione che un architetto può avere è quella di mettere inpratica l'architettura; non essendo abbastanza lo scrivere sull'arte, poiché èl'opera pratica che sviluppa il suo talento.

Nel 1806, Napoleone fonda l’Ecole des Beaux Arts. Nasce così la primaistituzione scolastica superiore di architettura in Europa.

Il programma della scuola comprendeva tutte le arti figurative emanteneva l'unità dell'architettura con le altre arti.

Si veniva però a creare un isolamento delle arti dalla vita civile, enasceva inoltre un contrasto di ordine metodologico.

In quegli anni furono pure istituite: l’Ecole Polytechnique, una scuolaspeciale fondata nel 1794, che forniva una uniforme preparazione per le scuoletecniche superiori; l'Ecole des Ponts et Chaussée, L’Ecole des Mines, l’Ecolede l'Artillerie.

121 Claude Nicholas Ledoux (1736-1806), noto architetto francese. Nella sua unica operateorica, “L’architecture considerée sous le rapport de l’art, des moeurs et de la législation” (del1804), ripropose le sue invenzioni architettoniche, sviluppando il discorso intorno alla cittàideale di Chaux e illustrando le scelte funzionali e artistiche che accompagnavano la stesura deisuoi progetti.

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Insegneranno nell'Ecole Polytechnique uomini come Monge, Lagrange,Berthollet.122

Le Enciclopedie

Le teorie non dipendono che dalle conclusioni del ragionamento, chesaranno falsate, se lo saranno le premesse.

Gli architetti della fine del Settecento hanno posto le fondamenta di undiscorso rivoluzionario in architettura, che troverà le sue basi molti anni piùtardi. Boullée e Ledoux, in opposizione all'accademismo neoclassico,disegnano modelli inediti di manufatti edilizi, corrispondenti a precisedestinazioni d'uso. Creano un repertorio di forme geometriche, che interpretanospazi destinati a precise attività collettive (teatro, borsa, officine, ecc.).

Nel frattempo il pensiero illuminista aveva prodotto unasistematizzazione delle conoscenze attraverso l'Enciclopedia di Diderot ed'Alembert123, secondo un processo di catalogazione che era stato condotto,come abbiamo visto, anche da F. Milizia.

Evidentemente nasce con questa grande opera una tradizionemanualistica più specifica, che poi seguita ad ispirarsi a quell'opera.

Nasce così anche il metodo conoscitivo della discussione dei fenomeniparticolari, che derivano dall’esperienza. Questo interesse per la classificazionedà luogo ad una proliferazione di manuali specifici che hanno sempre comemodello l'Enciclopedia. Una rassegna dei manuali pubblicati in Italia dal 1750 al 1950 ècontenuta nel volume "L'arte di edificare" a cura di Carlo Guerri.

Intorno al 1830, compaiono in Italia le traduzioni dei grandi trattatifrancesi, che costituiscono un’innovazione nel panorama della pubblicisticascientifica. Tale modello, si ritrova nella stesura grafica, effettuata a Roma,delle tavole illustrate de "L'Architettura Pratica", dettata alla scuola e dallacattedra dell'insigne Accademia di S. Luca dal Prof. Sig. Cav. Giuseppe

122 Gaspar Monge, conte di Péluse (1746-1818): matematico. Giuseppe Luigi Lagrange (1736-1813): matematico. Claude-Louis Berthollet (1748-1822): chimico. Jean Antoine C. Chaptal(1756-1832): chimico e uomo politico.123 Jean-Baptiste Le Rond conte d'Alembert (Parigi 1717-1783): fisico, matematico e filosofo. Denis Diderot (1713-1784): filosofo e scrittore.

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Valadier124. Queste tavole, curate e pubblicate dagli incisori d'architetturaGiacomo Rocrue ed Eleuterio Catesi, sono stampate a Roma dal 1829 al 1832.L’opera di 5 volumi tratta tutte le tecniche e i mestieri legati all'architettura. Unvolume è dedicato specificatamente all'architettura e, in esso, è naturalmentepresente il metodo di classificazione degli edifici per tipo, secondo la lorodestinazione, specificando il carattere distributivo.Tale classificazione è pur presente nell'opera del Durand125. Secondo Tafuri,con il Durand, l'architettura scopre la propria vocazione scientifica, affrontandola questione dei tipi.

A proposito di queste raccolte tipologiche, già Quatremère de Quincy126

aveva precisato che il tipo non rappresenta tanto l'immagine di una cosa daimitarsi, o da copiarsi, quanto l'idea di un elemento che deve egli stesso servireal modello come regola. Come commenterà a questo riguardo Argan, ilmodello inteso come l'esecuzione pratica dell'Arte è un oggetto che si deveripetere tale e quale è. Il tipo è, per contrario, un oggetto secondo il qualeognuno può concepire delle cose che non si assomiglieranno tra loro.

Eugène Viollet-le-Duc (1814-1879), pubblica tra il 1854 e il 1868, il"Dictionnaire raisonnée l'architecture francaise du XIe au XVIe sicle".

Sviluppa una razionale spiegazione delle strutture gotiche e stabilisceanalogie con il nuovo sviluppo delle strutture in acciaio.

Il Dizionario ha grande importanza nel Gothic Revival, i suoi scrittiinfluenzeranno il Funzionalismo.

Come sostiene B. Zevi: "È superficiale parlare del neogotico conl'atteggiamento di sufficienza con cui si fondarono le mode di ripresa stilistica,che si susseguirono nel romanticismo eclettico del secolo scorso. Esso ha unfondamento morale più saldo dello stesso neoclassicismo, che deriva, comenoto, dalla dottrina di Winckelmann; la cultura neogotica rappresenta ilpresupposto di tutte le prime età del Movimento Moderno. Morris e Wright,Van de Velde e Berlage trassero, dallo studio del Medio Evo, una duraturacoscienza di responsabilità morale, sociale e tecnica.

124 Giuseppe Valadier (1762-1839), architetto e urbanista.125 Jean-Nicolas-Louis Durand (1760-1834), architetto e scrittore. Tra i suoi numerosi scritti:“Précis des leçons d’architecture” del 1802-05, e “Recueil et parallèles des édifices anciens etmodernes” del 1810. 126 Antoine Quatremère de Quincy (1755-1849), archeologo e critico d’arte; Voce "Architecture”della “Encyclopédie méthodologique de Paris", pag. 109.

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Apologie dell'architettura gotica e del carattere organico del suospirito furono propugnate da Morris e da Wright".127

La rivoluzione industriale. Le "Arts and Crafts”

Un altro momento interessante, al fine di rendersi conto di come si siavenuta formando la cultura architettonica moderna, è quello del contrasto tragli entusiasti fautori delle nuove tecnologie dell'industria e coloro chediffendevano le tradizioni e i valori dell’artigianato. Importanti furono le ideedi coloro che, temendo gli effetti negativi delle applicazioni industriali,difendevano a spada tratta l'artigianato e la decorazione. Tra questi W.Morris128 che, pure in una posizione intellettualmente antistorica, diede luogoad un movimento artisticamente fecondo, che fu indicato con il nome: Arts andCrafts e che troverà il suo sviluppo più tardi nell'Art Nouveau e nellaSecessione viennese.

Se osserviamo bene, nell'insieme, questa cultura, che parte dall'epocaclassica, attraversa il Rinascimento, e giunge sino all'Illuminismo, si muoveverso la natura.

Va riletta a proposito una frase di Hegel: "La natura perciòcontemplata nel rispetto della sua esistenza determinata, per la quale,appunto, essa è da divinizzare". Campioni di questa linea di tendenza saranno i numerosi personaggi chehanno dato luogo a quel movimento che ha attraversato tutta l’Europa, con idiversi nomi d’Art Nouveau, liberty, Secessione viennese, Modernismo, PetrusBerlage, Charles Rennie Mackintosh, Victor Horta, Antoni Gaudì, HectorGuimard, Raimondo D'Aronco.129

Un chiarimento nell'individuazione di un linguaggio estetico adeguato all'usodei nuovi metodi viene dalla costruzione del Palazzo di Cristallo da parte di SirJoseph Paxton (1801-1865), costruito nel 1850, in occasione dell'Esposizione

127 B. Zevi, "Storia dell'architettura moderna, dalle origini al 1960", pag. 62 (nel capitolo "LeArts and Crafts e le città-giardino").128 William Morris (1834-1896): scrittore, artista e riformatore politico inglese.129 Hendrik Petrus Berlage (1856-1934), architetto e urbanista olandese; Charles RennieMackintosh (1868-1928), architetto, pittore e designer inglese; Victor Horta (1861-1947),architetto e decoratore belga; Antonio Gaudì (1852-1926), architetto spagnolo; HectorGuimard (1867-1942), architetto e decoratore francese; Raimondo D’Aronco (1857-1932),architetto italiano.

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Universale di Londra. Questo edificio, progettato su un reticolo modulare diaste metalliche di sostegno e lastre di vetro, fu costruito in quattro mesi conl'aiuto di processi di meccanizzazione del montaggio.130 La Torre Eiffel, anche se costruita più tardi (1889), pur essendo un'opera diardita ingegneria, conserva ancora, in fatto di estetica, alcune ingenuità cheappartengono ad una visione arretrata, anche tecnologicamente, e meno evolutadel Palazzo di Cristallo, a causa dell'uso di chiodature per la giunzione deiprofilati in acciaio e delle controventature. Questo edificio presenta anche dellefalsità, ad esempio i quattro arconi alla base, come se il suo ideatore avesseavuto vergogna di affrontare lo scandalo del costruire secondo le autenticheforme e proprietà delle strutture metalliche ed abbia voluto riavvicinarsi, conquei quattri archi, alle tendenze classicheggianti dell'epoca, favorita nellegrandi città da un lato dalla scarsa disponibilità di aree rispetto alla domanda,dall’altro dalla disponibilità di nuove tecnologie e, caso non secondario,dall’invenzione dell’ascensore.131

L'era del grattacielo e la scuola di Chicago

Intorno al 1890 il grattacielo a Chicago era una realtà. Anche allora,come ancor’oggi, questa città sul lago Michigan, nello Stato del Michigan, inun’area del Nord-America fortemente industrializzata, appariva all'avanguardiacome sede della famosa scuola funzionalista i cui protagonisti del tempo eranoLouis H. Sullivan (1856-1924), Dankmar Adler (1844-1900) e altri celebriarchitetti.

Tra gli edifici significativi costruiti a Chicago in quegli anni, possiamomenzionare:il Rookery Building degli architetti Burnham and Root del 1886;l'Auditorium Building di Adler e Sullivan, terminato nel 1889;il Manhattan Building dell'architetto William Le Baron Jenney;il Meyer Building costruito nel 1893, degli stessi architetti Adler e Sullivan.132

130 Sul Palazzo di Paxton, vedi per es., di G. Brino, “Crystal Palace: cronaca di un’avventuraprogettuale”, Sagep Ed., Genova 1995.131 Infatti, i 4 archi in corrispondenza della prima piattaforma non hanno alcuna funzione disostegno strutturale, mentre sono in realtà appesi alla struttura della torre. Per saperne di piùvedi per es.: “La Tour Eiffel”, pagg. 76-79, in “Atlante delle meraviglie costruite dall’uomo”,di N. Hawkes, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1991.132 Su “La scuola di Chicago e l’avanguardia americana”, vedi cap. VIII della “Storiadell’architettura moderna” di L. Benevolo, Laterza Ed., Bari 1981. Vedi anche: “Edifici per

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Secondo il giudizio di Wright, gli edifici progettati da quest’ultimi Adler eSullivan appaiono rivoluzionari rispetto agli altri. Vi sono poste in evidenza lafunzionalità e le caratteristiche strutturali. Viene abbandonata in essi ognidecorazione superflua, così che appaiono come edifici moderni, privi di quelledecorazioni, che invece continuavano ad essere presenti ovunque.

Decorazioni si trovano anche in alcune delle prime opere di Wright, iFrancis Apartments, per la Terre Hante Trust Company (demoliti nel 1971),(1895), ed i Francisco Terrace Apartments (1895)133, ad Oak Park, Chicago,Illinois (1895), e, anche se soltanto ai primi due piani, nel Carson, Pirie &Scott Store, dello stesso Sullivan (del 1903-1904).

Per tutto l'Ottocento, sul continente europeo, nulla c'era stato chelasciasse prevedere, nel campo della forma e dell'ordinamento, una prossimaemancipazione dall'imitazione stilistica, che continuava a condizionare lastentata attività dei creatori d'oggetti d'arte.

Il Werkbund ed il movimento moderno

Nell'ottobre del 1905, a Monaco, capitale della Baviera, viene fondataun’associazione da qualche centinaio di artisti, artigiani, architetti e industriali.Da questa associazione deriva nel 1907, il Werkbund.134

Bruno Zevi nella sua presentazione alla "Storia dell'architetturamoderna" afferma: "L'equivoco più diffuso nella storiografia dell'architetturamoderna, è individuare nelle personalità, nelle opere del periodo razionalista,in ciò che si svolge in Europa, dal 1920, agli anni intorno al 1933, laperfezione, l'esemplarità, l’unitarietà, l'archetipo di oltre un secolo di storia. L'acme di tutta la parabola storica si identificherebbe con laproduzione di Charles-Edouard Jeanneret (detto Le Corbusier), di WalterGropius, di Ludwig Mies van der Rohe e se si vuole di Erich Mendelsohn eJacobus Johannes Pieter Oud".135

uffici e depositi”, cap. XIII in “Storia e caratteri degli edifici” di N. Pevsner, Fratelli PalombiEd., Roma 1986.133 Un elenco completo delle realizzazioni di F. Ll. Wright, anche se supportato dalle solepiante e fotografie (mancano del tutto le sezioni), si trova in W. A. Storrer: “Frank LloydWright: il repertorio”, Zanichelli Ed., Bologna 1997.134 Il Deutscher Werkbund (Associazione tedesca del lavoro) fu fondato dall’architetto escrittore Hermann Muthesius (1861-1927).

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Le proposizioni teorico-estetiche del Movimento Moderno, infatti, nonpresentano una concezione unitaria; del resto ci si può chiedere come questosarebbe stato possibile nella complessità di avvenimenti e di vicende che lastoria del primo cinquantennio dell'ultimo secolo ha proposto all'umanità. Diqueste vicende, si fa fatica a leggere il filo conduttore e, tra loro, si sonosusseguite innovazioni d’ogni genere, senza dimenticare che vi sono state nelfrattempo, due guerre mondiali.

Accanto alle personalità preminenti, che operano nell'arco di tempo checoincide con la prima metà del secolo XX, e nel complesso di idee eproposizioni, che va sotto il nome di Movimento Moderno, si sono fondate ehanno prosperato una moltitudine di maniere, di avanguardie, di -ismifigurativi, di tentativi poetici, di indirizzi diversi; le ricerche sono state spinteda un sostanziale anelito al nuovo, nel tentativo di rompere i ponti con ilpassato, o meglio con le accademie, di affermare una nuova estetica, volta,spesso, alle idee filosofiche e politiche.

Tali movimenti che trovano eco anche nell'architettura, hanno investitosoprattutto le arti figurative e letterarie, prendendo il nome di Impressionismo,Neo-impressionismo, Divisionismo, Suprematismo, Futurismo, Dadaismo,Neoplasticismo, Costruttivismo, Cubismo, Espressionismo. Il limite di questi atteggiamenti, riferiti all'architettura, è stato quello diproporre sperimentazioni circoscritte ad una concezione dell'edificio, comeelemento disaggregato dalla città, in antitesi spesso ad essa. L'insegnamentoche ne è derivato non ha condotto a una teoria incisiva, che abbia poi saputoindirizzare unitariamente gli insegnamenti dell'architettura, ma ha condottoall'eclettismo.

Gropius e il Bauhaus

Walter Gropius (1883-1969) sembrerebbe il più vicino a Le Corbusier,per quanto riguarda gli insegnamenti, ma una certa affinità si è delineata tral'opera di J.J.P. Oud (1890-1963) e Le Corbusier stesso per la fedeltà alla

135 Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale compare il saggio di B. Zevi: “Versoun’architettura organica”, Torino 1945, ampliato poi in “Storia dell’architettura moderna”,Torino 1950.

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poetica purista e cubista che si trova nelle opere dell'olandese (i quartieriKiefhoek e Hoek van Holland, vicino a Rotterdam).

In palese antitesi rispetto all'atteggiamento crociano, che negava il fineutilitaristico dell'arte, e quindi a favore di un superamento de “l'art pourl'art”136, verso una nuova unità fondata sull'incontro tra arte e tecnica, W.Gropius e il Bauhaus hanno avuto un'importanza capitale, nelle battaglie perun’architettura legata alla funzione.

L'architettura sociale era, per costoro, quella capace di coniugare ibisogni dell'individuo con quelli della collettività. Il Bauhaus137, quale istituto Superiore di belle arti e scuola di arteapplicata, i cui prodromi sono stati le Arts and Crafts, come il DeutscherWerkbund, nacque su un “Programma Des Staatlichen Bauhausen”, inWeimar, nel 1919. Fu definitivamente sciolto nel luglio del 1933. Nel 1928,Gropius si dimise dall’Istituto del Bauhaus per contestare le difficoltà politicheesterne e la fine degli ideali della scuola. Nel 1928, a W. Gropius succedette,nella direzione del Bauhaus, Hannes Meyer, a sua volta rimpiazzato da LudwigMies van der Rohe nel 1930.Nel 1932 fu sciolto dal Consiglio comunale di Dessau; nel 1933 si trasferìcome istituto privato a Berlino. E’ stato, insieme all'atelier di Le Corbusier, ilmaggior centro di elaborazione e di propulsione artistica degli anni a cavallotra le due guerre in Europa. Al Bauhaus di Dessau, fu riconosciuto, dal Governo dell'Anhalt-Sassonia,nell'ottobre del 1926, il titolo di "Hochschule fur Gestaltung" (IstitutoSuperiore di Figurazione).

Le idee propugnate in questa scuola, forse condizionate molto dallequestioni politiche e sociali e, per questo, ritenute pericolose da parte delnazismo, hanno lasciato una traccia fondamentale nei modi di concepirel'abitazione e il disegno degli arredi.

Il termine "Bauhaus" in tedesco significa letteralmente “Casa delcostruire”.

Nel manifesto-programma del Bauhaus di Weimar, dell'aprile 1919,Gropius pone l'accento su due concetti:

- l'unità di tutte le arti figurative sotto il primato dell'architettura;

136 In italiano: “l’arte per l’arte”.137 Hans M. Wingler, “Bauhaus”, Feltrinelli Ed., Milano, 1972 (titolo originale: „DasBauhaus“, Verlag Gebr. Rasch e C., Bramsche, 1962).

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- la necessità, per l'artista, di un nuovo rapporto con l'artigianato el'industria.

Nel '23 si aggiunge a questi concetti la tesi "Arte e tecnica: una nuovaunità", che integrava il postulato del recupero, nell’architettura, delle basiartigianali, recupero incalzato dai contemporanei movimenti di avanguardia esollecitato dall’interesse per la ricerca nelle arti applicate. Tale programma, si èdetto, riconosce come ideale: l’Einheit-Kunst-Werkbund (l’unità tra l’arte etecnica) che può essere raggiunto solo attraverso la fusione dell’arte con latecnica.

Nel 1925, il Bauhaus perse i finanziamenti statali, e si trasferì a Dessau.Dessau, allora, era una piccola città industriale sull'Elba, a Sud di

Berlino, ove esistevano la fabbrica degli aerei "Junkers". Qui, fu costruito un edificio per la scuola e le sette case dei maestri.Nel progetto dell'edificio stesso (1925-26), che avrebbe ospitato il

Bauhaus, nel centro di Dessau, si nota l'intento di W. Gropius di superarel'esperienza dogmatica del pieno razionalismo, quello di cui era espressione laVille Savoye, per applicare, da una parte, l'organica lezione di Wright, chefaceva della funzionalità il prerequisito essenziale dell'architettura e, per altroverso, la dinamicità dell'esperienza cubista, che introduceva nell'architettura lacosidetta quarta dimensione, il tempo.

Il programma della scuola, articolato in 4 semestri, prevedeval'insegnamento di materie propedeutiche: disegno analitico, esercizi conmateriali, geometria descrittiva, disegno tecnico, caratteri topografici, fisica,chimica, costruzioni, statica, lavori pratici nelle costruzioni, nella pubblicità,nel teatro, nella figurazione plastica e pittorica.138

Ogni studente, durante il suo corso, doveva frequentare una bottega artigiana,da lui stesso scelta, dopo il completamento del corso preliminare. Questoperché era dato un grande valore educativo all'esperienza pratica.

Si travasarono naturalmente in questo Istituto le idee del "DeutscherWerkbund", la scuola ove Gropius aveva precedentemente insegnato. In questascuola, ampliata a Dessau, si riunirono vitali correnti figurative europee, i così

138 Walter Gropius: “Architettura integrata”, Collezione dell'Arcobaleno, Arnaldo MondadoriEd., Milano1959; traduzione dall'inglese di R. Pedio, dall'opera originale di Walter Gropius:“Scope of total architecture”, pubblicato negli Stati Uniti a Cambridge-Massachusetts nel 1955.

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detti “ismi”139 figurativi come il Neoplasticismo, il Cubismo, il De Stijl, e viconfluirono i principali protagonisti della cultura artistica.

Furono insegnanti nel Bauhaus: il fotografo T. Lux Feininger, i pittoriPaul Klee, Piet Mondrian, Wassilly Kandinsky, Kasimir Malevic, LaszloMoholy-Nagy, gli architetti Theo Van Doesburg, Ludwig Mies van der Rohe,Adolf Meyer e Marcel Breuer, oltre naturalmente al suo direttore WalterGropius.

In quell’istituto, attraverso Adolf Loos, erano penetrate anche leesperienze della scuola di Chicago.

Loos, il grande architetto austriaco, era stato a Chicago nel 1893.Nell'Illinois aveva appreso, e poi trasferito in Europa, il già citatoinsegnamento di L. Sullivan: "form follows function". Questo attegiamento eraaccentuato in Loos dal fatto che egli riteneva l’ornamento un delitto.

Questa concezione, unitamente alle idee che avrebbero informatol’opera di F. Lloyd Wright, era penetrata nel Bauhaus. Wright stesso era statoa Berlino nel 1910, ove aveva realizzato una mostra delle sue opere, mostra cheavevano visitato anche i giovani Gropius e Mies.

W. Gropius, dopo aver lavorato per vari anni a Berlino, con P. Behrens(1868-1940), aveva maturato la persuasione della necessità di stabilire unostretto rapporto tra architettura e industria. Aprì allora un suo studio e lavoròcon Adolf Meyer a due progetti importanti: le officine Fagus, ad Alfeld (1911),e il padiglione del Werkbund, per l'Esposizione di Colonia (1914).

139 Il termine “ismo” non esiste nei dizionari della lingua italiana in quanto sostantivo, è infattiuna desinenza, che troviamo ad esempio in termini come classicismo, manierismo,illuminismo, romanticismo. Le correnti estetiche che si sono succedute in questi due secolisono state molteplici e vengono indicate come "ismi". Tale suffisso sta ad indicare una formaestetica, una maniera.Gli “ismi” figurativi più importanti dell'arte dell'ultimo secolo sono stati:ImpressionismoNeoimpressionismoDivisionismoFuturismoEspressionismoCubismoSuprematismoNeoplasticismoCostruttivismoDadaismo

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Nel 1919, dopo la prima guerra mondiale, durante la quale avevacombattuto come ufficiale di cavalleria, Gropius fu chiamato a Weimar daHenri Van de Velde, per dirigere la locale "Kunsthochschule", l'istitutosuperiore o accademia di Belle Arti del Granducato di Sassonia, fondato dallostesso Van de Velde nel 1906. La scuola si fuse in “Scuola delle Arti eArtigianato” dando vita al "Bauhaus" che aveva le caratteristiche di un collegeove insegnanti e studenti vivevano nella stessa struttura, che era percio dotatadi laboratorio, di aule, di alloggi e dei servizi necessari.

Nei suoi scritti: "Architettura integrata", "The new architectureand the Bauhaus", "Education towards creative Design", Gropius pose il temadella formazione degli architetti e dei progettisti come problema di metodo.

Egli scrive “Una architettura organica ... implica una società che non èla presente, dove non esiste per l'uomo un equo sistema di vita, consono al suosviluppo, e atto a renderlo migliore, non credo che vi siano perciò speranzeper una buona architettura.

Io dichiaro che è giunta per l'architettura l'ora di riconoscere la suanatura, di comprendere che essa deriva dalla vita, e ha per scopo la vita, comeoggi la viviamo, di essere quindi una cosa intensamente umana. Se viviamocon individualità e con bellezza, l'architettura diviene la necessariainterpretazione della nostra vita ...”

“Io dichiaro l'assoluta indipendenza da ogni estetismo accademico,dovunque, o comunque sia stato santificato”. Per Gropius, l'insegnamento nonavviene solo attraverso una diretta sperimentazione pratica, conseguenza deisegreti del mestiere, ma attraverso la penetrazione di uno sviluppo organico dellavoro creativo. Per Gropius, solo l'armonia perfetta delle funzioni tecniche, come delleproporzioni, possono far sperare nel raggiungimento della bellezza.

Convenuto che il problema degli uomini sia non soltanto lasoddisfazione di esigenze materiali, Gropius credette in una sorta di missionenel formare una nuova generazione di architetti, a stretto contatto con i mezzimoderni di produzione, in una scuola pilota, che doveva riuscire ad essereautorevole e, soprattutto, credibile.

Vi era in lui una pacata, tranquilla accettazione dell’Industrializzazione,che prendeva le distanze sia dalle posizioni di retroguardia delle Arts andCrafts di Ruskin e di Morris, sia dai vari movimenti dadaisti o futuristi, cheinneggiavano alla nuova civiltà della macchina.

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Gropius, descrivendo la sua concezione del Bauhaus, sosteneva lanecessità di un insegnamento in cui la teoria si svolgesse in continuo contattocon la realtà del lavoro pratico.

Il procedimento didattico140 era fondato sul lavoro di gruppo, che siproponeva un mutamento fondamentale nella cultura architettonica, in quantol'istanza formale non era indipendente, ma veniva calata nell'attività produttiva.

I rapporti tra insegnanti e studenti erano caratterizzati dalla conoscenzadi una responsabilità sociale comune.141

L’architettura organica

Frank Lloyd Wright (1869-1959) è l’interprete di una cultura artisticadel tutto singolare, che ha influenzato, come ha ricordato Edoardo Persico, gliarchitetti europei da Berlage a Dudok, da Loos a Hoffmann, e, attraverso TonyGarnier, perfino Le Corbusier. Gli insegnamenti di Wright sono rivolti alla trasmissione di unaesperienza personale contenuta nella elencazione di alcune costanti, punti diarrivo nella evoluzione delle sue sperimentazioni architettoniche. Il metodoempirico, soggettivo, le indicazioni trasmesse, non sono indicazionimetodologiche, ma piuttosto provengono da una lettura a posteriori delleesperienze di militante dell’architettura. Alcune indicazioni di Wright sono presenti negli insegnamenti diGropius, il quale però appare molto più didascalico.

Del resto era diverso, per questi personaggi, anche il luogo ove siesperimentava e si disegnava. Per Wright, il luogo naturale ove il discepolo

140 “Bauhaus Dessau Satzunziehrordnung” (Il Bauhaus di Dessau, Statuto, Ordinamento deglistudi), 1927 in Haus M. Wingles, il Bauhaus, Weimar Dessau, Berlino 1919-1933, Feltrinelli,Milano, 1972.141 “Bauhaus 1919-1933: da Klee a Kandinsky; da Gropius a Mies Van Der Rohe”, a cura diMarco De Michelis e Agnes Kohlmeyer, Fondazione Antonio Mazzotta, Milano 1996.

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poteva apprendere era l'atelier del maestro; Taliesin West142 lo era per idiscepoli di Wright, come lo studio di Sullivan lo era stato per lui stesso. Wright era un innovatore e come tale un rivoluzionario. Si oppose allamorale utilitaristica della società del suo tempo e all'educazione accademica siatradizionale che moderna.L’edificio per lui è un organismo che risponde, in primo luogo, alle esigenzefunzionali.

Il Razionalismo

Charles Eduard Jeanneret detto Le Corbusier è stato colui che hamanifestato maggiormente la necessità di supportare le sue opere con teorie eregole metriche, ed in questo senso è stato il più classicista dei maestrimoderni. La progettazione della Villa Savoye a Poissy, nella periferiaoccidentale di Parigi, è stata esattamente conforme ai suoi cinque puntidell’architettura. Egli stesso, nella prassi progettuale, ha superato le costruzioniteoriche; è stato, infatti, pronto anche ad ammainare le bandiere delrazionalismo formale, per esempio nella Cappella di Notre-Dame-du-Haut aRonchamp (Ginevra), e nel Convento Sainte-Maria-de-la-Tourette a Evreux-sur-Arbresle, (Lione).

Le Corbusier non ha mai insegnato, né diretto, o fondato una scuola,come Mies, o Gropius; si è comportato, tuttavia, come un grande maestro. Il razionalismo di Le Corbusier, come quello di Loos, affonda le sueradici negli scritti di Boullée, ma anche in quelli di Ruskin, di cui egli stessoricorda l'insegnamento nel capitolo "L'ora dell'architettura" ne: "L'Artdecoratif d'aujourdhui".

Uno dei suoi primi precetti fondamentali è questo: "L'architecture est lejeu savant, correcte magnifique des volumes assemblés sous la lumière…

142 Wright e i suoi collaboratori si trasferivano periodicamente da Taliesin West a Taliesin Eastper sfuggire al caldo insopportabile dell’estate in Arizona, e viceversa andavano da TaliesinEast a Taliesin West per sfuggire al freddo invernale del Winsconsin, soprattutto perchésfuggire agli spifferi d’aria fredda e riscaldarsi con i caminetti del complesso di Taliesin East,era a quanto pare un’impresa impossibile.

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Les cubes, les carrées, les sphères, les cylindres ou les pyramides sontles grandes formes primaires que lumiére réléve bien... C'est pour cela quesont des belles formes, les plus belles formes".143

L’assenza di teorie nell’architettura contemporanea

Ripercorrendo le ultime vicende dell’architettura, si vede come, dopo igrandi maestri dell’architettura: Wright, Le Corbusier, Gropius, Mies, Kahn,Oscar Niemeyer, Kenzo Tange, le ultime forme di teorizzazione abbiano presole strade più diverse: siano di Maymont, Jonas, Friedman, Burkminster-Fuller,e di molti altri, classificate sbrigativamente tutte insieme come “utopie”.

Potremmo annoverare, tra gli ultimi teorici, coloro che hanno indagatosulla percezione visiva, anche l’urbanista americano Kevin Lynch, il qualeproponeva più un modello progettuale che degli schemi fissi, sintetici, diriferimento.

Oggi, in generale, l’interesse degli architetti si è spostato verso lacosiddetta architettura bioclimatica e, sempre più come fenomeno in atto dadecenni, verso la compatibilità ambientale di tutte le forme di architettura, finoad arrivare al recente movimento tedesco della bioarchitettura.

Quanto, per esempio, viene sancito nei principali punti del Movimentoper la Bioarchitettura, ha un grande valore, ma denuncia implicitamente larinuncia a trovare delle soluzioni globali per definire la forma della cittàcontemporanea.

L’anarchia e il caos possono regnare sovrani, dal momento che un altromessaggio implicito nelle ultime tendenze dell’architettura, dal Post-Modern alDecostruttivismo, contrariamente a quanto abbiamo visto in precedenza,pretende che l’arte sfugga ad ogni regola.

Qui, di seguito, invece metteremo in luce come ciò non sia del tuttovero, e anzi rischi di diventare fuorviante.

Vedremo come, tanto nel fare Arte che nel fare Architettura, esiste unaparte razionale, in pratica un insieme di regole pure, se non eterne, almenodurature, che gli artisti e gli architetti di tutti i tempi hanno fatto proprie, o sisono dati autonomamente.

143 “L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi assemblati sotto la luce...I cubi, i quadrati, le sfere, i cilindri, oppure le piramidi, sono le grandi forme primarie che laluce svela meglio. E’ per questo motivo che sono delle belle forme, le più belle forme”.

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Architettura e domanda della società in evoluzione

La possibilità di fruire pienamente di un edificio dipende dallarispondenza della sua struttura a varie esigenze funzionali: accessibilità deipercorsi, dimensione e disposizione degli ambienti, aerazione e illuminazione,condizioni di benessere diffuso. Le componenti funzionali, di un edificio, a causa dell'evoluzione dellatecnologia e della domanda dei fruitori, indirizzata verso esigenze complesse eprecise, divengono un requisito sempre più essenziale delle caratteristicheestetiche.Questo è vero anche perchè, mentre le esigenze funzionali sono avvertite datutti, le richieste di natura estetica sono influenzate dal livello di educazione delgusto del fruitore. Ne discendono, immediatamente, queste conseguenze: unedificio funzionale deve essere anche economico, cosa che, in una societàconsumistica e capitalistica, in cui il denaro è ritenuto un valore primario, ha ilsuo peso.

I vantaggi dovuti alla buona ubicazione rispetto al contesto urbano, allafacilità di accesso, alla buona organizzazione degli spazi, alla razionalità dellacostruzione e dei criteri di gestione, hanno assunto un valore tale che ha portatoal prevalere, in architettura, del funzionalismo e del razionalismo rispetto adaltri principi.

Non solo nell’architettura razionalista del Movimento Moderno, maanche in quella organica, la funzionalità resta un criterio di progettazionedeterminante di un edificio; ciò non toglie all'architettura il carattere dilinguaggio, ma avvicina questo linguaggio ai requisiti che hanno predominatoanche, per esempio, nell'industrial design.144

Sarebbe, del resto, illogico negare che l'architettura sia un'arte applicatae quindi affermare che possa trovare motivazioni del proprio esistere in séstessa, indipendentemente dai suoi contenuti, come avviene nella concezionedell’arte per l’arte.

Sono da ritenersi casi particolari quelli in cui essa viene costruitaesclusivamente per fini semantici: celebrativi, monumentali, pubblicitari, opropagandistici. Gli spazi architettonici non costituiscono soltanto lascenografia della vita, ma sono la manifestazione materializzata di un apparato

144 Per Louis Sullivan “la forma segue la funzione”; per Frank Lloyd Wright “forma efunzione sono una cosa sola”.

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logistico, che serve a tutte le nostre attività che costituiscono e determinano lacittà. Questa assume maggiore qualità nella rispondenza delle sue parti a ciòche servono, ed esprime la cultura che la società che viene ospitata ha saputoacquisire.

Gli edifici sono parti di uno spazio urbano, ovvero di uno spazio in cuisi vive, ci si incontra, si sta, in cui si svolgono varie e complesse funzioni.

Gli edifici sono quinte di uno spazio urbano ove si vive normalmente.In alcuni casi, gli spazi sembrano essere come la scena ove si compiono riti erappresentazioni, ove l'architetto offre, attraverso l’immagine, una suggestionedrammatica, comica, o ironica. Questo sembra accadere per esempio, nellaPiazza d'Italia di C. Moore a New Orleans, in cui, secondo C. Jencks,l'architettura svolgerebbe prevalentemente un ruolo immaginifico. Ribadire che gli edifici debbano assolvere alla utilità e alla necessitàdell'uomo, non vuol dire che si debbano reprimere i modi di espressione edomologare la cultura e i modi di intendere la vita; significa voler recuperare larazionalità necessaria, cioè la scena al teatro, attribuire il valore dell'effimeroalle cose di secondaria importanza.

La battaglia ormai dissolta a favore e contro il Movimento Moderno

I maestri del Movimento Moderno avevano espresso, dopo accesidibattiti, un genuino atteggiamento di lealtà rispetto agli equivoci che laRivoluzione Industriale aveva indotto.Questa, trasformando i modi di produzione, aveva rotto l'unità tra concezionedell'oggetto e momento produttivo.I risultati, dal punto di vista estetico, lasciavano e lasciano tuttora spesso adesiderare.Del resto, la teoria estetica canonizzata dalle vecchie accademie, mal siadeguava alle dimensioni delle nuove realtà.

In questo contesto l'insegnamento funzionalista era didascalico,assumeva, nei singoli casi, valore di manifesto, di reazione al conservatorismoe all’ accademia, oppure di reazione al kitsch. Quando, nei momenti più eroici del suo nascere, si esprimeva tra milledifficoltà, come tutte le avanguardie, contrapponeva, ai dogmi delle accademie,nuovi decaloghi (Il Manifesto del Futurismo, il comandamento "form followsfunction", "i cinque punti dell'architettura" di Le Corbusier, l'assioma "less is

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more" di Mies van der Rohe e di A. Loos, gli insegnamenti contenuti nel"Testamento" di Wright.)

A distanza di 20 anni, nella Mostra del 1980 al Museum of Modern Art

di New York, P. Johnson presentò un grande grattacielo sormontato da unenorme frontone neoclassico (il grattacielo sede centrale della AT&T,fronteggiante il Central Park di New York, costruito tra il 1978 e il 1984). In occasione della Prima Biennale di Venezia del 1980, di cui erapresidente Paolo Portoghesi, furono esposte nella "Strada Novissima", allestitanell'ex arsenale militare, venti facciate effimere progettate da altrettantiarchitetti (fra questi: Hollein, Krier, Venturi, Rauch e Scott-Brown) eprefabbricate negli stabilimenti di Cinecittà, un insieme di opere, pubblicate tral'altro in "Controspazio"145 , che rappresentano le sintesi delle idee delcosiddetto Post Modern. Lo scandalo suscitato e la polemica che ne è seguita ha ricordato,secondo alcuni, la mostra dei cubisti al Salon des Indipendents del 1911 aParigi. Secondo Zevi si è trattato soltanto di un esperimento orribile, da luiribattezzato la “Strada Senilissima”. C. Jencks146 intitolò il primo dei suoi capitoli sull'Architettura PostModerna, The death of Modern Architecture, e indica tale morte comeavvenuta nel 1972 a St.Louis, nel Missouri, quando fu distrutto con la dinamiteil Pruitt-Igoe Housing, quartiere dei “neri”, costruito nel 1951 secondo gliideali del C.I.A.M., dopo che i suoi blocchi residenziali, divenuti inospitali,erano stati già vandalizzati dalla popolazione. Nel suo "Albero dell'evoluzione" Jencks individuava vari filoni in cui siè evoluta l'architettura dal 1955 ad oggi: Storicismo: neo-liberty, formalisti, scuola di Barcellona, scuola di R.Venturi; Revival: ricostruzione vernacolare dal dopoguerra in poi; Neovernacolare-Urbanistico: Townscape, Protesta urbana, Neo-razionalismo, La Tendenza, l'Antimodernismo; Metaforico-Metafisico: Saarinen e Scharoun, Antropomorfismo;

145 C.Norberg Schulz, in “Controspazio”, Anno XII, numeri I – VI, 1980 - "La presenza delpassato", numero speciale dedicato alla I° mostra internazionale di Architettura.146 C. Jencks, “The language of Post-Modern Architecture”, Rizzoli International PublicationsInc. First Published in N. York, 1977 (vedi terza edizione 1981). "The death of ModernArchitecture" pag. 9 ed anche "Evolutionary Tree" (1955-80), pag. 80.

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Spazio post-moderno: Venturi , Moore, Graves, Eisenman,Supergraphics.

Si può facilmente notare come, nell'ambito di questa nuovaavanguardia, vi sia spazio per gli indirizzi più disparati, ma la sensazione chene deriva è che si vadano riducendo le specificità proprie di società e di culturemolto diverse e complesse a una superficiale interpretazione di tali peculiarità,confondendole con le motivazioni di tipo revivalistico, vernacolari ometaforiche.

La Rivista “Architectural Design”147 ha avuto un ruolo trainante neldiffondere in Europa le idee post-moderne; essa ha dedicato numerosi numerimonografici a questo fenomeno diffusosi dapprima negli Stati Uniti e poiovunque. Basti ricordare il numero intitolato: Imitation and Innovation del 1988,in cui sono pubblicate opere di Leon Krier, Allan Greenberg, Robert Stern,Quinlan Terry; oppure quello dal titolo: Post-Modern Triumphs in London, del1991, nel quale fu invitato Charles Jencks ad illustrare almeno cento dellerealizzazioni piu' recenti, tra cui spiccano l'ampliamento della National Galleryin Trafalgar Square per opera di Venturi, Scott, Brown e Associati, (pag. 48-57) l'ampliamento della Tate Gallery (1982) a Mill Bank, per opera di JamesStirling e Michael Wilford, (pag. 16), il Broad Gate Development di PeterFogg and Arup Associated (1988) (pag. 46-47).

In un altro numero di Architectural Design, (il 14 del 1985) intitolato“Profile cross Current of american Architecture” pubblicato in associazionecon “the American Festival” da A.A. Editions, London, una prefazione diCharles Jencks, a sua volta intitolata America the Dynamics, illustra lerispettive opere dei seguenti autori:Michael Graves: "Egos, Pegase, Winery and Residence Calistoga", California. Cesar Pelli: "World financial center", New York.Robert Stern: "Point West place", Framingham - Massachusetts. Peter Eisenman: "The OSU Center for the visual arts", Columbus, Ohio. Richard Meier: "Museum for the decorative arts", Francoforte sul Meno,Germania.

147 La rivista Architectural Design è edita a Londra da Academy Group e pubblicata inInghilterra e negli Stati Uniti. Ne sono collaboratori, Kennet Frampton, Charles Jenks, LeonKrier, Terry Farrel.

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Un altro numero di A.D. intitolato “The new modern Aesthetic”,

pubblicato nel 1990, è dedicato al Simposio internazionale, tenuto presso laTate Gallery di Londra e al secondo Architectural Forum, ospitato presso ilRoyal Institute of Architects di Gran Bretagna.

Il numero di A.D. intitolato “Post-Modernism on Trial” consiste in unaretrospettiva, e un processo relativo al Post-Modern, nei quali sono esaminatele seguenti opere dei relativi autori: il Walt Disney, Dolphin and Swan Hotels, di Michael Graves;il Disney Casting Center, di Robert Stern;la Neue Haus a Vienna, di Hans Hollein;il Municipal Museum of Modern Arts,a Hiroshima, di K. Kurokawa.

Tra le critiche che questa nuova corrente ha posto al metodorazionalistico e più precisamente a quello di Walter Gropius, vi è quella chetale metodo abbia portato a nuove forme di eclettismo, in quanto inteso inchiave empirica e non critica.148 La lezione empirica pretende di risolvere iproblemi che via via si pongono, senza un ordine logico. E' necessario quindi,per arrivare a stabilire una teoria, superare quel funzionalismo che purepervade tutto l'iter del pensiero architettonico a partire da Vitruvio. Per A. Rossi i punti fondamentali di una teoria della progettazionesono:- la lettura dei monumenti (ovvero il rilievo architettonico);- il discorso sulla forma dell'architettura;- la lettura della città. Queste teorizzazioni di A.Rossi non si muovono nel senso di quelprincipio unitario a cui alludeva già E. Viollet-le-Duc (1814-1879): "Se dunquel'unità deve esistere nell'arte dell'architettura, essa non può avvenireapplicando questa o quella forma, ma nel cercare quella forma che èl'espressione di ciò che prescrive la ragione".

Gli insegnamenti: metodo e funzione

148 A.Rossi, “Architettura dei Musei”. Dai Seminari sulla “Teoria della progettazionearchitettonica” tenuti nell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Anno accademico1965-66, pag. 324.

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In particolare, sul problema dell'eredità e delle conseguenze delmessaggio del Modernismo in architettura si puo' dire questo: il MovimentoModerno149 aveva basato le sue teorie di progettazione su alcuni punti fissi: ilmetodo e la funzione; aveva pero' tralasciato il problema piu' generale dellacittà. Le ultime teorie sostengono che il problema della forma architettonicadebba essere ricondotto al problema complessivo della forma della città che,dai soli principi del Movimento Moderno, ha derivato l'eclettismo e ilprofessionalismo, portando ad uno scadimento dell'immagine urbana.

Sempre secondo A. Rossi, la miseria della nostra architettura nascedall'aver messo in secondo piano lo studio dell'architettura antica ancheattraverso il rilievo dei monumenti.

La nuova architettura deve essere costruita con forme chiuse e finite,che nascono dallo studio della città. I fondamenti di una teoria della cittàpossono essere anche i fondamenti di una nuova architettura.

"La casa, gli elementi primari, i monumenti sono gli elementi fissidella struttura urbana, non corrispondono semplicemente a delle funzioni,anche se le comprendono, sono veri e propri pezzi di città, elementiarchitettonici che vanno a costituire la città". Queste affermazioni, nella lorosemplicità, riscoprono un ruolo dell'architettura che si era perso con ilMovimento Moderno.150

Quando Wright, e in seguito Le Corbusier, Gropius, e Mies van derRohe compivano i primi passi, eravamo solo all'inizio del secolo; l'automobile,come comune mezzo di trasporto, era ai primordi, l'aviazione e l'energianucleare era di là da venire, i sistemi di trasporto e di comunicazione attuali,inimmaginabili. A giudicare dalla velocità con la quale tutti i termini della vita si sonoaccelerati, si può pensare che oggi siamo soltanto all'inizio di una nuova era, lacui dimensione e i cui rischi non possiamo conoscere, né valutare. La qual cosaci mette in ansia. Le idee del Futurismo, per la loro innocente, ma illuminatapreveggenza, ci appaiono appartenere al passato, ormai lontano, dei libri diGiulio Verne; esse già intuivano che, con il progresso tecnologico, i pericoli diaccentramento del potere sarebbero aumentati.

149 C.Jencks “Modern Movements in Architecture”, Penguin Books Ltd., HarmondsworthMiddlesers, England, I° ediz. 1973, II° ediz. 1985.150 Tratto da A. Rossi, “L’architettura della città”, Marsilio Ed., Padova 1970.

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Troviamo oggi una riproposizione moderna di queste ipotesi nei filmdell’Agente segreto 007: “Gold Finger”, “Dalla Russia con amore”,“Operazione tuono”, “Mai dire mai”, in cui appare lo scenario di grandi forzedel male, che detengono uno smisurato potere economico, le quali sicontrappongono ai poteri dei paesi democratici.

Non c’è da meravigliarsi perciò se tutto quanto si detto, fatto, dibattutoin quegli anni eroici, che vanno dalla formazione dei vari “Werkbund”, sinoall'ultimo dei Congressi di Architettura Moderna, va meditato anche conaccenti critici.

Tutto questo ha rappresentato, per molto tempo, l'insieme diinsegnamenti che hanno formato generazioni di architetti, per i quali è stata unadelusione scoprire che tali convinzioni debbono essere riviste se nonabbandonate. Questo funzionalismo, che trova le vere radici in una cultura europeapositivista, si è sviluppato soprattutto in America, dove ha trovato anche la suaestinzione. Il funzionalismo razionalistico vanta non solo un'enorme letteratura, maanche una gran mole di opere che non possono affatto essere accomunate, persignificato, per collocazione geografica, per storia e finalità attraversanticulture contrastanti e diverse. Tra queste: l'esperienza americana, che dallaRivoluzione, attraverso la costituzione, l’Indipendenza, e il New Deal, haportato alla supremazia mondiale; il tramonto delle antiche potenzeimperialiste; i tentativi di federazione europea.

Esperienze tutte che, incontrandosi con la cultura della funzione e dellarazionalità, hanno dato luogo ad una molteplicità di manifestazioni.

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PERSONAGGI ED OPERE DEL MOVIMENTO MODERNO

Non volendo fare un elenco troppo lungo di esempi, ritengo in ognimodo essenziale che si debbano segnalare le seguenti opere, consideratecaposaldi dell’architettura moderna:

- Joseph Paxton,Il Palazzo di Cristallo, Londra, 1851;

- Antonio Gaudì, La casa Milà detta la Pedreira, nel Paseo de Gracia, a Barcellona;Il Parc Gűell, a Barcellona;

- Louis Henry Sullivan, Magazzini Carson, Pirie e Scott, Chicago, Ill., USA, 1899 – 1904;

- Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann, detta “Falling Water”, (Casa sulla Cascata), Bear Run,Penn., USA, 1936;La Price Tower a Bartles Ville, Oklahoma, USA, 1953-56;Il Guggenheim Museum, New York, USA, 1946 – 59;

- Walter Gropius, Il Bauhaus a Dessau, Deutschland, 1926-1929;Il Tothal Theater, 1911;

- Ludwing Mies Van Der Rohe,Il Padiglione tedesco all'Esposizione Universale di Barcellona, 1929;

- Jacobus Joannes Peter Oud,Il Quartiere Kiefhoek a Rotterdam, Netherland, 1927;

- Charles Edouard Jeanneret, dit. “Le Corbusier”,La Ville Savoy a Poissy, nella periferia occidentale di Parigi, 1929-1931;Il Convento de La Tourrette ; La Chapelle de Saint Marie de Ronchamp, (Notre Dame du Haut), Ginevra,1955, sulla strada che conduce a Belfort, Ronchamp;L'Ospedale di Venezia, (progetto);

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L’Unité d’habitation, (Nantes, Marsiglia, Berlino) 1946 –52;

- Adolf Loos,La Casa Steiner, Vienna, 1910;

- Alvar Aalto,Tubercolosario a Paimio, Finlandia, 1929-33;Padiglione Finlandese alla Worlds Fair, New York, 1939;Dormitorio degli studenti all’Istituto di Tecnologia del Massachussetts,USA, 1947-49;

- Louis Kahn, Sede dell’Istituto di ricerche mediche della Alfred Newton Richards, (al. n.2129 di Cipres Street), Philadelfia, USA;

Personaggi - i grandi maestri del Movimento Moderno

Joseph Paxton, (1801-1865), A partire dalla metà dell’800, i progressi dell’ingegneria furono diffusiattraverso le Esposizioni Universali, eventi volti a garantire un rapporto direttotra produttori, commercianti e consumatori, e a promuovere un confronto tra iprodotti di tutto il mondo.Proprio in occasione dell’Esposizione del 1851, tenutasi a Londra, Paxton,costruttore di serre, ebbe occasione di emergere con un progetto, redatto insostituzione di quello vincitore (ad opera di Horeau), non realizzabile. Così ilComitato delle costruzioni redasse un progetto d’ufficio, da far realizzare daun’impresa selezionata in seguito ad appalto. Paxton, a sua volta, realizzò unnuovo progetto, che presentò al concorso-appalto, facendolo passare comevariante al progetto del Comitato.Grazie ad alcuni accorgimenti, e al basso costo, il progetto venne scelto peressere realizzato. Il Palazzo di Cristallo, realizzato con la prefabbricazioneintegrale della struttura di ferro, per una dimensione mai sperimentata finoallora, oltre 70.000 mq coperti, riscosse una tale ammirazione che, dopol’esposizione, fu smontato e rimontato a Sydenham, dove vi restò, fino al 1937,quando fu distrutto da un incendio.

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Antoni Gaudì, (1852-1926),L’artista catalano dimostrò all’inizio una predilezione per l’Eclettismo, per lostile gotico e per i problemi strutturali, che si tradussero, nei primi lavori, nellavolontà di raggiungere effetti sensazionali, anche attraverso l’utilizzo deimateriali più scabri, appartenenti alla tradizione dell’architettura moresca.Abbandonato ogni riferimento agli stili, egli realizzò a Barcellona le sue operepiù famose: casa Milà, detta la Pedreira, il Tempio della Sagrada Famiglia, ilParco Gűell. Nonostante si sia trattato di un artista eccezionale, la sfortuna di rimanere in unambiente ostile ed indifferente costituì un ostacolo all’influenza che egliavrebbe potuto esercitare in Spagna e anche nel resto d’Europa.

Louis Henry Sullivan, (1856-1924),Nel 1871 Chicago fu completamente distrutta da un incendio. I protagonisti chesi occuparono della sua ricostruzione furono indicati come appartenenti allaScuola di Chicago. Fra gli importanti progettisti della generazione dei giovanivi era Sullivan, il quale criticava i suoi contemporanei, cercando di distinguersie di formulare un’architettura personale, anche attraverso il supporto di scrittiteorici.Dopo aver studiato per alcuni anni a Parigi, egli entrò a far parte dello studio diD. Adler, di cui divenne socio. L’ambizione delle sue opere fu quella di raggiungere una sostanziale integrità eun forte slancio, dando spazio all’organizzazione prospettica eridimensionando, invece, la decorazione. Nasce, così ,l’aspetto tipico deigrattacieli sullivaniani.

Frank Lloyd Wright, (1869-1959),F.L.Wright racconta come, nella sua educazione, ebbero particolare importanzai giochi praticati nel Kindergarten di Froebel.In questo giardino d'infanzia, si giocava con blocchetti levigati di legno diacero, o con triangoli di cartone rosso (60" - 30")."Condotto nell'Est, a tre anni, nella parrocchia di mio padre presso Bostonper diversi anni ancora sedetti al tavolinetto del giardino d'infanzia, rigato dalinee distanti circa dieci centimetri di lato e, tra le altre cose, giocavo suquesto “reticolo elementare", col quadrato (il cubo), col cerchio (la sfera), coltriangolo (il tetraedro o la piramide triangolare)”.Continua nel racconto:

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“Nel loro schema geometrico, il quadrato significava purezza, il cerchiol'infinito, il triangolo l'aspirazione, ed erano tutte cose con le quali disegnarenuove forme significative.Nella terza dimensione i blocchetti levigati di acero diventavano il cubo, lasfera, il tetraedro, ma tutti erano per «giocare»“151

Walter Gropius, (1883-1969), Nel 1907, ossia nel periodo antecedente la guerra, in Germania si sviluppaun’importante organizzazione culturale, fondata da un gruppo di artisti e dicritici associati ad alcuni produttori: il Deutscher Werkbund. Lo scopo di taleorganizzazione era quello di nobilitare il lavoro artigiano, collegandolo conl’industria. Proprio all’interno del Werkbund, tra il 1907 e 1914, matura la nuovagenerazione di architetti tedeschi, a cui apparteneva Gropius. Egli lavorainizialmente nello studio di Behrens, ma subito comincia a progettare per contosuo, dimostrando un’apertura ad esperienze diverse. L’architettura di Gropius,nell’anteguerra, fu caratterizzata da una rigorosa proprietà tecnica e da unacerta indifferenza per le determinazioni stilistiche precostruite. Direttore dellascuola del Bauhaus, condensa in un opuscolo i punti principali del metododidattico, riconducibili ad una concezione integrata del lavoro tecnico edartistico. In seguito a conflitti di ordine politico, la scuola fu trasferita a Dessau e aGropius fu affidato l’incarico di redigere il progetto del nuovo complesso:questo incarnò il principio dell’insegnamento, impartito nel Bauhaus, ossial’incontro tra arte e tecnica, materializzandosi in una costruzionerappresentativa e monumentale che, nonostante la dimensione, seppemantenere la scala umana e aderire rigorosamente alle necessità utilitarie. Quando fu persuaso che la scuola avesse raggiunto una certa stabilità, Gropiuscedette il suo posto e rivolse il suo interesse all’ambito urbanistico, persuasodel fatto che non fosse sufficiente fornire nuovi modelli, quanto piuttostocapire le richieste delle forze destinate al loro utilizzo.L’opera di Gropius è stata definita da P. Portoghesi, durante una conferenzatenutasi a Roma nel 1958, superamento delle avanguardie, ovvero ilsuperamento di quegli artisti che credevano che la riforma dell’architetturapoteva essere promossa semplicemente formulando un linguaggio diverso daquelli che l’avevano preceduto.

151 F.L. Wright, “Testamento”, G. Einaudi Edit., Torino, 1963 - Autobiografia - Pag. 20 (TitoloOriginale: A Testament - Horizon Press - New York 1957).

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Ludwig Mies van der Rohe, (1886-1972) Appartenente alla stessa generazione di artisti di Gropius, all’interno delDeutscher Werkbund, dopo aver iniziato la sua carriera come disegnatore nellostudio di Behrens, successivamente avviò un suo studio professionale aBerlino, ma dovette interrompere la sua attività a causa della guerra. Mies non mostrò alcun desiderio di novità sensazionali, ma piuttosto undesiderio di approfondimento dello studio degli elementi costruttivi e ilproposito di agire sulle parti funzionali dell’edificio, tramutandole inarchitettura, in virtù di rapporti ben meditati. La sua adesione all’avanguardia,infatti, fu piuttosto casuale e la sua partecipazione al dibattito si fece più attivadopo la guerra, quando divenne direttore della rivista . Le sue opere, caratterizzate da un notevole sforzo semplificativo degli elementitradizionali, raggiungono il culmine quando gli vengono commissionati alcuniallestimenti per mostre, la cui natura rimase sostanzialmente diversa da quelladi altre costruzioni. Approfittando del tema particolare, a Mies viene offertal’occasione per favorire una dimostrazione teorica del metodo moderno dicomposizione architettonica.

Le Corbusier, (1887 1965),Architetto e urbanista francese, figlio di un orologiaio svizzero, studiò allascuola di arti applicate, viaggiò in Europa e in Medio Oriente, lavorò neglistudi di J. Hoffman, di A. Perret e di P. Behrens. Tornato a Chaux le Fonds,come insegnante nella sua vecchia scuola, elaborò il progetto delle case Dom-Ino, impostate su strutture modulari in cemento armato, così da permettere laproduzione in serie, la prefabbricazione e l’industrializzazione del cantiere. Nel1935 pubblicò il progetto della Ville radieuse, appassionato compendio dellesue teorie urbanistiche già applicate in tanti progetti: grandi case su pilotis, conspazi verdi che passano sotto l’edificio, tetti giardino, strade lontane dalleabitazioni. La casa fu definita come “une machine à habiter”. Nel 1948,pubblicò, il Modulor, studio di coordinazione modulare basato sulle misure e imovimenti di un uomo alto m. 1,81, codificando i principi informatoridell’unità di abitazione di Marsiglia (1945-52), in cui gli elementi architettonicisperimentati (pilotis, tetto-terrazzo, frangisole, ecc..) vengono riorganizzatinella logica del modulor, per 360 alloggi, muniti di servizi comuni.

Louis Kahn, (1901-1974),

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Louis Kahn nacque nell'isola di Orel, in Lituania. Emigrato in America studiò evisse a Philadelphia e divenne noto nel campo internazionale soltanto nell’etàmatura della sua vita, prima con la Yale University Art Gallery, progettata conD. Orr, nel 1951-1953, poi con i Richards Medical Research Building of theUniversity of Pennsylvania realizzati nel 1957-1960.152

Il linguaggio architettonico di Kahn fa riferimento ai moduli stilistici delMovimento Moderno nella ricerca di una esatta calibratura dimensionale piùche su alternative stilistiche e costruttive; ma già con la realizzazione dellaGalleria d’arte della Yale University (New Haven, Connecticut), egli proponeuna originale organizzazione dello spazio. Da un punto di vista morfologico-spaziale l’architettura di Kahn postula ilsuperamento della tecnica razionalista dell’assemblage, proponendo unacomposizione architettonica articolata in una molteplicità di volumi, chedistinguono gli spazi serviti, dagli spazi serventi, e che sfrutta la luce comeelemento integrante.Secondo Kahn, l’architettura non è soltanto una risposta alle necessitàfisiologiche umane (standards funzionali), ma è anche, e soprattutto, un fattosimbolico ed espressivo. Opere di Luis Kahn:1951-53, Yale University Art Gallery,1957-64, Richards Medical Research Building University of Pennsylvania-Philadelphia, opera che gli ha dato la notorietà, 1959-65, Salk Institute Laboratory Buildings,1960-65, Erdman Hall Dormitories, Bryn Marw College,1962-74, Sher-e- Banglanagar National Assembly Hall, 1962-74, Sher-e-Banglanagar Ayub National Hospital,1963-74, Indian Istitute of Management, 1965-66, Convento delle suore Domenicane, Pennsylvania (progetto), 1966-72, Kimbell Art Museum - Forth Worth, Texas, (un piccolo museo in cuil’architetto usa strutture prefabbricate),1967, Priorato di S. Andrea, California,1967-72, Library Philips Exeter Academy,(una delle opere più interessanti),New Hampshire,1969-74, Center for British Art and Studies, Yale University.

152 Kennet Frampton, Modern Architecture - a critical history- New York and Toronto - OxfordUniversity Press 1980.

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STORICI DELL’ARCHITETTURA

Sono stati scritti numerosi testi di storia dell’architettura. Per unarchitetto è necessario conoscerne più di uno. Tra i più noti, si segnalano quellidi:

Bruno Zevi, (1918 - 2000),E' nato a Roma nel 1918. Si laureato nella Graduate School of Design dellaHarvard University, (N.Y., USA), diretta da Walter Gropius.Membro dei gruppi clandestini Giustizia e Libertà, durante l'emigrazione hacontinuato la lotta antifascista in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, pubblicandoi “Quaderni Italiani”, prosecuzione di quelli parigini di Carlo Rosselli.Rientrato in Europa nel '43, ha fatto parte del Partito d’Azione, poi delmovimento di unità popolare e delle fondazioni socialiste.Dal 1948, ha insegnato nell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia enella Scuola di perfezionamento in Storia dell'Arte, diretta da Lionello Venturi.Dal 1963, è stato professore ordinario di Storia dell'Architettura nell'Universitàdi Roma, La Sapienza, dove ha insegnato sino al 1978, anno in cui hapresentato la sue clamorose dimissioni. È scomparso nel gennaio del 2000.Ha ricevuto numerose onorificenze ed stato eletto alla Camera dei Deputatinelle file del partito radicale.Ha scritto, tra l'altro:“Verso un'architettura organica”, Torino, Einaudi, 1945,“Saper vedere l'architettura”, Torino, Einaudi, 1948,“Frank Lloyd Wright”, Il Balcone, Roma, 1948,“Erik Gunnar Asplund”, Il Balcone, Roma, 1949,“Storia dell'architettura moderna”, Torino, Einaudi, 1950, “Architettura e Storiografia”, Torino, Einaudi, 1950,“Poetica dell'architettura Neoplastica ”, Roma, Tamburini, 1953,“Richard Neutra”, Il Balcone, Roma, 1954,“Biagio Rossetti, architetto ferrarese, il primo urbanista modernoeuropeo”,Torino, Einaudi, 1960,“Michelangelo, architetto” ( Saggi in collaborazione), Torino, Einaudi, 1962,“Erich Mendelsohn“, Etas kompass, Roma, 1970,“Cronache di Architettura”, Laterza, Roma-Bari, 1978-1996,

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Leonardo Benevolo, (1923),Nato ad Orta Novarese, (Novara), laureatosi a Roma nel 1946; ha insegnatonell'Università di Roma, di Firenze, di Venezia e di Palermo. Ha pubblicato: “La Storia dell'Architettura moderna”, nel 1960,“Le Origini dell'Urbanistica Moderna”, nel 1963, “L'Architettura della città nell'Italia contemporanea”, nel 1968, “La Storia dell'Architettura del Rinascimento”, nel 1973,“Introduzione all'Architettura”, del 1972, “Roma da ieri a domani” , del 1971.Tutte opere pubblicate presso l’editore Laterza, Roma-Bari.Professionalmente, ha lavorato con Tommaso Giura Longo e Carlo Melograni,con i quali ha progettato la sede della Fiera di Bologna, diverse scuole, il pianoregolatore di Ascoli Piceno, il piano del centro storico di Bologna.Ha fatto parte della Commissione ministeriale per il piano di ricostruzione delVajont.

Kennet Frampton, (1930),Si è formato presso l'Architectural Association School of Architecture diLondra. Ha lavorato come architetto e come storico dell'architettura. Èdiventato professore nella Graduate School of Architecture ad Plannings dellaColumbia University, e membro dell'Institute for Architecture and UrbanStudies di New York.È anche autore di numerosi articoli sulla storia del Movimento Moderno. Fra lesue pubblicazioni, si segnala un breve, importante saggio intitolato: “BritishBuildings 1960-1964”.

Siegfried Giedion, (1888 -1968),Nato in Svizzera, storico dell’architettura. Diplomato in ingegneria a Vienna,studia poi storia dell’arte a Zurigo e a Monaco. Professore alla Università diHarvard e al Politecnico di Zurigo, partecipa attivamente alle battaglie perl’architettura moderna, di cui fu tra i primi storiografi. Nel 1941, per la primavolta, ha pubblicato: “Space time and architecture”.

Manfredo Tafuri, (1935 - 1994),Nato a Roma nel 1935, è stato titolare della cattedra di Storia dell'architetturapresso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia; nel 1968 hapubblicato, Teorie e Storia dell'architettura; nel 1972, ha pubblicato,

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“L'architettura dell'umanesimo”; nel 1973, “Progetto e utopia”, e, con altri:“La città americana dalla guerra civile al New Deal”, 1973, tutti editi dallaBiblioteca di Cultura Moderna degli editori Laterza, Roma-Bari.

Charles Jencks, Nato nel 1939, negli Stati Uniti vive a Londra. Ha studiato Letteratura inglesee Architettura ad Harward. Ha una laurea in Architettura della LondonUniversity, dove ha studiato sotto la guida di Raynar Banham.Ha scritto:“Meaning in Architecture”, edito da George Baird, 1969,“Architecture 2000 - Predictions and methods”, 1971,“Adhocism” (con Nathan Silver), 1972,“Le Corbusier and the tragic view of Architecture”, 1973,“The language of post-modern Architecture; Late modern Architecture”, 1980,“Post-modern classicism”, 1980,“Modern movements in Architecture”, Penguin Books, England 1973.

Si tratta, quindi, di scegliere tra numerose storie dellarchitettura. E' necessario,a mio avviso, quale che sia la storia scelta, che si conoscano alcune operestoriche dell'architettura moderna, che oramai sono diventate dei classici, cherappresentano i caposaldi della letteratura architettonica mondiale, così come leopere di Dante, Ariosto, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Pascoli, D'Annunziocostituiscono i caposaldi della letteratura italiana.

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APPENDICE

La tutela del paesaggio

Nell’affrontare il tema della difesa dei beni culturali e del paesaggio inquanto bene, ci si trova di fronte al quadro giuridico costituitosi attraversovari secoli. Sisto IV fu il primo pontefice che si interessò delle opere d’arteecclesiastiche, con la Bolla “Etsi de Cunctarum Civitatum” pubblicata il 30giugno 1480.I primi provvedimenti di tutela hanno segnato tappe di un lento progresso,iniziato con gli editti emanati dai Borboni nel Regno delle due Sicilie, dalGran Duca di Toscana e dallo Stato Pontificio. Il famoso Editto “Pacca” fuemanato da questo cardinale a seguito dei saccheggi e delle asportazioni diopere d’arte operate dagli ufficiali di Napoleone Bonaparte e della successivarestituzione da parte del governo francese, dopo il trattato di Vienna. Anche nel Regno delle due Sicilie furono presi provvedimenti persalvaguardare le opere d’arte, a seguito dell’interesse per l’archeologia e peril relativo commercio destatosi con gli scavi di Ercolano, di Pompei e diPozzuoli. In seguito, dall’Unità d’Italia, si sono susseguiti diversi atti tra i quali la legge11 giugno 1922 n. 778, e la legge 20 giugno 1909 (sulle antichità e bellearti.).Nel 1912, le”bellezze naturali” extra urbane venivano nuovamente esclusedalla legge n. 388 che estendeva la possibilità di tutela alle ville e giardini diinteresse storico. Questa legge registrava una esplicita forma di resistenza daparte degli interessi immobiliari diffusi, presenti nel paese. Nel 1913 il T.U.promuoveva un comitato per la difesa del paesaggio e dei monumenti italici. Nel 1920, Benedetto Croce promuoveva il famoso intervento a sostegno di undecreto legge per la tutela delle Bellezze Naturali e degli immobili diinteresse artistico, dove si fissava un collegamento tra la modernità delsentimento di difesa della natura e il contributo che esso offriva alladefinizione della identità culturale nazionale.Tra il 1922 e il 1923, vennero istituiti in Italia i primi due Parchi Nazionali: ilGran Paradiso e quello d’Abruzzo, nel 1923. L.Parpagliolo pubblicò unimportante saggio “la difesa delle bellezze naturali d’Italia”.

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Nel 1939, furono emanate due leggi, poi rimaste caposaldi, i cui principituttavia rimangono in vigore anche oggi; furono la legge 29 marzo - giugno1939 n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali, emanata dal MinistroBottai153, che sostituì la legge 778 del 22; e la legge 1 giugno 1939 n. 1089,che si sostituì alla legge 20 giugno 1909 sulle antichità e belle arti.Il dibattito nell’assemblea costituente si polarizzò principalmente sui rischiche avrebbe potuto rappresentare l’ordinamento regionale.Nella Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 9 si legge “ laRepubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico dellanazione”. Dai verbali delle commissioni e dell’assemblea costituente (30ottobre 1946 – 30 aprile 1947), emergeva con chiarezza il conflitto ancorairrisolto tra utile e bello che influenzerà la cultura italiana del 900.La competenza della tutela del paesaggio fu attibuita al Ministro dellaPubblica Istruzione.

Nel 1973, furono istituiti il Ministero senza portafoglio dei “Beniculturali” e quello dell’“Ambiente”. In seguito i due Ministeri sono stati fusiin uno solo, che ha dato pochi segni di vita154.

Un importante passo legislativo era stato precedentemente compiutonel 1972 quando, con D.P.R. 15 gennaio 1972, n.8, fu approvato iltrasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative statali in materia diurbanistica e viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale.Questo trasferimento di poteri fu completato il DPR del 24 luglio 1977 n.616 e precisamente con gli articoli 80, 81, 82, 83 per le materiedell’urbanistica, della tutela ambientale. Per l’ambiente, si rivelò

153 Nella relazione del Ministro Bottai si legge: “la legge non pretende la invariabilità di unabellezza d’insieme. Sarebbe scopo praticamente irraggiungibile. Ma anche se potesse, non se loprescriverebbe, perché l’invariabilità non costituisce una necessaria condizione dellaconservazione d’una bellezza d’insieme, la quale è composta di molteplici elementi, chereciprocamente si influenzano. Possono alcuni di questi elementi cangiare d’aspetto ancheradicalmente senza che la bellezza del quadro naturale sia offuscata o deturpata. Ma quello cheè essenziale alla conservazione d’una bellezza è che le variazioni, se si debbono consentire ( esi devono consentire in omaggio alle imperiose esigenze della vita), siano concordementeispirate ad un unico concetto direttivo, siano in armonia con un piano preventivo concepito conun’infinità di criteri razionali ed estetici”. Tale piano preventivo è appunto il piano territorialepaesistico, introdotto dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, con le precisazioni stabilite dalregolamento esecutivo 3 giugno 1940, n. 1357. 154 Vedi “la Tutela degli Immobili d’interesse storico o artististico “ cap. XXIII e “la protezionedelle bellezze naturali” in Virgilio Testa “Disciplina urbanistica” A. Giuffrè editore, Milano1961. Sulle condizioni del nostro patrimonio, vedi anche Ranuccio Bianchi Bandinelli AA.BB.AA eBC, l’Italia storica e artistica allo sbaraglio” De Donato Bari 1973.

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estremamente importante in quanto promosse lo snellimento nelle procedureconcernenti molte funzioni amministrative, riconoscendo una maggiorautonomia alle Regioni, che acquisivano anche il potere di redigere eapprovare i Piani Paesistici.

Nel gennaio del 1975 è stato istituito il Ministero dei Beni Culturali eAmbientali, cui sono state trasferite le direzioni generali delle antichità ebelle arti, delle accademie e biblioteche e relativi bilanci, più gli archivi distato (ministro Giovanni Spadolini).

Con la legge 8 luglio 1986 n. 349 venne istituiti definitivamente ilMinistero dell’Ambiente.

Tra il 1984 e il 1985, tre decreti successivi dell’allora sottosegretarioai Beni Culturali e Ambientali rivedevano la legislazione del 1939.

La Legge 8 agosto 1985, n. 431, che convertiva in legge il D.L. 27giugno 1985155, n. 312 recava disposizioni d’urgenza per la tutela delle zone diparticolare interesse ambientale.

Con tale legge, lo Stato obbligava le Regioni a redigere i pianiterritoriali paesistici; tale legge, introducendo la possibilità che le Regionipotessero attribuire ai piani paesistici le caratteristiche di un piano territoriale,rimarcava il ruolo sovraordinato che tali piani hanno rispetto agli strumentiurbanistici comunali.

Infine, quattordici anni dopo la L. 431/85, dal Ministero per i Beni ele Attività Culturali, è stato emanato il D.Lgs. 490/99 (Testo Unico per laTutela dei Beni Culturali) che abroga e riassume tutte le precedenti leggi.

Infine, il recentissimo codice, proposto dal Ministro Urbani,pubblicato nella G.U. 24/02/2004.Di fatto, nulla è avvenuto per oltre un decennio fino alla L.431/85, detta leggeGalasso, con la quale è stata imposta una trasformabilità assoluta dei territorivincolati sino a che le Regioni non avessero redatto i Piani Paesistici.

Le Regioni, in conseguenza della citata legge n. 312/85, hannointrapreso strade diverse, quelle che avevano una pianificazione territorialepiù avanzata, come l’Emilia Romagna, hanno dato una valenza paesaggisticaai loro piani territoriali, altre come il Lazio hanno dato vita a una vera epropria pianificazioneIl nuovo codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 dellalegge 2 luglio 2002, n. 137, proposto dal Ministro Urbani, tende a modificare irapporti tra le Soprintendenze di Stato per i Beni Architettonici e il Paesaggio e

155 Ora abrogata dal D.L. 490/1999, che ha sostituito il D.M. 21 settembre 1984, c.d. DecretoGalasso.

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per il Patrimonio storico artistico e Demoetnoantropologico, presso il Ministerodei Beni e le attività culturali e le Amministrazioni locali.

In particolare la parte terza del Codice “I Beni Paesaggistici” ha sostituito i“Beni paesaggistici e ambientali”, di cui al Titolo II del Testo Unico (nelquale erano significativi i seguenti articoli: l’art. 140 “elenchi”, l’art. 141“approvazione degli elenchi” – art. 142 “pubblicità dell’elenco”.

Questi articoli vengono sostituiti nel codice dagli articoli 137: “Commissioniprovinciali” – 139: “Partecipazione al procedimento di dichiarazione dinotevole interesse pubblico” – 140: “ Dichiarazione di notevole interessepubblico e relative misure di conoscenza”.

In detti articoli, viene confermato che le Regioni compilano su base provincialedue distinti elenchi dei beni indicati alle lettere c) e d) dell’articolo 139, ai finidella dichiarazione di notevole interesse pubblico.

La compilazione di detti elenchi è affidata a una commissione istituita inciascuna provincia con provvedimento regionale.

Della commissione fanno parte di diritto il Soprintendente per i beni ambientalie architettonici e il Soprintendente per i beni archeologici competenti per ilterritorio.Il Soprintendente competente per il territorio, pertanto, partecipa allaformulazione delle proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico,in relazione alle quali viene approvato l’elenco con le modalità dell’art. 140“Dichiarazione di notevole interesse pubblico e relative misure di conoscenza”che sostituisce gli articoli 141, 142 e 143 del Testo Unico.

Integrazione degli elenchi

L’art. 141 del Codice ”Provvedimenti Ministeriali” (che ha sostituito l’art. 144del T.U.) dà facoltà al Ministro di integrare gli elenchi dei beni e delle localitàindicati all’articolo 139, su proposta del Soprintendente competente; quindi ilSoprintendente può formulare una proposta che viene inviata dal Ministero aicomuni interessati affinché provvedano alla pubblicazione.

L’art. 142 del Codice “Aree tutelate per legge” sostituisce l’art 146 (Benitutelati per legge) del Testo Unico; questo rielenca e riconferma l’elenco deibeni già indicati nell’art. 1 della L. 431/85 (Beni diffusi).

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L’art. 137 del codice “Commissioni provinciali” (che ha sostituito gli art. 140Elenchi, 144 Integrazione degli elenchi), lascia al Ministero per i Beni e leAttività Culturali il potere di formulare proposte per la dichiarazione dinotevole interesse pubblico degli immobili indicati alle lettere a e b e allelettere c e d dell’art. 136.

Piani paesaggistici

La materia è normata nel nuovo Codice dagli artt. 143, “Piano Paesistico” e145 “Coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli strumenti dipianificazione” (che hanno sostituito gli artt 149 “ Piani territoriali paesistici”e 150 “Coordinamento della disciplina urbanistica” del D. Lgs 490/99)

La materia dei piani paesistici ritorna, con l’articolo 143 del Codice, “Pianopaesistico”, almeno in parte, nelle competenze del Ministero, che può stipulareaccordi con le Regioni per l’elaborazione di intesa dei piani paesaggistici.

Secondo l’art. 136 del Codice “immobili ed aree di notevole interessepubblico”, (che sostituisce l’art. 139 del Testo Unico) sono beni paesaggistici:

a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, o disingolarità geologica;

b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati a norma delle disposizioni delTitolo I, che si distinguono per la loro non comune bellezza;

c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspettoavente valore estetico e tradizionale;

d) le bellezze panoramiche considerate come quadri, e così pure quei punti divista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo diquelle bellezze.

L’art. 10 del Codice “Beni culturali”, nel decreto Lgs 490/99 art. 2, chiariscemeglio cosa sono oggetto di tutela, con riferimento ai beni ricadenti nelterritorio:

al punto a) le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico,storico, archeologico, o demo-etno-antropologico;

al punto b) le cose immobili che, a causa del loro riferimento con la storiapolitica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, rivestonoun interesse particolarmente importante; Sono comprese tra le cose indicate nel

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comma 1, lettera a), le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e leprimitive civiltà;

sono altresì oggetto di tutela al punto f ) le ville, i parchi e i giardini cheabbiano interesse artistico o storico;

La materia dei Piani Territoriali Paesistici era regolata dall’art. 4 della L. 29giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali e dagli artt. 23-28del R.D. 3 giugno 1940, n. 1357 “Regolamento per l'applicazione della L. 29giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali”. In particolare,l’Art. 28 del regolamento R.D. 1357/40 così recita:

“I criteri da seguire nella redazione dei piani regolatori e d'ampliamentodell'abitato debbono essere preventivamente concordati, quanto ai fini dellaprotezione delle bellezze naturali e panoramiche, fra gli uffici interessati e lalocale regia Soprintendenza, la quale li comunicherà al Ministero.”

V’è anche da considerare che il Codice ha abrogato le precedenti leggi,tuttavia continua a prevedere, all’articolo 143 “Piano Paesaggistico” (chesostituisce l’art. 149 del T.U), che le Regioni possano sottoporre a specificanormativa d’uso il territorio, includendo i beni ambientali tutelati per legge,mediante i “piani territoriali paesistici o piani urbanistici territoriali”, che hasostituito l’art. 150 del Testo Unico. L’art. 145 del Codice “Coordinamentodella pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione” dettanorme sul coordinamento della disciplina urbanistica, che precisano che i pianiregolatori e gli strumenti urbanistici devono conformarsi alle previsioni deipiani territoriali (paesistici e urbanistici), che hanno medesime finalità disalvaguardia dei valori paesistici e ambientali.La materia dei piani paesistici da trent’anni è stata delegata alle Regioni, pereffetto prima del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, indi del D.P.R. 25 luglio 1977,n. 616, art. 82.

La L. 8 agosto 1985, n. 431, che convertiva in legge il D.L. 27 giugno1985156, n. 312, recava disposizioni d’urgenza per la tutela delle zone diparticolare interesse ambientale.

Con tale legge, lo Stato obbligava le Regioni a redigere i pianiterritoriali paesistici, i quali vanno senza dubbio considerati come strumentisovraordinati al piano regolatore. Soprattutto tale legge, introducendo lapossibilità che le Regioni potessero attribuire ai piani paesistici le

156 Ora abrogata dal D.L. 490/1999, che ha sostituito il D.M. 21 settembre 1984, c.d. DecretoGalasso.

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caratteristiche di un piano territoriale, rimarcava il ruolo sovraordinato che talipiani hanno rispetto agli strumenti urbanistici comunali. La materia è oranormata dagli artt. 149 “Piani territoriali paesistici” e 150 “Coordinamentodella disciplina urbanistica” del D. Lgs 490/99 divenuti nel nuovo Codice artt.143, “Piano Paesistico” e 1 4 5 “Coordinamento della pianificazionepaesaggistica con gli strumenti di pianificazione”.In particolare, appare importante quanto detto al comma 3 art. 150 “Le Regionie i Comuni possono concordare con il Ministero speciali forme dicollaborazione delle competenti soprintendenze alla formazione dei piani”comma 10 art. 143, “ Le Regioni e il Ministero dell’ambiente e della tutela delterritorio possono stipulare accordi per l’elaborazione d’intesa dei pianipaesaggistici. Nell’accordo è stabilito il termine entro il quale è completatal’elaborazione d’intesa, nonché il termine entro il quale la Regione approva ilpiano. Qualora all’elaborazione d’intesa del piano non consegua ilprovvedimento regionale, il piano è approvato in via sostitutiva con decretodel Ministro, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio”.

Ora va ricordato, che il procedimento di adozione e di approvazione deipiani territoriali paesistici, secondo le procedure seguite dalla Regione Lazio,non è da considerarsi definitivo, in quanto è mancata del tutto la fase istruttoriadelle discussioni relativa alle controdeduzioni, alle osservazioni al piano, omeglio dei ricorsi che i cittadini, portatori di interessi, hanno a loro tempoinoltrato, in osservanza a quanto prevedeva la L. 1497/39 e la legge 431/85.Va anche tenuto presente che per dar luogo al vincolo, previsto dalla L. 29giugno 1939 N. 1497 (oggi Codice dei Beni Culturali e del paesaggio) sullaprotezione delle bellezze naturali, occorreva che la località fosse inclusanell’apposito elenco approvato, pubblicato e notificato nei modi stabiliti dallalegge medesima (cons. stato Seg. 17 gennaio 1953, n. 12), vedi oggi artt 139 –140 – 141 – del “Codice dei Beni culturali e del paesaggio”, articoli 141 – 142– 143 – 144 – 145 e 146 D. Lgs 490/99.

La legge prevede due diversi tipi di provvedimenti a seconda che sitratti di bellezze individuali o bellezze di insieme.

La proposta relativa era di competenza di un’apposita commissione acarattere permanente istituita in ciascuna Provincia. Oggi queste commissionisono istituite in ciascuna Provincia con provvedimenti regionali comma 2 art.140 D.L.gs 490/99, diventato art. 137 comma 1 del Nuovo codice.

Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, sentito il ConsiglioNazionale per i Beni Culturali e Ambientali, può integrare tale elenco (comma1,2,3,4, art. 144 integrazione degli elenchi D.Lgs. 490/99, diventato art. 141,comma 5 del nuovo Codice ).

224

Ora, come si può comprendere, nella formazione di questi elenchidevono interagire molti soggetti che, comunque, sono competenti per la tuteladel paesaggio.

Tutt’ora spetta alla competente Soprintendenza, la potestà diproposizione nella individuazione di nuovi ambiti da tutelare,

Di conseguenza, sarebbe parsa opportuna, se non pure utile, unapreventiva e sistematica consultazione della Soprintendenza da parte dellaRegione, per quanto riguarda la redazione del PTPR. Allo stesso modo, sarebbestato opportuno un confronto, da parte del Comune, per quanto riguarda ilnuovo Piano Regolatore di Roma. Allo stesso modo dovrebbe comportarsi laProvincia per quanto riguarda la redazione del piano territoriale provinciale. Èevidente, infatti, la necessità che tutti i soggetti preposti alle diverse forme dipianificazione del territorio si confrontino e si consultino con l’ente propostoalla tutela dei beni paesaggistici.

Va inoltre tenuto presente che sono sottoposti a tutela tutti i beni diffusi nelterritorio nazionale che ricadono tra quelli compresi e descritti dall’art. 146 –Beni tutelati per Legge – del DL 490/99, divenuto art. 142 – Aree tutelate perlegge nel nuovo Codice . Tali beni sono gli stessi individuati nell’art. 82 D.P.R.n. 616 commi 5, 6 e 7, a cui si è aggiunto il DL 27 giugno 1985, n. 312,convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431, artt. 1 e 1-quater.

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Mitscherlich A., Il feticcio urbano. La città inabitabile, istigatrice di discordia,Einaudi, Torino, 1978;

Marini M., Atlante di storia dell’urbanistica. Dalla preistoria all’inizio delsecolo XX, Hoepli Ediz., Milano, 1979;

Mumford L., La città nella storia, tascabile Bompiani, Milano, 1977;

Muscarà C., Piani, parchi, paesaggi, Laterza, Bari, 1996;

Pallottini R., I nuovi luoghi della città. Riqualificazione urbana e svilupposociale, Fratelli Palombi Ed., Roma, 1999;

Pevsner N., Storia e carattere degli edifici, Fratelli Palombi Ed., Roma, 1986;

Piroddi E., Le forme del piano urbanistico, Franco Angeli Ed., Milano, 1999;

243

Richards B., Città futura e traffico urbano, Collana POLIS-Marsilio editore,Padova, 1963;

Roncatolo M., La città. Storia e problemi della dimensione urbana, Einaudi,Torino, 1988;

Samonà G., L’urbanistica e l’avvenire della città, Universale – Laterza, Bari –Roma, 1975;

Secchi B., Prima lezione di urbanistica, Laterza, Bari, 2000;

Sitte C., L’arte di costruire le città. L’urbanistica secondo i suoi fondamentiartistici, Jaca Book, Milano, 1996;

Smailes Arthur E., Geografìa urbana, Marsilio Editore, Venezia; titolo originale: The geography of the towns, by Hutchinsons University, Londra, 1962;

244

ELENCO TAVOLE

TAV 1 La rappresentazione del paesaggio in pittura

TAV 2 L’idea di città, dall’impianto Assiro-Babilonese

all’impianto Romano

TAV 3 Architettura e città: dall’antica Grecia alla Roma

Imperiale

TAV 4 Nuclei medioevali di città italiane

TAV 5 Nuclei medioevali di città europee

TAV 6 Nuclei rinascimentali di città italiane

TAV 7 Piazze medioevali e rinascimentali

TAV 8 Piazze barocche e moderne

TAV 9 Le città ideali

TAV 10 I grandi spazi verdi

TAV 11 Dalle città ideali alle città – giardino

TAV 12 Le grandi trasformazioni urbane dei secoli XIX e XX

TAV 13 Architettura e città dall’ ‘800 al XX

TAV 14 Note su forme semplici e geometria

TAV 15 Note su forme semplici e geometria

TAV 16 Note su forme semplici e geometria

TAV 17 Note su forme semplici e geometria

TAV 18 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 19 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 20 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 21 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 22 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 23 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 24 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 25 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 26 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

TAV 27 L’Enciclopedia di D. Diderot e J.B. D’Alembert

Tav. 1 La rappresentazione del paesaggio in pittura

Tav. 2 L’idea di città, dall’impianto Assiro-Babilonese all’impianto Romano

Tav. 3 Architettura e città: dall’antica Grecia alla Roma Imperiale

Tav. 4 Nuclei medioevali di città italiane

Tav. 5 Nuclei medioevali di città europee

Tav. 6 Nuclei rinascimentali di città italiane

Tav. 7 Piazze medioevali e rinascimentali

Tav. 8 Piazze barocche e moderne

Tav. 9 Le città ideali

Tav. 10 I grandi spazi verdi

Tav. 11 Dalle città ideali alle città giardino

Tav. 12 Le grandi trasformazioni urbane dei secoli XIX e XX

Tav. 13 Architettura e città dall’ ‘800 al XX secolo

Tav. 14 Note su forme semplici e geometria

Tav. 15 Note su forme semplici e geometria

Tav. 16 Note su forme semplici e geometria

Tav. 17 Note su forme semplici e geometria

Tav. 18 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 19 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 20 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 21 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 22 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 23 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 24 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 25 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 26 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert

Tav. 27 L’Enciclopedia di D. Diderot e J. B. D’Alembert