20
Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 61 Saluti dal Past President della SIF: Pier Luigi Canonico Con il Congresso di Torino del 23-26 ottobre si è conclusa la mia Presidenza della Società Italiana di Farmacologia: una esperienza per me gratificante ed indimenticabile, per cui desidero ringraziare tutti i farmacologi italiani che mi hanno concesso questo privilegio, onore che voglio dedicare al mio Maestro Umberto Scapagnini. Tutto quello che è stato fatto nel biennio è stato possibile esclusivamente grazie all’impegno impa- gabile della Segreteria ed alla continua e stimolante collaborazione del Consiglio Direttivo della Società e del Collegio, nonché al contributo determinante dei Comitati editoriali dei vari organi di informazione della Società. Non voglio tediarvi con un resoconto delle attività svolte, che potrete tra l’altro trovare nelle diapositi- ve della relazione tenuta in occasione dell’Assemblea del 25 ottobre. Desidero soltanto sottolineare alcuni aspetti che ritengo importanti. In questi anni il numero dei soci della SIF è au- mentato, in particolar modo quello dei soci giovani, grazie anche alle politiche adottate dai miei predeces- sori. La figura del socio senior, fortemente voluta da Carlo Riccardi, è un atto dovuto a tanti maestri, col- leghi ed amici che hanno fatto “grande” la ricerca far- macologica italiana. Il supporto dei soci sostenitori, indispensabile per la sopravvivenza e per le iniziative della SIF, non è mai venuto a mancare, anche in un momento difficile quale quello attuale, ed è testimo- niato dal grande contributo offerto in occasione del Congresso di Torino. Un obiettivo che il Consiglio Direttivo si era prefis- so è stato quello di aumentare la visibilità della SIF, il suo ruolo interattivo e cooperativo con le Istituzioni e con le altre Società Scientifiche, e l’acquisizione di una centralità importante nel “Sistema Salute” ita- Periodico della Società Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939 - ANNO IX n. 36 – Dicembre 2013 Riconosciuto con D.M. del MURST del 02/01/1996 - Iscritta Prefettura di Milano n. 467 pag. 722 vol. 2° ISSN 2039-9561 Saluti dal Presidente della SIF: Francesco Rossi (continua a pag. 62) Carissimi soci, carissimi amici farmacologi, è un vero onore per me essere diventato da alcuni mesi Presidente della Società Italiana di Farmacolo- gia. Nella mia vita, ormai lunga, da ricercatore e da universitario ho ricoperto tanti incarichi, per i quali ho dato sempre il mio massimo impegno ed entusia- smo, ma questo incarico, a dire la verità, mi inorgo- glisce particolarmente e mi ridà rinnovato entusia- smo per lavorare per la nostra Farmacologia. Il primo pensiero va ai Maestri della nostra Scuola: Leonardo Donatelli, Emilio Marmo (che è stato il mio Maestro diretto) e i tanti colleghi della Scuola, tra cui molti non ci sono più. Oggi il nostro decano è Paolo Preziosi, a cui mi legano rapporti di stima e di grande affetto. Invero, oggi è difficile parlare ancora di Scuole nella Farmacologia, anche se la storia non può essere dimenticata! Devo però la mia presenza qui anche ai tanti colle- ghi e amici, che mi hanno sollecitato a ricoprire que- sto ruolo, soprattutto coloro con i quali ho condiviso tanti momenti di lavoro insieme per lo sviluppo del- la farmacologia: Biggio, Caciagli, Canonico, Cantel- li Forti, Caputi, Carruba, Cuomo, Del Tacca, Fratta, Corrado Galli, Massi, Mazzei, Mugelli, Racagni, Ric- cardi… Un saluto a tutti voi e alla nostra Società, rappre- sentata da oltre 1500 soci che operano nell’Univer- sità, Industria ed Enti di Ricerca, e che vede nella presenza di tanti giovani di valore un’opportunità di una ulteriore crescita e sviluppo. Infine un ringrazia- mento ai miei allievi, a partire da Libero, che da anni mi sostengono fortemente in tutte le mie molteplici attività. Ripeto, sono veramente onorato di essere Presiden- te della nostra Società nata nel 1939, che quest’anno (continua a pag. 62)

Saluti dal Past President Saluti dal Presidente della SIF ...edicola.sifweb.org/media/quaderni/2013/sif_quaderni_36_dic_13.pdfLa fi gura del socio senior, fortemente voluta da

  • Upload
    hanhu

  • View
    218

  • Download
    1

Embed Size (px)

Citation preview

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 61

Saluti dal Past President della SIF:

Pier Luigi CanonicoCon il Congresso di Torino del 23-26 ottobre si è

conclusa la mia Presidenza della Società Italiana di Farmacologia: una esperienza per me gratifi cante ed indimenticabile, per cui desidero ringraziare tutti i farmacologi italiani che mi hanno concesso questo privilegio, onore che voglio dedicare al mio Maestro Umberto Scapagnini.

Tutto quello che è stato fatto nel biennio è stato possibile esclusivamente grazie all’impegno impa-gabile della Segreteria ed alla continua e stimolante collaborazione del Consiglio Direttivo della Società e del Collegio, nonché al contributo determinante dei Comitati editoriali dei vari organi di informazione della Società.

Non voglio tediarvi con un resoconto delle attività svolte, che potrete tra l’altro trovare nelle diapositi-ve della relazione tenuta in occasione dell’Assemblea del 25 ottobre. Desidero soltanto sottolineare alcuni aspetti che ritengo importanti.

In questi anni il numero dei soci della SIF è au-mentato, in particolar modo quello dei soci giovani, grazie anche alle politiche adottate dai miei predeces-sori. La fi gura del socio senior, fortemente voluta da Carlo Riccardi, è un atto dovuto a tanti maestri, col-leghi ed amici che hanno fatto “grande” la ricerca far-macologica italiana. Il supporto dei soci sostenitori, indispensabile per la sopravvivenza e per le iniziative della SIF, non è mai venuto a mancare, anche in un momento diffi cile quale quello attuale, ed è testimo-niato dal grande contributo offerto in occasione del Congresso di Torino.

Un obiettivo che il Consiglio Direttivo si era prefi s-so è stato quello di aumentare la visibilità della SIF, il suo ruolo interattivo e cooperativo con le Istituzioni e con le altre Società Scientifi che, e l’acquisizione di una centralità importante nel “Sistema Salute” ita-

Periodico della Società Italiana di Farmacologia - fondata nel 1939 - ANNO IX n. 36 – Dicembre 2013

Riconosciuto con D.M. del MURST del 02/01/1996 - Iscritta Prefettura di Milano n. 467 pag. 722 vol. 2° ISSN 2039-9561

Saluti dal Presidente della SIF:

Francesco Rossi

(continua a pag. 62)

Carissimi soci, carissimi amici farmacologi,è un vero onore per me essere diventato da alcuni

mesi Presidente della Società Italiana di Farmacolo-gia. Nella mia vita, ormai lunga, da ricercatore e da universitario ho ricoperto tanti incarichi, per i quali ho dato sempre il mio massimo impegno ed entusia-smo, ma questo incarico, a dire la verità, mi inorgo-glisce particolarmente e mi ridà rinnovato entusia-smo per lavorare per la nostra Farmacologia.

Il primo pensiero va ai Maestri della nostra Scuola: Leonardo Donatelli, Emilio Marmo (che è stato il mio Maestro diretto) e i tanti colleghi della Scuola, tra cui molti non ci sono più. Oggi il nostro decano è Paolo Preziosi, a cui mi legano rapporti di stima e di grande affetto.

Invero, oggi è diffi cile parlare ancora di Scuole nella Farmacologia, anche se la storia non può essere dimenticata!

Devo però la mia presenza qui anche ai tanti colle-ghi e amici, che mi hanno sollecitato a ricoprire que-sto ruolo, soprattutto coloro con i quali ho condiviso tanti momenti di lavoro insieme per lo sviluppo del-la farmacologia: Biggio, Caciagli, Canonico, Cantel-li Forti, Caputi, Carruba, Cuomo, Del Tacca, Fratta, Corrado Galli, Massi, Mazzei, Mugelli, Racagni, Ric-cardi…

Un saluto a tutti voi e alla nostra Società, rappre-sentata da oltre 1500 soci che operano nell’Univer-sità, Industria ed Enti di Ricerca, e che vede nella presenza di tanti giovani di valore un’opportunità di una ulteriore crescita e sviluppo. Infi ne un ringrazia-mento ai miei allievi, a partire da Libero, che da anni mi sostengono fortemente in tutte le mie molteplici attività.

Ripeto, sono veramente onorato di essere Presiden-te della nostra Società nata nel 1939, che quest’anno

(continua a pag. 62)

62 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

Saluti dal Past President della SIF:Pier Luigi Canonico 61

Saluti dal Presidente della SIF:Francesco Rossi 61

La ricerca ha molti aspetti, tutti interessanti,direi

(J. Meldolesi) 63

Competitività ed attrattività dellasperimentazione clinica farmaceutica in Italia Colmare il divario, invertire la tendenza

(G. Recchia, B. Grassi) 72

Position Paper della Società Italiana di Farmacologia sulla problematicaDi Bella 78

liano. Ritengo che l’impegno profuso in questa otti-ca abbia iniziato (continuando l’opera dei precedenti Direttivi) a dare frutti positivi, anche se molto rima-ne da fare, anche adottando strategie diverse che chi verrà dopo saprà sicuramente individuare. La nascita di tanti gruppi dedicati a specifi ci campi della ricer-ca farmacologica, oltre a sottolineare la molteplicità degli interessi della fi gura del farmacologo, mette in evidenza le grandi potenzialità che sono ancora par-zialmente espresse, ed apre nuovi esaltanti orizzon-ti alle interazioni con i clinici, con le Industrie del Settore, con il mondo accademico e delle Istituzio-ni. L’aspetto che più mi piace sottolineare è stato il continuo aiuto ai giovani, chiaramente nell’ambito delle potenzialità relativamente modeste possedute dalla nostra Società: dall’incontro di Rimini del 2012, ai vari ed esaltanti convegni monotematici, dal sup-porto ai giovani che si recano all’estero per attività di ricerca all’istituzione di premi signifi cativi a ricono-scimento del lavoro svolto. Ciò non vuole essere un titolo di merito, ma semplicemente un riconoscimen-to all’impegno continuo ed entusiasta di tanti giovani farmacologi. I giovani non rappresentano soltanto il futuro, ma devono costituire il presente della Farma-cologia italiana.

Penso di aver preso già troppo tempo. Soltanto ancora da parte mia un grazie a tutti, l’impegno a proseguire come “semplice” farmacologo nel rappre-sentare al meglio delle mie possibilità le molteplici valenze dell’immagine della Farmacologia italiana, e, soprattutto un augurio al nuovo Presidente ed al nuo-vo Consiglio Direttivo per un eccezionale biennio di crescita e di soddisfazioni. ■

compie 75 anni e che è nata soprattutto “come una grande famiglia con spirito di collaborazione e di amicizia”, come ebbe a dire il Prof. Imbesi nel 1994.

Vorrei essere un presidente al servizio di tutti. La mia mail: [email protected] vorrei fosse utilizzata da ogni socio che vorrà suggerire iniziative, fare critiche costruttive, proporre rifl essioni su argo-menti, organizzare riunioni scientifi che, chiedere o dare suggerimenti al Presidente della Società.

Siamo una Società scientifi ca con un buon rilie-vo internazionale, dedicata soprattutto alla ricerca di base, ma anche a quella clinica e traslazionale. I farmacologi hanno sempre guardato alla ricerca tra-slazionale, che oggi rappresenta un obiettivo di tanti ricercatori: è nel DNA dei farmacologi studiare i mec-canismi molecolari delle patologie, valutare l’attività e la sicurezza di nuove molecole, con una attenzione sempre maggiore alle possibili applicazioni in cam-po umano per il miglioramento della salute dell’uo-mo. La nostra attività oggi sta diventando sempre più multidisciplinare con altri saperi scientifi ci, e questo è dimostrato anche dalla ampia collaborazione che la Società sta stringendo con altre società scientifi -che come l’oncologia, la neurologia, la psichiatria, la cardiologia, la medicina generale, ecc. Senza dimen-ticare che sono discipline farmacologiche anche la chemioterapia e la tossicologia e il collegamento con queste società deve essere ancora più intenso.

Sono stato già, anni fa, nel Direttivo della SIF, ma oggi la ritrovo veramente trasformata: attenta a tutti gli aspetti del “farmaco”, dalla ricerca alla formazio-ne, informazione senza tralasciare grande attenzione all’uso dei farmaci nella pratica clinica, all’appropria-tezza terapeutica in campo sanitario, tema su cui i farmacologi possono e devono dare un grande con-tributo. È mia intenzione continuare a sostenere e sviluppare ancora di più le tante attività della SIF a partire da quella di informazione e formazione conti-nua, SIF Informa, SIF Farmacogenetica, SIF Farmaci in evidenza, il sito di Farmacovigilanza. È una società fatta da tantissimi giovani, bravi, proiettati al futuro e dobbiamo continuare a sostenerli nelle loro attivi-tà, soprattutto nella ricerca, aumentando le borse di studio, i premi per aiutarli nella loro attività di ricer-catori nei vari laboratori, ma anche e soprattutto per i loro soggiorni all’estero per la realizzazione di pro-grammi di ricerca.

A tale proposito verrà presto creato un gruppo di soci giovani ai quali dobbiamo dare piena autonomia per le loro attività e iniziative. Vorrei ancora, attra-verso questo saluto a tutti voi, lanciare una iniziati-va a cui stiamo lavorando come Direttivo da qualche mese, un “Osservatorio per la ricerca pre-clinica”,

Saluti dal Past President della SIF:Pier Luigi Canonico(segue da pag. 61)

Saluti dal Presidente della SIF: Francesco Rossi(segue da pag. 61)

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 63

La ricerca ha molti aspetti, tutti interessanti, direi

Jacopo MeldolesiProfessore Emerito di Farmacologia, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

Mi sono laureato in Medicina a Catania nel Novembre 1962. Da studente e nei due anni dopo la laurea ho frequentato solo la Cli-nica, studiando tantissimo ma nel modo tradizionale, sui libri di testo e basta. Come ricerca mi occupavo di enzimologia clinica, facendo i miei dosaggi quotidiani di transa-minasi e di molti altri enzimi nel plasma e nelle cellule di diversi tipi di pazienti. Una ricerca 100% feno-menologica, direi oggi. La mia vita

è cambiata quando, nel 1964, ho vinto una borsa del Ministero che prevedeva il trasferimento in un’al-tra Università. Su consiglio auto-revole sono andato ad esplorare l’Istituto di Farmacologia di Mila-no e a parlare con il Professor Tra-bucchi. Due mesi dopo mia moglie Maria ed io eravamo già trasferiti in una città che non conoscevamo per niente, alloggiati per le prime 2 settimane in una delle stanze per ospiti che esistevano a quel tempo

nell’Istituto.

La Ricerca

1. Primo periodo a Milano: meta-bolismo dei farmaci; ultrastruttu-ra di epatociti e di altre cellule

Per il Professor Trabucchi tutta la ricerca biologica e biomedica era comunque di interesse farmacolo-gico. Questo lasciava ai ricercatori una straordinaria libertà intellet-tuale e di iniziativa che mi è servita

al fi ne di favorire lo sviluppo industriale di progetti di ricerca originati da laboratori di farmacologia, di Università ed enti di ricerca italiani, mettendo in evi-denza le ricerche più importanti dei nostri laboratori, le nuove “idee” in stato avanzato, i brevetti, favoren-do attraverso l’osservatorio l’incontro tra ricercatori e il mondo delle imprese, della ricerca industriale. A sostegno di questo osservatorio vi sarà anche un’in-formazione quindicinale, SIF Ricerca Pre-clinica, che porrà l’attenzione sulle novità della ricerca in campo farmacologico sia dei nostri soci, ma anche su quelle provenienti dalla ricerca internazionale.

Questa iniziativa vedrà l’indizione a breve di un bando per coloro che hanno “nuove idee” da svilup-pare e/o “brevetti” che vogliono presentare al mondo della ricerca industriale per essere sostenuti nello svi-luppo di queste idee. A Stresa, infatti, il prossimo 27 maggio con l’egida di AFI, Farmindustria e Assobiotec vi sarà il primo Research Day in cui gli otto migliori progetti selezionati dei soci SIF, verranno presentati al mondo dell’industria farmaceutica per dar vita a que-sta più stretta collaborazione. A Stresa si terrà, inoltre, il 7° Forum Nazionale Pharma, Ricerca, Innovazione in Farmacologia nel quale verranno trattati e discussi i seguenti temi di grande interesse: Prospettive della Ricerca clinica, Patient centric solution, Farmaci Bio-similari, il Futuro dell’industria farmaceutica italiana, Accesso ai farmaci: centrale/regionale.

Nella stessa sede (27-28 maggio) si terrà la Sum-mer School, aperta ai nostri specializzandi di Farma-cologia medica e Tossicologia medica, che tratterà soprattutto di ricerca clinica. Vorrei in questo salu-to ringraziare l’amico Marco Scatigna per la grande

collaborazione che dà da anni all’Incontro del Forum Pharma.

Come vedete è una società in piena crescita, che non fa altro che svilupparsi sempre di più, di anno in anno, grazie alle basi gettate da coloro che mi hanno preceduto. I miei ringraziamenti agli ultimi presiden-ti: Biggio, Caputi, Riccardi e Canonico, ma anche a tanti altri che li hanno preceduti e hanno fatto la sto-ria della nostra società.

Poche altre cose vorrei dire, anche perché mi piace soprattutto che si faccia: vorrei ricordare l’incontro dei dottorandi a Rimini che si terrà dal 16 al 18 settembre; una occasione per riunire tutti i dottorandi di discipli-ne farmacologiche promossa anni fa da Pietro Sgaragli a Siena, e dallo scorso anno trasferita a Rimini, e i vari incontri dei monotematici dei prossimi mesi.

Infi ne, un’attenzione della Società per quella che è la ricerca internazionale, con la possibile partecipa-zione a bandi internazionali anche attraverso collabo-razioni tra farmacologi e mondo dell’industria. Penso a Horizon 2020 su cui con il CNR e Farmindustria stiamo lavorando per un incontro (17 marzo a Roma presso il CNR) tra SIF, Aziende farmaceutiche, CNR, ISS, Ministeri competenti affi nché Horizon possa rappresentare un’ulteriore possibilità di fare ricerca insieme a livello internazionale, tra il mondo farma-cologico, le industrie farmaceutiche e altri enti di ri-cerca.

Infi ne, un saluto alla nostra segreteria, a Elena Scamoni, a Muriel Bertomoro ed un forte ringrazia-mento a Ida Ceserani alla quale chiedo di “accudirmi” come ha fatto per tanti Presidenti che mi hanno pre-ceduto ed aiutarmi a non fare troppi errori. ■

64 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

non solo all’inizio, ma per tutta la mia carriera. Ho anche imparato a dire di no alle richieste di esperi-menti che mi venivano fatte, difen-dendo il mio diritto-dovere a pro-seguire in un solo progetto di ri-cerca. All’inizio temevo che il mio atteggiamento avesse conseguenze negative, poi mi sono accorto che al Professor Trabucchi non dispia-ceva per niente.

Tenendo conto della mia espe-rienza in enzimologia clinica, ho scelto di lavorare con Enzo Chie-sara sul metabolismo dei farmaci. Contemporaneamente ho impara-to da Francesco Clementi ad usa-re il microscopio elettronico e ho progressivamente trasferito i miei interessi nel suo laboratorio. In questo periodo abbiamo fatto una serie di osservazioni che ancora oggi considero di un certo interes-se, relative soprattutto alle modi-fi che del reticolo endoplasmatico negli epatociti di animali trattati con farmaci induttori del metabo-lismo o con farmaci epatotossici. Abbiamo anche osservato le prime esocitosi nelle cellule acidofi le ad ormone della crescita dell’ipofi si. Tutte storie che siamo riusciti a pubblicare niente male, in giornali (Endocrinology, Lab. Invest., Bio-chem. Pharmacol.) che oggi viag-giano intorno a impact factor 4-5.

2. Post-doc a New York: il mem-brane traffi c

Nei primi giorni del ’68 la mia vita scientifi ca ha avuto il secondo cambiamento radicale. Un paio di anni prima Clementi era andato a lavorare sulla struttura e permea-bilità dei capillari alla Rockefeller University di New York, nel labo-ratorio di George Palade, un pio-niere della biologia cellulare, Pre-mio Nobel nel ’74. Un anno dopo, però, era stato costretto a tornare a Milano e in quell’occasione aveva convinto Palade a prendermi al suo posto. Andare a lavorare all’estero, a quel tempo, era cosa ben diversa da oggi. Palade io lo avevo intravi-sto ad un Congresso in Giappone ma non ci avevo mai parlato. Mi

ero letto i suoi papers, soprattutto quelli sul trasporto intracellulare e la liberazione per esocitosi degli enzimi pancreatici, ma non ero sicuro di avere capito tutto quello che c’era da capire. Quindi inizial-mente il mio approccio alla “ricerca americana” fu di obbedienza e di ti-more. Mi era stato assegnato, come progetto, l’identifi cazione del mec-canismo di concentrazione degli enzimi nei granuli di secrezione, i così detti granuli di zimogeno, del-le cellule acinari del pancreas. In base ad alcuni esperimenti prelimi-nari, Palade e Jim Jamieson, il suo Assistant Professor, erano convinti che la concentrazione dipendesse da una specifi ca ATPasi capace di espellere ioni attraverso la mem-brana dei granuli.

A quell’epoca non esistevano né l’immunocitochimica, né i western blots e neanche i gels di poliacri-lamide. Un lavoro come quello del mio progetto poteva essere fatto solo misurando l’attività di molte-plici enzimi in frazioni subcellulari isolate per centrifugazione diffe-

renziale e gradienti di saccarosio, studiate in parallelo per micro-scopia elettronica. Inizialmente, quindi, la mia ricerca a New York consistette in un continuo subfra-zionare omogenati di pancreas, ri-pulendo i granuli di zimogeno da contaminanti, soprattutto mito-condri. Dopo 5 mesi la mia frazio-ne granuli era pulita al 99,8% (Fig. 1), e la sua ATPasi era scomparsa. Ergo, la ATPasi era dovuta ad un contaminante mitocondriale e la concentrazione degli enzimi non era dovuta ad una pompa di ioni. Nei 20 anni successivi diversi la-boratori, tra cui il nostro, hanno dimostrato che la concentrazione, nei granuli di zimogeno e negli al-tri granuli e vescicole esocitiche, incluse le dense-core vesicles delle catecolamine, dipende dalla intera-zione tra le proteine segregate che si legano specifi camente tra loro nell’ambiente acido che esiste nel lume.

A questo punto io ero libero di scegliermi un altro progetto. Avevo sviluppato nuove tecniche per iso-

Fig. 1. Microscopia elettronica della mia frazione “pulita”di granuli di zimo-geno, quella che mi permise di cambiare il mio progetto di ricerca nel laboratorio di George Palade. A sinistra i granuli sono intatti. Notate che al centro c’è ancora un piccolo mitocondrio. Le frazioni pure al 100% non esistono! A destra compa-iono solo le membrane, ottenute per gradiente di saccarosio dai granuli “esplosi” con una soluzione moderatamente alcalina. Da Meldolesi J. Jamieson J.D. Palade G.E., J. Cell Biol. 49: 130-149, 1971.

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 65

lare frazioni di tutte le membrane dei vari organuli del pancreas che partecipano al processo secretivo (reticolo, Golgi, granuli di zimo-geno) e una frazione di membrana plasmatica. Pensai che la cosa più ragionevole fosse quella di analiz-zare queste frazioni per lipidi ed enzimi. L’idea era quella di verifi -care, per la prima volta, se la com-posizione di queste membrane era compatibile con la teoria del fl us-so, secondo la quale le membrane, nate nel reticolo, si trasformano di seguito in membrane del Golgi, dei granuli e nella membrana plasma-tica; oppure se le membrane, nate diverse tra loro, fossero collegate da vescicole in continua circolazio-ne, dal reticolo al Golgi alla mem-brane plasmatica e viceversa. I miei risultati, pubblicati in tre articoli in successione sul J. Cell Biol., do-cumentarono le notevoli differenze di composizione e funzione tra le membrane. Essi sembravano quin-di più compatibili con la seconda teoria, quella del membrane traffi c come si chiama oggi, premiata con il Nobel proprio quest’anno.

3. Il ritorno a Milano: ancora membrane traffi c

Il lavoro fatto alla Rockefeller, incluso tutto quanto avevo impara-to da Palade e dai suoi colleghi an-che attraverso il corso di Biologia Cellulare per PhD students, è stato fondamentale per la mia vita scien-tifi ca nei dieci anni dopo il mio ri-torno. Intanto ho avuto il mio pri-mo incarico di insegnamento, Bio-logia Generale in Farmacia. Poi ho avuto i miei primi inviti a parlare come speaker in congressi europei. Palade riceveva un sacco di inviti a congressi in Europa, congressi di membrane, fi siologia, gastroente-rologia. Viaggiare non gli piaceva tanto, quindi in diverse occasioni suggerì agli organizzatori di invita-re me come sostituto. Inoltre Fran-cesco Clementi, Bruno Ceccarelli ed io abbiamo organizzato a Vene-zia un congresso su membrane e secrezione, con ottimo successo.

In quel momento la linea di ri-

cerca sul membrane traffi c e sugli organuli coinvolti nella secrezione cominciava a diventare “calda”. Io la ho proseguita analizzando le proteine delle quattro membrane con i primi apparecchi per la PAGE costruiti in casa; caratterizzando la dinamica delle loro interazio-ni; dimostrando che le membrane di reticolo, Golgi e granuli hanno un turnover molto più lento delle proteine secretive che contengo-no (un’altra evidenza in favore del membrane traffi c). Lo studio del membrane traffi c nel pancreas mi ha portato ad occuparmi anche di autofagocitosi e crinofagia (eso-citosi dei granuli nei lisosomi). Usando il freeze-fracture ho dimo-strato che la membrana plasmatica delle cellule acinari del pancreas è formata da due regioni diverse, separate dalle giunzioni occluden-ti: la regione baso-laterale, dove sono i recettori, e la regione api-cale, dove avviene l’esocitosi. Gli studi sono stati poi ampliati utiliz-zando le tecniche immunologiche che cominciavano ad affermarsi, a partire però non dalle frazioni del pancreas (che hanno la sgradevole caratteristica di tendere alla auto-digestione) ma da quelle del fegato. Infi ne ho esteso l’indagine alle cel-lule dell’ipofi si secernenti ormone della crescita e prolattina, focaliz-zandomi su vari aspetti dei granu-li (molteplicità anche in singole cellule, struttura, composizione, dinamica, esocitosi). Naturalmen-te tutto questo lavoro non è stato condotto da me solo, ma insieme a numerosi colleghi che hanno por-tato contributi fondamentali. Oltre ad alcune collaborazioni specifi che ed oltre alla partecipazione di stu-denti e alcuni post-doc, mi preme ricordare, per lo studio delle mem-brane, Pietro De Camilli, il mio pri-mo studente, che oggi è professore alla Yale University, e Nica Borgese, oggi professore all’Università della Magna Grecia. Il lavoro sull’auto-fagocitosi è stato condotto con Ga-bor Rez di Budapest, e quello sul-la pancreatite e la crinofagia con Mike Steer, professore di chirurgia

ad Harvard. Sull’ipofi si ho lavorato insieme a Giuliana Giannattasio e Antonia Zanini, due ricercatori del CNR. Anche in questo periodo, ho continuato ad interagire, a discu-tere i risultati e a verifi care ipotesi con Francesco Clementi e Bruno Ceccarelli.

4. L’era del Ca2+: collaborazione con Tullio Pozzan

Alla fi ne degli anni ‘70 comin-ciai a preoccuparmi. Quasi tutti i miei lavori, pubblicati bene o be-nissimo, sono stati poi citati ab-bondantemente e hanno lasciato un segno nella letteratura. Eppure avevo la sensazione di non poter continuare a competere con lo svi-luppo della ricerca sul membrane traffi c. Infatti il mio laboratorio è sempre stato piccolo, certamente non molto avanzato in termini di tecnologia. Inoltre la mia amicizia con Clementi e Ceccarelli, orien-tati alla neurobiologia, mi faceva pensare che avrei avuto opportu-nità migliori in quel campo. Decisi quindi di spostare il mio interesse scegliendo, da un lato, di lavorare soprattutto su sinaptosomi e cel-lule neurali; dall’altro di utilizzare alcune tossine presinaptiche note per i loro effetti talora devastanti, ma mai caratterizzate in dettaglio. Le cellule prescelte furono quelle della linea PC12, con cui ho conti-nuato a lavorare fi no alla chiusura del mio laboratorio, 30 anni dopo. Le PC12, isolate nel 1976 da un feocromocitoma di ratto, erano e sono interessanti perché assomi-gliano molto alle cromaffi ni e per-ché, sottoposte ad un trattamento prolungato con NGF, sviluppano un fenotipo simil-neuronale. Io le avevo ricevute dal loro isolatore, Lloyd Greene, attraverso colleghi del laboratorio di Rita Levi-Mon-talcini.

La tossina più interessante, la a-latrotossina del veleno di vedova nera, era nota per essere molto at-tiva come stimolatore del rilascio di neurotrasmettitori. Quello che mi interessava era il meccanismo intracellulare di questo effetto. Il

66 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

primo candidato era naturalmen-te l’aumento del Ca2+ nel citosol. Il problema era andare a misurarlo e stabilirne la dinamica e l’origine, extra o intracellulare. Anni prima avevo provato a studiare l’omeosta-si del Ca2+ nelle cellule acinari del pancreas usando il Ca45. Più recen-temente, usando il Ca45 secondo protocolli stringenti nel laborato-rio di David Nicholls, a quell’epo-ca all’Università di Dundee, avevo studiato l’effetto dell’a-latrotossina nei sinaptosomi dimostrando una depolarizzazione e un forte infl us-so di Ca2+. Nel complesso i risultati erano stati niente male ed erano apparsi su giornali importanti. Io, però, ero sempre preoccupato dai limiti della tecnologia. Mi sembrò quindi assai interessante la notizia, comparsa in quei giorni sul J. Cell Biol., di una nuova tecnologia per la misura della concentrazione ci-tosolica del Ca2+, la [Ca2+]i, da rea-lizzare attraverso l’uso di un nuovo colorante, il quin2. Tra gli autori dell’articolo ce ne era uno che co-noscevo, Tim Rink. Gli scrissi quin-di proponendogli una collaborazio-ne. Lui mi rispose subito osservan-do però che per me sarebbe stato molto più semplice collaborare con un altro autore, Tullio Pozzan, che era appena tornato a Padova dopo aver contribuito alla scoperta del quin2 durante il suo post-doctoral stage a Cambridge. Io scrissi subito a Pozzan e così cominciò un altro periodo della mia ricerca, quello del Ca2+.

Inizialmente Pozzan e io ci in-contravamo nel mio e nel suo la-boratorio quasi tutte le settimane per fare esperimenti insieme. Il primo lavoro, uscito su PNAS nel 1984, sempre sul’azione dell’a-la-trotossina nei sinaptosomi e PC12, includeva anche la collaborazio-ne con Wieland Huttner, oggi al Max Plank Institute di Dresda, e con Roger Y. Tsien, l’inventore dei coloranti del Ca2+ e di molte altre molecole “magiche”, premiato con il Nobel della Chimica nel 2004. Successivamente, insieme al post-doc canadese Heimo Scheer, che

oggi ha un ruolo nell’industria far-maceutica americana, continuam-mo a lavorare sull’a-latrotossina identifi cando per la prima volta l’esistenza e la natura di uno spe-cifi co recettore. Inoltre, insieme a Francesco Di Virgilio e Sarino Riz-zuto, (oggi Professori di Patologia uno a Ferrara, l’altro a Padova) e con Lucia Vallar (oggi associata a Milano) cominciammo a studiare altri processi legati al Ca2+, inclu-se l’attivazione del recettore mu-scarinico M1, del recettore dopa-minergico D2, e di canali del Ca2+ voltaggio dipendenti. Infi ne, con la collaborazione di Lucia Vicentini, e con i miei studenti/post doc Atana-sio Pandiella, ora Professore a Sala-manca, e Michele Magni dell’Istitu-to Tumori di Milano, affrontammo gli effetti Ca2+-mediati dei fattori di crescita, NGF, EGF, FGF, PDGF.

Contemporaneamente allar-gammo al patch clamp il nostro potenziale tecnologico stabilendo una collaborazione con il neuro-fi siologo Enzo Wanke (Professore di Fisiologia alla Bicocca); men-tre con Antonio Malgaroli (ora Professore di Fisiologia nella mia Università) sostituimmo il quin-2 con il Fura-2, un colorante (forni-to a Pozzan direttamente da Roger Tsien) con cui è possibile lavorare su singola cellula. Questo ci permi-se di avere accesso, prima di molti altri laboratori, a processi come le oscillazioni e le onde di Ca2+.

Se non vi siete persi nella sel-va dei risultati di questo periodo, magari mi chiederete quali io con-sideri più importanti. Oltre alla prima dimostrazione dei recettori dell’IP3 nel reticolo endoplasma-tico, una collaborazione con Sol Snyder e il suo gruppo, penso che sia stata importante la prima pro-posta di eterogeneità del deposi-to intracellulare del Ca2+ a rapido scambio. In questo caso la nostra idea (collaborazione con Pom-peo Volpe di Padova e Karl Heinz Krause di Ginevra), che prevedeva l’esistenza di un organello separato dal reticolo, il calciosoma, non era corretta. Però ricerche successive

hanno dimostrato che una etero-geneità esiste, ed è essenziale per l’omeostasi del Ca2+, tra varie zone del reticolo. Un altro risultato im-portante è stata l’identifi cazione di una corrente di Ca2+ a rapida inat-tivazione nei neuroni attivati con acetilcolina attraverso un recettore M1. Infi ne diverse reviews scritte in questo periodo hanno avuto impat-to nella letteratura, da quella che, nel 1987, proponeva per la prima volta l’esistenza di canali di super-fi cie attivati da secondi messagge-ri, a quella del 1994 che riassume-va le nostre idee sull’omeostasi del Ca2+. Quest’ultima review è stata il punto di riferimento di molti labo-ratori, come dimostrato dalle oltre 1000 citazioni che ha ricevuto.

5. IntermezzoIntorno al 1992-1993 la collabo-

razione con il laboratorio di Poz-zan cominciò ad allentarsi. A Pado-va avevano continuato ad affi nare le tecniche del Ca2+, raggiungendo risultati eccellenti a cui io non po-tevo contribuire in modo signifi ca-tivo. Naturalmente abbiamo conti-nuato a sviluppare insieme alcune ricerche che però, nel laboratorio, si sono affi ancate ad altre iniziati-ve. Sul Ca2+ e su sviluppi della mi-croscopia elettronica ho collabora-to con il gruppo di Fabio Grohovaz, ora Professore di Fisiologia nella nostra Università, e con Pompeo Volpe, associato a Padova. Emilio Clementi (oggi Professore di Far-macologia a Milano), all’inizio un mio studente di dottorato, ha pri-ma sviluppato ricerche sul Ca2+ per poi passare, dopo il suo stage nel laboratorio di Salvador Moncada a Londra, allo studio dell’NO, che ha poi proseguito in modo indi-pendente. In questo periodo l’ini-ziativa di maggiore impatto è sta-ta l’introduzione nella letteratura del concetto di kiss-and-run, un nuovo modo di concepire la dina-mica ultrarapida della liberazione di neurotrasmettitori da parte di neuroni e cellule neurali. Per noi il concetto non era nuovo, anzi negli anni precedenti lo aveva sostenuto

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 67

soprattutto Bruno Ceccarelli (Fig. 2), che però purtroppo era manca-to nel 1988. Di conseguenza nella letteratura non era entrato. Discu-tendo con gli allievi di Ceccarelli, che dopo la sua morte si erano collegati al mio laboratorio, Dino

Fesce, oggi Professore di Fisiologia all’Università dell’Insubria, Flavia Valtorta, oggi Professore di Farma-cologia nella mia Università, e Fa-bio Grohovaz, ci rendemmo conto che rischiavamo di farci soffi are il concetto. La nostra review (vedi lo

schema nella Fig. 2), basata sull’e-videnza complessiva accumulata negli anni, ebbe subito molto suc-cesso. Rapidamente kiss-and-run diventò un concetto generalmente accettato, esteso (seppure in modo distorto) anche all’immunologia. Oggi non tutti si ricordano che, per primi, lo abbiamo introdotto noi. Naturalmente noi siamo contenti lo stesso, anzi forse ancora di più.

Nel frattempo era successo un evento inaspettato. Le cellule PC12 hanno l’inconveniente di essere eterogenee. Per risolvere il proble-ma Emilio Clementi aveva isolato un gran numero di cloni che poi erano stati caratterizzati da lui e da Daniele Zacchetti, oggi ricercatore del San Raffaele. Tra questi cloni Emilio e Daniele identifi carono il numero 27 che era incapace di ac-cumulare dopamina, non esprime-va le proteine delle dense-core ve-sicles e non rispondeva alle stimo-lazioni con la liberazione di neuro-trasmettitori. All’inizio (1992) que-sto clone sembrò semplicemente “pigro”. Qualche anno dopo, però, uno studio approfondito dimostrò che al clone mancava spontanea-mente la neurosecrezione. Questo dimostrava che la competenza per la neurosecrezione è indipendente da altre caratteristiche del fenoti-po delle cellule neurosecernenti. Il clone PC12-27 diventò da allora il focus principale della ricerca del mio laboratorio.

6. Le cellule PC12-27: dalla elettro-fi siologia alla biologia cellulare, alla farmacologia e alla genomica

Un clone difettivo come PC12-27 non era unico. Infatti, un clone simile era già stato pubblicato, e altri due sono stati riportati in se-guito, uno da noi. Unica era invece la specifi cità per le PC12. In nessun altra linea neurale, infatti, era ed è mai stata riportata l’esistenza di cloni spontaneamente difettivi del-la neurosecrezione come il 27. Da questo punto di vista, quindi, occu-parsi del PC12-27 ci assicurava un vantaggio notevole rispetto ai no-stri competitori. Inoltre il difetto

Fig. 2. (fi gura sopra) Immagini di microscopia elettronica della placca neuro-muscolare di rana preincubata con perossidasi (per marcare lo spazio extracellu-lare) e poi stimolata, ottenute da Bruno Ceccarelli nel 1973, che suggerivano per la prima volta un riciclo diretto delle vescicole esocitate. La vescicola in A, dopo la fusione, sembra inserirsi nella membrane plasmatica in un ciclo eso-endocitico convenzionale. Quelle in B e C sembrano riciclare senza che avvenga l’allarga-mento del loro exocytic neck. A questo secondo processo abbiamo poi attribuito la defi nizione di kiss-and-run. Da Ceccarelli B., Hurlbut W.P., Mauro A., J. Cell Biol. 57: 499-524, 1973.

Il modello in basso descrive in modo scherzoso i due tipi di ciclo exo-endo-citico, a sinistra quello convenzionale, a destra kiss-and-run. Il primo ricicla la membrana della vescicola inserita nella membrana plasmatica per mezzo di una coated vesicle; il secondo attraverso la cattura rapida e diretta della vescicola eso-citata, che non si mescola con la membrane plasmatica. Il rossetto suggerisce che per procedere nel ciclo di destra sia necessario uno specifi co priming superfi ciale della vescicola. Da Fesce R., Meldolesi J., Nature Cell Biol. 1: E3-E4, 1999.

68 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

del clone riguarda la neurosecre-zione, il processo di nostro mag-giore interesse. Attraverso il suo studio si potevano avanzare molte domande originali: nelle PC12-27 manca solo la secrezione o è al-terato tutto il membrane traffi c? E l’endocitosi? Quale è il mecca-nismo che controlla l’espressione della neurosecrezione? Non è che queste cellule esprimono processi che mancano nelle PC12 wild type? E così via.

D’altro canto la decisione di impegnare il laboratorio su questo tema poteva essere assai rischiosa. Mentre molti ricercatori sono in-teressati al Ca2+, chi mai si sarebbe interessato ad un clone difettivo? Purtroppo questa considerazione è risultata vera. La nostra storia sulle PC12-27 ha ricevuto molte meno citazioni delle storie precedenti. Io la considero una storia che nes-suno avrebbe scelto in paesi come gli USA, dove la performance dei laboratori è valutata quantitativa-mente ogni anno. Per noi è stata una sfi da che secondo me è fi nita in modo favorevole. In fondo essa ci ha permesso di chiarire una serie di aspetti precedentemente oscuri o completamente sconosciuti. Nei nostri studi il clone PC12-27 non è mai stato analizzato da solo ma sempre in confronto parallelo con un clone wild type. Riassumiamo qui i risultati ottenuti elencati in base agli approcci utilizzati.

Elettrofi siologia. In collaborazio-ne con il gruppo di Haruo Kasai in Giappone abbiamo analizzato le cellule per platch clamping. Abbia-mo trovato che il PC 12-27, seppur privo di neurosecrezione, rispon-de a molte stimolazioni con una intensa esocitosi di vescicole che però sono diverse dalle dense-core vesicles. Sono chiare, più grandi delle vescicole synaptic-like, non sembrano contenere proteine, la loro esocitosi è insensibile alle tos-sine tetanica e botulinica. Queste caratteristiche, insieme a risultati altrui, ci hanno permesso di con-cludere che l’esocitosi regolata è

un processo molteplice, che coin-volge vari tipi di vescicole, diverse per caratteri specifi ci come, per esempio, le proteine SNARE della loro fusione.

Biologia Cellulare. Partendo dai risultati del patch clamping sia-mo andati a caccia di marcanti delle nostre vescicole esocitiche misteriose. Lavorando insieme a due studenti di dottorato, Barbara Borgonovo ed Emanuele Cocucci, i marcanti delle vescicole li abbia-mo trovati. L’immunocitochimica ha mostrato la loro distribuzione, in puntini dispersi nel citoplasma quando le cellule sono a risposo, concentrati alla superfi cie dopo stimolazione, quando la superfi cie cellulare è ampliata dall’esocitosi. Per questa ragione abbiamo chia-mato le vescicole enlargosomi. Quali cellule esprimono gli enlar-gosomi? Molte cellule, ma non i neuroni maturi. A cosa servono? La loro funzione sembra essere mol-teplice: guarigione delle ferite di origine meccanica che sono inferte a tutte le cellule; rapido amplia-mento della superfi cie necessario in molte condizioni (per esempio, crescita di neuriti, stellation degli astrociti ecc.); liberazione di ecto-somi (chiamati anche shedding ve-sicles) dalla membrana plasmatica.

Farmacologia. Lo studio paralle-lo dei cloni di PC12 ha messo in evidenza notevoli differenze. Le PC12-27 non rispondono all’ace-tilcolina, ma mantengono una ri-sposta all’ATP e al glutammato. Le risposte in termini di [Ca2+]i rivela-no che le cellule defettive mancano soprattutto di recettori e di canali della membrana plasmatica.

Genomica. Quale è il meccani-smo che comanda la competenza o meno delle cellule neurali per la neurosecrezione? Questo è stato il problema fondamentale che ci sia-mo posti non appena ci siamo resi conto delle caratteristiche delle cellule PC12-27. In queste cellu-le non mancano solo le proteine,

ma anche i mRNA di membrane e cargoes della neurosecrezione. Ne abbiamo dedotto che il difetto do-veva essere localizzato a livello tra-scrizionale. Nel laboratorio, Maria Luisa Malosio, oggi ricercatore del CNR, studiò senza successo il pos-sibile coinvolgimento di una serie di fattori di trascrizione. Il suc-cesso arrivò solo nel 2006, quan-do divennero disponibili anticorpi contro un ben noto repressore della trascrizione, REST altrimenti detto NRSF. L’espressione di questo fattore varia molto tra cellule ner-vose e non-nervose. L’alto livello di REST nelle cellule non-nervose preclude l’espressione di molti geni neuro-specifi ci. Questi ulti-mi sono invece espressi durante il differenziamento neurale quando REST diminuisce per digestione proteasomica fi no a livelli presso-ché impercettibili. Dai nostri dati REST appariva come un ottimo candidato per spiegare il fenotipo delle cellule PC12-27. In questo caso, però, prima di riuscire a pub-blicare i nostri dati iniziali, siamo stati bruciati da due gruppi inglesi. Il lavoro condotto da Rosalba D’A-lessandro, oggi ricercatore in un IRCCS in Puglia, ci ha permesso comunque di dimostrare la scom-parsa delle dense-core vesicles e di altre caratteristiche neurali nelle cellule PC12 wild-type trasfettate con REST; e la ricomparsa delle vescicole nelle PC12-27 down-regolate per il repressore (Fig. 3). Risultati che dimostrano defi niti-vamente il ruolo chiave di REST nell’espressione del fenotipo neu-rosecretivo.

7. Ultime iniziative: ancora PC12-27

Negli ultimi anni il nostro mo-dello sperimentale PC12 wild type/PC12-27 ci ha permesso di chiarire alcuni aspetti funzionali delle cel-lule neurali. Collaborando con il gruppo di Anna Mondino del San Raffaele abbiamo dimostrato l’im-portanza di REST per la prolifera-zione cellulare, spiegando come mai il fattore sia alto in molti tu-

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 69

mori del sistema nervoso. Con Sara Negrini e Rosalba D’Alessandro ab-biamo dimostrato che il difetto del-le PC12-27 in termini di differen-ziamento indotto da NGF dipende dalla repressione, da parte di REST, del p75NTR, il recettore comune alle neurotrofi ne. Inoltre abbiamo ri-preso lo studio della trascrizione, condotto oltre 10 anni fa dalla Ma-losio con la tecnica del microarray, ampliandolo con il RNA-Seq (colla-borazione con J. Garcia Manteiga e E. Stupka). Ne sono emersi nuovi aspetti dipendenti da REST che spiegano, tra l’altro, le differen-ze di segnalazione e di dinamica delle cellule defettive. Ci resta da completare lo studio dell’attività di splicing dei cloni, un aspetto interessante perché abbiamo già identifi cato alcuni fattori specifi ci espressi in modo differenziale dalle PC12 wild type e defettive. Il labo-ratorio, però è stato chiuso il feb-braio scorso. Quindi posso ancora pensare, ma non fare esperimenti.

8. Summing-up sulla mia ricercaSe avete avuto la pazienza e la

tenacia di leggervi tutta la mia sto-ria magari vi domanderete (come peraltro hanno fatto molti prima di voi): ma questo Meldolesi è uno che cambia interessi troppo spes-so, è un superfi ciale che con la sua ricerca non può avere impatto. Personalmente non sono d’accor-do. Da quando sono diventato un “ricercatore professionista” il pro-cesso che mi ha sempre interessato è stata la secrezione regolata, vista soprattutto dal punto di vista delle interazioni tra membrane. Questo processo sono andato a studiarlo da molti punti di vista, in molti tipi di cellule, con molte tecnologie. È vero che il mio approccio non è sta-to privo di rischi, e che non sempre me ne sono reso conto. È vero che un paio di volte ho mancato im-portanti risultati. È anche vero che diversi risultati sono rimasti fi nora senza riscontro nella letteratura, e che da un punto di vista tecnolo-gico ed applicativo il mio laborato-rio è sempre stato debole. D’altro

canto credo che la mia ricerca, nel suo complesso, sia stata libera, ori-ginale e di buon successo (>100 inviti per seminari e presentazio-ni a Congressi; >18.000 citazioni; HI 74), tre cose che mi piacciono molto. Se fossi stato negli USA avrei dovuto avere più disciplina e “profondità”. In Italia me la sono cavata. Non sempre ho avuto abba-stanza general vision dei problemi. Beh, sono sereno lo stesso.

Per fare questa ricerca ho pre-ferito avere un laboratorio piccolo, che richiedeva fi nanziamenti mo-desti e mi permetteva di seguire direttamente tutti gli esperimen-ti. Come avete visto dalle citazio-ni ho avuto la fortuna di crescere molti ricercatori brillanti, italiani e stranieri. Quando sono diventati grandi, con esperienza internazio-nale, io ho sempre preferito che si mettessero in proprio, come ricer-ca e come carriera. Oltre che delle poche ed eccellenti collaborazioni di cui vi ho parlato il laboratorio è vissuto del lavoro di studenti, uni-versitari e di dottorato, e di post-doc. La continuità è stata assicu-rata da due tecniche bravissime, prima Giuliana Gatti, poi Gabriella Racchetti, che partecipavano diret-tamente alle ricerche e fi rmavano i lavori. Quando il laboratorio si è chiuso tutti hanno trovato altrove una collocazione adeguata per con-tinuare la loro ricerca.

Cosa ho fatto all’Università?

Finora vi ho parlato soltanto della mia ricerca. Mi sembra giusto perché è la cosa che mi ha interes-sato di più in tutta la mia carriera. In parallelo, però, ho lavorato an-che all’Università di Milano, come Assistente dal 1966, Professore In-caricato dal 1971, Professore Ordi-nario dal 1981. Ho già accennato al fatto che la mia prima didattica è stata l’insegnamento della Biologia Generale nella Facoltà di Farmacia. Poi, nel 1976 sono passato ad inse-gnare la Farmacologia in Medicina e poi, per due anni, la Chemiote-rapia. Nel 1984 l’Istituto San Raf-

faele, un IRCCS che all’epoca ospi-tava una sezione della Medicina di Milano, ha richiesto un Professore Ordinario per insegnare la nostra disciplina. I miei colleghi con mag-giore anzianità non erano inte-ressati, così sono andato io, e nel 1987 ho trasportato al San Raffaele anche il mio laboratorio. Qui sono successe molte cose che vi raccon-terò in un capitolo successivo.

Nel 1998 il San Raffaele ha aper-to la Facoltà di Medicina della sua Università privata, l’Università Vi-ta-Salute San Raffaele, sviluppata secondo un piano elaborato da un gruppo di docenti, me compreso. Logicamente io ho chiesto il tra-sferimento ed ho continuato ad in-segnare fi no al 2010. Al momento sono un Professore Emerito, quin-di compaio nell’Annuario e basta. Con l’insegnamento ho chiuso, ho deciso di averne fatto abbastanza. Questo non perché non mi piaces-se, anzi. Mi è piaciuto soprattutto cercare di capire e di farmi capire dagli studenti, stabilire con loro rapporti seri e senza fronzoli, cer-care di insegnare “bene”, essere disponibile. Per chi, come me, la-vora in prossimità dell’Ospedale della propria Università l’incontro con ex-studenti è quasi quotidiano. Beh, spesso è anche piacevole.

Lavoro editoriale e di valutazione; riconoscimenti

Il lavoro editoriale mi ha sem-pre interessato, anche perché sono convinto che faccia parte del lavoro di ricerca. Ho cominciato alla fi ne degli anni ’70 come membro dell’E-ditorial Board di Exp.Cell Res. per passare poi al J. Cell Biol. che man-tengo ancora. Con lo stesso ruolo ho lavorato per il Brit. J. Pharma-col., per EMBO J., per Trends in Pharmacol. Sci. Nel complesso a gestire i lavori inviati per la pub-blicazione si impara. Inoltre si ac-quisisce una visione obbiettiva, si è utili al giornale e, nel piccolo, allo sviluppo della scienza: quindi si tratta di un lavoro che vale senz’al-tro la pena di fare.

70 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

Nella valutazione della ricerca mi sono impegnato parecchio. In Italia sono stato per 3 anni nella Commissione PRIN appena inse-diata, quando c’era molto da lavo-rare e anche da inventare. Per dar-vi un’idea, abbiamo inserito per la prima volta la revisione da pari, di cui al Ministero non avevano mai sentito parlare. In quell’occasio-ne ho messo insieme un panel di 6000 ricercatori internazionali di-sponibili a fare i revisori, che poi è scomparso nelle voragini della burocrazia. Considero il PRIN una delle esperienze più eccitanti della mia attività valutativa. Scegliere i revisori con obbiettività ed equili-brio, interpretare le loro opinioni, evitare gli imbrogli, sono state im-prese non da poco. Se poi le cose del PRIN si sono deteriorate non è dipeso dal nostro lavoro iniziale.

Il PRIN non è stata la mia sola esperienza valutativa in Italia. Sempre al MIUR, ho lavorato per due anni in una Commissione per la valutazione delle iniziative imprenditoriali di docenti, le così dette spin-off. Sono stato in varie Commissioni di valutazione della ricerca condotta in Istituti di Uni-versità, del CNR, e di Regioni; nel Comitato di Valutazione dell’Uni-versità di Ferrara; nelle Commis-sioni di Banche e di Fondazioni, pubbliche private. Le esperienze sono state assai variabili. Certe vol-te si aveva l’impressione di parlare, parlare, parlare senza incidere mi-nimamente sulla situazione. Altre volte, invece, le cose andavano meglio o davvero bene. La miglio-re esperienza è stata forse quella, triennale, di responsabile della Bio-logia e Medicina alla Banca CARI-PARO di Padova. Con i colleghi che avevo coinvolto abbiamo fatto un lavoro serio, approfondito e molto apprezzato. Nel complesso la mia opinione sul lavoro di valutazione in Italia è abbastanza positiva. Po-trebbe migliorare ancora moltissi-mo, anche perché i modelli avanza-ti oggi ci sono, appunto in alcune Fondazioni, bancarie e no, a Tele-thon e in qualche altra istituzione.

A livello europeo ho lavorato nelle Commissioni di fi nanzia-mento della EU e di singoli stati; in Commissioni per la verifi ca del lavoro fatto da Istituti e da intere Facoltà in Francia, Austria, Ger-mania, Svizzera. Inoltre sono stato nei Comitati triennali di valutazio-ne dell’Università di Losanna e del Neuroscience Institute di Gottin-gen. Qui naturalmente la situazio-ne è molto migliore della nostra. Di conseguenza l’importanza della mia partecipazione era probabil-mente minore.

Quanto ai riconoscimenti, io ho un’opinione diciamo scaramantica. Mi piacciono quelli che arrivano inattesi, perché chi ti ha appoggia-to magari non lo conosci neanche. Così mi è successo per l’elezione all’EMBO (1984), all’Accademia del Lincei (1991), alla European Aca-demy of Sciences (1992); per il Gol-gi Neuroscience Award della Fidia Research Foundation (Washing-ton, 1990); il Premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei (1994); il Purkinje Award della Czech Aca-demy of Sciences (1995); la Meda-glia d’Oro del Presidente della Re-pubblica ai Benemeriti della Cultu-ra e della Scienza (1998). Un paio di altre volte ho cercato di farmi un po’ di campagna elettorale, e non sono stato eletto/premiato. Quindi è meglio evitare, secondo me.

I “lavori di servizio”

Voglio concludere con le Pre-sidenze di Società scientifi che e le Direzioni di Istituti, che mi sembra giusto raggruppare sotto questa denominazione. Io infatti ho sem-pre cercato di defi larmi da questi “lavori”, così diversi dalla ricerca. Comunque non li ho rifi utati, anzi in questo momento mi piacciono molto più di prima.

Sono stato Presidente della SINS, Società Italiana di Neuro-scienze (1999-2001) e della FISV, Federazione Italiana Scienze della Vita (2003-2008). Una Società mul-tidisciplinare che raggruppa biolo-gi cellulari/molecolari, morfologi,

fi siologi, farmacologi, neurologi e psichiatri, e una Federazione che, sotto la mia Presidenza, includeva 14 Società. Oltre che per la gestio-ne e per la strategia, quindi, il Pre-sidente doveva impegnarsi a me-diare tra i differenti interessi e le diverse culture dei ricercatori/so-cietà afferenti. Per questo, secondo me, è stato importante mostrarsi equilibrato e corretto. Se alla fi ne si fanno le scelte giuste non ci sa-ranno ragioni di confl itto e le So-cietà/Federazioni funzioneranno bene. Nel complesso, quindi, si è trattato di esperienze positive.

Nel 1987, al momento del mio trasferimento al San Raffaele, un Ospedale di alto livello, ricono-sciuto dal Ministero della Salute come IRCCS, mi trovai ad essere il solo ricercatore senior non cli-nico. Questo mi pose in una situa-zione di responsabilità, soprattutto quando il Presidente Don Luigi Verzé decise di costruire, accanto all’Ospedale, un Istituto di ricerca preclinico, il DIBT, Dipartimento Biologico e Tecnologico, per ospi-tare numerosi gruppi di ricerca, di base e transazionali, insieme a gruppi di ricerca di industrie, bio-tec e spin-off companies, nonché i servizi (mensa, stabulario) e le facilities, scientifi che e no, di sup-porto alla ricerca (esempi: bioima-ging, microsequencing, brevetti, trasferimento tecnologico ecc.). Si trattava insomma di un Parco Scientifi co strettamente focalizza-to sulla ricerca biomedica.

Dopo avere verifi cato quanto fosse diffi cile trovare, all’ester-no del San Raffaele, un Direttore Scientifi co impegnato sulla stra-tegia di eccellenza ed effi cienza che avevamo sviluppato, decisi di accettare l’offerta di diventare il Direttore Scientifi co del DIBIT, po-nendo però due condizioni sempre rispettate da Don Verzé: nessun condizionamento extrascientifi co al mio lavoro e un Consiglio Scien-tifi co composto da 3 scienziati di altri paesi europei. Quest’ultimo strumento, che non era mai esisti-to al San Raffaele, fu poi essenziale

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 71

per il successo del DIBIT, soprat-tutto per la continua valutazione della ricerca e per rendere possibili decisioni impopolari che di tanto in tanto si resero necessarie.

La mia impresa di Direzione del DIBIT cominciò nel 1990 e durò fi no al 1998, quando fui sostitui-to da un altro Direttore, secondo una politica di turnover che al San Raffaele è la regola. Le decisioni in tema di attrezzature, struttura dei laboratori, organizzazione del tra-sferimento tecnologico, incontri con scienziati e imprenditori inte-ressati a venire ecc. vennero sem-pre prese insieme al Direttore Ope-rativo Antonio Siccardi. L’aspetto più delicato, e quello di maggior successo del nostro lavoro, fu la selezione dei ricercatori. Anche se l’Istituto non funzionava ancora fummo in grado di selezionare al-cune decine di ottimi scienziati che entrarono a fare parte dell’impresa fi dandosi della nostra parola. Molti sono ancora qui, e lavorano con lo stesso impegno dell’inizio, e con molta più esperienza. L’inaugura-zione del DIBIT nel 1992 rimane tra i miei ricordi più belli. Si trattò di una cerimonia scientifi ca, con pochissime formalità e pochissima politica. Tra gli invitati c’era anche George Palade che fece un discorso molto incoraggiante. Articoli sulla cerimonia apparvero sui maggio-ri giornali scientifi ci compresa Nature. In-somma, il debutto del DIBIT fu un evento davvero memorabile.

Fin dall’inizio le regole per la gestio-ne dell’Istituto furo-no molto stringenti. I fondi disponibili alla Direzione erano molto modesti, utili soltanto per occasioni di emer-genza. Per il resto i gruppi si basarono, e hanno continuato a farlo fi no ad ora, sui propri grants. Met-temmo subito in opera uno straordinario pro-

gramma di seminari, tenuti sia da colleghi esterni invitati da singoli ricercatori, sia dai ricercatori in-terni che si impegnarono a presen-tare il loro lavoro almeno una volta all’anno. Tutti i seminari erano, e sono ancora, tenuti in inglese per sottolineare, soprattutto ai giovani, che la lingua è uno strumento indi-spensabile della ricerca.

Un altro aspetto, per me molto importante fu lo sviluppo del Parco Scientifi co. Il training cui fui co-stretto per capire, programmare, sviluppare un lavoro che non avevo mai fatto prima fu considerevole, ma mi permise di ampliare la mia visione del mondo della scienza. Un processo che oggi, per me, è risultato prezioso. Dopo essere andato in pensione come docente nel 2010, un evento che fu festeg-giato da un Meeting straordinario, organizzato dai miei amici, con speakers eccellenti tra cui 3 Premi Nobel e quasi 1000 partecipanti,

avevo già in programma di chiude-re il mio laboratorio. Dato che la-vorare mi piace ancora, e molto, mi domandavo cosa avrei fatto quando avessi esaurito gli ultimi risultati e le ultime reviews che mi propo-nevo di scrivere. Quasi due anni or sono, dopo avere spiegato in pub-blico la mia visione della ricerca in Italia, fui avvicinato dall’On. Patri-ciello, Presidente dell’IRCCS Neu-romed di Pozzilli (IS), un Ospedale ed un Centro di ricerca di alto pro-fi lo specializzati in Neuroscienze, localizzati tra Napoli e Roma. Pa-triciello mi offrì di occuparmi, da un punto di vista scientifi co, degli sviluppi che prevedeva per il suo Istituto. Da quel momento ho un nuovo, eccitante lavoro. Non mi aspettavo che l’esperienza scienti-fi ca e la conoscenza, anche criti-ca, della comunità dei ricercatori avessero un’importanza strategica ed operazionale così grande. Mi sono inserito benissimo al Neuro-

Fig. 3. Ricomparsa della neurosecrezione di vescicole esocitiche nelle cellule difettive ad alto REST in cui il livello e l’attività del repressore sono stati ridotti.

Dopo la trasfezione del domain di REST che lega il DNA la cellula difettiva mostra la ricomparsa nel citoplasma di punti positivi per la cromogranina B e la sinaptotagmina1 (pannello c). Dopo stimolazione con uno ionoforo del Ca2+ le due proteine compaiono in superfi cie come atteso dopo esocitosi di vescicole dense-core (frecce nei pannelli g ed h). Queste vescicole sono visibile nelle cellule tra-sfettate anche al microscopio elettronico (frecce nei pannelli d ed e). La immuno-citochimica con particelle di oro conferma la presenza di cromogranina B al loro interno (pannello f). Da D’Alessandro et al., J. Neurochem. 105: 1369-1383, 2008.

72 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

Competitività ed attrattività della sperimentazione clinica farmaceutica

in ItaliaColmare il divario, invertire la tendenza

Giuseppe Recchia e Barbara GrassiGlaxoSmithKline, Verona

La scoperta e lo sviluppo di nuovi farmaci è un processo necessario per innovare la terapia e ri-spondere ai bisogni di salute dell’individuo e della società (1). Per la complessità e le dimensioni eco-nomiche del processo, la criticità delle informazioni generate ed il numero dei ricercatori e dei pazienti coinvolti, la sperimentazione clinica rappresenta la fase di maggior criticità nello sviluppo del farmaco (Tabella 1) (2).

Tabella 1 - Allocazione percentuale delle risorse di R&D del farmaco sulle diverse fasi del processo (2)

Attività pre-clinica 21,5 Sperimentazione Clinica Fase 1 8,7 Sperimentazione Clinica Fase 2 12,5 Sperimentazione Clinica Fase 3 35,7Sperimentazione Clinica 56,9Attività Regolatoria 8,3Farmacovigilanza 9,8Altro 3,5

Fonte: EFPIA. The Pharmaceutical Industry in Figures, 2013

Tale attività è funzionale sia al miglioramento della pratica assistenziale (grazie alla acquisizione e svilup-po di nuove procedure terapeutiche ed all’anticipato accesso alla innovazione terapeutica) che allo svilup-po economico e sociale della comunità nella quale viene condotta (grazie alle prestazioni fornite dagli enti ospedalieri ed al lavoro degli operatori coinvolti).

Per le diverse e complesse implicazioni di natura scientifi ca, sanitaria, economica e sociale, sviluppare, promuovere, incentivare, incrementare la attività di sperimentazione clinica del farmaco è pertanto in-teresse primario di ogni paese. Nell’attuale contesto internazionale, globale e competitivo, tale sviluppo non può che essere condotto attraverso interventi condivisi e coordinati tra i diversi attori, orientati a migliorare attrattività e competitività del paese nei confronti della sperimentazione clinica del farmaco. La identifi cazione e la analisi dei fattori di attrattività e di competitività rappresenta il momento iniziale per un programma di miglioramento della competitivi-tà e di recupero della attrattività del nostro paese. Le esperienze condotte in questo ambito sono tuttavia fi no ad ora limitate.

Determinanti della Competitività

Una analisi dei determinanti della competitività dell’Italia per la attività di sperimentazione clinica dei farmaci condotta da imprese farmaceutiche è sta-ta recentemente condotta attraverso la valutazione dei criteri delle imprese per la selezione dei paesi in cui condurre attività di ricerca clinica (Tabella 2) (3).

Determinanti della Attrattività

Una analisi dei determinanti della attrattività dei paesi per la attività di sperimentazione clinica dei far-

med, non solo nella governance, ma anche nel sistema scientifi co. Abbiamo già avuto diversi succes-si, e abbiamo progetti in tutte le direzioni: collegamenti sinergici con Università e altri Istituti, svi-luppo di facilities, miglioramento dell’immagine dell’Istituto.

Quando, nei prossimi mesi, pre-senteremo a Bruxelles questa mia ultima avventura spero di poter

concludere che la scienza è neces-saria per sviluppare iniziative di alto profi lo; e che queste iniziati-ve, se esistono le “persone giuste”, sono possibili non solo in Lombar-dia, dove ho lavorato fi nora, ma in (quasi) tutta Italia.

Questa “storia” è dedicata a tutti quelli che, negli anni, hanno lavo-rato/collaborato/interagito con il mio laboratorio, dal Prof. Trabuc-

chi all’ultimo studente.Una menzione particolare a

Francesco Clementi (Cone per gli amici), che mi ha insegnato come, lavorando, ci si può anche diverti-re; a Bruno Ceccarelli, che mi ha introdotto alla neurobiologia; e a Tullio Pozzan, che ha affi nato i miei concetti di dinamica, equili-brio ecc. ecc.

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 73

1. Dimensioni del Mercato • Popolazione• Incidenza delle patologie• Consistenza obiettivi di reclutamento• Dimensione del mercato (domanda)

2. Effi cienza

a. Pianifi cabilità • Costanza, standardizzazione e certezza dei tempi di risposta dei diversi Centri nel Paese

• Percentuale di centri attivi negli studi ma non arruolanti• Capacità di arruolamento dei centri

b. Tempestività • Start up duration: tempi complessivi di attivazione dei Centri coinvolti nel Paese

• Tempi di reclutamento pazienti c. Qualità del Dato • Costi del data cleaning

• Queries• Dati non valutabili

d. Costi • Costo della gestione della sperimentazione• Costo per paziente

3. Qualità

a. Risorse • Qualità della produzione scientifi ca• Esperienza dello staff• Meccanismi di coinvolgimento dello staff nello studio• Reputation e competenze dello sperimentatore principale• Proattività sperimentatore principale

b. Strutture • Qualità nelle cure• Qualità nella gestione dei documenti fonte• Location• Coordinamento tra sperimentatori e Comitato Etico

c. Meccanismo Operativi • Aderenza al protocollo• Raccolta consenso informato• Registrazione Eventi Avversi

d. Gestione del Farmaco • Procedure di gestione del farmaco: conservazione, dispensazione• Adeguatezza strutturale della farmacia

Fonte: Rapporto OASI 2012

Category Weight (%) Factors

1. Cost Effi ciency 20 • Cost effi ciency of labor• Cost effi ciency of facilities and travel

2. Patient Pool 20 • Size and availability of suitable patient pool

1. Regulatory Conditions 20 • Food and Drug Administration visibility• Country’s regulatory laws• Strength of intellectual protection• Protection of intellectual property

2. Relevant Expertise 15 • Number of clinical research organizations• Number of clinical trials• Size and availability of labor force with relevant skills

3. Commercial Attractiveness 10 • Market potential in health care projected in 20144. Infrastructure and Stability 15 • Health-care infrastructure

• Country infrastructure• Country risk factors

Fonte: AT Kerney Executive Agenda 2007

Tabella 2 - Criteri adottati dalle imprese per la selezione dei Paesi e dei Centri in cui condurre attività di ri-cerca clinica (3)

Tabella 3 - Categoria, Peso e Fattori della attrattività di un paese per la sperimentazione clinica del farmaco (4)

74 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

maci condotta da imprese farmaceutiche è stata con-dotta da AT Kerney nel 2007 ed aggiornata nel 2010. I criteri identifi cati sono riportati in Tabella 3 (4).

Determinanti della selezione dei centri sperimentali

Un’analisi dei determinanti della selezione dei centri sperimentali per l’attività di sperimentazione clinica dei farmaci in Europa condotta da imprese far-maceutiche, promotori non industriali e CRO è stata realizzata nell’ambito del SAT-EU Study (5).

Sono stati identifi cati 19 criteri correlati a 4 cate-gorie: ambiente, investigatore, ospedale, costi.

La Situazione

Nel 2012 l’investimento complessivo dell’industria farmaceutica e biotecnologica in ricerca e sviluppo di nuovi farmaci a livello mondiale è stato di 134 miliar-di di US$ ed è stimato in 138 miliardi di US$ nel 2014 (Tabella 4) (6).

Tabella 4 - Evoluzione dell’investimento complessivo in R&D dell’industria farmaceutica mondiale, 2004 – 2018 (Consuntivo 2004 – 2012, Stime 2013 – 2018)

Anno US$ Miliardi Variazione %2004 882005 96 9,62006 108 12,32007 120 10,82008 131 9,12009 127 -2,82010 128 0,82011 135 4,92012 134 -0,32013 136 1,42014 138 1,72015 141 1,82016 144 2,02017 147 2,02018 149 1,9

Fonte: EvaluatePharma 2013

In considerazione del valore economico e tecnolo-gico correlato alla attività di sperimentazione clinica del farmaco, stimato in oltre il 50% dell’investimento complessivo in R&D del farmaco (1), la competizione tra i diversi paesi per intercettare le attività e le ri-sorse correlate è in costante aumento ed estesa ad un numero progressivamente crescente di nazioni, attra-verso iniziative volte a migliorare la infrastruttura di ricerca e la formazione degli operatori.

Competitività

A motivo delle nuove priorità di ricerca dell’indu-stria farmaceutica mondiale, orientate alla soddisfa-zioni di bisogni medici non soddisfatti e/o residuali (7), il numero di studi clinici sponsorizzati dall’in-dustria farmaceutica ed il volume di pazienti inseriti nella sperimentazione clinica dei nuovi farmaci nel triennio 2010 – 2012 rispetto al triennio 2007-2009 risulta signifi cativamente ridotto (8).

L’Italia nel 2012 occupa la 23^ e terz’ultima posi-zione nel rapporto 2013 Global Clinical Performance Metrics Programme di CMR International - Thomson Reuters (8) per volume di pazienti che hanno iniziato l’arruolamento in studi clinici condotti da imprese far-maceutiche nel triennio 2010-2012. In tale classifi ca, Germania è in 3^ posizione, Regno Unito in 9^, Fran-cia in 12^ e Spagna in 15^ (Tabella 5) (8).

Tabella 5 - Graduatoria dei primi 25 paesi del mondo per numero di pazienti arruolati in sperimentazione clinica del farmaco nel triennio 2010 – 2012 (8)

Rank Paese N. Pazienti

1 USA ≥ 30.0002 Giappone ≥ 20.0003 Germania ≥ 10.0004 Polonia ≥ 10.0005 Fderazione Russa ≥ 10.0006 Cina ≥ 10.0007 Ucraina ≥ 10.0008 Canada ≥ 5.0009 Regno Unito ≥ 5.00010 India ≥ 5.00011 Romania ≥ 5.00012 Francia < 5.00013 Ungheria < 5.00014 Australia < 5.00015 Spagna < 5.00016 Sud Africa < 5.00017 Corea del Sud < 5.00018 Argentina < 5.00019 Messico < 5.00020 Repubblica Ceca < 5.00021 Bulgaria < 5.00022 Brasile < 5.00023 Italia < 5.00024 Slovacchia < 5.00025 Finlandia < 5.000

Fonte: Thonson Reuters CMR International 2013

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 75

Il medesimo rapporto indica che in Italia la ridu-zione del volume di pazienti che hanno iniziato l’ar-ruolamento in studi clinici nel triennio 2010-2012 rispetto al triennio precedente 2007-2009 è superiore al 75%, secondo paese in assoluto dopo il Brasile per entità del calo della attività di sperimentazione cli-nica dei farmaci condotta da imprese farmaceutiche (Tabelle 5 - 6) (8).

Tabella 6 - Riduzione percentuale del numero di pa-zienti arruolati in sperimentazione clinica del farmaco nel triennio 2010 – 2012 in confronto al triennio 2007-2009 nei primi 25 paesi del mondo per numero di pa-zienti trattati nella sperimentazione clinica (8)

Rank Paese N. Pazienti1 USA ≤ 702 Giappone ≤ 50%3 Germania ≤ 704 Polonia ≤ 705 Federazione Russa ≤ 706 Cina ≤ 50%7 Ucraina ≤ 50%8 Canada ≥ 70%9 Regno Unito ≥ 70%10 India ≥ 70%11 Romania ≤ 50%12 Francia ≤ 7013 Ungheria ≤ 7014 Australia ≤ 50%15 Spagna ≤ 7016 Sud Africa ≤ 7017 Corea del Sud ≤ 7018 Argentina ≤ 7019 Messico ≤ 7020 Repubblica Ceca ≤ 7021 Bulgaria ≤ 50%22 Brasile ≥ 70%23 Italia ≥ 70%24 Slovacchia ≤ 50%25 Finlandia ≤ 50%

Fonte: Thonson Reuters CMR International 2013

Attrattività

Nella classifi ca di attrattività dei paesi per la speri-mentazione clinica dei farmaci condotta da imprese farmaceutiche realizzata utilizzando il A.T. Kearney 2010 Clinical Trial Attractiveness Index (9), l’Italia non compare tra i primi 30 paesi elencati. In tale classifi ca la Germania è presente in 3^ posizione, la Spagna in 7^, la Francia in 9^ ed il Regno Unito in 20^ posizione (Figura 1).

Nel SAT-EU Study, tra i 9 paesi europei classifi cati secondo la propensione a condurre sperimentazione clinica, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito sono

risultati i 3 paesi più desiderabili, mentre Italia, Au-stria e Svizzera sono stati giudicati i 3 paesi per i quali la propensione è minore (5).

Iniziative per il miglioramento della competitività e della attrattività

Nel settembre 2012 è stato istituito negli Stati Uniti d’America TransCelerate Biopharma Inc., un consorzio di aziende farmaceutiche, ad oggi 20, con lo scopo di semplifi care ed accelerare lo sviluppo dei farmaci innovativi. TransCelerate Biopharma Inc. rappresenta un innovativo modello di collabora-zione pre-competitiva tra aziende farmaceutiche e biotech che ha già prodotto soluzioni e piattaforme comuni per l’attività di sperimentazione clinica con-dotta dalle imprese.

L’adozione di queste piattaforme e soluzioni co-muni comporterà per gli sperimentatori ed i centri sperimentali un vantaggio e recupero di effi cienza operativa grazie alla standardizzazione ed alla uni-formità dei sistemi e delle procedure operative uti-lizzati dai diversi sponsor (10).

In Francia la LEEM (French Association of Phar-maceutical Companies) conduce ogni 2 anni dal 2002 una indagine per aggiornare l’informazione sul livello di attrattività della Francia per la speri-mentazione clinica dei farmaci condotta da imprese farmaceutiche. L’ultimo rapporto, France’s attrac-tiveness for international clinical trials in 2012: Sixth survey assessed by Leem (French Association of Pharmaceutical Companies) è stato pubblicato a maggio 2013 (11).

Nel novembre 2013 il Governo del Regno Unito ha aggiornato il Parlamento su modalità ed iniziati-ve attraverso le quali rendere maggiormente compe-titivo il paese per attrarre investimenti di sperimen-tazione clinica del farmaco (12). Nello stesso paese il NIHR Clinical Research Network del Sistema Sa-nitario Nazionale sta realizzando iniziative di forma-zione e di comunicazione per ricercatori ed imprese allo scopo di promuovere la effi cacia del sistema di ricerca dedicato allo sviluppo di prodotti farmaceu-tici (13).

Altri paesi in Europa stanno predisponendo simili iniziative sia per favorire lo sviluppo della attrattivi-tà e della competitività nazionale che per adeguare l’infrastruttura di ricerca al nuovo regolamento eu-ropeo sulla sperimentazione clinica.

Discussione

Nel 2012 la pipeline complessiva delle aziende farmaceutiche mondiali comprendeva 11.959 com-posti in sviluppo, 5.408 dei quali in fase di sviluppo clinico (2.164 in Fase 1, 2.329 in Fase 2 e 915 in fase 3 e pre-registrazione) (14).

76 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

La sperimentazione clinica per sviluppare questi composti è condotta in un contesto sempre più globa-le e competitivo, nel quale vecchi e nuovi attori stan-no adeguando le proprie infrastrutture di ricerca a li-vello nazionale e locale al fi ne di partecipare in quote maggiori allo sviluppo dei nuovi farmaci. Nel nostro paese il numero di studi clinici complessivi (sponsor farmaceutico e sponsor non commerciale) risulta so-stanzialmente stabile negli ultimi 3 anni (15). Tutta-via, il volume di attività della sperimentazione clinica farmaceutica, rappresentato dal numero di pazienti inseriti negli studi clinici con sponsor industriale, presenta con il Brasile la riduzione maggiore a livello internazionale ed il numero di tali studi clinici con-dotti in Italia risulta inferiore rispetto a quello di altri paesi (8). Uno dei motivi per tale situazione può es-sere identifi cato nella minore attrattività del nostro paese per la sperimentazione clinica (5, 9).

Diviene pertanto necessario identifi care un piano di azione per consentire al paese di colmare il diva-rio di attrattività nei confronti degli altri paesi ed invertire la tendenza nei confronti della riduzione del volume di sperimentazione clinica.

Tale piano dovrebbe a nostro avviso:

a. misurare il livello attuale di attrattività dell’Italia

per la sperimentazione clinica dei farmaci con-dotta da imprese farmaceutiche realizzata uti-lizzando indici appropriati, quali il A.T. Kearney 2010 Clinical Trial Attractiveness Index;

b. identifi care i determinanti della attrattività e del-la competitività dell’Italia per la sperimentazione clinica dei farmaci condotta da imprese farma-ceutiche e defi nire una priorità di rilevanza con-cordata tra i diversi attori del sistema paese;

c. realizzare interventi sui determinanti della at-trattività e della competitività per la sperimen-tazione clinica dei farmaci condotta da imprese farmaceutiche secondo modalità concordate tra i diversi attori in accordo con un piano nazionale.

Il piano deve necessariamente tenere in conside-razione una serie di elementi che si realizzeranno nel prossimo futuro. La capacità di anticipare e ge-stire il cambiamento introdotto da questi fattori co-stituirà un elemento differenziante i paesi e fornirà un vantaggio competitivo.

A nostro avviso i due principali fattori di cam-biamento, entrambi rilevanti su due dimensioni strettamente connesse ed embricate ed entrambe imprescindibili, l’eccellenza scientifi ca e tecnica e l’effi cienza operativa, sono:

Figura 1 - Classifi ca dei primi 30 paesi del mondo per attrattività della sperimentazione clinica del farmaco valutato con l’A.T. Kearney 2010 Clinical Trial Attractiveness Index (9)

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 77

1. il nuovo contesto normativo europeo (“Regola-mento”) per le sperimentazioni cliniche, in vigore dal 2016 (16). Costituirà elemento di vantaggio com-petitivo la capacità dei paesi di poter operare come reference member state nell’ambito della nuova pro-cedura centralizzata di approvazione delle sperimen-tazioni cliniche. Diversi paesi europei tra cui Spa-gna, Francia, UK, Belgio, Danimarca, Svezia, Olanda e Norvegia stanno proattivamente lavorando al loro interno, alcuni già modifi cando l’assetto normativo relativo alle sperimentazioni cliniche, per anticipare e gestire il cambiamento e posizionarsi come partner di eccellenza per la conduzione di sperimentazioni cliniche nel loro paese. Anche l’Italia ha avviato tale programma di aggiornamento e compiuto un primo, rilevante passo con il decreto Balduzzi e la identifi ca-zione di AIFA come autorità competente per tutte le tipologie di sperimentazioni cliniche. 2. Risk Based Monitoring (RBM): si tratta di un nuo-vo modello di monitoraggio degli studi clinici basato su una logica di risk management, ovvero di identi-fi cazione, analisi, quantifi cazione e gestione dei ri-schi. Rappresenta un superamento del tradizionale modello di monitoraggio “fi sso” (ossia identica fre-quenza di monitoraggio per tutti gli studi, per l’inte-ra durata dello studio, per tutti i centri sperimentali, 100% di source data verifi cation (SDV) e focalizza-zione delle attività di monitoraggio principalmen-te on site), per passare ad un modello “variabile e dinamico” laddove la frequenza di monitoraggio, le attività di monitoraggio e il livello di SDV differiran-no per centro sperimentale e nel corso dello studio (come risultante dal piano di identifi cazione, analisi, quantifi cazione e gestione dei rischi defi nito prima della partenza dello studio). In tale modello, le at-tività di monitoraggio saranno una combinazione di attività on site ed off site remoto. Questo nuovo approccio al monitoraggio degli studi clinici è stato originariamente proposto da FDA ed EMA (17, 18) sulla base dell’evidenza che il tradizionale approccio “fi sso” non è stato negli anni di per sé evidenza di garanzia di qualità degli studi clinici ed è poco effi -ciente: viceversa, incrementare le attività di moni-toraggio o ridurle sulla base di indicatori di rischio e valori soglia attraverso sistemi e processi che con-sentano di comparare l’andamento di tutti i centri che partecipano ad uno studio a livello globale ed identifi care così gli outliers consentirebbe di iden-tifi care/gestire in maniera più effi cace ed effi ciente i rischi e le criticità ed assicurare in ultima analisi un livello superiore di qualità degli studi clinici, nell’ot-tica della salvaguardia dei diritti e della sicurezza dei pazienti. Il modello operativo di RBM si fonda sulla necessità di raccogliere i dati ed analizzarli in-stre-am da parte di tutti gli attori, a cominciare dal cen-tro sperimentale che deve inserire i dati nei sistemi subito dopo aver effettuato la visita del paziente, per

arrivare al Promotore che deve osservare e analizza-re i dati in tempo reale allo scopo di indirizzare le attività di monitoraggio là dove ce n’è bisogno. Sen-za i dati in stream da parte dei centri sperimentali, l’analisi comparativa dei centri per l’identifi cazione degli outliers non può avvenire ed il modello di RBM diviene inapplicabile.

Le implicazioni e le aspettative per i centri speri-mentali sono state oggetto di recente analisi (19) e TransCelerate Biopharma Inc ha pubblicato un po-sition paper (10) che descrive l’approccio condiviso dalle aziende affi liate.

Oggi più che mai pertanto diventa critica la ca-pacità del paese di allineare i diversi attori su obiet-tivi strategici condivisi e di pianifi care e seguire nel tempo azioni concrete che consentano di colmare il divario di attrattività nei confronti degli altri paesi ed invertire la tendenza nei confronti della riduzio-ne del volume di sperimentazione clinica.

BIBLIOGRAFIA

1. World Health Organization. Priority Medicines for Europe and the World. Update 2013

2. EFP IA - The European Federation of Pharmaceutical Indu-stries and Associations. Key Data in Figures, 2013

3. Mario Del Vecchio, Erika Mallarini, Valeria Rappini. le speri-mentazioni cliniche profi t nelle aziende sanitarie. in Elena Cantù. Rapporto OASI 2012. L’aziendalizzazione della sanità in Italia. Egea, 2012

4. Make Your Move: Taking Clinical trials To The Best Location. AT Kerney Executive Agenda 2007

5. M. Gehring, RS Taylor, M Mellody, B Casteels, A Piazzi, G Gensini, G Ambrosio. Factors infl uencing clinical trial site selection in Europe: the Survey of Attitudes towards Trial sites in Europe (the SAT-EU Study). BMJ Open 2013

6. EvaluatePharma. World Preview 2018 Embracing the Patent Cliff. 2013

7. Asher Mullard. 2013 FDA Drug Approvals.Nature Review Drug Discovery 13: 85-89, 2014

8. 2013 Global Clinical Performance Metrics Programme di CMR International - Thomson Reuters 2013

9. A.T. Kearney 2010 Clinical Trial Country Attractiveness Index (CTCAI). 2010 Refresh

10. http://www.transceleratebiopharmainc.com consultato il 10.2.2014

11. http://www.leem.org consultato il 10.2.2014

12. https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/259495/Response_to_the_hoc_sci-ence_and_technology_committee_inquiry.pdf consultato il 10.2.2014

13. http://www.nihr.ac.uk/infrastructure/Pages/infrastructure_clinical_research_networks.aspx consultato il 10.2.2014

14. G. Long e J. Works. Innovation in the Biopharmaceutical Pipeline: A Multidimensional View. Analysis Group, 2013

15. AIFA. La Sperimentazione Clinica dei Medicina in Italia. 12^ Rapporto Nazionale 2013

16. European Parliament. Clinical trials: clearer rules, better protection for patients Press release - Public health − 20-12-2013 - 12:09

78 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

Position Paper della Società Italiana di Farmacologia

sulla problematica Di BellaIl recente deposito presso l’As-

semblea Regionale Siciliana di un disegno di legge parlamentare che prevede uno stanziamento nel bi-lancio della Regione Sicilia, eser-cizio fi nanziario 2013, della som-ma di euro 5 milioni a sostegno di pazienti oncologici residenti nella Regione, in trattamento con il Metodo Di Bella ed in condizio-ni di disagio economico, richiede rifl essioni e misure urgenti.

“Wonder therapies” per il trat-tamento di patologie gravi o incu-rabili si affacciano periodicamen-te alla cronaca. La multiterapia a suo tempo proposta dal fi siologo Luigi Di Bella ed ora recuperata dal provvedimento sopra citato, consiste di un’associazione (non costante, ma spesso variabile) di melatonina, bromocriptina, so-matostatina (o del suo analogo se-misintetico octreotide), una solu-zione di retinoidi, e, in relazione al tipo di tumore, chemioterapici tradizionali come ciclofosfamide o idrossiurea. Somatostatina, re-tinoidi, ciclofosfamide o idrossiu-rea sono sostanze farmacologica-mente attive e possono indurre, a dosi e con schemi di trattamento opportuni, risposte terapeutiche. Ciò detto, la loro associazione di-venta empirica laddove non ne sia defi nito rigorosamente il raziona-le scientifi co e ne venga previsto l’impiego in pazienti non adegua-tamente selezionati per caratteri-stiche cliniche e al di fuori di spe-rimentazioni condotte con criteri

internazionalmente accettati. All’epoca del suo primo affacciar-si alla cronaca, la multiterapia Di Bella fu valutata nell’ambito di studi di fase II (1). I risultati deponevano per l’ineffi cacia della terapia e il concomitante rischio di reazioni avverse clinicamente signifi cative (1, 2). L’attuale ri-proposizione della multiterapia Di Bella prende con ogni probabi-lità lo spunto da studi retrospet-tivi su numeri esigui di pazienti, non adeguatamente caratterizzati nè stratifi cati per fattori progno-stici (3). Non è sulla base di questi studi, meramente descrittivi, che si può validare un trattamento.

Il clamore a suo tempo susci-tato dalla multiterapia Di Bella si riaffaccia in vesti diverse e aggior-nate con la terapia proposta dalla Fondazione Stamina per gravi malattie neurodegenerative. Nel caso della terapia Di Bella erano almeno noti i principi farmacolo-gici impiegati (sebbene in modo empirico e non sperimentato). Nel “caso Stamina” non sono neppure caratterizzate le cellule mesenchimali oggetto dell’infu-sione terapeutica, né è chiara e verifi cabile la loro trasformazione in cellule neuronali dopo tratta-mento con acido retinoico (4).

Il caso Di Bella e quello Sta-mina sono accomunati da due fattori. Da una parte vi è il terre-no fertile che essi trovano nella pressione emotiva dell’opinione pubblica e nel veicolo mediati-

co. Dall’altra, vi è una comune “metodologia” che consiste nel sottrarsi al vaglio di sperimen-tazioni cliniche rigorose e veri-fi cabili. Occorre ribadire con il dovuto vigore che tali sperimen-tazioni sono richieste da Autorità Regolatorie, Società Scientifi che, e Sperimentatori qualifi cati, non per rallentare o vietare pregiudi-zialmente l’accesso a una oppor-tunità di cura, quanto piuttosto per garantire i requisiti di attività e sicurezza che ogni farmaco o terapia complessa deve rispetta-re. L’enorme progresso cui abbia-mo assistito in tanti settori della Medicina moderna nasce proprio dalle sperimentazioni cliniche controllate e dalla divulgazione dei loro risultati su riviste auto-revoli a diffusione internazionale. Senza sperimentazioni cliniche e informazioni scientifi che ve-rifi cabili non ci sarebbero nuovi medicinali, né evoluzioni di me-dicinali o schemi terapeutici esi-stenti.

È grave che ci si sottragga al metodo scientifi co laddove Auto-rità Regolatorie e Sperimentatori hanno gradualmente perfeziona-to sia il disegno degli studi clinici (spesso superando o integrando le tradizionali distinzioni tra Fasi I, II, e III) sia le conseguenti pro-cedure di valutazione e registra-zione, proprio perché si arrivi in tempi ragionevolmente rapidi alla defi nizione di attività e sicurezza di un nuovo farmaco o terapia

17. Food and Drug Administration. Updated guidance for in-dustry: oversight of clinical investigations—a risk-based ap-proach to monitoring (2013). http://www.fda.gov/downloads/Drugs/.../Guidances/UCM269919.pdf (25 Sep 2013).

18. Refl ection paper on risk based quality management in clinical trials, EMA, 2011-http://www.ema.europa.eu/docs/

en_GB/document_library/Scientific_guideline/2011/08/WC500110059.pdf

19. Randall R. Stoltz. Risk-Based Monitoring: Implications of the US FDA Guidance for Pharmaceutical Physicians. Pharm Med (2013) 27:279–281

Quaderni della SIF (2013) vol. 36 - 79

complessa, soprattutto per pato-logie gravi e a prognosi infausta. È grave che organi di governo e strutture sanitarie investano ri-sorse pubbliche su modalità te-rapeutiche prive di accertato fon-damento scientifi co, esautorando di fatto le Autorità Regolatorie e la comunità scientifi ca dalle loro funzioni di tutela della salute. Vale la pena ricordare che la ma-teria della sperimentazione clini-ca e dei suoi fondamentali rifl es-si sul benessere pubblico è stata affrontata dalla direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (adesso in fase di mo-difi ca secondo la proposta del 2012), concernente il ravvicina-mento delle disposizioni legislati-ve, regolamentari ed amministra-tive degli Stati membri relative all’applicazione della buona prati-ca clinica nella conduzione della sperimentazione clinica di medi-cinali per uso umano che consi-ste in un’indagine sui medicinali

effettuata su soggetti umani, nel corso della quale i medicinali vengono somministrati al di fuori della normale pratica clinica, in base a un protocollo di ricerca.

Per concludere, davanti al ri-correre di casi come la multitera-pia Di Bella o la terapia Stamina, la Società Italiana di Farmacolo-gia sostiene la sperimentazione clinica eseguita con rigore come ineludibile strumento per lo svi-luppo di nuovi farmaci per la sa-lute dell’uomo, ed esprime ferma opposizione ad ogni forma di trat-tamento che non risponda ai se-guenti requisiti:

1) un forte razionale scientifi co preclinico;

2) una caratterizzazione scrupo-losa dei principi attivi o com-ponenti cellulari che vengono somministrati;

3) una valutazione accurata del rischio/benefi cio preliminar-mente ad ogni sperimentazio-

ne clinica e, infi ne;4) l’esito positivo di una sperimen-

tazione controllata randomiz-zata e in cieco che, con il suo valore prospettico, dimostri il valore scientifi co dei tratta-menti.

BIBLIOGRAFIA

1) Italian Study Group for the Di Bella Multitherapy Trials. Evaluation of an unconventional cancer treatment (the Di Bella Multitherapy): results of phase II trials in Italy. Br Med J 1999; 318: 224–228.

2) Müllner M. Di Bella’s therapy: the last word? Br Med J 1999; 318: 208–209.

3) Di Bella G, Mascia F, Colori B. The Di Bella Method (DBM) in the treatment of prostate cancer: a preliminary re-trospective study of 16 patients and a review of the literature. Neuro Endo-crinol Lett 2013; 34: 523-528.

4) Abbott A. Italian stem-cell trial ba-sed on fl awed data. Nature News doi:10.1038/nature.2013.13329.

SOCIETÀ ITALIANA DI FARMACOLOGIAViale Abruzzi, 32 - 20131 Milanoe-mail: [email protected]: [email protected] site: www.sifweb.org

CONSIGLIO DIRETTIVO

Presidente: Francesco RossiPresidente Eletto:Giorgio Cantelli FortiSegretario:Giuseppe CirinoPast President:Pier Luigi Canonico

Consiglieri: Salvatore Cuzzocrea

Romano DanesiMonica Di LucaArmando GenazzaniGiovan Battista LeprouxLuca Steardo

Quaderni della SIFComitato di Redazione: Sandra BrunelleschiPier Luigi CanonicoIda CeseraniGiuseppe CirinoGiovan Battista LeprouxGiuseppe RecchiaFrancesco RossiMarco Scatigna

Direttore Responsabile:Flavia Franconi

Pubblicazione iscritta nel Registro Stampa Tribunale di Milano in data 20 settembre 1997 - N° 528

Stampa: MediaPrint s.r.l.Via G. Gozzano, 7 - 57121 Livorno0586 tel. 403023 - fax 409414e-mail: [email protected]

Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro:“Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in abb.post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 2, DCB Prato”

80 - Quaderni della SIF (2013) vol. 36

www.forumricercaclinica.it

4

La SIF intende favorire lo sviluppo precompetitivo di pro-

getti di ricerca originati da laboratori di Farmacologia di Uni-

versità e centri di ricerca italiani, organizzando una giornata

d’incontro fra settore pubblico e privato.

A Stresa, il prossimo 27 maggio, verranno presentati e di-

scussi, di fronte ad una platea costituita dai Direttori Ri-

cerca, Direttori Medici e Direttori del Business Development

delle principali Aziende Farmaceutiche operanti nel nostro

Paese, otto progetti di ricerca precompetitiva selezionati da

una commissione giudicatrice. La commissione, nominata

dal Presidente della SIF, includerà anche esperti dell’R&D e

del technology transfer provenienti dall’industria. Le propo-

ste dovranno essere sottomesse mediante la compilazione

della scheda allegata e riguarderanno ricerche precliniche

in stato avanzato e nuove idee, comprese quelle già in bre-

vetto, per l’identificazione e la caratterizzazione di nuovi

bersagli farmacologici. Le domande dovranno essere pre-

sentate entro il 31 marzo 2014.

Entro il 30 aprile 2014 la Commissione provvederà alla se-

lezione degli otto progetti ed i proponenti verranno invitati

a partecipare al Research Day che si svolgerà presso il

Grand Hotel Bristol di Stresa. Durante la giornata vi saranno

anche incontri tra i proponenti e le singole aziende al fine

di stabilire collaborazioni. Tutti i costi della partecipazione

degli otto proponenti saranno a carico dell’organizzazione.

Bandoper lo sviluppo precompetitivo della ricerca farmacologica in Italia

�������

������ �����������

����������������� �� ���������� ������������������������������������������������� �

����������������������������������������������������������� ������������� �����!���������������

����������� ����"����������� ��##��$����%�������������#����������������������&'����������!���

������������������� ����� �(&'����������������������������������������������'������������

������������!�� �

�����������������������������������������)������������������������ �

(����������������&��������������������*�#���������������������� �

+������������������'��������,-.,(�+- �

/�����#���"���0�

�������������� � ����������

)����������1�����""������

2�����.��""�����

������3�����

4�������5�������$�6�7�����5����85�

)���9��0�'���0::;;; ��#;�� ���

-$����0���# ��#���"���<���� ��=���# #���������<���� ���

��������� �����

� �� �����������������������

150