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1 Salve ragazze e ragazzi! Iniziamo con questa pagina il nostro viaggio che ci porterà dalla scoperta della nostra Galassia fino ai confini dell’Universo, così come oggi possiamo osservarli e conoscerli con gli strumenti di cui disponiamo, sia negli osservatori terrestri che nello spazio. Iniziamo quindi dalla Via Lattea. Possiamo vederla, nelle notti molto serene, e ci appare come una larga striscia luminosa nel cielo, intercalata da zone scure. Chi di voi non l’ha mai vista provi, in una notte serena, ad osservare il cielo da un luogo con scarsa illuminazione, o meglio ancora nessuna: la noterà senz’altro. Ha questo nome strano e poetico insieme perché gli antichi la chiamavano “la via del latte”, e, non conoscendone la vera natura, si erano immaginati una miriade di differenti aneddoti mitologici. Ai nostri occhi infatti, così come a quelli degli antichi, la Via Lattea appare come una specie di “fascia” luminosa. Non si tratta ovviamente di questo, ma di una miriade di stelle, che ci appaiono, a causa della loro distanza, talmente vicine fra loro da non vederle distinte le une dalle altre bensì formare una specie di striscia luminosa continua. Basta infatti un modesto cannocchiale o binocolo per iniziare a vedere distintamente le singole stelle che compongono la via Lattea.

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Salve ragazze e ragazzi! Iniziamo con questa pagina il nostro viaggio che ci porterà dalla scoperta della nostra Galassia fino ai confini dell’Universo, così come oggi possiamo osservarli e conoscerli con gli strumenti di cui disponiamo, sia negli osservatori terrestri che nello spazio.

Iniziamo quindi dalla Via Lattea. Possiamo vederla, nelle notti molto serene, e ci appare come una larga striscia luminosa nel cielo, intercalata da zone scure. Chi di voi non l’ha mai vista provi, in una notte serena, ad osservare il cielo da un luogo con scarsa illuminazione, o meglio ancora nessuna: la noterà senz’altro.

Ha questo nome strano e poetico insieme perché gli antichi la chiamavano “la via del latte”, e, non conoscendone la vera natura, si erano immaginati una miriade di differenti aneddoti mitologici. Ai nostri occhi infatti, così come a quelli degli antichi, la Via Lattea appare come una specie di “fascia” luminosa. Non si tratta ovviamente di questo, ma di una miriade di stelle, che ci appaiono, a causa della loro distanza, talmente vicine fra loro da non vederle distinte le une dalle altre bensì formare una specie di striscia luminosa continua.

Basta infatti un modesto cannocchiale o binocolo per iniziare a vedere distintamente le singole stelle che compongono la via Lattea.

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La Via Lattea è in effetti la proiezione in cielo di un “pezzo” della nostra Galassia. È un po’ come quando siamo nell’interno di uno stadio: riusciamo a vedere parte degli spalti in cui stanno altri spettatori ma non quelli dove siamo noi. Stando all’interno della nostra Galassia , riusciamo a vederne solo parte e comunque non possiamo vederne la forma complessiva, così come da “dentro” lo stadio non si può vedere come è fatto all’esterno, se ne può solo intuire la forma e le dimensioni. Il nostro Sistema Solare è solo una piccolissima componente della Galassia, di cui fa parte assieme a enormi nubi di gas, polveri e oltre cento miliardi di altre stelle. Il tutto è “tenuto insieme” dalla mutua attrazione gravitazionale di questi sistemi, la stessa attrazione che fa sì che la penna che ci sfugge di mano cada al suolo. In una notte serena vediamo con gli occhi circa 4000 stelle. Esse sono quindi solo una piccolissima parte dei miliardi di altre stelle che compongono la Galassia. Di queste, che non vediamo ad occhio nudo, possiamo accertare l’esistenza solo con i telescopi, che ci permettono di raccogliere la debole luce che ci arriva dagli oggetti celesti anche più deboli e/o lontani. Ma quale è la forma e quali le dimensioni della nostra Galassia per come le conosciamo studiandola dall’interno?

La Galassia può essere suddivisa, per studiarla, in diverse componenti: al centro presenta , un rigonfiamento, chiamato nucleo o bulge in inglese, del diametro di 16.000 anni luce.

Attorno al bulge si estende il disco, una regione dalla forma schiacciata del diametro di 100.000 anni luce contenente una struttura a bracci di spirale che si dipartono dal nucleo e vi si avvolgono intorno.

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Se potessimo vederla dall’esterno, di fianco, la nostra Galassia ci apparirebbe più o meno così

L’intero complesso è circondato da un alone sferico costituito da decine di ammassi di stelle.

Se potessimo vederla dall’esterno, la nostra Galassia ci apparirebbe circondata da un alone di ammassi

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Il Sistema Solare è un piccolissimo punto sul disco, verso la periferia, a circa 26.000 anni luce dal centro. Insieme alle altre stelle e alle nubi di gas e polvere, il Sole ruota attorno al centro della Galassia, compiendo un giro completo ogni 225 milioni di anni a una velocità media di circa 250 chilometri al secondo. Quindi oltre che attorno al Sole il nostro pianeta ruota, assieme a tutto il Sistema solare, anche attorno al centro della Galassia, ad una velocità ben superiore, ad esempio, a quella di un aereo ultrasonico, che viaggia a “soli” 2-3.000 chilometri all’ora. Ovviamente noi non ci accorgiamo di questi moti, ancorati come siamo al suolo terrestre. È bene comunque che ci fermiamo un attimo per ragionare su questi numeri, perché sono molto grandi rispetto alla nostra esperienza quotidiana. Il nome stesso dell’ unità di misura che usiamo, l’anno luce, potrebbe indurci in errore. Non si tratta infatti di una misura di tempo (“anno”…) ma di spazio, dato che misura la distanza coperta dalla luce in un anno. E la luce va veramente veloce, anzi rappresenta la velocità limite, massima se vogliamo, cui si può arrivare in natura: 300.000 chilometri al secondo quando si propaga nel vuoto. Quanto è un anno luce in termini di distanza quindi? Tanto per i nostri sensi! Per farcene una pur rozza idea, seguiamo il cammino della luce da quando viene emessa dal Sole fino a quando arriva alla stella più vicina, Proxima del Centauro. Se pensiamo che la luce del Sole, da cui ci separano 150 milioni di chilometri, impiega oltre 8 minuti per arrivare fino a noi iniziamo ad avere un’idea. In altre 5 ore o poco più essa arriva fino a Plutone, il più distante dei pianeti del Sistema Solare. Andando oltre il sistema dei nove pianeti, la luce si inoltra nel disco di asteroidi che li ingloba, la fascia di Kuiper, una sorta di ciambella, per superare la quale la luce impiega ancora qualche ora, nonostante la sua velocità notevolissima. Lasciata anche la fascia di Kuiper la luce entra nella “nube di Oort”, la grande zona sferica di miliardi e miliardi di nuclei di comete che ingloba sia la fascia di Kuiper che la, a questo punto assai piccola, zona dei 9 pianeti. Per uscire dalla nube di Oort la luce, partita dal Sole, impiega quasi due anni.

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Da qui per arrivare alla stella più vicina occorrono altri 2 anni, 4 in tutto. Ma siamo appena “fuori di casa”. Per giungere fino alla stella più lontana che scorgiamo ad occhio nudo impiegherà altri 10.000 anni. Insomma le distanze fra stella e stella possono essere notevolissime nella Galassia e le stelle stesse appaiono, in questi spazi enormi, come puntolini in uno spazio sostanzialmente vuoto. La situazione, nelle varie zone della Galassia può essere anche molto differente. Come vedremo in vari casi le stelle tendono ad aggregarsi “affollandosi” in zone molto ristrette. Poiché ci troviamo al suo interno riusciamo, come detto, a vedere solo una parte della Galassia, una frazione del disco, ricco di stelle e quindi alquanto luminoso. Per questo, ad occhio nudo, vediamo una sorta di fascia luminosa che si rivela, con un telescopio anche modesto, essere costituita in realtà da una miriade di stelle che ci appaiono molto vicino fra loro. Non appena usciamo dall’atmosfera ecco che anche la Via Lattea, come la maggior parte dei corpi celesti, presenta un aspetto molto diverso se riusciamo a captare radiazioni diverse dalla luce che vediamo con i nostri occhi. I vari corpi celesti infatti non emettono radiazione solo come luce “visibile”, ma anche di vari altri tipi. In quest’immagine all’infrarosso, presa dal satellite COBE si distinguono molto bene proprio il disco della Galassia ed il rigonfiamento del bulge centrale.

Per osservare bene la Galassia, o ogni altro corpo celeste, in infrarosso, occorre andare oltre l’atmosfera, dato che questa si comporta come un filtro che assorbe la stragrande maggioranza della radiazioni che arrivano fino alla Terra. Al suolo non riescono ad arrivare le radiazioni infrarosse o ultraviolette, se non in minima parte, e neppure le radiazioni X o altre che i corpi celesti possono emettere a seconda dei fenomeni che si svolgono in essi.

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Per noi, come umanità, questo è quanto di meglio possa succedere, dato che la maggior parte di queste radiazioni sono assolutamente nocive per qualunque tipo di essere vivente, fin alle forme di vita più semplici e primitive. Per l’osservazione astrofisica ciò è invece una vera sfortuna, dato che perdiamo una quantità enorme di informazione che è trasportata proprio da quelle radiazioni. Ad esempio il fatto che un corpo celeste, stella o galassia, emetta radiazioni X significa tipicamente che in quel corpo stanno avvenendo fenomeni che coinvolgono quantità enormi di energia, necessarie per produrre quel tipo di radiazione. Di conseguenza se possiamo osservare il cielo “X”, ovvero osservando con strumenti opportuni quali corpi celesti emettano questa radiazione e quanta, ci appariranno soprattutto le galassie e le stelle, come le supernovae, in cui sono in atto fenomeni molto energetici o addirittura esplosivi. Il nostro Sole, ad esempio, che è una stella piuttosto tranquilla, per nostra fortuna emette pochissima X. In altre parole se lo vedessimo da un altro punto della Galassia con un filtro che lascia passare solo i raggi X ci apparirebbe come una debolissima stellina, rispetto a come lo vedremmo, senza il filtro, in luce visibile, ovvero quella che riusciamo a captare con i nostri occhi .

Per fortuna, da poco meno di 30 anni, sopra l’atmosfera possiamo andarci con i satelliti artificiali, che sono dei veri e propri osservatori astronomici orbitanti che ci permettono, per mezzo di opportuni strumenti, di “vedere” i vari tipi di radiazione emessa dai corpi celesti: X, infrarossa, ultravioletta e altre. Questo ci permette di avere informazioni diverse a seconda

della radiazione che consideriamo. Se osserviamo la radiazione infrarossa, ad esempio, ci appariranno particolarmente evidenti le stelle più fredde, che emettono maggiormente in quella particolare radiazione. Se osserviamo nell’ultravioletto ci appariranno invece come evidenti le stelle più calde e così via: ogni tipo di radiazione ci porta informazioni diverse sugli oggetti celesti. Per certi versi potremmo dire che è un po’ come avere i pezzi di un rompicapo da rimettere insieme, per conoscere al meglio ed in modo completo come è fatto e cosa sta succedendo in una particolare galassia e/o stella.

Le osservazioni con telescopi capaci di rilevare la radiazione X, come il satellite Chandra che ha ripreso questa immagine a lato, hanno evidenziato, al centro della nostra Galassia, una massa di gas di pochi anni luce di diametro, quindi molto “piccola”, in rapida rotazione attorno a un oggetto di dimensioni molto limitate ma estremamente massiccio. Questo oggetto è quasi certamente un buco nero con una massa almeno 5 milioni di volte quella del Sole.

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Le condizioni fisiche di gas e stelle presenti nella Galassia sono molto diverse tra loro: si va da nubi gassose più fredde e rarefatte a oggetti stellari compatti, estremamente densi e caldi. A seconda dell’energia sprigionata da questi oggetti celesti, essi possono emettere radiazione di lunghezza d’onda molto varia. Osservare quindi la Galassia, da Terra o dallo spazio, sotto differenti radiazioni ci offre importanti informazioni sui suoi componenti.

Come appare il disco della Galassia osservato da un radiotelescopio

Il disco della Galassia come appare se osservato con un rivelatore di raggi gamma

Guardiamo queste due immagini: nella prima vediamo la Galassia nelle onde radio, alla lunghezza d’onda di 21 cm, radiazione che corrisponde a quella emessa dall’idrogeno neutro, che è l’elemento di gran lunga più abbondante nell’Universo. Questa immagine ci rivela chiaramente la presenza di grandi quantità di gas “freddo” nella nostra Galassia. Ma come ci apparirà se la osserviamo con particolari strumenti che ci fanno “vedere” , ad esempio, solo i raggi gamma? Nella seconda immagine, vediamo che la forma della Galassia cambia completamente, stiamo d'altronde mettendo in rilievo proprio le sorgenti, ad esempio stelle, con maggiore energia, le uniche che riescono a produrre raggi Gamma.

Non si tratta quindi di galassie “diverse” ma di diversi aspetti sempre della stessa galassia, la nostra.

Studiando in questo modo la nostra Galassia riusciamo a capire che alle varie zone in cui convenzionalmente la dividiamo per comodità: bracci di spirale, disco, bulge corrispondono anche “popolazioni” differenti. La nostra Galassia non è certo quel luogo tranquillo, statico e uniforme che la visione notturna della Via Lattea in una sera estiva ci potrebbe suggerire. Vi sono regioni, al suo interno, in cui hanno luogo violente reazioni che sprigionano quantità enormi di energia, provocate dalle esplosioni di stelle al termine della loro evoluzione, e dalla conseguente formazione di nuove stelle.

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La Via Lattea risulta popolata da stelle in formazione, situate appunto in queste regioni molto attive e identificabili con i bracci di spirale. Vi si trovano poi stelle appena formate, raggruppate per lo più nel disco galattico e che sono ben visibili con un normale telescopio ottico e, infine, stelle al termine della loro evoluzione, di età comparabile con quella della Galassia stessa, che troviamo raggruppate principalmente negli ammassi globulari componenti principali dell’alone della Galassia.

Gli ammassi globulari sono degli insiemi di stelle che si “ammassano” appunto con una densità particolare, rimanendo quindi a distanze fra loro molto piccole rispetto a quelle che troviamo, ad esempio, nei bracci di spirale dove resta, come visto, il nostro Sistema solare. Se ricordiamo l’esempio del cammino della luce dal Sole alla stella più vicina, avevamo concluso che lo spazio fra Sole e Proxima del Centauro è enorme rispetto alle loro dimensioni. Negli ammassi globulari invece la attrazione gravitazionale fra le singole stelle ha “lavorato” in modo diverso che nei bracci di spirale, creando una situazione in cui le singole stelle sono molto vicine fra loro. Nella immagine sotto vediamo M15, che è forse l’ammasso globulare più denso e compatto della nostra Galassia.

Al suo interno si possono contare più di 30.000 stelle ed è probabile che, al centro, la grande concentrazione di massa abbia contribuito alla formazione di un buco nero. M15 non è certo l’unico ammasso della Galassia, anzi è frequente che le stelle della Galassia tendano ad aggregarsi in ammassi di forma sia irregolare, detti ammassi aperti, che sferica, detti ammassi globulari.

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Questi sono per lo più localizzati in un alone sferico che circonda l’intera Galassia e possono contenere migliaia se non milioni di stelle concentrate in poche centinaia di anni luce, come M80, l’ammasso globulare nell’immagine qui sotto, le cui dimensioni lineari sono di circa 95 anni luce. È situato a una distanza di 36.000 anni luce e si suppone si sia formato nelle fasi iniziali di formazione della Galassia dato che è costituito per lo più da stelle molto avanti nella loro evoluzione.

Per questa volta abbiamo terminato: alla prossima!

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