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1 Anno XXII
ISSN
: 182
7-85
82.
Gennaio-Febbraio 2020
DOSSIERLe certificazioni per esportare nei mercati extra UE
PRATICHE COMMERCIALISCORRETTEGli orientamenti Agcm
SANZIONILa diffidaè sottoutilizzata
DOP E IGPL’evocazione è (quasi) sempre illecita
FAD 2020: 1° APPUNTAMENTODefinizioni: Paese d’originee luogo di provenienza
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Euroservizi Impresa Srl
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editoriale
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
UN NUOVO ANNO INSIEMEUna delle date più significative di questo 2020
per chi lavora nel campo della sicurezza ali-mentare è il 1° aprile, giorno in cui diventerà appli-cativo il regolamento (UE) 2018/775 sull’indicazio-ne del Paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento, qualora non coincida con quella del prodotto finito.Ma cosa si intende per “Paese d’origine” e “luo-go di provenienza”? Alla definizione di queste due nozioni è dedicato il primo dossier del nuovo percorso Fad ““Origine” degli alimenti, l’attua-le quadro normativo UE e italiano” di Carlo e Corinna Correra, che sarà pubblicato “a puntate” su “Alimenti&Bevande”di quest’anno. Come di consueto, i 9 dossier che lo compongono (il primo lo trovate alle pagine 69-72) verranno presentati in successione sulla rivista e chi supererà i 9 test online del questionario di valutazione (acquista-bile dagli abbonati ad un prezzo riservato) avrà diritto a 10 crediti Ecm e 7 crediti formativi per i tecnologi alimentari. E per chi volesse approfondire ulteriormente il tema dell’indicazione territoriale, a marzo uscirà il libro “La tutela del Made in Italy alimentare e l’origine territoriale – Origine in etichetta tra regole
UE e legislazione italiana”, scritto dagli stessi autori e targato PVI. Come si conviene prima di dare il via ad un nuovo anno, abbiamo pianificato alcune “modifiche” alla Rivista, sulla base anche dei vostri sugge-rimenti raccolti grazie all’ultimo sondaggio di gradimento: la rubrica “Scadenzario” è stata “snellita”, inserendo solo gli obblighi di legge a carico degli Osa, cercheremo di dare sempre più spazio alle interviste e alle risposte dei nostri esperti ai vostri quesiti (su questo numero le tro-vate alle pagine 95-104) e a partire dal fascicolo di marzo pubblicheremo, a firma di Paola Cane, un ciclo di articoli, dal taglio pratico-operativo, integrati, dove possibile, da utili check list; si parlerà di Pest Management, gestione del rischio allergeni, predisposizione di un Piano di Food Defence, adozione del Modello organizzativo 231 e altre tematiche ancora in via di definizione.Cari lettori, continuate a inviarci i vostri sugge-rimenti: abbiamo bisogno di ascoltare le vostre proposte e i vostri consigli, tutti preziosi per cercare di essere una rivista di supporto per il vostro lavoro.
Emanuela Giorgi
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in questo numero
editoriale1 Emanuela Giorgi Un nuovo anno insieme
15 Carlo Correra Dop e Igp. L’evocazione è (quasi) sempre illecita
19 Alberto Manunta Sanzioni. La diffi da è sottoutilizzata
27 Giorgia e Lorenza Andreis Pratiche commerciali scorrette. Gli orientamenti Agcm
36 Filippo Castoldi Certifi cazioni. Cosa cambia per i controlli uffi ciali
42 Mariarita Simona Sardella Export in Giappone. Cosa prevede l’accordo con l’UE
46 Claudio Gallottini e Noemi Trombetti Cina. La sicurezza alimentare è in evoluzione
49 Noemi Trombetti Sicurezza alimentare in Brasile. Autorità e normativa
52 Claudio Gallottini Federazione Russa. Sicurezza alimentare e complessità normativa73
Le certifi cazioni per esportare nei mercati extra UEdossier
VIENI A TROVARCI SU:www.alimentibevande.it
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rubriche
79 Giurisprudenza alimentare - a cura di Vincenzo Pacileo Commento giuridico alle più recenti e significative sentenze in materia agroalimentare
83 Rassegna della normativa - a cura della Redazione L’elenco degli ultimi provvedimenti normativi pubblicati su G.U. e su G.U.U.E.
89 Focus normativo - a cura di Cristina La Corte Analisi dei principali e più recenti provvedimenti legislativi in materia agroalimentare
4 Scadenzario - a cura di Raffaella Flammia Le scadenze per gli obblighi previsti in materia di igiene, sicurezza e controlli
10 Notizie - a cura di Emanuela Giorgi Attualità in tema di igiene, sicurezza e controlli
73 Finestra sull’Europa - a cura di Dario Dongo Novità del settore che giungono da Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio UE
95 Filo diretto con l’esperto Le risposte ai quesiti dei lettori
106 Mostre, Fiere e Convegni - a cura di Emanuela Giorgi Anticipazioni e resoconti delle più importanti manifestazioni del settore agroalimentare
107 Mercato Fornitori di prodotti e servizi per l’igiene, la sicurezza e i controlli nel settore agroalimentare
69 Carlo e Corinna Correra Definizioni. Paese d’origine e luogo di provenienza
normativa
formazione a distanza“Origine” degli alimenti, l’attuale quadro normativo UE e italiano
inserto lab58 Giovanni Abramo Frodi alimentari, metodi e tecniche per smascherarle
65 Gabriella Carcassola labNews
Alimenti e frodi, il ruolo del laboratorio di analisi alimentari
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Informazione ai consumatori, l’indicazione di origineo provenienza dell’ingrediente primario
Applicabilità 1° aprile 2020
Riferimenti normativi • Regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 della Commissione del 28 maggio 2018 recante modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consi-glio relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, per quanto riguarda le norme sull’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza dell’ingrediente primario di un alimento.
Adempimenti Il regolamento (UE) 775/2018 stabilisce le modalità di applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011.
Qualora il Paese d’origine o il luogo di provenienza di un alimento sia indicato attraverso qualunque mezzo, come diciture, illustrazioni, simboli o termini che si riferiscono a luoghi o zone geografiche (ad eccezione delle indicazioni geografiche protette a norma dei regolamenti (UE) 1151/2012, 1308/2013,
SCADENZARIOLe scadenze per gli obblighi previstidalla legislazione in materia di igiene,sicurezza e controlli nel settore agroalimentare.Puoi consultare le scadenze anche suwww.alimentibevande.it/scadenzario.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)
a cura di Raffaella FlammaAvvocato ed Esperta di Legislazione degli Alimenti
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110/2008, 251/2014 o in virtù di accordi internazionali, e dei marchi di impresa registrati, laddove questi ultimi costituiscano un’indicazione dell’origine, in attesa dell’adozione di norme specifiche riguardanti l’applicazione dell’articolo 26, paragrafo 3) e non sia lo stesso di quello del suo ingrediente primario:
• è indicato anche il Paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario
oppure • il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario è indicato
come diverso da quello dell’alimento.
Per “ingrediente primario” s’intende, in base all’articolo 2, comma 2, lettera q), del regolamento (UE) 1169/2011, «l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa».
Prodotti fitosanitari, versamento dei contributi per la sicurezza alimentare
Scadenza 15 luglio 2020
Riferimenti normativi • Legge 488/1999 “Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, articolo 59, comma 1.
• Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 “Contributo per la sicurezza alimentare, ai sensi dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 - Finanziaria 2000”.
Adempimenti L’articolo 123, comma 1, della legge 388/2000 ha modificato il comma 1 dell’articolo 59 della legge 488/1999 nel modo seguente: «Al fine di promuo-vere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed eco-compatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l’ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001, è istituito un
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2% del fatturato dell’anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 194/1995, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1255/1968, etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23. Con decreti dei ministri della Sanità e delle Politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato ed aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma».
Il contributo di cui al comma 1 è corrisposto in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo con le modalità stabilite con decreto del Mi-nistro delle Politiche agricole e forestali di concerto con il ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica.
Con il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 è stato stabilito: «Il contributo di cui all’articolo 59, comma 1, della legge 488/1999 deve essere versato dai soggetti indicati nel comma medesimo al bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo di entrata 3583 del Capo XVII, presso la Sezione di Tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competente, direttamente ovvero tramite il conto corrente postale intestato alla Sezione stessa, con indicazione della causale del versamento, del Capo e del Capitolo di imputazione.
Il contributo di cui all’articolo 1 deve essere effettuato in due rate semestrali scadenti rispettivamente il 15 luglio ed il 15 gennaio, a partire dalla semestralità scadente il 15 luglio 2000 e si riferisce al fatturato annuo dei prodotti di cui al richiamato articolo 59, comma 1, della legge 488/1999, relativo all’anno precedente».
Periodicità Semestrale
Acrilammide, il monitoraggiodella sua presenza in determinati alimenti
Scadenza 1° ottobre 2020
Riferimenti normativi • Raccomandazione (UE) 2019/1888 della Com-missione del 7 novem-bre 2019 sul monito-raggio della presenza di acrilammide in de-terminati alimenti.
Adempimenti La raccomandazione (UE) 2019/1888 pre-vede come – fatti salvi gli obblighi stabiliti a norma dei regolamenti (CE) 882/2004 e (UE) 2017/2158 – sia oppor-
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tuno che le autorità competenti e gli operatori del settore alimentare negli Stati membri procedano al monitoraggio continuo della presenza di acrilammide e i suoi tenori negli alimenti, in particolare nei prodotti di cui in allegato alla raccomandazione.
Gli Stati membri e gli operatori del settore alimentare dovranno trasmettere all’Autorità europea per la Sicurezza alimentare (Efsa), entro il 1° ottobre di ogni anno, i dati di monitoraggio raccolti nel corso dell’esercizio precedente, ai fini del loro inserimento in una banca dati, in conformità alle prescrizioni degli orientamenti sulla descrizione standardizzata del campione (Ssd) per gli alimenti e i mangimi e agli ulteriori obblighi di informazione specifica.
Periodicità Annuale
Enti affidatari di animali
Scadenza 25 novembre 2020
Riferimenti normativi • Decreto del Ministero della Salute del 2 novembre 2006 “Individuazione delle associazioni e degli enti affidatari di animali oggetto di provvedimento di se-questro o di confisca, nonché determinazione dei criteri di riparto delle entrate derivanti dall’applicazione di sanzioni pecuniarie”, articolo 2, comma 2.
Adempimenti
Il Ministro della Salute ripartisce alle associazioni o agli enti che intendono essere individuati ai fini di affidamento di animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca le entrate derivanti dall’applicazione delle sanzioni pecuniarie stabilite dalla legge 189/2004, le quali, a tale scopo, sono rassegnate a detto Ministero. Tali ripartizioni sono effettuate, entro il 25 novembre di ogni anno, sulla base delle entrate disponibili e saranno corrisposte in rapporto proporzionale alle spese sostenute da ciascuna associazione o da ciascun ente per le attività svolte nell’anno considerato, tenuto conto della specie e del numero degli animali affidati.
Periodicità Annuale
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Produzione bio ed etichettatura dei prodotti biologici
Applicabilità 1° gennaio 2021
Riferimenti normativi • Regolamento (UE) 2018/848 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2018, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) 834/2007 del Consiglio.
Adempimenti
Il regolamento (UE) 2018/848 rappresenta il riferimento legislativo unionale per la produzione biologica che si applicherà dopo il 1° gennaio 2021, sosti-tuendo il previgente regolamento (CE) 834/2007.
I prodotti ottenuti in conformità del regolamento (CE) 834/2007 prima del 1° gennaio 2021 possono essere immessi sul mercato dopo tale data fino all’esaurimento delle scorte.
Il regolamento (UE) 2018/848 fissa i principi della produzione biologica, sta-bilisce le norme relative alla produzione biologica, alla relativa certificazione e all’uso di indicazioni riferite alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità, nonché le norme relative ai controlli aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dal regolamento (UE) 2017/625.
Prodotti fitosanitari, versamento dei contributi per la sicurezza alimentare
Scadenza 15 gennaio 2021
Riferimenti normativi • Legge 488/1999 “Sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità”, ar-ticolo 59, comma 1.
• Decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 “Contributo per la sicurezza alimentare, ai sensi dell’articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 - Finanziaria 2000”.
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Adempimenti
L’articolo 123, comma 1, della legge 388/2000 ha modificato il comma 1 dell’ar-ticolo 59 della legge 488/1999 nel modo seguente: «Al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed eco-compatibile e di perseguire l’obiettivo prioritario di riduzione dei rischi per la salute degli uomini e degli ani-mali e per l’ambiente, a decorrere dal 1° gennaio 2001, è istituito un contributo annuale per la sicurezza alimentare nella misura del 2% del fatturato dell’anno precedente relativo alla vendita di prodotti fitosanitari, autorizzati ai sensi degli articoli 5, 8 e 10 del decreto legislativo 194/1995, dei fertilizzanti da sintesi, da individuare con i decreti di cui al presente comma, e dei presidi sanitari di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1255/1968, etichettati con le sigle: R62, R60, R50, R49, R45, R40, R33, R28, R27, R26, R25, R24, R23. Con decreti dei ministri della Sanità e delle Politiche agricole e forestali, da emanare entro il 31 dicembre di ciascun anno, è determinato ed aggiornato l’elenco dei prodotti di cui al presente comma».
Il contributo di cui al comma 1 è corrisposto in rate semestrali con scadenza il giorno 15 del mese successivo con le modalità stabilite con decreto del Mini-stro delle Politiche agricole e forestali di concerto con il ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica.
Con il decreto del Ministero delle Politiche agricole e forestali del 14 luglio 2000 è stato stabilito: «Il contributo di cui all’articolo 59, comma 1, della legge 488/1999 deve essere versato dai soggetti indicati nel comma medesimo al bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo di entrata 3583 del Capo XVII, presso la Sezione di Tesoreria provinciale dello Stato territorialmente competen-te, direttamente ovvero tramite il conto corrente postale intestato alla Sezione stessa, con indicazione della causale del versamento, del Capo e del Capitolo di imputazione.
Il contributo di cui all’articolo 1 deve essere effettuato in due rate semestrali scadenti rispettivamente il 15 luglio ed il 15 gennaio, a partire dalla semestralità scadente il 15 luglio 2000 e si riferisce al fatturato annuo dei prodotti di cui al richiamato articolo 59, comma 1, della legge 488/1999, relativo all’anno precedente».
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NOTIZIE
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Attualità in tema di igiene, sicurezzae controlli dei prodotti alimentari.
a cura di Emanuela Giorgi
Etichettatura“a batteria”,notificatoil decreto
Lo scorso gennaio, è stato notifi-cato alla Commissione europea il decreto interministeriale (Salute, Politiche agricole alimentari e forestali, e Sviluppo economico) con la proposta di un sistema di etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari alternativo al NutriScore.“Siamo soddisfatti del lavoro fat-to insieme ai ministeri della Salute e dello Sviluppo economico per dotare il nostro Paese di un si-stema volontario di informazioni al consumatore attraverso il mo-dello a “batteria””, ha affermato la ministra delle Politiche agrico-le alimentari e forestali, Teresa
Bellanova.“Si tratta di una forma di eti-chettatura – ha aggiunto – che traduce visivamente la tabella nutrizionale e che prende in con-siderazione la porzione e il fabbi-sogno energetico. Informa, non è penalizzante e non dà patenti di buono o cattivo. Sono soddisfatta anche dell’at-tenzione prestata ai prodotti a indicazione geografica, con la loro esclusione dal campo di applicazione”.
(Fonte: Mipaaf)
Fipronil, Nas: l’allarme è cessato
L’allarme Fipronil è definitiva-mente cessato. L’ha dichiarato
il comandante del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute (Nas), Adelmo Lusi, fa-cendo il bilancio dei controlli del 2019, in occasione del convegno “Salute agroalimentare: dalla si-curezza più qualità”, tenutosi il 13 e il 14 gennaio a Roma.“Lo scorso anno, ripetendo i controlli, abbiamo potuto stabi-lire che non c’è più questa emer-genza”, ha affermato Lusi, che ha ricordato: “Abbiamo avuto un’allerta a livello europeo dal Belgio, in cui c’è stato segnalato un uso di questa sostanza sulle nostre galline ovaiole. Abbiamo fatto un’attività di controllo nei più grandi allevamenti esisten-ti in Italia, arrivando a risultati straordinari. Un’attività che ci ha coinvolto per mesi e ci ha consen-tito di scongiurare e sequestrare
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notizie
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
i prodotti contaminati e di far uscire i nostri allevamenti da si-tuazioni di criticità”.“Il comparto agroalimentare è tra i più importanti del nostro Paese e negli ultimi tempi – ha concluso Lusi – ci stiamo spostando anche sul fronte ambientale perché non è più sufficiente controllare la parte relativa alla produzione, ma bisogna controllare anche l’am-biente in cui viene prodotto il cibo che arriva sulla nostra tavola”.
(Fonte: @nmvi Oggi)
Mense scolastiche,Speranza plaude al lavoro dei Nas
“Bene il lavoro dei Nas sulle men-se scolastiche: riguarda la salu-te dei nostri figli”. Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto
Speranza, commentando i risulta-ti dei controlli effettuati dai Nuclei Antisofisticazioni e Sanità per ga-rantire la sicurezza alimentare nel-le mense degli istituti scolastici.
Dall’avvio dell’anno scolastico 2019-2020, i Nas, unitamente al Ministero della Salute, hanno infat-ti realizzato un Piano di controllo nazionale finalizzato alla verifica
Movimentazioni da Modello 4 informatizzato, slitta l’automatismo Slitta di alcune settimane l’attivazione della registrazio-ne automatica delle movimentazioni nell’anagrafe zo-otecnica (Bnd), a partire dal Modello 4 informatizzato. La Direzione generale della Sanità animale e dei Far-maci veterinari (DgSaf) del Ministero della Salute ha pubblicato una nota1, accogliendo la richiesta di alcune Regioni che stanno ancora ultimando gli aggiornamenti informatici necessari all’implementazione delle nuove funzionalità.La novità comporta un periodo di adeguamento, tut-tavia l’avvio della funzionalità della Bdn è già stato rappresentato alla Commissione europea. Pertanto, il Ministero della Salute la renderà “improrogabilmente” attiva dal 2 marzo 2020 per i bovini e dal 23 marzo 2020 per gli avicoli.La Direzione ministeriale ha dettagliato alcuni criteri per la gestione della registrazione automatica delle mo-vimentazioni, confermando che l’intera documentazione inerente alla procedura sarà a breve disponibile in un’apposita sezione del portale www.vetinfo.it.L’automatismo sarebbe dovuto scattare il 7 di gennaio per i bovini e il 28 gennaio per gli avicoli.
(Fonte: @nmvi Oggi)
1 Leggi e scarica la nota all’indirizzo web https://www.anmvioggi.it/images/NOTA_DGSAF_PROROGA_REGISTRA-ZIONI_DA_MODELLO_4_INFORMATIZZATO.pdf
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notizie
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dei servizi di ristorazione e delle im-prese di catering assegnatari della gestione mense presso le scuole.Il monitoraggio è stato pianifica-to per accertare la regolarità di tali servizi, erogati negli istituti scolastici di ogni ordine e grado, pubblici e privati, partendo dagli asili nido fino agli istituti superio-ri, verificando le condizioni d’i-giene nei locali di lavoro e nella detenzione degli alimenti, la ri-spondenza dei menù alle clausole contrattuali previste dai capitolati d’appalto, la qualità e la salubri-tà degli alimenti somministrati, non trascurando la regolarità delle maestranze impiegate ed il possesso di adeguata qualifica e preparazione professionale.
I risultati dei controlli
L’esecuzione delle attività i-spettive, in corso dallo scorso settembre, ha interessato l’ispe-zione di 968 aziende di ristora-zione collettiva operanti all’in-terno di mense scolastiche: 198 hanno evidenziato irregolarità, determinando:
• la contestazione di 25 viola-zioni penali;
• 247 violazioni amministrati-ve alle normative nazionali e comunitarie, con conseguente irrogazione di sanzioni pecu-niarie per 204 mila euro.
Nel medesimo contesto, è stata
disposta la sospensione dell’attivi-tà o il sequestro di 21 imprese di catering (valore economico stima-to in circa 3 milioni di euro) per rilevanti carenze igienico-sanitarie e strutturali. Sono state altresì se-questrati oltre 900 kg di derrate alimentari (carni, formaggi, frut-ta e ortaggi, olio), riscontrati in assenza di tracciabilità, custoditi in cattive condizioni sanitarie e in ambienti inadeguati nonché destinati all’impiego nelle pietan-ze, sebbene di qualità inferiore a quanto previsto.Le violazioni penali più ricorrenti contestate ai 27 gestori e titolari delle imprese, deferiti alle varie Procure della Repubblica, sono infatti relative alla frode ed alle
Rilascio di alluminio, il Cnsa raccomanda il monitoraggio
Il Ministero della Salute ha pubblicato un aggiornamento del Co-mitato nazionale per la Sicurezza alimentare (Cnsa) sull’esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare1. Il Cnsa è tornato a valutarne i rischi su richiesta della Direzione generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione, in seguito ad uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità sui contenitori di alluminio utilizzati per la cottura o la conservazione di alimenti, in particolare delle carni.Il Cnsa conferma che la contaminazione del cibo per fenomeni migra-zionali da utensili o imballaggi è un’importante fonte di esposizione alimentare all’alluminio. L’attenzione va rafforzata in particolare sulle fasce di età più vulnerabili, i bambini sotto i 3 anni e gli anziani sopra i 65 anni, ma anche sulle donne in gravidanza e sulle persone con funzionalità renale compromessa.Il Cnsa suggerisce l’elaborazione di un Piano di monitoraggio nazio-nale relativo alla presenza e rilascio di alluminio dai materiali a contatto e di avviare iniziative di informazione e di comunicazione del rischio ai cittadini e alle imprese. Raccomanda, inoltre, di considerare i dati disponibili ai fini di un’eventuale definizione di un limite di migrazione a livello comunitario.Invita, infine, il Ministero della Salute a promuovere studi sulla valutazione del rischio per la salute umana, in vista di un possibile aggiornamento delle indicazioni dell’Efsa sul ricorso a materiali alternativi o a leghe che minimizzino la cessione di alluminio e, quindi, la contaminazione di alimenti e bevande.
(Fonte: @nmvi Oggi)
1 Leggi e scarica il parere all’indirizzo web http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2895_allegato.pdf
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inadempienze in pubbliche forni-ture, alla detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione e a inottemperanze alla norma-tiva sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Gli accertamenti dei Nas rilevano, nei casi di irregolarità, il ripetuto impiego fraudolento di prodotti di minore qualità merceologica rispetto a quella pattuita e di-chiarata nei contratti di fornitura stipulati con i Comuni, al fine di trarre un illecito profitto, lucran-do sulla differenza di costo della materia prima utilizzata nella pre-parazione dei pasti. Frequentemente sono gli alimenti Dop o biologici (formaggi, olio ex-travergine, prosciutto) ad essere sostituiti con altri di minore valore economico che, pur non presen-tando criticità igieniche, non pos-seggono alcuna denominazione di origine. Ulteriori controlli han-no evidenziato l’utilizzo di carne
o vegetali surgelati/congelati in luogo di quelli freschi dichiarati in contratto.La maggioranza delle infrazioni riguarda, invece, l’ambito am-ministrativo, come le carenze strutturali e impiantistiche dei locali impiegati alla preparazio-ne dei pasti, la mancata attua-zione dell’autocontrollo e del-la tracciabilità degli alimenti, questi ultimi fondamentali per prevenire possibili episodi di in-tossicazione, ancor più diffusivi nelle fasce sensibili delle utenze scolastiche. Non mancano, inoltre, situa-zioni di mancata indicazione nei menù esposti all’utenza circa la presenza degli aller-geni e di aree di cucina dove avveniva la preparazione di a-limenti per diete “speciali” in modo indistinto con le pietan-ze convenzionali, rappresen-tando un potenziale rischio di
contaminazione crociata di so-stanze altamente allergizzanti per alunni sensibili a causa di condizioni patologiche.
(Fonte: Ministero della Salute)
Bellanova: “La blockchainè un’opportunitàper l’agroalimentare”
“La blockchain rappresenta un’opportunità importante per il settore agroalimentare. Non a caso, nella Legge di Bilancio è citata solo in relazione all’agri-coltura e all’agroalimentare. Un segnale importante. Come lo è il fatto che anche il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia agraria (Crea) stia lavorando su questo strumento, sul versante della ricerca delle soluzioni adatte alle colture e ai prodotti tipici del Made in Italy”.
Provenienza in etichetta, sancita l’Intesa sullo schema di decreto per le carni suine trasformate Lo scorso dicembre, è stata raggiunta in Conferenza Unificata l’Intesa sullo schema di decreto del Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali sull’obbligo di indicare il luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate.Tale schema prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le seguenti informazioni:
• “Paese di nascita: [nome del Paese di nascita degli animali];• “Paese di allevamento: [nome del Paese di allevamento degli animali];• “Paese di macellazione: [nome del Paese in cui sono stati macellati gli animali]. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso Paese, l’indicazione della provenienza può apparire nella forma: “Origine: [nome del Paese]”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile solo quando ricorrano le condizioni del presente comma e la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione Europea o fuori dall’Unione Europea, l’indicazione può apparire nella forma: “origine: UE”, “origine: extra UE”, “origine: UE e extra UE”.La Conferenza Unificata, istituita con il decreto legislativo 281/97, che ne definisce la composizione, i compiti e le modalità organizzative ed operative, è costituita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome e dalla Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
(Fonte: Mipaaf)
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Lo ha detto la ministra delle Politiche agricole alimentari e forestali, Teresa Bellanova, a Foggia, partecipando, lo scorso gennaio, al convegno, ospitato presso la Camera di Commercio, sul tema “Agrifood, Blockchain e Tracciabilità”.“Vogliamo lavorare insieme al Ministero dello Sviluppo econo-mico – ha proseguito Bellanova – per sperimentare le potenzia-lità della blockchain per assi-curare tracciabilità delle nostre produzioni e avvicinare consu-matori a produttori, rendendo trasparente ogni passaggio. La blockchain è uno strumento importante e, nel contesto più ampio dell’innovazione in agri-coltura, va utilizzato al meglio per raggiungere gli obiettivi ine-renti alla valorizzazione del red-dito degli agricoltori, la massima informazione dei cittadini e la sostenibilità economica, sociale e ambientale”.
(Fonte: Mipaaf)
Acquacoltura, al via il progetto europeo “NewTechAqua”
È partito di recente il progetto europeo “NewTechAqua”, che, coordinato dal Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Uni-versità di Bologna, svilupperà e testerà soluzioni tecnologiche, resilienti e sostenibili, capaci di espandere e diversificare la produzione europea di pesci, molluschi e microalghe1.L’iniziativa è finanziata con 6
milioni di euro, nell’ambito del programma Horizon 2020. I ricercatori coinvolti saranno al lavoro per quattro anni, con l’obiettivo di ideare e testare so-luzioni tecnologiche, resilienti e sostenibili, capaci di espandere e diversificare la produzione di pesci, molluschi e microalghe in Europa. I temi coinvolti compren-dono la produzione di mangimi, tecnologie legate all’Industria 4.0, tecniche di allevamento sostenibili e di miglioramento genetico, nuo-ve specie di allevamento e nuovi prodotti alimentari.Le attività in programma pre-vedono, ad esempio, la pro-duzione di nuove tipologie di mangimi biologici e a impatto zero per gli allevamenti, l’utiliz-zo di sistema basati sull’intelli-genza artificiale per potenziare il controllo della diffusione di parassiti nocivi, soluzioni tec-nologiche per migliorare la so-stenibilità ambientale dei vivai
di molluschi e pesci. Saranno sviluppate, inoltre, nuove tecni-che di allevamento per ottenere pesci, molluschi e microalghe di maggiore qualità, e nuove tecniche per ottenere prodot-ti ittici di alta qualità in modo sostenibile, valorizzando anche gli scarti di produzione.Prima di passare all’applicazione in campo industriale, tutte que-ste soluzioni saranno testate nelle diverse aziende coinvolte nel pro-getto. Tra queste ci sono realtà produttive come Mowi, impor-tante impresa di salmonicoltura a livello mondiale, o Cromaris, azienda croata che vanta il mas-simo di volume di pesce allevato in Adriatico, o ancora l’italiana Aia-Veronesi, che si concentrerà sullo sviluppo di nuovi mangimi capaci di favorire la salute e il benessere dei pesci allevati nel Mediterraneo.
(Fonte: Università di Bologna “Alma Mater Studiorum”)
1 Per maggiori informazioni sul progetto, vai all’indirizzo web https://cordis.europa.eu/project/id/862658/it (lingua inglese).
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Riflessioni su una recente sentenza della Cassazione
Si infittiscono ormai di mese in mese le pro-nunce delle alte Corti giudiziarie, nazionali e comunitarie, in tema di abusi ai danni delle
denominazioni Dop e di quelle Igp. In particola-re, si è da tempo delineato un preciso, quanto rigoroso in verità, orientamento interpretativo su quella particolare forma di “abuso” costituita dall’“evocazione” di una Dop o di una Igp.
La Corte di Giustizia UE e la Corte di Cassazione italiana stanno, invero, mettendo a fuoco le dispo-sizioni (da ultime quelle di cui all’articolo 13 del vigente regolamento (UE) 1151/2012) in materia e lo fanno con sentenze che meritano una riflessione da parte degli operatori del settore alimentare (Osa) e dei professionisti giuridici del settore.Lo spunto di riflessione ci viene offerto questa vol-ta da una recente sentenza – la n. 27194, pubbli-cata il 23 ottobre scorso dalla Corte di Cassazione, Sezione penale I – che ha definito un procedi-mento per illecito amministrativo riguardante un presunto abuso “evocativo” ai danni della Dop “Asiago”.Ad opera dei “controllori ufficiali” dell’Ispettorato centrale della Tutela della qualità e Repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf) era sta-ta, infatti, contestata la violazione dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 297/2004 al legale rappresentante del produttore “Consorzio fra i Caseifici dell’Altopiano di Asiago”, reo di aver impiegato – sugli imballaggi di formaggio “comune” da lui prodotto – la dicitura “Altopiano di Asiago”, espressione ritenuta “evocativa” del-la Dop “Asiago” e, quindi, secondo gli organi di controllo, “traendo in tal modo in inganno il consumatore”.Contro l’ordinanza ministeriale, comminante una sanzione amministrativa di 2.000 euro, l’Osa in questione proponeva opposizione al Tribunale di
Dop e IgpL’evocazione è (quasi) sempre illecita
di Carlo Correra Avvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti
Il Consorzio fra i Caseifici Altopiano di Asiago può utilizzare la dicitura “Asiago” sulle confezioni del formaggio “comune” di sua produzione. Il preuso del marchio rispetto al riconoscimento della Dop Asiago, insieme alla buona fede, è, infatti, riconosciuto elemento sufficiente a non dare luogo ad alcuna evocazione della Dop
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Venezia, che però la rigettava con la sentenza del 18 maggio 2012.L’azienda di Asiago proponeva, quindi, appello, ma la Corte di Appello di Venezia a sua volta lo rigettava con la sentenza del 19 maggio 2014. Seguiva, quindi, il ricorso per Cassazione e questa Corte lo ha finalmente accolto con la suindicata sentenza n. 27194 del 23 ottobre 2019.Lo ha accolto, però, con una motivazione che non ha escluso la sussistenza dell’“evocazione”, ma ha applicato una, per così dire, “causa di non punibilità”, rappresentata dalla preesistenza di un “marchio registrato”, scriminante prevista e-spressamente dalla stessa normativa comunitaria.Da qui l’opportunità di questa nostra particolare riflessione da dedicare a quest’ultima sentenza.
La nozione di “evocazione”
Come già altre volte abbiamo illustrato ai nostri Lettori1, questa dell’”evocazione” è categoria giu-ridica estremamente delicata da determinare nella casistica concreta e questo per la sua “genericità”,
quasi al limite dell’evanescenza, ovvero perché rife-rita ad una vacuità di condotta (evocativa) che – a nostro giudizio – pone più di un dubbio sul rispetto del “principio di tipicità dell’illecito”, ovvero su uno dei principi fondanti del nostro ordinamento costitu-zionale e, pertanto, quell’“evocazione” così generica fa dubitare della costituzionalità della norma stessa.
“Evocazione”è una categoria giuridica al limite dell’evanescenza
Norma da considerare, peraltro, non è solo quella nazionale del decreto legislativo 297/2004, ma è anche quella comunitaria del regolamento (CE) 510/2006 (articolo 13): la disposizione che si as-sume violata nella vicenda in esame.Ciò doverosamente premesso, chiariamo subito che – a nostro giudizio – non vi è dubbio che, pro-prio nel caso del prodotto riportante in etichetta la dicitura “Altopiano di Asiago”, l’“evocazione” è – a dir poco – pacifica. Anzi, se si vuole, si può ben dire che si è al cospetto di un oggettivo u-tilizzo della parola “Asiago” (riconosciuta come Dop) come frammento della più ampia dicitura “Altopiano di Asiago”. Sennonché, questa dicitura trova a sua volta un’o-nesta e lecita spiegazione nella circostanza per cui il produttore di questo formaggio “comune” – ovvero un formaggio simile a quello Dop, ma non Dop – ha come marchio quello di “Consorzio fra i Caseifici dell’Altopiano di Asiago” ed ha in Asiago la sede del suo stabilimento di produzione. Ragion per cui, ai sensi delle norme comunitarie, oltre che di quelle italiane sull’etichettatura, sorge per l’Osa, più che la facoltà, l’obbligo giuridico di riportare in etichetta la menzione del termine “Asiago” per le indicazioni – obbligatorie – del produttore e della sede dello stabilimento.Certo, come puntualizzano i giudici della Cassazione, è ormai ben noto che la giurispru-denza della Corte di Giustizia UE abbia ravvisato l’“evocazione”:
1 Si veda l’articolo “Evocazione illecita di una Dop. La Corte UE fa chiarezza”, pubblicato sul n. 5/2019 (giugno 2019) alle pagine 21-25.
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• non solo in caso di “somiglianze fonetiche ed ottiche”, come nel caso “Parmesan > Par-migiano Reggiano” (vedi la sentenza del 26 febbraio 2008, nella causa C-132/05),
• ma anche nel ricorso a “segni figurativi” e-vocativi di testi letterari a loro volta ricondu-cibili a territori legati ad una Dop, come nel caso spagnolo del “Queso Manchego” (vedi la sentenza del 2 maggio 2019, nella causa C-614/17), oppure a frammenti (appena tre lettere: “dos”) di una Dop (“Calvados”) ripro-dotti nella denominazione (“Verlados”) di una bevanda spiritosa “comune”, come nel caso “Verlados > Calvados” (vedi la sentenza 21 gennaio 2016, nella causa C-75/15).
A maggior ragione, concludono i giudici della Cassazione, l’“evocazione” può e deve essere ravvisata in un caso, come questo in esame, in cui – nell’etichettatura di un formaggio “comu-ne” – nell’indicare il produttore con il marchio “Consorzio fra i Caseifici dell’Altopiano di Asiago” viene riportata per intero la denominazione di una Dop (“Asiago”). Peraltro, va tenuto ulteriormente presente che la disciplina comunitaria vigente all’epoca dei fatti, ovvero il regolamento (CE) 510/2006 (e ricor-diamo che, però, negli stessi termini sostanzial-mente si esprime anche la successiva disciplina del regolamento (UE) 1151/2012, articolo 13, ancora fino ad oggi in vigore), in sede di articolo 13, al paragrafo 1, lettera b), ha espressamente previsto la sua censura contro «qualsiasi […] evocazione anche se l’origine vera del prodotto è indicata […]» . Passaggio normativo, questo, che – nel caso in esame – paradossalmente ver-rebbe a censurare proprio quella “indicazione di origine vera” (“Altopiano di Asiago”) nella quale è presente il riferimento testuale alla parola “Asiago”, termine in cui consiste, e per intero, la Dop in questione.Tra l’altro, messa in questi termini ovvero ricono-sciuta pacificamente l’“evocazione” della Dop “Asiago”, nel nostro caso diventa, in pratica, irri-levante il secondo requisito richiesto per la censu-rabilità dell’“evocazione” ovvero il requisito della “ingannevolezza” ai danni di un «consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento». Requisito, quest’ultimo, richiamato dalla Corte di Giustizia CE in varie sentenze e, tra le più
recenti, nella sentenza del 7 giugno 2018 (causa C-44/17 “Scotch Whisky Association”) e nella sentenza del 2 maggio 2019 (causa C-614/17 “Queso Manchego”).
La scriminante del “marchio registrato”
Sennonché, il ricorso alla Cassazione da parte dell’Osa (il Consorzio fra i Caseifici dell’Altopiano di Asiago) ha trovato accoglimento in virtù del disposto di cui all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento (CE) 510/2006, che così testualmente prevede:
«2. Nel rispetto del diritto comunitario, l’uso di un marchio corrispondente ad una delle situazioni di cui all’articolo 13, depositato, registrato o, nei casi in cui ciò sia previsto dalla normativa pertinente, acquisito con l’uso in buona fede sul territorio comunitario, anteriormente alla data di protezione della denominazione d’origine o dell’indicazione geografica nel Paese d’origine, o precedentemente al 10 gennaio 1996, può proseguire, nonostante la registrazione di una denominazione d’origine o di un’indicazione geografica, qualora il marchio non incorra nella nullità o decadenza per i motivi
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previsti dalla prima direttiva 89/104/CEE, sul rav-vicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa o dal regolamento (CE) 40/94, sul marchio comunitario».
Come si può notare, il regolamento (CE) 510/2006 ha previsto una vera e propria “scriminante” per i casi in cui l’evocazione consista nell’uso di un “marchio registrato” in epoca anteriore al rico-noscimento della Dop e contenente uno o più termini, ovvero una qualche loro forma di altera-zione o “evocazione” di una Dop (o di una Igp) successivamente riconosciuta.In tal modo, vengono tutelati gli interessi di chi in buona fede abbia fatto uso di un marchio depo-sitato o registrato anteriormente alla protezione della Dop o dell’Igp. Tale appunto è stato il caso del formaggio “Asiago di tipo comune” prodotto dal “Consorzio fra i Caseifici dell’Altopiano di Asiago”, produttore il cui marchio venne registrato nel 1982 ovvero ben prima del riconoscimento della Dop “Asiago”, riconoscimento avvenuto ad opera del regolamento (CE) 1107/1996 ovvero ben quattordici anni dopo.La Corte di Cassazione nella sentenza in esame si è, inoltre, richiamata anche a conformi pronunce della Corte di Giustizia europea, citando, per tut-te, la sentenza 2 luglio 2009, riferita all’uso del termine “Bavaria” in relazione all’Igp “Bayerisches Bier”. Ha pertanto concluso riconoscendo la legit-timità del preuso del marchio suddetto da parte dell’Osa di Asiago ed osservando, peraltro, che la liberalizzazione del termine “Asiago” per un prodotto non Dop è stata confermata parados-salmente dallo stesso Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), ovvero dallo stesso Ministero che con l’ordinanza san-zionatoria del 21 settembre 2011 ha dato avvio all’intera vicenda in esame. Il suddetto Ministero, infatti, ha emanato un decreto che, elencando i prodotti riconosciuti come “tradizionali” per le varie Regioni italiane, nella parte di elenco che riguarda il Veneto, alla posizione n. 120 ha inse-rito il “formaggio Caciotta di Asiago” e questo nonostante – osserva la Cassazione – “l’esistenza della Dop “Asiago””.In tal modo, il Mipaaf ha avallato un uso “tradi-zionale” quanto legittimo della parola “Asiago” anche per un formaggio non Dop: esattamente quello prodotto dall’Osa in questione.
A questo punto non può sfuggire, al nostro attento Lettore, che si è aperto un preciso varco nella di-ga eretta da quell’interpretazione di “evocazione” da noi definita “rigorosa” all’inizio di questo ap-profondimento. Infatti, se l’espressione «qualsiasi […] evocazione» sembrava – proprio in forza di quel “qualsiasi” – legittimare un’interpretazione di inflessibile chiusura anche verso la “evocazio-ne” non ingannevole (come appunto nel caso del produttore “Consorzio fra i Caseifici dell’ Altopiano di Asiago”), invece i due varchi sopra da noi qui illustrati – quello generale del “marchio registrato” prima del riconoscimento Dop e quello specifico del prodotto “tradizionale” “Formaggio Caciotta di Asiago” – consentono di reputare ammessa una certa “flessibilità” nella censura all’“evocazione” di cui all’articolo 13 suddetto. Ci consentono, cioè, di sostenere che ad essere proibita e sanzionata non è qualsiasi forma di “evocazione”, ma solo quella “ingannevole” ovvero solo quella suscettibile di indurre in errore un “consumatore medio”, “me-dio” secondo il profilo delineato dalle sentenze della Corte di Giustizia comunitaria sopra ricordate. Ed a sostegno di questa nostra soluzione inter-pretativa ci richiamiamo all’espressione adottata dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), del rego-lamento (UE) 1151/2012, laddove si chiarisce che:
«Articolo 13Protezione
I nomi registrati sono protetti contro:
a) […); b) […]; c) […];d) qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto».
Invero, la dicitura «qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore» lascia chiaramente intendere che le “pratiche” illustrate sotto le lettere precedenti – tra cui la pratica della “evocazione” di cui alla lettera b) – in tanto sono vietate in quanto possano “indurre in errore”, da qui – a nostro giudizio – la conclusione interpretativa secondo cui sono vietate solo quelle forme di “evocazione” idonee ad “indurre in errore” il consumatore.Una conclusione interpretativa, questa, che ci ap-pare, in verità, ben più equa e ragionevole di quella che vuole, invece, sanzionare anche l’evocazione “sincera” ovvero “non ingannevole”.
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Alcune sentenze hanno riscontrato casi di mancata applicazione
Con l’articolo 1, comma 3, della legge 116/2014 – che ha recepito con modifica-zioni il decreto legge del 24 giugno 2014,
n. 91, detto “Campolibero”, recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambien-tale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla norma-tiva europea» – è stato introdotto l’istituto della
diffida per le “violazioni alle norme in materia agroalimentare”.
La diffida
In termini generali, la diffida consiste nell’am-monimento di un soggetto che ha mancato di adempiere ad un obbligo previsto dalla legge e nello stabilire un limite temporale ragionevole affinché vi possa ottemperare. Con la previsione che, decorso infruttuosamente tale termine, sarà adottato un provvedimento a lui più sfavorevole.La diffida di cui alla legge 116/2014 consiste nel prescrivere l’adempimento alle norme violate entro un limite di 20 giorni, ma, se al termine del suddetto periodo si rilevi la mancata rego-larizzazione, si procederà con la contestazione ai sensi dell’articolo 14 della legge 689/81, con l’esclusione dell’applicazione dell’articolo 16, vale a dire che non sarà consentito il pagamento in misura ridotta.Il testo della norma recita che la diffida si applica qualora la violazione preveda l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, sia ac-certata per la prima volta e sia sanabile.La stessa legge, all’articolo 1, comma 4, preve-de che, per le “violazioni alle norme in materia agroalimentare” e nei casi in cui è ammesso il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo
SanzioniLa diffidaè sottoutilizzata
di Alberto ManuntaMedico Veterinario
L’istituto della diffida, introdotto dalla legge 116/2014, è poco utilizzato dalle autorità di controllo, a causa di una controversa discussione applicativa.Ma la giurisprudenza sembra confermare la sua applicazione a tutte le disposizioni normative in campo agroalimentare
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16 della legge 689/1981, la sanzione amministra-tiva dovuta sia ridotta del 30% se il pagamento è effettuato entro 5 giorni dalla contestazione o dalla notificazione.
La diffida si applica qualora la violazione preveda l’applicazione della sola sanzione amministrativa pecuniaria, sia accertata per la prima volta e sia sanabile
Per definire meglio il quadro sopra descritto e delimitare il campo di applicazione della diffida e quello della riduzione di sanzione, dobbiamo approfondire alcuni concetti, tralasciando, per il momento, il significato di “violazioni alle norme in materia agroalimentare”, comune ai commi 3 e 4, su cui ritorneremo in seguito e che sarà l’ar-gomento principale di questa trattazione:
• violazioni per le quali è prevista la sola sanzione amministrativa pecuniaria: dal campo di ap-plicazione sono escluse tutte le violazioni che prevedono l’adozione anche di una sanzione non pecuniaria (ad esempio, la sospensione dell’attività o un sequestro);
• violazioni sanabili: si intendono gli errori e le omissioni formali, che comportano una mera operazione di regolarizzazione, ovvero le viola-zioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili;
• violazioni accertate per la prima volta: si deve intendere che non è stata riscontrata nei 5 anni precedenti.
Il campo di applicazione delle “violazioni alle nor-me in materia agroalimentare”, come letteralmen-te definito dal testo della legge, non dovrebbe aprire, a nostro avviso, spazi di discussione o dubbi interpretativi. Anche considerando che, in fase di conversione nella legge 116/2014, dal testo del decreto legge 91/2014 è stato eliminato quanto di seguito riportato: «Le disposizioni di cui al primo periodo (la diffida, n.d.r.) si applicano anche ai prodotti già posti in vendita al consumatore finale,
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con esclusione delle violazioni relative alle norme in materia di sicurezza alimentare».È decaduta, quindi, una clausola di esclusione delle violazioni alle norme in materia di sicurezza alimentare che, pertanto, potrebbero rientrare pienamente nel campo di applicazione della diffida che, evidentemente, può spaziare sull’intero setto-re, certamente molto vasto, di tutte le disposizioni normative in campo agroalimentare.
Posizioni contrastanti
Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali
Questa è anche l’impostazione del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, che, nelle note applicative n. 1148 del 2 luglio 2014 e n. 1377 del 21 agosto 2014, riconosce la trasversalità dell’istituto della diffida e della riduzione di sanzio-ne a tutti i settori del comparto agroalimentare e a tutte le “violazioni alla normativa agroalimentare”.
Ministero della Salute
Senonché, il Ministero della Salute, con i seguenti tre pareri, interviene sull’argomento con una po-sizione nettamente opposta:
• con la nota n. 0019284 del 19 settembre 2014, il Ministero risponde al quesito della Regione Lombardia, affermando che la “sanabilità delle sanzioni” stabilite per gli operatori del set-tore alimentare è già prevista dall’articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 193/2007 (le cosiddette inadeguatezze nei requisiti o nelle procedure per le quali l’autorità di controllo prescrive l’adozione di opportuni correttivi da attuarsi entro un congruo termine di tempo); poiché, inoltre, tutte le materie veterinarie e-lencate (farmaci, anagrafe, alimentazione e benessere animale in allevamento e trasporto) hanno già un proprio apparato sanzionatorio, conclude «che la norma di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto legge 91/2014 non sia da applicare ai campi di interesse veterinario sopra citati»;
• anche il parere trasmesso agli Uffici veterinari per gli Adempimenti degli obblighi comunitari
(Uvac), ai Posti di ispezione frontaliera (Pif) e alle Regioni, con nota 0002067 del 28 gennaio 2015, conferma, come il precedente, l’esclu-sione della diffida dalle violazioni di norme poste a tutela della sicurezza alimentare e, più in generale, della salute umana, ivi comprese quelle in materia di sanità animale, farmaci veterinari, anagrafe degli animali, mangimi, benessere in allevamento e nel trasporto;
• infine, con la nota n. 0002610 P del 22 giugno 2018, indirizzata dal capo dell’Ufficio Legislati-vo alla Direzione generale della Sanità animale e dei Farmaci veterinari - Ufficio I, viene con-fermato il parere che, in caso di violazioni delle norme sopra citate, non vada applicato né il comma 3, cioè la diffida, né il comma 4 della legge 116/2014, cioè la riduzione di sanzione.
È interessante notare che nessuno dei pareri sue-sposti argomenti in merito al benessere alla ma-cellazione e all’abbattimento, per cui si potrebbe pensare che per tali materie la legge 116/2014 possa trovare applicazione.
Cosa si intende per “violazioni alle norme in materia agroalimentare”
I pareri del Ministero della Salute, comunque, sembrano chiudere alla possibilità che diffida e riduzione di sanzione trovino applicazione in caso di violazioni alle norme in materia di sicurezza ali-mentare e di farmaco veterinario, anagrafe zootec-nica, alimentazione animale e benessere animale in allevamento e trasporto, evidentemente consi-derati al di fuori della “materia agroalimentare”.Viene spontaneo chiedersi in quale filiera, allora, dovrebbero essere inseriti questi settori.Di segno completamente opposto, infatti, tro-viamo una serie di documenti, di seguito non esaustivamente elencati:
• il decreto legislativo 231/2017 (disciplina san-zionatoria per le violazioni del regolamento (UE) 1169/2011) che all’articolo 27, comma 2, prevede esplicitamente l’applicazione della diffida e della riduzione della sanzione. E che le informazioni sugli alimenti al consumatore siano strettamente connesse con la sicurezza
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alimentare e con la salute umana appare fran-camente incontestabile;
• il parere n. 0176514 del 13 marzo 2015 dell’Avvocatura della Regione Campania, che ha ritenuto «evidente il contrasto tra la nota del Ministero della Salute 0002067 del 28 gen-naio 2015 – con cui viene escluso tout court l’istituto della diffida alle violazioni in materia di sicurezza alimentare – e la legge 116/14»; il parere afferma, inoltre, che la delibera re-gionale 623/2014, che definisce nella Regione Campania le modalità per l’accertamento ed irrogazione delle sanzioni amministrative e che include la diffida tra le misure a disposizione, dimostra di «recepire meglio la voluntas legis e la ratio» della legge 116/14;
• il regolamento (CE) 852/2004, che all’allegato I elenca, tra le operazioni associate alla pro-duzione primaria, il “trasporto degli animali vivi”. E la produzione primaria, che per anto-nomasia include tutti i prodotti della terra e dell’allevamento, è universalmente riconosciuta appartenente al settore agroalimentare;
• la relazione speciale sul Benessere animale nell’UE, anno 2018, della Corte dei Conti eu-ropea, che a pagina 45, comma 79, riporta in modo diretto il nesso tra “filiera agroalimenta-re” e “benessere degli animali”: “La normativa sullo sviluppo rurale fa riferimento al benessere degli animali nell’ambito della priorità volta a promuovere l’organizzazione della filiera a-groalimentare, compresa la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli, il benessere degli animali e la gestione dei rischi inerenti all’agricoltura”;
• il regolamento (UE) 625/2017 «relativo ai con-trolli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettua-ti per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, [...]», che ha già nel titolo gli elementi che costituiscono la materia agroalimentare;
• l’“Atto di indirizzo per l’individuazione del-le priorità politiche per l’anno 2019”, dello stesso Ministero della Salute, che a pagina 31 scrive: “Tutti gli obiettivi prefissati per il 2019 in materia di sanità e benessere animale sono conformi alle recenti normative europee di settore e, in particolare, al regolamento (UE) 2017/625, in applicazione dal 14 dicembre
2019, concernente i controlli ufficiali lungo la filiera agroalimentare […]”. In sostanza, sembra che il Ministero faccia stavolta rientrare nel campo agroalimentare quegli stessi ambiti che aveva escluso nei pareri sopramenzionati;
• il decreto legislativo 20/2018, sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimen-tare biologica, che prevede, all’articolo 12, che, se ricorrono i presupposti, si applichino i commi 3 e 4 della legge 116/2014.
Se possiamo ritenere concluso l’esame documen-tale volto a definire la “materia agroalimentare”, può essere utile anche reperire degli elementi di interpretazione della ratio legis.È esplicativo, a questo proposito, il parere espresso dal Servizio del Bilancio del Senato: “Il comma 3 ha il fine di rendere più efficace l’impianto sanziona-torio posto a protezione del settore agroalimenta-re. In particolare, si estende l’istituto della diffida a tutti gli illeciti agroalimentari di lieve entità (la limitazione alla lieve entità, nota bene, è decaduta con la conversione in legge, n.d.r.) puniti con la sola sanzione amministrativa pecuniaria, rendendo il sistema punitivo più duttile ed efficace, senza sminuire il disvalore dei comportamenti contem-plati. Questo determinerà una netta riduzione del contenzioso amministrativo, con un risparmio di spesa in termini di minore ingolfamento dei tribu-nali per cause che spesso hanno sanzioni edittali di poche migliaia di euro.La ratio del comma 4 è quella, invece, di assicurare un’entrata alla finanza pubblica, poiché invoglia il trasgressore a pagare subito per «ottenere un’ul-teriore riduzione dell’importo da pagare rispetto alla somma risultante dal computo del pagamento in misura ridotta»”.Possiamo fare anche un’altra valutazione partendo dal già citato regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali e che ha abrogato il regolamento (CE) 882/2004: gli arti-coli 138 e 139, analogamente ai superati articoli 54 e 55, definiscono un ordine di priorità nell’azione dell’autorità competente in caso di riscontro di non conformità. Vi è innanzitutto l’obbligo di intervenire per assicurare che l’operatore ponga rimedio alla si-tuazione e ne impedisca il ripetersi. Successivamente si procede nell’adozione dei provvedimenti sanzio-natori. È la medesima impostazione riscontrabile nel regolamento (CE) 1/2005 sulla protezione degli
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Campolibero
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animali durante il trasporto.La diffida, in questo senso, appare rispettosa di questa impostazione, poiché guida l’attività dell’autorità di controllo verso l’azione correttiva in un’auspicabile interazione costruttiva (citazione di Dario Dongo) tra controllore e controllato.
Sentenze “pro diffida”
In supporto alla nostra tesi, cominciano poi a so-praggiungere alcune sentenze che hanno visto soccombere l’ente accertatore per la non corretta applicazione del comma 4 (Tribunale di Torino, sentenza n. 1896 dell’11 aprile 2019; Giudice di Pace di Forlì, sentenza n. 886 del 30 settembre 2019; Giudice di Pace di Brescia, sentenza n. 519 del 20 marzo 2019). Nel primo caso, il trasgressore è riuscito a far va-lere il proprio diritto di pagare in forma ridotta, pur non avendone avuto esplicita possibilità. Nel secondo, ad ottenere l’annullamento del provve-dimento sanzionatorio non riportante indicazioni per il pagamento in misura ridotta e, pertanto, ritenuto lesivo del diritto di difesa. Nel terzo è
stato accertato che nell’ordinanza vi erano diver-se anomalie “formali e sostanziali”, tra le quali anche “la mancata indicazione della possibilità di un pagamento ridotto del 30% se nei 5 giorni successivi la notifica del verbale”.È utile anche far presente che le sanzioni relative alla prima sentenza erano state irrogate per vio-lazioni alle norme sul benessere degli animali in allevamento, sulla somministrazione di farmaci veterinari e sulla sicurezza alimentare; la seconda e la terza sentenza si riferiscono, invece, a violazioni del benessere nel trasporto.In sostanza, se questi riferimenti giurisprudenziali potranno essere ritenuti decisivi, al riscontro di uno “scostamento” dalle norme in materia agroalimen-tare, l’organo accertatore dovrà stabilire se ricorra:
• un’inadeguatezza di requisiti e di procedure, di cui ai regolamenti (CE) 852/2004 e 853/2004, nel qual caso procederà come da articolo 6, comma 7 del decreto legislativo 193/2007, con la prescrizione per l’Osa di riportare entro «un congruo termine di tempo» il requisito nella piena conformità, attraverso le azioni correttive più opportune; oppure
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Campolibero
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• una non conformità, cioè una violazione alle norme in materia agroalimentare; nel qual ca-so:
- si procederà con la diffida, se l’evento non si sia già presentato nei 5 anni precedenti, sia sanzionabile con la sola sanzione pecuniaria e sia sanabile; oppure
- si procederà con la contestazione e, in caso sia prevista la sola sanzione amministrativa pecuniaria e sia consentito il pagamento in misura ridotta, ad applicare la possibilità di riduzione del 30% se il pagamento è effet-tuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notifica.
Lo schema sopra descritto serve anche per evi-denziare la differenza sostanziale tra inadegua-tezza e non conformità e poter, quindi, adotta-re correttamente i provvedimenti sanzionatori conseguenti qualora, anche alla scadenza dei termini, l’Osa non abbia ancora ottemperato alle prescrizioni date.
Esempi “diffidabili”
Le situazioni concrete in cui sarà possibile applicare la legge 116/2014, in un campo estremamente va-sto come quello che riguarda le norme in materia agroalimentare, possono essere le più disparate.Alcuni possibili esempi:
• per un dispositivo su un mezzo di trasporto di animali che si riscontra non funzionante durante il viaggio o all’arrivo a destinazione, potrebbe essere emessa la diffida affinché venga riparato entro i canonici 20 giorni o, comunque, entro il successivo trasporto, a pat-to che gli stessi animali non appaiano provati a causa di questo mal funzionamento;
• così come la carenza di igiene in ambienti in cui gli alimenti che vi siano stoccati siano protetti dai loro imballaggi;
• non è diffidabile, invece, la carenza di igiene di un impianto che impone anche la sospensione dell’attività o il sequestro degli alimenti, cosa che, pertanto, esclude anche la possibilità della riduzione del 30%;
• è diffidabile il mancato aggiornamento di un modulo di autocontrollo di un ristorante, mentre
non lo è la mancata registrazione di un cane all’anagrafe, poiché non è norma agroalimentare.
Conclusioni
La presente elaborazione vorrebbe contribuire a dare maggiore visibilità allo strumento della diffida che, vista la controversa discussione applicativa, appare sottoutilizzato e che, invece, potrebbe portare ad uno snellimento dei procedimenti amministrativo-sanzionatori.
La riduzione del 30% della sanzione è una garanzia che deve essere assicurata al trasgressore, pena la possibilitàche il provvedimento sanzionatorio possa essere annullato in sede di ricorso
Analogamente, anche la riduzione del 30% della sanzione, come già previsto per le violazioni al codice della strada, è una garanzia che, quando sia con-sentito il pagamento in misura ridotta, deve essere assicurata al trasgressore, pena la possibilità che il provvedimento sanzionatorio possa essere annullato in sede di ricorso.
Per saperne di più
Sul tema, si vedano anche gli articoli:
• “Campolibero. Una norma non ancora piena-mente attuata”, di Emanuela Giorgi, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 7/2017, alle pagine 32-36.
• “Campolibero. Una norma già dimenticata”, di Gianluigi Valsecchi, pubblicato su “Alimenti&-Bevande” n. 2/2016, alle pagine 40-44.
• “Campolibero. Cosa cambia per il settore agri-colo”, di Gianluigi Valsecchi, pubblicato su “Ali-menti&Bevande” n. 4/2015, alle pagine 19-21.
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Collaudi ATP per automezzi frigoriferi, nuovo sistema wireless per il monitoraggio della temperatura
Il sistema di monitoraggio della temperatura FT-105/RF-ATP si compone di moduli radio
FT-105/RF-MP, ai quali vengono collegate delle sonde digitali di temperatura, interne o esterne. I tempi di invio dei dati via radio al pc sono programmabili dall’utente. Ogni modulo ha un’antenna interna ad alta risoluzione con invio monodirezionale. La temperatura di esercizio delle sonde esterne digitali è compresa fra -50 °C e +125 °C. Il settaggio delle sonde viene fatto con un semplice drag & drop. Queste le caratteristiche delle sonde di temperatura:
• risoluzione: 0,1 °C;• accuratezza: +/-0,5 °C (+/- 0,2 con taratura termometro Accredia).
Il valore della misura delle sonde digitali può essere corretto da software con un offset di calibrazione, procedura molto utile per i controlli periodici Accredia. Una recente implementazione del programma permette di seguire il monitoraggio registrando tutte le operazioni svolte dai vari utenti e dall’amministratore, come previsto dalle Linee guida FDA-CFR21-Parte 11. Inizialmente si crea l’elenco delle persone che possono accedere al sistema di monitoraggio inserendo i nomi in “Gestione Utenti”, con la mansione nel campo “Tipo Utente” e la relativa password. La versione 3.1 del software FT-105/RF-ATP prevede ora anche la possibilità di calcolo della media di tutte le temperature oppure solo delle ultime.
Stampa di dati e grafici
Il software ATP, dato a corredo, permette di stampare il grafico della media delle temperature interne ed
esterne con la relativa descrizione del tipo di prova ATP fatta e i dati dell’automezzo.Tutte le misure effettuate vengono comunque salvate su un file ASCII ed Excel, per successive elaborazioni e la stampa dei report. Le sonde di temperatura utilizzate per le misure sono di tipo digitale e, rispetto alle tradizionali sonde analogiche, presentano i seguenti vantaggi:
• escludono la necessità di provvedere a tarature periodiche;• il tipo di protocollo usato ed il fatto che ogni sonda sia identificata in modo univoco semplificano il cablaggio del
sistema; rendono, inoltre, la comunicazione insensibile ai disturbi e consentono di verificare
la presenza o meno delle sonde, rilevando eventuali guasti;• possono essere posizionate anche a notevole distanza dallo strumento, senza che questo influenzi l’accuratezza della misura.
Con lo stesso pc, infine, è possibile eseguire contemporaneamente due prove ATP di due automezzi differenti.
Econorma S.a.s.Prodotti e Tecnologie per l’AmbienteVia Olivera, 52 – 31020 S. Vendemiano (TV)Tel. 0438 409049Fax 0438 [email protected]
News dalle Aziende: Econorma
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REGISTRATORI
DI TEMPERATURA
Il nuovo sistema wireless di monitoraggio della temperatura FT-105/RF-ATP.
ALI&BE-1-2020.indb 72 10/02/20 15:12
L’arrivo del 14 dicembre 2019, giorno in cui è diventato attuativo in
massima parte l’articolato normativo del regolamento (UE) 2017/625,
relativo ai controlli uffi ciali e alle altre attività uffi ciali eff ettuati per ga-
rantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi,
delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle
piante nonché sui prodotti fi tosanitari, ha sollecitato la realizzazione
del presente volume inerente al regolamento stesso.
Il testo raccoglie gli articoli dedicati al regolamento (UE) 2017/625,
pubblicati sulla rivista “Alimenti&Bevande” nel periodo ottobre 2017
- novembre/dicembre 2019, per un totale di 16 articoli, a cui, a com-
pletamento, ne è stato aggiunto un altro.
Nel complesso, gli argomenti trattati sono i seguenti:
• gli aspetti legislativi e la tempistica di attuazione, l’oggetto e l’ambito
di applicazione del regolamento (UE) 2017/625;
• il tema della terminologia (concetti, termini e defi nizioni) utilizzata
nel regolamento (UE) 2017/625;
• il sistema di controllo che le autorità competenti devono porre in es-
sere per garantire un effi cace svolgimento delle attività e dei processi
inerenti alle attività di controllo uffi ciale;
• i metodi e le tecniche dei controlli uffi ciali;
• la documentazione scritta dei controlli uffi ciali;
• l’audit degli operatori della fi liera agroalimentare;
• la certifi cazione uffi ciale;
• la formazione del personale addetto ai controllori uffi ciali;
• la verifi ca dell’effi cacia dei controlli uffi ciali;
• il campionamento per l’analisi, i laboratori uffi ciali e l’attività di la-
boratorio;
• i laboratori di riferimento europei e nazionali;
• le azioni esecutive ad opera delle autorità di controllo degli Stati
membri e della Commissione;
• le basi giuridiche, contenute nel regolamento (UE) 2017/625, inerenti
al contrasto delle “pratiche fraudolente o ingannevoli” mediante l’e-
secuzione dei controlli uffi ciali;
• le pratiche commerciali sleali/scorrette tra imprese e consumatori
nella fi liera agroalimentare e l’esecuzione di controlli uffi ciali, con
riferimento ad alimenti e mangimi, volti a verifi care la conformità
alla normativa emanata dall’Unione europea in materia di pratiche
commerciali leali, e le interconnessioni con la normativa relativa alla
fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori;
• l’esecuzione dei controlli uffi ciali secondo procedure documentate.
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CONTROLLI UFFICIALI IL NUOVO REGOLAMENTO (UE) 2017/625
Edizione: Dicembre 2019
A cura di: Antonio Menditto, Anna Giovanna Fermani
Pagine: 291
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Le ultime decisioni prese dall’Antitrust
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), nota anche come Antitrust, si è pronunciata più volte, in ambito alimenta-
re, relativamente a pratiche commerciali ritenute scorrette e contrarie alla diligenza professionale.Come noto, l’Agcm applica la procedura previ-sta dal codice del consumo (decreto legislativo 206/2005) e disciplinata dal regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commer-ciali scorrette, violazioni dei diritti dei contratti, violazione del divieto di discriminazione, clau-sole vessatorie (delibera Agcm n. 25411 del 1° aprile 2015). Dunque, prima di riportare le sintesi di alcuni degli ultimi procedimenti che riteniamo rappresentativi,
ripercorriamo brevemente la procedura che si in-staura davanti al Garante.
La procedura Agcm
Una fase pre- i s t rut tor ia int roduce i l procedimento.In questa sede, l’Agcm, qualora ritenga che i profili di possibile illeceità della pratica non siano di particolare gravità, può invitare il pro-fessionista a rimuoverli attivando la “moral suasion”. L’Agcm diffida per iscritto il professionista a regolarizzare l’attività posta in essere, in mo-do da pervenire a una soluzione di tutela del consumatore senza giungere all’accertamento della violazione. Nel caso in cui il professionista accetti l’invito e disponga le misure correttive, infatti, l’Agcm archivia il procedimento.Qualora si tratti di casi ritenuti di particolare gravità o nell’eventualità in cui il professionista non accetti l’invito, alla fase pre-istruttoria se-gue quella istruttoria vera e propria; dell’avvio di questa fase viene data comunicazione alle parti e ai soggetti interessati, i quali hanno la possibilità di accedere agli atti, presentare difese e documenti, oltre a chiedere di essere sentiti in audizione.
Pratiche commercialiscorretteGli orientamenti Agcm
di Giorgia e Lorenza AndreisAvvocate ed Esperte di Legislazione degli Alimenti
I più recenti casidi pratiche commerciali ritenute scorrette e contrariealla diligenza professionale discussidall’Autorità Garantedella Concorrenza e del Mercato
Sanzioni
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Sanzioni
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Entro 45 giorni dalla ricezione della comuni-cazione di avvio della fase istruttoria, inoltre, il professionista che lo ritenga opportuno può presentare all’Agcm degli impegni1. Si tratta di un rimedio che permette all’opera-tore di proporre di rimuovere i profili di scor-rettezza o illegittimità della pratica, per evitare di arrivare all’ accertamento della violazione. Con gli impegni, infatti, il professionista sottopone alla valutazione dell’Agcm le modifiche, le elimina-zioni o comunque le soluzioni che può apportare alla pratica commerciale per renderla conforme. Qualora li ritenga idonei2, l’Agcm dispone con provvedimento il loro accoglimento, rendendoli obbligatori per il professionista ed archivia il pro-cedimento senza accertare l’infrazione (articolo 9 della delibera Agcm n. 25411 del 1° aprile 2015). Sul punto, l’Agcm precisa che gli impegni accolti «costituiscono anche uno standard di riferimento per tutti gli operatori del settore incentrato sulla chiarezza e trasparenza sotto il profilo delle in-formazioni da veicolare al consumatore tramite l’etichetta dei prodotti alimentari, anche al di là della conformità della stessa alle specifiche pre-scrizioni poste dalla normativa di settore», così riscontrando l’importanza di questo strumento, non solo in relazione al procedimento in cui è utilizzato, ma anche come criterio di valutazione nella realizzazione di pratiche commerciali3.Se gli impegni non sono ritenuti idonei o nel caso in cui il professionista non vi abbia fatto ricorso, l’Agcm, terminata la fase istruttoria, decide sul procedimento. In particolare, la fase decisionale si conclude:
• con l’adozione di un provvedimento che archi-via il procedimento, qualora siano accolte le difese e sia stata accertata la correttezza della pratica;
• con un provvedimento sanzionatorio nel caso in cui la pratica sia giudicata scorretta. In questo caso, possono essere applicati il di-vieto di continuazione o diffusione della pratica
e la sanzione pecuniaria che va da € 5.000 a € 5.000.000, quantificata secondo i criteri previsti dall’articolo 11 della legge 689/1981 (gravità della violazione, opera svolta dall’a-gente per l’eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché persona-lità dello stesso e sue condizioni economiche).
Il provvedimento finale viene comunicato alle parti ed ai soggetti eventualmente intervenuti nel pro-cedimento ed è pubblicato, entro venti giorni dalla sua adozione, sul bollettino dell’Agcm.
Le ultime decisioni dell’Agcm Integratori
Venendo agli ultimi casi discussi davanti al Garante, uno dei più attuali è il procedimento avente ad oggetto la promozione di alcuni inte-gratori alimentari e prodotti sostitutivi dei pasti, effettuata principalmente tramite i social media e, in particolare, pagine e gruppi Facebook4.La pratica è stata ritenuta scorretta, sia con rife-rimento alle modalità con cui avveniva la promo-zione dei prodotti, sia con riferimento al conte-nuto delle informazioni che venivano veicolate al consumatore. È emerso, infatti, che alcuni rivenditori della so-cietà si erano presentati sui gruppi Facebook e sul-le pagine dedicati agli integratori del professionista come consumatori degli stessi o comunque senza rendere nota la propria attività commerciale, con-dividendo esperienze personali relative ai prodotti. Secondo l’Agcm, in questo caso erano stati uti-lizzati dei registri comunicativi che creavano una commistione tra l’ambito privato e professionale e che dissimulavano l’intento promozionale delle informazioni condivise. Sotto questo primo aspetto, quindi, il non rendere palese che i venditori della società agivano nel quadro di una specifica attività commerciale o il
1 Articolo 9 della delibera dell’Agcm n. 25411 del 1° aprile 2015.2 Nell’esame della proposta del professionista, l’Autorità valuta sia l’effettiva potenzialità degli impegni a rimuovere
i profili di illiceità della pratica commerciale, sia l’esistenza di profili di manifesta scorrettezza e gravità della pratica considerata (articolo 27 del codice del consumo).
3 Agcm. Relazione annuale sull’attività 2017. 31 marzo 2018, pag. 200.4 Agcm, provvedimento n. 27612 del 27 marzo 2019.
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fatto di presentarsi falsamente come consumatori, configurava, a parere del Garante, una fattispe-cie di marketing occulto e, quindi, una pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’articolo 23, lettera aa) del codice del consumo. La pratica è stata criticata anche sotto un ulteriore aspetto: nei messaggi forniti durante l’attività promozionale dei rivenditori, infatti, veniva lasciato intendere che, attraverso l’assunzione dei prodotti in questione, fosse possibile guarire da talune patologie ovvero ottenere notevoli cali di peso in poco tempo, senza seguire un regime alimentare controllato o svolgere un adeguato esercizio fisico.Queste informazioni sono state ritenute inganne-voli relativamente alle caratteristiche dei prodotti e ai risultati conseguibili con il loro utilizzo perché non dimostrate e giustificate.Ebbene, visti le modalità di esposizione della prati-ca e i contenuti non veritieri, l’Agcm ha riscontrato la manifesta scorrettezza e gravità dei messaggi promozionali, escludendo di poter accogliere gli impegni presentati dal professionista, tenendo anche conto della carenza di diligenza professio-nale in capo alla società in relazione alla gestione e al controllo dell’attività promozionale dei propri rivenditori.L’Agcm ha, quindi, sanzionato la pratica e nella valu-tazione della quantificazione ha tenuto conto della durata e della gravità della condotta; la condotta è stata giudicata particolarmente insidiosa e di elevata potenzialità offensiva, considerato che la promozione effettuata riguardava prodotti salutistici ed era rivolta a consumatori coinvolti in numero elevato e ritenuti particolarmente vulnerabili.
Benessere animale
Altro caso ha riguardato il benessere degli animali5: la condotta contestata, infatti, ha avuto ad oggetto la diffusione, attraverso il sito internet aziendale, di una comunicazione commerciale che enfatizzava l’impegno del professionista a garantire le migliori condizioni di benessere animale a tutta la produzio-ne, quando detto vanto risultava essere circoscritto a sole due linee di prodotto di nicchia.In particolare, è stato oggetto di valutazione il claim
“Maggiore spazio in allevamento rispetto ai limiti di legge (con una densità massima di 33 kg per mq rispetto a 39 kg per mq)”, che è risultato non corri-spondente alla realtà dei fatti, in quanto l’operato del professionista si traduceva nella mera osservanza del limite di densità previsto normativamente.Ebbene, il professionista ha presentato una serie di impegni volti a modificare il sito web, intervenendo sul contenuto di alcune informazioni. Ha proposto, infatti, cambiando alcune immagini e testi della sua presentazione online, di chiarire meglio che il be-nessere degli animali era garantito nel rispetto delle norme vigenti e che non era riferito a tutte le linee della produzione, bensì a quelle di eccellenza. Con l’accoglimento degli impegni, il procedimento è stato archiviato.
Tè
Sono stati sottoposti al giudizio del Garante alcuni messaggi diffusi online e relativi ad un tè presentato come idoneo a prevenire e curare malattie nonché con effetto antiparassitario “certificato”6.Oltre alla valutazione sulla decettività delle informa-zioni, su cui si tornerà più avanti, l’Agcm si è espressa, in via preliminare, sull’imputabilità della condotta nei confronti dell’inserzionista pubblicitario, che aveva promosso il prodotto utilizzando il messaggio inserito dal produttore su una piattaforma online. Si tratta di una piattaforma che serve da collegamen-to fra coloro che promuovono un proprio prodotto o servizio e coloro che intendono offrire tale l’altrui prodotto o servizio a persone terze, dietro il paga-mento di un corrispettivo.Ebbene, contrariamente a quanto sostenuto dall’in-serzionista nelle sue difese, l’Agcm ha ritenuto che questi non potesse andare esente da responsabilità, in quanto prestatore intermediario del servizio, ai sen-si della direttiva 2000/31/CE e dell’articolo 17 del de-creto legislativo 70/2003 sul commercio elettronico7. Secondo l’Agcm, l’attività svolta dall’inserzionista non poteva rientrare nei casi di esenzione della responsa-bilità, in quanto lo stesso aveva realizzato un’attività di promozione e di intermediazione direttamente sul proprio sito, reclamizzando il prodotto attraverso un link di collegamento al sito del produttore.
5 Agcm, provvedimento n. 27492 del 19 dicembre 2018.6 Agcm, provvedimento n. 27396 del 17 ottobre 2018.
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Sanzioni
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Non solo: è emerso anche che l’inserzionista traeva un vantaggio economico dalla vendita del prodotto, ponendo il consumatore nella condizione di acqui-stare il prodotto per il tramite del suo sito.Come anticipato, nel merito l’Agcm ha riscontrato l’ingannevolezza dei messaggi diffusi dai professio-nisti coinvolti. I claim che, infatti, enfatizzavano l’effetto antiparassi-tario “certificato” del prodotto e le sue caratteristiche naturali grazie alle quali, in modo “completamente sicuro per la salute”, non occorreva effettuare alcuna visita medica, sono risultati in contrasto con la nor-mativa di riferimento e, in particolare, con l’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/11, che vieta di pre-sentare i prodotti alimentari inducendo in errore il consumatore sulla loro composizione e attribuendo agli stessi proprietà curative o terapeutiche.Le rivendicazioni in questione violavano tale divieto, in quanto non riscontrate né dimostrate e in quanto oggetto di rivendicazioni vietate.Non solo, ma trattandosi di integratori a base di botanicals, il Garante ha valutato la presentazione in esame, anche alla luce del decreto del Ministero della Salute del 9 luglio 2012, recante Linee guida ministeriali di riferimento per gli effetti fisiologici e che disciplina l’impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali, potendo così accertare l’assenza di riscontri sulle funzionalità vantate.Il Garante, dunque, ha sanzionato i professionisti con il divieto di continuazione della pratica e l’irrogazione della sanzione pecuniaria, che, essendo individuale e commisurata alle condizioni soggettive e oggetti-ve di ciascun coautore dell’illecito, è stata di entità maggiore per il produttore che ha creato e diffuso i claim e di entità minore per l’inserzionista, che ha contribuito alla divulgazione degli stessi.
Progetto Benessere
In ultimo, il Garante è intervenuto su un’iniziativa commerciale, avente ad oggetto la presentazione di un percorso nutrizionale (“Progetto Benessere”)
in grado di guidare i consumatori e supportarli nel fare una scelta per “mangiare meglio”8.Nel caso specifico, l’iniziativa era caratterizzata dal fatto che sulle confezioni di alimenti selezionati veniva apposto un bollino di colore blu. La selezione degli alimenti, così come descritto dallo stesso operatore sul proprio sito web, si fondava sull’uso di un algoritmo e sul supporto di un collegio di esperti.Sul sito web, infatti, si forniva una descrizione del contenuto e degli obiettivi salutistici del percorso, si presentavano i documenti sulla selezione dei prodotti, sul collegio degli esperti e sul manifesto del progetto; venivano, inoltre, illustrati i criteri in base ai quali erano stati scelti i prodotti (ad esempio, “rifiutando sostanze controverse: OGM, olio di palma, aspartame nei prodotti dedicati ai bambini”; “mettendo prodotti virtuosi – Testati periodicamente, con meno additivi, conservanti o allergenici”).Una volta selezionati, gli alimenti venivano presentati come in grado di mostrare il “miglior equilibrio nu-trizionale tra le sostanze nutritive che devono essere presenti nella dieta (proteine) e sostanze nutritive la cui assunzione va tenuta sotto controllo (zuccheri, grassi saturi e sale)”.Nell’esaminare questa iniziativa, il Garante ha ritenuto che le affermazioni impiegate nella campagna ge-nerale ponevano in essere una pratica commerciale scorretta in quanto si forniva un quadro omissivo e idoneo ad alterare la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole di acquisto. In particolare, la campagna è stata ritenuta caratte-rizzata da elementi “di scorrettezza metodologica e da scarsa trasparenza” perché, da una parte, carente delle necessarie garanzie di oggettività scientifica e trasparenza delle valutazioni sottese al rilascio del bollino blu (nell’affermare l’uso di un algoritmo e la costituzione di un “collegio di esperti” non venivano fornite informazioni chiare su tali elementi e neppure sulla posizione di indipendenza e terzietà dei membri di tale collegio). Dall’altra, si è ritenuto che la comunicazione potesse
7 La normativa in questione prevede che l’operatore sia esente da responsabilità, non gravando su di lui alcun obbligo di controllo o di sorveglianza dei contenuti delle informazioni che trasmette o memorizza, se compie attività di mere, e, ossia quando tratti in maniera puramente tecnica ed automatica i dati ottenuti dalla piattaforma; secondo recenti interpretazioni, l’operatore è altresì esente da responsabilità, nel caso in cui non svolga alcun ruolo attivo atto a conferirgli un vantaggio economico.
8 Agcm, provvedimento n. 27379 del 10 ottobre 2018.
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trasmettere al consumatore il messaggio che le scelte presentate erano “scelte di consumo alimentare sa-lutistiche in senso assoluto e che il prodotto bollino blu potesse essere considerato il “migliore” della sua categoria, a discapito dei prodotti non selezionati”.Alla luce di quanto rilevato dall’Agcm, l’operatore ha presentato impegni sotto diversi aspetti: sotto il profilo comunicazionale, si è proceduto all’elimi-nazione degli elementi mancanti di oggettività e di fondatezza scientifica, e alla loro sostituzione con formulazioni dirette ad evidenziare, invece, che la proposta commerciale era basata su criteri autono-mamente e soggettivamente definiti dalla azienda. In questo senso, quindi, i toni della presentazione sono stati modificati e ridotti, rendendo così l’iniziativa “coerente con la sua effettiva natura commerciale”. In relazione poi alle criticità espresse sul “comitato di esperti”, l’azienda ha optato per una modifica della struttura dello stesso comitato, ampliandone il numero di membri e modificandone il regolamento nella parte sui quorum necessari per l’adozione delle decisioni.Gli impegni proposti sono stati ritenuti idonei a fornire un quadro informativo più completo e accurato sul carattere commerciale dell’iniziativa e sulla sua na-tura dei criteri di scelta; pertanto, sono stati accettati dall’Agcm.
L’influencer marketing
Interessante, infine, un caso trattato nel corso del 2019 che, seppur non attinente al settore alimen-tare, riguarda una forma di pubblicità digitale che si sta sempre più diffondendo: si tratta dell’influen-cer marketing, che rappresenta, come precisato dallo stesso Garante, “una modalità di comunica-zione, consistente nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Myspace) di foto, video e com-menti da parte di blogger e influencer che mostrano sostegno o approvazione (endorcement) per deter-minati brand, generando un effetto pubblicitario”. Considerato il crescente ricorso a questo mezzo pro-mozionale, il Garante - così come l’Istituto dell’Au-todisciplina pubblicitaria – manifesta l’esigenza di individuare degli standard di chiarezza e trasparenza per consentire la riconoscibilità del carattere commer-ciale e pubblicitario dei messaggi online. In particolare, nel caso citato, l’Agcm è intervenuta in relazione alla pubblicazione, sul profilo Instagram
di alcuni influencer italiani, di post in cui appariva in primo piano il logo dell’operatore di trasporto aereo (X) impresso sui capi di abbigliamento firmati da un marchio italiano (Y) e indossati dagli influencer stessi. L’Agcm ha ritenuto che questa rappresentasse una fattispecie di pubblicità occulta, in quanto l’enfasi nella visualizzazione del brand X e l’evocazione della linea disegnata apposta dal marchio Y non trovavano diversa spiegazione se non in un intento promoziona-le, che però non era evidente al consumatore; ciò in ragione della sproporzione tra la citazione dei marchi e il contesto narrativo espressivo in cui si inseriva il post del personaggio famoso.Gli operatori interessati hanno, quindi, presentato degli impegni per rimuovere sì i profili di scorrettezza della pratica, ma rilevanti anche per l’impostazione da seguire nell’impiego di forme pubblicitarie come l’in-fluencer marketing, dovendo garantire al consuma-tore la riconoscibilità del loro carattere promozionale. In particolare, gli impegni dei professionisti titolari dei brand hanno riguardato l’adozione di misure e cautele tese a evitare la pubblicità occulta, in parti-colare con l’adozione di linee guida aziendali, linee guida sulle regole di condotta degli influencer, e con l’aggiunta di clausole standard nei contratti di co-marketing e nei contratti di licenza di marchio a fini promozionali, aventi ad oggetto le corrette modalità di comportamento degli influencer, con la conseguente previsione, in caso di mancato rispetto degli accordi, di procedure e penali.Quanto agli impegni presentati dagli influencer, que-sti sono consistiti, in generale, nel vincolarsi a rende-re più trasparente la finalità promozionale dei loro contenuti diffusi online e, a livello più operativo, ad impiegare all’interno dei post hashtag come “#pro-dottofornitoda+brand/#suppliedbybrand” nei casi di prodotti ricevuti in omaggio, oppure, nell’ambito di un rapporto di committenza, precise avvertenze, quali #advertising, #ad, #sponsoredby+nome mar-chio, #pubblicità. È stato, inoltre, apprezzato e accettato l’impegno degli influencer di divulgare post e comunicazioni sull’importanza dei valori della correttezza e traspa-renza commerciale.Il Garante ha, quindi, ritenuto che le misure presenta-te fossero idonee a chiarire ai consumatori la natura delle comunicazioni, in ossequio ai principi di tra-sparenza e riconoscibilità, ma apprezzando anche la previsione di un preventivo approccio regolatorio del comportamento dei professionisti e degli influencer.
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Conclusioni
I casi riportati e sintetizzati rappresentano le ultime decisioni dell’Agcm dove, a ben vedere, la stessa è intervenuta spesse volte sulle presen-tazioni online dei prodotti e su forme di digital marketing, che allo stato attuale sono sempre più diffuse e che, nonostante la loro “dinami-cità”, debbono restare ancorate ai principi di corretta, veritiera e trasparente informazione.Nella stragrande maggioranza dei casi, poi, i professionisti hanno presentato degli impegni; ove possibile, il ricorso al suddetto istituto per-mette agli operatori di orientarsi verso compor-tamenti più virtuosi, con l’effetto complessivo
di innalzare il livello di legalità e correttezza delle condotte sul mercato. Se gli impegni sono accolti, si permette una rapida conclusione del procedimento, che cer-tamente viene incontro alle esigenze di celeri-tà e di evitare sanzioni del professionista; allo stesso tempo la pratica degli impegni consente di reprimere le pratiche meno gravi contrarie agli interessi dei consumatori. Diversamente, il giudizio dell’Agcm viene riser-vato ai casi connotati da particolare gravità e per i quali si ritiene che un’efficace tutela del consumatore possa avvenire solamente median-te l’irrogazione di una sanzione che inibisca la condotta del professionista.
Origine del grano duro, l’Agcm accoglie gli impegnidelle aziende per eliminare le informazioni fuorvianti
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha concluso cinque procedimenti istruttori riguardanti informazioni fuorvianti circa l’origine del grano duro utilizzato nella produzione di pasta di semola di grano duro, diffusi attraverso le etichette e i siti aziendali di Divella (marchio Divella)1, F.lli De Cecco di Filippo - Fara San Martino (marchio De Cecco)2, Lidl Italia (marchi Italiamo e Combino)3, Margherita Distribuzione (ex Auchan, marchio Passioni)4, e Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco (marchio Cav Giuseppe Cocco)5.L’Autorità ha accolto e reso obbligatori gli impegni presentati da Auchan, Cocco, De Cecco e Divella. Nel dettaglio, gli impegni consistono in modifiche delle etichette e dei rispettivi siti così da garantire al consumatore un’informazione completa, fin dal primo contatto, sull’origine (talvolta estera) del grano utilizzato nella produzione della pasta. Il nuovo set informativo permetterà di evitare la possibile confusione tra provenienza della pasta e origine del grano.L’Autorità ha adottato, inoltre, un provvedimento di accertamento di una pratica commerciale scorretta attuata da Lidl, che non ha presentato impegni nel corso della procedura istruttoria. La pratica commerciale accertata consiste nell’aver ingannato i consumatori sulle caratteristiche della pasta a marchio “Italiamo” e “Combino”, inducendoli in errore sull’origine italiana della materia prima. In ragione dell’importanza attribuita dai consumatori all’informazione sull’origine della materia prima e della diffusione dei punti vendita della catena, l’Autorità ha quindi irrogato una sanzione di 1 milione di euro.
(Fonte: Agcm)
1 Leggi il provvedimento istruttorio riguardante il marchio Divella e gli impegni dell’azienda omonima rispetti-vamente agli indirizzi web www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/PS11416provv.pdf e https://www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/Impegni DIVELLA.pdf
2 Leggi il provvedimento istruttorio riguardante il marchio De Cecco e gli impegni dell’azienda F.lli De Cecco di Filippo - Fara San Martino rispettivamente agli indirizzi web www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/PS11383provv.pdf e www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/Impegni DE CECCO.pdf
3 Leggi il provvedimento istruttorio riguardante i marchi Italiamo e Combino dell’azienda Lidl Italia all’in-dirizzo web https://www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/PS11387provv.pdf
4 Leggi il provvedimento istruttorio riguardante il marchio Passioni e gli impegni dell’azienda Auchan (ora Margherita Distribuzione) rispettivamente agli indirizzi web www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/PS11385provv.pdf e www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/Impegni AUCHAN.pdf
5 Leggi il provvedimento istruttorio riguardante il marchio Cav Giuseppe Cocco e gli impegni dell’azienda Pastificio Artigiano Cav. Giuseppe Cocco rispettivamente agli indirizzi web www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/PS11384provv.pdf e www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/Impegni COCCO.pdf
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D o s s i e rLe certifi cazioni per esportarenei mercati extra UE
Filippo Castoldi
• Certifi cazioni. Cosa cambia per i controlli uffi ciali
Mariarita Simona Sardella
• Export in Giappone. Cosa prevede l’accordo con l’UE
Claudio Gallottini e Naomi Trombetti
• Cina. La sicurezza alimentare è in evoluzione
Noemi Trombetti
• Sicurezza alimentare in Brasile.Autorità e normativa
Claudio Gallottini
• Federazione Russa. Sicurezza alimentare e complessità normativa
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Dossier
Il regolamento (UE) 2017/625 (di seguito “Regolamento”), entrato in applicazione il 14 dicembre scorso, introduce numerose, significa-
tive novità per quanto riguarda l’attività di “cer-tificazione”, evidenti sin dall’articolo 1 “Oggetto e ambito di applicazione”, laddove stabilisce che rientra nell’ambito dei controlli ufficiali1.L’attività di certificazione viene, quindi, definita al successivo articolo 2 – «la procedura con cui le autorità competenti garantiscono il rispetto di uno o più requisiti previsti dalla normativa di cui all’articolo 1, paragrafo 2» – in modo sostanzial-mente identico a quanto riportato all’articolo 2.11 del regolamento (CE) 882/042 – abrogato dal 14 dicembre 2019, ma con l’introduzione di un’im-portante novità laddove il campo di applicazione della procedura di certificazione viene estesa ben al di là di quanto previsto dalla direttiva 96/93/CE3, relativa alla certificazione di animali e di prodotti di origine animale. L’attività di certificazione riguarda, quindi, qualsi-asi controllo ufficiale che abbia come obiettivo la
Il regolamento (UE) 2017/625, entrato in applicazione il 14 dicembre scorso,stabilisce chiare regole per l’emissione dei certificati ufficiali che accompagnano le merci e gli animali, estendendo alcuni principi, già presenti nella normativa comunitaria in materia di certificazione di animali e di prodotti di origine animale, a tutte le merci del settore agroalimentare
di Filippo CastoldiDirigente Medico Veterinario, Direzione Welfare Regione Lombardia
Con l’entrata in applicazione del regolamento (UE) 2017/625
Certificazioni Cosa cambia per i controlli ufficiali
1 «Il presente regolamento si applica anche ai controlli ufficiali eseguiti per verificare la conformità a quanto prescritto dalla normativa di cui al paragrafo 2 ove tali prescrizioni siano applicabili ad animali e merci che entrano nell’Unione (o) destinati all’esportazione dall’Unione» (articolo 1.3, regolamento (UE) 2017/625).
2 “La procedura per cui l’autorità competente o gli organismi di controllo autorizzati ad agire in tale qualità rilasciano un’assicurazione scritta, elettronica o equivalente relativa alla conformità» (articolo 2.11, regolamento (CE) 882/04).
3 Recepita in Italia con il decreto del Ministero della Sanità del 19 giugno 2000 e abrogata dal regolamento (UE) 2017/625.
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Dossier
Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
verifica della sussistenza dei requisiti per l’espor-tazione di animali o merci, indipendentemente dalla loro natura.Quando si vada a vedere quali possano essere gli esiti dell’attività di certificazione, si scopre un’al-tra importante novità: le verifiche di conformità condotte dalle autorità competenti (o dagli orga-nismi delegati o dalle persone fisiche cui sono stati delegati determinati compiti riguardanti i controlli ufficiali) possono avere come fine sia il rilascio di un certificato ufficiale4 sia di un attestato ufficiale5 (articoli 2.1 e 86.1). Il Regolamento introduce, quindi, un nuovo tipo di documento ufficiale, l’attestato, che presenta profili in parte sovrapponibili a quelli del certificato, ma che se ne differenzia in modo sostanziale. Le attestazioni ufficiali hanno un ruolo importante nell’accompagnare alcune merci in ingresso nell’U-nione, ma rivestono minore importanza nel caso delle partite da esportare, per cui non verranno prese in considerazione ulteriormente.
Le condizioni per il rilascio di un certificato ufficiale
Le condizioni per il rilascio di un certificato ufficiale di esportazione sono riportate al suc-cessivo articolo 87, che le definisce sia riguardo alle caratteristiche che devono essere possedute dal certificatore (assenza di conflitti di interesse, imparzialità e adeguata formazione con riferi-mento alla normativa alla quale viene attestata la conformità e alla pertinente competenza tecnica), sia per quanto attiene alle modalità e alle fonti di acquisizione dei dati, dei fatti, delle informazioni necessari per la sottoscrizione del certificato.Quanto a quest’ultimo aspetto, il funzionario
certificatore può sottoscrivere un certificato uf-ficiale sulla base de:
• la sua conoscenza diretta dei fatti e dei dati aggiornati pertinenti per la certificazione, ac-quisita tramite un controllo ufficiale o l’acqui-sizione di un altro certificato ufficiale rilasciato dalle autorità competenti;
• i fatti e i dati pertinenti per la certificazione accertati da un’altra persona autorizzata a tal fine dalle autorità competenti e operante sotto il loro controllo e a condizione che il certifica-tore ne possa verificare l’esattezza;
• i fatti e i dati pertinenti per la certificazione ottenuti dai sistemi di controllo interni degli operatori, integrati e confermati dai risultati dei controlli ufficiali regolari, così che il cer-tificatore abbia accertato che le condizioni per il rilascio del certificato ufficiale siano soddisfatte.6
L’attività di certificazione riguarda qualsiasi controllo ufficiale che abbia come obiettivo la verifica della sussistenza dei requisiti per l’esportazione di animali o merci, indipendentemente dalla loro natura
Le tre condizioni possono coesistere. In questo caso, il funzionario certificatore, al momento della sottoscrizione, sarebbe nella condizione di potere attingere a tutte e tre le fonti di informazione, sempre che siano rispettate le condizioni che le rendono utilizzabili.
4 «Un documento in forma cartacea o elettronica, firmato dal certificatore, che garantisce la conformità a uno o più requisiti previsti dalla normativa di cui all’articolo 1, paragrafo 2 (articolo 3.27, regolamento (UE) 2017/625).
5 «Qualsiasi etichetta, marchio o altra forma di attestato rilasciato dagli operatori sotto la supervisione, esperita attraverso appositi controlli ufficiali, delle autorità competenti, o rilasciato dalle autorità competenti medesime, che garantisce la conformità a uno o più requisiti previsti dal presente regolamento o dalla normativa di cui all’articolo 1, paragrafo 2» (articolo 3.28, regolamento (UE) 2017/625).
6 Vedi l’articolo 88.3 del regolamento (UE) 2017/625.
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Dossier
La conoscenza diretta dei fatti e dei dati aggiornati
Cominciamo dalla prima. Non ci dovrebbero essere dubbi circa il fatto che possano venire attestate condizioni accertate direttamente dal funzionario certificatore. Frequente è, peraltro, la situazione nella quale l’animale o la merce oggetto di certi-ficazione proviene, è stato lavorato, processato, conservato in un luogo che non si trova sotto il controllo diretto dell’Autorità chiamata a sottoscri-vere il certificato (l’Italia è un Paese trasformatore, che introduce e importa numerose materie prime alimentari, che poi vengono elaborate in eccellenti prodotti della nostra tradizione). In questi casi, il funzionario deve acquisire le in-formazioni necessarie alla sottoscrizione del cer-tificato e che riguardano le fasi precedenti della catena agroalimentare dalla/e autorità compe-tente/i del luogo di provenienza/origine di tali animali o merci (in linea di massima, i certificati ufficiali che accompagnano gli animali e/o le merci in esportazione sono sottoscritti da un funzionario appartenente ad un’autorità competente e da questa autorizzato a firmare certificati ufficiali. Anche se il Regolamento prevede che, in alcuni casi, i certificati possano essere sottoscritti da per-sone diverse autorizzate dall’autorità competente, questa previsione non è applicabile ai certificati per l’esportazione di alimenti. Al proposito, deve essere sottolineata una novità introdotta dal Regolamento che, all’articolo 87,
apre alla possibilità, per l’autorità competente di un Paese membro, di richiedere all’autorità com-petente di un altro Paese membro dell’Unione che gli animali e le merci introdotte al fine della successiva esportazione verso un Paese terzo siano accompagnati da un certificato ufficiale attestante la sussistenza delle condizioni necessarie all’espor-tazione, sempre che queste non siano assimilabili a quelle previste dalla pertinente normativa co-munitaria, non siano desumibili da fonti ufficiali (per esempio, banche dati ufficiali) o sulla base di programmi di sorveglianza riferiti a schemi di garanzia della qualità sotto il controllo dell’autorità competente (per esempio, prodotti Dop e Igp).
Accertamento di fatti e dati da una persona terza
Quando l’accertamento dei fatti, dei dati e/o delle condizioni necessari alla sottoscrizione del cer-tificato è condotto da una persona terza – per esempio un veterinario libero professionista, un tecnologo o un fitopatologo che operino presso l’operatore interessato, in grado di accertare i fatti e raccogliere i dati necessari alla certificazione – questa deve essere specificatamente autorizzata dall’autorità competente, che deve essere in grado di verificare la sua attività e di valutare la fonda-tezza dei dati comunicati. È quindi necessario che l’autorità competente abbia predisposto e attui delle misure per la veri-fica dell’operato delle persone, diverse da quelle
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Dossier
afferenti al proprio personale, autorizzate alla raccolta dei dati e all’accertamento dei fatti fun-zionali alla sottoscrizione dei certificati ufficiali.Parimenti, l’autorità competente deve essere in grado, mediante la conduzione di regolari controlli ufficiali, di integrare e confermare i dati prodotti nell’ambito dei sistemi di controllo interni degli operatori, impiegati a supporto e giustificazione della sottoscrizione di un certificato ufficiale che attesti la sussistenza di requisiti non altrimenti accertabili.
Fatti e dati ottenuti dai sistemi di controllo interni degli operatori
Laddove i requisiti per l’esportazione di alimenti facciano riferimento a criteri di processo sotto il controllo dell’operatore (per esempio, le caratteri-stiche del trattamento termico al quale sono stati sottoposti tali alimenti), l’autorità competente, nel prendere atto dei dati e delle registrazioni messe a disposizione da quest’ultimo, ha comunque il compito di verificare e, in alcuni casi, di validare (cioè di accertare l’efficacia) le misure adottate
attraverso una serie di rilievi che potrebbero anche non essere condotti in occasione della sottoscri-zione del certificato, ma nell’arco di un periodo più esteso, così da avere certezza del fatto che i processi oggetto di certificazione siano effetti-vamente sotto controllo (per esempio, nel caso in cui fosse necessario attestare l’applicazione di procedure complesse, quali quelle di pulizia e disinfezione, avrebbe ben poco senso fare riferi-mento allo stato dello stabilimento, degli impianti e delle attrezzature osservato solo al momento della sottoscrizione del certificato).
Il processo di certificazione
In Figura 1 è rappresentato in maniera schematica il processo di certificazione.Una volta raccolte le informazioni e svolte le ve-rifiche necessarie, si tratta di sottoscrivere il certi-ficato, cartaceo o elettronico. I certificati ufficiali:
• devono recare un codice unico;• possono essere sottoscritti solo se completi in
Figura 1 – Il processo di certificazione ufficiale.
Richiesta di rilascio
di un certificato ufficiale (da parte di un operatore
o di un’autorità di controllo)
L’autoritàdi controllo rilascia
un certificato ufficiale (cartaceo o elettronico)
L’autorità di controllo verifica e valuta i sistemi di autocontrollo dell’operatore e i relativi dati
L’autorità di controllo verifica l’accuratezza
e l’affidabilità dei dati accertati da un altro soggetto autorizzato
Nel caso in cui le verifiche dimostrino
che i pertinenti requisiti sono rispettati
L’autorità di controllo conduce i pertinenti
controlli ufficiali
L’autorità di controllo acquisisce i certificati
ufficiali da un’altra autoritàdi controllo, che garantisce
il rispetto dei requisitirichiesti
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v v
C
C
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Dossier
ogni loro parte (a meno che il modello pre-veda esplicitamente la possibilità che alcune parti non vengano compilate, nel qual caso è opportuno che le stesse vengano barrate);
• devono essere redatti in una o più lingue com-prese dal certificatore e, se del caso, in una delle lingue ufficiali dello Stato di destinazione;
• consentono l’identificazione della persona che li ha firmati e della data di rilascio;
• consentono di verificare il collegamento tra il certificato, l’autorità che lo ha rilasciato e gli animali o la merce cui il certificato si riferisce.
L’Unione ha raggiunto accordi con alcuni Paesi per l’inoltro dei certificati in forma elettronica (per esempio con il Canada, con Hong Kong, con il Cile). L’inoltro del certificato elettronico mediante il sistema Traces (acronimo di TRAde Control and Expert System), purtroppo, non sostituisce interamente l’obbligo di emissione anche di un certificato cartaceo, che deve accompagnare le merci, ed essere presentato congiuntamente a queste, a destino.
L’inoltro del certificato elettronico mediante il sistema Traces non sostituisce interamente l’obbligo di emissione anchedi un certificato cartaceo
In tutti i casi nei quali sia previsto il rilascio di un documento cartaceo, i certificati devono essere firmati con inchiostro e devono recare un sigillo/timbro ufficiale di colore diverso da quello impiegato per la riproduzione del modulo (per esempio, nel caso in cui questo sia stampato con inchiostro nero, firma e timbro dovranno essere di colore blu).
Nel caso in cui il certificato sia composto da più pagine, queste devono costituire un unicum (per esempio, un foglio in formato A3 piegato in due, così da presentare 4 facciate), oppure essere numerate con l’indicazione del numero progressivo e del numero totale delle pagine (1/4, 2/4 eccetera) e riportare su ciascun foglio il numero identificativo unico del certificato, il timbro e la firma del certificatore. Alcuni Paesi (per esempio, Federazione Russa, al-tri Paesi dell’Unione Euroasiatica e la Repubblica Popolare di Cina) richiedono che i certificati siano rilasciati su carata filigranata, a garanzia della loro autenticità.In tutti i casi, il certificato deve essere rilasciato prima che la partita cui si riferisce esca dal con-trollo dell’autorità competente che lo rilascia.
Dalle brevi note riportate, dovrebbe essere chiaro che la certificazione è un’attività com-plessa, che richiede notevole professionalità e la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti. Sia l’operatore richiedente, sia l’autorità com-petente che lo rilascia sono, infatti, investiti da responsabilità importanti e il mancato rispetto delle condizioni stabilite, oltre a comportare l’eventuale irrogazione delle sanzioni previste nel caso di certificazioni false o infedeli, po-trebbe costituire un serio ostacolo alle nostre esportazioni.
Per saperne di più
Sul tema si veda anche l’articolo:
• “Controlli ufficiali. Il nuovo regolamen-to europeo 2017/625”, di Antonio Menditto, Anna Giovanna Fermani, Alfredo Pecoraro, Emiliana Falcone, Paolo Stacchini, pubblicato su “Alimenti&Bevande” n. 5/2018, alle pagine 37-58.
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La sicurezza alimentare certificata come prerequisito per accedere alla distribuzione moderna
I dati relativi ai primi nove mesi del 20191 testimo-niano che l’industria alimentare italiana gode di buona salute, con una produzione industriale in
crescita del +2,5%, e una crescita delle esportazioni del +6%. Nel contesto di un mercato in evoluzione e sviluppo, la produzione costante di alimenti sicuri e di qualità rappresenta per gli operatori del settore alimentare e della distribuzione moderna una sfida da non perdere. D’altro canto, la sicurezza del prodotto alimentare viene percepita come un pre-requisito dal consumatore al momento dell’acquisto.Per questo motivo, negli anni si sono andati affer-mando sul mercato standard privati di certificazione della sicurezza e qualità degli alimenti. Nati come strumento di qualifica e monitoraggio dei fornitori di prodotti private label della distribuzione moderna, più recentemente si sono affermati come strumen-to principe dell’industria alimentare per infondere fiducia nei propri clienti. In Italia, la scelta delle aziende ricade essenzialmen-te su tre standard internazionali riconosciuti GFSI (Global Food Safety Initiative): IFS Food, BRCGS Food (GSFS) e FSSC 22000, in quanto permettono di proporsi con successo alla distribuzione moderna nazionale, europea ed extracomunitaria.Lo standard IFS Food è sorto dalla collaborazione tra la grande distribuzione di Francia, Germania, Italia e Spagna, con lo scopo di favorire l’efficace selezione dei fornitori food a marchio della Gdo, sulla base della loro capacità di fornire prodotti sicuri, conformi alle specifiche contrattuali e ai requisiti di legge. Lo standard BRCGS Food (GSFS) è nato in seno alla grande distribuzione organizzata inglese, come stru-mento di due diligence e di selezione dei fornitori della filiera agroalimentare, con lo scopo di assicu-rare la sicurezza alimentare e la tutela del marchio.Lo standard FSSC 22000 è una norma che consente lo sviluppo di un Sistema di gestione per la Sicurezza
alimentare, basato su norme ISO (ISO 22000:2018, ISO/TS 22002) e su un set di requisiti addizionali sviluppati dalla Fondazione FSSC.Accanto a questi schemi principali sono disponi-bili, inoltre, standard complementari di sicurezza alimentare, applicabili ad altri settori della filiera, come la distribuzione e logistica (ad esempio, IFS Logistics, BRCGS Storage & Distribution), la pro-duzione di materiali di imballaggio (ad esempio, BRCGS Packaging materials, FSSC 22000), le attività di intermediazione e commercio (ad esempio, IFS Broker, BRCGS Agents & Brokers).L’implementazione di questi standard permette alle aziende di dotarsi di sistemi efficaci per garantire la sicurezza alimentare e la qualità delle produzioni, accrescendo la fiducia degli stakeholder, la prote-zione del proprio marchio e favorendo l’accesso ai mercati internazionali.
Giulio BattistellaScheme Manager, CSQA Certificazioni
CSQA è un organismo di certificazione leader in Italia nel settore della sicurezza alimentare, rico-nosciuto ed accreditato per l’esecuzione di audit a fronte degli standard IFS Food, BRCGS Food (GSFS) ed FSSC 22000.
CSQA Certificazioni S.r.l.Via S. Gaetano, 74 36016 Thiene (VI)Tel. 0445 313011 [email protected] www.csqa.it
Certificazioni: CSQA Certificazioni
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Dalle Aziende
CERTIFICAZIONI
1 Ismea. AgrOsserva - La congiuntura agroalimentare, III trimestre 2019. Novembre 2019.
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
L’Accordo di Partenariato economico (Economic Partnership Agreement, EPA) tra Unione eu-ropea e Giappone è entrato in vigore il 1°
febbraio 2019, al termine di una fase negoziale durata più anni. Questo Accordo ha un importante valore politico ed economico, in quanto nel suo complesso:
• copre quasi un terzo del Pil mondiale;• apre l’accesso ai rispettivi mercati attraverso
l’abbattimento delle barriere tariffarie e non tariffarie, la tutela delle indicazioni geografiche e dei diritti di proprietà intellettuale, la prote-zione degli standard dell’UE e l’armonizzazione normativa tra le due economie.
L’EPA ha aperto nuove opportunità per molte imprese italiane. Il Giappone rappresenta, infat-ti, il 6° mercato di sbocco per le merci italiane nell’area extra-UE e il 2° in Asia. Nei primi mesi del 2019, successivamente all’entrata in vigore
dell’Accordo, sono stati registrati incrementi si-gnificativi dell’export, cresciuto del 15,1% nel periodo gennaio-maggio rispetto allo stesso arco temporale del 2018, con ottimi risultati in alcuni comparti, tra cui l’agroalimentare (fonte: SACE). L’EPA offre delle opportunità per l’export di merci italiane in diversi settori, tra cui quello dei prodotti agroalimentari.
L’abbattimento dei dazi e delle altre barriere non tariffarie
L’Accordo prevede l’eliminazione della maggior parte dei dazi sulle merci scambiate fra le parti. Oltre il 90% delle barriere tariffarie sui beni eu-ropei diretti in Giappone è stato abolito o ridotto già dall’entrata in vigore dell’Intesa, e, una volta a regime, si arriverà alla soglia del 97%. Il settore vinicolo, in particolare, ha beneficiato dell’eliminazione dei dazi, pari al 15%, che sono stati liberalizzati sin dall’entrata in vigore dell’Ac-cordo. Per altre linee tariffarie agricole europee sono, invece, previsti contingenti tariffari annuali, ad esempio per il grano e prodotti di grano, lo zucchero, il burro, il caffè e i formaggi. Per pasta, cioccolato, biscotti e salsa di pomodoro sono stati concordati periodi di transizione dai 10 ai 5 anni, fino ad arrivare all’azzeramento del dazio. Si tratta
L’Accordo UE-Giappone, in vigore da circa un anno, ha aperto nuove opportunità per molte imprese italiane. Il punto sulle novità introdotte
di Mariarita Simona SardellaDirettore Ufficio Origine e Valore, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
Indicazioni geografiche, origine, misure sanitarie e fitosanitarie
Export in GiapponeCosa prevede l’accordo con l’UE
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Dossier
Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
di risultati importanti, in quanto i dazi, in alcuni casi, hanno un’incidenza significativa, come, nel caso dei formaggi, tra il 22,4% ed il 40%. Altro importante risultato nel settore agroalimen-tare è dato dal riconoscimento per l’UE di 205 indicazioni geografiche europee, che avranno in Giappone lo stesso livello di tutela che ricevono nell’Unione; di queste, 45 sono italiane, delle quali 26 vinicole.
Sono state riconosciute 205 indicazioni geografiche europee, di cui 45 italiane
L’eliminazione delle barriere non tariffarie rappre-senta un elemento essenziale per la reale apertura
dei mercati. Ci si riferisce ad una serie di rego-lamenti, certificazioni o requisiti tecnici partico-larmente onerosi per le aziende che vendono in Giappone.
Le procedure doganali per esportare in Giappone
Sul piano delle procedure doganali per il ricono-scimento dell’origine, l’Accordo ha un carattere particolarmente innovativo: recepisce alcune delle modifiche più recenti del panorama normativo do-ganale unionale, come l’utilizzo del sistema REX1. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, con la circolare n. 1/D del 22 gennaio 2019, ha fornito specifiche istruzioni operative per la concreta ap-plicazione dell’EPA. Le regole, i criteri e i requisiti dell’origine preferenziale delle merci sono indicati
1 In un’ottica di semplificazione e razionalizzazione della normativa doganale e per agevolare la certificazione dell’o-rigine preferenziale all’interno del Sistema di Preferenze Generalizzate, il regolamento (UE) 952/2013 ha istituito un sistema per registrare gli esportatori autorizzati, ai quali è consentito certificare l’origine delle merci: il sistema degli esportatori registrati (REX).
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
nella Sezione A del Capo 3 dell’Accordo ed è pre-visto che, ai fini del trattamento preferenziale, i prodotti debbano essere:
• interamente ottenuti (prodotti primari nello stato naturale o prodotti derivati da prodotti integralmente originari di una delle parti);
• prodotti fabbricati utilizzando materiali non originari purché sottoposti a delle lavorazioni ritenute sufficienti in base alle specifiche regole di origine previste dall’Accordo.
Una novità prevista dall’EPA è la regola del “cumulo”:
• bilaterale per i prodotti originari di una delle parti, che possono essere lavorati o incorporati nei prodotti originari dell’altra, come se fossero originari di quest’ultima;
• totale o ampliato, che dà la possibilità di ef-fettuare lavorazioni con materiali non origi-nari della zona delle due parti dell’Accordo per determinare se un prodotto sia originario dell’altra parte.
Riguardo alle prove di origine, ai fini del tratta-mento preferenziale, le imprese non dovranno produrre un documento ad hoc, come il certificato EUR 1, per certificare l’origine preferenziale dei prodotti, ma è sufficiente un’attestazione da parte del soggetto esportatore per un’unica spedizione di uno o più prodotti o per spedizioni multiple di prodotti identici in un determinato periodo di tempo, non superiore a 12 mesi o la “conoscenza dell’importatore”. L’attestazione di origine deve essere redatta su una fattura o qualsiasi altro documento commerciale che descriva dettagliatamente il prodotto origina-rio, in modo da consentirne l’identificazione. La dichiarazione ha validità di 12 mesi dall’emissione. Una novità importante riguarda la possibilità dell’e-sportatore di emettere un’attestazione di origine non solo per una singola spedizione di uno o più prodotti, ma anche per spedizioni multiple di pro-dotti identici, entro un periodo comunque non superiore a 12 mesi. Nell’attestazione di origine l’esportatore dovrà indicare uno o più codici, sulla base delle regole applicate, ai fini della determinazione dello status
di prodotto originario. La richiesta di riconoscimento del trattamento tariffario preferenziale su prodotti originari può essere basata anche sulla conoscenza, da par-te dell’importatore, del carattere originario del prodotto. Gli esportatori nazionali e UE, per poter effettuare operazioni di export entro l’ambito dell’EPA, per un valore superiore a euro 6.000, ai fini della emis-sione delle relative attestazioni di origine, devono essere registrati al sistema REX, come previsto dall’articolo 68 del regolamento di esecuzione (UE) 2447/2015. Le imprese già registrate nel sistema REX possono regolarmente operare entro l’ambito dell’EPA, mentre gli altri dovranno presentare domanda di registrazione all’Ufficio delle Dogane.Nel caso in cui si utilizzi come prova d’origine la “conoscenza dell’importatore”, non è necessaria la registrazione nel sistema REX dell’esportatore, in quanto tale prova è alternativa alla dichiarazione di origine. L’esportatore, in questo caso, dovrà solo fornire al suo acquirente/importatore tutte le informazioni occorrenti a dimostrazione del ca-rattere originario delle merci. L’importatore dovrà quindi disporre di tutte le informazioni occorrenti alla determinazione del carattere originario del prodotto, fornite dal venditore.
Le misure per l’importazione di prodotti agroalimentari
Un capo dell’Accordo è specificamente dedicato alle misure sanitarie e fitosanitarie. Le norme di sicurezza alimentare giapponesi, come quelle euro-pee, sono tra le più esigenti al mondo e il livello di tutela che garantiscono permane anche in vigenza dall’Accordo commerciale UE-Giappone. I prodotti importati dal Giappone devono, dun-que, essere conformi alle norme UE e analoga-mente accadrà in Giappone. Tutte le importa-zioni di prodotti di origine animale nell’UE dal Giappone continueranno, inoltre, a dover essere accompagnate da un certificato veterinario, come avviene oggi.Le misure sanitarie e fitosanitarie (Sanitary and Phytosanitary Measures, SPS) citate nell’Accordo sono le norme, le leggi e i regolamenti, che
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
mirano a garantire la sicurezza alimentare e la salute degli animali e delle piante. Assicurano, inoltre, che i prodotti alimentari immessi sul mercato, compresi quelli importati, siano sicu-ri per i consumatori. Su tale delicata materia, l’Accordo mira ad aiutare gli esportatori di una parte ad accedere al mercato dell’altra parte, con l’impegno di migliorare la trasparenza delle rispettive disposizioni sanitarie e fitosanitarie, nonché scambiare informazioni sulle disposizioni legislative e regolamentari relative alle misure SPS che incidono sugli scambi.
Un capo dell’Accordo è dedicato alle misure sanitarie e fitosanitarie
L’EPA ribadisce diritti ed obblighi delle parti nell’ambito dell’Accordo SPS dell’Organizza-zione mondiale del Commercio, riconoscendo la regionalizzazione come base per consentire le importazioni da zone indenni da malattia.Tali impegni giovano agli esportatori agroali-mentari europei perché contribuiscono a garan-tire che ostacoli ingiustificati di natura sanitaria e fitosanitaria non impediscano ai loro prodotti di entrare nel mercato giapponese.Il Capo dedicato alle misure sanitarie e fitosani-tarie comprende anche modalità per semplificare le procedure di approvazione delle importazioni in Giappone di alimenti provenienti dall’UE, il che dovrebbe ridurre il tempo necessario al Giappone per concedere tali autorizzazioni. In sede di Accordo, è stato convenuto di istituire un comitato misto e altri canali di comunicazio-ne, al fine di affrontare tempestivamente le que-stioni relative alle misure sanitarie e fitosanitarie.
Conclusioni della prima riunione del Comitato congiunto
Il 26 giugno scorso, si è tenuta a Bruxelles la prima riunione del Comitato congiunto UE/Giappone, al fine di verificare e monitorare i risultati dell’Accordo. Nell’incontro sono state affrontate questioni relative alla concreta applicazione dell’Accordo e sono state concordate, dalle due parti, azio-ni finalizzate a garantire un ampio e ottimale utilizzo, da parte degli operatori economici, delle disposizioni in esso contenute, anche alla luce delle criticità emerse nel corso del primo periodo di applicazione. Dell’incontro e degli esiti emersi, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha dato notizia con una nota dello scorso 30 luglio, prot. 93087/RU2. Tra le conclusioni di maggior rilievo, come se-gnalato nella nota citata, vi è l’impegno delle parti a ritenere sufficiente l’attestazione di o-rigine indicata dagli esportatori unionali sui documenti commerciali senza richiedere altre dichiarazioni o informazioni aggiuntive, rinvian-do eventuali ulteriori controlli ad un momento successivo. Dallo stesso Comitato era, inoltre, emerso che il Giappone avrebbe introdotto una nuova pro-cedura, con decorrenza dal 1° dicembre 2019, basata sull’individuazione di un codice da in-dicare sulla bolletta doganale di importazio-ne, al quale collegare l’attestazione di origine dell’esportatore. Riguardo, invece, al documento ove apporre l’attestazione di origine, le parti hanno concor-dato che tale attestazione possa essere stam-pata su un documento a sé stante, a condizio-ne che i documenti commerciali lo citino o ne facciano riferimento.
2 Leggi la nota all’indirizzo web https://www.adm.gov.it/portale/documents/20182/4658375/Nota+prot.+93087-RU+-del+30-07-2019.+Accordo+di+partenariato+economico+UE-Giappone.pdf/3952c840-2a62-4d0b-be11-b-56c15ee9305
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Dossier
In Cina ha, di recente, avviato la sua attività la nuova Agenzia per la Sicurezza alimen-tare – lo “State Administration for Market
Regulation” (Samr) –, che accorpa le compe-tenze precedentemente proprie dell’Agenzia cinese per gli Alimenti e i Medicinali (Cfda), dell’Amministrazione di Stato per l’Industria e il Commercio (Saic) e dell’Amministrazione di Stato per la Supervisione della Qualità, Ispezione e Quarantena (Aqsiq), oltre a quelle dell’Autorità doganale cinese (Gacc), dell’Autorità per l’Ispe-zione e la Quarantena dei Prodotti importati ed esportati (Ciq), dell’Autorità per la Certificazione e l’Accreditamento (Cnca) e dell’Autorità per la Standardizzazione (Sac). Cfda, Aqsiq e Saic oggi non esistono più, Cnca e Sac, che in precedenza facevano riferimento
all’Aqsiq, sono ora sotto la supervisione di Samr, mentre Ciq – precedentemente referente a Aqsiq – è ora inclusa nel Gacc. Uno scioglilingua!Di seguito, si riportano alcuni dei settori di inter-vento del Samr:
• registrazione delle aziende;• controllo dei prezzi;• applicazione della concorrenza anti-monopolio
e anti-slealtà;• corruzione commerciale;• violazione di marchi e brevetti;• sicurezza dei prodotti alimentari e industriali;• ispezione, certificazione e accreditamento della
qualità.
Etichettatura, la revisione dello standard GB 7718-2011
Il 2020 promette di essere un anno molto impor-tante per la normativa alimentare cinese, almeno per quanto riguarda l’etichettatura degli alimen-ti: a novembre è stata pubblicata una bozza di misure inerenti a tale tematica e il 31 dicembre è stata la volta della revisione dello standard GB 7718/-2011, che disciplina numerosi aspetti ine-renti all’etichettatura.Riportiamo, di seguito, un breve riassunto delle principali disposizioni previste dallo standard.
Oltre alla riorganizzazione dell’Agenziaper la Sicurezza alimentare, di recentesono state introdottenumerose novità in materia di etichettatura
di Claudio Gallottini* e Noemi Trombetti*** Ceo ITA Corporation ** Managing Director ESI - Euroservizi Impresa
Tra accorpamento delle competenze e nuovi standard
CinaLa sicurezza alimentare è in evoluzione
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Dossier
Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Allergeni
Gli allergeni che è obbligatorio inserire in etichetta sono suddivisi in 8 categorie:
• cereali;• crostacei;• pesce;• uova;• arachidi;• soia;• latte • noci.
L’indicazione di ulteriori allergeni è volontaria.
L’indicazione del quid di un ingrediente
Alcune disposizioni chiariscono quando un in-grediente viene considerato “enfatizzato” nella
presentazione di un prodotto e, di conseguenza, è necessario indicarne la quantità (il cosiddetto “quid”). Gli ingredienti riportati in etichetta o nelle i-struzioni per l’uso di un prodotto alimentare non sono considerati enfatizzati quando sono menzionati:
• in avvertenze al consumo (ad esempio, nella segnalazione di allergie);
• in ricette o suggerimenti di abbinamenti;• solo per la descrizione di proprietà sensoriali,
come l’aroma e il sapore.
Gli ingredienti menzionati nel nome di un prodotto alimentare sono, invece, considerati enfatizzati, tranne che nei seguenti casi:
• il nome del prodotto alimentare è identico o è equivalente a quello fornito da uno standard nazionale, industriale o locale;
• il contenuto di ingredienti o componenti è già regolato da standard nazionali, industriali o locali;
• l’ingrediente o il componente è usato solo per descrivere proprietà sensoriali o speci-fiche fisiche del prodotto alimentare.
La grafica o l’immagine stampata sulla con-fezione per descrivere proprietà sensoriali, se correlata a un alimento o a un ingrediente ali-mentare, non costituisce enfasi. Tuttavia, non è consentito utilizzare l’immagine di materie prime o alimenti nel caso in cui il prodotto alimentare contenga solo le essenze correlate.Quando si utilizza la dicitura “no” o “senza”, il contenuto dell’ingrediente o del componente cui si riferisce deve essere pari a zero. Non so-no comunque consentite diciture come “senza aggiunta di”, “senza uso di” o sinonimi. Claim negativi come “senza” e “non contiene” non sono consentiti per:
• additivi;• contaminanti;• altre sostanze non ammesse.
Il termine “non Ogm” è proibito.Un prodotto italiano con etichetta predisposta per la vendita in Cina.
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
Paese d’origine
Quando due o più Paesi sono coinvolti nella produzione di un prodotto alimentare, il Paese d’origine è quello in cui viene effettuata la tra-sformazione sostanziale.È consentito indicare anche il Paese o la Regione di origine di materie prime o ingredienti.
Caratteri
Le dimensioni minime delle indicazioni obbliga-torie da inserire in etichetta sono di 1,8 mm per i prodotti alimentari con una superficie maggio-re di 60 cm2 (in precedenza, tale disposizione valeva solo per i prodotti alimentari con una superficie maggiore di 35 cm2).
Sei nuovi ingredienti
La Commissione sanitaria nazionale cinese (Nhc) ha pubblicato l’avviso 2019_8, che specifica sei nuovi ingredienti – Angelica, zenzero di sabbia, zafferano, cardamomo nero, curcuma e pepe lungo – da considerare sia ingredienti alimen-tari che ingredienti della medicina tradizionale cinese (Tcm).Ai sensi della Legge sulla Sicurezza alimentare,
in Cina nessun Tcm può essere utilizzato negli alimenti, a meno che non sia incluso nell’elenco dei Tcm consentiti per tale impiego.Con specifico riferimento ai sei nuovi ingre-dienti specificati nell’avviso 2019_8, la vera novità è costituita dall’Angelica, tradizional-mente consumata come spezia e condimento e inclusa nella Farmacopea cinese del 2015, dove sono presenti anche lo zenzero di sabbia, lo zafferano, il cardamomo nero, la curcuma e il pepe lungo, inclusi, inoltre, nello standard GB/T 12729.1-2008.
Al via il nuovo standard sul bio
Il 1° gennaio è entrato in vigore lo standard GB 19630-2019 sugli alimenti biologici.Per essere etichettato come biologico ( ), un prodotto deve contenere ingredienti bio certi-ficati non inferiori al 95%.Gli additivi consentiti nella fase di produzione sono stati ampliati, mentre sono stati specificati i detergenti e i disinfettanti che possono essere utilizzati per la coltivazione di piante bio.
Due nuove bozze di standard
È stata, di recente, emessa una bozza di revi-sione dello standard GB 2762-2017, che fissa nuovi limiti massimi per i residui di:
• piombo;• cadmio;• mercurio;• arsenico;• benzoapyrene;• PCB bifenili policlorurati;• nitrati e nitriti.
È stata, inoltre, pubblicata una bozza di re-visione dello standard GB 29921-2013, che introduce:
• un limite massimo per i batteri patogeni nei latticini e negli alimenti dietetici speciali;
• l’appendice “Classificazione degli alimenti”, per interpretare al meglio lo standard.
L’Angelica, consumata come spezia e condimen-to, è usata anche nella medicina tradizionale cinese.
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Il sistema di controllo e regolamentazione è ormai consolidato
Il Brasile è un Paese molto vasto con una po-polazione stimata di 206.081.432 abitanti. Una combinazione di fattori, come il clima
favorevole, gli investimenti nelle tecnologie, una grande quantità di aree destinate ai seminativi e la qualità dei propri alimenti, hanno contribuito a farlo diventare uno dei maggiori produttori ed esportatori di prodotti alimentari nel mondo. Nel 2012, il Brasile è stato considerato uno dei primi 10 Paesi al mondo nel settore zootecnico ed agricolo nonché uno dei 20 Paesi con il più alto valore di produzione di acquacoltura. L’agricoltura brasiliana si basa principalmente sulla coltivazione di soia, mais, riso, caffè, canna da zucchero, mentre gli allevamenti principali sono quelli di manzo e pollame.
Le autorità preposte a controllo e regolamentazione della sicurezza alimentare
In Brasile esiste un sistema consolidato di con-trollo e regolamentazione della sicurezza a-limentare, a livello sia federale sia regionale. Le agenzie federali responsabili del controllo degli alimenti comprendono il Ministero dell’A-gricoltura, del Bestiame e dell’Approvvigiona-mento alimentare (Ministério da Agricultura, Pecuária e Abastecimento, Mapa) e il Ministero della Salute, attraverso l’Agenzia nazionale di Sorveglianza sanitaria (Agência Nacional de Vigilância Sanitária, Anvisa). Come membro della Commissione del Codex Alimentarius, il Brasile ha implementato le normative federali e regionali, che com-prendono ora i programmi sulle Buone pra-tiche di Fabbricazione (Good Manufacturing Practice, Gmp), le procedure operative standard (Standard Operating Procedures, Sop) e l’Haccp, al fine di soddisfare quanto previsto dalle Linee guida del Codex Alimentarius, dalle direttive dell’Organizzazione mondiale della Sanità e, nel caso dei regolamenti, anche dalle Linee guida del “Mercado Comum do Sul” (Mercosur o Mercosul).
Sicurezza alimentarein BrasileAutorità e normativa
di Noemi TrombettiManaging Director, ESI - Euroservizi Impresa
Le autorità brasiliane preposte al controllo e alla regolamentazione della sicurezza alimentare e le principali norme che regolano la materia
Dossier
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
Le norme principali
La legge 986/1969, recante disposizioni sulla re-golamentazione sanitaria dei prodotti alimentari in Brasile, è stata istituita nel momento in cui il Brasile è entrato a far parte dell’Organizzazione mondiale del Commercio. La legge organica sulla salute (la n. 8080/1990), che regola il sistema sanitario unificato (Sistema Único de Saúde, Sus), definisce la sorveglianza sanitaria come una serie di azioni in grado di eliminare, ridurre o pre-venire i rischi per la salute e di intervenire in pubblico in merito a problemi di salute derivanti dall’ambiente, dalla produzione e circolazione di beni e servizi. La legge federale n. 9782/9919 delega, invece, la responsabilità per la regolamentazione, il controllo e l’ispezione di prodotti e servizi che comportano rischi per la salute pubblica agli impianti respon-sabili della trasformazione dei prodotti alimentari. Rientrano in tale norma i prodotti e i materiali ali-mentari, gli additivi, gli imballaggi, i contaminanti e i residui di farmaci. La qualità nutrizionale degli alimenti in Brasile è di competenza di due settori amministrativi del governo federale: l’Organismo di coordinamen-to generale per l’Alimentazione e la Nutrizione
(Coordenação-Geral de Alimentação e Nutrição, Cgan/Dab/Ms) presso il Ministero della Sanità e la Direzione generale per gli Alimenti (Gerência-Geral de Alimentos, Ggali/Anvisa). Il primo è respon-sabile dell’attuazione della politica nazionale in materia di alimenti e nutrizione (Política Nacional de Alimentação e Nutrição, Pnan) e la seconda della programmazione del controllo sanitario degli alimenti.
I produttori primari e le industrie hanno compiuto importanti sforzi per adattare le proprie normative e procedureagli standard più restrittivi e alle esigenze specifiche dei mercati di altri Paesi
Come già specificato, le norme tecniche in vigore stabilite da Mapa e Anvisa negli ultimi
Le principali autorità governative in materia di Qualità e Sicurezza alimentare e i programmi di monitoraggio della Mapa.
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
decenni sono conformi alle Linee guida e alle direttive internazionali, comprendenti i pro-grammi Gmp, Sop e Haccp. Procedure più complesse volte a migliorare la gestione della sicurezza alimentare sono state messe a punto dalle autorità competenti, come quelle relative allo sviluppo e all’attuazione delle procedure operative standard di sanificazione (Ssop) e dell’Haccp nella filiera della carne destinata all’esportazione e alla creazione di programmi di autocontrollo comprendenti Ssop e Gmp in aziende di trasformazione di prodotti di origine animale. Vale la pena ricordare che gli attuali standard microbiologici per gli alimenti in vigore in Brasile si basano su un rego-lamento pubblicato dal Ministero della Salute nel 2001, ora in fase di revisione. L’Haccp e i suoi prerequisiti sono obbli-gatori, così come le Gmp e le Sop, che lo sono diventate rispettivamente nel 1997 e nel 2004. Le Gmp comprendono le attività di:
• controllo sanitario del personale;• controllo dell’approvvigionamento
idrico;• controllo degli ingredienti e dei for-
nitori;• controllo integrato dei parassiti;• controllo dell’accesso dei visitatori;• manutenzione della struttura azien-
dale, delle attrezzature, degli utensili, dei sistemi di scarico dell’aria e dei requisiti di igiene ambientale.
Vi sono poi regolamenti specifici per le singole filiere alimentari (ad esempio, alimenti e be-vande preparati con verdure, acqua minerale naturale, arachidi trasformate e prodotti deri-vati, frutta e verdura in scatola, gelati e prodotti correlati, cuore di palma in scatola, sale per consumo umano). Le Sop, introdotte in Brasile nel 2002, sono invece definite come un documento che de-scrive in modo conciso, passo dopo passo, le procedure applicate alle operazioni di routine e a quelle specifiche durante la produzione,
lo stoccaggio e il trasporto di alimenti. Per il rispetto delle Sop, l’Associazione brasiliana delle norme tecniche (Associação Brasileira de Normas Técnicas, Abnt) ha emanato la norma ABNT/ISO NBr 22000/2006. Il Governo, inoltre, ha messo a punto anche programmi federali volti a migliorare le tecnologie e le infrastrut-ture degli stabilimenti destinati alla produzione alimentare e, di conseguenza, la qualità e la sicurezza degli alimenti. Si stima che da luglio 2016 a giugno 2017 il governo federale, attraverso il Piano annuale
Agricolo e Zootecnico, abbia investito circa 56,4 miliardi di dollari Usa nella produzione e com-mercializzazione di prodotti agricoli. Oltre alle misure normative del governo bra-siliano, i produttori primari e le industrie han-no compiuto importanti sforzi per adattare le proprie normative e procedure agli stan-dard più restrittivi e alle esigenze specifiche dei mercati di altri Paesi, quali il Global Food Safety Initiative (Gfsi), che consente loro di commercializzare a livello internazionale i pro-pri prodotti.
Il sistema normativo brasiliano sulla sicurezza alimentare.
Mercosul Linee guidaCodex Alimentarius
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
La produzione di prodotti alimentari in Russia ha attraversato un periodo di sviluppo e crescita alternati. A causa del divieto di importazione
di generi alimentari da Stati Uniti, Unione europea, Canada, Australia e Norvegia a partire dal 2014, in risposta alle sanzioni occidentali imposte alla Russia in relazione alla crisi nell’Ucraina orientale, la politica agricola russa ha posto una forte enfasi sulla sostitu-zione delle importazioni con il sostegno dello sviluppo attivo del proprio comparto alimentare.
Il Sistema Giuridico russo
La caratteristica più importante del Sistema Giuridico russo è la divisione in rami del diritto. La scissione
del diritto in diritto privato (jus privatum) e pubblico (jus publicum) è radicata nel diritto romano ed è associata alla naturale distinzione tra interessi privati e interessi della società e dello Stato. Tuttavia, nel Sistema Giuridico russo il diritto privato, che non ha ancora acquisito un “posto legittimo” a causa di un livello molto basso di sviluppo dell’imprenditorialità e del ruolo del Governo in campo economico, è stato rilevato dal diritto pubblico.Altri elementi caratterizzanti il Sistema Giuridico russo sono i seguenti:
• la fonte di legge più importante è l’atto normativo ( );
• la legge è emanata da un legislatore;• le leggi sono codificate;• è organizzato su base federale come il Sistema
Giuridico statunitense: ogni soggetto della Fe-derazione Russa (RF) ha il suo sistema normativo con le sue caratteristiche, ma la normativa gerar-chicamente prevalente è quella della RF.
Le norme sulla sicurezza alimentare
La normativa alimentare russa è complessa, non definita e comprende la Legge Agraria, che tuttavia non si occupa direttamente di prodotti alimentari, ma regola le questioni agricole inerenti ai terreni e
La normativa alimentare russa è complessa e si muove tra le norme federali e i regolamenti tecnici dell’Unione Economica Eurasiatica, di cui fa parte la Federazione Russa
di Claudio GallottiniCeo ITA Corporation
Tra norme federali e regolamenti dell’Unione doganale Eaeu
Federazione RussaSicurezza alimentaree complessità normativa
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Dossier
Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
alla loro proprietà, al lavoro e ai procedimenti ammi-nistrativi connessi, coprendo, in parte, la normativa sulla produzione, la trasformazione, lo stoccaggio e la vendita di prodotti agricoli. A differenza di quanto avviene nell’Unione europea con il regolamento (CE) 178/2002, che è il fon-damento della legislazione dell’UE in materia di alimenti e mangimi, nella Federazione Russa non è stata adottata una “legge alimentare orizzontale” che regoli il settore. Pertanto, al fine di evidenziare i principi generali su cui si basa la normativa alimentare nella Federazione, è necessario analizzare un gran numero di fonti normative primarie (le leggi federali) e secondarie (statuti, diretti e ordini). Comprende, infatti, atti giuridici che disciplinano le attività in materia di protezione dei consumatori, standardizzazione tec-nica, certificazione e registrazione di tali prodotti, regolamenti di esportazione e importazione e altre leggi correlate inerenti ad alimenti e bevande. Da un lato, inoltre, è influenzata dalla sicurezza nazionale, che funge da politica per lo sviluppo della legislazione nel settore alimentare, e contiene i requisiti legali delle leggi costituzionali, civili, am-ministrative, agrarie, il codice civile, il codice penale e il codice sulle norme amministrative per i reati. Dall’altro, invece, poiché la Federazione Russa è uno Stato membro dell’Unione Economica Eurasiatica (Eaeu), comprende anche i regolamenti tecnici Eaeu sui prodotti alimentari.
La normativa federale
Per quanto riguarda la normativa federale, la regola-mentazione tecnica, la standardizzazione e la certifi-cazione dei prodotti alimentari fanno riferimento a:
• la legge federale n. 184-FZ del 27 dicembre 2002 sulla regolamentazione tecnica;
• la legge federale n. 162-FZ del 29 giugno 2015 sulla standardizzazione nella Federazione Russa.
La definizione del termine “standardizzazione” è stata sviluppata dall’Organizzazione internaziona-le per la Standardizzazione (ISO), approvata dal Consiglio ISO nel 1962 e introdotta nell’allora Urss dal sistema statale di standardizzazione GOST 1.0-68. La legge federale sulla regolamentazione tecnica
definisce la standardizzazione come l’attività di defi-nizione di regole e caratteristiche ai fini del loro uso volontario multiplo, finalizzato al raggiungimento dell’ordine nella produzione e circolazione dei pro-dotti e all’aumento della competitività di prodotti, lavori e servizi.L’essenza della standardizzazione è garantire una qualità di prodotti, lavori e servizi superiore a quella richiesta dalle norme tecniche che, al contrario, stabiliscono solo requisiti minimi per i prodotti e i processi correlati. Allo stesso tempo, l’applicazione delle norme è esclusivamente vo-lontaria, mentre i requisiti delle norme tecniche sono obbligatori. I documenti di standardizzazione nell’industria ali-mentare comprendono documenti normativi e docu-menti tecnici. I documenti normativi sono standard interstatali (regionali), standard nazionali, standard delle imprese. I documenti tecnici sono, invece, specifiche tecniche per un particolare prodotto o gruppo di prodotti, istruzioni tecnologiche, ricette, ordini per la produzione di prodotti, consumo di materiali e materie prime. I documenti obbligatori per la produzione alimentare riguardano:
• standard di prodotto ( ) o spe-cifiche tecniche per i prodotti ( );
• istruzioni tecnologiche per la produzione; • composizione del prodotto.
Gli utenti degli standard sono:
• produttori di prodotti (imprese e persone che esercitano un’attività autonoma);
• consumatori (organizzazioni commerciali;) • enti statali per la supervisione di standard e qua-
lità dei prodotti (Servizi Sanitari, Servizi Veteri-nari, Centri di Standardizzazione e Metrologia, laboratori accreditati).
Le norme nazionali “ ” e interstatali “ ” contengono le seguenti informazioni:
• approvvigionamento delle materie prime; • requisiti tecnici (requisiti tecnici generali); • regole di accettazione e metodi di prova; • imballaggio, etichettatura, trasporto e stoccag-
gio;
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Dossier
• marcatura.
Il modo più efficace per confermare che i prodotti e i servizi forniti dai produttori siano conformi ai requisiti stabiliti è la certificazione, introdotta nel-la Federazione Russa, come misura di protezione contro prodotti pericolosi e di cattiva qualità, con la legge federale n. 2300-1 del 7 febbraio 1992 sulla protezione dei diritti dei consumatori, che ne ha istituito l’obbligatorietà per la sicurezza dei prodotti rivolti ai consumatori.
La Strategia di Sicurezza alimentare russa
Il concetto di “sicurezza alimentare”, nel senso di sicurezza economico-sociale di disporre di cibo a sufficienza (la cosiddetta “food security”), è stato introdotto per la prima volta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricol-tura (Fao) nel 1974 durante la Conferenza mondiale sui Problemi alimentari. Nella Federazione Russa, il problema della food security è diventato oggetto di attenzione negli anni ‘90 e per risolverlo sono stati adottati numerosi atti legislativi. Tra questi, i più importanti sono stati la Strategia di Sicurezza nazionale fino al 2020 e la Dottrina della Sicurezza alimentare della Federazione russa. La prima mira a garantire:
• il raggiungimento dell’indipendenza alimentare della Federazione Russa;
• lo sviluppo accelerato e la modernizzazione dei complessi agroindustriali e della pesca, dell’indu-stria alimentare e delle infrastrutture del mercato interno;
• il sostegno statale ai produttori agricoli e l’espan-sione del loro accesso ai mercati dei prodotti;
• la prevenzione dell’esaurimento delle risorse del suolo, la riduzione dei terreni agricoli e dei seminativi;
• la prevenzione delle vendite incontrollate di or-ganismi geneticamente modificati da rilasciare nell’ambiente e prodotti ottenuti utilizzando o contenenti tali organismi;
• il miglioramento del sistema di regolamentazione tecnica, sorveglianza sanitaria e fitosanitaria, e controllo nel campo della sicurezza alimentare per la salute umana;
• la formazione di scienziati e specialisti altamente qualificati nel settore agricolo.
L’adozione della legge federale n. 184-FZ del 27 dicembre 2002 sulla regolamentazione tecnica ha stabilito requisiti obbligatori per prodotti, processi di produzione, funzionamento, stoccaggio, trasporto, vendita e smaltimento, esecuzione di lavori e ser-vizi, nonché per la valutazione e la conferma della conformità dei prodotti.
Il ruolo dell’Unione doganale Eaeu
Come già affermato in precedenza, la Federazione Russa è uno degli Stati membri dell’Unione Economica Eurasiatica, la seconda associazio-ne intergovernativa al mondo dopo l’UE per quanto riguarda la profondità e la dimensione dell’integrazione.L’Eaeu, in quanto organizzazione internazionale di integrazione economica regionale, ha iniziato ufficialmente la sua attività il 1° gennaio 2015, u-nisce cinque Stati – Federazione Russa, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia – e rappresenta un mercato unico con oltre 182,7 milioni di consu-matori e 43 aree di servizi. L’Eaeu sta lavorando per lo sviluppo e l’adozione di regolamenti tecnici. Tali regolamenti sono condivisi e si propongono i seguenti obiettivi:
• protezione della vita o della salute dei cittadini, proprietà di persone fisiche o giuridiche, pro-prietà statale o comunale;
• protezione dell’ambiente, della vita o della salute di animali e piante;
• prevenzione di azioni che inducono in errore i consumatori.
Quelli attualmente vigenti sono i seguenti:
• il regolamento tecnico dell’Unione doganale TR CU 021/2011 sulla sicurezza dei prodotti alimentari, che rappresenta un regolamento orizzontale generale sulle questioni di sicurezza alimentare per i prodotti alimentari per tutti gli Stati membri dell’Eaeu;
• il regolamento tecnico dell’Unione doganale TR CU 022/2011, che riguarda l’etichettatura.
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Esportare in... USA
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Il 2020 è cominciato ed il primo mese è già finito, ma noi di ESI – Euroservizi Impre-sa non abbiamo perso tempo. Abbiamo
cominciato l’anno utilizzando nell’industria agroalimentare, tra i primi in Europa, gli Smart Glass per la conduzione di audit da remoto. Grazie ad un’idea del dott. Claudio Gallot-tini, presentata allo IFT Next di Chicago nel 2018 e premiata come terza migliore inno-vazione negli Usa del 2018, a dicembre 2019 e gennaio di quest’anno abbiamo condotto più di 20 audit guidati da remoto. Il pilot ha avuto come obiettivo quello di testare l’usa-bilità dello strumento nell’industria alimentare, la gestione di problematiche legate alla privacy ed alla guida dell’auditor. Negli Usa, l’Ansi-Anab (American National Stan-dard Institute), su richiesta delle industrie, inizierà un pilot tra giugno e luglio di quest’anno. Tra breve tale tecnologia sostituirà lunghi e costosi spostamenti a carico delle aziende sottoposte ad audit con indubbi benefici.Nei primi giorni di febbraio abbiamo presentato a Roma, nell’ambito di un seminario di grande successo, organizzato in collaborazione con Nctm Studio Legale e dal titolo “Export New Era 2020 - Nord America, Cina e Brasile: mercati in evolu-zione”, il nuovo progetto Export EaSY Route per un export guidato step by step in Nord America.Grazie all’adesione di ESI al network internazio-nale ITA Group, ESI è oggi in grado di supportare l’export in modo semplice ed accessibile con la possibilità di offrire un pacchetto chiavi in mano per le aziende che vogliono esportare in Usa e Canada.In soli 3 mesi, ESI può renderti Fsma/Sfcr Ready e non solo per la sicurezza alimentare, ma può offrire un pacchetto completo con supporto nei servizi di trasporto, custom broker e magazzino presso il Paese di destino.Una volta completato il primo step, avrai la pos-sibilità di incontrare i buyer interessati al tuo prodotto.Grazie a professionisti di chiara fama, ESI è in grado
di prendere per mano qualsiasi realtà, portandola senza ostacoli nel mercato nord americano, un programma step by step per portare il Made in Italy nel mondo. La normativa è complessa: la scommessa di ESI è renderla semplice.Usa e Canada hanno introdotto nella propria nor-mativa di sicurezza alimentare un fattore premian-te per chiunque adotti uno Smart Tools. Noi di ESI siamo non solo attivamente impegnati nell’utilizzo di Smart Glass, ma siamo in grado di offrire un pilot su blockchain, big data per l’analisi dei pericoli e molto altro ancora! Seguici per restare sempre aggiornato per un export di successo nel mondo www.euroservizimpresa.it.
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INSERTO
• Frodi alimentari, metodi e tecnicheper smascherarle
• labNews
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Le frodi alimentari consistono nella produzione e nel commercio di alimenti che non rispettano le leggi in vigore nel settore enogastronomico. Si tratta di veri e propri inganni operati ai danni del consumatore. “lab” ha approfondito l’argomento con Angelamarisa Semeraro, Medico Veterinario dirigente, specializzata in Ispezione degli Alimenti di Origine animale, con un modulo professionale sui prodotti della pesca, presso l’ASUR Marche Area Vasta 5, di San Benedetto del Tronto.
a cura di Giovanni Abramo
Biologo
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Frodi alimentari,metodi e tecnicheper smascherarle
INSERTOAnno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
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Frodi alimentariIntervista a | Angelamarisa Semeraro, Medico Veterinario dirigente, specializzata in Ispezione degli Alimenti di
Origine animale, ASUR Marche Area Vasta 5 - San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno
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INSERTO Anno XXI - 3 - Aprile 2019 INSERTO Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
lab: Parliamo di frodi alimentari. Innanzitutto,
cosa si intende per frode alimentare secondo la
legge?
Angelamarisa Semeraro: In senso generico, con il
termine di “frode alimentare” si indica la produzione,
la detenzione, il commercio o la somministrazione
di alimenti non conformi alle leggi vigenti. Si tratta
di illeciti, soprattutto penali, perpetrati ai danni del
consumatore. O meglio, sono reati contro la legittima
aspettativa del consumatore di utilizzare un prodotto
alimentare igienicamente sicuro e di qualità nutri-
zionale. Sono attività criminali, note fin dai tempi
antichi, caratterizzate da azioni dolose, cioè derivanti
dalla volontà diretta del responsabile, che generano
sfiducia nel consumatore, a danno dei produttori one-
sti e possono compromettere la sicurezza alimentare.
Le cause possono essere diverse:
• volontà di ottenere un rapido profitto;
• studio di nuove tecniche per rallentare o mascherare
condizioni indesiderate dell’alimento o conferirgli
nuove caratteristiche;
• globalizzazione del mercato con l’ingresso di materie
prime da Paesi lontani, impiegati per sostituire i
prodotti “nostrani”;
• diffusione dei prodotti tradizionali, DOP, IGP, STG,
BIO che, pur essendo tutelati dai relativi discipli-
nari, sono maggiormente oggetto di contraffazione,
soprattutto all’estero, dove i prodotti italiani sono
particolarmente apprezzati. Infatti, è piuttosto noto
il fenomeno dell’Italian Sounding, che incide nega-
tivamente sull’esportazione dei prodotti italiani.
Numerose sono le leggi promulgate per contrastarle.
Considerata la globalizzazione del mercato interno
europeo e le differenze normative nel settore alimen-
tare dei diversi Stati membri, è sorta l’esigenza di
avere uno strumento comune, quale il Regolamento
(CE) 178/2002, la cui finalità è quello di garantire
un elevato livello di tutela della salute umana e
degli interessi dei consumatori, assicurando la
lealtà delle transazioni commerciali. In sintesi, si
vogliono prevenire le pratiche fraudolente. Da que-
sto Regolamento, sono poi scaturite altre normative
europee che disciplinano la produzione e il com-
mercio degli alimenti, prendendo in considerazione
l’approccio di filiera alimentare, responsabilizzando
l’Operatore del Settore Alimentare (OSA) e tute-
lando il consumatore, per finire al Regolamento
(CE) 625/2017, essendo entrato in applicazione dal
14 dicembre 2019, che indirizza le Autorità com-
petenti nell’ambito dei controlli ufficiali, a tenere
in considerazione i rischi e le probabilità che vi
siano pratiche fraudolente o ingannevoli nella filiera
agroalimentare, delegando, poi, gli Stati membri
affinché le sanzioni pecuniarie per frodi debbano
rispecchiare, come minimo, il vantaggio economico
per l’operatore o, se del caso, una percentuale del
fatturato dell’operatore.
In Italia, le frodi sono regolamentate dal Codice pe-
nale, titolo VI, Capo II “dei delitti di comune pericolo
mediante frode”, con gli art. 438, 439, 440, 442, 444 e
dal titolo VIII, Capo II “dei delitti contro l’ industria
ed il commercio”, con gli art. 515 e 516 e dall’art. 5
della Legge 283/62, seppure quest’ultima legge sia in
fase di revisione.
lab: Quali e quanti tipi di frodi si conoscono e
qual è la pericolosità per la salute del consu-
matore. Può farci qualche esempio a riguardo?
AS: Dobbiamo considerare essenzialmente due tipo-
logie: frodi sanitarie, dette anche frodi tossiche, in
quanto possono, con certezza o probabilità, provocare
nocumento ai consumatori, e frodi commerciali, in
quanto favoriscono un illecito profitto a danno del
consumatore senza necessariamente arrecare nocu-
mento alla sua salute.
In base agli effetti esercitati sulla qualità intrinseca
degli alimenti, le frodi sanitarie comprendono:
alterazioni, adulterazioni e sofisticazioni. Le frodi
commerciali, invece, comprendono: falsificazioni
e contraffazioni. Non sempre, però, c’è una netta
divisione tra frodi sanitarie e commerciali, in quanto
i due fenomeni molto spesso coesistono.
Più nel dettaglio, le alterazioni consistono in
modifiche delle caratteristiche organolettiche e/o
chimico-fisiche dell’alimento, causate da fenomeni
degenerativi spontanei a seguito di cattiva o prolun-
gata conservazione, spesso da attribuire a negligenza.
Alcuni esempi: latte fresco venduto cagliato, vino
venduto inacidito, olio venduto rancido.
Le adulterazioni consistono in modifiche della
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Tecniche di laboratorio
Angelamarisa Semeraro, Medico Veterinario dirigente, specializzata in Ispezione degli Alimenti di Origine animale, ASUR Marche Area Vasta 5 - San Benedetto del Tronto, Ascoli Piceno.
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composizione originale di un prodotto mediante
sostituzione di elementi propri dell’alimento con
altri estranei o per aggiunta o sottrazione volontaria
e non dichiarata di alcuni componenti per ottenere
un tornaconto economico. Esempi sono la sottrazione
di grasso al latte e la vendita di latte scremato per
intero, l’aggiunta di olio di semi all’olio di oliva per
venderlo come olio di oliva puro e la sostituzione
dell’alcol etilico con il metanolo, per aumentare il
grado alcolico del vino.
Le sofisticazioni consistono in modifiche della com-
posizione originaria dell’alimento tramite aggiunta
di sostanze estranee, con lo scopo di migliorarne
l’aspetto o coprire difetti o facilitare la parziale
sostituzione di un alimento con un altro. Alcuni
esempi sono l’aggiunta di solfiti nelle carni fresche
per ravvivarne il colore, l ’aggiunta di coloranti
nelle paste normali per simulare la pasta all’uovo,
la mozzarella trattata con perossido di benzoile
per sbiancarla, l’uso di additivi non consentiti sui
prodotti della pesca per conferire loro uno stato di
freschezza apparente o per ravvivare il colore. Vorrei
ricordare, a proposito delle frodi sui prodotti della
pesca, due casi:
• l’utilizzo del cafados, un additivo spagnolo, usato,
da solo o con l’aggiunta di acqua ossigenata, in
modo fraudolento, su alcuni prodotti della pesca
(principalmente sardine, alici, sgombro) commer-
cializzati in contenitori di polistirolo in acqua e
ghiaccio. È una sostanza difficile da reperire nel
pesce, perché si dissolve nei suoi componenti, ma
è utilizzata per conferire uno stato di freschezza e
lucentezza apparenti;
• il trattamento del tonno con monossido di carbonio,
gas incolore, inodore e insapore che si lega alla mio-
globina presente nel tessuto muscolare formando
carbossimioglobina, una molecola molto stabile,
resistente ai processi di ossidazione, che contribuisce
a mantenere rosso vivo il colore delle carni per molto
tempo, eludendo il processo di invecchiamento del
prodotto.
Le contraffazioni consistono nel sostituire un
Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020 INSERTO
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Tecniche di laboratorio
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INSERTO Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
prodotto con un altro di diversa composizione e di
minor pregio o creare un alimento ex novo, simile a
quello reale, utilizzando sostanze diverse da quelle
di cui normalmente è composto. Spesso questa
pratica può essere ricondotta all’adulterazione o
sofisticazione. Ne sono un esempio la vendita di
pesce di specie diverse da quelle dichiarate e di
minor pregio, la vendita di prodotti scongelati per
freschi e di olio di semi vari colorati con clorofilla
o betacarotene per olio di oliva, l’uso improprio di
nome e marchi di prodotti alimentari molto noti
(un formaggio comune venduto come Parmigiano
reggiano; un prosciutto comune venduto come pro-
sciutto di Parma), la vendita di prodotti nazionali
o esteri che inducono in errore il consumatore su
origine, provenienza, qualità o quantità. In questi
casi, l’inganno può essere esplicito, quando l’eti-
chetta dichiara il falso, o implicito, quando il tipo di
confezione, la forma, il marchio possono confondere
il consumatore. In pratica, si sfrutta il vantaggio
commerciale di un marchio noto a danno sia delle
aziende che fabbricano il prodotto originale sia del
consumatore che acquista un prodotto di qualità
inferiore a prezzo pieno. Le frodi commerciali pos-
sono, a volte, sconfinare in quelle sanitarie.
lab: Quali sono i mezzi per riuscire a scoprire una
frode alimentare, in particolare quali sono i mez-
zi a disposizione per svelare le “false identità”?
AS: Non sempre è facile scoprire una frode alimen-
tare senza l’ausilio di strumentazioni di laboratorio,
a meno che non si tratta di riconoscere le specie
ittiche nel caso di pesci interi, attraverso le ca-
ratteristiche morfologiche, utilizzando chiavi di
riferimento proposti dalla FAO1, o di distinguere
il pesce decongelato da quello fresco utilizzando
i sensi per verificarne l’odore, il colore, l ’occhio
(generalmente occhio con pupilla bianca) o ancora
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Tecniche di laboratorio
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INSERTO Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
un pesce di allevamento da un pesce pescato in base
a dimensioni, tonicità e consistenza della carne (i
pesci di allevamento hanno le stesse dimensioni, ma
sono più grassi e meno tonici), o, sempre rimanendo
nel settore ittico, di riconoscere il tonno trattato
da monossido di carbonio per il suo colore rosso
ciliegia che persiste a differenza di quello naturale
dalle carni rosate, appena pescato, che rapidamente,
per ossidazione della mioglobina, tende a scurirsi.
Sono soprattutto le analisi di laboratorio, però, che ci
consentono di scoprire le frodi. Infatti, la normativa
cogente impone alle Autorità competenti di dotarsi
di adeguate strutture di laboratorio per eseguire
analisi, prove e diagnosi. Le tecniche analitiche
maggiormente impiegate sono:
• metodi isoelettroforetici e biomolecolari (real time
PCR), particolarmente diffusi per il riconoscimento
di specie;
• analisi centesimale che, attraverso la caratterizza-
zione della percentuale di proteine, glucidi, lipidi,
umidità e ceneri di un alimento, è in grado di
verificare la rispondenza con quanto dichiarato
in etichetta;
• analisi sensoriale QIM-test (Quality Index Method)
per valutare la freschezza del pesce;
• tecniche immunochimiche, quali l’ELISA;
• tecniche cromatografiche come la gascromatografia
(GC) per rilevare, ad esempio, grassi estranei nei
formaggi, e la cromatografia liquida (HPLC), ad
esempio per la ricerca di sieroproteine specifiche
nel latte e nei formaggi;
• metodi f luorimetrici per la determinazione della
fosfatasi alcalina;
• tecniche elettroforetiche come SDS-PAGE (Sodium
Dodecyl Sulphate - PolyAcrylamide Gel Electrophoresis),
per caratterizzare le caseine e le lattoglobuline del
latte di varie specie;
• spettroscopia di risonanza magnetica nucleare
(NMR), basato sulle proprietà magnetiche dei nuclei
di alcuni atomi ed isotopi, che consente di ottenere
informazioni sul profilo metabolico degli alimenti.
lab: A livello di laboratorio, oltre alle tecniche
e agli strumenti che ha citato, è a conoscenza di
nuove tecnologie in via di sviluppo, per far fronte
alle frodi alimentari?
AS: Si stanno sviluppando sempre di più metodiche
caratterizzate da un approccio olistico non mirato,
più rapide e basate sull ’impronta caratteristica
( fingerprint) dei costituenti un alimento quando
è sottoposto ad analisi fisiche, come la spettro-
metria di massa ad alta risoluzione DART-HRM
(Direct Analysis in Real Time - High Resolution Mass
Spectrometry). Altri metodi comprendono la spet-
troscopia a infrarossi (Near Infrared Ref lectance,
NIR), che utilizza un laser per esaminare i cam-
pioni di alimento al fine di scoprire contaminanti
e sostanze non dichiarate in etichetta (il cosiddetto
laser-antifrode, utile per effettuare controlli ra-
pidi e affidabili), la f luorescenza a raggi X (X-Ray
Fluorescence, XRF) per valutare la composizione del
prodotto, la Proton Transfer Reaction - Time of Flight
(PTR-TOF) per misurare composti organici volatili
in tempo reale tramite spettrometria di massa, la
spettroscopia anulare a cavità (Cavity Ring-down
Spectroscopy, CRDS), la tecnica spettroscopica ottica
molto sensibile e tecniche di imaging analysis.
lab: Cosa pensa potrà succedere in futuro e, so-
prattutto, come il legislatore può intervenire per
ridurre tali pratiche da “furbetti del quartiere”?
AS: Considerati i progressi tecnologici, soprattutto
nel campo della chimica e, in particolare, nel settore
degli additivi, dobbiamo aspettarci nuove molecole
e, di conseguenza, dobbiamo promuovere la ricerca
scientifica, indirizzandola verso nuovi strumenti
diagnostici per scoprire le pratiche fraudolente, avva-
lendosi di metodiche rapide di screening e di modelli
statistici/matematici predittivi. É necessario tutelare
la qualità dei prodotti agroalimentari soprattutto
per difendere i produttori onesti, sostenere il settore
agroalimentare e sensibilizzare l’OSA al rispetto
delle normative, anche perché la pubblicazione sul
sito del Ministero della Salute dell’elenco delle ditte
commerciali e dei produttori che hanno riportato
condanne con sentenze passate in giudicato per reati
di frode e sofisticazione alimentare dovrebbe essere
un ottimo deterrente per coloro che vogliono mettere
in atto questi illeciti.
Le frodi, quando si verificano, provocano sempre
crisi alimentari a seguito di attività criminali da
parte di singoli individui o di organizzazioni,
che vanno a minare la fiducia del consumatore,
oltre a provocare ingenti danni nel settore agro-
alimentare. Per questo, il legislatore europeo ha
adottato una politica di sicurezza alimentare per
proteggere la salute umana e tutelare gli interessi
dei consumatori, attraverso un approccio completo
di analisi del rischio, basato su tre fasi: valutazione,
gestione e comunicazione. Ha inoltre fornito una
serie di strumenti normativi, come il già citato
Regolamento (CE) 625/2017, prevedendo, attraverso
atti di esecuzione della Commissione, la possibilità
di designare dei centri di riferimento dell’Unione
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Tecniche di laboratorio
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INSERTO Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
europea per l’autenticità e l’integrità della catena
agroalimentare, volti a sostenere le attività degli
Stati membri per prevenire, individuare e contra-
stare le pratiche fraudolente o ingannevoli. Inoltre, i
controlli ufficiali da parte delle Autorità competenti,
svolti attraverso ispezioni, audit e verifiche di labo-
ratorio, consentono un costante monitoraggio sulle
imprese alimentari, evidenziando e denunciando
le irregolarità. A questo si deve aggiungere il ruolo
svolto in Italia dall’Ispettorato Centrale della tutela
della Qualità e della Repressione Frodi (ICQRF)
con attività di controllo per la verifica della qualità
merceologica dei prodotti alimentari. Sicuramente
è auspicabile un rafforzamento della rete dei con-
trolli e la cooperazione dei diversi enti preposti al
controllo.
lab: E i consumatori come possono tutelarsi?
AS: Ritengo sia molto importante formare e sensibiliz-
zare il consumatore sulla corretta scelta degli alimenti,
conoscere l’aspetto naturale dei prodotti, imparare a
leggere l’etichetta e non basarsi sulle immagini che
potrebbero essere fuorvianti e, nel caso di prodotti
DOP, STG, IGP o BIO, verificare la presenza del logo
identificativo. È anche fondamentale acquistare i
prodotti presso venditori di fiducia o usando canali
sicuri nel caso di acquisti on-line, valutare il rapporto
prezzo/qualità di un alimento, utilizzare i siti web messi
a disposizione dalle Autorità competenti addette ai
controlli ufficiali, a tutela dei consumatori, per reperire
notizie aggiornate nel campo della sicurezza alimentare
e segnalare al venditore e/o agli enti preposti eventuali
anomalie.
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1. www.fao.org/fishery/species/search/en
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Tecniche di laboratorio
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A cura di Gabriella CarcassolalabNews
INSERTOAnno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
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TECNOLOGIE di SEQUENZIAMENTOad alto rendimento a “difesa” dei FORMAGGI DOP
L’etichettatura dei formaggi a Denominazione di
Origine Protetta (DOP) è stata stabilita dall’Unione
europea (Ue) come una politica di qualità, il cui scopo
è garantire l’autenticità di un formaggio prodotto in
una determinata
regione mediante
metodi di produzione
tradizionali. Tuttavia,
i metodi scientifici
attualmente utilizzati
per differenziare e
stabilire la DOP sono
limitati in termini di
tempo, costi, accuratezza e capacità di identificare
un’eventuale frode.
Il microbioma del formaggio è una comunità
dinamica, che cambia progressivamente durante la
maturazione e che, grazie alla sua “attività”, contribuisce
alla definizione di quelle caratteristiche qualitative e
sensoriali che, in quanto uniche, differenziano ogni
singolo formaggio DOP.
Attualmente, l’identificazione delle comunità
microbiche che partecipano ai processi di
fermentazione nei diversi formaggi DOP viene
assicurata da metodi molecolari tradizionali, dipendenti
o meno dall’esame colturale, tra cui: analisi del
gene 16S rRNA, elettroforesi su gel in gradiente di
temperatura o denaturante (Temperature Gradient
Gel Electrophoresis; TGGE; Denaturing Gradient Gel
Electrophoresis, DGGE), ibridazione fluorescente in situ
(Fluorescent In Situ Hybridization, FISH), polimorfismo di
conformazione del singolo filamento (Single-Stranded
Conformation Polymorphism, SSCP), polimorfismo
di lunghezza dei frammenti terminali di restrizione
(Terminal-Restriction Fragment Length Polymorphism,
T-RFLP), eterogeneità di lunghezza dei frammenti
amplificati (Length Heterogeneity-PCR (LH-PCR). Tuttavia,
più recentemente, le metodiche HTS (High Throughput
Sequencing) hanno consentito l’identificazione più
precisa delle comunità microbiche che si sviluppano
nei formaggi fermentati, la caratterizzazione delle
loro dinamiche di popolazione durante il processo di
maturazione del formaggio, nonché il loro contributo
allo sviluppo di specifiche caratteristiche organolettiche
e fisico-chimiche1. Pertanto, tali metodiche (amplicon
sequencing, shotgun metagenomic sequencing e
metatranscriptomics), possono rappresentare uno
strumento aggiuntivo per identificare le specie
microbiche chiave che contribuiscono a conferire ai
formaggi DOP quelle caratteristiche sensoriali uniche
che li contraddistinguono e per aiutare a definire la loro
tipicità, al fine di distinguerli dai prodotti fraudolenti.
Inoltre, possono essere di particolare aiuto ai produttori
di formaggi per una migliore valutazione della qualità
e della sicurezza dei loro prodotti. Infatti, le metodiche
HTS, anche se ancora poco sfruttate, possono
potenzialmente dimostrare come il microbioma del
formaggio sia in grado di influenzare il processo di
maturazione e le caratteristiche sensoriali attraverso il
catabolismo dei nutrienti disponibili e di interagire con
altri composti della matrice e/o metaboliti microbici. Tali
potenzialità potrebbero quindi essere sfruttate anche
per migliorare ulteriormente la qualità dei formaggi
DOP.
1. Kamilari E., Tomazou M., Antoniades A., Tsaltas D. High throughput sequencing technologies as a new toolbox for deep analysis, characterization and potentially authentication of protection designation of origin cheeses? Int. J. Food Sci., 2019;5837301. doi: 10.1155/2019/5837301.
PESCE SPADA o SQUALO?Risposta rapida con una semplice STRATEGIA MOLECOLARE
La pesca del pesce spada è una delle attività di pesca
più importanti nel Mar Mediterraneo, in particolare
nel Sud Italia. Il picco della domanda dei prodotti ittici
in generale e del pesce spada in particolare si verifica
in estate. Ovviamente, all’aumento della domanda e
del prezzo di un determinato prodotto aumentano
proporzionalmente anche le frodi. E quelle più comuni
sono la vendita di tonno rosso dichiarato come tonno
pinna gialla, di caviale russo contenente uova di luccio
o di tranci di squalo smeriglio fatto passare per pesce
spada.
Per affrontare questo problema, i ricercatori hanno
sempre sottolineato l’importanza di utilizzare strumenti
molecolari basati sul sequenziamento del DNA. Più in
particolare, i geni mitocondriali più utilizzati a questo
scopo sono stati quelli che codificano per il citocromo
b (cytb) e per la citocromo ossidasi subunità 1 (COI)
e, negli ultimi anni, COI è diventata la regione genica
impiegata come barcode standard per l’identificazione
di numerose specie animali, con particolare
applicazione alle specie di pesci e ai casi di etichettatura
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INSERTOAnno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
labNews
catene di approvvigionamento, risulta indispensabile
individuare una tecnica rapida ed efficace in grado
di monitorare la qualità e l’autenticità di questo
importante alimento. Un recente studio1 ha valutato
il ricorso, in tempo reale, alla spettrometria NIR con
strumenti portatili accoppiata alla chemiometria per
la stima dell’autenticità e della qualità del riso. Più in
particolare, sono stati analizzati in totale 520 campioni
di riso di diversi gradi di qualità (alta, media e bassa)
e provenienti da diversi Paesi (Ghana, Tailandia e
Vietnam). Lo studio ha rivelato, innanzitutto, che tra i
diversi metodi di preparazione testati, la Multiplicative
Scatter Correction (MSC) è risultata la più efficiente.
L’analisi delle componenti principali (Principal
Component Analysis, PCA) è stata utilizzata per estrarre
le informazioni
rilevanti dal set di dati
spettrali e i risultati
hanno dimostrato
che i campioni
di riso di diverse
categorie potevano
essere chiaramente
raggruppati nelle
prime 3 PCs
utilizzando il metodo
di preparazione
MSC. Per la determinazione del grado di qualità del
riso, il K-nearest neighbor (KNN) ha fornito percentuali
pari al 91,62 e al 91,81% nel set di addestramento e
nel set di previsione, rispettivamente, mentre per
quanto riguarda l’identificazione del riso in base al
Paese di origine i valori sono risultati pari al 90,84 e al
90,64%, sempre nel set di addestramento e nel set di
previsione. Inoltre, nei test condotti per differenziare
il riso locale da quello importato sono stati ottenuti
valori del 100%. Lo studio ha quindi dimostrato che la
hand-held spectrometry accoppiata a MSC-PCA-KNN
potrebbe essere impiegata con successo nella
classificazione rapida e non distruttiva dei campioni
di riso in base a diversi parametri: grado di qualità,
origine geografica, importato/locale. Questa tecnica,
quindi, potrebbe rivelarsi un valido strumento per gli
ispettori aziendali del controllo qualità e per la rapida
individuazione delle frodi.
1. Teye E., Amuah C.L.Y., McGrath T., Elliott C. Innovative and rapid analysis for rice authenticity using hand-held NIR spectrometry and chemometrics. Spectrochim. Acta A Mo. Biomol. Spectrosc., 2019;217:147-154. doi: 10.1016/j.saa.2019.03.085.
errata. Tuttavia, nel contesto
della tracciabilità dei prodotti
ittici, l’obiettivo principale
è l’implementazione delle
analisi già esistenti, al fine di
ridurre il tempo necessario
per il campionamento e
l’ottenimento dei risultati del sequenziamento. Una
metodica già ben collaudata per l’identificazione delle
specie è la Polymerase Chain Reaction (PCR)-Restriction
Fragment Length Polymorphism (RFLP), che prevede la
digestione del prodotto PCR con diverse endonucleasi
al fine di ottenere RFLP specie-specifici. Ebbene,
la combinazione di COI (sequenze ampiamente
disponibili nei database internazionali per moltissime
specie) con l’analisi RFLP (Cytochrome Oxidase I Barcode-
Restriction Fragment Length Polymorphism, COIBar-RFLP)
è stata utilizzata con successo per discriminare diverse
specie ittiche appartenenti alle famiglie Engraulidae,
Merluccidae, Soleidae e Acipenseridae nei prodotti
ittici trasformati1 e i tempi e i costi di esecuzione di
questa metodica sono risultati inferiori a quelli del
sequenziamento del DNA (7 ore e 10 €/campione
contro 24 ore e 17 €/campione). COIBar-RFLP, inoltre, si è
rivelata particolarmente efficace per l’autenticazione di
tranci di pesce spada (Xiphias gladius), spesso sostituiti
con tranci di verdesca (Prionace glauca), palombo
(Mustelus mustelus) e pesce porco (Oxynotus centrina).
Infatti, la digestione degli ampliconi con l’endonucleasi
Mbo I ha permesso la discriminazione simultanea di
queste quattro specie. Alla luce dei risultati ottenuti,
quindi, i ricercatori sottolineano la necessità di rafforzare
le normative e definire gli strumenti molecolari utili a
combattere le frodi e suggeriscono che COIBar-RFLP
potrebbe diventare uno strumento molecolare
standardizzato per valutare l’autenticità dei prodotti ittici.
1. Ferrito V. , Raffa A., Rossitto L., Federico C., Saccone S., Pappalardo A.M. Swordfish or shark slice? A rapid response by COIBar-RFLP. Foods, 2019;8(11). doi: 10.3390/foods8110537.
Test rapidi e innovativi per determinare l’AUTENTICITÀ del RISO
Il riso è il secondo alimento base più importante al
mondo e la domanda continuerà ad aumentare con
la crescita della popolazione mondiale. E, dato che,
proporzionalmente all’aumento della domanda,
aumentano anche le segnalazioni di frodi in molte
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DOSSIER N. 1Definizioni.Paese d’origine e luogo di provenienzaAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 2Origine territoriale.La speciale tutela italiana Autori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 3Ingrediente primario.La “supplenza” dei decreti italianiAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 4Sanzioni amministrative.Sull’Icqrf dubbi di costituzionalità Autori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 5Origine territoriale.Cosa prevedono le norme su Dop e IgpAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 6Origine territoriale delle Stg.La normativa UEAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 7Tutela del Made in Italy.Le sanzioniAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 8Origine. La tardiva soluzione dell’UEAutori: Carlo e Corinna Correra
DOSSIER N. 9Abusi sull’origine.La casistica della Corte di Giustizia Autori: Carlo e Corinna Correra
Abbonati PVI € 48,00Iscritti SIMeVeP e UNPISI € 64,00Non abbonati € 80,00
................................... www.pviformazione.it ................................
Percorso di formazione a distanza (Fad)abbinato ad ALIMENTI&BEVANDE
Crediti ECM: 10
Crediti formativi per tecnologi alimentari: 7
Validità: 1° marzo 2020 - 28 febbraio 2021
“Origine” degli alimenti, l’attuale quadro normativo UE e italiano
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Responsabile scientifico
Giuseppe De GiovanniGià dirigente del Ministero dello Sviluppo economico
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PERCORSO FAD
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
PERCORSO FAD
Modalità operative
Chi sono i destinatari del corso Fad?Il corso, accreditato presso la Conferenza Nazionale per la Formazione Continua e presso il Consiglio dell’Ordine nazionale dei Tecnologi alimentari, è rivolto alla categoria dei Medici Veterinari, Medici Chirurghi (disciplina: Igiene), Tecnici della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, Assistenti Sanitari, Biologi, Chimici, Dietisti.
È importante essere abbonati ad “Alimenti&Bevande” per accedere al corso Fad?No, ma per gli abbonati ad “Alimenti&Bevande” sono previste condizioni riservate e particolarmente vantaggiose.
Come si svolge il corso?Il corso è composto da 9 dossier (materiale formativo) pubblicati in successione su “Alimenti&Bevande” a partire da gennaio/febbraio 2020 (Alimenti&Bevande n. 1) e fino a novembre/dicembre 2020 (Alimenti&Bevande n. 9).
Come si ottengono i crediti ECM e i creditiformativi (per i tecnologi alimentari)?Per ottenere i crediti ECM è necessario seguire questi semplici passaggi:
Registrazione/Login su www.pviformazione.itL’utente deve attivare un account all’indirizzohttp://fad.pviformazione.it/accedi. L’operazione è gratuita e senza obbligo di acquisto. Naturalmente chi avesse già un account su questa piattaforma NON deve crearne uno nuovo, ma può utilizzare quello esistente.
Acquisto del corsoGli abbonati ad “Alimenti&Bevande” possono acquistare dall’account personale il corso al prezzo riservato di € 48,00 (IVA inclusa).
Lettura dei DossierI dossier pubblicati in successione sui numeri di “Alimenti&Bevande” durante il 2020 rappresentano il materiale formativo e di studio.Si presentano come articoli scientifici, contraddistinti sulla pagina da uno specifico richiamo al corso Fad.
Sono consultabili anche in formato digitale
sulla piattaforma www.pviformazione.it
Questionario di valutazione dell’apprendimentoI discenti dovranno superare tutti i questionari
di valutazione dell’apprendimento riferiti alle
nove uscite.
Attestato ECMSuperato il questionario di valutazione
dell’apprendimento e compilato il questionario
di valutazione della qualità percepita, è
possibile dal proprio account effettuare il
download dell’attestato con i crediti ECM e i
crediti formativi (per i tecnologi alimentari).
Come è composto il questionario?
Il questionario verte sui temi trattati dai singoli
dossier pubblicati su “Alimenti&Bevande”
ed è disponibile soltanto on line.
Si compone di 9 test in successione, attivati
in contemporanea con l’uscita del dossier
a cui si riferiscono. L’ultimo test pubblicato
sarà pertanto quello riferito al dossier
di Alimenti&Bevande n. 9,
novembre/dicembre 2020.
Ogni test presenta una serie di domande
a risposta quadrupla e scelta singola. Per
superare il singolo test è necessario rispondere
correttamente almeno all’80% delle domande.
Per informazioni dettagliate sul funzionamento
dei test, si rimanda alle modalità operative Fad
sul sito www.pviformazione.it.
Il questionario di valutazione
dell’apprendimento si considera concluso
una volta superati tutti e 9 i singoli test. Per
accedere al download dell’attestato sarà
sufficiente a questo punto compilare il form di
valutazione della qualità percepita.
Quando termina il corso?
La validità del corso abbinato ad
“Alimenti&Bevande” termina il 28 febbraio
2021. Dopo la scadenza NON sarà più possibile
ottenere i relativi crediti ECM.
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Alimenti biologici - DOSSIER N. 1
Le categorie giuridiche sulle nozioni di “origi-ne” e “provenienza” dei prodotti alimenta-ri e le relative informazioni al riguardo per i
consumatori trovano la normativa di riferimento generale nel regolamento (UE) 1169/2011 con la più completa definizione rispettivamente di “Paese d’origine” e “luogo di provenienza” inserite come sono nell’elenco delle “indicazioni obbligatorie” di cui all’articolo 9 del regolamento medesimo.Sennonché, la definizione, approntata nello stes-so regolamento in sede di articolo 2, in realtà ci
fornisce espressamente soltanto quella del “luogo di provenienza” e solo indirettamente quella del “Paese d’origine”.Invero, così testualmente recita la norma di cui all’ar-ticolo 2, paragrafo 2, lettera g), suddetto:
«g) “luogo di provenienza”: qualunque luogo in-dicato come quello da cui proviene l’alimento, ma che non è il “Paese d’origine” come individuato ai sensi degli articoli da 23 a 26 del regolamento (CEE) 2913/92; il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare apposto sull’e-tichetta non costituisce un’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza del prodotto alimentare ai sensi del presente regolamento».
Il “luogo di provenienza”
Definizione, in verità, abbastanza deludente già quella di “luogo di provenienza” in quanto si risolve:
• nella tautologia di «luogo da cui proviene l’ali-mento» e
• nella definizione “negativa” di «non è il Paese d’origine».
Insomma, due elementi che ben poco ci dicono su questa nozione giuridica – “luogo di provenienza”
“Origine” degli alimenti - DOSSIER N. 1
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Normativa di riferimento delle nozioni di “origine” e “provenienza” è il regolamento (UE) 1169/2011, con le definizioni più complete di “Paese d’origine” (anche se indirettamente)e “luogo di provenienza”.Ma un contenuto ad entrambe è stato dato anche dal legislatore italiano, in campo penale
DefinizioniPaese d’origine e luogo di provenienzaCosa dicono regolamento (UE) 1169/2011 e codice penale italiano
di Corinna Correra Avvocati ed Esperti di Legislazione degli Alimenti
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– se non inequivocabilmente che comunque tratta-si di un riferimento “territoriale” e non “azienda-le” ovvero non riferito all’imprenditore del settore alimentare (Osa) che si dichiara (ai sensi dell’arti-colo 8 dello stesso regolamento (UE) 1169/2011) «responsabile» del prodotto.E questo contrariamente alla giurisprudenza for-matasi nel sistema giuridico italiano che, invece, ha appunto identificato la “provenienza” della merce come riferimento aziendale (in tal senso, per tut-te, si veda la sentenza n. 19650 del 24 maggio 2012 (udienza del 27 gennaio 2012) della Corte di Cassazione, Sezione penale III). Sennonché, ambiguamente se non contraddittoria-mente, la seconda parte della definizione in esame – “luogo di provenienza” – esclude espressamente che «il nome, la ragione sociale o l’indirizzo dell’o-peratore del settore alimentare apposto sull’eti-chetta» possa valere come indicazione del “luogo di provenienza” (e neppure del “Paese di origine” precisa, secondo noi ancora più inopportunamente per quanto tra poco si dirà, il testo normativo in esame).
“Luogo di provenienza” si riferisce al “luogo di provenienza” dell’alimento ovvero al luogo da cui proviene l’alimento “finito”
Ciò doverosamente premesso, va subito sottolineato che comunque la definizione si riferisce al “luogo di provenienza” dell’“alimento” e non si riferisce al luogo da cui provengono i suoi “ingredienti”, ovvero si riferisce al luogo da cui proviene l’alimento “finito”.
Il “Paese d’origine”
Quanto, invece, al “Paese d’origine”, il regolamento (UE) 1169/2011 in questione – come abbiamo ap-pena visto in sede di articolo 2, paragrafo 2, lettera g) – non ne dà una diretta definizione, ma fa un
mero rinvio al regolamento (CEE) 2913/1992 (articoli da 23 a 26) ovvero al cosiddetto “codice doganale” vigente all’epoca dell’emanazione del regolamento (UE) 1169/2011.
Il “Paese d’origine” è quello in cui il prodotto alimentare è stato “interamente ottenuto” ovvero il territorio nel quale si è svolto l’intero suo ciclo di produzione…
Sennonché, il suddetto codice fu abrogato dall’ar-ticolo 186 del regolamento (CE) 450/2008, a sua volta abrogato dall’articolo 286 del regolamento (UE) 952/2013.È pertanto a quest’ultima normativa, il regolamento (UE) 952/2013, che va fatto oggi riferimento per rintracciare la nozione di “Paese d’origine” e a tal fine decisivo è il suo articolo 60, così formulato:
«Articolo 60Acquisizione dell’origine
1. Le merci interamente ottenute in un unico Paese o territorio sono considerate originarie di tale Paese o territorio.2. Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più Paesi o territori sono considerate originarie del Paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed eco-nomicamente giustificata, effettuata presso un’im-presa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione».
Premesso che, anche letteralmente, la disciplina dell’articolo 60 testé riportato appare coincidente con quella delle norme (ormai abrogate) del rego-lamento (CEE) 2913/1992, possiamo dunque così riassumere la definizione di “Paese d’origine” come quello in cui il prodotto alimentare è stato “intera-mente ottenuto” ovvero il territorio nel quale si è
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svolto l’intero suo ciclo di produzione.Però, nel caso di un alimento «alla cui produzione contribuiscono due o più Paesi o territori», allora deve essere considerato “Paese d’origine” quello in cui si è realizzata «l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata». Peraltro, la norma (paragrafo 2) precisa pure che tale «ultima trasformazione o lavorazione sostanziale» rileva – ai fini della determinazione dell’“origine” – sia nel caso in cui si perviene alla «fabbricazione di un prodotto nuovo» (“nuovo” rispetto ai suoi ingredienti e/o materie prime, evidentemente) sia nel caso in cui tale lavorazione «abbia rappresentato una fase im-portante del processo di fabbricazione». Quest’ultima precisazione – «fase importante» – sicuramente potrà dar luogo a discutibili o problematiche applicazioni della norma ovvero di tale sua definizione.
…ma, nel caso di un alimento «alla cui produzionecontribuiscono due o piùPaesi o territori», allora deve essere considerato “Paese d’origine” quello in cui si è realizzata«l’ultima trasformazioneo lavorazione sostanzialeed economicamentegiustificata»
In particolare, nella concreta casistica, sono preve-dibili difficoltà di applicazione quando si tratterà di stabilire se possa definirsi “importante” o meno una determinata fase del processo di fabbricazione di un alimento: per tutti basti pensare alla fase fina-le di “affumicatura” di un formaggio fresco o di “stagionatura” di un formaggio stagionato qualora queste due fasi si realizzino in un territorio diverso da quello in cui si è svolto tutto il precedente ciclo di lavorazione.Orbene “importante”, a nostro parere, e quindi decisiva ai fini del nostro tema, reputiamo la “stagio-natura”, in quanto completa il ciclo di lavorazione
del formaggio in misura decisiva per la sua natura merceologica; laddove “non importante”, inve-ce, reputiamo l’“affumicatura”, che rientra nella categoria giuridica del mero “trattamento” di un alimento “finito” (in tal senso, vedi l’allegato VI del regolamento (UE) 1169/2011).
“Paese d’origine” e “luogo di provenienza”, indicazioni “obbligatorie”… ma non sempre
Pur essendo annoverate tra le indicazioni di etichet-tatura “obbligatorie”, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento (UE) 1169/2011, il “Paese d’origine” ed il “luogo di provenienza” lo sono, però, solo nei casi disciplinati dall’articolo 26, paragrafi 2 e 3, dello stesso regolamento, ovvero:
«2. L’indicazione del Paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria:a) nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al Paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente Paese d’origine o luogo di provenienza;b) per le carni dei codici della nomenclatura com-binata (NC) elencati all’allegato XI. L’applicazione della presente lettera è soggetta all’adozione degli atti di esecuzione di cui al paragrafo 8».
Particolare riflessione merita la previsione della let-tera a) sopra riportata, norma in cui si delinea un’i-potesi di violazione dell’articolo 7 del regolamento in esame ovvero di trasgressione delle “pratiche leali di informazione”. Invero, la lettera a) del paragrafo 1 del suddetto articolo 7 espressamente annovera – tra i casi di trasgressione al dovere dell’Osa di «non indurre in errore» il consumatore – anche quello relativo al “Paese d’origine” o al “luogo di provenienza”.Ed è significativo che il paragrafo 2 dell’articolo 26 soprariportato, alla lettera a), si sia preoccupato di neutralizzare un pericolo di «induzione in er-rore» anche dalla semplice “omissione” di quelle
“Origine” degli alimenti - DOSSIER N. 1
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indicazioni “territoriali” e questo alla luce delle altre “informazioni” presenti sull’etichetta dell’alimento e che – singolarmente o “nel loro insieme” – «potreb-bero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente Paese d’ origine o luogo di provenienza».Infine, il paragrafo 3 si occupa di quella partico-lare condizione di “ingannevolezza” collegata ad una diversità di origine o provenienza territo-riale tra il prodotto alimentare “finito” ed il suo “ingrediente primario”, stabilendo:
«3. Quando il Paese d’origine o il luogo di prove-nienza di un alimento è indicato e non è lo stesso di quello del suo ingrediente primario:a) è indicato anche il Paese d’origine o il luogo di provenienza di tale ingrediente primario; oppureb) il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’in-grediente primario è indicato come diverso da quello dell’alimento.L’applicazione del presente paragrafo è soggetta all’adozione degli atti di esecuzione di cui al pa-ragrafo 8».
Giusto rilievo va dato al finale del paragrafo 3 in esame, che subordina la sua “applicazione” all’«adozione degli atti di esecuzione di cui al paragrafo 8». Atti di esecuzione che, come ve-dremo, sono stati a lungo latitanti nella disciplina in esame, suscitando la reazione di taluni Paesi membri, tra cui l’Italia; reazione poi sfociata in una (sia pure arbitraria) disciplina autonoma dell’origine dell’“ingrediente primario” di mol-teplici ed importanti tipologie alimentari.A questo punto doverosamente ricordiamo che lo stesso regolamento (UE) 1169/2011 fornisce in sede di articolo 2, paragrafo 2, lettera q), la definizione di “ingrediente primario” ovvero:
«q) “ingrediente primario”: l’ingrediente o gli ingredienti di un alimento che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa».
Definizione dunque chiara, ma anche palesemente “insidiosa” laddove si richiama espressamente ad una circostanza – «o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore»
– che potrà dar luogo a controversie di applicazione laddove in casi specifici quell’“abitualmente” non trovi concordi l’Osa e gli organi del controllo ufficiale.
Origine e provenienza nel codice penale italiano
Concludiamo con un breve, ma essenziale cenno al contenuto che il legislatore italiano ha dato – in campo penale – alle due categorie giuridi-che in esame: “origine” e “provenienza” di un prodotto commerciale (alimenti inclusi).Le due nozioni sono espressamente richiamate nel codice penale che:
• in sede di articolo 515 punisce, come delitto, la consegna di una merce che presenti una “falsa” indicazione (tra le altre) della sua “origine o provenienza”;
• in sede di articolo 517 punisce, ancora come delitto, la messa in commercio di un “prodot-to industriale” (e dunque anche alimentare, ma non solo), la cui “origine o provenienza” sia indicata in modo «atto ad indurre in in-ganno il compratore».
Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza (per tutte si veda la sentenza n. 41684 del 7 ottobre 2014 della nostra Corte di Cassazione, Sezione penale III) per “origine” va inteso il ter-ritorio di lavorazione della merce (l’alimento, nel nostro caso), mentre per “provenienza” ci si deve riferire all’impresa ossia all’imprenditore (all’Osa per il settore alimentare) sotto la cui responsa-bilità viene immesso sul mercato il prodotto. A questo punto, però, è evidente che, ferma restando l’autonomia del legislatore nazionale sul piano della disciplina penale, le categorie giuridiche di “origine” e “provenienza” utilizzate nelle norme penali italiane vanno ormai reinterpretate anche alla luce delle nor-me dettate – sia pure sul piano amministrativo – dal legislatore UE nel medesimo settore.E questo vale anche per le categorie giuridiche di “origine” e “provenienza” degli alimenti: il che, del resto, sta già avvenendo – come vedremo nei successivi dossier – con le norme nazionali sopraggiunte in materia e soprattutto con quelle volte alla tutela del cosiddetto “Made in Italy”.
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FINESTRASULL’EUROPA
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Le novità in materia di igiene, sicurezza e controlli alimentari che giungono da Parlamento europeo,Commissione europea e Consiglio UE.
a cura di Dario DongoAvvocato e PhD in Diritto alimentare
La Commissione europea lancia lo “European Green Deal”
La Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha presentato, lo scorso 11 dicembre,
il cosiddetto “European Green Deal”. Una comu-nicazione recante una tabella di marcia finalizzata a orientare l’economia UE verso un paradigma di sostenibilità, trasformando i problemi ambientali e climatici in opportunità in tutti gli ambiti e rendendo, quantomeno negli intenti, la transizione inclusiva per tutti i settori.Il Green Deal europeo viene perciò proposto con il duplice obiettivo di riconciliare l’economia con la biosfera e di rappresentare la nuova strategia di crescita per l’UE.Il piano comprende 50 diverse azioni, che spaziano dal mercato del carbonio agli investimenti green, dall’agricoltura sostenibile all’economia circolare, dalla mobilità sostenibile alla politica industriale.Per quanto riguarda il settore agroalimentare, il Green Deal prevede che, entro il primo quadrimestre del 2020, la Commissione presenti un pacchetto di mi-sure volte a rendere maggiormente sostenibile l’a-gricoltura, la trasformazione e il consumo di alimenti all’interno dell’UE.Il piano di sostenibilità per il settore agroalimentare – da inserire nella comunicazione della Commissione europea “From farm to Fork” – è atteso prevedere quanto segue: • incoraggiare un piano di ristrutturazione dell’a-
gricoltura europea che possa ridurre le emissioni, proteggere l’ambiente e preservare la biodiversità;
• potenziare l’agricoltura biologica;
• consentire che i consumatori europei dispongano di alimenti sicuri e sani a prezzi accessibili.
In concreto, la Commissione europea intende creare un meccanismo di cooperazione, con Stati membri e operatori economici, al fine di:• garantire una transizione giusta ed equa a tutti
coloro che lavorano nel settore agricolo e marit-timo in Europa;
• ridurre la dipendenza da pesticidi chimici, concimi e antibiotici, il loro utilizzo e i relativi rischi;
• sviluppare metodi innovativi nell’agricoltura e nella pesca per proteggere i raccolti da organismi nocivi e malattie;
• contrastare le frodi alimentari;• fornire ai consumatori maggiori informazioni
sull’origine degli alimenti e sull’apporto degli stessi al fabbisogno quotidiano di nutrienti.
Nell’ambito del piano “From Farm to Fork”, i dibattiti sull’indicazione d’origine degli alimenti e sull’indica-zione nutrizionale apposta sul fronte pacco dovreb-bero pertanto trovare una sintesi.Gli intenti esposti dalla Commissione europea nel documento “Green Deal” esprimono una serie di principi generali, che necessitano, tuttavia, di venire correttamente implementati.Rimane, infatti, da comprendere in che modo il bilan-cio europeo, con i suoi tagli previsti, terrà conto delle ambizioni del Green Deal in generale e, in particolare, di quelle della nuova strategia della Pac.Rimane, inoltre, da chiarire come il quadro re-golatorio possa evolvere, favorendo le ambizioni espresse dalla Commissione.Vista la mole di impegni che i produttori e i
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trasformatori europei dovranno affrontare nei prossimi anni, è, infine, indispensabile com-prendere come l’UE intenda premiare tali sforzi, evitando che vengano vanificati dall’importa-zione di merci prodotte con standard differenti in Paesi terzi. Consiglio UE Agricoltura e Pesca: novità su pesca, frodi alimentari, benessere animale, origine e dazi Il Consiglio Agricoltura e Pesca dell’UE, riunitosi lo scorso 16 e 17 dicembre a Bruxelles, ha raggiunto un accordo sui limiti di cattura in materia di pesca
e ha adottato le proprie conclusioni sulle frodi alimentari e sul benessere animale.Tra gli argomenti discussi, anche l’indicazione d’o-rigine degli alimenti e i dazi introdotti dall’am-ministrazione statunitense per i sussidi concessi dall’UE ad Airbus.
Pesca
Il Consiglio ha raggiunto un accordo sui limiti di cattura per il 2020 per gli 89 principali stock ittici commerciali. Tale accordo si applica dal 1° gennaio e si basa su un deciso impegno a favore degli obiettivi della Politica Comune della Pesca (Pcp).Sulla base dei pareri scientifici forniti dal Consiglio internazionale per l’Esplorazione del mare (Ciem), per
Zoonosi, pubblicata la relazione Efsa-Ecdc 2018
È stata pubblicata lo scorso 12 dicembre la relazio-ne congiunta dell’Autorità europea per la Sicurezza alimentare (Efsa) e del Centro europeo per la Pre-venzione e il Controllo delle malattie (Ecdc) relativo a tendenze e fonti di zoonosi.Il report evidenzia come nel 2018 gli Stati membri dell’UE abbiano segnalato 5.146 focolai di origine alimentare, che hanno colpito 48.365 persone. Un focolaio di malattia di origine alimentare si verifica quando almeno due persone contraggono la stessa malattia consumando lo stesso alimento o bevanda contaminati.Quasi un focolaio su tre è stato causato da Salmo-nella. Slovacchia, Spagna e Polonia rappresentano il 67% dei 1.581 focolai di Salmonella. Tali focolai erano riconducibili principalmente al consumo di uova. La salmonellosi è stata la seconda infezione gastrointestinale più comunemente segnalata nell’uomo nell’UE dopo la campilobatteriosi.Il rapporto segnala, tuttavia, come meno di un terzo dei cittadini europei classifichi le intossicazioni alimentari da batteri tra le cinque principali preoccupazioni in materia di sicurezza alimentare. Il numero di focolai segnalati suggerisce, pertanto, l’esigenza di sensibilizzare i consumatori in quanto molte malattie di origine alimentare possono essere prevenute migliorando le misure igieniche durante la manipolazione e preparazione degli alimenti.L’Escherichia coli produttore di tossina Shiga (Stec) è diventata, invece, nel 2018 la terza causa più comune di zoonosi di origine alimentare, sostituendo la yersiniosi, con un aumento del 37% rispetto al 2017. Ciò può essere in parte spiegato con il crescente utilizzo di nuove tecnologie di laboratorio, che facilitano l’individua-zione di casi sporadici.Il numero di persone affette da listeriosi nel 2018 è, infine, simile a quello del 2017. Ad ogni modo, il report segnala come la tendenza nei dieci anni passati sia stata al rialzo. La relazione contiene anche dati su Myco-bacterium bovis, Brucella, Yersinia, Trichinella, Echinococcus, Toxoplasma, rabbia, Coxiella burnetii (febbre Q) e tularemia.
1 Leggi e scarica la relazione all’indirizzo web http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/5926
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il 2020 la Commissione ha proposto di aumentare o mantenere gli attuali limiti di cattura per 32 stock e di ridurli per 40.Alla luce delle difficoltà incontrate dai pescato-ri dell’UE in relazione alla pesca multispecifica in alcune zone e del rischio di specie a contingente limitante, il Consiglio ha deciso di prorogare di un anno il meccanismo di riserva comune per lo scambio di contingenti, convenuto in precedenza. Le specie a contingente limitante sono le specie soggette a bassi contingenti di cattura che, una volta esauriti, possono causare l’interruzione delle attività di pesca di una nave anche nel caso in cui disponga ancora di contingenti per altre specie.Per affrontare la difficile situazione degli stock di merluzzo bianco e merlano nel mare Celtico e del merluzzo bianco nel Kattegat, il Consiglio ha deciso di introdurre misure correttive al fine di migliorare la selettività degli attrezzi da pesca e ridurre le catture accessorie.Per quanto riguarda la spigola, si è deciso di au-mentare leggermente i livelli delle catture accessorie nelle zone settentrionali e di concedere maggiore flessibilità nella loro gestione. Il limite di cattura per la pesca ricreativa della spigola è stato fissato a due esemplari per pescatore al giorno, a determinate condizioni, e solo dal 1° marzo al 30 novembre 2020 per la spigola settentrionale.
Frodi alimentari
Il Consiglio ha adottato conclusioni1 sugli ulteriori passi per migliorare le modalità di contrasto e di prevenzione delle pratiche fraudolente nella filiera agroalimentare. Nelle proprie conclusioni, i ministri dell’Agricoltura dei 28 Stati membri ricordano che conseguire un elevato livello di protezione è un obiet-tivo generale delle politiche dell’Unione europea in materia di sanità, sicurezza, protezione dell’ambiente e protezione dei consumatori e riconoscono che l’attuale quadro giuridico dell’UE per contrastare le frodi alimentari è adeguato.Il Consiglio sottolinea, tuttavia, la necessità di una cooperazione intersettoriale continua e rafforzata,
che dovrebbe includere, non soltanto le autorità di controllo competenti in materia di mangimi e ali-menti, ma anche le autorità coinvolte nella lotta alla criminalità finanziaria e le autorità fiscali, doganali, di polizia nonché quelle responsabili dell’azione penale, così come altre autorità di contrasto. A tale riguardo, il Consiglio invita la Commissione e gli Stati membri a stanziare risorse adeguate per garantire un’attuazione efficace della normativa UE in vigore, grazie alla migliore comprensione comune dei criteri che determinano le frodi alimentari.Il Consiglio sottolinea, inoltre, la necessità di sensi-bilizzare i consumatori e di proseguire e ampliare la formazione sul contrasto alle frodi alimentari.
Benessere animale
Nelle proprie conclusioni2, il Consiglio invita la Commissione a elaborare una nuova strategia dell’UE per la protezione e il benessere degli animali basata sugli insegnamenti tratti dalla strategia per il perio-do 2012-2015. Il Consiglio incoraggia, inoltre, la Commissione e gli Stati membri ad avviare attività di comunicazione e sensibilizzazione per il pubblico sul ruolo essenziale delle buone condizioni di benessere degli animali nel promuovere la salute degli animali, la sicurezza degli alimenti e un settore agroalimentare sostenibile.Le conclusioni mettono in evidenza l’importanza del benessere degli animali quale parte integrante della produzione animale sostenibile e riconosco-no la necessità di un ulteriore aggiornamento della legislazione vigente, in particolare in settori quali il trasporto degli animali su lunghe distanze, il benes-sere dei bovini di oltre sei mesi di età, dei cani e dei gatti allevati nel contesto di un’attività economica e la macellazione animale, al fine di adeguare la legislazione alle più recenti conoscenze scientifiche e ai più recenti sviluppi tecnici3. Origine
A nome delle delegazioni francese, greca, italiana, portoghese e spagnola, la delegazione francese
1 Leggi le conclusioni (in lingua inglese) all’indirizzo web www.consilium.europa.eu/media/41865/st15154-en19.pdf2 Leggi le conclusioni (in lingua inglese) all’indirizzo web www.consilium.europa.eu/media/41863/st14975-en19.pdf3 Per maggiori informazioni sulla strategia UE per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015 (in lingua inglese),
vai all’indirizzo web https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/initiatives/ares-2019-2267798_en
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Ftalati in materie plastiche a contatto con gli alimenti, aggiornata la valutazione dei rischi
L’Efsa ha aggiornato la propria valutazione dei rischi relativa a cinque ftalati impiegati nelle materie plastiche a contatto con gli alimenti1.Nel darne la notizia sul proprio sito web, ha pubblicato una serie di domande e risposte, che riportiamo di seguito, per spiegare cosa sono queste sostanze, qual è stato il lavoro svolto e a quali conclusioni è giunta.
• Che cosa sono gli ftalati?Gli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate per ammorbidire (o “plastificare”) alcuni materiali usati in una serie di prodotti industriali e di consumo, tra cui materiali a contatto con alimenti come il Pvc.
• Quale lavoro sugli ftalati ha concluso l’Efsa di recente?L’Efsa ha pubblicato un parere scientifico su cinque ftalati autorizzati per l’impiego nei materiali in plastica destinati al contatto con gli alimenti e già valutati dall’Autorità nel 2005. Le cinque sostanze sono note come DBP, BBP, DEHP, DINP e DIDP.Alla luce delle nuove evidenze scientifiche, è stato chiesto all’Efsa di riesaminare i livelli di sicurezza dei cinque ftalati nei materiali in plastica destinati al contatto con gli alimenti e di valutare se l’attuale esposizione alimen-tare ad essi desti preoccupazione per la salute pubblica.
• Qual è il quantitativo dei cinque ftalati che non dà adito a rischi nei materiali a contatto con gli alimenti?Gli esperti Efsa hanno stabilito un nuovo livello di sicurezza, ovvero una dose di assunzione giornaliera tollerabile (Dgt) di gruppo, per quattro dei cinque ftalati (DBP, BBP, DEHP e DINP) di 50 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo (μg/kg di peso corporeo) al giorno, sulla base dei loro effetti sul sistema riproduttivo. La Dgt è una stima della quantità di una sostanza che l’uomo può ingerire quotidianamente nel corso dell’intera esistenza senza alcun rischio apprezzabile per la salute. L’effetto più rilevante su cui si basa tale Dgt di gruppo è la diminuzione del testosterone nei feti.Il quinto ftalato inserito nella valutazione, il Didp, non influenza i livelli di testosterone nei feti, per cui l’Efsa ha stabilito una Dgt a parte di 150 μg/kg di peso al giorno, sulla base dei suoi effetti sul fegato (così come nella valutazione del 2005).L’Efsa ha stabilito tutte queste Dgt su base temporanea a causa dei margini di incertezza circa effetti diversi da quelli riproduttivi e del contributo dei materiali in plastica destinati al contatto con gli alimenti all’esposizione complessiva del consumatore agli ftalati. Gli esperti dell’Autorità hanno rilevato la necessità di affrontare tali margini di incertezza considerando l’intero corpus delle evidenze scientifiche.
• Vi è qualche problema in termini di sicurezza?L’attuale esposizione a questi cinque ftalati negli alimenti non è una preoccupazione in termini di salute pubbli-ca. L’esposizione alimentare al gruppo dei DBP, BBP, DEHP e DINP per i consumatori medi è di 7 μg/kg di peso corporeo o di sette volte al di sotto del livello di sicurezza, mentre per i forti consumatori è di 12 μg/kg di peso corporeo, cioè inferiore di quattro volte. Per il DIDP l’esposizione alimentare per i forti consumatori è di 1.500 volte inferiore al livello di sicurezza.
• In cosa è cambiata la valutazione dell’Efsa rispetto a quella del 2005?Questa nuova valutazione dei cinque ftalati è in linea con la valutazione del 2005 per quanto concerne gli effetti più sensibili e le dosi giornaliere tollerabili individuali. Le principali differenze, invece, riguardano una migliore stima dell’esposizione agli ftalati tramite gli alimenti e l’introduzione di una Dgt di gruppo per quattro degli ftalati, onde tener conto dell’esposizione congiunta a parecchi ftalati contemporaneamente. Si tratta questo di un evento comune e confermato da dati tratti da studi sull’uomo, ad esempio tracce rilevate nelle urine.
(Fonte: Efsa)
1 Vedi il parere dell’Efsa all’indirizzo web http://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/5838
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ha informato il Consiglio in merito alla propria po-sizione sulle informazioni ai consumatori relative all’origine dei prodotti alimentari e degli ingredienti. In tale contesto, le delegazioni summenzionate hanno ritenuto che la legislazione dell’Unione eu-ropea relativa all’etichettatura di origine dei prodotti agricoli e alimentari dovrebbe evolversi per soddi-sfare meglio le aspettative dei consumatori. Hanno chiesto alla Commissione proposte volte a rafforzare la legislazione dell’UE sull’etichettatura dell’origine dei prodotti alimentari e degli ingredienti alimentari, in particolare nel contesto dell’imminente strategia “Farm to Fork” della Commissione. Nel dibattito che ne è seguito, le delegazioni hanno espresso opinioni divergenti circa la necessità di ulteriori misure. Dazi
Le delegazioni spagnola e francese hanno informato il Consiglio circa l’impatto delle tariffe statunitensi
imposte ai prodotti agroalimentari europei come misura compensativa nell’ambito della controversia relativa al caso Airbus. Tali tariffe sono state decise lo scorso ottobre e un nuovo documento pubblicato dal governo degli Stati Uniti il 6 dicembre propone una possibile re-visione dell’elenco e degli importi delle tariffe già imposte.Le delegazioni spagnola e francese, sostenute da una serie di delegazioni, hanno esortato la Commissione europea ad agire con fermezza nel-la ricerca di soluzioni negoziate e di intensificare le azioni per promuovere il commercio internazionale stabile e basato sulle regole. Hanno anche chie-sto, inoltre, aiuti all’ammasso privato per il settore dell’olio d’oliva, flessibilità e risorse supplementari per i programmi di promozione del vino, nonché l’attivazione di tutti gli strumenti previsti dall’Or-ganizzazione Comune di Mercato per tutti i settori interessati.
Clima, l’Efsa annuncia nuovi strumenti per individuare i rischi emergenti
L’Efsa ha pubblicato una nuova pagina sul proprio sito web dedicata ai rischi emergenti riconducibili al cambiamento climatico1. L’Autorità mette in evidenza i settori di cui si occuperà maggiormente (dai vet-tori responsabili delle malattie animali ai contaminanti ambientali, come le aflatossine) e annuncia nuovi strumenti per individuare tali rischi.Già nel 2018, l’Efsa ha varato il progetto Clefsa (Climate Change and Emerging Risks for Food Safety), che guarda al cambiamento climatico come motore dei rischi emergenti. Attraverso Clefsa, l’Autorità classi-ficherà i rischi climatici in rapporto alla sicurezza di alimenti e mangimi e alla salute di piante e animali, per individuare i rischi emergenti a cui dare priorità d’analisi e di intervento2.I cambiamenti a lungo termine di temperatura, umidità, precipitazioni e frequenza degli eventi meteorolo-gici estremi stanno già influenzando le pratiche agricole, la produzione agricola e la qualità nutritiva delle colture alimentari. La sensibilità dei germi, dei microrganismi potenzialmente tossici e di altri organismi
nocivi ai fattori climatici indica che il cambiamento climatico ha il potenziale di influenzare la compar-sa e l’intensità di alcune malattie veicolate dagli alimenti.Le mutevoli condizioni climatico-ambientali possono favorire l’insediamento di specie esotiche invasive, dannose per la salute delle piante e degli animali. Non da ultimo, il riscaldamento dell’acqua di mare in superficie e l’aumento dell’apporto di nutrienti porta alla proliferazione di alghe tossiche, che provocano la contaminazione dei frutti di mare.
(Fonte: @nmvi Oggi)
1 Visita la pagina all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/climate-change-and-food-safety2 Per maggiori informazioni sul progetto, vai all’indirizzo web www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/climate-change-
and-food-safety
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Consistenza degli alimenti, il nuovo texture Analyzer CTX
Il texture Analyzer CTX è l’ultimo nato nella fami-glia dei prodotti AMETEK Brookfield per analisi di struttura. Evoluzione del modello CT3, rappresenta
un avanzamento tecnologico nelle prove di carat-terizzazione delle proprietà sensoriali e meccaniche dei materiali. Pensato per ogni tipo di applicazione, trova nel settore alimentare uno dei suoi maggiori campi di utilizzo, dato anche il numero di accessori specifici di cui dispo-ne in questo ambito.
Consistenza: definizione e valutazione
La texture analisi aiuta a stabilire una correlazione fra le proprietà fisiche quantitativamente misurabili di un campione e le proprietà sensoriali che vengono percepite mangiandolo o maneggiandolo, come ad esempio la consistenza.Il termine “consistenza” si riferisce a quell’insieme di caratteristiche del cibo che possono essere percepite con i sensi, come, ad esempio, la croccantezza di un cracker o la morbidezza di una torta appena sfornata. La valutazione strumentale della consistenza comporta la misurazione della risposta meccanica di un alimento quando è sottoposto ad una forza, compressiva o estensiva, atta a mimare un comportamento a cui l’alimento è sottoposto nel suo ciclo di vita, come taglio, masticazione, strappo e rottura.La valutazione della texture è utilizzata in ambito Ricerca & Sviluppo, ma anche come Controllo Qualità per valutare l’omogeneità tra diversi lotti produttivi o controllare l’andamento di un processo.
I vantaggi di Analyzer CTX
CTX offre la possibilità di eseguire test rapidi ed effi-cienti ed è un ottimo ausilio per laboratori con un alto carico di lavoro che necessitano di mantenere un’elevata produttività, senza sacrificare la qualità. Tra le caratteristiche più importanti di CTX, infatti, c’è una nuova elettronica, che consente l’acquisizione di 500 dati al secondo, garantendo l’identificazione dell’esatto momento in cui il campione subisce una variazione con elevata precisione ed in tempi molto brevi.
La possibilità di cambiare cella di carico e di impie-gare tutti gli acces-sori già disponibili per il CT3 fa sì che il nuovo CTX sia sempre al passo con i bisogni in continua evoluzio-ne dei laboratori moderni.Cosa c’è di nuovo?
• Flessibilità: otto celle di carico intercambiabili per consentire la mas-sima operatività (100 g - 100 kg).• Funzionalità: altezza utile di 280 mm per pro-ve in tensione che richiedono escur-sioni più lunghe.• Velocità: veloci-tà di movimento aumentata.• Precisione: acquisizione a 500 Hz per catturare il momento preciso in cui il campione subisce una variazione.
Urai S.p.a.Milanofiori - Palazzo E320090 Assago (MI)Tel. 02 8923991Fax 02 89239975 [email protected]
News dalle Aziende: Urai
STRUMENTI
DI ANALISI
Il texture Analyzer CTX offre la possibilità di eseguire test rapidi ed efficienti.
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Vendita di “puntarelle” confezionate, il termine minimo di conservazione deve essere indicato
Cassazione civile, sentenza n. 27266 del 23 maggio 2019 (riferimenti normativi: articolo 3 del decreto legislativo 109/1992)
La messa in commercio di una confezione di “puntarelle” richiede l’apposizione del termine minimo di conservazione, in quanto tale pro-dotto ortofrutticolo è frutto di un’operazione di taglio.
Un commerciante che aveva immesso in com-mercio una confezione di “puntarelle” priva
dell’indicazione del termine minimo di conserva-zione (Tmc) veniva colpito da ordinanza-ingiun-zione al pagamento di una sanzione pecuniaria per violazione dell’articolo 3 del decreto legisla-tivo 109/1992. L’opposizione veniva respinta in doppio grado di giudizio, sicché l’interessato, anche a nome della società di cui era rappre-sentante, obbligata in solido al pagamento, ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo la non applicabilità della disposizione citata, in quanto il prodotto in questione avrebbe do-vuto essere qualificato come un ortofrutticolo
Il commento giuridico alle più recenti e significative sentenze in campo alimentare.Per consultare i commenti e le sentenzepubblicati sulla Rivista dal 1999 ad oggi, vai suwww.alimentibevande.it/giurisprudenza.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)
a cura di Vincenzo Pacileo Magistrato, Procura della Repubblicapresso il Tribunale di Torino
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giurisprudenza alimentare
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fresco non sbucciato, tagliato o soggetto ad analogo trattamento, nel qual caso non vi è, per l’appunto, obbligo di apporre il Tmc sulla confezione, ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 109/1992. Si è detto, infatti, che le “puntarelle” non avevano subito alcuna delle operazioni indicate, né il lavaggio rientrerebbe tra queste.La Corte ha respinto il ricorso, osservando che
le “puntarelle” avevano subito il trattamento di taglio, costituendo esse soltanto la parte apicale del cespo della cicoria catalogna e, pertanto, il prodotto era assoggettato all’obbligo di legge.Deve essere ricordato che il decreto legislati-vo 109/1992 in materia di etichettatura dei prodotti alimentari è stato abrogato dal de-creto legislativo 231/2017, che ha ridisegnato la disciplina sanzionatoria per le violazioni del
La protezione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena” non si estende ai termini “aceto” e “balsamico”
La protezione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena” non si estende all’utilizzo dei termini non geografici della stessa, quali “aceto” e “balsamico”. Pertanto, la loro combinazione e le loro traduzioni non possono beneficiare di tale protezione, in particolare perché “aceto” è un termine comune e il termine “balsami-co” è un aggettivo comunemente impiegato per designare un aceto che si caratterizza per un gusto agrodolce.È quanto ha stabilito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza del 4 dicembre, nella causa C-432/18, tra il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena e l’azienda tedesca Balema1.
La vicenda
Balema fabbrica e commercializza prodotti a base di aceto proveniente da vini del Baden (Germania). Sulle etichette apposte su tali prodotti, l’azienda utilizza i termini “balsamico” e “deutscher balsamico”, che sono inclusi nelle diciture “Theo der Essigbrauer, Holzfassreifung, Deutscher balsamico traditionell, naturtrüb aus badischen Weinen” (“Theo l’acetificatore, invecchiamento in botti di legno, aceto balsamico tedesco tradizionale, non filtrato, ottenuto da vini del Baden”) oppure “1° Deutsches Essig-Brauhaus, Premium, 1868, Balsamico, Rezeptur No. 3” (1° acetificio tedesco, Premium, 1868, Balsamico, Ricetta n. 3). Il Consorzio Tutela Aceto Balsamico di Modena, associazione di produttori di alimenti recanti la denominazione “Aceto Balsamico di Modena (Igp)”, inserita dal 2009 nel registro delle denominazioni d’origine protette e delle indicazioni geografiche protette nell’Unione europea, ha chiesto a Balema di cessare l’utilizzo del termine “balsamico”. In risposta, Balema ha proposto un ricorso dinanzi ai giudici tedeschi per far accertare il proprio diritto di utilizzare tale termine per questi prodotti. Il Bundesgerichtshof (Corte federale di Giustizia della Germania), attualmente investito della controversia, ha chiesto alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di stabilire se la protezione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena” conferita dal regolamento (CE) 510/2006 (ora abrogato e sostituito dal regolamento (UE) 1151/2012), relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, riguardi unicamente tale denominazione globale, ossia “Aceto Balsamico di Modena”, o si estenda all’utilizzo dei termini non geografici della stessa, vale a dire “aceto”, “balsamico” e “aceto balsamico”.
La sentenza
Con la sentenza del 4 dicembre, la Corte di Giustizia, oltre ad aver dichiarato, come già specificato, che la protezione della denominazione “Aceto Balsamico di Modena” non si estende all’utilizzo dei termini individuali non geografici della stessa, ha osservato che tali termini – ossia “aceto” e “balsamico” – compaiono nelle Dop registrate “Aceto balsamico tradizionale di Modena” e “Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia” senza che il loro utilizzo pregiudichi la protezione conferita all’Igp in questione.
(Fonte: Cgue)
1 Leggi il testo della sentenza all’indirizzo web http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jses-sionid=7B5DB2468A6F72B836A39D21A5C42E79?text=&docid=221302&pageIndex=0&doclang=I-T&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=5902224
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giurisprudenza alimentare
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regolamento (UE) 1169/2011, relativo alle in-formazioni da fornire ai consumatori riguardo ai prodotti alimentari.Ebbene, anche il regolamento comunitario prevede l’obbligo del Tmc, escludendolo per i prodotti ortofrutticoli freschi alle medesime condizioni sopra indicate (allegato X del rego-lamento). Pertanto, il fatto oggetto del ricorso è punibile anche ai sensi della nuova normativa, peraltro con una sanzione pecuniaria legger-mente inferiore a quella stabilita dall’abrogato articolo 18 del decreto legislativo 109/1992.Il caso descritto sarebbe sufficientemente “scon-tato” per non meritare un commento. Se non fosse perché dà il destro a una chiosa forse non banale.È nota la distinzione tradizionale tra Tmc e data di scadenza, ripresa anche dal regolamento (UE) 1169/2011, che all’articolo 24 recita: «Nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico, che potrebbero pertanto costituire, dopo un breve periodo, un pericolo immediato per la salute umana, il termine mi-nimo di conservazione è sostituito dalla data di scadenza».Orbene, con un cambio di segno, la giurispru-denza, con una sentenza a Sezioni Unite della Cassazione, ha da tempo stabilito che la messa in vendita di alimenti scaduti non integra la fattispecie di cui all’articolo 5, lettera b), della legge 283/1962, come ritenuto in precedenza, in quanto l’indicazione della scadenza riguar-da soltanto il profilo dell’informazione, senza coinvolgere quello della sicurezza alimentare.Tale conclusione è sempre apparsa discutibile, perché già l’articolo 10 del decreto legislativo 109/1992 attribuiva al Tmc (e a maggior ragione alla data di scadenza) il significato di data «fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione» (così ugualmente il regola-mento). Si giustificava, pertanto, la giurispru-denza (ora superata) che considerava la messa in vendita di prodotti scaduti di validità una violazione dell’articolo 5 della legge 283/1962, sempre interpretato come reato di “pericolo presunto”, mentre il “cattivo stato di conser-vazione” è afferente non alla compromissione intrinseca dell’alimento, ma all’irregolarità igie-nico-sanitaria delle sue modalità estrinseche di
conservazione.Come che sia, attualmente – e anzi oramai da parecchi anni – il regolamento (UE) 1169/2011 stabilisce che «successivamente alla data di sca-denza, un alimento è considerato a rischio a norma dell’articolo 14, paragrafi da 2 a 5, del regolamento (CE) 178/2002», così sancendone normativamente, e in via generale e astratta, l’irregolarità, tanto che il prodotto non può essere più venduto.Quindi, a tenore del regolamento, il supera-mento della data di scadenza comporta in via definitoria tassativa che l’alimento è a rischio per la salute, senza necessità di una prova positiva, cioè di uno specifico accertamento, in tal senso.Ma, allora, si dovrebbe ammettere che si rientra in pieno nel campo di applicazione dell’articolo 5.
Sugli alimenti originari di un territorio occupato dallo Stato di Israele si deveindicare il territorio di origine (e, in alcuni casi, non solo)
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sen-tenza del 12 novembre 2019 nella causa
C-363/18 (riferimenti normativi: regolamento (UE) 1169/2011)
L’articolo 9, paragrafo 1, lettera i), del regola-mento (UE) 1169/2011, in combinato disposto con l’articolo 26, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento, deve essere interpretato nel senso che gli alimenti originari di un territorio occu-pato dallo Stato di Israele devono recare, non solo l’indicazione di detto territorio, ma anche, nel caso in cui provengano da una località o da un insieme di località che costituiscono un insediamento israeliano all’interno del suddetto territorio, l’indicazione di tale provenienza.
Irrompe sulla scena della giurisprudenza alimentare una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dagli inaspettati riferimenti geopolitici e di diritto internazionale, suscitando immediate proteste del Ministero degli Affari esteri e dell’am-basciatore all’Onu israeliani. Al di là delle polemi-che, estranee a questo commento, la decisione
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giurisprudenza alimentare
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presenta un sicuro interesse per la chiarificazio-ne puntuale delle informazioni che, secondo la corretta interpretazione delle disposizioni rego-latorie sull’etichettatura dei prodotti alimentari e dei principi che le guidano, debbono essere fornite al consumatore al fine di consentirne una scelta consapevole e adeguata alle sue esigenze e preferenze.La Corte si è espressa in sede di rinvio pregiu-diziale sull’interpretazione da dare agli articoli 9 e 26 del regolamento (UE) 1169/2011, che rendono obbligatoria l’indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza di un a-limento quando la sua mancanza sia idonea a indurre in errore il consumatore. Il problema riguarda i territori occupati da Israele dal 1967, ossia la Cisgiordania, compre-sa Gerusalemme Est e le alture del Golan. Tali “territori” (per usare l’espressione dell’articolo 60 del codice doganale europeo, che riguarda l’origine delle merci) sono bensì occupati da Israele, ma, secondo le norme del diritto inter-nazionale umanitario, dispongono ciascuno di uno statuto internazionale proprio e distinto da quello di tale Stato. Intervenendo nel giudizio, la
Commissione europea ha affermato che l’Unione Europea, in linea con il diritto internazionale, non riconosce la sovranità di Israele su tali territori, ragion per cui esiste l’interesse a che tale posizio-ne non venga aggirata attraverso l’importazione di prodotti alimentari dai territori occupati senza che si conosca la loro reale provenienza.All’esito del suo percorso argomentativo, la Corte ha concluso per l’obbligatorietà della specificazione in etichetta della provenienza del prodotto da un insediamento israeliano o da un produttore locale (palestinese per la Cisgiordania e siriano per le alture del Golan). Solo in questo modo, si afferma, può essere rispettata la libertà di scelta del consumatore quanto a considerazioni sulla violazione del dirit-to internazionale umanitario ed eventualmente anche di ordine etico.
Su questa sentenza, si veda anche il box “Corte di Giustizia UE: gli alimenti originari dei territori occupati da Israele devono recare l’indicazio-ne del loro territorio di origine”, pubblicato sul numero di novembre/dicembre 2019, alle pagine 92-93.
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Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1976 della Commissione del 25 novembre 2019, che auto-rizza l’immissione sul mercato della fenilcapsaicina quale nuovo alimento a norma del regolamento (UE) 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470 della Commissione.
(G.U.U.E. L 308 del 29 novembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1979 della Commissione del 26 novembre 2019, che au-torizza l’immissione sul mercato della miscela 2’-fucosillattosio/difucosillattosio quale nuovo alimento a norma del regolamento (UE) 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470 della Commissione.
(G.U.U.E. L 308 del 29 novembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1981della Commissione del 28 novembre 2019, che modi-fica il regolamento di esecuzione (UE) 2019/626 per quanto riguarda gli elenchi di Paesi terzi e loro regioni da cui è autorizzato l’ingresso nell’Unione europea di lumache, gelatina, collagene e insetti destinati al consumo umano.
(G.U.U.E. L 308 del 29 novembre 2019)
Decisione (UE) 2019/1987 del Consiglio del 25 novembre 2019, relativa alla po-sizione da adottare a nome dell’Unione europea in sede di Consiglio dei membri del Consiglio oleicolo internazionale in relazione alle norme commerciali
applicabili agli oli d’oliva e agli oli di sansa d’oliva.(G.U.U.E. L 308 del 29 novembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2001 della Commissione del 28 novembre 2019, che modi-fica la decisione 2009/821/CE per quanto riguarda gli elenchi dei posti d’ispezione frontalieri e delle
Segnalazione di normativa e provvedimentirelativi al settore alimentare pubblicatisulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italianae sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.Consulta la nostra banca dati di normativa su:www.alimentibevande.it/normativa.aspx(servizio riservato agli abbonati On lineo con Formula Plus)
a cura della Redazione
Periodo di riferimento:26 novembre 2019 - 10 febbraio 2020
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unità veterinarie del sistema Traces.(G.U.U.E. L 310 del 2 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2007 della Commissione del 18 novembre 2019, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda gli elenchi di animali, prodotti di origine animale, materiale germinale, sottoprodotti di origine animale e prodotti derivati, fieno e paglia soggetti a controlli ufficiali ai posti di controllo fron-talieri e recante modifica della decisione 2007/275/CE.
(G.U.U.E. L 312 del 3 dicembre 2019)
Regolamento delegato (UE) 2019/2035 della Commissione del 28 giugno 2019, che integra il regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme relative agli stabilimenti che detengono animali terrestri e
agli incubatoi nonché alla tracciabilità di determi-nati animali terrestri detenuti e delle uova da cova.
(G.U.U.E. L 314 del 5 dicembre 2019)
Decreto 21 novembre 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Riconoscimento del Consorzio di tutela del Pane Toscano Dop e attribuzione dell’incarico di svolgere le funzioni di cui all’articolo 53 della legge 24 aprile 1998, n. 128 come modificato dall’articolo 14, comma 15, della legge 21 dicembre 1999, n. 526 per la Dop “Pane Toscano”.
(G.U. n. 285 del 5 dicembre 2019)
Regolamento delegato (UE) 2019/2074 della Commissione del 23 settembre 2019, che integra
il regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme in merito a controlli ufficiali specifici sulle partite di determina-ti animali e merci che sono originarie dell’Unione e vi fanno ritorno in quanto non ammesse in un Paese terzo.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2080 della Commissione del 28 novembre 2019, che autorizza l’immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da granturco geneticamente modificato MZHG0JG (SYN-ØØØJG-2) in conformità al regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2081 della Commissione del 28 novembre 2019, che rinnova l’autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti contenenti o derivati da colza T45 gene-ticamente modificata (ACS-BNØØ8-2) risultato della commercializzazione di tale colza nei Paesi terzi fino al 2005, a norma del regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di Esecuzione (UE) 2019/2082 della Commissione del 28 novembre 2019, che rin-nova l’autorizzazione all’immissione in commer-cio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da cotone geneticamente modificato LLCotton25 (ACS-GHØØ1-3) in conformità al regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2083 della Commissione del 28 novembre 2019, che rinnova l’autorizzazione all’immissione in commercio di
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prodotti contenenti, costituiti o derivati da soia ge-neticamente modificata MON 89788 (MON-89788-1) in conformità al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di Esecuzione (UE) 2019/2084 della Commissione del 28 novembre 2019, che rin-nova l’autorizzazione all’immissione in commer-cio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da soia geneticamente modificata A2704-12 (ACS-GMØØ5-3) a norma del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2085 della Commissione del 28 novembre 2019, che autorizza l’immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da granturco geneticamente modificato MON 89034 × 1507 × NK603 × DAS-40278-9 e dalle sottocombinazioni MON 89034 × NK603 × DAS-40278-9, 1507 × NK603 × DAS-40278-
9 e NK603 × DAS-40278-9 a norma del regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2086 della Commissione del 28 novembre 2019, che autorizza l’immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da granturco geneticamente modificato MON 89034 × 1507 × MON 88017 ×
59122 × DAS-40278-9 e da granturco genetica-mente modificato che combina due, tre o quattro dei singoli eventi MON 89034, 1507, MON 88017, 59122 e DAS-40278-9 a norma del regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Decisione di esecuzione (UE) 2019/2087 della Commissione del 28 novembre 2019, che autorizza l’immissione in commercio di prodotti contenenti, costituiti o derivati da granturco geneticamente modificato Bt11 × MIR162 × MIR604 × 1507 × 5307 × GA21 e da granturco geneticamente modificato che combina due, tre, quattro o cinque dei singoli eventi Bt11, MIR162, MIR604, 1507, 5307 e GA21 a norma del regolamento (CE) 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio.
(G.U.U.E. L 316 del 6 dicembre 2019)
Testo coordinato del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104 Ripubblicazione del testo del decreto-legge 21 set-tembre 2019, n. 104, coordinato con la legge di conversione 18 novembre 2019, n. 132, recante: «Disposizioni urgenti per il trasferimento di funzioni e per la riorganizzazione dei Ministeri per i Beni e le Attività culturali, delle Politiche a-gricole alimentari, forestali e del turismo, del-lo Sviluppo economico, degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, delle Infrastrutture e dei Trasporti, dell’Ambiente e della Tutela del ter-ritorio e del mare e dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché per la rimodulazione degli stanziamenti per la revisione dei ruoli e delle carriere e per i compensi per lavoro straordinario delle Forze di polizia e delle Forze armate, in materia di quali-fiche dei dirigenti e di tabella delle retribuzioni del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per la continuità delle funzioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni».
(G.U. n. 286 del 6 dicembre 2019 – Supplemento ordinario n. 44)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2093 della Commissione del 29 novembre 2019, che modi-fica il regolamento (CE) 333/2007 per quanto riguarda l’analisi di 3-monocloro-1,2-propandiolo (3-MCPD) esteri degli acidi grassi, glicidil esteri degli acidi grassi, perclorato e acrilammide.
(G.U.U.E. L 317 del 9 dicembre 2019)
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Decisione di esecuzione (UE) 2019/2098 della Commissione del 28 novembre 2019, relativa alle prescrizioni temporanee in materia di Sanità animale per le partite di prodotti di origine anima-
le destinati al consumo umano che sono originarie dell’Unione e vi fanno ritorno in quanto non ammesse in un Paese terzo.
(G.U.U.E. L 317 del 9 dicembre 2019)
Regolamento delegato (UE) 2019/2123 della Commissione del 10 ottobre 2019, che integra il regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme per i casi e le condizioni in cui i controlli di identità e i controlli fisici su alcune merci possono essere eseguiti presso i punti di controllo e i controlli documentali possono essere eseguiti a distanza dai Posti di controllo frontalieri.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Regolamento delegato (UE) 2019/2125 della Commissione del 10 ottobre 2019, che integra il regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme relative all’e-secuzione di controlli ufficiali specifici del materiale da imballaggio in legno, la notifica di alcune partite e le misure da adottare nei casi di non conformità.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Regolamento delegato (UE) 2019/2126 della Commissione del 10 ottobre 2019, che integra il regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme per i controlli ufficiali specifici per alcune categorie di animali e merci, le misure da adottare in seguito all’e-secuzione di tali controlli e alcune categorie di animali e
di merci esenti dai controlli ufficiali ai Posti di controllo frontalieri.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2128 della Commissione del 12 novembre 2019, che stabilisce il modello di certificato ufficiale e le norme per il rilascio di certificati ufficiali per le merci consegnate a navi in uscita dall’Unione e destinate all’approvvigio-namento o al consumo da parte dell’equipaggio e dei passeggeri oppure a una base militare della Nato o degli Stati Uniti.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2129 della Commissione del 25 novembre 2019, che stabilisce norme relative all’applicazione uniforme delle frequenze per i controlli di identità e i controlli fisici su alcune partite di animali e merci che entrano nell’Unione.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2130 della Commissione del 25 novembre 2019, che stabilisce norme dettagliate sulle operazioni da svolgere durante e dopo i controlli documentali, i controlli di identità e i controlli fisici sugli animali e sulle merci soggetti a controlli ufficiali ai Posti di controllo frontalieri.
(G.U.U.E. L 321 del 12 dicembre 2019)
Decreto 29 novembre 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Attuazione dell’articolo 17 del regolamento (CE) 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente la definizione, la designazione, la pre-sentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose – Disciplinare della “Ratafia Ciociara” o “Rattafia Ciociara”.
(G.U. n. 291 del 12 dicembre 2019)
Decreto 29 novembre 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Modifica del decreto 31 luglio 2014, recante disposizioni in materia di attuazione dell’articolo 17 del regolamento (CE) 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la pro-tezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose – Scheda tecnica del “Südtiroler Enzian” e/o “Genziana dell’Alto Adige”.
(G.U. n. 291 del 12 dicembre 2019)
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Decreto 29 novembre 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Modifica del decreto 24 novembre 2014, recante di-sposizioni in materia di attuazione dell’articolo 17 del regolamento (CE) 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichet-tatura e la protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose – Scheda tecnica della “Südtiroler Grappa” e/o “Grappa dell’Alto Adige”.
(G.U. n. 291 del 12 dicembre 2019)
Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore ap-plicazione e una modernizzazione delle norme dell’U-nione relative alla protezione dei consumatori.
(G.U.U.E. L 328 del 18 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2164 della Commissione del 17 dicembre 2019, che modifica il regolamento (CE) 889/2008 recante modalità di appli-cazione del regolamento (CE) 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, per quanto riguarda la produzione biologica, l’etichettatura e i controlli.
(G.U.U.E. L 328 del 18 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2182 della Commissione del 16 dicembre 2019, recante iscri-zione di un nome nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette “Pan Galego”/”Pan Gallego” (Igp).
(G.U.U.E. L 330 del 20 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2202 della Commissione del 16 dicembre 2019, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette “Olio di Puglia” (Igp).
(G.U.U.E. L 332 del 23 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2203 della Commissione del 16 dicembre 2019, recante iscri-zione di un nome nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette “Sneem Black Pudding” (Igp).
(G.U.U.E. L 332 del 23 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2204 della Commissione del 16 dicembre 2019, recante iscri-zione di una denominazione nel registro delle denomi-nazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [“ ” (Krasotiri Ko)/”
” (Tiri tis Possias) (Igp)].(G.U.U.E. L 332 del 23 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/2205della Commissione del 16 dicembre 2019, recante iscri-zione di un nome nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette [“ ” (Kritsa) (Igp)]
(G.U.U.E. L 332 del 23 dicembre 2019)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/16 della Commissione del 10 gennaio 2020, che autorizza l’immissione sul mercato del nicoti-namide riboside cloruro quale nuovo alimento a norma del regolamento (UE) 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modi-fica il regolamento di esecuzione (UE) 2017/2470 della Commissione.
(G.U.U.E. L 7 del 13 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/17 della Commissione del 10 gennaio 2020, concernente il mancato rinnovo dell’approvazione della so-stanza attiva clorpirifos metile, in conformità al regolamento (CE) 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, e la modifica dell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) 540/2011 della Commissione.
(G.U.U.E. L 7 del 13 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/18 della Commissione del 10 gennaio 2020, concernen-te il mancato rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva clorpirifos, in conformità al rego-lamento (CE) 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, e la modifica dell’allegato del regolamento di esecuzione (UE) 540/2011 della Commissione.
(G.U.U.E. L 7 del 13 gennaio 2020)
Provvedimento 24 dicembre 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali Iscrizione della denominazione “Olio di Puglia” Igp
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nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette.
(G.U. n. 9 del 13 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/23 della Commissione del 13 gennaio 2020, concernente il man-cato rinnovo dell’approvazione della sostanza attiva thiacloprid, in conformità al regolamento (CE) 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, e che modifica l’allegato del regolamento di esecuzione (UE) 540/2011 della Commissione.
(G.U.U.E. L 8 del 14 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/24 della Commissione del 13 gennaio 2020, che autorizza l’am-pliamento dell’uso dei semi di chia (Salvia hispanica) quale nuovo alimento e la modifica delle condizioni d’uso e dei requisiti specifici di etichettatura dei semi di chia (Salvia hispa-nica) a norma del regolamento (UE) 2015/2283 del Parlamento europeo e del Consiglio e che modifica il regolamento di ese-cuzione (UE) 2017/2470 della Commissione.
(G.U.U.E. L 8 del 14 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/25 della Commissione del 13 gennaio 2020, che modifica e rettifica il regolamento (CE) 1235/2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai Paesi terzi.
(G.U.U.E. L 8 del 14 gennaio 2020)
Decreto 4 novembre 2019 – Ministero della Salute Definizione di livelli massimi di tetraidrocannabinolo (THC) negli alimenti.
(G.U. n. 11 del 15 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/41della Commissione del 13 gennaio 2020, recante iscrizione di una denominazione nel registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette « » (Arseniko Naxou) (Dop).
(G.U.U.E. L 15 del 20 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/42 della Commissione del 17 gennaio 2020, che modifica il regolamento (UE) 37/2010 al fine di classificare la sostanza bambermicina per quanto riguarda il suo limite massimo di residui.
(G.U.U.E. L 15 del 20 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/43 della Commissione del 17 gennaio 2020, che modifi-ca il regolamento (UE) 37/2010 al fine di classificare la sostanza ciclesonide per quanto riguarda il suo limite massimo di residui.
(G.U.U.E. L 15 del 20 gennaio 2020)
Decisione di esecuzione (UE) 2020/122 della Commissione del 16 gennaio 2020, sulla con-clusione di un accordo in forma di scambio di lettere tra l’Unione europea e gli Stati Uniti del Messico relativo alla modifica degli allegati I e II dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti del Messico sul mutuo riconoscimento e sulla protezione delle denominazioni nel settore delle bevande spiritose.
(G.U.U.E. L 23 del 29 gennaio 2020)
Accordo in forma di scambio di letteretra l’Unione europea e gli Stati Uniti del Messico re-lativo alla sostituzione degli allegati I e II dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti del Messico sul mutuo riconoscimento e sulla protezione delle denominazioni nel settore delle bevande spiritose.
(G.U.U.E. L 23 del 29 gennaio 2020)
Comunicazione C/2020/428della Commissione sull’applicazione delle disposizioni dell’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) 1169/2011.
(G.U.U.E. C 32 del 31 gennaio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/154 della Commissione del 23 gennaio 2020, che re-gistra un’indicazione geografica di bevanda spiritosa ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2019/787 del Parlamento euro-peo e del Consiglio “Norsk Vodka”/”Norwegian Vodka”.
(G.U.U.E. L 34 del 6 febbraio 2020)
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/156 della Commissione del 23 gennaio 2020, che registra un’indicazione geografica di bevanda spirito-sa ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 2, del regola-mento (UE) 2019/787 del Parlamento europeo e del Consiglio “Norsk Akevitt”/”Norsk Aquavit”/”Norsk Akvavit”/”Norwegian Aquavit”.
(G.U.U.E. L 34 del 6 febbraio 2020)
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FOCUSNORMATIVO
Analisi dei più recenti e significativi provvedimenti legislativi, relativi al settore agroalimentare.
a cura di Cristina La CorteAvvocato ed Espertadi Legislazione degli Alimenti
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Oli d’oliva e di sansa d’oliva, aggiornati metodi e valori limite
Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1604 della Commissione del 27 settembre 2019, che modifica il regolamento (CEE) 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva nonché ai metodi ad essi attinenti.(G.U.U.E. L 250 del 30 settembre 2019)
Con il regolamento di esecuzione (UE) 2019/1604 sono aggiornati, come avviene
periodicamente in base al parere degli esperti nel
settore chimico e conformemente all’attività svolta in sede di Consiglio oleicolo internazionale (Coi), i metodi e i valori limite relativi alle caratteristiche degli oli d’oliva e degli oli di sansa d’oliva.In particolare, le modifiche riguardano taluni metodi di analisi stabiliti nel regolamento (CEE) 2568/91, al fine di garantire l’applicazione a livello europeo delle più recenti norme internazionali stabilite dal Coi per quel che riguarda l’espressione del limite dell’acidità libera, l’indice di perossi-di, la valutazione organolettica e la differenza tra ECN42 (HPLC) e ECN42 (calcolo teorico) per renderli coerenti con i margini di precisione del metodo analitico.L’articolo 2 bis, paragrafo 5, del regolamento (CEE)
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2568/91 prevede che gli Stati membri devono verificare se un campione di olio di oliva è con-forme alla categoria dichiarata:
• procedendo, in un ordine qualsiasi, alle analisi di cui all’allegato I (Caratteristiche degli oli d’oliva) o
• nell’ordine previsto dall’albero decisionale di cui all’allegato I ter (Schema decisionale per la verifica della conformità di un campione di olio di oliva alla categoria dichiarata), fino a raggiungere una delle de-cisioni figuranti nel suddetto albero decisionale.
Con il regolamento in esame sono aggiornate le tabelle dell’allegato I ter del regolamento (CEE) 2568/91 e la relativa appendice e, inoltre, il ter-mine “schema decisionale” è sostituito con “dia-gramma di flusso” ritenuto più appropriato alla luce del contenuto del citato allegato. Il punto 9.4 dell’allegato XII del regolamento (CEE) 2568/91 (Metodo del consiglio oleicolo internazio-nale per la valutazione organolettica degli oli di oliva vergini) definisce, infine, la mediana dei difetti come la mediana del difetto percepito con l’intensità più alta. Nell’ambito delle controanalisi e posto che la conformità dell’olio deve essere valutata da più panel, è chiarito che la decisione relativa alla conformità delle caratteristiche di un olio alla categoria dichiarata è legata soltanto al valore della mediana del difetto principale, a prescindere dalla sua natura. È conseguentemente modificato il regolamento (CEE) 2568/91, che definisce le caratteristiche fisico-chimiche e organolettiche degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva e stabilisce i metodi di valutazione di tali caratteristiche.
Dichiarazioni di vendemmia e di produzione vinicola
Decreto n. 7701 del 18 luglio 2019 – Ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo
Disposizioni nazionali di attuazione del re-golamento delegato (UE) 2018/273 e del re-golamento di esecuzione (UE) 2018/274 della Commissione dell’11 dicembre 2017 inerenti alle dichiarazioni di vendemmia e di produ-zione vinicola. (G.U. n. 228 del 28 settembre 2019)
Con il decreto ministeriale in esame sono ade-guate le disposizioni nazionali attuative ai nuovi regolamenti:
• 2018/273, che integra il regolamento (UE) 1308/2013 per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, lo schedario viticolo, i documenti di accompa-gnamento e la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni obbli-gatorie, le notifiche e la pubblicazione delle informazioni notificate, che integra il regola-mento (UE) 1306/2013 per quanto riguarda i pertinenti controlli e le pertinenti sanzioni, e che modifica i regolamenti (CE) 555/2008, 606/2009 e 607/2009 della Commissione e abroga il regolamento (CE) 436/2009 della Commissione e il regolamento delegato (UE) 2015/560 della Commissione;
• 2018/274, recante modalità di applicazione del regolamento (UE) 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda il sistema di autorizzazioni per gli impianti viticoli, la certificazione, il registro delle entrate e delle uscite, le dichiarazioni e le notifiche obbliga-
Pesticidi, vietati Clorpirifos e Clorpirifosmetile nell’UE
Sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea i regolamenti di esecuzione (UE) 2020/16 e 2020/17 con cui la Commis-sione europea ha deciso di non rinnovare l’autorizzazione all’uso sul mercato europeo dei pesticidi Clorpirifos e Clorpirifosmetile, in seguito alla conferma da parte dell’Efsa di effetti nocivi sulla salute umana, in particolare genotossicità ed effetti neurotossici sullo sviluppo.L’eventuale periodo di tolleranza concesso dagli Stati membri a norma dell’articolo 46 del regolamento (CE) 1107/2009 scade il 16 aprile.“Proteggere i cittadini dalle sostanze chimiche pericolose è una priorità del mio mandato e del Green Deal europeo – ha affermato la com-missaria per la Salute e la Sicurezza alimentare, Stella Kyriakides – La Commissione non esiterà a vietare i pesticidi il cui impatto pericoloso sulla salute sia dimostrato”.
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torie, e del regolamento (UE) 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i controlli pertinenti, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2015/561 della Commissione.
In particolare, gli articoli 31 del regolamento dele-gato (UE) 2018/273 e 22 del regolamento di ese-cuzione (UE) 2018/274 in materia di dichiarazione di produzione dispongono rispettivamente che:
«1. I produttori stabiliti in uno Stato membro che abbia l’obbligo di tenere uno schedario viticolo aggiornato conformemente all’articolo 145, para-grafo 1, del regolamento (UE) 1308/2013 presen-tano ogni anno una dichiarazione di produzione alle autorità competenti di tale Stato membro per quanto riguarda la loro produzione nella campa-gna viticola di riferimento in tale Stato membro. Gli Stati membri che hanno istituito uno schedario viticolo aggiornato annualmente, in base al quale sia possibile correlare i dichiaranti, la produzione dichiarata e le particel-le viticole corrispondenti, possono esentare i produttori dall’obbligo di dichiarare le informazioni di cui all’articolo 22, paragrafo 2, lettera e), del regolamento di esecuzione (UE) 2018/274. In tal caso, le auto-rità competenti degli Stati membri completano esse stesse le dichiara-zioni con l’indicazione della superficie quale risulta dai dati dello schedario. 2. I produttori di uva aderenti o as-sociati a una o più cantine coope-rative o associazioni di produttori e che hanno conferito la propria intera produzione di uve o di mosto a dette cantine cooperative o associazioni, pur riservandosi il diritto di ottenere dalla vinificazione un quantitativo inferiore a 10 ettolitri per il consumo familiare, sono esonerati dall’obbli-go di presentare una dichiarazione di produzione, purché tali cantine cooperative o associazioni siano te-nute a presentare una dichiarazione di produzione.
3. Gli Stati membri che non hanno l’obbligo di tenere uno schedario viticolo aggiornato conformemente all’articolo 145, paragrafo 1, del regolamento (UE) 1308/2013 possono richiedere ai produttori stabiliti nel proprio territorio di presentare la dichiarazione di produzione di cui al paragrafo 1. In tal caso, il paragrafo 2 si applica mutatis mutandis».
«1. I produttori presentano la dichiarazione di produzione di cui all’articolo 31 del regolamento delegato (UE) 2018/273 in riferimento alla produ-zione della campagna vitivinicola in corso entro il 15 gennaio di ogni anno. Gli Stati membri possono stabilire una data anteriore o, per le vendemmie tardive e produzioni di vino specifiche, una data non successiva al 1° marzo. 2. La dichiarazione di produzione di cui al paragrafo
Benessere animale, prolungato il mandato della piattaforma UE Il mandato della Piat-taforma dell’UE sul Benessere degli ani-mali è prorogato al 30 giugno 2021. Lo ha reso noto la Commis-sione europea che, con la decisione del 29 novembre, pub-blicata il 2 dicembre sulla Gazzetta ufficia-le dell’Unione europea C405/C, ha prolungato i lavori della Piattaforma di altri 18 mesi, per dare continuità alle attività già avviate dai suoi membri. Sul tavolo ci sono, infatti, dei fascicoli ancora aperti sul be-nessere degli animali.La Piattaforma venne lanciata nel 2017, in seguito alla decisione di non varare un nuovo Piano europeo per il benessere animale, ma di creare uno strumento di scambio delle migliori pratiche. Uno degli obiettivi della Commissione è, infatti, quello di garantire la piena applicazione della legislazione in essere, con il massimo grado di efficienza e risultato.Dalla sua nascita, la Piattaforma si è affermata anche come sede di dia-logo per l’avvio di iniziative non legislative, come è accaduto ad ottobre di quest’anno con l’adozione di conclusioni sul trasporto animale, sul benessere dei suini e degli equini.
(Fonte: @nmvi Oggi)
1 Per maggiori informazioni sulla Piattaforma, vai all’indirizzo web https://ec.europa.eu/food/animals/welfare/eu-platform-animal-wel-fare_en
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1 contiene almeno le seguenti informazioni: a) l’identità del produttore; b) il luogo in cui sono detenuti i prodotti; c) la categoria di prodotti utilizzati per l’elabo-razione del vino: le uve, i mosti di uve (mosti concentrati, mosti concentrati rettificati o mosti parzialmente fermentati) o i vini nuovi ancora in fermentazione; d) nome e indirizzo del fornitore; e) le superfici vitate in produzione, comprese quelli a scopi di sperimentazione, da cui provengono le uve, indicate in ettari e con il riferimento all’ubi-cazione della particella viticola; f) il volume, indicato in ettolitri o in centinaia di chilogrammi, dei prodotti vitivinicoli ottenuti dall’i-nizio della campagna viticola e detenuti alla data della dichiarazione, ripartiti per colore (rosso/rosato o bianco), per categoria di prodotti utilizzati (uve, vini nuovi ancora in fermentazione, mosto, incluso il mosto parzialmente fermentato, ma escluso il mosto concentrato e il mosto concentrato rettifi-cato), e uno dei seguenti tipi: i) vino Dop; ii) vino Igp; iii) vino varietale senza Dop/Igp; iv) vino senza Dop/Igp; v) tutti gli altri prodotti della cam-pagna viticola, compresi i mosti concentrati e i mosti concentrati rettificati. Gli Stati membri possono prevede-re la presentazione di una dichiara-zione per impianto di vinificazione. 3. Il quantitativo di vino da indicare nella dichiarazione di produzione è il quantitativo totale ottenuto al termine della fermentazione alcolica principale, incluse le fecce di vino. Per la conversione dei quantitativi di prodotti diversi dal vino in ettolitri di vino, gli Stati membri possono fissare coefficienti secondo criteri oggettivi pertinenti a tale conversione. Gli Stati membri notificano alla Commissione i coefficienti unitamente alle notifi-che di cui all’allegato III, punto 8, del regolamento di esecuzione (UE) 2017/1185. 4. Gli Stati membri prescrivono ai produttori di uva e ai commercianti
che cedono prodotti destinati alla produzione di vino di fornire ai produttori i dati richiesti per la compilazione delle dichiarazioni di produzione».
Dal momento che alcune delle informazioni richieste dalla riportata normativa sono contenute nei registri telematici di cui al decreto ministeriale 20 marzo 2015, n. 293, recante disposizioni per la tenuta in forma dematerializzata dei registri nel settore vitivi-nicolo, con il provvedimento in esame (in particolare l’articolo 9) viene creato un raccordo tra le norme comunitarie e quelle nazionali, al fine di procedere alla riduzione degli oneri burocratici e amministrativi relativi alla presentazione della dichiarazione obbli-gatoria di produzione a carico degli operatori del settore vitivinicolo.Per quel che concerne la dichiarazione di vendem-mia, l’articolo 33 del regolamento delegato (UE) 2018/273 dispone:«Gli Stati membri possono richiedere che tutti i pro-duttori di uva o, sulla base di criteri oggettivi e non
THC negli alimenti, fissati i livelli massimi
È stato pubblicato il 15 gennaio sulla Gazzet-ta ufficiale il decreto 4 novembre 2019 del Ministero della Salute, che fissa i valori dei li-miti massimi di tetrai-drocannabinolo (THC) totale ammissibili negli alimenti ai fini del con-trollo ufficiale.Questi gli alimenti am-messi e i limiti massimi previsti dal decreto:
• semi di canapa, farina ottenuta dai semi di canapa: 2,0 mg/kg• olio ottenuto dai semi di canapa: 5,0 mg/Kg• integratori contenenti alimenti derivati dalla canapa: 2,0 mg/kg
Ai fini dell’applicazione del decreto, le autorità competenti sono il Ministero della Salute, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, l’Ispet-torato centrale della Tutela della qualità e della Repressione frodi dei Prodotti agroalimentari, le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Aziende sanitarie locali, ciascuno nell’ambito delle rispettive competenze.L’applicazione della norma è sottoposta al regolamento (CE) 764/2008, che stabilisce le procedure relative all’applicazione di determinate regole tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro e che abroga la decisione 3052/95/CE.
(Fonte: Ministero della Salute)
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discriminatori, alcuni di essi presentino alle autorità competenti una dichiarazione di vendemmia relativa alla campagna viticola in cui è stata effettuata la vendemmia»
mentre l’articolo 24 del regolamento di esecuzione (UE) 2018/274 aggiunge:
«1. Se gli Stati membri richiedono la dichiarazione di vendemmia di cui all’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2018/273, i produttori di uva presentano tale dichiarazione entro il 15 gennaio. Gli Stati membri possono stabilire una data anteriore o, per le vendemmie tardive, una data non successiva al 1° marzo. 2. Tale dichiarazione contiene almeno le seguenti informazioni, ripartite secondo le categorie di cui all’allegato III, punto 1.2, paragrafo 3, del regola-mento delegato (UE) 2018/273:a) l’identità del produttore di uva (secondo le infor-mazioni richieste all’allegato III, punto 1.1, paragrafo 1, del regolamento delegato (UE) 2018/273); b) la superficie vitata in produzione (espressa in ettari e con riferimento all’ubicazione della parti-cella viticola); c) la quantità di uve raccolte (in centinaia di chilogrammi); d) la destinazione delle uve (in ettolitri o centinaia di chilogrammi): i) vinificate dal dichiarante, in quanto produttore; ii) consegnate a una cantina cooperativa (come uve o mosto); iii) vendute a un produttore di vino (come uve o mosto); iv) altre destinazioni (come uve o mosto)».
Ai sensi dell’articolo 3, sono tenuti alla presentazio-ne annuale delle dichiarazioni di vendemmia e di produzione vinicola i seguenti soggetti:
a) i produttori di uva da vino che effettuano la rac-colta e, successivamente, la cessione totale dell’uva prodotta; b) i produttori di uva da vino che effettuano la rac-colta e la vinificazione con utilizzo esclusivo di uve proprie; c) i produttori di uva da vino che effettuano la raccol-ta, la cessione parziale e la vinificazione con utilizzo esclusivo di uve proprie; d) i produttori di uva da vino che effettuano la
raccolta delle uve e la vinificazione, con aggiunta di uve e/o mosti acquistati; e) i produttori di uva da vino che effettuano la rac-colta, la cessione parziale e la vinificazione, con aggiunta di uve e/o mosti acquistati; f) i produttori di vino che effettuano la vinificazione esclusivamente con uve e/o mosti acquistati; g) i soggetti che effettuano intermediazione delle uve; h) le associazioni e le cantine cooperative.
Sono viceversa esonerati dall’obbligo della presen-tazione della dichiarazione i produttori di uva:
a) le cui aziende comprendono meno di 0,1 ettari di vigneto e il cui raccolto non è immesso in commercio in qualsiasi forma; b) la cui produzione di uve è interamente destinata ad essere consumata come tale, ad essere essiccata o ad essere trasformata direttamente in succo di uva da parte del produttore o da parte di una industria di trasformazione.
In applicazione delle norme comunitarie sopra ripor-tate, l’articolo 5 del decreto ministeriale in esame prevede che «[…] i termini di presentazione delle dichiarazioni sono stabiliti come segue:
• dichiarazioni di produzione, di cui all’articolo 31 del regolamento delegato: 15 dicembre di ogni anno, con riferimento ai prodotti detenuti al 30 novembre;
• dichiarazioni di vendemmia, di cui all’articolo 33 del regolamento delegato (UE) 2018/273: 15 novembre di ogni anno, fatte salve eventuali pro-roghe previste per particolari produzioni tardive.
I produttori di cui all’articolo 3, lettere b) e c), hanno la possibilità di compilare le dichiarazioni di produzione contestualmente alle dichiarazioni di vendemmia, entro il 15 novembre di ogni anno, con eventuale rettifica della produzione di vino e mosti entro il 15 dicembre, in relazione ai prodotti detenuti al 30 novembre. I soggetti intermediari di cui all’articolo 3, lettera g), compilano la di-chiarazione entro il 15 novembre di ogni anno. I termini di presentazione ed i rispettivi quadri delle dichiarazioni sono riportati all’allegato 1 al pre-sente decreto, in relazione ai soggetti dichiaranti di cui all’articolo 3».
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Due nuovi premi per Guala Closures: il Worldstar Awarde lo Spiripack Bronze Award
Il 2019 del Gruppo Guala Closures si conclude con la vittoria del WorldStar Award 2020, il concorso dell’Organizzazione mondiale del
Packaging, e dello Spiripack Crédit Agricole 2019, la quarta edizione, organizzata da Atlanpack, dei premi per l’innovazione del packaging per gli espositori del salone VS Pack. Per quanto riguarda il WorldStar Award, la valutazione ha avuto luogo a novembre a Bali (Indonesia), dove i rappresentanti di 36 associazioni di imballaggio, membri dell’Organizzazione mondiale del Packaging, hanno giudicato 321 progetti di imballaggio, provenienti da 36 Paesi, che hanno presentato domanda per i WorldStar Awards 2020. Il prodotto di Guala Closures valutato positivamente dalla giuria è e-Wak, chiusura per il vino in alluminio con tecnologia NFC integrata, che permette alle aziende vinicole di instaurare un rapporto individuale con i consumatori fi nali. e-Wak, parte della gamma di chiusure connesse NESTGATE, che permette a ogni bottiglia di vino, alcolici e olio di oliva di diventare una “bottiglia connessa”, è una delle soluzioni premiate già nel corso dell’anno con altri due riconoscimenti: l’Alufoil
Trophy e il Simei Innovation Challenge. Guala Closures ha vinto anche il bronzo allo Spiripack Crédit Agricole 2019. Il Gruppo si è aggiudicato questo riconoscimento per la chiusura di lusso creata per Glenfi ddich Grand Cru e realizzata in Gravitas, speciale materiale studiato e brevettato dal centro R&D di Guala Closures in Scozia, costituito da una plastica caricata che rende la chiusura pesante e fredda al tatto. Lo Spiripack Crédit Agricole è un concorso che permette ai produttori di packaging di lusso di presentare una loro innovazione recentemente commercializzata. I prodotti candidati sono valutati da una giuria di professionisti che assegna 3 premi. L’aspetto innovativo, ma anche il design, l’impatto commerciale o anche l’eco-design sono alcuni degli
elementi presi in considerazione durante la valutazione della giuria.
Guala Closures S.p.a.Via Rana, 10/12Zona Industriale D615122 Spinetta Marengo (AL)Tel. 0131 [email protected]
News dalle Aziende: Guala ClosuresPACKAGING
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e-Wak, chiusura per il vino in alluminio con tecnologia NFC integrata.
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FILO DIRETTOCON L’ESPERTO
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
Trovano spazio in questa rubrica le numerose richieste di chiarimenti e di consigli che giungono alla nostra Rivista. Le risposte sono date, a seconda del contenuto dei quesiti, da personalità del mondo dell’avvocatura, della consulenza o degli organismi preposti al controllo. Invia il tuo quesito scrivendo [email protected] utilizzando il format pubblicato sul nostro sitowww.alimentibevande.it/quesiti.aspx
a cura della Redazione
Prodotti a marchio privato, devono comparire anche nome e indirizzo di produttore e confezionatore
Per i prodotti a marchio privato, ad esempio per quelli a marchio del distributore, è corretto indica-re in etichetta la dicitura “prodotto e confezionato per [...]”?
Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti
La dicitura “prodotto e confezionato per [...]”, pur essendo volontaria, deve essere accompa-gnata dall’indicazione del nome e dell’indiriz-zo del produttore/confezionatore: “prodotto e
confezionato per (nome del venditore/distribu-tore con relativo indirizzo) da (nome del fabbri-cante e indirizzo)”.Se l’indicazione del nome e dell’indirizzo del pro-duttore/confezionatore viene omessa, l’informazio-ne data al consumatore non è corretta in quanto manca della completezza richiesta dall’articolo 7 del regolamento (UE) 1169/2011.
Due imprese alimentari possono condividere gli stessi locali
Nello stesso stabilimento produttivo posso esservi due imprese registrate in base al regolamento (CE) 852/2004? Una lavorerebbe di giorno e l’altra di
notte, facendo uso delle me-desime attrezzature.
Risponde Stefano SenatoreAvvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti
Il regolamento (CE) 852/2004, all’articolo 6, stabilisce che o-gni operatore del settore ali-mentare è tenuto a notificare all’autorità competente, ai fini della loro registrazione, tutti gli stabilimenti posti sotto il suo controllo ove si svolga una qualsiasi delle fasi di produ-zione, trasformazione e distri-buzione di alimenti.©
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filo diretto con l’esperto
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Anno XXII - 1 - Gen-Feb 2020
L’articolo 2, lettera c), del medesimo regolamen-to precisa, inoltre, che per “stabilimento” deve intendersi ogni unità dell’impresa del settore a-limentare, ossia del soggetto che svolge attività connesse alla produzione, alla trasformazione ed alla distribuzione degli alimenti.Per quanto noto allo scrivente, né il regolamento in esame, né altre disposizioni europee o italia-ne in materia di igiene alimentare vietano che, all’interno dei medesimi locali, vi siano due o più stabilimenti registrati, appartenenti a diverse im-prese alimentari.Pertanto, in linea di principio e fatte salve eventuali specificità del caso concreto non rappresentate nel quesito, deve ritenersi consentito, a due imprese alimentari registrate, condividere gli stessi locali e, se del caso, gli stessi impianti ed attrezzature.In tal caso, le diverse attività dovranno, ovvia-mente, essere separate nel tempo, svolgendosi, ad esempio, come indicato nel quesito, l’una di giorno e l’altra di notte.Ciascuno dei due operatori rimarrà, peraltro, responsabile del rispetto di requisiti ed obblighi igienico-sanitari relativi al proprio processo, anche con riferimento alle condizioni delle strutture ed attrezzature in uso promiscuo per il periodo tem-porale di utilizzo.
Come stabilire la capacità massima di macellazione
Un operatore del settore alimentare vorrebbe co-struire un mattatoio di carni rosse. La Regione ha richiesto di indicare anche la capacità massima oraria di macellazione. Quali sono i parametri da considerare per stabilirla?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
I regolamenti comunitari, in linea con il principio di piena responsabilizzazione dell’operatore del settore alimentare (Osa), non dettagliano parame-tri minimi o massimi ai quali riferirsi per quanto riguarda la velocità della catena di macellazione o, più in generale, la capacità di uno stabilimento di macellazione.
Le decisioni in merito devono essere adottate dall’Osa, alla luce delle caratteristiche tecniche dell’impianto, degli spazi destinati alle diverse lavorazioni, dei volumi delle celle e della capacità frigorifera eccetera. Al momento del sopralluogo per il riconoscimento dell’impianto, il Servizio Veterinario valuta tutti questi elementi al fine di accertare che possano essere rispettati i principi regolamentari e che siano raggiunti i pertinenti obiettivi. La richiesta del Servizio Veterinario in merito alla capacità massima di macellazione è quindi mirata a raccogliere gli elementi necessari per procedere al riconoscimento dell’impianto. Resta inteso che la capacità massima di macellazio-ne potrebbe essere aggiornata a seguito, per esempio, di un adeguamento strutturale (per esempio, l’aggiunta di una cella) o impianti-stico (per esempio, la modifica della linea di macellazione), di cambiamenti nelle attività di macellazione (per esempio, se uno stabilimen-to già autorizzato alla macellazione di vacche dovesse passare alla macellazione di vitelli, è ragionevole attendersi che il numero dei capi processati potrebbe essere maggiore). In ogni caso, quello che viene chiesto all’Osa è di dichiarare, tenuto conto della situazione attuale dello stabilimento, degli impianti, delle attrezza-ture, del personale, la potenzialità massima di lavoro. L’effettiva capacità di macellazione potrà evidentemente essere diversa, ma, a meno che non intervengano modifiche come sopra richiamato, non superiore a quella dichiarata e valutata come adeguata al momento del riconoscimento.
Paste filate e utilizzo del cloruro di calcio
Nella produzione di paste filate, il cloruro di cal-cio è considerato un additivo o un coadiuvante tecnologico?
Risponde Dario Dongo Avvocato e PhD in Diritto alimentare
Il regolamento (CE) 1333/08, relativo agli additivi alimentari, definisce, all’articolo 3, comma 2, let-tera b), come “coadiuvante tecnologico” «ogni sostanza che:
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i) non è consumata come un alimento in sé;ii) è intenzionalmente utilizzata nella trasforma-zione di materie prime, alimenti o loro ingre-dienti, per esercitare una determinata funzione tecnologica nella lavorazione o nella trasfor-mazione; eiii) può dar luogo alla presenza, non intenziona-le, ma tecnicamente inevitabile, di residui di tale sostanza o di suoi derivati nel prodotto finito, a condizione che questi residui non costituiscano un rischio per la salute e non abbiano effetti tec-nologici sul prodotto finito».
Il cloruro di calcio (E509) può venire utilizzato come liquido di governo nelle mozzarelle, eser-citando in tal caso la funzione caratteristica di additivo conservante. Il regolamento CE) 1333/08 classifica, tuttavia, le paste filate nell’ambito della categoria “01.7.6 - Prodotti caseari”, laddove l’impiego dell’E509 è consentito solo ed esclusivamente per i formaggi stagionati.
Stabilimento di macellazione e campionatura delle carcasse
In uno stabilimento di macellazione di carni rosse in cui vengono macellati 700 capi bovini equiva-lenti (Ugb) all’anno può essere applicata la deroga alla campionatura delle carcasse, come previsto dal regolamento (CE) 2073/05?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
Il regolamento (CE) 2073/05 dispone che i macelli procedano al controllo regolare delle condizioni di igiene della macellazione mediante l’esecuzio-ne di un Piano di campionamenti delle carcasse degli ungulati domestici per la numerazione della carica batterica totale e delle enterobatteriacee, oltre alla ricerca di Salmonella, da condurre su 5 mezzene appartenenti a 5 carcasse differenti ogni settimana (nel caso delle carcasse di broiler e
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tacchini, le ricerche riguarderanno la numerazione di Campylobacter spp. e la ricerca di Salmonella). Dopo un certo numero di settimane, nel corso delle quali sono stati ottenuti solo risultati favo-revoli, la frequenza di campionamento e analisi può essere ridotta a quindicinale. Oltre a questa previsione generale, il regolamento apre alla possibilità di derogare alle frequenze di campionamento e analisi previste nel caso dei «macelli di piccole dimensioni», a condizione che «l’analisi dei rischi lo giustifica e di conseguenza l’autorità competente lo autorizza». Al fine di fornire un indirizzo uniforme ai Servizi territoriali, con accordo Stato, Regioni e Province autonome CSR/41 del 3 marzo 2016 di approva-zione delle “Linee guida relative all’applicazione del regolamento (CE) 2073/2005 e successive modifiche e integrazioni sui criteri microbiologici applicabili agli alimenti”, sono state fornite delle griglie suddivise per specie e categoria di animali macellati, sulla cui base l’autorità competente può autorizzare una riduzione della frequenza di campionamento e analisi, sempre che «l’analisi dei rischi lo giustifichi». Sulla base di tali tabelle, uno stabilimento di ma-cellazione di ungulati domestici che macelli tra 501 e 999 capi bovini equivalenti (Ugb) all’anno può chiedere all’Autorità Veterinaria territorialmente competente di ridurre la frequenza di campiona-mento secondo lo schema seguente:
• frequenza iniziale per la numerazione della ca-rica batterica totale e delle enterobatteriacee: 5 carcasse al mese per due mesi consecutivi. Dopo tale periodo, nel corso del quale tutti i risultati analitici sono stati conformi, è possibile ridurre ulteriormente la frequenza di campionamento e analisi a una carcassa al mese, e • campionamento di 5 carcasse ogni 4 settimane per 30 settimane consecutive. Al termine di tale periodo, nel caso in cui tutti i risultati analitici siano stati conformi, è possibile ridurre ulteriormente la frequenza di campionamento e analisi a una carcassa al mese.
Rimangono, in ogni caso, immodificate le al-tre indicazioni e istruzioni circa le modalità di campionamento e analisi, nonché in merito alle misure da prendere in caso di mancato rispetto dei criteri.
Automezzi per trasporto e vendita di alimentie certificazione Atp
I veicoli destinati al trasporto e alla vendita su aree pubbliche dei prodotti della pesca devono possedere la certificazione Atp (Accord Transport Perissable)?
Risponde Gianluigi ValsecchiDirigente Medico Veterinario, Ats Brianza
Con la legge 264/1977, il Parlamento italiano ha ratificato e reso esecutivo l’accordo Atp (Accord Transport Perissable), varandone il regolamento d’applicazione con il decreto del Presidente della Repubblica 404/1979.I veicoli adibiti al trasporto di merci deperibili de-stinate all’alimentazione umana (in particolare, il latte ed i suoi derivati, le carni fresche e congelate e i prodotti surgelati e congelati) devono essere riconosciuti idonei al trasporto, ottenere cioè l’at-testato Atp da parte del Ministero dei Trasporti.Agli automezzi dichiarati mezzi speciali non è ri-chiesto tale attestato. Rientrano tra i mezzi speciali i piccoli furgoni adibiti, ad esempio, alla vendita ambulante e che trasportano varie tipologie di alimenti (ad esempio, alimenti freschi, congelati e surgelati) richiedenti temperature di trasporto diverse tra loro. Le sanzioni in materia di veicolo sprovvisto di Atp sono disciplinate dal codice della strada.
Vendita di uova, quando la stampigliatura non è obbligatoria
I produttori primari, come i contadini, spesso com-mercializzano le proprie uova di gallina nei mercati rionali. Tali produttori sono tenuti ad indicare, su di un cartello, la data di deposizione delle uova e a specificare la località di produzione e il metodo di allevamento?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
Le disposizioni per la commercializzazione delle
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uova di gallina sono stabilite dall’articolo 116 del regolamento (CE) 1234/07 e dal regolamento (CE) 589/08, che stabilisce le norme di applicazione. La normativa europea è stata recepita dall’Italia con il decreto ministeriale dell’11 dicembre 2009 “Modalità per l’applicazione di disposizioni co-munitarie in materia di commercializzazione delle uova, ai sensi dei regolamenti (CE) 1234/2007 del Consiglio e 589/2008 della Commissione e del decreto legislativo 29 luglio 2003, n. 267”, che, all’articolo 2, stabilisce:
«Sono esonerate dagli obblighi sulle norme di commercializzazione, ai sensi dell’allegato XIV, Sezione A.I.2, del regolamento (CE) 1234/2007, le uova vendute direttamente dal produttore al consumatore finale: a) nel luogo di produzione o b) nell’ambito della “Regione di produzione”, in un “mercato pubblico locale” o nella “vendita porta a porta”. In tali casi, le uova non sono classificate in base alla qualità e al peso. Le uova di cui al presente comma, vendute in un mercato pubblico lo-cale, devono comunque essere marchiate con il codice del produttore, ai sensi dell’allega-to XIV, Sezione A.III.3, del regolamento (CE) 1234/2007, ad eccezione di quelle provenienti da produttori aventi fino a 50 galline ovaiole
ed a condizione che il nome e l’indirizzo del produttore siano indicati nel punto di vendita o comunicati all’acquirente nel caso di vendita porta a porta».
Quindi, venendo alla domanda, l’obbligo di stam-pigliatura delle uova, con il solo codice del pro-duttore, sussiste solo per gli allevamenti superiori alle 50 ovaiole, mentre il nome e l’indirizzo del produttore devono essere comunicati all’acqui-rente anche in questo caso. Si precisa che il codice del produttore contiene un’indicazione relativa al metodo di allevamento (1: all’aperto, 2: a terra, 3: in gabbie, 0: produ-zione biologica) oltre a un identificativo univoco dell’allevamento.
La denominazione di vendita“preparato alimentare a base di miele”
Un prodotto alimentare contenente il 98,8% di miele millefiori centrifugato e oli essenziali può avere come denominazione di vendita “preparato alimentare a base di miele”?
Risponde Giuseppe De GiovanniEsperto di Etichettatura degli Alimenti
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Al miele non è consentito aggiungere altre sostan-ze o togliere/ridurre taluni componenti. Il termine “miele”, in questi casi, non può essere utilizzato come denominazione del prodotto. L’uso della denominazione di vendita “preparato alimentare a base di miele”, a mio avviso, non presenta problemi. C’è solo l’obbligo di indicare la percentuale di impiego del miele (il cosiddetto “Quid”), in presenza delle due condizioni prescrit-te per tale obbligo dall’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 1169/2011.
“Salsiccia fresca” o “salsiccia stagionata”
Quali esami di laboratorio sono necessari per poter classificare con certezza una “salsiccia fresca” e una “salsiccia stagionata”?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
La denominazione “salsiccia”, in Italia, è impiegata per individuare prodotti anche molto diversi tra di loro. Nel caso specifico, penso che ci si riferisca alla cosiddetta “salsiccia fresca”, da consumare dopo cottura. Anche in questo caso, però, in di-pendenza delle diverse modalità di preparazione, per esempio dei tempi di asciugatura dopo l’insac-co, si possono ottenere prodotti diversi, almeno dal punto di vista legale, non sempre facilmente distinguibili tra loro.Il regolamento (CE) 853/04, infatti, nel differen-ziare i “prodotti a base di carne” – «prodotti tra-sformati risultanti dalla trasformazione di carne o dall’ulteriore trasformazione di tali prodotti tra-sformati in modo tale che la superficie di taglio permette di constatare la scomparsa delle caratte-ristiche delle carni fresche» – dalle “preparazioni di carni” – «carni fresche, incluse le carni ridotte in frammenti, che hanno subito un’aggiunta di prodotti alimentari, condimenti o additivi o trat-tamenti non sufficienti a modificare la struttura muscolo-fibrosa interna della carne e ad eliminare quindi le caratteristiche delle carni fresche» – fa riferimento a caratteristiche sostanzialmente sen-soriali: la scomparsa delle caratteristiche delle carni
fresche o comunque accertabili solo mediante un esame istologico al microscopio, laddove si rife-risce a «trattamenti non sufficienti a modificare la struttura muscolo-fibrosa interna della carne».Una vecchia nota del Ministero della Salute che permetteva di distinguere le due tipologie di ali-menti sulla base dell’aW, un parametro connesso con il contenuto in sale e l’asciugatura del pro-dotto, alla luce dei nuovi regolamenti non viene più ritenuta applicabile.Il problema della distinzione tra prodotti e prepa-razioni riguarda essenzialmente, oltre la denomi-nazione di vendita dei prodotti, la possibilità di impiego di additivi alimentari, molto limitata nel caso delle salsicce-preparazioni. In caso di impie-go di additivi non consentiti (per esempio nitrati) in una preparazione, potrebbe essere applicato l’articolo 5 della legge 283/62, che prevede una sanzione penale.Il problema della differenziazione tra i due pro-dotti è sentito anche a livello europeo, tanto che si è attivato uno specifico gruppo di lavoro con l’obiettivo di definire uno o più metodi sicuri per riconoscere la natura dell’alimento in questione.In attesa delle conclusioni di tale gruppo, il con-siglio che si può dare è quello, nel dubbio, cioè quando il prodotto è stato asciugato poco o nulla, di non aggiungere alcun additivo (il problema principale sono gli additivi, non le caratteristiche dei locali, che devono comunque essere idonei alla lavorazione, manipolazione e trasformazione degli alimenti).
Automezzi di proprietà per il trasporto di alimenti
Quale documentazione deve essere esibita ad un controllo stradale o dell’Asl per dimostrare che un automezzo utilizzato per il trasporto di alimenti “fa parte” di un’impresa alimentare”?
Risponde Gianluigi ValsecchiDirigente Medico Veterinario, Ats Brianza
In tale fattispecie, la documentazione da esibi-re alle autorità di controllo è la comunicazione (anche in copia), effettuata dall’operatore del settore alimentare (Osa) all’Asl, inerente agli automezzi di proprietà adibiti al trasporto di
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alimenti, con indicazione della targa e della mar-ca dell’automezzo. Ogni qualvolta un automezzo venga sostituito con un altro mezzo, la comunicazione sopracitata deve essere effettuata all’Asl per gli opportuni aggiornamenti. Tale comunicazione viene vidimata dall’Asl sulla copia restituita all’Osa.
Macellazione a domicilio di suini per autoconsumo
Per quanto concerne la macellazione a domicilio dei suini per autoconsumo, la visita ante mortem del veterinario è obbligatoria?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
Le modalità di conduzione delle macellazioni do-miciliari sono definite dall’articolo 13 del regio de-creto 3298/1928, tuttora vigente, che, all’articolo
13, recita: «I privati, che in seguito a domanda abbiano ottenuto dall’autorità comunale l’autoriz-zazione di macellare a domicilio, debbono darne avviso il giorno innanzi al veterinario comunale, o a chi, a norma dell’articolo 6, lo sostituisce.Il detto sanitario fisserà l’ora della visita e della macellazione, allo scopo di poter compiere una completa ed accurata ispezione delle carni».Due, quindi, appaiono le condizioni irrinunciabili ai fini di potere dare corso alla possibilità data, dalla norma citata, in materia di macellazione degli animali al proprio domicilio: esserne autorizzati e darne avviso in anticipo all’autorità sanitaria com-petente (oggi il Servizio Veterinario dell’Ats/Ausl/Asl), che fissa l’ora della macellazione, al fine di compiere gli accertamenti del caso, che includono la visita ante mortem degli animali e l’ispezione post mortem delle carni.Detto questo, alcune Regioni e Province autonome, tra le quali il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia e il Piemonte, alla luce dei nuovi regolamenti comunitari che hanno escluso dal campo di applicazione della normativa alimentare la produzione domestica di alimenti per il consumo privato, hanno provveduto
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a emanare propri atti, volti a non rendere più obbli-gatorio l’intervento del veterinario ufficiale al fine di determinare l’idoneità al consumo delle carni degli animali macellati a domicilio per il consumo familiare. In questi casi, l’intenzione di procedere alla macel-lazione degli animali a domicilio dovrà comunque essere comunicata in anticipo, in modo di dare la possibilità al veterinario ufficiale di poter condurre i necessari accertamenti (inclusa, se del caso, la visita ante mortem), ma potrà anche avvenire ed essere conclusa senza l’intervento del sanitario.
Consumo dei pasti in locali di lavoro esterni al refettorio
Una mensa aziendale permette ai suoi dipen-denti di consumare i pasti in luoghi diversi dal refettorio. È lecito?
Risponde Stefano SenatoreAvvocato ed Esperto di Legislazione degli Alimenti
La presenza delle mense all’interno dei luoghi di lavoro è disciplinata dal decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro).In particolare, l’allegato IV, punto 1.11.2, del Testo Unico pone, innanzitutto, l’obbligo di do-tare l’azienda di ambienti destinati ad uso di refettorio, muniti di sedili e di tavoli, in tutti i casi in cui più di 30 dipendenti rimangano nello stabilimento durante gli intervalli di lavoro.Si stabilisce, inoltre, che tali refettori siano ben illuminati, aerati e riscaldati nella stagione fredda, oltre ad essere dotati di pavimento non polveroso e di pareti intonacate ed imbiancate.Per quanto qui rileva, la disciplina in esame vieta, infine, il consumo dei pasti nei locali di lavoro esclusivamente nelle due seguenti ipotesi:
• nelle aziende in cui i lavoratori siano esposti a materie insudicianti, sostanze polverose o nocive;• oppure, qualora l’organo di vigilanza (ossia, l’Asl) ritenga opportuno prescriverlo, in relazio-ne alla natura delle lavorazioni poste in essere dall’azienda.
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Pertanto – al di fuori dei due casi innanzi citati – ad avviso di chi scrive non dovrebbe ritenersi pre-clusa, per i lavoratori, la possibilità di consumare i pasti nei locali di lavoro esterni al refettorio, in mancanza di specifiche restrizioni da parte della normativa di settore.
Veterinario ufficiale del macello, le comunicazioni ad allevatore e Asl
Nel modello IV informatizzato “Provenienza degli animali al macello”, viene ribadito l’obbligo di indicare se l’allevamento ha o non ha ricevuto segnalazioni di non conformità da parte dei ve-terinari ufficiali dello stabilimento di macellazio-ne. Patologie “minori”, quali un corpo estraneo nel rumine, fegato o polmone, vanno segnalate all’allevatore? Manifestazioni che possono ri-condurre al benessere animale, quali la spor-cizia vistosa del mantello nel bovino, oltre che all’allevatore, vanno segnalate anche al Servizio Veterinario - Area C dell’Asl?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
Il regolamento (CE) 854/04, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al con-sumo umano, all’allegato I, Sezione II, dispone il contenuto delle informazioni che il veterinario ufficiale che conduce i controlli al macello deve comunicare all’azienda di origine e, «laddove opportuno», all’autorità competente responsabi-le della supervisione sull’azienda di provenienza degli animali. Devono essere oggetto di comunicazione la pre-senza di una malattia o condizione che potrebbe ripercuotersi sulla salute pubblica o degli animali, oppure una situazione che compromette il be-nessere degli animali. Particolare attenzione, da parte del veterinario ufficiale operante presso il macello, deve essere prestata ai segni della possibile presenza di malattie infettive diffusive, per le quali la normativa prevede l’adozione di misure di polizia sanitaria. Come si vede, il legislatore comunitario ha voluto
richiamare con forza il ruolo di “osservatorio e-pidemiologico” che può e deve essere svolto dal macello, nell’interesse sia dell’allevatore, sia a tu-tela della salute dei consumatori e del patrimonio zootecnico. Una menzione particolare merita il richiamo alla verifica delle condizioni in materia di benessere degli animali, tema oggi molto sentito da parte del pubblico e del legislatore. Il regolamento (CE) 2074/05, poi, all’allegato I, Sezione II, propone un modello di documento impiegabile dal veterinario ufficiale del macello per la comunicazione all’azienda di origine degli animali dei riscontri in sede di visita ante mortem e ispezione post mortem. Si tratta di un modello non vincolante, ma che, se impiegato, aiuta nel comunicare in modo completo tutta una serie di informazioni che possono essere rilevanti per l’azienda di origine. In conclusione, è interesse dello stesso allevatore essere avvisato anche di “patologie minori” che potrebbero avere un impatto sulle performance dell’allevamento. Le comunicazioni all’Asl riguar-deranno sono quei casi di evidente non confor-mità (per esempio, gli allevatori devono assicurare che gli animali arrivino al macello puliti, secondo quanto previsto dal regolamento CE 852/04, e le condizioni di allevamento e trasporto non devono essere tali da causare sofferenze agli animali) o le situazioni nelle quali vi sia il sospetto della presen-za di una malattia infettiva diffusiva per la quale sono previste misure di gestione obbligatorie.
Carcasse suine e campionamentoper la ricerca di Salmonella
In uno stabilimento di macellazione di carni rosse in cui vengono macellati suini nei soli mesi di di-cembre, gennaio e febbraio, con una media di 50 capi al mese, a quanto dovrebbero ammontare i campioni per la ricerca di Salmonella prelevati sia in autocontrollo sia dalle autorità competenti?
Risponde Filippo CastoldiDirigente Medico VeterinarioDirezione Welfare Regione Lombardia
Per quanto riguarda il campionamento del-le carcasse suine, i riferimenti normativi sono
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rispettivamente il regolamento (CE) 2073/05, per quanto riguarda i campionamenti per l’analisi condotti dagli operatori del settore alimentare (Osa) sulle carcasse suine al macello, e il rego-lamento (CE) 854/04 e successive modifiche e integrazioni per quanto riguarda i campioni per l’analisi prelevati dalle carcasse suine al macello da parte dell’autorità competente. Il regolamento (CE) 2073/05 prevede che l’Osa proceda al campionamento di cinque carcasse alla settimana per la ricerca di Salmonella, fre-quenza riducibile a cinque carcasse ogni due settimane dopo che per 30 settimane consecu-tive lo stabilimento abbia rispettato il pertinente criterio. Lo stesso regolamento prevede che l’au-torità competente possa, nel caso in cui ricor-rano determinate condizioni, concedere diverse modalità di campionamento agli stabilimenti a bassa produttività. Con accordo Stato, Regioni e Province autonome sul documento concernente “Linee Guida relative all’applicazione del regolamento (CE) 2073/2005 e successive modifiche ed integrazioni sui criteri microbiologici applicabili agli alimenti”, sono state approvate delle tabelle contenenti i possi-bili adattamenti dei Piani di campionamento per
tenere conto dell’effettiva capacità di macella-zione degli stabilimenti a bassa produttività. Nel caso di uno stabilimento che macelli sino a 500 capi bovino equivalenti all’anno, sempre che ricorrano determinate condizioni e che, pertanto, l’autorità competente lo conceda, è stato stabilito il campionamento di una carcassa al mese per 6 mesi per la ricerca di Salmonella e la numerazione della carica batterica totale e delle enterobat-teriacee, frequenza che può essere ridotta a 1 campione ogni 2 mesi se i campioni prelevati nei primi tre mesi hanno dato esito favorevole. Per quanto riguarda i campioni condotti dal ve-terinario ufficiale, anche in questo caso il rego-lamento (CE) 854/04 prevede la possibilità che il numero di campioni previsto in via generale (49 all’anno) possa essere ridotto presso gli sta-bilimenti a bassa produttività, ma non esistono accordi a livello nazionale circa i criteri di tale riduzione. In linea di massima, sembrerebbe poco logico prelevare un numero di campioni superiore a quello operato dall’Osa, anche tenendo conto del fatto che i campioni ufficiali potrebbero ri-guardare solo alcuni stabilimenti a rotazione per ciascun anno.
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L’azoto nell’industria alimentare: come, dove e perché si usa
Le tecnologie di con-fezionamento in atmosfera modifica-
ta (Modified Atmosphere Packaging, Map), diffu-se negli ultimi decenni, sono sistemi ben collau-dati per rallentare il dete-rioramento degli alimenti con un utilizzo ridotto, o nullo, di sostanze conservanti.I sistemi MAP e le atmo-sfere protettive preve-dono di utilizzare misce-le di gas per rallentare, fino ad eliminare com-pletamente, l’attività di degrado del prodot-to dovuto alla proliferazione di microrganismi, prolungandone così la vita utile. Il confezionamento in atmosfera modificata è mol-to diffuso tra prodotti diversi tra di loro: frutta e ortaggi; carni e pesce; caffè; spezie; thè o latte in polvere; prodotti caseari; pasta fresca e secca; prodotti di panificazione; snack; frutta secca; con-serve; oli e grassi alimentari; succhi; vini e birra.
L’uso dell’azoto
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News dalle Aziende: Pneumatech
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GAS ALIMENTARI
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MOSTREFIERE E CONVEGNI
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a cura di Emanuela Giorgi
Anticipazioni e resocontidi eventi sull’igiene,la sicurezza e i controllinel settore agroalimentare.
Il 5 marzo si svolgerà a Caserta Refrigera Forum Mediterraneo,
business meeting dedicato alla fi liera della conservazione, della logistica e del retail agroalimentare. Un’occasione di aggiornamento professionale, di confronto e di approfondimento, in particolar modo per gli operatori del set-tore della refrigerazione attivi nel Sud Italia. Caserta, infatti, si trova in una delle aree a più alto valore produttivo e logisti-co per il settore agroalimentare, caratterizzata da un’importante copertura di aziende dedicate alla refrigerazione e alla catena del freddo. Nel corso dell’even-to, che si svolgerà presso l’Ho-tel Golden Tulip Plaza Caserta, si terranno diversi convegni su temi di attualità per le imprese del settore e i tecnici del freddo. Refrigera Forum Mediterraneo si avvale del supporto e della collaborazione di Assofrigoristi, Associazione Tecnici del Freddo - Centro Studi Galileo, Osservatorio Interdiscipl inare Trasporto Alimenti (OITA) e numerose altre associazioni. L’ingresso all’evento è gratuito per i professionisti di settore, previa registrazione.
Il sistema di pre-registrazione on line e maggiori informazioni sul sito https://refrigera.show.
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Il 6 marzo si terrà a Milano il convegno di presentazione dei
risultati della ricerca dell’Osserva-torio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano. L’incontro si svolgerà,
dalle 10:00 alle 13:00, presso l’Aula Magna Carassa e Dadda del Politecnico. La ricerca realiz-zata dall’Osservatorio è dedicata ad analizzare gli impatti dell’in-novazione digitale nei diversi
contesti dell’agroalimentare, con particolare attenzione alla produ-zione primaria e alla tracciabilità di fi liera. Nello specifi co, i temi presentati nel corso del convegno saranno:
• la dinamica del mercato dell’A-gricoltura 4.0;• i benefi ci ottenuti dall’applicazio-ne dell’Agricoltura 4.0;• le determinanti degli investimenti in soluzioni di Agricoltura 4.0;• le caratteristiche dei proget-ti blockchain internazionali nell’AgriFood;
• l’impatto delle startup Agrifood a livello internazionale;• l’innovazione digitale nella trac-ciabilità alimentare.
Per partecipare bisogna iscriversi1.
FORUM
Refrigera Forum Mediterraneo
Evento dedicato alla fi lieradella conservazione, della logisticae del retail agroalimentare.
Caserta, 5 marzo 2020 - https://refrigera.show
CONVEGNOI risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood
La ricerca dell’Osservatorio è dedicata ad analizzare gli impatti dell’innovazione digitale nell’agroalimentare.
Milano, 6 marzo 2020
www.osservatori.net/it_it/convegno-risultati-ricerca-osservatorio-smart-agrifood-2020
1 Per iscrizioni, andare sull’indirizzo web www.osservatori.net/it_it/convegno-risultati-ricerca-osservatorio-smart-agri-food-2020 e cliccare sul tasto “Iscriviti/Accedi”.
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MERCATO
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In questa sezione, le aziende e i consulenti che scelgono di presentarsi, per la loro significatività e caratteristiche innovative, vengono elencati per zona geografica (area Nilsen), per renderne più semplice la ricerca e la lettura.Per essere presenti in questa sezione, scrivere a [email protected]
Fornitori di Prodotti e Servizi per l’Igiene, la Sicurezza e i Controlli nel Settore agroalimentare
PIEMONTE
Alessandria
ITA - Istituto TecnologieAvanzate S.r.l.Consumer Goods Testing & ServicesStrada Comunale Savonesa, 9 15050 Tortona (AL)Tel. 0131 860982 - Mob. 335 7868992Fax 0131 [email protected]
ITA è il punto di riferimento del Gruppo RINA in materia di test e analisi dei prodotti food, pet food e non food. ITA si propone come partner per le realtà appartenenti a diversi settori produttivi, tra i quali: la produzione alimentare, la grande distribuzione, i produttori di pet food e i produttori di beni per il largo consumo. È in grado di offrire analisi chi-mico-fisiche, microbiologiche e di microbiologia molecolare su matrici differenti, consumer e panel test, valutazione di conformità dell’etichettatura degli alimenti, realizzazione di spazi web per la consultazione dei documenti e per la verifica del rating dei prodotti e dei propri fornitori, e audit di seconda parte. Dispone di un laboratorio accreditato Accredia secondo la norma ISO IEC 17025, il cui campo di attività spazia dagli alimenti agli ambienti di lavoro, dalle acque ai cosmetici, dal food contact al pet food e non food. Impiega inoltre due moderni laboratori sensoriali nelle sedi di Tortona e Napoli per offrire un’ampia gamma di test in funzione delle necessità dei clienti.
LOMBARDIA
Milano
Christeyns Italia S.r.l. - Divisione Food HygieneSede operativaVia Aldo Moro, 3020060 Pessano con Bornago (MI)Tel. 02 99765200 [email protected]
Christeyns Italia S.r.l. - Divisione Food Hygiene è parte del gruppo chimico belga Christeyns. Nella sua nuova e moderna unità produttiva di Pessano con Bornago (MI), produce detergenti e disinfettanti, garantendo alle aziende della filiera agroalimentare i migliori risultati in tema di igiene e sicurezza alimentare.
Testo S.p.a.Via F.lli Rosselli, 3/220019 Settimo Milanese (MI)Tel. 02 [email protected]
Testo S.p.a. è la filiale italiana della multinazionale tedesca Testo AG, uno dei maggiori produttori mondiali di strumenti di misura nel settore alimentare.Presente in tutto il mondo con 2.500 dipendenti e 30 filiali, Testo produce termometri, igrometri, pHmetri, tester per la qualità dell’olio di cottura, data logger tradizionali e wifi, sistemi di monitoraggio wireless e sistemi digitali di gestione delle procedure Haccp e di igiene.
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mercato
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Bergamo
A.Berg. S.r.l.Via Santi Maurizio e Fermo, 524125 BergamoUfficio Consulenza e SicurezzaTel. 035 246889 r.a. - Fax 035 [email protected] - www.aberg.it
Azienda certificata ISO 9001:2015 R.I.N.A., certificato n. 31612/14/S.Divisione Sicurezza sul Lavoro: consulenze sulla sicurezza nei luoghi di lavoro come da d.lgs. 81/08; pratiche am-bientali e fonometriche; attività di formazione relative alla sicurezza; servizi di consulenza e formazione su autocontrollo igienico-sanitario (Haccp).Divisione Medicina del Lavoro: gestione con servizio di sorveglianza sanitaria in azienda (medico competente); materiali e presidi di primo soccorso; corsi di primo soccorso.
VENETO
Treviso
Econorma S.a.s.Via Olivera, 5231020 San Vendemiano (TV)Tel. 0438 [email protected] - www.econorma.com
Monitoraggio e telecontrollo della temperatura, umi-dità relativa % e segnali di processo; miniregistratori di temperatura con 130.000 letture; controllori e re-gistratori di celle frigorifere; identificazione elettronica Tag; controllo access; data logger; monitoraggio via radio mono e bidirezionale; registrazione in continuo
dell’indice di pastorizzazione; monitoraggio tempera-ture e localizzazione Gps di automezzi.
LAZIO
Roma
Agroqualità S.p.a.Viale Cesare Pavese, 30500144 RomaTel. 06 54228675 - Fax 06 [email protected]
Società per la certificazione della qualità nel settore agroalimentare.Schemi di certificazione: Sistemi di Gestione per la Qua-lità (ISO 9001:2008), Sistemi di Gestione Ambientali (ISO 14001:2004), Sistemi di Gestione per la Sicurezza Alimentare (ISO 22000:2005), Sistemi di Rintracciabi-lità (ISO 22005:2007), Gestione dell’Igiene nella pro-duzione d’imballaggi per Prodotti Alimentari (UNI EN 15593:2008), Global Standard For Food Safety (BRC), International Food Standard (IFS), Integrated Farm Assurance Standard (IFA - Globalgap), certificazione volontaria di prodotto, controllo delle produzioni Dop, Igp e Stg, etichettatura facoltativa delle carni.
Biocontrol Italia S.r.l.Largo Luigi Antonelli, 1400145 RomaTel. 06 9148831 - Fax 06 [email protected]
Biocontrol Italia produce sistemi e kit per l’identificazione dei patogeni alimentari e per il controllo dell’igiene.
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www.mctalimentare.com
21edizioni di successo
600 operatori previsti
+100 aziende rappresentate
6 convegni plenari
+15 workshop
Registrazione gratuita per gli operatori professionali
8 aprile 2020
Alimentare Visione e Tracciabilità
Organizzato da
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INDICE DEGLI INSERZIONISTI
BIOGEST ......................................... III di cop.
CSQA CERTIFICAZIONI ............ IV di cop.; 41
ECONORMA ............................................. 25
EIOM ...................................................... 109
ESI – ITA GROUP ....................... II di cop.; 55
GUALA CLOSURES .................................. 94
KAIROSAFE .............................................. 61
PNEUMATECH MULTIAIR ITALIA ........... 105
URAI ................................................... 56; 78
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Direttore responsabileGabriele Lanzarotti
Coordinamento redazionaleEmanuela GiorgiTel. 06 [email protected]
Coordinamento Inserto labGabriella CarcassolaTel. 02 [email protected]
RedazioneVia Eritrea, 21 – 20157 MilanoTel. 02 [email protected]
Collaboratori di redazioneGiovanni Abramo, Giorgia Andreis, Lorenza Andreis, Gabriella Carcassola, Filippo Castoldi, Carlo Correra,Corinna Correra, Giuseppe De Giovanni, Dario Dongo, Claudio Gallottini, Cristina La Corte, Alberto Manunta, Vincenzo Pacileo, Mariarita Simona Sardella, Stefano Senatore, Noemi Trombetti, Gianluigi Valsecchi
Foto di copertinawww.shutterstock.com
AbbonamentiDonatella SgariaTel. 02 [email protected]
Ufficio PubblicitàMassimo FregonaraTel. 02 60852337Cell. 335 [email protected]
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Editore
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Alimenti&BevandeISSN: 1827-8582
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consultazione gratuita dei fascicoli in formato pdf e sfogliabile, newsletter periodica di aggiornamento professionale)• Abbonamento Base: € 70,00 (comprende l’invio di: 9 fascicoli cartacei, newsletter periodica di aggiornamento
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Proprietà letteraria e tutti i diritti riservati a PVI S.r.l.Il contenuto redazionale e grafico della rivista non può essere riprodotto neppure parzialmente, salvo espressa autorizzazione. Non è consentita la memorizzazione delle informazioni contenute sulla rivista su qualsiasi supporto informatico o cartaceo, salvo espressa comunicazione scritta.Manoscritti, fotografie, disegni, anche se non pubblicati, non si restituiscono.La casa editrice declina ogni responsabilità per i possibili errori od omissioni, nonché per eventuali danni risultanti dall’uso dell’informazione contenuta nella rivista.Le opinioni espresse dagli autori degli articoli non impegnano la direzione della rivista.
Registrazione Tribunale di Milanon. 58 del 3/02/2012Iscrizione al R.O.C.nr 3276 del 30/11/2001
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