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07/06/16 1 LABORATORIO DI INCLUSIONE SOCIALE E DINAMICHE INTERCULTURALI Prof.ssa Agostina CRESCENZI Scegliere l’ottica dell’inclusione interculturale significa: non limitarsi a strategie di integrazione né a misure compensatorie assumere la diversità come paradigma dell’identità per aprire l’intero sistema a tutte le differenze superare gli stereotipi ricorrere a buone pratiche di intervento studiare strategie interculturali che evitino di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili promuovere il confronto e la reciproca trasformazione per rendere possibile la convivenza affrontando i conflitti che ne derivano ricercare la coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza “plurima”, rivolgendo particolare attenzione a costruire una convergenza di valori

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LABORATORIO DI INCLUSIONE SOCIALE E DINAMICHE INTERCULTURALI

Prof.ssa Agostina CRESCENZI

Scegliere l’ottica dell’inclusione interculturale significa: •  non limitarsi a strategie di integrazione né a misure compensatorie •  assumere la diversità come paradigma dell’identità per aprire l’intero

sistema a tutte le differenze •  superare gli stereotipi •  ricorrere a buone pratiche di intervento •  studiare strategie interculturali che evitino di separare gli individui in

mondi culturali autonomi ed impermeabili •  promuovere il confronto e la reciproca trasformazione per rendere

possibile la convivenza affrontando i conflitti che ne derivano •  ricercare la coesione sociale, in una nuova visione di cittadinanza

“plurima”, rivolgendo particolare attenzione a costruire una convergenza di valori

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Ma le strategie devono essere

assegnate?

Oppure ricercate , “create”, elaborate con sistemi e strumenti anche NON

CODIFICATI ?

Agostina Crescenzi

I "disturbi di insegnamento“

Una ragazza di terza superiore è stata sospesa per due giorni perché aveva raggiunto tre note. La prima era stata data a tutta la classe, la seconda perché non prendeva appunti durante le lezioni, la terza perché non aveva studiato a memoria i quaranta verbi irregolari assegnati dall’insegnante di inglese.

La ragazza non vuole più tornare a scuola. È dislessica, e nella relazione clinica viene chiaramente segnalato un disturbo di memoria, peraltro molto frequente nei ragazzi con DSA, eppure l’insegnante di inglese non vuole sentire ragioni. L’interrogazione è programmata da tempo e quindi per quel giorno la ragazza deve sapere tutti i verbi irregolari. La giovane prova e riprova, ma dopo qualche giorno si arrende. Li confonde e li dimentica. Così si presenta a scuola e riceve una nota scritta perché non si è preparata.

Agostina Crescenzi

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Cosa sono questi se non "disturbi di

insegnamento"? Cioè distorsioni del modo di concepire il proprio ruolo di docente. Una concezione che prevede un modello unico di funzionamento e di risposta, sempre uguale per tutti. Quello che conta è imparare nel modo standard, spesso lo stesso con il quale il docente ha imparato quando era studente, molti anni prima.

La caratteristica principale del "disturbo di

insegnamento" sembra essere l’accanimento, che nasce dall’idea che ripetendo si impara.

il "disturbo di insegnamento" aumenta gli effetti del disturbo di apprendimento

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Il quadrato di binomio

In linguaggio matematico

(a+b)2 = a2 + b2 + 2ab

In lingua italiana

a più b alla seconda è uguale al quadrato del primo (a)

più il quadrato del secondo (b) più il doppio prodotto del primo per il

secondo

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In comunicazione simbolica (a+b)2

BINOMIO = 1° + 2° + 2 . ( 1° . 2° )

doppio

prodotto

del

A. Crescenzi

.

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Perché nasce il problema “ INCLUSIONE” ?

Quali interventi riteniamo essere utili per realizzare l’INCLUSIONE?

PERCHE’ PARLIAMO DI INCLUSIONE PIUTTOSTO CHE DI

INTEGRAZIONE ?

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inserimento

Integrazione: E’ una situazione, guarda al singolo, Si esplica nel contesto educativo, Interviene prima sul soggetto poi sul contesto Inclusione: E’ un processo, guarda a tutti gli alunni, si riferisce alla dimensione educativa e sociale, interviene prima sul contesto e soltanto poi sul soggetto

A. Crescenzi

E Che dire delle

DINAMICHE INTERCULTURALI?

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PRATICHE PEDAGOGICHE NELL’INTERCULTURALITA’

1.  La fase dell’accoglienza, in cui i primi alunni stranieri nelle classi suscitavano curiosità.

2.  La fase dei dispositivi d’integrazione, ( mediatori culturali, protocolli di accoglienza, insegnamento intensivo dell’italiano, modalità di valutazione, rilevazione delle competenze culturali e linguistiche pregresse ) Finalizzata a “ricondurre in un sistema strutturato ( il nostro)” lo studente straniero privo delle competenze linguistiche e curricolari. Realtà metodologiche ancora fortemente diffuse sul territorio.

3.  La fase dell’inclusione, in cui la scuola cerca di lavorare nell’ottica di una multiculturalità, dando spazio all’inclusione e non solo all’integrazione e cercando di coniugare gli apprendimenti con il corretto vivere insieme nelle diversità, in pari dignità. Cittadini di uno stesso Paese” .

A. Crescenzi

L’ottica interculturale, quindi, non punta alla sola integrazione né considera solo le misure compensatorie e le attività progettuali. Essa assume la diversità come paradigma dell’identità stessa, come occasione per aprirsi a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica).

Perciò prevede una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura in una cultura rigida ritenuta superiore, sia gli stereotipi o la folklorizzazione. E’ necessario promuovere il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano. Questi gli obiettivi: conoscere ed apprezzare le differenze, ricercare coesione sociale, realizzare la convergenza verso valori comuni”. A. Crescenzi

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OGGI:

•  All’allievo immigrato viene chiesto di integrarsi nel nostro sistema scolastico rigido e sostanzialmente immutato;

•  La scuola “lo aiuta” a compensare le sue “carenze” predisponendo interventi integrativi, progetti.

•  Difficilmente si riesce a vivere la diversità come realtà scolastica ordinaria, a svolgere attività funzionali ai bisogni della sua utenza reale, rimuovendo barriere culturali e superando ostacoli linguistici e relazionali di tutti gli studenti.

Perché restano obiettivi difficili da raggiungere? A. Crescenzi

L’inclusione chiama la scuola ad una grande responsabilità: garantire a tutti gli alunni la piena partecipazione a prescindere dalle condizioni fisiche , personali, sociali. L’educazione inclusiva si realizza attraverso una scuola che : . progetta e non programma . non corre affannosamente dietro alle necessità, ma fa di queste un punto di forza . Si impegna in una adeguata, opportuna, preventiva organizzazione coerente con la realtà umana che ha di fronte. A. Crescenzi .

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Le strade della pedagogia interculturale:

� La didattica del confronto : individuare analogie e differenze alla

ricerca delle possibili convergenze. � la didattica dei punti di vista : mettersi nei panni dell’altro, per

permettere una comparazione. � la didattica antirazzista, per smontare gli stereotipi e adottare

metodologie cooperative che incidano sui comportamenti. -  la didattica dell’espressività centrata sull’espressione artistica

anche non codificata, spontanea, intesa come linguaggio universale.

Gli obiettivi cognitivi:

-  problematizzare e non semplificare, -  spostare il focus attentivo da sé all’altro per

coglierne i punti di vista -  procedere per multi�interpretazioni dei dati o

eventi in un’ottica di continuo confronto A. Crescenzi

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Le competenze interculturali sul piano affettivo.

-  sviluppare empatia, -  Sospendere il giudizio per promuovere la conoscenza dell’altro

attraverso il percorso di : ascolto , conoscenza , confronto, convergenza - Riflettere sui momenti in cui si è stati dominati da disorientamento,

estraneità a se stessi Quindi:

Lavorare criticamente sulle diffidenze e sui luoghi comuni che ostacolano la conoscenza reciproca, aumentano le distanze e strutturano le discriminazioni. A. Crescenzi

La coesione sociale

nasce non solo dal “diritto alla diversità” ma anche dal “diritto alla somiglianza”, che pone tutti i membri di una comunità

alla ricerca di un modus vivendi

orientato alla solidarietà” (Santerini 2010).

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La ricerca del modus vivendi necessita di atteggiamenti e

strumenti non soltanto cognitivi: . l’empatia, per esempio, è una delle competenze interculturali

più rilevanti : nelle sue dimensioni cognitiva, affettiva e sociale,è “distinta dal contagio emotivo, dall’identificazione e dalla simpatia” (Santerini).

. è un “moto” grazie al quale si entra in rapporto profondo con l’altro senza tuttavia smarrire la propria identità, una sorta di capacità di comprensione in cui i confini tra sé e l’altro rimangono definiti.

Nella relazione interculturale l’empatia facilita, promuove

l’incontro in situazione di differenza e induce a sviluppare abilità comunicative necessarie all’interazione. A. Crescenzi

Il “metodo ludico umoristico” per la soluzione creativa dei conflitti:

“1. Non ti affrettare a trarre delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della tua ricerca.

2. Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per conoscere il tuo punto di vista, devi cambiarlo.

3. Per comprendere ciò che un altro sta dicendo, devi assumere che abbia ragione e chiedergli di aiutarti a capire perché.

4. Le emozioni sono uno strumento centrale della cognizione se impari a leggere il loro linguaggio.

5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali che egli trova più importanti sono quelli che sembrano ininfluenti o seccanti, che sono al contempo marginali e fastidiosi,perché si rifiutano di andare d’accordo con le convinzioni e certezze pregresse.

6. Un buon ascoltatore è felice di ascoltare le contraddizioni che si esprimono nei pensieri personali e nelle comunicazioni interpersonali. I malintesi vengono accettati come opportunità di entrare nel campo più affascinante di tutti: la gestione creativa del conflitto.

7. Per diventare un esperto nell’ascolto devi seguire una metodologia basata sull’umorismo. Ma una volta che hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé” (Sclavi 2008, 178�179).

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L'inclusione può dirsi compiutamente realizzata: - quando partecipiamo concretamente ad un processo di crescita sociale; - quando facciamo parte del tutto pur non rinunciando alla nostra individualità/identità; - quando le nostre specificità e differenze diventano un punto di forza, perchè complementari al sistema.

A. Crescenzi

Ciò significa:

riconoscere , affermare, conferire dignità alle differenze

spostando l’attenzione dalla persona al contesto,

per individuarne gli ostacoli e rimuoverli

Inclusione come progettualità ,

come processo dinamico verso un orizzonte comune

A. Crescenzi

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Da un lavoro finalizzato all’INTEGRAZIONE

ad un lavoro finalizzato

all’INCLUSIONE

Da dove cominciare …… ?

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Laboratorio Esempio NAI

.

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Nel mio villaggio noi teniamo una festa ogni settembre. Noi la chiamiamo EKU, è una danza tradizionale dove i bambini, gli anziani , i giovani e le persone più importanti, vengono a danzare e cantare in onore degli DEI per ciò che essi hanno concesso. I danzatori e i cantanti danzano e cantano di fronte al palazzo del Re. Molti sacrifici sono stati fatti per ringraziare i nostri progenitori ( antenati)

.

E’ sempre motivo di divertimento per chi osserva, vedere i guerrieri tenere il fuoco tra le loro mani e in bocca. Essi usano appoggiare sul loro corpo la pelle o la pelliccia di animali come il leopardo, il serpente, etc. Le ragazze usano coprire il loro corpo come gli uomini non fanno.

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E se anziché un linguaggio cercassimo una comunicazione ?

…e il teachback… !

Verbalizzo

Quest’anno scolastico per me è stato interessante, penso di avere imparato molte cose, il modo di lavorare mi è piaciuto, non usare più il computer è stato bello, scrivere a mano è stato impegnativo ma gratificante.

Ho scoperto che la lettura è bella e mi aiuta ad impegnare il tempo, ho letto due libri e mi è piaciuto di più le avventure di Ulisse.

La professoressa è stata noiosa ma non lo so dire il perché.

A. Crescenzi

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L’INCLUSIONE SI REALIZZA

SOLO A SCUOLA ?

?

La scuola ……..

….. entra in carcere….

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…….

Il carcere entra a scuola

Perché? per riflettere, interrogarsi e confrontarsi su legalità, trasgressione,

devianza, l’integrazione sociale,ma anche su debolezza, determinazione, autonomia

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E per sensibilizzare chi ?

.

Per realizzare l'inclusione è necessario considerare tutti i punti di vista, imparare ad osservare la realtà in modo diverso a partire da noi stessi. Anche noi dobbiamo essere al centro della riflessione, prendere in esame il nostro “ ME “ A. Crescenzi

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Inclusione:

. Scolastica (Didattica :, Dislessia, disabilità)

. Culturale (NAI)

. Sociale ( disagi)

•  riguarda tutte le persone che presentano difficoltà di vita e situazioni di disabilità/deficit/disagio ( fisica, di relazione, culturale...).

•  le strategie e le azioni da promuovere devono tendere a rimuovere quelle forme di esclusione sociale di cui le persone con disabilità soffrono nella loro vita quotidiana

–  A. Crescenzi

Perché l’inclusione ci crea tanta difficoltà ?

Ci rimanda all’idea di un contenitore nel quale non possono essere collocati tutti coloro che riteniamo essere differenti da noi. Chi stabilisce i termini della differenza? Chi decide che ci sono delle persone che non appartengono all’identità prevista ? La prima cosa che sarebbe doveroso fare : definire in che cosa essere inclusi ad evitare che ciascuno stabilisca il proprio metro di valutazione. E se parlassimo di costruzione sociale?

L’educazione inclusiva ⎫ ha una dimensione sociale: non prima “riabilitare”, poi socializzare, poi far apprendere, ma esprimersi in un contesto scolastico ricco nel confronto con i docenti e con i compagni A. Crescenzi

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Da che cosa è ostacolata l’inclusione? • Da un'esperienza scolastica vissuta ai margini della classe e non sempre supportata adeguatamente, • Dall’abbandono scolastico, • Dalla mancata acquisizione di competenze sociali e di vita, • Dall’esclusione dal mondo del lavoro, • Da esperienze affettive spesso relegate all’ambiente famigliare, • Da una scarsa partecipazione alle attività sociali e di tempo libero. Tutto ciò è esclusione sociale

Dunque è fondamentale non tanto la socializzazione come percorso circolare

Quanto il processo socializzante, che proietta la persona nella dimensione sociale intesa come partecipazione alla vita sociale all’interno di un determinato contesto: includere vuol dire offrire l’opportunità di essere cittadini a tutti gli effetti

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Per me diritto vuol dire quando ti aspetti qualcosa che nessuno ti può negare. Perchè ogni essere umano ha il proprio diritto.

Per me dovere rappresenta tante cose: il lavoro, fare le cose uguali per l'uno e per l'altro e non come si vede in questo mondo

Agostina Crescenzi

IL VALORE DELLA SCONFITTA

Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta.

Alla sua gestione. All'umanità che ne scaturisce.

A costruire un'identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano

intaccati. ….

Alla antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.

Pier Paolo Pasolini

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Non bisogna preoccuparsi di come bisogna FARE

Per fare scuola … Ma di come bisogna ESSERE

Per poter fare scuola

Don Lorenzo Milani