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Scheda 5 Apnea Sincope Annegamento

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Apnea Sincope Annegamento

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Società Nazionale di Salvamento – Sezione di Bologna Scheda 5 – pag 1

Scheda 5 Apnea, sincope, annegamento

Apnea Per apnea si deve, genericamente, intendere l'arresto volontario della respirazione L' apnea quindi, sebbene sia una bellissima pratica sportiva, è in contrasto con la fisiologia, dal momento che impone di interrompere il normale ritmo respiratorio ed anche di resistere, con la volontà e l'allenamento, agli stimoli che dovrebbero far riprendere la normale respirazione. Dopo un periodo variabile da soggetto a soggetto, per intervento del centro inspiratorio bulbare, si avrà l'invio ai muscoli inspiratori (specialmente al diaframma) di stimoli per la contrazione e, quindi, per l'inspirazione (CONTRAZIONI DIAFRAMMATICHE); se l'apnea viene mantenuta, questi stimoli diminuiscono di intensità, mentre il centro respiratorio cessa di funzionare. Genericamente si possono distinguere alcune fasi dell'apnea: 1a fase - DISAGIO: si ha all'inizio dell'immersione ed è un effetto psicologico. Si può avere anche una bradicardia, come riflesso all'immersione del viso in acqua fredda. 2a fase - BENESSERE: caratterizzata da una grande disponibilità di O2 specialmente nell’apnea di profondità (legge di Dalton) ed un ancora basso tasso di CO2. 3a fase - SOFFERENZA: si innesca il meccanismo automatico della respirazione con la comparsa delle contrazioni diaframmatiche. E' questo il momento in cui si dovrebbe riemergere. Tuttavia le contrazioni diaframmatiche provocano una sorta di rimescolamento tra l'aria alveolare e lo spazio morto delle vie aeree, ed ulteriore passaggio di CO2 dal sangue agli alveoli, dando una sensazione di falso benessere, che porta alla fase seguente. 4a fase - PERICOLO: è la fase di falso benessere, che dura in modo variabile secondo i soggetti ed anche per lo stesso soggetto. Se in questa fase non ci si mette in condizioni di respirare andrà incontro alla " sincope ipossica". 5a fase - PUNTO DI ROTTURA dell'apnea (BREAK POINT): nel caso l’apneista si trovi ancora sott'acqua, andrà incontro od a una "SINCOPE" od a "ANNEGAMENTO" All’aumentare della pratica dell’allenamento un apneista percepisce con maggiore chiarezza le varie fasi dell’apnea che, sebbene generalizzate nello schema sopra, possono assumere sensazioni diverse da soggetto a soggetto. L’apneista cosciente è quello in grado di acquisire maggiore conoscenza di se stesso e delle reazioni del proprio organismo all’assenza di respiro. Tecniche di ventilazione Una corretta tecnica di ventilazione, che consiste nell'effettuare prolungati e profondi atti respiratori, non provoca un accumulo di O2 nel sangue, come si potrebbe immaginare, bensì, una sorta di "lavaggio polmonare" con conseguente eliminazione della CO2 dal mixing alveolare e, quindi, dal sangue, fino a raggiungere uno stato di "ipocapnia", cioè una diminuzione della ppCO2 presente nel sangue. Questo permette di allungare la fase di "benessere dell'apnea, allungando il tempo di insorgenza delle contrazioni diaframmatiche, che abbiamo visto, dipendono dalla ppO2 e dalla ppCO2. Con alcuni atti respiratori forzati, la ppCO2 alveolare si può ridurre dai normali 40 mmHg a 22mmHg e di conseguenza, la pp della CO2 nel sangue si ridurrà dai normali 46 mmHg a 40 mmHg. Se la ventilazione viene prolungata troppo (diventando “iperventilazione”), abbassandosi ulteriormernte la ppCO2, si avrà una depressione del centro respiratorio ed un effetto di "vaso-costrizione" che tenderà ad opporsi ad una ulteriore cessione di CO2, che del resto, non favorisce neppure il rifornimento di O2, dal momento che saranno ostacolati gli scambi gassosi. Infatti, dobbiamo immaginare i globuli rossi come una sorta di vagoncini: arrivano ai tessuti carichi di O2, scaricano il loro contenuto e caricano la CO2; se i vagoncini non sono in grado di scaricare l'O2, non saranno neppure in grado di caricare la CO2, lasciandola in loco. Pertanto una eccessiva iperventilazione, non solo non migliora le prestazioni in apnea, ma espone al rischio, nella fase di iper-ventilazione, di "sincope IPO-CAPNICA" (stordimento, vertigini, perdita di coscienza, sincope), ma soprattutto di "SINCOPE IPOSSICA" per eccessivo allungamento del tempo di insorgenza delle contrazioni diaframmatiche, che sono l'unico segnale di sofferenza ipossica che l'organismo è in grado di dare.

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Sincope

Per sincope, si intende una brusca e improvvisa perdita di coscienza, con arresto involontario della respirazione.

La sincope ipossica Per sincope ipossica, si intende quella forma di sincope provocata da una diminuzione della tensione di O2 nel sangue al di sotto dei limiti tollerabili, per cui viene a mancare l'adeguato apporto di O2 stesso al cervello e, quindi, alle cellule cerebrali (neuroni). Il neurone ha scarse riserve di glucosio e non può utilizzare proteine e lipidi per produrre energia, quindi per mantenere le proprie attività, deve dipendere dal continuo apporto di queste sostanze da parte del sangue. La diminuzione della tensione di O2, influisce negativamente sulla utilizzazione del glucosio, per cui, il neurone, rimarrà privo di gran parte dell'energia che gli occorre per la sua normale attività. Questo porta ad una alterazione funzionale del neurone stesso, che non potrà più formare, integrare e condurre gli stimoli nervosi.

Ricordiamoci che… L'organismo, per la propria sopravvivenza, ha bisogno di ossigeno e lo utilizza continuamente, producendo anidride carbonica come "scarto" metabolico; per questo motivo, pur cessando volontariamente gli atti respiratori, le "scorte" di O2, immagazzinate nei polmoni, verranno progressivamente utilizzate e quindi diminuirà la pressione parziale dell’O2 (ppO2), mentre tenderà ad aumentare la pressione parziale della CO2 (ppCO2).

La regolazione del ritmo respiratorio avviene nel cosiddetto centro respiratorio, localizzato a livello del bulbo (aggregato di cellule nervose situate alla base della scatola cranica deputate al controllo dei muscoli e ritmi respiratori). Gli stimoli periferici, semplificando, provengono dai recettori dei glomi carotidei (anch’essi aggregato di cellule nervose) che sono una sorta di microscopici “sensori” situati sulla superficie delle carotidi ed hanno la funzione di registrare la quantità sia di O2 sia di CO2 presente nel sangue: se registrano una quantità inferiore al normale di O2 oppure un quantità superiore al normale di CO2, fanno partire lo stimolo indirizzato al centro inspiratorio (bulbo), che provoca l'inspirazione; se, invece, la quantità di O2 e di CO2 sono nella norma, parte lo stimolo per il centro apneustico, che permette l'apnea.

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Sebbene il meccanismo che porta alla sincope sia fondamentalmente uguale, tuttavia esistono delle piccole differenze, a seconda che si abbia:

- il progressivo esaurimento dell'O2, nel sangue e nei tessuti,

- oppure il superamento del quantitativo di CO2 sopra i limiti consentiti. In pratica, se interviene prima il raggiungimento dell'eccesso di CO2 (break della CO2), si avranno le contrazioni diaframmatiche, e solo l' IPOSSIA conseguente provocherà la perdita di coscienza, l'arresto respiratorio e lo spasmo della glottide. Se invece, la mancanza dell'O2 (break dell'O2), avviene prima dell’ipercapnia, si avrà perdita di coscienza immediata, senza che si possano avvertire le contrazioni diaframmatiche e la CO2 continuerà ad essere prodotta dall'organismo.

L’annegamento

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L’annegamento è l’ostruzione della vie aeree da parte di un liquido. Nella maggior parte dei casi l’annegamento avviene per aspirazione di acqua (la persona cercando di compiere atti respiratori sott’acqua, inala liquido). Non sempre il corpo è immerso nel liquido, per annegare basta l'immersione degli orifizi respiratori: chi, per un malore ad esempio, cade a faccia in giù in un sottile strato di liquido, rischia di annegare. Lo stesso si può verificare se l'infortunato è incosciente e vomita: è necessario che il vomito possa defluire (posizione laterale di sicurezza). I fattori che agiscono sulla sopravvivenza sono correlati all’età della vittima, al periodo di sommersione, alle condizioni generali di salute della vittima, al tipo e alla pulizia del liquido e alla temperatura dell’acqua che può contribuire a rinvigorire il riflesso mammario da immersione (calo della temperatura, diminuzione della frequenza cardiaca, vasocostrizione mirata a mantenere un sufficiente flusso di sangue al cuore, al cervello ed ai reni). L’ipossia che sopraggiunge in caso di annegamento compromette la vitalità di molti organi, primo fra tutti il sistema nervoso centrale (perdita di coscienza e arresto respiratorio)

Le cause dell’annegamento sono di vario tipo; nel 70% dei casi avviene per “lotta con l’acqua” cioè difficoltà natatorie o esaurimento delle forze che portano al panico con conseguente tendenza ad affondare (annegamento primitivo). L'inalazione di acqua, provoca una stimolazione nervosa a livello delle prime vie aeree che a sua volta, provoca tosse e spasmo della glottide, con dispea, bradicardia ed ipertensione. Nell’annegamento secondario invece c’è sempre una causa che determina una perdita di coscienza per cui la vittima affonda senza la possibilità di chiedere aiuto. Le cause più comuni sono: sincope da apnea prolungata o di tipo cardiogeno, accidenti cerebrali acuti, traumi cranici e cervicali (ad esempio tuffi su fondale poco profondo). Un altra causa abbastanza comune è l’idrocuzione seguente allo squilibrio termico tra ambiente esterno e liquido (es una persona accaldata che si tuffa in un bacino con acqua fredda).In questo caso il meccanismo dell’annegamento segue le seguenti fasi: Ia fase: inizia con l'ingresso del liquido nelle vie aeree superiori ,a cui segue repentinamente uno spasmo serrato della glottide finalizzato a proteggere i polmoni dall’ingresso di liquido, ed un successivo periodo di apnea della durata di alcuni minuti. L’apnea causerà l’ipotensione e la bradicardia, l’aumento della ppCO2, seguita da cianosi, la perdita di coscienza (se non già presente come nel caso della sincope ipossica) e l’anossia cerebrale. 2a fase: l'ipercapnia prolungata determina una riapertura della glottide, con conseguente iperventilazione compensatoria, nel paziente sommerso, con una penetrazione di grandi quantità di acqua negli alveoli polmonari, che causa un'anossia progressiva. 3a fase: il progredire del quadro anossico provoca, in primo luogo, un arresto respiratorio e quindi, soprattutto a causa dell'insorgere di gravi aritmie, un arresto cardio-respiratorio con morte della vittima se non assistita tempestivamente e in modo corretto.

L’obiettivo principale del soccorso consiste nel far riemergere, nel più breve tempo possibile, la vittima dall’acqua. In effetti se la riapertura della glottide (fase 2) avviene a paziente riemerso, l’iperventilazione che ne segue determinerà un massiccio ingresso di aria nei polmoni con una rapidissima correzione dell’ipossia ed un rapido miglioramento delle condizioni dell’infortunato. Il “fattore tempo” è quindi fondamentale.

ALCUNI CONSIGLI PRATICI

Il trisma (mandibola serrata) è una situazione frequente nel paziente incosciente ed è segnale di disfunzione neurologica, spesso legata all’ipossia. Come nel laringospasmo, anche questa recede in pochi minuti. Si consiglia di ventilare il paziente evitando di forzare l’apertura della bocca. In caso di vomito, rigurgito, bava schiumosa, liquidi nelle alte vie respiratorie, è importante ruotare la vittima su di un fianco (no in caso di trauma!) e liberare e pulire le vie aeree.

RICORDA: L’annegamento è un processo continuo che inizia quando le vie aeree della vittima vengono occupate da una superficie liquida interferendo con gli scambi respiratori. La conseguenza più rilevante è l’ipossia. La durata dell’ipossia è il principale fattore critico che determinerà l’eventuale arresto cardiaco.

01.08.11 SNS – Sez. di Bologna rev 2 del 01.08.11