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SCHEDA DIDATTICA - Alla scoperta di Leonardo.qxp

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Autoritratto, forse del 1512

Torino, Biblioteca Reale

«la cosa immaginata move il senso»

Leonardo da Vinci, un genio multiforme

Chi non ha mai visto le due immagini qui a lato?Sono tra i dipinti più famosi del mondo e, tutt’e due, sono opera di Leo-nardo da Vinci, oggi considerato uno dei più grandi geni dell’umanità.Lo incontreremo venerdì 12 settembre durante la manifestazione «Piazza-parola». Nel corso dell’intera giornata scopriremo alcune delle tante attivi-tà alle quali si dedicò quest’uomo del Rinascimento, un periodo che va, piùo meno, dalla fine del Medioevo (circa nel 1350) all’inizio dell’Età moder-na (circa nel 1500).Leonardo fu pittore, ingegnere, scienziato. Si occupò di anatomia, di arit-metica e di geometria, di astronomia, di botanica, di geologia, di idraulicae di aerodinamica, di meccanica, ottica e zoologia; fu inventore, pittore,architetto e scrittore.In circa quarant’anni, oltre ai dipinti, agli affreschi, agli edifici, produssecirca cinquemila pagine di studi, osservazioni, disegni, progetti. Queste pa-gine sono oggi raccolte in alcuni volumi che chiamiamo I codici di Leonar-do da Vinci. Essi sono conservati in alcune librerie e archivi che si trovanoa Londra, a Milano, a Torino, a Parigi, a Madrid e in altre parti del mondo.Leonardo non è famoso come letterato. Eppure, senza saperlo, fu un gran-de comunicatore. In un’epoca in cui la scienza e la cultura non erano allaportata di tutti, il nostro Leo documentò i suoi studi con dovizia di parti-colari lasciando traccia delle sue considerazioni e dei suoi pensieri. Hainsomma dimostrato che scrivere non è solo un piacevole divertimento,ma un motore per ragionare.Durante gli incontri del 12 settembre non sarà possibile parlare di tutto.Questo semplice fascicolo, dunque, tenta di dare qualche informazione inpiù, anche se molte cose sono state tralasciate. Potrà invece servire per unaprima conoscenza con Leonardo e magari sarà utile, nei prossimi mesi, pertentare qualche approfondimento.Lasciatevi dunque appassionare e sedurre da questo grande genio, cosìcome ci siamo appassionati noi, preparando «Piazzaparola» di quest’anno.

La Gioconda

iniziata probabilmente nel 1503

Parigi, Museo del Louvre

Un pensiero di gratitudine a Stephanie Grosslercher, del servizio Risorsedidattiche, eventi e comunicazione del DFA, per l’impostazione grafica deldocumento, e a Enzo Marchionni.

28 agosto 2014Silvia Demartini e Adolfo Tomasini

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Periodo fiorentino:l’infanzia a Vinci e la giovinezza a

Firenze

Primo periodo a Milano:dai 30 ai 47 anni

In giro per l’Italia:quattordici anni di corte in corte

In Francia:a 65 anni Leonardo si trasferisce

alla corte del Re di Francia;lì morirà tre anni dopo

IL GIOVANE LEONARDO

«Andare a bottega» significava re-carsi a lavorare insieme a un esper-to di un mestiere, per imparare inmodo pratico, seguendo i suoi inse-gnamenti e il suo esempio. La botte-ga, infatti, al tempo di Leonardo, erauna sorta di laboratorio artigianodove si svolgeva un’attività; la botte-ga in cui si è formato Leonardo eraun laboratorio di pittura e scultura.

La cittadina di Vinci oggi

La testa di un angelo dipinta da

Leonardo a ventun anni

Leonardo nacque il 15 aprile 1452 nei pressi di Vinci, un borgo di pochecase a ridosso di un castello medievale sulle pendici di un monte a

metà strada tra Firenze e Pisa, in Toscana. Non venne alla luce, dunque, inun grande centro, ma in un piccolo villaggio apparentemente isolato dalmondo, che si trovava, però, all’incrocio di grandi vie di comunicazione frail Nord e il Sud dell’Italia.L’infanzia e la prima adolescenza di Leonardo trascorsero in modo simile aquelle dei ragazzi del suo tempo: anche i futuri geni sono stati bambini eragazzi come tutti gli altri. Cosa che ci fa sperare di poterlo essere anche anostra volta. All’epoca, però, la giovinezza era parecchio diversa da quelladi oggi: la scuola, ad esempio, per come la intendiamo noi, era destinata apochi nobili; per lo più, i ragazzi andavano a bottega a imparare un lavo-ro. Anche Leonardo, nel 1469, all’età di diciassette anni, si trasferì aFirenze, dove il padre, il notaio Ser Piero, lo mise a bottega presso un famo-so pittore e scultore dal nome molto lungo: Andrea di Michele di Francescodi Cione, più semplicemente soprannominato «Il Verrocchio». La stradache Leonardo percorreva a piedi o a cavallo — una quarantina di chilome-tri fra il suo paese e la città — ancora oggi costeggia il fiume Arno.Leonardo a Firenze non studiava molto, tant’è che, da adulto, gli dispiace-rà di non aver imparato il latino e la geometria (materie che studierà poi dasolo). Passava molto tempo a curiosare tra grandiosi cantieri e botteghe,prendendo appunti ed esercitandosi a disegnare. Nella bottega in cui si èformato, il giovane artista ha maturato le sue prime esperienze pittoriche:dopo anni di studio, nel 1473 (a ventun anni), realizzò la sua prima operapittorica a noi nota, disegnando la testa di un angelo nel Battesimo diCristo del suo maestro Andrea del Verrocchio; è un dipinto a olio e tempe-ra su tavola. La potete osservare nell’immagine qui a sinistra.

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Lorenzo de’ Medici

A Firenze Leonardo trascorse dodici anni di studio e sperimentazione, edentrò presto sotto la protezione del suo potente quasi-coetaneo Lorenzode’ Medici (1449-1492), abile politico, uomo colto, scaltro mercante e affa-scinante oratore. Per il giovane Leonardo, Lorenzo era un esempio di gran-de fascino: pare, infatti, che proprio ascoltando i suoi discorsi Leonardoabbia trasformato il suo modo di disegnare e di dipingere, realizzando unapittura «parlante», ricca di gestualità e sorprendente per l’osservatore (che,per capirci, si trovava quasi come davanti alla scena di quello che oggi è unfilm).

Provate a osservare, qui sotto, l’Adorazione dei Magi, dipinta (anche senon terminata) da Leonardo nel 1482. È un grande quadro (cm 246 x 243),pieno di persone che osservano stupite, si inchinano, si muovono, pregano,probabilmente commentano; al centro ci sono la Madonna e il Bambino.Mai nessuno prima di Leonardo aveva dipinto questa celebre scena natali-zia in un modo così vivace, realistico e pieno di vita.

Leonardo lavorò moltissimo a quest’opera, che, tuttavia, era destinata arimanere incompleta: l’autore lasciò Firenze alla volta di Milano prima diterminarla.

Adorazione dei Magi, 1482

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UN ARTISTA IN VIAGGIO: DA MILANO ALLA FRANCIA,

PASSANDO PER VARIE CORTI ITALIANE

Non ci sono ingredienti esatti per diventare grandi scienziati, invento-ri, architetti, filosofi, scrittori, astronomi. Né, tantomeno, geni.

Tuttavia, qualcosa di essenziale c’è: la curiosità e il desiderio di cercaresempre nuovi stimoli e nuove possibilità, senza paura di muoversi per usci-re dal proprio guscio. E Leonardo, in questo senso, è stato un esempio,anche se al suo tempo spostarsi e viaggiare non era semplice come per noioggi; inoltre, non dimentichiamo che Leonardo aveva dovuto allontanarsida Firenze anche per la necessità di farsi conoscere e di guadagnare meglio:gli inizi non sono facili per nessuno. Nemmeno per i «geni».Come abbiamo detto, Leonardo nel 1482 lasciò Firenze e andò a Milanoalla corte di Ludovico il Moro. Qui approfondì gli studi di architettura,volo, arte militare, ottica, geometria, idraulica, meccanica, anatomia, geo-grafia e persino botanica: era proprio un genio multiforme, uno spirito cri-tico curioso di indagare la realtà e di scoprirne i misteri con intento scien-tifico e con passione. Negli anni milanesi Leonardo dipinse anche alcunedelle sue opere più note. Conoscete L’ultima cena?

L’ultima cena (1494-1498), nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano

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Caduto il duca Ludovico il Moro, nel 1499 Leonardo partì da Milano perraggiungere diverse mete, sedi di prestigiose corti: Mantova, Venezia,Firenze, la Romagna, poi di nuovo Firenze; dopo di che alternò brevi sog-giorni a Milano e a Firenze. In ciascuna di queste città incontrò personeinteressanti, che lo aiutarono ad approfondire alcuni aspetti del suo sapere:a Venezia, per esempio, conobbe Luca Pacioli, al quale deve molte delle sueconoscenze di matematica e di geometria. Leonardo, insomma, non era tipoda starsene con le mani in mano, poiché amava mettersi alla prova e farfruttare le sue capacità in modo concreto: basti ricordare che lavorò anchecome architetto e ingegnere militare per Cesare Borgia, un temibile nobi-luomo italiano con grandi ambizioni di conquista.Negli anni fra il 1504 e il 1508, il nostro genio raccolse in un unico mano-scritto i suoi studi sull’idraulica, cioè lo studio dell’uso dell’acqua per farfunzionare macchine particolari (erano appunti o testi brevi), e si dedicòin maniera sistematica a scoprire il mistero del volo degli uccelli.

Una pagina del Codice sul volo degli uccelli

Nel 1513 si trasferì a Roma insieme a due suoi allievi, sotto la protezionedel nuovo Papa Giovanni de’ Medici (Leone X). Lì, oltre a svolgere varilavori ingegneristici, approfondì lo studio dell’anatomia, soprattutto degliorgani interni e della circolazione del sangue. Per studiare l’interno delcorpo umano occorreva fare un’autopsia, cioè la dissezione di un cadavere.Sebbene studi di questo genere, a quei tempi, fossero proibiti, Leonardo liportò avanti coraggiosamente (fu persino accusato di stregoneria!) e fu ilprimo a disegnare con grande precisione scheletro, muscoli e organi inter-ni, infrangendo un antico tabù.

Dopo gli anni trascorsi a Roma, Leonardo, ormai famoso, accolse l’invitodel Re di Francia Francesco I e si trasferì ad Amboise, nella Francia centra-le, con l’incarico di «primo pittore ed ingegnere del Re»: fu finalmenteammirato e rispettato da tutti come un genio indiscusso.

L’interno del corpo femminile

in un disegno di Leonardo

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LEONARDO: UN UOMO E IL SUO TEMPO

La storia fornisce date per tuttoo quasi, ma non c’è una data in

cui Leonardo è stato riconosciutocome «genio». Hanno cominciatoad accorgersene quand’era ancorain vita, hanno iniziato a ripeterlodopo la sua morte, ma è oggi — adistanza di secoli — che ci è fami-liare definirlo così: un genio. Sitratta di una parola che deriva dalverbo latino geno, dal quale, in ita-liano, abbiamo generare; che cosasignifica esattamente, allora, laparola genio? Il genio è colui che èin grado di creare qualcosa (unoggetto, ma anche un’opera d’arteo un’idea brillante) a partire dauna scintilla che prende vita nellasua mente curiosa e aperta.Scintilla che, prima che a lui, nonsi era mai accesa per nessuno.Leonardo, nel corso della sua vita,fu prima di tutto un uomo del suotempo; «genio» lo diciamo noi, ma

egli di certo non si sentiva così. Fuperò un uomo desideroso di sape-re, sempre attento alle cose che locircondavano (soprattutto alle piùmisteriose) e alle diverse espres-sioni della natura (dagli animalipiù piccoli ai mostri terribili, dalvento all’acqua). Aveva, poi, unapassione per i fenomeni che gliapparivano inspiegabili e per leinvenzioni più sorprendenti. Pen-sate, come vedremo dopo, che cer-cava strategie per volare, progetta-va barche mai viste prima (ancheuna a pedali, antenata del moder-no pedalò) e addirittura un sotto-marino. Per fare tutto ciò, dovevaessere un vero perfezionista (unoproprio preciso), anche se… talvol-ta le sue idee erano troppo fanta-siose e magari, nella pratica, nonfunzionavano. Be’, di certo non erauno che si scoraggiava!Con la sua affascinante personali-

tà, si trovò a vivere in Italia a caval-lo tra il Quattrocento e il Cinque-cento, in uno dei periodi più stu-pefacenti e stimolanti di sempre,che chiamiamo Rinascimento. Ledifferenze con oggi erano numero-sissime: tanto per dirne alcune, inItalia abitavano poco meno di 10milioni di persone (oggi sonopoco più di 60 milioni), la duratamedia della vita in Europa si aggi-rava intorno ai 43 anni e si man-giava un po’ diversamente. I ricchisi saziavano con molta selvaggina(carne bovina no, perché mucche ebuoi servivano per lavorare icampi), i contadini si nutrivanoper lo più con zuppe di cereali,legumi e pane di segale; abbonda-vano uova e latticini, mentre pata-te, mais e pomodori (scoperti conl’America) «arrivarono» sulle tavo-le solo nella prima metà delCinquecento.

Tra 1400 e 1500: perché si dice «Rinascimento»

Rinascimento è una parola che si legge nei libri di storia di oggi, ma che arriva da lontano. Nel 1436 unfamoso architetto di nome Leon Battista Alberti scrisse «in lingua toscana» (vale a dire nel buon italia-

no del tempo) la seconda edizione del suo trattato sulla pittura, dedicata a Filippo Brunelleschi (architetto escultore fiorentino vissuto appena prima di Leonardo): in questo testo comparve per la prima volta la paro-la «rinascenza». Il termine serviva a descrivere un’epoca nuova per l’arte e per la cultura, percepita, da chi laviveva, come più dinamica rispetto al periodo precedente. Che cosa vi fa venire in mente questa parola?Rinascita, cioè un periodo innovativo e vivace che si sviluppa dopo secoli in apparenza meno ricchi di ideee spirito di iniziativa. Da qui deriva quello che chiamiamo Rinascimento.

Oggi, se pensiamo al cosiddetto Rinascimento, possiamo ricordare soprattutto un nuovo modo di intende-re l’uomo e la natura, e il rapporto tra l’uno e l’altra. Le grandi conquiste in campo artistico e culturale sonostate in particolare quattro (a noi sembrano scontate, ma all’epoca erano novità):

• la prospettiva, cioè il modo per rappresentare su un piano bidimensionale un soggetto tridimensionale; • l’osservazione attenta della natura; • lo studio della storia, di cui l’uomo è protagonista; • il recupero delle opere letterarie dell’antichità.

Nel Rinascimento l’arte era un aspetto importante della vita quotidiana: davanti agli uomini mostrava lapotenza dei signori che commissionavano le opere, cioè che pagavano per farle eseguire. E lo era sia per ilcommittente (colui che chiedeva a un artista di realizzare un’opera, e lo pagava per farlo), sia per l’artista,che assumeva una posizione sociale sempre più prestigiosa.

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Un disegno di Firenze alla fine del 1400

Un’epoca di grandi progressi

Scoperti con l’America... 1492. Vi ricorda qualcosa, questa data?Sicuramente sì: Cristoforo Colombo e la scoperta dell’America.

Leonardo ha quarant’anni. Può darsi che vi dica qualcosa anche il1455, anno d’invenzione della stampa a caratteri mobili del tedescoJohann Gutenberg, che permetteva di allineare i singoli carattericosì da formare una pagina, poi cosparsa di inchiostro e pressata suun foglio di carta o di pergamena. Nel 1470 aprì a Roma la sua bot-tega il primo stampatore italiano, Giovanni Filippo de Lignamine. Oltre a queste grandiose scoperte e invenzioni, rivoluzionarie perl’umanità (un po’ come possono essere il computer e Internet oggi),l’epoca di Leonardo è significativa per il grande numero di fenome-nali intelletti che vissero negli stessi anni: pittori, architetti, studiosiin genere che seppero realizzare opere e riflessioni moderne e total-mente nuove. E molti di loro erano proprio toscani, come il nostroLeonardo, la cui genialità fu senz’altro «figlia» di un ambiente cul-turale decisamente stimolante come quello di Firenze e di altre cittàitaliane ed europee tra il 1400 e il 1500. Difficile spiegarsi il perchédi questo picco di artisti e studiosi eccellenti: c’è stato chi ha dato ilmerito a una fase politica italiana di relativa pace, chi alla riscoper-ta dei testi classici degli antichi, chi all’impulso dato dagli «sponsor»del tempo (i ricchi signori che sovvenzionavano il lavoro intellettua-le e artistico) e chi persino al clima (l’aria che fisicamente si respira-va, secondo l’ormai superata teoria del medico greco Ippocrate, vis-suto nel IV secolo a. C.). Difficile dare una risposta unica, che pro-babilmente non può esserci. Gli storici pensano, piuttosto, a piùcause diverse che hanno agevolato l’espressione della genialità: adesempio, la maggior circolazione delle informazioni resa possibiledalla stampa, la diffusione del disegno, la crescente libertà di pensie-ro, lo sviluppo delle città e via dicendo.

La tipografia di Gutenberg

Cristoforo Colombo

in un dipinto del 1519

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UN CARATTERE ORIGINALE

Nel 1550, il pittore e architetto Giorgio Vasari scrisse un’opera in cuiracconta le vite dei più grandi pittori, scultori e architetti (si intitola

proprio Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, daCimabue insino a’ tempi nostri). Non potevano mancare alcune paginededicate a Leonardo, l’uomo che «ovunque lo animo volse nelle cose diffi-cili, con facilità le rendeva assolute» (cioè che qualsiasi cosa difficile pro-vasse a fare, la rendeva semplice). A proposito della sua vita, Vasari affer-ma che era «varia et indeterminata forte, sì che pare vivere a giornata»:viveva, insomma, senza programmi e prendendo la vita giorno per giornocome veniva, evitando, tra l’altro, legami di qualsiasi genere. Anzi, talvoltala compagnia sembrava infastidirlo: Vasari racconta, per esempio, che l’ar-tista provava a spaventare in strani modi i visitatori indesiderati. Anchealcune invenzioni riflettevano il suo carattere originale e «sopra le righe»:oltre al prototipo di un paracadute e alla macchina per il volo, basti ricor-dare che nel 1515 costruì in onore del re di Francia Francesco I un leonemeccanico in grado di muovere alcuni passi (non a caso, era stato proget-tato per accogliere il re nella città francese di Lione)! E, come se nonbastasse, ideò anche stupefacenti scenografie e meccanismi automatici perspettacoli teatrali: per esempio, un cavaliere-robot capace di muovere brac-cia e gambe grazie a un sistema di ingranaggi e cavi.Infine, ci sono note alcune sue stranezze su come si vestiva e sulle cose chemangiava: era infatti un convinto vegetariano in un’epoca in cui le abitudi-ni alimentari non erano attente alla salute come oggi.

È probabile che anche questi aspetti originali e anticonformisti abbianocontribuito alla nascita di un autentico «mito leonardesco».

«Trovasi che Lionardo per l’intelli-genzia de l’arte cominciò moltecose e nessuna mai ne finí, paren-doli che la mano aggiugnere nonpotesse alla perfezzione de l’arte nele cose, che egli si imaginava, conciò sia che si formava nella ideaalcune difficultà tanto maraviglio-se, che con le mani, ancora che ellefussero eccellentissime, non sisarebbono espresse mai. E tantifurono i suoi capricci, che filoso-fando de le cose naturali, attese aintendere la proprietà delle erbe,continuando et osservando il motodel cielo, il corso de la luna e gliandamenti del sole».[Giorgio Vasari]

Ricostruzione del cavaliere-

robot e, sotto,

alcuni disegni del progetto

Vederà i maggiori alberi delle selveessere portati dal furor de’ venti dal-l’oriente all’occidente. Dove si possono vedere altissimialberi muoversi portati dalla furiadei venti?

Soluzione: in mare (gli alberi dellenavi)

Li animali d’acqua moriranno nellebollenti acque.Chi sono? Perché?Soluzione: i pesci lessi.

Come molti scienziati, Leonardoamava scherzare e ridere. In queifrangenti gli piaceva prendere ingiro chi era con lui, con storielle ebattute. O, a volte, con degli indo-vinelli arguti.

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Chi di voi non conosce il famo-sissimo quadro qui a destra?

Sapevate che è opera di Leonardo?Oggi conservata al Museo delLouvre di Parigi, La Gioconda, notaanche come Monna Lisa, fu dipintada Leonardo a partire dal 1503 e,nei secoli, è diventata un quadrosimbolo della sua pittura e della pit-tura in generale. Ironica, dubbiosa,pensierosa, sorridente... Chi puòimmaginare che cosa questa donnastia pensando? E lo sfondo, qualepaesaggio propone esattamente?Difficile rispondere, ma, a pensarcibene, la forza del quadro è proprioquesta: il mistero che avvolge l’ani-mo umano e che il pittore prova aritrarre.La grandezza di Leonardo inven-tore e scienziato rischia, qualche

volta, di farci mettere in secondopiano il Leonardo pittore. Tuttavia,il nostro genio è stato e si è ricono-sciuto soprattutto come pittore difama insuperabile. Che cosa signi-ficava per lui dipingere?

Il bono pittore ha da dipingere duecose principali, cioè l’omo e il con-cetto della mente sua. Il primo èfacile, il secondo difficile perché s’haa figurare con gesti e movimentidelle membra.

Così scriveva Leonardo nel suoTrattato della pittura (una raccoltadi appunti) per spiegare che cosavoleva dire, secondo lui, dipingere.Avete capito che cosa desideracomunicarci? Vuole spiegare che ilpittore non deve dipingere solo

l’esterno dell’uomo, ma deve prova-re anche a raffigurare i suoi senti-menti (che sono la parte più com-plessa da riprodurre). Per arrivare aquesto risultato, Leonardo consigliadi studiare le persone mentre sonotristi o arrabbiate, o mentre discuto-no o quando sono colpite da un’e-mozione particolare.Quando, come abbiamo visto, nel1470 il giovane Leonardo andò abottega a Firenze presso ilVerrocchio, la città era piena dipittori e architetti famosi, che rea-lizzavano quadri, statue, decora-zioni e grandi opere rimaste cele-bri (Sandro Botticelli, DomenicoGhirlandaio, Paolo Uccello, LeonBattista Alberti, solo per fare alcu-ni nomi). Leonardo si concentròsul disegno prima (su tavolette ocarta pecorina) e sull’uso del colo-re poi, abbinando la sua passionescientifica per lo studio dell’uomoe della natura alla capacità artisticadi riprodurre su tela ciò che vede-va. E di riprodurlo in modo pro-fondamente innovativo per l’epoca,raggiungendo obiettivi che sem-bravano impossibili, come dipinge-re l’aria, l’umidità, la voce, l’espres-sione sorpresa o pensierosa, i gio-chi di sguardi. Mentre i paesaggisfumavano nello sfondo, i perso-naggi spiccavano con la loro indi-vidualità e la loro forza (guardatequi a lato Sant’Anna, la Vergine e ilBambino con l’agnellino).

LAMPI DI GENIO: LEONARDO PITTORE

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Leonardo amava ritrarre i volti cogliendone le espressioni.La Dama con l’ermellino è uno dei primi ritratti moderni della storia per-ché propone un’immagine viva della donna, come se fosse vista in unospecchio. Il dipinto mostra dei movimenti appena accennati: l’inclinazionedella testa, la direzione dello sguardo e la rotazione del corpo. Inoltre, ladama porta con sé anche un segreto: l’identità della nobildonna si nascon-de nell’ermellino. Infatti, il nome greco dell’animale è galè, che rimanda aGallerani, cognome della dama dipinta; senza dimenticare che l’ermellinoè simbolo di candore (purezza) ed è anche uno degli emblemi di LudovicoSforza. Ecco svelato il mistero. Questi giochetti erano molto amati daLeonardo, che non di rado lasciava nelle sue opere dei messaggi nascosti.I suoi numerosi disegni mostrano quanto fosse interessato a disegnare l’uo-mo in ogni sua forma ed espressione, anche le più sproporzionate e defor-mi: perciò dipinse varie caricature. Le cronache del tempo raccontano cheuna volta tenne banchetto coi più brutti uomini della città e raccontò loromolte barzellette per farli ridere sempre più, così che i loro volti si defor-massero al massimo. Questa attrazione per il brutto e il deforme non eraun caso isolato nel Cinquecento, quando le creature menomate erano esi-bite e osservate come prodigi.

Dama con l’ermellino, 1488-1490

Cracovia, castello del Wawel

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Infine, non possiamo tralasciarel’autoritratto che Leonardo, anzia-no, fece di sé e che ci permette diconoscerlo un po’ di più e diimmaginarlo mentre parliamo dilui. Eccolo: è databile al 1512 eoggi si trova nella Biblioteca Realedi Torino.

LAMPI DI GENIO: LEONARDO SCRITTORE

Cominciamo a osservare gli studi e dagli appunti sul volo (di cui vede-te una pagina qui a destra) per scoprire un’altra «faccia» del nostro

genio: quella di scrittore. Caliamoci nel suo tempo, quando Leonardoamava definirsi, con un’espressione molto drastica, «omo sanza lettere».Che cosa significava questa formula? Le «lettere» — che pure ci danno unindizio chiaro — non erano propriamente quelle dell’alfabeto. Queste,infatti, Leonardo le conosceva eccome: basta vedere l’immagine a fianco(sul volo degli uccelli in rapporto alle correnti d’aria) per notare la densitàdella sua scrittura. Le «lettere» alle quali fa riferimento, nell’italiano del suotempo, indicavano qualcosa di più complesso: le buone letture e l’eserciziodello scrivere in modo elegante e appropriato; insomma, la cultura lettera-ria. E magari anche la conoscenza del latino, e, ancor meglio, quella delgreco: conoscenze riservate a pochi uomini dotti (uomini, sì, perché ledonne molto istruite, nella società del tempo, purtroppo erano ancora dav-vero poche). Questo tipo di cultura Leonardo non l’aveva. Dunque, se c’eraun ambito nel quale Leonardo non si reputava un artista era proprio quel-lo della scrittura; tuttavia, aveva altre qualità che lo rendevano un ottimoscrittore. Uno scrittore, per di più, molto moderno. Sì, perché se i suoi con-temporanei, illustri scrittori, scrivevano complesse opere in versi e frasilunghe con molti paroloni, Leonardo scriveva in un altro modo.

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UN PO’ DI STORIA DELLA LINGUA

Nel Quattrocento e nella prima parte del Cinquecento la lingua italiana era molto diversa dalla nostra. Percomprendere bene il perché, teniamo presente un dato non scontato per chi è abituato all’italiano (e all’in-glese, al francese, al tedesco) di oggi: le lingue hanno una storia e nella storia sono cambiate, si sono trasfor-mate adattandosi ai tempi e alle necessità della comunicazione. Perciò possiamo spingerci a dire che, aitempi di Leonardo, né in Italia né in Canton Ticino si parlava proprio l’italiano. Perché? Perché l’italiano nonesisteva, o, meglio, non esisteva un italiano, ma esistevano tante lingue (dialetti locali) parlate nelle diversearee, più o meno simili alla lingua che oggi conosciamo: si chiamavano volgari, cioè lingue del popolo (vul-gus in latino). Queste lingue si scrivevano ancora poco e spesso per scopi pratici (liste della spesa, appunti,lettere di mercanti o di notai, libri di conti ecc.); erano, infatti, percepite come inferiori rispetto alla linguadi cultura, che era il latino (lingua nella quale sarebbe stato opportuno scrivere testi letterari e trattati).

Il quadro cambia dagli anni Venti-Trenta del Cinquecento, quando scriveranno in volgare grandi autori inversi e in prosa, e si alimenterà un vivacissimo interesse teorico: in questi anni verranno scritte centinaia digrammatiche e di trattati per difendere il volgare e per iniziare a diffonderlo. Ma non abbiamo detto che ivolgari erano molti? Di quale volgare stiamo parlando? Il volgare che gradualmente domina su tutti gli altrie si avvia a diventare l’italiano è il volgare toscano (più precisamente fiorentino, di Firenze), perché in que-sto volgare avevano scritto alcuni grandissimi scrittori nei secoli precedenti. Non è semplice capire quali fat-tori hanno permesso all’italiano di trasformarsi, lentamente, da tanti volgari regionali a una lingua, ma dicerto possiamo ricordare la diffusa volontà dei letterati di prendere ad esempio i celebri autori toscani delTrecento (Dante, Petrarca, Boccaccio) e l’importanza della diffusione del mercato editoriale. Ah, nondimentichiamo che anche il nome di questa lingua «neo-nata» non era ancora stabilito: volgare, fiorentino,toscano, italiano... gli studiosi discutevano con foga anche su questo.

Il nostro scienziato, munito di piuma e inchiostro, scriveva su due temi chesembrano lontani, ma che in realtà sono profondamente collegati: la natu-ra e le macchine. Scriveva le sue riflessioni su cose che lo circondavano(animali, uomini, insetti, fiori, piante…), le descriveva e le commentava,ipotizzava il loro funzionamento; inoltre progettava, studiava, approfondi-va. Così, proprio per rendere più comprensibili i suoi studi, accompagna-va i disegni con le parole. Infatti, i testi che ci ha lasciato sono soprattuttonote che completano le rappresentazioni grafiche delle sue indagini scien-tifiche e artistiche; ma sono anche appunti a margine più «liberi»: pensie-ri, motti, proverbi o brani di fantasia.

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Trovandosi l’acqua nel superbo mare, suo elemento, levenne voglia di montare sopra l’aria, e confortata dalfoco elemento, elevatosi in sottile vapore, quasi pareadella sittiglieza dell’aria; e montato in alto, giunse infral’aria più sottile e fredda, dove fu abbandonata dalfoco. E piccoli granicoli, sendo restretti, già s’uni-scano e fannosi pesanti, ove, cadendo, la superbia siconverte in fuga, e cade del cielo; onde poi fu beutadalla secca terra, dove lungo tempo incarcerata, fe’penitenzia del suo peccato.

Proprio il fatto che siano appuntispiega alcune caratteristiche dellascrittura di Leonardo: l’ortografianon sempre corretta, l’aspetto d’in-sieme un po’ toscaneggiante (cioècon parole e grafie che ricordanol’italiano parlato in Toscana: nondimentichiamo dov’è nato!), le fra-si non troppo lunghe, che fissanoin breve la sostanza dei pensieri.Inoltre, la scrittura di Leonardoaveva anche un’altra curiosa carat-teristica: non andava da sinistra adestra, ma… da destra a sinistra.Come mai ha scelto di scriverecosì? Le ipotesi sono molte, maquel bel tipo che era Leonardo nonha detto nulla al riguardo: forse erasemplicemente una questione dicomodità (era mancino e nonvoleva rischiare di sbavare sulfoglio passandoci sopra con lamano), forse voleva rappresentareaddirittura un collegamento coitesti arabi di ingegneria (l’arabo siscrive da destra a sinistra), o forseLeonardo voleva essere un po’misterioso e rendere complessa lalettura dei suoi scritti. Infatti, èsemplice leggerli solo se si ha unospecchio: la sua scrittura, infatti, è«speculare». Proviamo a leggere?

Oltre alle osservazioni e alle rifles-sioni scientifiche, Leonardo suisuoi fogli si divertiva anche a scri-vere veri e propri racconti. Brevi, avolte brevissimi come questo:

La formica trovato uno grano dimiglio, il grano sentendosi presoda quella gridò: «Se mi fai tantopiacere di lasciarmi fruire il miodesiderio del nascere, io ti rende-rò cento me medesimi.» E così fufatto.

Storielle in apparenza facili, mabisogna leggerle più volte percapirle bene. Perché ogni paroladel Nostro è come se fosse... densa;sì, densa di significato, come senessuna, ma proprio nessunapotesse essere tolta. I suoi raccontisono un condensato di senso,come voleva lui: non frasi lunghe e

incomprensibili, ma brevi e preci-se. Ammettiamolo, scrivere untesto equilibrato, che funziona,non è facile; è un po’ come realiz-zare una macchina che si muove:tutti i pezzi sono al loro posto,nulla si può levare né spostare.Avete capito il significato della sto-riella del miglio e della formica? Oci sono parole «strane», mai senti-te»? Magari fruire (= utilizzare,servirsi del) o medesimi (= stessi).Be’, bisogna dire che l’italiano chesi scriveva e si parlava al tempo diLeonardo non era come quello cheusiamo noi oggi; cosa che rendeancora più difficile capire i suoiscritti. Parole come fruire o mede-simi (oggi un po’ dimenticate, maancora vive) non sono di sicuro lecaratteristiche più strane dell’ita-liano del 1400!

«TRADUZIONE» IN ITALIANO

MODERNO DEL TESTO CON LA CAL-

LIGRAFIA DI LEONARDO

Un giorno l’acqua, trovandosi nel suo ele-mento, ossia nel superbo mare, fu presadalla voglia di salire nel cielo.Si rivolse allora ad un altro elemento,cioè al fuoco, pregandolo di aiutarla. Ilfuoco acconsentì, e col suo calore la fecediventare più leggera dell’aria trasfor-mandola in sottile vapore.Il vapore s’innalzò nel cielo, andò moltoin alto, fino agli strati più sottili e piùfreddi dell’aria, dove il fuoco non potevapiù seguirlo. Allora le particelle del vapo-re, intirizzite dal freddo, furono costrettea stringersi insieme, diventando piùpesanti dell’aria. E caddero, giù, sottoforma di pioggia. Anzi, non caddero, maprecipitarono. Erano salite nel cielo trop-po piene di superbia, e furono subitomesse in fuga. La pioggia fu bevuta dallaterra secca: e così, restando tanto tempoimprigionata nel suolo, l’acqua scontò ilsuo peccato con una lunga penitenza.

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Al tempo di Leonardo, le persone colte erano solite scrivere le loro operein latino, la lingua che permetteva di capirsi (un po’ come l’inglese oggi); ilnostro genio, invece, scriveva nella lingua che gli era familiare e nella qualeera abituato a pensare: il volgare toscano. Un italiano che noi oggi possia-mo capire, ma un po’ faticosamente. Vediamo quattro brevi pensieri leo-nardeschi (ne scriveva molti a margine dei suoi fogli) per osservare meglioqualche semplice differenza:

• La scienzia è il capitano e la pratica sono i soldati.• Chi si promette dalla sperienza ciò che non è ’n lei, si discosta dalla ragione.• La vita bene spesa lunga è.• Chi non punisce il male, comanda che si facci.

Ecco come scriveva Leonardo. Riuscite a capire il significato di ciascuna diqueste riflessioni? Potete provare a cercare quali differenze di ortografia, diordine delle parole o di forma dei verbi individuate rispetto all’italiano cheusate abitualmente.Leonardo ci ha lasciato pagine precise di scienza, di tecnologia, di architet-tura, ma, come abbiamo accennato, anche racconti brevi accompagnatispesso da disegni, riflessioni, motti che vale la pena di scoprire. Perché ilsuo spirito indagatore, osservando l’uomo e la natura, non poteva fare ameno di superare il visibile e di trarne numerosi insegnamenti per la vita:infatti, la natura, pur non essendo sempre buona, è maestra sincera, dallaquale è utile imparare. Basta osservare il comportamento degli animali o loscorrere delle stagioni. L’uomo si trova a vivere nella natura e a farne ine-vitabilmente parte, coi suoi errori e i suoi fallimenti personali. Leonardo,geniale anche in questo, vede con chiarezza queste cose e desidera spiegar-le a tutti, adulti e ragazzi, con immagini semplici e frasi brevi, che riman-gono in mente. E sa che della sorte dell’uomo si può essere consapevoli,cercando di vivere al meglio,

L’età che vola discorre nascostamentee inganna altrui, e niuna cosa è più veloce che gli anni, e chi semina virtù fama raccoglie.

ma si può anche provare a ridere. Forse pochi sanno, infatti, che Leonardoci ha lasciato alcuni appunti su scherzi, storielle e barzellette. Leggiamoneuna, per non dimenticare che si può essere geni e farsi una bella risata, per-ché ridere è una cosa seria; e, soprattutto, ricordiamoci che anche per saperridere con intelligenza occorre essere ciò che Leonardo è riuscito a essereal massimo grado: curiosi, critici, sempre pronti a imparare e ad aprirsi allascoperta.

In un’osteria un mercante si vede servire una porzione modesta dipollo. Si volge a un frate e, sottraendogli il pollo, dice:«Secondo la vostra regola, oggi non potete mangiare carne».Più tardi i due devono guadare un fiume. Il frate, scalzo, si offre ditrasportare il mercante, ma a metà fiume gli chiede:«Hai con te del denaro?»«Ovvio, sono un mercante».Il frate allora lo lascia cadere in acqua:«La nostra regola ci vieta di trasportare denaro».

I BESTIARI

Nella produzione letteraria diLeonardo si trovano pure

diversi bestiari, vale a dire dei brevitesti che, attraverso l’osservazionedegli animali, propongono una«morale» per gli uomini. Ecconequalche esempio.

ALLEGREZZA. L’allegrezza è appro-piata al gallo, che d’ogni piccolacosa si rallegra e canta con vari escherzanti movimenti.

TRISTEZZA. La tristezza s’assomigliaal corbo, il quale, quando vede i suanati figlioli esser bianchi, che per logrande dolore si parte, con tristorammarichio gli abbandona, e nongli pasce insino che non gli vedealquante poche penne nere.

PRUDENZIA. La formica, per natura-le consiglio, provvede la state per loverno, uccidendo le raccolte semen-za, perché non rinaschino; e diquelle al tempo si pascono.

FALSITÀ. La volpe, quando vedealcuna torma di sgazze o taccole osimili uccelli, subito si gitta in terrain modo, colla bocca aperta, che parmorta; e essi occelli le voglian bec-care la lingua, e essa gli piglia latesta.

GOLA. L’avoltore è tanto sottopostoalla gola che andrebbe mille migliaper mangiare d’una carogna e perquesto seguita li eserciti.

COCCODRILLO: IPOCRISIA. Questoanimale piglia l’omo e subito l’ucci-de. Poi che l’ha morto, con lamente-vole voce e molte lacrime lo piange,e finito il lamento, crudelmente lodivora.

Così fa l’ipocrito che per ogni lievecosa s’empie il viso di lacrime,mostrando un cor di tigro, e ralle-grasi nel core dell’altrui male conpiatoso volto.

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Tra i tanti studi, Leonardo si occu-pò anche di botanica e, in que-st’ambito, osservò minuziosamen-te gli alberi e le loro ramificazioni.Secondo alcune fonti, è stato ilprimo a stimare gli anni degli albe-ri contando i cerchi dei tronchi.Come spesso succedeva, anche daqueste osservazioni scientificheLeonardo ricavò alcune novelle.

IL CEDRO AMBIZIOSO

Avendo il cedro desiderio di fareuno bello e grande frutto in nellasommità di sé, lo mise a seguizionecon tutte le forze del suo omore, ilquale frutto, cresciuto, fu cagione difare declinare la elevata e dirittacima.

IL PESCO INVIDIOSO

Il persico, avendo invidia alla granquantità de’ frutti visti fare al nocesuo vicino, diliberato fare il simile,si caricò de’ sua in modo tale, che ’lpeso di detti frutti lo tirò diradicatoe rotto alla piana terra.

IL NOCE E I VIANDANTI

Il noce mostrando sopra una stradaai viandanti la ricchezza de’ suafrutti, ogni omo lo lapidava.

IL FICO

Il fico stando sanza frutti nessunolo riguardava; volendo, col fare essifrutti, essere laldato da li omini, fuda quelli piegato e rotto.

IL FICO E L’OLMO

Stando il fico vicino all'olmo, eriguardando i sua rami esseresanza frutti, e avere ardimento ditenere il sole a’ sua acerbi fichi, conrampogne gli disse: «O olmo, nonhai tu vergogna a starmi dinanzi?Ma aspetta che i mia figlioli sieno inmatura età, e vedrai dove ti trove-rai». I quali figlioli poi maturati, capi-tandovi una squadra di soldati, fuda quelli, per torre i sua fichi, tuttolacerato e diramato e rotto. Il qualestando poi così storpiato delle suemembra, l’olmo lo dimandò dicen-do: «O fico, quanto era il meglio astare sanza figlioli, che per quellivenire in sì miserabile stato».

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Leonardo ci ha lasciato migliaiadi disegni di macchine: dalle

macchine per volare a quelle perlavorare, dalle macchine da guerraai ponti militari. Alcune non sonodi sua invenzione, ma soltantoschizzi di macchine osservate neicantieri o nelle botteghe, ma, ingran parte, sono invenzioni origi-nali. Di alcune non conosciamo loscopo e possiamo solo fare ipotesi,mentre per altre lo stesso Leonar-do ci ha lasciato accurate descri-zioni del funzionamento.Non bisogna credere, però, chefino ai suoi studi, alle sue osserva-zioni o alle sue scoperte non fossesuccesso nulla e gli uomini fosserofermi all’età della pietra, o pocopiù. Per fare qualche esempio:Leonardo fu anche un grandearchitetto. Conosciamo, almenoper sentito dire, quella fortezzachiamata rivellino; ma nei suoidisegni troviamo anche altrecostruzioni.

Però, tanto per citare un caso, que-sta cattedrale è del 1225, cioè dioltre 200 anni prima di Leonar-do:è facile capire che per edificare unacattedrale come questa ci voglionodelle conoscenze tecniche appro-fondite.

Cattedrale di Beauvais, Francia. Inizio dei lavori: 1225

Lampi di genio: Leonardo inventore e scienziato

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La scienza, insomma, non nacque con Leonardo. Nel 1088 era stata fonda-ta la prima università europea (Bologna) e prima che nascesse Leonardo leuniversità erano già una quindicina. I mulini mossi da ruote, per fare unaltro esempio, esistevano già verso l’800, mentre i primi mulini a ventorisalgono più o meno al 1200. Per non parlare di un’altra grandissimainvenzione, la stampa a caratteri mobili, dovuta da Johann Gutenbergverso il 1450.È indubbio che Leonardo fu uno scienziato curioso, fantasioso, abile, eclet-tico. I suoi interessi e le sue idee si concentravano in tanti campi moltodiversi tra loro. Come scienziato si occupò di alchimia, antenata della chi-mica, di geologia (fu tra i primi a capire cosa fossero i fossili), di astrono-mia, di botanica, e di tante altre scienze abbastanza complicate.Leonardo inventore non è da meno. Le sue creazioni vanno dalle macchi-ne da guerra a quelle per volare, dalle macchine per faticare meno — carrie carretti, gru, sollevatori, carriole — a macchine idrauliche e marittime —lo scafandro del palombaro, i galleggianti per camminare sull’acqua, ilponte a costruzione rapida, la barca con spinta a ruote. Anche strumentimusicali, come il tamburo meccanico… E una specie di robot, un’armatu-ra che si muoveva «da sola» e suonava il tamburo (vedi a pagina 8).

Alcune invenzioni furono realizza-te già a quei tempi, o poco dopo.Altre, invece, impiegarono un po’più di anni prima di diventarerealtà. È il caso degli strumenti pervolare. Leonardo ha lasciato moltiscritti e disegni a questo proposito.Le sue osservazioni del volo degliuccelli gli servirono per progettarele prime macchine volanti.

Ma bisognerà attendere quasi tre-cento anni per vedere un aliantelibrarsi in volo, col suo inventore,Otto Lilienthal, che, nel 1891, silancerà da un’altura. Come si puòvedere dall’immagine, il suo alian-te assomiglia molto ai progetti diLeonardo: ma ci sarebbero volutimolti altri studi prima che il sognopotesse diventare realtà.

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Piazzaparola a Locarno / venerdì 12 settembre 2014

«la cosa immaginata move il senso»

Alla scoperta di Leonardo da Vinciattraverso quattro stazioni e una festa in comune

di Silvia Demartini e Adolfo Tomasini

Alle 9, alle 10, alle 11 e alle 13.15

Le favole e le leggende: Chi poco pensa molto erra.Di Silvia Demartini e Adolfo Tomasini,con David M. Zurbuchen e Feliciana Fiscalini-Tocchetto.Biblioteca cantonale di Locarno.

La scienza e le invenzioni: Nessun effetto è in natura sanza ragione; inten-di la ragione e non ti bisogna sperienza.A cura del Giardino della scienza di Giorgio Häusermann.Corte interna del castello visconteo.

I capolavori dell’arte: Ogni nostra cognizione prencipia da sentimenti.A cura di Fiorenza Wiedmann.Casorella.

I bestiari e la musica: Chi asino è e cerbio esser si crede...Con l’organista Giovanni Galfetti e la soprano Elena Revelant.Chiesa Nuova.

Alle 14.15Leonardo, ma che faccia! — Alla scoperta della fisiognomica,spettacolo interattivo a cura di Luca Botturi, Michele Mainardi e SilviaDemartini, in collaborazione con l’atelier burattini di Dario Bianchi, LuisaFigini e Ava Loiacono Husain, e con la partecipazione delle studentesse delIII anno bachelor SUPSI in Insegnamento nella scuola dell’infanzia.Dipartimento formazione e apprendimento.

Piazzaparola è una manifestazione chenasce dalla Dante Alighieri di [email protected]: piazzaparola

In copertina:Annunciazione, Leonardo da Vinci, 1472(dettaglio)

Centro NauticoDi DomenicoLago Maggiore

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