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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale
Scuola di Specializzazione in Neurologia
Direttore Prof. Ubaldo Bonuccelli
Tesi di Laurea
Allodinia e fattori scatenanti nell’emicrania.
Relatore:
Prof. Ubaldo Bonuccelli
Candidato:
Martina Cafalli
Anno Accademico 2013-2014
2
INDICE
RIASSUNTO…………………………………….. 3-10
LISTA ABBREVIAZIONI……………...……… 11-12
INTRODUZIONE……………………………… 13-74
• Aspetti generali dell’emicrania….............. 13-19
• Epidemiologia e costi dell’emicrania……. 19-22
• Comorbilità dell’emicrania………………. 22-31
• Fattori scatenanti ed emicrania…………... 32-42
• Allodinia ed emicrania…………………... 43-52
• Patogenesi dell’emicrania……………….. 52-73
• Obiettivi dello studio…………………...... 73-74
MATERIALI E METODI……………………….75-80
RISULTATI…………………………...……...… 81-88
DISCUSSIONE…………………………..…… 89-104
BIBLIOGRAFIA…………………………..… 105-121
TABELLE………………………………….... 122-125
FIGURE…………………………………..….. 126-130
APPENDICI…………………………………. 131-136
3
RIASSUNTO
Secondo i criteri diagnostici dell’International Classification of
Headache Disorders 3rd Edition, si definisce emicrania senza aura
un disturbo cefalalgico ricorrente con attacchi della durata di 4-
72 ore, caratterizzati da dolore a localizzazione unilaterale, di
qualità pulsante, intensità moderata o forte, peggiorato da attività
fisica di routine e associato a nausea e/o fotofobia e/o fonofobia.
L’emicrania con aura viene definita come un disturbo ricorrente
che si manifesta con attacchi caratterizzati da sintomi neurologici
focali che si sviluppano gradualmente nell’arco di 5- 20 minuti e
durano meno di un’ora, generalmente seguiti da dolore. Secondo
recenti studi, alla base della genesi dell’ attacco emicranico vi
sarebbe un qualche fattore scatenante in grado di agire da innesco.
È verosimile che una serie di fattori esogeni o endogeni, sia da
soli, che in combinazione, possano indurre gli attacchi cefalalgici
andando ad agire su un substrato costituzionale di instabilità del
controllo del dolore.
4
L’allodinia cutanea, ovvero la percezione di dolore a seguito di
stimolazioni non algogene, è presente comunemente in chi soffre
di emicrania, ed è considerata espressione clinica della
sensibilizzazione centrale del sistema trigeminovascolare, vale a
dire una maggiore eccitabilità dei neuroni trigeminali di secondo
e terzo ordine in risposta all’attivazione dei nocicettori meningei.
Tale fenomeno sembra essere il risultato dell’influenza sia delle
afferenze nocicettive che della modulazione di quest’ultime da
parte di strutture spinali e sopraspinali.
L’allodinia viene inoltre considerata un importante fattore di
rischio per la cronicizzazione emicranica. Durante il processo di
trasformazione dell’emicrania l’aumento della frequenza degli
attacchi (progressione clinica) è accompagnato dai fenomeni di
sensibilizzazione centrale alla base della sintomatologia
allodinica (progressione fisiologica) e da possibili lesioni simil-
infartuali profonde a livello della sostanza bianca (progressione
anatomica).
5
L’obiettivo di questa tesi è di determinare se la presenza di
allodinia ictale (cioè come sintomo durante l’attacco emicranico)
renda i pazienti più suscettibili ai fattori scatenanti.
Lo studio è stato eseguito in ambito ambulatoriale, dove 120
pazienti sono stati valutati da uno specialista neurologo, che ha
posto diagnosi di emicrania senza aura e/o di emicrania con aura,
seguendo i criteri diagnostici dell’ICHD-III.
Sono stati esclusi pazienti in cui l’emicrania era insorta meno di
sei mesi prima dell’inizio dello studio, pazienti in terapia
profilattica antiemicranica, e pazienti in cui era presente
comorbilità con altre cefalee primarie o con cefalea da abuso di
farmaci sintomatici.
Ogni paziente è stato interrogato seguendo un questionario
strutturato che include caratteristiche demografiche, durata della
storia clinica di emicrania, durata degli attacchi e loro frequenza,
intensità, caratteristiche e localizzazione del dolore, eventuali
sintomi associati (nausea e/o vomito, fonofobia e fotofobia).
6
La presenza di sintomi di tipo depressivo e ansioso è stata
valutata in ogni paziente usando due brevi questionari auto-
somministrati: il Generalized Anxiety Disorder 7- item scale
(GAD-7) per valutare i sintomi di ansia, e il Patient Health
Questionnaire 9-item scale (PHQ-9) per valutare i sintomi
depressivi.
Per quanto riguarda i fattori scatenanti l’emicrania, i pazienti
hanno prima riferito autonomamente quelli notati, poi è stato
chiesto loro di sceglierli da una lista contenente quelli più
comunemente riportati in letteratura. All’interno del nostro
campione, il 72,5% dei pazienti ha spontaneamente riferito
almeno un fattore scatenante i propri attacchi emicranici, mentre
tutti i pazienti ne hanno individuato almeno uno appena presa
visione della lista.
L’allodinia ictale è stata valutata con l’Allodynia Symptoms
Check-list 2 (ASC-12), questionario strutturato in 12 domande.
Si definiscono allodinici i pazienti con punteggi superiori a 2. In
particolare, si ha allodinia di grado lieve per punteggi compresi
7
tra 3 e 5, allodinia moderata per punteggi compresi tra 6 e 8 e,
infine, allodinia grave per punteggi superiori a 8.
I fattori scatenanti identificati correlano positivamente con il
punteggio ASC-12 (ρs 0,33; P < 0,01).
L’analisi di regressione logistica è stata applicata al modello per
stabilire l’influenza di ciascuna variabile nel determinare la
probabilità di riscontrare nei pazienti emicranici un numero di
fattori scatenanti>7 (essendo 7 il valore medio di fattori
scatenanti nella popolazione in studio). Le variabili considerate
sono sesso, diagnosi, BMI, allodinia, durata della storia clinica di
emicrania, frequenza degli attacchi, punteggio PHQ-9 e
punteggio GAD-7,
Solo l’allodinia come singola variabile indipendente rendeva un
contributo statistico significativo unico al modello, e in
particolare, i pazienti con allodinia moderata/grave hanno un
odds ratio di 2,8 di riferire un numero di fattori scatenanti
superiore a 7 rispetto ai pazienti non allodinici o con allodinia
lieve.
8
Nessuno ha finora valutato insieme allodinia e fattori scatenanti,
e sulla base dei nostri risultati, suggeriamo una correlazione
positiva tra allodinia e fattori scatenanti. In particolare,
ipotizziamo che la presenza di sintomatologia allodinica possa
abbassare la soglia di suscettibilità ai fattori scatenanti e, d’altra
parte, che la ripetuta azione dei fattori scatenanti possa favorire la
sensibilizzazione centrale del sistema trigeminovascolare,
espressa clinicamente dalla presenza di allodinia cutanea.
Una più attenta analisi della relazione tra fattori scatenanti e
allodinia, oltre che la loro individuazione, può contribuire a
migliorare la gestione clinica dei pazienti emicranici, per
esempio suggerendo norme igienico-comportamentali volte a
ridurre il più possibile l’esposizione ai fattori scatenanti.
9
LISTA DELLE PRINCIPALI ABBREVIAZIONI
5HT= 5 IdrossiTriptamina
AMPA= α-Amino-3-Idrossi-5-Metilisoxazolo-4-Propinato
ASC-12= Allodynia Symptoms Check-list
BMI= Body Mass Index
CGRP= Calcitonine Gene Related Peptide
CSD= Cortical Spreading Depression
DOC= Disturbo Ossessivo-Compulsivo
DSM-IV= Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders
FHM= Familial Hemiplegic Migraine
GAD= Generalized Anxiety Disorder
GAD-7= Generalized Anxiety Disorder 7-Item Scale
ICHD= International Classification of Headache Disorders
IHS= International Headache Society
LC= Locus Coeruleus
NMDA= N-Metil-D-Aspartato
NO= Ossido Nitrico
10
PAG= Grigio Periacqueduttale
PHQ-9= Patient Health Questionnaire 9-Item Scale
QST= Quantitative Sensory Testing
RVM= Midollo Rostrale Ventromediale
TTH= Tension-Type Headache
11
INTRODUZIONE
Aspetti generali dell’emicrania
Secondo i criteri diagnostici dell’ICHD-III (International
Classification of Headache Disorders 3rd Edition; vedi Appendice
1) si definisce emicrania senza aura un disturbo cefalalgico
ricorrente con attacchi della durata di 4-72 ore. Gli attacchi sono
tipicamente caratterizzati da dolore a localizzazione unilaterale,
di qualità pulsante, di intensità moderata o forte, peggiorato da
attività fisica di routine e associato a nausea e/o fotofobia e/o
fonofobia.
L’emicrania con aura o emicrania classica, viene definita come
un disturbo ricorrente che si manifesta con attacchi caratterizzati
da sintomi neurologici focali che si sviluppano gradualmente
nell’arco di 5- 20 minuti e durano meno di un’ora. La cefalea,
con caratteristiche emicraniche, segue i sintomi dell’aura.
Talvolta, la cefalea non ha le caratteristiche del dolore
emicranico, e in alcuni casi può anche essere assente.
L’aura tipica è rappresentata da sintomi visivi e/o sensitivi e/o
12
del linguaggio. Lo sviluppo graduale, la durata non superiore a
un’ora, la presenza di sintomi positivi e negativi e la completa
reversibilità sono le caratteristiche che identificano l’aura
associata a cefalea.
La diagnosi di emicrania è clinica in accordo con i suddetti criteri
dell’IHS (International Headache Society). Nel caso in cui la
cefalea non soddisfi completamente tutti i criteri richiesti, oppure
ci siano elementi che facciano supporre una natura secondaria,
come ad esempio insorgenza in età avanzata, elevata frequenza
fin dall’esordio e presenza di aura prolungata oltre un’ora,
diventa fondamentale l’impiego delle neuroimmagini per un
corretto inquadramento diagnostico.
Viene considerata una complicanza dell’emicrania episodica la
sua cronicizzazione; per emicrania cronica si intende una cefalea
di tipo emicranico che si manifesta per almeno 15 giorni/mese da
più di 3 mesi, in pazienti con storia clinica di emicrania episodica
e in assenza di uso eccessivo di farmaci sintomatici. Con
l’evoluzione verso la cronicizzazione del disturbo, la cefalea
13
tende a perdere le caratteristiche tipiche della forma episodica,
potendo assumere anche caratteristiche proprie di altre cefalee
primarie. L’emicrania cronica ha un forte impatto negativo sulla
qualità di vita dei pazienti, con compromissione del rendimento e
della partecipazione ad attività sociali e lavorative. La
progressione verso la forma cronica avviene ogni anno in circa il
2,5% dei pazienti con emicrania episodica (Bigal et al., 2008),
con una prevalenza pari all’1,3% nel sesso femminile e allo 0,5%
in quello maschile (Lipton et al., 2007; Reed et al., 2011).
Poiché non in tutti i casi di emicrania episodica si ha la
cronicizzazione del disturbo, è importante individuare i pazienti a
più alto rischio. I fattori di rischio per la trasformazione
emicranica possono essere distinti in non modificabili o
difficilmente modificabili (sesso, età, basso status
socioeconomico e scarso livello culturale), e modificabili
(obesità, depressione, abuso di farmaci, presenza di
sintomatologia allodinica e suscettibilità ad un alto numero di
fattori scatenanti). Il legame tra obesità ed emicrania ad alta
14
frequenza è ben noto (Lipton et al.,2009). La prevalenza
dell’emicrania cronica nella popolazione generale normopeso è
di circa lo 0,9%, mentre sale all’1,6% negli individui obesi e al
2,5% in quelli con obesità patologica (Bigal et al., 2006). La
presenza di disturbi dell’umore o di disturbi d’ansia comporta un
aumento sia del rischio di sviluppare emicrania episodica, che del
rischio di trasformazione di quest’ultima (Vargas et al., 2009).
L’allodinia cutanea, vale a dire la percezione di dolore a seguito
di stimolazioni di norma non algogene, è presente in circa l’80%
della popolazione emicranica (Burstein et al., 2000; Burstein et
al., 2004), ed è considerata un importante fattore di rischio di
cronicizzazione (Bigal et al., 2008). Durante il processo di
trasformazione dell’emicrania l’aumento della frequenza degli
attacchi (progressione clinica) è accompagnato da fenomeni di
sensibilizzazione centrale, la cui espressione clinica è appunto
l’allodinia (progressione fisiologica), e da possibili lesioni simil-
infartuali profonde a livello della sostanza bianca (progressione
anatomica) (Guven et al., 2012).
15
Con la definizione di “fattori scatenanti l’emicrania”, si intende
tutta una serie di fattori esogeni o endogeni, che sia da soli, sia in
combinazione, possono indurre cefalea di tipo emicranico
andando ad agire su un substrato di instabilità del controllo del
dolore da parte delle strutture intracraniche, tipico dei pazienti
emicranici (Lance et al.1999). Una stimolazione ripetitiva da
parte di tali fattori può facilitare l’incremento della frequenza
degli attacchi cefalalgici grazie a fenomeni di sensibilizzazione
sia periferica, a livello dei nocicettori meningei, sia centrale,
nelle strutture coinvolte nell’elaborazione degli stimoli
nocicettivi (Burstein 2009).
La causa di cronicizzazione emicranica di più frequente
osservazione clinica è l’abuso di farmaci sintomatici. Per poter
applicare la definizione di emicrania da uso eccessivo di
analgesici è necessaria l’assunzione di analgesici comuni per
almeno 15 volte al mese da almeno 3 mesi, mentre per
l’emicrania da abuso di triptani è sufficiente una assunzione di
qualsiasi formulazione di triptani per almeno 10 volte al mese da
16
almeno 3 mesi. L’uso del farmaco deve avvenire non solo
frequentemente, ma anche regolarmente, cioè in più giorni per
ogni settimana. Giorni di trattamento continuativi seguiti da
lunghi periodi senza l’assunzione del farmaco hanno, infatti,
minori probabilità di causare cefalea da uso eccessivo di
sintomatici.
L’identificazione dei fattori di rischio e l’adozione di norme
igienico-comportamentali volte a ridurre la loro influenza sono
misure importanti non solo per diminuire il rischio di
trasformazione emicranica, ma anche per aumentare il successo
delle terapie profilattiche e sintomatiche, e garantire quindi al
paziente una migliore qualità di vita (Bigal et al., 2006).
Epidemiologia e costi dell’emicrania
L’emicrania è una delle malattie neurologiche più comuni nella
pratica clinica, con importanti ripercussioni individuali e sociali.
La prevalenza dell’emicrania è di circa il 6% nel sesso maschile e
di circa il 18% in quello femminile; la prevalenza in funzione
17
dell’età è maggiore tra i 25 e i 55 anni, con un picco intorno ai
20-45 anni. Dopo i 70 anni la prevalenza è del 7-9% nelle donne
e del 3-4% negli uomini (Lipton et al. 2001).
L’Organizzazione Mondiale della Sanità colloca l’emicrania al
settimo posto tra le principali cause di disabilità nel mondo, e al
terzo posto considerando il solo sesso femminile (WHO, Atlas of
Headache Disorders and Resources in the World 2011).
L’esordio può avvenire durante l’infanzia, ma più comunemente
si ha in età adolescenziale; nell’80% dei pazienti si manifesta
entro la terza decade di vita.
Nei casi a esordio prepubere l’emicrania colpisce maggiormente
gli individui di sesso maschile. Il picco di incidenza
dell’emicrania senza aura è, infatti, intorno ai 12 anni nei maschi,
e intorno ai 15 anni nelle femmine (Lipton et al. 2001).
Fondamentale per un corretto inquadramento clinico
dell’emicrania è la valutazione della sua frequenza, cioè il
numero medio di attacchi o di giorni con cefalea in un
determinato periodo di tempo (generalmente viene considerata la
18
frequenza mensile dei 3 mesi più recenti). Studi generali di
popolazione stimano che, per la maggior parte dei pazienti
emicranici, la frequenza media di attacchi cefalalgici sia di circa
uno al mese (Rasmussen et al., 1991).
Frequenze elevate condizionano fortemente la qualità di vita dei
pazienti, con riduzione della partecipazione ad attività familiari e
sociali.
Importanti anche le implicazioni in ambito socio-economico, con
elevati costi diretti e indiretti. I primi sono rappresentati dalle
risorse impiegate in visite mediche e specialistiche, farmaci, test
strumentali e di laboratorio, ricoveri in ospedale, mentre i costi
indiretti sono calcolati considerando la perdita di giorni lavorativi
e la riduzione del rendimento nelle attività professionali dovute
all’emicrania.
Linde e collaboratori hanno stimato che in Europa il costo totale
medio annuale pro-capite per l’emicrania è di circa 1222€. I costi
indiretti rappresentano il 93% di tale somma, con una perdita di
765€ attribuibile alla riduzione di produttività e di 371€ per i
19
giorni di assenza dal lavoro (Linde et al., 2012).
Comorbilità dell’emicrania
I pazienti emicranici sono gravati da un maggior rischio di
sviluppare comorbilità di vario genere (Shuu-Jiun Wang et al.
“Comorbidities of migraine” 2010). È possibile distinguere tre
principali tipi di comorbilità: comorbilità con altre cefalee
primarie come cefalea tensiva e cefalea a grappolo; comorbilità
psichiatriche come depressione, disturbo bipolare e disturbi
d’ansia; comorbilità non psichiatriche. Tra queste ultime citiamo
le principali: malattia coronarica; malattia cerebrovascolare,
con rischio aumentato soprattutto nei soggetti giovani con
assenza o scarsità di altri fattori di rischio (Kurth et al., 2007;
Kurth et al., 2010); pervietà del forame ovale: tale associazione è
fonte di ampio interesse, in quanto si pensa che lo shunt destro-
sinistro che si viene a creare nei pazienti con forame pervio,
permetta il passaggio di microemboli che, localizzandosi a livello
del microcircolo cerebrale, possono provocare focale e transitoria
20
ischemia a sua volta in grado di scatenare l’attacco emicranico
(Dalkara et al., 2010); epilessia: studi epidemiologici dimostrano
un’associazione bidirezionale tra queste due malattie
neurologiche, con un aumento della prevalenza emicranica in
pazienti epilettici, e viceversa un aumento, in pazienti con
emicrania, della prevalenza di epilessia, con un valore medio del
6%, quindi ben superiore rispetto allo 0,5-1% della popolazione
generale (Leniger et al., 1999); asma bronchiale: studi
epidemiologici hanno evidenziato che pazienti asmatici hanno un
rischio aumentato di 1,5 volte di sviluppare emicrania o altre
cefalee primarie (Aamodt et al., 2007); obesità; disturbi
gastrointestinali quali morbo celiaco, malattia peptica e sindrome
del colon irritabile (Chen et al., 2012).
Comorbilità con altre cefalee primarie.
Cefalea di tipo tensivo. Il rapporto tra cefalea tensiva (TTH) e
emicrania è stato e continua ad essere oggetto di dibattito. Pur
essendo classificate dalla ICHD-II come entità ben distinte,
21
secondo alcuni autori queste due cefalee altro non sarebbero che i
due estremi di un continuum di gravità cefalalgica (Featherstone
et al., 1985; Rasmussen et al., 1992; Turkdogan et al., 2006). A
sostegno di tale ipotesi vi è il riscontro di caratteristiche tensive
in pazienti con emicrania, e viceversa. Il 61% di pazienti
emicranici riferisce episodi cefalalgici in cui la sintomatologia
dolorosa non è di tipo pulsante, mentre il 45% di pazienti con
TTH definisce pulsante il dolore sperimentato durante gli
attacchi (Turkdogan et al., 2006). Il dolore emicranico è riferito
bilaterale in circa il 38-50% dei casi, mentre nella cefalea di tipo
tensivo la bilateralità del dolore è presente solo nel 56% dei casi
(Turkdogan et al., 2006), con un 13% dei casi in cui viene
descritto come esclusivamente unilaterale (D’Amico et al., 1994).
Cefalea a grappolo. Emicrania e cefalea a grappolo presentano
elementi comuni, e possono entrambe presentarsi nello stesso
paziente. In particolar modo, pazienti con cefalea a grappolo
possono riferire i sintomi tipici dell’aura emicranica di tipo
visivo, e pazienti con lunga storia clinica di emicrania possono
22
sperimentare un tipico attacco di cefalea a grappolo (Peatfield,
2001).
Comorbilità psichiatriche Le principali comorbilità psichiatriche
dell’emicrania, quali la depressione maggiore e i disturbi d’ansia,
incidono notevolmente sulla qualità della vita dei pazienti, e la
loro presenza rappresenta anche un fattore di rischio di
cronicizzazione dell’emicrania stessa (Lipton RB, 2009).
Sintomi di tipo depressivo o ansioso possono essere riscontrati
anche in pazienti emicranici che non soddisfano a pieno i criteri
DSM-IV per la diagnosi di depressione maggiore o di disturbi
d’ansia.
Disturbi dell’umore.
Depressione. L’associazione tra emicrania e depressione
maggiore è bidirezionale, come dimostrato da Breslau et al. in
uno studio longitudinale di popolazione durato due anni. Tale
studio mostra come i soggetti con depressione abbiano un rischio
aumentato di emicrania (OR 3.4; 1.4-8.7), e come viceversa i
23
soggetti con emicrania abbiano un più forte rischio di
depressione (OR 2.7; 0.9-8.1) (Breslau et al. 2003).
Disturbo bipolare. Il disturbo bipolare si associa frequentemente
all’emicrania, soprattutto a quella con aura; pazienti con
emicrania con aura presentano una frequenza doppia di disturbo
dell’umore di tipo bipolare rispetto ai controlli non emicranici
(Breslau et al. 1991). Nei casi in cui è presente tale comorbilità il
disturbo bipolare è frequentemente di tipo II, e si associa più
spesso a sintomi depressivi atipici, con aumento del rischio di
suicidio anche se la sintomatologia depressiva è ben controllata
(Ortiz et al. 2010). In generale, un aumento dell’ideazione
suicidaria e del rischio di suicidio è stato osservato in pazienti
con storia clinica di emicrania con aura (Breslau et al. 1992), e
validato anche dopo correzione per disturbo depressivo maggiore.
Abuso di sostanze. Breslau e collaboratori hanno descritto in
pazienti emicranici un aumento del rischio di dipendenza da alcol,
nicotina e sostanze illecite (Breslau et al., 1991). Tali
osservazioni non sono state replicate in studi successivi (Jette et
24
al., 2008; Antonaci et al. 2011). Nei pazienti emicranici
l’esistenza e la familiarità per dipendenza da sostanze lecite,
quali ad esempio alcol o tabacco, rappresentano fattori di rischio
per lo sviluppo di emicrania da abuso di farmaci sintomatici
(Radat et al., 2005). Circa due terzi dei pazienti con emicrania da
abuso di farmaci rispettano i criteri del DSM-IV per il consumo
compulsivo di sostanze, rappresentate in questo caso dai farmaci
antiemicranici sintomatici (Radat et al., 2008; Fuh et al., 2005).
Disturbi d’ansia. I pazienti emicranici presentano un rischio
relativo 2-3 volte aumentato di avere in comorbilità un disturbo
d’ansia (Saunders et al., 2008).
Il disturbo d’ansia generalizzato (GAD) è presente nel 9,1% degli
emicranici, contro il 2.5% della popolazione non emicranica
(OR=5.3) (McWilliams et al., 2004).
Un’associazione positiva è stata descritta anche per l’agorafobia,
la fobia sociale (Merikangas et al., 1990) e il disturbo post-
traumatico da stress (Peterlin et al., 2011).
Disturbo da attacchi di panico. Il rapporto tra emicrania e
25
disturbo da attacchi di panico è particolarmente degno di nota per
le caratteristiche a comune tra le due patologie (Breslau et al.,
2001). Entrambi sono disturbi cronici con manifestazioni
episodiche, altamente invalidanti sia nel momento dell’attacco
che nel periodo interictale, durante il quale il paziente può
manifestare fenomeni di ansia anticipatoria e di evitamento. Il
rischio relativo di avere attacchi di panico è 3-4 volte maggiore
nei pazienti emicranici rispetto alla popolazione sana. La
prevalenza del disturbo da attacchi di panico negli emicranici è
del 5-17% ma sale fino al 25-30% nelle forme di emicrania
cronica e trasformata (Smitherman et al., 2013).
La relazione tra i due disturbi è inoltre biunivoca, infatti studi
recenti hanno dimostrato che il 60% dei pazienti con attacchi di
panico presenta cefalea con caratteristiche emicraniche (Yamada
et al., 2011).
Disturbo ossessivo-compulsivo. Pazienti con emicrania cronica
con abuso di farmaci hanno un rischio cinque volte superiore
rispetto alla popolazione sana di sviluppare un disturbo
26
ossessivo-compulsivo (DOC) (Baskin et al., 2006).
Secondo uno studio di popolazione su 1957 pazienti emicranici,
nel 19% dei casi si ha compresenza del disturbo d’ansia e
dell’umore, contro un 3,5% con sola depressione e un 28% con
solo disturbo d’ansia (Lantéri-Minet et al. 2005).
Tra l’emicrania e le comorbilità psichiatriche è possibile che
esista una relazione temporale ben precisa, con il disturbo
ansioso di solito precedente l’inizio della sintomatologia
emicranica, che a sua volta precede il disturbo depressivo
(Swartz et al., 2000; Antonaci et al., 2011).
I possibili meccanismi patogenetici in comune tra emicrania e
disordini psichiatrici non sono ancora noti, ma la spiegazione più
accreditata è quella che vede alla base di tali disturbi una
disregolazione del sistema serotoninergico (Hamel, 2007). La
maggior incidenza di emicrania e di disordini affettivi nel sesso
femminile in età fertile può essere ricondotta alla down-
regulation del sistema serotoninergico che si ha durante la fase
27
luteinica del ciclo ovarico, a seguito della caduta dei livelli di
estrogeni (Martin e Behbehani, 2006).
Fattori scatenanti ed emicrania
Secondo una recente teoria, alla base della genesi di ogni attacco
emicranico vi sarebbe un qualche fattore scatenante ad agire da
innesco (Chakravarty, 2010; Mulleners et al., 2009). I fattori
scatenanti l’emicrania, detti anche triggers emicranici, sono
definiti come quei fattori che da soli o in combinazione possono
generare un attacco di cefalea (Zagami et al., 2006). La maggior
parte degli attacchi emicranici, se non tutti, sarebbe quindi
causata da una serie di fattori esogeni o endogeni, in grado di
indurre cefalea andando ad agire su un substrato, costituzionale
nei pazienti emicranici, di instabilità del controllo del dolore da
parte delle strutture intracraniche (Lance et al.1999). Identificare
i fattori scatenanti o precipitanti è una strategia di base nel
trattamento dell’emicrania e soprattutto nella prevenzione. È
opportuno spiegare con chiarezza ai pazienti quali sono e come
28
agiscono tali fattori, in modo tale che possano imparare ad
evitarli per quanto possibile. L’evitamento completo, data la
numerosità e la varietà dei fattori scatenanti, è comunque di
difficile attuazione, e anzi, tale condotta può divenire a sua volta
fonte di stress per il paziente, e quindi influire negativamente
sulla sintomatologia emicranica. Un approccio più razionale
potrebbe dunque essere quello di insegnare ai pazienti come
convivere con i fattori scatenanti, mettendo in atto strategie di
adattamento volte a ridurre nel tempo la loro influenza (Martin,
2010).
Quasi la totalità dei pazienti emicranici sa identificare almeno un
fattore precipitante il proprio mal di testa se ciò viene
adeguatamente investigato con l’aiuto di un diario o di
questionari (Martin, 2010).
La presenza di fattori scatenanti è risultata associata con: sesso
femminile, storia clinica di emicrania di lunga durata e elevata
frequenza di attacchi (Zagami et al., 2006)
Il meccanismo con cui i fattori scatenanti causano l’attacco
29
emicranico non è ancora conosciuto, ma diverse ipotesi sono
state formulate al riguardo. La prima ipotesi è che i fattori
scatenanti agiscano direttamente a livello meningeo sui
nocicettori o strutture ad essi collegate, attivando così il sistema
trigemino vascolare (vedi patogenesi emicrania). Di particolare
interesse è il fatto che alcuni dei fattori scatenanti, come lo stress,
gli steroidi ovarici, e alcuni alimenti, sono effettivamente in
grado di promuovere il rilascio di mediatori infiammatori in
grado di attivare i nocicettori meningei (Zhang et al., 2007).
Secondo un’altra ipotesi i fattori scatenanti, in particolar modo lo
stress, il digiuno e l’affaticamento, provocherebbero gli attacchi
cefalalgici attivando distinti ma convergenti circuiti neuronali
che originano in diversi centri cerebrali, tra cui: ipotalamo
laterale e nucleo perifornicale che si attivano in risposta alla
deprivazione di sonno e al digiuno; nucleo del letto della stria
terminale e il nucleo paraventricolare dell’ipotalamo, coinvolti
nella regolazione delle risposte allo stress. Le efferenze da questi
nuclei convergono a livello del nucleo salivatorio superiore, che
30
proietta a sua volta al ganglio parasimpatico sfenopalatino, la cui
attivazione indiretta esita nel rilascio, mediato da fibre
parasimpatiche, di sostanze vasoattive e mediatori pro
infiammatori a livello meningeo in grado di attivare e mantenere
attivati i nocicettori (Yarnitsky et al., 2003). La presenza di un
ipertono parasimpatico durante gli attacchi emicranici, come
indicato da fenomeni quali congestione nasale, lacrimazione e
immediata riduzione del dolore dopo iniezione di lidocaina in
prossimità del ganglio sfenopalatino, supporta l’ipotesi sopra
descritta (Yarnitsky et al., 2003).
Un’ulteriore ipotesi suggerisce che i fattori scatenanti vadano ad
agire direttamente a livello corticale. I fattori scatenanti non
sarebbero altro che stimoli sensoriali che raggiungono la
corteccia attraverso le vie nervose convenzionali (luci, suoni,
odori, calore) o per via umorale attraverso la circolazione
sanguigna (ormoni, composti chimici derivanti da particolari cibi
e bevande). Una volta giunti a livello corticale, tali fattori
possono, in individui suscettibili, alterare l’attività di canali
31
ionici e indurre così il fenomeno della “cortical spreading
depression” (vedi patogenesi dell’emicrania) (Chakravarty et al.,
2009).
I fattori scatenanti più frequentemente descritti sono quelli
ormonali, ambientali, psicologici, nutrizionali e le modificazioni
del sonno.
Il principale fattore di tipo psicologico è sicuramente lo stress.
Dover affrontare situazioni stressanti o che generano sensazioni
di ansia o irritabilità, comporta un aumento del rischio di attacchi
emicranici (Wöber et al., 2007).
Tra i fattori nutrizionali è importante ricordare come l’emicrania
possa essere scatenata non solo dall’assunzione di determinati
cibi e bevande, ma anche dal digiuno per periodi prolungati di
tempo, pertanto i pazienti emicranici dovrebbero mangiare
seguendo orari regolari e soprattutto evitare di saltare pasti.
L’alcol, la cioccolata e i formaggi sono i principali alimenti
riconosciuti dai pazienti come precipitanti l’emicrania. Si
ipotizza che alla base della loro azione vi sia la liberazione di
32
amine biogene quali istamina, tiramina e feniletilamina
(Holzhammer e Wöber, 2006) o di nitriti e nitrati che
stimolerebbero la sintesi di ossido nitrico, che inizialmente
andrebbe a provocare alterazioni a carico del controllo del
compartimento cerebrovascolare, seguite poi da modificazioni
dei meccanismi di modulazione del dolore, e sintesi di IL-1 e IL-
6 e attivazione di mastociti e macrofagi a livello durale (Reuter et
al., 2001).
È stato evidenziato come anche il consumo eccessivo di caffeina
possa provocare emicrania: in soggetti con assunzione quotidiana
di 240 mg di caffeina, il rischio relativo di attacchi cefalalgici è
di 1,3 volte rispetto al controllo costituito da soggetti che non ne
assumono (Shirlow e Mathers, 1985). Oltre al consumo
eccessivo, anche interrompere l’assunzione di caffeina può
scatenare l’emicrania, come dimostrato in studi controllati con
placebo (Silverman et al., 1992).
Le variazioni dei livelli di estrogeni durante il normale ciclo
mestruale possono scatenare attacchi emicranici, influenzando
33
anche la loro durata e intensità. La prevalenza degli episodi
emicranici innescati dalle variazioni estrogeniche perimestruali è
del 6,1% (Couturier et al., 2003). Le pazienti in cui l’esordio
dell’emicrania avviene all’età del menarca sono più suscettibili
all’influenza ormonale rispetto alle pazienti in cui l’esordio è
avvenuto prima o dopo tale periodo. La riduzione dei livelli degli
estrogeni che si osserva nei giorni immediatamente precedenti la
mestruazione sembra essere il fattore che provoca gli attacchi
emicranici perimestruali, soprattutto nelle pazienti che soffrono
di emicrania senza aura. L’emicrania con aura sembra risentire in
misura minore delle variazioni ormonali, anche se è stato
osservato un suo peggioramento in occasione di aumenti dei
livelli di estrogeni, come ad esempio durante la gravidanza o con
terapie ormonali sostitutive (Stewart et al., 2000; Massiou e
MacGregor, 2000). Il calo estrogenico agisce riducendo il
rilascio di serotonina e l’espressione dei suoi recettori. A ciò
sembra associarsi un aumento dell’attività delle
monoaminossidasi. L’influenza dei contraccettivi orali
34
sull’emicrania è oggetto di discussione. Nel 18-50% delle
pazienti in terapia si assiste ad un peggioramento sia per quanto
riguarda la frequenza che la durata degli attacchi cefalalgici,
soprattutto nel periodo di interruzione del contraccettivo. Nel 3-
35% dei casi si ha invece un miglioramento della sintomatologia
emicranica, e nel 39-65% dei casi non si hanno variazioni
significative (Massiou e MacGregor, 2000). Le nuove
formulazioni, in cui è stata ridotta la dose dell’estrogeno,
sembrano avere minori effetti sulla sintomatologia emicranica.
La terapia sostitutiva ormonale rientra anch’essa tra i fattori che
possono scatenare e peggiorare l’emicrania (Facchinetti et al.,
2002; Aegidius et al., 2007).
L’emicrania può essere scatenata anche da variazioni climatiche
e meteorologiche, in particolare variazioni brusche di
temperatura e di pressione barometrica (Kelman, 2007).
Durante gli attacchi emicranici i pazienti lamentano
comunemente una maggiore sensibilità alla luce, ai suoni e agli
odori. Diversi studi hanno dimostrato che questa aumentata
35
sensibilità è presente anche nei periodi interictali (Vingen et al.,
1999), con un aumento del rischio di emicrania in presenza di
stimoli odorosi e visivi intensi (Kelman, 2004; Wöber et al.,
2007).
Un altro fattore che può scatenare e precipitare l’emicrania è
rappresentato dalle modificazioni qualitative e quantitative, sia in
eccesso che in difetto, del sonno. In uno studio epidemiologico
prospettico, i disturbi del sonno e la stanchezza sono stati
identificati come fattori scatenanti dall’80% dei pazienti
emicranici (Chabriat et al., 1999).
Molti pazienti lamentano attacchi emicranici durante i fine
settimana, riconducibili probabilmente alla riduzione dello stress
legato al lavoro (Morrison, 1990; Couturier et al., 1992), e alle
modificazioni delle abitudini di vita, come ad esempio la
riduzione del consumo di caffeina, l’eventuale assunzione
ricreativa di alcol e il cambiamento degli orari di sonno.
Un altro fattore frequentemente riconosciuto dai pazienti
emicranici, è rappresentato dai vizi posturali della testa e del
36
collo, presenti ad esempio in chi trascorre molte ore seduto col
capo chino per scrivere, leggere o lavorare al computer. In questi
casi i muscoli della schiena, delle spalle e del collo sono
sottoposti a contrazioni non fisiologiche che possono causare
l’attivazione di meccanismi nocicettivi a loro volta in grado di
attivare il sistema trigeminovascolare, dando quindi inizio
all’attacco emicranico (Kelman, 2004).
Sono descritti anche attacchi emicranici in relazione a sforzi
fisici e ad attività sportiva. La cefalea può iniziare sia durante la
fase attiva, sia contestualmente al periodo di rilassamento che
segue (Wöber et al., 2007).
Allodinia ed emicrania.
L’allodinia cutanea e in particolar modo l’allodinia facciale, vale
a dire la percezione di dolore a seguito di stimolazioni di norma
non algogene, è presente comunemente in chi soffre di emicrania
(Lipton et al., 2008; Bigal et al., 2008); si stima, infatti, che circa
l’80% della popolazione emicranica sperimenti sintomi allodinici
37
durante un attacco cefalalgico (Burstein et al., 2000; Burstein et
al., 2004).
Secondo criteri topografici l’allodinia si suddivide in allodinia
superficiale, evocata e avvertita a livello di cute e mucose, e
allodinia profonda, evocata e avvertita in tessuti profondi
somatici e viscerali.
L’allodinia superficiale può essere distinta in termica se
provocata dall’applicazione sulla cute di stimoli termici caldi o
freddi non algogeni, e meccanica, se conseguente
all’applicazione di stimoli meccanici non algogeni. In base alla
natura degli stimoli meccanici applicati, si classifica
ulteriormente l’allodinia meccanica in statica o dinamica.
L’allodinia è considerata espressione clinica della
sensibilizzazione centrale del sistema trigeminovascolare, a
carico dei neuroni di secondo ordine del nucleo trigeminale
caudale, che ricevono afferenze convergenti dalle strutture
sensitive della dura madre e dalla cute della regione periorbitale,
38
e dei neuroni di terzo ordine che dal talamo proiettano alla
corteccia cerebrale (Burstein et al. 2000; Mathew et al. 2004).
L’allodinia è più comune nel sesso femminile (74%) rispetto a
quello maschile (57%) (Lipton et al., 2008). Tale differenza tra i
due sessi può essere attribuita agli effetti degli steroidi ovarici
sulla modulazione centrale del dolore, infatti la sintomatologia
allodinica è più intensa durante la mestruazione, quando si ha il
calo dei livelli estrogenici con conseguente incremento
dell’attività di neuromodulatori eccitatori e riduzione della soglia
di percezione degli stimoli cutanei. Durante la fase luteale del
ciclo ovarico si ha invece la riduzione dei fenomeni allodinici,
come risultato degli effetti inibitori del progesterone sulle vie di
trasmissione e modulazione del dolore (Matos et al., 2011).
L’allodinia è inoltre più comune in pazienti con lunga storia
clinica di emicrania, specie se non sottoposti a nessun tipo di
terapia profilattica (Lipton et al., 2008). È possibile che attacchi
ripetuti di emicrania abbiano effetto cumulativo nell’indurre lo
sviluppo di fenomeni di sensibilizzazione centrale del sistema
39
trigeminovascolare. La soglia, superata la quale si ha lo sviluppo
di sensibilizzazione centrale, e quindi del dolore, è il risultato
dell’influenza sia delle afferenze nocicettive che della
modulazione di quest’ultime da parte di strutture spinali e
sopraspinali. Molte vie modulatorie sopraspinali convergono a
livello del grigio periacqueduttale (PAG) e del midollo rostrale
ventromediale (RVM) (Fields 1999). L’attivazione del PAG
durante gli attacchi emicranici provoca, da una parte,
l’attivazione di un gruppo neuronale del RVM responsabile dei
fenomeni di facilitazione della trasmissione nocicettiva, dall’altra,
l’inibizione di un altro gruppo neuronale del RVM che ha la
funzione di inibire la trasmissione degli stimoli dolorifici. Questo
processo sembra essere in grado di aumentare l’eccitabilità dei
neuroni trigeminali di secondo e terzo ordine in risposta
all’attivazione dei nocicettori meningei (Porreca et al., 2002).
L’allodinia viene considerata un importante fattore di rischio per
la cronicizzazione emicranica (Bigal et al., 2008). Durante il
processo di trasformazione dell’emicrania l’aumento della
40
frequenza degli attacchi (progressione clinica) è accompagnato
da fenomeni di sensibilizzazione centrale alla base della
sintomatologia allodinica (progressione fisiologica) e da possibili
lesioni simil-infartuali profonde a livello della sostanza bianca
(progressione anatomica) (Guven et al., 2012).
I pazienti emicranici allodinici sperimentano nausea, foto- e
fono- fobia con frequenza maggiore rispetto a quelli non
allodinici (Lipton et al., 2008; Guven et al., 2012). La nausea
durante gli attacchi emicranici sembra essere dovuta
all’attivazione di specifici neuroni del nucleo del tratto solitario
che ricevono afferenze dal nucleo caudale del trigemino. Tale
connessione può contribuire alla sensibilizzazione centrale del
nucleo trigeminale responsabile dell’allodinia (Ruggiero et al.,
2000). L’ipereccitabilità corticale e sottocorticale alla base dei
fenomeni di foto- e fono- fobia può anch’essa contribuire allo
sviluppo della sintomatologia allodinica (Ashkenazi et al., 2010).
La sintomatologia allodinica tende a ridursi con l’avanzare
dell’età, probabilmente a seguito della diminuzione della
41
frequenza degli attacchi emicranici in relazione all’età stessa
(Lipton et al., 2008).
Nei pazienti allodinici è stata descritta una possibile minore
efficacia della terapia sintomatica con triptani. Attualmente non è
chiaro se tale perdita di efficacia sia da attribuire all’aumento
della severità degli attacchi emicranici, oppure se la causa
primaria possa essere la comparsa della sintomatologia allodinica
(Lipton et al., 2008).
Anche la presenza di disturbi dell’umore e in particolare della
depressione maggiore in comorbilità con l’emicrania sembra
aumentare il rischio di sviluppare allodinia. La pars compacta
della sostanza nera e l’area tegmentale ventrale, aree su cui
agiscono farmaci antidepressivi quali fluoxetina, citalopram e
paroxetina, e quindi probabilmente coinvolte nella patogenesi
della depressione (Sekine et al., 2007), sono strettamente
correlate al nucleo caudale del trigemino, e eventuali reciproche
attivazioni possono causare fenomeni di sensibilizzazione
centrale e quindi allodinia (Bigal et al., 2008).
42
Il metodo migliore per la valutazione dell’allodinia cutanea è il
Quantitative Sensory Testing (QST), che però richiede speciali
apparecchiature, personale formato e buona compliance del
paziente, che deve sottoporsi al test sia durante l’attacco
cefalalgico, sia in condizione di benessere soggettivo (Güven et
al., 2012)
L’allodinia termica, mediata da fibre nervose nocicettive di tipo
C e da fibre Aδ, è testata con il QST misurando le soglie
nocicettive per stimoli termici caldi e freddi posti a livello
cutaneo: si ha allodinia se il dolore è evocato da stimoli termici
caldi <40°C e da stimoli termici freddi >20°C (Dyck, 2000) .
L’allodinia meccanica dinamica, mediata da fibre meccanocettive
di tipo Aβ viene misurata attraverso lo sfregamento della cute
con un batuffolo di cotone o con un pennello (Lipton et al. 2008),
mentre l’allodinia meccanica statica, mediata da fibre nocicettive
Aδ, viene testata usando i filamenti di Von Frey, bastoncini cui
sono collegati filamenti che variano di diametro e di consistenza.
L'esaminatore preme un filamento sulla superficie cutanea con la
43
forza necessaria per piegarlo. Conoscendo la quantità di forza
necessaria per flettere ogni singolo filamento ed applicando
filamenti di dimensioni diverse si può identificare la soglia di
percezione per lo stimolo meccanico statico nel distretto
corporeo esaminato (Lipton et al. 2008).
La validazione con QST di questionari ha reso più accessibile
l’indagine delle manifestazioni allodiniche nei pazienti
emicranici. Tra questi questionari uno dei più importanti è
l’Allodynia Symptoms Check-list 12 (ASC-12) (Appendice 2),
questionario strutturato in 12 domande che indagano la frequenza
dei 3 diversi tipi di allodinia durante l’attacco acuto di emicrania.
Il fattore termico nell’ASC-12 include: radersi la faccia, fare una
doccia o lavarsi il viso, posare la faccia o la testa su un cuscino,
esporsi a temperature elevate, esporsi a basse temperature.
L’allodinia meccanica dinamica viene indagata valutando fattori
quali pettinarsi o tirarsi indietro i capelli, mentre per quella
statica si considera: indossare occhiali, indossare lenti a contatto,
indossare collane, indossare orecchini e indossare abiti attillati.
44
Il paziente deve indicare se e quanto spesso avverte una
sensazione spiacevole o francamente dolorosa compiendo le
azioni sopra elencate, scegliendo tra le opzioni: mai, raramente,
meno della metà delle volte, più della metà delle volte. Si
assegna punteggio 0 alle opzioni mai e raramente, punteggio 1
all’opzione meno della metà delle volte, punteggio 2 all’opzione
metà o più delle volte. Un punteggio ≤ 2 indica che il paziente
non è allodinico; tra 3 e 5 corrisponde si ha allodinia lieve, tra 6 e
8 allodinia moderata, e > 8 allodinia grave (Lipton et al. 2008).
Patogenesi dell’emicrania.
Ipotesi e teorie generali.
I meccanismi fisiopatogenetici dell’emicrania non sono ancora
pienamente compresi. Di seguito le ipotesi principali.
La teoria vasogenica o vascolare, elaborata da Willis nel XVII
secolo e ripresa da Wolff negli anni ’30 del secolo scorso,
identifica la causa del dolore emicranico in variazioni del
diametro dei vasi cerebrali che, dilatandosi e costringendosi
45
ritmicamente, danno luogo al dolore tipicamente pulsante. A
favore di tale ipotesi vi sono appunto il carattere pulsante del
dolore e la sua attenuazione dopo compressione della carotide
comune (Buzzi et al., 2005).
Più recentemente Olsen e collaboratori hanno dimostrato in 11
pazienti con emicrania con aura, usando il metodo dell’inalazione
di xenon, una riduzione regionale del flusso ematico cerebrale
durante la fase algica. Tale riduzione è stata ritenuta sufficiente a
determinare i segni neurologici associati (Olsen et al. 1987).
Risultati analoghi sono stati ottenuti da Cutter e collaboratori con
uno studio di risonanza magnetica in perfusione su quattro
pazienti con emicrania con aura, in cui hanno riscontrato una
riduzione della perfusione cerebrale a partenza occipitale durante
la fase di aura (Cutter et al. 1998). Di contro, studi con SPECT su
20 pazienti affetti da emicrania senza aura non hanno, invece,
dimostrato riduzioni significative del flusso cerebrale focale né
durante né dopo gli attacchi cefalalgici, e neppure dopo
assunzione di 6 mg di sumatriptan s.c. (Ferrari et al. 1995).
46
Secondo la teoria trigemino-vascolare, sviluppata da Moskowitz
nel 1984 grazie a una serie di esperimenti su modelli animali, la
stimolazione antidromica delle fibre C trigeminali provocherebbe
il rilascio di neuropeptidi quali sostanza P, CGRP (Calcitonine
Gene Related Peptide) e neurochinina A, in grado di indurre
edema tissutale con conseguente infiammazione sterile e innesco
del dolore emicranico. Il rilascio di tali mediatori si verifica a
livello sia della dura madre che dei tessuti extracranici la cui
vascolarizzazione riceve fibre trigeminali, come dimostrato dalla
possibile presenza, durante l’attacco emicranico, di edema
palpebrale, arrossamento cutaneo e aumento dei livelli di CGRP
nel sangue venoso giugulare (Goadsby et al., 1996).
La cosiddetta teoria centrale identifica la causa dell’emicrania in
una condizione di aumentata eccitabilità neuronale, in particolare
a carico della corteccia, del grigio periacqueduttale, dei nuclei
del rafe, del locus coeruleus, del talamo e del nucleo salivatorio
superiore (Welch et al., 2001).
Studi elettrofisiologici volti all’identificazione di tale condizione
47
di ipereccitabilità, hanno dimostrato una maggior ampiezza dei
potenziali corticali sensitivi evocati nei pazienti emicranici
rispetto ai controlli nel periodo interictale. (Schoenen J, 2006). È
stata inoltre dimostrata una maggiore suscettibilità all’induzione
di scotomi scintillanti attraverso la stimolazione magnetica
transcranica, probabilmente per una riduzione della soglia di
attivazione (Gerwig et al. 2005).
Grazie a studi PET con H215O, eseguiti durante attacchi
emicranici, è stato possibile rilevare un’attivazione controlaterale
alla sede del dolore riferita dal paziente, di strutture quali il
grigio periacqueduttale (PAG), il nucleo dorsale del rafe e il
locus coeruleus (LC), tutte coinvolte nella modulazione centrale
del dolore e nella regolazione vasomotoria (Weiller et al. 1995;
Afridi et al., 2005). L’attivazione di tali aree scatenerebbe tutta
una serie di processi biochimici in grado di causare modificazioni
piastriniche, variazioni del calibro vasale e rilascio di
neurotrasmettitori algogeni.
Queste osservazioni hanno permesso di formulare un’ipotesi
48
fisiopatogenica integrativa che prevede un primum movens a
livello del tronco encefalico, e successive alterazioni delle vie
sensitive, nocicettive e di controllo del calibro vascolare (Levy et
al., 2010).
Il meccanismo patogenetico alla base dell’aura emicranica è
ormai riconosciuto nella cosiddetta “cortical spreading
depression” (CSD), fenomeno caratterizzato dalla lenta
propagazione (2-6 mm/min) di un’onda di depolarizzazione
neuronale e gliale, seguita da un periodo più o meno lungo di
soppressione dell’attività neuronale (Eikermann- Haerter, Ayata
2010). Studi su modelli animali hanno dimostrato che l’onda di
depolarizzazione ha inizio quando la [K+]e locale supera il valore
soglia di 10-12 mM in un volume minimo di tessuto cerebrale (1
mm3 nei roditori), e ciò può verificarsi in condizioni quali
l’ischemia transitoria, l’applicazione corticale diretta di
amminoacidi eccitatori oppure di inibitori dell’ATPasi Na+/K+
(Wolthausen et al. 2008). Recenti studi hanno dimostrato che
l’inizio e la propagazione della CSD sono favoriti anche dal
49
rilascio neurotrasmettittoriale di glutammato con attivazione dei
recettori glutammatergici N-metil-D-aspartato (NMDA)
(Eikermann- Haerter, Ayata. 2010).
Come precedentemente detto, alla CSD si associano le note
variazioni del flusso ematico cerebrale, e durante la prima fase di
depolarizzazione si può osservare un incremento del flusso
regionale ematico che in alcune specie raggiunge il 200% del
valore normale. Segue, quindi, una fase di oligoemia relativa cui
corrisponde un periodo di riduzione di attività biochimica
neuronale detta soppressione neuronale (Wolthausen et al. 2008;
Eikermann- Haerter, Ayata 2010).
Comunque, oltre agli effetti vasomotori, la CSD sembra in grado
di modificare direttamente i sistemi neurotrasmettitoriali e
neuromodulatori (i.e. glutammato e adenosina trifosfato), tramite
attivazione di geni a rapida espressione quali c-fos, e incremento
della produzione di citochine e mediatori infiammatori come
l’interleuchina 1β e il fattore di necrosi tumorale α (Wolthausen
et al. 2008).
50
La stretta relazione temporale tra la fase di aura e l’inizio della
sintomatologia emicranica, ha portato a ipotizzare che la CSD
potesse essere alla base non soltanto dei sintomi dell’aura, ma
anche del dolore cefalalgico (Eikermann- Haerter, Ayata 2010).
Moskowitz e colleghi hanno dimostrato in modelli animali che
l’induzione di una serie di CSD ripetute porta all’aumento
dell’espressione del marker di attivazione neuronale c-Fos a
livello del nucleo caudale trigeminale. La CSD potrebbe, quindi,
propagandosi attraverso le vie discendenti, attivare il sistema
nocicettivo trigeminovascolare dando inizio al dolore emicranico
(Moskowitz et al., 1993). Zhang e colleghi hanno ottenuto
attraverso studi elettrofisiologici, la prova diretta che un singolo
episodio di CSD causa l’attivazione di circa il 50% dei
nocicettori durali testati (Zhang et al., 2010). Un successivo
studio elettrofisiologico ha confermato che i neuroni di secondo
ordine del nucleo trigeminale caudale mostrano una risposta alla
CSD simile a quella dei nocicettori meningei presentando un
aumento del firing neuronale durante, subito dopo, o entro 25
51
minuti dalla CSD (Zhang et al., 2011).
Alterazioni dei sistemi neurotrasmettitoriali e neuromodulatori.
I sistemi attualmente ritenuti più importanti nel contribuire la
genesi dell’attacco emicranico sono: sistema serotoninergico,
sistema peptidergico (CGRP), ossido nitrico, sistema
orexinergico, glutammatergico, dopaminergico e degli oppioidi
endogeni.
Numerosi studi sulla fisiopatologia dell’emicrania hanno
mostrato l’importanza cruciale del sistema serotoninergico nella
genesi dell’attacco.
Evidenze farmacologiche hanno dimostrato come, nell’emicrania,
siano coinvolti i recettori 5HT2B-2C, la cui stimolazione a livello
endoteliale porterebbe alla liberazione di ossido nitrico (NO) e
quindi a vasodilatazione. La clorofenilipiperazina, agonista dei
recettori 5-HT2B/2C, induce, in pazienti emicranici, attacchi
cefalalgici indistinguibili da quelli spontanei (Brewerton et al.
1988); molecole con azione antagonista su tali recettori, come ad
52
esempio il pizotifene, si sono rivelate efficaci nel prevenire gli
attacchi emicranici e hanno avuto ampio utilizzo in passato nella
terapia profilattica.
L’attivazione dei recettori serotoninergici 5HT1B-1D induce
vasocostrizione, blocco dell’infiammazione neurogenica e
riduzione della sintomatologia cefalalgica. I triptani e i derivati
dell’ergot esplicano la loro azione antiemicranica proprio agendo
come agonisti dei recettori 5HT1B-1D.
Recettori serotoninergici 5HT1F sono stati localizzati a livello del
ganglio e del nucleo trigeminale, e la loro attivazione inibisce la
trasmissione da tali strutture, ma in misura minore rispetto ai
recettori 5HT1B-1D (Goadsby et al., 2003). In virtù anche della loro
mancanza di effetti a livello vascolare, agonisti dei recettori
5HT1F sono in fase di studio come possibile nuova classe di
farmaci antiemicranici (Reuter et al., 2009).
È ormai ampiamente riconosciuta l’importanza del sistema
peptidergico del Calcitonine Gene Related Peptide (CGRP) nella
patogenesi dell’emicrania, e diversi studi hanno dimostrato un
53
aumento delle sue concentrazioni plasmatiche durante l’attacco
emicranico (Juhasz et al. 2003; Goadsby, Lipton et al. 2002).
Inoltre, l’iniezione di CGRP è in grado di indurre un attacco nel
57-75% di pazienti con diagnosi clinica di emicrania, ma non nei
controlli (Lassen et al. 2002; Hansen et al. 2010). Il CGRP è
rilasciato dai neuroni trigeminali sia perifericamente nella dura
madre, sia a livello centrale con un’ampia distribuzione in tutto il
sistema nervoso (Raddant, 2011). Il rilascio periferico
perivascolare provoca degranulazione dei mastociti durali e
vasodilatazione dovuta al legame diretto di CGRP ai propri
recettori presenti sia sulla muscolatura liscia vascolare, sia sui
mastociti durali. Il rilascio di mediatori proinfiammatori, come il
fattore di necrosi tumorale α, da parte dei mastociti e delle
cellule gliali satelliti, aumenta la permeabilità vascolare e
favorisce la sintesi e il rilascio ulteriore di CGRP da parte dei
neuroni trigeminali, andando così a creare un circuito di rinforzo
positivo che può estendere la durata dell’attacco emicranico
(Raddant, 2011). Recettori per CGRP sono presenti anche a
54
livello corticale, nell’ipotalamo, nel grigio periacqueduttale, e nel
sistema limbico; ciò suggerisce un possibile ruolo di tale peptide
nella modulazione del dolore emicranico e nella fotofobia tipica
dell’emicrania (Recober et al. 2009). Come neuromodulatore
CGRP può aumentare la trasmissione sinaptica, e ciò può causare
l’amplificazione oltre la soglia dolorosa di stimoli sensoriali
altrimenti del tutto ordinari (Raddant et al. 2011).
Sono in fase di sperimentazione nuovi farmaci sintomatici, detti
gepanti, molecole antagoniste dei recettori per CGRP a livello
centrale (Ho et al., 2008).
Attualmente anche il ruolo dell’ossido nitrico (NO) nella
patogenesi dell’emicrania è oggetto di studio. La
somministrazione di sostanze donatrici di NO, quali la
nitroglicerina, provoca, infatti, nei soggetti emicranici, la
comparsa di attacchi cefalalgici con una latenza di circa 4-6 ore.
Studiando l’attività neuronale che segue la somministrazione di
nitroglicerina, dopo trenta minuti si osserva una prima
attivazione a livello delle aree cerebrali che controllano la
55
funzione cardiovascolare. Tale attivazione raggiunge l’acme
dopo circa tre ore, espandendosi anche alle regioni che
controllano la nocicezione e altre funzioni neurovegetative e
neuroendocrine, quali ad esempio la sintesi di mediatori come
noradrenalina e serotonina (Buzzi et al. 2005). Questo pattern di
attivazione suggerisce un possibile duplice meccanismo d’azione
dell’ossido nitrico: inizialmente andrebbe a provocare alterazioni
a carico del controllo del compartimento cerebrovascolare,
seguito poi da modificazioni dei meccanismi di modulazione del
dolore. È stato inoltre dimostrato (Reuter et al. 2001) che nelle
cavie la somministrazione di nitrati organici che stimolano la
produzione di NO, provoca l’aumento dell’espressione di geni
pro-infiammatori come iNOS, la sintesi di IL-1 e IL-6, e
l’attivazione di mastociti e macrofagi, con conseguente reazione
infiammatoria durale.
Studi recenti hanno mostrato l’esistenza di una modulazione
dell’attività trigeminovascolare da parte del sistema orexinergico
ipotalamico. L’orexina A blocca l’attivazione del sistema
56
trigeminovascolare se iniettata per via endovenosa o direttamente
nell’ipotalamo posteriore; l’orexina B non sembra avere attività
modulatoria sul sistema trigeminovascolare se iniettata endovena,
mentre mostra un’azione facilitante se iniettata nell’ipotalamo
posteriore.
Anche il sistema glutammatergico, secondo recenti studi,
potrebbe svolgere un ruolo attivo nella patogenesi dell’emicrania.
Recettori per il glutammato, sia di tipo metabotropico che
ionotropico, sono espressi in molte strutture adibite al controllo
della nocicezione, tra cui il ganglio e il nucleo trigeminale, il
talamo ventrobasale e la corteccia del cingolo. Antagonisti dei
recettori N-metil-D-aspartato (NMDA) e α-amino-3-idrossi-5-
metilisoxazolo-4-propinato (AMPA), sono in grado di bloccare la
trasmissione nocicettiva a livello del nucleo trigemino cervicale
dopo iniezione intracisternale di capsaicina (Classey et al., 2001;
Mitsikostas et al., 1998). L’attivazione dei recettori kainato
sembra avere un ruolo importante sia nella modulazione a livello
trigeminocervicale delle afferenze provenienti dai vasi e dalla
57
dura madre, sia nelle modificazioni dei vasi durali che si
verificano durante un attacco emicranico (Andreu et al., 2009). In
uno studio effettuato da Sang e colleghi, la somministrazione
intravenosa di LY293558 e LY466195, antagonisti dei recettori
AMPA e kainato, ha attenuato il dolore emicranico e ridotto la
sintomatologia associata in due terzi dei pazienti (Sang et al.
2004; Johnson et al., 2008).
Anche il sistema dei cannabinoidi endogeni sembra coinvolto
nella modulazione del dolore emicranico; studi hanno infatti
dimostrato che somministrando agonisti del recettore CB1 si ha
una riduzione della vasodilatazione provocata dal CGRP e da NO
a livelli dei vasi durali (Akerman et al., 2004b). A livello del
grigio periacqueduttale sono presenti recettori CB1, e la loro
attivazione pare essere capace di modulare la trasmissione
dolorifica dal nucleo caudale trigeminale.
Indagini immunoistochimiche hanno dimostrato un possibile
ruolo del sistema dopaminergico e, in particolare, la presenza di
recettori dopaminergici D1 e D2 a livello del nucleo caudale del
58
trigemino; la somministrazione diretta di dopamina a tale livello
esercita un’azione antinocicettiva sugli stimoli provenienti dal
sistema trigeminovascolare (Bergerot et al., 2007). Le proiezioni
dopaminergiche provengono dal nucleo ipotalamico A11, la cui
stimolazione inibisce le afferenze nocicettive trigeminali con un
meccanismo che può essere bloccato dalla somministrazione di
inibitori dei recettori D2 per la dopamina (Charbit et al., 2006). Si
pensa che il nucleo A11 fornisca un livello di inibizione tonica
sugli stimoli nocicettivi a livello del nucleo trigeminale caudale
(Charbit et al., 2007), ed è ipotizzabile che la disfunzione di tali
afferenze inibitorie possa avere un ruolo anche nell’allodinia che
spesso si associa agli attacchi emicranici (Goadsby et al., 2009).
Meccanismi genetici.
Studi su gemelli omozigoti, indicano un’importanza rilevante dei
fattori genetici nella patogenesi dell’emicrania. La genetica
dell’emicrania con e senza aura è multifattoriale, con una
complessa interazione ambientale.
Parenti di primo grado di pazienti con emicrania senza aura
59
hanno un rischio aumentato di 1,9 volte di avere a loro volta
emicrania senza aura e di 1,4 volte di avere emicrania con aura.
Parenti di primo grado di pazienti con emicrania con aura hanno
un rischio quattro volte superiore alla popolazione normale per
tale disturbo, mentre non presentano aumenti significativi del
rischio di sviluppare emicrania senza aura (Wessman et al. 2007).
L’emicrania emiplegica familiare (FHM) è il principale modello
per lo studio dei meccanismi genetici e molecolari
dell’emicrania; è una rara forma autosomica dominante di
emicrania con aura che oltre alle comuni sintomatologie visive
e/o sensitive include deficit motori reversibili di intensità
variabile (Russell et al., 2001; IHS-II, 2004). La prevalenza di
tale forma emicranica nella popolazione generale è di 0,01%
(Thomsen et al., 2004).
La prima mutazione individuata in pazienti con FHM è stata
quella a carico del gene CACNA1A, localizzato sul cromosoma
19p13 e codificante per la subunità α di un canale al calcio
voltaggio-dipendente. Tale mutazione permette al canale di
60
aprirsi in presenza di depolarizzazioni di entità minore rispetto a
quella richiesta per aprire il canale wild-type; ciò aumenta
l’afflusso locale di Ca2+ e contribuisce all’ipereccitabilità
neuronale. In totale sono state descritte 17 mutazioni diverse a
carico del gene CACNA1A, che pare avere un ruolo patogenetico
non solo nell’emicrania emiplegica familiare (sottotipo 1 o
FHM1), ma anche nell’atassia episodica di tipo 2 e nell’atassia
spinocerebellare di tipo 6 (Ophoff et al. 1996).
L’osservazione di pazienti con emicrania emiplegica familiare
non legata ad alterazioni del cromosoma 19, ha portato
all’individuazione del secondo sottotipo di tale malattia, vale a
dire FHM2, la cui base genetica risiede nella mutazione del gene
ATP1A2 codificante per la subunità α2 di una Na+/K+ ATPasi
espressa sugli astrociti, che riduce la concentrazione
extracellulare di ioni K+ e crea un gradiente sodico che favorisce
il re-uptake di glutammato a livello del vallo sinaptico. Le
mutazioni a carico di tale gene riducono la clearance del
glutammato e degli ioni K+, contribuendo in tal modo
61
all’ipereccitabilità neuronale.
Un terzo locus associato alla FHM è stato individuato a livello
del cromosoma 2q24 nel gene codificante per la subunità α1 di
un canale al sodio neuronale voltaggio-dipendente, essenziale
nella generazione e nella propagazione dei potenziali d’azione. I
canali con la subunità mutata sarebbero in grado di recuperare
fino a cinque volte più velocemente dallo stato di inattivazione
con conseguente ipereccitabilità neuronale (Dichgans et al. 2005).
È comunque tuttora da accertare il ruolo di tali geni nelle comuni
forme di emicrania.
Alcuni studi di popolazione hanno infine evidenziato una
relazione tra emicrania con aura e la variante C677T del gene
MTHFR codificante per l’enzima 5,10-
metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR), coinvolto nella
regolazione dei livelli di omocisteina (Kara et al., 2003; Todt et
al. 2006). Tale polimorfismo genetico, dovuto alla sostituzione di
una C (citosina) con T (timina) al nucleotide 677 (C677T), causa
la sostituzione di alanina con valina nella proteina finale, e una
62
riduzione dell'attività enzimatica della MTHFR pari al 50%.
L’iperomocisteinemia secondaria alla ridotta attività enzimatica,
può agire come stimolo eccitatorio in grado di attivare il sistema
trigeminovascolare (Kara et al., 2003).
La fisiopatogenesi dell’emicrania è oggetto di studi molto attivi e
in costante evoluzione. Nonostante i notevoli progressi compiuti
negli ultimi anni, ancora molti interrogativi sui meccanismi alla
base dell’emicrania devono trovare risposta. La comprensione
degli aspetti genetici e molecolari degli attacchi emicranici è
essenziale per lo sviluppo di terapie più efficaci, in grado di
ridurre l’impatto di tale patologia sulla qualità di vita dei pazienti.
Obiettivi dello studio.
L’obiettivo di questo studio è quello di determinare se la
presenza di sintomatologia di tipo allodinico, espressione clinica
della sensibilizzazione centrale del sistema trigemino-vascolare,
renda i pazienti con emicrania più suscettibili a fattori scatenanti
63
esogeni e endogeni che da soli o in combinazione risultano in
grado di provocare l’attacco emicranico. Dato che l’allodinia
cutanea sembra essere in grado di abbassare la soglia degli
attacchi di emicrania, abbiamo ipotizzato che i pazienti
emicranici con sintomatologia allodinica moderata/grave possano
risentire maggiormente dell’influenza dei fattori scatenanti
rispetto agli emicranici non allodinici o con allodinia lieve.
Il nostro intento è stato inoltre quello di valutare se l’eventuale
associazione tra allodinia e fattori scatenanti rimanga valida
anche considerando la possibile influenza dei disturbi dell’umore
e dei disturbi d’ansia, comuni comorbilità dell’emicrania in grado
di influenzare anche la sintomatologia allodinica.
64
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato eseguito in ambiente ambulatoriale, dove 120
pazienti sono stati valutati da un neurologo specializzato che ha
posto diagnosi di emicrania con aura o di emicrania senza aura
seguendo i criteri diagnostici dell’ International Classification of
Headache Disorders 2nd Edition (ICHD-II).
Ogni paziente è stato interrogato seguendo un questionario
strutturato che include caratteristiche demografiche, durata della
storia clinica di emicrania, durata degli attacchi e loro frequenza,
intensità del dolore su una scala numerica da 0 (assenza di
dolore) a 10 (dolore estremamente intenso), caratteristiche del
dolore e sua localizzazione, eventuali sintomi associati.
Sono stati raccolti dati anche sull’indice di massa corporea (BMI)
dei pazienti, sull’eventuale abitudine al fumo, sulla presenza di
comorbilità e terapie in corso.
La presenza di disturbi d’ansia e depressione, comuni comorbilità
dell’emicrania e fattori in grado di influenzare anche la
sintomatologia allodinica, è stata valutata in ogni paziente usando
65
due brevi questionari auto-somministrati: il Generalized Anxiety
Disorder 7- item scale (GAD-7) per valutare i sintomi di ansia
(vedi Appendice 3) (Spitzer et al., 2006), e il Patient Health
Questionnaire 9-item scale (PHQ-9) per i sintomi depressivi
(vedi Appendice 4) (Kroenke et al., 2001; Spitzer et al., 1999).
Un cut-off di 5 sia per il GAD-7 che per il PHQ-9 è stato
considerato positivo per la presenza di sintomi di ansia e
depressione (Spitzer et al., 2006; Spitzer et al., 1999).
I criteri di esclusione dallo studio erano i seguenti: (a) età <18
anni; (b) insorgenza recente del mal di testa (meno di sei mesi
dall’inizio dello studio); (c) presenza di altri tipi di mal di testa,
specialmente di cefalea di tipo tensivo o cefalea da abuso di
farmaci; (d) terapie per la profilassi dell’emicrania in corso o
attuate in passato; (e) uso recente di contraccettivi orali (< 6
mesi).
Valutazione dell’allodinia
66
La sintomatologia allodinica presente al momento dell’attacco
emicranico è stata valutata con l’Allodynia Symptoms Check-list
12 (ASC-12, vedi Appendice 2) (Lipton et al., 2008; Bigal et al.,
2008). Un punteggio ASC-12 ≤ 2 è stato indicato come cut-off
per definire i pazienti allodinici: i pazienti con punteggio ≤2 sono
stati considerati non allodinici (Lipton et al., 2008); un punteggio
tra 3 e 5 corrisponde a allodinia lieve; un punteggio tra 6 e 8
indica allodinia moderata; un punteggio > 8 equivale ad allodinia
grave (Lipton et al., 2008).
Valutazione dei fattori scatenanti
Per prima cosa è stato chiesto a ogni paziente di riferire
spontaneamente i fattori scatenanti notati, poi è stato chiesto loro
di sceglierli da una lista contenente quelli più comunemente
riportati in letteratura: stress, stanchezza, relax, eccesso di sonno,
deprivazione di sonno, rumori, luci, odori, fame, cibi e alcol
(vedi Tabella 1) (Zagami et al., 2006; Wober et al., 2011).
67
Ai partecipanti è stato anche chiesto di valutare il grado di questi
fattori sulla base della probabilità che questi ultimi avevano di
scatenare un attacco emicranico (0= mai; 1= bassa frequenza,
<1/3 degli attacchi; 2= elevata frequenza, >1/3 degli attacchi).
Analisi statistiche
Per i calcoli e le analisi statistiche è stato usato SPSS versione
16.0 per Windows.
Il primo scopo dello studio era di trovare una correlazione tra il
numero di fattori scatenanti e le altre variabili cliniche.
Le variabili continue sono state espresse come media ±
deviazione standard (DS), mentre le variabili categoriche sono
state espresse come percentuale di frequenza.
E’ stato calcolato il coefficiente di correlazione di Spearman in
modo da correlare i fattori scatenanti ad altre variabili continue.
I pazienti sono stati divisi tra quelli con più di 7 fattori scatenanti
e tra quelli con 7 o numeri inferiori (sette è il valore medio di
fattori scatenanti nella popolazione di pazienti emicranici in
68
studio), ed è stata usata la regressione binaria logistica per
valutare l’influenza sul numero dei fattori scatenanti delle
seguenti variabili: sesso, diagnosi, BMI, allodinia, durata della
storia clinica di emicrania, frequenza degli attacchi, punteggio
PHQ-9 e punteggio GAD-7.
Il secondo scopo dello studio era: 1) comparare, utilizzando l’U-
test di Mann-Whitney, le differenze riguardanti i fattori
scatenanti all’interno dei gruppi di pazienti non allodinici,
allodinici lievi, allodinici moderati e allodinici gravi; 2)
analizzare le differenze nella frequenza di ognuno dei fattori
scatenanti tra il gruppo dei pazienti allodinici moderati/gravi e
quello dei pazienti non allodinici/allodinici lievi usando il test del
χ2 di Yates (con correzione per la continuità).
69
RISULTATI
Caratteristiche cliniche e demografiche
Come riportato nella Tabella 2, dei 120 pazienti studiati, 104
(86,7%) erano donne e 16 (13,3%) erano uomini; le loro età
erano comprese tra i 18 e i 64 anni (età media: 38,70 ±11,7 DS).
Secondo i criteri dell’ICHD-II, 88 pazienti (73,3%) rientravano
nella diagnosi di emicrania senza aura, e 32 pazienti (26,7%) in
quella di emicrania con aura.
Centotre pazienti (85,8%) avevano emicrania episodica e 17
pazienti (14,2%) emicrania cronica.
La durata media della storia clinica di emicrania era 15,5 anni
(±12 DS).
La frequenza media degli attacchi era 5,9 (±5,4) al mese nei
precedenti tre mesi.
I pazienti con sintomi ansiosi (GAD-7>5) erano 81 (67,5%),
mentre quelli privi di sintomi ansiosi (GAD-7<5) erano 39
(32,5%).
70
In tutto, 51 pazienti emicranici (42,5%) non avevano sintomi
depressivi (PHQ-9<5) e 69 pazienti (57,5%) avevano invece
sintomi depressivi da lievi a gravi (PHQ-9 >5).
Valutazione dell’allodinia
Un punteggio ASC-12≤2 identificava 28 pazienti (23,3%) come
non allodinici, mentre un punteggio ASC-12>2 caratterizzava 92
pazienti (76,7%) come allodinici.
Tra i pazienti allodinici, 27 (22,5%) avevano allodinia lieve
(punteggio ASC-12 tra 3 e 5), 29 pazienti avevano allodinia
moderata (punteggio ASC-12 tra 6 e 8), e 36 pazienti avevano
allodinia grave (punteggio ASC-12>8).
Analisi dei fattori scatenanti
Novantasette pazienti (72,5%) riferivano spontaneamente almeno
un fattore scatenante l’emicrania, e 120 pazienti (100%) ne
riferivano almeno uno dopo aver letto una specifica lista (tabella
1).
71
La prevalenza di ciascuno dei fattori scatenanti è mostrata nella
figura 1.
Il numero medio di fattori scatenanti era 7,20 (±3,9), e nello
specifico: (a) 5,6±3 nel gruppo dei pazienti non allodinici; (b)
6,7±3,1 nel gruppo dei pazienti con allodinia lieve; (c) 6,9±2,8
nel gruppo dei pazienti con allodinia moderata; (d) 9,0±4,8 nel
gruppo dei pazienti con allodinia grave (Figura 2).
Il numero medio di fattori scatenanti era più alto nei 65 pazienti
con allodinia moderata/grave (8,1±4,1) rispetto al gruppo di
pazienti con allodinia lieve/non allodinici (6,5±3,3) (p<0,01).
Il numero medio di fattori scatenanti riferiti con frequenza
media/elevata era: (a) 2,8±2,9 nel gruppo di pazienti non
allodinici; (b) 3,6±2,5 nel gruppo dei pazienti con allodinia lieve;
(c) 3,9±2,8 nel gruppo dei pazienti con allodinia moderata; (d)
4,9±2,8 nel gruppo dei pazienti con allodinia grave (Figura 2).
Le differenze di frequenza di ciascun fattore scatenante tra i
gruppi di pazienti non allodinici o con allodinia lieve (ASC-
72
12≤5) e pazienti con allodinia moderata/grave (ASC-12 >5) sono
mostrate nella figura 3.
Le differenze tra i fattori scatenanti con frequenza media/ elevata
negli stessi due gruppi sono mostrate nella figura 4.
Sub-analisi dei singoli fattori scatenanti
La luce e le fluttuazioni ormonali come fattori scatenanti erano
più comuni nel gruppo di pazienti con allodinia moderata/grave
rispetto al gruppo con allodinia lieve/non allodinici
(rispettivamente p<0,01 e p<0,05) (Figura 3).
Se si prendono in considerazione i fattori scatenanti
frequenti/molto frequenti, la luce, le fluttuazioni ormonali, la
postura e il calore risultavano significativamente più frequenti
nel gruppo dei pazienti con allodinia moderata/severa rispetto al
gruppo con allodinia lieve/non allodinici (rispettivamente
p<0,01; p<0,01; p<0,01 e p<0,05) (Figura 4).
Correlazione tra fattori scatenanti nei pazienti emicranici
73
Tutti i fattori scatenanti identificati nei pazienti con emicrania
con e senz’aura correlavano positivamente con: (a) PHQ-9, 0,38
ρs (p<0,01); (b) GAD-7, 0,35 ρs (p<0,01); (c) ASC-12, 0,33 ρs
(p<0,01); (d) frequenza degli attacchi, 0,29 ρs (p<0,01); (e) durata
della storia clinica di emicrania, 0,27 ρs (p<0,01) (Tabella 3).
Correlazione dei fattori scatenanti nell’emicrania senza aura
Tutti i fattori scatenanti nell’emicrania senza aura correlavano
positivamente con: (a) frequenza degli attacchi, 0,29 ρs (p<0,01);
(b) GAD-7, 0,28 ρs (p<0,01); (c) PHQ-9, 0,28 ρs (p<0,01); (d)
ASC-12, 0,22 ρs (p<0,05); (e) durata della storia clinica di
emicrania, 0,22 ρs (p<0,05).
Correlazione dei fattori scatenanti nell’emicrania con aura
I fattori scatenanti nell’emicrania con aura correlavano
positivamente con: (a) PHQ-9, 0,58 ρs (p<0,01); (b) ASC-12,
0,48 ρs (p<0,01); (c) GAD-7, 0,45 ρs (p<0,01); (d) durata della
storia clinica di emicrania, 0,35 ρs (p<0,05).
Regressione logistica (tutti i pazienti emicranici)
74
Un’analisi di regressione logistica è stata applicata al modello per
stabilire l’influenza di ciascuna variabile nel determinare la
probabilità di riscontrare nei pazienti emicranici un numero di
fattori scatenanti>7 (7 è il valore medio di fattori scatenanti nella
popolazione di pazienti emicranici in studio).
Il modello conteneva 9 variabili indipendenti (sesso, diagnosi,
durata della malattia emicranica, frequenza degli attacchi,
allodinia, GAD-7, PHQ-9, BMI, fumo).
L’intero modello era statisticamente significativo (p<0,05),
riuscendo a distinguere tra il 18% e il 25% della varianza e
classificare correttamente il 68% dei casi.
Solo l’allodinia come singola variabile indipendente rendeva un
contributo statistico significativo unico.
Nella popolazione in esame, i pazienti con allodinia
moderata/grave avevano in definitiva un odds ratio di 2,8
(p<0,05) di riferire più di 7 fattori scatenanti l’emicrania (vedi
Tabella 3).
75
DISCUSSIONE
In letteratura è riportata un’ampia variazione nella prevalenza dei
fattori scatenanti, e ciò probabilmente è dovuto al tipo di studio
condotto e dal metodo di raccolta dei dati (Zagami et al., 2006;
Wober et al., 2011).
I fattori più frequentemente descritti in letteratura come
scatenanti l’attacco emicranico sono: variazioni ormonali, in
particolar modo a carico degli steroidi ovarici; fattori psicologici,
come ad esempio stress, ansia e modificazioni del tono
dell’umore; fattori ambientali e climatici; particolari cibi e
bevande; modificazioni qualitative e quantitative del sonno
(Zagami et al., 2006; Wober et al., 2011).
In studi recenti più del 90% dei pazienti emicranici riconosce
almeno un fattore scatenante i propri attacchi cefalalgici, e circa
l’80% dei pazienti riferisce di essere sensibile all’azione di più di
uno di tali fattori esogeni o endogeni (Kelman, 2007; Andress-
Rothrock et al., 2010).
76
All’interno del nostro campione, il 72,5% dei pazienti ha
identificato spontaneamente almeno un fattore scatenante, e tutti i
pazienti ne hanno individuato uno appena è stata loro proposta
una lista contenente i più comuni di tali fattori.
Con un’attenta analisi dei diari emicranici e delle influenze dello
stile di vita, è stato ipotizzato che approssimativamente il 50-
75% dei pazienti emicranici sarebbe in grado di identificare i
fattori che scatenano i loro attacchi (Wober et al., 2011).
La nostra scoperta più rilevante, che non sembra essere mai stata
riportata prima in letteratura, è la correlazione positiva tra i
fattori scatenanti e l’allodinia ictale durante gli attacchi
emicranici, come stimato con l’ASC-12 (Allodynia Symptoms
Check-List 12).
I fattori scatenanti sono correlati positivamente anche ad altre
variabili (sesso, diagnosi, durata della malattia emicranica,
frequenza degli attacchi cefalalgici, GAD-7, PHQ-9, BMI, fumo),
ma l’unica associazione indipendente è con l’allodinia ictale.
77
Abbiamo ipotizzato che l’aumentata frequenza di fattori
scatenanti nei pazienti con allodinia di grado grave, possa essere
il risultato di un’aumentata sensibilità del sistema nervoso
centrale a stimoli sia esterni che interni.
L’allodinia cutanea, espressione clinica della sensibilizzazione
centrale dei neuroni di secondo e terzo ordine del sistema
trigeminale, è un importante sintomo da valutare nei pazienti
emicranici. Diversi studi hanno mostrato come l’allodinia sia più
frequente nei pazienti con lunga storia clinica di emicrania
(Lipton et al., 2008) e nei pazienti di sesso femminile con
emicrania associata al ciclo mestruale; ciò indica l’importanza
degli steroidi ovarici nella modulazione della trasmissione degli
stimoli dolorifici a livello centrale (Bigal et al., 2008;
D’Agostino et al., 2010).
Come già detto, l’allodinia è considerata un fattore di rischio per
la cronicizzazione dell’emicrania, che avviene ogni anno in circa
il 2,5% dei pazienti con emicrania episodica (Bigal et al., 2008),
78
con una prevalenza pari all’1,3% nel sesso femminile e allo 0,5%
in quello maschile (Lipton et al., 2007; Reed et al., 2011).
La presenza di allodinia influenza anche la risposta alla terapia
sintomatica degli attacchi cefalalgici: i triptani sono in grado di
bloccare il dolore emicranico se assunti nella fase iniziale
dell’attacco, mentre risultano inefficaci se assunti dopo la
comparsa della sintomatologia allodinica, indice della già
avvenuta sensibilizzazione centrale (Burstein 2009). Tale
osservazione è in accordo con il fatto che i neuroni di secondo e
terzo ordine del sistema trigeminovascolare non esprimono
recettori 5-HT1D, sito d’azione dei triptani (Potrebic et al., 2003).
Con questo studio suggeriamo una relazione bidirezionale tra
allodinia e fattori scatenanti, in quanto la presenza di
sintomatologia allodinica può abbassare la soglia di suscettibilità
ai fattori scatenanti, e, viceversa, una stimolazione ripetitiva da
parte di questi ultimi può facilitare la sensibilizzazione centrale
del sistema trigeminovascolare, la cui espressione clinica è
appunto l’allodinia.
79
Lance e Goadsby hanno definito l’emicrania come “tendenza
ereditaria a presentare attacchi cefalalgici ricorrenti,
accompagnati da sintomi quali nausea e ipersensibilità alla luce.
La base di tale predisposizione è da ricercarsi nell’instabilità nel
controllo del dolore da parte delle strutture intracraniche, e in una
maggiore sensibilità verso modificazioni del sistema nervoso
centrale” (Lance et al., 1999). Tale affermazione, tradotta in
termini neurofisiologici, sta a indicare come la corteccia degli
individui emicranici sia ipereccitabile e, come tale, suolo fertile
per lo sviluppo di scariche neuronali aberranti che possono dare
origine all’attacco emicranico. I fattori scatenanti l’emicrania
andrebbero ad agire proprio su questo substrato di ipereccitabilità
neuronale, favorendo i fenomeni di depolarizzazione tipici della
“cortical spreading depression” (CSD), dando così inizio al
processo che genera la sensazione dolorosa (Chakravarty, 2010;
Lambert et al., 2009). La CSD è caratterizzata dalla lenta
propagazione (2-6 mm/min) di un’onda di depolarizzazione
neuronale e gliale, seguita da un periodo più o meno lungo di
80
soppressione dell’attività neuronale (Eikermann- Haerter, Ayata
2010). Alla CSD si associano le note variazioni del flusso
ematico cerebrale, e durante la prima fase di depolarizzazione si
può osservare un incremento del flusso regionale ematico che in
alcune specie raggiunge il 200% del valore normale. Segue,
quindi, una fase di oligoemia relativa cui corrisponde un periodo
di riduzione di attività biochimica neuronale detta soppressione
neuronale (Wolthausen et al. 2008; Eikermann-Haerter, Ayata
2010). Oltre agli effetti vasomotori, la CSD sembra in grado di
modificare direttamente i sistemi neurotrasmettitoriali e
neuromodulatori (i.e. glutammato e adenosina trifosfato), tramite
attivazione di geni a rapida espressione quali c-fos, e incremento
della produzione di citochine e mediatori infiammatori
(Wolthausen et al. 2008). La CSD, propagandosi attraverso le vie
discendenti, è in grado di attivare il sistema nocicettivo
trigeminovascolare dando così inizio al dolore emicranico
(Moskowitz et al., 1993).
81
Le stesse aree del tronco encefalico e del talamo coinvolte in tale
meccanismo di trasmissione nocicettiva, sembrano essere
coinvolte nella genesi dell’allodinia (Lipton et al., 2008), quindi
allodinia e fattori scatenanti gli attacchi emicranici, condividendo
alcuni meccanismi fisiopatogenetici, possono caratterizzarsi per
un reciproco rinforzo positivo sugli attacchi emicranici.
Se fattori scatenanti e allodinia si rafforzano a vicenda, la
strategia di trattamento dell’emicrania dovrebbe comprendere
l’evitamento degli specifici fattori scatenanti per diminuire il
rischio di trasformazione emicranica.
È opportuno spiegare con chiarezza ai pazienti quali sono e come
agiscono i fattori scatenanti l’emicrania, in modo tale che
possano imparare a riconoscerli e ad evitarli per quanto possibile.
L’evitamento completo, data la numerosità e la varietà dei fattori
scatenanti, è comunque di difficile attuazione, e anzi, tale
condotta può divenire a sua volta fonte di stress per il paziente, e
quindi influire negativamente sulla sintomatologia emicranica.
Un approccio più razionale potrebbe dunque essere quello di
82
insegnare a convivere con i fattori scatenanti, mettendo in atto
strategie di adattamento volte a ridurre nel tempo la loro
influenza (Martin, 2010).
Un’altra scoperta del nostro studio è che pazienti allodinici
tendono ad avere una più alta suscettibilità ad alcuni specifici
fattori scatenanti, come la postura, il calore, le fluttuazioni
ormonali e la luce.
I pazienti emicranici allodinici sono più sensibili agli stimoli
meccanici e termici (Sandkühler, 2009), con riduzione della
soglia di sensibilità al calore (Lipton et al., 2008), e possibilità
che posture sbagliate del collo e della testa, con i muscoli
sottoposti ad una contrazione non fisiologica, possano causare
l’attivazione di meccanismi nocicettivi dai muscoli referenti al
nucleo caudale del nervo trigemino e, conseguentemente,
l’attivazione del sistema trigeminovascolare (Fernandez-de-Las-
Peñas et al., 2006).
Tra i fattori interni che possono influenzare l’attività del sistema
trigeminovascolare e la percezione del dolore, è ben noto il ruolo
83
delle fluttuazioni ormonali, specialmente quelle a carico degli
estrogeni. È stato dimostrato che l’eccitabilità corticale cambia
durante le diverse fasi del ciclo mestruale umano (Martin et a.,
2006), e uno studio di stimolazione magnetica transcranica ha
dimostrato una maggior inibizione durante la fase luteale del
ciclo, probabilmente provocata da un potenziamento del sistema
GABAergico da parte di metaboliti del progesterone (Smith et al.,
1999). Ciò concorda anche con l’osservazione clinica della
riduzione, nella fase luteale, della sintomatologia allodinica sia in
frequenza che in ampiezza dell’area cutanea interessata.
Per quanto riguarda la suscettibilità alla luce, sembra che l’iper-
reattività corticale abbia un ruolo importante nella sua genesi.
Nei pazienti allodinici ed emicranici la corteccia può essere
costituzionalmente ipereccitabile, o tale ipereccitabilità può
essere secondaria a sensibilizzazione centrale dovuta a frequenti
stimolazioni luminose (Martìn et al., 2011). A tal proposito, è
stata ipotizzata una possibile correlazione positiva tra una più
84
ampia attivazione della corteccia occipitale e una più alta
frequenza di attacchi emicranici (Martìn et al., 2011).
Ci sono alcuni limiti nel nostro studio. Per prima cosa, il nostro
campione raccoglie solo una popolazione clinica; il secondo
limite è costituito dal numero relativamente basso del campione,
e, per questo motivo, non abbiamo potuto valutare le possibili
differenze in termini soprattutto di sintomi allodinici e di numero
di fattori scatenanti tra i pazienti con emicrania con aura e quelle
con emicrania senza aura, sebbene nel nostro studio, il legame tra
fattori scatenanti e allodinia sembri risultare più forte nei soggetti
con emicrania con aura.
La comparazione di ogni fattore scatenante tra il gruppo di
pazienti con allodinia lieve/non allodinici e il gruppo di pazienti
con allodinia moderata/grave, non è stata aggiustata per
comparazioni multiple, e ciò può aumentare il rischio di errore di
tipo 1.
Abbiamo incluso nella raccolta dei dati e nella loro analisi, solo
pazienti con diagnosi clinica di emicrania, assenza di altre
85
comorbilità cefalalgiche e non in terapia profilattica, evitando
così che i nostri risultati potessero essere influenzati da fattori
confondenti, quali appunto comorbilità con altre cefalee primarie,
presenza di abuso di farmaci, e l’introduzione recente di una
profilassi farmacologica per l’emicrania. Sia la cefalea di tipo
tensivo che quella da abuso di farmaci hanno patogenesi distinte
dall’emicrania, e i farmaci utilizzati in profilassi antiemicranica
possono ridurre l’ipereccitabilità corticale, elevando la soglia
scatenante la CSD e diminuendo in tal modo la sintomatologia
allodinica. I farmaci antiepilettici, come topiramato, valproato di
sodio, gabapentin, vengono utilizzati in profilassi antiemicranica
proprio in virtù della loro capacità di ridurre l’ipereccitabilità
neuronale agendo sui sistemi glutammatergici e GABAergici
(Shamliyan et al., 2013). Anche i beta bloccanti con livello di
raccomandazione I per la profilassi antiemicranica, vale a dire
propranololo, metoprololo e atenololo, esplicano la loro azione
andando a modulare l’eccitabilità corticale, infatti il loro utilizzo
porta a normalizzazione dei livelli soglia di induzione di scotomi
86
scintillanti attraverso la stimolazione magnetica transcranica, e
dell’ampiezza dei potenziali corticali sensitivi evocati, maggiore
nei pazienti emicranici rispetto ai controlli sani, sia durante
l’attacco, sia nei periodi intercritici (Gerwig et al., 2011). I
calcio-antagonisti, e in particolare flunarizina e verapamil,
agiscono modulando la neurotrasmissione, inducendo
vasodilatazione ed esercitando un’azione citoprotettiva attraverso
la riduzione dell’ingresso del calcio all’interno delle cellule
(Shamliyan et al., 2013). Altro farmaco di uso comune nella
profilassi antiemicranica è l’amitriptilina. Essa determina
facilitazione della neurotrasmissione GABAergica, inibizione del
reuptake della noradrenalina e serotonina, e down-regulation dei
recettori beta-adrenergici e serotoninergici a livello centrale, con
conseguente riduzione dell’eccitabilità corticale. Il trattamento
con amitriptilina provoca anche aumento della disponibilità
centrale di adenosina, con conseguente riduzione della
trasmissione nocicettiva (Kalita et al., 2013).
87
In conclusione, il nostro studio ha dimostrato che il riscontro di
fattori scatenanti è possibile in tutti i pazienti emicranici se
adeguatamente investigati con appositi questionari, e che il
numero di tali fattori è più alto nei pazienti emicranici con
allodinia moderata/grave rispetto ai pazienti emicranici con
allodinia lieve o non allodinici. Ciò sembra confermare
l’esistenza di meccanismi patogenetici comuni che sottendono
alla genesi del dolore emicranico e della sintomatologia
allodinica. Alcuni fattori scatenanti, e precisamente le
fluttuazioni ormonali, posture sbagliate, l’esposizione alla luce e
al calore, si rilevano più distintamente negli emicranici allodinici,
con una .
Una più attenta analisi della relazione tra fattori scatenanti e
allodinia, può contribuire a migliorare la gestione clinica dei
pazienti con emicrania, che, come già detto, deve prevedere, oltre
alla terapia farmacologica, l’adozione di norme igienico-
comportamentali volte a ridurre il più possibile l’influenza dei
fattori scatenanti.
88
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103
TABELLE
104
TABELLA 1: Lista dei fattori scatenanti.
Stress 0/1/2 Fumo 0/1/2 Stanchezza 0/1/2 Abbuffate 0/1/2 Relax 0/1/2 Fluttuazioni ormonali 0/1/2 Eccesso di sonno 0/1/2 Postura 0/1/2 Deprivazione di sonno 0/1/2 Sforzi fisici 0/1/2 Rumori 0/1/2 Attività sessuale 0/1/2 Luci 0/1/2 Viaggi 0/1/2 Odori 0/1/2 Cambi di stagione 0/1/2 Fame 0/1/2 Tempo 0/1/2 Alcol 0/1/2 Calore 0/1/2 Cibi 0/1/2 Freddo 0/1/2 Altro 0/1/2
0 = Mai ; 1 = Bassa frequenza (in meno di 1/3 degli attacchi); 2 = Alta frequenza (in più di 1/3 degli attacchi)
105
TABELLA 2: Caratteristiche dell’emicrania, dell’emicrania con aura e
dell’emicrania senza aura.
*DS, deviazione standard; ASC, Allodynia Symptoms Check-list; GAD, generalized anxiety disorder; PHQ, patient health questionnaire.
Emicrania
(n=120)
Emicrania senza
aura (n=88)
Emicrania con
aura (n=32)
Età media (±DS) 38,7±11,7 38,1±11,1 40,2±13,2
Genere femminile 104 (86,7%) 75 (85,2%) 29 (90,6%)
Durata della cefalea 15,5±11,9 14,9±10,8 17,0±14,4
Frequenza degli attacchi (n°attacchi/mese)
5,9±5,4 6,0±5,4 5,6±5,3
Fattori scatenanti 7,2±3,9 7,0±3,6 7,6±4,6
ASC-12 6,2±4,3 6,0±3,9 6,5±5,2
GAD-7 7,6±4,7 7,3±4,6 8,4±4,9
PHQ-9 5,9 ±3,9 5,7±3,6 6,1±4,7
106
TABELLA 3: Regressione logistica predittiva della probabilità di
riscontrare un numero di fattori scatenanti >7
Odds
Ratio
Odds Ratio (intervalli di confidenza)
Inferiore Superiore
Sesso 2,562 0,698 9,404 Diagnosi 1,040 0,380 2,851 Durata della malattia emicranica
1,027 0,989 1,067
Frequenza 1,004 0,916 1,101 Allodinia* 2,841 1,119 7,213 GAD-7 1,111 0,981 1,258 PHQ-9 1,103 0,936 1,301 BMI 1,136 0,421 3,065 Fumo 0,594 0,186 1,902 *p<0,05 GAD-7: Generalized Anxiety Disorder 7 Items Scale; PHQ-9: Patient Health Questionnaire 9 Items Scale. BMI: Body Mass Index
107
FIGURE
108
FIGURA 1: Numero di fattori scatenanti (%) nei pazienti emicranici.
109
FIGURA 2: Numero medio di fattori scatenanti nei quattro gruppi di
pazienti: non allodinici, allodinici lievi, allodinici moderati, allodinici gravi
(linea blu).
Numero medio di fattori scatenanti presenti, con frequenza medio-elevata,
negli stessi gruppi di pazienti (linea rossa).
110
FIGURA 3: Numero di fattori scatenanti (%) in pazienti emicranici con
allodinia moderata-grave e in pazienti emicranici non allodinici o con
allodinia lieve.
111
FIGURA 4: Numero di fattori scatenanti (%) presenti con frequenza medio-
elevata in pazienti emicranici con allodinia moderata-grave, e in pazienti
emicranici non allodinici o con allodinia lieve.
112
APPENDICI
113
APPENDICE 1: ICHD III 2013 (International Classification of
Headache Disorders 3rd Edition 2013)
EMICRANIA SENZA AURA Descrizione: Disturbo cefalalgico ricorrente con attacchi della durata di 4-72 ore. Gli attacchi sono tipicamente caratterizzati da dolore a localizzazione unilaterale, di qualità pulsante, di intensità moderata o forte, peggiorato da attività fisica di routine e associato a nausea e/o fotofobia e fonofobia. Criteri diagnostici: A. Almeno 5 attacchi1 che soddisfino i criteri B-D B. La cefalea dura 4-72 ore (non trattata o trattata senza
successo) C. La cefalea presenta almeno due delle seguenti
caratteristiche: 1. Localizzazione unilaterale 2. Tipo pulsante 3. Dolore con intensità media o forte 4. Aggravata o che limiti le attività fisiche di routine
(per es., camminare, salire le scale) D. Alla cefalea si associa almeno una delle seguenti
condizioni: 1. Presenza di nausea e/o vomito 2. Presenza di fotofobia e fonofobia
E. Non attribuita ad altra condizione o patologia.
114
EMICRANIA CON AURA Descrizione: Attacchi ricorrenti, della durata di minuti, di sintomi unilaterali, completamente reversibili di tipo visivo, sensitivo o altri sintomi neurologici focali, che solitamente si sviluppano gradualmente e sono seguiti da cefalea emicranica e altri sintomi associati.
Criteri diagnostici: A. Almeno 2 attacchi che soddisfino i criteri B-D B. Aura accompagnata da sintomi completamente reversibili:
1. Sintomi visivi 2. Sintomi sensitivi 3. Disturbi della parola e/o del linguaggio 4. Disturbi motori 5. Disturbi a carico del tronco encefalico 6. Disturbi retinici
C. Almeno 2 delle seguenti 4 caratteristiche: 1. Almeno 1 sintomo dell’aura si sviluppa
gradualmente in ≥5 minuti e/o 2 o più sintomi si manifestano in successione
2. Ogni sintomo dell’aura dura 5-60 minuti1 3. Almeno 1 sintomo dell’aura è unilaterale2 4. L’aura è accompagnata, o seguita entro 60 minuti,
dalla cefalea D. Non attribuita ad altra condizione o patologia. Note: 1. Se, ad esempio, 3 sintomi si succedono nel corso di un’aura, la durata massima accettabile è 3x60 minuti. I sintomi motori possono durare fino a 72 ore. 2. L’afasia è sempre considerata un sintomo unilaterale, mentre la disartria può essere unilaterale o bilaterale.
115
APPENDICE 2: ALLODYNIA SYMPTOMS CHECK.LIST 12 (ASC-12). Domanda: “durante gli attacchi più forti, quanto spesso le capita di provare una sensazione di dolore sulla pelle facendo le seguenti cose?”
Non applicabile
Mai Raramente Meno della metà delle volte
Metà delle volte o più
Pettinarsi i capelli Tirarsi i capelli all’indietro
Radersi la faccia Indossare occhiali Indossare lenti a contatto
Indossare orecchini Indossare collane Indossare abiti attillati Nella doccia con l’acqua che scorre sul viso
Posare la faccia o la testa sul cuscino
Esporsi a temperature elevate
Esporsi a basse temperature
Totale
Interpretazione dei 12 items della Allodynia Symptom Checklist (ASC-12) Allodinia Intervallo ASC Nessuna (0-2) Lieve (3-5) Moderata (6-8) Severa 9 o più Punteggio 0 = non applicabile; mai; raramente Punteggio 1 = meno della metà delle volte Punteggio 2 = metà o più di metà delle volte
116
APPENDICE 3: GENERALIZED ANXIETY DISORDER 7-ITEM
SCALE (GAD-7)
Nelle ultime 2 settimane, con quale frequenza le ha dato fastidio ciascuno dei seguenti problemi?
Mai Alcuni giorni
Per più della metà dei giorni
Quasi ogni giorno
1. Sentirsi nervoso/a, ansioso/a
0 1 2 3
2. Non riuscire a smettere di preoccuparsi o a tenere sotto controllo le preoccupazioni
0 1 2 3
3. Preoccuparsi troppo per varie cose
0 1 2 3
4. Avere difficoltà a rilassarsi
0 1 2 3
5.Essere talmente irrequieto/a da far fatica a stare seduto/a, fermo/a
0 1 2 3
6. Infastidirsi o irritarsi facilmente
0 1 2 3
7. Avere paura che possa succedere qualcosa di terribile
0 1 2 3
Totale:______
117
APPENDICE 4: QUESTIONARIO SULLA SALUTE DEL/DELLA PAZIENTE-9 (PHQ-9) Nelle ultime 2 settimane, con quale frequenza le ha dato fastidio ciascuno dei seguenti problemi? (Segni la sua risposta con una “X”)
Mai Alcuni giorni
Per più della metà dei giorni
Quasi ogni giorno
1. Scarso interesse o piacere nel fare le cose
0 1 2 3
2. Sentirsi giù, triste o disperato/a 0 1 2 3 3. Problemi ad addormentarsi o a dormire tutta la notte senza svegliarsi, o a dormire troppo
0 1 2 3
4. Sentirsi stanco/a o avere poca energia
0 1 2 3
5. Scarso appetito o mangiare troppo
0 1 2 3
6. Avere una scarsa opinione di sé, o sentirsi un/una fallito/a o aver deluso se stesso/a o i propri familiari
0 1 2 3
7. Difficoltà a concentrarsi su qualcosa, per esempio leggere il giornale o guardare la televisione
0 1 2 3
8. Muoversi o parlare così lentamente da poter essere notato/a da altre persone. O, al contrario essere così irrequieto/a da muoversi molto più del solito
0 1 2 3
9. Pensare che sarebbe meglio morire o farsi del male in un modo o nell’altro
0 1 2 3
Totale:______