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1 Corso per “Addetti al settore forestale” - SELVICOLTURA GENERALE - A cura del Dott. Michele Colangelo La selvicoltura è un settore nell’ambito delle Scienze Forestali che si occupa di studiare la tecnica dell’impianto, dell’utilizzazione e della rinnovazione dei boschi (A. De Philippis 1960). In pratica la selvicoltura (dal latino “silva”, bosco o foresta e “coltura”, coltivare) rappresenta la scienza e la pratica di coltivare i boschi, applicando i principi dell’ecologia forestale all’impianto, alla rinnovazione e a razionali interventi per condizionare la struttura, la composizione, ecc, dei popolamenti forestali (P. Piussi 1980). In altre parole (secondo Smith, 1986) non è altro che la scienza che modifica le caratteristiche dei popolamenti forestali in funzione degli scopi della gestione, dunque rappresenta lo strumento di conciliazione tra esigenze ecologiche della foresta e le esigenze economiche e sociali. L’obiettivo della selvicoltura è quello di ottenere una continuità della produzione legnosa e una sua razionalizzazione nel tempo attraverso una serie di interventi dell’uomo che si possono interpretare come manipolazioni dell’ambiente naturale. I mezzi della selvicoltura Il principale strumento tecnico con cui la selvicoltura agisce sul bosco é costituito dall'eliminazione di alcune piante (alberi, ma anche arbusti od erbe) così da favorire la crescita di altre piante. In alcuni casi invece la selvicoltura ricorre all'impianto di alberi, come avviene per i rimboschimenti o per la rinnovazione artificiale. Con questi interventi sono simulati dei processi - natalità e mortalità - che avvengono naturalmente nelle popolazioni. I mezzi della selvicoltura sono quindi imitazioni di processi naturali che "forzano" l'ecosistema in funzione delle esigenze produttive o dei servizi richiesti. Il bosco Esistono diverse definizioni di bosco, il termine varia a seconda che venga impiegato in senso ecologico e fisiologico oppure giuridico, fiscale, ecc. Secondo l’ ISTAT per bosco si intende un terreno di superficie non inferiore a mezzo ettaro in cui vengono piantate legnose forestali, arboree o arbustive, determinanti a maturazione una copertura del suolo superiore al 50%. Per l’ I.F.N. (Inventario Forestale Nazionale) è un tratto di terreno di almeno 2000 m 2 coperto per almeno il 20% di alberi o arbusti. La FAO intende per bosco qualsiasi formazione arborea in cui almeno il 10-20% della superficie sia coperto da chiome. Per bosco in senso ecologico si intende una struttura in cui alberi e/o arbusti sono i membri di un’intera comunità vivente legata in complessi rapporti di scambio con altre specie animali o vegetali, organizzati in 4-5 livelli (produttori, consumatori, decompositori). Il bosco è pertanto un ecosistema completo e dotato di notevoli complessità. Funzioni del bosco Sin dall’antichità erano stati riconosciuti alla foresta utilità di diversa natura, riconducibili essenzialmente a tre funzioni: 1. la funzione produttiva (legname da opera, da industria, legna da ardere e da carbone; resine; frutti; funghi, foglie, ecc.); 2. la funzione protettiva e tutelare del suolo e delle installazioni o più generalmente degli interessi creati dall’uomo, attraverso l’azione regimante delle acque, la difesa dall’erosione, dalle frane, dalle valanghe, dal vento ecc.;

Selvicoltura Generale

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SELVICOLTURA

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Corso per “Addetti al settore forestale”

- SELVICOLTURA GENERALE -

A cura del Dott. Michele Colangelo

La selvicoltura è un settore nell’ambito delle Scienze Forestali che si occupa di studiare la tecnica

dell’impianto, dell’utilizzazione e della rinnovazione dei boschi (A. De Philippis 1960).

In pratica la selvicoltura (dal latino “silva”, bosco o foresta e “coltura”, coltivare) rappresenta la scienza

e la pratica di coltivare i boschi, applicando i principi dell’ecologia forestale all’impianto, alla

rinnovazione e a razionali interventi per condizionare la struttura, la composizione, ecc, dei popolamenti

forestali (P. Piussi 1980).

In altre parole (secondo Smith, 1986) non è altro che la scienza che modifica le caratteristiche dei

popolamenti forestali in funzione degli scopi della gestione, dunque rappresenta lo strumento di

conciliazione tra esigenze ecologiche della foresta e le esigenze economiche e sociali.

L’obiettivo della selvicoltura è quello di ottenere una continuità della produzione legnosa e una sua

razionalizzazione nel tempo attraverso una serie di interventi dell’uomo che si possono interpretare come

manipolazioni dell’ambiente naturale.

I mezzi della selvicoltura

Il principale strumento tecnico con cui la selvicoltura agisce sul bosco é costituito dall'eliminazione di

alcune piante (alberi, ma anche arbusti od erbe) così da favorire la crescita di altre piante. In alcuni casi

invece la selvicoltura ricorre all'impianto di alberi, come avviene per i rimboschimenti o per la

rinnovazione artificiale.

Con questi interventi sono simulati dei processi - natalità e mortalità - che avvengono naturalmente nelle

popolazioni.

I mezzi della selvicoltura sono quindi imitazioni di processi naturali che "forzano" l'ecosistema in

funzione delle esigenze produttive o dei servizi richiesti.

Il bosco

Esistono diverse definizioni di bosco, il termine varia a seconda che venga impiegato in senso ecologico e

fisiologico oppure giuridico, fiscale, ecc.

Secondo l’ ISTAT per bosco si intende un terreno di superficie non inferiore a mezzo ettaro in cui

vengono piantate legnose forestali, arboree o arbustive, determinanti a maturazione una copertura del

suolo superiore al 50%.

Per l’ I.F.N. (Inventario Forestale Nazionale) è un tratto di terreno di almeno 2000 m2 coperto per almeno

il 20% di alberi o arbusti.

La FAO intende per bosco qualsiasi formazione arborea in cui almeno il 10-20% della superficie sia

coperto da chiome.

Per bosco in senso ecologico si intende una struttura in cui alberi e/o arbusti sono i membri di un’intera

comunità vivente legata in complessi rapporti di scambio con altre specie animali o vegetali, organizzati

in 4-5 livelli (produttori, consumatori, decompositori).

Il bosco è pertanto un ecosistema completo e dotato di notevoli complessità.

Funzioni del bosco

Sin dall’antichità erano stati riconosciuti alla foresta utilità di diversa natura, riconducibili essenzialmente

a tre funzioni:

1. la funzione produttiva (legname da opera, da industria, legna da ardere e da carbone; resine;

frutti; funghi, foglie, ecc.);

2. la funzione protettiva e tutelare del suolo e delle installazioni o più generalmente degli interessi

creati dall’uomo, attraverso l’azione regimante delle acque, la difesa dall’erosione, dalle frane,

dalle valanghe, dal vento ecc.;

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3. la funzione turistico-ricreativa e di salvaguardia dell’ambiente naturale, esplicata dal bosco in

forme e con gradi diversi di intensità secondo i suoi caratteri, la sua estensione e distribuzione.

Funzioni, queste, ribadite e amplificate con la Legge Forestale del 1923 (Regio Decreto n. 3267) che

riconosce il ruolo protettivo del bosco contro l’erosione del suolo e i pericoli naturali oltre a stabilire

l’importante vincolo idrogeologico.

È anche compito della selvicoltura di trarre dal bosco, nella massima misura possibile, tutti questi servigi

di diversa natura, il cui rendimento è sempre e comunque legato al grado di efficienza del popolamento.

Condizione imprescindibile al successo di questa attività è perciò la conservazione dell’equilibrio tra il

bosco e l’ambiente ecologico che lo ospita.

Funzione produttiva

Questa funzione ha mantenuto lungo i secoli più o meno intatta la propria importanza grazie alla duttilità

nell’uso del legno, mutato più volte attraverso il tempo anche perché la materia prima ha trovato anche

nuovi sbocchi (per esempio per l’estrazione della cellulosa). Nelle utilizzazioni boschive, pertanto, è

importante dare al legname la più conveniente destinazione.

A seconda dell’impiego, il legno si distingue in tre categorie e cioè: combustibile, da opera in genere e da

industria.

Combustibile - Nella categoria del combustibile sono compresi la legna da ardere vera e propria allestita

in tondelli, squarti, ciocchi, e fascine ed il carbone vegetale ottenuto per la trasformazione del legno nelle

comuni carbonaie, la trasformazione dei residui in pellets o cippato, ecc.

Può essere impiegato tanto per riscaldamento che per produzione di energia in genere ed anche per scopi

industriali così da poter affermare che l’impiego dei combustibili vegetali per riscaldamento è quello di

più larga applicazione.

Legname da opera - Il legname con destinazione diversa da quella di combustibile può essere allestito in

tre modi e, cioè, allo stato tondo con o senza corteccia, squadrato con l’ascia a spigolo vivo o smussato e

segato. Si distingue in legname da costruzione, legname da lavoro e legname per usi industriali.

Legname da costruzione - Comprende tutti gli assortimenti che vengono messi in opera allo stato

tondo, squadrato e segato nelle costruzioni edilizie, stradali, ferroviarie, idrauliche, navali, minerarie, in

agricoltura.

Legname da lavoro - Chiamato generalmente anche da opera, è costituito da quegli assortimenti

grezzi o semilavorati che, anziché essere posti in opera nello stato in cui furono allestiti, vengono

sottoposti ad ulteriore lavorazione da parte del mobiliere, del carradore, del tornitore, dell’intagliatore, del

bottaio, del falegname, del cestaio, dell’artigiano in genere. Per corrispondere alle necessità dell’impiego,

il legname viene sottoposto a segagione per ricavarne tavoloni, tavole, tavolette, assicelle, scurette,

listelli, scandole, ecc.

Per la preparazione di un determinato prodotto finito si richiede l’impiego di speciali assortimenti e di

legname di specie appropriate avente, di solito, un elevato grado di stagionatura oppure dopo aver subito

particolari trattamenti (es. vaporizzazione).

A differenza di quanto avviene per il legname da costruzione, quello da lavoro viene tratto, non soltanto

dal fusto ed eventualmente dai grossi rami (traverse ferroviarie), ma altresì dai polloni, dal ceppo e anche

dalle radici (noce, acero, ecc.) che forniscono legname di ceppaia assai ricercato dal mobiliere per le

marezzature di cui è dotato.

Legname da industria - Comprende tutti i legnami che, nel processo applicativo, cedono alcune

delle sostanze in essi contenute oppure subiscono una trasformazione fisico-chimica più o meno profonda

come quelli impiegati dalle industrie concianti, tintorie, medicinali, della pasta meccanica, della cellulosa,

della saccarificazione, della distillazione, della potassa, ecc.

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Funzione protettiva

I boschi esplicano anche la funzione protettiva e tutelare del suolo e delle installazioni o più generalmente

degli interessi creati dall’uomo, attraverso l’azione regimante delle acque, la difesa dall’erosione, dalle

frane, dalle valanghe, dal vento ecc.

La principale attività si verifica nell’intercettazione della pioggia per mezzo degli apparati fogliari degli

alberi e del sottobosco. Infatti gli apparati fogliari acquistano per contro grande importanza nella

riduzione della forza viva delle gocce di acqua, eccezionalmente elevata durante le piogge intense. Lungo

le pendici ben rivestite di bosco, gli ostacoli frapposti dalla vegetazione abbassano inoltre la velocità del

deflusso superficiale a ¼ di quella che si avrebbe sullo stesso pendio denudato diminuendo l’energia

erosiva che si potrebbe sviluppare nei terreni nudi.

Queste considerazioni possono in parte spiegare perché nei boschi efficienti l’erosione superficiale sia

scarsa o nulla e perché, all’inverso, raggiunga valori più o meno forti non soltanto nei terreni agrari mal

sistemati o lasciati incustoditi, ma anche nei boschi eccessivamente diradati.

Funzione turistico-ricreativa e di salvaguardia dell'ambiente naturale

Questa funzione ha assunto solo negli ultimi decenni una importanza tale da potersi porre allo stesso

livello delle due precedenti. L’attuale civiltà industriale e post-industriale, creando all’uomo condizioni di

vita sempre più innaturali nei centri urbani, ha rivalorizzato agli effetti dell’equilibrio psichico e fisico

della società contemporanea i servigi che il bosco può rendere.

Gli Stati Uniti sono stati decisamente i precursori in materia di ricreazione all’aperto e di educazione

naturalistica del pubblico portando all’istituzione di parchi naturali (il primo parco sorse già nel 1872 a

Yellowstone, in Italia il Parco Naz. del Gran Paradiso 1922).

Da allora le foreste dei parchi sono state gestite come se fossero boschi vergini, lasciando per esempio

marcire gli alberi che per decrepitezza cadevano a terra e intervenendo solo con prudenti misure (per

esempio lotta contro gli insetti parassiti) a mitigare certi scompensi biologici.

Il punto fondamentale legato all’attività turistica è stabilire in quale misura e con quali modalità,

indipendentemente dai benefici economici diretti, il turismo può essere ammesso in foresta senza

comprometterne l’esistenza e senza diminuirne troppo la funzionalità tutelare e produttiva.

Volendo concludere il quadro delle molteplici funzioni che il bosco esplica ecco sintetizzate le altre

funzioni accessorie, ma non per questo di minore importanza, che hanno i complessi forestali:

- Funzione sociale - Fonte di lavoro e di reddito e benessere per i lavoratori addetti al settore legno

- Difesa e conservazione del patrimonio genetico e della sua variabilità – Conservazione e

protezione dei peculiari popolamenti animali e vegetali.

- Habibat specializzato per animali e piante e mantenimento di ecosistemi forestali tipici

- Funzione di monitoraggio ambientale e bioindicazione della qualità dell’ambiente - Funzione igienico sanitaria o ambientale - Comprende:

- la regolazione dell'equilibrio O2/CO2 (ossigeno/anidride carbonica),

- filtro e abbattimento degli inquinanti gassosi

- depurazione biologica con emissione di sostanze battericide o fungicide.

- abbattimento dell'inquinamento acustico

- depurazine delle acque.

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Il clima

Per clima si intende l’insieme di fenomeni meteorologici che caratterizzano una data regione geografica.

Esso si può definire anche come: “la sintesi della probabilità di distribuzione di tutti gli elementi che

determinano il tempo atmosferico”. Tale elemento è di fondamentale importanza per l’inquadramento dei

climi italiani in relazione alle esigenze della selvicoltura; a tale scopo viene usualmente impiegata la

classificazione fitoclimatica di Pavari (1916) la quale distingue cinque zone definite da limiti termici dove

entro ogni zona vengono create, sempre in base alla temperatura, delle sottozone.

Lauretum (sottozone: calda, media, fredda): la temperatura media annua è compresa tra 12 e 23°C. La

zona è caratterizzata, nel bacino del Mediterraneo, da piogge concentrate nel periodo autunno-invernale e

da siccità estiva più o meno prolungata. La sua estensione corrisponde, grosso modo, a quella della

vegetazione sempreverde della fascia costiera dei paesi che circondano il Mediterraneo, rappresentata da

boschi e arbusteti (macchie) di specie più o meno xerofile e termofile. È l’area di vegetazione dell’olivo e,

tra le conifere spontanee, del pino d’Aleppo, del cipresso, del pino domestico e del pino marittimo: essa

interessa buona parte del territorio peninsulare e insulare italiano, fino ad altitudini di 400-500 m nel

Centro-Nord, di 600-700 m nel Centro-Sud e di 800-900 m nell’estremo sud e nelle isole.

Castanetum (sottozone: calda e fredda): le caratteristiche termiche della zona sono: temperatura media

annua compresa tra 10 e 15°C. Pur non essendo infrequenti siccità estive più o meno prolungate, la

quantità e la distribuzione stagionale delle piogge sono generalmente più favorevoli alla produzione

legnosa rispetto alla zona del Lauretum. La vegetazione forestale è principalmente costituita da querce

caducifoglie e da castagno; è inoltre caratterizzata dall’assenza pressoché totale di conifere spontanee,

sebbene frequente sia la presenza di quelle dei piani superiore e inferiore. Questa zona occupa gran parte

della bassa e media montagna prealpina ed appenninica e tutta la pianura padana.

Fagetum (sottozone: calda e fredda): questa zona è caratterizzata da una temperatura media annua

compresa tra 6 e 12°. La temperatura costituisce, nel Fagetum, il principale fattore limitante la produzione

legnosa. Le disponibilità idriche sono generalmente abbondanti (precipitazioni copiose e presenti anche

d’estate, umidità atmosferica elevata), tanto che le specie caratteristiche della zona (faggio, alcune querce,

abete bianco, ecc.) sono per lo più specie mesofite o addirittura igrofile. Questa zona si estende sulle Alpi

e sull’Appennino settentrionale da 700-900 a 1200 m, sull’Appennino centrale da 800-1000 a 1500 m e

sull’Appennino meridionale da 1000-1200 a 1700 m.

Picetum (sottozone: calda e fredda): le caratteristiche termiche sono: temperatura media annua compresa

tra 3 e 6°. Le precipitazioni sono sempre abbondanti. È la zona delle conifere d’alta montagna, che

presenta, oltre a vaste formazioni boschive di picea, larice, pino silvestre e pino cembro, notevoli

estensioni di pascoli permanenti.

Alpinetum: questa zona è caratterizzata da

una temperatura media annua oscillante

intorno a 2°C e da una media delle minime

assolute annue anche inferiore a -40°C. Non

si riscontrano veri boschi di alto fusto, ma

gruppi di specie microterme quali pino

mugo, pino cembro, larice, picea, betulla,

ontano verde, salici, rododendri, per lo più in

forme contorte, basse o striscianti, alternati a

pascoli di alta quota. Più in alto, le ultime

forme di vegetazione lasciano

progressivamente il posto alle rocce nude,

alle nevi persistenti e ai ghiacciai.

Le zone fitoclimatiche di Pavari in Italia

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Selvicoltura: termini tecnici e definizioni

Riportiamo qui in seguito alcuni termini fondamentali in selvicoltura con le relative definizioni.

Stazione forestale: ambiente biofisico in cui il popolamento forestale vive, E’ la risultante

dell’interazione dei diversi fattori ecologici che caratterizzano il luogo dove vive un popolamento

forestale (fatt. abiotici e biotici, es: topografia, luce, umidità, calore, suolo, fauna, vegetazione, ecc)

Rimboschimento: foresta impiantata artificialmente su terreni precedentemente ricoperti da bosco,

spesso con mutamento di specie.

Imboschimento: foresta stabilita artificialmente su

terreno su cui non c’era in precedenza il bosco.

Arboricoltura da legno: ha per oggetto la coltivazione di

un semplice insieme di alberi a carattere temporaneo e

reversibile, con la sola finalità di ottimizzare la

produzione di legno. (Fig: pioppeto da arboricoltura da

legno)

Turno: è la lunghezza del ciclo colturale della fustaia

coetanea, è pari al numero di anni necessari al

popolamento per raggiungere la maturità economica.

Struttura: è il modo con cui le parti di una comunità si

distribuiscono nello spazio e nel tempo.

STRUTTURA SPAZIALE:

Struttura verticale o stratificazione: modo di

distribuzione nello spazio verticale in strati a

diversa altezza, dipende dalla compresenza di

specie con diverse esigenze, con differenti modi di

utilizzare l’energia luminosa e anche dai rapporti di competizione.

Struttura orizzontale o tessitura: consiste nel modo di raggrupparsi o distanziarsi tra loro degli

alberi nello spazio orizzontale, dipende: dai meccanismi di propagazione (disseminazione,

moltiplicazione vegetativa); dalle vicende naturali (afflusso di luce, acqua); dalle utilizzazioni

delle attività umane.

Quindi per struttura si intende l’organizzazione spaziale delle componenti dell’ecosistema forestale. La

sezione orizzontale studia la dispersione, che può essere:

Regolare

Aggregata: è la migliore delle forme in cui c’è appunto una sorta di unione e si occupa

meglio lo spazio;

Casuale: si può quantificare e stabilire la distribuzione.

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Nella sezione verticale si evidenzia, invece, la distribuzione delle chiome e quindi i rapporti di

concorrenza.

Le strutture verticali possono essere:

A. Uniforme monoplana:

individui con chioma alla stessa altezza che

formano un evidente strato orizzontale

(questa struttura è tipica di fustaie trattate a

taglio raso o boschi invecchiati);

B. Biplana: struttura verticale costituita

da due piani distinti (tipica di vecchio

soprassuolo sotto la cui copertura si

sviluppa un nuovo popolamento);

C. Pluriplana stratificata:

struttura verticale articolata su più piani o

strati ben visibili (tipica dei soprassuoli

disetanei o nei boschi d’alta quota).

Struttura per età:

Coetaneo: bosco con alberi della stessa

età o nati a breve distanza di tempo;

N = numero di alberi

Diametro

N

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Disetaneo: bosco con tutte le classi di età presenti.

(Fustaia disetanea di abete rosso e abete bianco in Trentino)

STADI EVOLUTIVI: nel corso della

vita di un soprassuolo arboreo, dal

momento del suo insediamento fino al

momento del taglio di maturità,

l’accrescimento degli alberi determina

l’occupazione totale dello spazio a

disposizione delle chiome. Il

soprassuolo acquista quindi una

determinata struttura verticale la quale

si evolve attraverso il tempo (sviluppo

del soprassuolo) e dà luogo a diversi

stadi evolutivi, ciascuno dei quali è

caratterizzato da caratteri dimensionali,

organizzazione spaziale, condizioni di

accrescimento e, di conseguenza,

problemi colturali suoi propri.

-Fig: stadi evolutivi di un soprassuolo

coetaneo e distribuz. (esemplificativa)

dei diametri (fonte Piussi):

a) Novelleto 2m circa

b) Spessina 8-10m

c) Perticaia 15-20m

d) Fustaia

N = numero di alberi

Diametro

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a) L’insediamento del novellame su un’ampia superficie entro un breve periodo di tempo dà origine

ad un popolamento – novelleto, oppure posticcia se di origine artificiale – formato da individui

con chioma che riveste completamente il tronco, fusto sottile ed elastico, accrescimento

longitudinale progressivamente crescente. In questa fase le singole piante, le cui chiome spesso, e

soprattutto nella fase iniziale, non sono a contatto, possono subire la concorrenza della

vegetazione erbacea ed arbustiva, il morso degli animali domestici al pascolo o i danni causati

dalla selvaggina ecc. Queste condizioni cessano gradualmente allorché le piante raggiungono

l’altezza di 2 m circa.

b) Dal momento in cui le chiome giungono a contatto tra di loro e le cime si sono innalzate il

popolamento entra nello stadio di spessina. Solo la cima ed una parte dei rami laterali di alcune

piante riescono ad emergere dalla massa in cui è immersa la maggior parte degli alberi. Nella fase

di spessina le condizioni di concorrenza intraspecifica si fanno rapidamente molto forti, in quanto

le differenze di accrescimento in altezza si traducono in una diversa disponibilità di luce: si può

riconoscere pertanto una posizione sociale degli alberi. Ne consegue un aumento della mortalità a

spese degli individui meno favoriti: in questo stadio la riduzione numerica degli alberi è molto

marcata

Lo stadio di spessina si protrae fino al momento in cui, in seguito al graduale disseccamento dei

rami inferiori e, successivamente, al loro eventuale distacco (autopotatura) si crea una chiara

distinzione tra lo spazio occupato dalle chiome e quello occupato dai soli tronchi, così che diventa

possibile percorrere il bosco senza incontrare l’ostacolo dei rami. A questo punto l’altezza del

soprassuolo si aggira intorno agli 8-10 m, di cui la metà superiore è occupata dalla chioma verde,

ed il diametro degli alberi dominanti raggiunge i 10 cm.

c) Allo stadio di spessina segue quello di perticaia: il piano dominante si sposta da 8-10 m ai 15-20

m, in relazione anche alla specie legnosa ed alla fertilità della stazione, l’incremento diametrale e

quello longitudinale sono ancora forti. La concorrenza tra gli alberi si è ridotta dopo la forte

mortalità della fase precedente ed è manifesta la differenziazione sociale espressa da un

soprassuolo dominante ed uno dominato.

d) Con la riduzione dell’accrescimento longitudinale prima e di quello diametrale poi, nello stadio di

fustaia (o soprassuolo adulto), si riduce e poi si arresta il processo di differenziazione sociale e

quindi la concorrenza. Al suolo perviene una maggior quantità di luce e le specie erbacee possono

occupare una superficie rilevante del suolo. La mortalità naturale è assai più ridotta che non negli

stadi precedenti ed è imputabile a fattori di origine biotica (insetti, funghi) ed abiotica (vento,

neve, fulmine); di conseguenza la selezione non opera più su una classe specifica di alberi.

Grado di copertura: si riferisce all’intensità di copertura esercitata dalle chiome dello strato dominante e

dello strato dominato. È dato dal rapporto tra la somma delle superfici di proiezione orizzontale delle

chiome e la superficie dell’area di saggio.

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Tipi di copertura e caratteri distintivi

Colma: chiome appressate, si toccano, si compenetrano tanto da assumere conformazione

irregolare, asimmetria e sviluppo ridotto.

Regolare: continua, senza vuoti o interruzioni rilevanti.

Leggera: chiome non si toccano ma non vi sono varchi nella copertura che consentano sviluppo di

altre chiome.

Aperta: chiome non si toccano, ma esistono interspazi che consentono sviluppo chioma nuovi

individui.

Rada: chiome distanziate, consentono sviluppo piccoli gruppi di alberi.

Isolata: chiome isolate e separate.

Rinnovazione: la rinnovazione consiste nella successione di generazioni di alberi talvolta combinata a

successione di specie. Le condizioni che influenzano la rinnovazione sono: la fioritura, il tipo

d’impollinazione, la fruttificazione, la disseminazione, la quantità di seme, ecc.

Le fasi della rinnovazione sono:

- produzione di seme;

- disseminazione;

- sopravvivenza del seme;

- nascita plantale (cessazione, dormienza, germinazione, emergenza);

- decrescimento plantale;

- mortalità.

La rinnovazione può essere naturale o artificiale. La rinnovazione è di origine naturale quando le nuove

piante compaiono in seguito a disseminazione naturale o da polloni sorti da ceppaie preesistenti, mentre è

artificiale quando la nuova generazione di piante viene introdotta dall’uomo mediante una semina o la

messa a dimora di piantine prodotte in vivaio che in alcuni casi possono essere ottenute per propagazione

vegetativa.

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La rinnovazione naturale assicura in genere una copertura permanente del terreno e quindi un

collegamento più efficace tra due generazioni successive di alberi. In tal modo si stabilizza anche il

microclima a livello del suolo, con conseguenze favorevoli per l’attività biotica. Le piantine nate da seme

possiedono un apparato radicale più vigoroso e maggiormente sviluppato in profondità, a differenza delle

piantine allevate in vivaio che, al momento dell’estrazione per essere poste a dimora, subiscono

inevitabilmente delle mutilazioni. Un ulteriore vantaggio della rinnovazione naturale è costituito dal fatto

che non richiede i costi necessari per i lavori di raccolta del seme, di allevamento in vivaio e di

rimboschimento.

A favore della rinnovazione artificiale si possono addurre invece altri argomenti. La messa a dimora di

piantine ormai affermate elimina i numerosi rischi esistenti nelle fasi di fioritura, fruttificazione,

disseminazione, permanenza del seme al suolo prima della germinazione, e poi nascita ed accrescimento

iniziale. Mediante la rinnovazione artificiale viene quindi abbreviato il periodo di rinnovazione, anche

perché si elimina la dipendenza dalle annate di pasciona che, in alcuni tipi di bosco, sono notevolmente

distanziate. La rinnovazione artificiale, soprattutto se effettuata mediante piantagioni, consente di regolare

opportunamente la densità così che non sono necessari gli sfolli e sono resi più facili i diserbi ed i

decespugliamenti la cui esecuzione può essere talvolta eseguita con mezzi meccanici.

Classificazioni arboree: sono state elaborate delle classificazioni arboree con lo scopo di fornire una

descrizione chiara ed obiettiva dei singoli individui che formano un soprassuolo e del bosco nel suo

insieme.

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La classificazione arborea più largamente impiegata è stata elaborata da Kraft nel 1884. gli alberi

vengono valutati a seconda della loro posizione rispetto agli alberi vicini e dei caratteri della chioma

che sono in parte una conseguenza della posizione sociale.

1. Alberi predominanti, con chioma eccezionalmente vigorosa.

2. Alberi dominanti, con chioma normalmente sviluppata; questi costituiscono la

maggior parte del soprassuolo principale (e quindi sono il termine di riferimento

per le altre classi).

3. Alberi scarsamente codominanti, con chioma di forma naturale, ma non

completamente sviluppata, ristretta, spesso con qualche sintomo degenerativo

(apici marginali secchi, rami angolosi).

4. Alberi dominati con chioma più o meno ridotta, compressa perifericamente o

bilateralmente, o a sviluppo unilaterale. Gli alberi dominati possono essere

interposti, con chioma compressa dalle vicine ma non compenetrata con esse e

parzialmente sottoposti con chioma libera superiormente, compenetrata con le

vicine, o secca nella parte inferiore.

5. Alberi completamente sottostanti con chioma ancora vivente oppure morta o

moribonda.

Le prime tre classi fanno parte del soprassuolo principale, le altre due del soprassuolo

accessorio.

(Copertura del suolo)

(Arbusti) (Dominati)

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I sistemi selvicolturali

Per sistema selvicolturale si intende l’insieme delle operazioni attuate per la coltivazione, l’utilizzazione e

la rinnovazione del bosco.

Gli interventi sul bosco sfruttano i meccanismi di propagazione delle piante per la rinnovazione del

soprassuolo. Il meccanismo di propagazione scelto definisce la forma di governo del bosco:

il governo a ceduo è quello per cui si fa ricorso alla formazione di un nuovo soprassuolo tramite

polloni prodotti da gemme (propagazione vegetativa),

si parla di governo a fustaia quando il soprassuolo è formato da piante nate da seme

(propagazione sessuata).

La rinnovazione da seme consente la comparsa di nuovi genotipi che possono adattarsi a stazioni nuove

oppure a mutamenti dell’ambiente che si verificano in un dato luogo mentre la rinnovazione agamica

consente la conservazione di un genotipo che si è rivelato particolare adatto ad una determinata stazione.

Si indica con ceduo composto un bosco in cui coesistono sulla stessa superficie il ceduo e la

fustaia. La rinnovazione è di origine naturale quando le nuove piante compaiono in seguito a

disseminazione naturale o da polloni sorti da ceppaie preesistenti, mentre è artificiale quando la

nuova generazione di piante viene introdotta dall’uomo mediante una semina o la messa a dimora

di piantine prodotte in vivaio che in alcuni casi possono essere ottenute per propagazione

vegetativa.

Una delle principali conseguenze della manipolazione della foresta è la trasformazione della struttura

spaziale del bosco, in modo da organizzare la distribuzione delle chiome degli alberi secondo modelli

funzionali all’economia umana.

Con i tagli di rinnovazione si tende a regolare la concorrenza fra piante di dimensioni ed età molto

diverse: gli alberi che appartendgono ad una generazione vecchia vengono allontanati per consentire

l’affermazione di una nuova generazione di alberi che occuperà il terreno lasciato libero.

Con i tagli intercalari, eseguiti in popolamenti giovani per i quali non ci si propone ancora la

rinnovazione, si abbattono alcuni alberi in modo da consentire ai rimanenti di occupare lo spazio così

creato e quindi di appropriarsi di una maggiore quantità di risorse.

Il governo a fustaia

Taglio raso

Con taglio raso s’intende la

forma di trattamento

mediante la quale il taglio di

maturità viene eseguito con

l’abbattimento di tutte le

piante presenti su una

determinata superficie. La

rinnovazione può essere

naturale, artificiale o

combinata.

Page 14: Selvicoltura Generale

14

Modalità esecutive

Nell’applicazione del taglio raso non è necessaria un'indicazione preliminare delle piante che verranno

tagliate, in quanto vengono abbattuti tutti gli alberi compresi entro i confini della tagliata, ossia della

superficie di terreno su cui si trova il soprassuolo sottoposto al taglio, mentre devono essere indicati con

attenzione i margini della tagliata stessa.

Alcuni problemi sorgono invece per la definizione delle caratteristiche di estensione, forma ed

orientamento della tagliata e per l’indicazione dei confini. L’estensione della tagliata non dipende solo da

considerazioni economiche, ma anche ecologiche, in particolare quando si desidera utilizzare la

rinnovazione naturale.

Si indica con taglio raso di piccola superficie un taglio di

superficie inferiore ad 1 ha. Quando la superficie interessata dal

taglio ha un lato pari o inferiore a 1-1,5 volte l’altezza delle

piante dominanti circostanti e quindi non supera i 1000-1500

m2 si parla di taglio a buche (fig a destra).

Nelle zone di montagna il taglio raso può facilmente

determinare fenomeni erosivi per evitare i quali è opportuno

limitare la superficie della tagliata e darle una forma allungata

con il lato maggiore disposto lungo le isoipse (curve di livello).

Tuttavia una tagliata disposta in questo modo risulta essere

inadatta quando l’esbosco viene eseguito per gravità o con

teleferiche, e comunque in zone scarsamente servite da strade di

servizio; l’applicazione di tali metodi è invece resa più facile da

tagliate di forma allungata disposte lungo le linee di massima pendenza.

Le modifiche arrecate dal taglio raso alla compattezza del soprassuolo rendono instabili i margini del

bosco adulto che delimita la tagliata per l’azione del vento.

Per questo motivo si è proposto di eseguire alcuni anni

prima del taglio un taglio d’isolamento (fig. a sinistra) di

10-15 m di larghezza lungo quello che sarà il limite della

tagliata. L’esecuzione di questo taglio è solo raramente

realizzabile data la difficoltà di fare previsioni di

trattamento di così lungo periodo. È più facile utilizzare

come limiti della tagliata delle aperture create per altri

motivi (ad esempio strade). In assenza di queste è

necessario definire il limite della tagliata in modo tale che

le piante del soprassuolo adulto che si troveranno

bruscamente isolate siano particolarmente robuste:

individui dominanti, con basso rapporto di snellezza,

chiome sviluppate in profondità, buone condizioni di

salute, specie con apparati radicali profondi.

Nelle zone in cui sia nota la direzione da cui provengono i

venti dominanti è opportuno assicurare alla tagliata la

protezione sopravvento del soprassuolo adulto e, nel caso

di più tagli rasi da applicare a breve distanza di tempo,

eseguire i tagli in una sequenza spaziale diretta

controvento.

Page 15: Selvicoltura Generale

15

Quando non sussiste il pericolo di venti prevalenti, nel programmare i tagli è opportuno fare in modo che

le singole tagliate non si trovino a contatto con altre tagliate recenti, ma siano circondate da soprassuoli

sufficientemente alti, in modo da evitare la formazione di condizioni ambientali, soprattutto nei riguardi

del vento, sfavorevoli alla vita delle giovani piante. Per sfruttare le condizioni più favorevoli di

disseminazione e di microclima in vicinanza del margine il taglio raso può venire condotto lungo margini

(tagli a orlo), ossia superfici dell’ampiezza di qualche decina di metri e lunghe talvolta qualche centinaio

di metri.

La rinnovazione della tagliata può avvenire per via naturale oppure artificiale. la rinnovazione naturale

viene assicurata dal seme caduto dalle piante che si trovano lungo i margini (disseminazione laterale)

oppure da quelle che cadono al taglio e che, di conseguenza, hanno disseminato prima di venire abbattute.

La disseminazione laterale è efficace soprattutto lungo una striscia di terreno di ampiezza limitata (30-50

m); al crescere della distanza dal margine diminuisce la quantità di seme che giunge al suolo.

Per questo motivo si è adottato in alcuni casi il taglio

raso con riserve: al momento del taglio vengono

riservati alcuni alberi regolarmente distribuiti sulla

superficie affinché possano disseminare all’intorno.

Tuttavia le riserve, bruscamente isolate, vengono

spesso facilmente sradicate dal vento.

I margini delle tagliate sono spesso stazioni predilette

dal novellame; qui perviene una maggiore quantità di

seme, e anche le condizioni di crescita sono più

favorevoli di quelle che si hanno all’interno del bosco,

dove il soprassuolo adulto esercita una forte

concorrenza, o di quelle che si hanno all’interno della

tagliata dove la concorrenza viene esercitata dalla vegetazione erbacea. In determinate situazioni al

momento del taglio raso vengono risparmiati alcuni alberi affinché possano continuare il loro

accrescimento durante tutto il secondo ciclo produttivo. In questo modo è possibile ottenere fusti di

dimensioni fuori dal comune che possono essere destinati ad impieghi particolari (travature di grandi

edifici).

Vantaggi e svantaggi del taglio raso

Gli svantaggi di questa forma di trattamento sono costituiti soprattutto dai problemi di ordine ambientale

che esso determina: possibilità di erosione, irregolarità nel ciclo dell’acqua, perdite di nutrienti, disturbo

alla fauna. I soprassuoli nati da taglio raso sono usualmente monoplani e possono essere danneggiati, in

particolare nello stadio di perticaia e di fustaia, dal vento e dalla neve. Se i margini delle tagliate sono

costituiti da soprassuoli adulti i cui margini non siano protetti da alberi cresciuti da lungo tempo isolati, le

piante che si trovano esposte a mezzogiorno subiscono facilmente scottature al tronco da parte della

radiazione solare.

Esso tuttavia offre anche alcuni vantaggi che sono prevalentemente di carattere economico:

semplificazione delle operazioni di organizzazione selvicolturale, di utilizzazione e di esbosco, riduzione

dei danni agli alberi non destinati al taglio, diminuzione dei costi unitari per l’utilizzazione, maggiore

facilità nell’impiego di attrezzature meccaniche che tuttavia, a loro volta, possono provocare danni al

terreno.

Page 16: Selvicoltura Generale

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Taglio raso a strisce

Viene eseguito non su tutta la superficie del soprassuolo maturo, ma su strisce di solito di forma

rettangolare. Ha il vantaggio di diminuire il dominio del vento.

Modalità esecutive

- Orientare i tagli in direzione contraria a quelle dei venti dominanti.

- Conferire forma di rettangolo stretto ed allungato, perpendicolare alla direzione dei venti

dominanti, per favorire migliore distribuzione del seme e assicurare rinnovazione laddove vi sono

problemi in tal senso.

- Orientare strisce N-S se occorre piena illuminazione nelle ore più calde.

- Praticare più strisce parallele separate da altre in cui il popolamento rimane in piedi, diradando

molto forte gli alberi rimasti, per favorire affermazione semenzali.

Ampiezza tagliate

La larghezza deve assicurare una buona disseminazione e favorevoli condizioni di sviluppo del

novellame; la distanza riduce la quantità e la qualità dei semi.

Tagli successivi

Mediante il trattamento a tagli successivi la rinnovazione della fustaia avviene sotto la copertura parziale

del soprassuolo maturo. Questo metodo di trattamento, che si applica alle fustaie coetanee e determina la

formazione di nuovi soprassuoli puri coetanei, si basa sulla rinnovazione naturale, eventualmente

integrata oppure anche sostituita dalla rinnovazione artificiale, e mira ad assicurare al novellame una

protezione da fattori ambientali avversi, oltre che a favorire l’insediamento di specie barocore.

Tagli successivi uniformi

Il soprassuolo adulto viene eliminato con una

sequenza di tagli e precisamente:

1- Taglio di sementazione: si esegue il taglio

di una parte del soprassuolo in modo da

favorire lo sviluppo delle chiome delle piante

restanti e da scoprire parzialmente il terreno.

La rinnovazione è assicurata dal seme che

cade prima del taglio ma germina dopo: è

questo il motivo per cui è consigliabile eseguire il taglio di sementazione in coincidenza con un anno di

pasciona. In tal modo il seme potrà approfittare del terreno ancora privo di copertura erbacea.

Page 17: Selvicoltura Generale

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2- Tagli secondari: le piante rilasciate,

scelte tra quelle più vigorose, provviste di

chiome ben sviluppate e dotate di maggiore

stabilità, traggono beneficio dall’isolamento

e sviluppano notevolmente le chiome. Per

consentire un maggiore, ma graduale,

afflusso di luce al suolo e favorire

l’affermazione del novellame che nel

frattempo avrà raggiunto un’altezza di 50

cm circa si procede, a distanza di qualche

anno dal taglio di sementazione, ad uno o

più tagli parziali, detti tagli secondari, che

riducono ulteriormente la densità del

soprassuolo.

3- Tagli di sgombero: allorché la

rinnovazione appare affermata si procede

all’abbattimento delle piante rimaste sulla

tagliata. Queste hanno avuto modo di

sviluppare una chioma molto ampia che

esercita concorrenza nei riguardi della nuova

generazione. Esse inoltre, al momento

dell’abbattimento, danneggiano spesso in

modo grave la rinnovazione.

(fig a destra. schema del trattamento a tagli

successivi)

Quando non è possibile eseguire la stramatura delle piante ancora in piedi, una volta eseguito il taglio e

l’esbosco si rimboschisce, possibilmente con specie a rapido accrescimento, la zona in cui la rinnovazione

è stata danneggiata o distrutta. Il periodo che separa il taglio di sementazione dal taglio di sgombero viene

indicato come periodo di rinnovazione. I tagli successivi uniformi consistono nell’applicazione dei singoli

tagli su superfici piuttosto ampie: alcuni ettari o anche decine di ettari. Le trasformazioni dell’ambiente

interno avvengono in forma omogenea e, di conseguenza, la rinnovazione si insedia uniformemente su

tutta la tagliata costituendo estesi soprassuoli coetanei.

Page 18: Selvicoltura Generale

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Tagli successivi su piccole superfici

I tagli successivi su piccole superfici sono fondati sulla possibilità di creare mediante i tagli di

rinnovazione condizioni ambientali diverse entro gli spazi ristretti dei margini dei soprassuoli.

Le più note forme di trattamento a tagli successivi per piccole superfici sono:

a) Tagli successivi a gruppi: la rinnovazione ha

inizio dai punti in cui si è insediata

accidentalmente la prerinnovazione oppure

dove si realizza un taglio di sementazione su

una superficie di alcune decine o centinaia di

metri quadrati. Intorno a questi gruppi si

procede successivamente con tagli successivi

applicati in anelli concentrici (a “macchia

d’olio”). Facilita la disetaneizzazione del

soprassuolo

Page 19: Selvicoltura Generale

19

b) Tagli successivi a strisce: il taglio di sementazione viene attuato lungo una striscia di bosco larga da

una a tre volte l’altezza degli alberi del soprassuolo in rinnovazione. Quando la rinnovazione si è

insediata si esegue il taglio di

sementazione in una seconda striscia

contigua e parallela mentre nella

prima striscia si attua un taglio

secondario o il taglio di sgombero.

In seguito vengono poste in

rinnovazione altre strisce contigue.

Se le strisce avanzano in direzione

opposta a quella del vento dominante

gli alberi isolati in seguito al taglio

di sementazione sono meno soggetti

ma schianti e sradicamenti.

c) Tagli successivi a orlo (tagli marginali di

Wagner): il metodo è analogo a quello

precedentemente descritto (t. s. a strisce) dal quale

differisce per iniziare con una striscia tagliata a raso

accanto alla quale si situa la striscia in cui viene

effettuato il taglio di sementazione. La rinnovazione

avviene più facilmente entro il taglio raso.

Tagli successivi a gruppi e strisce: questo metodo

combina due metodi descritti in precedenza: una

volta ottenuta la rinnovazione dei gruppi questi

vengono collegati dal taglio a strisce. Anche in

questo caso la rinnovazione ha inizio da un margine

del soprassuolo e procede in una determinata

direzione.

Gli elementi che caratterizzano queste forme di trattamento consistono in: estensione, forma e

orientamento delle tagliate; andamento del margine delle tagliate; utilizzazione della prerinnovazione

comparsa accidentalmente; uso della rinnovazione artificiale; durata del periodo di rinnovazione;

combinazione del principio dei tagli successivi con i principi del taglio raso e del taglio saltuario.

Page 20: Selvicoltura Generale

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Il taglio saltuario

Il taglio saltuario (detto anche taglio a scelta colturale) è la forma di trattamento della fustaia disetanea

(o fustaia da dirado) che consiste nel prelievo di una sola parte degli alberi presenti nel bosco così che il

terreno non rimane scoperto, la struttura è alterata solo su superfici ridotte mentre le condizioni di crescita

dei singoli alberi rimasti vengono sensibilmente modificate.

Struttura e dinamismo

Il taglio saltuario si applica al bosco disetaneo, il quale è caratterizzato dalla presenza di alberi con

dimensioni ed età molto diverse su una piccola superficie, situati in apparente disordine uno accanto

all’altro; spesso le piante più piccole vegetano sotto la copertura delle chiome delle piante più grandi.

In alcuni casi questa mescolanza si verifica per singoli individui, ed in tal caso si parla di disetaneità per

pedali o per piede d’albero, mentre più spesso il bosco è caratterizzato da gruppi di alberi con dimensioni

relativamente simili che si estendono per alcune centinaia, o anche per qualche migliaio, di metri

quadrati, originando un bosco disetaneo a gruppi.

Modalità esecutive

L’elemento determinante per la creazione e la conservazione di questo tipo di struttura è il carattere del

taglio che si prefigge di prelevare un certo numero di piante considerate mature sotto il profilo economico

ed altre piante il cui abbattimento consente una crescita più regolare del soprassuolo rimanente.

L’intervento che si effettua viene chiamato “taglio dicurazione” ed il periodo che intercorre tra due

interventi successivi “periodo di curazione” (mediamente 10 anni), non esiste un turno vero e proprio.

I tagli intercalari

Vengono definiti tagli intercalari i tagli di utilizzazione eseguiti prima della scadenza prevista per i tagli

di rinnovazione, ossia durante il periodo che intercorre dall’insediamento del soprassuolo alla sua

maturità.

I tagli intercalari si sostituiscono quindi alla mortalità naturale allo scopo di realizzare determinate finalità

economiche in senso lato. Essi, in alcuni casi, agiscono su alberi diversi da quelli che sarebbero stati

eliminati dalla mortalità naturale.

I principali obiettivi dei tagli intercalari consistono nel miglioramento della produzione legnosa che si

otterrà alla fine del ciclo, nell’ottenimento di una certa quantità di prodotti legnosi già prima della fine del

ciclo stesso, nell’aumento della stabilità fisica e biologica del soprassuolo e nella modifica delle

condizioni di ambiente nell’interno del bosco.

I tagli intercalari sono sostanzialmente l’insieme delle cure colturali relative alla fustaia coetanea e sono:

ripuliture: nella fase di novelleto. Consistono nell'asportazione delle piante erbacee e arbustive

invadenti, e di quelle arboree che non interessano dal punto di vista economico (specie

secondarie), che competono con le specie arboree principali;

Page 21: Selvicoltura Generale

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sfollamenti (o sfolli): nello stadio di nevelleto e spessina, prima della differenziazione in classi

sociali. Si asporta parte del soprassuolo con selezione delle piante quasi esclusivamente

quantitativa;

diradamenti: nella fase di perticaia e giovane fustaia, quando il soprassuolo è differenziato in

classi sociali. Si asporta parte del soprassuolo con selezione delle piante sia quantitativa che

qualitativa.

Gli sfolli

I tagli intercalari vengono generalmente distinti in sfollamenti (o sfolli), che si effettuano nei novelleti e

nelle spessine, ed in diradamenti che si eseguono nelle perticaia e giovani fustaie.

Gli obiettivi degli sfollamenti sono i seguenti:

1. Aumento della stabilità.

2. Regolazione delle mescolanze; dove a seconda dei casi può essere opportuno aumentare la

proporzione di specie di elevato valore economico, di specie rare o dotate di particolare valore

naturalistico o estetico, ecc.

3. Aumento della produzione di valore, è possibile in questa fase eliminare individui con cattive

caratteristiche (es. forte ramosità, fusto irregolare), e stimolare l’accrescimento diametrale degli

alberi restanti, favorendo le condizioni di crescita degli individui migliori.

I prodotti ricavati dallo sfollamento sono generalmente di scarso o nessun valore, così che questa

operazione è economicamente passiva nel breve periodo, ancorché utile nell’arco di tutto il ciclo di vita

del bosco.

Page 22: Selvicoltura Generale

22

I diradamenti

Con i diradamenti la mortalità naturale viene sostituita con la mortalità artificiale. In questo modo il

selvicoltore orienta l'evoluzione del popolamento secondo i propri scopi

I diradamenti si dividono in: diradamenti bassi (o dal basso, o tedeschi); diradamenti alti (o dall’alto o

francesi), diradamenti liberi; diradamenti meccanici (o schematici).

Diradamento basso: il criterio guida è quello di

eliminare esclusivamente piante comprese nel

piano dominato e, solo in determinate circostanze,

piante dominanti. Esso si suddivide in:

Diradamento basso debole: con questo

diradamento vengono eliminati solo gli alberi

morti o moribondi o piegati e gli alberi

ammalati.

Diradamento basso moderato: il taglio

riguarda gli alberi precedentemente indicati

comprese le piante mal conformate e

ammalate del piano dominante.

Diradamento basso forte: vengono eliminati

tutti gli alberi del piano dominato e quelli del

piano dominante la cui chioma è anormale o

il tronco mal conformato; vengono inoltre

eliminati alcuni alberi dominanti con chioma

e fusto normalmente sviluppati in modo da

assicurare agli alberi restanti una regolare

distribuzione spaziale ed ampio spazio per

ampliare in ogni direzione la chioma, senza

tuttavia che l’interruzione della copertura sia

durevole.

(fig. sopra: diradamento dal basso

seguito da superdiradamento)

Superdiradamento: adotta il

criterio del diradamento basso forte,

ma si propone di isolare

durevolmente la copertura delle

chiome.

(fig. a sinistra: Diradamento dal

basso di grado medio-basso)

Page 23: Selvicoltura Generale

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Diradamento alto (fig. a destra): con il

diradamento alto ci si prefigge di favorire lo

sviluppo dei migliori alberi situati nel piano

dominante. Esso si suddivide in:

Diradamento alto debole: il taglio elimina le

piante deperienti e morte, numerose piante

difettose del piano dominante ed anche alcune

piante dominanti con buone caratteristiche,

quando risultino essere particolarmente fitte.

Diradamento alto forte: il taglio favorisce

direttamente un certo numero di alberi

d’avvenire eliminando, oltre a tutti gli individui

deperienti e malati, gli alberi che ostacolano lo

sviluppo della chioma degli individui prescelti.

Diradamento meccanico: in questa categoria

le piante da abbattere sono scelte in base ad

una distribuzione spaziale stabilita a priori,

senza tener conto della posizione sociale o di

altre caratteristiche degli alberi. I diradamenti

meccanici vengono spesso adottati in soprassuoli giovani, densi e relativamente indifferenziati, oppure

quando non è disponibile il personale qualificato per la scelta delle piante da abbattere, o infine quando si

prevede di impiegare mezzi meccanici per l’esbosco o anche per l’abbattimento.

Schemi di diradamento meccanico

(in nero sono indicate le piante da diradare)

Page 24: Selvicoltura Generale

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Il governo a ceduo

Attraverso il governo a ceduo si ha

l’utilizzazione della sola parte aerea del

popolamento arboreo mentre le ceppaie,

che rimangono nel terreno, provvedono

alla ricostituzione del soprassuolo con

l’emissione di polloni. La longevità delle

ceppaie consente loro di assicurare

numerose generazioni di polloni che

assicurano così la rinnovazione naturale

del soprassuolo.

Si distingue una ceduazione a ceppaia,

quando il taglio viene fatto in prossimità

del colletto, a capitozza quando il taglio avviene a 1-3 m dal suolo ed a sgamollo quando il taglio

risparmia il cimale della pianta e si limita ad asportarne i rami. La capitozzatura e lo sgamollo non

vengono più praticate nei boschi (le piante capitozzate e quelle sgamollate sono oggigiorno praticamente

assenti dai boschi italiani) mentre hanno ancora un certo rilievo a sostegno delle attività agricole e

zootecniche.

Page 25: Selvicoltura Generale

25

La biologia del ceduo

I polloni traggono origine dalle gemme che possono essere di natura diversa.

Le gemme proventizie (o dormienti) sono presenti sul tronco, sui rami e sulle radici. Esse possiedono un

preciso significato adattativi in quanto sono in grado di ricostituire la chioma o parte di essa quando un

evento traumatico di ordine meccanico o fisiologico ne provoca la distruzione. Nel caso della ceduazione

i polloni che si formano sulla ceppaia costituiscono una nuova pianta (processo di reiterazione) con un

portamento analogo a quello dell’albero intero.

Analogo è il significato delle gemme avventizie che si formano, in conseguenza di un trauma,

direttamente in corrispondenza del callo cicatriziale. Allorché un evento traumatico provoca l’entrata in

vegetazione delle gemme si formano i polloni. In selvicoltura tale evento è rappresentato dal taglio di

utilizzazione, mentre in condizioni naturali può essere costituito, ad esempio, da un incendio o dal morso

di un animale ad un fusto giovane. I polloni proventizi compaiono generalmente sulla parte più bassa

della ceppaia in vicinanza del terreno, e quindi possono anche sviluppare un apparato radicale proprio e

rendersi autonomi (“affrancarsi”) dalla ceppaia da cui hanno avuto origine. I polloni avventizi insorgono

di solito in corrispondenza della sezione di taglio, nella posizione più alta della ceppaia. Il collegamento

dei polloni avventizi con il sistema radicale avviene quindi attraverso tessuti più vecchi. Per questo

motivo i giovani polloni avventizi sono meno stabili di quelli provenienti da gemme proventizie e

possono venire facilmente staccati per effetto di un forte vento o di una pressione esercitata da animali

pascolanti.

Page 26: Selvicoltura Generale

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Forme di trattamento

Le forme di trattamento applicate ai boschi cedui sono il taglio raso ed il taglio a sterzo. Nel primo caso

ha origine un soprassuolo coetaneo, mentre nel secondo caso su ogni ceppaia vi sono polloni di età

diversa ed il popolamento sottoposto a tale forma di trattamento è disetaneo. Con l’eccezione di poche

specie (salice, nocciolo, robinia, platano, pioppo, ontano) al momento della ceduazione si rilascia un certo

numero di fusti, denominati matricine, destinati a produrre il seme da cui trarranno origine nuove piante

destinate alla rinnovazione delle ceppaie.

Taglio raso

Tecnica di taglio

Il taglio raso del ceduo consiste nell’abbattimento di tutti i polloni presenti sulla superficie destinata al

taglio. Il taglio viene fatto in prossimità del terreno (a ceppaia) e più precisamente può essere eseguito a

5-20 cm dal suolo (taglio fuori terra), oppure rasente il terreno (succissione) o infine tra due terre

(tramarratura) quando il terreno che circonda la ceppaia viene allontanato per la profondità di alcuni

centimetri.

Epoca di taglio

Il taglio viene usualmente fatto durante il periodo di riposo delle piante, ossia tra ottobre ed aprile. I cedui

di faggio, situati a maggiore altitudine ove il suolo si mantiene spesso innevato a lungo e l’inizio

dell’attività vegetativa è più tardivo che non nei boschi di querce e castagno, vengono utilizzati talvolta

anche a primavera inoltrata.

Il taglio eseguito durante la stagione di riposo dovrebbe anche consentire ai polloni di svolgere senza

disturbo la vegetazione durante la stagione favorevole ed in questo modo giungere all’inverno seguente

completamente significati e insensibili agli effetti delle basse temperature.

Ceduo matricinato

Il ceduo matricinato è un soprassuolo formato da polloni (un turno) e piante nate da seme o polloni di 1 o

più turni dette matricine.

Il trattamento consiste nel tagliare i polloni e le matricine ma nel rilasciare un certo numero di piante ad

ettaro. Queste vengono scelte tra quelle eventualmente nate da seme, se presenti, oppure da polloni

affrancati o ben conformati.

La matricine

Le matricine sono alberi rilasciati al momento della ceduazione in modo da potersi sviluppare per un

certo periodo senza la concorrenza dei polloni. La loro principale funzione è quella di produrre il seme

necessario a far nascere le piante che sostituiranno le ceppaie esaurite.

Le matricine hanno anche una certa funzione protettiva dei polloni e del suolo e possono fornire legname

di dimensioni medie maggiori di quello dei polloni.

Page 27: Selvicoltura Generale

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(foto: ceduo con matricine)

La matricinatura

Nei cedui semplici il taglio riguarda tutto il soprassuolo. Questo tipo di ceduo è adatto a specie che

fruttificano abbondantemente fin dai primi anni o che producono numerosi polloni radicali e quindi non

richiedono la presenza di matricine. La maggior parte dei cedui è invece matricinato: al momento del

taglio vengono risparmiati alcuni fusti, indicati come allievi destinati a fungere da matricine, ossia da

piante da seme. Essi potranno sviluppare per un periodo più lungo liberi dalla concorrenza dei polloni.

Secondo Pavari (1953) le funzioni delle matricine sono:

1. provvedere alla disseminazione naturale per avere piante nate da seme che costituiscano

progressivamente le ceppaie che si esauriscono e muoiono, assicurando così il mantenimento della

densità del ceduo;

2. proteggere il ceduo dall’eccessiva insolazione e dal vento;

3. fornire una certa quantità di legname da opera.

Per quanto riguarda la scelta delle matricine e si cerca di soddisfare diverse esigenze come ad esempio il

portamento, l’origine da seme o pollone, la specie, l’età, la densità (stabilita dalle Prescrizioni di Massima

ha portato a ritenere di solito sufficienti 60 matricine ad ettaro, che, nel caso del castagno si riducono a

30), ecc.

Taglio a sterzo

Tecnica di taglio

Questa forma di trattamento del ceduo assicura la disetaneità del soprassuolo mediante la presenza di

polloni di età diversa su ogni ceppaia. Nella sua forma classica (Pavari 1953) per il ceduo viene stabilito

un periodo di curazione alla scadenza del quale su ogni ceppaia si tagliano i polloni più grossi ed un certo

numero di polloni più piccoli così da ridurne la densità e da eliminare quelli con cattiva conformazione.

In teoria, se un pollone richiede 30 anni per raggiungere la maturità, con gli interventi che si ripetono ogni

10 anni si abbattono polloni di 10 e 20 anni. In realtà la determinazione dell’età dei polloni è impossibile

e ci si affida ad un criterio dimensionale.

Page 28: Selvicoltura Generale

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Anche nel ceduo a sterzo vengono rilasciate le matricine. La rinnovazione delle ceppaie è stata tuttavia

assicurata molto spesso dalla propagginatura.

Il trattamento a sterzo presenta in confronto a quello a taglio raso alcuni vantaggi. Esso assicura anzitutto

la continuità della vegetazione della ceppaia che torna di particolare vantaggio alle specie che hanno una

debole facoltà pollonifera. Il mantenimento della copertura riduce il pericolo di erosione e le perdite

dovute alla rapida mineralizzazione della sostanza organica. La produttività è maggiore.

IL CEDUO COMPOSTO

Il ceduo composto è una forma di governo rivolta a creare soprassuoli formati da un ceduo ed una fustaia,

in cui le due componenti si combinano sullo stesso tratto di terreno boscato. La rinnovazione è quindi

assicurata dai polloni delle ceppaie e dal seme che, per lo meno in parte, forniscono le piante che

costituiranno la fustaia.

Il trattamento

La struttura del ceduo composto è costituita da un piano inferiore formato dai polloni del ceduo a cui si

mescolano gli allievi che andranno a formare la fustaia e da un piano superiore formato dagli alberi della

fustaia. Il ceduo viene sottoposto usualmente al taglio raso mentre alla fustaia si applica una forma di

taglio saltuario che conferisce alla fustaia stessa una struttura disetanea in cui sono rappresentate quattro o

cinque classi di età.

Il punto fondamentale del governo a ceduo composto è quindi la gestione delle matricine. Nel ceduo

composto esiste infatti un forte antagonismo tra il ceduo e la fustaia. La fustaia esercita nei riguardi del

ceduo una forte concorrenza e quindi deprime la produzione di legna da ardere. Da parte sua, il ceduo

tende a soffocare le piante da seme che in futuro dovranno costituire la fustaia.

I cedui coniferati

In numerosi cedui italiani si incontrano, sparse irregolarmente, alcune conifere. Questa particolare

mescolanza si riscontra sia nel piano delle querce caducifoglie e del castagno, sia in quello del faggio,

mentre è assai meno frequente nei cedui si specie sempreverdi. In molti casi la presenza delle conifere è

dovuta a diffusione spontanea, ma in altri esse sono state introdotte per semina, o per piantagione.

Page 29: Selvicoltura Generale

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LE CONVERSIONI

Per conversione si intende il cambiamento della forma di governo di un bosco. In teoria sono possibili

tutti i casi di passaggio dal ceduo semplice o composto alla fustaia, e viceversa, ma in pratica i casi di

conversione che oggigiorno si debbono affrontare sono i seguenti:

- passaggio da ceduo semplice a ceduo composto;

- passaggio da ceduo semplice a fustaia (coetanea o disetanea);

- passaggio da ceduo composto a fustaia (coetanea o disetanea);

- passaggio da fustaia a ceduo semplice.

Conversione da ceduo semplice a ceduo composto

Il passaggio da ceduo semplice (matricinato) a ceduo composto si attua mediante un aumento del numero

di matricine che si ripartiscono in più classi d’età. Al momento del taglio del ceduo si rilascia un elevato

numero di allievi, possibilmente provenienti da seme, senza abbattere le matricine rilasciate in occasione

della ceduazione precedente ad eccezione di eventuali piante deperienti o malate.

In occasione della ceduazione successiva si procede nuovamente a rilasciare numerosi allievi e

contemporaneamente si procede ad eliminare un certo numero delle matricine già presenti così da

regolarizzare la loro distribuzione in classi d’età secondo il modello di ceduo composto prescelto.

Conversione per via naturale da ceduo semplice a fustaia

La conversione da ceduo semplice (matricinato) in fustaia può avvenire per via naturale con l’impiego

delle specie legnose già rappresentate nel ceduo da convertire, oppure per via artificiale, quando si

procede alla sostituzione integrale del soprassuolo esistente. Il primo caso è quello di gran lunga più

importante: esso si basa sulla sostituzione del soprassuolo costituito da polloni, e quindi di origine

agamica, con un soprassuolo formato da individui nati da seme. La disponibilità di seme è assicurata dalle

matricine o dai polloni quando questi hanno raggiunto una certa età e le chiome hanno avuto modo di

svilupparsi regolarmente.

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Il metodo più largamente adottato per i cedui dotati di una scarsa matricinatura (50-80 fusti ha-1

), sia

coetanei che a sterzo, può essere schematizzato nel modo seguente:

a) allo scadere del turno consuetudinario il ceduo viene lasciato invecchiare senza effettuare nessun

intervento per un periodo pari a 1,5-2 volte la durata di detto turno (periodo d’invecchiamento).

Durante questo periodo, nel quale il ceduo corrisponde approssimativamente ad una spessina o a

una giovane perticaia, si assiste ad un aumento dell’altezza, ad una maggiore differenziazione

sociale ed a una forte mortalità.

b) alla fine di questo periodo il ceduo viene sottoposto ad un diradamento che mira a favorire

l’accrescimento di un certo numero di polloni e delle migliori matricine presenti. Con il

diradamento vengono rilasciati su ogni ceppaia 1 o 2 polloni, con criteri qualitativi, mentre fra le

matricine, si procede all’abbattimento di quelle la cui chioma è eccessivamente sviluppata e quelle

deperienti.

c) al taglio di avviamento seguono altri tagli di diradamento. Il soprassuolo viene quindi trattato

come un popolamento d’alto fusto e viene indicato come fustaia transitoria. Questi tagli

intercalari possono avere il carattere di diradamenti di tipo basso forte, oppure, quando vengono

conservati i polloni di ceppaie che occupano il piano dominato, si possono assimilare a

diradamenti di tipo alto o selettivo.

d) quando la fustaia transitoria è in grado di disseminare con abbondanza e le ceppaie hanno

presumibilmente perduto la capacità di ricacciare si procede ai tagli di conversione veri e propri

che possono venire equiparati ai tagli successivi.

BIBLIOGRAFIA

Piussi P. “Selvicoltura generale”, UTET

Bernetti G. “Atlante di selvicoltura”, Edagricole

www.corpoforestale.it

www.rivistasherwood.it

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