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Anno XXXV - Direzione e redazione Strada 1 Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago Settimanale di attualità, critica e opinione 12 marzo 2012 11 Tariffa R.O.C.: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano NEL PROSSIMO NUMERO Decreto semplificazioni fiscali PROCESSO TRIBUTARIO • prospettive della mediazione • proposta di mediazione • riscossione in pendenza di reclamo REDDITI D’IMPRESA deducibilità dei compensi degli amministratori ACCERTAMENTO • durata delle verifiche • raddoppio dei termini SANZIONI incertezza della legge nella compilazione delle dichiarazioni CATASTO censimento dei fabbricati rurali MEDIAZIONE CIVILE tirocinio assistito e indennità CONCESSIONI GOVERNATIVE tassa sui telefonini 5 0 0 0 0 0 1 2 8 8 0 8 2 00128808 Da 40

Settimanale di attualità, critica e opinione 11 · Anno XXXV - Direzione e redazione Strada 1 Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago Settimanale di attualità, critica e opinione

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Nel prossimo Numero

Decretosemplificazioni fiscali

PROCESSO TRIBUTARIO• prospettive della mediazione• proposta di mediazione• riscossione in pendenza di reclamo

REDDITI D’IMPRESAdeducibilità dei compensi degli amministratori

ACCERTAMENTO• durata delle verifiche• raddoppio dei termini

SANzIONIincertezza della legge nella compilazione delle dichiarazioni

CATASTOcensimento dei fabbricati rurali

MEDIAzIONE CIvIlEtirocinio assistito e indennità

CONCESSIONI GOvERNATIvEtassa sui telefonini

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Processo tributarioLe nuove prospettive della mediazione tributariadi Vincenzo Busa ................................................................................................................................ 765

La proposta di mediazione da parte del contribuente e i limiti del reclamodi Gabriele Sepio................................................................................................................................ 768

La riscossione provvisoria e l’acquiescenza dopo l’introduzione del reclamodi Andrea Carinci ............................................................................................................................... 775

Redditi d’impresaLa deducibilità dei compensi degli amministratori: manca ancora la parola finedi Gianfranco Ferranti ....................................................................................................................... 781

AccertamentoQuali effetti sugli atti in caso di violazione del termine di durata delle verifiche?di Francesco Tundo ............................................................................................................................ 789

La società che ha aderito all’accertamento è litisconsorte necessario del socio dissenziente?di Gaetano Ragucci ............................................................................................................................ 797

Annualità «condonate» ai fini IVA, raddoppio dei termini e reati prescrittidi Sara Armella e Lorenzo Ugolini .................................................................................................... 805

SanzioniLe istruzioni per le dichiarazioni non escludono l’obiettiva incertezza della legge tributariadi Maurizio Logozzo........................................................................................................................... 810

CatastoIl censimento catastale dei fabbricati ruralidi Franco Maggio............................................................................................................................... 816

Mediazione civileControllo su organismi ed enti formatori, tirocinio e calcolo delle indennità nella mediazionedi Marcella Caradonna e Felice Ruscetta ......................................................................................... 822

Concessioni governativeObbligo di pagamento per la tassa sui telefonini secondo l’Agenzia delle entratedi Stefano Loconte .............................................................................................................................. 830

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12 MARZO 2012Sommario 11

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C O R R I E R ET R I B U TA R I O

Direzione scientificaCesare Glendi - Professore Emerito di diritto processuale civile presso l’Università di Parma e Avvocato in Genova

Coordinamento scientificoGianfranco Ferranti - Responsabile Dipartimento scienze tributarie, Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze

Comitato scientificoMassimo Basilavecchia - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Teramo e Avvocato in PescaraMauro Beghin - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Padova, Avvocato e Dottore commercialistain PadovaMariagrazia Bruzzone - Avvocato in GenovaAngelo Busani - Notaio in MilanoPaolo Centore - Avvocato in Genova e MilanoPiermaria Corso - Professore ordinario di diritto processuale penale presso l’Università di Milano e Avvocato in MilanoGabriella D’Alessio - Responsabile Fisco - ANIA Mario Damiani - Professore straordinario di diritto tributario presso l’Università LUM J. Monnet - Bari e Dottore commer-cialista in PescaraLuca Miele - Vicario del Direttore della Direzione Legislazione Tributaria - Dipartimento delle Finanze - Ministerodell’Economia e delle FinanzePaolo Moretti - Consigliere Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili Carlo Pino - Dottore commercialista in SavonaLuca Rossi - Dottore commercialista in Milano e RomaDario Stevanato - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università di Trieste, Avvocato e Dottore commercialistain VeneziaIvan Vacca - Condirettore generale Responsabile imposizione diretta, Responsabile coordinamento imposizione indiretta -ASSONIME Giuseppe Zizzo - Professore ordinario di diritto tributario presso l’Università C. Cattaneo - Liuc Castellanza e Avvocato inMilano

Settimanale di attualità, critica e opinione

Editrice Wolters Kluwer Italia S.r.l. - Strada 1, Palazzo F6 - 20090 Assago (Mi) - http://www.ipsoa.itDirettore responsabile Giulietta LemmiRedazione Marcello Gervasio, Valeria Ruggiero

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 361 del 2 novembre 1977. Tariffa R.O.C.: PosteItaliane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano.Iscritta nel registro Nazionale della Stampa con il n. 3353 vol. 34 foglio 417 in data 31 luglio 1991. Iscrizione al R.O.C. n. 1702

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StampaGeca Spa - via Magellano, 11 - 20090 Cesano Boscone (Mi) Rivista licenziata per la stampa il 29 febbraio 2012.

Contributi redazionaliPer informazioni in merito a contributi, articoli ed argomenti trattati scrivere o telefonare a: Ipsoa Redazione Corriere TributarioTel. 02 82476.890 - Fax 02 82476.600e-mail: [email protected] postale 12055 - 20120 Milano

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Processotributario

La disciplina del «reclamo-mediazione» di cuiall’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 (di seguito,per brevità, mediazione) è stata inserita, con feliceintuizione, nel corpus delle disposizioni sul pro-cesso tributario, quasi ad evidenziarne la direttastrumentalità alle esigenze funzionali della giusti-zia tributaria. Il nuovo istituto si propone infatticome generale rimedio amministrativo alla prolife-razione e alle lungaggini del contenzioso tributa-rio, che costituiscono un obiettivo ostacolo allacompiuta attuazione del principio costituzionaledell’equo processo.

L’esperienza in altri Paesi L’elevata propensione al contenzioso denota unapalese anomalia del nostro sistema tributario chenon ha riscontri negli altri Stati europei: a frontedi circa 190.000 controversie instaurate media-mente all’anno in Italia avverso atti dell’Agenzia,in Francia, ad esempio, se ne registrano non più di20.000.Nella stessa Francia l’accesso alla tutela giurisdi-zionale è condizionato da una «pregiudiziale am-ministrativa»: i contribuenti possono adire il giu-dice solo dopo l’esperimento di una fase ammini-strativa obbligatoria, presentando reclamo pressolo stesso Ufficio che ha emanato l’atto. L’esistenzadi questa pregiudiziale ha fortemente limitato i ri-corsi giurisdizionali considerato che il 90% circa

delle controversie è risolto in via amministrativa. In Spagna, il contribuente può prevenire le liti conil Fisco attivando, sia una «procedura speciale diriesame», sia una «procedura generale» tramiteistanza che, in entrambi i casi, è presentata allostesso organo che ha emanato l’atto.Anche in Germania è previsto un procedimento diimpugnazione dell’atto (Beschwerde) da instauraredavanti alla stessa autorità che lo ha emanato, rile-vante come onere da assolvere prima di rivolgersial giudice.Viene ora introdotta anche in Italia una misura ge-nerale intesa a istituzionalizzare il dialogo preven-tivo con il contribuente sulla base degli orienta-menti della giurisprudenza.

La natura giuridica dell’istitutoL’avvio del procedimento amministrativo median-te presentazione dell’istanza di mediazione è unonere che il contribuente interessato ad agire ingiudizio deve necessariamente assolvere limitata-mente alle potenziali controversie di valore nonsuperiore a 20.000 euro. Il procedimento si svolgedinanzi a una struttura dell’Ufficio, autonoma e di-versa da quella preposta all’istruttoria dell’atto og-getto di mediazione, cui è affidato il compito di

Le nuove prospettivedella mediazione tributaria

Il nostro sistema tributario è caratterizzato da un’alta propensione al contenzioso che nonha riscontri negli altri Stati europei. Con la disciplina del «reclamo-mediazione» viene introdot-ta anche in Italia una misura generale intesa a istituzionalizzare il dialogo preventivo con ilcontribuente. Sia all’Agenzia delle entrate che ai contribuenti, il nuovo istituto consente di af-frontare le vicende tributarie muovendo da una prospettiva non più centrata sulla logica for-male, sulle aspettative di inefficienza degli apparati o sull’uso strumentale e sulle lungaggini delcontenzioso, ma proiettata sulle dinamiche manageriali, sul confronto e sull’affermazionedi soluzioni legittime e trasparenti, indispensabili per rimuovere quelle criticità che, comela numerosità delle controversie, finora hanno negativamente influenzato il rapporto tra Ammi-nistrazione e contribuente.

di Vincenzo Busa

Vincenzo Busa - Agenzia delle entrate - Direttore Centrale AffariLegali e Contenzioso

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Processotributario

valutare criticamente i profilidi legittimità e di fondatezzadegli atti e, quindi, anticipareogni prevedibile pronuncia diannullamento in sede conten-ziosa.La mediazione tributaria è unrimedio amministrativo para-processuale che, a differenzadegli altri istituti deflativi delcontenzioso, ha portata gene-rale e obbligatoria. Occorre evidenziare peraltrocome l’obbligatorietà caratte-rizzi, non solo l’iniziativa delcontribuente, ma anchel’azione dell’Amministrazio-ne, tenuta ad esaminarel’istanza di mediazione senzaessere dalla stessa vincolata.La finalità di evitare inutili edispendiose controversie con-corre infatti con l’obiettivoistituzionale dell’Agenzia didare attuazione ai principi dilegitt imità e imparziali tàdell’azione amministrativa,così che la fase obbligatoria della mediazione èoccasione utile per affermare, al proprio interno,soluzioni comunque adeguate al principio di buo-na amministrazione. Sembra allora superfluo efuorviante ravvisare nell’iniziativa del contribuen-te una duplice istanza - di reclamo e di mediazione- dal momento che la stessa non vincola né limitale potestà esercitabili dall’Ufficio. È pacifico in-fatti che, indipendentemente dal contenuto del-l’istanza, nel corso del procedimento l’Ufficio po-trà fare ricorso all’autotutela, così come potrà ri-determinare - d’accordo con il contribuente - lapretesa tributaria, facendo corretto uso dei criteridi valutazione enunciati nel medesimo art. 17-bis(grado di sostenibilità della pretesa, incertezzadella questione controversa e principio di econo-micità dell’azione amministrativa).

Il procedimento amministrativoLa mediazione consente di risolvere, in via stra-giudiziale, una potenziale controversia prima chela stessa venga portata a conoscenza del giudice

tributario. La presentazionedella relativa istanza rilevacome notificazione del ricor-so, mentre la costituzione ingiudizio si avrà con il suc-cessivo, eventuale depositodella stessa presso la segrete-ria della Commissione tribu-taria provinciale. In tal casol’istanza produrrà gli effettidel ricorso.Dando avvio a una fase pre-contenziosa, l’atto contenen-te le doglianze del contri-buente, al momento della no-tificazione non ancora quali-ficabile come ricorso, rilevacome semplice iniziativa diinnesco del procedimentoamministrativo. Vi è, pertanto, sostanzialecoincidenza tra istanza e ri-corso, con la conseguenza chela prima deve contenere glistessi elementi previsti per ilricorso dall’art. 18, comma 2,del D.Lgs. n. 546/1992.

L’istanza va notificata secondo le modalità e i ter-mini previsti per la notificazione del ricorso e puòcontenere la richiesta di sospensione dell’esecu-zione dell’atto, nonché una motivata proposta dirideterminazione dell’ammontare della pretesa tri-butaria.L’oggetto e i motivi dell’istanza si individuanonell’indicazione degli elementi di fatto e di dirittoin base ai quali si richiede l’annullamento dell’attostesso, nonché nelle argomentazioni a supportodella proposta di rideterminazione della pretesatributaria eventualmente formulata nell’istanza.È improponibile l’istanza di mediazione al di fuoridei casi espressamente previsti dalla legge e quin-di per le controversie di valore superiore a 20.000euro o di valore indeterminabile e per le liti in cuil’Agenzia non abbia la legittimazione passiva.L’accordo di mediazione si conclude con la sotto-scrizione delle parti di un atto contenente l’indica-zione degli importi dovuti e si perfeziona con ilversamento degli stessi, entro il ventesimo giornosuccessivo.

Obbligatorietà della mediazioneNella disciplina del «reclamo-mediazione» l’obbligatorietàcaratterizza, non solo l’iniziativa delcontribuente, ma anche l’azionedell’Amministrazione, tenuta adesaminare l’istanza di mediazionesenza essere dalla stessa vincolata. Lafase obbligatoria della mediazione èoccasione utile per affermaresoluzioni comunque adeguate alprincipio di buona amministrazione.Indipendentemente dal contenutodell’istanza, nel corso delprocedimento l’Ufficio potrà farericorso all’autotutela, così come potràrideterminare - d’accordo con ilcontribuente - la pretesa tributaria,facendo corretto uso dei criteri divalutazione dettati dalla norma: gradodi sostenibilità della pretesa,incertezza della questionecontroversa e principio dieconomicità dell’azioneamministrativa.

PROSPETTIVE FUTURE

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Processotributario

La pretesa tributaria ridetermi-nata nella misura fissata dal-l’accordo di mediazione non èulteriormente contestabile, conla conseguenza che, venutomeno l’interesse ad agire ingiudizio, l’accordo di media-zione non è impugnabile.In caso di mancato perfezio-namento, l’atto impositivooriginario continua a produr-re effetti e il contribuente po-trà costituirsi in giudizio op-pure rinunciare a proseguireil contenzioso, in questo casorendendo definitivo l’atto im-positivo originario.

Le differenze rispetto agli altri istituti deflativiRispetto all’accertamento con adesione, la media-zione ha un ambito di applicazione più ampio e inparte diverso, sebbene ne condivida la finalità de-flativa del contenzioso.Innanzitutto, la presentazione dell’istanza di me-diazione non è una facoltà per il contribuente, maun onere ogniqualvolta ricorrano i presupposti pre-visti dall’art. 17-bis, comma 1, del D.Lgs. n.546/1992. In secondo luogo, la mediazione non ri-guarda solo gli accertamenti, ma la generalità de-gli atti impugnabili, compresi i dinieghi espressi otaciti di rimborso, che l’Ufficio è obbligato ad esa-minare per poi rispondere sistematicamente allecontestazioni del contribuente prima che lo stessosi rivolga al giudice.In breve, la mediazione riguarda non solo l’accer-tamento ma istituzionalizza un tentativo di accor-do volto a definire tutti indistintamente gli atti su-scettibili di impugnazione, anche al solo fine di ri-durre le sanzioni. È proiettata sul giudizio, di cuivuole anticiparne l’esito, e non sul procedimentodi accertamento: consente di rivedere i contenutidell’atto alla luce dei motivi del ricorso, che pos-sono essere diversi dalle questioni trattate in sededi richiesta di adesione (in quanto legati, ad esem-pio, alla ritualità della notifica oppure ai vizi dimotivazione dell’atto), nonché degli orientamentidella giurisprudenza.Ad evidenza, dischiude prospettive che meritano

la massima attenzione e cheil mero confronto con l’ac-certamento con adesione ri-schia di offuscare e sminuire.

L’impatto nel rapporto con i contribuentiL’obbligo di rispondere al-l’istanza e la simulazione inUfficio del rito processualeintroducono, in sede ammini-strativa, il dialogo sistemati-co con il contribuente. I lconfronto dialettico andrà aridurre i rinvii alla fase giuri-sdizionale, consentendo di ri-fondare su nuove basi il rap-porto con i contribuenti. Ciòavrà un impatto positivo sul-la gestione degli atti in quan-

to chiama gli Uffici a confrontarsi con gli orienta-menti della giurisprudenza e a valutare criticamen-te la fondatezza dei propri atti, con effetti positiviin termini di tax compliance. In ogni caso, il nuovo istituto renderà un servizioutile ai contribuenti, i quali potranno rappresentarele proprie ragioni e definire sollecitamente, nel-l’interesse anche dell’Amministrazione, il rapportoin sede di mediazione senza dover scontare le lun-gaggini e gli oneri del contenzioso.Sia all’Agenzia delle entrate che ai contribuenti, ilnuovo istituto consente di affrontare le vicende tri-butarie muovendo da una prospettiva non più cen-trata sulla logica formale, sulle aspettative di inef-ficienza degli apparati o sull’uso strumentale esulle lungaggini del contenzioso, ma proiettatasulle dinamiche manageriali, sul confronto esull’affermazione di soluzioni legittime e traspa-renti, indispensabili per rimuovere quelle criticitàche, come la numerosità delle controversie, finorahanno negativamente influenzato il rapporto traAmministrazione e contribuente. La mediazione è infine un banco di prova per mi-surare l’efficacia di una buona norma fiscale. Co-me sempre, essa dipende, non solo dalla correttaformulazione del suo articolato, ma sopratutto dal-la capacità e disponibilità, comune all’Ammini-strazione e ai contribuenti, di applicarla in sensoconforme alla ratio che l’ha ispirata.

Rapporto tra Amministrazione e contribuentiL’obbligo di rispondere all’istanza ela simulazione in Ufficio del ritoprocessuale introducono, in sedeamministrativa, il dialogo sistematicocon il contribuente. Il confrontodialettico ridurrà i rinvii alla fasegiurisdizionale, consentendo dirifondare su nuove basi il rapporto coni contribuenti. Ciò avrà un impattopositivo sulla gestione degli atti inquanto chiama gli Uffici a confrontarsicon gli orientamenti dellagiurisprudenza e a valutarecriticamente la fondatezza dei propriatti, con effetti positivi in termini di«tax compliance».

PROSPETTIVE FUTURE

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Processotributario

Il reclamo e la mediazione come strumentoper valorizzare il ruolo dell’Amministrazionefinanziaria rispetto al giudice tributarioIl reclamo e la mediazione rappresentano un mo-dello già ampiamente utilizzato in altri Paesi co-me Francia, Germania o Spagna dove il ricorsoalla giustizia tributaria rimane sullo sfondo rispet-to alla conciliazione in sede amministrativa (1).Va detto che nel nostro sistema il patologico ri-corso alla giustizia tributaria, anche per le liti mi-nori, rappresenta un’anomalia legata ad una for-zosa omologazione del sistema processuale tribu-tario a quello civilistico, con l’effetto che ci si di-mentica spesso che la prima autorità ad interveni-re nel rapporto giuridico d’imposta non è il giudi-ce ma l’Amministrazione finanziaria (2). La ma-trice amministrativistica del diritto tributario evi-dentemente non è stata mai valorizzata a suffi-cienza fino al punto di introdurre istituti realmen-te efficienti ove l’Amministrazione finanziariapotesse svolgere il proprio ruolo di istituzione diriferimento controllabile dal giudice su istanza delcontribuente.

Probabilmente la commistione tra il ruolo di parteattiva nel rapporto tributario e Autorità ammini-strativa ha portato gli istituti deflativi, primo tratutti l’accertamento con adesione, a non raggiun-gere i risultati sperati esasperando il ruolo del pro-cesso tributario come sede privilegiata per dirime-re le controversie. Se in Italia ci sono 187.000controversie tributarie l’anno di cui circa il 70% divalore inferiore a 20.000 euro contro le 20.000della Francia le ragioni vanno ricercate evidente-mente nel fatto che si è finito con l’assegnare algiudice tributario anche i compiti dell’Autorità

La proposta di mediazioneda parte del contribuentee i limiti del reclamo

Per le liti di valore inferiore a 20.000 euro il contribuente sarà obbligato a presentare re-clamo all’Agenzia delle entrate nonché, in via facoltativa, una proposta di mediazione. Que-st’ultima si risolverà in una richiesta di rimodulare l’intera pretesa erariale, indicando nel-l’atto quali rettifiche il contribuente sarà disposto ad accogliere e su quali non intende cede-re. È evidente che l’eventuale presentazione della mediazione andrà vagliata con molta attenzio-ne dal momento che se non esperita correttamente potrebbe ritorcersi contro il proponentenella successiva fase processuale. Il giudice potrà essere, infatti, condizionato dalla presenzadi un documento proveniente dal contribuente in cui si dichiara disposto, sia pure in parte,ad accettare il pagamento di quanto richiesto. Il nuovo istituto rappresenta certamente un ten-tativo di valorizzare il ruolo dell’Amministrazione finanziaria come prima autorità ad in-tervenire nel rapporto giuridico d’imposta; tuttavia potrebbe risolversi in una duplica-zione rispetto a quanto già avviene in caso di accertamento con adesione, specie qualora alreclamo non faccia seguito una proposta di mediazione.

di Gabriele Sepio

Gabriele Sepio - Dottore di ricerca in diritto tributario pressol’Università di Roma «Tor Vergata» - Avvocato in Roma, Studio ACTA

Note:(1) In Francia, ad esempio, come fatto notare da V. Busa, Direttorecentrale contenzioso dell’Agenzia delle entrate, almeno il 90%delle liti viene risolto in via amministrativa. Cfr. A. Criscione, «Ilfisco medierà le liti a rischio», in Il Sole - 24 Ore dell’8 febbraio2012.(2) Sul punto per maggiori approfondimenti cfr. R. Lupi, Manualeprofessionale di diritto tributario, IPSOA, 2011, pag. 349 ss.

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amministrativa (3). Sottoquesto profilo il reclamo, aldi là delle possibili ineffi-cienze legate alla commistio-ne tra il nuovo istituto e glialtri strumenti deflativi giàesistenti, si può inquadrare inlinea generale come un tenta-tivo di superare l’impostazio-ne privatistico-processualisti-ca del giudizio tributario edevitare che il giudice inter-venga sull’accertamento po-sitivo o negativo del creditoerariale anziché svolgere ilruolo che più gli compete ov-vero quello di controllo sulcomportamento dell’Amministrazione. In altre pa-role il giudice non dovrebbe essere chiamato a de-terminare l’imposta, ma a controllare l’altra Auto-rità presente nel sistema tributario ovvero l’Ammi-nistrazione, il che si concilia agevolmente con ilcarattere impugnatorio del rito tributario. In questitermini, anche se occorrerà comprenderne l’impat-to operativo, il reclamo e la mediazione introdotticon l’art. 17-bis del D.Lgs n. 546/1992 (introdottocon l’art. 39 del D.L. n. 98/2011) potrebbero forni-re una soluzione assegnando ad un organo diversodella stessa Amministrazione il compito di rivede-re la determinazione del credito erariale oppure divalutare, attraverso dati e documenti in possessodel Fisco o del contribuente, l’esistenza di un di-ritto al rimborso. Non si può non osservare come,molto spesso, alla base del fallimento di molteprocedure di adesione vi è la forte commistione trachi ha esercitato l’azione di controllo o di accerta-mento e chi è chiamato a rivedere l’operato del-l’Amministrazione. In sostanza non è difficile im-maginare come un accertamento con adesione as-segnato allo stesso funzionario che ha emesso l’at-to accertativo, quantunque non abbia redatto ancheil processo verbale, si possa tradurre in una sortadi «autocontrollo» dove, al di là dell’indiscutibileimparzialità dell’Amministrazione, potrebbe pre-valere una certa fisiologica ritrosia a ritrattare ciòche è stato scritto negli atti. Molto spesso dietro lacautela fiscale nell’accogliere le istanze del contri-buente vi è anche lo spettro del controllo dellaCorte dei conti che, sebbene, in grado di interveni-

re solo in ipotesi di particola-re gravità, costituisce un fre-no per chi, rivedendo quantoindicato nell’atto, finisce inalcune occasioni, sia pureimplicitamente, per ammette-re l’esistenza di un errore.Sotto questo profilo, allora,se è certamente vero che iltermine mediazione mal siadatta all’istituto in esame,dove sfuma la terzietà delmediatore, è altrettanto veroche il diverso istituto della«mediazione tributaria»prende atto della necessità dievitare le sopra descrit te

commistioni affidando il reclamo, come riportal’art. 17-bis, al comma 5, ad «apposite strutture di-verse ed autonome da quelle che curano l’istrutto-ria degli atti reclamabili».

In che misura il contribuentesarà davvero disposto a presentareuna proposta di mediazione? Il reclamo e la mediazione così come inseriti nelcontesto del procedimento amministrativo creanoindubbiamente qualche effetto «duplicativo», po-tendo eventualmente cumularsi con gli altri istitutideflativi, in particolare con l’accertamento con

Nota:(3) L’istituto previsto all’art. 17-bis dal legislatore tributario italia-no sembra non troppo lontano dal modello francese. Oltralpe,infatti, la legislazione tende a favorire la soluzione delle contro-versie fra contribuenti ed Amministrazione finanziaria già in sedepre-contenziosa attraverso la previsione della réclamation préala-ble davanti all’Autorità amministrativa seguita dal contraddittorio,il quale può sfociare in un accordo fra l’Amministrazione ed ilcontribuente attraverso il condono e la transazione tributaria. Ilprimo permette di ottenere una remissione o una diminuzionedelle imposte regolarmente stabilita, mentre la seconda ha lostesso effetto, ma solo sulle maggiorazioni e le penalità fissate. Incaso di mancato accordo tra le parti, è inoltre prevista la possibi-lità di ricorrere a degli organismi imparziali di conciliazione come«la Commission départementale des impôts directs et des taxessur le chiffre d’affaires» composta da rappresentanti dell’Ammini-strazione e dei contribuenti, presieduta da un magistrato, oppureal «Comité consultatif pour la repression des abus de droit»,composto da magistrati del Consiglio di Stato e della Corte dicassazione, da un professore della facoltà di diritto e dal Diretto-re generale delle imposte (sembrerebbe trattarsi proprio dellamediazione).

Ruolo del giudice tributarioIl reclamo, al di là delle possibiliinefficienze legate alla commistione trail nuovo istituto e gli altri strumentideflativi già esistenti, si puòinquadrare in linea generale come untentativo di superare l’impostazioneprivatistico-processualistica delgiudizio tributario ed evitare che ilgiudice intervengasull’accertamento positivo onegativo del credito erariale anzichésvolgere il ruolo che più gli competeovvero quello di controllo sulcomportamento dell’Amministrazione.

PROSPETTIVE FUTURE

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adesione (4). Dal tenore lette-rale dell’art. 17-bis non sem-bra evincersi, infatti, alcunapreclusione a che il contri-buente possa incardinare dap-prima il procedimento di ac-certamento con adesione, be-neficiando della sospensionedei termini, per poi notificareil reclamo (5).Tale circostanza potrebbecreare un certo disorienta-mento nel contribuente che siritroverebbe, almeno in appa-renza, a dover ripetere le pro-prie istanze difensive e, nelcaso della mediazione, a do-ver necessariamente anticipa-re le proprie difese proces-suali. Si tratta, a ben vedere,di osservazioni che vanno va-gliate con attenzione chie-dendoci, prima di tutto, qualisaranno i possibili contenutidel reclamo e, soprattutto,per quel che interessa più da vicino il tema che in-tendiamo trattare in questo scritto, in quali occa-sioni il contribuente potrà avere un’effettiva con-venienza a presentare la proposta di mediazione.Sotto il primo punto di vista occorre considerareche il reclamo, in caso di esito negativo della pro-cedura, produce gli effetti del ricorso, quindi èevidente che i contenuti dovranno in qualche mo-do richiamare tutte le eccezioni proponibili difronte al giudice, anche al fine di non incapparenelle preclusioni processuali (6). A differenza diquanto non avvenga in caso di accertamento conadesione il contribuente non potrà, dunque, sele-zionare preventivamente se e quali eccezioni por-tare all’attenzione del Fisco, ponendo in essere, adesempio, tattiche attendiste (7) al fine di non anti-cipare eventuali strategie processuali. La proposta di mediazione rappresenta, invece,una mera facoltà per il contribuente. L’art. 17-bisspecifica sul punto, infatti, che «il reclamo puòcontenere una motivata proposta di mediazionecompleta della rideterminazione dell’ammontaredella pretesa». Si tratta, dunque, da parte del con-tribuente, di proporre una diversa soluzione meto-

dologica ai fini dell’accerta-mento anche attraverso la ri-modulazione della pretesa,indicando nell’atto (non trat-tandosi di un’autotutela)quali parti della pretesa era-riale è disposto ad accoglieree su quali non intende cede-re. È evidente che l’eventua-le presentazione della media-zione andrà vagliata conmolta attenzione dal momen-to che se non esperita corret-tamente potrebbe ritorcersicontro il proponente nellasuccessiva fase processuale.Va detto che sul punto, pro-prio al fine di evitare l’effet-to sopra paventato, è interve-nuto con specifico riferimen-

Note:(4) Sul punto cfr. S. Capolupo, «Me-diazione tributaria e accertamentocon adesione», in Corr. Trib. n. 8/2012,

pag. 584.(5) Potremmo chiederci poi se la proposizione del reclamo possaincidere in qualche modo sul decorso fisiologico dei 90 giorni disospensione previsti in caso di accertamento con adesione o se,dal contenuto all’art. 17-bis, comma 1, secondo cui «chi intendeproporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare recla-mo», non possa ricavarsi l’effetto di una vera e propria impugna-zione. In quest’ultimo caso verrebbe meno l’effetto sospensivodell’accertamento con adesione con inevitabile decorso del ter-mine per presentare ricorso. Si ritiene, tuttavia, al di là degli effet-ti processuali del reclamo, che quest’ultimo non possa in alcuncaso incidere sul fisiologico decorso dei termini di sospensione.(6) Sul punto cfr. M. Bruzzone, «L’“anticipazione” dei motivi dalricorso al reclamo», in Corr. Trib. n. 10/2012, pag. 709.(7) Si tratta, per la verità, di tattiche difensive di scarso effetto ameno che l’adesione non riguardi un momento precedente ri-spetto alla formazione dell’atto accertativo (ad esempio accerta-mento con adesione a seguito di notifica di un PVC). Una voltaemesso l’avviso di accertamento infatti la posizione del Fisco sicristallizza anche sotto il profilo processuale, dal momento cheper la parte erariale è l’atto a delimitare la materia del contende-re, per questo motivo anche nell’accertamento con adesione, co-me del resto nel reclamo, andrebbero proposte tutte le conte-stazioni sia di merito che relative alla legittimità del procedimen-to amministrativo (ad esempio durata della verifica presso il con-tribuente, mancanza delle autorizzazioni, ecc.). È innegabile allorache, almeno sotto questo aspetto, il contribuente si ritroverà,qualora abbia avviato l’istanza di accertamento con adesione, adover ripetere le proprie contestazioni sia totali che parziali av-verso l’avviso di accertamento.

Rischi della propostadi mediazione del contribuenteL’eventuale presentazione dellamediazione da parte del contribuenteandrà vagliata con molta attenzionedal momento che se non esperitacorrettamente potrebbe ritorcersicontro il proponente nella successivafase processuale. Il giudice potrebbeessere condizionato dalla presenza diun documento proveniente dalcontribuente in cui si dichiara disposto,sia pure in parte, ad accettare ilpagamento di quanto richiesto o, entrocerti limiti, anche il metodo accertativoscelto dall’Amministrazione. Il rischiosi pone proprio per il fatto che aseguito della presentazione dellaproposta non vi è alcuna certezza chela mediazione andrà a buon fine, il cheinevitabilmente farà registrare unacerta ritrosia ad avvalersi di questafacoltà.

VALUTAZIONI DI CONVENIENZA

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to alla mediazione obbligato-ria dei giudizi civili, l’art. 10del D.Lgs n. 28/2010, standoal quale le dichiarazioni resedalle parti nel corso del pro-cedimento non possono esse-re utilizzate nel giudizio pro-mosso a seguito dell’insuc-cesso del tentativo di conci-liazione. Tale disposizione,per quanto finalizzata ad in-trodurre un principio genera-le di correttezza processualetra le parti, evitando di disin-centivare del tutto le stessead esporsi nella mediazione,non trova, tuttavia, necessa-riamente applicazione anchenel diverso contesto della«mediazione tributaria» (8).In ogni caso appare davverodifficile escludere che il giu-dice non possa essere condizionato dalla presenzadi un documento proveniente dal contribuente incui si dichiara disposto, sia pure in parte, ad accet-tare il pagamento di quanto richiesto o, entro certilimiti, anche il metodo accertativo scelto dall’Am-ministrazione. Il rischio si pone nel caso di specieproprio per il fatto che a seguito della presentazio-ne della proposta non vi è alcuna certezza che lamediazione andrà a buon fine, il che inevitabil-mente farà registrare una certa ritrosia ad avvalersidi questa facoltà.A questo punto appare credibile ritenere che nellapratica il contribuente, nella maggior parte dei ca-si, si ritroverà ad indicare nel reclamo tutte le ec-cezioni del caso richiedendo un annullamento par-ziale o totale della pretesa, al solo fine di fornire icontenuti del ricorso ed attendere la successivaproposta di mediazione da parte dell’Amministra-zione finanziaria. In quella sede potrà svolgerel’attività di negoziazione offrendo la propria di-sponibilità alla conciliazione senza doversi preoc-cupare dei successivi risvolti processuali. Questaeventualità sembra essere in qualche modo agevo-lata dal tenore dell’art. 17-bis in base al quale incaso di mancato accoglimento del reclamol’Agenzia delle entrate «formula d’ufficio unaproposta di mediazione avuto riguardo all’even-

tuale incertezza delle que-stioni controverse, al gradodi sostenibilità della pretesae al principio di economicitàdell’azione amministrativa».Dal tenore letterale dellanorma sembrerebbe evincer-si, dunque, un vero e proprioobbligo da parte dell’Ammi-nistrazione a presentare lapropria proposta, richiaman-do in parte i contenuti dellaconciliazione giudiziale, nonpiù applicabile alle contro-versie di valore inferiore a20.000 euro. All’art . 48,comma 5, è espressamenteprevista, infatti, la facoltàper l’Ufficio, sino alla datadi trattazione in camera diconsiglio, di depositare unaproposta di conciliazione al-

la quale l’altra parte abbia preventivamente aderi-to. È evidente, tuttavia, la differenza con la conci-liazione giudiziale. In quest’ultimo caso la propo-sta di adesione viene presentata solo una voltaraccolta l’adesione da parte del contribuente e,dunque, senza alcuna preoccupazione in merito alpossibile condizionamento che una proposta nonandata a buon fine potrebbe avere sul giudicato.Si tratterà, di verificare concretamente, specie inpresenza di reclami privi di una proposta di me-diazione da parte del contribuente, in che misural’Amministrazione finanziaria riterrà di formulareuna vera e propria proposta di adesione (9). Sotto

Note:(8) La mediazione tributaria presenta aspetti decisamente diver-genti rispetto a quella obbligatoria presente nel rito civile e pre-vista all’art. 5, comma 1, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Quest’ul-timo attiene a materie specificatamente individuate e non trovasolo un limite di carattere quantitativo come nel caso dell’art.17-bis. Inoltre nel rito civile esiste un organo terzo cosa che neilimiti descritti in premessa sfuma decisamente nel caso del ritotributario. In senso favorevole all’applicabilità dell’art. 10 delD.Lgs. n. 28/2010 M. Cantillo, «Manovra correttiva (D.L. 6 luglio2011, n. 98, convertito) - il nuovo reclamo e la mediazione tribu-taria: prime rif lessioni sul nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n.546/1992», in il fisco n. 31/2011, pag. 4997.(9) La proposta di adesione, in questo caso, non potrà che conte-nere, laddove possibile, una modifica della iniziale pretesa, con ac-coglimento delle eventuali eccezioni formulate dal contribuente.

Vantaggi della propostadi mediazione del contribuenteSi può ritenere che il contribuentepresenterà la proposta di mediazionenei casi in cui sia consapevole findall’inizio della debolezza delleproprie tesi difensive, e soprattutto diavere scarsissime possibilità divittoria nella successiva faseprocessuale. In questo caso, laddovedovesse andare a buon fine lamediazione, riceverebbe un doppiovantaggio. Il primo consisterebbenella riduzione della sanzione al 40%delle sanzioni irrogabili in rapportoall’ammontare risultante dallaconciliazione, ed il secondo, riferitoalla fase processuale, consisterebbenel risparmio delle spese di lite e delprocedimento di mediazione.

VALUTAZIONI DI CONVENIENZA

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questo aspetto il richiamo ai«profili di eventuale incer-tezza» come presupposto perla presentazione d’ufficiodella proposta si potrebbeprestare ad interpretazionipiuttosto ampie. Si può rite-nere, almeno ad una primalettura della norma, che lad-dove l’Amministrazione re-puti di non trovarsi di frontea situazioni di incertezza eritenga di mantenere il puntosulle proprie posizioni, nonsussista alcun obbligo di pre-sentare la proposta di media-zione. Occorrerà verificare se ed in che misura il com-portamento di entrambe le parti non finisca alloracon il replicare quanto già avviene in fase di ac-certamento con adesione dove sia il contribuenteche l’Amministrazione tendono ad evitare di for-malizzare per iscritto le proprie proposte ondeevitare, come detto, che quanto indicato possa tra-sformarsi in un’ammissione da far valere di fronteal giudice. Potremmo chiederci, dunque, quali po-trebbero essere le ragioni per cui l’istituto del re-clamo e della mediazione possa capovolgere que-sta tendenza. Dal lato del contribuente possiamocertamente rilevare come la valutazione costi be-nefici in merito alla decisione se presentare o me-no proposta di mediazione potrebbe fisiologica-mente sfociare in una soluzione negativa. Si puòritenere, infatti, che il contribuente presenterà laproposta nei casi in cui sia consapevole fin dal-l’inizio della debolezza delle proprie tesi difensi-ve, e soprattutto nella consapevolezza di averescarsissime possibilità di vittoria nella successivafase processuale. In questo caso, laddove dovesseandare a buon fine la mediazione, riceverebbe undoppio vantaggio. Il primo consisterebbe nella ri-duzione della sanzione al 40% delle sanzioni irro-gabili in rapporto all’ammontare risultante dallaconciliazione (art. 48, comma 6, del D.Lgs. n.546/1992), ed il secondo, riferito alla fase proces-suale, consisterebbe nel risparmio delle spese dilite e del procedimento di mediazione. Il legisla-tore tributario ha introdotto, infatti, una disposi-zione che sanziona la soccombenza di fronte al

giudice, non solo con il pa-gamento delle spese di giu-dizio, ma anche con l’obbli-go di rimborsare alla contro-parte «una somma pari al 50per cento delle spese di giu-dizio a titolo di rimborsodelle spese del procedimen-to» (art. 17-bis, comma 10).Con l’avvertenza, peraltro,che, laddove una parte abbiapresentato proposta di me-diazione non accolta in fasedi conciliazione e successi-vamente avallata dal giudice,le spese processuali potran-no essere compensate anche

in caso di soccombenza. L’intento è evidentemen-te quello di incentivare la proposta di mediazionesia da parte del proponente che del ricevente, san-zionando, con l’accollo delle spese di lite, la con-troparte che abbia, senza giusti motivi, rifiutato laproposta di mediazione.

La proposta di mediazionenell’ambito dei diversi contesti accertativiIn alcuni casi, molto verosimilmente, la propostadi mediazione potrebbe restare assorbita nel conte-nuto del reclamo. Si pensi a tutte quelle circostan-ze in cui, specie negli accertamenti di carattereanalitico, il contribuente presenti una richiesta diannullamento parziale dell’atto. Nella ipotesi incui la pretesa erariale fosse rappresentata dallasomma di diverse rettifiche la richiesta di annulla-mento di una di queste, di per sé, potrebbe giàesaurire i contenuti di una possibile proposta dimediazione. Quest’ultima, molto probabilmente,potrebbe adattarsi meglio a forme accertative dicarattere presuntivo basate su stime e volte alla ri-determinazione dell’intera capacità economicaespressa dal contribuente. Si pensi agli accerta-menti fondati su percentuali di ricarico oppure aquelli che prendono le mosse da indici di ricchez-za, come il redditometro o l’accertamento sinteti-co. In questi casi la presentazione del reclamo conla richiesta di annullamento parziale della pretesapotrebbe non essere sufficiente ai fini della defini-zione della controversia. In tali circostanze, gene-ralmente, anche a fronte dell’annullamento o del

Disciplina delle speseLaddove una parte abbia presentatoproposta di mediazione non accoltain fase di conciliazione esuccessivamente avallata dal giudice,le spese processuali potranno esserecompensate anche in caso disoccombenza. L’intento èevidentemente quello di incentivare laproposta di mediazione sia da partedel proponente che del ricevente,sanzionando, con l’accollo delle spesedi lite, la controparte che abbia, senzagiusti motivi, rifiutato la proposta dimediazione.

SOLUZIONI OPERATIVE

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ridimensionamento da partedell’Ufficio di alcune vocioggetto della rettifica, po-trebbe essere necessario, co-munque, presentare una di-versa metodologia per la ri-costruzione del reddito e inbase a questa rimodulare il ri-sultato complessivo fornendoeventualmente anche unanuova rideterminazione della(minore) capacità economicaoggetto della pretesa erariale.Si pensi ad un accertamentocd. «analitico-induttivo» ba-sato su percentuali di ricari-co. Laddove il contribuente,immaginiamo un ristoratore,fosse in grado di dimostrarela concreta applicazione, suogni coperto servito ai clien-ti, di un ricarico nettamenteinferiore rispetto a quelloproposto dai verificatori sa-rebbe necessario ricostruirela metodologia utilizzata perl’intera rettifica.Un effetto diverso si potreb-be produrre, ad esempio, nelcaso di metodologie di ac-certamento su base analitica.Si pensi alle indagini finan-ziarie, dove l’Ufficio non ricostruisce ex novol’intera capacità economica ma somma semplice-mente le singole voci in entrata ed in uscita dalconto corrente. In questo caso la mera richiesta diannullamento parziale dell’atto, relativamente aspecifiche operazioni di prelevamento giustifica-bili in base alla documentazione offerta, potrebbeessere sufficiente per rintracciare il quantum sucui si basa la conciliazione. Sarà sufficiente stral-ciare le voci giustificabili dal risultato complessi-vo (si pensi alla dichiarazione di un genitore o al-la presentazione di un documento attestante lavendita di un autoveicolo con corrispettivo rice-vuto in contanti e deposito non contestuale, adesempio a tre mesi di distanza, della somma) perottenere la definizione della lite. In assenza diparticolari esigenze tali da giustificare una modi-

fica della metodologia ac-certativa la proposta di me-diazione in questo caso nontroverebbe particolari giusti-ficazioni.

Il reclamo come possibileistituto sostitutivodell’accertamento con adesioneDa una prima lettura dellanorma emergono, dunque, al-cune perplessità legate aimargini per un effettivo uti-lizzo della proposta di me-diazione da parte del contri-buente. Anche se, come de-scritto in premessa, con l’in-troduzione del reclamo vi èl’opportunità di ridimensio-nare il patologico ricorso allagiustizia tributaria, non esi-ste un reale incentivo a pro-porre la mediazione. Que-st’ultima rappresenta una mi-sura importante per valutarela serietà del comportamentodel contribuente e il reale in-teresse a raggiungere un ac-cordo. Senza la proposta dimediazione il nuovo istitutonon solo perderebbe un valo-

re aggiunto importante ma presenterebbe profili diapplicabilità decisamente simili all’accertamentocon adesione.Senza contare che i contribuenti potrebbero essereinteressati ad utilizzare per meri fini dilatori en-trambi gli istituti deflativi con il solo effetto diraddoppiare la sospensione dei termini per presen-tare ricorso e duplicare i procedimenti amministra-tivi nella fase precontenziosa. Non va dimenticato,infatti, che dalla presentazione del reclamo decor-rono novanta giorni entro i quali spetta all’Agen-zia delle entrate accogliere il reclamo, respingerloo concludere la mediazione.Se questo fosse realmente l’effetto legato all’intro-duzione del nuovo istituto, a questo punto, per leliti di valore inferiore a 20.000 euro, varrebbe lapena scegliere di applicare un solo strumento de-

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Accertamenti analiticio a carattere presuntivoNei casi di accertamenti di carattereanalitico, in cui il contribuentepresenta nel reclamo una richiesta diannullamento parziale dell’atto, laproposta di mediazione potrebberestare assorbita nel contenuto delreclamo. La proposta di mediazione inquesto caso non troverebbe particolarigiustificazioni, mentre potrebbeadattarsi meglio a forme accertativedi carattere presuntivo basate sustime e volte alla rideterminazionedell’intera capacità economica delcontribuente. Si pensi agliaccertamenti fondati su percentuali diricarico o che prendono le mosse daindici di ricchezza, come ilredditometro o l’accertamentosintetico. In questi casi lapresentazione del reclamo con larichiesta di annullamento parziale dellapretesa potrebbe non esseresufficiente ai fini della definizione dellacontroversia e potrebbe esserenecessario presentare una diversametodologia per la ricostruzione delreddito e in base a questa rimodulareil risultato complessivo.

VALUTAZIONI DI CONVENIENZA

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flativo. A bene vedere per una maggiore trasparen-za ed efficacia della procedura la soluzione po-trebbe essere proprio il reclamo e la mediazione ri-spetto all’accertamento con adesione. Il vantaggiodi tale scelta potrebbe essere duplice. In primoluogo in caso di esito negativo del contraddittorioverrebbe meno il pretestuoso utilizzo a fini dilatoridell’accertamento con adesione, dal momento che,ai sensi del comma 9 dell’art. 17-bis, se l’Agenziadelle entrate respinge il reclamo, i termini di im-pugnazione e costituzione in giudizio decorrono

dal ricevimento del diniego. Inoltre il reclamo puòcontenere anche la richiesta di annullamento in au-totutela dell’intera pretesa erariale che non trovaoggi spazio in caso di accertamento con adesione.In quest’ultima circostanza qualora il contribuentevolesse annullare l’atto sarebbe costretto a presen-tare istanza di autotutela e, eventualmente, in viaseparata, un’istanza di accertamento con adesioneal solo fine di beneficiare della sospensione di 90giorni altrimenti non concedibile in caso di autotu-tela.

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Il reclamo come fattore di rinvio dell’esamedel ricorso da parte del giudice e l’immediataesecutività dell’atto impositivoLa lettura del nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n.546/1992, in tema di reclamo e mediazione, pone di-versi dubbi e solleva molteplici interrogativi, in largamisura imputabili ad una stesura del testo normativonon rigorosa (1). Sorprende, soprattutto, la mancanzadi qualsivoglia previsione dedicata al tema della ri-scossione, tanto più grave nel momento in cui questaha assunto una centralità indiscussa nella dinamicadel prelievo, dovuta alla crescente incisività dei pote-ri accordati all’agente della riscossione e, per l’effet-to, dell’accresciuta efficacia della sua azione.I motivi di perplessità discendono dalla presa d’at-to che l’impugnazione di un atto, in linea generale,non ne sospende l’esecuzione (2); ed è evidenteche neppure il reclamo, in mancanza di un’espres-sa previsione, potrà avere effetti sospensivi, ancheperché, se il reclamo non viene accolto ovvero nonvi è mediazione, il reclamo stesso si converte in ri-corso (comma 9). Ebbene, se il reclamo non so-spende l’esecutività dell’atto, ciò significa che, neltempo lasciato all’Amministrazione finanziaria per

esaminare il reclamo del contribuente, potrebbeessere avviata l’esecuzione coattiva dell’atto im-pugnato ovvero attivate misure cautelari e/o con-servative (3). Tutto questo però, senza che il con-tribuente sia messo nella possibilità di ottenere lasospensione degli effetti in via giudiziale, ex art.47 del D.Lgs. n. 546/1992, dal momento che l’isti-tuto del reclamo implica, di fatto, un rinvio delcoinvolgimento del giudice, per un lasso di tempoche può arrivare ai novanta giorni dalla originariaproposizione del reclamo.

La riscossione provvisoriae l’acquiescenzadopo l’introduzione del reclamo

La disciplina del reclamo e della mediazione tributaria pone diversi dubbi, soprattutto inmerito all’assenza di previsioni dedicate alla vicenda della riscossione, che pure riveste unruolo centrale nella dinamica del prelievo. I motivi di perplessità derivano dalla constatazioneche, se il reclamo non sospende l’esecutività dell’atto, ciò significa che, nel tempo lasciato al-l’Amministrazione finanziaria per esaminare il reclamo del contribuente, potrebbe essere avvia-ta l’esecuzione coattiva dell’atto impugnato o attivate misure cautelari e/o conserva-tive. Nel caso di imposte riscosse in base a ruolo, si può così verificare la circostanza che, nel-le more della decisione dell’Ufficio sul reclamo, intervenga l’iscrizione a ruolo, ancorché dellasola quota di cui è consentita l’iscrizione provvisoria. Il discorso si presenta ancora più articola-to per i nuovi atti impoesattivi e per i ruoli formati a seguito della liquidazione delle im-poste dovute in base alle dichiarazioni o in base ai controlli formali. Dubbi si pongono, infi-ne, anche in relazione all’applicabilità dell’acquiescenza.

di Andrea Carinci

Andrea Carinci - Professore straordinario di Diritto tributario pres-so l’Università di Bologna

Note:(1) M. Basilavecchia, «Reclamo, mediazione fiscale e definizionedelle liti pendenti», in Corr. Trib. n. 31/2011, pag. 2491; A. Russo,«Manovra correttiva (D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito) - Os-servazioni sui profili generali del reclamo e della mediazione exart. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992», in il fisco, 2011, pag. 5715.(2) Così, con riguardo al ruolo, l’art. 39 del D.P.R. n. 602/1973, perle imposte sui redditi e l’IVA, l’art. 15 del D.P.R. n. 602/1973 (ap-plicabile all’IVA per effetto dell’art. 23 del D.Lgs. n. 46/1999) edoggi l’art. 29 del D.L. n. 78/2010, nonché, per l’imposta di registro,l’art. 56 del D.P.R. n. 131/1986.(3) M. Basilavecchia, «Reclamo, mediazione fiscale e definizionedelle liti pendenti», cit., loc. cit., pag. 2491.

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Processotributario

Gli effetti che si possono ve-rificare e le criticità che oc-corre sondare, tuttavia, sonodifferenti a seconda dell’attooggetto di reclamo.Con ogni evidenza, la que-stione va infatti circoscritta aquegli atti per cui, soli, si puòipotizzare un’efficacia esecu-tiva potenzialmente pregiudi-zievole nelle more del giudi-zio, suscettibile, proprio per-ché tale, di trovare un possi-bile (temporaneo) rimedionella tutela cautelare di cuiall’art . 47 del D.Lgs. n.546/1992 (4). Solo in una si-mile eventualità, a ben vede-re, è possibile parlare di unalacuna nella nuova disciplinaladdove, nel momento in cuiritarda (fino a 90 giorni) lasottoposizione al giudice delricorso, ritarda altresì la con-cedibilità, da parte dello stes-so, della tutela cautelare.È evidente che in caso di im-pugnazione di un diniego dirimborso, volendo comunqueammettere l’applicabilità dell’art. 17-bis (5), il ri-tardo imposto all’esame del giudice non sembraidoneo a determinare alcuna conseguenza pregiu-dizievole ulteriore: l’atto, ossia il diniego, non ècomunque suscettibile di tutela cautelare giudizia-le. Lo stesso si deve dire con riguardo ad un attodi sola irrogazione di sanzioni (6), dal momentoche, in virtù dell’art. 19 del D.Lgs. n. 472/1997, lesanzioni divengono riscuotibili solo a seguito dellasentenza della Commissione provinciale.Insomma, il problema si può e deve porre solo pergli atti immediatamente suscettibili, ancorché non inmisura integrale bensì pro quota, di legittimareun’aggressione patrimoniale ovvero misure cautelario conservative: un avviso di accertamento o di liqui-dazione, oppure una cartella di pagamento (ovvia-mente, se ed in quanto oggetto di impugnazione è ilruolo, unico atto riferibile all’Agenzia delle entrate).Ma anche qui, in realtà, il discorso assume pieghe dif-ferenti a seconda dello strumento previsto per dare

concreta esecuzione all’atto,nell’alternativa tra ruolo e nuo-vo accertamento esecutivo (7).

Il reclamo nelle imposteriscosse in base a ruoloNel caso di imposte riscossein base a ruolo (8), si può ve-rificare la circostanza che,nelle more della decisionedell’Ufficio sul reclamo, in-tervenga l’iscrizione a ruoloancorché della sola quota dicui è consentita l’iscrizioneprovvisoria (9). Si può qui obiettare, in real-tà, che la sospendibilità adopera del giudice degli effettidi un avviso di accertamentoo di liquidazione, mero pre-supposto per l’iscrizione aruolo, non è affatto scontata,stando almeno a quell’orien-tamento che ritiene difettare,nel caso, il requisito del peri-culum in mora (10). Di con-

Note:(4) C. Glendi, «La tutela cautelare del contribuente nel processotributario riformato (art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992 e norme com-plementari)», in Dir. prat. trib., 1999, I, pag. 21; S. Muleo, «La tutelacautelare», in AA.VV., «Il processo tributario», in Giur. sistematica,diretta da F. Tesauro, Torino, 1999, pag. 841; F. Tesauro, Manuale delprocesso tributario, Torino, 2009, pag. 121.(5) Sul punto cfr. A. Renda, «Il reclamo per dinieghi di rimborso, at-ti sanzionatori e atti impoesattivi», in Corr. Trib. n. 10/2012, pag. 715.(6) Anche sul punto cfr. A. Renda, op. loc. ult. cit.(7) L’ingiunzione fiscale di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639 nonviene in considerazione dal momento che è prevista esclusiva-mente per la riscossione dei tributi comunali (l’art. 7, comma 2,lett. gg-quater, del D.L.13 maggio 2011, n. 70, convertito, con mo-dificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106).(8) In argomento, si consenta di rinviare a A. Carinci, La riscossio-ne a mezzo ruolo nell’attuazione del tributo, Pisa, 2008.(9) Ciò può accadere, ad esempio, con l’imposta di registro, dovel’iscrizione a ruolo può intervenire nella misura del terzo dell’impo-sta complementare, in ossequio all’art. 56, comma 1, lett. a), del D.P.R.n. 131/1986; cfr. C.M. 25 maggio 1996, n. 137/E, in Banca Dati BIG Suite,IPSOA. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 347/1990, tale previsione tor-na applicabile anche in materia di imposte ipotecaria e catastale.(10) Sul tema, con ampie indicazioni giurisprudenziali, A.M. Proto,«Tutela cautelare e atto di accertamento», in Riv. dir. trib., 2009, I,pag. 559.

Iscrizione a ruolo– Ci si chiede se sia ammissibile che,nelle more del reclamo, l’Agenzia delleentrate possa procedere conl’iscrizione a ruolo.– La risposta è negativa, da un lato,perché ammettere l’avvio dellaprocedura esecutiva nelle more di untentativo di mediazione minaccia divanificare ogni margine dimediazione e, dall’altro, perchél’azione esecutiva verrebbe a fondarsisu un titolo di iscrizione a ruolocaratterizzato da un grado estremo diprecarietà, tant’è che se ne prescriveaddirittura un (tentativo di) riesame insede di reclamo, quale condizione diaccesso alla tutela giudiziale. Lasoluzione che quindi si impone èquella di ritenere legittima l’iscrizionea ruolo solo a seguito del decorso dei90 giorni, ovvero degli ulteriori 20giorni concessi al contribuente peraderire, pagando, all’eventualeproposta di mediazione dell’Ufficio odel più breve termine in cui èintervenuto il rigetto del reclamo.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

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Processotributario

seguenza, andrebbe escluso che il ritardo impostodall’obbligo di reclamo per l’esame del giudice siaidoneo a cagionare effetti pregiudizievoli peculia-ri: dovendo comunque attendere la notifica dellacartella per proporre l’istanza di tutela cautelare, èlecito ritenere che, per quel momento, il ricorsosia già, verosimilmente, all’attenzione al giudice.Sennonché, una lettura sistematica del nuovo isti-tuto impone di ricercare una soluzione capace diandare oltre le mere contingenze operative. Ci sideve allora domandare, piuttosto, se sia ammissi-bile che, nelle more del reclamo, l’Agenzia delleentrate possa procedere con l’iscrizione a ruolo.Ebbene, la risposta è chiaramente negativa: un si-mile comportamento si porrebbe, difatti, in paleseconflitto con la ratio del nuovo istituto. Da un latoperché, ammettere l’avvio della procedura esecuti-va nelle more di un tentativo di mediazione, mi-naccia di vanificare ogni margine di mediazione.Dall’altro, perché l’azione esecutiva verrebbe afondarsi su un titolo di iscrizione a ruolo caratte-rizzato da un grado estremo di precarietà, ai limitidi una non ancora raggiunta definitività, nella mi-sura in cui se ne prescrive un riesame in sede direclamo, quale condizione di accesso alla tutelagiudiziale. Nell’eventualità in cui una mediazionesi renda praticabile, poi, l’azione esecutiva risulte-rebbe condotta per un importo (potenzialmente)superiore a quello risultante dalla mediazione stes-sa, con conseguente obbligo di autotutela da partedell’Amministrazione: sennonché, nella misura incui la mediazione rappresenta un’eventualità fisio-logica del nuovo istituto (ben più dell’accoglimen-to del riesame), è chiaro che ammettere l’esecuzio-ne della pretesa nelle more dell’esame del reclamofinisce per confliggere con i criteri di economicità,di efficacia e di imparzialità che, ai sensi dell’art.1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove normein materia di procedimento amministrativo e di di-ritto di accesso ai documenti amministrativi) deb-bono informare l’attività amministrativa.La soluzione che quindi si impone è quella di rite-nere legittima l’iscrizione a ruolo solo a seguitodel decorso dei novanta giorni, ovvero degli ulte-riori 20 giorni concessi al contribuente per aderire,pagando, all’eventuale proposta di mediazionedell’Ufficio (ciò in ragione dell’espresso rinvio, adopera del comma 8, all’art. 48 del D.Lgs. n.546/1992) o ancora del più breve termine in cui è

intervenuto il rigetto del reclamo. Quando, in altreparole, l’istituto in oggetto ha esaurito i proprimargini di operatività.In ogni caso, ai fini della riscossione frazionata, equindi della misura in concreto riscuotibile, si de-ve ritenere che la presentazione del reclamo siaequiparata alla proposizione del ricorso (11).

Il reclamo nelle imposte riscossein base ad accertamento esecutivoIl discorso si presenta più articolato con i nuovi at-ti impoesattivi (12), di cui all’art. 29 del D.L. n.78/2010 (13), previsti in sostituzione della riscos-sione in base a ruolo in materia di imposte sui red-diti, IVA ed IRAP (14). In questo caso, difatti, l’atto di accertamento (co-me pure il connesso atto di irrogazione delle san-zioni) è già immediatamente esecutivo, ancorché,in caso di impugnazione, limitatamente ad un ter-zo dell’imposta e degli interessi. Ciò significa che,una volta decorsi i termini all’uopo prescritti,l’agente della riscossione può procedere all’esecu-zione forzata in forza del solo avviso di accerta-mento, senza bisogno di notificare alcun nuovo edulteriore atto. Di conseguenza, non sembrano quisussistere impedimenti di sorta a concedere la tu-tela cautelare ex art. 47 del D.Lgs. n. 546/1992 giàin sede di impugnazione dell’avviso di accerta-mento: l’attualità del (eventuale) periculum è in-fatti concretata dal fatto che l’avviso di accerta-mento, essendo già titolo esecutivo e precetto, nonnecessita dell’iscrizione a ruolo, né della notificadella cartella per l’esecuzione forzata (15).Ne discende che un ritardo nella sottoposizionedel ricorso al giudice, imposto dalla necessariaproposizione del reclamo quale condizione di am-

Note:(11) M. Cantillo, «Manovra correttiva (D.L. 6 luglio 2011, n. 98,convertito) - Il reclamo e la mediazione tributaria: prime rifles-sioni sul nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992», in il fisco, 2011,pag. 4997.(12) Sul punto cfr. anche A. Renda, op. loc. ult. cit.(13) Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2011.(14) In tema, cfr. C. Glendi, «Notifica degli atti impoesattivi e tu-tela cautelare ad essi correlata», in C. Glendi - V. Uckmar, La con-centrazione della riscossione nell’accertamento, Padova, 2011, pag. 3;A. Carinci, «Prime considerazioni sull’avviso di accertamento ese-cutivo ex D.L. n. 78/2010», in Riv. dir. trib., 2011, I, pag. 159.(15) S. Cannizzaro, «“Concentrazione” della riscossione nell’ac-certamento: le ricadute sul sistema», in M. Basilavecchia - S. Can-nizzaro - A. Carinci, La riscossione dei tributi, Milano, 2011, pag. 77.

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Processotributario

missibilità del ricorso mede-simo, si traduce, inevitabil-mente, in un ritardo di tutelacautelare nei confronti di unatto già idoneo a legittimareatti espropriativi e/o misurecautelari o conservative. Sennonché, anche in questocaso, sembra possibile ipotiz-zare scenari differenti.Non si può dimenticare, in-fatti, che per l’esecuzione co-attiva, come pure per gli atticautelari e/o conservativi, oc-corre comunque l’affidamen-to della riscossione da partedell’Agenzia delle entrateall’agente: affidamento che,tranne il caso di fondato peri-colo per il buon esito della ri-scossione (lett. c dell’art. 29, cit.) non può interve-nire prima del decorso di trenta giorni dalla sca-denza del termine per impugnare. Ebbene, è da ri-tenere che, per le medesime ragioni dinanzi addot-te trattando di riscossione in base a ruolo, gli Uffi-ci non possano procedere all’affidamento all’agen-te della riscossione prima che sia acclarato il «fal-limento» della mediazione: ciò a dire, in linea dimassima, prima del momento da cui decorrono itermini per la costituzione dinanzi al giudice. Secosì fosse, la previsione del reclamo non dovrebbecomportare un effetto pregiudizievole in termini diriscossione frazionata (16). Del resto, se pure è vero che, nonostante l’affida-mento all’agente della riscossione, l’esecuzioneforzata rimane comunque sospesa per un periododi centottanta giorni successivi dall’affidamento, èanche vero che tale inibizione è circoscritta al-l’azione espropriativa e non comprende le azionicautelari e conservative, come neppure le altreazioni previste dalle norme ordinarie a tutela delcreditore (art. 29, lett. b, del D.L. n. 78/2010, cit.).E in ogni caso, ammettere la possibilità perl’Agenzia di affidare tempestivamente la riscossio-ne all’agente della riscossione, nonostante la pen-denza del termine per l’esame del reclamo, signifi-cherebbe consumare la metà del tempo concesso algiudice per esaminare l’eventuale istanza di tutelacautelare (17).

Il reclamo contro il ruoloLa situazione forse più pro-blematica rimane, tuttavia,quella del ruolo; segnata-mente, del ruolo formato inbase alla liquidazione ex artt.36-bis del D.P.R. n.600/1973 e 54-bis del D.P.R.n. 633/1972 ovvero in base acontrollo formale ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973.Certamente, si può dubitareche torni qui applicabilel’istituto del reclamo e dellamediazione. Non di meno, arigore, si tratta anche in que-sto caso di un atto, il ruolo,formato dall’Agenzia delleentrate, ancorché notificatoper mezzo di un atto del-

l’agente della riscossione, ovverossia la cartella dipagamento. Ebbene, una volta ipotizzata l’applicazione dellamediazione anche in una simile ipotesi, i rischiconnessi ad un rinvio dell’esame del giudice appa-iono concreti: da un lato, perché qui la riscossioneè per l’intero e non frazionata, in ragione dellaprevisione di cui all’art . 14 del D.P.R. n.602/1973; dall’altro, perché la riscossione è già af-fidata all’agente della riscossione, sicché l’oppor-tunità di un intervento cautelare del giudice diven-ta concreta ed attuale.Ebbene, l’unica soluzione praticabile, una volta ri-conosciuto che anche in questo caso torna applica-

Note:(16) Ciò anche nel caso di fondato pericolo per il positivo esitodella riscossione, dove in effetti l’affidamento all’agente della ri-scossione può intervenire già allo scadere dei 60 giorni dalla no-tifica dell’atto e dove non opera la proroga di 180 giorni per l’av-vio dell’azione esecutiva: qui, difatti, è comunque prevista una fa-coltà, non un obbligo per l’Ufficio di affidare l’avviso all’agentedella riscossione direttamente allo scadere del termine di 60giorni dalla notifica dell’atto. (17) Si rammenta che la sospensione dell’esecuzione forzata, suc-cessivamente all’affidamento all’agente della riscossione, è statamotivata, fin dalla originaria previsione (cfr. l’art. 7, comma 1, lett.m, del D.L. 13 maggio 2011, n. 70), con la precisa esigenza di ac-cordare al giudice un periodo di tempo sufficiente ad esaminarel’istanza di tutela cautelare promossa dal contribuente in sede diimpugnazione dell’avviso di accertamento esecutivo, prima del-l’avvio dell’azione esecutiva.

Atti impoesattivi– Il ritardo nella sottoposizione delricorso al giudice, imposto dallanecessaria proposizione del reclamoquale condizione di ammissibilità delricorso medesimo, si traduce,inevitabilmente, in un ritardo di tutelacautelare nei confronti degli attiimpoesattivi, già idonei a legittimareatti espropriativi e/o misurecautelari o conservative.– È da ritenere che gli Uffici nonpossano procedere all’affidamentoall’agente della riscossione primache sia acclarato il «fallimento» dellamediazione: ciò a dire prima delmomento da cui decorrono i terminiper la costituzione dinanzi al giudice.

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Processotributario

bile l’art . 17-bis , sembraquella di concepire come unvero e proprio obbligo, e nonpiù come una mera facoltà, ilpotere per l’Ufficio di accor-dare la sospensione della ri-scossione ai sensi dell’art. 39del D.P.R. n. 602/1973. Solocosì, infatti, è possibile inibi-re l’avvio dell’esecuzioneesattoriale nelle more del-l’esame del reclamo. In ogni caso, è qui possibileipotizzare una responsabilitàex art. 2043 c.c. in capo al-l’Amministrazione finanzia-ria (18) che, nonostanteespressa istanza, non abbiaaccordato la sospensione del-l’efficacia del ruolo nelle mo-re dell’esame del reclamo,ossia in un arco temporale la-sciato a totale discrezionalità dell’Amministrazio-ne medesima. Tutto questo, in ossequio all’orien-tamento, oramai consolidato, secondo cui l’attivitàdella Pubblica amministrazione deve svolgersi nelrispetto della regola generale del neminem laedereanche laddove caratterizzata da profili di discre-zionalità (19).

Il reclamo e l’acquiescenzaDubbi si pongono, infine, con riguardo al temadell’acquiescenza. Accanto all’ipotesi «ordinaria», disciplinata dall’art.15 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, in base allaquale il contribuente può beneficiare della riduzionead un terzo (ovvero un sesto, nell’ipotesi di cui alcomma 2-bis) delle sanzioni prestando acquiescenzaall’atto impositivo, ossia rinunciando ad impugnarel’atto nonché a formulare istanza di accertamentocon adesione e pagando le somme entro il termineper la proposizione del ricorso, si può immaginareun tentativo di acquiescenza tardiva: in cui il contri-buente, per fruire dell’abbattimento delle sanzioni,manifesti l’interesse ad aderire all’originaria pretesasolo a seguito del rigetto del reclamo. Ebbene, in un caso del genere la disciplina di cui al-l’art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997 non sembra applica-bile: da un lato, perché la presentazione del reclamo

va equiparata alla presentazio-ne del ricorso quale manifesta-zione di volontà incompatibilecon l’acquiescenza, giacché in-tesa a contraddire la pretesaerariale; dall’altro, perché inogni caso il termine di presen-tazione del ricorso, entro cuideve intervenire il pagamento,al momento del rigetto del re-clamo è comunque decorso. Ilpagamento delle somme vanta-te, pertanto, in un caso siffattoè dovuto per l’intero.Sicuramente di maggiore in-teresse è però l’ipotesi di ac-quiescenza come vicendaperfezionativa della media-zione, tanto nell’ipotesi in cuila proposta provenga dal con-tribuente quanto nel caso in-verso di proposta proveniente

dall’Amministrazione (sebbene, a rigore, di acquie-scenza si possa parlare solo nel secondo caso). L’art. 17-bis richiama, a tale proposito, la disciplinasulla conciliazione giudiziale, di cui all’art. 48 delD.Lgs. n. 546/1992, se ed in quanto compatibile. Per effetto di tale rinvio, e non trovando ragioni diincompatibilità, la mediazione dovrebbe alloraperfezionarsi solo con il pagamento della sommadefinita. Il pagamento, peraltro, sempre in ragionedell’art. 48, dovrebbe potersi compiere tanto inun’unica soluzione quanto in misura rateale (finoad un massimo di otto rate trimestrali di pari im-porto, ovvero, se le somme dovute superano50.000 euro, di dodici rate trimestrali) (20), co-munque entro 20 giorni dall’accettazione da partedell’Ufficio della mediazione offerta dal contri-buente ovvero dalla proposta di mediazione for-mulata dall’Ufficio.

Note:(18) In argomento, P. Rossi, «Circolare CNDCEC n. 20/IR del 22luglio 2010 - Diniego di autotutela e risarcimento del danno», inil fisco, 2010, pag. 5233.(19) G. Marini, «Fisco obbligato al risarcimento del danno economi-co causato dall’autotutela tardiva», in Corr. Trib. n. 22/2011, pag. 1834.(20) Per effetto dell’art. 23, comma 19, lett. a), del D.L. n. 98/2011,convertito dalla legge n. 111/2011, non è più richiesta la prestazio-ne di una polizza fideiussoria o di una fideiussione bancaria se l’im-porto delle rate successive alla prima è superiore a 50.000 euro.

Reclamo contro il ruolo– Una volta ipotizzata l’applicazionedella mediazione anche per leimposte iscritte a ruolo, i rischiconnessi ad un rinvio dell’esame delgiudice appaiono concreti: da un lato,perché la riscossione è per l’intero;dall’altro, perché la riscossione è giàaffidata all’agente, sicchél’opportunità di un interventocautelare del giudice diventa concretaed attuale.– L’unica soluzione praticabile sembraquella di concepire come un vero eproprio obbligo il potere per l’Ufficiodi accordare la sospensione dellariscossione. Solo così è possibileinibire l’avvio dell’esecuzioneesattoriale nelle more dell’esame delreclamo.

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Processotributario

In caso di omesso pagamentoo di tardivo pagamento, lamediazione non potrà ritener-si perfezionata; di conseguen-za, il contribuente avrà l’one-re di costituirsi tempestiva-mente ex art. 22, pena l’inam-missibilità del (intervenuto)ricorso con conseguente defi-nitività dell’atto originario. In caso di mancato pagamentoanche di una sola delle rate di-verse dalla prima, entro il ter-mine di pagamento della ratasuccessiva, per effetto del rin-vio all’art. 48 si dovrà proce-dere con l’iscrizione a ruolodelle somme residue dovute,oltre che della sanzione di cuiall’art. 13 del D.Lgs. n.471/1997, applicata in misuradoppia (ciò per effetto dell’art. 23, comma 19, lett.c, del D.L. n. 98/2011, convertito dalla legge n.111/2011). Qui, infatti, anche se l’atto originario eraun atto impoesattivo, non è applicabile la peculiaredisciplina di cui all’art. 29 del D.L. n. 78/2010 suicd. atti di rideterminazione, stante il numerus clau-sus di questi ultimi (21): conseguentemente, le rate

successive andranno riscossein base a ruolo.Rimane dubbia, infine, l’ap-plicabilità anche del comma6 dell’art. 48, laddove preve-de, per il caso di avvenutaconciliazione, l’applicazionedelle sanzioni amministrativenella misura del 40% dellesomme irrogabili, in rapportodell’ammontare del tributorisultante dalla conciliazione,qui della mediazione (22).Anche in questo caso, tutta-via, non si rinvengono ragio-ni di incompatibil i tà conl’istituto della mediazione,che possano indurre adescludere l’applicazione diquesta peculiare previsione.

Mediazione e acquiescenzaLa mediazione dovrebbe perfezionarsisolo con il pagamento della sommadefinita. Il pagamento dovrebbepotersi compiere tanto in un’unicasoluzione quanto in misura rateale,comunque entro 20 giornidall’accettazione da parte dell’Ufficiodella mediazione offerta dalcontribuente ovvero dalla proposta dimediazione formulata dall’Ufficio. Incaso di omesso pagamento o ditardivo pagamento, la mediazione nonpotrà ritenersi perfezionata; diconseguenza, il contribuente avràl’onere di costituirsi tempestivamente,pena l’inammissibilità del ricorso conconseguente definitività dell’attooriginario.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(21) Agenzia delle entrate, nota 30 settembre 2011, prot. n.2011/141776.(22) M. Cantillo, «Manovra correttiva (D.L. 6 luglio 2011, n. 98,convertito) - Il reclamo e la mediazione tributaria: prime rifles-sioni sul nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992», cit., loc. cit., pag.4997.

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Redditid’impresaCTR Piemonte, 6 febbraio 2012, n. 8

A volte ritornano. Dopo che la Corte di cassazioneha posto rimedio, con la sentenza 10 dicembre2010, n. 24957 (1), ad un suo precedente e assaicontestato orientamento interpretativo, affermandochiaramente che i compensi erogati agli ammini-stratori sono deducibili in sede di determinazionedel reddito d’impresa e precisando correttamenteche tale regola si applica a prescindere dal tipo disocietà (di persone o di capitali) che li corrisponde,la Commissione tributaria regionale del Piemonteha, invece, ritenuto, nella sentenza n. 8 del 2012(2), che siano indeducibili i compensi attribuiti dauna s.r.l. al socio amministratore unico. Peraltro ta-le sentenza conferma l’orientamento precedente-mente espresso dalla Commissione provinciale.Quest’ultima pronuncia di merito suscita perples-sità e preoccupazione soprattutto perché intervienedopo il «ravvedimento» della Suprema Corte ri-spetto ad una precedente presa di posizione cheaveva suscitato vivaci polemiche e la risposta al-l’interrogazione parlamentare del 30 settembre2010 (3), nella quale l’Agenzia delle entrate avevaribadito la deducibilità dei compensi attribuiti agliamministratori di società di capitali.Si tratta, evidentemente, di una questione molto«sentita» dagli operatori interessati e sentenze co-me quella in esame non contribuiscono di certo al-la certezza del diritto.

Giova, al riguardo, ricapitolare preliminarmentegli «antefatti» di tale vicenda, alla luce dei qualiva inquadrata la pronuncia in commento.

L’ordinanza della Cassazione n. 18702 del 2010La Corte di cassazione aveva affermato, nell’ordi-nanza 13 agosto 2010, n. 18702 (4), che i compen-si agli amministratori di società di capitali «nonsono affatto deducibili» essenzialmente sulla basedi quanto precedentemente affermato nella senten-za 13 novembre 2006, n. 24188 (5), secondo laquale il previgente art. 62 del T.U.I.R., nell’esclu-dere la deduzione del compenso per il lavoro pre-stato o l’opera svolta dall’imprenditore individua-le, consentirebbe la deducibilità dei soli compensispettanti agli amministratori di società di persone

La deducibilità dei compensidegli amministratori: manca ancora la parola fine

La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza n. 8 del 2012, ha affermatol’indeducibilità dei compensi attribuiti ai soci amministratori di società di capitali, que-stione che si riteneva ormai superata a seguito delle prese di posizione della Corte di cassazio-ne e dell’Agenzia delle entrate. La prima a sollevare dubbi al riguardo era stata la Suprema Cor-te, che aveva, però, successivamente rivisto il proprio orientamento, in linea con l’affermazionedella deducibilità di tali compensi contenuta in un’interrogazione parlamentare del 2010. Si sta,peraltro, affacciando l’ulteriore questione se sia o meno necessaria la presenza di un’apposi-ta delibera assembleare ai fini della deduzione dei detti compensi.

di Gianfranco Ferranti

Gianfranco Ferranti - Responsabile Dipartimento scienze tributa-rie - Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze

Note:(1) In GT - Riv. giur. trib. n. 5/2011, pag. 400, con commento di M.Nussi, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) Per il testo della sentenza, cfr. pag. 787.(3) Si tratta dell’interrogazione n. 5-03498 (in Banca Dati BIGSuite, IPSOA) presentata dal deputato A. Pepe.(4) In GT - Riv. giur. trib. n. 12/2010, pag. 1044, con commento di F.Tundo, in Dialoghi Tributari n. 5/2010, pag. 491, con commenti di D.Stevanato, M. Damiani e R. Lupi, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(5) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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e non di quelli attribuiti agli amministratori di so-cietà di capitali. Ciò in quanto la posizione del-l’amministratore di queste ultime società sarebbe«equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quelladell’imprenditore, non essendo individuabile, inrelazione alla sua attività gestoria, la formazionedi una volontà imprenditoriale distinta da quelladella società, e non ricorrendo, quindi, l’assogget-tamento all’altrui potere direttivo, di controllo edisciplinare, che costituisce il requisito tipico dellasubordinazione». È bene sin da ora evidenziare che la detta sent. n.24188 del 2006 è stata posta a base anche dellasentenza della Commissione tributaria regionaledel Piemonte in commento.Le concordi critiche formulate nei riguardi dellapresa di posizione della Cassazione, che sarannopiù avanti illustrate, hanno indotto la stessa Corte aprecisare, in un comunicato stampa del 5 ottobre2010, che «la Sezione tributaria è fortemente impe-gnata a mantenere in limiti assolutamente fisiologi-ci le inevitabili oscillazioni connesse alla notevolequantità di ricorsi esaminati e alla continua evolu-zione normativa che impone una costante opera diinterpretazione e di ricostruzione sistematica, mol-to spesso pretermessa dal legislatore. Inoltre, lospazio sempre maggiore occupato dal diritto comu-nitario impone di tener conto del doveroso rispettodelle norme europee, la cui prevalenza orienta or-mai obbligatoriamente i mutamenti della giurispru-denza. Certamente sarebbe utile che alla Sezionetributaria fossero assegnati, per quanto possibile,magistrati che abbiano maturato una specificaesperienza nella materia tributaria. Ciò richiederà,però, un mutamento delle attuali modalità con lequali il Consiglio superiore della magistratura va-luta, in concorso unitario ed indistinto, i magistratida assegnare alle funzioni di consigliere di Corte dicassazione. Un mutamento di sistema è tra gli au-spici della Prima Presidenza della Corte per le fu-ture assegnazioni». Si è voluto, in tal modo, sotto-lineare che le oscillazioni giurisprudenziali sonol’inevitabile conseguenza dell’assenza di una visio-ne organica della normativa tributaria (6).Anche l’AIDC ha affermato, nella norma di com-portamento n. 182 del 2011 (7), che, se la funzionedi amministratore è svolta da una società, il com-penso corrisposto dalla società commerciale am-ministrata costituisce per la stessa, ai fini delle im-

poste sui redditi e dell’IRAP, un costo deducibile eper la società percipiente un ricavo imponibile percompetenza. In tal caso non trova, infatti, applica-zione il disposto dell’art. 95, comma 5, delT.U.I.R., la cui applicazione è limitata alle «speseper prestazioni di lavoro».

La risposta all’interrogazione parlamentare30 settembre 2010I sottosegretari S. Viale e A. Giorgetti hanno preci-sato, nella risposta fornita il 30 settembre 2010 adun’interrogazione parlamentare (8), che l’Agenziadelle entrate ha, al riguardo, affermato che:– il riferimento, contenuto nell’art. 95, comma 5,del T.U.I.R., all’esercizio in cui i compensi spet-tanti agli amministratori di società ed enti di cuiall’art. 73, comma 1, sono erogati «impone - in de-roga al generale principio di competenza che go-verna la determinazione del reddito d’impresa - ladeducibilità dei compensi agli amministratori se-condo il principio di cassa»;– «la deducibilità del compenso presuppone la suainerenza all’attività d’impresa secondo il principiodi cui all’art. 109, comma 5, del T.U.I.R., inerenzache va valutata caso per caso in relazione alla spe-cifica fattispecie considerata».L’Agenzia delle entrate ha, pertanto, correttamenteevidenziato che l’esplicita previsione normativache sancisce l’applicazione del detto principio dicassa comporta inevitabilmente il riconoscimentodel diritto alla deduzione dei compensi attribuitiagli amministratori. Tale deducibilità è stata ulte-riormente confermata dall’affermazione secondola quale la stessa è condizionata esclusivamentealla verifica, caso per caso, del rispetto del princi-pio di inerenza dei compensi all’attività d’impresa. Tale principio trova applicazione con riguardo siaalle società di capitali (9) (cui fa riferimento l’art.95 del T.U.I.R. menzionato nella risposta all’inter-rogazione parlamentare) sia a quelle di persone,essendo affermato, nel precedente art. 56, comma1, che le disposizioni concernenti la determinazio-ne del reddito d’impresa relative alle società e agli

Note:(6) Da G. Negri, «Giudici più preparati sul Fisco», in Il Sole - 24Ore del 6 ottobre 2010, pag. 34.(7) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(8) Cit. nota 3.(9) E agli enti di cui all’art. 73, comma 1, del T.U.I.R.

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enti di cui all’art. 73, comma1, lett. a) e b), valgono ancheper le società in nome collet-tivo e in accomandita sempli-ce (ed equiparate).È stato, quindi, chiaramentesancito un principio diame-tralmente opposto a quelloespresso nella menzionata or-dinanza della Cassazione, an-che se non è stato formulato,per evidenti motivi di oppor-tunità, alcun esplicito giudi-zio in merito a quest’ultima.Si ritiene, pertanto, che sianostati fugati i timori che taleordinanza aveva suscitatonella vasta platea dei contri-buenti interessati (10). La deducibilità dei compensi in questione è stata,peraltro, ribadita nell’art. 24, comma 1, del D.L. n.78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, nelquale è stabilito che la vigilanza sistematica sulleimprese (di qualsiasi tipo) che presentano, per piùdi un periodo d’imposta, dichiarazioni in perditafiscale non riguarda i casi in cui quest’ultima è de-terminata da compensi erogati, tra gli altri, agliamministratori.Il vigente art. 95 del T.U.I.R., il cui contenuto èstato richiamato nella risposta alla detta interroga-zione parlamentare, è entrato in vigore a partiredal periodo d’imposta 2004 (11) e, di conseguen-za, la deducibilità dei compensi in esame è stataespressamente sancita per tale periodo e per quellisuccessivi (12). Con tale richiamo si è, tra l’altro,evitato di entrare nel merito delle affermazionicontenute nell’ord. n. 18702 del 2010, che ha ri-guardato l’applicazione della normativa vigenteanteriormente al 2004. Si ritiene, comunque, che ilprincipio della deducibilità dei compensi attribuitiagli amministratori si applichi, per i motivi espostipiù avanti, anche con riferimento ai periodi d’im-posta anteriori al 2004, in relazione ai quali si è,comunque, verificata, nella maggior parte dei casi,la decadenza del termine per l’accertamento (13).

La sentenza della Cassazione n. 24957 del 2010La Corte di cassazione è tornata, nella sentenza n.

24957 del 2010, ad affronta-re la questione in esame, su-perando l’orientamentoespresso nella precedente or-dinanza n. 18702 del 2010.Nella detta sentenza è stato,innanzitutto, affermato che«le più recenti pronunce sisono orientate nel senso delladeducibilità e della insinda-cabilità» della congruità deicompensi degli amministra-tori, essendo stata abolita laprevigente disciplina che«faceva, a differenza di quel-la dell’attuale T.U.I.R., rife-rimento agli amministratorisoci e stabiliva che “i com-pensi corrisposti sono dedu-

cibili nei limiti delle misure correnti per gli ammi-nistratori non soci”, dizione che venne consideratacome tendente ad evitare possibili manovre elusi-ve attraverso la maggiorazione dei compensi agliamministratori-soci». La Corte ha, altresì, rilevato

Compensi del socio amministratore unico di s.r.l.La Commissione tributaria regionaledel Piemonte ha preso in esame ilcaso di una s.r.l. con due soci aventiciascuno una quota di partecipazionedel 50%, uno dei quali svolgeva lafunzione di amministratore unico. Èstata, a tal fine, richiamata la sentenzan. 24188 del 2006, nella quale laCassazione, dopo aver ricondottol’attività di gestione aziendale delsocio amministratore all’attivitàdell’imprenditore, conclude per la nondeducibilità del compenso perl’opera prestata dal socio,imprenditore-amministratore.

GIURISPRUDENZA DI MERITO

Note:(10) Non si condividono, pertanto, le perplessità di D. Liburdi,«Compensi, inerenza ad hoc», in Italia Oggi del 1° ottobre 2010,pag. 23, il quale ha affermato che la risposta all’interrogazioneparlamentare non modificherebbe «nulla rispetto al dibattito chesi è generato sulla scorta delle indicazioni dei giudici di legittimi-tà» e che la stessa lascerebbe «comunque il campo ad una appli-cazione del principio espresso dalla Corte di cassazione non af-fermandosi né l’assoluta deducibilità dei compensi erogati agliamministratori né una distinzione tra periodi di imposta sui qualile indicazioni della Corte possono essere applicate o non appli-cate».(11) Ovvero, in caso di periodo d’imposta non coincidente conl’anno solare, a partire dal periodo che ha inizio a decorrere dal1° gennaio 2004.(12) Il relatore dell’ord. n. 18702 del 2010, cit., P. D’Alessandro,aveva, invece, così risposto alla domanda se lo stesso orienta-mento interpretativo restasse valido dopo la riforma che nel2004 ha riscritto le norme del Testo Unico: «in linea di massimadirei di sì. Finora già due diversi collegi della Corte di cassazionesi sono espressi nella stessa direzione, in relazione alla vecchianorma. Ma solo quando ci si presenterà l’occasione avremo mo-do di studiare a fondo la questione in relazione alle nuove nor-me». Cfr., al riguardo, M. Longoni, «Compensi, Cassazione avantitutta», in Italia Oggi del 14 settembre 2010, pag. 21.(13) Tale decadenza potrebbe non essersi verificata in presenza diperiodi d’imposta per i quali non si è fruito del «condono» ovve-ro sia intervenuta la constatazione di violazioni penalmente rile-vanti.

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che in passato la propria giurisprudenza non erastata univoca, tanto che con l’ord. 20 giugno 2002,n. 9026 (14) la questione era stata rimessa, perl’eventuale devoluzione alle Sezioni Unite, al Pri-mo Presidente, il quale aveva, però, ritenuto chefosse possibile comporre il contrasto nell’ambitodella stessa sezione tributaria (15).Di conseguenza, poiché non è normativamenteprevisto alcun riferimento «a tabelle o altre indica-zioni vincolanti, che pongano limiti massimi dispesa», la deducibilità dei compensi agli ammini-stratori «è determinata dal consenso che si forma otra le parti o nell’ambito dell’ente sul punto, senzache all’Amministrazione finanziaria sia ricono-sciuto un potere specifico di valutazione di con-gruità».La Cassazione ha, altresì, precisato che non può«affermarsi che nell’attuale ordinamento siano as-senti norme antielusive in presenza di una discipli-na sulla simulazione e dei negozi in frode alla leg-ge, ... delle quali sia l’Erario che il giudice, even-tualmente investito della questione, potrebberoservirsi in caso di determinazione dei compensiche appaiono insoliti o sproporzionati, anche senell’ipotesi di amministratori non soci ... appareimprobabile una distribuzione occulta di utili né èpercepibile uno scopo fraudolento in danno del-l’Agenzia delle entrate, dato che le aliquote appli-cabili nei confronti dei redditi degli amministratori(non inferiore al 43,5%) sono superiori rispetto aquelle applicabili mediamente per i redditi dellesocietà (34,9%)».La sentenza in esame ha, quindi, affermato, in mo-do chiaro e che ci si augurava definitivo, che icompensi erogati agli amministratori sono deduci-bili da parte della società, precisando, altresì, chetale regola si applica a prescindere dal tipo di so-cietà, di persone o di capitali.Tale orientamento è stato implicitamente confer-mato dalla stessa Corte nella sentenza 24 febbraio2012, n. 2854 (16), nella quale è stata affrontata laquestione della imputazione temporale dei com-pensi in esame, senza porre in dubbio la spettanzadella loro deduzione.

La sentenza della Commissione tributariaregionale del PiemonteNella sentenza in commento la Commissione tri-butaria regionale del Piemonte ha preso in esame

il caso di una s.r.l. con due soci aventi ciascunouna quota di partecipazione del 50%, uno dei qualisvolgeva la funzione di amministratore unico.Al riguardo è stato ritenuto applicabile l’art. 62,comma 2, del T.U.I.R. (attualmente trasfuso nel-l’art. 60), in base al quale non sono ammesse indeduzione spese a titolo di compenso del lavoroprestato o dell’opera svolta dall’imprenditore indi-viduale. È stata, altresì, richiamata la sent. n.24188 del 2006, cit., nella quale la Cassazione,«dopo aver ricondotto l’attività di gestione azien-dale del socio amministratore all’attività dell’im-prenditore, conclude per la non deducibilità delcompenso per l’opera prestata dal socio, imprendi-tore-amministratore».Al riguardo si osserva che le affermazioni conte-nute nella sentenza in commento non sono condi-visibili per i seguenti motivi:– in base al principio di derivazione sancito dal-l’art. 83 del T.U.I.R. (17), i compensi spettanti agliamministratori sono deducibili in quanto hannoconcorso a formare l’utile o la perdita di bilancio ele norme che disciplinano la determinazione delreddito d’impresa non ne stabiliscono la indeduci-bilità, ma, come rilevato nella risposta all’interro-gazione parlamentare in esame, ne condizionanosoltanto la deducibilità all’avvenuta corresponsio-ne e alla loro inerenza all’attività d’impresa (18);– nel T.U.I.R. è stata prevista, sia prima che dopola riforma entrata in vigore a partire dal 2004, unaidentica disciplina per la deducibilità dei compensidegli amministratori di società di persone e di ca-pitali. Ante 2004 la previsione era esplicita con ri-guardo alle società di persone (nell’allora vigenteart. 62, comma 3) ed era stata estesa a quelle di ca-pitali in virtù di un apposito rinvio normativo

Note:(14) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(15) Il procedimento di cui all’ord. n. 9026 del 2002 si era, peral-tro, concluso con la declaratoria di estinzione del processo perintervenuta definizione da condono di cui alla legge n. 289/2002.(16) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(17) E, ante 2004, dall’art. 52 dello stesso T.U.I.R.(18) Cfr., al riguardo: G. Fransoni, «L’indeducibilità dei compensiagli amministratori e i “nonsense” fiscali», in Corr. Trib. n. 35/2010,pag. 2853; L. Miele, «Compensi ai manager fuori rotta», in Il Sole -24 Ore - Norme e tributi del 27 settembre 2010, pag. 1; G. Andrea-ni e A. Tubelli, «I compensi degli amministratori costituiscono or-dinari componenti negativi di reddito», in Corr. Trib. n. 39/2010,pag. 3201.

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(contenuto nel previgente art.95). A partire dal 2004 la si-tuazione è stata, invece, «ca-povolta», senza mutare, però,i termini della questione: laprevisione esplicita riguardaora le società di capitali (nel-l’art. 95, comma 5) mentrequella di rinvio concerne lesocietà di persone (nell’art.56, comma 1);– nella sent. n. 24188 del2006, cit., la Cassazione hasostenuto la incompatibilitàdella qualifica di amministra-tore unico di una società dicapitali con la condizione dilavoratore subordinato alledipendenze della stessa so-cietà e la conseguente inde-ducibilità delle retribuzionicorrisposte allo stesso in rela-zione a quest’ultima condi-zione, senza affermare una generale equiparazionetra l’imprenditore individuale e il detto ammini-stratore. Si tratta, quindi, di una problematica di-versa da quella, molto più ampia, in esame (19);– ritenere che la norma sulla indeducibilità delcompenso del lavoro prestato dall’imprenditore siaapplicabile anche con riguardo all’opera svoltadall’amministratore di società implicherebbe cheanche il compenso attribuito a quest’ultimo nondebba concorrere alla formazione del suo reddito.Una disposizione esplicita in tal senso era conte-nuta nel previgente art. 62, comma 2, del T.U.I.R.e la stessa non è stata riprodotta nell’attuale art.60, ma inserita nel precedente art. 8, comma 1.Si ritiene che tali considerazioni abbiano indotto laCorte di cassazione e l’Agenzia delle entrate a ri-badire in modo chiaro la deducibilità dei compensiin esame.Si auspica, pertanto, che la sentenza in esame nonabbia ulteriore seguito nell’ambito della giurispru-denza di merito.

La rilevanza della delibera assembleareUn’ulteriore questione interpretativa che si staprofilando in merito alla deducibilità dei compensiagli amministratori riguarda la necessità o meno

che sia stata adottata unaspecifica delibera assemblea-re che riconosca la spettanzadei compensi stessi. Peraltronella stessa sentenza dellaCorte di cassazione n. 24957del 2010, cit., si afferma che«la spettanza e la deducibili-tà dei compensi agli ammini-stratori è determinata dalconsenso che si forma tra leparti o nell’ente sul punto(cfr. artt. 2364 e 2389 c.c.)».La Commissione tributariaprovinciale di Reggio Emiliaha, al riguardo, affermato,nella sent. 18 ottobre 2010,n. 186 (20), che è indeducibi-le il compenso corrispostoall’amministratore «ma nonspettante in quanto non pre-viamente e specificamentedeliberato. Né a conclusioni

difformi può indurre la considerazione che vi siastata una delibera assembleare di ratifica della cor-responsione del compenso ... stante la considera-zione che al momento della corresponsione i com-pensi degli amministratori devono essere già“spettanti”, cioè già deliberati secondo il dispostodell’art. 95, comma 5», del T.U.I.R.Tale orientamento interpretativo è stato fondatosul principio affermato dalla Corte di cassazione, aSezioni Unite, nella sent. 29 agosto 2008, n. 21933(21), nella quale, risolvendo i contrasti giurispru-denziali insorti in precedenza (22), è stato afferma-

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Compensi degli amministratorisoci di società di personeLa Corte di cassazione ha affrontato,nella sentenza n. 24957 del 2010, laquestione della deducibilità deicompensi attribuiti agli amministratorisoci di società di persone, superandol’orientamento espresso nellaprecedente ordinanza n. 18702 del2010. In tale sentenza è statoaffermato, in modo chiaro e che ci siaugurava definitivo, che i compensierogati agli amministratori sonodeducibili da parte della società,precisando, altresì, che tale regola siapplica a prescindere dal tipo disocietà, di persone o di capitali. In talsenso si è espressa anche l’Agenziadelle entrate nella risposta fornita il30 settembre 2010 adun’interrogazione parlamentare.

GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA’

Note:(19) Cfr., al riguardo: D. Stevanato, «Amministratore non fa rimacon imprenditore individuale», in Il Sole - 24 Ore - Norme e tributidel 27 settembre 2010, pag. 1; F.A. Genovese, «Aspetti processua-li e sostanziali dell’ordinanza della Cassazione sui compensi degliamministratori», in Corr. Trib. n. 39/2010, pag. 3197; G. Andreani eA. Tubelli, op. loc. ult. cit.; la circolare 4 ottobre 2010, n. 13, dellaFondazione studi consulenti del lavoro, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA. (20) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(21) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(22) A favore della tesi della validità della ratifica in sede di ap-provazione del bilancio dell’autonoma attribuzione dei compensida parte degli amministratori si erano espresse, tra le altre, lesentenze della Corte di cassazione n. 6935 del 1983, n. 2832 del

(segue)

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to che è necessaria una specifica delibera dell’as-semblea dei soci per riconoscere la spettanza delcompenso agli amministratori delle società di ca-pitali e che è nulla l’attribuzione del compenso inassenza di tale delibera.È stato, in tal modo, chiarito che gli amministrato-ri non possono determinare autonomamente il pro-prio compenso e ottenere successivamente la rati-fica dei soci in occasione dell’approvazione del bi-lancio nel quale è stata inserita l’apposita voce dispesa. L’approvazione da parte dell’assemblea del-l’attribuzione del detto compenso può avvenirecontestualmente all’approvazione del bilancioesclusivamente se è provato che «l’assemblea con-vocata soltanto per l’esame e l’approvazione delbilancio, essendo totalitaria, abbia anche espressa-mente discusso e approvato una specifica propostadi determinazione dei compensi degli amministra-tori».La disposizione contenuta nell’art. 2389 c.c. è sta-ta, quindi, ritenuta imperativa e inderogabile dallaCorte, tenuto anche conto del fatto che l’ormaiabrogato art. 2630, secondo comma, c.c. sanziona-va penalmente l’ipotesi della percezione, da partedegli amministratori, di compensi non preventiva-mente deliberati dall’assemblea e la successiva de-penalizzazione della fattispecie non permette di ri-tenere che il medesimo comportamento, a suo tem-po punito come delitto, possa oggi ritenersi con-sentito, esautorando l’assemblea dei soci dellacompetenza attribuita dall’art. 2389 c.c., la cui di-sciplina risulterebbe, in tal modo, inutile e super-flua.L’art. 2389 c.c. stabilisce che l’assemblea dei sociattribuisce il compenso ai singoli consiglieri e ilconsiglio di amministrazione provvede, invece, inmerito ai compensi agli amministratori delegati eagli altri membri che rivestono cariche particolari.Il compenso complessivo spettante agli ammini-stratori delegati può essere anch’esso stabilito dal-l’assemblea dei soci, se così prevede lo statuto.Quindi, secondo la citata sentenza di merito, icompensi agli amministratori, per essere deducibi-li in sede di determinazione del reddito della so-cietà, devono essere prima deliberati (o stabilitinell’atto di nomina) e poi corrisposti. Tale orientamento interpretativo è stato criticato indottrina perché:– la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione

n. 21933 del 2008, cit., afferma la irrilevanza diun’approvazione «implicita» dei compensi, «senzaentrare nel merito del momento in cui la decisione(esplicita) viene formalizzata» (23);– il riferimento, contenuto nell’art. 95, comma 5,del T.U.I.R., ai compensi «spettanti» non va intesoin senso civilistico (con riguardo al momento diapprovazione della specifica delibera) ma nel sen-so di un generico «maturati» nel corso dell’eserci-zio con lo svolgimento dell’attività da parte degliamministratori. Ciò anche perché, a norma del-l’art. 83 del T.U.I.R., ai fini della deducibilità rile-verebbe la sola iscrizione nel conto economico(24).A conclusioni analoghe a quelle formulate dallaCommissione tributaria provinciale di ReggioEmilia sono, peraltro, pervenute anche la Commis-sione tributaria provinciale di Torino, Sez. XVI,nella sent. 10 marzo 2011, n. 37 (25), e, preceden-temente, la Commissione tributaria provinciale diFirenze, nella sent. 15 settembre 1997, n. 296, e laCommissione tributaria regionale del Lazio, nellasent. 8 luglio 2009, n. 176 (26). In senso difforme(cioè a favore della rilevanza solo civilistica e nonfiscale della normativa in materia di delibere as-sembleari) si sono, invece, espresse la Commissio-ne tributaria regionale della Lombardia, nella sent.31 marzo 2006, n. 36, e la Commissione tributariaregionale della Toscana, nella sent. 25 novembre2008, n. 170 (26). La Corte di cassazione ha, da parte sua, conferma-to, nella sent. 19 novembre 2007, n. 23872 (27), lasentenza del giudice di appello nella quale era stataaffermata la indeducibilità per la società del com-penso attribuito all’amministratore unico «non pre-

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Note:(segue nota 22)2001, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, n. 28243 del 2005, ivi, e n.11490 del 2007, ivi. In senso conforme a quanto affermato dalleSezioni Unite della stessa Corte si erano, invece, pronunciate lesent. n. 2672 del 1968, n. 3774 del 1995, ivi, n. 1319 del 1995, n.10895 del 2004, ivi, e n. 21130 del 2007, ivi.(23) Così L. Gaiani, «Compensi deducibili con delibera», in Il Sole- 24 Ore del 14 dicembre 2010, pag. 32.(24) Si veda, in tal senso, F. Tundo, «Occorre la delibera assem-bleare per la deducibilità dei compensi “spettanti” agli ammini-stratori?», in Corr. Trib. n. 47/2010, pag. 3933.(25) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(26) Entrambe in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(27) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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LA SENTENZA

Commissione tributaria regionale delPiemonte, Sez. XXXIV, Sent. 6 febbraio 2012(23 novembre 2011), n. 8 - Pres. Bonadies - Rel.Berruti

In caso di società di capitali con due soci,uno dei quali svolge la funzione di amministra-tore, detenendo nel contempo una quota dipartecipazione societaria del 50%, il cui attocostitutivo non prevede o stabilisce nessuncompenso per il socio amministratore unico, ein cui tale compenso varia di importo a secon-da delle annualità, deve trovare applicazione il di-sposto dell’art. 60 del T.U.I.R., che prevede che lespese per prestazioni di lavoro non sono am-messe in deduzione a titolo di compenso dellavoro prestato o dell’opera svolta dall’imprendi-tore, dal coniuge, dai figli. Peraltro, anche la Cor-te di cassazione, dopo aver ricondotto l’attivitàdi gestione aziendale del socio amministra-tore all’attività dell’imprenditore, ha conclusoper la non deducibilità del compenso perl’opera prestata dal socio, imprenditore-am-ministratore.

Oggetto della domanda e svolgimento del processo

Con tre separati ricorsi (riuniti dalla Commissione tri-butaria provinciale) la società Ve. S.r.l. impugnava al-trettanti avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio di ...dell’Agenzia delle entrate e relativi ad imposta IRESdegli anni 2004, 2005 e 2006.La società contribuente in questione era stata, infatti,fatta oggetto, nell’ottobre 2008, di verifica fiscale daparte della Guardia di finanza, all’esito della qualel’Ufficio aveva ripreso a tassazione i compensi corri-

sposti all’amministratore unico nelle tre annualità sopraindicate.La Commissione tributaria provinciale adita ha respintoi ricorsi riuniti sulla base dell’insegnamento della Su-prema Corte di cassazione (Cass., sent. n. 24188 del2006) (1) ritenendo l’incompatibilità della qualifica diamministratore unico di una società con la condizionedi lavoratore subordinato alle dipendenze della societàstessa.La Ve. s.r.l. ha proposto appello avverso alla predettasentenza della Commissione tributaria provinciale la-mentando errata applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n.917/1986 da parte dei giudici di prime cure che avreb-bero, erroneamente, ritenuto indeducibile il compensocorrisposto al socio amministratore unico della societàmentre tale non deducibilità sarebbe prevista solo per icompensi corrisposti all’imprenditore individuale ed aisoci amministratori di società di persone e non ancheper gli amministratori unici di società di capitali. Ha controdedotto l’Ufficio.Si procede in pubblica udienza.

Conclusioni delle partiPer parte appellante (società Ve. s.r.l.):– dichiarare l’illegittimità della sentenza impugnata pertotale carenza di motivazione disponendone l’annulla-mento;– con il favore delle spese ed onorari di entrambi i gra-di di giudizio, per un totale di euro 500,00 oltre IVA edoneri previdenziali.Per parte appellata (Agenzia delle entrate - Direzioneprovinciale di ...):– il rigetto dell’appello;– condanna dell’appellante al pagamento delle spese digiudizio.

viamente deliberato dall’assemblea» perché sareb-be «di per sé sintomatica» di una simulazione fina-lizzata all’evasione fiscale «la mancanza di previadeliberazione dell’assemblea della società riguardoalla sua misura, come espressamente richiedonol’art. 2364, n. 3, c.c., e l’art. 2389 c.c.». La Cassa-zione ha, peraltro, osservato che «il richiamo allanormativa codicistica viene formulato non al finedi ritenere non deducibile il costo per la sola ragio-ne che il compenso non è stato deliberato ma perrilevare la sintomatica assenza della deliberazione

anche in considerazione ... delle possibili conse-guenze a carico degli amministratori che tali normenon osservano». Sembrerebbe, pertanto, che la Su-prema Corte abbia inteso affermare la indeducibili-tà dei compensi non in conseguenza dell’assenzadella delibera ma perché tale circostanza è stata ri-tenuta dal giudice di merito sintomatica di un nonmeglio precisato intento evasivo.Appare, quindi, opportuno l’intervento di una piùchiara presa di posizione da parte della Corte dicassazione.

Nota:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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Motivi della decisioneL’appello della «società Ve. s.r.l.» è infondato e devepertanto essere rigettato.Dall’esame dell’atto costitutivo, prodotto da parte ap-pellante, si evince che nessun compenso era previsto ostabilito per il socio amministratore. Risulta inoltre che il compenso asseritamente corrispo-sto al socio amministratore unico in tale sua veste variadi importo in ognuna delle singole annualità oggetto dicontestazione.Nel caso di specie, infine, la società Ve. è una società dicapitali con due soci, uno dei quali svolgeva/svolge lafunzione di amministratore, detenendo nel contempouna quota di partecipazione societaria del 50%.In questo contesto di fatto deve trovare applicazione ildisposto dell’art. 62, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986(ora trasfuso in art. 60 del D.P.R. n. 917/1986) che pre-vede che «... non sono ammesse in deduzione a titolo di

compenso del lavoro prestato o dell’opera svolta dal-l’imprenditore, dal coniuge, dai figli ...».Peraltro anche l’insegnamento della Suprema Corte dicassazione sul punto è inequivocabile (cfr. Cass. civ.,Sez. V, 13 novembre 2006, n. 24188, cit.). Infatti laCorte, dopo aver ricondotto l’attività di gestione azien-dale del socio amministratore all’attività dell’imprendi-tore, conclude per la non deducibilità del compenso perl’opera prestata dal socio, imprenditore-amministratore.La sentenza dei primi giudici appare, pertanto, immunedalle censure rivolte e deve essere confermata in toto.Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidatecome in dispositivo.

P.Q.M.Rigetta l’appello. Condanna l’appellante a rimborsarele spese del presente grado di giudizio che liquida ineuro 1.000,00.

CTR Piemonte, 6 febbraio 2012, n. 8d’impresaRedditi

11/2012788

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

La sentenza della Commissione tributaria provin-ciale di Bari n. 148 del 2011 (1) affronta la temati-ca della durata della verifica fiscale e delle conse-guenze, in tema di validità dell’atto di accertamen-to, del superamento del termine di permanenzastabilito dall’art. 12, comma 5, della legge 27 lu-glio 2000, n. 212 («Statuto dei diritti del contri-buente»).La fattispecie sulla quale il Giudice è stato chia-mato ad esprimersi trae origine da un ricorso pre-sentato da un contribuente avverso l’atto di accer-tamento, nell’ambito del quale egli aveva eccepito,inter alia, la violazione dell’art. 12, comma 5, del-lo Statuto. La verifica si è protratta oltre i trentagiorni previsti dall’anzidetta norma, senza che fos-se adottato dall’Ufficio alcun provvedimento diproroga. Secondo il contribuente, detto termine èda intendersi in maniera restrittiva, come sommadi giorni lavorativi e consecutivi.La Commissione, nell’accogliere le doglianze delricorrente, ha evidenziato come, nel caso di spe-cie, il termine di cui all’art. 12, comma 5, delloStatuto fosse certamente superato, atteso che laverifica si è aperta l’8 settembre 2005 e si è chiu-sa in data 15 dicembre 2005 oltre i trenta giorniprescritti e agli atti non risultava alcun provvedi-mento di proroga. Con ciò aderendo, implicita-mente, alla tesi, affermata in più occasioni daigiudici di merito (2), per cui il computo dei gior-

ni di permanenza debba avvenire contando trentagiorni lavorativi continuativi a partire dalla datadel primo accesso presso la sede del contribuen-te.Ciò verificato, il giudice di merito si è poi spostatosul piano delle conseguenze che tale violazionedetermina sull’atto di accertamento. Dopo aver af-fermato che gli elementi raccolti dagli operatorioltre tale limite sono frutto di attività posta in es-sere in violazione di legge, ha aderito alla lineagiurisprudenziale del giudice di legittimità, secon-do cui l’inutilizzabilità dei documenti provenientida attività illegittime non abbisogna di un’espressadisposizione sanzionatoria, derivando dalla regolagenerale secondo cui l’assenza del presupposto di

Quali effetti sugli attiin caso di violazione del terminedi durata delle verifiche?

La sentenza della Commissione tributaria provinciale di Bari n. 148 del 2011 ha il pregio diriconoscere il principio di inutilizzabilità dei documenti («rectius» prove) acquisiti inviolazione del termine di 30 giorni di durata della verifica fiscale, disciplinato dall’art. 12,comma 5, dello Statuto del contribuente. Meno convincente appare, invece, il richiamo alprincipio dell’invalidità derivata: l’illegittimità dell’avviso di accertamento deve essereverificata sulla base degli effetti che siffatta violazione ha sull’atto «de quo», spostando l’at-tenzione sul piano delle prove e della motivazione.

di Francesco Tundo

Francesco Tundo - Professore associato di diritto tributario pressola Facoltà di Economia dell’Università di Bologna, Studio Tundo Associa-zione Professionale - Milano

Note:(1) Per il testo della sentenza, cfr. pag. 794.(2) Cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, 19 marzo 2008, n. 12, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 8 luglio 2011, n. 71, in GT - Riv.giur. trib. n. 10/2011, pag. 885, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA;Comm. trib. prov. di Catania, 4 maggio 2004, n. 238, in GT - Riv.giur. trib. n. 12/2004, pag. 1165, con commento di G. Alemanno, ein Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Comm. trib. reg. del Piemonte, 7maggio 2009, n. 26, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Comm. trib.prov. di Terni 16 dicembre 2009, n. 141, ivi; Comm. trib. prov. diBari, 7 maggio 2010, n. 99, ivi; Id., 11 novembre 2010, n. 293, ivi;Comm. trib. prov. di Avellino, 21 dicembre 2010, n. 588, ivi.

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

un procedimento amministrativo infirma tutti gliatti nei quali si articola (3).A parere di chi scrive, le anzidette conclusioni del-la Commissione destano alcune perplessità: se pie-namente condivisibile è l’affermazione per cui idocumenti provenienti da attività illegittime sonoinutilizzabili, in quanto basati su elementi frutto diattività posta in essere in violazione di legge, me-no convincente appare, invece, l’iter argomentati-vo che ha condotto il giudice a statuire l’invaliditàdell’avviso di accertamento. Quest’ultimo sarebbeillegittimo per invalidità derivata.

La portata della permanenza dei verificatoripresso la sede del contribuenteL’art. 12 dello Statuto delinea i diritti e le garanziedel contribuente sottoposto a verifiche fiscali. Inparticolare, il comma 5 della disposizione pone unlimite temporale alla permanenza degli operatoripresso la sede del contribuente. La norma in esame stabiliva, nella sua formulazio-ne originaria - applicabile, ratione temporis, allafattispecie in esame - che la permanenza deglioperatori civili o militari dell’Amministrazione fi-nanziaria, dovuta a verifiche presso la sede delcontribuente, non può superare i trenta giorni la-vorativi prorogabili per ulteriori trenta giorni neicasi di particolare complessità dell’indagine indi-viduati e motivati dal dirigente dell’Ufficio.Tale norma ha acceso intensi dibattiti tra dottrina eprassi circa la corretta determinazione del terminedi trenta giorni previsto dalla norma (4).Da una parte infatti la Guardia di finanza el’Agenzia delle entrate hanno fornito interpreta-zioni che più si avvicinavano alle esigenze di veri-fica, precisando che il termine di permanenza deveessere riferito esclusivamente ai singoli giorni dieffettiva permanenza dei verificatori presso il do-micilio del contribuente (5).In altro senso, invece, si è espressa la dottrina, se-condo la quale il termine di trenta giorni non puòche essere valutato a favore del contribuente, stan-te l’espressione di principio espressa dal comma 1dell’art. 12, secondo cui tutte le attività di accesso,ispezione e verifica debbono svolgersi con modali-tà tale da arrecare la minore turbativa possibile al-lo svolgimento delle attività stesse nonché alle re-lazioni commerciali o professionali del contri-buente. Ne consegue che detto termine deve essere

computato continuativamente a far data dal primoaccesso «fisico» dei verificatori (6).Ad avviso di chi scrive, la tesi appena esposta èsenza dubbio da preferire, in quanto risponde, fun-ditus, alle ragioni di tutela del soggetto verificatoil quale ha interesse a che le operazioni di verificanon comprimano eccessivamente la sua libertàd’impresa. Se non si richiedesse la continuità delcomputo dei giorni a partire dal primo accesso, iltermine di trenta giorni potrebbe essere distribuitoin un arco temporale anche piuttosto lungo, conevidenti ripercussioni sull’attività del contribuen-te.E tale interpretazione appare, senza dubbio, piùcoerente anche in relazione alla modifica apportatadalla lett. c) del comma 2 dell’art. 7 del D.L. 13maggio 2011, n. 70, come modificato dalla leggedi conversione 12 luglio 2011, n. 106, il quale haintrodotto un ulteriore periodo al citato comma 5,sempre riferito alla durata della permanenza deiverificatori presso la sede del contribuente. La novella apportata dall’anzidetta disposizioneafferma che il periodo di permanenza presso la se-de del contribuente e l’eventuale proroga concessanon potrà essere superiore a quindici giorni se ilcontribuente è un’impresa in contabilità semplifi-cata ovvero un lavoratore autonomo. Nella modifi-

Note:(3) In particolare, Cass., 21 novembre 2002, n. 16424, in GT - Riv.giur. trib. n. 2/2003, pag. 142, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. (4) Vi è invece convergenza in ordine al fatto che la norma non fariferimento all’intera durata della verifica, in quanto essa richiedeesclusivamente che non si prolunghi oltre quel termine la perma-nenze sul luogo. Si veda, in particolare, la circolare del Comandogenerale della Guardia di finanza 17 agosto 2000, n. 250400, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA (più recentemente, in senso analogo,circolare n. 1 del 2008), nonché la circolare dell’Agenzia delle en-trate 27 giugno 2001, n. 64/E, ivi. In dottrina, cfr. I. Susanna, «Dirit-ti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali», in A.Fantozzi - A. Fedele (a cura di), Statuto dei diritti del contribuente,Milano, 2005, pag. 664.(5) Si veda ancora la circolare n. 1 del 2008, cit., nonché la circo-lare n. 64/E del 2011, cit.(6) Cfr. S. Sammartino, «I diritti del contribuente nella fase delleverifiche fiscali», in G. Marongiu (a cura di), Lo statuto dei diritti delcontribuente, Torino, 2004, pag. 140. Cfr., altresì, la posizione di I.Susanna, «Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifi-che fiscali», in A. Fantozzi - A. Fedele (a cura di), Statuto dei dirittidel contribuente, Milano, 2005, pag. 664, ove si legge che «ciò nonosta a che il computo dei giorni sia sospeso ogni qualvolta si ren-da necessario procedere a controlli di coerenza esterna ovveroad approfondimenti tecnici o giuridici».

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

ca introdotta con la legge diconversione, viene altresìspecificato che i medesimidevono essere computati nel-l’arco di tre mesi dal primoaccesso effettuato. La norma prosegue afferman-do che in entrambi i casi (idest imprese in contabili tàsemplificata e lavoratori au-tonomi) devono essere consi-derati i giorni di effettiva pre-senza degli operatori civili emilitari dell’Amministrazio-ne finanziaria presso la sededel contribuente.L’intervento del legislatoreappare risolutivo in ordine al-la corretta interpretazionedell’art. 12, comma 5, delloStatuto.Nel prevedere una disciplinaad hoc riservata solo ai con-tribuenti «minori», si è implicitamente confermatoche il termine dei trenta giorni - a cui sono sogget-ti solo i contribuenti «maggiori» - è da computarsicontinuativamente a far data dal primo accesso deiverificatori. A seguito di tali modifiche (7), l’art.12, comma 5, dello Statuto, nella sua attuale for-mulazione, opera una distinzione tra i contribuentisoggetti al termine massimo di trenta giorni, per iquali il termine è da computarsi - come detto - invia continuativa, e i contribuenti in contabilitàsemplificata e i lavoratori autonomi, soggetti, in-vece, ad un termine minore, quindici giorni, com-putato, sì, in via non continuativa, ma circoscrittoad un periodo massimo di tre mesi.

Le conseguenze della violazionedel termine di permanenzaLa sentenza della Commissione tributaria provin-ciale di Bari ci consente di tornare, altresì, suun’altra questione di rilievo: il superamento deltermine di permanenza stabilito dallo Statuto haeffetti invalidanti sull’atto di accertamento?Recentemente, la Corte di cassazione, con argo-mentazioni alquanto discutibili, ha rilevato, smen-tendo l’orientamento prevalente dei giudici di me-rito (8), come all’eventuale violazione del termine

di permanenza non siano ri-collegate dalla legge le con-seguenze né dell’inutilizzabi-lità delle prove raccolte nédella nullità degli atti di ac-certamento compiuti (9).Il tema della violazione deltermine disciplinato dall’art.12, comma 5, dello Statuto siinserisce nel contesto più ge-nerale delle patologie della fa-se istruttoria e delle conse-guenze che queste possonodeterminare con riguardo allalegittimità dell’atto di accerta-mento. Si tratta di un tema diassoluto rilievo in quanto l’at-tività istruttoria è caratterizza-ta dalla contrapposizione di ri-levanti interessi, che, benchécontrapposti, sono ugualmen-te meritevoli di tutela. Tale attività rappresenta una

fase delicata del procedimento di accertamento, inquanto è suscettibile di ledere rilevanti interessigiuridicamente tutelati del contribuente, quali l’in-violabilità del domicilio, il segreto professionale,la riservatezza della corrispondenza, la libertà diiniziativa economica privata. E per questo non puòche sottostare al principio di legalità.In assenza di una specifica previsione normativa,l’individuazione degli effetti conseguenti alla irri-tuale acquisizione di prove è stata rimessa alle ela-borazioni della dottrina (10), la quale, ricorrendo,

Permanenza dei verificatoripresso la sede del contribuenteSi ritiene che il termine di trentagiorni di permanenza dei verificatoripresso la sede del contribuente - acui sono ora soggetti solo icontribuenti «maggiori» - debba esserevalutato a favore di quest’ultimo,stante l’espressione di principioespressa dallo Statuto delcontribuente, secondo cui tutte leattività di accesso, ispezione e verificadebbono svolgersi con modalità tale daarrecare la minore turbativapossibile allo svolgimento delleattività stesse nonché alle relazionicommerciali o professionali delcontribuente. Ne consegue che dettotermine deve essere computatocontinuativamente a far data dalprimo accesso «fisico» dei verificatori.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(7) Sulla portata di tali modifiche si rinvia a F. Tundo, «Solo per i“minimi” valgono i giorni di effettiva permanenza per la duratadelle verifiche fiscali», in Corr. Trib. n. 32/2011, pag. 2569; Id., «Sonoutilizzabili le prove acquisite in violazione dei termini di duratadelle verifiche presso il contribuente?», ivi n. 44/2011, pag. 3705.(8) Cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, 19 marzo 2008, n. 12,cit.; Id., 8 luglio 2011, n. 71, cit.; Comm. trib. prov. di Catania, 4maggio 2004, n. 238, cit.; Comm. trib. prov. di Terni 16 dicembre2009, n. 141, cit.; Comm. trib. prov. di Bari, 7 maggio 2010, n. 99,cit.; Id., 11 dicembre 2010, n. 293, cit.(9) Per un commento a tale pronuncia, si rinvia a F. Tundo, «Sonoutilizzabili le prove acquisite in violazione dei termini di duratadelle verifiche presso il contribuente?», cit., loc. cit., pag. 3705.(10) Senza pretesta di esaustività, si veda D. Stevanato, «Vizi del-l’istruttoria ed illegittimità dell’avviso di accertamento», in Rass.trib., 1990, pag. 87; L. Salvini, La partecipazione del privato all’accer-

(segue)

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

in alcuni casi, al principio ge-nerale di diritto amministrati-vo dell’invalidità derivata, inaltri, al principio di inutiliz-zabilità delle prove acquisiteirregolarmente, ha concorde-mente affermato la piena rile-vanza, in termini di validitàdell’atto impositivo, dei vizidell’attività istruttoria. In ciòsollecitata dalle numerose espesso divergenti pronuncedella giurisprudenza di legit-timità, la quale, in alcune oc-casioni, ha negato che laeventuale violazione delle re-gole dell’accertamento comporti come conseguen-za necessaria l’inutilizzabilità degli elementi ac-quisiti, in mancanza di una specifica previsione intal senso (11); in altre, aderendo alla ricostruzionedelle Sezioni Unite della Suprema Corte nellasent. n. 16424 del 2002, ha inteso riconoscere, inambito tributario, richiamando in alcuni casi loschema dell’invalidità derivata, il principio di inu-tilizzabilità delle prove raccolte in maniera illegit-tima (12).Si è già avuto modo di precisare (13) che la tema-tica che ci occupa (ed evidentemente quella piùgenerale delle patologie della fase istruttoria) nonpuò essere affrontata e risolta ricorrendo allo sche-ma dell’invalidità derivata tipico del procedimentoamministrativo. Non si può sostenere, infatti, pro-prio per le peculiarità del procedimento impositi-vo, ove non vi è alcuna sequenza necessaria e pre-ordinata di atti, che l’illegittimità degli atti istrut-tori della fase istruttoria si riverbera, tout court,sul provvedimento terminale di tale procedimento,determinandone l’illegittimità in via derivata. Neconsegue che il superamento del termine discipli-nato dall’art. 12, comma 5, dello Statuto non com-porta l’illegittimità dell’atto di accertamento sem-plicemente perché il vizio istruttorio infirma tuttigli atti successivi.Partendo dalla convinzione che non tutti i viziastrattamente ipotizzabili siano causa di illegitti-mità dell’atto conclusivo del procedimento (14),riteniamo che l’indagine sulle conseguenze dellaviolazione del termine fissato dallo Statuto vadacompiuta verificando gli effetti che siffatta viola-

zione ha sull’atto impositivo,spostando l’attenzione, dun-que, sul piano delle prove edella motivazione dell’attoimpositivo.Ove gli elementi acquisitiabbiano assunto importanzadecisiva nelle argomentazio-ni dell’Ufficio, di tal che lestesse, senza tali elementi,non potrebbero continuare a

Note:(segue nota 10)tamento, Padova, 1990, pag. 317 ss.; E.Manzon, «La tutela giudiziale del con-tribuente avverso le illegalità istrutto-

rie ed i comportamenti illeciti dell’Amministrazione finanziarianell’attività impositiva. Considerazioni sulla giurisdizione in mate-ria tributaria», in Riv. dir. trib., 2001, pag. 243; S. La Rosa, «Sui ri-flessi procedimentali e processuali delle indagini tributarie irrego-lari», ivi n. 4/2002, pag. 292; R. Lupi, «Vizi delle indagini fiscali einutilizzabilità della prova: un difficile giudizio di valore», in Rass.trib., 2002, pag. 650; R. Bonavitacola, «Utilizzabilità di prove irri-tualmente acquisite», in Riv. dir. trib., 2003, pag. 571; G. Scarlata - R.Lupi, «Vizi dell’istruttoria e inutilizzabilità delle prove: si rafforzal’illegittimità derivata», in Dialoghi dir. trib. n. 1/2004, pag. 1; M. DiSiena - R. Lupi, «Vizi dell’attività istruttoria e legittimità dell’attoimpositivo: cosa accade quando non sono coinvolti diritti fonda-mentali?», ivi n. 6/2006, pag. 767.(11) Si veda Cass., 16 marzo 2001, n. 3852, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA; Id., 8 giugno 2001, n. 7791, ivi; Id., 19 giugno 2001, n.8344, in GT - Riv. giur. trib. n. 4/2002, pag. 354, con commento di S.Stufano, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 2 febbraio 2002, n.1383, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA. Più recentemente, si vedaCass., 29 ottobre 2010, n. 22135, ivi.(12) Cfr., ex pluribus, Cass., 29 novembre 2001, n. 15209, in GT -Riv. giur. trib. n. 6/2002, pag. 523, con commento di C. Grimaldi; Id.,3 dicembre 2001, n. 15230, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 1°ottobre 2004, n. 19689, ivi; Id., 23 aprile 2007, n. 9568, ivi; Id., 4 no-vembre 2008, n. 26454, ivi; Id., 16 ottobre 2009, n. 21974, ivi.(13) Si veda F. Tundo, «Sono utilizzabili le prove acquisite in viola-zione dei termini di durata delle verifiche presso il contribuen-te?», cit., loc. cit., pag. 3705.(14) Oltre a quanto già affermato nel precedente F. Tundo, «Sonoutilizzabili le prove acquisite in violazione dei termini di duratadelle verifiche presso il contribuente?», cit., loc. cit., pag. 3708, inordine al tentativo di operare una distinzione tra norme proce-durali poste a tutela degli interessi fondamentali del contribuentee norme prive di tali funzioni, si veda, altresì, A. Marcheselli, «Soloil pregiudizio concreto derivante dai vizi dell’istruttoria invalidal’accertamento», in Corr. Trib. n. 41/2009, pag. 3339. In estrema sin-tesi, l’Autore propone una distinzione delle norme sull’istruttoriain quattro categorie, affermando che la violazione di quelle chenon servono a garantire la realizzazione della funzione (un accer-tamento che misuri con ragionevole plausibilità la ricchezza) e/otutelano interessi dello Stato non appaiono poter determinarel’illegittimità dell’accertamento.

Continuatività del terminedi durata delle verificheL’art. 12, comma 5, dello Statuto delcontribuente opera una distinzione trai contribuenti soggetti al terminemassimo di trenta giorni, per i quali iltermine è da computarsi in viacontinuativa, e i contribuenti incontabilità semplificata e ilavoratori autonomi, soggetti, invece,ad un termine minore, quindici giorni,computato, sì, in via noncontinuativa, ma circoscritto ad unperiodo massimo di tre mesi.

SOLUZIONI OPERATIVE

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reggersi (15), non può nondichiararsi l’ i l legit t imitàdell’atto di accertamento(16). Il vizio dell’attivitàistruttoria, dunque, assumerilevanza in tema di validitàdell’accertamento in quantorende inutilizzabili gli ele-menti su cui esso si fonda. Nella fattispecie in esame, larilevanza dell’illegittimitàistruttoria, seppur solo nellafase successiva all’emana-zione dell’avviso di accerta-mento (17), rappresenta, dauna parte, una forma di tutelaindispensabile del valore, co-stituzionalmente protetto,della libertà di iniziativa eco-nomica, ingiustamente com-presso dal superamento di untermine entro il quale il legi-slatore ha ritenuto sopporta-bile la turbativa recata alcontribuente; dall’altra rap-presenta una conseguenzadella violazione dei principidi legalità, di imparzialità edi buon andamento della Pubblica amministrazio-ne (18).Non pare revocabile in dubbio l’affermazione se-condo cui l’atto di accertamento sia da conside-rarsi illegittimo nell’ipotesi in cui sia motivatofacendo riferimento a dati acquisiti in violazionedi disposizione di legge, e, quindi, nel caso dispecie a dati acquisiti oltre il termine di perma-nenza fissato. Ciò che rileva, a nostro avviso, èun difetto di motivazione dell’atto che, in assenzadi uno degli elementi essenziali - qual è appuntola motivazione - deve essere dichiarato illegitti-mo ai sensi dell’art. 21-septies della legge n.241/1990. E tale verifica rientra, evidentemente,nelle competenze del giudice tributario (rectiusgiudice di merito), il quale dovrà verificare sel’atto di accertamento si fondi su risultanze ille-gittimamente acquisite - acquisite cioè in viola-zione di posizione giuridiche soggettive del con-tribuente o di disposizioni poste a presidio dellacorrettezza dell’azione autoritativa dei pubblici

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

Note:(15) Si veda F. Tundo - M. Fanni, «Ilprocesso verbale di constatazione»,in Codice delle ispezioni e verifiche tri-butarie, a cura di F. Tundo - V. Uckmar,Piacenza, 2005, pag. 482.(16) Cfr. F. Tesauro, Istituzioni di dirittotributario, 2006, I, Torino, ove si ponemente al fatto «gli accertamenti fon-dati su prove acquisite illecitamentenon sono viziati perché su di essi siripercuota il vizio di un atto prece-dente, ma perché infondati: privi, cioè,di fondamento di fatto (essendo inu-tilizzabili le prove acquisite in modoirrituale)».(17) Allo stato, la tutela avverso leviolazioni subite dal contribuente nel-la fase istruttoria è differita all’esitodel procedimento di accertamento; e,per questo, è solo eventuale. Inoltre,dinanzi agli organi della giurisdizionetributaria l ’ i l legitt imità degl i attiistruttori rileva limitatamente allapretesa erariale e non anche dal pun-to di vista delle posizioni soggettivedel contribuente lese dal comporta-mento contra legem dei verificatori.In alcune recenti pronunce, il giudiceamministrativo ha reiterato la tradi-zionale impostazione incentrata sullapreclusione di ogni propria compe-tenza in ambito tributario in virtù diun difetto di giurisdizione, negando al

contribuente, in sede amministrativa, qualsiasi tutela immediataavverso l’atto istruttorio illegittimo. Anche la previsione di cuiall’art. 7, comma 4, dello Statuto non comporta una generalecompetenza del giudice amministrativo in ambito tributario, inquanto riconosce tale competenza solo nell’impugnazione di attiamministrativi a contenuto generale o normativo, come i regola-menti e le delibere tariffarie e di atti (aventi natura provvedimen-tale) e che costituiscano un presupposto dell’esercizio della po-testà impositiva e in relazione ai quali esiste un generale poteredi disapplicazione del giudice cui è attribuita la giurisdizione sulrapporto tributario. Sul punto, si vedano le decisioni del Consi-glio di Stato 5 dicembre 2008, n. 6045, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA, e 26 maggio 2006, n. 3199, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.Cfr., anche, Cass., 16 marzo 2009, n. 6315, in GT - Riv. giur. trib. n.6/2009, pag. 488, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 7 maggio2010, n. 11082, in GT - Riv. giur. trib. n. 9/2010, con commento diM. Basilavecchia, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(18) Sui principi di rango costituzionale che limitano l’eserciziodei poteri di indagine dell’Amministrazione finanziaria, si veda A.Viotto, «Legalità dell’attività istruttoria e utilizzo di dichiarazionidi terzi nel procedimento di accertamento e nel processo tributa-rio», in Riv. dir. trib., 2001, II, pag. 53, ove si legge che «qualora ...[l’Amministrazione] ... esercitasse poteri non previsti o al di fuoridei limiti legislativamente stabiliti, l’azione amministrativa non po-trebbe che connotarsi dei tratti di illegittimità e tale vizio non po-trebbe che riverberarsi sui conseguenti provvedimenti impositivi».

Conseguenze della violazionedel termine di permanenzaPartendo dal presupposto che non tuttii vizi astrattamente ipotizzabili sonocausa di illegittimità dell’attoconclusivo del procedimento, si ritieneche l’indagine sulle conseguenze dellaviolazione del termine di trenta giorniper le verifiche fiscali fissato dalloStatuto del contribuente vadacompiuta verificando gli effetti chesiffatta violazione ha sull’attoimpositivo, spostando l’attenzione sulpiano delle prove e della motivazionedell’atto impositivo. Ove gli elementiacquisiti abbiano assunto importanzadecisiva nelle argomentazionidell’Ufficio, di tal che le stesse, senzatali elementi, non potrebberocontinuare a reggersi, non può nondichiararsi l’illegittimità dell’atto diaccertamento. Il vizio dell’attivitàistruttoria, dunque, assume rilevanzain tema di validità dell’accertamento inquanto rende inutilizzabili glielementi su cui esso si fonda.

SOLUZIONI OPERATIVE

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CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

LA SENTENZA

Commissione tributaria provinciale di Bari,Sez. XXII, Sent. 2 novembre 2011 (26 settembre2011), n. 148 - Pres. Durante - Rel. Colagrande

Ai sensi dell’art. 12, comma 5, dello Statuto delcontribuente, la permanenza degli operatori,civili o militari, dell’Amministrazione finan-ziaria, in relazione a verifiche presso la sededel contribuente, non può superare i trentagiorni lavorativi, prorogabili per ulteriori tren-ta giorni nei casi particolarmente complessi, chedevono essere individuati e motivati dal dirigentedell’Ufficio. Pertanto gli elementi raccolti daglioperatori oltre tale limite sono frutto di attivi-tà posta in essere in violazione di legge. L’inu-tilizzabilità dei documenti provenienti da atti-vità illegittime non abbisogna di una espressa di-sposizione sanzionatoria, derivando dalla re-gola generale, secondo cui l’assenza del pre-supposto di un procedimento amministra-tivo infirma tutti gli atti nei quali si articola.

Svolgimento del processoCon ricorso depositato in data 7 marzo 2011 la societàCo. e figli s.r.l. con sede in ... alla str. (...) in personadell’amministratore unico Dott. Co. ricorreva control’Agenzia delle entrate - Direzione provinciale di ... av-verso l’avviso di recupero del credito d’imposta relati-vo al periodo d’imposta 2005 notificato in data 10 di-cembre 2010.La società ricorrente è stata oggetto di una verifica fi-scale da parte della Guardia di finanza iniziata l’8 set-tembre 2005 per controlli in materia di IVA per i perio-di d’imposta 2003/04/05 ai sensi dell’art. 42, comma 1,della legge n. 388/2000.

Tale verifica terminava in data 15 dicembre 2005 con laredazione del processo verbale di constatazione. In data10 dicembre 2008 l’Agenzia delle entrate Uff. di ... no-tificava alla suddetta società: avviso di recupero delcredito d’imposta per investimenti nelle aree svantag-giate n. (...), avviso di recupero del credito d’impostaper l’agevolazione sul gasolio degli autotrasportatori n.(...), avviso di accertamento per IVA sui trasporti inter-nazionali n. (...) tutti afferenti al periodo d’imposta2003.I suddetti avvisi sono stati tutti impugnati e tutti rego-larmente accolti per illegittimità con l’annullamento de-gli atti impositivi. In data 10 dicembre 2010 l’Agenziadelle entrate - Dir. prov. di ... ha notificato l’avviso direcupero del credito d’imposta per l’agevolazione sulgasolio, cd. carbon tax, relativa al periodo d’imposta2005 con una pretesa erariale di euro 70.740,42. I con-trolli effettuati miravano fra l’altro ad accertare la cor-retta fruizione del credito d’imposta utilizzato in com-pensazione ex art. 3 del D.P.R. n. 277/2000 e si riscon-trava un credito d’imposta eccedente rispetto a quellospettante pari ad euro 49.295,71. Tale eccedenza scatu-riva a seguito del mancato riconoscimento da parte deiverificatori dell’agevolazione spettante in quanto sullefatture differite di acquisto del carburante non era statoindicato il numero di targa identificativo dei veicoli ri-forniti.Secondo il ricorrente l’omessa indicazione dei numeridi targa non può costituire causa ostativa al godimentodei benefici in questione, tenuto conto che gli estremiidentificativi sono stati indicati nei buoni di consegna.Le bolle di consegna sono state regolarmente esibite eriportavano, oltre la data, i dati identificativi e la targadei veicoli riforniti; gli stessi pur esibiti non sono statiacquisiti dai militari verbalizzanti. Parte ricorrente ec-cepiva:1 - inesistenza giuridica dell’avviso di recupero n. (...)

poteri - ovvero su altre informazioni legittima-mente ottenute (19).

Considerazioni conclusiveAlla luce delle argomentazioni sopra esposte, lasentenza della Commissione tributaria provincialedi Bari ha senza dubbio il pregio di riconoscere ilprincipio di inutilizzabilità dei documenti (rectiusprove) acquisiti in violazione del termine discipli-nato dall’art. 12, comma 5, dello Statuto. Menoconvincente appare, invece, il richiamo al princi-pio dell’invalidità derivata: l’illegittimità dell’av-

viso di accertamento deve essere verificata sullabase degli effetti che siffatta violazione ha sull’at-to de quo, spostando l’attenzione, dunque, sul pia-no delle prove e della motivazione.

Nota:(19) Si veda Cass. n. 21974 del 2009, cit., nella quale la Corte evi-denzia proprio che deve essere sottoposta a controllo giudiziariola legittimità dell’acquisizione degli elementi forniti dall’Ammini-strazione. Il caso affrontato dai giudici di legittimità riguardava,ancora una volta, l’illegittimità dell’autorizzazione all’accesso neilocali dell’impresa, da cui derivava l’inutilizzabilità degli atti ese-guiti in base ad essa.

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79511/2012

CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

per inesistenza del procedimento notificatorio. In mate-ria tributaria la notificazione assolve la specifica fun-zione di garantire la conoscenza legale degli atti emessidagli enti impositori al fine di permettere loro l’eserci-zio del diritto di difesa. La disciplina normativa dellanotificazione è contenuta nell’art. 60 del D.P.R. n.600/1973 che opera un rinvio agli artt. 137 ss. c.p.c. eall’art. 149 c.p.c. il quale dispone che «se non è fattoespresso divieto dalla legge, la notificazione può esserefatta anche a mezzo posta, effettuata a norma dell’art.60 del D.P.R. n. 600/1973, deve rispettare il dettato nor-mativo della legge n. 890/1982». Nella fattispecie inesame, si rileva l’inesistenza della notificazione del-l’opposto avviso per carenza di legittimazione del-l’agente notificatore. Dal plico sigillato risulta la man-canza di qualsivoglia indicazione idonea ad identificareunivocamente il soggetto notificatore atteso che, dallasottoscrizione apposta sulla busta, non risulta possibilerisalire all’agente notificatore. Si evidenzia inoltre chela spedizione a mezzo posta è avvenuta nella assolutainesistenza del procedimento notificatorio. Nel caso dispecie manca del tutto quanto previsto dal secondocomma dell’art. 3 della legge n. 890/1982. Gli atti de-vono essere notificati e non semplicemente spediti, alfine di garantire la corrispondenza dell’atto consegnatoall’originale e l’esatta individuazione dell’agente notifi-catore responsabile;2 - illegittimità dell’avviso di recupero del creditod’imposta n. (...) per violazione e falsa applicazionedell’art. 12, comma 5, della legge n. 212/2000.Il processo verbale di constatazione è stato redatto indata 15 dicembre 2005 a seguito di verifica iniziata indata 8 settembre 2005, pertanto, la stessa si è protrattaoltre i 30 giorni previsti dall’art. 12 dello Statuto delcontribuente. La verifica può protrarsi oltre il terminedei trenta giorni prorogabili per ulteriori trenta giornisolo nei casi di particolare complessità dell’indagine in-dividuati e motivati dal dirigente dell’Ufficio; detto ter-mine è da intendersi in maniera restrittiva, come som-matoria di 60 giorni lavorativi e consecutivi (Comm.trib. reg. della Lombardia n. 12 del 2008) (1). Con ri-guardo alla fattispecie in esame non vi è traccia di al-cun provvedimento di proroga;3 - violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.P.R.n. 277/2000. Sulla fattispecie in esame è già intervenutaquesta Commissione tributaria provinciale con la sent.7 maggio 2010, n. 99/10/10 (1) che testualmente recita:«la mancata indicazione nelle fatture differite del nu-mero di targa dei veicoli riforniti non sarebbe motivoostativo insuperabile per la fruizione dell’agevolazione... a parere della Commissione è possibile l’identifica-zione dei veicoli riforniti tramite il semplice abbina-mento dei buoni di consegna con le fatture differite»;4 - violazione e falsa applicazione dell’art. 42 delD.P.R. n. 600/1973. Si eccepisce l’illegittimità e la con-seguente nullità dell’avviso di recupero del creditod’imposta per violazione dell’art. 42 del D.P.R. n.

600/1973 in merito alla mancanza del fondamentale re-quisito della motivazione, in relazione all’insussistenzadei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche allabase della sua emissione. Si riscontra la totale mancan-za di attività di accertamento da parte dell’Ufficio chesi è rimesso alle conclusioni del PVC redatto dallaGuardia di finanza. Si chiedeva la sospensione dell’ef-ficacia esecutiva dell’atto impugnato e l’annullamentodello stesso. Con ord. n. 81/22/11 depositata il 9 mag-gio 2011 questa Commissione accoglieva l’istanza disospensione. In data 10 giugno 2011 l’Ufficio imposito-re depositava proprie controdeduzioni confermando lalegittimità del proprio operato e chiedendo il rigetto delricorso dopo aver chiesto in via preliminare la riunionedel presente ricorso RGR ... con il ricorso RGR ... aisensi dell’art. 29 del D.Lgs. n. 546/1992. In data 29 lu-glio 2011 parte ricorrente depositava memorie illustrati-ve con le quali ribadiva i motivi di gravame già indicatinel ricorso introduttivo richiamando nel contempo unarecentissima sentenza della Comm. trib. reg. della Lom-bardia, la 8 luglio 2011, n. 71/14/11 (2), che ha confer-mato che il termine di permanenza degli operatori delFisco nella sede del contribuente va inteso in sensocontinuativo e non, invece, frazionato.All’odierna pubblica udienza, presenti le parti che si ri-chiamano ai propri atti, dopo l’esposizione del relatore,la Commissione decide come da dispositivo.

Motivi della decisioneOsserva la Commissione che le lagnanze della ricor-rente sono fondate per cui il ricorso va accolto. Preli-minarmente la Commissione rigetta la richiesta del-l’Ufficio della riunione dei due processi RGR ... e ...trattandosi di materia del contendere diversa. Il Colle-gio ritiene di esaminare in primis i rilievi n. 2 e 3 dellaricorrente che sono assorbenti rispetto agli altri. Il Col-legio ritiene infatti fondate le censure della società ri-corrente stante la natura di norme imperative della leg-ge n. 212/2000, stabilito all’art. 1 della stessa leggemeglio nota come Statuto del contribuente. In partico-lare si richiama l’art. 12, comma 5, di tale legge cheespressamente dispone che la permanenza degli opera-tori, civili o militari, dell’Amministrazione finanziaria,in relazione a verifiche presso la sede del contribuente,non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabiliper ulteriori trenta giorni nei casi particolarmente com-plessi, che devono essere individuati e motivati dal di-rigente dell’Ufficio. Nel caso in esame il termine sud-detto è stato certamente superato, atteso che la verificasi è aperta l’8 settembre 2005 e si è chiusa in data 15dicembre 2005 oltre i trenta giorni prescritti né agli attirisulta il rilascio di un provvedimento di proroga. Per-

Note:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) In GT - Riv. giur. trib. n. 10/2011, pag. 885, con commento di S.Ginanneschi, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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796 11/2012

CTP Bari, 2 novembre 2011, n. 148

Accertamento

tanto gli elementi raccolti dagli operatori oltre tale li-mite sono frutto di attività posta in essere in violazionedi legge. La giurisprudenza di legittimità sulla questio-ne della inutilizzabilità dei documenti provenienti daattività illegittime ha affermato che detta inutilizzabili-tà non abbisogna di una espressa disposizione sanzio-natoria, derivando dalla regola generale, secondo cuil’assenza del presupposto di un procedimento ammini-strativo infirma tutti gli atti nei quali si articola. Circala violazione dell’art. 3 del D.P.R. n. 277/2000 questoCollegio ritiene condivisibile la sentenza di questaCommissione tributaria provinciale 7 maggio 2010, n.99/10/10, cit., che afferma come: «la mancata indica-zione nelle fatture del numero di targa dei veicoli rifor-niti non sarebbe motivo ostativo insuperabile per lafruizione dell’agevolazione». Infatti è possibile l’iden-

tificazione dei veicoli riforniti tramite il semplice abbi-namento dei buoni di consegna con le fatture differite.Non hanno pregio i rilievi 1 e 4 del ricorso. L’atto direcupero è stato inviato con raccomandata il 6 dicem-bre 2010 e regolarmente notificato al legale rappresen-tante della società come risulta nell’avviso di ricevi-mento n. (...). Riguardo alla quarta eccezione sollevatadalla ricorrente, è legittimo il cosiddetto accertamentoper relationem. L’Ufficio ha inteso condividere le con-clusioni cui erano giunti i militari della Guardia di fi-nanza, dopo attenta valutazione. Sussistono giusti mo-tivi per compensare le spese di giustizia considerata lacomplessità della controversia.

P.Q.M.La Commissione accoglie il ricorso. Spese compensate.

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79711/2012

Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

La Corte di cassazione ribadisce, con la sentenzan. 27145 del 2011 (1), che la definizione medianteadesione ex art. 3 del D.L. n. 564/1994, convertitodalla legge n. 656/1994 (cd. accertamento per ade-sione per anni pregressi) da parte di società sog-getta al regime dell’art. 5 del T.U.I.R. è titolo perl’accertamento anche nei confronti dei soci chenon hanno aderito, salva la possibilità per essi diricorrere al giudice per ottenerne l’annullamentose illegittimo; e che anche in tal caso il giudiziodeve svolgersi nel litisconsorzio necessario di so-cietà e soci, attesa l’unitarietà del presupposto. La sentenza, pur relativa a disposizione non più invigore perché sostituita dalla più organica discipli-na dettata dal D.Lgs. n. 218/1997, offre l’occasio-ne per soffermarsi con riflessi utili anche al pre-sente, non tanto sul regime degli effetti dell’ade-sione all’accertamento relativo a presupposti sog-gettivamente complessi (la soluzione accolta dallaCorte non segna alcuna novità rispetto ai prece-denti relativi anche ad altre forme di definizioneagevolata dell’accertamento) (2), quanto sui limitidella giurisprudenza di legittimità in materia di li-tisconsorzio necessario, che, applicata al giudiziopromosso dal socio dissenziente, mostra di fallireil proprio obiettivo (e forse non è neppure perti-nente).

Riferimenti normativi e precedentiNel silenzio della legge istitutiva, che per l’accer-tamento dei redditi imputabili per trasparenza do-po l’adesione della società nulla disponeva, l’art.3, comma 3, del regolamento di esecuzione(D.P.R. n. 177/1995) si limitava a stabilire: «Lepersone fisiche che percepiscono redditi prodottiin forma associata ... possono definire tali redditi,sulla base della definizione accettata dalla società,versando le somme dovute ai sensi della lettera a)del comma 2». Era tuttavia chiaro che l’adesionedella società non avrebbe prodotto effetti direttinei confronti dei soci non aderenti. E che anche

La società che ha aderitoall’accertamento è litisconsortenecessario del socio dissenziente?

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 27145 del 2011, ha ribadito il dogma dell’unita-rietà dell’accertamento dei redditi prodotti in forma associata, senza però percepireche la definizione conseguita dalla società (così come dei soci che vi abbiano aderito) produ-ce per chi se ne sia avvalso effetti estintivi sul debito d’imposta, che ne rendono super-flua la partecipazione al giudizio. Se la Corte ne avesse preso atto, avrebbe contribuito acircoscrivere la regola che impone l’integrazione del contraddittorio nei confronti di so-cietà e soci nelle liti relative all’imposizione dei redditi imputati «per trasparenza». Ne sa-rebbe venuta un’apprezzabile spinta al superamento di una giurisprudenza che sembra avereprodotto più problemi di quanti ne abbia potuti risolvere.

di Gaetano Ragucci

Gaetano Ragucci - Professore associato di diritto tributario pressol’Università degli Studi di Milano, Avvocato in Como

Note:(1) Per il testo della sentenza cfr. pag. 804.(2) Con riferimento alla definizione delle liti pendenti ex art. 2-quinquies del D.L. n. 564/1994: Cass., 4 ottobre 2000, n. 13186, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA. In precedenza, per la definizione de-gli effetti sulla posizione giuridica dei soci della definizione conse-guita dalla società con l’istanza di condono ex D.L. 10 luglio 1982,n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n.516, compiuta mediante ricorso al criterio di imputazione di cuiall’art. 5 del T.U.I.R.: Cass., 1° settembre 1999, n. 9200, ivi; Id., 4giugno 1997, n. 4983, ivi. E quanto alla dichiarazione integrativadella società ex art. 33 della legge n. 413/1991, in senso analogo:Cass., 16 novembre 2001, n. 14392, ivi; Id., 9 giugno 2000, n. 7913,ivi.

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798 11/2012

Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

nella prospettiva di un nuovoaccertamento emesso nei loroconfronti non sarebbe valsaad attribuire all’atto alcun ca-rattere di particolare attendi-bilità, soprattutto nei casi dideterminazione dell’imponi-bile fondata su parametri eco-nomico-statistici (3). Del re-sto, la possibilità di un secon-do accertamento a carico deisoci sarebbe stata espressa-mente prevista solo in segui-to, dall’art. 9-bis, comma 18,del D.L. n. 79/1997, converti-to dalla legge n. 656/1994(4), a cui avrebbe fatto eco,per l’adesione «a regime», lapiù dettagliata disciplina dell’art. 4, comma 2, delD.Lgs. n. 218/1997. Riferendosi a periodi d’imposta precedenti all’en-trata in vigore del sopravvenuto art. 9-bis, comma18, cit., la Corte aveva peraltro ripetutamente rica-vato dall’art. 5 del T.U.I.R. la conseguenza che alsocio di società che avesse definito il proprio red-dito nelle forme del D.L. n. 564/1994 avrebbe do-vuto essere in ogni caso attribuita la quota partedell’imponibile risultante dall’imposta versata dal-la società per la definizione della lite fiscale (5); eciò anche a costo di obbligare l’Amministrazionea revocare l’accertamento già notificato, recantel’imputazione di un diverso imponibile (6). Nelcorso degli anni l’indicazione non sarebbe mutata(7), se non per l’emersione di un dissenso sullaconfigurabilità di un litisconsorzio necessario trala società e soci - nel frattempo affermato dallanotissima sentenza delle Sezioni Unite della Cortedi cassazione n. 14815 del 2008 (8) per tutte lecontroversie aventi a oggetto l’accertamento deiredditi prodotti in forma associata eseguito ex art.40 del D.P.R. n. 600/1973 che non prospettanoquestioni personali - nel giudizio di impugnazionepromosso da uno di essi che non avesse prestatol’adesione (9).Con la sentenza n. 27145 del 2011 la Corte di cas-sazione riafferma, come detto, la necessità del liti-sconsorzio; ma nel farlo postula un concetto diunitarietà del presupposto imponibile che non tro-va rispondenza nella disciplina dell’accertamento

dei redditi prodotti in formaassociata.

L’accertamento nei confrontidel socio dissenzienteL’idea dell’unitarietà dell’ac-certamento regolato dall’art.40 del D.P.R. n. 600/1973nasce come espressione dellacontestualità della determi-nazione del reddito ai finiILOR e poi IRAP dovuta dal-la società, con quella del red-dito da partecipazione impo-nibile ai fini IRPEF in capoai soci. Sin dall’origine con-vive tuttavia con forme di at-

tuazione del potere di imposizione che prevedonol’emanazione di atti distinti per distinte impostedovute da soggetti diversi. In queste condizioni, ladottrina ha confinato l’idea dell’unitarietà dell’ac-certamento tra le ragioni ispiratrici della disciplinapositiva, che a sua volta ha risolto in una pluralitàdi procedimenti, e dunque di atti diretti a società esoci legati da un nesso di pregiudizialità-dipen-denza (10); o anche da un vincolo procedimentaleche impegna l’Amministrazione a non assumere

Note:(3) Comm. trib. reg. Lazio, 29 luglio 2005, n. 115, in Banca Dati BIGSuite, IPSOA.(4) La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la que-stione di legittimità proposta per l’art. 9-bis, comma 18, del D.L. n.79/1997 sotto il profilo della sospetta lesione dell’art. 24 Cost.con Ord. 31 ottobre 2007, n. 360, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(5) Cass., 8 luglio 2005, n. 14418, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(6) Cass., 29 ottobre 2008, n. 25941, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA.(7) Cass., 29 ottobre 2008, n. 25941, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA; Id., 4 novembre 2008, n. 26476, ivi; Id., 5 febbraio 2009, n.2783, ivi; Id., 18 maggio 2009, n. 11466 (relativa soci di societàprofessionale), in GT - Riv. giur. trib. n. 11/2009, pag. 972, con com-mento di V. Ficari; Id., 7 settembre 2010, n. 19317.(8) In GT - Riv. giur. trib. n. 9/2008, pag.758, con commento di M.Nussi; cfr. anche C. Glendi, «Le SS.UU. della Suprema Corte s’im-mergono ancora nel gorgo del litisconsorzio necessario», ivi n.11/2008, pag. 933.(9) In favore della tesi del litisconsorzio: Cass., 27 maggio 2009, n.12318, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 9 giugno 2009, n. 13224,ivi; Id., 16 febbraio 2010, n. 3576, ivi. Contraria: Id., 9 febbraio2010, n. 2827, ivi.(10) G. Tremonti, «Ancora sull’accertamento unitario dei redditidelle società di persone», in Dir. prat. trib., 1979, I, pag. 883.

Accertamento con adesionedei redditi di società di personeSe la definizione dell’accertamento conadesione ha per oggetto redditiimponibili prodotti in formaassociata, essa va eseguitadall’Agenzia delle entrate competenteper l’accertamento nei confronti dellasocietà «con unico atto» e «incontraddittorio» con i soci. I sociinvitati all’adesione che non vi abbianopreso parte o non abbiano prestato ilconsenso non possono fruire diriduzioni di sanzioni, né chiedere inun secondo momento di essereammessi all’adesione.

SOLUZIONI OPERATIVE

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Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

nelle due serie di atti determinazioni dell’imponi-bile difformi (11), in ciò conformandosi ai caratte-ri del procedimento di imposizione e del giudizioche può seguirlo.Il tema è complesso, e non può essere trattatoesaurientemente in questa sede. Quanto qui si puòdire è che tutti gli atti di cui l’accertamento rego-lato dall’art. 40 del D.P.R. n. 600/1973 si componehanno in comune un elemento del contenuto, coin-cidente con l’imponibile che non può essere diver-so per la società e i soci. E che, ciò non ostante,l’esigenza di un coordinamento tra le vicende chene traggono origine non prevale sulla necessità diassicurare a tutti i soggetti coinvolti eguali facoltàdi partecipazione all’istruttoria che precede l’ac-certamento (anche al fine di accedere a forme didefinizione agevolata di volta in volta offerte dallalegislazione premiale), e, dopo di essa, di difesaattraverso l’impugnazione di atti individuali, ido-nei a informare il destinatario delle ragioni di fattoe di diritto poste alla base della ripresa.Neppure l’efficacia riflessa dell’adesione compiu-ta dalla società in base all’art. 3 del D.L. n.564/1994 sulle posizioni giuridiche dei soci postu-la un concetto di unitarietà dell’accertamento, per-ché anch’essa si spiega in base al vincolo chel’adesione della società esercita sull’ulteriore cor-so dell’azione di recupero della materia sottrattaall’imposizione. Non sarebbe infatti compatibilecon i principi di razionalità, coerenza e di buonafede che l’Ufficio impositore potesse accertare acarico dei soci un presupposto diverso da quelloassunto in sede di definizione con la società. Prima di scendere al dettaglio, qui per la verità oc-correrebbe distinguere tra le posizioni dei soci in-vitati al contraddittorio secondo quanto prescrittodall’art. 2-bis, comma 1, del D.L. n. 564/1994 esoci non invitati, per i quali l’avviso, pure emessoin base alle risultanze dell’adesione prestata dallasocietà, recherebbe l’irrogazione di sanzioni in mi-sura piena, senza possibilità di accesso al regimepremiale di cui la società si è invece avvalsa. Il te-sto della sentenza n. 271456 del 2011 non consen-te di stabilire quale sia stata la condizione dei con-tribuenti che hanno preso parte al giudizio. Certo èche, nel caso, l’omissione dell’invito avrebbe inci-so negativamente sulla posizione giuridica dei de-stinatari dell’accertamento, determinandone l’in-validità (12).

Ma, a parte questo profilo di cui non è luogo percondurre un esame approfondito, vale forse osser-vare che, nel prescrivere con l’art. 9-bis, comma18, del D.L. n. 79/1997 che dopo l’adesione dellasocietà l’Agenzia delle entrate procede nei con-fronti dei soci nelle forme previste dall’art. 41-bisdel D.P.R. n. 600/1973, il legislatore tributarioaveva mostrato di equiparare il vincolo che neconsegue a quello che lega gli accessi, ispezioni,verifiche, segnalazioni qualificate con l’accerta-mento parziale. Se ne ricavava un preciso riscon-tro alla tesi del vincolo di pregiudizialità-dipen-denza, e comunque del vincolo di contenuto tra gliaccertamenti rivolti alla società e ai soci, che lafanno preferire ad altre in quanto aderente al datopositivo.Sostanzialmente analoga la soluzione adottata dal-l’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 218/1997 perl’adesione «a regime», per la quale è ancora previ-sto che, se ha per oggetto redditi imponibili ex art.5 del T.U.I.R., essa va eseguita dall’Agenzia com-petente per l’accertamento nei confronti della so-cietà «con unico atto» e «in contraddittorio» con isoci. Anche in questo caso vi sarebbe da conside-rare l’ipotesi dell’omissione dell’invito al contrad-dittorio, e ciò anche alla luce della nuova prescri-zione per la quale i soci invitati all’adesione chenon vi abbiano preso parte o non abbiano prestatoil consenso non possono fruire di riduzioni di san-zioni, né chiedere in un secondo momento di esse-re ammessi all’adesione. A parte ciò, resta il fattoche l’accertamento eseguito «sulla base» della de-finizione compiuta dalla società è atto pregiudica-to dal precedente, il rispetto al quale proprio per

Note:(11) F. Tesauro, «L’avviso di accertamento unitario», in Boll. trib.,1979, pag. 437; Id., Profili sistematici del processo tributario, Padova,1980, pag. 100.(12) Sul tema, senza pretese di esaustività: M. Versiglioni, Accordo edisposizione nel diritto tributario, Milano, 2001, pag. 297 ss.; e, conriferimento alla configurabilità di un litisconsorzio necessario sindalla fase procedimentale, Id., «Accertamento con adesione, au-totutela e trasparenza fiscale», relazione al Convegno ANTI sultema La trasparenza fiscale, tenutosi a Torino il 16 maggio 2008,pag. 2 ss. Sul tema, inoltre: A. Carinci, «L’accertamento nel regimedi trasparenza delle società: responsabilità, garanzie e tutele perla società e i soci», in Rass. trib., 2006, pag. 171 ss.; e, con più spe-cifico riferimento al diritto del contraddittorio, di cui il procedi-mento di adesione segnerebbe l’istituzionalizzazione: L. FerlazzoNatoli - G. Ingrao, «Il rispetto del contraddittorio e la residualitàdell’accertamento tributario», in Boll. trib., 2010, pag. 486.

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Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

questo mantiene una propriaautonomia. Anche per l’adesione exD.Lgs. n. 218/1997 l’effettoconformativo della definizio-ne perfezionata dalla societàsugli accertamenti diretti aisoci dissenzienti può dunquecontinuare a essere concepitocome la conseguenza di unvincolo di pregiudizialità-di-pendenza tra procedimenti, oanche di un vincolo che im-pedisce all’Amministrazionedi assumere diversi imponibi-li nelle due serie di atti, senzanecessità di postularne l’unitarietà, che la leggenon richiede.

La regola del litisconsorzioSe la giurisprudenza in materia di litisconsorzionei giudizi di impugnazione dell’accertamento deiredditi prodotti in forma associata recupera l’ideadell’unitarietà del presupposto, non lo fa dunquein aderenza alla disciplina del procedimento, ma inrisposta a una spinta per così dire endogena, che inultima analisi rimanda al dibattito sull’individua-zione dell’oggetto del giudizio. Che la soluzione accolta nella sentenza delle Se-zioni Unite della Corte di cassazione n. 14815 del2008, non si conciliasse con la disciplina di unprocesso di impugnazione di atti è stato subito det-to, e non occorre ripetere (13). Interessante inveceosservare che in sede di approfondimento del nes-so posto dalle Sezioni Unite tra l’atto impugnatoche l’art. 40 del D.P.R. n. 600/1973 qualifica come«unico» e la contestazione del ricorrente la dottri-na, la cui presenza giustifica il litisconsorzio, haopportunamente individuato una linea di continui-tà con precedenti in materia, per esempio, di limitioggettivi del giudicato (14) e di solidarietà passiva(15), nei quali si manifesta la stessa tendenza aconcepire il giudizio tributario come un giudiziodi accertamento di «questioni» relative al rapportod’imposta (16). Nel caso degli accertamenti dei redditi prodotti informa associata, l’aver fatto leva sull’identitàdelle questioni che società e soci sottopongono algiudice per conseguire l’annullamento dell’atto

impugnato risponde primadi tutto all’interesse praticodi ricondurre a unità unapluralità di giudizi, che ladisciplina del procedimentoe del processo richiede. Manon per questo la concezio-ne del giudizio accolta nellasentenza in commento si po-trà dire del tutto priva digiustificazione razionale.L’identificazione con l’og-getto del giudizio delle que-stioni dedotte dalle parti a

Note:(13) C. Glendi, «Le SS.UU. della Suprema Corte s’immergono an-cora nel gorgo del litisconsorzio necessario», in GT - Riv. giur. trib.n. 11/2008, pag. 933, ove l’Autore osserva: «Al fondo resta sem-pre il miraggio dell’unità logica del giudizio e permane una conce-zione del processo tributario che si astrae dal suo limpido inqua-dramento in termini di annullamento di provvedimenti normati-vamente predeterminati in ragione di un loro specifico oggetto,disperdendosi, invece, nella ricerca di sottostanti rapporti ofors’anche, ormai più, neppure di quelli». Sulla stessa sentenza: M.Basilavecchia, «L’accertamento unitario trova un assetto stabile»,in Corr. Trib. n. 28/2008, pag. 2270; M. Nussi, «A proposito di ac-certamento unitario del reddito delle società di persone e liti-sconsorzio necessario (verso un processo tributario sulle que-stioni?)», in GT - Riv. giur. trib. n. 9/2008, pag. 771; D. Coppa, «Ac-certamento dei redditi prodotti in forma associata e litisconsor-zio necessario», in Rass. trib., 2008, pag. 978; M.L. Baccaglini, «Si al-largano i confini del litisconsorzio necessario nel processo tribu-tario. L’unitarietà dell’accertamento nelle dichiarazioni dei redditiai fini ILOR e IRPEF è imposta anche sul piano processuale», inCorr. giur. n. 12/2008, pag. 1719; G. Ragucci, «Il litisconsorzio ne-cessario nelle impugnazioni degli accertamenti dei redditi pro-dotti in forma associata», in Giur. it., 2008, pag. 2353.(14) Cass., SS.UU., 16 giugno 2006, n. 13916, in GT - Riv. giur. trib.n. 9/2006, pag. 763, con commento di C. Magnani e in Banca DatiBIG Suite, IPSOA. Sul tema: F. Tesauro, «Giudicato tributario, que-stioni pregiudiziali e imposte periodiche», in Boll. trib., 2006, pag.1173.(15) Cass., SS.UU., 18 gennaio 2007, n. 1052, in GT - Riv. giur. trib.n. 12/2007, pag. 1055, con commento di G. Sepio e in Banca DatiBIG Suite, IPSOA. (16) M. Nussi, «A proposito di accertamento unitario del redditodelle società di persone e litisconsorzio necessario (verso unprocesso tributario sulle questioni?)», cit., loc. cit., pag. 777; M.L.Baccaglini, «Si allargano i confini del litisconsorzio necessario nelprocesso tributario. L’unitarietà dell’accertamento nelle dichiara-zioni dei redditi ai fini ILOR e IRPEF è imposta anche sul pianoprocessuale», cit., loc. cit., pagg. 1725-6; e, di recente, Id., «Esclusoil litisconsorzio per l’accertamento dei redditi prodotti in formaassociata», in GT - Riv. giur. trib. n. 6/2011, pag. 499, commento aCass., 20 gennaio 2011, n. 1213.

Vincolo di pregiudizialità L’effetto conformativo delladefinizione perfezionata dalla societàsugli accertamenti diretti ai socidissenzienti può continuare a essereconcepito come la conseguenza di unvincolo di pregiudizialità-dipendenza tra procedimenti, oanche di un vincolo che impedisceall’Amministrazione finanziaria diassumere diversi imponibili nelle dueserie di atti, senza necessità dipostularne l’unitarietà, che la disciplinalegale non richiede.

SOLUZIONI INTERPRETATIVE

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fondamento delle proprie ra-gioni può essere fatta risalirea una concezione «realisti-ca» del presupposto imponi-bile non priva di riscontri indottrina, ove riceve autore-vole espressione da parte dichi nega al presupposto laqualità di entità oggettivadestinata a trovare fedelerappresentazione nella di-chiarazione dei redditi, per-ché esso «consta - così si di-ceva, e anche l’esperienzasembra confermarlo - di unasintesi di fatti sul cui mododi essere una influenza deci-siva esercitano la dichiara-zione del contr ibuente el’accertamento dell’Ufficio»(17); e perciò in definitiva divalutazioni dei destinataridella legge d’imposta, la cuicorrettezza il giudice può es-sere chiamato a verificarenell’eventuale giudizio. Sin-tesi di fatti e valutazioni,dunque, che, finché dipendo-no dall’applicazione delleregole che presiedono alladeterminazione della catego-ria reddituale propria dellasocietà (di regola il redditod’impresa, ma si può trattare anche di altro), nonpossono che essere comuni anche ai soci dissen-zienti che abbiano preferito impugnare l’accerta-mento.Se questo è il fondamento teorico della posizioneespressa dalla Corte nella sentenza n. 27145 del2011, non ci si può esimere dall’esprimere la piùferma cautela in proposito. Il fatto è che, nella cre-scente complessità dei rapporti tra Amministrazio-ne finanziaria e contribuenti, le sistematiche matu-rate nel secolo scorso sotto la vigenza di più linea-ri sistemi di raccordo tra le giurisdizioni ammini-strativa e ordinaria fondate sull’alternativa giudi-zio sull’atto/sul rapporto mostrano i segni del tem-po, e tuttavia stentano (anche a causa di una legi-slazione che troppo spesso reca il marchio di un

troppo affrettato empirismo)a raccordarsi e a confluire inuna utile sintesi. In tale con-testo il ricorso alla nozionedel giudizio su «questioni»ha un valore regressivo, afronte soprattutto di altra ri-costruzione pure astratta-mente possibile (oltre che in-coraggiata dal confronto conil diritto amministrativo dialtri Stati dell’Unione euro-pea, e dalla stessa giurispru-denza comunitaria che la haaccolta), la quale alle valuta-zioni vincolate delle parti delrapporto tributario sui fatticostitutivi del presuppostopropone di fare corrisponde-re precisi diritti del contri-buente, la cui lesione si puòriflettere sulla validità del-l’atto che conclude il proce-dimento (il principale osta-colo all’affermazione di unmodello di giudizio tributa-rio sui «diritti» è rappresen-tato dalla centralità che ilconcetto di potere conservatuttora nella disciplina dellepiù penetranti attribuzioni dicui l’Amministrazione finan-ziaria è titolare, e che si ri-

flette anche nella giurisprudenza che ne è l’inter-prete).

La posizione della società e dei sociche hanno aderitoCome che sia, l’unificazione di un presuppostosoggettivamente complesso ottenuta nel processo èun risultato forse apprezzabile sul piano ideale, mache non può fare perdere di vista i sacrifici impostialle parti del giudizio per il suo conseguimento.A parte i costi in termini di durata del giudizio chederivano dalla integrazione del contraddittorio neiprocessi che sin dal primo grado non abbiano visto

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Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

Nota:(17) G. Falsitta, Il ruolo di riscossione, Padova, 1972, pag. 36 ss.

Integrazione del contraddittorio A parte i costi in termini di durata delgiudizio che derivano dallaintegrazione del contraddittorio neiprocessi che sin dal primo grado nonabbiano visto la partecipazione disocietà e soci, la regola dellitisconsorzio implica:– una deroga alla disciplina dellacompetenza per territorio che siverifica nel caso di impugnazione diatti spettanti a diverse Agenzie delleentrate;– possibili effetti anticipatori neiconfronti delle Agenzie che nonabbiano emesso l’accertamento nelmomento in cui il giudice adito dallasocietà abbia ordinato l’integrazionedel contraddittorio;– la cedevolezza dell’accertamentonon impugnato da uno dei destinataririspetto al sopravvenuto giudicatofavorevole, fatta salva l’irripetibilità diquanto già versato;– la preclusione alla riscossione neiconfronti del socio al quale non siastato notificato alcun accertamento,anche in ipotesi di giudicato a luisfavorevole, se non dopo lanotificazione di un appositoaccertamento.

I PROBLEMI APERTI

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la partecipazione di società esoci (18), la regola del liti-sconsorzio implica quantomeno:(a) una deroga alla disciplinadella competenza per territo-rio che si verifica nel caso diimpugnazione di atti spettantia diverse Agenzie delle entra-te (19);(b) possibili effetti anticipa-tori nei confronti delle Agen-zie che non abbiano emessol’accertamento nel momentoin cui il giudice adito dallasocietà abbia ordinato l’inte-grazione del contraddittorio(20);(c) la cedevolezza dell’accertamento non impu-gnato da uno dei destinatari rispetto al sopravve-nuto giudicato favorevole, fatta salva l’irripetibili-tà di quanto già versato;(d) la preclusione alla riscossione nei confronti delsocio al quale non sia stato notificato alcun accer-tamento, anche in ipotesi di giudicato a lui sfavo-revole, se non dopo la notificazione di un appositoaccertamento. Si tratta con ogni evidenza di deroghe al regimecomune del procedimento e del processo a cui for-se si deve il parziale riflusso della giurisprudenzadi legittimità che ha seguito la sentenza delle Se-zioni Unite n. 14815 del 2008, dovuto all’indivi-duazione di eccezioni - per esempio in materia diaccertamento eseguito a carico di una società difatto o di utili distribuiti fuori bilancio (21); per laCorte neppure la questione relativa all’irrogazioneal socio della sanzione per infedele dichiarazioneintegra un’ipotesi di litisconsorzio necessario trasocietà e soci (22) - e di attenuazioni del rigoredella massima in essa stabilita (23).La regola del litisconsorzio non va del resto esenteda critiche neppure nella fattispecie decisa nellasentenza n. 27145 del 2011. In questo caso, anzi,sembra che il richiamo alla massima delle SezioniUnite n. 14815 del 2008, non realizzi neppurel’unificazione dell’accertamento che dovrebbe ga-rantire.Abbiamo appena ricordato che tra le deroghe alladisciplina comune del processo implicata dalla re-

gola del litisconsorzio vi èanche che il litisconsorte ne-cessario che non abbia impu-gnato l’avviso a lui notifica-to, e che venga chiamato ingiudizio in ossequio all’art.14 del D.Lgs. n. 546/1992,può opporre all’Agenzia lasentenza favorevole in sededi impugnazione della cartel-la esattoriale o di opposizio-ne agli atti esecutivi, ma conil limite dell’irripetibilità diquanto già versato. Ed è unfatto che, ove si applichi lastessa regola anche nei con-fronti della società o del so-

cio che abbiano prestato adesione, all’atto dell’in-tegrazione del contraddittorio questi non possononon avere già versato l’imposta che pertanto nonpotrebbero chiedere in restituzione neppure nel ca-so di conclusione del giudizio con esito per essi

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Accertamento

Giudicato favorevolee pagamento del dovutoL’integrazione del contraddittorio neiconfronti della società e dei soci cheabbiano già definito l’accertamentoper mezzo dell’adesione sembracompiersi nell’ossequio formale di unaregola incapace di conseguire lo scopoper il quale è stata concepita, perché ilpagamento del dovuto impediscealle parti che lo abbiano già eseguitodi avvalersi del giudicato favorevole,e il conseguimento di una sentenzadifforme spezza in ogni casol’unitarietà dell’accertamento.

IL PROBLEMA APERTO

Note:(18) Sulle criticità che sorgono sul versante della garanzia dellaragionevole durata: C. Glendi, «Le SS.UU. della Suprema Cortes’immergono ancora nel gorgo del litisconsorzio necessario», cit.,loc. cit., pag. 935.(19) Sul superamento del limite dell’inderogabilità della compe-tenza delle Commissioni: M.L. Baccaglini, «Si allargano i confinidel litisconsorzio necessario nel processo tributario. L’unitarietàdell’accertamento nelle dichiarazioni dei redditi ai fini ILOR e IR-PEF è imposta anche sul piano processuale», cit., loc . cit., pag.1723.(20) G. Ragucci, «Il litisconsorzio necessario nelle impugnazionidegli accertamenti dei redditi prodotti in forma associata», cit.,loc. cit., pag. 2355.(21) Cass., 13 novembre 2008, n. 27089; Id., 2 ottobre 2008, n.24441, entrambe in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, e in Giur. it., 2009,pag. 1295, con nota di G. Ragucci. (22) Cass., 10 settembre 2009, n. 19456, in GT - Riv. giur. trib. n.7/2010, pag. 615, con commento di G. Scanu; Id., 27 maggio 2009,n. 12314, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(23) Cass., 18 febbraio 2010, n. 3830, in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA, e in Giur. it., 2010, pag. 1952 ss., con nota. Per un caso di ac-certamento con sentenza passata in giudicato dell’illegittimitàdella pretesa tributaria presupposta, la Corte di cassazione ha,con la sentenza 20 gennaio 2011, n. 1213 (in GT - Riv. giur. trib. n.6/2001, pag. 493 ss., con commento di M.L. Baccaglini), negatoche il giudizio concernente l’impugnazione dell’atto conseguente,ovvero l’accertamento relativo alla compartecipazione del con-sociato, debba proseguire per sopravvenuta carenza di interessead ottenere una pronuncia sull’impugnazione di un atto già annul-lato per effetto della intervenuta definitività di detta sentenza.

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favorevole. Ma allora viene da chiedersi a che profarli partecipare al giudizio, se per la già consuma-ta estinzione del debito non sarebbero ammessi agodere del giudicato. Né potrà sfuggire che, fermol’effetto dell’adesione, in nessun caso di giudicatodi contenuto difforme (per eccesso come per difet-to) la regola del litisconsorzio assicura l’unitarietàdell’accertamento giudiziale del presupposto, eche perciò la sua applicazione finisce per produrretutti gli inconvenienti che le sono propri, senzaconseguire il risultato pratico al quale è diretta.Analoghe considerazioni possono essere fatte perl’integrazione del contraddittorio nei confrontidella società e dei soci che abbiano già definitol’accertamento per mezzo dell’adesione regolatadal D.Lgs. n. 218/1997. Anche questa sembracompiersi nell’ossequio formale di una regola in-capace di conseguire lo scopo per il quale è stataconcepita, perché il pagamento del dovuto impedi-sce alle parti che lo abbiano già eseguito di avva-lersi del giudicato favorevole, e il conseguimentodi una sentenza difforme spezza l’unitarietà del-l’accertamento (24).

Considerazioni conclusiveUn’analisi della fattispecie decisa nella sentenza n.27145 del 2011 rivela che il dogma dell’unitarietàdell’accertamento dei redditi prodotti in forma as-sociata ha fatto velo alla Corte, non facendole per-cepire che, oltre a generare il vincolo procedimen-tale sull’ulteriore corso dell’attività di accertamen-to nei confronti dei soci dissenzienti, come corret-tamente rilevato, la definizione conseguita dallasocietà (così come dei soci che vi abbiano aderito)produce per chi se ne sia avvalso effetti estintivisul debito d’imposta (regolati con disciplina so-stanzialmente coincidente dall’art. 2-bis, comma5, del D.L. n. 564/1994, e dall’art. 2, comma 3, delD.Lgs. n. 218/1997), che lo privano di un interesseconcreto alla pronuncia giudiziale, e ne rendonoperciò superflua la partecipazione al giudizio.Se la Corte ne avesse preso atto, avrebbe contri-buito a circoscrivere, più di quanto abbia già fattocon le sentenze successive alla SS.UU. n. 14815del 2008, che ne hanno già messo in vario modo afuoco i limiti applicativi, la regola che imponel’integrazione del contraddittorio nei confronti disocietà e soci nelle liti relative all’imposizione deiredditi imputati «per trasparenza». Ne sarebbe ve-

nuta un’apprezzabile spinta al superamento di unagiurisprudenza che sembra avere prodotto più pro-blemi di quanti ne abbia potuti risolvere.

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Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

Nota:(24) Impregiudicato il problema (peraltro non privo di criticitàdato il carattere consensuale della fattispecie, e dato anche il te-nore dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. n. 218/1997, che impediscel’integrazione e modificazione dell’accertamento dopo il perfe-zionamento dell’adesione) della configurabilità di un dovere diconformarsi al giudicato da parte dell’Amministrazione risultatasoccombente, attraverso il ritiro in autotutela dell’accertamentodefinito mediante adesione, la cui analisi avrebbe potuto condur-re fuori tema.

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Cass., 16 dicembre 2011, n. 27145

Accertamento

LA SENTENZA

Cassazione, Sez. trib., Sent. 16 dicembre 2011(22 settembre 2011), n. 27145 - Pres. Pivetti -Rel. Persico

L’intervenuta definizione dell’accertamentocon adesione da parte della società di perso-ne costituisce titolo per l’accertamento neiconfronti dei soci che non hanno definito i red-diti prodotti in forma associata. È salva, comun-que, la possibilità, in capo al socio, di conte-stare la pretesa spiegata nei suoi confronticonvenendo in giudizio anche la società e gli al-tri soci, attesa l’unitarietà del presupposto im-positivo.

Svolgimento del processoG.M. e B.M. proposero ricorso avverso l’avviso di ac-certamento relativo all’IRPEF per l’anno d’imposta1991, con il quale era stato accertato un maggior reddi-to da partecipazione, corrispondente alla quota da cia-scuno detenuta nella s.n.c. A.G. di M.B. & C; eccepiva-no che la suddetta società, avendo aderito alla propostadi accertamento con adesione per anni pregressi ex art.3 del D.L. n. 564/1994, convertito dalla legge n.656/1994, aveva definito un maggior reddito, mentretale definizione non era stata da loro effettuata.La Commissione tributaria provinciale rigettava il ri-corso.Contro tale sentenza i contribuenti proponevano appelloe la Commissione tributaria regionale accoglieva lostesso.Contro tale ultima sentenza ricorre per cassazionel’Agenzia. I contribuenti non controdeducono.

Motivi della decisione1. L’Agenzia deduce, ex art. 360, n. 3, c.p.c., la viola-zione e falsa applicazione dell’art. 3 del D.L. n.564/1994, dell’art. 9-bis del D.L. n. 79/1997, e del’art.5 del D.P.R. n. 917/1986, nonché il vizio di motivazio-ne. Deduce che l’intervenuta definizione dell’accerta-mento con adesione da parte della società di personecostituisce titolo per l’accertamento nei confronti deisoci che non hanno definito i redditi prodotti in formaassociata.1.1 La doglianza è fondata secondo i principi già enu-cleati da questa Corte che ha affermato (Cass. n. 19137del 2010) (1): «In tema di imposte sui redditi, l’art. 9-bis, comma 18, del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, conver-tito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n.140, disponendo che “l’intervenuta definizione da partedelle società od associazioni cui all’articolo 5 del TestoUnico delle imposte sui redditi, approvato con decreto

del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.917, (...) costituisce titolo per l’accertamento, ai sensidell’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Re-pubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modi-ficazioni e integrazioni, nei confronti delle persone fisi-che che non hanno definito i redditi prodotti in formaassociata”, non ha contenuto innovativo dell’ordina-mento tributario, ma costituisce esplicazione del princi-pio stabilito dall’art. 5 del D.P.R. n. 917/1986, cit., se-condo il quale i redditi delle società personali sono im-putati a ciascun socio, indipendentemente dalla perce-zione, proporzionalmente alla sua quota di partecipa-zione agli utili, con la conseguenza che, anche in baseal concordato definito entro il 15 dicembre 1995 in for-za dell’art. 3 del D.L. n. 564/1994, convertito, con mo-dificazioni, dalla legge n. 656/1994, deve ritenersi con-sentito l’accertamento in capo ai singoli soci della ri-spettiva quota del reddito concordato dalla società».Resta evidentemente salva la possibilità del socio dicontestare la pretesa tributaria spiegata contro di luiconvenendo in giudizio anche la società e gli altri soci,attesa l’unitarietà del presupposto impositivo (Cass. n.14815 del 2008) (2).1.2 Il ricorso deve, pertanto, essere accolto e la senten-za impugnata deve essere cassata. Non essendo neces-sari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può esseredecisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il ri-getto del ricorso introduttivo del contribuente.2. Tenuto conto dell’andamento processuale vengonocompensate le spese dei gradi di merito, mentre si con-danna il ricorrente, in applicazione del principio dellasoccombenza, alle spese del grado di legittimità chevengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugna-ta e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivodel contribuente. Compensa le spese dei gradi di meritoe condanna i resistenti, in solido tra loro, alle spese digiustizia del grado di legittimità che liquida in euro820,00 oltre spese prenotate a debito.

Note:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) In GT - Riv. giur. trib. n. 9/2008, pag.758, con commento di M.Nussi; cfr. anche C. Glendi, «Le SS.UU. della Suprema Corte s’im-mergono ancora nel gorgo del litisconsorzio necessario», ivi n.11/2008, pag. 933

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80511/2012

Circ. 13 gennaio 2012, n. 1/E

Accertamento

Tra le questioni più controverse negli ultimi mesi,si segnalano i riflessi della sentenza della Cortecostituzionale 20 luglio 2011, n. 247 (1), la qualeha legittimato la riapertura del termine di accerta-mento relativo ad annualità ormai «cristallizzate»,anche quando la notizia di reato è comunicata alcontribuente in un momento successivo allo spira-re del termine ordinario per l’accertamento. L’av-viso di accertamento deve essere notificato, sia aifini IVA che ai fini delle imposte dirette, non oltreil 31 dicembre del quarto anno successivo a quelloin cui è stata presentata la dichiarazione ovverodel quinto anno successivo in caso di omessa pre-sentazione della dichiarazione; in presenza di unfatto soggetto all’obbligo di denuncia penale aisensi dell’art. 331 c.p.p., il termine ordinario èraddoppiato (2).La ratio della norma sul raddoppio dei termini perl’accertamento, come precisato nella relazione go-vernativa al provvedimento (3) che l’ha introdotta,è garantire la possibilità di utilizzare, per un perio-do di tempo più ampio di quello ordinario di accer-tamento, gli elementi istruttori emersi nel corso del-le indagini condotte dall’Autorità giudiziaria (4).Per come è strutturata la norma, il raddoppio deitermini non pare subordinato all’effettiva esistenza

di un’attività istruttoria, ma sembra sufficiente unamera denuncia (5). Sussiste, pertanto, nonostantela Corte costituzionale inviti il giudice tributario averificare l’imparzialità dell’azione dell’Ammini-strazione finanziaria, il rischio che quest’ultimatenda a strumentalizzare tale istituto, applicandodiscrezionalmente la norma sul raddoppio come

Annualità «condonate» ai fini IVA,raddoppio dei termini e reati prescritti

La combinazione di tre circostanze - la «bocciatura» comunitaria dei condoni IVA, la proroga diun anno per l’accertamento relativo alle annualità in precedenza condonate e la pronuncia dellaConsulta sul raddoppio dei termini di accertamento in presenza di un fatto soggetto all’obbligodi denuncia penale - comporta, quale rilevante conseguenza, il potere del Fisco di accertareannualità assai risalenti nel tempo, fino a dodici anni prima. Benché si tratti di circostan-ze eccezionali e oggettivamente non ripetibili, rimane però il dubbio di una seria compres-sione del principio di certezza dei rapporti giuridici, con l’effetto di un’indefinita soggezionedel contribuente al potere di accertamento del Fisco. In tal senso sembra orientarsi la cir-colare dell’Agenzia delle entrate n. 1/E del 2012, la quale suggerisce di considerare ogni ele-mento, utile per l’accertamento ai fini IVA in relazione alle annualità «condonate» 2000,2001 e 2002, idoneo a configurare la sussistenza di violazioni penali. La circolare, tuttavia,sembra trascurare un elemento importante, rappresentato dall’intervenuta prescrizione deireati tributari.

di Sara Armella e Lorenzo Ugolini

Sara Armella - Avvocato in Genova e Milano - Armella & Associati,Studio legaleLorenzo Ugolini - Armella & Associati, Studio legale

Note:(1) In GT - Riv. giur. trib. n. 10/2011, pag. 833, con commento diG.M. Cipolla, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) L’art. 57, terzo comma, del D.P.R. n. 633/1972, e l’art. 43, terzocomma, del D.P.R. n. 600/1973 affermano che i termini ordinarisono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è sta-ta commessa la violazione, in caso di fatto che comporta l’obbli-go di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previ-sti dal D.Lgs. n. 74/2000. Il comma terzo dell’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 e il comma ter-zo dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, sono stati introdotti dall’art.37, comma 25, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.(3) Relazione governativa al D.L. n. 223/2006.(4) Cfr. C. Di Gregorio, «Il raddoppio dei termini supera il vagliodella Consulta», in il fisco, 2011, pag. 5682.(5) E. Marello, «Raddoppio dei termini per l’accertamento al va-glio della Corte costituzionale», in Rass. trib., 2011, pag. 1298.

S. Morina e T. Morina, «Condoni IVA 2002: ‘‘linee-guida’’ per i controlli», n. 7/2012, pag. 35

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806 11/2012

Circ. 13 gennaio 2012, n. 1/E

Accertamento

mezzo legittimante la riaper-tura di accertamenti relativi aperiodi d’imposta ormai defi-niti (6).In tal senso sembra orientarsila circolare dell’Agenzia del-le entrate n. 1/E del 2012 (7),la quale suggerisce di consi-derare ogni elemento, utileper l’accertamento ai fini IVAin relazione alle annualità«condonate» 2000, 2001 e2002, idoneo a configurare lasussistenza di violazioni pe-nali di cui al D.Lgs. n.74/2000 (8).

Accertamento sulle annualità «condonate» ai fini IVALa genesi del ragionamentodell’Agenzia delle entrate de-ve farsi risalire agli eventiche hanno interessato la leg-ge 27 dicembre 2002, n. 289,la quale ha istituito diverseforme di definizione delleviolazioni in materia di impo-ste dirette e IVA, che avreb-bero dovuto consentire aicontribuenti di definire, in tutto o in parte, il pro-prio rapporto giuridico tributario, a condizione chenon fossero stati notificati nei loro confronti atti diaccertamento o altri atti istruttori da parte del-l’Amministrazione finanziaria (9).Tra queste si ricorda il concordato per le annualitàpregresse (art. 7), la dichiarazione integrativa sem-plice (art. 8), e il «condono tombale» (art. 9) (10).Successivamente, l’art. 2, comma 44, della leggen. 350/2003, ha prorogato di un anno la possibilitàper i soggetti passivi IVA di fruire delle definizio-ni di cui agli artt. 7, 8 e 9 della legge n. 289/2002,consentendo così ai contribuenti di chiudere leproprie posizioni fiscali IVA anche per tutto il pe-riodo d’imposta 2002. Il perfezionamento delleprocedure comportava, quale principale effetto,l’inibizione degli accertamenti fiscali e penali perle annualità condonate.Tuttavia, la sentenza della Corte di giustizia 17 lu-

glio 2008, causa C-132/06(11), ha dichiarato il suddetto«condono IVA» incompatibi-le con gli artt. 2 e 22 della VIdirettiva IVA, ritenendo checomportasse una rinuncia ge-nerale e indiscriminata al-l’accertamento delle opera-zioni imponibili effettuatenel corso di una serie di pe-riodi d’imposta (12). Allostesso modo i giudici comu-nitari si sono pronunciati conla sent. 11 dicembre 2008,causa C-174/07 (13), con laquale hanno dichiarato l’in-compatibilità con il dirittocomunitario dell’estensioneall’anno 2002 del condono

Note:(6) S. Armella e L. Ugolini, «Incertezzasulla rilevanza penale dell’abuso deldiritto e raddoppio dei termini», inCorr. Trib. n. 6/2012, pag. 412.(7) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. Cfr.anche Assonime, circolare n. 5 del 27febbraio 2012.(8) Circolare 13 gennaio 2012, n. 1/E,par. 4, pag. 8, in Banca Dati BIG Suite,IPSOA.

(9) M. Basilavecchia, «Le condizioni per modificare la scelta del ti-po di “condono”», in Corr. Trib. n. 14/2003, pag. 1153.(10) Per quanto concerne l’IVA, i contribuenti potevano proce-dere alla definizione di tutte le annualità pregresse (ossia dal1998 al 2001), versando un importo pari al 2% dell’IVA relativaalle operazioni imponibili effettuate in ciascun periodo d’impostae del 2% dell’imposta detraibile nel medesimo periodo. Inoltre, siricorda che la circolare dell’Agenzia delle entrate 15 gennaio2003, n. 3/E, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, ha specificato che ilcontribuente poteva scegliere di definire solo l’IVA e non anchele imposte dirette.(11) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(12) In GT - Riv. giur. trib. n. 11/2008, pag. 937, con commento diG. Tinelli. In particolare, la Corte di giustizia precisa che «la VI di-rettiva deve essere interpretata in conformità al principio di neu-tralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA, in base al qualegli operatori economici che effettuano le stesse operazioni nondevono essere trattati diversamente in materia di riscossionedell’IVA». Cfr. R. Portale, «Il giudizio UE trascura i tempi di accer-tamento», in Il Sole - 24 Ore del 23 luglio 2008, e R. Dominici,«Gli effetti della incompatibilità con il diritto comunitario deicondoni IVA», in Corr. Trib. n. 42/2009, pag. 3422.(13) In GT - Riv. giur. trib. n. 11/2008, pag. 937, con commento diG. Tinelli, e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Riapertura di annualità risalentie dichiarazioni dei contribuentiCon riferimento alla possibileriapertura di annualità risalenti,«grazie» alla contestazione di unreato, vi era il rischio che ladichiarazione presentata dalcontribuente potesse essereconsiderata quale indizio di violazionicommesse, nonostante fosseconcepita dal legislatore del condonocome strumento idoneo a definire ilrapporto tributario e a precludereaccertamenti fiscali e contenziosipenali. Per evitare il rischio chel’adesione alle sanatorie fiscali di cuialla legge n. 289/2002 possaconfigurarsi quale autodenuncia delcontribuente, utilizzabiledall’Amministrazione finanziaria peraccertare periodi d’imposta non piùsuscettibili di verifica, la circolare n.1/E del 2012 opportunamente affermache la regolarizzazione a suo tempoeffettuata non rappresenta, di per sésola, un indizio di violazione penaleidoneo a generare l’obbligo didenuncia.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

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Circ. 13 gennaio 2012, n. 1/E

Accertamento

fiscale ai sensi degli artt. 8 e9 della legge n. 289/2002(14).Nonostante tali pronunce del-la Corte di giustizia siano in-tervenute ormai decorsi i ter-mini ordinari per l’accerta-mento delle annualità condo-nate (15), occorre tenere inconsiderazione che il D.L. n.223/2006 ha consentito, lad-dove ricorrano elementi pe-nalmente rilevanti, di raddop-piare i termini di decadenzadel potere di accertamento(16). Al riguardo, la sentenzadella Corte costituzionale n.247 del 2011 ha affermato cheil raddoppio opera anche neicasi in cui la notitia criminissia rilevata dopo l’intervenutodecorso del termine ordinario.Non solo. L’art. 2, comma 5-ter , del D.L. n. 138/2011,nell’ambito di una disciplina diretta a ottenere ilpagamento delle somme non versate da parte deicontribuenti che si erano avvalsi della sanatoria2002 (17), sancisce che, per i soggetti che si sonoavvalsi dei condoni IVA di cui alla legge n.289/2002, i termini di decadenza pendenti al 31dicembre 2011 sono prorogati di un anno (18).A seguito di tale evoluzione normativa e giurispru-denziale, la circolare dell’Agenzia delle entrate incommento afferma che è ancora accertabile:– il periodo d’imposta 2000, in caso di omessapresentazione della dichiarazione, giacché il termi-ne ordinario coincide con il 31 dicembre 2006 ma,per effetto del raddoppio dipendente dalla conte-stazione di un reato e della proroga di un anno,spirerà al 31 dicembre 2012;– il periodo d’imposta 2001, in caso di omessapresentazione della dichiarazione, in quanto il ter-mine ordinario è spirato il 31 dicembre 2007 ma,per effetto del raddoppio e della proroga di cui alD.L. n. 138/2011, spirerà al 31 dicembre 2013;– il periodo d’imposta 2002, giacché il termine or-dinario è spirato il 31 dicembre 2007, ma in pre-senza di una notitia criminis e in virtù della proro-ga di un anno coincide con il 31 dicembre 2012 (in

caso di omessa dichiarazioneil termine è il 31 dicembre2014).L’Agenzia delle entrate ha,pertanto, specificato che iperiodi d’imposta oggettodelle sanatorie di cui allalegge n. 289/2002 potrannoformare oggetto di controllo,qualora gli Uffici disponganodi specifici elementi probato-ri relativi alla ricorrenza diun’ipotesi di reato (19).

Raddoppio dei termini per l’accertamentoe prescrizione dei reati tributariLa combinazione di tre circo-stanze - la bocciatura comuni-taria dei condoni IVA, la pro-roga di un anno per l’accerta-mento relativo alle annualitàin precedenza condonate e la

pronuncia della Consulta sul raddoppio dei termini- comporta, quale rilevante conseguenza, il poteredel Fisco di accertare annualità assai risalenti neltempo, fino a dodici anni prima.Benché si tratti di circostanze eccezionali e ogget-tivamente non ripetibili, rimane però il dubbio di

Contribuenti che hanno aderitoalle sanatoriePur non integrando l’unico elementoidoneo a supportare la denunciapenale del contribuente, l’adesione alcondono può rappresentare uno degliindizi, con ciò palesandosi il rischio diun’attenzione particolare suicontribuenti che hanno aderito allesanatorie. In proposito, infatti,l’Agenzia delle entrate specifica chedeve essere considerato ognielemento utile, idoneo a configurareuna violazione penale-tributaria, perpoter accertare, ai fini IVA, leannualità «condonate». L’obbligo didenuncia sussiste qualora sianoriscontrati elementi tali da poterdesumere, anche indirettamente,un’eventuale evasione IVA per unimporto superiore a quello dellesoglie di rilevanza penale.

IL PROBLEMA APERTO

Note:(14) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. E. Zanetti, «L’ennesimo colpodi scena sui condoni IVA 2002», in www.eutekne.info.it, e P. Saggesee G.Valente, «L’estensione dei condoni al 2002», in il fisco, 2004,pag. 31.(15) Si segnala, al riguardo, che lo stesso Ministero dell’economiae delle finanze, con il comunicato stampa 17 luglio 2008, avevarassicurato i contribuenti, affermando che «l’ultimo anno oggettodella sentenza risulta essere in specie decaduto il 31 dicembre2007».(16) S. Loconte e G. Tortora, «Bocciatura del condono IVA e rad-doppio dei termini: effetti e profili di responsabilità dello Stato»,in il fisco, 2010, pag. 6797.(17) Art. 2, comma 5-ter, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, converti-to, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.(18) A. Cissello, «Accertamenti e termini sulle annualità condona-te ai fini IVA», in il fisco, 2012, pag. 563; vedasi anche A. Gemelli,«Condoni e proroga del termine per gli accertamenti: “tradito” ilpatto con i contribuenti», in Lente sul fisco del 9 settembre 2011.(19) Comunicato stampa dell’Agenzia delle entrate 13 gennaio2012, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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una seria compressione delprincipio di certezza dei rap-porti giuridici, con l’effettodi un’indefinita soggezionedel contribuente al potere diaccertamento del Fisco (20).Uno dei punti più controversidella circolare riguarda, inol-tre, la possibilità di riaprireannualità ormai risalenti,«grazie» alla contestazione diun reato.Il tema introduce alcuni inte-ressanti spunti di riflessione.In primo luogo, vi è il rischioche la dichiarazione presentata dal contribuentepossa essere considerata quale indizio di violazio-ni commesse, nonostante fosse concepita dal legi-slatore del condono come strumento idoneo a defi-nire il rapporto giuridico tributario e a precludereaccertamenti fiscali e contenziosi penali. Al ri-guardo, onde evitare il rischio che l’adesione allesanatorie fiscali di cui alla legge n. 289/2002 pos-sa configurarsi quale autodenuncia del contribuen-te, strumentalmente utilizzabile dall’Amministra-zione finanziaria per accertare periodi d’impostache non sono più suscettibili di verifica, opportu-namente la circolare afferma che «la regolarizza-zione a suo tempo effettuata, ai sensi degli artt. 7,8 e 9 della legge n. 289/2002, non rappresenta, diper sé sola, un indizio di violazione penale idoneoa generare l’obbligo di denuncia».I dubbi, tuttavia, permangono, posto che, pur nonintegrando l’unico elemento idoneo a supportare ladenuncia penale del contribuente, l’adesione alcondono può rappresentare uno degli indizi, conciò palesandosi il rischio di un’attenzione partico-lare sui contribuenti che hanno aderito alle sanato-rie. In proposito, infatti, l’Agenzia delle entratespecifica che deve essere considerato ogni elemen-to utile, idoneo a configurare una violazione pena-le-tributaria ai sensi del D.Lgs. n. 74/2000, per po-ter accertare, ai fini IVA, le annualità «condona-te». L’obbligo di denuncia sussiste qualora sianoriscontrati elementi tali da poter desumere, ancheindirettamente, un’eventuale evasione IVA per unimporto superiore a quello delle soglie di rilevanzapenale (21).In secondo luogo, la circolare sembra trascurare

un elemento importante, rap-presentato dall’intervenutaprescrizione dei reati tributa-ri. Per i reati risalenti alle an-nualità in questione (2000-2002), il termine di prescri-zione è ormai decorso, ri-spettivamente, nel 2007 e nel2009 (22). Ciò significa che l’invitoespresso dalla circolare diformulare oggi la notizia direato in relazione a reati fi-scali risalenti alle annualità

2000 - 2002, al fine di ottenere l’effetto di una ria-pertura dei termini di accertamento interviene sureati ormai prescritti, in relazione ai quali la segna-lazione penale è del tutto svincolata dalla funzionesua propria, ossia quella di consentire l’avvio diun’indagine penale volta all’eventuale accertamen-to del reato.Il fondamento della prescrizione dei reati è indivi-duato nel cd. affievolirsi del bisogno di pena (23);infatti, con il trascorrere del tempo, sorgono gravidifficoltà per la raccolta del materiale probatorio,anche a causa della scomparsa delle tracce del rea-to (24). In tale ottica è evidente la funzione di ga-ranzia propria del termine prescrizionale penale: lenorme sulla prescrizione dei reati costituiscono lostrumento di carattere formale per realizzare quel-la finalità di carattere sostanziale costituita dalladurata ragionevole del processo penale, tutelata al-

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Circ. 13 gennaio 2012, n. 1/E

Accertamento

Reati tributari prescrittiTra i presupposti che la giurisprudenzadi merito evidenzia perché l’Agenziadelle entrate ponga in essere unutilizzo corretto della norma sulraddoppio dei termini, emerge lacircostanza secondo cui il reato nondeve essere caduto in prescrizione.Secondo la Commissione tributariaregionale dell’Umbria, se il reatotributario è prescritto, l’Ufficio nonpuò fruire del raddoppio dei terminiper procedere all’accertamento.

LA GIURISPRUDENZA

Note:(20) La Corte costituzionale, con la sent. 15 luglio 2005, n. 280,in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, afferma la necessità di evitare che«il contribuente sia assoggettato all’azione esecutiva del Fiscoper un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente aquello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragio-nevole».(21) In particolare, la circolare in commento chiarisce che sonosempre necessari specifici elementi idonei a configurare violazio-ni penali, giacché i dati relativi alle sanatorie non possono costi-tuire indizi di violazioni tali da imporre la «riespansione» dei po-teri di accertamento.(22) A. Iorio e S. Mecca, «La prescrizione dei reati tributari», in ilfisco n. 17/2011, pag. 2701.(23) G. Marinucci - E. Dolcini (a cura di), Codice penale commenta-to, Milano, 2011, pag. 1885.(24) F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Milano, 1989, pag. 670.

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tresì dall’art. 6 della Convenzione europea dei di-ritti dell’uomo (25).Nel contesto della circolare in oggetto, la notitiacriminis sembra essere utilizzata come mero esca-motage per sottoporre ad accertamento le posizio-ni fiscali condonate, ai fini IVA, ai sensi della leg-ge n. 289/2002, ormai non più realisticamente su-scettibili di verifiche penali, giacché è evidente lasopravvenuta causa di estinzione dei reati tributaricontestabili.Si è, dunque, realizzato il rischio, paventato da at-tenta dottrina, di un uso strumentale della formula-zione della notitia criminis, che si realizza laddovela sua funzione sia di riaprire i termini per l’accer-tamento fiscale e non quella di avviare un accerta-mento penale.Un limite a tale interpretazione potrebbe rinvenirsiproprio nella sentenza con cui la Consulta si è pro-nunciata in ordine alla legittimità del raddoppiodei termini. E invero, per prevenire un uso distortonella notizia di reato, la Corte costituzionale chia-risce che «il raddoppio non consegue da una valu-tazione discrezionale e meramente soggettiva de-gli ufficiali tributari, ma opera soltanto nel caso incui siano obiettivamente riscontrabili, da parte diun pubblico ufficiale, gli elementi richiesti dal-l’art. 331 c.p.p. per l’insorgenza dell’obbligo didenuncia penale» (26).In particolare, tra i presupposti che la giurispru-denza di merito evidenzia perché l’Agenzia delleentrate ponga in essere un utilizzo corretto dellanorma sul raddoppio dei termini (27), emerge lacircostanza secondo cui il reato non deve esserecaduto in prescrizione (28). Tale aspetto è espresso con chiarezza da una sen-tenza della Commissione tributaria regionaledell’Umbria (29), in cui si afferma che, se il reatotributario è prescritto, l’Ufficio non può fruire delraddoppio dei termini per procedere all’accerta-mento (30). Nel caso di specie, i giudici di meritoaffermano che, per l’anno 2001, essendo il reato diinfedele dichiarazione comunque prescritto, nonsarebbe ravvisabile il presupposto per il raddoppiodei termini per l’accertamento e deve, conseguen-temente, essere annullato l’avviso, giacché emana-to in assenza del relativo potere. Si tratta di una linea interpretativa ragionevole,idonea a contemperare l’interesse pubblico allosvolgimento dell’attività di accertamento con il

principio di certezza dei rapporti giuridici, che gliistituti della prescrizione del reato e della deca-denza dell’azione di accertamento mirano a realiz-zare.

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Circ. 13 gennaio 2012, n. 1/E

Accertamento

Note:(25) In tal senso, F. Giunta e D. Micheletti, Prescrizione del reato efunzione della pena nello scenario della ragionevole durata del proces-so, Torino, 2003, pag. 45; D. Pulitanò, «Tempi del processo e dirit-to penale sostanziale», in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, pag. 630.(26) Corte cost. n. 247 del 2011, cit.(27) Cfr. Comm. trib. prov. di Torino 15 febbraio 2010, n. 4, in GT -Riv. giur. trib. n. 9/2010, pag. 815, con commento di F. Fontana, e inBanca Dati BIG Suite, IPSOA; Comm. trib. prov. di Brindisi, 10 ot-tobre 2011, n. 194, ivi; Comm. trib. prov. di Pesaro, 10 ottobre2011, n. 136, ivi; Comm. trib. prov. di Milano, 12 dicembre 2011, n.372, ivi.(28) S. Armella e L. Ugolini, «Incertezza sulla rilevanza penaledell’abuso del diritto e raddoppio dei termini», in Corr. Trib. n.6/2012, pag. 218.(29) Comm. trib. reg. Umbria 25 novembre 2011, n. 237, in BancaDati BIG Suite, IPSOA.(30) In particolare, la Commissione tributaria regionale dell’Um-bria ha specificato, da un lato, che, se il reato è prescritto, l’Am-ministrazione finanziaria non può usufruire del raddoppio dei ter-mini per procedere all’accertamento; mentre, dall’altro, se è in-tervenuta un’archiviazione, il raddoppio può operare, ma solo sel’atto di accertamento è stato emesso prima della decisione delgiudice per le indagini preliminari. A tal proposito, si veda ancheR. Acierno, «Reati estinti, stop all’Agenzia», in Il Sole - 24 Oredell’11 dicembre 2011.

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Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 29401del 2011 (1), ha affrontato nuovamente la questio-ne concernente l’esimente dell’obiettiva incertezzadella legge tributaria, stabilendo che, ai fini dellaricorrenza della causa di non punibilità, l’obiettivaincertezza della legge non è esclusa dalla presenzadi precise istruzioni ministeriali circa la compila-zione della dichiarazione dei redditi, in quanto leprescrizioni ivi contenute sono prive di efficaciavincolante.Ancorché la fattispecie concreta sottesa all’ordi-nanza n. 29401 del 2011 non sia chiaramente deli-neata, dalla motivazione si evince che la sentenzadi secondo grado oggetto del giudizio di cassazio-ne ha ritenuto applicabili le sanzioni amministrati-ve irrogate con avviso di accertamento in materiadi IRPEF, rigettando l’eccezione di disapplicazio-ne per obiettiva incertezza invocata dalla contri-buente ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992. Igiudici d’appello, difatti, hanno ritenuto insussi-stente nella fattispecie concreta l’invocata incer-tezza della legge attese le «precise indicazioni inordine all’indicazione delle plusvalenze, contenutenelle istruzioni ministeriali per la dichiarazionedei redditi per l’anno 1998».

Avverso la decisione d’appello, la contribuente haproposto ricorso davanti alla Corte di cassazione,invocando la violazione dell’art. 8 del D.Lgs. n.546/1992, per avere la Commissione tributaria re-gionale escluso la sussistenza di obiettive condi-zioni di incertezza normativa sulla base della pre-senza delle predette istruzioni ministeriali.Nell’accogliere il motivo di gravame, la SupremaCorte ha fondato la propria decisione richiamandoi precedenti resi in tema di obiettiva incertezza(2), da un lato, e quelli concernenti l’efficacia de-gli atti interpretativi dell’Amministrazione finan-

Le istruzioni per le dichiarazioninon escludono l’obiettiva incertezzadella legge tributaria

Va condivisa l’ordinanza n. 29401 del 2011, con cui la Corte di cassazione, richiamandosi al pro-prio consolidato orientamento circa l’assenza di efficacia normativa della cd. interpreta-zione ministeriale, contenuta in circolari o risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, hariconosciuto che le istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi nonescludono la ricorrenza dell’esimente dell’obiettiva incertezza della legge tributaria inordine alla disapplicazione delle sanzioni amministrative. La Suprema Corte mette in ri-lievo la natura «oggettiva» dell’esimente, che trova applicazione nelle ipotesi di incertezzanormativa, anche in caso di «disobbedienza» alle istruzioni del Fisco, che sono prive di effi-cacia normativa vincolante per il contribuente e per il giudice tributario, chiamato a disap-plicare le sanzioni sulla base delle obiettive condizioni di incertezza rappresentate dalla equivo-cità del significato o della portata della legge tributaria.

di Maurizio Logozzo

Maurizio Logozzo - Professore straordinario di diritto tributariopresso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano - Avvocato inMilano, Studio Legale e Tributario Logozzo

Note:(1) Per il testo dell’ordinanza cfr. pag. 815.(2) Viene richiamata la fondamentale sentenza 28 novembre 2007,n. 24670, che costituisce il «manifesto» dell’obiettiva incertezzadella legge tributaria. Si vedano in proposito i commenti di A.Colli Vignarelli, «La Suprema Corte interviene in tema di obietti-ve condizioni di incertezza normativa», in Rass. trib., 2008, pag.470; F. Batistoni Ferrara, «L’incertezza obiettiva quale causa dinon punibilità ed i poteri del Fisco», in Corr. Trib. n. 3/2008, pag.203; A. Giovannini, «Disapplicazione delle sanzioni e processo tri-butario», in Giur. it., 1997, IV, pag. 48.

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ziaria (3), dall’altro. Dallasintesi di tali percorsi giuri-sprudenziali, i giudici di le-gittimità hanno raggiunto ladecisione di specie, affer-mando che l’obiettiva incer-tezza normativa, che costitui-sce il presupposto per la di-sapplicazione delle sanzionida parte delle Commissionitributarie ai sensi dell’art. 8del D.Lgs. n. 546/1992, nonpuò essere esclusa dalla pre-senza di specifiche istruzioniministeriali relative alla di-chiarazione dei redditi, noncostituendo tali atti fonte didiritto, ma mere espressionidella cd. interpretazione mi-nisteriale, prive pertanto diqualsivoglia efficacia vinco-lante per il contribuente o peril giudice tributario. Conse-guentemente, la Corte ha cas-sato la sentenza impugnata edeciso nel merito, accoglien-do il ricorso limitatamente al-la disapplicazione delle san-zioni amministrative.

Natura degli atti interpretatividell’Amministrazione finanziariaCirca la natura degli atti interpretativi dell’Ammi-nistrazione finanziaria, l’ordinanza n. 29401 del2011 si inserisce nel solco già tracciato dalla dot-trina e dalla giurisprudenza di legittimità, che han-no prestato particolare attenzione a quella catego-ria di atti interpretativi emessi dalla stessa Ammi-nistrazione (circolari, risoluzioni, note, comunica-ti, istruzioni, ecc.) al fine di chiarirne la natura el’efficacia.In materia tributaria gli atti interpretativi dell’Am-ministrazione finanziaria, sia pur indirettamente,manifestano una rilevanza esterna che investe iprivati, giacché gli Uffici fiscali, sulla base di essi,emanano provvedimenti destinati ad incidere sullasfera patrimoniale del contribuente (4). Pur producendo de facto effetti significativi per ilcontribuente, che sovente vede basato il contrad-

dittorio con l’Amministra-zione non già sull’interpreta-zione della legge, quanto sulsignificato attribuito dallecircolari ad una determinatafattispecie giuridica, si so-stiene pacificamente in dot-trina che gli atti interpretativihanno efficacia circoscrittaall’interno della sfera opera-tiva dell’Amministrazione erispondono all’esigenza dicoordinare, indirizzare e uni-formare l’azione impositivadegli Uffici periferici (5). La posizione è condivisa dal-la giurisprudenza, che ha af-frontato a più riprese il temadell’efficacia delle circolariamministrative, stabilendoche tali atti costituiscono me-

Note:(3) Il riferimento è a Cass., Sez. trib.,6 agosto 2008, n. 21154, in Banca DatiBIG Suite, IPSOA, in cui la SupremaCorte ha ritenuto priva di efficacianormativa la risoluzione del Ministe-ro delle finanze 11 agosto 1977, n.9/995, ivi, che, per il settore editoria-le, con riferimento alla valutazionedelle rimanenze finali ex art. 59 del

D.P.R. n. 917/1986, prevedeva l’obbligo di presentare, in allegatoalla dichiarazione dei redditi, l’elenco delle nuove pubblicazioni alfine di poter usufruire di una valutazione agevolata.(4) La rilevanza esterna delle circolari interpretative è ricono-sciuta e valorizzata dallo Statuto dei diritti del contribuente, che,da una parte, prevede che l’Amministrazione, in adempimento deldovere di informazione, «deve portare a conoscenza dei contri-buenti, tempestivamente e con mezzi idonei tutte le circolari e lerisoluzioni da essa emanate» (art. 5 dello Statuto), e, dall’altra, tu-tela l’affidamento riposto dal contribuente nell’interpretazioneerronea di fonte pubblica, escludendo sanzioni ed interessi mora-tori (art. 10, comma 2, dello Statuto).(5) Sul tema delle circolari tributarie, cfr. G. Falsitta, «Rilevanzadelle circolari interpretative e tutela del contribuente», in Rass.trib., 1998, I, pag. 1 ss.; A. Di Pietro, «I regolamenti, le circolari e lealtre norme amministrative per l’applicazione della legge tributa-ria», in Trattato di diritto tributario, diretto da A. Amatucci, Padova,1994, I, 2, pag. 619 ss.; S. Sammartino, «Le circolari interpretativedelle norme tributarie emesse dall’amministrazione finanziaria»,in Studi in onore di Victor Uckmar, Padova, 1997, II, pag. 1077 ss.; E.De Mita, «La tutela del contribuente contro la dottrina del Fi-sco», in Interesse fiscale e tutela del contribuente, Milano, 2000, pag.259 ss.

Efficacia degli atti interpretativi– Gli atti interpretatividell’Amministrazione finanziaria hannouna indiretta rilevanza esterna cheinveste i privati, giacché gli Ufficifiscali, sulla base di essi, emananoprovvedimenti che incidono sullasfera patrimoniale del contribuente.Tali atti producono di fatto effettisignificativi per il contribuente, chesovente vede basato il contraddittoriocon l’Amministrazione non giàsull’interpretazione della legge, quantosul significato attribuito dalle circolariad una determinata fattispeciegiuridica.– Ciononostante gli atti interpretativihanno efficacia circoscrittaall’interno della sfera operativadell’Amministrazione e rispondonoall’esigenza di coordinare, indirizzaree uniformare l’azione impositivadegli Uffici periferici. Anche lagiurisprudenza ha stabilito che tali attisono mera espressione di un parereinterpretativo non vincolante neiconfronti del contribuente, del giudicetributario e degli stessi Uffici fiscali.

IL PROBLEMA E LA SOLUZIONE

Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

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Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

ra espressione di un parereinterpretativo non vincolante,non solo nei confronti delcontribuente e del giudice tri-butario, ma anche nei con-fronti degli stessi Uffici fi-scali (6). Si afferma, difatti,che le circolari non vincolanogli Uffici gerarchicamentesubordinati, ai quali è datafacoltà di disattendere il con-tenuto delle superiori diretti-ve senza che tale comporta-mento possa essere invocatoquale causa di nullità o viziodell’atto impositivo per dif-formità rispetto alla circolareesplicativa.Ciò in quanto, attesi il princi-pio di legalità dell’imposizio-ne tributaria, il rapporto diparità tra contribuente e Am-ministrazione finanziaria,nonché l’assenza di poteri di-screzionali in capo a quest’ultima circa la determi-nazione delle imposte dovute, la cd. interpretazio-ne ministeriale contenuta negli atti di prassi, pro-manando da un organo non imparziale, non costi-tuisce fonte normativa (7) e non è pertanto idoneaa far sorgere posizioni giuridiche di diritto e di ob-bligo in capo ai contribuenti.Nell’ordinanza n. 29401 del 2011, tale conclusioneviene estesa con riguardo alle istruzioni per la di-chiarazione dei redditi (8), le quali, secondo la Su-prema Corte, sono da considerare alla stregua dicircolari e risoluzioni, come fonti lato sensu inter-pretative, prive di qualsivoglia efficacia normati-va. La soluzione adottata appare del tutto condivisibi-le. Difatti, ancorché le istruzioni possano essereastrattamente munite di efficacia esterna (a diffe-renza di circolari e risoluzioni, le istruzioni sonochiaramente rivolte ai contribuenti, prima che agliUffici dell’Amministrazione) (9), esse costituisco-no dei meri «suggerimenti» al contribuente, che sisostanziano in interpretazioni prive di efficaciavincolante e che, pertanto, non possono far sorgerediritti e obblighi, in difetto dell’imprescindibilefondamento normativo (10).

Né può dirsi che le istruzio-

Note:(6) Sul punto, si sono espresse le Se-zioni Unite della Corte di cassazione,che hanno sottolineato come le cir-colari non vincolino addirittura lastessa autorità emanante, che resta li-bera di «modificare, correggere e an-che completamente disattendere l’in-terpretazione adottata». Stante la na-tura di parere non vincolante - con-clude la Corte - la circolare non è at-to impugnabile né davanti al giudiceamministrativo, non essendo un attogenerale di imposizione, né dinanzi al-la giustizia tributaria, non essendo unatto di esercizio della potestà imposi-tiva. Cfr. Cass., SS.UU., 2 novembre2007, n. 23031, in GT - Riv. giur. trib. n.4/2008, pag. 303, con commento di F.Cerioni, e con i commenti di M.V.Serranò, «L’affievolita funzione diret-tiva delle circolari alla luce della sen-tenza delle Sezioni Unite della Cassa-zione n. 23031 del 2 novembre2007», in Riv. dir. trib., 2008, I, pag. 15;M. Di Siena, «La valenza delle circolari

interpretative dell’amministrazione finanziaria e la prospettiva ditutela del contribuente», in Rass. trib., 2007, pag. 1846.(7) Sulla base di tale assunto, è escluso che a detti atti interpreta-tivi si estenda il controllo di legittimità esercitato dalla Corte dicassazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto essinon sono manifestazione di attività normativa, bensì atti internidestinati ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degliUffici dipendenti, ma inidonei ad incidere sul rapporto tributario.Sul punto, ex multis, cfr. Cass., Sez. trib., Ord. 15 marzo 2011, n.6056, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, e con nota di E. Di Giacomo,«Circolari pro-contribuente solo per le sanzioni», in Dir. giust.,2011, 0, pag. 99 ss.; Id., Ord. 5 gennaio 2010, n. 35, in Dialoghi Tri-butari n. 2/2010, pag. 143, con commenti di M. Franchi e RL; Id., 6agosto 2008, n. 21154, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., 25 no-vembre 2005, n. 24978, ivi; Id., 14 luglio 2003, n. 11011; Id., Sez.lav., 10 aprile 2006, n. 8296.(8) Le istruzioni per le dichiarazioni dei redditi, prima emanatecon provvedimento ministeriale, sono oggi approvate con attodel Direttore dell’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 1 delD.P.R. n. 322/1998, contestualmente ai modelli per le dichiarazio-ni cui vengono accompagnate.(9) Sul confronto tra atti di indirizzo «interni» ed «esterni», cfr.M.V. Serranò, L’attività di indirizzo in diritto tributario, Messina, 2001,pag. 43 ss.(10) Diverso è il caso degli atti dell’Amministrazione finanziariadotati di efficacia vincolante nei confronti del contribuente, quali,tra gli altri, gli atti di revisione degli estimi catastali o i decreticon cui vengono stabiliti i coefficienti di ammortamento in rela-zione al reddito d’impresa. Si tratta in tali ipotesi di atti ad effetti-vo carattere normativo, che specificano e completano le leggi diriferimento.

Istruzioni per le dichiarazioni La Corte di cassazione, conl’ordinanza n. 29401 del 2011, haesteso alle istruzioni per ledichiarazioni dei redditi le conclusionisulla irrilevanza degli attiinterpretativi per l’esclusione delleobiettive condizioni di incertezzanormativa, quale causa di nonpunibilità. La soluzione adottata apparedel tutto condivisibile. Difatti, ancorchéle istruzioni possano essereastrattamente munite di efficaciaesterna (a differenza di circolari erisoluzioni, le istruzioni sonochiaramente rivolte ai contribuenti,prima che agli Ufficidell’Amministrazione), le stessecostituiscono dei meri «suggerimenti»al contribuente, che si sostanziano ininterpretazioni prive di efficaciavincolante.

LA GIURISPRUDENZA

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ni, in quanto accedono ai mo-delli delle dichiarazioni tribu-tarie approvati con appositoprovvedimento del Direttoredell’Agenzia delle entrate,avente fonte normativa se-condaria, abbiano di riflessoo «per derivazione» la mede-sima natura di atti normativi.Ciò è desumibile con chiarez-za dal D.P.R. n. 322/1998,che, nel legittimare la fontenormativa secondaria, fa rife-rimento esclusivo ai modellidelle dichiarazioni, ignoran-do completamente il temadelle istruzioni per la lorocompilazione.Deve pertanto concludersi che anche le istruzioniper la compilazione delle dichiarazioni dei redditi,quali meri contenitori di interpretazioni ammini-strative, sono prive di cogenza normativa.

Istruzioni ministerialie obiettiva incertezza della legge tributariaAlla luce di quanto affermato, l’esistenza di istru-zioni ministeriali circa la compilazione delle di-chiarazioni tributarie in ordine ad una determinatafattispecie impositiva non ha alcun impatto sul tes-suto normativo di riferimento, che non viene in al-cun modo inciso dall’interpretazione amministrati-va, operando quest’ultima su un piano del tuttodifferente.Ciò significa che un’istruzione amministrativacontra legem e contra Fiscum, quale l’invito aconsiderare non imponibile un reddito che lo è se-condo le disposizioni normative, non modifical’assetto impositivo, rimanendo il contribuentesoggetto ad imposizione ai sensi di legge; allostesso modo, specularmente, un’interpretazionecontra legem, ma pro Fisco non rende tassabileciò che la legge non assoggetta ad imposizione. Anche se sotto il profilo sanzionatorio l’esistenzadi atti generali di interpretazione amministrativapuò ingenerare nel contribuente un legittimo gradodi affidamento, tale da impedire, per ragioni di na-tura soggettiva, l’irrogazione delle sanzioni ai sen-si dell’art. 10, comma 2, della legge n. 212/2000(11), con riguardo al profilo strettamente impositi-

vo, l’interpretazione ammini-strativa risulta per così dire«neutra» e «trasparente»,non producendo alcun effettoulteriore rispetto alla legge,che sola determina il presup-posto impositivo.L’inefficacia normativa dellacd. interpretazione ministe-riale in relazione alla condi-zione di obiettiva incertezzadella legge tributaria vieneaffermata per la prima voltadalla Cassazione, che, conl’ordinanza n. 29401 del2011, ha stabilito che, ai finidella valutazione dell’incer-tezza normativa, non rileva

l’esistenza di istruzioni amministrative precise. Difatti, come la prassi non può modificare, a favo-re o contro il contribuente, la normativa che disci-plina la struttura dell’imposta (presupposto, sog-getti passivi, base imponibile, aliquote, ecc.), cosìla stessa non può scalfire né eliminare quello statoobiettivo di incertezza normativa che fonda la nonpunibilità del contribuente ai sensi dell’art. 8 delD.Lgs. n. 546/1992 (12).Dal punto di vista pratico, la soluzione adottatadetermina la non punibilità del contribuente cheabbia, anche non in buona fede, «disobbedito» alleistruzioni impartite dall’Amministrazione finan-ziaria. Dal punto di vista teorico e normativo, essarisulta ineccepibile e rispettosa dell’istituto del-

Note:(11) L’art. 10, comma 2, della legge n. 212/2000 esclude l’irroga-zione di sanzioni e il pagamento degli interessi moratori a caricodel contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute inatti dell’Amministrazione finanziaria. Sulla tutela del legittimo affi-damento, cfr. M. Logozzo, L’ignoranza della legge tributaria, Milano,2002, pag. 219 ss.; in relazione alla fondamentale Cass., 10 dicem-bre 2002, n. 17576, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA, si veda il com-mento di A. Turchi, «La tutela dell’affidamento del contribuente afronte dei mutamenti interpretativi della finanza», in Riv. dir. trib.,2003, pag. 769.(12) La scusante dell’obiettiva incertezza della norma tributariacostituisce principio generale dell’ordinamento tributario previ-sto, oltre che dall’art. 10, comma 3, dello Statuto dei diritti delcontribuente, dalle norme di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 472/1997in materia di sanzioni amministrative, all’art. 15 del D.Lgs. n.74/2000 sulle sanzioni penali e al citato art. 8 del D.Lgs. n.546/1992 nell’ambito del processo tributario.

Profili impositivi e sanzionatori Anche se sotto il profilo sanzionatoriol’esistenza di atti generali diinterpretazione amministrativa puòingenerare nel contribuente unlegittimo grado di affidamento, taleda impedire, per ragioni di naturasoggettiva, l’irrogazione dellesanzioni, con riguardo al profilostrettamente impositivo,l’interpretazione amministrativa risultaper così dire «neutra» e«trasparente», non producendo alcuneffetto ulteriore rispetto alla legge, chesola determina il presuppostoimpositivo.

SOLUZIONI OPERATIVE

Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

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Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

l’obiettiva incertezza della legge tributaria, di cuiviene colto il fondamento squisitamente oggettivo.

Natura oggettiva della scusantedell’incertezza normativa in materia tributariaSecondo la concorde interpretazione di dottrina(13) e giurisprudenza (14), difatti, la causa di nonpunibilità in parola si caratterizza per avere naturaoggettiva, in quanto prescinde dall’elemento sog-gettivo costituito dalla buona fede o da convinci-menti erronei del contribuente. Essa ricorre laddove si manifesti una condizionedi inevitabile incertezza sul contenuto, sull’ogget-to e sui destinatari della norma tributaria, ovverodi insicurezza ed equivocità del risultato consegui-to attraverso il procedimento di interpretazionenormativa.A differenza di altre scusanti, quali ad esempiol’errore incolpevole previsto dall’art. 6, comma 1,del D.Lgs. n. 472/1997, l’obiettiva incertezza nor-mativa rileva oggettivamente, se ed in quanto neviene riconosciuta l’effettiva sussistenza nella fat-tispecie concreta da parte del giudice tributario,unico destinatario del potere-dovere di disapplica-re le sanzioni amministrative per obiettiva incer-tezza della legge. L’incertezza normativa è assunta come elemento«obiettivo», il che significa che il dato normativonon è «oggettivamente» in grado di assolvere cor-rettamente la sua funzione, quella di indicare conprecisione e chiarezza il comportamento da tenerenel caso concreto. In altre parole, è la situazioneoggettiva di mancanza di chiarezza e sistematicitàdell’ordinamento tributario che, determinandol’inintelligibilità della norma, rende scusabile laviolazione: l’equivocità della previsione normati-va, dando adito ad interpretazioni diverse, tutte ra-gionevolmente percorribili, preclude l’individua-zione del «certo» significato della legge.Tali ineliminabili incertezze sul significato ogget-tivo di una determinata disposizione tributaria nonpossono ovviamente essere sanate dall’esistenza diistruzioni, sia pur precise, dell’Amministrazionefinanziaria, le quali, concretizzandosi in mere in-terpretazioni di parte, prive di vis normativa, nonpossono rendere certo un dato normativo incerto.Ne consegue che, come ha correttamente ricono-sciuto l’ordinanza n. 29401 del 2011, ai fini dellaricorrenza della causa di non punibilità in esame,

l’obiettiva incertezza della legge non è esclusadalla presenza di istruzioni ministeriali, in quantole prescrizioni ivi contenute, non costituendo fontenormativa ed essendo prive di efficacia vincolante,non rilevano nel giudizio avente ad oggetto la sus-sistenza dell’obiettiva incertezza della legge: ilgiudice tributario, chiamato a disapplicare le san-zioni, deve riservare il suo giudizio in ordine al-l’oggettiva incertezza della legge alle sole disposi-zioni aventi rango ed efficacia normativa.L’incertezza della legge tributaria, in altre parole,non è esclusa dalle indicazioni - sia pur precise -dell’Amministrazione finanziaria, le quali non so-no null’altro che interpretazioni di parte delle di-sposizioni di legge. L’inefficacia normativa degli atti interpretativi del-l’Amministrazione comporta che l’oggettiva incer-tezza da cui è viziata una norma tributaria nonpossa essere eliminata dalla cd. dottrina del Fisco.Incerta lex, sed lex.

Note:(13) Sull’esimente dell’obiettiva incertezza in dottrina, cfr. M. Lo-gozzo, «La non punibilità dell’illecito tributario per obiettiva in-certezza della legge», in Studi in onore di Mario Romano, Napoli,2011, pag. 2817 ss.; G. Russo, «La disapplicazione delle sanzioniper l’obiettiva incertezza della norma tributaria», in Statuto dei di-ritti del contribuente, a cura di A. Fantozzi e A. Fedele, Milano, 2005,pag. 560; M. Logozzo, «Dichiarazione di non applicabilità dellesanzioni», in Il processo tributario, a cura di F. Tesauro, Torino, 1998,pag. 151 ss.; G. Marongiu, «La nuova disciplina delle sanzioni am-ministrative tributarie», in Dir. prat. trib., 1997, I, pag. 264; L. DelFederico, Le sanzioni amministrative nel diritto tributario, Milano,1993, pag. 494; E. Della Valle, «L’esimente dell’obiettiva incertez-za», in La riforma delle sanzioni amministrative e tributarie, a cura diG. Tabet, Padova, 2000, pag. 115.(14) Ci si riferisce all’orientamento espresso da Cass., Sez. trib.,28 novembre 2007, n. 24670, cit., nota 2, confermato da Cass.,Sez. trib., 21 marzo 2008, n. 7765, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA,e Id., 25 giugno 2009, n. 14987, in cui la Suprema Corte ha sotto-lineato che il parametro per il riconoscimento di quell’incertezzanormativa oggettiva, che costituisce la causa di esclusione dellaresponsabilità amministrativa tributaria del contribuente, è costi-tuito dalla «ragionevolezza» dell’interpretazione erronea dellanorma seguita dal contribuente, la cui valutazione è affidataesclusivamente al giudice tributario. Sul punto, cfr. M. Logozzo,«La ragionevolezza dell’interpretazione erronea quale presuppo-sto dell’obiettiva incertezza della legge tributaria», in GT - Riv. giur.trib. n. 12/2009, pag. 1062 ss., commento a Cass., Sez. trib., 25 giu-gno 2009, n. 14987.

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L’ORDINANZA

Cassazione, Sez. trib., Ord. 28 dicembre 2011 (6dicembre 2011), n. 29401 - Pres. Merone - Rel.Iacobellis

Le istruzioni ministeriali per la dichiarazio-ne dei redditi non costituiscono elemento suf-ficiente ad escludere la ricorrenza della fatti-specie di obiettiva incertezza normativa,quale causa di non punibilità ai fini delle sanzioniamministrative.

Svolgimento del processoLa controversia promossa da D.M.C. contro l’Agenziadelle entrate è stata definita con la decisione, recante ilrigetto dell’appello proposto dalla contribuente controla sentenza della Commissione tributaria provinciale diLivorno n. 26/2/2004 del 2004 che aveva respinto il ri-corso della contribuente avverso l’avviso di accerta-mento n. ... IRPEF 1998. Per quanto rileva ai fini del-l’impugnativa, la Commissione tributaria regionale rite-neva applicabili le sanzioni ed escludeva la ricorrenzadella fattispecie di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992,attese le precise indicazioni in ordine all’indicazionedelle plusvalenze, contenute nelle istruzioni ministerialiper la dichiarazione dei redditi per l’anno 1998. Il ricor-so proposto si articola in tre motivi. Nessuna attività di-fensiva ha svolto l’intimata. Il relatore ha depositato re-lazione ex art. 380-bis c.p.c. Il Presidente ha fissatol’udienza del 6 dicembre 2011 per l’adunanza dellaCorte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso ade-rendo alla relazione.

Motivi della decisioneCon primo motivo la ricorrente assume la violazione efalsa applicazione dell’art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992, inrelazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., laddo-ve la Commissione tributaria regionale ha escluso lasussistenza di obiettive situazioni di incertezza sulla ba-se delle sole istruzioni ministeriali.La censura è fondata alla luce dei principi espressi daquesta Corte secondo cui, in tema di sanzioni ammini-strative per violazioni di norme tributarie, l’incertezzanormativa oggettiva, che costituisce causa di esenzionedel contribuente dalla responsabilità amministrativa tri-butaria, postula una condizione di inevitabile incertezzasul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della normatributaria, ovverosia l’insicurezza ed equivocità del ri-sultato conseguito attraverso il procedimento d’inter-pretazione normativa, riferibile al giudice, unico sog-getto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-doveredi accertare la ragionevolezza di una determinata inter-pretazione (Sez. V, sent. 28 novembre 2007, n. 24670)(1); tenendo altresì conto che l’Amministrazione finan-

ziaria non ha poteri discrezionali nella determinazionedelle imposte dovute e, di fronte alle norme tributarie,detta Amministrazione ed il contribuente si trovano suun piano di parità, per cui la cd. interprelazione mini-steriale, sia essa contenuta in circolari o in risoluzioni,non vincola né i contribuenti né i giudici, né costituiscefonte di diritto (Sez. V, sent. 6 agosto 2008, n. 21154)(2). Di talché deve affermarsi che le istruzioni ministe-riali per la dichiarazione dei redditi non costituiscanoelemento sufficiente ad escludere la ricorrenza dellafattispecie di cui all’art. 8, cit. Quanto sopra ha effettoassorbente sugli ulteriori motivi di ricorso. La sentenzaimpugnata va pertanto cassata in relazione al motivoaccolto; non essendo necessari ulteriori accertamentinel merito, va accolto il ricorso proposto dalla contri-buente avverso l’avviso di accertamento n. ... IRPEF1998 limitatamente alla irrogazione di sanzioni.Le circostanze che caratterizzano la vicenda giustifica-no la compensazione delle spese del giudizio di meritoe di quelle del giudizio di cassazione.

P.Q.M.La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbitigli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione almotivo accolto, e decidendo nel merito accoglie il ri-corso proposto dalla contribuente avverso l’avviso diaccertamento n. ... IRPEF 1998 limitatamente alla irro-gazione di sanzioni, compensando tra le parti le spesedel giudizio.

Note:(1) In Corr. Trib. n. 3/2008, pag. 203, con commento di F. BatistoniFerrara e in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

Cass., Ord. 28 dicembre 2011, n. 29401

Sanzioni

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Catasto

I fabbricati rurali, con riferimento alle disposizionidettate dall’art. 6 del R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652(1), erano in origine estranei alla disciplina delnuovo Catasto edilizio urbano.Con il D.M. 2 gennaio 1998, n. 28 (2), sono stateuniformate le modalità di dichiarazione delle co-struzioni rurali a quelle già previste per gli immo-bili urbani dal regolamento di formazione del Ca-tasto edilizio urbano (3) e dalle successive disposi-zioni di prassi.Attualmente, in tema di requisiti per il riconosci-mento del carattere di ruralità degli edifici ai finifiscali, le disposizioni principali sono costituitedal D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (4) e, per alcuniaspetti, dal T.U.I.R., tenendo in debito conto gliinterventi del legislatore successivi alla loro ema-nazione.Sull’argomento appaiono rilevanti, inoltre, le di-sposizioni di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139(5), che rimanda al D.M. n. 28/1998, disciplinanteanche le modalità di censimento delle costruzionirurali e di quelle per le quali sono venuti meno irequisiti per il riconoscimento del carattere di ru-ralità.Più di recente, è intervenuto l’art. 2, comma 36,del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (6), che ha intro-dotto ulteriori condizioni in merito ai requisiti daverificare in capo agli imprenditori agricoli.Come accennato, nel merito della questione, assu-me particolare rilevanza il D.L. n. 557/1993. Inparticolare, l’art. 9 del medesimo decreto ha inciso

in maniera determinante sulla prassi catastale pre-gressa, disciplinando fra l’altro le modalità di cen-simento negli atti del Catasto edilizio urbano ditutte le costruzioni rurali, in precedenza iscritte alCatasto terreni. Per espressa previsione normativa,per i fabbricati oggetto di censimento nel nuovoarchivio generale, risulta riconosciuto il carattererurale, purché siano riscontrate le condizioni pun-tualmente elencate nell’art. 9. Tale norma operauna distinzione tra gli immobili destinati ad edili-zia abitativa e le costruzioni strumentali necessarieallo svolgimento dell’attività agricola. Con riferi-mento ai primi, le condizioni da soddisfare riguar-dano sia le caratteristiche oggettive riferite al-l’azienda agraria, sia quelle soggettive riferite al-l’imprenditore agricolo, e sono elencate al comma3 (7); per le costruzioni strumentali allo svolgi-mento dell’attività agricola, invece, i requisiti da

Il censimento catastale dei fabbricati rurali

Al fine di facilitare gli adempimenti a carico dei soggetti interessati dall’inventariazione delle co-struzioni rurali, relativamente alla presentazione delle domande di variazione catastale, chepossono essere consegnate fino alla scadenza del 30 giugno 2012, l’Agenzia del territorioha reso noto che, per la relativa presentazione, in attesa dell’emanazione del nuovo decreto mi-nisteriale attuativo, possono essere utilizzati i modelli già approvati. Le modalità per l’inseri-mento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il clas-samento originario degli immobili rurali ad uso abitativo, verranno stabilite con il medesimo de-creto ministeriale.

di Franco Maggio

Franco Maggio - Agenzia del territorio, Direttore centrale catasto ecartografia

Note:(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n.1249.(2) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(3) Approvato con D.P.R. 1° dicembre 1949, n. 1142.(4) Convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.133.(5) Regolamento recante norme in materia di revisione dei crite-ri di accatastamento dei fabbricati rurali.(6) Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006,n. 286.(7) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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Catasto

soddisfare sono riportati alcomma 3-bis (8) del medesi-mo articolo.Appare evidente che i fabbri-cati rurali, fino al 1998 censi-ti solo al Catasto terreni, sen-za attribuzione di rendita, de-vono da allora essere iscrittial Catasto edilizio urbano,utilizzando le modalità di di-chiarazione previste per leunità immobiliari urbane; neconsegue che il trattamentodegli stessi, necessariamente,è regolamentato dall’art. 1del D.M. 19 aprile 1994, n.701, in base al quale è stataattivata la procedura DOCFA, per le dichiarazionidi nuova costruzione e di variazione. Per detti fab-bricati deve essere verificata in modo ordinario lacapacità reddituale ed agli stessi è attribuita la ca-tegoria catastale più appropriata, sulla base dellecaratteristiche intrinseche ed estrinseche che liqualificano. A riprova di ciò, si rileva, ad esempio,che il comma 3, lett. e), dell’art. 9 in esame, stabi-lisce che «i fabbricati ad uso abitativo, che hannole caratteristiche delle unità immobiliari urbaneappartenenti alle categorie A/1 [abitazioni di tiposignorile] ed A/8 [abitazioni in ville], ovvero lecaratteristiche di lusso previste dal decreto del Mi-nistro dei lavori pubblici 2 agosto 1969 ..., nonpossono comunque essere riconosciuti rurali», percui risulta immediatamente deducibile che le altretipologie immobiliari a carattere abitativo possonoessere riconosciute rurali, ad esclusione di quelleaventi caratteristiche di lusso.Si osserva che le costruzioni strumentali necessa-rie allo svolgimento dell’attività agricola, comun-que diverse dalle abitazioni, per le quali, ai sensidel comma 3-bis dell’art. 9, «deve riconoscersi ca-rattere di ruralità», quando ne ricorrono le condi-zioni, risultano censibili nella categoria D/10, in-trodotta con D.P.R. n. 139/1998, che, all’art. 1,comma 5, recita: «le costruzioni strumentali al-l’esercizio dell’attività agricola diverse dalle abi-tazioni, comprese quelle destinate ad attività agri-turistiche, vengono censite nella categoria speciale“D/10 - fabbricati per funzioni produttive connes-se alle attività agricole”, nel caso in cui le caratte-

ristiche di destinazione e ti-pologiche siano tali da nonconsentire, senza radicali tra-sformazioni, una destinazio-ne diversa da quella per laquale furono originariamentecostruite».L’attribuzione della categoriaD/10 risulta quindi possibileanche per gli immobili adibitiad agriturismo, con l’esclu-sione delle eventuali porzionidestinate ad abitazione, cheandranno censite autonoma-mente in una delle categoriedel gruppo A, ai sensi delcomma 3-ter dell’art. 9.

Appare ovvio che, nel caso in cui, per gli immobilicensiti in categoria D/10, si verifichi la perdita deisuddetti requisiti, vige l’obbligo di dichiarazionedi variazione al competente Ufficio provincialedell’Agenzia del territorio, con la conseguente at-tribuzione di una diversa categoria catastale.

Gli ulteriori interventi della leggeIl D.L. 1° ottobre 2007, n. 159 (9), nel razionaliz-zare la disciplina vigente sulla tematica in oggetto,con l’art. 42-bis (Fabbricati rurali) ha «riscritto» icommi 3 e 3-bis dell’art. 9 del D.L. n. 557/1993.Quest’ultima disposizione è stata poi integrata dal-l’art. 1, comma 275, della legge 24 dicembre2007, n. 244.Relativamente agli immobili ad uso abitativo, i ri-flessi sulle modalità di accertamento della ruralitàsono di modesta influenza, essendo l’innovazionenormativa limitata a modificare il concetto di«possesso» con quello di «utilizzazione».Dal punto di vista dell’attribuzione della categoriacatastale, in questa fase di completamento dell’in-ventario catastale (10), è evidente che possono es-sere oggetto di dichiarazione unità immobiliari chepresentano le caratteristiche tipologiche della cate-

Dichiarazione con procedura DOCFAe pagamento dell’IMULa presentazione della dichiarazionecatastale con procedura DOCFAconsente di assegnare ai fabbricatirurali, iscritti al solo Catasto terreni, larendita catastale, che costituisce labase imponibile per l’IMU, e di potereffettuare a conguaglio il pagamentodell’imposta per il 2012. In tal caso,infatti, non essendo attribuita unarendita catastale, l’IMU è corrisposta atitolo di acconto e salvo conguaglio,sulla base della rendita delle unitàsimilari già iscritte in Catasto.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(8) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(9) Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,n. 222.(10) Nella quale si sta provvedendo, in adempimento a quanto di-sposto dall’art. 2, comma 36, del D.L. n. 262/2006, al censimentodi costruzioni anche, talvolta, di remota data di costruzione.

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Catasto

goria A/4, ovvero, eccezio-nalmente, delle categorie A/5ed A/6.Infatti, qualora le stesse nonsiano state oggetto in alcunmodo di trasformazioni chene abbiano modificato i ca-ratteri originari, risulta ipo-tizzabile il censimento in talicategorie, al pari di altre uni-tà immobiliari similari (diimpianto, ovvero oggetto dinuova dichiarazione) presentinella zona.Con gli interventi richiamati,relativamente alle costruzionidiverse dalle abitazioni, l’ori-ginaria formulazione delcomma 3-bis è stata modificata con la seguente:«Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di rura-lità alle costruzioni strumentali necessarie allosvolgimento dell’attività agricola di cui all’artico-lo 2135 del codice civile». Inoltre, sono stateesplicitamente introdotte altre tipologie di destina-zione di immobili riconoscibili rurali e precisa-mente quelli utilizzati:– dalle persone addette all’attività di alpeggio inzona di montagna;– per uso di ufficio dell’azienda agricola;– per la manipolazione, trasformazione, conserva-zione, valorizzazione o commercializzazione deiprodotti agricoli, anche se effettuate da cooperati-ve e loro consorzi di cui all’art. 1, comma 2, delD.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228;– per l’esercizio dell’attività agricola in masochiuso.

Le modifiche normative introdottedall’art. 7 del D.L. n. 70/2011Con l’art. 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, delD.L. 13 maggio 2011, n. 70 (11), venivano dettatenuove disposizioni in tema di classamento dei fab-bricati per i quali sussistono i requisiti di ruralità,di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993.In particolare, il comma 2-bis dell’art. 7 prevedevache «Ai fini del riconoscimento della ruralità degliimmobili ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modifi-cazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e

successive modificazioni, isoggetti interessati possonopresentare all’Agenzia delterritorio una domanda di va-riazione della categoria cata-stale per l’attribuzione al-l’immobile della categoriaA/6 per gli immobili ruraliad uso abitativo o della cate-goria D/10 per gli immobilirurali ad uso strumentale».La norma recepiva, sostan-zialmente, l’orientamentodella Corte di cassazione se-condo cui i benefici fiscaliconnessi alla ruralità degliimmobili erano subordinatiall’attribuzione delle catego-

rie catastali A/6 e D/10 ai fabbricati, rispettiva-mente, ad uso abitativo, ovvero strumentali all’at-tività agricola.Con D.M. 14 settembre 2011, venivano stabilite lemodalità applicative e la documentazione necessa-ria per la presentazione della certificazione per ilriconoscimento della ruralità dei fabbricati, secon-do quanto previsto dalle disposizioni di cui all’art.7, commi 2-bis ss., del D.L. n. 70/2011.Nello specifico, tale decreto stabiliva i contenutidella domanda di variazione e delle autocertifica-zioni alla stessa allegate, al fine dell’attribuzionedelle menzionate categorie catastali A/6 e D/10agli immobili già censiti al Catasto edilizio urba-no, nonché a quelli oggetto di dichiarazione aisensi dell’art. 1, comma 1, del D.M. 19 aprile1994, n. 701.Per quanto riguarda, in particolare, gli immobiligià censiti in Catasto, al fine del riconoscimentodei requisiti di ruralità, gli interessati dovevanopresentare, entro il 30 settembre 2011, le domandedi variazione, corredate da una autocertificazioneattestante il possesso dei suddetti requisiti, conmodalità stabilite nel comunicato che è stato pub-blicato sul sito internet dell’Agenzia del territorioin data 21 settembre 2011. Considerato che le disposizioni sopra richiamate

Domande di variazionedella categoria catastaleLe domande di variazione dellacategoria catastale, il cui termineoriginario di presentazione è scaduto il30 settembre 2011, continuano adessere inoltrate al competente Ufficioprovinciale dell’Agenzia delterritorio, unitamenteall’autocertificazione e alla eventualedocumentazione integrativa, eproducono gli effetti previsti inrelazione al riconoscimento delrequisito di ruralità, fermo restando ilclassamento originario degli immobiliad uso abitativo.

SOLUZIONI OPERATIVE

Nota:(11) Convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n.106, in Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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Catasto

hanno sensibilmente innovatoil previgente quadro di riferi-mento, ridefinendo le modali-tà di censimento dei fabbrica-ti per i quali sussistono i re-quisiti di ruralità, con la cir-colare 22 settembre 2011, n.6/T (12) dell’Agenzia del ter-ritorio venivano fornite leprime indicazioni relativeagli adempimenti previstidalla nuova normativa al finedella presentazione delle do-mande di ruralità, per i fabbricati di cui trattasi.

Le modifiche normative introdottedall’art. 13 del D.L. n. 201/2011L’art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (13), haprevisto l’anticipazione sperimentale dell’impostamunicipale propria (IMU), a decorrere dal 2012.Lo stesso articolo ha stabilito l’assoggettamentoalla nuova imposta IMU sia delle abitazioni rurali,di cui all’art. 9, comma 3, sia dei fabbricati ruraliad uso strumentale, di cui all’art. 9, comma 3-bis,del D.L. n. 557/1993.A tal fine, sono stati abrogati il comma 1-bis del-l’art. 23 del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (14),ed i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’art. 7 delD.L. n. 70/2011.Il comma 14-bis dell’art. 13 del D.L. n. 201/2011sopraindicato, ha comunque stabilito la validitàdelle domande di variazione presentate ai sensidella previgente normativa. Il termine, originaria-mente previsto al 30 settembre 2011, è stato proro-gato prima al 31 marzo 2012 (15) e poi al 30 giu-gno (16). L’art. 13, comma 14-bis, ha altresì ap-portato una modifica sostanziale, stabilendo che ledomande presentate «producono gli effetti previstiin relazione al riconoscimento del requisito di ru-ralità, fermo restando il classamento originario de-gli immobili rurali ad uso abitativo».Le modalità per l’inserimento negli atti catastalidella sussistenza del requisito di ruralità sono sta-bilite con decreto del Ministro dell’economia edelle finanze.Alle abitazioni in possesso del requisito di ruralitàè pertanto mantenuta la pertinente categoria delgruppo A, che viene attribuita sulla base dei critericomparativi previsti dall’art. 61 del regolamento

per la formazione del nuovoCatasto edilizio urbano (17).Lo stesso art. 13 del D.L. n.201/2011 prevede, al comma14-ter, che i fabbricati ruraliiscritti al Catasto terreni, conesclusione di quelli che noncostituiscono oggetto di in-ventariazione ai sensi del-l’art. 3, comma 3 (18), delD.M. 2 gennaio 1998, n. 28,devono essere dichiarati alCatasto edilizio urbano entro

il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dalD.M. n. 701/1994, e quindi con procedura DOCFA.Si tratta dei fabbricati che non sono stati interessa-ti da variazioni oggettive, quali ristrutturazioni edampliamenti, in quanto, in tal caso, avrebbero giàdovuto essere dichiarati al Catasto edilizio urbano.La presentazione della dichiarazione catastale conprocedura DOCFA consente di assegnare a talifabbricati la rendita catastale, che costituisce labase imponibile per l’imposta municipale propria(IMU) e, quindi, di poter effettuare a conguaglio ilpagamento dell’imposta per l’anno 2012.L’art. 14-quater, infatti, stabilisce che, nel caso difabbricati iscritti solo al Catasto terreni, non es-sendo attribuita una rendita catastale, l’impostamunicipale propria è corrisposta a titolo di accontoe salvo conguaglio, sulla base della rendita delleunità similari già iscritte in Catasto.Qualora il soggetto interessato non provveda entroil termine del 30 novembre 2012, si applicano ledisposizioni di cui all’art. 1, comma 336, dellalegge 30 dicembre 2004, n. 311, che comporta, daparte del Comune, l’invio della richiesta al sogget-to inadempiente di provvedere all’accatastamento.Se lo stesso non ottempera, interviene in surroga

Istanze di riconoscimentodei requisiti di ruralità non conformiEventuali istanze di riconoscimento deirequisiti di ruralità, pervenuteanteriormente all’emanazione delD.M. 14 settembre 2011, ovveroredatte su modelli non conformi oprive della previstaautocertificazione, non verrannoprese in considerazione ai fini dellasussistenza dei requisiti di ruralità.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(12) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(13) Convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011,n. 214.(14) Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009,n. 14.(15) Dal D.L. 29 dicembre 2011, n. 216 (cd. decreto «Milleproro-ghe»).(16) Dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, di conversione del decreto«Milleproroghe».(17) Approvato con D.P.R. n. 1142/1949.(18) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.

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Catasto

l’Ufficio provinciale del-l’Agenzia del territorio, conil pagamento di oneri e san-zioni.Per i fabbricati in condizionidi dissesto statico, individuatial solo Catasto terreni conqualità di «Fabbricato rurale»o mai dichiarati in Catasto,per i quali non si verifical’obbligo di accatastamentoin quanto non produttivi direddito, sussiste sempre la fa-coltà della parte di provvede-re alla dichiarazione al Cata-sto edilizio urbano nella categoria fittizia «F/2 -unità collabente», senza attribuzione di rendita ca-tastale.

La presentazione delle domande di variazionee delle relative autocertificazioniLe domande di variazione della categoria catasta-le, il cui termine originario di presentazione è sca-duto il 30 settembre 2011, continuano ad essereinoltrate al competente Ufficio provinciale del-l’Agenzia del territorio, unitamente all’autocertifi-cazione e alla eventuale documentazione integrati-va, e producono gli effetti previsti in relazione alriconoscimento del requisito di ruralità, fermo re-stando il classamento originario degli immobili aduso abitativo.Le modalità di presentazione, come previsto dal-l’art. 2, comma 1, del decreto ministeriale, sonostate stabilite con il comunicato dell’Agenzia delterritorio 21 settembre 2011.È opportuno evidenziare che le domande di varia-zione per il riconoscimento delle menzionate cate-gorie possono essere presentate soltanto per le unitàimmobiliari già iscritte al Catasto edilizio urbano.La predetta documentazione comprende la doman-da di variazione per l’attribuzione della categoriacatastale e l’autocertificazione necessaria ai finidel riconoscimento della ruralità, documenti redat-ti in conformità ai modelli allegati al citato decreto14 settembre 2011.Tali atti, come detto, devono essere presentatiall’Ufficio provinciale dell’Agenzia del territorioentro la data del 31 marzo 2011.La domanda di variazione può essere inoltrata

secondo le seguenti modali-tà:– mediante consegna direttaall’Ufficio;– tramite servizio postale,con raccomandata con avvisodi ricevimento;– tramite fax (19);– mediante posta elettronicacertificata.Gli indirizzi degli Uffici eogni altro riferimento o indi-cazione, utili alla presenta-zione della domanda di va-riazione, sono consultabili

sul sito internet: www.agenziaterritorio.gov.it, nel-la sezione dedicata agli «Uffici territoriali».La predetta domanda può essere presentata diretta-mente dal titolare dei diritti reali sui fabbricati ru-rali o tramite i soggetti incaricati, individuati fra iprofessionisti abilitati alla redazione degli atti diaggiornamento di Catasto terreni ed edilizio urba-no, ovvero tramite le associazioni di categoria de-gli agricoltori.La domanda di variazione è prodotta in dupliceoriginale presso l’Ufficio competente; in tal casoun originale viene restituito come ricevuta al me-desimo soggetto che lo ha presentato. Se la do-manda è spedita tramite raccomandata con avvisodi ricevimento, mediante fax, ovvero per postaelettronica certificata, fanno fede, ai fini della av-venuta presentazione, rispettivamente, la data dispedizione, la data del rapporto di trasmissione delfax ovvero quella relativa all’attestato di trasmis-sione elettronica.L’Agenzia del territorio rende, inoltre, disponibilesul proprio si to internet (www.agenziaterritorio.gov.it) una specifica applicazione, con laquale è possibile compilare la domanda con moda-lità informatiche. L’applicazione consente, altresì,la stampa della domanda, con l’attribuzione di unospecifico codice identificativo, a conferma dell’av-venuta acquisizione a sistema informatico dei daticontenuti nella domanda di variazione.Non potranno essere oggetto di esame, da parte

AutocertificazioniSe il fabbricato è entrato nelpossesso del dichiarante da meno di5 anni, il modello di autocertificazioneprevede la possibilità di integrare ladocumentazione con un’ulterioreautocertificazione, resa daiprecedenti titolari dei diritti reali odai loro eredi, con cui può esseredichiarata la sussistenza dei requisitidi ruralità anche per il periodoanteriore, necessario a completare ilquinquennio previsto.

SOLUZIONI OPERATIVE

Nota:(19) Ai sensi dell’art. 38, comma 1, del D.P.R. 28 dicembre 2000, n.445.

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Catasto

dell’Ufficio, le domande di variazione e le relativeautocertificazioni, presentate su modelli non con-formi a quelli allegati al decreto ministeriale, cosìcome le domande di variazione prive delle previ-ste autocertificazioni.Nella autocertificazione, il richiedente dichiara, tral’altro, che l’immobile possiede, in via continuati-va, a decorrere dal quinto anno antecedente a quel-lo di presentazione della domanda, i requisiti diruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993.L’autocertificazione deve essere sottoscritta dal ri-chiedente, con le modalità previste dall’art. 38,comma 3, del D.P.R. n. 445/2000 (20).Si evidenzia, peraltro, che eventuali istanze di ri-conoscimento dei requisiti di ruralità, pervenuteanteriormente all’emanazione del decreto ministe-riale 14 settembre 2011, ovvero, come detto, re-datte su modelli non conformi o prive delle previ-sta autocertificazione, non verranno prese in con-siderazione ai fini della sussistenza dei requisiti diruralità di cui trattasi.

I contenuti delle autocertificazioniLe autocertificazioni necessarie ai fini del ricono-scimento della ruralità, predisposte sulla base delprevigente art . 7, comma 2-bis , del D.L. n.70/2011, da presentare unitamente alle domande divariazione, devono essere redatte in conformità aimodelli allegati al decreto ministeriale (allegati Be C); per le dichiarazioni DOCFA afferenti i mede-simi fabbricati possono essere utilizzati modelliaventi contenuto analogo.Il modello B, relativo alle unità immobiliari ad usoabitativo, ed il modello C, riguardante i fabbricatistrumentali, diversi dalle abitazioni, fanno riferi-mento alle destinazioni proprie delle costruzionidel settore agricolo, così come richiamate nell’art.9 del D.L. n. 557/1993.Per ciascuna destinazione di fabbricato - ad esem-pio: abitazione utilizzata dal dichiarante; abitazio-ne di cui all’art. 9, comma 3-ter (agriturismo);fabbricati di tipo abitativo non utilizzati; costru-zione destinata all’attività di allevamento e ricove-ro degli animali, ecc. - sono riportati i requisitiprevisti dalla norma per il riconoscimento di rura-lità, in relazione ai quali la dichiarazione viene re-sa attraverso la compilazione di appositi «campi».Si evidenzia che, qualora il fabbricato sia entratonel possesso del soggetto dichiarante da meno di

cinque anni, il modello di autocertificazione pre-vede la possibilità di integrare la documentazionecon un’ulteriore autocertificazione, resa dai prece-denti titolari dei diritti reali o dai loro eredi, concui può essere dichiarata la sussistenza dei requisi-ti di ruralità anche per il periodo anteriore, neces-sario a completare il quinquennio previsto dallaprevigente normativa.Tale circostanza può essere rappresentata nell’ap-posito campo libero della domanda (cfr. nota 5 delmodello A).Si ritiene poi opportuno richiamare l’attenzionesulla circostanza che l’autocertificazione viene resaai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000;al riguardo sono applicabili le norme penali di cuiall’art. 76 del decreto suddetto.

Considerazioni conclusiveAl fine di facilitare gli adempimenti a carico deisoggetti interessati, relativamente alla presentazio-ne delle domande di variazione catastale, che pos-sono essere consegnate fino alla scadenza del 30giugno 2012, con comunicato 11 gennaio 2012(20), pubblicato sul sito internet, l’Agenzia del ter-ritorio ha reso noto che, per la relativa presenta-zione, in attesa dell’emanazione del nuovo decretoministeriale attuativo, possono essere utilizzati imodelli già approvati con il D.M. 14 novembre2011 e disponibili sul sito stesso.Le modalità per l’inserimento negli atti catastalidella sussistenza del requisito di ruralità, fermo re-stando il classamento originario degli immobili ru-rali ad uso abitativo, verranno stabilite con il de-creto ministeriale citato.Si rappresenta, infine, che le nuove previsioni nor-mative introdotte dal D.L. n. 201/2011 sono di fat-to coerenti con la normativa catastale che discipli-na il censimento dei fabbricati ed in particolarecon il citato regolamento per la formazione delnuovo Catasto edilizio urbano (21).

Note:(20) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(21) Approvato con D.P.R. n. 1142/1949.

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Mediazionecivile

La mediazione civile è uno strumento di recenteintroduzione nel panorama normativo italiano.È, quindi, per così dire fisiologico che nel corsodel tempo vi siano da parte del Ministero dellagiustizia, competente sulla materia, integrazioninormative quali il D.M. n. 145/2011 o chiarimentioperativi attraverso la predisposizione di risposteai quesiti nell’apposita area del sito www.giusti-zia.it o l’emanazione di circolari.L’ultima in questo senso è la circolare emanata il20 dicembre 2011 (1) che cerca di chiarire alcunipunti di difficile interpretazione del D.M. n.145/2011.Il documento affronta delle tematiche che, in effet-ti, hanno sollevato dubbi interpretativi.In particolare il Ministero si è soffermato sulle se-guenti disposizioni:– attività di vigilanza;– tirocinio assistito;– criteri di assegnazione degli affari di mediazio-ne;– normativa in tema di chiusura del procedimento;– modifiche in tema di indennità.

Attività di vigilanzaCome è abbastanza intuibile sia nel D.Lgs. n.28/2010 (2) che nel D.M. n. 180/2010 (3) il legi-

slatore ha introdotto, a ragione, un ruolo di vigi-lanza del Ministero della giustizia su coloro chesono deputati dalla norma a gestire il servizio dimediazione e la preparazione dei mediatori e quin-di gli organismi di mediazione e gli enti formatori.Prima del D.M. n. 145/2011 tale controllo era affi-dato esclusivamente all’Ufficio del Registro isti-tuito presso il Ministero della giustizia.Con il D.M. n. 145/2011 (4) si è data la possibilitàal Responsabile del Registro di avvalersi del-l’Ispettorato generale del Ministero della giusti-zia.

Controllo su organismi ed entiformatori, tirocinio e calcolodelle indennità nella mediazione

Con la circolare 20 dicembre 2011 il Ministero della giustizia ha fornito diversi chiarimentisui dubbi sollevati dal D.M. n. 145/2011, sui criteri e le modalità di iscrizione e tenuta del re-gistro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione. Inparticolare si affrontano alcuni punti chiave della disciplina come le modalità con cui si puòottemperare all’obbligo del tirocinio assistito per i mediatori e/o il calcolo delle indenni-tà. È questa l’ennesima dimostrazione della costante evoluzione normativa ed interpreta-tiva che segue l’introduzione del nuovo strumento giuridico nel nostro ordinamento ed èmolto probabile che sia solo un momento di un percorso che si prospetta senz’altro molto ar-ticolato.

di Marcella Caradonna e Felice Ruscetta

Marcella Caradonna - Dottore commercialista in Milano, Media-tore civile abilitato, Formatore accreditato, Membro del Comitato arbi-trale della Camera arbitrale e di conciliazione presso la Fondazionedei Dottori Commercialisti di Milano, componente del Consiglio diretti-vo della Fondazione ADR Commercialisti, Membro Commissione arbi-trato e mediazione del CNDCECFelice Ruscetta - Dottore commercialista in Chieti - Mediatore civi-le abilitato, Formatore accreditato. Presidente della Fondazione ADRCommercialisti e Consigliere nazionale CNDCEC - Presidente Fonda-zione ADR Commercialisti, Antonio Tammaro - Commercialista in Na-poli, Componente Commissione di Studio CNDCEC

Note:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) Art. 16 del D.Lgs. n. 28/2010.(3) Agli artt. 3, 4, 5, 10, 17,18 e 19 del D.M. n. 180/2010.(4) E più precisamente all’art. 1, comma 2, lett. b).

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La circolare chiarisce la ratio di questa scelta attri-buendo ad essa una duplice valenza. In primo luogo viene in un certo senso sottolineatal’importanza della funzione di vigilanza attribuitaall’Amministrazione e dall’altro si pongono le basiper un esercizio di controllo conferendo al Respon-sabile del Registro un ulteriore strumento operati-vo.Ne deriva che, come era prevedibile (ed anche au-spicabile), l’attività di vigilanza, nel prossimo fu-turo, non riguarderà più solo la verifica della rego-larità delle istanze proposte, ma si estenderà anchesu come viene concretamente esercitata l’attivitàdi mediazione e di formazione da parte degli orga-nismi di mediazione e degli enti di formazione.In questo senso la circolare appare molto chiara.In essa, infatti, si specifica che: «l’attività di con-trollo verrà compiutamente esercitata non solo ve-rificando ipotesi di inosservanza delle previsionidi legge (primarie e secondarie), ma anche al nonraggiungimento di standard minimi di qualità, re-quisito necessario per potere validamente svolgereun servizio di mediazione nonché di formazioneche sia improntato al presupposto della professio-nalità, efficienza ed idoneità dei medesimi».Sugli aspetti che saranno oggetto di valutazioneil Ministero inserisce, quale esempio, le inosser-vanze agli obblighi di comunicazione imposti al-l’organismo, ovvero il venire meno dei requisitiprevisti (il capitale minimo, il numero minimo dimediatori, l’aggiornamento biennale degli stessi,ecc.), le modalità concrete di gestione del servi-zio (tempestività di provvedere alle comunica-zioni a seguito della presentazione della istanzadi mediazione; fissazione della prima sessioneentro quindici giorni dal deposito dell’istanza;rispetto dei criteri di assegnazione degli incari-chi, ecc.).La circolare, comunque, anticipa che verranno resinoti a cura della Direzione generale gli elementisu cui verrà posta maggiore attenzione per verifi-care l’idoneità del soggetto a rimanere iscritto nelRegistro, in caso di organismi, o nell’elenco, nel-l’ipotesi di enti formatori.

Tirocinio assistitoL’art. 2, comma 1, del D.M. n. 145/2011 ha intro-dotto una modifica all’art. 4, comma 3, del D.M.n. 180/2010 in tema di formazione dei mediatori

che ha suscitato non poche perplessità nella suainterpretazione.Stabilisce, infatti, il citato articolo che ai fini delmantenimento dei mediatori nell’elenco di un or-ganismo è necessario verificare «b) il possesso, daparte dei mediatori, di una specifica formazione edi uno specifico aggiornamento almeno biennale,acquisiti presso gli enti di formazione in base al-l’articolo 18, nonché la partecipazione, da partedei mediatori, nel biennio di aggiornamento e informa di tirocinio assistito, ad almeno venti casi dimediazione svolti presso organismi iscritti».In definitiva il legislatore ha voluto introdurre conil D.M. n. 145/2011 parametri più stringenti pergarantire una maggiore qualità del servizio di me-diazione il cui ricorso per molti, è bene rammen-tarlo, costituisce un obbligo normativo ai sensidell’art. 5 del D.Lgs. n. 28/2010. In precedenza, infatti, ai mediatori iscritti in elen-chi di organismi si richiedeva soltanto l’obbligo dicompiere uno specifico aggiornamento, almenobiennale da acquisire presso enti di formazione ac-creditati.Tale previsione, tuttavia, a molti non è sembrataadeguata al ruolo che il mediatore è chiamato asvolgere.Per tale motivo il legislatore ha voluto introdurreuna forma di aggiornamento più operativa attra-verso l’istituzione del tirocinio assistito.Chiarisce, infatti, la circolare che un’adeguata for-mazione deve anche essere basata sulla verifica dicome altri mediatori, anch’essi iscritti, gestisconoil procedimento di mediazione al fine di confron-tare la propria esperienza con quella di altri me-diatori.La previsione normativa ha dato luogo a diversequestioni applicative sulle quali la circolare ha fat-to chiarezza.In particolare ha affrontato le seguenti problemati-che:– identificazione del soggetto che deve sottostareall’obbligo del tirocinio assistito;– modalità con cui il tirocinio deve avvenire;– metodologia con cui contare i 20 casi;– arco temporale con cui identificare il biennioall’interno del quale si deve rispettare l’obbligodel tirocinio;– numero di tirocinanti ammissibili ad ogni sessio-ne di mediazione.

Mediazionecivile

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Mediazionecivile

Identificazione del soggettoche deve sottostareall’obbligo del tirocinio assistitoIl dato testuale della norma -specifica la circolare - (parte-cipazione nel biennio di ag-giornamento) induce a preci-sare che il suddetto nuovo re-quisito non possa che riguar-dare solamente i mediatorigià iscritti, essendo impensa-bile che si sia fatto riferimen-to ad un biennio di aggiorna-mento per chi non ha ancoraottenuto l’iscrizione.D’altra parte appare abba-stanza intuitivo che non sipuò imporre un obbligo senon nei confronti di chi è tenuto all’osservanza e,in caso di inosservanza, è passibile di sanzione ecioè il mediatore già iscritto in un organismo.La possibilità di assistere in forma di tirocinio allemediazioni implica, inoltre, che il soggetto tiroci-nante sia sottoposto al vincolo della segretezza edella riservatezza; tale vincolo non avrebbe sensonei confronti di soggetti che, in quanto non ancoraiscritti, non sono sottoposti ad alcun potere di con-trollo e di vigilanza.

Modalità con cui il tirocinio deve avvenireIl D.M. n. 145/2011 si limita a prescrivere chel’attività formativa pratica deve essere compiutamediante la partecipazione, in forma di tirocinioassistito, ad almeno venti casi di mediazione.La terminologia utilizzata ha creato qualche diffi-coltà in merito all’interpretazione.La circolare chiarisce che il termine è stato utiliz-zato allo scopo di fare riferimento ad una attivitàdi addestramento pratico. Ne deriva che esso deve essere compiuto con lapresenza di altro mediatore.La norma non indica le modalità attraverso cuipuò svolgersi, ma nella realtà, chiarisce il Ministe-ro, «una risposta in merito può essere data tenutoconto del termine “partecipare” nonché della natu-ra propria dell’attività di mediazione».Da ciò deriva che l’organismo può predisporre unatipologia che prevede la sola assistenza senza al-cun coinvolgimento, oppure lo svolgimento di al-

cune attività sotto la supervi-sione del mediatore.La prima ipotesi viene consi-derata nel testo maggiormen-te auspicabile poiché, «leparti, cioè, dice la relazione,devono poter individuareunicamente nel mediatore iltitolare il soggetto gestore ditutte le fasi del percorso dimediazione, ciò allo scopo diinstaurare compiutamente ilnecessario rapporto di fidu-cia che costituisce una com-ponente essenziale della riu-scita di una mediazione».Viene, invece, esclusa dalnumero delle 20 mediazioni

l’ipotesi della partecipazione solo ad una fase pre-liminare del procedimento di mediazione, come,ad esempio, in sede di verifica della rispondenzadella domanda di mediazione ai requisiti regola-mentari, di individuazione delle indennità dovute,di verifica dei poteri di rappresentanza, ecc.Il legislatore, in altri termini, vuole che l’attivitàformativa sia in modo specifico relativa a quelloche è considerato il punto centrale della mediazio-ne e cioè l’insieme di attività poste in essere dalmediatore per assolvere al suo mandato di aiutarele parti a raggiungere un accordo amichevole ol’elaborazione di una proposta.

Metodologia con cui contare i 20 casiDalla dizione della norma, non si comprendeva sein questo numero vi dovessero essere anche proce-dimenti svolti come mediatore oppure, altra ipote-si, l’intero procedimento o ogni singola sessione acui si partecipa.Nel merito la circolare ha chiarito in modo univo-co che l’attività di tirocinio è diversa da quella dimediatore per cui al di là degli incarichi svolti de-ve sempre essere dimostrata la partecipazione a 20mediazioni in qualità di tirocinante.Viene, inoltre, stabilito che ai fini del calcolo valeogni singola sessione di mediazione. Questa soluzione, secondo il Ministero, è più coe-rente con la ragione per cui è stato introdotto il ti-rocinio e cioè quella di consentire ai mediatori giàiscritti di potere verificare le modalità di gestione

Tirocinio assistitoL’obbligo del tirocinio assistito èprevisto solo per coloro che sonoiscritti nell’elenco di un organismo dimediazione. I procedimenti dimediazione seguiti in qualità dimediatore non rientrano nel conteggiodei 20 casi di tirocinio assistito. Ognisessione di mediazione vale ai fini delcalcolo, comprese quelle con verbalenegativo per mancata partecipazionedi una parte. L’obbligo deve essereassolto per ogni biennio. Il numero ditirocinanti presenti ad ogni sessionedi mediazione è deciso dalresponsabile dell’organismo.

SOLUZIONI OPERATIVE

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della mediazione da parte di altri mediatori, poten-do in tal modo arricchire il proprio bagaglio for-mativo.Sono anche considerate valide le fattispecie in cui,effettuata la comunicazione all’altra parte, il me-diatore, in presenza dell’invitante, prende atto del-la mancata comparizione redigendo il verbale ne-gativo (5).Appare evidente che una scelta interpretativa diquesto genere deriva, sostanzialmente, dalla con-sapevolezza che i numeri delle mediazioni oggi inItalia non consentono per tutti i mediatori il rispet-to dell’obbligo normativo nell’ipotesi in cui siconsiderino valide solo le mediazioni che vedonola partecipazione delle parti.I procedimenti di mediazione con comparizionedell’aderente sono, infatti, solo il 30,62%.La circolare, tuttavia, indica che l’interpretazioneè destinata a mutare in senso più restrittivo quandol’insieme delle procedure sarà tale da poter soddi-sfare l’esigenza di tirocinio dei mediatori iscritti.

Arco temporale con cui identificare il biennioall’interno del quale si deve rispettarel’obbligo del tirocinioUn altro aspetto chiarito dal documento in esame èrelativo all’arco temporale entro il quale deve es-sere assolto l’obbligo di aggiornamento e di tiroci-nio. Il termine tirocinio, infatti, ha generato in moltil’idea che la partecipazione con tale ruolo alle ses-sioni di mediazione fosse obbligatoria prima di ri-cevere incarichi e solo in questa fase iniziale.In realtà, invece, dal momento dell’iscrizione al-l’organismo il soggetto può essere nominato me-diatore, poiché il tirocinio è richiamato in relazio-ne all’aggiornamento biennale.Di questo avviso è anche l’interpretazione del Mi-nistero che segnala come l’obbligo esiste per tutti imediatori e deve essere effettuato ogni 2 anni esat-tamente come avviene per l’aggiornamento bien-nale da acquisirsi presso gli enti di formazione inbase all’art. 18, così come già prevedeva (e conti-nua a prevedere) l’art. 4, comma 3, del D.M. n.180/2010. Appare evidente che la decorrenza dell’obbligoper i mediatori già iscritti nell’elenco di un orga-nismo è dall’entrata in vigore del D.M. n.145/2011, mentre per i mediatori iscritti in data

successiva, l’obbligo di aggiornamento avrà de-correnza dalla data di iscrizione di ciascuno di es-si presso l’elenco dell’organismo di mediazione diappartenenza.

Numero di tirocinanti ammissibiliad ogni sessione di mediazioneUn ultimo aspetto riguarda la identificazione delnumero di tirocinanti che di volta in volta possonoassistere all’incontro di mediazione.In merito, il Ministero scrive: «Non è possibilecompiere in modo aprioristico ed astratto una deli-mitazione del numero di mediatori in tirocinio chepossono, di volta in volta, essere presenti per cia-scuna mediazione.».La scelta è lasciata al responsabile di ciascun orga-nismo di mediazione che, nelle proprie decisioni,dovrà tenere conto dei profili organizzativi, di ap-positi spazi a disposizione, del numero delle partipresenti, e cosi via.Secondo il Ministero il principio di fondo deve es-sere quello della capacità organizzativa di ciascunorganismo quale esplicazione del requisito dell’ef-ficienza (6).Non è data, invece, la possibilità di una registra-zione della mediazione per una successiva visua-lizzazione.Questa soluzione è apparsa non adeguata a rispon-dere alle finalità per cui è stata introdotta la normae cioè l’approfondimento delle dinamiche relazio-nali che si sono sviluppate nel corso della media-zione e le tecniche applicate dal mediatore.

Criteri di assegnazionedegli affari di mediazioneLa circolare affronta, anche, il delicato tema dellametodologia che deve essere messa a punto dal-l’organismo. L’art. 3 del D.M. n. 145/2011 prevede che l’orga-nismo iscritto deve precisare, nel regolamento diprocedura, i criteri inderogabili per l’assegnazionedegli affari di mediazione predeterminati e rispet-tosi della specifica competenza professionale del

Note:

Mediazionecivile

(5) Secondo quanto previsto nell’art. 7, comma 5, del D.M. n.180/2010, come modificato dall’art. 3, lett. a), del D.M. n.145/2011.(6) Previsto dall’art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 28/2010.

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Mediazionecivile

mediatore designato, desunta anche dalla tipologiadi laurea universitaria posseduta.Nell’adeguamento alla nuova normativa in moltiregolamenti si è ritenuto di inserire solo un generi-co riferimento all’art. 3 del D.M. n. 145/2011 sen-za entrare nel dettaglio delle modalità con cui essoviene poi attuato.Il Ministero ha quindi ritenuto di intervenire dan-do specifiche indicazioni in merito precisando co-me i regolamenti devono interpretare nel concretoquesta norma che, come è comprensibile, ha dei ri-svolti di assoluta rilevanza.In essa, infatti, emerge come il legislatore si siapreoccupato di garantire che nello svolgimento diun affare di mediazione venisse garantita l’indi-pendenza del mediatore e la sua professionalità.Inserendo automatismi nella identificazione di chideve essere nominato per la singola procedura, in-fatti, si è voluto facilitare per il mediatore il rispet-to di quel requisito di indipendenza che, oltre adessere un obbligo di legge (7), è un elemento car-dine per una corretta gestione dell’incarico svolto.Imponendo, poi, il rispetto di un criterio di compe-tenza professionale nelle nomine dei mediatori si èvoluto sottolineare che la qualità del servizio dimediazione non può prescindere dalla garanzia diuna professionalità che possa tener conto dei di-versi aspetti di un procedimento, giuridici, nego-ziali, tecnici (in relazione alla tipologia di contro-versia).Con queste premesse il Ministero procede a chiari-re alcuni dubbi che il testo della legge ha solleva-to.In primo ha stabilito in modo inequivocabile che icriteri per l’assegnazione degli incarichi devonoessere predeterminati e oggettivi.Non può rinviarsi ad un momento successivo, inaltri termini, come specifica la circolare, «la loroconcreta determinazione, ma devono essere indi-cati ex ante ed in modo oggettivo e quindi vale-voli come parametro di riferimento per potere, divolta in volta, procedere alla ripartizione degliincarichi tra i mediatori; gli stessi, inoltre, devo-no essere certi, per evitare che l’assegnazione siadel tutto arbitraria, priva di effettiva giustifica-zione».All’interno dei parametri di individuazione, comesi è accennato, vi deve essere anche una coerenzafra la materia oggetto della lite portata in media-

zione e la competenza professionale del mediatoreincaricato.In concreto questo vuol dire che:– nei regolamenti non si potrà più fare genericorinvio alla previsione di cui all’art. 3 del D.M. n.145/2011, in quanto occorrerà effettivamente indi-care attraverso quali criteri il responsabile dell’or-ganismo provvederà ad assegnare tra i mediatoriora l’uno ora l’altro incarico;– l’assegnazione degli incarichi è destinata a costi-tuire per il responsabile un’attività particolarmentedelicata e significativa, in quanto deve essere ri-spettosa dei criteri oggettivi e predeterminati indi-cati nel regolamento i quali, a loro volta, devonotenere conto della competenza professionale diciascun mediatore; – tra i criteri oggettivi e predeterminati assumeparticolare rilievo la competenza professionale delmediatore, cioè il complesso delle specifiche co-noscenze acquisite in relazione al percorso univer-sitario svolto e, soprattutto, all’attività professio-nale esercitata; – l’attività professionale, in quanto tale, è un re-quisito da intendersi in modo distinto dalla capaci-tà tecnica di sostenere il percorso di mediazione,in quanto quest’ultima implica conoscenza specifi-ca degli strumenti che devono essere attuati percondurre e svolgere adeguatamente il percorso dimediazione.Appare facilmente intuitivo che le nuove disposi-zioni comportano per l’organismo la creazione dielenchi di mediatori suddivisi per specifiche com-petenze professionali.Il Ministero sottolinea come il raggruppamento deimediatori per competenza non dovrebbe essere li-mitato alle materie giuridiche, ma a tutte le diversematerie di competenza possibili (tecniche, umani-stiche, mediche, e così via).Oltre a tutto quanto detto, però, nelle nomine è ne-cessario anche tener conto di elementi quali il gra-do di difficoltà della controversia, della esperienzadel mediatore, della disponibilità del medesimo, ecosì via.«Fondamentale», dice la circolare, «è, pertanto, ilriferimento alla particolare natura della causa».

Nota:(7) Art. 60, comma 3, lett. b), della legge n. 69/2009.

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Normativa in tema di chiusuradel procedimentoL’art. 3 del decreto si limita ariprendere i contenuti di unaprecedente circolare (8) chechiariva in modo univoco chenelle mediazioni che hannoad oggetto materie per lequali è previsto il tentativo dimediazione come condizionedi procedibilità ex art. 5 (9) ilmediatore deve svolgere l’in-contro con la parte istante an-che in mancanza di adesionedella parte chiamata alla me-diazione; in questo caso, l’at-testato di conclusione del procedimento può essererilasciato dalla segreteria dell’organismo, ma soloall’esito della verifica da parte del mediatore dellamancata partecipazione della parte chiamata e delmancato accordo.Tale precisazione si è resa necessaria poiché nellaprassi si era diffusa l’abitudine di rilasciare una di-chiarazione che attestava l’istanza della parte ed ildesiderio espresso dall’altra di non partecipare.Non si procedeva, in altri termini, ad un incontrodi mediazione con il relativo verbale di chiusuraper mancanza di partecipazione di una parte.Il Ministero ha voluto contrastare in modo nettoquesta soluzione negandone la validità.Sotto il profilo operativo, quindi:– l’invitante deve necessariamente presentarsi da-vanti al mediatore, indipendentemente dal fattoche l’altra parte abbia, eventualmente, dichiarato orappresentato che non sarebbe stata presente;– il mediatore deve verbalizzare la mancata pre-senza della parte chiamata, non potendo tale attivi-tà essere compiuta dalla segreteria;– solo a seguito della redazione del verbale negati-vo del mediatore, la segreteria potrà rilasciare l’at-testato di conclusione del procedimento.

Modifiche in materia di indennitàIn conclusione il Ministero ha fornito chiarimentiin relazione ai contenuti in tema di indennità (10)in relazione:– alle modalità di calcolo;– al gratuito patrocinio.

Modalità di calcolo delle indennitàNel citato articolo il legisla-tore ha previsto:– un aumento della misuradell’indennità in caso di suc-cesso della mediazione cheda un quinto passa a un quar-to dell’entità;– un calcolo per scaglionedell’indennità prevista in ca-so di obbligatorietà del tenta-tivo di mediazione lasciandola riduzione di un terzo per iprimi sei scaglioni, mentreper i restanti scaglioni ha at-tuato una riduzione della me-

tà (11);– il mantenimento, nei casi per cui è prevista l’ob-bligatorietà, della riduzione prevista dalla lett. e)del medesimo comma, con esclusione di ulterioriaumenti, ad eccezione di quello previsto in caso disuccesso della mediazione (12).La circolare su queste disposizioni attua dei chiari-menti distinguendo le due tipologie di mediazione.

Mediazione obbligatoriaIn questo caso le indennità sono differenti nelledue ipotesi possibili:– se l’altra parte compare: si opera una riduzionedell’importo dell’indennità (13).L’importo dell’indennità potrà subire un aumentosolo in caso di successo della mediazione;– se l’altra parte non compare: l’indennità che do-vrà essere corrisposta sarà unicamente di euro

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Mediazionecivile

Criteri di assegnazionedegli affari di mediazioneNel regolamento dell’organismo dimediazione non è consentito fare soloun generico rinvio alle previsioni dicui all’art. 3 del D.M. n. 145/2011 suicriteri inderogabili per l’assegnazionedegli affari di mediazione. Tra i criterioggettivi e predeterminati assumeparticolare rilievo la competenzaprofessionale del mediatore, cioè lespecifiche conoscenze acquisite inrelazione al percorso universitariosvolto e, soprattutto, all’attivitàprofessionale esercitata.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(8) Ministero della giustizia, circolare 4 aprile 2011 - Regolamen-to di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti, in BancaDati BIG Suite, IPSOA.(9) Condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, pattidi famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimentodel danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da re-sponsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampao con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e fi-nanziari.(10) Presenti nell’art. 5, comma 1, lett. b), del D.M. n. 145/2011.(11) Art. 5, comma 1, lett. b), del D.M. n. 145/2011.(12) Art. 5, comma 1, lett. b), del D.M. n. 145/2011.(13) Che sarà di un terzo per i primi sei scaglioni e della metàper gli altri scaglioni.

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40,00, per il primo scaglione,o euro 50,00, per gli altri sca-glioni.Nel caso di formulazione del-la proposta (14) opera l’au-mento di un quinto (15).

Mediazione facoltativaIn queste fattispecie nel cal-colo dell’indennità le modifi-che introdotte dal D.M. n.145/2011 sono: la misura del-l’aumento dell’indennità incaso di successo della media-zione e la riduzione a euro40,00 o euro 50,00 in caso dimancata partecipazione del-l’altra parte.Non ha, invece, subito modi-fiche l’aumento dell’indennità, in misura non su-periore ad un quinto, in caso di particolare impor-tanza, complessità o difficoltà dell’affare; l’au-mento in caso di formulazione della proposta delmediatore e l’aumento, in misura non superiore adun quarto, in caso di successo della mediazione.A differenza, quindi, della mediazione obbligato-ria, in caso di mediazione facoltativa si avrà il cu-mulo degli aumenti previsti. Ultimo punto chiarito dalla circolare è relativo allacumulabilità della spese di segreteria con quelledella mediazione.A tal proposito, va chiarito che, ai sensi dell’art.16, comma 1, del D.M. n. 180/2010, l’indennitàcomprende le spese di avvio del procedimento e lespese di mediazione.Il successivo comma 2 prevede che per le spese diavvio è dovuto da ciascuna parte un importo di eu-ro 40,00 (dall’istante al momento del deposito del-la domanda di mediazione, dalla parte invitata soloal momento in cui intende aderire al procedimentoe, quindi, prendervi parte).Il comma 3, poi, prevede che per le spese di me-diazione è dovuto da ciascuna parte l’importo in-dicato nella Tabella A, allegata al decreto; il com-ma 4, infine, stabilisce la misura in aumento od indiminuzione dell’importo massimo delle spese dimediazione.Il legislatore ha, quindi distinto fra:– le spese di avvio, che sono stabilite in misura

fissa ed unitaria ed hanno ri-guardo, più specificamente,alle spese dell’organismo perpotere avviare il procedimen-to di mediazione: ricezionedella istanza, visione da par-te della segreteria, fascicola-zione e registrazione, comu-nicazione all’altra partedell’inizio della procedura ecosì via;– le spese di mediazione, chesono quelle connesse al con-creto svolgimento dell’atti-vità di mediazione e com-prendono anche l’onorariodel mediatore.Ciò comporta che, al verifi-carsi dei diversi momenti che

connotano l’espletamento del servizio di media-zione, entrambe siano dovute.Pertanto, oltre all’importo di euro 40,00 dovutoper l’avvio del procedimento, dovranno essere cor-risposte, in aggiunta, anche le ulteriori spese dimediazione (16).In caso di mancata comparizione delle parti, dun-que, saranno dovute sia le spese di avvio del pro-cedimento (di euro 40,00) sia le spese per la me-diazione (17).Oltre alla suddetta indennità complessiva (spese diavvio e spese di mediazione) saranno dovute an-che le spese vive, così come conteggiate e docu-mentate dall’organismo di mediazione.Gli organismi, tuttavia, possono stabilire una dero-ga in melius degli importi minimi delle indennitàper ciascun scaglione di riferimento (18): ciò nellachiara linea di una possibile riduzione del costocomplessivo del procedimento di mediazione.

828 11/2012

Mediazionecivile

Chiusura del procedimentoPer i procedimenti di mediazioneattivati in quanto il tentativo è previstocome condizione di procedibilità,l’invitante deve presentarsi davanti almediatore, anche in mancanza diadesione della parte chiamata allamediazione, non potendo,diversamente, chiedere il rilasciodell’attestazione di conclusione delprocedimento di mediazione. Inquesto caso, il mediatore dovràattestare la mancata comparizionedella controparte e la segreteriadell’organismo potrà rilasciarel’attestato di conclusione delprocedimento di mediazione.

SOLUZIONI OPERATIVE

Note:(14) Ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 28/2010.(15) Di cui alla lett. c) del comma 4 dell’art. 16 del D.M. n.180/2010, richiamato dall’art. 5, comma 1, lett. c), del D.M. n.145/2011.(16) Secondo i criteri indicati nell’art. 16, commi 3 ss., del D.M. n.180/2010, come modificati dall’art. 5 del D.M. n. 145/2011.(17) Art. 16, comma 4, lett. e), del D.M. n. 180/2010, come modifi-cato dall’art. 5 del D.M. n. 145/2011.(18) Come determinati a norma della Tabella A, allegata al D.M. n.180/2010, così come previsto dall’art. 5, comma 1, lett. f), del D.M.n. 145/2011.

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Gratuito patrocinioQuesta fattispecie è introdot-ta dall’art. 17 del D.Lgs. n.28/2010 e riguarda le personeche sono nelle condizioni perl’ammissione al patrocinio aspese dello Stato (19).La circolare specifica che cisi può avvalere del gratuitopatrocinio solo nei casi dimediazione obbligatoria.In tal caso l’organismo dimediazione è tenuto a fornireil servizio di mediazione sen-za diritto ad alcun compensoe non potrà richiedere il pa-gamento del compenso neiconfronti dell’Erario o del-

l’Amministrazione in gene-rale.Sono soggetti a tale disposi-zione tutti gli enti sia pubbli-ci che privati.Il chiarimento si è reso ne-cessario poiché da diversotempo si dibatteva sul puntoed alcuni ritenevano che ilvincolo fosse solo a caricodegli enti pubblici.Con questa indicazione ilMinistero ha posto un puntofermo sulla vicenda.

82911/2012

Mediazionecivile

Nota:(19) Ai sensi dell’art. 76 del Testo Uni-co di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n.115.

Indennità complessivaLe spese di avvio del procedimento ele spese di mediazione costituisconodue voci di spesa autonome che,unitamente considerate, formanol’indennità complessiva. Oltreall’importo di euro 40 dovuto perl’avvio del procedimento, dovrannoessere corrisposte, in aggiunta, anchele ulteriori spese di mediazione. Oltreall’indennità complessiva dovrannoessere corrisposte, altresì, le spesevive, purché documentatedall’organismo di mediazione. Sonosottoposti alle disposizioni in tema digratuito patrocinio sia gli entipubblici che privati.

SOLUZIONI OPERATIVE

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Ris. 18 gennaio 2012, n. 9/E

Concessionigovernative

L’orientamento espresso dall’Agenzia delle entratecon la risoluzione n. 9/E del 2012 (1) conferma laposizione dell’Amministrazione finanziaria circal’applicabilità della tassa sulle concessioni governa-tive agli abbonamenti di telefonia mobile ma conti-nua a non convincere gli operatori del settore (2).Al fine di proporre una soluzione della questione èindispensabile una breve analisi della normativadella tassa di concessione governativa e, in parti-colare, delle modifiche che la stessa ha subìto nelcorso dell’ultimo decennio. Il tributo in parola èdisciplinato dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 ecolpisce i provvedimenti amministrativi, ossia leautorizzazioni, le concessioni, le iscrizioni e tuttigli altri atti amministrativi elencati nella Tariffa al-legata al decreto. Con l’introduzione della tassa il legislatore ha in-teso colpire una molteplicità di atti eterogenei con-siderati indici di capacità contributiva del soggettorichiedente (3). L’eterogeneità del presupposto daassoggettare ad imposizione fa della tassa di con-cessione governativa un’entrata statale a naturamista (4). Il presupposto oggettivo del tributo, ori-ginariamente individuato dal D.P.R. n. 641/1972nei soli atti elencati nell’annessa Tariffa, è statoesteso, dapprima, alle licenze rilasciate dall’Am-ministrazione delle poste e delle telecomunicazio-ni presso ogni stazione radioelettrica (5) e, succes-sivamente, ai servizi radiomobili di comunicazio-ne, i «telefoni cellulari» (6).

Tali innovazioni legislative sono confluite nell’art.21 della Tariffa annessa al D.P.R n. 641/1972 (7),la cui interpretazione costituisce il nodo da scio-gliere per fornire risposta alla questione dell’appli-cabilità della tassa di concessione governativa agliabbonamenti dei telefoni cellulari.L’art . 21 della Tariffa annessa al D.P.R. n.641/1972 individua, tra gli atti soggetti alla tassa,ogni «licenza o documento sostitutivo per l’impie-go di apparecchiature terminali per il servizio ra-diomobile pubblico terrestre di telecomunicazione(articolo 318 del decreto del Presidente della Re-

Obbligo di pagamentoper la tassa sui telefoninisecondo l’Agenzia delle entrate

L’Agenzia delle entrate ha confermato, con la risoluzione n. 9/E del 2012, l’obbligo di paga-mento della tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo della telefonia mobile. L’in-terpretazione dell’Agenzia ha assunto una rilevanza particolare specie a seguito delle numerosesentenze della giurisprudenza tributaria di merito che hanno sancito l’illegittimità di taletributo e spinto numerosi utenti alla presentazione di istanza di rimborso al competenteUfficio delle entrate.

di Stefano Loconte

Stefano Loconte - Professore a contratto di Diritto Tributario e Di-ritto dei Trust presso l’Università degli Studi LUM «Jean Monnet» diCasamassima (BA) - Avvocato

Note:(1) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(2) Per una ricostruzione dottrinaria della fattispecie cfr. F. Scopa-casa, «Telefonini e canone TV, tra giurisprudenza e prassi», in Corr.Trib. n. 27/2008, pag. 2161; R. Fanelli, «È ancora in vigore la tassadi concessione sui cellulari?», ivi n. 28/2011, pag. 2296; R. Greco,«La tassa sulle concessioni governative sui telefoni cellulari», in ilfisco n. 46/2011, pag. 7497, quest’ultimo con particolare riferimen-to alla ricostruzione storica della fattispecie.(3) M.A. Flori - S. Acciaia - E. Fazzini - A. Garcea - F. Michelotti - F.Tanini, I tributi in Italia, Milano, 1999.(4) G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 2008.(5) Ad opera dell’art. 318 del D.P.R. n. 156/1973.(6) Ad opera dell’art. 3 del D.L. n. 151/1991, convertito dalla leggen. 202/1991.(7) Successivamente regolata dal D.M. 20 agosto 1992 e dal D.M.28 dicembre 1995.

S. Ungaro, «Tassa sulle concessioni governative perl’utilizzo dei telefonini dovuta da tutti gli abbonati»,n. 9/2012, pag. 39

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pubblica 29 marzo 1973, n.156 (8) e articolo 3 del decre-to-legge 13 maggio 1991, n.151 ...)». Atteso che, con l’entrata invigore del D.Lgs. n.259/2003, l’art . 318 delD.P.R. n. 156/1973 richiama-to dall’art. 21 della Tariffa èstato espressamente abrogato,la tesi dell’applicabilità dellatassa di concessione governa-tiva agli abbonamenti di tele-fonia mobile non potrà dun-que che trovare fondamentonel disposto di cui all’art. 3del D.L. 13 maggio 1991, n.151. Tale disposizione, infat-ti, aggiungendo la voce n.131 alla Tariffa annessa alD.P.R. n. 641/1972, ha estesol’ambito oggettivo di applica-bilità del tributo alla «Licen-za o documento sostitutivadella stessa per l’impiego diapparecchiature terminali peril servizio radiomobile pub-blico terrestre di comunica-zione (articolo 318 del decre-to del Presidente della Re-pubblica 29 marzo 1973, n. 156 e articolo 3 deldecreto del Ministro delle poste e delle telecomu-nicazioni 13 febbraio 1990, n. 33, pubblicato nellaGazzetta Ufficiale n. 47 del 26 febbraio 1990)». L’art. 3 del D.L. n. 151/1991 rinvia dunque, oltreche all’abrogato art. 318 del D.P.R. n. 156/1973,ad una fonte normativa secondaria, il decreto delMinistero delle poste e delle telecomunicazioni n.33/1990, che disciplina il servizio radiomobilepubblico terrestre di conversazione con l’impiegodi apparecchiature terminali, veicolari, portatili edestraibili.In particolare, il D.M. n. 33/1990 prevede, all’art.2, che «le richieste di abbonamento devono essereinoltrate dai singoli utenti alle società che offronoil servizio, operatori telefonici autorizzati, le qualirilasciano all’utente il documento attestante la suacondizione di abbonato al servizio» e, all’art. 3,comma 2, che «tale documento, che sostituisce a

tutti gli effetti la licenza distazione radio, deve contene-re gli estremi del tipo di ap-parato terminale e della rela-tiva omologazione e deve es-sere esibito dall’abbonato al-la pubblica autorità in casodi richiesta di quest’ultima». L’art. 21 della Tariffa annes-sa al D.P.R. n. 641/1972,dunque, individua quale pre-supposto oggettivo di appli-cazione della tassa di conces-sione governativa, in alterna-tiva alla licenza, qualsiasiabbonamento per l’impiegodi telefoni cellulari , dachiunque sottoscritto.L’entrata in vigore delD.Lgs. n. 259/2003 (cd. co-dice delle comunicazionielettroniche, infra «codice»)ha portato a termine l’operadi liberalizzazione del servi-zio di telefonia, da sempreconsiderato un servizio pub-blico riservato esclusivamen-te allo Stato.L’introduzione del codice hacomportato la soppressione

del precedente regime. Si è espressamente stabilitoche «la fornitura di reti e servizi di comunicazioneelettronica, che è di preminente interesse generale,è libera» (9). In particolare, l’art. 218, comma 1,lett. s), del D.Lgs. n. 259/2003, ha abrogato l’art.318 del D.P.R. n. 156/1973 (richiamato dall’art. 21della Tariffa), che, come anticipato, assoggettava atassazione il contratto di abbonamento sostitutivodella cd. licenza di stazione radio. Ebbene, propriodall’abrogazione di tale disposizione, parte della

(Il)legittimità della tassasui telefoniniLa CTR Veneto ha affermatol’illegittimità «tout court» della tassadi concessione governativa sugliabbonamenti per l’impiego di telefonicellulari, aprendo la strada allapossibilità, anche per soggetti privati,di procedere alla richiesta di rimborsodi quanto illegittimamente pagato.In un’interrogazione parlamentare, ilGoverno ha ribadito che la tassa suitelefonini deve considerarsiattualmente vigente, dato che ilrilascio all’utente di un telefonocellulare in abbonamento condocumento attestante la suacondizione di abbonato sostituirebbe atutti gli effetti la licenza di stazioneradio. Preso atto della giurisprudenzatributaria di merito si attendel’orientamento della Cassazione, cheprobabilmente risulterà dirimenteanche per risolvere l’ulteriorequestione relativa al termine diprescrizione della richiesta dirimborso.

TESI A CONFRONTO

Ris. 18 gennaio 2012, n. 9/E

Concessionigovernative

Note:(8) L’art. 318 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, espressamente ri-chiamato dall’art. 21 della Tariffa, disponeva testualmente: «pressoogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concessol’esercizio deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dal-l’Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni. Per lestazioni riceventi del servizio di radiodiffusione il titolo di abbo-namento tiene luogo della licenza».(9) Cfr. art. 3 del D.Lgs. n. 259/2003.

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Ris. 18 gennaio 2012, n. 9/E

Concessionigovernative

dottrina e della giurisprudenza tributaria di meritoha sostenuto l’abrogazione tout court della tassa diconcessione governativa sui contratti di abbona-mento telefonico, indirettamente prospettando atutti i sottoscrittori di abbonamenti telefonici lapossibilità di intraprendere azioni giudiziarie per ilrecupero di quanto indebitamente versato. L’intro-duzione del codice ha portato a termine l’opera, dimatrice comunitaria, di liberalizzazione del servi-zio di telefonia, da sempre considerato un serviziopubblico riservato esclusivamente allo Stato.

Orientamentidella giurisprudenza di meritoLa questione dell’applicabilità della «tassa sui te-lefonini» ha costituito oggetto di numerose pro-nunce della giurisprudenza tributaria di meritoche, per la maggior parte, si sono schierate per latesi della tacita abrogazione in luogo di quella del-la sopravvivenza del tributo al mutato quadro nor-mativo di riferimento (10). Le pronunce giurisprudenziali si riferiscono, inparticolare, a contenziosi attivati da enti pubbliciterritoriali, i quali, dopo essere stati esclusi dal-l’ambito di applicazione della tassa dalla stessaAmministrazione finanziaria (11), si sono visti re-capitare una serie di atti impositivi a causa del mu-tato orientamento dell’Amministrazione (12). Le sentenze favorevoli agli enti locali, tuttavia, an-ziché restringere la propria portata interpretativa atali soggetti, sono state motivate con argomentazio-ni suscettibili di estensione a tutti i contribuenti.La Commissione tributaria regionale del Veneto(13), in accoglimento delle ragioni prospettate dataluni enti locali ricorrenti, ha affermato l’illegitti-mità tout court della tassa di concessione governa-tiva sugli abbonamenti per l’impiego di telefonicellulari, aprendo conseguentemente la strada allapossibilità, anche per soggetti privati, di procederealla richiesta di rimborso di quanto illegittimamen-te pagato.La Commissione veneta ha condiviso la tesi del-l’intervenuta abrogazione della normativa che re-golamentava la tassa di concessione governativa,come conseguenza diretta dell’entrata in vigoredel codice e della liberalizzazione della fornituradei servizi di comunicazione. Il codice, pur nonavendo espressamente abrogato l’art. 21 della Ta-riffa allegata al D.P.R. n. 641/1972, avrebbe com-

portato il passaggio dalla concessione al contratto,ossia da un atto amministrativo emanato nell’am-bito di un rapporto pubblicistico ad uno strumentodi diritto privato che presuppone una posizione diparità tra i contraenti. La tacita abrogazione di tutta la normativa fondatasul presupposto di un rapporto concessionario ditipo pubblicistico, secondo i giudici veneti, avreb-be fatto venire meno il presupposto per l’applica-zione del tributo alla luce della tacita abrogazionedell’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R. n.641/1972 e dell’art. 3 del D.M. n. 33/1990 (14). Il filone giurisprudenziale veneto ha riconosciutola rimborsabilità della tassa, non solo in base adun’esclusione di tipo soggettivo, ma soprattutto inragione della tacita abrogazione tout court dellatassa di concessione governativa. Qualsiasi sog-getto sottoscrittore di abbonamenti telefonici(ccdd. utenti business) sarebbe titolato alla propo-

Note:(10) Tra le sentenze favorevoli ai contribuenti, per la verità in nu-mero decisamente superiore a quelle di segno contrario, si cita-no: Comm. trib. prov. di Vicenza, sent. 2 febbraio 2010, n. 11, inBanca Dati BIG Suite, IPSOA; Id., sent. 26 novembre 2009, n. 100,ivi; Id., sent. 30 novembre 2009, n. 102; Id., sent. 10 novembre2008, n. 68, ivi; Comm. trib. prov. di Perugia, sent. 30 gennaio 2008,n. 222, ivi. Tra le sentenze favorevoli all’Amministrazione si segnalano:Comm. trib. prov. di Aosta, sent. 8 ottobre 2007, n. 29, in BancaDati BIG Suite, IPSOA; Comm. trib. reg. del Piemonte, sent. 5 no-vembre 2008, n. 54, ivi; Comm. trib. prov. di Reggio Emilia, sent. 19luglio 2010, n. 133, ivi; Comm. trib. prov. di Treviso, sent. 4 novem-bre 2010, n. 103, ivi; Comm. trib. prov. di Milano, sent. 14 gennaio2010, n. 23; Comm. trib. II gr. Trentino-Alto Adige, sent. 4 giugno2010, n. 16, ivi; Comm. trib. reg. dell’Umbria, sent. 15 luglio 2010,n. 106, ivi; Comm. trib. reg. della Puglia, sent. 12 aprile 2010, n. 41,ivi.(11) Cfr. nota 17 luglio 2001, n. 44461, della Direzione regionaledel Lazio. (12) L’orientamento dell’Amministrazione finanziaria è mutatocon le risoluzioni 15 maggio 2003, n. 107/E, 4 agosto 2004, n.109/E e 3 maggio 2005, n. 55/E, tutte in Banca Dati BIG Suite, IP-SOA.(13) Comm. trib. reg. del Veneto, sent. 17 gennaio 2011, n. 4, e Id.,sent. 10 gennaio 2011, n. 5, in GT - Riv. giur. trib. n. 4/2011, pag. 335,con commento di S. Loconte, «Abrogazione tacita della tassa diconcessione governativa sui telefoni cellulari», in Banca Dati BIGSuite, IPSOA.(14) L’interpretazione resa è stata giustificata chiamando il princi-pio di carattere generale stabilito con l’art. 15 delle «Disposizionisulla legge in generale», introduttive del codice civile, secondo cuil’abrogazione tacita si può anche verificare quando una nuovalegge regolamenti l’intera materia disciplinata da una legge ante-riore.

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sizione di istanza di rimborsoal competente Ufficio delleEntrate e ad un’impugnazio-ne dell’eventuale atto di di-niego espresso o tacito (15). Il tema è stato altresì trattatonell’interrogazione parlamen-tare 6 aprile 2011, n. 5-04538(16). In risposta all’interroga-zione parlamentare, il Gover-no, in persona del sottosegre-tario all’Economie e alle fi-nanze, On. Sonia Viale, ha ri-badito che la tassa sui telefo-nini deve considerarsi attual-mente vigente, essendo inin-fluente l’abrogazione dell’art.318 del D.P.R. n. 156/1973(17). Secondo l’interpretazione go-vernativa, ai sensi dell’art. 3del D.M. n. 33/1990, il rila-scio all’utente di un telefonocellulare in abbonamento con documento attestan-te la sua condizione di abbonato sostituirebbe atutti gli effetti la licenza di stazione radio, realiz-zando le condizioni per l’applicazione della dispo-sizione dell’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R.n. 641/1972. Preso atto della giurisprudenza tributaria di merito siattende l’orientamento della Suprema Corte di cas-sazione, che probabilmente risulterà dirimente ancheper risolvere l’ulteriore questione relativa al terminedi prescrizione della richiesta di rimborso (18).

Risoluzione n. 9/E del 2012In linea con la risposta del Governo all’interroga-zione parlamentare 6 aprile 2011, n. 5-04538,l’Agenzia delle entrate ha ribadito, con la risolu-zione in commento, che la tassa di concessionegovernativa continua ad essere dovuta da tutti isottoscrittori di un contratto di abbonamento conun operatore per telefonia mobile.L’Agenzia interregionale del fiume Po (AIPO)aveva trasmesso all’Agenzia delle entrateun’istanza di interpello ordinario ex art. 12 dellalegge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contri-buente) per conoscere la corretta interpretazionedell’art. 21 della Tariffa allegata al D.P.R. n.

641/1972. L’Agenzia interre-gionale riteneva di non esse-re tenuta al pagamento dellatassa attesa l’insussistenzasia del presupposto oggettivosia di quello soggettivo (19).Contrariamente a quanto pro-spettato dall’istante, l’Am-ministrazione ha ribadito cheanche a seguito dell’entratain vigore del codice la tassacontinua ad essere dovuta sindal momento della sottoscri-zione dell’abbonamento daparte dell’utente, attesa lamancata abrogazione del-l’art. 21 della Tariffa allegataal D.P.R. n. 641/1972. Diri-mente, secondo l’orienta-mento di prassi in analisi, sa-rebbe dunque il disposto dicui all’art. 3, comma 2, delD.M. n. 33/1990, richiamato

Note:

Ris. 18 gennaio 2012, n. 9/E

Concessionigovernative

(15) Non pare infatti assimilabile alla fattispecie in parola il casodeciso con l’ordinanza Cass., SS.UU., 28 gennaio 2011, n. 2064 (inBanca Dati BIG Suite, IPSOA), in materia di rimborso dell’IVA sullaTIA.(16) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA.(17) In Banca Dati BIG Suite, IPSOA. Cfr. R. Fanelli, «È ancora in vi-gore la tassa di concessione sui cellulari?», cit., loc. ult. cit.(18) Vale altresì la pena ricordare che sulla questione si è anchepronunciata la Corte di giustizia UE con ord. 15 dicembre 2010,causa C-492/09 a seguito di un rinvio operato dalla Commissionetributaria provinciale di Taranto. Il giudice comunitario, tuttavia,non si è pronunciato avendo dichiarato la questione irricevibilein ragione del fatto che il giudice del rinvio non aveva chiaritoper quale ragione la tassa di concessione violasse i principi co-munitari. Tale circostanza comporta la possibilità che la Corte digiustizia UE possa nuovamente essere chiamata a pronunciarsi at-traverso la riproposizione, in termini più completi, della questio-ne da altro giudice nazionale.(19) In primo luogo, infatti, l’abrogazione dei Titoli III e IV del li-bro IV del D.P.R. n. 156/1973, ed in particolare, dell’art. 318 didetto decreto, avrebbe comportato, secondo l’Agenzia interre-gionale, l’implicita abrogazione della tassa in parola. L’Agenzia ri-teneva altresì di non essere tenuta al pagamento per insussisten-za del presupposto soggettivo ai sensi dell’art. 13-bis del D.P.R. n.641/1972: come chiarito dalla Comm. trib. reg. del Veneto con lasent. 10 gennaio 2011, n. 5, cit., gli enti pubblici territoriali non sa-rebbero assoggettabili al tributo, in quanto enti territoriali di di-ritto pubblico in cui si articola l’entità statale e presso cui sonodecentrate le funzioni dello Stato.

Presupposto soggettivoLa risoluzione n. 9/E del 2012 haaffermato che la qualificazione diAmministrazione pubblica nonesclude dall’obbligo del pagamentodella tassa sulle concessionigovernative, dato che solo leAmministrazioni statali sarebberoesentate dall’obbligo di pagamentodella tassa di concessione governativa,non essendo quest’ultime obbligate adottenere alcuna specificaautorizzazione, licenza o documentosostitutivo, neanche per l’utilizzo diterminali per servizio radiomobile. IComuni, viceversa, nonostante lefinalità istituzionali, non sarebberoassimilabili alle Amministrazioni delloStato, e, conseguentemente, nonsarebbero riconducibili tra i soggettiesenti.

LA PRASSI AMMINISTRATIVA

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834 11/2012

Ris. 18 gennaio 2012, n. 9/E

Concessionigovernative

dall’art . 3 del D.L. n.151/1991, a tenore del qualeil documento rilasciato al-l’utente dagli operatori tele-fonici autorizzati, attestantela sua condizione di abbona-to, «sostituisce a tutti gli ef-fetti la licenza di stazione ra-dio». L’abrogazione dell’art.318 del D.P.R. n. 156/1973sarebbe dunque da conside-rarsi puramente formale es-sendo stata, la relativa nor-mativa, trasfusa integralmen-te nell’art. 160 del codice.Per supportare il proprio as-sunto, l’Agenzia delle entrateha fatto inoltre riferimentoalla legge n. 244/2007 (leggeFinanziaria 2008) che, «esen-tando i non udenti dal paga-mento del tributo», ne avrebbe indirettamente con-fermato la debenza in capo a tutti gli altri soggetti.Con riferimento al presupposto soggettivo, la risolu-zione ha affermato, richiamando precedenti docu-menti di prassi (20), che la qualificazione di Ammi-nistrazione pubblica non esclude dall’obbligo delpagamento della tassa sulle concessioni governative.Secondo l’interpretazione dell’Agenzia, infatti, so-lo le Amministrazioni statali sarebbero esentatedall’obbligo di pagamento della tassa di conces-sione governativa, non essendo quest’ultime obbli-gate ad ottenere alcuna specifica autorizzazione,licenza o documento sostitutivo, neanche per l’uti-lizzo di terminali per servizio radiomobile.I Comuni, viceversa, nonostante le finalità istitu-zionali, non sarebbero assimilabili alle Ammini-strazioni dello Stato, e, conseguentemente, non sa-rebbero riconducibili tra i soggetti esenti indivi-duati dall’art. 13-bis del D.P.R. n. 641/1972. Pertale ragione sarebbero tenuti a corrispondere latassa in parola, ai sensi del più volte richiamatoart. 21 della Tariffa annessa al D.P.R. n. 641/1972. La ricostruzione operata dall’Amministrazione, tut-tavia, non convince fino in fondo in quanto non af-fronta un aspetto di rilevante importanza della fat-tispecie, probabilmente anche a causa della man-canza di indicazioni in tal senso da parte del contri-buente istante in sede di interpello. La funzione

della tassa sulle concessionigovernative, infatti, è quelladi sottoporre ad imposizione,oltre agli atti di concessionegovernativa in senso tecnico,tutti quegli altri provvedi-menti amministrativi, emana-ti dall’Autorità amministrati-va a richiesta e a favore degliinteressati per atti e fatti chenon possono essere compiutisenza l’intervento di un orga-no dello Stato. Si tratta, insostanza, di un facere dellaPubblica amministrazioneche culmina nell’emanazionedi un determinato provvedi-mento, nel caso di specie rap-presentato dalla licenza di te-lefonia mobile. Questo, dun-que, il sinallagma tra la pre-

stazione pecuniaria del cittadino ed il servizio dellaPubblica amministrazione a base dell’istituzionedella tassa. Al riguardo, vale la pena ricordare co-me una tassa viene unanimemente considerata co-me dovuta dal singolo quale corrispettivo di unaspecifica prestazione resagli nell’adempimento deipropri obblighi da un ente pubblico (21).Ebbene, se, come anche ribadito dall’Amministra-zione finanziaria, a seguito delle modifiche del2003 non è previsto alcun facere da parte dellaPubblica amministrazione, né è previsto il rilasciodi una licenza che abiliti l’utente all’utilizzo deltelefono cellulare, saremmo in presenza di un tri-buto avente carattere periodico sprovvisto del re-quisito di corrispettività con il servizio reso e,conseguentemente, verrebbe meno il presuppostodi fatto e di diritto a base dell’imposta medesima.Questo indipendentemente da ogni disquisizionesull’eventuale abrogazione tacita dell’art. 21 e dal-la qualificazione soggettiva del soggetto titolaredell’utenza telefonica.

Note:(20) Risoluzione 15 maggio 2003, n. 107/E, cit., e risoluzione 3maggio 2005, n. 55/E, cit.(21) Per una ricostruzione del concetto di tassa, sotto il profiloeconomico e tributario, C. Sacchetto, «Tassa (in generale)», inEnc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992, pagg. 3 ss.

Funzione della tassasulle concessioni governativeLa funzione della tassa sulleconcessioni governative è di sottoporread imposizione, oltre agli atti diconcessione governativa in sensotecnico, tutti quegli altriprovvedimenti amministrativi,emanati dall’Autorità amministrativa arichiesta e a favore degli interessatiper atti e fatti che non possonoessere compiuti senza l’intervento diun organo dello Stato. Si tratta, insostanza, di un «facere» dellaPubblica amministrazione checulmina nell’emanazione di undeterminato provvedimento, come nelcaso rappresentato dalla licenza ditelefonia mobile.

SOLUZIONI OPERATIVE

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