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Archivio ELZEVIRO LA LEZIONE DI HEGEL Senza religione non c' è Stato ELZEVIRO La lezione di Hegel Senza religione non c' è Stato L' indagine storica non può essere una semplice descrizione di fatti. Basti pensare che, anche quando si rivolge a un episodio modesto, lo storico non può mai descriverlo in tutti i particolari. Gli occorrerebbe una vita infinita. È costretto a sceglierne gli aspetti per lui più significativi. Ma scegliere qualcosa perché lo si giudica rilevante non è descrivere: è teorizzare, costruire la teoria in base alla quale certi eventi sono importanti e altri no. Niente descrizione storica senza teoria più o meno consapevole di sé - e per lo più ideologica, pseudo filosofica, filosofica. Una teoria, poi, non è mai senza teorie rivali. Ogni indagine storica vive in conflitto con altre indagini. Per mille altri motivi, comunque, la descrizione storica più rigorosa è una costruzione teorica. (Il discorso vale anche per quel tipo di descrizione storica che è il giornalismo). La teoria più audace e profonda con cui è stata interpretata la storia del mondo è probabilmente quella di Hegel; è la stessa filosofia hegeliana. L' editrice Einaudi pubblica ora le lezioni di Hegel sulla Filosofia della storia universale. Secondo il corso tenuto nel semestre invernale 1822-23 (a cura di K.H. Ilting, K. Brehmer, H.N. Seelmann) con una notevole introduzione di Sergio Dellavalle: un testo di grande interesse che risulta da una opportuna revisione dei criteri seguiti nell' edizione G. Lasson, tradotta nel 1941 da G. Calogero e C. Fatta. La storia universale! Se ne può comprendere l' infinita estensione? Sì, perché la filosofia porta alla luce quel che in essa vi è di essenziale e universale. Innanzitutto lo Stato. Ma, dice Hegel, «la costituzione degli Stati si fonda sulla religione. La religione costituisce la base degli Stati, non nel senso che lo Stato si serva della religione come strumento, né nel senso che si presti obbedienza agli Stati per mezzo di essa, ma per la ragione che gli Stati non sono altro che la manifestazione del vero contenuto della religione». La storia universale è in sostanza la storia della religione, il processo in cui la religione raggiunge il suo «vero contenuto». Come è possibile sostenere questa tesi? Chi può stabilire quale sia il «vero contenuto» della religione è la scienza capace di conoscere in che consista la «verità». Per Hegel, come per tutta la cultura tradizionale dell' Occidente, tale scienza è la filosofia. La quale, pervenuta alla propria maturità, si lascia alle spalle ogni incredulità antireligiosa e falsamente razionale e scorge nel cristianesimo la manifestazione più alta della verità in campo religioso - in un campo, per altro, ancora inadeguato (per Hegel come per Kant) rispetto alla manifestazione filosofica della verità. E cos' è la verità? Hegel ha sollevato la filosofia moderna alla consapevolezza che la realtà è pensiero. Quando oggi si ricorda questa formula non se ne percepisce quasi mai la potenza e l' inevitabilità. Pensare una realtà esterna al pensiero è come voler saltare al di fuori della propria ombra. Ma un pensiero che pensi soltanto il mondo, e non riesca a pensare se stesso, è chiuso in una tomba: non vedendo sé, non vede la luce che consente al mondo di mostrarsi, quindi non vede la realtà vera. Il primo movimento del pensiero è dunque, sì, il suo volgersi al mondo; ma per poi rivolgersi a se stesso. Il pensiero è cioè un circolo: un uscire da sé, andando nell' «altro», nel mondo, per ritornare a sé portando il mondo con sé, liberandolo cioè dalla tomba e dalla morte. Ma - pensa Hegel - non sta proprio in questo circolo l' essenza del cristianesimo? Dio si è fatto uomo, è venuto nel mondo; ma non per restare uomo e mondo, nella morte e nella tomba, ma per ricondurli a sé. L' incarnazione di Dio è il circolo assoluto della realtà e della verità, lo Spirito che risulta dalla generazione del Figlio da parte del Padre. Lungi dall' essere un «mistero» inesplorabile dalla ragione, la Trinità cristiana è invece la stessa essenza più profonda della vera ragione. La «filosofia della storia universale» non può avere dunque altro compito che rintracciare, nella sovrabbondante varietà e complessità dello sviluppo storico dei popoli e degli Stati, la presenza del circolo divino del pensiero. Un compito immane, che Hegel affronta in modo abbagliante, per altro accessibile anche al non specialista. La storia non è abbandonata al caso, ma è guidata dallo Spirito, appartiene anzi al suo stesso prodursi. I popoli, come tali, non possono capire che cosa significhi il concetto filosofico di «circolo del pensiero», ma capiscono molto bene l' immagine religiosa di questo concetto, e cioè che Dio non è rimasto lontano e indifferente, ma si è fatto uomo e ha abitato tra noi per salvarci dal peccato e dalla morte, cioè per ricondurci a lui. Appunto per questo Hegel dice che la religione, e non la filosofia, è il fondamento degli Stati; e che la vera religione, cioè il cristianesimo, propriamente quello protestante, non può essere un mezzo per rafforzare lo Stato - uno Stato che, lasciando al di fuori di sé la dimensione religiosa, non può avere realtà e prima o poi viene «annullato». Le rivoluzioni nei Paesi latini erano destinate a fallire perché erano soltanto politiche, miravano solo al «rovesciamento dei troni», mentre «senza cambiamento della religione non può avvenire alcun vero cambiamento, alcuna rivoluzione». I Paesi protestanti, invece, «hanno già fatto la loro rivoluzione» «pacificamente» e con successo, perché la loro è stata una rivoluzione religiosa, ha portato il cristianesimo alla sua purezza; quindi è stata la vera rivoluzione politica. Ha portato negli Stati la «ragionevolezza», la verità, e dunque la libertà dall' errore e dal Senza religione non c' è Stato http://archiviostorico.corriere.it/2001/agosto/05/Senza_religione_non_S... 1 di 2 09/10/2008 18.23

Severino - Hegel_Filosofia Della Storia Universale, Coirriere Della Sera, 08-05-2001

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ELZEVIRO LA LEZIONE DI HEGEL

Senza religione non c' è Stato

ELZEVIRO La lezione di Hegel Senza religione non c' è Stato L' indagine storica non può essere una semplice descrizione

di fatti. Basti pensare che, anche quando si rivolge a un episodio modesto, lo storico non può mai descriverlo in tutti i

particolari. Gli occorrerebbe una vita infinita. È costretto a sceglierne gli aspetti per lui più significativi. Ma scegliere

qualcosa perché lo si giudica rilevante non è descrivere: è teorizzare, costruire la teoria in base alla quale certi eventi sono

importanti e altri no. Niente descrizione storica senza teoria più o meno consapevole di sé - e per lo più ideologica, pseudo

filosofica, filosofica. Una teoria, poi, non è mai senza teorie rivali. Ogni indagine storica vive in conflitto con altre indagini.

Per mille altri motivi, comunque, la descrizione storica più rigorosa è una costruzione teorica. (Il discorso vale anche per

quel tipo di descrizione storica che è il giornalismo). La teoria più audace e profonda con cui è stata interpretata la storia

del mondo è probabilmente quella di Hegel; è la stessa filosofia hegeliana. L' editrice Einaudi pubblica ora le lezioni di

Hegel sulla Filosofia della storia universale. Secondo il corso tenuto nel semestre invernale 1822-23 (a cura di K.H. Ilting,

K. Brehmer, H.N. Seelmann) con una notevole introduzione di Sergio Dellavalle: un testo di grande interesse che risulta da

una opportuna revisione dei criteri seguiti nell' edizione G. Lasson, tradotta nel 1941 da G. Calogero e C. Fatta. La storia

universale! Se ne può comprendere l' infinita estensione? Sì, perché la filosofia porta alla luce quel che in essa vi è di

essenziale e universale. Innanzitutto lo Stato. Ma, dice Hegel, «la costituzione degli Stati si fonda sulla religione. La

religione costituisce la base degli Stati, non nel senso che lo Stato si serva della religione come strumento, né nel senso che

si presti obbedienza agli Stati per mezzo di essa, ma per la ragione che gli Stati non sono altro che la manifestazione del

vero contenuto della religione». La storia universale è in sostanza la storia della religione, il processo in cui la religione

raggiunge il suo «vero contenuto». Come è possibile sostenere questa tesi? Chi può stabilire quale sia il «vero contenuto»

della religione è la scienza capace di conoscere in che consista la «verità». Per Hegel, come per tutta la cultura tradizionale

dell' Occidente, tale scienza è la filosofia. La quale, pervenuta alla propria maturità, si lascia alle spalle ogni incredulità

antireligiosa e falsamente razionale e scorge nel cristianesimo la manifestazione più alta della verità in campo religioso - in

un campo, per altro, ancora inadeguato (per Hegel come per Kant) rispetto alla manifestazione filosofica della verità. E cos'

è la verità? Hegel ha sollevato la filosofia moderna alla consapevolezza che la realtà è pensiero. Quando oggi si ricorda

questa formula non se ne percepisce quasi mai la potenza e l' inevitabilità. Pensare una realtà esterna al pensiero è come

voler saltare al di fuori della propria ombra. Ma un pensiero che pensi soltanto il mondo, e non riesca a pensare se stesso,

è chiuso in una tomba: non vedendo sé, non vede la luce che consente al mondo di mostrarsi, quindi non vede la realtà

vera. Il primo movimento del pensiero è dunque, sì, il suo volgersi al mondo; ma per poi rivolgersi a se stesso. Il pensiero è

cioè un circolo: un uscire da sé, andando nell' «altro», nel mondo, per ritornare a sé portando il mondo con sé, liberandolo

cioè dalla tomba e dalla morte. Ma - pensa Hegel - non sta proprio in questo circolo l' essenza del cristianesimo? Dio si è

fatto uomo, è venuto nel mondo; ma non per restare uomo e mondo, nella morte e nella tomba, ma per ricondurli a sé. L'

incarnazione di Dio è il circolo assoluto della realtà e della verità, lo Spirito che risulta dalla generazione del Figlio da parte

del Padre. Lungi dall' essere un «mistero» inesplorabile dalla ragione, la Trinità cristiana è invece la stessa essenza più

profonda della vera ragione. La «filosofia della storia universale» non può avere dunque altro compito che rintracciare,

nella sovrabbondante varietà e complessità dello sviluppo storico dei popoli e degli Stati, la presenza del circolo divino del

pensiero. Un compito immane, che Hegel affronta in modo abbagliante, per altro accessibile anche al non specialista. La

storia non è abbandonata al caso, ma è guidata dallo Spirito, appartiene anzi al suo stesso prodursi. I popoli, come tali,

non possono capire che cosa significhi il concetto filosofico di «circolo del pensiero», ma capiscono molto bene l'

immagine religiosa di questo concetto, e cioè che Dio non è rimasto lontano e indifferente, ma si è fatto uomo e ha abitato

tra noi per salvarci dal peccato e dalla morte, cioè per ricondurci a lui. Appunto per questo Hegel dice che la religione, e

non la filosofia, è il fondamento degli Stati; e che la vera religione, cioè il cristianesimo, propriamente quello protestante,

non può essere un mezzo per rafforzare lo Stato - uno Stato che, lasciando al di fuori di sé la dimensione religiosa, non può

avere realtà e prima o poi viene «annullato». Le rivoluzioni nei Paesi latini erano destinate a fallire perché erano soltanto

politiche, miravano solo al «rovesciamento dei troni», mentre «senza cambiamento della religione non può avvenire alcun

vero cambiamento, alcuna rivoluzione». I Paesi protestanti, invece, «hanno già fatto la loro rivoluzione» «pacificamente» e

con successo, perché la loro è stata una rivoluzione religiosa, ha portato il cristianesimo alla sua purezza; quindi è stata la

vera rivoluzione politica. Ha portato negli Stati la «ragionevolezza», la verità, e dunque la libertà dall' errore e dal

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fanatismo. Al fondamento dello Stato non sta la religione tout court, ma la religione a cui la filosofia ha dato la propria

benedizione. Miriadi di problemi si aprono.

Severino Emanuele

Pagina 25

(5 agosto 2001) - Corriere della Sera

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