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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA composta dai magistrati Dr. Enrico MAROTTA Presidente Dr. Paolo SIMEON Consigliere Dr. Francesca PADULA Primo Referendario relatore Uditi, nella pubblica udienza del 20 novembre 2008, con l’assistenza del segretario Dr. Anna DE ANGELIS, il relatore Primo Ref. Dr. Francesca PADULA, l’Avv. Francesco LONGO del Foro di Pordenone e Andrea CRISMANI del Foro di Trieste per i convenuti R E, B D, B R, C D, P L, Q E, R L M e V S, l’avv. Marco MARPILLERO del Foro di Udine per il convenuto G L, l’avv. Dante CUDICIO del Foro di Udine per il convenuto M G ed il P.M. nella persona del Vice Procuratore Generale Dr. Emanuela PESEL; visti gli atti e i documenti tutti di causa; ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 11809 del Registro di segreteria, promosso dal Vice Procuratore Generale Dr. Emanuela PESEL presso questa Sezione nei confronti dei Sigg.ri: 1) R E, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 2) M G, rappresentato e difeso dall’Avv. Dante CUDICIO, presso lo studio del quale, in Udine, via Cavour, n. 7, ha eletto domicilio; 3) G L rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Marco MARPILLERO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Alfredo ANTONINI, in Trieste, via del Lazzaretto Vecchio, n. 2; 4) R M L, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 5) Q E, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 6) V S, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 7) P L, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 8) C D rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 9) B R, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 10) B D, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3. RITENUTO IN FATTO Con atto del 12.10.2007, il Vice Procuratore Generale della Corte dei conti in Trieste ha citato in giudizio avanti a questa Sezione i Sigg. ri R E, M G, G L, R M L, Q E, V S, P L, C D, B R e B D, per sentirli condannare al pagamento, a favore del comune di Arzene, della somma complessiva di € 55.880,00, ripartita come in premessa, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

Sezione giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE

FRIULI VENEZIA GIULIA

composta dai magistrati Dr. Enrico MAROTTA Presidente Dr. Paolo SIMEON Consigliere Dr. Francesca PADULA Primo Referendario relatore Uditi, nella pubblica udienza del 20 novembre 2008, con l’assistenza del segretario Dr. Anna DE ANGELIS, il relatore Primo Ref. Dr. Francesca PADULA, l’Avv. Francesco LONGO del Foro di Pordenone e Andrea CRISMANI del Foro di Trieste per i convenuti R E, B D, B R, C D, P L, Q E, R L M e V S, l’avv. Marco MARPILLERO del Foro di Udine per il convenuto G L, l’avv. Dante CUDICIO del Foro di Udine per il convenuto M G ed il P.M. nella persona del Vice Procuratore Generale Dr. Emanuela PESEL; visti gli atti e i documenti tutti di causa; ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 11809 del Registro di segreteria, promosso dal Vice Procuratore Generale Dr. Emanuela PESEL presso questa Sezione nei confronti dei Sigg.ri: 1) R E, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 2) M G, rappresentato e difeso dall’Avv. Dante CUDICIO, presso lo studio del quale, in Udine, via Cavour, n. 7, ha eletto domicilio; 3) G L rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Marco MARPILLERO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Alfredo ANTONINI, in Trieste, via del Lazzaretto Vecchio, n. 2; 4) R M L, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 5) Q E, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 6) V S, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 7) P L, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 8) C D rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 9) B R, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3; 10) B D, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Francesco LONGO, Renato FUSCO ed Andrea CRISMANI, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Renato FUSCO, in Trieste, via Donota, n. 3. RITENUTO IN FATTO Con atto del 12.10.2007, il Vice Procuratore Generale della Corte dei conti in Trieste ha citato in giudizio avanti a questa Sezione i Sigg. ri R E, M G, G L, R M L, Q E, V S, P L, C D, B R e B D, per sentirli condannare al pagamento, a favore del comune di Arzene, della somma complessiva di € 55.880,00, ripartita come in premessa, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio.

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La vicenda dalla quale la Procura ha individuato la fattispecie di illecito amministrativo contabile trae origine dalla perdita del capitale sociale, per effetto del fallimento della società denominata “Iniziativa Arzene s.p.a.”, finalizzata alla riqualificazione del sito dell’ex Caserma Tagliamento, società nella quale il Comune di Arzene aveva una partecipazione minoritaria. Riferisce la Procura che la Giunta Comunale di Arzene, successivamente alla sdemanializzazione e quindi al passaggio a patrimonio comunale disponibile dell’immobile denominato “ex Caserma Tagliamento” di Arzene, comprendente una superficie di mq. 62.640, incaricava nell’agosto 2002 il Sindaco di espletare tutte le formalità e gli atti preliminari per il concreto avvio delle trattative volte al processo di recupero e di riqualificazione urbanistica del sito. Con Del.39 dell’22-10-2002 del Consiglio Comunale di Arzene, avente ad oggetto “comunicazioni del Sindaco”, si stabiliva che non sarebbe stata necessaria una convocazione urgente del Consiglio Comunale per la costituzione di un’apposita Spa e che la procedura sarebbe stata invece attivata con un atto giuntale di approvazione del bando per la scelta e l’individuazione del contraente privato, con relativi criteri di aggiudicazione, con fissazione di un termine di 10 giorni per la partecipazione alla gara. In seguito, esperita la gara, e predisposte le clausole contrattuali il Consiglio sarebbe stato chiamato a pronunciarsi sulla scelta del socio e sull’intera operazione societaria immobiliare. Con Del.52 del 23-10-2002, prosegue la Procura, della Giunta Comunale, dopo aver sottolineato l’avvenuta comunicazione al Consiglio Comunale la sera precedente della progettata costituzione di una società di capitali mista con partecipazione minoritaria del Comune, cui cedere il diritto di superficie del complesso immobiliare dell’ex caserma Tagliamento (con un valore della proprietà stimato in precedenza come oscillante tra gli 8 e i 12 miliardi, ora fissato in 5.200.000€), veniva approvato un bando per l’individuazione del socio privato di maggioranza per la costituzione di una società per la riqualificazione urbana e lo sviluppo dell’area “caserma Tagliamento”. La Giunta deliberava, inoltre, di dare allo stesso la necessaria divulgazione sull’albo pretorio e dava atto che, per la valutazione delle offerte, la scelta del socio privato e la definizione dei contenuti contrattuali dell’intero operazione sarebbe stata nominata un’apposita commissione consultiva speciale Evidenzia la Procura che tale bando si poneva in palese contrasto con la normativa in materia di evidenza pubblica (D.Lgs.157/1995 e D.P.R. 533/1996), prevedendo come unica forma di pubblicità, la pubblicazione per 10 giorni all’albo pretorio, termine entro il quale dovevano essere inviate a pena di esclusione le domande di partecipazione, corredate del progetto imprenditoriale. Il progetto, sulla base del quale si sarebbe dovuto individuare il socio privato, doveva essere articolato in tre parti: 1) Forma e rapporti societari 2) Progetto di sviluppo imprenditoriale 3) Piano economico e finanziario a sostegno dell’intervento. L’aggiudicazione sarebbe avvenuta seguendo il criterio dell’offerta più vantaggiosa. Il bando specificava ancora che il Comune di Arzene avrebbe ceduto alla costituenda società il diritto di superficie sull’area denominata “ex Caserma Tagliamento”. Con Del.54 del 4-11-2002 della Giunta Comunale, prosegue la Procura, veniva nominata, su proposta del Sindaco e senza alcun esperimento di ricerca di mercato relativamente all’esperto esterno, una commissione tecnica consultiva temporanea mista per le valutazioni delle offerte, composta da “funzionari comunali, politici ed esperti esterni”, nelle persone del Sindaco, del Segretario comunale M, del Tecnico comunale S e del rag. G L, commercialista. Alla delibera veniva allegato il verbale dd. 5-11-2002 della Commissione consultiva contenente la valutazione positiva dell’unica offerta pervenuta. Ritiene illegittima la Procura tale procedura, a conclusione della quale il sig. P A, broker residente a omissis (presente, però, già alla seduta del Consiglio Comunale di cui alla deliberazione 39/2002 come emerso dai verbali di audizione) risultava essere l’unico partecipante alla selezione per l’individuazione del socio di maggioranza, anche in ragione, osserva, di una “pubblicizzazione” del bando limitata a 10 giorni all’Albo pretorio del Comune. La domanda di partecipazione dello stesso veniva valutata positivamente dalla Commissione consultiva temporanea speciale, anch’essa ritenuta di dubbia legittimità dalla Procura, anche in base al progetto di sviluppo imprenditoriale e al piano economico finanziario a sostegno dell’iniziativa presentati per partecipare alla selezione, nonostante il contenuto di tali proposte fosse del tutto generico e inconsistente .

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Con Del.41 dell’11-11-2002 il Consiglio Comunale deliberava la costituzione di una società per azioni con partecipazione minoritaria del comune di Arzene (44%) e maggioritaria del socio P A. Con la medesima deliberazione n. 41/2002 si stabiliva di concedere alla costituenda società il diritto di superficie (concessione oggetto di esplicita approvazione con la successiva deliberazione consiliare n.42/2002) sugli immobili compresi nell’area per un periodo di anni 50 e si approvava, oltre agli schemi di atto costitutivo e di statuto, una convenzione contenente patti parasociali; in essa si stabiliva, tra l’altro, che il corrispettivo per il diritto di superficie, valutato in 3.615.000,00 €, si sarebbe dovuto corrispondere in rate annuali di 73.312,50 € a partire solo dal 31 dicembre del secondo anno dall’avvio dell’iniziativa e che la sottoscrizione del capitale per la parte relativa al Comune di Arzene sarebbe stata finanziata con un’anticipazione messa a disposizione dal P (da recuperare al momento del pagamento della prima rata di corrispettivo). Il 14-2-2003, Rep. 33719 e Racc.4349, veniva costituita la società “Iniziativa Arzene S.p.a.” Lo Statuto prevedeva, tra l’altro, la facoltà per il Comune di Arzene di nominare un numero minimo di componenti del Cda (art.21) e la previsione della decadenza del CdA nel caso di riduzione del numero dei componenti a meno di tre. Con Del.13 del 5-6-2003 del Consiglio Comunale venivano deliberate delle modifiche allo Statuto della società al fine di consentire, con effetto retroattivo, il conferimento del capitale sociale sottoforma di qualsiasi elemento suscettibile di valutazione economica e di autorizzare la modifica dello Statuto anche senza maggioranze qualificate, vale a dire anche con il solo voto favorevole del socio privato di maggioranza. Dall’istruttoria compiuta risulta però, osserva l’attrice, che tale variazione non è mai stata trasfusa in una modifica formale dello Statuto originario. Sottolinea a questo punto la Procura l’inconsistenza dell’apporto progettuale del socio di maggioranza al conseguimento dell’oggetto sociale, nonostante lo stesso fosse stato positivamente valutato sulla scorta di un progetto imprenditoriale, in realtà non presentato e commissionato solo in seguito allo studio F, tanto che nello stesso patto parasociale al punto 1.4 viene prevista la presentazione da parte della costituenda società di “un piano di recupero urbanistico”. Rileva mancanza di un’idonea dimostrazione della “solidità economica della proposta” come richiesto nel bando, che, nella documentazione presentata dal P, si risolve in un appunto sui mutui da richiedere e sui finanziamenti ai quali accedere, in difetto di un concreto piano di interventi. Quindi evidenzia l’attrice che il socio privato, illegittimamente individuato, giovandosi della sua posizione di socio di maggioranza nonché di Presidente del Consiglio di Amministrazione, ha costantemente tenuto comportamenti contrastanti con l’interesse della società (ad esempio, vendendo alla società beni personali sopravvalutati e prelevando, senza giustificazione, somme dai conti della società) dai quali è derivato un consolidamento di passività tale da determinare il fallimento della società stessa, senza che si fosse conseguito alcun risultato positivo in termini di attuazione dell’oggetto sociale. Dal fallimento della società, rileva la Procura, è derivato l’obbligo per il Comune di conferire la propria parte di capitale sociale pari a 55.880,00 € (di cui ai mandati 749 e 750 del 13-9-2006 per 30.000,00 € e 25880,00 €) che costituisce un danno ingiusto di cui devono rispondere tutti i soggetti chiamati. Sottolinea la Procura che la pessima gestione societaria che ha condotto al fallimento della società è stata determinata dalla massima libertà di azione riconosciuta in virtù degli assetti societari ad un amministratore delegato-socio di maggioranza inaffidabile, per di più scelto senza alcuna di quelle cautele che caratterizzano le procedure ad evidenza pubblica a garanzia degli interessi delle amministrazioni. La costituzione della società, prosegue, che non ha portato la realizzazione di interventi apprezzabili in termini di realizzazione dell’oggetto societario, ha avvantaggiato unicamente il P che attraverso il veicolo societario è riuscito ad assicurarsi liquidità (a copertura di spese che non transitavano nemmeno sul conto economico) e la vendita a prezzo maggiorato (successiva rivendita di un quadro e dell’automobile) alla società beni di sua proprietà, non riconducibili all’oggetto sociale. Rileva quindi, anche controdeducendo alle eccezioni difensive rese dai convenuti in sede istruttoria, che alla problematica della riqualificazione di ambiti territoriali soccorre, ai sensi dell’art. 120 del D.Lgs. 267/2000, l’istituto delle società di trasformazione urbana (STU), L’esigenza di riqualificazione del territorio avrebbe potuto trovare una risposta, coerente con

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l’ordinamento vigente, in una preventiva modifica del Piano Regolatore Generale Comunale, frutto della volontà espressa dall’organo rappresentativo della Comunità (del resto più volte interpellato attraverso gli incontri pubblici di cui alle argomentazioni difensive) volta ad individuare una destinazione maggiormente aderente agli interessi della Comunità, nell’ambito della quale poter poi utilmente beneficiare di proposte e di interventi più specifici eventualmente provenienti anche da privati. Evidenzia in proposito che il piano regolatore comunale è stato approvato il 22-10-2002 e che, nello stesso, la zona interessata viene riportata come zona di demanio militare, mentre la modifica in zona mista industriale artigianale commerciale sarebbe stata approvata solo nel 2007. Mancherebbe quindi nel periodo di vita della società “Iniziativa Arzene spa” la preventiva fase di programmazione urbanistica, -riservata dall’art.42 del D.Lgs 267/2000 alla competenza consiliare-, nel cui ambito far ricadere gli interventi di recupero proponibili. La Procura illustra le argomentazioni volte a dimostrare che gli atti riguardanti gli assetti societari erano in realtà stati messi a punto in precedenza alla gara fittizia dal G dal R e dal M nello studio del commercialista, con il preciso e doloso intento di far sì che l’individuazione del P come socio di maggioranza, risultasse l’unica soluzione possibile. Nonostante che con la delibera 47/2002 la Giunta avesse incaricato il Sindaco R di espletare tutte le formalità e gli atti preliminari per il concreto avvio delle trattative volte al processo di riqualificazione del sito, tenendo costantemente informato sugli eventi il Consiglio comunale, con la successiva delibera 39 del 22-10-2002 del Consiglio comunale, contenente le comunicazioni del Sindaco, inizia l’improvvisa velocizzazione della procedura. Il Sindaco infatti comunica in quella sede ai consiglieri l’avvenuta “correzione di rotta” evidenziando che non vi sarebbe stata necessità di una convocazione urgente del Consiglio per deliberare sulla costituzione della società “pur permanendo la necessità di presentare la domanda di contributi FRIE entro il 14 novembre”, dal momento che la procedura sarebbe stata attivata dalla Giunta mediante l’approvazione di un bando per l’individuazione del socio di maggioranza e fissando il termine di 10 giorni per la partecipazione alla gara. Nel testo della delibera viene riportata l’avvenuta illustrazione da parte del Sindaco di un progetto realizzato da uno studio professionale relativo alla realizzazione di un villaggio turistico alimentato da fonti energetiche alternative. Evidenzia l’attrice che dalle dichiarazioni sottoscritte dai convenuti risulta che in quella sede fu illustrato una sorta di cronoprogramma dell’operazione finalizzata all’ottenimento dei contributi e che in quella seduta fu presentato il P che intervenne in modo succinto, probabilmente per pubblicizzare i suoi possibili contatti con investitori terzi in qualità di broker. Nella stessa seduta il Rag G aveva illustrato il contenuto dei patti parasociali. Stigmatizza quindi che il bando sarebbe stato approvato dalla Giunta appena il giorno dopo e che tra gli allegati alla domanda prevedeva proprio il piano imprenditoriale contenente, tra l’altro, anche la forma e i rapporti societari già illustrati il giorno prima dal Rag. G, nominato nella Commissione Consultiva speciale 15 giorni dopo (con la delibera di Giunta 54/2002), in Consiglio. Evidenzia l’illegittimità del bando di gara, in quanto non pubblicizzato, tenuto conto che la pubblicazione per 10 giorni all’albo pretorio del Comune, pur in mancanza di criteri di discriminazione soggettiva, non può certo far ritenere assolto l’obbligo di pubblicità stabilito per legge (cfr.D.Lgs.157/1995 e D.P.R. 533/1996), e contenente elementi del tutto irrazionali, quali l’obbligo, a pena di esclusione, di depositare, in allegato alla domanda, un progetto di sviluppo imprenditoriale redatto secondo un grado di approfondimento della proposta e delle metodologie utilizzate liberamente scelto dai partecipanti, evidentemente “costruito” sulla persona del P. Rappresenta che il piano imprenditoriale, valutato positivamente dalla Commissione, in pratica non esisteva e che solo in seguito è emerso un progetto di massima redatto dallo studio F. Ritiene abbiano collaborato alla realizzazione di tale disegno, quali componenti della Commissione Tecnica Consultiva, il R, il M ed il G, che è entrato nel processo di formazione della volontà dell’Ente, escluso il Tecnico comunale S, che risulta aver compiuta un’attività meramente burocratica senza alcuna partecipazione alla decisione della Commissione. Hanno inoltre per l’attrice concorso alla determinazione del danno i componenti della Giunta e del Consiglio comunale che, con il proprio voto favorevole, hanno sostenuto il meccanismo posto in essere dal Sindaco con la collaborazione del Segretario e del G. Gli Assessori, infatti, approvano un bando che di fatto estromette il Consiglio dalle sue competenze in materia di costituzione di società e che contiene macroscopici elementi di illegittimità. Sia gli Assessori

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che i Consiglieri avrebbero dovuto ragionevolmente insospettirsi in relazione al ricorso a procedure anomale, specialmente se collegate al fatto che il vincitore della gara era apparso in Consiglio comunale prima ancora di aver partecipato alla selezione; alla prospettazione fumosa dei destini del sito da riqualificare; al fatto che lo stesso P riteneva realizzabile il solo intervento relativo alle abitazioni temporanee (progetto che nulla aveva a che fare con un’eventuale contribuzione FRIE destinata ad interventi turistici, che sembrava essere stato un motivo determinante dell’accelerazione nella procedura richiamata nella delibera consiliare 39/2002); al fatto che venisse a spiegare gli aspetti societari un ragioniere, consulente esterno conosciuto dal Sindaco, quando a disposizione, già pagato dall’Ente in quanto Revisore dei conti, vi era un dottore commercialista. Esclude responsabilità di C A appena subentrato in Consiglio Comunale e quindi inesperto. Esclude possano configurarsi quale fatti interruttivi del nesso di causalità, le garanzie offerte da alcune norme statutarie e dai patti parasociali. Afferma che una procedura di liquidazione ai sensi degli artt.16-21-30 dello Statuto avrebbe comunque richiesto una deliberazione dell’assemblea dei soci e, conseguentemente, il consenso del socio di maggioranza (che non risulta aver manifestato concreta disponibilità a tale soluzione) e non avrebbe garantito risultati certi in termini di convenienza a fronte della gestione del P (che non contabilizzava nemmeno tutte le spese nel conto economico). Quanto alla norma statutaria (art.30) in base alla quale con le dimissioni del componente nominato dal Comune avrebbe potuto prodursi la ventilata paralisi del Cda e la conseguente scelta di liquidazione della società, questa avrebbe potuto essere facilmente aggirata con un innalzamento del numero dei componenti del Cda da 3 a 5 membri, approvato dall’Assemblea ordinaria in cui il P aveva la maggioranza, in seguito al quale, anche a fronte delle dimissioni dei due componenti in quota Comune, il Cda avrebbe potuto continuare a funzionare con 3 membri. Non sarebbe emerso per la Procura un contrasto insanabile tra i soci, ma solo una rinuncia alla facoltà di nominare una parte del Cda da parte del socio di minoranza, cui sarebbe conseguita una situazione di maggior potere per P e di pregiudizio per il Comune che sarebbe stato completamente escluso dall’organo di amministrazione. Ritiene il patto riconducibile alla nozione di patto parasociale atipico, vale a dire un patto lecito nella misura in cui la sua causa e i suoi contenuti risultino meritevoli di apprezzamento alla stregua dell’art.1322 c.c.. Quindi, dubitando della conformità a legge del predetto contratto laddove consente che, in relazione ad una causa non immediatamente percepibile dagli eventuali creditori (legata al venir meno delle condizioni per il pagamento del corrispettivo del diritto di superficie), il capitale sociale debba essere considerato conferibile da un unico socio, osserva comunque che a fronte dell’ inadempimento da parte del P, il Comune poteva agire solo in termini di violazione degli obblighi contrattuali contro il P, ma non avrebbe comunque potuto rifiutarsi di adempiere al suo obbligo nei confronti della società. Non ritiene sussistere la responsabilità della nuova Giunta, cui non può addebitarsi l’omissione di comportamenti poco corretti e certamente non conformi alla ratio dell’ordinamento societario (quali la reiterata mancata nomina del Cda o il rifiuto di conferire la propria quota capitale) che non avrebbero, comunque, prodotto alcun beneficio per il Comune. Rappresenta che la nuova Giunta, su consiglio di un legale, e probabilmente al fine di scongiurare che il diritto di superficie (concessione mai formalizzata) potesse ricadere nella procedura fallimentare, aveva provveduto ad annullare in sede di autotutela tutti i provvedimenti volti alla costituzione della società (decisione ritenuta perfettamente legittima dal Giudice del sequestro nella causa promossa dal P contro il Comune), non potendo quindi dare successiva applicazione ad un contratto approvato con un atto annullato. Poiché comunque sarebbero stati fatti salvi i diritti dei terzi di buona fede, quali i creditori della società che dovevano essere garantiti nei limiti del capitale sociale, si adottò la decisione di limitare il danno al solo dovuto conferimento del capitale sociale conservando, però, la disponibilità del bene. Appare evidente, piuttosto, alla Procura, la volontà della vecchia Giunta di favorire il P senza la minima considerazione per gli interessi della società: il Sindaco R che aveva contatti più diretti con il P aveva addirittura avallato una modifica dello Statuto, pur non recepita formalmente, approvata dal Consiglio Comunale con Del.13/2003, volta a consentire il conferimento delle opere d’arte come capitale sociale. In conclusione, del danno derivante dal fallimento di “Iniziativa Arzene s.p.a.”, quantificato in 55.880,00 €, devono per l’attrice rispondere:

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in solido per una quota dell’ 80% del danno, pari 44.704,00 €, a titolo di dolo per aver scientemente predisposto le condizioni per l’individuazione del P, consentendo allo stesso la massima libertà di azione, il Sindaco R (per 14.901,33 €), il Segretario M (per 14.901,33 €) e il consulente (assimilabile ad un soggetto in rapporto di servizio, in quanto intervenuto attivamente nel procedimento) Rag. G (per 14.901,33 €); per il restante 12% pari a 6.705,00 €, in parti uguali, a titolo di colpa grave per aver consentito ed avallato l’operato del Sindaco, i due Assessori Q e R e il consigliere V (per 2.235,00 € ciascuno) per aver partecipato senza attivarsi in alcun modo nell’interesse del Comune al Cda di “Iniziativa Arzene Spa”; per il restante 8% (pari a 4.470,00 €), in parti uguali, sempre a titolo di colpa grave gli altri componenti del Consiglio comunale (P, B D., B R., C), per 1.117,50 € ciascuno, che oltre ad aver avallato l’illegittima procedura di individuazione del socio privato inaffidabile hanno accettato, dimostrando un’inaccettabile inerzia nella tutela degli interessi della Comunità, un’operazione basata su progetti palesemente inconsistenti. Con atto depositato il 26.09.2008 si è costituito in giudizio G L, rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. Marco MARPILLERO del Foro di Udine, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’atto di citazione per difetto di giurisdizione, attesa l’insussistenza del rapporto di servizio tra il medesimo ed il Comune di Arzene e nel merito l’infondatezza dell’azione. Nella successiva memoria illustrativa del 02.10.2008 la difesa del G evidenzia la necessità di tener conto delle singole fasi che hanno caratterizzato la vita societaria (amministrazione ordinaria; amministrazione straordinaria nella fase della liquidazione ed amministrazione fallimentare della società), in relazione alle quali diversamente si atteggiano le condotte del Presidente del Collegio Sindacale. Con riferimento alla Amministrazione ordinaria evidenzia che l’approfondito e continuativo esercizio dei compiti propri dell’organo di controllo conferma la correttezza e professionalità del G. Nel verbale del 15.04.2004, osserva, il Collegio Sindacale rilevava che il risultato di esercizio, riferito al 1° trimestre 2004, presentava una perdita di € 3.131,07. Ritiene la difesa, che a quella data, provvedendo alla vendita delle opere d’arte e dell’autovettura si potesse liquidare la società senza ulteriori oneri per il Comune. Nel verbale del 15.04.2004, prosegue, il Collegio Sindacale rilevava che il risultato di esercizio, riferito al 2° trimestre 2004, presentava una perdita aggravata rispetto a quella registrata nel corso del 2003 anche per l’emergere di perdite al momento della vendita dell’autovettura per € 10.500,00. Da questo momento in poi, osserva la difesa, la liquidazione della società appare molto più difficile senza l’intervento dei soci per il versamento degli ulteriori decimi di capitale sottoscritto. Nel verbale del 15.10.2004 il Collegio Sindacale rilevava che il risultato di esercizio, riferito al 3° trimestre 2004, aggravava ulteriormente la perdita registrata nel corso del 2003. Rileva la difesa che alcune spese dal P non sono più transitate sul conto economico, bensì fanno parte dei prelievi effettuati dallo stesso ed infatti i conti di debito e credito iscritti a bilancio segnalano, per la prima volta, uno sbilancio significativo a credito della società per € 6.050,09. Ancora: nel verbale del 15.01.2005 il Collegio Sindacale rilevava che il risultato di esercizio, riferito al 30.11. 2004 aggravava ulteriormente la perdita registrata nel corso del 2003. Al 31.03.2005, 30.06.2005 e 30.09.2005 risultava aggravata la perdita registrata nel corso del 2004 Il Collegio ripetutamente invita all’osservanza dell’art. 2447 cod.civ. ed a non porre in essere operazioni che possono portare pregiudizio sia alla società che ai terzi. Evidenzia la difesa che nelle Relazioni annuali (01.06.2004 e 13.04.2005) sullo schema di bilancio degli esercizi 2003 e 2004 predisposto dagli Amministratori erano segnalate le operazioni effettuate dal socio di maggioranza, le posizioni di credito e debito della società nei confronti del medesimo e si ribadiva l’invito (rel. 13.04.2005) agli amministratori a convocare l’assemblea dei soci al fine dell’applicazione dell’art. 2447 c.c. Richiama la difesa le comunicazioni inviate agli organi societari ed ai soci, tra cui il Sindaco e gli Amministratori del Comune di Arzene, dal Presidente del Collegio Sindacale in merito all’andamento societario ed alla scarsa collaborazione tra i due soci, effetto della contrapposizione politica tra maggioranza-minoranza che si sono avvicendate alla guida del Comune per effetto delle elezioni consiliari della Primavera del 2004. Si tratta in particolare delle note del 29.11.2004, in merito alle perdite emerse e la nota del giugno 2005, con cui fu segnalata l’esigenza di mettere in liquidazione la società. Osserva la difesa che i nuovi amministratori erano dunque stati messi in grado di poter recuperare ancora buone parte del

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capitale conferito (in quota nominale di 3/10), riducendo le perdite con l’avvio della fase di liquidazione. Ritiene erronea la difesa la tesi avanzata dal nuovo Sindaco di Arzene, che evidenziava una indimostrata incompatibilità tra procedura societaria di liquidazione (indicata dal G come unica via d’uscita per risolvere la conflittualità tra i due soci) ed il procedimento amministrativo di autotutela che la nuova maggioranza aveva avviato (e poi sospeso). Richiama l’attenzione su alcuni passi dei verbali del Consiglio di Amministrazione (27.06.2005, 11.08.2005, 28.09.2005) dai quali emerge la colpevole inerzia del Comune nel non valutare l’invito del G all’avvio della fase di liquidazione. Segnala che la posizione maturata dal Collegio dei Sindaci era già stata portata a conoscenza del Sindaco prima della formalizzazione nel verbale del giugno 2005, come emerge dalla delibera n. 9 del 23.06.2005 (quarto capoverso delle premesse). Evidenzia che in occasione della Assemblea Ordinaria del 23.01.2005, successiva alle dimissioni del consigliere V, era aperta per il Comune la possibilità di omettere la designazione del proprio nuovo amministratore: in tal modo si sarebbe creata la situazione di impossibilità d funzionamento che avrebbe consentito di procedere allo scioglimento della società. Ritiene che la condotta dei nuovi Amministratori possa essere apprezzata come elemento interruttivo del nesso causale o incidente sul grado e giudizio della colpa e sulla conseguente riduzione del danno per il concorso di colpa. Contesta la difesa la conformità a legge della decisione di procedere al versamento della quota di capitale sociale, in accoglimento della istanza del Curatore Fallimentare, sia sotto il profilo del quantum erogato, sussistendo un debito a carico del Comune ridotto ad € 39.116,00, dovendosi tener conto, come evidenziato nella nota del 24.04.2006 dal Sindaco S, del già avvenuto versamento dei 3/10 in sede di costituzione della società, per la quota del Comune, anche se anticipata in forza di patto privatistico interno dal socio di maggioranza (con conseguente sottrazione di € 16.764,00); sia sotto il profilo dell’an debeatur, ben potendosi ritenere che la conclusione del procedimento di autotutela, quanto alla illegittimità della costituzione della società, rappresenti motivo di esonero del Comune dal versamento della quota di capitale sociale, anche se richiesta dal Curatore Fallimentare. Chiede la citazione in giudizio degli attuali Amministratori del Comune, nonché dei Dirigenti, ove responsabili in via esclusiva della decisione di accollare al bilancio comunale la erogazione della somma di € 55.880,00, disponendo il rinvio della decisione alla avvenuta citazione in giudizio dei possibili ulteriori responsabili da parte della Procura Regionale. Eccepisce riguardo alla posizione del G quale libero professionista il difetto di giurisdizione per difetto del rapporto di servizio, ritenendo la questione subordinata alla richiesta di integrazione del contraddittorio; in via alternativa la mancanza di efficienza causale della condotta del medesimo ai fini dell’atto deliberativo che ha determinato la nascita della società mista. Sottolinea che le modalità di svolgimento della gara rientrano nella competenza del Segretario Comunale che firma in via esclusiva l’All. A della Delibera 52/02 che contiene il bando di gara; che non sussiste nessuna censura del bando di gara per profili riferibili allo strumento societario, unici aspetti collegabili causalmente con la presenza del G nella Commissione Consultiva; che gli allegati alla delibera di avvio sono atti dirigenziali. Conclude chiedendo l’estensione del contraddittorio nei confronti degli Amministratori in carica del Comune e dei Dirigenti responsabili della emissione dei mandati di pagamento a favore del Curatore Fallimentare; nel merito dichiarare il difetto di giurisdizione nei confronti del G; in via subordinata rigettarsi la domanda per infondatezza del presupposto della illiceità della condotta e della colpa grave, salvo l’esercizio del potere riduttivo per la novità del caso. Con atto depositato il 01.10.2008 si è costituito in giudizio il convenuto G M, rappresentato e difeso dall’Avv. Dante CUDICIO del foro di Udine, eccependo inammissibilità e infondatezza dell’atto di citazione. Afferma che il Consiglio comunale del Comune di Arzene non è stato esautorato delle proprie funzioni in materia di piani territoriali ed urbanistici ed evidenzia che dalla deliberazione n. 39/02 (Comunicazioni del Sindaco) si evince che era necessario che prima venisse costituita la Società e che questa presentasse il progetto definitivo da sottoporre all’approvazione del Consiglio comunale, il quale avrebbe anche approvato la relativa variante urbanistica. Fa presente che ai sensi del DPR 327/01 l’approvazione del progetto costituisce approvazione della variante e che il progetto dello studio F era mero progetto di massima e quindi non definitivo; che la società è stata costituita con deliberazione consiliare e non con atti giuntali;

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che il ricorso alla consulenza esterna fu necessitato dalla mancanza all’interno dell’Ente di personale qualificato in materia societaria, fermo restando che non rientrano nei poteri dei revisori contabili la stesura di statuti o patti parasociali. Evidenzia l’urgenza del bando di gara per il ripetersi di atti di vandalismo e per procedere alla presentazione della domanda di contributi FRIE, nonché la conformità a legge del medesimo bando. La delibera consiliare n. 38/03, prosegue, dimostra che gli interventi costruttivi residenziali ipotizzati dal P dovevano sottostare alla decisione del Consiglio comunale. Per quanto riguarda la scelta del socio di maggioranza ritiene rispettati i principi di evidenza pubblica sotto il profilo della forma di pubblicità per le esigenze di celerità e della libera partecipazione, non prevedendo discriminazioni soggettive, ma una griglia di punti da attribuire a ciascun partecipante. Sottolinea che la Commissione consultiva non esercitava poteri decisori. Ritiene che la costituzione della società abbia sanato le eventuali illegittimità riguardanti la fase costituiva della società stessa, ponendosi quale causa interruttiva del rapporto di causalità tra l’adozione degli atti e il danno e che le cause sopravvenute quali la scorretta gestione societaria sono state da sole in grado di determinare l’evento. In proposito evidenzia che i consiglieri di opposizione inoltrarono (del 72/04) all’attuale sindaco un’interrogazione lamentando l’andamento negativo del bilancio sociale e l’inerzia dell’Amministrazione e che potevano essere applicati l’art. 2484 comma 33, sussistendo una situazione irreversibile di contrasto tale da portarla verso una definitiva impossibilità di funzionamento, od in alternativa l’art 2485, che prevede in caso di omissioni degli amministratori la segnalazione al Tribunale da parte dei soci dell’irregolare gestione societaria. Richiama i verbali del Collegio Sindacale circa la gravità della situazione economica e le perdite al 2004 che dovevano indurre alla messa in liquidazione della Società. Precisa che l’esborso richiesto dal Curatore doveva essere opposto dal Comune in forza del patto parasociale. Evidenzia che il segretario comunale M non ha espresso il proprio parere di legittimità, non più obbligatorio, in merito agli atti relativi alla costituzione della società e che piuttosto sulla questione fu richiesta la consulenza del G e del segretario del Consorzio P R G, segretario generale del Comune di Pordenone. Ritiene che il parere di regolarità tecnica rappresenti solo un aspetto formale dell’iter procedimentale e che è da escludere la colpa grave del M nella vicenda. Conclude chiedendo l’assoluzione con il favore delle spese di giudizio ed in ogni caso la riduzione della somma in condanna. Con memoria depositata il 03.10.2008 si è costituito in giudizio il convenuto R E, rappresentato e difeso dall’A.. Francesco LONGO del Foro di Pordenone e dagli Avv.ti Renato FUSCO e Andrea CRISMANI, entrambi del Foro di Trieste; con distinta memoria depositata in pari data si sono costituiti B D, B R, C D, P L, Q E, R L M e V S, tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti LONGO, FUSCO e CRISMANI. Evidenzia la difesa che il Comune non era tenuto, in virtù dei patti parasociali, al conferimento della quota societaria richiestogli. Afferma la legittimità del bando, essendo stata garantita la libera partecipazione ed essendo stati individuati criteri di natura oggettiva ai fini dell’attribuzione dei punteggi. Per le modalità adoperate nel concreto ritiene legittime le formalità di pubblicazione. Ritiene ammissibile che il Comune possa costituire ed avvalersi di una s.t.u. (società di trasformazione urbana) anche omnibus al fine di assumere tutte le operazioni relative al recupero ed allo sviluppo urbanistico del territorio. Sottolinea che la nuova Amministrazione è dovuta ricorrere ad uno specifico parere legale per sostenere l’illegittimità della decisione del Comune di Arzene di partecipare alla società Iniziativa Arzene spa e che a ritenere che la situazione fosse compiutamente leggibile dai consiglieri di amministrazione dovrebbe ammettersi il pregiudizio erariale per il ricorso ad un’attività di consulenza non necessaria. Evidenzia, a riprova del collegamento causale tra il pregiudizio erariale e la condotta degli attuali amministratori, l’atteggiamento omissivo di questi ultimi, pur venuti a conoscenza della situazione di sofferenza societaria a seguito di interpellanza del 30.11.2004 dell’attuale minoranza. I patti parasociali, prosegue, consentivano al socio di minoranza, dimettendosi, di impedire lo svolgimento dell’attività del CDA, che, costituito da tre componenti, non poteva funzionare al di sotto di questo numero, il che avrebbe posto le premesse per lo scioglimento della compagine sociale già alla fine del 2004, quando il patrimonio sociale aveva ancora una sua attiva

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consistenza. Rileva che è causa di scioglimento della società il contrasto irreversibile tra i due gruppi di soci che impediscono il funzionamento. Riporta la difesa le ripetute segnalazioni del Collegio sindacale in ordine alla gravità della situazione economica a partire dal verbale del 15.04.2004. Rileva che già in data 21.01.2005 in occasione dell’Assemblea Ordinaria successiva alle dimissioni del Cons. del CDA V, poteva essere evitata la nomina del componente in rappresentanza del Comune mettendo il CDA nell’impossibilità di funzionare ai fini del successivo scioglimento. Aggiunge che nel giugno 2005 le perdite della società erano inferiori ed il Comune poteva recuperare buona parte del capitale conferito. Conclude chiedendo disporsi la chiamata in causa dei componenti la Giunta comunale di Arzene eletti in carica con le elezioni del 2004 e rappresentati dai Sigg.ri S L, M P, T G e P A; nel merito rigettarsi le domande, con vittoria di spese, diritti ed onorari. All’udienza del 23.10.2008, presenti gli avvocati Francesco LONGO del Foro di Pordenone e Renato FUSCO e Andrea CRISMANI del Foro di Trieste per i convenuti R, D. B, R. B, C, P, Q, R e V, l’avv. Marco MARPILLERO del Foro di Udine per il convenuto G, l’avv. Dante CUDICIO del Foro di Udine per il convenuto M, il vice procuratore generale dott. Emanuela PESEL deposita “Relazione del curatore fallimentare ex art. 33 L.F.” dd. 18/09/2006 del commercialista dott. L P di omissis, nonché parere legale integrativo reso dall’avv. S al Sindaco del Comune di Arzene in data 21.08.2006. Gli Avvocati chiedono la fissazione di un termine a difesa in relazione alla produzione di documentazione da parte della Procura. Il Collegio ritiene accoglibile l’istanza delle difese e rinvia la trattazione del giudizio all’udienza del 20.11.2008. Con memoria depositata il 10.11.2008 la difesa del convenuto G L evidenzia imprecisioni ed inesattezze contenute nella Relazione del Curatore Fallimentare del 18.09.2006. Ritiene errata la registrazione del 25.02.2003 relativa a “prelievo decimi svincolati” (pag. 67 della Relazione) tenuto conto dell’art. 2329 c.c. e del fatto che l’iscrizione al Registro delle Imprese è avvenuta solo il 04.03.2003. In alternativa risulterebbe, a dire della difesa, una illecita condotta della Banca Popolare di Vicenza, che avrebbe dovuto contestare l’ammissibilità del prelievo, per gli obblighi di diligenza a suo carico nell’esercizio di una finalità di interesse pubblico (deposito 3/10 del capitale sociale. Ne emergerebbe profilo di responsabilità civile di terzi e non di presupposti soggettivi per la responsabilità del deducente per omessa vigilanza. Evidenzia che il G nulla ha percepito per l’esecuzione delle funzioni di sindaco. Ribadisce che il versamento operato dal Comune di Arzene costituisce di per sé un indebito. Rileva che il Curatore Fallimentare intende promuovere l’azione civile di responsabilità nei confronti del Presidente e socio di maggioranza Sig. P, nonché dei membri del CDA e che non può escludersi una azione nei confronti dei sindaci. Ritiene quindi che, sulla base delle regole del riparto di giurisdizione, la Corte debba limitarsi al sindacato sui profili inerenti la violazione degli obblighi di servizio di amministratori e dipendenti del Comune di Arzene. Con memorie depositate il 10.11.2008 e l’11.11.2008 la difesa dei convenuti R, B D, B R, C D, P L, Q E, R L M e V S evidenzia che dalla lettura della Relazione del C.F. si evince che il mancato raggiungimento dello scopo sociale è stato determinato dalla mancata dovuta costituzione del diritto di superficie da parte del CDA ed è ricollegabile al comportamento ostativo della nuova Amministrazione. Evidenzia che la nuova Amministrazione non fu in grado di prospettare soluzioni alternative, che il rappresentante comunale neanche decideva su argomenti all’ordine del giorno del CDA (es. acquisto del dipinto del pittore Pellegrini di proprietà del P) e si astenne all’assemblea dei soci per l’approvazione del bilancio 2004. Ribadisce la difesa che il pagamento dei 55 mila euro poteva essere evitato in assenza della condizione dell’incasso della prima rata del contratto inerente la costituzione del diritto di superficie e che alla dimissione del Cons. V non ha evitato di nominare il rappresentante del socio di minoranza. Contesta l’insorgere dell’insolvenza al 25.02.2003, data del prelevamento dei 3/10 del capitale precedentemente versato, mai più riversato nelle casse sociali, dovendosi ricollegare la predetta insolvenza all’impossibilità di far fronte ad obbligazioni sociali, da escludere per la società in questione, che non ha mai operato. Ciò rileva, per la difesa, sotto il profilo della coerenza logico - formale delle argomentazioni svolte dal curatore. Conferma le conclusioni di cui all’atto di costituzione, anche per la chiamata del terzo. Con memoria depositata il 10.11.2008 la difesa del convenuto G M rileva che dalla stessa Relazione del C.F. emerge la volontà della nuova Amministrazione comunale di disinteressarsi

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della gestione finanziaria della società, senza procedere allo scioglimento della società attuando il meccanismo della mancata nomina dell’amministratore, tenuto conto del monito alla società rivolto l’11.08.2005 dal presidente del collegio sindacale Evidenzia che il Sindaco S, come risulta dal verbale del 15.06.2005, non espresse il parere e voto in merito al conferimento mediante acquisizione di un dipinto di proprietà del P del pittore Pellegrini, il cui valore fu convenuto dalle parti in € 89.900 e rileva che detto valore la società avrebbe potuto ricavare dalla vendita di tale dipinto. Evidenzia che alla adozione della delibera n. 38 del 2003 “Modifica patti parasociali” hanno provveduto anche i consiglieri di minoranza, ora di maggioranza, con la loro astensione e che l’Amministrazione S, più che revocare atti definitivi, avrebbe dovuto interrompere la cattiva gestione. Ribadisce che il M non poteva sottrarsi a disposizione di servizio della giunta, non è coinvolto in nessun atto, non ha espresso parere di legittimità e che la Commissione valutativa delle offerte, svincolata dalle norme di cui al D. Lgs. 267/2000, aveva la sola funzione di esprimere parere al Consiglio comunale. Comunque dovrebbe essere chiamato a rispondere anche il tecnico comunale che ne faceva parte. Nella pubblica udienza del 20.11.2008 il PM ha chiesto di dare lettura di una nota del curatore fallimentare pervenuta in data 19.11.2008. Dopo l’esame dell’atto da parte del Collegio, l’avv. MARPILLERO ha quindi chiesto il versamento in atti con termine a difesa per l’esame dello stesso; anche l’avv. LONGO non si è opposto al deposito del documento, ma ha chiesto termine a difesa. Il PM si è opposto ad un eventuale rinvio e ha rinunciato al deposito del documento, ritirandolo. Ha affermato esistenza in atti della prova del prelievo dei decimi. Ha concluso confermando le richieste in atti. L’avv. LONGO ha chiesto quindi di depositare alcune foto a testimonianza del degrado dell’area. Il PM si è opposto al deposito, che non è stato effettuato. Gli avv. ti LONGO, CUDICIO, MARPILLERO; CRISMANI hanno confermato e puntualizzato conclusioni in atti. DIRITTO Occorre preliminarmente affrontare la questione della eccepita dal convenuto G carenza di giurisdizione di questa Corte, posta sotto un duplice profilo, ossia con riferimento alla asserita insussistenza del rapporto di servizio tra il medesimo ed il Comune di Arzene, ed in relazione alla concorrenza dell’azione civile di responsabilità che in concreto il Curatore Fallimentare intende esercitare nei confronti del Presidente del Consiglio di Amministrazione e socio di maggioranza P e dei membri del C.d.A. , e che comunque gli spetta anche nei confronti dei sindaci, e quindi del deducente. In ordine alla prima prospettazione, il G fonda la sostenuta carenza del rapporto di servizio sul presupposto di aver svolto la propria funzione, quale membro della Commissione Consultiva, nella posizione di libero professionista, non equiparabile a quella degli amministratori e dirigenti, pure in essa presenti. A suo dire egli non avrebbe svolto alcuna funzione di rilevanza pubblicistica, in quanto chiamato a fornire il proprio apporto professionale quale esperto in materia finanziaria, limitatamente alla scelta degli strumenti societari che si voleva effettuare. L’assunto è infondato. Osserva il Collegio che la Suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto in più occasioni la giurisdizione della Corte dei conti anche sui soggetti privati legati da un rapporto di servizio “in senso lato” con la P.A. (Ente privato gestore di corsi di formazione professionale finanziati da una P.A.: Sent. SS.UU. n. 11309 del 28.10.1995; Direttore dei lavori di opera pubblica: Sent. SS.UU. n. 00188 del 26.03.1999; id. n. 4112 del 22.02.2007; Medici convenzionati esterni alle U.S.L.: sent. SS.UU. n. 00922 del 21.12.1999. Si vedano anche Cass. SS.UU. n. 22513 del 20.10.2006; n. 451 dell’11.03.2006; n. 20132 del 12.10.2004; n. 5163 del 12.03.2004). E’ ritenuto essere "rapporto di servizio" quello che si instaura allorché un soggetto, pur senza essere pubblico dipendente, venga, comunque, investito dello svolgimento, in modo continuativo, ancorché precario, di una determinata attività in favore della P.A. e per il raggiungimento di fini propri della stessa. In quanto partecipe dell’attività dell’ente, il soggetto privato è responsabile per le eventuali lesioni patrimoniali arrecate all’ente. In linea generale la cognizione del giudice contabile è ammessa anche quando il soggetto, persona fisica o giuridica, estraneo alla P.A., venga investito solo in via di fatto dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività, in favore della medesima P.A. (Cass. SS.UU. n. 19661 del 22.12.2003).

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Nello specifico la Cassazione ha avuto modo di affermare la sussistenza della giurisdizione contabile nei confronti di “consulenti, esperti in materie … attinenti all’attività dei singoli rami dell’amministrazione”, chiamati “per periodi determinati ed in relazione a comprovate esigenze dell’amministrazione” (Cass. SS.UU. n. 05137 del 09.06.19979 e n. 8642 del 03.10.1996). In fattispecie il G è stato designato quale componente in qualità di “commercialista…esperto in materia finanziario-societaria” della “commissione consultiva speciale temporanea mista” nominata con la delibera giuntale n. 54 del 04.11.2002 per le valutazioni delle offerte presentate … in ordine alla procedura per l’individuazione di un socio privato per la costituzione di una S.p.a. con partecipazione minoritaria del Comune, per la riqualificazione urbanistica e lo sviluppo dell’area di proprietà comunale denominata “ex Caserma Tagliamento”, della quale fanno parte, oltre al sunnominato, il Sindaco, il Segretario Comunale ed il Tecnico Comunale. Dunque è evidente, come correttamente osservato dall’attrice, che il G, nell’espletamento dell’attività consulenziale resa nell’ambito della Commissione, sia effettivamente intervenuto nel procedimento per la scelta del socio privato, come dimostrato dall’aver deliberato, unitamente agli altri componenti della Commissione stessa, con il verbale del 05.11.2002, la presa d’atto “della validità e convenienza dell’unica offerta pervenuta…”. Vero è che detta Commissione essenzialmente doveva riferire al Consiglio “dell’attività svolta e delle conclusioni maturate” (delibera n. 54/2002), e che quindi l’organo consiliare conservava, almeno formalmente, il potere decisionale. Senonchè dalla delibera n. 41 dell’11.11.2002, immediatamente successiva al citato verbale del 05.11.2002 della Commissione, si evince che il Consiglio sostanzialmente si limitò a ratificare la positiva valutazione da parte della Commissione stessa della sola offerta della Ditta P, e che dunque la Commissione esercitò un’attività sicuramente strumentale all’esercizio della funzione pubblica, quale organo “di natura straordinaria” (del. 54/2002), con inserimento funzionale nel Comune di Arzene. Si può pertanto affermare la sussistenza di un rapporto di servizio in senso lato del G, componente della predetta Commissione, con l’Ente locale, tale da incardinare la giurisdizione di questa Corte nei suoi confronti. Con riferimento alla questione di giurisdizione sollevata per il concorrere dell’azione civile di responsabilità spettante al Curatore Fallimentare nei confronti del socio privato, dei membri del c.d.a. e dei sindaci, osserva il Collegio che a ben vedere l’oggetto della domanda impone prevalentemente un sindacato circoscritto alla fase genetica della società per azioni, ossia alle scelte dei pubblici amministratori dell’Ente Locale dirette alla individuazione del modello societario ed alla costituzione della società stessa. Sotto questo aspetto è evidente che non si appalesano superati i limiti della cognizione del giudice contabile, la quale è sostanzialmente inerente, in fattispecie, all’attività amministrativa funzionalizzata dell’Amministrazione, sindacabile, peraltro, in termini non solo di legittimità, ma anche di convenienza economica sulla base dei principi aziendalistici (sull’estensione del sindacato sull’azione discrezionale palesemente irrazionale si veda Cass. SS. UU. n. 14488 del 29.09.2003 e precedenti ivi richiamati). Peraltro alla cognizione di questo Collegio sono sottoposti profili inerenti specificamente alla fase gestionale, ossia alle condotte dei soggetti che detengono il potere decisionale della società, finalizzate al perseguimento dello scopo sociale con strumenti propri del diritto civile. Le necessarie verifiche si impongono soprattutto in relazione alle prospettazioni difensive relative alla sostenuta incidenza causale dell’operato della nuova Amministrazione, allorquando la società era già costituita, e, per quanto attiene alla domanda attorea, limitatamente alla posizione di V S, in qualità di componente del c.d.a. di “Iniziativa Arzene s.p.a.”. In merito a detta diversa angolazione la giurisdizione di questa Corte sussiste sulla base dei principi affermati dalla Suprema Corte, giudice ultimo della giurisdizione, che ritiene esistere esercizio di attività amministrativa non solo quando l’ente esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando persegue le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato (Cass. sez. un. 19.01.2001 n. 11; id. 22.12.2003 n. 19667, con la quale, ribaltando il precedente indirizzo negativo, afferma la giurisdizione della Corte dei conti, in materia di responsabilità amministrativa, su amministratori e dipendenti di enti pubblici economici, per fatti successivi alla legge n. 20/1994; id. 26.02.2004 n. 3899). E’ chiara l’inversione di tendenza: non occorre interrogarsi sulla natura giuridica degli atti (di impero o di gestione) né rileva la qualificazione di ente pubblico, economico o non. La giurisdizione della Corte dei conti sussiste ogni qual volta

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vengano utilizzati beni e denaro pubblico per la cura di pubblici interessi (si veda più articolatamente questa Sezione, n. 467 del 30.06.2005). Nella fase gestionale della società la cognizione del giudice contabile si estende, oltre che all’operato degli amministratori e dipendenti dell’ente, anche alla condotta dell’amministratore pubblico - azionista, poiché sussistono a carico del socio pubblico “precisi obblighi di tutela del patrimonio comunale conseguenti al prescelto modulo organizzativo” societario, attraverso l’esercizio delle prerogative a tutela del capitale sociale (Cass. Sez. Unite n. 13702 del 22.07.2004. Si veda anche id. n. 5083 del 27.02.2008). Nel caso di specie, la s.p.a. “Iniziativa Arzene” è istituita per la realizzazione dell’interesse pubblico alla riqualificazione del sito dell’ex Caserma Tagliamento, in ragione del quale è stata decisa la partecipazione comunale minoritaria (44%), che dunque non rappresenta in fattispecie una forma di mero “investimento” finanziario, ma mezzo per il perseguimento diretto di scopi di interesse generale. Sono pertanto presenti gli elementi legittimanti l’azione del PM contabile. Conferma all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale applicato nel caso in esame si riscontra nella normativa recentissima, dettata dall’art. 16 bis della Legge n. 31 del 28.02.2008, di conversione del D.L. n. 248 del 31.12.2007, in base alla quale “Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, con partecipazione anche indiretta dello Stato o di altre amministrazioni o di enti pubblici, inferiore al 50 per cento, nonché per le loro controllate, la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti è regolata dalle norme del diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario. Le disposizioni di cui al primo periodo non si applicano ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Dunque la giurisdizione del giudice civile opera solo per i giudizi instaurati successivamente alla entrata in vigore della norma e nelle ipotesi di società con partecipazione minoritaria quotate in borsa. Sulla base di tali premesse, l’azione di responsabilità, per le sue peculiarità, concorre con le altre azioni previste in materia di responsabilità degli amministratori (o sindaci) della società e non si sostituisce ad esse, “costituendo, piuttosto, una forma di tutela aggiuntiva, giustificata dall’esigenza di salvaguardia delle funzioni e dei servizi pubblici ai quali la società stessa è preordinata” (C. conti Sez. I App. n. 532 del 03.12.2008), anche volta ad evitare le conseguenze pregiudizievoli per il patrimonio pubblico derivanti dall’inerzia dei soggetti legittimati dinanzi al giudice ordinario. L’azione del curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. va considerata, sotto il profilo della concorrenza delle azioni giudiziarie, alla stessa stregua delle azioni sociali, poiché la medesima, che pure ricomprende l’azione dei creditori sociali, è normalmente ritenuta la stessa di cui all’art. 2393 (ed all’art. 2407) c.c. (Cass. Sez. I n. 11018 dl 25.05.2005). E’ doveroso specificare, comunque, che l’azione del PM non è rivolta al G per le funzioni di sindaco (precisamente Presidente del Collegio sindacale), ma, come si è visto, per quelle di componente la Commissione consultiva, di tal che appare ancora più evidente la diversità tra l’azione del PM contabile e quella che il curatore volesse intentare nei suoi confronti. Così affermata la giurisdizione del giudice adito, osserva il Collegio, pervenendo al merito della causa, che è fondata la costruzione accusatoria volta ad individuare nell’attività deliberativa del Comune di Arzene, diretta alla costituzione della Società “Iniziativa Arzene s.p.a.” , l’adozione di scelte che non si appalesano conformi a legge né ai canoni della convenienza economica, e che hanno condotto, da ultimo, all’esito fallimentare della società. Occorre soffermarsi sugli aspetti legati alla illegittimità. Dall’oggetto sociale enunciato nell’atto costitutivo della società (“Promuovere la riqualificazione urbanistica e lo sviluppo dell’ex area militare denominata “Caserma Tagliamento”…Brevettare, erigere, costruire…compiere tutte le operazioni commerciali, industriali, mobiliari, immobiliari, e finanziarie…necessarie ai fini del raggiungimento dell’oggetto sociale…gestire le attività…direttamente, per conto, in concessione, in appalto o in qualsiasi altra forma…Contribuire allo sviluppo turistico del luogo…” e dagli intendimenti del Comune come emersi nella sequenza delle delibere che hanno interessato la vicenda, in relazione al meccanismo posto in essere, che prevedeva l’acquisizione dell’area da parte della società con contratto di cessione del diritto di superficie, e la presentazione da parte dell’aspirante socio maggioritario del progetto di sviluppo imprenditoriale e del piano economico finanziario a sostegno dell’intervento di riqualificazione dell’area (si veda la Delibera giuntale n. 52 del

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23.10.2002), si evince la volontà dell’Ente comunale di costituire una Società di Trasformazione Urbana. L’istituto è previsto e regolato dall’art. 120 del D. Lgs. n. 267 del 18.08.2000 (in precedenza art. 17 co. 59° L. 127/1997), come modificato dall'art. 44 della legge n. 166 del 01.08.2002, in base al quale “1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica. 2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili interessati dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione degli stessi…3. Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale”. Lo scopo della norma è quello di fornire lo strumento per attuare trasformazioni dell'assetto urbano presente, peculiarmente con riferimento ad aree caratterizzate da criticità urbanistiche, finalizzato anche a costituire ampi spazi di uso pubblico nel rispetto di standard di qualità propri di una città moderna, sul modello della SEM francese. Dalle poche disposizioni introdotte dalla norma si traggono due elementi particolarmente rilevanti per la fattispecie in esame: le società progettano e realizzano gli interventi di trasformazione urbana "in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti" ed il partner privato è scelto “tramite procedura di evidenza pubblica”. La STU assume la caratteristica di uno strumento per realizzare un intervento ben individuato dall’Ente locale, che si colloca nell’ambito del più ampio quadro pianificatorio espressione delle scelte strategiche dell’ente in materia di assetto del territorio. Come osservato dalla giurisprudenza amministrativa in merito alla STU, “le operazioni di recupero o di riqualificazione di zone urbanisticamente compromesse, o di nuova urbanizzazione, sulle quali gli Enti scelgono di intervenire, presuppongono un progetto unitario ed organico che deve trovare una sua collocazione nello strumento di pianificazione generale …od in quello ad esso esecutivo. ... Viceversa, se un progetto unitario manca o se lo stesso non ha a riferimento strumenti urbanistici adeguati…, il progetto di intervento ed il progetto di piano esecutivo possono essere predisposti dalla società … ma vanno deliberati ed approvati dall'Ente locale tenuto a seguire il normale iter. Essenziale è l'unitaria considerazione dell'intervento…” (Tar Marche, n. 698 dell’11.06.1999). Dunque “…è "<<a monte>> che deve risultare, quale presupposto, un progetto unitario ed organico di recupero o riqualificazione di zone urbanisticamente compromesse o di nuova urbanizzazione, il quale… non può che trovare la sua collocazione nello strumento di pianificazione generale (ove lo stesso contenga precise destinazioni), o in quello attuativo di quest'ultimo” (TAR Campania, n. 1305 del 19.07.2005). Nella vicenda in esame può senz’altro affermarsi, alla luce del quadro probatorio come delineatosi nel presente giudizio, che è completamente mancata la prefigurazione di un progetto unitario. L’ approvazione della variante al piano regolatore generale, che prevede la destinazione dell’area militare dismessa ad uso di attività artigianali, industriali e commerciali, è avvenuta solo con delibera del Consiglio Comunale n. 2 del 13.02.2007 (quando la Società “Iniziativa Arzene” era già fallita, a seguito della sentenza n. 22 del 15.05.2006). La carenza pianificatoria è stretta conseguenza della mancanza di progettualità, tenuto conto che l’unico progetto di una certa concretezza che sia stato predisposto nella vicenda è il progetto “di massima” dello Studio F del 21.12.2003, approvato con la delibera n. 9 del 27.01.2004, quando ormai le sofferenze della società erano già emerse. La scelta della STU come modello di urbanistica operativa richiedeva, nel rispetto delle finalità della normativa come interpretata dalla giurisprudenza amministrativa, che il comune, antecedentemente alla costituzione della STU, procedesse alla preliminare analisi dell’intervento da realizzare, che tenesse conto dei contenuti della riiqualificazione e della compatibilità a livello pianificatorio per provvedere ad eventuali varianti. Solo su un livello di più specifico dettaglio è ammissibile, in ipotesi, demandare alla società già costituita la predisposizione del piano esecutivo, anch’esso da sottoporre all’approvazione del Consiglio. Tutto ciò è mancato. Nella delibera n. 39 del 22.10.2002, con cui si dà avvio alla procedura di scelta del socio privato di maggioranza, si prende atto della presentazione all’Assemblea Consiliare di “uno

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studio di fattibilità” per la riconversione dell’area con la creazione di un villaggio turistico, complesso polivalente con utilizzo di fonti energetiche alternative. Ma di detto studio non vi è alcun riscontro documentale idoneo a dimostrarne la concretezza. Ciò che invece emerge dal susseguirsi degli avvenimenti, a partire dalla delibera n. 52 del 23.10.2002 di approvazione del bando, che inserisce tra i criteri di aggiudicazione anche la valutazione del “progetto di sviluppo imprenditoriale”, fino all’accordo di convenzione (patti parasociali) tra il Comune ed il P, nel quale è demandata alla società la redazione del “Piano di Recupero Urbanistico” da approvarsi da parte del Consiglio Comunale, è che l’intera progettualità è trasferita alla costituenda società. Il che non si pone, per quanto detto, in linea con le finalità della normativa sulle STU, non potendosi semplicisticamente ridurre la questione all’applicabilità, sostenuta dalla difesa del M, dell’art. 19 del DPR n. 327 dell’8.06.2001, in base al quale l’approvazione del progetto preliminare o definitivo da parte del Consiglio comunale costituisce adozione della variante allo strumento urbanistico. Infatti per le STU, come si è visto, è presupposto dell’intera operazione la preventiva adozione del programma degli interventi e la sua compatibilità urbanistica. Indicazione in tal senso si riscontra nel fatto che l’art.120 del D.Lgs. 267/2000 non rientra tra le norme abrogate di cui all’art. 58 del predetto DPR n. 327/2001. Quindi, osserva il Collegio, risulta violata in fattispecie anche la prescrizione del citato art. 120, riguardante la scelta del socio privato mediante procedura di evidenza pubblica. La normativa di riferimento può ritenersi, in mancanza di specifiche disposizioni, quella dettata in tema di società per azioni a capitale misto per l'erogazione di servizi pubblici locali (articoli 112, 113, 116 e 117 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267; D.P.R. 16 settembre 1996, n. 533), non presentando le STU, per avere ad oggetto lo svolgimento di attività di rilevante interesse pubblico, profili distintivi rispetto alle società miste in materia di servizi pubblici degli enti territoriali. In particolare non risultano rispettate le prescrizioni di cui agli artt. 2 e 3 del DPR 533/1996 recante “…norme sulla costituzione di società miste in materia di servizi pubblici degli enti territoriali”, relative alla pubblicità della procedura (l’art. 2 prevede pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - serie speciale - e nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee), ai contenuti del bando, che deve prevedere le linee essenziali “dello statuto della costituenda società, con particolare riferimento alle clausole che attribuiscono speciali diritti e facoltà agli enti pubblici partecipanti, e del contratto di società, precisandosi in ogni caso l'importo del capitale sociale e la quota di esso riservata agli enti pubblici, con l'indicazione dei beni eventualmente conferiti a questo titolo;… i contenuti essenziali dell'eventuale disciplina integrativa concernente i rapporti tra l'ente promotore ed il socio privato di maggioranza;… la natura del servizio o dei servizi pubblici e delle eventuali opere necessarie allo svolgimento del servizio oggetto della costituenda società…”. Nulla di tutto questo è contenuto nel bando in questione, che, al contrario, rinvia all’offerta del partecipante la predisposizione del “progetto imprenditoriale”, ivi compresi gli aspetti relativi ai rapporti societari ed al piano economico finanziario. Dette carenze, unite al termine particolarmente breve di dieci giorni previsto per la presentazione delle offerte, danno fondamento alla ipotesi della sostanziale elusione dello scopo della norma, che è quello di far sì che la selezione del partner privato avvenga nel rispetto dei criteri di una concorrenza libera e trasparente (si veda Cons. Stato, sez. V, n. 889 del 04.03.2008, in merito all’obbligo di seguire le procedure di evidenza pubblica ogniqualvolta l’Amministrazione debba scegliere un socio privato per la costituzione di una società mista , indipendentemente dal tipo di attività che tale società debba espletare, al fine di assicurare la par condicio tra tutti i potenziali interessati a contrattare con l'amministrazione e di consentire all'amministrazione stessa, mediante l'acquisizione di un pluralità di offerte, di contrattare alle condizioni più vantaggiose). Osserva il Collegio a questo punto che alle evidenziate illegittimità che hanno interessato la fase genetica della costituzione della società sia ricollegabile sotto il profilo causale l’esito fallimentare della società stessa e quindi l’evento di danno di cui è causa, in ragione della sostanziale irrealizzabilità del programma societario, imputabile, sulla base di un giudizio di “prognosi postuma”, a coloro che hanno promosso ed approvato l’operazione tesa alla nascita di un soggetto societario, che non avrebbe potuto ragionevolmente realizzare il proprio scopo sociale.

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Detto altrimenti, era ben prevedibile a coloro che posero in essere, nell’ambito delle rispettive funzioni, che saranno delineate specificamente nel prosieguo, gli atti prodromici alla costituzione della società, che dal proprio modus operandi, non riconducibile a canoni di legalità, sarebbe derivato l’evento di danno. Infatti era facilmente percepibile che a nessun risultato utile in termini di efficacia ed economicità avrebbe condotto l’attività di una STU di cui si avvia la costituzione, in modo palesemente irrazionale, per la realizzazione di finalità di riqualificazione urbana, senza predisposizione di un quadro unitario di interventi né del collegato adeguamento urbanistico, per la quale socio di maggioranza è scelto l’unico partecipante alla gara (conseguenza inevitabile della ristrettezza dei termini di presentazione e del mancato rispetto dei principi di una corretta evidenza pubblica), la cui offerta è valutata positivamente pur se non corredata di alcun concreto progetto. Occorre tener conto che, per quanto emerso agli atti, alla domanda di partecipazione il P, risultato vincitore della gara, aveva allegato una planimetria del sito, un ridottissimo piano finanziario ed un progetto genericamente relativo alla creazione di spazi per l’attività artigianale e produttiva e di strutture da destinare a turismo e sport. Detto progetto, non acquisito in giudizio a cura della attrice, non risulta prodotto dai difensori, il che è evidentemente indice della assoluta inconsistenza dello stesso. Che il primo progetto concreto fosse quello predisposto dallo Studio F solo il 19.12.2003, come si è in precedenza evidenziato, trova conferma anche nella delibera n. 38 del 28.11.2003 del Consiglio Comunale, nella quale si fa presente che “Il Consigliere V precisa che i tempi tecnici per avviare un tale tipo di società non sono così immediati, è prevista una riunione del C.D.A. a breve termine per la presentazione di un progetto di fattibilità, sulla cui attuazione comunque il socio di maggioranza si sta guardando in giro. … Le cose saranno note quando sarà portato in consiglio comunale il relativo progetto”. L’evento di danno, costituito dal versamento del capitale sociale da parte del socio pubblico di minoranza, per la cui determinazione si rinvia al prosieguo, è senz’altro da imputare, in adesione a quanto correttamente ritenuto dalla Procura attrice, e salvo il concorso di altri soggetti, secondo quanto si dirà oltre, ai convenuti che approvarono, esprimendo parere favorevole, le censurabili delibere n. 52 del 23.10.2002, della Giunta (approvazione del bando), e n. 41 dell’11.11.2002, del Consiglio comunale (approvazione schema atto costitutivo), ed ai componenti la Commissione Consultiva costituita per la valutazione delle offerte, che valutarono positivamente la offerta del P con il verbale del 05.11.2002. Si ribadisce nel merito, riguardo al ruolo della Commissione Consultiva, quanto già osservato in via preliminare riguardo alla questione di giurisdizione, con riferimento al fatto che il Consiglio comunale, con la delibera n. 41 dell’11.11.2002, immediatamente successiva al citato verbale del 05.11.2002 della Commissione, sostanzialmente prese atto della positiva valutazione da parte della Commissione Consultiva della sola offerta della Ditta P, e che dunque a detta Commissione fu sostanzialmente affidata la valutazione della scelta. Il comportamento dei predetti è connotato da colpa grave, ravvisandosi un atteggiamento di grave disinteresse nell’espletamento delle proprie funzioni, di negligenza massima, di deviazione dal modello di condotta connesso ai propri compiti (C.conti, sez. riun. 21.05.1998 n. 23; id sez. sez. I, 13 ottobre 2004, n. 348; id. sez. III, 16 aprile 1998, n. 114; id. sez. II, 29 luglio 1997, n. 121/A) e sussistendo un' antigiuridicità evidente (C.conti sez. III, 11 maggio 1998, n. 126/A), anche tenuto conto che sull’art. 120 del D. Lgs. 267/2000 è intervenuta una circolare interpretativa del Ministero dei LL. PP. già in data 11. 12. 2000, che aveva messo in luce nel dettaglio il modus operandi per la realizzazione di fini di interesse pubblico attraverso la STU. Ritiene il Collegio di poter escludere il dolo con riferimento alle posizioni di tutti i convenuti. Infatti, se risulta supportato da sufficienti elementi probatori, per effetto delle dichiarazioni rese in sede istruttoria soprattutto dai convenuti Q, P, V e C, il fatto che prima dell’approvazione del bando l’operazione fu illustrata in Consiglio Comunale alla presenza del G e del P, tuttavia ritiene il Collegio che non sia configurabile in capo ad alcuno dei convenuti la volontà dell’evento dannoso (C.conti, n. 56 del 10.06.1997). E’ piuttosto da ritenere verosimile che la brusca “correzione di rotta” (delibera “Comunicazioni del Sindaco” n. 39 del 22.10.2002), verso la procedura ormai nota, sia stata decisa per l’urgenza (termine ultimo: 14.11.2002), in detta delibera esplicitata, di presentare la domanda di contributo regionale per le iniziative economiche ex L. 908/1955 e succ. mod., ai fini

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dell’accesso ai finanziamenti e contributi FRIE, per iniziative relative al turismo ed allo sport. Di tale esigenza si ha riscontro anche nello schema operativo (prodotto in giudizio dal R in occasione dell’audizione) presentato nella riunione di cui si è detto al precedente capoverso. E’ anche plausibile, come osservato dal M nella memoria difensiva resa in sede istruttoria, che gli amministratori comunali siano stati favorevolmente colpiti dalle capacità di intermediazione finanziaria dimostrate dal P, in contatto con imprenditori ed albergatori patavini interessati ad investire in loco. Dunque l’aver indirizzato la scelta verso il nominato non rappresenta un comportamento improntato dalla volontarietà dell’evento di danno, per la fiducia che il soggetto aveva ispirato e che era sembrato potesse costituire la veloce soluzione alle problematiche che erano emerse. Le riferite circostanze, tuttavia, non valgono ad attenuare la gravità della colpa, in ragione della grave trascuratezza e negligenza nell’osservanza dei propri doveri, e della prevedibilità delle conseguenze dannose del comportamento (si veda Corte dei conti, Sez. Marche, n. 492 del. 12.07.2005, in cui è configurata la colpa grave dei componenti del Consiglio comunale per la mancata valutazione "ex ante" della disutilità economica dell'approvato intervento di ricapitalizzazione societaria, per l'inidoneità della società stessa a raggiungere gli obiettivi di interesse pubblico statutariamente previsti; segue detta impostazione id. Sez. – Trentino Alto Adige - Trento, n. 19 del 10.04.2008, in cui si afferma la colpa grave degli amministratori comunali per aver costituito una società di progetto allorquando, con prospettiva ex ante, per la palese irrealizzabilità dell'effettivo scopo societario sotto il profilo giuridico e fattuale, si desumeva la non convenienza dell'operazione, in relazione al danno derivante dalle spese, tra le altre, per la liquidazione sociale). Prima ancora di individuare il quantum di riprovevolezza dei singoli comportamenti occorre effettuare una preliminare osservazione, per poi acclarare la fondatezza o meno delle eccezioni difensive volte ad individuare nell’operato della Amministrazione, che è succeduta con le elezioni del 2004, la causa effettiva dell’evento dannoso. In base a consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, al quale il Collegio aderisce, il giudizio di responsabilità amministrativa, in linea generale, non dà luogo ad ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo possibile un'azione limitata solo ad alcuni soggetti autori del fatto dannoso, per i quali si siano verificati i necessari presupposti, rispetto ad altri per i quali la responsabilità potrebbe essere fatta valere con una distinta azione. L'integrazione del contraddittorio disposta dal giudice nei confronti di altri soggetti violerebbe i principi costituzionali di terzietà del giudice, della par condicio tra le parti del processo, i diritti della difesa (artt. 111 e 24 cost.), oltre a non essere conforme al principio di economia processuale (C. conti, Sez. I Centr. 20.01.1998 n. 15/A, id. Sez. II Centr. 20.06.2001 n. 218, id. Sezione Marche 21.01.2005 n. 67, id. Sezione Puglia 20.09.2002 n. 67; id. Sez. III 01.04.2003 n.137 ; id Sez. Puglia, n. 960 del 27.11.2006 ; id. Abruzzo, n, 707 del 28.11.2006; id. Molise, n. 5 del 29.01.2008). Ciò può essere affermato considerato che nei confronti dei soggetti convenuti, potrà essere fatta valere solo la “quota” di responsabilità ad essi direttamente imputabile, in forza della parziarietà e personalità della responsabilità amministrativa. Ne discende che il giudice contabile può tener conto del concorso nella causazione dell' illecito amministrativo - contabile di tutti i soggetti comunque coinvolti, anche se non citati in giudizio, eventualmente condannando il convenuto esclusivamente per l'efficienza causale che il suo comportamento ha assunto nella produzione del danno. Deriva, da quanto affermato, che il comportamento degli Amministratori succeduti alla guida del Comune di Arzene per effetto delle elezioni consiliari della Primavera del 2004, evocato dalle difese quale causa idonea ad interrompere il nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta dei convenuti, sarà valutato incidentalmente nel presente giudizio, per verificarne il contributo causale alla verificazione del danno, senza che tale accertamento faccia stato nei loro confronti. Si tratta di stabilire l’incidenza causale del versamento della quota del capitale sociale su richiesta del Curatore Fallimentare, che, secondo la costruzione difensiva di tutti i convenuti, non è stato legittimamente effettuato e della asserita dalle medesime difese inerzia nel non valutare l’invito del Collegio sindacale all’avvio della fase di liquidazione. Con riferimento al primo punto, ritiene il Collegio infondato l’assunto basato sulla considerazione che in forza dei patti parasociali o per effetto dell’avvenuto esercizio dell’autotutela il Comune non fosse tenuto al versamento della quota del capitale.

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Sotto il primo profilo ritengono sostanzialmente le difese che poiché i patti parasociali prevedevano, riguardo al versamento del capitale di competenza del Comune, l’anticipazione da parte del socio privato, salva la rivalsa di quest’ultimo al momento del versamento della prima rata del diritto di superficie, nulla era dovuto dall’Ente Locale, visto che il diritto di superficie non fu mai trasferito al socio privato. Osserva il Collegio che era assolutamente doveroso per il Comune corrispondere il capitale su richiesta del Curatore Fallimentare, e che non era al contrario opponibile l’accordo contenuto nei patti parasociali acclusi all’atto costitutivo della società (art. 2.4). Ciò non per l’invalidità della clausola del patto in questione, che voleva consentire che i mezzi finanziari fossero forniti in una prima fase dal socio privato. Il rimborso al medesimo previsto, all’atto della versamento della prima rata del corrispettivo del trasferimento del diritto di superficie, si appalesa parte del meccanismo, che si voleva attuare, in base al quale il finanziamento delle iniziative economiche intraprese dalla società sarebbe stato coperto dagli stessi risultati della attività svolta (ricavi), secondo il concetto di Project Financing (si vedano a conferma le dichiarazioni del Presidente del c.d.A. a verbale del 10.12.2003, nonché la prevista nell’atto costitutivo (art. 2) facoltà di assumere, evidentemente in qualità di promoter, “partecipazioni in altre Società…nonché assumere la gestione di altre società”). Sostanzialmente si riteneva che al momento del trasferimento del diritto di superficie il socio privato sarebbe stato in grado di coprire con i finanziatori esterni l’esborso della rata (€ 73.312,50) e conseguentemente la parte del capitale anticipata per conto del Comune (€ 55.880,00). Ciò è tanto vero che nella delibera n. 42 dell’11.11.2002, con cui si approva la concessione del diritto di superficie, il pagamento del corrispettivo è previsto solo a partire dal 31.12 del terzo anno dall’avvio dell’iniziativa. In tal senso l’operazione non sembra porsi in contrasto con gli interessi della società (la lesione dei quali compromette la validità dei patti parasociali: Cass. Sez. I n. 7030 del 27.07.1994, id. n. 5963 del 05.03.2008; il principio ispira sostanzialmente la disciplina codicistica di cui agli artt. 2341 bis e 2341 ter, dopo la riforma dettata con il D. Lgs. n. 6 del 17.01.2003), non configurandosi un’incompatibilità tra l’interesse generale rappresentato dalla partecipazione pubblica e lo scopo lucrativo. Nè l’accordo in questione può ritenersi uno strumento di elusione di norme imperative o dei principi generali dell'ordinamento, fermo restando che essi non pregiudicano i diritti dei creditori, in quanto non producono effetti nei confronti dei medesimi. Piuttosto la doverosità del versamento del capitale discende proprio dalla accennata circostanza in base alla quale essi sono comunque non opponibili alla società se violati da qualcuno dei soci contraenti, producendo solo effetti obbligatori nei confronti degli stipulanti (Cass. Sez. I n. 15963 del 18.07.2007). E’ evidente pertanto che il socio pubblico non poteva sottrarsi ad un adempimento a lui richiesto dal Curatore Fallimentare a favore della stessa società e nell’interesse della curatela fallimentare, considerato che il mancato versamento del capitale incide pesantemente sul patrimonio complessivo della società, determinando l'affievolimento della garanzia generale che i creditori vantano sul capitale sociale. Né il rifiuto del versamento da parte dell’Ente Locale poteva giustificarsi per l’aver avviato l’annullamento d’ufficio degli atti prodromici (deliberazioni del Consiglio comunale e della Giunta comunale) alla costituzione della società. Osserva in primis il Collegio che c’è molto da dubitare in merito all’ammissibilità dell’azione in autotutela, poichè dal momento della costituzione della società, e quindi dalla nascita di tale nuovo soggetto giuridico, quest'ultimo è assoggettato al regime di diritto comune che lo governa, non potendosi più ammettere che l'ente locale intervenga autoritativamente ad incidere sull'esistenza dello stesso mediante un "contrarius actus" frutto dell'esercizio del potere di annullamento d’ufficio (in questi termini Cons. Stato, Sez. V n. 6867 del 20.10.2004; si veda anche Cass. Sez. Un. n. 17287 del 31.07.2006). A tutto voler concedere dovrebbe darsi applicazione al principio (Cons. Stato Sez. IV n. 6666 del 27.10.2003) in base al quale l'annullamento della deliberazione formativa della volontà contrattuale dell'ente non pregiudica i diritti, acquistati in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima, dai terzi di buona fede, quali sono, evidentemente, i terzi creditori nell’ambito della procedura di fallimento.

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Accertato, dunque, che il Comune di Arzene ha legittimamente versato il capitale, occorre ora verificare l’incidenza causale del comportamento della nuova Amministrazione nel danno di cui è causa per non aver operato per la tempestiva liquidazione della società. Ritiene il Collegio che l’inerzia della predetta, a fronte dell’invito del Collegio sindacale all’avvio della fase di liquidazione, abbia concorso alla causazione del danno. All’avvicendamento dei rappresentanti dell’Ente, con le nuove elezioni del giugno 2004, la situazione di dissesto e di scorrettezza gestionale era già emersa in tutta la sua gravità. Nel verbale del Consiglio di Amministrazione di Iniziativa Arzene s.p.a. del 01.04.2004 i sindaci rilevavano il mancato rispetto delle formalità di cui all’art. 2343 bis del codice civile (acquisto di beni dei soci da parte della società), in relazione all’acquisizione di beni del P (autovetture e opere d’arte). Dalle dichiarazioni rese dallo stesso P in quella seduta si appalesa chiaro che il medesimo intendeva versare il capitale sociale mediante conferimenti di beni, pur in mancanza di apposita previsione dell’atto costitutivo, richiesta nell’art. 2342 c.c.. e che l’acquisto mediante compravendita costituiva un escamotage per “l’onerosità della modifica dello statuto”, non seguita formalmente, con stipula notarile, alla delibera n. 13 del 05.06.2003 del Consiglio comunale, che pure approvò dette modifiche allo Statuto. La società ha operato con risultati in perdita, come emerge dai verbali del Collego sindacale e relativi agli esercizi 2003, 2004 e 2005 (verbali 31.12.2003, 15.07.2004, 15.10.2004, 15.01.2005, 13.04.2005, 15.07.2005, 14.10.2005). La medesima non ha mai avviato la propria attività, come è reso evidente dalla riclassificazione del bilancio al 15.05.2006 effettuata dal Curatore Fallimentare (pag. 41 della Relazione), a seguito della quale si appalesa che negli anni dal 2003 al 2006 i ricavi sono pari allo zero (il punto non è contestato; l’inesistenza di ricavi si riscontra anche nel Rendiconto della gestione della società al 27.10.2005). Nella Relazione del Collegio Sindacale del 15.04.2005 (su bilancio chiuso al 31.12.2004) si rappresenta, oltre alla non corretta acquisizione di opere d’arte (già evidenziata nella Relazione 01.06.2004-bilancio chiuso 31.12.2003), uno sbilancio credito-debito di € 8.821,59 che “configura un prelievo di somme non giustificato” quale costo finanziario. Il P prelevò i decimi versati (la questione è affrontata al solo fine di comprovare la percepibilità da parte della nuova Amministrazione della grave situazione gestoria in cui versava la spa), nonostante la data di registrazione del prelievo indicata nella Relazione del Curatore sia (25.02.2003) anteriore alla data di iscrizione nel Registro delle Imprese della società (04.03.2003), in contrasto rispetto a quanto previsto nell’art. 2329 cod.civ., comma 2 (post riforma, in vigore dal 01.01.2004: art. 2331, comma 4). Infatti l’affermazione del Curatore, come puntualmente rilevato dalla Procura nella pubblica udienza, trova riscontro nel verbale di verifica del Collegio sindacale del 15.07.2003, in cui si evidenzia l’insussistenza dei valori in cassa ed il saldo al 30.06.2003 presso la Banca Popolare di Vicenza, presso la quale furono versati i tre decimi, con valore negativo (-18.950,47 €). Sulla base della prospettazione effettuata dal Collegio sindacale nel corso degli anni 2003-2005 della situazione di grave dissesto in cui versava la società “Iniziativa Arzene”, e della scorrettezza dell’operato del socio di maggioranza e Presidente del Consiglio di Amministrazione, che vendeva beni personali e prelevava somme ingiustificatamente, è da ritenersi censurabile l’inerzia della nuova Amministrazione a fronte dell’invito del Collegio Sindacale a procedere allo scioglimento e liquidazione della società formalizzato nel verbale del Consiglio comunale n. 9 del 23.06.2005. Tenuto conto che il risultato di esercizio riferito al 30.11.2004 aveva portato ad un totale perdite di € 41.235,00 (verbale del Collegio Sindacale del 15.01.2005), quello riferito al 31.03.2005 ad un totale di perdite di € 57.478,00 (verbale del Collegio Sindacale del 13.04.2005), e quello riferito al 30.06.2005 ad un totale perdite di € 59.413,06 (verbale del Collegio Sindacale del 15.07.2005) resta evidente che, al momento dell’invito a liquidare del giugno 2005, le perdite, destinate via via ad aggravarsi, erano inferiori a quelle maturate nella fase del fallimento (totale stato passivo: € 142.921,75; pag. 72 Relazione del Curatore) ed erano altresì inferiori rispetto al capitale nominale della società (€ 127.000.000). Ciò significa che il socio pubblico sarebbe stato chiamato a rispondere (per la propria quota del 44%) delle perdite in misura inferiore al valore dei conferimenti effettuati, ossia al capitale versato (o da versare), pari ad € 55.880,00. Priva di consistenza per le ragioni già esplicitate è la tesi, che il Comune di Arzene fece propria nel non riscontrare l’invito alla liquidazione, dell’incompatiblità tra procedura societaria di

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liquidazione e procedimento di autotutela (verbale di delibera del Consiglio Comunale n. 9 del 2005). Se fu connotata da prudenza la scelta di non stipulare il contratto di cessione del diritto di superficie, per la inadempienza contrattuale del P, che non versò in via di anticipazione, come previsto nell’accordo di convenzione, i residui decimi per conto del Comune di Arzene, non altrettanto può dirsi per la mancata attivazione dell’Ente locale ai fini dello scioglimento della società, a fronte dell’emersa impossibilità di funzionamento conseguente all’accesa conflittualità tra i soci (art. 2484, comma 1, n. 3, cod.civ.; ante riforma: 2448, comma 1, n. 3), ben descritta nello stesso verbale di deliberazione del Consiglio comunale n. 9 del 23.06.2005, ma già profilatasi in occasione dell’assemblea dei soci del 31.05.2005. Era in facoltà del socio pubblico, singulatim, instare per l’accertamento da parte del tribunale del verificarsi della causa di scioglimento ai sensi dell’art. 2485, comma 2, cod.civ. (ante riforma: 2449, comma 6). Se dette omissioni si pongono, a parere del Collegio in termini di assoluta irragionevolezza ed irrazionalità, non altrettanto può dirsi, in relazione all’omissione degli adempimenti di cui al citato art. 2485 cod.civ., per il comportamento del rappresentante in Consiglio di Amministrazione della “Iniziativa Arzene”, V S, la quale, alla data dell’invito a liquidare del giugno 2005, era già uscita dal Cda per dimissioni (cessata dalla carica il 18.02.2005). In ordine ad eventuali ulteriori inerzie (es: convocazione dell’assemblea per riduzione del capitale per perdite ex artt. 2446 e 2447 cod.civ.), osserva il Collegio che la generica formulazione della responsabilità della predetta contenuta in citazione (“aver partecipato senza attivarsi in alcun modo nell’interesse del Comune al Cda…”), senza indicazione del comportamento causativo del ritenuto danno sotto il profilo oggettivo e soggettivo, non consente una pronuncia in merito, ai sensi e per gli effetti dell’art. 112 c.p.c. Per le esposte considerazioni deve ammettersi il contributo causale alla produzione del danno dell’azione omissiva della nuova Amministrazione, pur non potendosi attribuire alla medesima il valore di causa sopravvenuta idonea di per sé a produrre l’evento ed ad interrompere ogni legame tra la causa remota ed il danno, per le considerazioni già svolte in ordine alla responsabilità dei convenuti (in ordine alla pluralità di cause si vedano, ex multis, Sez. Lazio, n. 23 del 26.02.1998; Sez. I App. n. 203 del 19.06.2002; questa Sezione, n. 118 del 03.03.2007). Restano assorbite tutte le questioni comunque emerse nel corso del giudizio, inerenti in particolare alle posizioni assunte nella vicenda dai singoli convenuti, con riferimento sia al rispettivo apporto causale che ai profili soggettivi della condotta. Per quanto riguarda la quantificazione del danno, osserva il Collegio che è fondata l’eccezione difensiva volta a puntualizzare che il debito a carico del Comune di Arzene vada determinato tenendo conto dell’avvenuto versamento dei 3/10 al momento della costituzione della società. Infatti, se è pur vero che il versamento dei tre decimi del capitale è stato anticipato, in forza del patto parasociale, dal P socio di maggioranza, esso, come risulta chiaramente dalla ricevuta del versamento effettuato presso la Banca Popolare di Vicenza il 13.02.2003 e dalla certificazione del notaio del 14.02.2003, è da imputare alla quota di capitale di entrambi i soci, per € 21.336,00 al P (56%) e per € 16.764,00 al Comune di Arzene (44%). Il riferimento differenziato si pone in linea con il principio, affermatosi in sede dottrinaria, secondo il quale il versamento dei tre decimi comporti non semplicemente la necessità di reperire una somma globalmente corrispondente alla frazione del capitale, bensì l'obbligo per ciascun socio di versare i tre decimi del proprio conferimento, a conferma della serietà dell'impegno individuale contrattualmente assunto e nell’interesse della società. Consegue alle esposte considerazioni che l’ammontare del danno come quantificato dalla Procura attrice, ossia nella somma di € 55.880,00, quale quota di partecipazione al capitale sociale del Comune di Arzene, va decurtato della somma versata e corrispondente ai 3/10 del precedente importo (€ 16.764,00), e quindi rideterminato in € 39.116,00. Nella formazione del predetto danno, ritiene il Collegio che l’apporto causativo della nuova Amministrazione, non determinabile con precisione, debba essere individuato equitativamente nella misura di un terzo. Con sottrazione di un terzo (€ 13.038,66) per responsabilità virtuale della nuova Amministrazione, il danno complessivo da imputare ai convenuti ammonta, pertanto, ad € 26.077,34.

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L’importo va addebitato per l’80% (€ 20.861,87) complessivamente a Giunta e Consiglio, che approvando le censurabili delibere n. 52 del 23.10.2002 (della Giunta, di approvazione del bando), e n. 41 dell’11.11.2002 (del Consiglio comunale, di approvazione dello schema di atto costitutivo), risultano per la maggior parte responsabili dell’esito fallimentare della società e per il 20% (€ 5.215,47) alla Commissione Consultiva costituita per la valutazione delle offerte, che valutò positivamente la offerta del P con il verbale del 05.11.2002. Della indicata posta di danno, pari ad € 20.861,87, il 60%, pari a € 12.517,12, va riferito alla Giunta, che promosse l’intera operazione, ripartito in parti uguali fra i tre componenti R, Q e R (ciascuno € 4.172,37). Il restante 40%, pari a € 8.344,75, va addebitato al Consiglio, ripartito in parti uguali tra tutti i suoi componenti (coloro che vi parteciparono come membri della Giunta rientrano nella ripartizione sopra indicata) che espressero parere favorevole, con la precisazione che va tenuto conto anche dell’apporto causale del non citato consigliere C A, non sussistendo sufficienti elementi per escluderlo. Dunque l’importo in addebito nei confronti dei convenuti P, V, B D., B R. e C, sottratta la quota virtuale relativa al C, è pari ad € 1.390,79 ciascuno. Per la Commissione Consultiva la quota già determinata di € 5.215,47 va ripartita tenuto conto del maggior apporto del M, che espresse la valutazione favorevole con riferimento all’unica offerta del P, con la particolare consapevolezza derivatagli dalle sue funzioni di Segretario Comunale, nell’ambito delle quali aveva espresso il suo sostanziale favore all’intera iniziativa firmando lo schema di bando allegato alla delibera di Giunta 52/2002 ed assistendo alla riunione del Consiglio comunale esitata con la approvazione della delibera 41/2002 (l'intervenuta soppressione, ai sensi dell'art. 17, co. 85° della legge 127/1997, del parere di legittimità del segretario non ha escluso la permanenza di tutta una serie di compiti ed adempimenti che, lungi dal determinare un'area di deresponsabilizzazione del medesimo, lo impegnano, invece, ad un corretto svolgimento degli stessi, pena la sua soggezione, in ragione del rapporto di servizio instaurato con l'ente locale, all'azione di responsabilità amministrativa; si vedano: C. conti, Sez. II, n. 88 del 17.03.2004 e Sez. I, n. 154 del 07.04.2008). Va anche valutato l’apporto causale del componente della Commissione e Tecnico comunale, S L, non sussistendo sufficienti elementi per escluderlo. Al M è pertanto da riferire il 50% dell’indicato importo (€ 5.215,47), pari ad € 2.607,74. Al G, sottratta la quota virtualmente e paritariamente ascritta al S, è da addebitare il 25% dell’indicato importo, pari ad € 1.303,86. Agli importi in condanna vanno aggiunti la rivalutazione monetaria da calcolarsi dalla data dei mandati di pagamento della quota societaria sino alla data della presente sentenza e gli interessi legali dalla data della presente sentenza al soddisfo. Sono altresì dovute le spese di giudizio, da ripartirsi in parti uguali tra tutti i suindicati convenuti. P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, CONDANNA i convenuti di seguito indicati al pagamento, in favore del comune di Arzene,delle seguenti somme: - R E € 4.172,37 (quattromilacentosettantadue/37); - Q E € 4.172,37 (quattromilacentosettantadue/37); - R M L € 4.172,37(quattromilacentosettantadue/37); - M G € 2.607,74 (duemilaseicentosette/74); - G L €1.303,86 (milletrecentotre/86); - V S € 1.390,79 (milletrecentonovanta/79); - P L € 1.390,79 (milletrecentonovanta/79); - C D € 1.390,79 (milletrecentonovanta/79); - B R € 1.390,79 (milletrecentonovanta/79); - B D € 1.390,79 (milletrecentonovanta/79). oltre alla rivalutazione monetaria da calcolarsi dalla data dei mandati di pagamento della quota societaria, sino alla data della presente sentenza, ed agli interessi legali, dalla data della presente sentenza al soddisfo. Condanna inoltre i nominati, in parti uguali, al pagamento delle spese di giudizio che, sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, liquida in €

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Così deciso in Trieste, nella Camera di Consiglio del giorno 20 novembre 2009, proseguita il 18.12.2008. L’ESTENSORE IL PRESIDENTE (Francesca PADULA) (Enrico MAROTTA) Depositata in Segreteria il____________________ IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA