4
Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano) Author(s): M. T. Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 6 (1963), pp. 1167/1168-1171/1172 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152672 . Accessed: 25/06/2014 01:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 01:25:14 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)

  • Upload
    m-t

  • View
    217

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)

Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia(concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)Author(s): M. T.Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 6 (1963), pp. 1167/1168-1171/1172Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152672 .

Accessed: 25/06/2014 01:25

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 01:25:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)

1167 PARTE PRIMA 1168

La Corte, eee. — Sostengono i ricorrenti che, siccome

l'unico danno sublto dallo Sturbini e dovuto alia minore insolazione dipendente dalla distanza tra i due fabbricati, inferiore a quella prescritta, e dato che i fabbrieanti stessi sono a confine di una strada pubblica, doveya ritenersi

applicabile l'art. 879, 2° comma, cod. civ., ed escludersi l'esistenza di un diritto dei proprietari confinanti, nei

reciproci confronti, all'osservanza delle norme speciali sulle distanze.

II motivo 6 infondato.

£ stato accertato in punto di fatto dalla Corte di merito che le violazioni delle norme del piano di ricostruzione della cittä di Ancona e della legge antisismica riguardano la occupazione di superficie maggiore di quella consentita, il mancato arretramento di metri tre dal filo stradale e l'altezza del fabbricato maggiore di quella permessa. Per effetto di tali violazioni, ha ritenuto la Corte che il danno effettivo che lo Sturbini poteva lamentare si concretava nella diminuita insolazione di una parte del proprio fab bricato.

L'affermare, ora, che lo Sturbini non aveva alcun diritto da far valere nei confronti dei proprietari del fronteggiante fabbricato, costruito senza l'osservanza delle predette nor

me, costituisce una tesi da non condividersi.

II 2° comma dell'art. 879, secondo cui alle costruzioni che si fanno a confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme relative alle distanze, ma devono osservarsi le leggi ed i regolamenti che le riguardano, non esclude che il proprietario di un fabbricato posto lungo una strada pubblica possa pretendere il risarcimento del danno dal proprietario di un fabbricato fronteggiante che risulti costruito senza l'osservanza di una legge speciale o di norme edilizie.

II 2° comma dell'art. 872, infatti, assicura in tutti i casi di violazione di regolamenti comunali o norme edilizie

previste da leggi speciali, ivi comprese espressamente

quelle riguardanti le locality sismiche (art. 871), il risar cimento dei danni, per cui, se tra i fabbricati in questione esiste una strada pubblica, cio porta solo alia inapplica bility delle norme che disciplinano i rapporti di vicinato, e cioö quelle previste dall'art. 873 segg., ma non alia nega zione del diritto al risarcimento, quando sia accertata l'esi stenza del danno, anche se esiste una convergenza degli interessi pubblici tutelati e di quelli privati, ai quali ultimi il codice riconosce la consistenza di diritti soggettiyi.

In altre parole, in tanto il 2° comma dell'art. 879 potrebbe

portare alla improponibilitä dell'azione, in quanto non

esistessero leggi speciali o regolamenti da osservarsi nelle

costruzioni confinanti con piazze o strade pubbliche, su scettibili di essere invocate nei rapporti tra privati, ma non quando queste norme vi sono, come nella specie, e le norme stesse risultino violate e generatrici di un danno.

(Omissis) Con il secondo e terzo mezzo si denuncia la violazione

degli art. 13 delle norme sul piano di ricostruzione della cittä di Ancona, 12 legge 22 novembre 1937 n. 2015 ed una mancanza di motivazione su punti decisivi della causa

(art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civile).

Sostengono i ricorrenti che la Corte di merito, pur avendo ammesso che, sia secondo le norme del piano di

ricostruzione sia secondo quelle dalle legge antisismica, la

pubblica Amministrazione avesse il potere di concedere una deroga all'osservanza delle anzidette norme, abbia

poi negato efficacia ai provvedimenti di deroga emessi dalla giunta comunale e dal genio civile sol perclie, nei

primo, era mancata l'approvazione del provveditorato delle opere pubbliche e, nei secondo, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, senza considerare che il

giudice ordinario non puõ censurare l'uso del potere discre zionale da parte della pubblica Amministrazione e senza tener conto che nessuna disposizione prescrive che l'appro vazione od il parere dovessero essere trascritti in calce ai relativi atti. (Omissis)

I motivi sono infondati.

Nelle materie in cui leggi speciali o norme edilizie, '

accanto alla disciplina generale ed ordinaria delle carat teristiche e dimensioni delle costruzioni, preyedono la facoltä, da parte della pubblica Amministrazione, di con cedere in casi particolari una deroga a taluna di quelle regole, occorre procedere ad una distinzione : se la facoltä di deroga 6 stata legittimamente esercitata, e evidente che l'uso di tale potere discrezionale da parte della pubblica Amministrazione 6 preelusiyo di qualsiasi interferenza da

parte del giudice ordinario, ma, se invece la deroga risulti concessa in casi in cui non e consentita oppure con un provvedimento non conforme alla legge, il privato che si senta leso dal provvedimento stesso puõ agire direttamente dinanzi al giudice ordinario per la repressione della lesione e per la disapplicazione, nel caso concreto, dell'atto amministrativo, in virtu di quanto dispone l'art. 5 legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, sul contenzioso ammini strativo.

Questo controllo del giudice ordinario sulla legittimitä. degli atti amministrativi, peraltro, non deve int ndersi limitato al riconoscimento del concorso dei requisiti for mali degli atti medesimi, ma deve ritenersi altresi esteso

all'indagine sull'esistenza o meno nella pubblica Ammi nistrazione, dalla quale l'atto promana, del potere di emet terlo non solo, ma anche all'accertamento del concorso dei presupposti, obiettivamente identificabili, che siano eventualmente necessari per l'esercizio di detto potere, alia valutazione del rispetto delle norme di organizza zione e procedimento che abbiano funzione strumentale in rapporto al fine di garantire la conformity dell'azione amministrativa all'mteresse pubblico (cfr. Cass., Sez. un., n. 318 del 1962, Foro it., Rep. 1962, voce Oompetenza civ., n. 103).

Ü pertanto evidente che i provvedimenti di deroga, in quanto non conformi alia legge, potevano e dovevano essere disapplicati dalla Corte anconetana per la mancanza di condizioni indispensabili per la loro validity, in quanto solo un parere favorevole, da richiedersi obbligatoria mente, poteva consentire al genio civile di concedere una deroga alle norme antisismiche e solo l'approvazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici poteva rendere efficace il provvedimento di deroga della autorita comunale alle norme sul piano di ricostruzione.

£ quindi fuor di luogo il richiamo, da parte dei ricor renti, del principio della presunzione di legittimitä, degli atti amministrativi, posto che tale presunzione cade di fronte alia prova della illegittimitä di essi, ed e parimenti fuor di luogo riferirsi alia giurisprudenza secondo cui la mezione dei pareri obbligatori 6 necessaria per la validity dell'atto amministrativo solo quando e prescritta dalla

legge, in quanto, nella specie, i provvedimenti di deroga devono disapplicarsi perclie il parere e l'approvazione sono mancati in concreto e non perchö, di essi, non fu fatta menzione negli atti relativi. (Omissis)

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vi stoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Passini (Aw. Pabbri, D'Amelio) c. Pinanze (Aw. dello Stato Soprako).

(Gassa App. Boma 26 luglio 1960)

Registro — Divisione ereditaria — Collazione in na tura di immobile donato — Inclusione del bene nella quota di altro coerede — Permuta — Imposta proporzionale — Esclusione (Cod. civ., art. 746, 747 ; r. d. 30 dicembre 1923 n. 3269, legge del registro, art. 48 ; all. A, art. 89).

This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 01:25:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Non costituisce trasferimento a titolo di permuta, assogget tabile a imposta proporzionale di registro, il conferimento in natura, da parte del donatario coerede tenuto alla eol

lazione, delVimmobile donato, anche se questo, nella divi

sione ereditaria per sorteggio, entri a jar parte della quota di altro coerede. (1)

(1) Non si rinvengono precedents specifici. Mentre il coerede donatario, conferendo per imputazione,

resta proprietario dei beni ricevuti in donazione (Cass. 16

giugno 1954, n. 2044, Foro it., 1955, I, 1694, con nota di richiami), nella collazione «in natura » la donazione si risolve con effetto retroattivo alla data in cui si apre la successione (App. Potenza 27 gennaio 1960, id., Rep. 1961, voce Successione, n. 118), i beni donati rientrano nella massa ereditaria, ed anche se attri buiti in sede di divisione alio stesso coerede ehe li ha conferiti, l'attribuzione avrä, luogo a titolo ereditario (Cass. 10 novembre 1955, n. 3715, eitata anche nel testo, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 201-205).

Sulla dispensa dalla collazione, vedi Cass. 29 luglio 1961, n. 1845, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 124-129 bis.

Esclusa la dispensa e ricordata la unicitä, del titolo (eredita rio) a cui avviene la attribuzione dei beni conferiti in natura e

degli altri, in sede di divisione, la sentenza applica i principi costantemente affermati in sede di interpretazione dell'art. 48 t. u. legge sul registro e dell'art. 89 all. A ; secondo i quali la divisione ha carattere dichiarativo e non traslativo, quando i beni assegnati ai condividenti, oltre ad essere tutti compresi nel patrimonio comune, corrispondono esattamente alia misura delle quote rispettive (Cass. 25 maggio 1959, n. 1598, id., 1960, I, 446, con nota di richiami, menzionata nel testo), e si applica in tal caso la tassa graduale di cui all'art. 89 all. A ; mentre ha carattere traslativo, ed 6 assoggettata alia imposta proporzionale di registro l'assegnazione ad un condividente di beni prove nienti ad altro titolo (cfr. C. centrale 6 novembre 1957, n. 97716, id., Rep. 1958, voce Registro, n. 153 ; Trib. Milano 11 luglio 1957, id., 1958, I, 1020). Cosicche, quando con unico atto ven

gono divisi beni divenuti comuni in base a titoli diversi, i sin

goli diritti dei partecipanti si accertano in relazione ai singoli titoli di provenienza e quindi il trasferimento dei beni che risul tano passati dall'una all'altra massa e soggetto alia imposta proporzionale di registro (C. centrale 30 ottobre 1956, n. 85704, id., 1957, III, 149, con nota di richiami), imposta che va applicata soltanto sulla quota di maggior valore tra quelle scambiate, come se si trattasse di permuta (App. Venezia 16 dicembre 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 306).

In applicazione di tali criteri, e stato ritenuto che non puõ dare luogo ad imposta di trasferimento a titolo oneroso, ma alia sola imposta graduale di assegnazione, l'atto con cui, a defini zione di una lite iniziata da un legittimario per lesione di legit tima, si opera tra tutti i coeredi la costituzione del patrimonio ereditario con conferimento alio stesso delle precedenti dona zioni e si procede poi alla regolare divisione ereditaria evitando la lamentata lesione (C. centrale 4 luglio 1955, n. 73823, id., Rep. 1957, voce cit., n. 116 ; nello stesso senso Cass. 2 ottobre

1956, n. 3315, id., Rep. 1956, voce cit., n. 113) ; ovvero l'erede abbandona al legittimario la parte dei beni ereditari a lui as

segnati corrispondente a quella eccedente la disponibile (Cass. 18 giugno 1956, n. 2171, ibid., n. 114). Per una particolare fat

tispecie in cui l'erede della disponibile aveva integrato la legit tima cedendo al legittimario immobili in parte diversi da quelli determinati dal testatore, cfr. Commiss. imp. Genova 3 marzo

1958, id., Rep. 1959, voce cit., n. 199. Anche ai fini della determinazione delle quote di diritto

e delle quote di fatto pertinenti a ciascuno dei condividenti, il

giudizio di estimazione deve investire, oltre ai beni che appar tenevano al defunto al tempo della sua morte, anche quelli da lui trasferiti in vita ai suoi figli per atto di donazione, e poi restituiti alia comunione ereditaria per effetto di collazione : C. centrale 11 giugno 1952, n. 37367, id., Rep. 1954, voce cit., n. 401. E stato infine deciso che la sentenza che ordini la col lazione di un bene immobile e la divisione di esso tra i coeredi, non determina un trasferimento del bene stesso nella massa ereditaria e non e pertanto assogettabile all'imposta propor zionale di registro : App. Roma 26 luglio 1957, id., Rep. 1957, voce cit., nn. 318, 319, confermata da Cass. 25 maggio 1959, n. 1587, id., Rep. 1959, voce cit., n. 492.

Queste due ultime sentenze sono commentate in dottrina da : Casulli, Automaticitä degli effetti della collazione e regime fiscale, in Arch, ricerche giur., 1958, 986 ; Cassisa, L'imposta di registro rispetto al fenomeno collatizio ed al giudicato, in Giust.

civ., 1959, I, 1225 ; Fedele, Collazione ed imposta di registro, in Temi trib., 1959, 536. Si legga inoltre : Celoria, Imposta

Il Foro Italiano — Volume LXXXV1 — Parte 1-15.

La Corte, ecc. —Con l'unico motivo i Fassini censurano la

sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli art. 746, 747 cod. civ., 48 t. u. legge di registro e della tariffa

all. A art. 89, applicabile al valore dell'assegnazione di beiii

immobili esistenti nell'asse dividendo, corrispondente alle

quote di diritto. Essi lamentano che la Corte di Koma ha

ritenuto applicabile in sede di divisione l'aliquota propor zionale sul valore del villino attribuito in sorte al fratello

sul rilievo die detto bene, giä donato dal padre alia so

rella condividente, era stato da questa conferito di sua vo

lontä, senza che vi fosse obbligata per legge ; che l'atto di

divisione, relativamente a tale immobile, perdeva la sua

intrinseca natura e diventava un trasferimento assogget tabile a imposta proporzionale. Aggiungono i ricorrenti che

a norma dell'art. 46 del t. u. della legge di registro e del

l'art. 89 della tariffa all. A si considerano sempre divisionali

le porzioni corrispöndenti alia quota di diritto e che l'art.

746 cod. civ. lascia alia libera scelta del figlio coerede, il

quale deve conferire alia massa dividenda quanto in prece denza ha avuto dal de emus, di rendere il bene in natura

ovvero di imputare il valore alia propria porzione ; che tale

diritto di scelta era stato illegalmente eliminate dai Giudici

di appello ; che se anche la Fassini non aveva ricevuto dal

padre l'imposizione di conferire il bene in natura restava

libera di determinarsi nell'uno o nell'altro senso ; che, per

tanto, il rogito Grassi andava tassato per quello che in

real tit era e cioe un vero e proprio atto di divisione.

Le censure sono fondate.

II ricorso pone per la prima volta a questa Corte suprema la questione : « se la scelta del donatario coerede tenuto alia

collazione, si esercita nel conferimento in natura del bene

donatogli dal de cuius, pone senza altro in essere, ai fini

dell'imposta di registro, una permuta nel caso in cui nella

divisione ereditaria per sorteggio 1'immobile donatogli e

conferito in natura non venga a far parte della sua quota ma

di quella di altro coerede ».

Non e inutile ricordare che questo Supremo collegio in

tema di divisione e di collazione, limitatamente a quanto

puõ avere riferimento alia questione enunciata, ha Tite

nuto : a) che i beni donati rientrano nella massa ereditaria

e da dividere nel caso in cui il donatario, come ne ha diritto a norma dell'art. 746 cod. civ., scelga il conferimento in

natura del bene donatogli, mentre se sceglie l'altro sistem a i

beni restano di proprietä del donatario a titolo di donazione

e nella massa ereditaria entra soltanto il relativo valore

(sent. n. 3715 del 10 novembre 1955, Foro it., Rep. 1955, voce Successione, nn. 201-205); b) che il principio civili

stico di carattere puramente dichiarativo dell'atto di divi

sione non & stato integralmente accolto nel sistema tribu

tario, in quanto l'art. 48 della legge di registro riconosce

il carattere dichiarativo e non traslativo della divisione

solo se i beni assegnati ai condividendi, oltre ad essere tutti

compresi nella massa ereditaria, corrispondono esattamente

alia misura delle quote rispettive; mentre, se i beni asse

gnati non sono compresi nel patrimonio da dividere, o la

porzione assegnata non coincide con la quota ideale di com

proprietä in modo che la differenza deve essere eliminata

con opportuni conguagli, si verifica un trasferimento sog

getto all'imposta proporzionale di registro (sent. n. 1598 del

25 maggio 1959, id., 1960, I, 446). La Corte di Roma con la sentenza impugnata ha creduto

di risolvere la questione gik precisata in base alia clausola

3 dell'atto di donazione del 14 febbraio 1926 deH'immobile

successivamente conferito in natura in sede di divisione dalla

coerede Fassini; clausola secondo la quale : «la donazione

e fatta con il patto che i beni donati dovranno impatarsi nella legittima che spetterä alla donataria sulla successione

del donante ed in caso di eventuale eccesso sulla disponi bile » ; affermando che tale clausola era diretta ad evitare,

graduate e proporzionale di registro nelle divisioni, in Foro pad., 1957, I, 463 ; e dello stesso Autore : Ejfetti dichiarativi e trasla

tivi degli aiti divisionali, in Dir. e pratica trib., 1957, II, 368

(nota a 0. centrale 7 dicembre 1955, n. 76958, cit.). M. T.

This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 01:25:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Sezione I civile; sentenza 5 marzo 1963, n. 534; Pres. Vistoso P., Est. Passanisi, P. M. Cutrupia (concl. conf.); Fassini (Avv. Fabbri, D'Amelio) c. Finanze (Avv. dello Stato Soprano)

1171 PARTE PRIMA 1172

anehe nell'ipotesi di eccedenza sulla legittima, ehe la Faa

sini fosse oostretta a conferire in natura il bene alia futura

massa ereditaria.

Questa affermazione non puõ essere condivisa perche inficiata da un errore logioo e da un errore giuridico.

II primo eonsiste nel non avere tenuto conto, dato il

suo rilievo decisivo, clie la clausola mirava unicamente a

mettere in eyidenza che il donante non voleva alcuna dispa rity di trattamento tra i coeredi e, quindi, non dispensava dalla collazione la donataria neanche per quella parte di valore del bene donato che eventualmente avesse ecceduto la

legittima ed inciso, pertanto, sulla disponibile; il secondo si conereta nell'avere omesso di considerare, benche evi

dence fosse la influenza assõrbente e decisiva, che la Pas

sini non poteva affatto essere costretta a conferire in natura

il bene alia massa ereditaria, non potendo nessuno costrin

gerla a ciõ dal momento che la scelta del modo di conferire, in natura o per imputazione spetta, a norma dell'art. 476

cod. civ., unicamente al conference e che neanche il donante

puõ imporre il modo di esercitare tale diritto di scelta. La questione doveva essere posta e risolta in termini

generali e cioe se tutte le volte che il donatario scelga tra i

due sistemi quello del conferimento in natura, puõ seme a

altro, agli effetti della imposta di registro, ritenersi l'esi stenza di una permuta nel caso in cui nella di visione ere ditaria per sorteggio Pimmobile conferito non venga a far

parte della sua quota ma di quella di altro coerede. Infatti la soluzione affermativa farebbe pensare ad una

permuta sottoposta a condizione sospensiva, mentre non puõ affatto ipotizzarsi tale elemento accidentale del negozio, quando il fatto futuro ed incerto integri, di per se, una attri buzione patrimoniale autonoma per altro titolo e, pertanto, privi una delle parti del potere di dispone ; potere di disporre che presuppone la titolaritä del diritto soggettivo e che e

requisite essenziale del negozio e 11011 puõ essere confuso con a condizione che nel negozio stesso c elemento accidentale.

Deve, quindi, concludersi, tenuto conto dei principi enunciati, che non e esatto affermare senz'altro che tutte le volte che il coerede sceglie il conferimento in natura del bene donatogli e questo nella divisione per sorteggio tocca ad altro coerede, senza che sia necessario ricorrere a con

guagli avendo cosi ognuno dei due coeredi avuto la quota spettantegli, si pone in essere per ciõ solo, sempre agli ef fetti dell'imposta di registro sull'atto di divisione, una per muta, ma occorre che particolari circostanze risultino dalle modalitä della divisione e siano tali da poter rendere legit tima l'affermazione di tale negozio.

Risulta dalle considerazioni che precedono privo di fondamento l'assunto deH'Amministrazione secondo il quale la villa donata alia Fassini con il conferimento in natura da parte della coerede non faceva parte della massa eredi taria dovendosi escludere che la Fassini sia stata dispensata dall'obbligo della collazione, al quale, invece, era tenuta per la ricordata clausola 3,delPatto di donazione.

11 ricorso deve, pertanto essere accolto e la causa rin viata per nuovo esame ad altro giudice di appello, il quale dovrä uniformarsi al seguente principio di diritto :

« La scelta da parte del donatario coerede, tenuto alia

collazione, del conferimento in natura del bene donatogli dal de cuius non pone senz'altro e da sola, ai fini dell'im

posta di registro, in essere una permuta nel caso che nella divisione ereditaria per sorteggio l'immobile donatogli e conferito in natura non venga a far parte della sua quota, ma di quella di altro coerede, ma e necessario che particolari circostanze, risultino dalle modalitä della divisione e siano tali da legittimare l'affermata esistenza di una permuta ».

II giudice di rinvio, che ben puõ essere un'altra Sezione della stessa Corte d'appello di Eoma, dovrä esaminare l'ap pello incidentale proposto dall'Amministrazione e provve dere sulle spese di questo grado del giudizio.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione III civile ; sentenza 5 marzo 1963, n. 521 ; Pres.

Mastbapasqua P., Est. Sbrocca, P. M. Maccabone

(concl. diff.); Valdes (Ayr. Lazzabo) c. Bertolotti (Aw.

Gilabdoni).

(Islanza di regolamento avverso Trib. Milano 26 febbraio 1962)

Sequestro — Sequestro conservativo —: Autorizza

zione — Pendenza del termine per appellare —

Compctciiza (Cod. proc. civ., art. 672, 673).

Ln pendenza del termine per appellare, il giudice dell'impugna zione b competente a provvedere sulla domanda di sequestro conservativo, salvo che I'istante presti aequiescenza alia

sentenza definitiva di primo grado. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Kel merito si rileva che la

sentenza ha ritenuto che, qualora sia in corso il termine

per appellare contro una decisione definitiva di condanna, il sequestro conservativo a cautela del credito, accertato

o negato in quest'ultimi pronuncia, debba essere autoriz

zato dal giudice competente per il merito, cioe nel caso, essendo la decisione definitiva del Tribunale e noil assendo

-itato ancora designate l'istruttore, dal presidente della

corte d'appello, e che la stessa corte sia, di conseguenza,

competente per il giudizio di convalida.

II ricorrente sostiene, invece, che, non essendo stato

ancora promosso il giudizio di appello e non essendovi

perciõ causa pendente per il merito, secondo la previsione dell'art. 673 cod. proc. civ., il sequestro dovrebbe essere

autorizzato a norma dell'art. 672 dal pretore e dal presi dente del tribunale competente a conoscere del merito op

pure dal pretore o dal presidente del tribunale competente

per valore del luogo in cui il sequestro deve essere eseguito. E le sue argomentazioni sono seguite dal P. m. nella requi sitoria scritta, con la quale conclude per l'accoglimento dell'istanza, seuza peraltro specificare se la competenza per la convalida dovrebbe spettare al giudice della causa di

merito ai sensi dell'art. 680, oppure, invece, in via autonoma, al giudice del sequestro, anche se non 6 competente per il

merito.

Ritenendo che anche nel corso del termine per appel lare la competenza per il sequestro e per la convalida sia del giudice della causa di merito, la sentenza impugnata si e, di fatto, adeguata all'unico precedente che esiste nella

giurisprudenza di questa Corte suprema, cioe alia sentenza 29 novembre 1950, n. 2653 (Foro it., 1951, I, 11), alia cui

statuizione conclusiva il Collegio intende uniformarsi anche senza condividerne in ogni argomento la motivazione.

Com'e noto, l'art. 672 disciplina il sequestro autorizzato anteriormente alia causa di merito, mentre l'art. 673 regola quello autorizzato in corso di causa, ossia quando la causa di merito e giä pendente.

Nel primo caso il sequestro puõ essere concesso dal pre tore o dal presidente del tribunale competente a conoscere del merito oppure dal pretore o dal presidente del tribunale

competente per valore del luogo dove il sequestro dev'essere

eseguito, rimanendo perõ il giudice della causa di merito

competente a decidere anche della convalida (art. 680, 2° comma) ; nel secondo caso il sequestro deve essere con cesso dal giudice della causa di merito.

Ma, tranne l'ipotesi in cui la competenza per il sequestro e attribuita anche al giudice del luogo dell'esecuzione,

(1) Conf. Cass. 29 novembre 1950, n. 2653, Foro it., 1951, I, 11, con nota critica di Di Villa ; successivamente, per ]a compe tenza del giudice che ha pronuncia to la sentenza impugnata, Trib. L'Aquila 7 maggio 1953, id., Rep. 1953, voce Sequestro, n. 42 ; Trib. Bari 20 maggio 1954, id., Rep. 1955, voce cit., n. 53.

In dottrina, oltre gli autori eitati da Denti, Provvedimento di sequestro e giudizio d'impugnazione, in Giur. it., 1949, I, 2, 202, cons, le note critiche alla sõpra eitata sentenza della Cassa zione di Montesano in Giur. Cass, civ., 1951, 3" quadr., 566,

I e di Varelli, in Giur. it., 1951, I, 1, 892.

This content downloaded from 91.229.229.205 on Wed, 25 Jun 2014 01:25:14 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions