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Silvano Fuso 2 settembre 2016

Silvano Fuso 2 settembre 2016 - Piano Lauree Scientifiche · teoria del flogisto. Lavoisier estese le sue considerazione anche alla combustione di altre sostanze, ad esempio la legna

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Silvano Fuso

2 settembre 2016

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L’alchimia è un’antica disciplina, misto di scienza, filosofia e magia, che mirava al rinnovamento spirituale dell'uomo attraverso lo studio delle trasformazioni materiali.

Il sogno degli alchimisti era la scoperta della pietra filosofale che avrebbe trasformato i metalli vili in oro e, contemporaneamente, avrebbe consentito all'alchimista stesso un'evoluzione spirituale.

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Gli alchimisti, con tutti i loro limiti e i falsi preconcetti da cui partivano, ebbero tuttavia il merito di dare ampio spazio alla sperimentazione. Gli studiosi del XVII secolo cominciarono, in genere, ad accettare l’idea (che oggi appare scontata, ma che a quei tempi non lo era affatto) secondo la quale ogni congettura e ogni teoria dovevano, in qualche misura, confrontarsi con i risultati ottenibili per via sperimentale.

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Per quanto riguarda la materia, e quindi la chimica, la prima teoria, degna di questo nome, che venne formulata nel tentativo di interpretare i dati sperimentali fu quella del “flogisto”.

Gli alchimisti, fedeli in ciò ad Aristotele, ritenevano il fuoco un elemento. Di conseguenza, quando una sostanza bruciava, essi pensavano che liberasse la porzione di fuoco in essa contenuta. Nel 1669 l’alchimista tedesco Johann Joachim Becher (1635-1682) sostituì all’elemento aristotelico “fuoco” un nuovo principio infiammabile che egli chiamò “terra pinguis”.

Un discepolo di Becher fu il suo connazionale, medico e chimico, Georg Ernest Stahl (1660-1734). Stahl rielaborò le idee del maestro e propose di chiamare il principio infiammabile con il nome di “flogisto”.

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La teoria del flogisto riusciva a spiegare bene il fenomeno della combustione. Le sostanze combustibili, secondo Stahl, sarebbero state, infatti, ricche di flogisto. Durante la combustione esse perdevano tale componente. I residui della combustione (ceneri) non erano più in grado di bruciare perché prive di flogisto.

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La stessa teoria riusciva anche a spiegare perché i metalli si trasformavano in ruggini o “calci” (oggi diremmo ossidi) e come fosse possibile ottenere i metalli riscaldando i loro minerali (calci) in presenza di carbone.

Durante il processo di arrugginimento, un metallo perdeva flogisto, comportandosi in modo analogo a una sostanza che brucia.

Viceversa, quando si scaldava un minerale in presenza di

carbone, quest’ultimo, ricco di flogisto, lo cedeva al minerale. In tal modo veniva ripristinato il metallo, ricco di flogisto, mentre il carbone dava origine alla cenere, povera di flogisto.

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Va osservato che secondo la teoria di Stahl, l’aria non aveva nessun ruolo attivo né nella combustione né nel processo di arrugginimento dei metalli. Essa aveva semplicemente il ruolo di intermediario: in pratica raccoglieva il flogisto dalle sostanze che lo contenevano e lo cedeva a quelle che ne erano prive.

Un topolino, chiuso in un ambiente sigillato, muore perché l’aria si satura di flogisto.

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Le calci ottenute dal riscaldamento dei metalli erano più pesanti di questi ultimi. Questo fatto creava qualche difficoltà alla teoria del flogisto. Secondo tale teoria, infatti, durante la calcinazione i metalli dovevano perdere flogisto.

Per poter spiegare l'aumento di peso occorreva pertanto ipotizzare che il flogisto avesse un peso negativo. Se ai nostri occhi questa spiegazione appare un po’ “tirata per i capelli”, essa non sembrava preoccupare molto i chimici dell'epoca.

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Il problema preoccupava però Antoine Laurent Lavoisier.

Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) è unanimemente considerato il fondatore della chimica moderna. La sua opera affrancò definitivamente la chimica dal contesto magico-mistico dell’alchimia e la fece diventare a tutti gli effetti una scienza modernamente intesa.

Il grande merito di Lavoisier fu quello di aver introdotto in modo sistematico e rigoroso il metodo quantitativo galileiano nello studio delle trasformazioni della materia. In tal modo, il passaggio dal qualitativo al quantitativo, già anticipato da altri autori, raggiunse con Lavoisier le sue vette più elevate.

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Le prime esperienze che condusse riguardarono la combustione del diamante. Osservando la produzione di anidride carbonica, Lavoisier fu in grado di dedurre che il diamante era chimicamente analogo al carbone.

Successivamente l’attenzione di Lavoisier si concentrò sulla calcinazione dei metalli.

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Attraverso le sue misure, egli si rese conto che calcinando un metallo in un recipiente chiuso, l’aumento di peso del metallo, corrispondeva alla diminuzione di peso dell’aria. In ogni caso la massa complessiva rimaneva costante.

In tal modo si rese conto che qualche cosa veniva trasferito dall’aria al metallo e non viceversa, come sosteneva la teoria del flogisto.

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Lavoisier estese le sue considerazione anche alla combustione di altre sostanze, ad esempio la legna. Apparentemente ciò che si otteneva bruciando la legna (cenere) era più leggero della sostanza iniziale.

Tuttavia, se si raccoglievano anche le sostanze gassose ottenute dalla combustione, si poteva verificare che la somma dei pesi (oggi diremmo delle masse) dei prodotti della combustione era esattamente uguale alla somma dei pesi delle sostanze iniziali (legna più aria).

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Lavoisier verificò questo principio per tutte le trasformazioni chimiche e poté pertanto formulare la cosiddetta legge della conservazione della massa che rappresenta uno dei principi fondamentali relativi alla materia.

L’idea che la materia non si crei e non si distrugga non era di per sé una novità assoluta. Essa era stata intuita fin dall'antichità e aveva accompagnato costantemente la storia del pensiero occidentale.

Tuttavia solamente grazie all'opera di Lavoisier essa acquisisce quella fondatezza sperimentale e quel rigore che le consentirono di dare immediati frutti nel processo di comprensione della realtà materiale.

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La teoria di Lavoisier sulla combustione era tuttavia ancora incompleta. Restava, infatti, da stabilire che cosa venisse trasferito dall'aria ai metalli. Nel 1774 Lavoisier venne a conoscenza della scoperta di Joseph Priestley (1733-1804), sull’ “aria deflogisticata”. Priestley era riuscito a produrre un nuovo gas mediante riscaldamento della “calce” di mercurio (ossido di mercurio).

Questo nuovo gas aveva singolari proprietà. Pur non essendo infiammabile, favoriva la combustione di altre sostanze. Inoltre, poteva essere respirato dagli esseri viventi.

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Il gas di Piestley venne chiamato aria “deflogisticata”. Infatti, la sua capacità di favorire la combustione di altre sostanze poteva essere interpretata, nell’ambito della teoria di Stahl, ammettendo che fosse in grado di assorbire facilmente il flogisto.

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Nel 1775 Lavoisier pubblicò un lavoro in cui proponeva la seguente interpretazione della combustione. L’aria non era un gas semplice, bensì una miscela di due gas. Solamente un componente (l’aria deflogisticata di Priesley) veniva coinvolta nei processi di combustione e di calcinazione dei metalli. Lavoisier chiamò l’aria deflogisticata di Priestley ossigeno (letteralmente “generatore di acidi” in quanto Lavoisier credeva erroneamente che fosse un componente di tutti gli acidi).

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Lavoisier concentrò la sua attenzione sulle proprietà dell’ossigeno. Poiché esso poteva essere respirato, Lavoisier intuì una profonda analogia tra il processo di combustione e quello della respirazione. In fondo durante la respirazione si inspira ossigeno e si produce anidride carbonica, proprio come succede durante la combustione. Insieme al famoso astronomo Pierre Simon de Laplace (1749-1827), Lavoisier eseguì misure quantitative sulla respirazione. Egli notò con sorpresa che non tutto l’ossigeno inspirato veniva emesso sotto forma di anidride carbonica. Una porzione veniva trattenuto dall’organismo.

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Negli stessi anni Henry Cavendish (1731-1810) faceva esperimenti con un altro gas da lui scoperto, ottenibile dalla reazione degli acidi con i metalli.

In particolare Cavendish scoprì che la combustione del suo gas infiammabile produceva acqua. Lavoisier stesso chiamò idrogeno (generatore di acqua) il gas di Cavendish.

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Egli si convinse in tal modo che l’acqua era composta da idrogeno e ossigeno e non era pertanto un elemento come credevano gli alchimisti. Inoltre, Lavoisier ipotizzò che negli organismi animali fosse contenuto sia carbonio che idrogeno.

L’ossigeno che veniva inspirato durante la respirazione si combinava in parte con il carbonio, per dare anidride carbonica che veniva espulsa, e in parte con l’idrogeno per fornire acqua.

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Con alcune semplici idee e soprattutto attraverso l’insostituibile strumento della misura, Lavoisier fu così in grado di razionalizzare tutta una serie di fenomeni chimici in un unico quadro concettuale. Contemporaneamente distruggeva definitivamente tutta una serie di vaghi principi e oscure credenze che avevano circondato il mondo della materia per millenni.

Negli ultimi anni della sua vita, infine, Lavoisier elaborò un razionale e sistematico sistema di nomenclatura chimica che contribuì a portare ulteriore chiarezza nel mondo della materia.

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Nel 1789 Lavoisier pubblicò il fondamentale Trattato elementare di chimica che riassume tutte le sue principali idee e costituisce il primo testo moderno di chimica.

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I suoi contemporanei, tuttavia non furono riconoscenti nei confronti di Lavoisier. Nel 1794 venne infatti ghigliottinato durante la rivoluzione francese. Egli aveva, infatti, ricoperto importanti ruoli pubblici, durante la monarchia, tra i quali quello di esattore delle imposte.

I rivoluzionari videro in lui soltanto un odioso strumento del potere, dimenticando i suoi straordinari contributi di scienziato.

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Il grande matematico Joseph-Louis Lagrange (1736-1813), dopo la sua morte ebbe a dire:

Alla folla è bastato un solo istante per tagliare la sua testa; ma alla Francia potrebbe non bastare un secolo per produrne una simile.

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La scienza si fa attraverso misure

Ogni affermazione va dimostrata

Chiunque deve poter ripetere esperimenti e misure

Le conoscenze delle varie branche del sapere devono integrarsi fra loro

Di fronte a spiegazioni alternative dello stesso fenomeno, occorre scegliere quella più semplice (rasoio di Occam)

Lavoisier applicò tali principi anche a quelle che oggi definiremmo pseudoscienze.

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Numerose sono le discipline pseudoscientifiche che, pur avendo ampia popolarità, disattendono completamente l’insegnamento di Lavoisier.

Mi limito a citarne due:

Omeopatia

Le bizzarre teorie del premio Nobel Montagnier

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Per sua natura la scienza pretende che ogni affermazioni sia suffragata da prove concrete e che sia coerente con le altre conoscenze che la scienza consente di avere relativamente alla realtà. Lavoisier è stato, in questo senso, un grande precursore.

Se le prove latitano e se certe affermazioni contraddicono conoscenze consolidate è doveroso un atteggiamento di massima cautela da parte della comunità scientifica.

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Scetticismo (dal greco sképsis = ricerca, dubbio) non vuol dire incredulità a priori, ma significa semplicemente pretendere prove adeguate prima di accettare qualsivoglia affermazione. Si tratta di un atteggiamento mentale non solamente perfettamente razionale, ma assolutamente doveroso non solo nella scienza, ma anche in qualsiasi altro ambito. Senza scetticismo non è infatti possibile alcun avanzamento della conoscenza.

Se questo chiacchierata riuscirà a sviluppare anche solamente un po’ di scetticismo nella mente di qualcuno di voi, mi riterrò pienamente soddisfatto.

Robert Boyle (1627-1691)

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