20

Sismagazine dicembre 2014

Embed Size (px)

DESCRIPTION

 

Citation preview

Page 1: Sismagazine dicembre 2014
Page 2: Sismagazine dicembre 2014

2

L’IFMSA (International Federation of Medical students’ association) è la federazione nazionale delle associazioni di student di medicina a cui il SISM appartiene quale full member.A livello nazionale il SISM è composto da tre cariche elettive che per la sede locale corrispondono a:

INCARICATO LOCALEAMMININISTATORE LOCALE

SEGRETARIO LOCALE

Che regolano e promuovono le attività di 4 grandi aree tematiche

che sono date da:

SCOMECommissione stabile sulla pedagogia medica; corrisponde alla LOME locale

SCOPH Commissione stabile sulla salute pubblica; corrisponde alla LPO locale

SCORPCommissione stabile sui diritti umani e pace; corrisponde alla LORP locale

SCORA Commissione stabile su salute riproduttiva ed AIDS; corrisponde alla LORA locale

-clerkship italiane -ospedale dei pupazzi -clown therapy -peer education

-giornate di sensibilizzazione e prevenzione -conferenze su temi inerenti donazione degli organi,midollo osseo

-Calcutta Village project -Wolisso project

-world AIDS day -giornata internazionale per la donna

A questi 4 comitati permanenti si affiancano i 2 comitati:

SCOPE Professional Exchange

Promuove l’internazionalità e la collaborazione tra studenti attraverso l’espletamento di un tirocinio che si inserisce in un sistema sanitario diverso da quello italiano. A livello locale i Professional Exchange sono gestiti dai LEO (Local Exchange Officer).

SCORE Research Exchange

Area che permette agli studenti di recarsi presso una Università straniera e frequentare un dipartimento che conduce un dato progetto di ricerca. A livello locale i Research Exchange sono gestiti dai LORE (Local Officer on Research Exchange).

COS'È IL SISM

Page 3: Sismagazine dicembre 2014

3

LETTERA DELLA REDAZIONEDa piccolo adoravo i giorni che precedevano il Natale. No, non il Natale in sé: è pur vero i miei genitori hanno sempre cercato di soddisfare alla bell'e meglio la pretenziosa ingordigia di regali che investe quasi tutti i bambini del Primo Mondo, ma a me quel giorno (segnato in rosso anche nei calendari dai numeri neri) sembrava sempre colmo di spazi vuoti. Nella durata estesa dei pasti in famiglia, nell'attesa di un numero alle tombole di paese, nella neve che rigorosamente si presentava ad attutire i passi e gli schiamazzi. Era insomma un giorno considerato speciale dai più, che però nel suo tentativo di esserlo a tutti i costi rimaneva come corroso dall'interno. Più o meno.

No, quello che mi esaltava erano i giorni che venivano prima. L'atmosfera che si avvertiva in quel periodo potevo inspirarla direttamente nei polmoni insieme all'aria frizzante, e mi riempiva il petto di forti sensazioni. La cosa che adoravo di più era quando mamma o papà mi portavano a fare un giro in macchina nelle ore in cui il pomeriggio, sfiancato dalle folate di vento gelido con cui l'inverno lo pungola, cede ben presto il posto alla sera. Lì, alle porte del buio, avveniva la magia: si accendevano le luci natalizie. E così, paesi di periferia che di giorno languivano nella bruttezza lasciata in eredità da un'edilizia frettolosa potevano riscattare il proprio cemento in un florilegio di guizzi colorati; villaggi di campagna, le cui case si sentivano fuori luogo in mezzo alle distese silenziose della neve, potevano ora vestirsi con liane di luci arcobaleno che, riflettendosi sulla neve stessa, la invitavano a partecipare alla festa; città e capoluoghi di provincia sembravano pingui signore borghesi che per l'occasione rispolveravano la propria bigiotteria di collane luminose, aggiungendo altro sfarzo a quello delle vetrine.

Una trasformazione vera e propria, che mi lasciava incantato. Una volta cresciuto abbastanza da potermi scarrozzare in giro autonomamente (con un'Ape Piaggio che ho adorato e usato come seconda casa, ma che aveva più di 20 anni sul groppone e mi lasciava a piedi una volta su tre) ero solito tuffarmi nella nebbia di giornate immobili e ronzare tra i paeselli al solo scopo di carpirne l'immagine nuova e affascinante che veniva resa disponibile ai miei occhi per un mese all'anno. Non è che dovessi andare in qualche posto in particolare o fare qualche commissione: gironzolavo tra le strade dall'asfalto scavato, con andatura lenta, con l'unico scopo di guardare affascinato l'orchestra di luci che spandeva il proprio ritmo visivo tutto intorno a me. Sorrisone assicurato ogni volta.

Poi, certo, tutto questo aveva il proprio contrappasso quando, passata anche l'ubriacatura di euforia per l'arrivo dell'anno nuovo, ci si rassegnava in generale a riprendere gli stessi ritmi dell'anno precedente. Questo implicava la rimozione quasi immediata delle luci natalizie. Rimaste da sole ad invocare feste e spensieratezza, si trovavano in stringente contrasto con le vite degli uomini, che sentivano ora con urgenza il bisogno di tornare a calarsi in una normalità fatta di orari e faccende. Così, dopo la meraviglia, assistevo con voluto distacco alla decimazione delle lampadine colorate, riversando soltanto un poco di compassione sulle poche che resistevano ancora sui balconi: scarne vestigia di gozzoviglie ormai fuori tempo, mentre intorno a loro gli edifici dismettevano gli abiti variopinti almeno fino all'anno successivo.

Tutte queste impressioni, fugaci e vivide, erano ciò che rendeva davvero magico per me questo periodo dell'anno. E adesso?

Gente, adesso a dicembre ci sono gli esami.

La redazione

Page 4: Sismagazine dicembre 2014

4

F A M U L U S :Famulus Nursing è un progetto organizzato dal SISM con l’intento di fare acquisire esperienza pratica agli studenti di Medicina. E’ rivolto a studenti dei primi tre anni, ovvero a coloro che non hanno ancora preso parte a tirocini curricolari. Ciascun partecipante viene assegnato ad un reparto del Policlinico Sant’Orsola e ad un tutor (nella fattispecie un infermiere di ruolo) che ne coordinerà l’attività; l’esperienza consiste nel frequentare il reparto svolgendo gli stessi turni del proprio tutor e prendendo confidenza con le stesse procedure da lui svolte (inizialmente osservando, poi agendo in maniera assistita ed infine in autonomia).

Per maggiori (ed esaustive) informazioni: http://bologna.sism.org/famulusnursing.php

Oh, com’ è volubile l’animo umano! Quando ho saputo che la mia motivation letter era stata riconosciuta conforme agli standard di caricanza per prendere parte al Famulus, e che quindi sarei stato tra i partecipanti, non vedevo l’ora di cominciare: l’idea di passare dai libri ai pazienti, dalle biblioteche ai corridoi d’ospedale, mi trasmetteva un brivido di eccitazione che non mi sforzavo nemmeno di contenere. Ma pochi giorni dopo, nell’incontro di formazione preliminare con gli studenti al terzo anno di Infermieristica, mi sono ritrovato a simulare su dei manichini l’entrata di un ago in vena, o di un catetere fino alla vescica. E’ bastato cominciare ad usare le mani e sentirle impacciate per traslare mentalmente quelle operazioni su un paziente vero, vivo, sensibile al dolore, ed instillare il dubbio: ma sono sicuro di essere davvero portato per questa cosa? Io che a malapena riesco ad inserire un filo nella cruna di un ago, come posso inserire tubi nelle cavità di esseri umani? Io, con questa testa scordareccia e queste mani malferme, posso davvero pretendere di preparare farmaci e maneggiare siringhe?

Ebbene, considerato questo magone non indifferente, è incredibile pensare alla naturalezza con cui, già al quarto giorno di Famulus, tutti quei dubbi si erano sgretolati lasciando il posto ad una sola domanda: “Di cosa hanno bisogno i nostri pazienti oggi?”

Questa transizione è stata in gran parte merito di tutto il team di infermieri con cui ho interagito continuamente. Forti della loro esperienza nel rapporto umano, sono stati abilissimi ad accogliermi e a non farmi sentire mai un estraneo in quell’ambiente

che dovrà diventarmi familiare, per poi prendersi carico di me ed insegnarmi. Il mio tutor Pierluigi (amichevolmente abbreviato in Pigi), in particolare, non ha mai lasciato che le procedure sanitarie divenissero per me delle semplici sequenze di azioni da eseguire meccanicamente; spiegandomi sempre il “perchè” oltre che il “per come”, mi ha permesso di ricollegare tutto alle conoscenze teoriche e di sentirmi più saldo. Un ruolo importante lo ha giocato anche il “clima” presente all’interno del reparto, che in questo caso era decisamente sereno; i rapporti tra medici ed infermieri si sono cioè rivelati molto cordiali, e ciò mi ha dato la possibilità di attaccarmi come una cozza sia agli uni che agli altri per cercare di carpire il maggior numero di informazioni. Ho avuto così l’opportunità di assistere a toracentesi, ecografie vascolari e medicazioni di arti amputati (sì, avete indovinato: il mio reparto era Chirurgia Vascolare e Toracica), ovvero procedure più prettamente mediche.

Ho fatto due turni mattutini, due pomeridiani e due notturni (non in quest’ordine), per mia scelta: mi sono così trovato a galoppare su e giù per il reparto ad ogni ora del giorno e a provare tanto la frenesia nel sovrapporsi delle mansioni di mattina quanto l’inaspettata comodità di un lettino per medicazioni nella necessità di un po’ di riposo durante la notte.

All’inizio, la mia funzione era quella di osservare: seguivo Pigi in ogni suo movimento, dando subito fiato a qualunque domanda mi si presentasse alla mente. Il primo passo nella manualità è stata la preparazione dei farmaci da somministrare tramite flebo, e già anche solo il collegare deflussori mi faceva sentire più...come dire...adatto. Da lì si è passati alla rilevazione dei parametri per poi sfociare nella microinvasività (stick per la rilevazione della glicemia, iniezioni sottocutanee), approdando infine a “roba seria” come l’esecuzione di prelievi e la rimozione di cateteri vescicali.

E’ ancora vivida la sensazione che mi portavo in petto mentre mi recavo in reparto per la prima mattinata di prelievi: il peso della responsabilità si annidava sotto lo sterno e lì premeva per soffocare le mie certezze. Mi immedesimavo nei pazienti, magari già costretti ad un ambiente monotono o a terapie stancanti, che dovevano pure sorbirsi il dolore evitabile di un ago guidato da una mano maldestra...

Primo prelievo: niente. Secondo prelievo: nada de nada. Terzo prelievo: niet, nix, nisba. In tutti e tre

Roberto Perissinotto

Page 5: Sismagazine dicembre 2014

5

i casi ho dovuto chiedere il prezioso aiuto di Pigi. Non avevo beccato una vena che fosse una. A questo punto, credevo di aver perso la fiducia dei pazienti...quanto mi sbagliavo! Erano loro i primi a sostenermi; perfino quelli che mi avevano visto sbagliare offrivano volenterosamente il loro braccio convinti che la prossima volta sarebbe stata quella buona. E’ stato poi sufficiente imbattermi in un uomo dalle vene grandi come gallerie per dismettere gli abiti del timoroso praticante e indossare quelli dell’autostima; gli altri prelievi sarebbero poi andati più che bene e a fine mattinata mi sarei ritrovato a sorridere pensando all’agitazione che aveva suscitato in me fino a poche ore prima l’idea di compiere una procedura così semplice.

In quest’ultimo caso, i pazienti mi hanno dato una grossa mano. Ma potrei dire senza ombra di dubbio che tutti loro sono stati la parte migliore di questa esperienza. Era infatti il contatto umano, l’attenzione continua alle loro esigenze sia fisiche che mentali, a ravvivare ogni giorno la fiamma che sta alla base di questo percorso. Ho conosciuto decine di persone; ho parlato con tutte loro, e già soltanto questo mi ha arricchito in maniera incommensurabile. Alcune le ho viste stare male, talvolta le ho aiutate a stare meglio. Erano loro a farmi capire quanto è importante studiare la teoria, e capirla bene, perché altrimenti si rischia di restare in silenzio di fronte alle domande o di non

riuscire a farsi capire mentre si snocciola qualche spiegazione; allo stesso tempo, interagire con loro era per me il vertice dello studio, la trasposizione delle pagine immobili degli appunti sul piano dinamico della vita reale.

Tra i pazienti, tantissimi erano i bolognesi DOC (ad ogni giro visite partiva un “Soccia!” da ogni angolo), molti quelli che arrivavano in ospedale dopo essersi informati su internet (o dopo che un parente lo aveva fatto per loro) riguardo al proprio problema, quasi nulli invece gli scorbutici borbottanti (e qui, poco da dire: mi è andata di culo).

Alla fine del mio ultimo turno, prima di tornare ad indossare gli abiti civili, sono passato a salutare ogni singolo paziente: ci tenevo ad augurare loro il meglio e a ringraziarli per la comprensione e la cortesia. Non mi aspettavo di ricevere tante sincere dimostrazioni d’affetto, per cui mi sono commosso; i complimenti li ho declinati, convinto di dovermeli ancora meritare, mentre gli auguri per il futuro li ho raccolti volentieri, perchè mi serviranno. Scendendo le scale per raggiungere l’uscita, non mi sentivo particolarmente fiero o orgoglioso; sentivo invece di essere cresciuto.

Se avete la possibilità di partecipare, non lasciatevela scappare.

FA BU L OU S !

Page 6: Sismagazine dicembre 2014

6

“È Natale e a Natale si può fare di più” canticchia la televisione nella sala d’attesa del pronto soccorso. Si apre la porta dell’ambulatorio, esce l’internista con un piede di porco, tira una mazzata allo schermo che cade, estrae una katana, lo sbrindella, calza delle scarpe antinfortunistica, lo sbriciola a suon di calci con la punta rinforzata, finisce il cadavere con una 44 Magnum e, rinfilatala sotto il camice, chiede alle macerie: “A Natale si può fare di più?”, poi torna dentro a finire la sutura che stava facendo.

Questo è come mi vedo io tra 4-5 anni, la notte della Vigilia, durante il mio turno di guardia o chiamata in reperibilità, mentre il resto del mondo sarà ad ingozzarsi di pesce e panettone senza canditi (quindi, visto che lo sapete, vedete di spegnere preventivamente quel televisore). Questo almeno è come mi immagino, perché di fatto non ho idea di come sia il Natale al Pronto Soccorso. No, scherzi a parte, quanto dev’essere triste passare le feste in ospedale? Cioè, ok, da paziente te ne fai una ragione, la sfiga non conosce calendari, ma da medico… boh, magari c’è pure chi ci prova gusto, che ne sai, un antisociale (prendi me ad esempio, che ho come modello di vita il nonno di Heidi, anche se io Heidi la buttavo giù dalla scarpata appena mi si presentava davanti, il nido sui monti è tutto mio). Voglio farmi un’idea di come possa essere, ma siccome sono le 23.57 non mi pare il caso di telefonare ai miei amici medici/specializzandi. Allora vado su gooooogle, scrivo cose tipo “Natale al pronto soccorso” sperando non mi venga fuori un cinepanettone (che comunque io “Natale al pronto soccorso” c’andrei di corsa a vederlo), apro tutti i risultati in mille schede e comincio a leggere. Vediamo un po’ che succede in PS la notte del 24:

• il primo assist della serata è servito da tale Carlo D’Apuzzo, Dirigente medico presso il Dipartimento di Emergenza dell’Ospedale Mauriziano di Torino. A quanto pare a Natale il PS è più affollato “a causa dell’abbondante uso di cibo e alcool”, e per ridurre questo fenomeno l’NHS (l’SSN inglese) ha fatto dei video umoristici esplicativi su come usare correttamente i servizi sanitari: “nella prima clip una “paziente” si presenta in pronto soccorso perché ha comprato un tacchino troppo grande per essere cotto nel microonde. Sa che in pronto soccorso ci sono gli strumenti adatti per tagliare il gesso, perché non utilizzarli anche per il tacchino?” Un collega rincara la dose nei commenti: “Il 31/12 di qualche anno fa un tizio si presenta al triage

chiedendo un taglio di capelli urgente. L’infermiere, stupito, pensava che il tizio si fosse tagliato e gli chiede “Ma dove si è fatto male?”, e il paziente, iroso: “Ma non mi sono fatto male, devo tagliarmi i capelli. Voi siete il pronto soccorso, no?” [Per i video: cercate su youtube NHS Choose well Christmas Special]

• Il corriere locale ci informa che a Portogruaro lo scorso Natale più di quaranta persone hanno riempito il Pronto Soccorso con la diagnosi di abbuffata fino a schiantarsi il budello. “Le prime chiamate parlavano in particolare di coliche renali, “scoperte” dopo i pranzi e le cene natalizie, a casa di parenti.” Mi immagino la processione di gente che si tiene la pancia e la sala d’attesa intrisa di scatòlo. “Dopo le cure del caso, e le dimissioni, i sanitari hanno dispensato utili consigli per evitare il ripetersi dei fenomeni che hanno rovinato il lungo ponte natalizio a oltre 40 persone.” Vale a dire: sale inglese e spurgare.

• “Male and female brains wired differently, scans reveal”. Ah no questo non c’entra niente (però è interessante).

• Stesso problema di Portogruaro però a Livorno. La parola all’esperto, Danie72: “Ve lo dico proprio in livornese: O bottini! E avete chiamato anche l’ambulanza?”

• A Pontassieve invece due anni fa sono andati al pronto soccorso 4 vecchietti perché l’appartamento aveva preso fuoco durante il cenone. “Accertamenti sono in corso da parte dei vigili del fuoco per risalire alla causa esatta, che potrebbe essere attribuita al malfunzionamento del forno o della lavatrice nella casa.” Per ora il rapporto parla di incendio idiopatico.

• Dalla Pediatria del Policlinico di Milano arrivano consigli per non far ammalare i vostri bambini ed evitare intasamenti del PS in periodi festivi: “devono essere coperti […] indossare cappello, sciarpa e guanti […] se gli indumenti si bagnano giocando nella neve o sciando, vanno asciugati […] arieggiare almeno una o due volte al giorno gli ambienti chiusi; evitare contatti con soggetti malati; non esporre i bambini a fumo passivo; vacanze in luoghi con clima relativamente mite; cambiarli qualora si bagnassero a contatto con la neve (aridaje) […] far visitare il bambino, soprattutto se alla febbre prolungata si associano tosse e dolore toracico”. Oh, nonna diceva ‘ste cose senza un cencio di laurea.

NATALEAL PRONTO SOCCORSO

Vincenzo Capriotti

Page 7: Sismagazine dicembre 2014

7

• A Sarzana invece al Pronto Soccorso ci finisce Babbo Natale, che “ha dovuto chiamare il suo... aiutante dopo che un malore gli ha impedito di raggiungere la sua casetta di piazza Matteotti”. Quest’anno i genitori hanno una buona scusa per non buttare la tredicesima in regali.

• “Il pronto soccorso di Varese non ha registrato criticità particolari durante le feste natalizie”. E questi c’hanno fatto un articolo per dire che è tutto a posto. A Varese… va bene (cit.).

• cirano sul blog “Essenze e profumi” ci racconta la sua traumatica esperienza in un natale di quattro anni fa: “Una mezz’ora di attesa ed arriva un medico. Fa le domande di rito e si appresta a fare un prelievo ed armameggi vari. Passa un’oretta e nulla accade. Fermo il dottorino e chiedo cosa aspettiamo: l’autoambulanza per trasportare la malata al reparto per una visita specialistica. Dico che non è il caso e che possiamo provvedere noi al ....trasporto. Ok! Altra attesa, altra visita. E’ necessario ripassare dal pronto soccorso per chiudere la pratica. Si torna e si aspetta… Era quasi l’una quando la mia pazienza è sbottata. Chiedo al primo medico come mai ci volesse tanto per questo certificato. Lui mi risponde che era necessario che fosse compilato dal medico iniziale che non si vedeva in giro. Alle mie insistenze, sbotta, in dialetto: il medico non c’è, lo capisci che è andato a cacare?!” Quando la natura chiama…

• Civitavecchia invece nel 2008 si è trasformata in Sin City: “Il caso più grave è stato quella di una signora ottantunenne investita da un’auto in un parcheggio, la quale ha riportato diverse fratture e alcune lesioni interne che ne hanno reso indispensabile il ricovero in elioambulanza al Policlinico Gemelli di Roma. Grave anche un ragazzo sedicenne caduto dal motorino dopo che, a quanto è stato riferito, sarebbe stato investito da un altro giovane centauro intento a divertirsi con le classiche “impennate” nel pieno di un “gioco” natalizio davvero poco intelligente. Quindi un ragazzo santamarinellese con evidenti ustioni al volto a causa di un incidente domestico. Infine un agente di polizia del Commissariato di viale della Vittoria che ha riportato alcune contusioni dopo una colluttazione con un malvivente.” Un itterico nel ruolo del Bastardo Giallo.

• Se nel 2009 vi avessero regalato la Boîte Spéciale Croix-Rouge di Louis Vuitton in Pronto Soccorso potevate anche non andarci. “[…] il cui interno si compone di scatole mini di metallo dove potrete mettere il kit del pronto soccorso. All’occorrenza il bauletto del kit, può trasformarsi in una lussuosa borsetta LV, bella da vedere e comoda da portare. Siete pronti per fare questo regalo alla vostra mamma?” Sì, e la vostra mamma vi fa le corna.

• A Castelli ha preso fuoco un albero di Natale in casa

“a causa del surriscaldamento delle luci d’abbellimento”. Il calore del Natale...

• Per la parità dei sessi non dimentichiamo il Pronto Soccorso Ostetrico, perché “il periodo natalizio è il momento dell’anno in cui si rischia il maggior numero di gravidanze inattese. I ragazzi vanno spesso via in gruppo durante le feste: l’eccessivo consumo di alcol, a cui si unisce l’abitudine ad aver rapporti con più partner, può far andare incontro a una gravidanza non programmata, ma espone anche alla possibilità di contrarre malattie sessualmente trasmesse”. Quindi state attenti se non volete fare una corsa contro il tempo…

Madonna che casino, il PS a Natale. Oh io, nel dubbio, il 23 mi do per malato.

Page 8: Sismagazine dicembre 2014

8

Nel pieno dell'operazione Protective Edge dell'estate scorsa, che in cinquanta giorni ha ucciso 1462 civili nella Striscia di Gaza, una storia che poteva essere un piccolo miracolo. Il 26 luglio nasce Shaima, in una sala operatoria, strappata dal ventre della madre, morta durante i bombardamenti. Solo quattro giorni dopo,però, una bomba israeliana colpisce la centrale elettrica

di Gaza: non c'è più corrente in ospedale per alimentare l'incubatrice della piccola. Shaima perde la vita. PerPer non dimenticare. re

Per cominciare ci vogliono un uomo e una donna. Un ovulo e uno spermatozoo. Se si incontrano nel momento giusto, se lo scontro fortuito è protetto dal fato o dal cielo, se le lancette si arrestano in silenzio in quel secondo, o in quel millesimo di secondo, in cui la donna sospira, o l’uomo sospira, o sospirano entrambi – sotto quale rara stella fortunata allora inizierà la tua storia! -, probabilmente, sarai strappata dall’infinito iperuranio delle possibilità e potrai iniziare ad essere. Bada bene - e questo l’avresti appreso se quanto meno ti fosse stato concesso il tempo d’arrivare un poco oltre la pubertà - non sarà necessario che l’uomo e la donna si amino: ciascuno è gettato sul mondo dalla coppia che gli spetta, e ciascuna coppia è scaraventata sul mondo come meglio può, come meglio crede, o come meglio s’adatta- grande maggioranza questa, e ciò t’avrebbe fatto soffrire almeno un paio di volte da ragazza, poi l’avresti accettato più per un moto d’orgoglio che per umana rassegnazione. A volte, non serve neppure avere un letto: è sufficiente un divano, un tappeto, o solo il pavimento. Non so dove sia iniziata tu, e se di notte o di mattina, ma un uomo e una donna ci son stati, e così sei diventata un principio di Shaima. Serve

Serve allora una energia confusa e concentrata in una manciata d’ore: tutte le ore della tua vita da adulta non varranno mai quanto quel grumo di tempo destinato alla tua gastrulazione, bambina mia.Son cose che poi si dimenticano, gli uomini finiscono per sentirsi grandi, perfetti e onnipotenti, ma una distrazione della sorte, una vibrazione di un secondo, una confusione di cellule, avversità dalle quali nessuno potrebbe mai difendersi o essere difeso, decidono il destino di ciascuno di noi molto più dei futuri sì, e dei no, e dei nostri passi - se ci son date gambe per farne. Due

Due arti superiori, due inferiori, una testa, il volto ancora informe, bruttino, ma poi saresti diventata bella, sta’ tranquilla. Son Son richiesti poi due atri e due ventricoli – non ti sto qui a parlare di intestino branchiale, di aorte, di nascita e degenerazione di vasi, come quelle superbe arterie cardinali o le premurose vene vitelline – e una rotazione acrobatica dei tuoi visceri, da esserne fieri per tutta la vita, e cinque litri di sangue al minuto, ben cinque meravigliosi litri di sangue rosso rosso, ottanta battiti per scuotere, in sessanta secondi, la tua promessa di corpicino rugoso. E

E quei battiti li avevi tutti, Shaima, più forti dei miei, così potenti da assicurarti la nascita. Una loro timidezza, una voce appena più flebile, o del cerume nell’orecchio del medico, una sordità ereditata da suo nonno, un timpano danneggiatogli da uno sparo, e non t’avremmo conosciuta- e questo dolore per te non sarebbe dolore, ma solo impercettibile oscuro presagio aggiunto agli altri terribili auspici. Il

Il tuo battito, invece, ti ha mezza salvata. Così sabato, come era successo venerdì, giovedì, e il giovedì prima, e quello prima ancora, come succede da infiniti giorni, piccola mia, Israele ha lanciato le sue bombe e come sempre sono è venuta l’esplosione, la polvere, i vetri rotti e il sangue dappertutto, non solo sui vetri. Ma una bomba era per la tua mamma – non solo per lei, sia chiaro, ci son bombe intelligenti ma non ancora ad personam, tu pensa se un giorno le inventeranno – per la tua mamma, sì, per quella donna della quale conosci solo gli umori, l’utero e il caldo ventre. Avresti potuto impararne anche la voce, t’avrebbe ninnata per ore e ore alla finestra, chiamandoti habibi, ya habibi, ya asal, e le sue mani le avresti sfiorate con le tue impercettibili dita, ai suoi seni ti saresti attaccata avida di latte e di futuro, e i suoi capelli avrebbero provocato la tua prima risata, dal tuo amore per lei sarebbe nata la tua prima parola, un tenero “Ummi”. Ma la bomba ha preso anche lei, la bomba che non è come la morte – e come spiegare a te la differenza, che sei morta prima ancora di imparare a temere l’una e l’altra? La bomba la lancia qualcuno che non è Dio né tuo padre, Shaima; la bomba la lancia un essere che ha ricevuto, come te, due atri due ventricoli due gambe due braccia e una testa, con una faccia brutta oppure bella, ma che non

)E POI UCCISA(

LETTERA AD UNA BAMBINA NATA

Valeria Cagnazzo

Page 9: Sismagazine dicembre 2014

9

sei tu, non è la tua mamma, non sono io, e non è un uomo; la lancia un essere che vola in alto ma non è un uccello, usa ali che non sono sue, e si libra in cielo ma senza grazia, e non ha un nome né una forma, non ha il coraggio d’averne, né di mostrarsi, per questo lancia i suoi escrementi bellici dall’alto, perché alla terra – come vedi non è per niente un uccello – non potrebbe avvicinarsi, per viltà, per deficit di umanità, per inesistenza, astrattezza, e paura. Il

Il tuo cuore, però, è rimasto intatto. Il corpo della tua giovane mamma, che portava il nome uguale al tuo, almeno questo di lei è giusto che tu lo sappia, era già freddo, il grigio colore della polvere delle macerie prendeva a confondersi col livore di tutti i cadaveri, quando il tuo battito si è fatto più forte, il suo eco s'è come triplicato, tutta la tua esperienza di otto mesi di fagotto vivente ha cominciato a bussare alla pancia tesa della donna, e, con insistenza, a chiedere ascolto. Per Per nascere da una madre morta ci vuole resistenza degna del più anziano Gazawi, e un bisturi, e una mano sicura che muova quel bisturi e lo spinga attraverso una pelle già rigida, e tu hai avuto pure quelli. Quando

Quando sei venuta fuori, abbiamo visto che l’opera era completa, gli occhi erano al loro posto, e in mezzo ad essi un nasino disegnato, e due labbra già tristi che, però, sapevano muoversi, e anche l’ultima evidenza che ormai esistevi era lì, a segnalare il miracolo: il tuo respiro. Cara

Cara Shaima, tutto questo ci vuole per nascere: e anche di più, perché dopo i vari sforzi che un bimbo normale incontra, sommati a quelli affrontati da una bambina nata da una preghiera come te, ci vuole un ultimo dettaglio, un particolare non scontato eppure sotto gli occhi e le lenti di tutti: urge avere, alla fine, un mondo che ci accolga. Quello, e tu ci hai provato ad ottenerlo, l’abbiamo ben visto, coi pugni chiusi e le palpebre serrate e cinque litri al minuto di coraggio, non t'è stato concesso. Ti è stato promesso come un sogno, come un amore in un anello, come un bel giocattolo col quale festeggiare il primo Eid di bambina vera, viva ed esistente – e poi, scherzo indefinibile, t’è stato negato. A A una creatura come te, Shaima, serviva una culla particolare, un calore di madre artificiale a proteggerti e rassicurarti che la vita era anche per te, come per noi, e che potevi vivere, ya habibi. Ma cosa potevano i tuoi otto mesi contro la seconda bomba in quattro giorni? Per Per la tua culla speciale, vedi quante cose son necessarie dopo quell’ovulo e quello spermatozoo, era necessaria la corrente elettrica. Solo questo, questo e basta, ho finito l’elenco delle necessità da darti in dote per vivere; poi, son sicura, saresti diventata grande, ogni giorno

avresti preso un chilo e un centimetro con le tue sole forze, senza dover più chiedere niente a nessuno. Non c’era un mondo ad aspettarti, Shaima, non il mondo che meritavi tu. Perché

Perché il mostro che t’ha rubato la mamma, al quale hai osato resistere e sopravvivere, ti ha dato quattro giorni di illusione, e poi s'è vendicato nel modo più codardo e a lui consono dell’onta della tua vita innocente sulla sua spietata crudeltà: bombardata la centrale elettrica di Gaza. Questa la notizia, nessuna conseguenza riportata, alcuni giornali hanno azzardato qualche frase sull’assenza di corrente su quasi tutta la tua terra – chissà come l’avresti odiata, quella terra, e chissà come l’avresti amata – e poi nuove bombe, nuove stragi, nuovo sangue a bagnare le strade, per Shaima e per la luce non c’era già più tempo. Per

Per la tua incubatrice serviva solo un po’ di corrente. Solo un po’, quel che bastava ad assecondare il tuo respiro, e a convincere il mondo a prenderti con sé, e a farti anche da madre. Perdonaci, Shaima, perché non t’abbiamo meritata. Nessuno qui ti merita, uno per uno, biasimaci tutti, perché anche noi abbiamo percorso quei tuoi sforzi, dall’ovaio all’utero all’aria aperta, eppure siamo rimasti sospesi a metà, tra quell’esserebruto che ha la nostra forma ma non è uomo né

uccello né pesce né aereo né mosca e lancia bombe, e la tua piccolissima e dolce perfezione. Resta un lutto che non sappiamo portare, le lacrime di tua madre che non sappiamo piangere e che si aggrappano alle nuvole, un’assenza che dimenticheremo presto, una sorta di nostalgia, quasi un rimorso di una storia mancata, poi forse neppure quello, e alla fine soltanto un’incubatrice vuota, un’incubatrice spenta. E un mondo di tenebre al quale manca la tua voce, un mondo buio nonostante milioni di centrali elettriche intatte.Ya habibi, ya asal, assapora finalmente il profumo di tua madre Shaima, vedrai il suo volto soltanto (la morte ti ha risparmiata dalla nostra bruttezza) e lei, la tua ummi sola, riconoscerà il tuo.Valeria

Page 10: Sismagazine dicembre 2014

10

Su di lui dovrò spendere un po’ di parole. Claudio Baglioni è uno di quegli artisti che quando dico che lo ascolto, per citare Giorgio Canali, “la gente mi odia”. Solo che non è che dico che lo ascolto e basta, no: dico che è uno dei miei punti di riferimento musicali, nonché il più grande cantautore che abbiamo avuto in Italia, sopra De André, Guccini, Dalla, De Gregori e compagni (Piero Ciampi non lo inserisco perché aveva l’onestà di definirsi “poeta” e l’intelligenza di farsi scrivere le musiche dal mitico Gianni Marchetti, buonanime). Sì, so quello che ho detto e sì, sono nelpieno delle mie facoltà mentali. r

Ora: Baglioni, per tutti quelli della mia generazione, non è che un lagnoso neomelodico che ha infarcito di miti kitsch sogni sottoproletari di casalinghe annoiate. Anche per me lo era. Io sono cresciuto col trauma di Baglioni: mia madre lo metteva in macchina, o quando faceva le pulizie, e tornare da scuola e ritrovarselo in filodiffusione per tutta casa è l’ultima cosa che un quindicenne possa desiderare. Poi qualche anno fa, in un periodo in cui avevo sostanzialmente smesso di ascoltare musica, ho chiesto ad un mio amico (uno che ha 5-6 diplomi al conservatorio, polistrumentista, concertista mondiale come esecutore di musica colta e jazz, nonché direttore d’orchestra e di coro) di

Sto seguendo un corso di ciclo-riparazione conl’associazione L'Altra Babele. Michele (il ciclo-

meccanico che ci fa lezione) qualche sera fa ci ha insegnato come riconoscere telai vecchi di valore: “Se avete una bici vecchia, che so, degli anni ’70, non buttatela: ci sarà sicuramente qualche pezzo buono. Prima le cose si facevano puntando sulla qualità, perché dovevano durare; è vero, costavano di più, ma ti duravano una vita, e oltre. Oggi la filosofia è diversa: faccio pezzi di bassa qualità, che costano poco, così si rompono presto, li butti e li ricompri”. Citando l’Hagakure, tale consapevolezza si applica a tutte le cose: i frigoriferi, la vecchia Praktica made in DDR che sta nella mia libreria, i rapporti umani. E le canzoni. Perché di questo si tratta: Baglioni e Gabriel, ciascuno a suo modo, sono musicisti di altri tempi che hanno scritto cose di qualità tale da farle perdurare attuali e insuperate ancora oggi. Il 15 novembre Baglioni e il 21 Gabriel hanno calcato il palco dell’Unipol Arena di Casalecchio, e ho avuto la fortuna di poter presenziareentrambi gli eventi. r

Claudio Baglioni

LIVE REPORT: t CLAUDIO BAGLIONI / PETER GABRIEL

i@ Unipol ArenaVincenzo Capriotti

Page 11: Sismagazine dicembre 2014

11

consigliarmi qualcosa di musica leggera, italiana e non, e mi ha nominato “Oltre” di Baglioni. Io sono rimasto un po’ basito. Lui mi fa: “È il miglior disco di musica leggera in Italia, e non solo. Dagli un ascolto, poi mi dirai”. E E aveva ragione. “Oltre” (1990) è il più gran disco mai prodotto in Italia. Basta vedere i musicisti che ci hanno suonato (David Sancious, Manu Katchè, Tony Levin, Danilo Rea, Gavin Harrison, Pino Palladino…) o i featuring (Pino Daniele, Paco De Lucia, Mia Martini, Youssou N’dour) per capire che forse questo Baglioni qualcosa da dire ce l’ha. Le canzoni sono di una raffinatezza e di un’intelligenza musicale uniche, l’ispirazione vibra ininterrotta da "Dagli il via" fino a "Pace", un doppio cd (anzi, doppio vinile, visto che è stato concepito proprio per vinile) per un totale di 20 brani senza mancare un colpo. Arrangiamenti e suoni fuori dal comune, testi di una ricercatezza maniacale, elogiati anche da Enzo Biagi, per tracciare un album che non è che la storia di un uomo, anzi, di tutti gli uomini, un percorso di crescita che tutti noi abbiamo conosciuto (qualcuno lo ha definito “la Divina Commedia” della musica italiana). Morricone, che in amicizia lo ha ribattezzato “Audio Bagliori”, ne parla così: “Ecco un compositore di canzoni che non si è mai standardizzato. Sempre coerente, mai schiavo dei vizi che falsificano l'eventuale originalità che una canzone di buon livello deve avere. Resta ancora la ricerca appassionata,sincera e originale di Claudio che, pur escludendo i vari ovvi parametri tradizionali, si riscopre ogni volta autore di vere melodie. Queste si propongono in una dimensione ormai rara e tanto più straordinaria, perché forse inconsapevole, non forzata, cioè sincera; fatto che dona la sua comunicabilità con l'ascoltatore come un frutto poetico, generoso e sempre maturo. Nelle sue canzoni sono assenti le furberie di altri suoi colleghi, con il risultato morale e musicale di grande purezza e dignità”. E potrei stare per ore a parlarvi del disco, ché da dire ce ne sarebbero, tanto che un tizio (tale Filippo Maria Caggiani) ci ha scritto un libro di 154 pagine. E E da Oltre sono andato poi avanti e indietro: da citare tra gli highlights antecedenti “La vita è adesso”, che detiene il record di vendite in Italia, con la splendida title-track, ma anche Notte di note, note di notte, E adesso la pubblicità (con un certo Hans Zimmer a suonare i synth – andate a leggere su wikipedia chi è); “Strada facendo” nell’omonimo disco, insieme a "Via"; andando avanti c’è il bellissimo successivo “Io sono qui”, scandito da una voce narrante che lo percorre come fosse un film, che si apre con il campionamento di "Alan's Psychedelic Breakfast", per partire poi con l’esplosiva traccia che dà il titolo all’album (cito anche “Le vie dei colori” – fun-fact: Tiziano Sclavi e Claudio Villa, creatori di Dylan Dog e fan di Baglioni, fecero

un numero speciale di DD usando il testo di questa canzone come sceneggiatura; in più, Villa dichiarò che nel creare la fisionomia del detective dell’incubo si ispirò anche al cantautore romano, oltre che a Rupert Everett –, “Acqua nell’acqua” con Mr. Vincent "Vinnie" Colaiuta alla batteria, Sergio Conforti a.k.a. Rocco Tanica in “Male di me”, e la clamorosa cavalcata ai limiti del prog di “Fine (tra le ultime parole d'addio e quando va la musica)”) e tante altre meraviglie sparse qua e là che richiederebbero tutto il giornalino per essere raccontate. Il Il problema di Baglioni è che, se tracciamo un grafico con in ascisse gli anni della sua produzione e in ordinate la qualità della sua opera, otterremmo una curva gaussiana, al cui vertice troviamo Oltre, e prima e dopo tutto il resto, con Porta Portese, Questo Piccolo Grande Amore, W l’Inghilterra da un lato, e le fiacche filastrocche populiste degli ultimi tempi dall’altro. E quello che ha costruito la sua solida carriera, purtroppo, è la sua prima fase, fino agli anni ’80. C’è da dire che ha sempre mostrato coerenza e originalità anche in questa, ma niente a che vedere con il livello raggiunto poi, né con le idee innovative – anche non strettamente compositive – che ha portato nel campo uniforme della musica pop italiana (penso ai concerti sulle piattaforme d’acqua, o a quelli a sorpresa improvvisati su tir in giro per l’Italia, o ancora al concerto al Flaminio del ’91 eletto da Billboard come miglior concerto del mondo in quell’anno, soprattutto per la concezione innovativa del palco, a centro campo, aperto su tutti i lati, oppure il tour Assolo in cui, circondato da muri di sintetizzatori, suonava da solo tutta l’orchestrazione dei suoi brani), ma dal primo Baglioni non è mai riuscito (né mai riuscirà) a liberarsi, perché questo è quello che la maggioranza vuole. Venitemi poi a dire che ha torto chi dice che la democrazia non è che una somma di zeri. Il Il concerto lo dimostra. Il pubblico è esattamente quello che mi aspettavo: signore dai 50 anni in su in preda alle ultime vampate estrogeniche, e i poveri coniugi al seguito. E in mezzo alla gradinata est io, da solo. Ma vabbè. Il live inizia con il palco coperto da un sipario minimale, la musica fuori campo e Claudio entra da solo cantando Notte di note, note di notte (con il famoso acuto prima del ritornello che ancora riesce a sostenere, seppur con qualche trucco del mestiere). Il sipario cade al risolversi della spannung e mostra una scenografia minimale, con i musicisti disposti su più livelli di un’impalcatura (il tema visivo è il cantiere, sia a ricalcare l’attualità del lavoro e delle morti bianche, sia a dire: il concerto è un cantiere a cui tutti contribuiscono, pubblico soprattutto). Prosegue Prosegue per una quarantina di minuti con Dagli il via, Acqua dalla luna, Domani mai… poi l’enorme parte centrale, con tutta la robaccia su cui ha costruito la

Page 12: Sismagazine dicembre 2014

(Rubrica)-Articolo

12

carriera, e che manda in visibilio le steatosiche matrone al mio fianco. Il coro popolare schizza alle stelle. Claudio regge la scena benissimo e riesce ad essere credibile, nonostante si tratti di un palese dare brioche ad un popolo che fame non ha, non ha mai avuto e mai avrà. In maniera quasi sfrontata la parte centrale vede un calare del livello esecutivo, in termini di arrangiamenti molto semplici (a volte una chitarra acustica e voce) e assenza di sorprese: è questo che non mi piace del prodotto da supermercato che lo spettatore medio vuole: non ci sono margini di manovra. Tu compri Dixan perché sai che Dixan non solo ti dà quello che cerchi, ma te lo darà sempre come la prima volta, senza brutti scherzi. Lo stesso vale per Questo piccolo grande amore eccetera. Devo però sottolineare che, sebbene siano cose che non mi piacciano, anche in queste acerbe produzioni giovanili Baglioni inserisce degli elementi interessanti: la stessa QPGA non ha una struttura così scontata, e Poster (andaaaaaareee lontaaaaaanooo) ha una serie di progressioni armoniche nel ritornello che non avevo mai considerato. I momenti in cui inscena un quadretto sessantottino con lui che suona la chitarra sulla panchina in mezzo ai coristi/ragazzi sognanti sfiora un po’ il ridicolo. L’ultima ora torna a crescere, nonostante i disperati tentativi di promuovere le canzoni più recenti in mezzo ai suoi grandi classici, quasi a tentare un effetto Pavlov; Mille giorni di te e di me, Strada facendo, Via, La vita è adesso sono un boato, da brividi, per chiudere con la conciliante Con Voi, senza lode e senza infamia. Questa a brevi tratti la storia del concerto, durato 3 ore ininterrotte, standard impressionante che rispetta sempre da Stakanov dellive quale è. Onore al merito. r

Peter Gabriel Per lui la presentazione sarà molto più breve, perché la necessita molto meno. Inizia come cantante, paroliere e front-man dei Genesis, gruppo anni ‘70 cardine del progressive-rock mondiale, firmando tra gli album più belli di quel periodo (consiglio di partire con Selling England by the pound, quindi The musical box / Foxtrot, e The lamb lies down on Broadway, suo album di addio alla band, forse il più maturo, di certo il più visionario). A Gabriel va attestata l’intelligenza di aver capito il momento di dare una radicale svolta alla sua carriera: l’ondata prog da lì a poco sarebbe morta o, quantomeno, sfociata nell’anacronismo a cui oggi releghiamo certi montgomery con le spalle troppo larghe. O semplicemente non aveva più niente da dire, il prog. E qui inizia ad avventurarsi nel mondo del pop: nonostante l’intellettualismo che aveva sempre contraddistinto la sua poetica precedente, non ci troviamo di fronte a grandi innovazioni,

né a particolare originalità rispetto allo stile di quegli anni affacciantisi sull’elettronica degli ‘80; peraltro le produzioni sono sempre di buon livello, con attenzione ai suoni, e raffinatezze compositive ereditate dall’esperienza precedente (penso al 7/4 di Solsbury Hill e alle progressioni armoniche di DIY), mischiate ad un inaspettato appeal radiofonico (Shock the monkey su tutti). Col IV album, del 1982 (ah, dimenticavo, Peter non voleva dare nomi agli album, ma dal IV in poi gli fu imposto dalla casa discografica) segna una rottura in termini compositivi e sonori (preannunciata nelle precedenti Biko, o Games without frontiers), discostandosi dalla forma canzone classica e introducendo quello che diventerà il suo marchio di fabbrica, più unico che raro: un mix originale di sonorità pop, elettronica e, soprattutto, musica etnica. Questa fusione darà di qui in avanti a tutte le canzoni di Gabriel (escludendo il suo lato più funky) un’impronta caratteristica, che riscatterà l’abbandono all’inizio incomprensibile di una delle band più famose del mondo. Il 1986 è un anno fondamentale: Peter pubblica “So”, il suo album di maggior successo commerciale, che rappresenta l’avvenuta maturità artistica. Questi sono gli anni più intensi per lui, che oltre ad affermarsi come artista pop mondiale riesce ad infilare una serie di perle con i successivi Passion (soundtrack de “L’ultima tentazione di Cristo” di Scorsese) e Us (1994). Da qui in poi conosce un declino artistico fisiologico che potremmo mettere in parallelo con quello di Baglioni (cito giusto il “Secret world live”, un film-concerto in cui si può apprezzare la messinscena ai limiti del teatrale di ogni pezzo, altra peculiarità di Gabriel dai tempi dei Genesis; e gli album gemelli “Scratch my back… / …and I’ll scratch yours” in cui il nostro interpreta successi di altri artisti come Talking

Page 13: Sismagazine dicembre 2014

(Rubrica)-Articolo

13

Heads, Bon Iver, Radiohead, David Bowie etcetc e – quasi – tutti ricambiano il favore). Il Il concerto del 21 novembre fa parte del So – Back to front Tour, serie di concerti iniziata tre anni fa per celebrare il 25esimo di So, il suo album di maggior successo, in cui ha riunito la line-up dell’epoca (i fedelissimi Tony Levin e David Rhodes, Manu Katchè, David Sancious) rievocando gli antichi fasti. E che fasti. E che rievocazione. L’Unipol Arena strapiena: qui il pubblico è principalmente formato da signori dell’età di mio padre e, per fortuna, tanti miei coetanei. Peter entra a luci ancora accese, come niente fosse, tanto che all’inizio neanche capiamo bene cosa stia succedendo: vediamo questo signore che sembra Mike di Breaking Bad con una felpa nera con cappuccio che ci saluta. Va al piano e ci illustra il menu della serata, in un italiano affettuoso: “ho pensato di dividere il concerto come una cena: per antipasto un set acustico, a luci accese, come una prova, quindi il salato, con la parte elettrica e elettronica, e per dessert So, eseguito in versione integrale senza pause”. Il pubblico è in visibilio, il piano inizia a suonare e, uno alla volta, i suoi musicisti entrano, sul palco e nella canzone. L'acme del set acustico è indubbiamente “Come talk to me”, con un azzeccatissimo Sancious alla fisarmonica. Non nascondo una lacrima per la seconda voce femminile su “Can you show me how you feel now”. Mamma mia. Comincia la parte elettrica/elettronica: si spengono le luci in sala, e si accendono quelle di scena, con delle minimali giraffe che camminano per il palco e fasci di luce bianca, che giocano ad intrecciarsi (da notare 8 tecnici appesi sopra il palco a gestire manualmente i trucchi luminosi), che fanno da contraltare allo schermo gigante dietro il palco, e quelli laterali in cui le immagini del concerto vengono montate in diretta, come una sorta di film istantaneo. I momenti più alti qui sono indubbiamente Digging in the dirt, Solsbury hill e Secret world, per chiudere con l’intima e sofferta Why don’t you show yourself. Arriviamo quindi al dunque, So. Inizia la potente e suggestiva Red rain con una prosaica pioggia rossa a fare da visual-set che pian piano va a comporre l’immagine stilizzata dei musicisti, campionata in diretta. Sledgehammer sono i 10 minuti più danzerecci di tutto il concerto, con un funky da far ballare anche le pietre; quindi la struggente Don’t give up, duettata con la bravissima corista. That voice again fa da ponte a quella che in diversi considerano il capolavoro di Gabriel: Mercy street, dedicata alla poetessa Anne Sexton. L’introduzione a cappella lascia l’intera arena in silenzio contemplativo, che sfocia in un applauso commosso non appena gli strumenti intonano l’accompagnamento. Dopo Mercy street la tensione del concerto purtroppo decresce, per poi tornare su durante il bis con The tower that ate people e

la popolare Biko, con i musicisti che uno ad uno sfilano via lasciandoci a urlare Bikooooooo insieme a Manu Katchè. La messa è finita, andiamo in pace. r

Baglioni e Gabriel sono due artisti che, in modi diversi, hanno segnato la storia della musica. I loro percorsi solisti hanno seguito delle traiettorie simili, accomunati da originalità, coerenza formale e soprattutto onestà intellettuale. Una curiosità, che giustifica anche l’averne parlato insieme: Oltre di Baglioni è stato registrato proprio negli studi di Gabriel, tra l’87 e l’89, mentre quest’ultimo era alle prese con Passion. Non è un caso se molti musicisti di Gabriel suonano nel disco di Baglioni, e Claudio stesso e il suo fonico raccontano come per mesi le due band hanno convissuto, mangiato e dormito insieme, scambiandosi opinioni sui rispettivi lavori e registrando ognuno nelle canzoni dell’altro, a creare due capolavori contemporanei e a cementare un’amicizia e una reciproca attestata stima che si sarebbero mantenute negli anni. r Nel panorama musicale attuale, in cui da un lato il fastidioso infantilismo indie, con la pochezza tecnica, umana e artistica di gentaglia come stato sociale, brunori sas, zen circus e compagnia, e dall’altro la profonda disonestà intellettuale della scena alternativa ed elettronica, cavalcando il relativismo esprimono più un narcisista prodotto di costume che sincerità creativa, Baglioni e Gabriel rappresentano due monumenti che ancora oggi portano avanti un discorso di qualità, seppur nell’ambito commerciale in cui operano. Laddove certi aborti mancati, quali sonotanta (apparente contro)cultura giovanile, si auto-

giustificano in una inconcludente quanto imbarazzante spontaneità, i nostri due dinosauri propongono prodotti ragionati, pieni di maestria ed esperienza, seppur l’ispirazione è chiaramente sfiorita. Non Non credo che il loro futuro ci riserverà sorprendenti colpi di coda. Per come la vedo io, l’unica chance che hanno per, non dico tornare alla ribalta, ma almeno chiudere in bellezza sarebbe prendersi una pausa compositiva, in attesa dell’ultimo colpaccio, e venir fuori con un ultimo sprazzo di ispirazione, al di là di ogni dinamica da mestierante, in cui riversare un’esperienza quarantennale di palchi, successi e capolavori, e un’illuminazione che sappia di testamento definitivo. E magari, perché no, loro due insieme. Ad aprile 2014 hanno chiesto a Baglioni se tra i tanti artisti con cui ha collaborato ce ne fosse uno con cui gli piacerebbe fare un progetto. Ha risposto: «Peter Gabriel è senz'altro una delle teste più interessanti che ho avuto l'occasione di incontrare e, se dovessi partire per una arrampicata non in solitaria, mi piacerebbe davvero che lui fosse uno dei compagni di cordata». Non ci resta che stare aguardare. O, meglio, a sentire. r

Page 14: Sismagazine dicembre 2014

14

L'ANGOLO DELLA POESIA

Natale

Neppure oggitra il riciclo di sorrisi e bontà

un nuovo brivido riesce a percorrermi; néné tra una settimana

stupirò di fronte a nuovi presagi, cosìcosì come l’afa estiva

non mi ha fatto sentire più consumato. Tutto Tutto è lo stesso giorno. EE se oggi volgo gli occhi

ai riflessi di ieri, verràverrà d’improvviso il buio

a recidere il filo? NelNel frattempoper vivere al di sopra dell’esistenzami impegno a scolpire differenze. r

Capodanno, Malato

Guarda, dal ritaglio della finestraimmagina un futuro oltre il muro scavatoseppur preso dall’opprimente pressione dei tubi

cerca di essere milioni di miglia altrove: mama di certo non aspetta più il prossimo annotutto fuorché nuovocerca solo di trovare le scanalature

nel grigio mosaico di albe e tramonti. IlIl suo presente è la colonnalaggiù, all’angolo della stradache non trema insieme ai colori aerei

che esplodono al rintoccar di mezzanotte. IlIl cuore gonfio di giornicela a fatica la rassegnazionee l’ultimo argine è lo sguardotristezza intraducibileche sfiora gli schiamazzi spezzati di vetrimentre fuori si festeggia tra le rovine. r

Inverno

Con gli angoli smussati dalla gelida coperta non sembra difficile farsi male? NonNon sembra bellezza

l’agghiacciante silenzio irreale? Ogni Ogni cosa è muta e ignota. PesaPesa questa innocenzaspezza anche i sempreverdimentre la liquidità insipida

da ferma, pur ferma, ci invade. GiàGià ti sei coperto il voltoe io tremante non ti ho riconosciutonella bianca strada desertaora non c’è più chi alzi il capoo si metta in viaggio all’improvvisole sbarre di cristalli trattengono il fiatonon si ode grido che risvegli la valangada innocui ci si veste, di un solo colore. Così

Così viviamo nel tempo dell’invernosiamo noi a scivolare

perfino nelle discese più dolci, noinoi accovacciati solinei nostri grembi costruiti ad artedi nuovo noiche rallentiamo nella fanghigliasempre miseramente noiche appendiamo luci fintepiccole e ipocrite

titani avvelenati, disperatidisperati nella notte gelidamentre la neve copre l’ultimo tetto. R

Roberto Perissinotto

Page 15: Sismagazine dicembre 2014

15

SELEZIONE NATALIZIA

Quando si ammirano i fiocchi di neve che si gettano nella notte e con leggiadre giravolte si perdono nel buio, possibilmente lo si fa in silenzio. Per non infrangere in alcun modo quella delicatezza arcana. Ma se ci deve essere una colonna sonora, fate in modo che sia questa: qui dentro c'è la meraviglia del bambino, c'è il dominio della natura, c'è la calma del velo soffice che tutto ricopre e non mancano nemmeno le folate di vento gelido a scompigliare icristalli cadenti. Tutto questo nelle sole note di un pianoforte. Ovvero, tastibianchi come la neve e neri come la notte...esiste qualcosa di più adatto? adatto

Titolo: Carol Of The Bells Artista: George Winston Genere: Modern Classical

Titolo: First Snow Artista: Emancipator Genere: Trip-Hop

Ci sarà pure la pausa invernale, ma il ritmo non va in vacanza. A ricordarcelo ci pensa Emancipator, un giovane produttore musicale che sembra spuntato dal nulla (un po' come certi regali di Natale): così, quando i battiti hip-hop si fondono alle melodie di atmosfera natalizia, ecco che esce fuori questa First snow. E anche se in molte zone la "prima neve" deve ancora cadere, ogni scusa è buona per rispolverare una canzoncina così accattivante. E' quello che potrebbe ascoltarsi un rapper davanti al caminetto, ma è ottima anche per tenere il ritmo mentre si spala la neve. ordarcelo ci pensa Emancipator,

Titolo: Christmas Day Artista: Shadow Gallery Genere: Progressive Metal

Che Natale è senza un po' di sana epicità? Gli americani Shadow Gallery sono sempre pronti a regalarne a tonnellate: qui realizzano un pezzo adatto ai padiglioni auricolari di tutti, rinunciando ai riff aggressivi ma non al pathos. E' un brano quasi operistico: pianoforte svettante accompagnato da archi e fiati a fare da controparte alla sempre magnifica voce del compianto Mike Baker. Ma non mi sono dimenticato che è Natale anche per i metallari duri e puri: l'assolo potente come una valanga che parte a metà brano è tutto per loro. ordarcelo

Titolo: Silent Night Artista: Merzbow Genere: Ritual Noise Poichè finora mi sono mantenuto nei limiti del gradovole ascolto, sento di dover rimediare in chiusura con un bel pezzo urticante. Me lo forniscono su un piatto d'argento quei mattacchioni della Sony, che nel 1996 fecero uscire un album di pezzi tradizionali di Natale reinterpretati da gruppi di estrema avanguardia sperimentale. Eccovi allora Merzbow, il giappo-noise che è diventato un guru nella scena rumoristica, mentre stupra il classico "Notte Silente": cantato da un'incarnazione di Proserpina su una base che definire dissonante è un eufemismo, il pezzo viene sommerso da bordate di rumore che lo avviluppano fino alla fine in spire cacofoniche. Da dedicare al vostro peggior nemico. o Poichè finora mi sono mantenuto nei limiti di ascolti

Roberto Perissinotto

Page 16: Sismagazine dicembre 2014

16

MEDICINEMA

C'è un tizio che coltiva un campo di mais, in un pianeta terra polveroso e consumato da una piaga che lo condanna alla morte con tutti i suoi abitanti. Questo tizio è un ex-pilota e, udite udite, deve salvare il mondo. Si, non è una premessa che brilla di originalità, ma Interstellar non è un film originale.

Roy Menarini, uno dei critici cinematografici più influenti in Italia, scrive: "Making a good film with bad screenplay, senseless casting and silly scientific explanations. "Interstellar" is Nolan's triumph?". Il messaggio che arriva, oltre a quello implicito della straordinaria capacità di sintesi di Roy, è che nonostante non funzioni niente Nolan ha fatto un buon film. Adesso mi verrete a dire che è un santo che trasforma in oro tutto quello che tocca? Ok, ma questo è un suo prodotto, un suo "escremento". É un escremento dorato? Si, e per me vale anche molto a giudicare dal peso. Perchè non è un film che si può liquidare con leggerezza definendolo come bello o brutto.

"Interstellar" è audace. Nessuno, almento per quanto io abbia memoria, ha sfruttato così bene la teoria della relatività di Einstein con il paradosso dei gemelli, oppure la fisica dei Wormhole (così vanno usati, mio caro Donnie, non come in quel guazzabuglio del tuo film). Le immagini dello spazio sono grandiose e inquietanti, proprio come devono essere per un posto pericoloso, freddo e buio ma allo stesso tempo così dannatamente affascinante. Le scene nel vuoto cosmico sono mute, e questo mi piace. Solo della musica è ammessa, come il maestro vorrebbe, però non c'è il Valzer sul Danubio Blu, è più cupa come l'atmosfera stessa dell'odissea di Nolan. Che tu sia maledetto! Quante volte mi hai fatto venire i brividi di piacere quando i tuoi personaggi saltellano a ridosso di un buco nero o mi fai arrovellare negli universi a più dimensioni.

Ma la mia mente si ribella perchè sono conscio del fatto che stai parlando alla pancia (che figata pazzesca sto film!) meglio di come fanno certi politici italiani. E allora anche se sto li, a bocca aperta e con occhi scintillanti, mi accorgo di quello che non funziona. Come dice Roy la trama è imbarazzante, condita con forzature che hanno di scientifico quello che ha l'oroscopo. Si chiama fantascienza, non fantamagia. La differenza con un capolavoro come "2001: Odissea nello spazio" è che in quel caso le situazioni immaginarie sono delle metafore, sono un enigma che il pubblico è chiamato a risolvere in modo estremamente personale. Non sono sicuramente imposte come veritiere. Il dettaglio con cui il fim spiega i più grandi misteri dell'universo è disarmante. Dov'è la poesia? L'impressione è che si sia incaricato di fare un film che si rivolgesse a tutti, sia gli amanti di film cult di fantascienza, da "Blade Runner" a "Solaris", passando per l'imprescindibile Kubrick e allo stesso tempo saziare un pubblico meno esigente. Infatti frasi del tipo «Come potevi essere sicura che sarei tornato?» «Perché il mio papà me lo aveva promesso» oppure «Come puoi essere sicura di trovarla?» «Perché mi guida l’unica forza che trascende il tempo, lo spazio e la gravità: l’amore» fanno storcere il naso a qualsiasi spettatore dotato di spirito critico e quantomeno vanificano ogni speranza di cadere nella categoria di film d'autore.

Di questo film Quentin Tarantino ha datto che ci sono

Interstellar )2014; C. Nolan(Luigi Falzetti

Page 17: Sismagazine dicembre 2014

17

cose che ti aspetteresti in un film di Andrej Tarkovskij o Terrence Malik. Quentin non spariamola grossa, io lo paragonerei più a film come "Gravity" di Alfonso Cuarón o "Prometheus" di Scott, con cui condivide, oltre allo stato di kolossal sci-fi, un ottimo bagaglio tecnico. Dalla sua "Interstellar" ha una costruzione dei personaggi più profonda, primo tra tutti quello interpretato da Matt Damon che mostra una evoluzione interessante. Infine vorrei avanzare dei dubbi sul significato stesso dell'opera, che mostra degli aspetti profondamente antiecologici. Il messaggio è: "Tranquilli, l'umanità può distruggere il pianeta terra quanto vuole perchè tanto si può spostare su un nuovo pianeta. Magari per poi distruggere anche quello." Bisognerebbe invece insegnare quanto è importante rispettare la terra, e non di poterne disporre a piacimento come se l'uomo fosse il padrone dell'uniniverso.

Il mio giudizio finale è che si tratta di un film da vedere, almeno per poterne parlare, che presenta momenti di massima (e ce ne sono molti), collegati con delle scelte di sceneggiatura deliranti. Tutto quanto condito con quel patriottismo americano stomancante e un finale buonista e scontato per accontentare tutti. Peccato, le premesse erano valide e bastava veramente poco per fare un ottimo lavoro.

A margine

"Che amarezza: è il 2014 e ancora nella savana non esiste un servizio per ordinare

gazzelle a domicilio."RR

R.P.

BOLOGNA IN 1 GIORNO Il primo social movie fatto dai bolognesi

IIl progetto prende vita, quasi per gioco, a metà novembre dall’idea di una giovane ragazza di Bologna appassionata di cinema e determinata a promuovere la sua città e i suoi abitanti. Affiancata da altri suoi coetanei lancia "Bologna in1 giorno", il primo social movie in cui i veri protagonisti del film sono proprio i bolognesi e la loro “giornata tipo". rrr

La data da segnare è il 5 Marzo 2015, giornata in cui chi vive Bologna ogni giorno potrà prendere in mano la sua fotocamera, il suo tablet, il suo telefonino e filmarsi in un video di 15 minuti. Cosa ti piace di Bologna? Come trascorri la tua giornata? Cosa ami? Cosa sogni? Di cosa hai paura? Questi i quesiti che guideranno le riprese degli improvvisati registi che nello stesso giorno decideranno di raccontare la loro storia, per costruire un pezzo della storia della città di Bologna. rrrr

i"Bologna in 1 giorno" si ispira al format "Italy in a day" di Gabriele Salvatores, a sua volta sulle orme di "Life in a day". E’ un film collettivo, una testimonianza corale, seria ma non troppo, sicuramente vera e genuina. Il materiale audiovisivo raccolto dopo il 5 marzo verrà selezionato e montato in un film che verrà poi presentato pubblicamente. I giovani ragazzi che lavorano al progetto preferiscono rimanere anonimi perché “Bologna è piccola e dopo decenni di convivenza” preferiscono che “la gente non si senta giudicata”. Il progetto si regge sulle loro risorse, se qualcuno avesse voglia di sostenerli nella sezione del sito legata al crowdfunding ricordano che nessuno di quei soldi cheverranno donati entrerà nelle loro tasche, ma verrà reinvestito nel progetto per creare qualcosa di bello. REEW

rmaggiori informazioni su: www.bolognain1giorno.com

Page 18: Sismagazine dicembre 2014

18

Ispira il vostro segno un film con Alberto Tomba, con Michelle Hunziker seducente fuggitiva. Dialoghi: 8.

Scoprire che l’oroscopo di internazionale è ispirato dalla settimana enigmistica vi abbatte. Consolatevi con il generatore automatico di Brezsny.

I gemelli si odiano e si amano, nel vostro caso il “si” è riflessivo e quindi sarà un mese dedito all’autosadomaso.

Attenti ai colpi d’aria: potreste iniziare ad esprimervi esclusivamente per citazioni del Lo Stato Sociale.

Vostro figlio è un pericoloso serial killer e nasconde un machete tra le scatole di psicofarmaci di cui abusa. Imprevisti all’orizzonte.

Il vostro destino è legato con un sottile filo arcano alla riforma dell’Articolo 18. Colore del mese: Landini.

Probabilmente vi siete persi il concerto dei Laibach, scoprendo chi sono passerete il mese in lacrime.

Troverete consiglio e conforto nel leggere le corrispondenze tra il kaiser Guglielmo e lo zar Nicola.

Il partner teme di perdervi, e millanterà malattie ereditarie croniche per impietosirvi. Siate diffidenti.

Il vostro partner si esprime solo attraverso citazioni dello stato sociale; ne deduciamo che vi accoppiate coi Leoni.

Buone notizie sul fronte lavoro: avete vinto quella maledetta gara d’appalto per la riqualificazione della zona alta dei giardini Margherita. Forse.

ARIETE BILANCIA

TORO

GEMELLI

CANCRO

LEONE

VERGINE

SCORPIONE

SAGITTARIO

CAPRICORNO

ACQUARIO

PESCI

OROSCOPO

La vostra curiosità vi spingerà ad indagare il rapporto perverso fra Vasco Brondi e l’ufficio urbanistica di Bologna. Non lo fate.

Page 19: Sismagazine dicembre 2014

19

GIOCHIPAROLE DA INSERIRE

GLI )GLI SPAZI NON CONTANO(GRGE

BOSCHBOYDCOLE

DA VINCIDURERERNST

GEORGE WATTSGIORGIONEGONZALEZ

GOYANICHOLSON

TINTORETTOVAN GOGHVERMEER

WEST

Page 20: Sismagazine dicembre 2014

copertina - Jacopo Visanioroscopo - Giulio Vara

giochi - Chiara Crescentiniimpaginazione - Roberto Perissinottocaporedattore - Roberto Perissinotto