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Capitolo 2 Sistemi di Protezione Sismica 2.1 Quadro normativo Il quadro normativo attualmente più avanzato in Italia, contenuto nelle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC ’08) e le sue Circolari applicative, non offre criteri di dimensionamento, analisi e verifica dei sistemi per la dissipazione dell’energia sebbene tali tecniche siano comprese nel numero di quelle che possono essere applicate nel caso di adeguamento sismico di edifici esistenti. Le linee guida per l’implementazione di dispositivi di dissipazione dell’energia nelle nuove costruzioni sono state proposte per la prima volta dal SEAONC (Structural Engineers Association of Nothern California) per fornire indicazioni agli ingegneri strutturali, alle imprese e alle autorità di regolamentazione che sono stati incaricati di attuare tali dispositivi in strutture a telaio (Ramirez et. al, 2001). Queste linee guida sono state preparate in risposta al crescente interesse mostrato per i dissipatori, in seguito agli estesi danni dovuti al terremoto di Loma Prieta nel nord della California del 1989 e all’emergere di fornitori che producevano tali dispositivi. L’intento degli autori di quel documento era di indirizzare la dissipazione dell’energia indotta dal terremoto, dagli elementi del sistema resistente ai carichi verticali ai dispositivi di smorzamento, riducendo in tal modo i costi di riparazione e d’interruzione delle attività che seguono gli eventi sismici di alta intensità. Nella metà degli anni ’90, la Federal Emergency Management Agency (FEMA) finanziò lo sviluppo di linee guida per la riabilitazione sismica degli edifici. Quattro nuovi metodi di analisi e valutazione sismica delle strutture erano presenti nelle NEHRP Guidelines for the Seismic Rehabilitation of Building (FEMA Reports 273 e 274, 1997): (1) procedura statica lineare, (2) procedura dinamica lineare, (3) procedura statica non lineare e (4) procedura

Sistemi di dissipazione passiva

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Capitolo secondo della tesi di laurea in Progettazione di dissipatori fluido viscosi non lineari.Il capitolo presenta lo stato di fatto delle tecniche di dissipazione passiva per la protezione contro eventi sismici.

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Page 1: Sistemi di dissipazione passiva

Capitolo 2 Sistemi di Protezione Sismica

2.1 Quadro normativo

Il quadro normativo attualmente più avanzato in Italia, contenuto nelle

Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC ’08) e le sue Circolari applicative,

non offre criteri di dimensionamento, analisi e verifica dei sistemi per la

dissipazione dell’energia sebbene tali tecniche siano comprese nel numero di

quelle che possono essere applicate nel caso di adeguamento sismico di edifici

esistenti.

Le linee guida per l’implementazione di dispositivi di dissipazione

dell’energia nelle nuove costruzioni sono state proposte per la prima volta dal

SEAONC (Structural Engineers Association of Nothern California) per fornire

indicazioni agli ingegneri strutturali, alle imprese e alle autorità di

regolamentazione che sono stati incaricati di attuare tali dispositivi in strutture

a telaio (Ramirez et. al, 2001). Queste linee guida sono state preparate in

risposta al crescente interesse mostrato per i dissipatori, in seguito agli estesi

danni dovuti al terremoto di Loma Prieta nel nord della California del 1989 e

all’emergere di fornitori che producevano tali dispositivi. L’intento degli autori

di quel documento era di indirizzare la dissipazione dell’energia indotta dal

terremoto, dagli elementi del sistema resistente ai carichi verticali ai dispositivi

di smorzamento, riducendo in tal modo i costi di riparazione e d’interruzione

delle attività che seguono gli eventi sismici di alta intensità.

Nella metà degli anni ’90, la Federal Emergency Management Agency

(FEMA) finanziò lo sviluppo di linee guida per la riabilitazione sismica degli

edifici. Quattro nuovi metodi di analisi e valutazione sismica delle strutture

erano presenti nelle NEHRP Guidelines for the Seismic Rehabilitation of

Building (FEMA Reports 273 e 274, 1997): (1) procedura statica lineare, (2)

procedura dinamica lineare, (3) procedura statica non lineare e (4) procedura

Page 2: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

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dinamica non lineare. Tutti e quattro i metodi erano basati sugli spostamenti e

tutti direttamente o indirettamente facevano uso delle informazioni legati agli

spostamenti per il controllo delle componenti strutturali (rappresentando un

cambiamento nella filosofia di progettazione sismica, spostando il centro di

analisi, progetto e valutazione dalle forze agli spostamenti). Per quanto

riguarda le strutture che incorporano sistemi di dissipazione dell’energia, i

principi base da seguire includevano: distribuzione spaziale dei dissipatori (ad

ogni piano e ad ogni lato della struttura); una ridondanza di dissipatori (almeno

due dispositivi lungo la stessa linea d’azione); i dispositivi e le loro connessioni

progettati per il maximum considered earthquake; e gli elementi che

trasmettono le forze dei dissipatori alla fondazione progettati per rimanere

elastici.

Il quadro normativo attuale sui sistemi di dissipazione dell’energia è

basato quindi dai documenti americani prodotti dalla Federal Emergency

Management Agency (FEMA), in particolare dalla FEMA 356 e FEMA 450. Il

primo documento FEMA 356 (Prestandard and Commentary for the Seismic

Rehabilitation of Buildings) accoglie il tema dei sistemi dissipativi energetici

nel Capitolo 9.3 suddividendoli in tre categorie, come disposto

precedentemente dalle FEMA 273 e 274:

- dispositivi con funzionamento legato allo spostamento;

- dispositivi con funzionamento legato alla velocità;

- altri dispositivi.

Per l’analisi di strutture dotate di sistemi di dissipazione dell’energia

sono ammesse procedure sia lineare sia non lineari. Se per le procedure di

analisi non lineare non sono riportate restrizioni ai metodi previsti per strutture

ordinarie, per le procedure lineari è richiesto che ricorrano determinate

circostanze, in particolare:

- che le componenti strutturali del sistema principale non sono soggette a

plasticizzazioni, rimanendo quindi in campo elastico;

Page 3: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

33

- che lo smorzamento apportato dai dispositivi al periodo fondamentale

non eccede il 30% dello smorzamento critico;

- che la rigidezza secante di ogni dispositivo, valutata per il massimo

spostamento è inclusa nel modello matematico dell’edificio oggetto

dell’intervento;

- che nella valutazione delle regolarità strutturali deve essere considerata

la presenza dei dissipatori.

Il documento FEMA 450 (NEHRP Recommended Provisions for Seismic

Regolations for New Buildings and other Structures) contiene, recependo i

precedenti report FEMA 356 e FEMA 273, la classificazione dei sistemi di

dissipazione, le procedure di analisi e i limiti. La filosofia progettuale consiste

nel raggiungere un obiettivo prestazionale prestabilito, attraverso l’utilizzo di

sistemi di dissipazione dell’energia. Il modello strutturale deve tenere conto

dell’effetto dei sistemi di dissipazione e dell’aumento eventuale di rigidezza

laterale del sistema. Nel Capitolo 4 si approfondirà la procedura d’analisi

utilizza nella tesi, costituita dal metodo di analisi statica non lineare applicata a

strutture duttili dotate di dissipatori fluido viscosi non lineari.

Il documento base per la redazione di questo studio è il Report

MCEER-00-0010, “Development and Evaluation of Simplified Procedures for

Analysis and Design of Buildings with Passive Energy Dissipation System”,

pubblicato dall’Università di Buffalo (2000), che ha permesso lo sviluppo dei

procedimenti di progetto per strutture con sistemi di dissipazione passiva

previsti dalle attuali FEMA.

Page 4: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

34

2.2 Introduzione ai Sistemi di Protezione Sismica

Dissipazione dell’energia e isolamento sismico possono essere

classificati in diverse categorie di sistemi di protezione sismica, come mostrato

in Tabella 2.1 (Christopoulos e Filiatrault, 2006). Ogni gruppo sfrutta un

approccio diverso per mitigare gli effetti dei terremoti sulle strutture:

Tabella 2.1 Sistemi di protezione sismica

- I sistemi convenzionali si basano sulla tradizionale progettazione

antisismica dissipando energia attraverso stabili meccanismi inelastici. Un

esempio di questi sistemi sono la plasticizzazione flessionale di travi,

colonne e pareti, con snervamento a trazione e deformazione a

compressione degli elementi di controvento e plasticizzazione a taglio negli

elementi d’acciaio (Christopoulos e Filiatrault, 2006). Questi meccanismi di

dissipazione energetica possono giungere a buone performance sismiche, se

utilizzati con appropriati criteri, propri della gerarchia delle resistenze

(capacity design). Comunque, l’energia isteretica utilizzata per dissipare

l’energia sismica in entrata corrisponde direttamente, in questi sistemi, ad

Sistemi di dissipazione dell’energia Sistemi

convenzionali Dissipatori passivi Dissipatori Attivi/

Semi-Attivi

Sistemi di

isolamento

Cerniere Plastiche a

Flessione Metallici Controventi Elastomerici

Cerniere Plastiche a

Taglio Ad Attrito A Massa Accordata

Elastomerici con

Anima in Piombo

Controventi

eccentrici Viscoelastici Variable Stiffness

Elastomerici

Armati

Viscosi A smorzamento

variabile Metallici

A Massa Accordata Piezoelettrici Piombo Estruso

Auto-centranti Reologici Pendolo ad Attrito

Page 5: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

35

un danno strutturale ed è tollerata fino a che non è compromessa la capacità

di portare i carichi verticali.

- I sistemi con dissipatori di energia sono speciali dispositivi

che vengono attivati dal movimento della struttura principale e

riducono la risposta dinamica globale durante un terremoto. Gli

elementi principali della struttura sono protetti divergendo l’energia

in entrata verso questi dispositivi meccanici, i quali possono essere

ispezionati o addirittura sostituiti in seguito ad un evento sismico

(Christopoulos e Filiatrault, 2006). Idealmente, se tutta l’energia

sismica è assorbita dal dissipatore, la struttura principale non è

danneggiata. I sistemi con dissipatori di energia si suddividono in

due categorie: sistemi passivi e sistemi attivi/semi-attivi. I sistemi di

dissipazione passiva dell’energia dissipano una porzione

dell’energia sismica in entrata senza risorse elettriche esterne come

attuatori, alimentatori, computer ecc., necessari per una tecnologia

di controllo attiva.

- Un altro sistema di protezione sismica è caratterizzato dal

limitare la trasmissione dell’energia sismica alla struttura principale.

Si tratta dei sistemi d’isolamento sismico che richiedono

l’installazione d’isolatori sotto i punti di sostegno di una struttura.

Per gli edifici, gli isolatori sono solitamente allocati tra la

sovrastruttura e le fondazioni mentre per i ponti sono introdotti tra

l’impalcato e i sostegni verticali. Gli isolatori, progettati per avere

una rigidezza laterale molto minore della sovrastruttura, allungando

in tal modo il periodo fondamentale della struttura isolata, separano

la struttura principale dagli elementi strutturali connessi al terreno.

Idealmente, se non venisse trasmessa alcuna energia alla

sovrastruttura, essa rimarrebbe letteralmente non soggetta

all’attacco sismico (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

Page 6: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

36

2.3 Tipi di sistemi di dissipazione passiva

Diversi dispositivi di dissipazione passiva sono disponibili e

implementati in tutto il mondo per la protezione sismica delle strutture. Come

mostrato in Tabella 2.2, possono essere suddivisi in tre diverse categorie, anche

in relazione a quanto riportato nelle FEMA.

Tabella 2.2: Categorie dei sistemi di dissipazione passiva

I dispositivi displeacement-activated, ovvero attivati con lo

spostamento, dissipano energia attraverso gli spostamenti relativi che si

verificano tra i propri punti di connessione. Questi dispositivi solitamente sono

indipendenti dalla frequenza del moto. Inoltre, le forze che generano sugli

elementi strutturali sono in fase con le forze interne provocate dal moto, quindi

la massima forza generata dal dissipatore avviene contemporaneamente con la

massima forza interna che si verifica al termine del ciclo di vibrazione

corrispondente al picco di deformazione transitorio della struttura. Tipici

dissipatori che ricadono in questa categoria sono i dissipatori metallici, ad

attrito e i dispositivi autocentranti (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

I dispositivi velocity-activated, ovvero attivati con la velocità, dissipano

energia attraverso le velocità relative che si verificano tra i propri punti di

connessione. La risposta forza-spostamenti di questi dissipatori dipendono

solitamente dalla frequenza del moto. Inoltre, le forze che generano sulla

struttura sono fuori fase con le forze interne provocate dal moto, quindi la forza

massima generata dal dissipatore non avviene contemporaneamente con il

Displeacement-Activated Velocity-Activated Motion-Activated

Dissipatori Metallici Dissipatori Viscosi Dissipatori a Massa Accordata

Dissipatori ad Attrito

Dissipatori Auto-centranti

Dissipatori viscoelastici plastici

Page 7: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

37

picco di deformazione transitorio della struttura. Questo si traduce in una più

bassa forza di progetto per gli elementi strutturali in cui i dispositivi sono

installati come in una più bassa forza di progetto per le fondazioni. Tipici

dispositivi che ricadono in questa categoria sono i dissipatori viscosi e

viscoelastici (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

I dispositivi motion-activated, ovvero attivati dal moto della struttura,

disturbano il flusso di energia nella struttura attraverso la vibrazione di un

sistema secondario. Un esempio sono i dissipatori a massa accordata (Tuned

Mass Damper, TMD), costituiti da un sistema massa-molla che risuona alla

stessa frequenza della struttura principale ma fuori fase rispetto ad essa,

divergendo quindi l’energia in ingresso dalla struttura portante a se stessa.

Page 8: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

38

2.4 Dissipatori metallici e ad attrito (isteretici)

I dissipatori metallici e ad attrito appartengono alla categoria dei sistemi

di dissipazione attivati dallo spostamento relativo dei punti di connessione. Per

dissipare energia, i dissipatori metallici contano sul comportamento

dell’acciaio quando si deforma oltre il limite elastico, mentre i dissipatori ad

attrito sfruttano appunto l’attrito che si sviluppa tra due corpi solidi che

scorrono relativamente uno sull’altro (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

Entrambi esibiscono un comportamento isteretico che può essere idealizzato da

una relazione forza-spostamento elasto-perfettamente plastica, come mostrato

in Figura 2.1.

Figura 2.1 Relazione idealizzata forza-spostamento per dissipatori isteretici

Per un dissipatore metallico, il carico Fa in Figura 2.1 è il carico che

attiva il dissipatore, che corrisponde al carico di snervamento del dissipatore.

Per un dissipatore ad attrito invece, il carico Fa corrisponde al carico di

slittamento del dissipatore. Si fa notare inoltre che per la maggior parte dei

dissipatori ad attrito la rigidezza elastica, coefficiente angolare della retta di

carico in fase elastica, è solitamente molto ripida e il comportamento è

preferibile associarlo con una risposta rigido-perfettamente plastica.

Analizzando la risposta per un carico ciclico in entrambe le tipologie di

dispositivi, si nota che essa rimane essenzialmente invariata al variare della

frequenza di eccitazione, confermando l’indipendenza dalla velocità.

Comunque, questi dissipatori sono non lineari poiché la forza prodotta

chiaramente non è scalata con lo spostamento, evidenziando una significativa

dipendenza dal percorso di carico.

Page 9: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

39

2.4.1 Dissipatori metallici

Principi base

Come già anticipato, la deformazione inelastica dei metalli è il

meccanismo sfruttato da questo tipo di dissipatori per dissipare l’energia in

ingresso del sisma. La risposta di un acciaio dolce soggetto ad un carico

monoassiale monotono è illustrata in Figura 2.2 (a) (Soong e Dargush, 1997).

Figura 2.2 Risposta tensione-deformazione dell’acciaio strutturale

Si tratta del classico comportamento di un provino di acciaio sottoposto

a trazione che comprende la comparsa di uno snervamento superiore ed

inferiore, un tratto orizzontale con incremento di deformazione a carico

costante e infine un tratto di indurimento. In Figura 2.2 (b) è raffigurata la

risposta a carico ciclico con ampiezza costante a deformazione controllata. Per

una data ampiezza, si ottiene una curva stabile che è indipendente dalla

precedente storia di carico. A differenza del comportamento sotto carico

monoassiale, il materiale è caricato anche nella direzione opposta ed una volta

che si inverte il carico si snerva ad una tensione più bassa della tensione di

snervamento. Questo effetto è noto come effetto Bauschinger e diviene sempre

più pronunciato all’aumentare della deformazione massima.

Si formano cicli di dissipativi o cicli isteretici nei quali il materiale è

sollecitato oltre il suo limite elastico. L’area all’interno della curva tensione-

Page 10: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

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deformazione corrisponde all’energia isteretica dissipata per unità di volume

che viene irradiata sotto forma di calore.

Esempi applicativi

I due principali tipi di dissipatori metallici sono i buckling-restrained

brace (BRB) e gli added damping and stiffness (ADAS). Il dissipatore BRB,

raffigurato in Figura 2.3 (Christopoulos e Filiatrault, 2006), è costituito da

profili di acciaio (solitamente con una bassa tensione di snervamento), di

sezione trasversale cruciforme, circondati da un tubo d'acciaio rigido. La

regione tra il tubo e il profilo è riempita con un materiale simile al cemento ed

uno speciale rivestimento viene applicato al profilo per evitare che s’incolli al

calcestruzzo in modo tale che il profilo può scorrere rispetto al tubo riempito di

cemento.

Figura 2.3 Componenti dei dissipatori BRB (Buckling Restrained Brace)

Quest’ultimo fornisce un confinamento che permette al profilo di essere

sottoposto a carichi di compressione evitando l’instabilizzazione (cioè, il

dispositivo può snervarsi sia a tensione sia a compressione, essendo i carichi di

trazione e compressione portati interamente dal profilo d’acciaio). Sotto i

carichi di compressione, il comportamento del dissipatore è sostanzialmente

Page 11: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

41

identico al suo comportamento a trazione. Dal momento che l’instabilità è

impedita, una significativa dissipazione di energia può verificarsi nel corso di

un ciclo d’isteresi. Ulteriori dettagli sul comportamento dei dissipatori BRB

sono forniti da Black et al. (2004).

In molti casi, i dissipatori BRB sono installati all'interno di una maglia

strutturale formando una controventatura a K. In questo caso se si applica un

carico laterale, un profilo è in compressione e l'altro è in trazione, annullando

quindi il carico verticale nel punto di intersezione tra i profili e la trave

sovrastante . A questo proposito, i BRB possono essere considerati migliori di

una convenzionale controventatura a K in cui è previsto che l'elemento

compresso si instabilizzi elasticamente, lasciando sbilanciata una componente

verticale della forza potenzialmente grande nel membro teso, che è, a sua volta,

applicato alla trave sovrastante.

Durante la risposta elastica iniziale, il BRB fornisce solo rigidezza. Non

appena il dissipatore si snerva, la rigidezza si riduce e la dissipazione di energia

avviene grazie alla risposta isteretica anelastica. Il comportamento isteretico di

un dissipatore BRB può essere rappresentato da vari modelli matematici che

descrivono il comportamento dei metalli (Soong e Dargush, 1997). Un esempio

è il modello di Bouc-Wen (Wen 1976), descritto da Black et al. (2004) e

confrontato con i dati di test sperimentali. Il modello è definito da

(2.1)

dove β è il rapporto tra la rigidezza post e pre snervamento; K è la

rigidezza prima dello snervamento; uy è lo spostamento che corrisponde allo

snervamento; e Z(t) è la variabile evolutiva definita da

(2.2)

dove γ, δ e η sono parametri adimensionali che definiscono la forma del

ciclo d’isteresi.

Il comportamento dei dissipatori BRB è abbastanza buono in termini di

capacità di dissipazione energetica, come indicato dalla Figura 2.4 dalla forma

dei cicli d’isteresi. D’altro canto, la dissipazione di energia è il risultato del

comportamento inelastico del materiale e quindi il dissipatore BRB viene

danneggiato dopo un terremoto e può accadere che ci sia bisogno di sostituirlo.

Page 12: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

42

Figura 2.4 Risposta isteretica di un BRB (Black et al. 2004)

Un secondo tipo di dissipatore metallico è il dispositivo ADAS

(Whittaker et al 1991; Xia e Hanson 1992; Fierro e Perry 1993), costituito da

una serie di piastre di acciaio aventi il fondo collegato alla sommità di una

controventatura a K e la parte superiore attaccata al livello del piano sopra il

controvento (vedi Figura 2.5).

Figura 2.5 Dispositivo ADAS, con la sua condizione di deformazione

Il piano superiore si deforma lateralmente rispetto al controvento,

inducendo nelle piastre metalliche sollecitazioni taglianti. Le forze di taglio

inducono momenti flettenti lungo l’altezza delle piastre, agenti attorno all'asse

debole della sezione trasversale piastra. La configurazione geometrica delle

piastre è tale che i momenti flettenti producono una sollecitazione flessionale

uniforme sull'altezza delle piastre. In tal modo si verifica un'azione anelastica

Page 13: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

43

uniformemente su tutta l'altezza delle piastre. Ad esempio, nel caso in cui le

piastre sono fixed-pinned (fissate rigidamente su un lato e imbullonate

sull’altro), la forma geometrica è triangolare. Nel caso in cui le lastre sono di

tipo fixed-fixed, la forma geometrica è una forma a clessidra. Per garantire che

la deformazione relativa del dispositivo ADAS sia approssimativamente uguale

allo spostamento di piano in cui è installato, la controventatura deve essere

molto rigida.

Il comportamento isteretico dei dissipatori ADAS è simile a quello dei

BRB (vedi Figura 2.6) e può essere rappresentato da vari modelli matematici

che descrivono il comportamento a snervamento sotto carico ciclico dei metalli

(ad esempio, vedere Equazioni (2.1) e (2.2)).

Figura 2.6 Relazione sperimentale forza-spostamento ADAS (Tsai et al., 1993)

Come per i dissipatori BRB, la dissipazione di energia degli ADAS è il

risultato del comportamento inelastico del materiale e quindi le piastre

metalliche saranno danneggiate dopo un evento sismico e può essere necessario

sostituirle.

Page 14: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

44

2.4.2 Dissipatori ad attrito

Principi base

I dissipatori ad attrito dissipano l’energia sismica attraverso la frizione

che si genera tra due corpi solidi che scorrono relativamente uno rispetto

all’altro. Se si considera il carico di scorrimento come l’equivalente della forza

di snervamento, per vari aspetti il modello macroscopico dei dissipatori ad

attrito è simile al modello dei dissipatori metallici (Christopoulos e Filiatrault,

2006).

L’attrito fra superfici solide è stato studiato da illustri scienziati come

Leonardo da Vinci, Newton e Coulomb. La teoria di base della frizione secca

(con tale aggettivo si intende l’assenza di lubrificanti fra le superfici a contatto)

tra due solidi si fonda su tre assunzioni, convalidate sperimentalmente sotto

specifiche condizioni:

- La forza totale d’attrito che può essere sviluppata è indipendente

dall’area della superficie di contatto apparente.

- La forza totale d’attrito che può essere sviluppata è proporzionale alla

forza totale normale, agente attraverso l’interfaccia di scorrimento.

- Per il caso di scorrimento con basse velocità relative, la forza totale

d’attrito è indipendente dalla velocità di scorrimento.

Pertanto durante lo scorrimento, la relazione tra la forza d’attrito Fa che

agisce tangenzialmente all’interno del piano d’interfaccia nella direzione

opposta al moto, e la forza normale N può essere espressa come:

(2.3)

dove µ è il coefficiente d’attrito. E’ necessario a questo punto

specificare la distinzione tra forza d’attrito statico e forza d’attrito cinetico

(dinamico). Come si può osservare dalla Figura 2.7, la forza d’attrito statico si

presenta immediatamente prima dell’inizio o dell’inversione del moto di

scorrimento ed è più alta della forza dinamica misurata a bassa velocità dopo

l’inizio del moto. Sebbene le forze d’attrito sono semplici da misurare o da

calcolare tramite l’Equazione (2.3), i fenomeni relativi al meccanismo di

Page 15: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

45

frizione sono molteplici (Christopoulos e Filiatrault, 2006). In particolare i

fattori principali che influenzano la reale superficie di contatto sono: la forma e

il contorno della superficie dei materiali a contatto tra loro; il modo in cui le

asperità di queste superfici si deformano quando è applicata una pressione

normale; come aderiscono ed il ruolo dei rivestimenti.

Figura 2.7 Relazione tra forza di scorrimento e spostamento

L’attrito è indotto da una pressione normale applicata a superficie in

contatto. Questo carico provoca una deformazione delle asperità e la

dipendenza della vera area di contatto sull’interfaccia di scorrimento dalla

pressione normale applicata. Il coefficiente d’attrito µ e N nell’Equazione (2.3)

non sono quindi indipendenti, ma strettamente correlati. La determinazione del

coefficiente d’attrito è dipendente, oltre che dalla pressione, anche dalla

velocità di scorrimento, dalla temperatura, dal tempo di carico e dalla

corrosione (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

Esempi Applicativi

Vi sono molteplici dispositivi che sono stati proposti allo scopo di

migliorare la risposta sismica delle strutture che differiscono nella complessità

meccanica e nei materiali utilizzati per le superfici a contatto.

Page 16: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

46

Il più semplice dispositivo ad attrito è costituito dall’introduzione di

semplici connessioni bullonate con fori asolati (Slotted-Bolted Connections,

vedi Figura 2.8) alle estremità degli elementi di controvento convenzionali

(Christopoulos e Filiatrault, 2006). La connessione deve essere progettata per

scorrere prima che gli elementi della controventatura si snervino o si

instabilizzino.

Figura 2.8 Connessione bullonata con fori asolati (Slotted-Bolted Connections)

Come rappresentato in Figura 2.8, i bulloni sono soggetti a taglio con

fori asolati nella piastra di nodo e fori standard circolari nelle piastre di

collegamento che si estendono dall’elemento di controvento. La lunghezza

dell’asola deve essere sufficiente ad accogliere il massimo scorrimento

calcolato per il sisma di progetto.

Figura 2.9 Dispositivo ad attrito Sumitomo (da Aiken et al. 1993)

Un dispositivo più sofisticato è il dissipatore ad attrito prodotto dalla

Sumitomo Metal Industries Ltd. In Giappone, riportato in Figura 2.9. Esso

Page 17: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

47

dissipa energia tramite l’attrito che si forma tra delle pastiglie di rame ed un

cilindro d’acciaio per effetto della forza indotta da una molla interna

(Constantinou et al., 1998). Queste leghe di rame vengono ricoperte di grafite

per garantire un attrito secco, mantenendo in tal modo un coefficiente si attrito

consistente tra le due superfici. Come mostrato in Figura 2.10, la risposta

ciclica del Dispositivo Sumitomo è molto regolare e ripetibile con cicli

d’isteresi rettangolari.

Figura 2.10 Cicli d’isteresi del dissipatore Sumitomo (da Aiken et al. 1993)

Un ulteriore dispositivo ad attrito è il sistema Pall (Pall and Marsh,

1981) ideato per essere montato in strutture a telaio. Il sistema è costituito da

un meccanismo contenente giunti che slittano in fori asolati introdotto

all’intersezione di controventi a X (vedi Figura 2.11).

Figura 2.11 Installazione di un dissipatore Pall ad attrito in una controventatura

Page 18: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

48

Il dispositivo è progettato per non slittare sotto i carichi di normale

servizio e per sismi moderati. Durante intensi terremoti, il dispositivo slitta ad

un determinato carico, prima che qualche elemento strutturale giunga a

snervamento. Lo slittamento cambia il periodo naturale della struttura e

permette di alterare il modo fondamentale di vibrare, evitando quindi il

fenomeno della risonanza per effetto della capacità di desintonizzazione della

struttura con il dispositivo ad attrito (Christopoulos e Filiatrault, 2006). In

Figura 2.12, si mostra la risposta di un Dispositivo Pall che si mantiene

costante per oltre 50 cicli; i cicli d’isteresi non sono perfettamente regolari ai

due angoli per una ragione attribuita alla differenza tra il diametro dei bulloni

ed i fori.

Figura 2.12 Risposta isteretica di un dissipatore ad attrito Pall

Page 19: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

49

2.5 Dissipatori viscosi e viscoelastici

Il controllo della vibrazioni con dissipatori viscosi o viscoelastici è stata

utilizzata per decenni su aerei, strutture aerospaziali e in campo militare.

Nell’ingegneria civile, il primo utilizzo di dispositivi viscoelastici è datato

1969 quando oltre 10000 di questi dissipatori furono installati in ognuna delle

torri gemelle del World Trade Center in New York, progettati per ridurre le

vibrazioni causate dal vento (Costantinou et al., 1998). Solo nelle ultime due

decadi dispositivi viscosi e viscoelastici sono stati utilizzati per applicazioni

antisismiche.

2.5.1 Dissipatori viscoelastici

I materiali viscoelastici utilizzati nelle applicazioni strutturali sono

tipicamente copolimeri che dissipano energia quando sono soggetti a

deformazione tagliante.

Figura 2.13 Tipico dispositivo Viscoelastico

Un tipico dissipatore viscoelastico (VE) è mostrato in Figura 2.13, ed è

composto da strati di materiale viscoelastico racchiuso da piatti metallici a loro

Page 20: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

50

volta attaccati ad un sistema di controvento a K o diagonale. La deformazione a

taglio e quindi la dissipazione di energia avviene quando la vibrazione

strutturale induce un movimento relativo tra i piatti metallici esterni e il piatto

centrale (Costantinou et al., 1998).

Come suggerito dal nome, i materiali viscoelastici non sono puramente

viscosi ma esibiscono anche una risposta elastica. Un modello che può essere

usato per rappresentare questo comportamento è il solido Kelvin, ovvero una

molla e uno smorzatore posti in parallelo (vedi Figura 2.14).

Figura 2.14 Modello del Solido Kelvin

GE e GC rappresentano rispettivamente il modulo elastico a taglio e la

costante di smorzamento viscoso a taglio appartenenti al materiale

viscoelastico. Assumendo che esso abbia uno spessore a taglio h e un’area a

taglio As, le sue rigidezze a taglio elastica e viscosa sono

(2.4)

con una relazione forza-spostamento

(2.5)

Se si assume che l’elemento Kelvin sia soggetto ad una storia-temporale

armonica dello spostamento relativo dato da

(2.6)

dove X0 è l’ampiezza dello spostamento tra gli estremi dell’elemento e

ω la pulsazione, la forza assiale indotta nel dissipatore viscoelastico F(t) vale:

(2.7)

L’Equazione (2.7) descrive un’ellisse inclinata come mostrato in Figura

2.15. La massima forza non avviene con il massimo spostamento anche se non

Page 21: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

51

pronunciato come si vedrà nei dissipatori viscosi puri (Christopoulos e

Filiatrault, 2006).

Figura 2.15 Comportamento isteretico di un dissipatore viscoelastico

Si dimostra facilmente che l’energia dissipata per ogni ciclo vale:

(2.8)

dove si nota che la porzione di rigidezza elastica dell’elemento Kelvin

non contribuisce alla dissipazione di energia. Lo smorzamento viscoso

equivalente rappresentato dall’elemento Kelvin, risulta

(2.9)

dove è la pulsazione del dispositivo e m è la massa connessa ai suoi

estremi.

L’Equazione (2.9) può essere riscritta come:

(2.10)

in cui si è introdotto il loss factor η che dà una misura della capacità

dissipativa del materiale viscoelastico. Nella teoria della viscoelasticità, GE è

definito come shear storage modulus che è una misura dell’energia

immagazzinata e recuperata ogni ciclo; GC è definito come shear loss

modulus, che è una misura dell’energia dissipata ogni ciclo(Christopoulos e

Filiatrault, 2006).

Page 22: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

52

Diventa chiaro che GE e GC oppure GE e η determinano la risposta

dinamica a taglio di un materiale viscoelastico, modellato come un solido

Kelvin, sotto un’eccitazione armonica a spostamento controllato. Questi

moduli dipendono da numerosi parametri: i) la frequenza della forzante, ii) la

temperatura ambiente, iii) il livello di deformazione a taglio e iv) la variazione

della temperatura interna al materiale durante l’operazione. Dalle indagini

sperimentali (Christopoulos e Filiatrault, 2006) risulta che:

- L’energia dissipata ogni ciclo diminuisce con l’incremento della

temperatura ambiente;

- Sebbene entrambi i moduli diminuiscono con l’incremento della

temperatura, il loss factor rimane pressoché costante per ogni

temperatura;

- Le proprietà del dissipatore viscoelastico rimangono pressoché

indipendenti dal livello di deformazione a taglio se questa rimane sotto

al 20% per ogni temperatura e per ogni frequenza.

Page 23: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

53

2.5.2 Dissipatori viscosi

Tutti i dispositivi descritti fino a questo punto utilizzano l’azione di

solidi per raggiungere determinate prestazioni strutturali durante eventi sismici.

Anche i fluidi però possono essere effettivamente impiegati per conseguire il

desiderato livello di controllo passivo. Negli anni recenti sono stati fatti

notevoli sforzi nello sviluppo di dissipatori fluido viscosi per applicazioni

strutturali, primariamente attraverso la conversione della tecnologia

dall’industria pesante e militare (Soong e Dargush, 1997).

Un semplice approccio progettuale è costituito dal classico smorzatore,

in cui la dissipazione avviene tramite la conversione dell’energia in calore

dovuta ad un pistone che deforma una sostanza densa ad alta viscosità, come

un gel siliconico. In Figura 2.16.a) è rappresentato un dispositivo di questo tipo

che ha trovato applicazione come componente di sistemi di isolamento sismico

(cylindrical pot fluid damper). Anche se questo dispositivo può anche essere

impiegato all’interno della sovrastruttura, un’alternativa forse più convincente

prevede lo sviluppo di dissipatori a pareti viscose (viscous damping wall)

illustrati in Figura 2.16.b). Nella progettazione, il pistone è un semplice piatto

d’acciaio costretto a muoversi nel suo piano all’interno di un contenitore

metallico rettangolare riempito di fluido viscoso. Una tipica installazione è

prevista nella campata del telaio, in cui il pistone è attaccato al piano superiore,

mentre il contenitore è fissato al piano inferiore. Il moto relativo d’interpiano

deforma il fluido provocando in tal modo dissipazione di energia (Soong e

Dargush, 1997).

Entrambi i dispositivi appena citati adempiono gli obiettivi attraverso la

deformazione del fluido viscoso che risiede nel contenitore. Per massimizzare

la dissipazione di energia di questi dispositivi è necessario impiegare materiali

con grande viscosità. Tipicamente, questo porta alla selezione di materiali che

esibiscono un comportamento dipendente sia dalla frequenza sia dalla

temperatura. Esiste comunque un’altra classe di dissipatori fluido viscosi che fa

affidamento sul flusso di fluidi all’interno di un contenitore ermetico. Il pistone

in questo caso non agisce semplicemente per deformare il fluido ma piuttosto

Page 24: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

54

per forzarlo a passare attraverso piccoli fori. Come risultato, si ottengono alti

livelli di dissipazione di energia ma un corrispondente alto livello di

sofisticazione è richiesto per un adeguato progetto interno del dissipatore.

Figura 2.16 Tipologie di dissipatori viscosi

Un tipico orificed fluid damper è rappresentato in Figura 2.16.c).

Questo dispositivo cilindrico contiene un olio siliconico comprimibile che è

forzato a fluire attraverso l’azione di un pistone di acciaio inossidabile con la

testa di bronzo. La forza generata dal dissipatore è dovuta alla differenza di

Page 25: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

55

pressione tra i due lati della testa del pistone. A causa della comprimibilità del

fluido, la riduzione di volume dovuta al flusso sviluppa una forza elastica di

ripristino, generalmente impedita dall'utilizzo di un accumulatore: i test

indicano una frequenza, definita di cut off, di 4 Hz (a seconda del disegno

dell'accumulatore, Filiatrault, 2003), sotto la quale non viene prodotta

rigidezza. Ciò significa che i modi superiori, con frequenze superiori alla soglia

di cut-off, potrebbero essere influenzati dal componente elastica, mentre per i

modi fondamentali si ha un comportamento tipicamente viscoso che

massimizza la dissipazione di energia. La natura puramente viscosa è evidente

in Figura 2.17.

Figura 2.17 Cicli di isteresi Forza-Spostamento di un dissipatore fluido

Nonostante i dissipatori fluido viscosi differiscano notevolmente tra di

loro, i modelli matematici che descrivono il loro comportamento sono simili.

Makris e Constantinou (1991) hanno utilizzato il seguente modello forza-

spostamento di Maxwell a derivate frazionali per modellare la risposta

complessiva:

(2.11)

indicando con F la forza applicata al pistone e con x lo spostamento

risultante del pistone. I parametri C0, λ e v rappresentano il coefficiente di

smorzamento a frequenza zero, il tempo di rilassamento e l’ordine di

derivazione frazionale rispettivamente. Dalle analisi sperimentali (Makris e

Page 26: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

56

Costantinou, 1991) è stato notato che la dipendenza dalla frequenza è molto

meno rilevante ed un classico modello di Maxwell è adeguato nel range di

frequenze d’interesse. In tal modo l’Equazione (2.11) si riduce alla seguente:

(2.12)

dove C0 e λ sono il coefficiente di smorzamento a frequenza nulla e il

tempo di rilassamento. Inoltre è stato evidenziato che, sotto una determinata

frequenza (approssimativamente di 4Hz), l’Equazione (2.12) si può ancora

semplificare trascurando il secondo termine del primo membro poiché

insignificante (Christopoulos e Filiatrault, 2006). Si ottiene dunque

l’equazione che governa il comportamento di un dissipatore lineare puramente

viscoso

(2.13)

semplificando le analisi strutturali.

2.5.2.1 Dissipatore viscoso Lineare

Se si considera un elemento puramente viscoso soggetto ad una storia

dello spostamento assiale relativo che varia nel tempo dato da:

(2.14)

dove X0 è l’ampiezza dello spostamento tra gli estremi dell’elemento e

ω è la pulsazione della forzante. La forza assiale F(t) indotta nell’elemento è

linearmente proporzionale alla velocità relativa tra i due estremi:

(2.15)

dove CL è la costante di smorzamento viscoso lineare.

Sostituendo l’Equazione (2.14) nell’Equazione (2.15) si ottiene:

(2.16)

Dalla trigonometria di base:

(2.17)

Sostituendo l’Equazione (2.17) nell’Equazione (2.16) si ottiene la

relazione forza-spostamento per un dissipatore viscoso lineare:

Page 27: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

57

(2.18)

ovvero:

(2.19)

I cicli d’isteresi descritti dall’Equazione (2.19) sono delle ellissi come

illustrato in Figura 2.18 (Christopoulos e Filiatrault, 2006). L’ampiezza della

massima forza indotta nel dissipatore viscoso lineare è linearmente

proporzionale alla frequenza di eccitazione, all’ampiezza dello spostamento e

alla costante di smorzamento.

Figura 2.18 Comportamento isteretico di un dissipatore viscoso lineare

Inoltre la massima forza nel dissipatore avviene a spostamento nullo.

Allo spostamento massimo invece, la forza nel dissipatore viscoso lineare è

nulla. In altre parole, le forze generate da questo tipo di dissipatore in una

struttura sono fuori fase con le forze generate dal sistema strutturale

(Christopoulos e Filiatrault, 2006). Questo è un vantaggio significativo che

hanno i sistemi di dissipazione viscosi rispetto ai sistemi di dissipazione

isteretici che generano la massima forza quando il sistema strutturale è al suo

massimo spostamento (vedi Paragrafo 2.3).

L’energia dissipata dal dissipatore in ogni ciclo Evd è l’area al di sotto la

relazione forza spostamento:

Page 28: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

58

(2.20)

che vale:

(2.21)

L’energia dissipata ogni ciclo è linearmente proporzionale alla costante

di smorzamento lineare e alla frequenza di eccitazione, ed è proporzionale al

quadrato dell’ampiezza di spostamento massimo.

2.5.2.2 Dissipatore viscoso Non Lineare

I dissipatori di tipo fluido possono essere progettati per comportarsi

come un elemento viscoso non lineare attraverso la scelta dell’olio siliconico e

la calibrazione degli orifizi. Il maggior vantaggio di un dissipatore viscoso non

lineare è che, in caso di velocità di picco, la forza nel dispositivo è controllata

per evitare di sovraccaricare il dissipatore o il sistema di controvento al quale è

connesso (Christopoulos e Filiatrault, 2006). In altri termini, modificando il

sistema di passaggio del fluido siliconico, si ottiene una relazione forza-

spostamento in cui la velocità incide meno sul valore della forza.

La forza assiale sviluppata da un dissipatore viscoso non lineare F(t) è

espressa da:

(2.22)

dove CNL è la costante di smorzamento non lineare e è il

coefficiente della velocità che varia da 0,2 a 1. Quando , il dispositivo

agisce come un dissipatore viscoso lineare e l’Equazione (2.22) è equivalente

all’Equazione (2.15). Quando invece, il dispositivo agisce come

un’unità di trasmissione dello shock sviluppando grandi forze per velocità

elevate. Come illustrato in Figura 2.19, il vantaggio di utilizzare un dissipatore

viscoso non lineare con è la riduzione della forza nel dispositivo per

velocità elevate.

Page 29: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

59

Figura 2.19 Proprietà Forza-Velocità di differenti dissipatori viscosi non lineari

Si considero ora un dissipatore viscoso non lineare soggetto ad una

time-history dello spostamento relativo x(t) tra i suoi estremi di tipo armonico

dato da:

(2.23)

Sostituendo l’Equazione (2.23) nell’Equazione (2.22) si ottiene:

(2.24)

Sostituendo l’Equazione (2.17) nell’Equazione (2.24) si ricava la

relazione forza-spostamento per un dissipatore viscoso non lineare:

(2.25)

Il ciclo d’isteresi descritto dall’Equazione (2.25) è illustrato in Figura

2.20 per differenti valori del coefficiente di velocità . Sebbene la forza nel

dissipatore viscoso non lineare rimane fuori fase con le forze sviluppate nel

sistema strutturale, la risposta ciclica del dispositivo si avvicina alla relazione

rettangolare forza-spostamento di un dissipatore isteretico con il diminuire del

parametro . Ciò nonostante, l’ampiezza della massima forza indotta in un

dissipatore viscoso non lineare rimane linearmente proporzionale alla costante

di smorzamento non lineare e proporzionale alla potenza di , della

frequenza pulsante e dell’ampiezza di spostamento (Christopoulos e Filiatrault,

2006).

Page 30: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

60

Figura 2.20 Comportamento isteretico di un dissipatore viscoso non lineare

L’energia dissipata da un dissipatore non lineare in ogni ciclo Evd è

l’area al di sotto del grafico forza-spostamento:

(2.26)

Valutando l’integrale della parte destra dell’Equazione (2.26), si ricava:

(2.27)

che può essere scritta anche come:

(2.28)

dove Γ è la funzione gamma.

Page 31: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

61

2.6 Sistemi auto-centranti (Self-centering systems)

La Figura 2.21.a) mostra la risposta forza-spostamento ideale di un

sistema elastico lineare e di un sistema rappresentante una struttura duttile di

egual rigidezza e massa. La massima forza sismica indotta nella struttura

duttile è significativamente più bassa di quella del sistema elastico lineare

(Christopoulos e Filiatrault, 2006). Il massimo spostamento del sistema duttile

può essere più piccolo, simile o più grande di quello del sistema elastico, a

seconda delle caratteristiche del movimento del suolo, del periodo naturale e

dalla forza del sistema duttile.

Le progettazioni che mirano ad una risposta inelastica della struttura

sono molto allettanti, particolarmente dal punto di vista del costo iniziale, ma

hanno due gravi inconvenienti. Primo, gli elementi del sistema principale

resistente (sia gli elementi dissipatori sia i membri strutturali) sono sacrificati

in terremoti moderatamente forti necessitando riparazioni o sono danneggiati

oltre le possibili riparazioni in terremoti forti. Secondo, gli approcci di

progettazione correnti sono basati sulla premessa che è necessaria grande

capacità di dissipazione energetica per mitigare gli effetti di un sisma

(Christopoulos e Filiatrault, 2006). Questa premessa ha portato molto spesso

all’idea che un buon sistema strutturale dovrebbe essere caratterizzato da

“grassi” cicli isteretici. Sebbene una grande parte dell’energia sismica in

ingresso viene dissipata per isteresi, significative deformazioni residue

rimangono nella costruzione dopo un evento sismico, come illustrato in Figura

2.21.a). Eccessive deformazioni residue possono significare la perdita totale

della struttura se gli effetti del secondo ordine (P-Δ) indotti dai carichi verticali

portano il sistema vicino al collasso.

Le correnti filosofie di progettazione sismica attuali enfatizzano

l’importanza di progettare sistemi strutturali duttili per sopportare cicli

inelastici durante eventi sismici, riconoscendo gli svantaggi economici nel

progettare edifici che resistono ai terremoti elasticamente. La performance di

una struttura è tipicamente valutata sulla base della massima deformazione e/o

Page 32: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

62

sull’energia inelastica assorbita durante il sisma. Molte strutture progettate con

gli attuali codici sostengono deformazioni residue per eventi sismici di base

(DBE design-basis earthquake) anche se si comportano esattamente come

aspettato. Le deformazioni residue possono consistere in una parziale o totale

perdita della costruzione se sopraggiunge la minaccia di un collasso statico, se

la struttura appare non sicura agli occupanti o se la risposta del sistema ad un

successivo terremoto o a scosse di assestamento è alterata dalla nuova

posizione di riposo della struttura. Per di più, le deformazioni residue possono

portare ad un incremento dei costi di riparazione o di rimpiazzo di elementi

non strutturali nel momento in cui la nuova condizione di riposo della struttura

è alterata.

Figura 2.21 Comportamento isteretico idealizzato: a) sistema isteretico;

b) sistema auto-centrante

Recentemente sono stati proposti in sistemi strutturali auto-centranti

(self-centering systems) che possiedono caratteristiche di minimizzazione delle

deformazioni residue e che sono economicamente vie alternative ai correnti

sistemi resistenti alle forze laterali (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

La Figura 2.21.b) mostra la caratteristica risposta sismica flag-shaped (a

forma di bandiera) di questi sistemi auto-centranti. La quantità di energia

dissipata è minore di quella del sistema isteretico di Figura 2.21.a), ma più

importante, il sistema ritorna all’origine (forza nulla, spostamento nullo) ad

ogni ciclo e alla fine dell’evento sismico.

Page 33: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

63

È interessante discutere in merito alle differenti risposte dinamiche non

lineari tra l’isteresi auto-centranti e le isteresi piene tradizionali. Da un punto di

vista qualitativo, si possono osservare le seguenti differenze principali:

- L’isteresi a forma di bandiera dissipa meno energia, al più la metà, ad

ogni ciclo rispetto all’isteresi elasto-plastica.

- L’isteresi a forma di bandiera ha più frequenti cambiamenti di rigidezza

all’interno di un ciclo non lineare rispetto all’isteresi elasto-plastica.

- L’isteresi a forma di bandiera ritorna all’origine con forza e

spostamento nulli mentre lo snervamento del sistema elasto-plastico

può portare ad un lento avanzamento della risposta in una direzione.

Diversi tipi di dispositivi sono stati sviluppati, tra questi si trovano:

- Shape Memory Alloys (SMA)

- Energy Dissipation Restrain (EDR)

- Friction Spring Seismic

- Post-Tensioned Energy Dissipating (PTED) steel connections

I dissipatori (SMA), leghe a memoria di forma, sono costituite da due o

tre differenti metalli. In base al processo di produzione e alla temperatura della

lega, sono possibili diverse disposizioni molecolari della struttura cristallina.

Le trasformazioni avvengono quando la temperatura aumenta nel processo di

produzione della lega. Per temperature di lega intermedie si ottiene la

coesistenza di due fasi, martensitica ed austenitica. Sottoponendo queste leghe

ad un incremento di sollecitazione si provoca la trasformazione di una fase

nell’altra. Viceversa, al momento della rimozione della causa sollecitante, si

ottiene la trasformazione inversa e si ritorna allo stato originale. Generalmente

si parte da un comportamento austenitico (elastico lineare) fino a un certo

valore di tensione sopra il quale avviene la trasformazione da austenite a

martensite e più incrementa la deformazione più martensite si genera. In questa

fase la curva tensione-deformazione segue un andamento simile al tratto di

snervamento dell’acciaio. Nel momento in cui la struttura diventa

completamente martensitica per ulteriori incrementi di deformazione riprende

Page 34: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

64

un comportamento elastico lineare. Allo scarico avviene la trasformazione

inversa che incomincia ad un livello di tensione più basso rispetto a quello di

carico (Christopoulos e Filiatrault, 2006).

Figura 2.22 Comportamento superelastico di un SMA

Questo processo, chiamato comportamento superelastico, genera un

effetto isteretico con deformazioni residue vicine allo zero, come mostrato in

Figura 2.22. I dispositivi realizzati con queste leghe possiedono quindi molti

vantaggi applicabili alle strutture: alta rigidezza per basse deformazioni, più

flessibilità per alte deformazioni, assenza di deformazioni residue e buona

dissipazione di energia. L’unico difetto risiede nella sensibilità delle leghe alla

fatica (Christopoulos e Filiatrault, 2006). Infatti, dopo un limitato numero di

cicli, il comportamento dei dissipatori si trasforma nel classico comportamento

plastico con formazione di deformazioni residue.

Un più semplice e meno costoso dispositivo meccanico che esibisce una

risposta isteretica a forma di bandiera è l’EDR, un dissipatore prodotto dalla

Fluor Daniel, Inc mostrato in Figura 2.23. Questo sistema nacque come

elemento di vincolo per supportare le condotte delle centrali nucleari. È

caratterizzato da una molla interna alle cui estremità sono posizionati cunei

d’acciaio e bronzo. La compressione agente nella molla si traduce in uno

sforzo normale trasmesso dai cunei alla superficie interna del cilindro che

funge da contenitore. Nasce così una forza d’attrito corrispondente all’azione

che è in grado di trasmettere il dispositivo. A seconda del livello di pretensione

Page 35: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

65

che si assegna alla molla e alla distanza cui vengono posizionati i cunei rispetto

ai fermi interni, si possono ottenere diversi comportamenti ciclici.

Figura 2.23 Esempio di un EDR (Energy Dissipation Restraint)

Il dissipatore (Friction Spring Seismic Damper) usa una molla ad anello

per dissipare l’energia sismica in ingresso. Una sezione di un tipico

assemblaggio (Figura 2.24) consiste di anelli esterni e interni con superfici

accoppiate a forma conica. Se la molla è caricata a compressione, lo

spostamento assiale è accompagnato dallo scorrimento degli anelli sulle

superfici coniche di frizione. Gli anelli esterni sono soggetti a tensione mentre

quelli interni a compressione. Il dispositivo è progettato per assicurare che le

stesse molle di frizione siano sempre compresse assialmente sia che il

dissipatore sia teso o compresso generando un diagramma d’isteresi

simmetrico a forma di bandiera che è stabile e ripetibile (Christopoulos e

Filiatrault, 2006).

Recentemente, sono stati proposti sistemi auto-centranti per telai

metallici (Christopoulos et al., 2002), le (PTED) connessioni post-tensionate

che dissipano energia, costituite da barre d’acciaio post-tensionate ad alta

resistenza progettate per rimanere elastiche e da barre confinate che dissipano

energia progettate per snervarsi sia a compressione sia a tensione. In Figura

2.24 è illustrato l’impiego di una connessione d’acciaio PTED su un telaio di

acciaio, insieme alla configurazione deformata.

Page 36: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

66

Figura 2.24 Connessioni PTED per telai metallici (Christopoulos et al. 2002)

Page 37: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

67

2.7 Tuned Mass Damper (Dissipatori a massa accordata)

I Tuned Mass Dampers (TMD, dissipatori a massa accordata) o

assorbitori di vibrazione sono dei sistemi massa-molla-smorzatore

relativamente piccoli che sono calibrati per essere in risonanza con un

particolare modo di vibrare della struttura sulla quale sono installati. Questi

sistemi, solitamente installati sui tetti degli edifici, si sono dimostrati efficaci

nel ridurre le vibrazioni indotte dal vento in edifici alti e le vibrazioni di piano

indotte dalle attività degli occupanti (Christopoulos e Filiatrault, 2006). Più

recentemente, sono stati considerati per la protezione sismica degli edifici.

La loro costruzione è semplice in quanto nella più semplice forma, un

TMD richiede solo l’assemblaggio di una massa, una molla, e un dissipatore

viscoso in un determinato punto della struttura, senza bisogno di una sorgente

di alimentazione esterna o hardware sofisticato.

Questi sistemi hanno comunque svantaggi (Christopoulos e Filiatrault,

2006). Primo, richiedono una massa relativamente grande sebbene

rappresentino solo una piccola frazione della massa totale della struttura, e,

quindi, un ampio spazio per la loro installazione. Secondo, dal momento che

sono in risonanza con le loro strutture di supporto, sono sottoposti solitamente

a grandi spostamenti rispetto ai punti della struttura ai quali sono collegati. Ne

risulta che un ampio gioco è richiesto per accogliere questi spostamenti. In

ultimo, devono essere montati su una superficie liscia per minimizzare l’attrito

e facilitare il loro libero movimento.

Page 38: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

68

Figura 2.25 Struttura principale e TMD

Come mostrato in Figura 2.25, si consideri un sistema SDOF (ad un

grado di libertà), con massa M e rigidezza elastica K, non smorzato soggetto ad

una forza dinamica esterna sinusoidale P(t) di ampiezza P0 e pulsazione :

(2.29)

La TMD consiste di un sistema vibrante relativamente piccolo, di

rigidezza k e massa m, attaccato alla massa principale M, come illustrato in

Figura 2.25. Gli spostamenti relativi del sistema principale e della TMD sono

indicati rispettivamente con x1(t) e x2(t). Applicando la seconda legge di

Newton ad ogni massa si giunge a due equazioni del moto per un sistema a due

gradi di libertà:

(2.30)

Dal momento che il sistema è non smorzato, la risposta alla vibrazione

forzata prende una semplice forma:

(2.31)

dove a1 e a2 sono costanti che rappresentano l’ampiezza della

vibrazione rispettivamente della massa principale e secondaria. Sostituendo

l’Equazione (2.31) nell’Equazione (2.30) si ottiene:

(2.32)

Siccome l’Equazione (2.32) deve essere soddisfatta per ogni valore di t:

(2.33)

Per semplificazione si introducono le seguenti variabili:

(2.34)

Page 39: Sistemi di dissipazione passiva

Sistemi di protezione sismica

69

Sostituendo le Equazioni (2.34) nelle Equazioni (2.33), dividendo per K

e risolvendo per le ampiezze a1 e a2 si ottengono:

(2.35)

Dalla prima di queste espressioni, risulta chiaro che quando la

frequenza naturale della TMD attaccata è scelta per essere uguale

alla frequenza della forzante, la massa principale M non vibra ( ).

Esaminando ora la seconda uguaglianza delle Equazioni (2.35) quando

. Il primo termine del denominatore è dunque zero, e questa equazione

si riduce a:

(2.36)

Con la massa principale ancora ferma e la TMD in movimento che varia

con , la forza sulla TMD varia con , risultando istante

per istante uguale e contraria alla forza esterna applicata alla massa M.

Ovviamente questo è il caso limite di un sistema ad un grado di libertà

non smorzato ma che tuttavia chiarisce il funzionamento dei Tuned-Mass

Damper. Analisi più complesse possono essere svolte tenendo conto anche

degli smorzamenti propri dei due sistemi e di più gradi di libertà (vedere

Christopoulos e Filiatrault, 2006).